I METODI DI QUADRATURA NELL’ANTICHITÀ · il cerchio ha l’area massima, ... matematici del...

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Il calcolo di aree e volumi e la determi- nazione delle tangenti alle curve costi- tuiscono le due questioni tipiche dibat- tute e risolte con la nascita del calcolo. Il primo dei due problemi fu affrontato fin dall’antichità, con il raggiungimento di alcuni notevoli risultati utilizzando il cosiddetto “metodo di esaustione”. Tale metodo, tradizionalmente attribui- to a Eudosso e utilizzato da Euclide, venne portato alla massima raffinatezza da Archimede (287-212 a.C.) nelle sue opere Quadratura della parabola, Misura del cerchio, Sulla sfera e sul cilin- dro. Sempre mediante il metodo di esau- stione Archimede determinò nell’Equilibrio dei piani i centri di gra- vità del triangolo e della parabola, non- ché quelli di figure solide, tra le quali il paraboloide e l’iperboloide di rotazione. Il procedimento per esaustione consen- tiva di dimostrare con rigore i risultati, ma non forniva indicazioni sulla strada da seguire per scoprirli. Nel Rinascimento si diffuse pertanto la convinzione che Archimede possedesse un metodo segreto, una convinzione confermata dal ritrovamento, avvenuto solo nel 1906, di un palinsesto conte- nente il cosiddetto Metodo sotto forma di lettera ad Eratostene. 1 I METODI DI QUADRATURA NELL’ANTICHITÀ Morte di Archimede Il palinsesto contenente il Metodo Gli Elementi di Euclide

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Il calcolo di aree e volumi e la determi-nazione delle tangenti alle curve costi-tuiscono le due questioni tipiche dibat-tute e risolte con la nascita del calcolo. Il primo dei due problemi fu affrontatofin dall’antichità, con il raggiungimentodi alcuni notevoli risultati utilizzando ilcosiddetto “metodo di esaustione”.Tale metodo, tradizionalmente attribui-to a Eudosso e utilizzato da Euclide,venne portato alla massima raffinatezzada Archimede (287-212 a.C.) nelle sueopere Quadratura della parabola,Misura del cerchio, Sulla sfera e sul cilin-dro. Sempre mediante il metodo di esau-stione Archimede determinònell’Equilibrio dei piani i centri di gra-vità del triangolo e della parabola, non-ché quelli di figure solide, tra le quali ilparaboloide e l’iperboloide di rotazione. Il procedimento per esaustione consen-tiva di dimostrare con rigore i risultati,ma non forniva indicazioni sulla stradada seguire per scoprirli. Nel Rinascimento si diffuse pertanto laconvinzione che Archimede possedesseun metodo segreto, una convinzioneconfermata dal ritrovamento, avvenutosolo nel 1906, di un palinsesto conte-nente il cosiddetto Metodo sotto formadi lettera ad Eratostene.

1 I METODI DI QUADRATURA NELL’ANTICHITÀ

Morte di ArchimedeIl palinsesto contenente il MetodoGli Elementi di Euclide

Il filone archimedeo venne ripreso esviluppato dagli scienziati arabi apartire dal IX secolo. I primi contributisi devono ai tre fratelli Banu Musache, dopo aver tradotto e studiato irisultati di Archimede sul cerchio esulla sfera, dedicarono agli stessiargomenti l’opera Sulla misura dellefigure piane e sferiche, divenuta poinota in occidente come Liber triumfratum de geometria.Risultati sull’area di un segmento diparabola e sul volume del paraboloidedi rotazione furono invece prodotti daThabit b. Qurra, collaboratore deiBanu Musa, da suo nipote Ibrahim b.Sinan e soprattutto da Ibn al-Haytham.Quest’ultimo determinò anche ilvolume del solido generato dallarotazione di un arco di parabolaattorno alla tangente, andando oltre irisultati di Archimede sulla parabola,che peraltro gli scienziati arabi nonconoscevano. Ibn al-Haytham, noto in Occidentecome Alhazen, si dedicò anche allostudio dell’area delle lunule,generalizzando i risultati classiciattribuiti a Ippocrate di Chio.Sempre ad Ibn al-Haytham si devono iprincipali risultati su un altro settore diricerca che affonda le sue radici nellamatematica greca: il problemaisoperimetrico, ossia la dimostrazioneche fra le figure piane di perimetro datoil cerchio ha l’area massima, e ilproblema analogo nello spazio, ossiache fra i solidi con la stessa superficie lasfera ha il volume massimo. Si tratta diun risultato ricordato e dato comeacquisito ad esempio da Tolomeo nelprimo libro dell’Almagesto e checostituirà, molti secoli dopo, uno deicampi di ricerca più raffinati del calcoloinfinitesimale.

2 LA MATEMATICA INFINITESIMALE ARABA

Ab'l WafÇ, GeometriaStudiosi in una bibliotecaIbn al-HaythamIl minareto della moschea di Samarra

LA STAMPA E LA DIFFUSIONE DELLA CULTURA MATEMATICA3Intorno alla metà del XV secolo,Johannes Gutenberg inventò la stampaa caratteri mobili, un procedimentodestinato a rivoluzionare la produzionee la diffusione della cultura in generalee di quella matematica in particolare. Ilprimo libro matematico dato alle stam-pe fu un volumetto anonimo pubblicatonel 1478 a Treviso, che per questo èdetto Aritmetica di Treviso. Pochi annidopo, nel 1482, apparvero gli Elementidi Euclide, che conosceranno più di set-tanta edizioni nel solo XVI secolo. Allafine del Cinquecento, tutte le operedella matematica greca giunte fino anoi erano state pubblicate e messe adisposizione degli studiosi.

L’impatto della stampa sulla culturascientifica fu enorme. Da una parte, ilfatto che le opere fossero disponibili inmolti esemplari (tre-quattrocento,secondo stime attendibili) ne assicuravala diffusione immediata negli ambientiscientifici, imprimendo così una straor-dinaria accelerazione alla diffusionedelle scoperte e delle conoscenze; dal-l’altra, la familiarità con gli stessi testipromosse la formazione di un linguag-gio e di un metodo condivisi, e quindidi una comunità scientifica in sensomoderno.

Gli Elementi di EuclideL’Aritmetica di TrevisoFilippo Calandri, De Arimetricha OpusculumL’editio princeps del testo greco degli Elementi

La pubblicazione nel 1544 delle Operedi Archimede, e in particolaredell’Equilibrio dei piani, suscitò unaserie di studi volti ad estendere il meto-do archimedeo al calcolo dei centri digravità dei solidi. Le prime ricerche inquesta direzione ebbero luogo in Italia,da parte del messinese FrancescoMaurolico (1494-1575) e dell’urbinateFederico Commandino (1506-1575),uno dei più attivi editori di testi classi-ci. Per motivi diversi, nessuno dei dueebbe un’influenza determinante sullaricerca matematica. Infatti da una partel’opera di Commandino De centro gra-vitatis solidorum, pubblicata nel 1565,era alquanto imperfetta nelle dimostra-zioni; dall’altra il De momentis aequali-bus di Maurolico restò confinato a unacerchia ristretta di scienziati e vennepubblicato solo nel 1685.

Il contributo più importante alla teoriadei centri di gravità fu senza dubbioquello di Luca Valerio (1552-1618),definito da Galileo “il nuovoArchimede dell’età nostra”, che nel suoDe centro gravitatis solidorum libritres, pubblicato nel 1604, trovò il bari-centro di molte figure solide, tra lequali l’iperboloide di rotazione, masoprattutto ideò un metodo dimostrati-vo che per la prima volta affrontavafigure generali, con un sostanziale pro-gresso rispetto ai metodi classici.

Al di là delle Alpi, un contributoimportante venne dal fiammingo SimonStevin (1548-1620), che trattò dei cen-tri di gravità nel suo De Beghiaselender Weeghconst (1586), tradotto infrancese nel 1634 e inserito nelle sueOeuvres mathématiques.

IL RITORNO DI ARCHIMEDE NEL CINQUECENTO: I CENTRI DI GRAVITÀ4

Luca Valerio, De centro gravitatis solidorumSimon Stevin, Wisconstige GedachtenissenFrancesco Maurolico

All’inizio del Seicento emersero nuovimetodi per il calcolo di aree e volumi.Nella sua Nova stereometria doliorum(1615), Johannes Kepler (1571-1630) siservì di considerazioni infinitesimali peril calcolo dei volumi di vari solidi dirotazione. Un tentativo di esposizione organica ecoerente di una nuova teoria fu operadi Bonaventura Cavalieri (1598-1647),che nella Geometria indivisibilibus con-tinuorum nova quadam ratione promo-ta (1635) introdusse il metodo degliindivisibili dimostrando il “principio diCavalieri”, fonte di numerose successi-ve applicazioni.La teoria degli indivisibili fu oggetto diduri attacchi da parte dei matematicipiù conservatori, per lo più gesuiti.D’altra parte la versatilità del metodone fece un potente strumento di ricerca,e agli indivisibili si rivolsero i maggiorimatematici del tempo. In Italia,Evangelista Torricelli (1608-1647) usòla tecnica di Cavalieri per lo studio dinuove curve come la cicloide, e calcolòil volume del solido generato dalla rota-zione di un’iperbole attorno al suo asin-toto, primo esempio di un solido infini-to con volume finito.

Negli stessi anni, argomenti analoghierano stati affrontati in Francia daPierre de Fermat (1601-1665), chetrovò la quadratura delle parabole diordine superiore, da Gilles Personne deRoberval, che scrisse un trattato De indivisibilibus e da Blaise Pascal(1623-1662), che ne fece un uso raffi-natissimo nel suo Traité des sinus duquart de cercle. In Inghilterra, JohnWallis (1616-1703) utilizzò sistematica-mente indivisibili e quantità infinitesimenel suo trattato Arithmetica infinitorum(1655).

5 NUOVE IDEE: LA TEORIA DEGLI INDIVISIBILI

Bonaventura CavalieriEvangelista TorricelliBlaise PascalBonaventura Cavalieri, Geometria indivisibilibus promota

Nel 1637 venne pubblicato in Olanda ilceleberrimo Discours de la méthode diRené Descartes (1596-1650). Uno deisaggi che illustravano il metodo era laGéométrie, un’opera rivoluzionarianella quale algebra e geometria si fon-dono per dar vita a una nuova discipli-na: la geometria analitica. Uno deipunti chiave della Géométrie era lacaratterizzazione delle curve tramite laloro equazione, grazie alla quale, invecedelle singole curve “nominate” dellageometria classica, potevano essere stu-diate intere classi di curve. I problemirelativi cambiarono aspetto: invece diaffrontare singoli casi particolari, sitrattava ora di trovare metodi generali,applicabili a tutte le curve dotate diequazione. Tra i problemi posti nella Géométrie,quello delle tangenti alle curve assunsesubito un posto di rilievo. Descartes loaveva risolto nel caso di curve algebri-che, cioè esprimibili come zeri di unpolinomio. Lo stesso risultato era statoottenuto da Fermat, con un metodo chesi applicava ad alcune curve trascen-denti e in linea di principio anche acurve la cui equazione conteneva deiradicali, ma che diventava praticamenteinservibile al crescere della complessitàdell’equazione.

Anche Roberval e Torricelli si interessa-rono del problema, che affrontaronoperò con un metodo diverso, basatosulla generazione cinematica dellecurve.

Nei decenni successivi alla pubblicazio-ne della Géométrie, i metodi diDescartes e di Fermat vennero raffinatie semplificati ad opera tra gli altri diJan Hudde, François de Sluse, JamesGregory, Isaac Barrow e John Wallis,fino a dar luogo a un vero e proprioalgoritmo di calcolo, senza tuttavia riu-scire a superare l’ostacolo costituitodalla presenza di molti radicali nell’e-quazione della curva.

6 IL PROBLEMA DELLE TANGENTI

Réné DescartesPierre FermatJohn WallisRéné Descartes, Discours de la mèthode

Nell’ottobre del 1684 GottfriedWilhelm Leibniz pubblicò sugli Actaeruditorum un breve ma fondamentalescritto dal titolo Nova methodus promaximis et minimis, itemque tangenti-bus, quae nec fractas nec irrationalesquantitates moratur, et singulare proillis calculi genus, che conteneva i fon-damenti del calcolo differenziale, erisolveva con un metodo generale ilproblema delle tangenti. Il punto cen-trale del metodo di Leibniz era un’ope-razione, la differenziazione, che permet-teva di passare dall’equazione algebricadi una curva all’equazione differenziale,e tramite quest’ultima di determinarnela tangente.

Il problema inverso delle tangenti, cioèil passaggio dall’equazione differenzialeall’equazione della curva, divenneimmediatamente il problema principaledel calcolo, essendo legato da una partealla quadratura delle figure e dall’altraa una serie di problemi sia geometriciche meccanici.

Quasi venti anni prima della pubblica-zione della Nova Methodus, nel 1665-1666, Isaac Newton aveva elaborato unsuo calcolo, simile per i risultati se nonper l'ispirazione a quello di Leibniz. Ilcalcolo newtoniano combinava il meto-do delle flussioni (un’operazione ana-loga alla differenziazione leibniziana)con l’uso sistematico degli sviluppi inserie. Contrariamente a quelli diLeibniz, i risultati di Newton non ven-nero pubblicati subito, e rimasero ini-zialmente confinati a un ambienteristretto.

7 LA NASCITA DEL CALCOLO INFINITESIMALE

Gottfried Wilhelm Leibniz, Nova methodusGottfried Wilhelm LeibnizIsaac Newton

Il primo riferimento al calcolo newto-niano si trova nei PhilosophiaeNaturalis Principia Mathematica(1687), dove Newton esponeva i fonda-menti del suo metodo riconoscendo inuno scolio l’indipendenza della scopertadi Leibniz. Una serie di vicende, cheturbarono i rapporti tra i due scienziati,culminarono in accuse di plagio rivoltea Leibniz prima da Nicolas Fatio deDuiller (1664-1753), uno scienziatoolandese trapiantato in Inghilterra, epoi da John Keill (1671-1721), unmatematico inglese molto vicino aNewton. Poiché ambedue erano mem-bri della Royal Society, Leibniz si rivol-se a quest’ultima perché censurasse l’o-perato di Keill. Sotto l’influenza diNewton, che ne era il presidente, laSociety nominò una commissione cherespinse le richieste di Leibniz.L’operato della commissione, inveropiuttosto parziale, suscitò forti criticheda parte dei matematici continentali,quasi tutti fautori del metodo leibnizia-no, e causò una profonda frattura nellacomunità scientifica. La storiografiamoderna, che ha riconosciuto la prio-rità di Newton nella scoperta del calco-lo, ha anche escluso qualsiasi plagio daparte di Leibniz.

8 LA CONTESA SULL’INVENZIONE DEL CALCOLO

Isaac NewtonIsaac Newton, Philosophiae naturalis principia mathematicaCommercium epistolicum

Dopo l’esplosione della controversia, imetodi di Newton e di Leibniz seguiro-no percorsi di sviluppo e diffusionedistinti. I matematici inglesi, tra cuiJames Stirling, Brook Taylor e ColinMcLaurin (1698-1746), svilupperannoe preciseranno i metodi di Newtonsenza dare contributi rilevanti, e silasceranno trascinare in polemiche sullalegittimità del metodo delle flussioni,come quella innescata da GeorgeBerkeley nel 1734 con il suo TheAnalist.

Al contrario, anche a causa di una ter-minologia più snella e di un formalismopiù efficace, ma soprattutto grazie all'o-pera di matematici di grande valorequali i fratelli Jacob e Johann Bernoulli,primi di una famiglia di eminenti scien-ziati, il calcolo leibniziano compì inbreve importanti progressi. In particola-re esso venne impiegato nello studiodelle equazioni differenziali, con lequali furono risolti numerosi problemi,tra cui spiccano quelli della curva bra-chistocrona e della catenaria.

Nel 1696 uscì il primo trattato di cal-colo differenziale, l’Analyse des infini-ments petits del marchese GuillaumeFrançois de l’Hospital (1661-1704),allievo di Johann Bernoulli. L’operaebbe grande successo e su di essa si for-marono generazioni di matematici.

Strettamente legato alla famigliaBernoulli fu Leonhard Euler (1707-1783), la cui Introductio in analysininfinitorum, pubblicata nel 1748, èorganizzata completamente attorno allanozione di funzione. La definizione diquest'ultima fu oggetto di una vivace elunga discussione, legata anche allo stu-dio di fenomeni fisico-matematici comela corda vibrante, che coinvolse fra glialtri Jean D’Alembert e giunse fino aJoseph Louis Lagrange e JosephFourier.

9 LA DIFFUSIONE DEL CALCOLO

Leonhard EulerJohann BernoulliGuillaume François de l'Hospital, Analyse des infiniment petits

La diffusione del calcolo in Italiaavvenne tramite scambi epistolari e gra-zie alla presenza di alcuni studiosi.Leibniz stesso compì una breve visita inItalia nel 1689, durante la quale tentòdi introdurre i nuovi metodi. Nel 1707Jacob Hermann, che si era formato allascuola di Johann Bernoulli, venne chia-mato a ricoprire la cattedra diMatematica all’università di Padova.Qui rimase fino al 1713, intrecciandouna rete di fitti contatti e divenendopunto di riferimento per i matematiciitaliani che volevano confrontarsi con inuovi metodi analitici. A lui successeNicola I Bernoulli (1687-1759), mentrealtri membri della famiglia Bernoulli,Nicola II e Daniel (1700-1782), sog-giornarono a lungo a Venezia.

In Italia, le prime tracce dell’uso delcalcolo infinitesimale si trovano nelleopere di Gabriele Manfredi e di GuidoGrandi, seguiti poi da Iacopo Riccati eda suo figlio Vincenzo, da MariaGaetana Agnesi e da Giulio Carlo de’Toschi Fagnano. Più tardi, JosephLouis Lagrange inizierà a Torino la suabrillante carriera scientifica.

La prima opera dedicata interamente alcalcolo differenziale è dovuta aDomenico Corradi d’Austria, che nel1743-1744 stampò il suo De’ calcolidifferenziale e integrale. Pochi annidopo, nel 1748, Maria Gaetana Agnesipubblicò le Istituzioni analitiche ad usodella gioventù italiana, un’opera in duevolumi che ebbe grande diffusione fragli studenti di varie generazioni e il cuisecondo volume, contenente i principidel calcolo infinitesimale, fu anche tra-dotto in francese e in inglese.

LEIBNIZ E L’ITALIA: IL CALCOLO COME MERCE D’IMPORTAZIONE 10

Gabriele ManfrediIacopo RiccatiMaria Gaetana Agnesi, Instituzioni analiticheGuido Grandi

Dopo uno sviluppo impetuoso duratopiù di un secolo, verso la fine delSettecento iniziò una riflessione semprepiù approfondita sui principi, o come sidiceva all'epoca sulla “metafisica”, delcalcolo infinitesimale.

Nel 1797 videro la luce contempora-neamente le Réflexions sur la métaphy-sique du calcul infinitésimal di LazareCarnot, e la Théorie des fonctionsanalytiques di Lagrange, ambedue dedi-cate al problema dei fondamenti.Mentre Carnot poneva le basi del cal-colo nella necessità della compensazio-ne di due errori opposti, Lagrange cen-trò la sua teoria sugli sviluppi in seriedi potenze, a partire dai quali introdus-se le funzioni “derivate”, termine chetroviamo qui per la prima volta.

La soluzione più completa del proble-ma è dovuta ad Augustin Louis Cauchy(1789-1857), il cui Cours d’analyse,pubblicato nel 1821, è spesso indicatocome l’inizio dell’analisi moderna.Seguendo quella che era stata anche lavisione di d’Alembert, Cauchy pose allabase di tutte le costruzioni dell’analisi ilconcetto di limite: per mezzo di essovenivano definite le funzioni continue,le derivate e gli integrali, che per laprima volta vengono introdotti indipen-dentemente.

In una direzione simile a quella diCauchy si mosse contemporaneamenteBernhard Bolzano (1781-1848), che nelsuo opuscolo Rein analytischer Beweisdes Lehrsatzes (1817) introdusse inmaniera rigorosa i concetti di continuitàdelle funzioni, di convergenza delle serie,di estremo superiore. I contributi diBolzano rimasero però poco conosciuti efurono riscoperti solo più tardi.

11 IL PROBLEMA DEI FONDAMENTI

Augustin-Louis CauchyAugustin-Louis Cauchy, Cours d'analyseJoseph Louis LagrangeBernhard Bolzano

Nelle prime formulazioni del calcolo, epoi per tutto il Settecento, l’operazioneprincipale era la differenziazione, oderivazione. A fronte di questa, l’inte-grazione era vista non come un’opera-zione indipendente ma come l’inversadella derivazione, o meglio come uncaso particolare del cosiddetto “proble-ma inverso delle tangenti”, ossia del-l’integrazione delle equazioni differen-ziali. Fu solo nel Résumé des leçons diCauchy che l’integrazione venne defini-ta come operazione a sé stante, indipen-dente dalla derivazione. Cauchy dimo-strò che le funzioni continue sono inte-grabili e che vale il teorema fondamen-tale del calcolo integrale, cioè che laderivazione e l’integrazione sono dueoperazioni una inversa dell’altra.

Alcuni anni più tardi, in occasione diricerche sullo sviluppo in serie diFourier di funzioni discontinue,Bernhard Riemann (1826-1866) estesel’integrale anche ad alcune classi di fun-zioni discontinue e pose il problema dideterminare quali funzioni risultasserointegrabili. Si inaugurò così un settoredi ricerca che troverà il suo sbocconaturale nella teoria dell’integrazione diLebesgue.

L’INTEGRAZIONE COME OPERAZIONE INDIPENDENTE DALLA DERIVAZIONE12

Bernhard Riemann, Gesammelte Werke, con la firma di Ulisse DiniBernhard RiemannAugustin-Louis Cauchy

La sistemazione dell’analisi operata daCauchy lasciava aperti una serie di pro-blemi legati alle proprietà dei numerireali. Nelle sue lezioni e in alcune comu-nicazioni all’Accademia di Berlino, KarlWeierstrass (1815-1897) aveva più voltesollevato il problema di una rigorosadefinizione dei numeri reali che egli con-siderava come passo indispensabile perlo sviluppo dell’analisi.

Nel 1872 Edward Heine (1821-1881)diede una prima presentazione sistema-tica delle idee di Weierstrass pubblican-do l’articolo Die Elemente derFunctionenlehre. Nello stesso annocomparve l’articolo di Georg FerdinandCantor (1845-1918), dal titolo Über dieAusdehnung eines Satzes aus derTheorie der trigonometrischen Reihen,in cui i numeri reali venivano definiticome successioni di Cauchy di numerirazionali. Un’impostazione simile sitrova nel Nouveau précis d’analyse infi-nitésimale, pubblicato sempre nel 1872da Charles Mèray (1835-1911) e antici-pato nel 1869 da una sua memoria usci-ta sulla Revue des Sociétés Savantes.

Di natura diversa è invece l’altro fonda-mentale contributo, dovuto a RichardDedekind, Stetigkeit und irrationaleZahlen (1872), dove i numeri realierano definiti come sezioni dei numerirazionali. Sulla base di questa definizio-ne, Dedekind dimostrò le proprietà diordinamento e definì le operazioni arit-metiche e il concetto di limite.

L’opera di Dedekind, insieme all’altradal titolo Was sind und was sollen dieZahlen, nella quale i numeri interi veni-vano definiti in termini di insiemi,conobbe vasta diffusione. Ambedue ven-nero tradotte in italiano da OscarZariski, con i titoli Continuità e numerireali, ed Essenza e significato deinumeri. Una definizione assiomaticadegli interi venne poi introdotta daGiuseppe Peano nei suoi Arithmeticesprincipia (1889).

13 LA TEORIA DEI NUMERI REALI

Karl WeiestrassGeorg CantorGiuseppe Peano, Arithmetices principiaCharles Mèray, Nouveau précis d'analyse infinitésimale

A metà Ottocento, sotto l’influssodeterminante di Weierstrass, l’univer-sità di Berlino divenne una delle sedipiù importanti per lo studio del calcoloe il centro privilegiato di ricerca nelladirezione di una definizione più rigoro-sa dei suoi fondamenti.

Weierstrass incominciò a tenere le suelezioni nel 1859, ma solo molto piùtardi, a partire dal 1894, il materialerelativo venne raccolto e pubblicato.Soprattutto grazie ai corsi diWeierstrass si affermò la necessità difondare l’analisi su una teoria rigorosadei numeri reali e di definire questi ulti-mi a partire dai numeri interi, un pro-cesso che Felix Klein chiamò “aritme-tizzazione dell’analisi”.

Una testimonianza del diffondersi delleconcezioni di Weierstrass in Italia ècostituita dai Fondamenti per la teoricadelle funzioni di variabili reali pubbli-cata da Ulisse Dini (1845-1918) nel1878, un’opera nella quale è evidentel’influsso della scuola tedesca.

Sempre in Italia nel 1884 venne pubbli-cato il Calcolo differenziale e principiidi calcolo integrale, un trattato in cuiGiuseppe Peano (1858-1932) raccolsele lezioni da lui seguite a Torino e tenu-te da Angelo Genocchi. Nello stenderele lezioni, Peano vi inserì importanti“aggiunte” di teoremi sull’esistenza e ladifferenziabilità delle funzioni implicite,sulla continuità uniforme di funzioni inpiù variabili, sul calcolo integrale, conprecisazioni e controesempi.

14 LA NUOVA ANALISI IN ITALIA

Ulisse DiniAngelo Genocchi, Calcolo differenziale e principii di calco-lo integraleGiuseppe PeanoUlisse Dini, Fondamenti per la teorica delle funzioni divariabili reali

Nel 1823 Cauchy aveva dato la primadefinizione moderna di integrale per lefunzioni continue, o al più con unnumero finito di discontinuità.

Nel 1854 Bernhard Riemann, nella suatesi sulla rappresentabilità di una fun-zione mediante una serie trigonometri-ca, dopo aver introdotto l’integrale cheporta il suo nome, diede numerosiesempi di funzioni che pur avendo unnumero infinito di discontinuità risul-tano integrabili. La tesi di Riemannrestò sconosciuta fino al 1867, quandola sua pubblicazione a cura diDedekind generò una serie di ricerchesulla relazione tra l’integrabilità di unafunzione e l’insieme dei suoi punti didiscontinuità. Nel corso di questi studi,si fece strada l’idea che l'integrabilitàdipenda da una qualche misura dell'in-sieme dei punti di discontinuità.

Una prima formulazione della misuradi un insieme, dovuta a Giuseppe Peanoe Camille Jordan, pur avendo innegabilidoti di semplicità, si rivelò troppo rigi-da e inadatta a risolvere il problema.

Nel 1898 Émile Borel (1871-1956)introdusse una teoria della misura degliinsiemi più sofisticata e più duttile,definita su una classe molto ampia diinsiemi, detti poi insiemi boreliani.

Le idee di Borel vennero ampliate daHenri Lebesgue (1875-1941), che definìla misura in maniera più generale diBorel e ne fece la base di una nuovateoria dell’integrazione, che nell'analisimoderna ha definitivamente sostituitoquella di Riemann.

Uno tra i primi studiosi che in Italia siimpadronirono delle idee di Lebesguefu Giuseppe Vitali (1875-1932), che perprimo diede l’esempio di una funzionenon integrabile secondo Lebesgue.

15 MISURA E INTEGRAZIONE

Émile BorelHenri LebesgueGiuseppe VitaliHenri Lebesgue, Intégrale, Longueur, Aire