Allenatore N3 2011 - Il mister · lombiano Maturana e l’olandese Cruijff, abbiamo assistito a...

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9 allenatore sul campo allenatore l’ A cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta, col contributo di tecnici di indubbio presti- gio come l’italiano Arrigo Sacchi, il co- lombiano Maturana e l’olandese Cruijff, abbiamo assistito a un’autentica rivoluzione nel campo del- l’allenamento e in partita, soprattutto per quanto riguarda la fase di recupero del pallone. Era proprio Sacchi che teorizzava che difende- re era come attaccare. Da questa filosofia nacque, nel calcio di allora, una concezione della difesa a zona come un’unità organizzata e strutturata, basata su sincronismi quasi perfetti. Partendo da questo concetto, Sac- chi impostava l’organizzazione difensiva delle sue squadre non aspettando gli avversari, ma andando a cercarli con la palla anche nella loro metà cam- po, con un pressing offensivo che aveva come obiettivo principale quello di provocare l’errore dell’avversario e di renderlo incapace di costruire situazioni d’attacco vantaggiose per la propria squadra. Se in quel momento la filosofia difensiva di Sacchi e del suo Milan ebbe molto successo, oggi possiamo dire che col passare del tempo queste idee sono state riadattate e semplificate nella for- ma: questo fa sì che molti allenatori considerino la fase difensiva separata dal contesto globale del gioco della propria squadra. Si arriva quindi a considerare la fase di recupero del pallone come un momento distinto dalla fase di attacco: pertan- to la squadra non ha nessun collegamento fra le due fasi, quella di difesa e quella di attacco. Per molti tecnici, oggi, l’obiettivo principale nelle partite è quello di difendere, accontentando- si poi di dichiarare che la loro, in campo, è una squadra ordinata. È evidente che quando si fanno affermazioni del genere è perché l’allenatore vede che la propria squadra passa la partita a correre dietro alla palla, che molto spesso viene conqui- stata vicino alla propria porta, con pochi giocatori davanti a essa: e questo chiaramente non permette di organizzare contrattacchi che abbiano successo. Curiosamente, di queste squadre si dice che so- no “squadre equilibrate”. Molti allenatori oggi, si vantano con grande convinzione di essere capaci di costruire squadre che difendono bene, salvo non preoccuparsi se poi la squadra perde subito la palla. È così grande l’ossessione di “giocare con ordi- ne” che a volte si confonde questo concetto col trovarsi tutti sotto la linea del pallone: ma poi nel- la fase di attacco la squadra rischia di non essere equilibrata e di trovarsi in difficoltà nello sviluppo di una efficace fase offensiva. Al contrario, una squadra ordinata tatticamen- te è quella che ha equilibrio sia in difesa che in at- Possesso palla: proposte per l’età evolutiva di Daniel Fernandez García Arrigo Sacchi, artefice di una rivoluzione nei metodi di alle- namento, oltre che nella concezione tecnico-tattica della gara, tra gli anni Ottanta e Novanta. Sin dall’allenamento occorre affermare il principio che fase di- fensiva e fase d’attacco sono tutt’uno.

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A cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta, colcontributo di tecnici di indubbio presti-gio come l’italiano Arrigo Sacchi, il co-

lombiano Maturana e l’olandese Cruijff, abbiamoassistito a un’autentica rivoluzione nel campo del-l’allenamento e in partita, soprattutto per quantoriguarda la fase di recupero del pallone.

Era proprio Sacchi che teorizzava che difende-re era come attaccare.

Da questa filosofia nacque, nel calcio di allora,una concezione della difesa a zona come un’unitàorganizzata e strutturata, basata su sincronismiquasi perfetti. Partendo da questo concetto, Sac-chi impostava l’organizzazione difensiva delle suesquadre non aspettando gli avversari, ma andandoa cercarli con la palla anche nella loro metà cam-po, con un pressing offensivo che aveva comeobiettivo principale quello di provocare l’erroredell’avversario e di renderlo incapace di costruiresituazioni d’attacco vantaggiose per la propriasquadra.

Se in quel momento la filosofia difensiva diSacchi e del suo Milan ebbe molto successo, oggipossiamo dire che col passare del tempo questeidee sono state riadattate e semplificate nella for-ma: questo fa sì che molti allenatori considerino lafase difensiva separata dal contesto globale delgioco della propria squadra. Si arriva quindi a

considerare la fase di recupero del pallone comeun momento distinto dalla fase di attacco: pertan-to la squadra non ha nessun collegamento fra ledue fasi, quella di difesa e quella di attacco.

Per molti tecnici, oggi, l’obiettivo principalenelle partite è quello di difendere, accontentando-si poi di dichiarare che la loro, in campo, è unasquadra ordinata. È evidente che quando si fannoaffermazioni del genere è perché l’allenatore vedeche la propria squadra passa la partita a correredietro alla palla, che molto spesso viene conqui-stata vicino alla propria porta, con pochi giocatoridavanti a essa: e questo chiaramente non permettedi organizzare contrattacchi che abbiano successo.

Curiosamente, di queste squadre si dice che so-no “squadre equilibrate”.

Molti allenatori oggi, si vantano con grandeconvinzione di essere capaci di costruire squadreche difendono bene, salvo non preoccuparsi se poila squadra perde subito la palla.

È così grande l’ossessione di “giocare con ordi-ne” che a volte si confonde questo concetto coltrovarsi tutti sotto la linea del pallone: ma poi nel-la fase di attacco la squadra rischia di non essereequilibrata e di trovarsi in difficoltà nello sviluppodi una efficace fase offensiva.

Al contrario, una squadra ordinata tatticamen-te è quella che ha equilibrio sia in difesa che in at-

Possesso palla: proposte per l’età evolutivadi Daniel Fernandez García

Arrigo Sacchi, artefice di una rivoluzione nei metodi di alle-namento, oltre che nella concezione tecnico-tattica della gara,tra gli anni Ottanta e Novanta.

Sin dall’allenamento occorre affermare il principio che fase di-fensiva e fase d’attacco sono tutt’uno.

tacco e non solo quella che si preoccupa esclusiva-mente dell’equilibrio difensivo.

Negli ultimi anni abbiamo assistito a una nuo-va rivoluzione nella teoria della metodologia di al-lenamento.

Il grande impegno di personaggi come Antón,Paco Seirulo, Xesco Espar nell’ambito dei giochisportivi di squadra ha portato a nuove riflessioniteoriche e alla nascita di un nuovo movimento dipensiero che sta tracciando in campo metodologi-co nuove frontiere che prevedono che il gioco insé diventi il protagonista delle nuove proposte diprocedure di addestramento giovanile.

In definitiva, un nuovo paradigma che ha co-me obiettivo il miglioramento qualitativo nell’al-lenamento del gioco di calcio.

Oggi abbiamo capito che il giocatore è un sog-getto tattico e che la tattica è in definitiva l’insie-me di possibilità che un giocatore ha in un mo-mento determinato, in un ambito di riferimentifondamentali che determineranno la sua decisio-ne: pallone, compagni, avversari, spazio di gioco eporta, come le esperienze vissute e non, come iltalento individuale capace di generare risposte cheneanche l’allenatore aveva immaginato.

Tutti sappiamo che in un campo di gioco diqualunque sport ci troveremo davanti a tre tipidi individui: quelli che non sanno nulla di quelche succede, quelli che reagiscono davanti agli

stimoli di situazioni diverse di gioco e quelli chesono capaci di far evolvere una situazione versoil successo.

Ma l’aspetto determinante che troviamo nel cam-po teorico della tattica è sapere che nel calcio non esi-stono fasi separate e che l’attacco e la difesa sono lastessa cosa.

Il vero equilibrio, in una squadra di calcio, sibasa sul fatto che i giocatori, in funzione delle lo-ro possibilità d’intervenire attivamente nel gioco,riequilibrano e cambiano la posizione sul terreno,per compensare la squadra nelle situazioni negati-ve di transizione del gioco stesso.

Oggi, nel calcio le partite si vincono o si per-dono nelle situazioni dove si conquista o si perdeil pallone. D’altro lato, è necessario riflettere sul-l’ossessione dei tecnici, convinti che sia importan-te solo la ripetizione degli schemi che in passatohanno permesso alle loro squadre di ottenere deisuccessi.

Allora i giocatori, attraverso i loro comporta-menti in campo, saranno apprezzati per le loro ca-pacità di essere razionali o estrosi nelle varie situa-zioni di gioco che si sviluppano nella zona del pal-

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l’Tutti sappiamo che in uncampo di gioco di qualunquesport ci troveremo davantia tre tipi di individui: quelliche non sanno nulla di quelche succede, quelli chereagiscono davanti agli stimolidi situazioni diversedi gioco e quelli che sonocapaci di far evolvere unasituazione verso il successo

Allenare agilità e coordinazione è importante, ma oltre allacomponente fisica l’allenamento dev’essere mirato a svilupparela fase cognitiva sotto il profilo tattico.

lone, oppure quando non si trovano in situazioned’intervento diretto sulla palla, ma sono chiamatia eseguire i giusti movimenti di posizionamentoche permettono alla squadra di avere sempre unbuon equilibrio tattico.

Si elimina così la visione stereotipata del calcioche ci porta a collocare i giocatori in un contestoche tende a riprodurre movimenti “tattici” auto-matici, che non tengono conto delle loro differen-ti qualità cognitive.

Le caratteristiche dei giochi sportivi di squadra

“Il calcio è un gioco di squadra che richiede ilmassimo livello di capacità di comunicazione ecollaborazione. Il giocatore deve acquisire la co-scienza di sviluppare il senso del gioco collettivo,la solidarietà, l’aiuto reciproco e deve subordinaregli interessi personali a quelli del gruppo. L’indivi-duo è formato per la squadra”. (José Maria SanzSánchez).

• sono giochi nei quali hanno grande importanzala tattica e la continuità nell’interpretare e risol-vere le situazioni di gioco.

• dipende dalle esperienze acquisite e dalle cono-scenze che il singolo ha dentro di sé il modo incui i giocatori mettono in atto la loro attitudinetecnico-strategica.

• l’organizzazione tattica cognitiva è fondamentale.• i giocatori collaborano fra di loro, con l’obietti-

vo comune di battere gli avversari.• i giocatori devono imparare ad adattarsi e riadat-

tarsi di continuo alle nuove situazioni create dal-lo sviluppo del gioco: contemporaneamente de-vono essere capaci di elaborare e produrre nuoverisposte alla costante variabilità delle situazioni ealla grande incertezza spaziale, che fa sì che duesituazioni non siano mai uguali tra di loro.

• il gioco in sé non è mai lineare: è quindi impos-sibile prevedere in anticipo uno sviluppo preor-dinato e stabilito, ogni situazione di gioco hasempre diverse soluzioni.

• le capacità di percepire e decidere sono le piùimportanti all’interno del ciclo dell’atto tattico.

• “sono sport situazionali, poiché l’atteggiamentodei giocatori è strettamente collegato con la lorocapacità di dare risposte adeguate ed efficaci allecostanti e diverse modificazioni che si creano nelcontesto del gioco”. (Bruno del Castello e Mor-cillo Losa, 2004).

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Le esercitazioni in spazi delimitati contribuiscono ad acuire la concentrazione e l’immedesimazione dei giocatori, sempre al centrodell’azione, ma hanno il limite di non stimolarli al gioco reale. Lo scopo principale dell’allenamento dev’essere proporre obiettivispecifici e far sviluppare le competenze e le capacità per raggiungerli cooperando nel collettivo.

Quale metodologia per il gioco del calcio?

Considerando che la missione dei tecnici è svi-luppare un modello di allenamento che abbial’obiettivo di ricostruire le tematiche della partita,cercando di conferire ai giocatori una formazioneadeguata, e di far sì che le sedute consentano diraggiungere ottimi livelli di prestazione, rivolta so-prattutto allo sviluppo della dimensione cognitiva,ponendo in secondo piano lo sviluppo della di-mensione fisica, diventa fondamentale, dopo averanalizzato le caratteristiche del gioco, evidenziaregli obiettivi generali dell’allenamento che si deside-ra raggiungere in ogni sedutae che devono guidare la no-stra proposta pratica, nelmodo che segue:

a. ridurre progressivamen-te le incertezze e le insi-curezze provocate dalgioco. (Cano Moreno eMorcillo Loca);

b. ottimizzare il rendimen-to, nella prospettiva delgiocatore, significa otti-mizzare tutte le sue ca-pacità in relazione alleesigenze di ogni attività(Seirulo Vargas);

c. ottenere il massimo ren-dimento individuale ecollettivo;

d. inculcare cultura tattica.“La mia grande mis-sione come allenatore è creare cultura tattica.Insegnare al giocatore a interpretare le situa-zioni, dandogli più informazioni possibili emotivandolo a capire bene i principi del gio-co. Alla fine in campo decide il giocatore enon l’allenatore”. (J.M. Lillo);

e. far sì che le esercitazioni proposte in allena-mento siano adatte a raggiungere obiettivispecifici e vengano assimilate dai giocatori;

f. “Il migliore allenamento è quello che riesce ariprodurre fedelmente una situazione nellaquale il giocatore riesce a ottimizzare certimeccanismi, da lui accettati e riconosciuti im-portanti per aiutarlo a risolvere quella situa-zione proposta” (Seirulo Vargas).

Il conseguimento di questi obiettivi dipenderàdall’impiego sul campo di una specifica metodo-logia sostenuta dai principi del nostro gioco, cheanteponga gli obiettivi tecnico-tattici a quelli fisi-ci. Si possono elaborare esercitazioni globali e in-tegrali. Qui desidero presentare il metodo in cuicredo, definito strutturale.

La cultura tattica

Gli allenatori debbono impostare il loro lavorosull’obiettivo d’insegnare ai propri giocatori a in-

terpretare, sentire e leggerele situazioni di gioco.

Il processo comincia dallabase, allorché i tecnici do-vrebbero offrire un’ampiagamma di conoscenze tatti-che che permettano ai gioca-tori di potere scegliere sem-pre la migliore soluzione.

Il giocatore deve conoscereil perché di ogni cosa ed è perquesto che deve conoscere ilgioco. Conoscere il gioco signi-fica porsi sempre queste do-mande: perché? per quale mo-tivo? come? quando? dove? achi o con chi? Allora nei con-tenuti quotidiani di allena-

mento, se vogliamo aumentare il suo grado d’effica-cia nella competizione, dovremo inserire proposte ri-volte a fortificare i meccanismi decisionali tecnico-cognitivi, come ci insegna Manuel Conde.

Le attività nell’insegnamento del calcio

Quali caratteristiche debbono avere dunque leattività di allenamento?a. devono essere di difficoltà crescente, dal facile

al difficile;b. devono stimolare a prendere decisioni: evitare

di ripetere di continuo quello che i giocatoridebbono fare e quello che non dovrebbero fare;

c. devono offrire ai giocatori orientamenti e rife-rimenti, affinché conseguano da soli gli obiet-

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Il conseguimentodi questi obiettivi

dipenderà dall’impiegosul campo di una

specifica metodologiasostenuta dai principi

del nostro giocoche anteponga

gli obiettivi tecnico-tatticia quelli fisici

tivi dell’allenamento, evitando di dare loro so-luzioni precostituite;

d. non dobbiamo insegnare loro a eseguire eser-cizi a memoria, bensì dobbiamo fare in modoche imparino a giocare a calcio.

e. devono tenere sempre in conto la logica delgioco, e quindi prevedere sempre l’uso di por-te che abituino il giocatore al gioco di difesa edi attacco;

f. non si devono scomporre le fasi del gioco. Per-ché proponiamo attività in cui alcuni giocato-ri attaccano, mentre gli altri, una volta recupe-rata la palla, concludono il loro esercizio?

g. i principi tattici sviluppati devono essere stret-tamente collegati alla filosofia di gioco;

h. l’allenamento in spazi ridotti è necessario, madobbiamo sempre considerare che per ovvimotivi, sia a priori che a posteriori, ha il limitedi non stimolare il giocatore al gioco reale.Sappiamo comunque che, nelle fasi iniziali, ilgioco in spazi ridotti mette il ragazzo in condi-zione d’essere sempre al centro dell’azione, colproblema della perdita e della riconquista dellapalla. Questo aspetto, evidenziato in preceden-za, è comunque molto importante, perché so-no le situazioni in cui si decidono le partite;

i. le capacità condizionali debbono essere allena-te sfruttando le condizioni di variabilità cheabbiamo nelle diverse situazioni di gioco.

La struttura della seduta di allenamento

Organizzando le nostre sedute di allena-mento dobbiamo tenere conto di una serie didettagli che arricchiranno il nostro lavoro, par-tendo dalla struttura del gioco e finendo con ladinamica delle relazioni che derivano dal giocostesso:

1. il gioco del calcio ha una valenza collabo-rativa e dinamiche situazionali variabili;

2. queste dinamiche situazionali possonomanifestarsi attraverso la superiorità numericao di posizione;

3. la maggior parte delle situazioni di gioconon coinvolgono più di sette giocatori per vol-ta, considerando i compagni e gli avversari;

4. è fondamentale la conoscenza e la padro-nanza di una serie di situazioni che possonoconsiderarsi basilari: 1vs1, 1vs2, 2vs1, 2vs2,2vs3;

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Le attività proposte in allenamento debbono sempre tenere conto della logica del gioco, prevedendo l’impiego sistematico delle por-te: i principi tattici debbono essere strettamente legati alla filosofia di gioco.

5. la situazione del 3vs3 è la più complessa e lapiù ricca di variabili decisionali. Caneda Pérez af-ferma: “Il calcio, per essere un vero gioco colletti-vo, deve sviluppare il senso del ‘noi’, ed è per que-sto che il numero minimo e il più adeguato per at-tivare il sistema nervoso centrale è il 3vs3. Le atti-vità di 3vs3 massimizzano la capacità di elabora-zione” (da La zona nel Calcio, Raúl Caneda Pérez);

6. le attività devono stimolare le capacità dianticipazione su quelle di reazione. La capacitàdi anticipare un fenomeno di carattere tattico èun retaggio dei grandi campioni della storia delcalcio che non possiamo ignorare e che dobbia-mo sempre considerare come esempio, quandoandiamo in campo per allenare;

7. dobbiamo allenare partendo dai principifondamentali del gioco;

8. stabiliti i principi fondamentali e quellisecondari del nostro gioco, dobbiamo avere lacapacità di articolarli in modo che diventino untutt’uno e non rimangano parti separate dentrouna realtà impossibile da scomporre, come ilgioco di squadra.

Una pletora di autori ha teorizzato sull’orga-nizzazione della sessione di allenamento o unità

temporanea di lavoro, poiché è la più ricorrentedurante tutta la vita degli sportivi.

Nel gioco del calcio, sino alla fine degli anniOttanta, il modello classico di una seduta si or-ganizzava in questo modo: riscaldamento, parteprincipale e parte finale o di rilassamento. Que-sto modello può essere enormemente positivoin sport a carattere prevalentemente fisico, maper le caratteristiche precedentemente dette sievidenza come questa proposta sia lontana e ab-bia poca attinenza con un nuovo modo d’inten-dere il gioco del calcio.

Partendo dunque da questo presupposto,pensiamo sia corretto proporre un’evoluzionedella seduta di allenamento, basata su attivitàdiverse:

1. messa in azione2. attività di collaborazione3. attività di collaborazione-opposizione4. attività di gioco reale.

Queste attività debbono poi essere program-mate all’interno di un progetto che preveda unaprogressione didattica nell’ambito dell’appren-dimento tattico.

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L’allenamento deve rispecchiare e sviluppare i principi fondamentali del gioco della squadra, vissuti come un tutt’uno e non comefasi separate.

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l’Introduzione all’allenamento o messa in azione

Questa attività ha l’obiettivo di preparare i gio-catori sia mentalmente che fisicamente. Benché aprima vista possa sembrare uguale al classico ri-scaldamento che si eseguiva tempo addietro, vo-gliamo sottolineare che invece dev’essere moltopiù specifica e rivolta allo sviluppo dei vari gestitecnici e della tattica individuale.

L’attività di messa in azione deve essere utiliz-zata anche per proporre azioni tecniche isolate chenel corso della seduta occuperanno un posto de-terminante per i vari obiettivi tattici che intendia-mo sviluppare (esempio: vari tipi di guida dellapalla che possiamo poi combinare a una situazio-ne di gioco 2vs1). Si possono poi inserire vari tipidi corsa semplice senza palla che risultino interes-santi per risolvere problemi tattici.

È importante inserire anche attività a carattereludico che riproducano situazioni simili a quellesu cui i giocatori lavoreranno dopo (esempio: ilgioco di toccare più avversari possibile senza pallapuò essere abbinato a esercitazioni specifiche perlo smarcamento). Le attività ludiche debbonocontenere delle variabili che impegnino il giocato-

La metodologia di allenamento, sostiene Daniel FernandezGarcía, autore di questo articolo e allenatore dei giovanissi-mi dell’Espanyol di Barcellona, deve articolarsi su quattro ti-pi di attività fondamentali: messa in azione, attività di col-laborazione, attività di collaborazione-opposizione, attivitàdi gioco reale.

Nell’attività di messa in azione rientrano azioni tecniche isolate come ad esempio vari tipi di conduzione della palla.

re a pensare di continuo, nel contesto di una sfidacognitiva con se stesso e con gli altri compagni.

Ripetere gli esercizi comporta creare una routi-ne e abituare il giocatore: questo produce noia edè un fattore negativo, perché il giocatore non svi-luppa più il proprio pensiero tattico. Se quindivogliamo che il giocatore pensi e prenda decisioni,dobbiamo abituarvelo già da questa fase dell’alle-namento.

Per rafforzare la nostra idea, utilizziamo questasottolineatura di Seirulo Vargas: “I riscaldamentidelle sedute di allenamento devono mantenereuna piccola parte di “allerta fisiologica” [ma noiaggiungeremo: anche allerta psicologica e cogniti-va] propria dell’atleta che pratica sport individua-li, mentre una seconda parte dev’essere adeguataalla domanda e al contenuto della sessione, checomunque non deve mai essere standardizzata”.

Le collaborazioni

Le esercitazioni per allenare le collaborazioni,attività in cui il giocatore si trova nella condizione

di essere sempre coinvolto nel gioco, debbonoavere i seguenti prerequisiti:

• partecipano meno di cinque giocatori, cioè me-no della metà del totale della squadra;

• sono situazioni che si realizzano normalmente inspazi ridotti. Attenzione a come utilizzare gli spa-zi di gioco e a come gestire la disposizione deigiocatori in essi per ottenere una buona riuscita;

• le esercitazioni debbono avere un solo obiettivotattico, che deve essere il punto di partenza e ilpunto di arrivo. Quando i giocatori hanno rag-giunto un buon livello di esecuzione, bisognaterminare il lavoro;

• introducendo nuove regole possiamo variare illivello di difficoltà dell’esercitazione;

• le esercitazioni debbono essere strutturate inmodo che il giocatore sia costretto a risolvere gliobiettivi tattici proposti;

• gli obiettivi tattici debbono essere risolti nel mi-nor tempo possibile, poiché quanto più temporichiede la soluzione del problema, quanto più siperde d’imprevedibilità nella fase di attacco e sirallenta l’organizzazione difensiva.

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Le esercitazioni per allenare la collaborazione si rivelano utilissime per la gara, abituando a conseguire gli obiettivi tattici propo-sti dal gioco.

Attività di collaborazione-opposizione

A questo tipo di esercitazioni partecipa un nu-mero elevato di giocatori, a volte persino tutti.

• gli allenatori debbono osservare se tutti i gioca-tori favoriscono la soluzione del problema espo-sto nell’attività di collaborazione;

• sono esercitazioni che permettono di ridurre illivello d’individualismo del singolo giocatore;

• sono esercitazioni che permettono di collegare ledifferenti situazioni di sviluppo della collabora-zione reciproca fra i giocatori;

• sono esercitazioni che hanno come obiettivoprincipale l’unione di una situazione di giococon un’altra;

• sono esercitazioni che ci permettono d’introdur-re regole per provocare e condizionare le rispostedei giocatori;

• l’obiettivo finale di dette esercitazioni, è quellodi abituare i giocatori a dare le stesse rispostenella stessa situazione di gioco.

Attività di gioco reale

Si debbono proporre alla fine della sessione diallenamento e a volte si possono non fare.

L’obiettivo per l’allenatore è quello di verificarese il concetto tattico esposto è stato assimilato daigiocatori e se riescono a trasporlo all’interno delgioco di squadra.

Questa attività è importante per gli allenatori,che possono osservare i comportamenti e gli at-teggiamenti dei giocatori e possono verificare semettono in pratica gli obiettivi allenati.

Inoltre, permettono loro di valutare il rendi-mento globale della squadra e di capire se il livellodi difficoltà dei concetti tattici proposti va bene oè da cambiare.

A volte, un obiettivo ha bisogno di più esercizisulle collaborazioni che un altro.

Soprattutto è decisivo considerare sempre iprincipi fondamentali del nostro gioco, per deci-dere di allenare in base al modello di gioco cheabbiamo scelto.

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Una fase fondamentale dell’allenamento nella concezione di Fernandez García è l’attività di collaborazione-opposizione, impor-tantissima nel collegare una situazione di gioco con l’altra nel continuo alternarsi che contraddistingue la gara.

Le fasi del gioco

Il gioco di calcio si esplica a partire da alcuniconcetti generali che gli danno un senso. Il suosviluppo dipende dalla costruzione di un linguag-gio tattico comune che ci permetta di fondare unfunzionamento di carattere collettivo.

Dalla figura di cui sopra si deduce che il giocoha un grado di cambiamento costante, dovuto alfatto che le squadre si trovano ad affrontare situa-zioni diverse, all’interno delle quali i giocatoripossono trovarsi anche in ruoli diversi.

Il grande problema nella comprensione del cal-cio è considerare ogni fase di gioco come un com-partimento stagno, filosofia che nasce dalla chiu-sura mentale di molti allenatori. Per fortuna, daqualche parte del globo, nascono nuove idee chesono portatrici di un cambiamento di mentalità.La filosofia da me utilizzata per pianificare gli alle-namenti si basa sul principio di sviluppare le“transizioni di gioco”, cioè il rapido passaggio dauna fase di gioco all’altra.

Penso comunque che dovrebbe essere una cosanormale per tutti gli allenatori adottare una men-talità univoca: quella di giocare.

Seguendo il concetto che la fase difensiva equella offensiva sono tutt’uno, possiamo afferma-re che il gioco ha quattro momenti o cicli:

• il possesso del pallone• il recupero del pallone• la transizione negativa o difensiva quando si

perde il possesso del pallone• la transizione positiva o offensiva quando si

riconquista il possesso del pallone.18

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Possesso palla

Non possesso palla

Palla recuperata Palla persa

Le esercitazioni in spazi delimitati contribuiscono ad acuire la concentrazione e l’immedesimazione dei giocatori, sempre al centrodell’azione, ma hanno il limite di non stimolarli al gioco reale. Lo scopo principale dell’allenamento dev’essere proporre obiettivispecifici e far sviluppare le competenze e le capacità per raggiungerli cooperando nel collettivo.

L’obbiettivo dell’attività di gioco reale è verificare se i giocatori hanno assimilato il concetto tattico esposto e se riescono a trasporloall’interno del gioco di squadra.

Se prima evidenziavo che entrambe le fasi ditransizione sono fondamentali per stabilire chivince, ora è importante ribadire il concetto chetutti i principi del gioco del calcio e le fasi chederivano da essi (attacco, contrattacco, fase di-fensiva e recuperi) sono interconnessi gli uni congli altri.

Le buone squadre sono quelle che durantetutte le fasi del gioco hanno questi principi nelloro bagaglio e attraverso movimenti di compen-sazione sono in grado di riequilibrare costante-mente la loro organizzazione tattica, anticipandole possibili perdite o le possibili riconquiste delpallone.

Inoltre, il gioco è tanto imprevedibile chequeste fasi cambiano a una velocità sorprenden-te. In un attimo una squadra che eseguiva unpossesso di palla si trova a raccogliere la medesi-ma in fondo alla rete.

Abbiamo citato poco sopra Caneda Pérezquando dichiarava che “un errore abituale nelcalcio è quello di considerare due fasi distinte nelgioco: una di attacco, in possesso di palla, eun’altra di difesa, senza la palla”. Nel calcio que-

ste due fasi si sovrappongono in tal modo che ilragionamento precedente è valido esclusivamen-te per sport come la pallamano, dove lo spazioper l’attacco e la difesa è differente, dato che lazona centrale serve solo per il transito della palla.

Concludiamo con una segnalazione: nel cal-cio, al contrario della pallamano, è proprio la zo-na di centrocampo dove si sviluppa il fulcro delgioco, in modo tale che è realmente decisivo ilmomento della transizione veloce, come passareimmediatamente alla difesa dopo la perdita dellapalla. Come saper organizzare nel minor tempopossibile la fase di attacco, quando si smette didifendere, a causa della perdita del pallone daparte della squadra avversaria.

È giunto il momento di tenere in conto diquesta filosofia di gioco, che ci porta a proporrein allenamento situazioni che contengano moltevariabili tattiche, attraverso chiamate di movi-menti compensatori che possono verificarsi inpartita.

Una considerazione finale: la filosofia appenaespressa è testimoniata dal calcio a sette, che in

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I momenti fondamentali del gioco: possesso palla, recupero del pallone, transizione negativa o difensiva, transizione positiva o of-fensiva. Ma – ribadisce Fernandez García – fase difensiva e offensiva sono tutt’uno.

Spagna si gioca nella fascia di età della scuola-calcio e che rappresenta il passaggio intermedioprima di arrivare al calcio a undici all’età di do-dici anni. Ciò a causa della velocità di svolgi-mento delle azioni, del fatto che obbliga i gioca-tori a passare rapidamente da un ruolo ad un al-tro e inoltre perché è un gioco dove le azioni dicontrattacco e le risposte difensive sono frequen-ti e continue.

Ed è perciò che diventa fondamentale inseriresempre le porte, o delimitare spazi analoghi, nel-le attività che proponiamo in allenamento, dove

segnare e difendere stimolano il pensiero el’istinto alla protezione e alla penetrazione, abi-tuando così il giocatore al rapido cambiamentodelle fasi di gioco.

Daniel Fernandez Garcíaè allenatore giovanissimi nazionali

del RCD Espanyol di Barcellona.

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La filosofia di allenamento e di gioco espressa da Fernandez García in questo articolo è esemplificata dal calcio a sette, giocato inSpagna nella fascia di età della scuola-calcio, poiché privilegia la velocità di svolgimento delle azioni, incentiva a passare rapida-mente da un ruolo all’altro e soprattutto perché le azioni di contrattacco e le risposte difensive sono continue.