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1 I modelli di disoccupazione in Europa (capp. 3 e 4 - week 3)

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I modelli di disoccupazione in

Europa

(capp. 3 e 4 - week 3)

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PERCHÉ QUALCUNO È PIÙ DISOCCUPATO DI UN ALTRO?

Ipotesi economiche: teoria del capitale umano; insiders vs. outsiders,

approccio della segmentazione.

Sistemi nazionali di occupazione: durata sussidi, tasso di sostituzione,

andamento inflazione, spesa in politiche attive del lavoro, grado di

estensione contrattazione collettiva e di coordinamento azione sindacati e

datori di lavoro (rilevanza della dimensione politico-istituzionale)

Maggiori/minori difficoltà di adattamento ad un modello europeo unico

nelle politiche del lavoro (e non solo!).

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Le caratteristiche della disoccupazione in Italia

forte penalizzazione di:

− donne;

− giovani;

− persone senza esperienza di lavoro;

per contro anche molto bassa penalizzazione di:

− maschi;

− adulti;

− con esperienza di lavoro (disoccupati in senso stretto).

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A confronto con l'Europa

limitate differenze nei tassi di disoccupazione totale:

• Italia intorno alle media Ue15;

• 9 paesi su 14 (Italia compresa) nella fascia 5-10% negli

anni Novanta e in quella 6-8% nel Duemila pre-crisi;

forti differenze per:

• penalizzazione verso donne;

• penalizzazione verso giovani;

• presenza di persone in cerca di primo lavoro.

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Discriminazione verso le donne

le donne sono più disoccupate degli uomini in tutti i paesi

europei tranne che:

• in Gran Bretagna e Irlanda (uomini più disoccupati):

• Svezia, Germania e Finlandia (circa lo stesso livello);

differenze nei tassi di disoccupazione tra femmine e maschi

nei paesi dove le donne sono penalizzate:

• negli anni novanta da meno di un punto percentuale sino

a 8-10 punti;

• da alcuni anni non più di 6 punti, ma la differenza resta

importante.

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L’indice di discriminazione per genere

= (TD donne – TD uomini) / TD totale

è più elevato:

• NO nei paesi ove più alto tasso di disoccupazione totale;

• NO nei paesi ove le donne partecipano di più al lavoro

(più alto tasso di attività);

• SÌ nei paesi che creano meno occupazione (più basso

tasso di occupazione totale);

Italia ~60%, il tasso di occupazione più basso dei paesi

europei;

se considerassimo anche i paesi dell’Europa Orientale

scomparirebbe ogni relazione tra penalizzazione di

genere e livello di occupazione.

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fig. 3.1. Penalizzazione di genere e tasso di

occupazione totale, 2008

Belgio Danimarca

Germania

Grecia

Spagna

Francia

Irlanda

Italia

Olanda

Austria

Portogallo

Finlandia Svezia

Gran Bretagna

-60

-40

-20

0

20

40

60

80

100

55 60 65 70 75 80

Tasso di occupazione totale (15-64 anni)

In

dic

e d

i p

en

ali

zzazio

ne

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Penalizzazione per età

i giovani sono più colpiti dalla disoccupazione in tutti i paesi

europei tranne che in Germania;

ma differenze nei tassi di disoccupazione tra giovani e adulti

dello stesso genere:

• in alcuni paesi pochi punti percentuali;

• in altri sino a quasi a 30 punti.

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Tre modelli di impatto della disoccupazione per età

1. modello italiano:

• altissima disoccupazione giovanile;

• molto bassa disoccupazione adulta ed anziana;

2. modello tedesco:

• rischio di disoccupazione quasi eguale per ogni età;

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3. modello britannico-francese:

• elevata disoccupazione giovanile;

• media disoccupazione adulta;

• medio-alta disoccupazione anziana;

• (era rappresentato da Gran Bretagna, Svezia e Francia,

ma attualmente caratterizza per lo più alcuni piccoli paesi

europei, dall’Olanda all’Irlanda).

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fig. 3.4. Tassi di disoccupazione per età (modelli

stilizzati)

0

5

10

15

20

25

30

35

14-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64

tedesco italiano europeo

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L’indice di discriminazione per età

= (TD giovani – TD totale) / TD totale

è più elevato:

• NO nei paesi ove il numero di giovani è più elevato

→ più alto tasso di attività o maggiore crescita demografica;

• SÌ nei paesi che creano meno occupazione

→ più basso tasso di occupazione totale;

Italia ~60%, il tasso di occupazione più basso dei paesi europei.

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Fig. 3.6. Penalizzazione dei giovani maschi e tasso di

occupazione totale, 2008

Belgio

Danimarca

Germania

Grecia

Spagna

Francia

Irlanda

Italia

OlandaAustriaPortogallo

Finlandia

Svezia

Gran Bretagna

0

50

100

150

200

250

300

55 60 65 70 75 80

Tasso di occupazione totale (15-64 anni)

In

dic

e d

i p

en

ali

zzazio

ne

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La diversa composizione della disoccupazione

per genere:

• prevalentemente maschile (Gran Bretagna, Irlanda, Svezia,

Germania, Austria);

• prevalentemente femminile (Francia, Italia, Danimarca,

Spagna, Olanda, Grecia);

per età:

• prevalentemente giovanile (Italia, Spagna, Grecia);

• prevalentemente adulta (Francia, Olanda, Belgio, Portogallo,

Gran Bretagna, Finlandia, Irlanda);

• prevalentemente adulta e anziana (Danimarca, Svezia,

Austria, Germania).

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Posizione in seno alla famiglia

influisce su risorse di chi è senza lavoro → economiche

→ psicologiche; minore vulnerabilità alla disoccupazione di maschi adulti

minor vulnerabilità alla disoccupazione dei capifamiglia;

• in ogni paese europeo, ma in Italia la "protezione" dal rischio

della disoccupazione raggiunge livelli estremi;

→ a capifamiglia meno colpiti dalla disoccupazione corrispondono

figli più colpiti.

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Composizione della disoccupazione per posizione nella famiglia

quattro gruppi di paesi:

1. Grecia, Italia, Spagna e Portogallo: in gran maggioranza i

disoccupati sono figli che vivono con genitori, mentre

capifamiglia o single sono intorno al 20-30%;

2. Finlandia e Germania: il 58-60% dei disoccupati sono

capifamiglia;

3. quasi tutti gli altri paesi in posizione intermedia (dal 38% di

capifamiglia tra i disoccupati dell’Austria al 52% dell’Olanda);

4. Gran Bretagna caso particolare: all’elevata presenza di figli

tra i disoccupati si accompagna un’altrettanto elevata

percentuale di capifamiglia.

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In Italia: cercare lavoro restando a lungo in famiglia

La situazione dell'Italia (e di Spagna e Grecia) per quanto riguarda la

posizione nella famiglia delle persone in cerca di lavoro è ancor più

differente da quella degli altri paesi europei di quanto è risultato

guardando alla discriminazione per età:

→ poiché i giovani dei paesi dell'Europa meridionale escono dalla famiglia

di origine in età molto più elevata dopo aver trovato un lavoro;

→ invece, nei paesi dell'Europa centrosettentrionale i giovani escono in età

molto più giovane, spesso prima di aver trovato un lavoro.

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La protezione della famiglia

In Italia e nell'Europa meridionale:

• prevalgono capifamiglia occupati o pensionati che mantengono a

lungo figli disoccupati o inattivi;

nell’Europa centrosettentrionale:

• i pochi figli che vivono a ancora in famiglia sono più spesso occupati

come il proprio capofamiglia.

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Giovani in cerca di lavoro:

in Europa meridionale, molti, ma pochi rischiano di vivere in famiglia senza reddito;

in Europa centrosettentrionale, pochi, ma 4 su 10 vivono in famiglie senza reddito da lavoro (molti single).

Adulte femmine in cerca di lavoro:

in Europa meridionale poche, meno probabile che vivano in famiglie senza reddito da lavoro, perché meno probabile che vivano da sole.

Adulti maschi e anziani:

quasi nessuna differenza tra i paesi europei;

vivono per lo più in famiglie ove non entra alcun reddito da lavoro;

possono contare soltanto sul sostegno del welfare state:

→ grado di generosità molto diverso tra paesi europei.

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Quale mercato del lavoro è più rigido?

Mutamento di prospettiva a metà anni ’90: dall’analisi del rischio di divenire

disoccupati all’analisi della flessibilità;

Teoria dell’Eurosclerosi:

• Europa vs USA: maggiore rigidità del mercato del lavoro → scarsa crescita occupazionale;

La protezione dell’occupazione = norme giuridiche e contrattuali che limitano la

discrezionalità delle imprese nell'assumere e licenziare i lavoratori, in modo da

ridurre l'asimmetria strutturale insita nel rapporto di lavoro dipendente.

Maggiore protezione dell’occupazione implica però:

• riduzione della disoccupazione di breve periodo;

• aumento di quella di lungo periodo;

• contrapposizione insiders / outsiders.

DIVERSI REGIMI DI WELFARE

CONVERGENZA VERSO FLESSIBILITA’

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WHO IS WHO?

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I sussidi per i disoccupati in Europa

Nei paesi europei, chi rimane senza lavoro riceve un sussidio;

i sussidi si fondano su due principi:

1. assicurativo:

• indennità proporzionale alla retribuzione e ai contributi versati;

• indennità a scalare e a termine;

2. assistenziale:

• sussidio legato allo stato di bisogno (controllo dei mezzi);

• senza scadenza (tranne Portogallo e Spagna);

• non presente in Grecia e Italia;

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per valutare un sistema di sostegno al reddito per i disoccupati si

considerano:

a. grado di generosità

• rapporto tra indennità e retribuzione;

• durata;

b. grado di copertura

• quante persone in cerca di lavoro percepiscono un'indennità;

Per entrambi l'Italia è all'ultimo posto tra i paesi europei, preceduta

anche dagli altri paesi dell'Europa meridionale.

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Il triangolo della flexicurity

Principi fondanti:

• grande flessibilità nel mercato del lavoro;

• solido e protettivo sistema di sicurezza sociale;

• pervasivo ed efficiente sistema di politiche attive del lavoro

e della formazione;

Il circolo virtuoso:

• flessibilità → imprese più produttive → più forte prelievo fiscale → protezione del reddito generosa e misure di formazione e attivazione → più sicurezza e più facile reinserimento;

Condizioni di contesto agevolanti (Danimarca):

• mobilità tra posti di lavoro qualificati;

• famiglie a doppio reddito;

• spirito civico (no opportunismo).

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fig. 3.11. Indicatori della flexicurity in Italia e

Danimarca

0.0

10.0

20.0

30.0

40.0

50.0

60.0

70.0

spesa per politiche attive del

lavoro (pro capite)

spesa per indennità

disoccupazione (pro capite)

% lavoratori con accesso a lavoro

flessibile

% in formazione continua

% disoccupati coinvolti in

politiche

% disoccupati con indennità

Italia Danimarca

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Il modello familistico

effetti positivi:

• pace sociale in contesto di alta disoccupazione;

• risparmiare sui costi della disoccupazione;

effetti negativi:

• ritardo dell'uscita dei giovani dalla famiglia;

• famiglia gravata di troppi compiti;

• natalità ridotta ben oltre quanto dovuto alla maggior

partecipazione al lavoro delle donne.

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Il modello familistico entra in crisi

capifamiglia disoccupati cominciano a non esser più pochi, come

dai primi anni Novanta nel Mezzogiorno;

le occupazioni instabili cominciano a interessare anche i maschi

quarantenni, impedendo loro di svolgere il ruolo tradizionale

di capifamiglia;

l'unità della famiglia si frantuma per ragioni culturali.

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Perché le imprese italiane preferiscono

assumere adulti con esperienza?

no perché non sono in grado di valutare la qualità dei giovani;

no perché i differenziali salariali per età non compensano la minore produttività dei giovani;

sì perché l'economia è poco innovativa:

• stereotipo dell'adulto più produttivo si fonda sul fatto di avere esperienza lavorativa, che può essere:

• professionale: competenze acquisite sul lavoro;

• socializzazione al lavoro organizzato e subordinato;

ma sono le imprese con minore innovazione tecnologica e con uno stile di gestione più tradizionale quelle in cui:

• l'esperienza del passato fa premio sulla più alta istruzione;

• la disponibilità a obbedire fa premio sull'entusiasmo poco

disciplinato.

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Perché gli adulti sono più «attivi» nella ricerca di lavoro?

• quando la protezione della disoccupazione è scarsa e i giovani

convivono a lungo con i genitori

• gli adulti, che vivono soli o hanno carichi familiari, sono molto più

«pressati» a ritrovare un lavoro in fretta rispetto ai giovani, che

possono resistere in una lunga attesa della loro prima

occupazione.

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Le scelte implicite della società:

il privilegio dei capifamiglia nelle assunzioni e nei licenziamenti è sostenuto da sindacati e opinione pubblica;

quando l'occupazione è scarsa e scarsi sono i sostegni pubblici per i disoccupati, vi è consenso per favorire chi si ritiene abbia più bisogno di lavorare.

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Il divario territoriale in Italia

l’Italia è il paese in cui le differenze territoriali sono più forti;

due mondi: in uno ogni lavoratore deve mantenere un'altra

persona oltre a se stesso, nell'altro deve mantenerne altre tre;

dal 2000, netta riduzione, ma la caduta del tasso di

disoccupazione nel Sud si deve solo in parte alla modesta crescita

dell’occupazione:

• ripresa dello scoraggiamento delle donne;

• ripresa delle migrazioni interne.

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La mobilità interna

(Sud →Nord) massiccia anni ‘50-60;

da metà degli anni '70 molto bassa, tenuto conto del divario;

ripresa da fine anni novanta, ma diversa composizione per livello

istruzione;

cresce anche la mobilità interna temporanea (pendolarismo);

balcanizzazione del mercato del lavoro;

il recente ruolo dell’immigrazione straniera.

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fig. 4.1. Tassi di disoccupazione nel Centro-Nord e

nel Mezzogiorno

0.0

5.0

10.0

15.0

20.0

25.0

1977 1980 1985 1990199219931995 2000 20032004 2009

Centro-Nord Mezzogiorno

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Differenze tra tasso di disoccupazione femminile e maschile:

• 2/14 punti percentuali al Sud;

• 4/5 punti al Centro Nord;

Differenze tra tasso di disoccupazione dei giovani e degli adulti:

• oltre 30 punti percentuali al Sud;

• da 13 a 9 punti nel Centro Nord.

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La disoccupazione giovanile è anche intellettuale?

tra chi cerca lavoro, la percentuale di istruiti è alta,

• i laureati:

• sono tra il 10% (maschi) e il 15% (femmine) al Centro-Nord;

• e tra il 6% (maschi) e l’11% (femmine) nel Mezzogiorno;

• i diplomati:

• sono quasi la metà nel Centro-Nord;

• e tra il 35% (maschi) e il 45% (femmine) nel Mezzogiorno;

ovvio perché:

• le persone in cerca di lavoro sono per lo più giovani;

• le nuove generazioni sono più istruite delle precedenti.

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Le implicazioni sociali sono importanti

la disoccupazione colpisce le classi borghesi, sia pure solo i figli

all'ingresso nel mercato del lavoro;

le famiglie di ceto inferiore, che hanno fatto studiare i figli anche

per sfuggire ai rischi della disoccupazione, vedono deluse le loro

aspirazioni;

comunque fenomeno transitorio: solo per figli in fase in ingresso

risulta però incrinato sentimento di sicurezza che ha sempre

accompagnato la condizione di vita delle classi medie e superiori.

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La resistenza a rinunciare alle aspettative è forte:

quando esiste una stretta relazione tra gerarchia dei posti di

lavoro e stratificazione sociale;

uno squilibrio tra titolo di studio e livello del posto nella gerarchia

occupazionale è percepito:

• non solo come dequalificazione professionale;

• ma anche come declassamento sociale;

questa situazione è presente in particolare in Italia:

• per ragioni culturali: la divisione tra lavoro manuale e intellettuale;

• per ragioni strutturali: la scarsa mobilità di carriera fa sì che ogni

occupazione sembri «per sempre».

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38

Per parlare in modo specifico di disoccupazione intellettuale per i

giovani

occorre che la più elevata scolarità costituisca una difficoltà

aggiuntiva nella ricerca di un lavoro;

ciò contrasta con le comuni ipotesi sul ruolo dell'istruzione nel

mercato del lavoro;

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39

La concorrenza tra i diversi livelli di istruzione

Secondo la teoria del capitale umano lo sviluppo economico richiede

maggiore istruzione, quindi i più istruiti corrono meno rischi di restare in

cerca di lavoro;

secondo l'ipotesi dell’istruzione dovuta alla pressione delle classi

subalterne, si ha un eccesso di giovani istruiti che provoca un effetto di

spiazzamento, per cui i più istruiti vanno ad occupare posti di lavoro per

cui sono richieste competenze inferiori.

Per entrambe i più istruiti dovrebbero avere un tasso di disoccupazione

inferiore a quelli dei meno istruiti.

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40

Come mutano le differenze nei tassi di disoccupazione all’ingresso

per livello di istruzione

Fine anni Settanta:

• netto svantaggio per diplomati disoccupazione intellettuale;

• ma per i laureati posizione chiaramente migliore;

Dai primi anni Ottanta ai primi anni Novanta:

• diplomati e giovani con licenza media allo stesso livello;

• laureati sempre in netto vantaggio relativo;

Da metà anni Novanta:

• tasso di disoccupazione di laureati e laureate non più significativamente inferiore;

• quello dei diplomati è nettamente il più alto;

• durante la crisi ricompare la disoccupazione intellettuale;

Da fine anni Novanta:

- il rischio di disoccupazione all'ingresso nel mercato del lavoro si

presenta in relazione perfettamente inversa al livello di istruzione.

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41

Un confronto europeo

3 livelli di istruzione in Europa:

1. livello basso = sino alla scuola media obbligatoria;

2. livello medio = diploma di scuola media superiore;

3. livello alto = titolo universitario;

I tassi di disoccupazione all'entrata nel mercato del lavoro:

• si considerano i tassi di disoccupazione nei cinque anni

successivi all'uscita dal sistema formativo;

• livello basso da 15 a 19 anni = 100 numero indice;

• livello medio da 20 a 24 anni;

• livello alto da 25 a 29 anni.

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42

fig. 4.9. Tassi di disoccupazione all'entrata nel mercato

del lavoro per livello di istruzione (media 1992-94,

maschi). Numeri indici: 100 = livello basso

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

Italia Francia Gran Bretagna Spagna

Alto (25-29 anni) Medio (20-24 anni) Basso (15-19 anni)

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43

fig. 4.10. Tassi di disoccupazione all'entrata nel mercato

del lavoro per livello di istruzione (2007, maschi).

Numeri indici: 100 = livello basso

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

Italia Francia Gran Bretagna Spagna

Alto (25-29 anni) Medio (20-24 anni) Basso (15-19 anni)

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44

Istruzione e disoccupazione in età adulta

una volta superata la fase di ingresso, l’istruzione più elevata

costituisce un vantaggio:

tra i 30 e i 59 anni il tasso di disoccupazione degli istruiti è

sempre minore di quello dei non istruiti;

il vantaggio comparativo degli adulti istruiti in Italia è più elevato

di quello degli adulti istruiti negli altri paesi europei;

in Italia l'istruzione superiore costituisce inoltre un grande

vantaggio per quanto riguarda la probabilità di raggiungere

una posizione professionale di alto livello.

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45

fig. 4. 11. Tassi di disoccupazione per livello di

istruzione dei maschi adulti (35-54 anni), 2007)

Numeri indice: 100 = livello basso

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

Germania Spagna Francia Italia Svezia Gran Bretagna

Alto Medio Basso

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46

La lunga attesa del posto di lavoro

Oggi la scuola dura più a lungo; dopo la scuola, il periodo di attesa della prima

occupazione è più lungo; ma è proprio vero che i giovani cominciano a

conoscere il lavoro così tardi?

I «lavoretti» che precedono l'occupazione senza intaccare la condizione di studenti o di persone in cerca di lavoro.

Il lavoro minorile non scomparso in Italia: 200-400 mila, per lo più d'estate;

diverso rapporto con la scuola:

− nel Centro-Nord: frequenza regolare della scuola;

− nel Mezzogiorno: abbandono precoce;

quasi tutti i minori lavorano aiutando genitori o parenti:

riproduzione della micro-impresa familiare;

sub-cultura del lavoro minorile;

i motivi:

- la povertà;

- la scuola non serve;

- il miraggio della società dei consumi.

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47

Il lavoro degli studenti

tra chi frequenta le medie superiori gli studenti-lavoratori sono dal

20% al 50%;

più nel Centro-Nord che nel Sud, ove maggiore è la concorrenza di

chi ha finito gli studi;

differenze tra istituti tecnici e licei;

Università / differenze tra facoltà;

spezzoni di lavoro e attività occasionali, per lo più d'estate;

Espansione della scuola di massa o minore investimento in una

scuola che non garantisce più un lavoro sicuro?

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48

I «lavoretti» e il lavoro «per la vita»

il limbo dei lavoretti durante la lunga attesa della prima

occupazione;

fase di passaggio quale che sia il livello di uscita da sistema

formativo;

meno diffusi nel Mezzogiorno, perché più scarse sono le

occasioni di lavoro precario non manuale;

nel Centro-Nord vi sono maggiori opportunità nei servizi, anche

ad elevato livello e in regola;

effetto di addestramento soltanto per pochi. Quindi scarso

vantaggio sul piano professionale.

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49

Schizofrenia nei comportamenti di ricerca dei giovani

Sfasamento tra:

• il lavoro «desiderato», quello «per la vita», coerente con le

aspettative suscitate dal livello di istruzione raggiunto, che si

continua a cercare intensamente;

• il lavoro «qualsiasi», che non coinvolge l'identità del

lavoratore ed è vissuto in modo strumentale:

• non vige la «logica dell'onore»;

• periodo di moratoria, che rafforza le crescenti aspettative

occupazionali, consentendo di tenerle vive più a lungo.

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50

La lunga attesa in seno alla famiglia di origine

la lunga attesa dell'occupazione «adeguata» si regge sul sostegno

economico e sulle aspettative di mobilità sociale della

famiglia;

come le diverse origini familiari dei giovani incidono sui tempi di

ricerca:

• migliori relazioni sociali favoriscono l'accesso al «buon

lavoro»;

• maggiori risorse economiche consentono più lunghi tempi di

attesa.

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51

Un disoccupato non più isolato ed emarginato

«Il disoccupato solo e abbandonato non lo abbiamo mai

incontrato». (da una ricerca sulla disoccupazione a Napoli);

in contrasto con le classiche ricerche sulla disoccupazione degli

anni Trenta, in Italia i senza lavoro hanno più relazioni

familiari di coloro con un'occupazione stabile:

• coloro che cercano lavoro sono giovani che vivono in famiglia;

• i disoccupati adulti per lo più vivono nel Mezzogiorno, ove le

relazioni familiari allargate sono più dense, ma la cerchia è

spesso ristretta a senza lavoro.

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52

Disoccupazione e lavoro nero

l'economia informale svolge un ruolo importante nelle strategie

dei disoccupati adulti nel Mezzogiorno (costi della vita

inferiori):

• pochi disoccupati ricevono indennità di disoccupazione, ma

semmai altri sussidi non specifici;

attività dequalificate, occasionali, quasi sempre irregolari, che non offrono sbocchi occupazionali stabili, anzi logorano ancor più le capacità di lavoratori poco istruiti («la fatica»);

non sono «falsi disoccupati» perché cercano attivamente il «posto»;

ma ovviamente risulta ridotta la disoccupazione «pura».

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53

Una disoccupazione non economicamente seria,

ma socialmente grave?

Dal punto di vista sociale, la situazione è grave, perché milioni di

persone non riescono a ottenere una condizione lavorativa

cui aspirano,

• non importa se per necessità o per desiderio di realizzazione

personale;

ma finora il disagio sociale poggiava su un sistema economico

ricco e soprattutto gli effetti economici della disoccupazione

erano attutiti dai processi di aggiustamento interni alle

famiglie;

→ quindi, finora,la situazione economica della grande

maggioranza dei disoccupati non è stata economicamente

seria, nonostante lo scarso rilievo del sostegno pubblico.

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54

Le conseguenze psicologiche della disoccupazione

grave è invece l’emergenza sociale di alcune generazioni di

giovani che rischiano di incontrare troppo tardi un lavoro in

cui realizzare una propria identità personale e professionale:

• conseguenze sul ciclo di vita: sposarsi e fare figli;

• conseguenze psicologiche: prolungamento adolescenza;

da entrambi questi punti di vista, svolgere «lavoretti» o avere

anche più strutturate occupazioni instabili non modifica

molto la situazione dei giovani.