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I mercati arabi del Golfo

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Presentazione

I perché di una guida sui sei Paesi arabi della Cooperazione del Golfo sono molteplici ma principalmente riposano sui numeri del nostro export. Nel 2013, anno nel quale la capacità del nostro sistema industriale di internazionalizzarsi ha rappresentato l'ancora di salvezza di tante nostre imprese, di fronte alla perdurante e grave crisi del mercato domestico, il Veneto è stato capace di esportare quasi 1,4 miliardi di Euro, nella sola area del Golfo Arabico, con una crescita del 14%, rispetto al 2012. Parliamo dunque di mercati che se da un lato valgono appena il 2,6% dell'export veneto dall'altro hanno messo a segno una crescita 5 volte superiore a quella che la nostra regione ha totalizzato, nel 2013, sul complesso dei mercati mondiali. A dominare questo scenario ci sono soprattutto gli E.A.U., capaci di assorbire quasi la metà dell'export veneto nell'area del GCC, grazie al ruolo di crocevia commerciale che fa di Dubai un grande hub di accesso a tutto il vicino oriente, all'India e, in misura crescente, anche ai mercati dell'Africa Sub Sahariana. Tuttavia sono da evidenziare anche i tassi di crescita del nostro export in Qatar (+26,6%) ed in Oman (+32,8%) e le potenzialità, parzialmente ancora inespresse, dell'Arabia Saudita. Potenzialità che emergono con molta chiarezza anche dal recentissimo rapporto previsionale realizzato dall'ufficio studi di SACE, che stima rispettivamente al 13,4% e al 10,4% le percentuali di crescita dell'export italiano da qui al 2017 in Arabia Saudita, nel settore dei beni di consumo ed in quello dei beni per investimento. A questo scenario si aggiungono poi le grandi opportunità proposte dai grandi eventi in calendario nell'area, l'Expo Universale Dubai 2020, a cui la guida dedica anche un capitolo, per poi arrivare ai mondiali di calcio del Qatar. Sullo sfondo di tutto questo ci sono naturalmente anche le incognite rappresentate dai prezzi delle materie prime energetiche, per economie che da quei prezzi vedono dipendere buona parte delle loro capacità di investimento. Un export veneto dunque in salute ma con la necessità di potenziare la penetrazione commerciale di questi mercati attraverso investimenti ed una sempre meglio strutturata presenza commerciale ed industriale nell'area. Per questo motivo la guida traccia alcuni scenari, soffermandosi però anche sui sistemi giuridici di questi Paesi, per meglio analizzare i percorsi più efficaci di investimento, sia diretto che indiretto. Per farlo ci siamo avvalsi come sempre di apprezzati contributi, di enti, istituzioni e consulenti professionali, a cui va la nostra più sentita gratitudine. Ci riferiamo in primo luogo al Ministero degli Affari Esteri, all'ICE, alla SACE, i cui strumenti di informazione ed aggiornamento, in particolare il portale InfoMercatiEsteri, rappresentano una bussola importante di orientamento ai mercati principali del mondo. Un ringraziamento particolare lo rivolgiamo poi al Prof. Khairallah, dell'Università di Cà Foscari, con il cui prezioso contributo abbiamo tentato di aprire una finestra anche su una tematica, quella dell'approccio culturale ai mercati, che non può essere trascurata dalle nostre imprese, nel tentativo di comunicare con efficacia la qualità dei nostri prodotti e dei nostri processi industriali. Una collaborazione, quella con Cà Foscari, che pensiamo possa essere fertile e produttiva anche su un altro fronte, quello delle risorse umane a cui attingere sempre di più, nei nostri processi di internazionalizzazione dedicati ai Paesi di lingua e cultura araba. Naturalmente un sentito ringraziamento va rivolto alla Banca Popolare di Vicenza, al nostro fianco anche in questo progetto e a tutti i colleghi imprenditori che con grande entusiasmo hanno accolto il nostro invito a condividere le loro esperienze di successo, nell'area del Golfo Arabico. Il Presidente di Confindustria Vicenza Il Presidente di Unindustria Treviso Il Presidente di Confindustria Padova Giuseppe Zigliotto Maria Cristina Piovesana Massimo Pavin

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La regione del Golfo Persico: caratteristiche e opportunità .......................................

Arabia Saudita .............................................................................................................

Bahrain ........................................................................................................................

Emirati Arabi Uniti .......................................................................................................

Kuwait ..........................................................................................................................

Oman ...........................................................................................................................

Qatar ............................................................................................................................

Alcune esperienze imprenditoriali ...............................................................................

Indirizzi utili ..................................................................................................................

Indice

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La Regione del Golfo: caratteristiche e opportunità

L’area del Golfo sta diventando protagonista del cambiamento della geografia economica che si va delineando con l’uscita dalla crisi. Lo dimostrano sia i tassi di crescita che si sono mantenuti positivi anche in periodo di recessione globale, sia la domanda che questi Paesi sono in grado di esprimere orientandosi verso una diversificazione dell’economia, con notevoli ripercussioni sulla scena economica ed un contributo sempre più determinante alla crescita del PIL mondiale. I Paesi del Golfo costituiscono per l’Italia un partner commerciale strategico, con cui possiamo mettere in moto un circolo virtuoso che generi profitti e prosperità per tutti. Abbigliamento, accessori, calzature, profumi, cosmetici e arredo sono i prodotti di alta gamma che da tempo godono in questi mercati di ottimi tassi di crescita, soprattutto negli Emirati, Dubai, grazie tra l'altro alla quota di turisti abbienti, indiani e asiatici (delle ex Repubbliche sovietiche, per esempio) intercettata dagli immensi centri commerciali. Qui trovano una varietà di offerta sconosciuta nei Paesi di origine o gravata da dazi proibitivi. Gli Emirati testimoniano un ampio e rapido processo di modernizzazione culturale che ha accompagnato e sostenuto la diffusione del benessere economico prodotta inizialmente dal petrolio e poi dallo sviluppo di altri settori. Il mercato mostra un'apertura crescente alle marche europee e italiane in particolare. L'area del Golfo assorbe il 3,5% a livello mondiale dei prodotti del segmento del lusso per la persona (personal luxury goods, cioè moda, gioielli, orologi), con un fatturato di circa 7,5 miliardi di euro, un terzo del quale è made in Italy. Un segmento in rapida crescita, inoltre, è quello del gourmet. Più in generale, considerando anche i consumatori di fascia medio-bassa, i Paesi del Golfo hanno - secondo uno studio di A. T. Kearney - un potenziale di crescita dell'alimentare pari a 23 miliardi di dollari entro il 2017, considerando che la spesa per cibo resta ancora alta, il 28 per cento del totale dei consumi. La mecca dei progetti è il Qatar, che investe in infrastrutture con un occhio di riguardo a cultura e istruzione. A Dubai prevalgono gli investimenti in alberghi ed infrastrutture per il turismo; in Qatar ed Abu Dhabi le opportunità puntano su uffici prestigiosi e palazzi governativi.

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La prossima conquista per il design tricolore, dopo il real estate di lusso, sarà il mercato del residenziale. In primo piano, qui, c'è l'Arabia Saudita grazie ai numeri della popolazione. In gioco ci sono milioni di consumatori, avvicinati ai marchi dai grandi progetti e in piena fase di transizione dallo stile classico a quello moderno1. Il Consiglio di Cooperazione dei Paesi del Golfo

Il Gulf Cooperation Council (G.C.C.) è un'organizzazione regionale costituitasi nel 1981, il cui scopo principale è stato l'instaurazione di un mercato comune sul modello europeo che garantisse a tutti i cittadini e aziende C.C.G. operanti in qualsiasi Paese facente parte dell’organizzazione un trattamento nazionale. Era stato prevista, originariamente, anche l’adozione di una moneta comune e unione monetaria tra i 6 Paesi, simile all'unione monetaria e alla moneta dell’Unione Europea, entro il 2010. L’adozione ha tuttavia subito un rinvio minimo al 2015. La Carta C.C.G. afferma che gli obiettivi2 di fondo sono il coordinamento, l'integrazione e l'interconnessione tra gli Stati membri in tutti i settori, al fine di raggiungere un elevato grado di unità; il rafforzamento delle relazioni, dei legami e dei settori di cooperazione oggi prevalenti tra le loro popolazioni in diversi campi; la formulazione di norme analoghe in vari settori tra cui i seguenti:

Affari economici e finanziari; i commerci, i costumi e le comunicazioni; l'istruzione e la cultura; gli affari sociali e quelli sanitari; l'informazione ed il turismo; gli affari legislativi ed amministrativi; la promozione della ricerca e del progresso scientifico e tecnologico nei settori dell’industria, minerario,

agricoltura, delle risorse idriche e animali; la creazione di joint-venture e lo stimolo alla cooperazione con il settore privato per il bene dei loro

popoli. Il Consiglio, sin dalla sua nascita, ha perseguito compiti essenzialmente economici e sociali, lasciando le questioni politiche alla sfera di autonomia degli Stati membri. L'importanza di quest'area si collega direttamente alle opportunità commerciali che derivano dalle economie dei mercati emergenti, in particolare dell'Africa e dell'Asia, tra cui India e Cina. I Paesi C.C.G. si trovano in una posizione geograficamente strategica che consente di agire come hub logistico per le rotte commerciali provenienti dai Paesi sia dell'est che dell'ovest. Non solo: questi Paesi si trovano in una fascia che comprende altre economie interessanti e in fase di grande sviluppo economico, quali quelle di Iraq, Iran, Turchia e Repubbliche dell'Asia centrale.

1 Roberta Miraglia - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/6xGEx

2 The Cooperation Council for the Arab States of the Gulf – Secretariat http://www.gcc-sg.org/eng/index895b.html?action=Sec- Show&ID=3

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Uno dei sei hub di Medio Oriente e Africa che offrono le opportunità di affari più ampie e senza incognite geopolitiche sia ai produttori di beni di largo consumo che alla distribuzione. Questi Paesi, come ben noto, si trovano su alcune delle più grandi riserve di idrocarburi al mondo ma la sfida che essi hanno deciso di porsi è quella di superare la vulnerabilità che deriva dal fondare le proprie economie esclusivamente sulle risorse naturali rafforzando ed istituzionalizzando la cooperazione economica e politica fra i suoi membri, in particolare sui settori di interesse comune quali il commercio, gli investimenti, l'industria e l'agricoltura.

Fonte: The Cooperation Council for the Arab States of the Gulf – Secretariat General

Quadro economico I Paesi del Golfo presentano caratteristiche molto simili e sono accomunati da una serie di fattori economico-sociali, che possono essere qui elencati:

una significativa dipendenza dalle esportazioni di petrolio, in particolare per quanto riguarda l'Arabia Saudita, Abu Dhabi per gli Emirati e il Kuwait; Oman e Bahrain molto meno. Il Qatar, invece, vede sviluppata e di grandi dimensioni l’industria di gas naturale;

dei tassi di crescita sostenuti e dovuti principalmente dall'andamento dei prezzi del petrolio, i quali stanno assicurando una grande liquidità finanziaria per tutti questi Stati;

delle economie strutturalmente oil oriented, anche se avviate a processi di diversificazione economica; dei sistemi di mercato aperti alla libera concorrenza e alle regole comuni del commercio

internazionale; delle bilance commerciali in surplus grazie all'esportazione di greggio e derivati; una grande richiesta di prodotti e servizi di qualità e ad alto valore aggiunto; dei sistemi politici e giuridici influenzati dalla religione islamica; delle forme di governo monarchiche con regimi autocratici di leadership.

I Governi e gli organi parlamentari solitamente non sono elettivi anche se alcuni stanno introducendo un maggior grado di democraticità al governo - per esempio il Consiglio dei rappresentanti (o Camera dei Deputati) in Bahrain, l'Assemblea nazionale del Kuwait, e il Consiglio Federale Nazionale (FNC) negli Emirati;3

sono Stati islamici con tutti i cittadini (o quasi) fedeli musulmani. In alcuni Stati, oltretutto, l’apostasia è punibile con la morte. I cittadini stranieri di altre fedi sono più o meno accettati, dipendentemente dal Paese cui ci si riferisce: gli Emirati, ad esempio, permettono la costruzione di chiese e altri edifici religiosi, mentre l’Arabia Saudita non lo permette. La maggior parte dei cittadini del Kuwait, Qatar, Arabia Saudita e negli Emirati sono musulmani sunniti ma vi sono notevoli proporzioni di musulmani sciiti in tutti i Paesi.

3 http://www.dubaifaqs.com/list-of-gcc-countries.php

INDICATORI ECONOMICI CCG

Area totale : 2410.7 1000 km²

Popolazione : 47.0 milioni di persone

PIL : 1.60 Miliardi di dollari

PIL pro capite : 33.3 Migliaia di dollari

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Interconnessione ferroviaria Un progetto significativo nel settore ferroviario, di valore superiore a 100 Miliardi di dollari, sta impegnando i sei Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo. Si tratta della costruzione di una rete ferroviaria che collegherà il Kuwait dal suo confine con l'Iraq alla città di Salalah nell'Oman meridionale, attraverso l'intera costa orientale della Penisola Araba, isole (Bahrain) e penisole (Qatar) comprese.

Il G.C.C. Rail Network, che si prevede pienamente operativo a partire dal 2018, è stato ideato per favorire lo sviluppo del commercio interregionale e fornire una valida alternativa al trasporto stradale, aereo e marittimo di merci e passeggeri nella Regione del Golfo. Il percorso della linea ferroviaria si svilupperà per 2.177 km lungo la costa del Golfo Persico, partendo dal Kuwait e, attraversando l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti arriverà fino all’Oman, con ramificazioni che si collegheranno con il Bahrain ed il Qatar. Lo Yemen potrebbe presto far parte del circuito: il progetto, ampliare di circa 1400 km per raggiungere i suoi confini, è al momento in fase di studio di fattibilità.

Relazioni con l'Unione Europea Con l’Unione Europea il Consiglio di Cooperazione del Golfo intrattiene importanti relazioni sulla base di un Accordo di Cooperazione firmato nel 1990, volto a favorire le relazioni commerciali e in particolare il raggiungimento di un accordo di libero scambio. Il successivo mandato negoziale europeo, approvato nel 1991, poneva l’unione doganale tra i Paesi del GCC come condicio sine qua non per avviare i negoziati per il libero scambio. Dopo la sospensione dei negoziati nel 2008, avvenuta per volontà dei sei Paesi che compongono il CCG, l’Unione Europea sta nuovamente conducendo le trattative per la conclusione di un accordo di libero scambio. Rapporti informali tra i negoziatori si sono svolti per appurare se una base di azione comune può essere trovata al fine di concludere i negoziati, finora tuttavia senza successo.4 Una crescita degli scambi si è registrata soltanto a partire dal 2001. Parallelamente al rilancio dell’unione doganale da parte del GCC, l’UE ha approvato nel 2001 un nuovo mandato negoziale che non è più, come il precedente, incentrato sul solo interscambio commerciale ma riguarda anche la liberalizzazione del commercio di servizi, la proprietà intellettuale, la concorrenza, gli appalti pubblici, la cooperazione doganale e le barriere non tariffarie al commercio. 4 European Commission Directorate-General for Trade - http://ec.europa.eu/trade/policy/countries-and-regions/regions/gulf-region/

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Scambi commerciali UE – C.C.G.

Scambi commerciali Italia - C.C.G. L’interscambio con l’Italia è cresciuto negli anni fino a raggiungere nel 2008 un totale di circa 16,5 miliardi di euro (+19% medio annuo dal 2004 al 2008). Nel 2009 la crisi internazionale ha dato luogo a una riduzione di questo importo a 11,3 miliardi di euro (-31,5% a/a) ma a partire dal 2010 gli scambi sono risaliti fino a raggiungere nel 2012 i 22,9 miliardi di euro (+27% medio annuo). I dati relativi al 2013 evidenziano una contrazione. Il peso degli scambi dei Paesi GCC sulla bilancia commerciale italiana è stato di circa il 3% nel 2013. Le esportazioni italiane hanno riguardato prevalentemente macchine e macchinari meccanici per una quota pari a circa il 26% del totale esportato dall’Italia nel 2013. Si è trattato in particolare di macchine per impieghi speciali e generiche, per il settore minerario estrattivo, per la lavorazione dei metalli, di pompe, di processori e valvole, seguiti da manufatti vari (16% ca.), dei metalli e lavorati in metallo (9,5%), soprattutto tubi, condotti, ferro e acciaio, alluminio, dai prodotti petroliferi raffinati (9%) e degli apparecchi elettrici (7%), tra cui spiccano apparecchiature per le reti di distribuzione e il controllo dell’elettricità, cavi elettrici, generatori e trasformatori.

Gennaio - ottobre 2013 (Valori in milioni di euro - Variazione percentuale sullo stesso periodo del 2012)

Paese Importazioni IT Esportazioni IT Saldo Valore Variazione % Valore Variazione % Valore

Arabia Saudita 4914,2 -22,6 3743,6 16,5 -1170,6 Bahrain 140,6 -5,9 130,7 -20,6 -9,9

EAU 1190 108,1 4611,1 2,5 3421 Kuwait 84,7 -5,6 652,2 -7,8 567,5 Oman 123,5 68,9 356,1 7,1 232,6 Qatar 1573,6 -15,8 916,4 -15,2 -657,2

TOTAL GOODS: EU TRADE (27) FLOWS AND BALANCE, ANNUAL DATA 2003-2012

Fonte: European Commission – Directorate-General for Trade, novembre 2013

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ARABIA SAUDITA

L’Arabia Saudita, con un PIL la cui crescita media annua si attesta intorno al 5%, è la 20esima potenza economica al mondo e conta per il 45% del PIL dell’area del Golfo e per il 25% di quello dell’area Middle East and North Africa (MENA). Negli ultimi anni, il peso del settore non-oil sul PIL dell'Arabia Saudita è costantemente cresciuto, grazie agli sforzi intrapresi per una maggiore diversificazione della struttura produttiva. Secondo le stime più recenti, il reddito pro-capite crescerà dai 18.400 Euro registrati nel 2011, ai 26.200 Euro previsti per il 2020. L’Arabia Saudita si trova nel cuore dell’area MENA ed occupa circa l’80% della Penisola arabica. Il Paese, che si estende dal Mar Rosso ad ovest fino al Golfo Arabo ad est, ha una superficie di 2.240.000 Kmq ed è il 14º più grande del mondo. L’Arabia Saudita è collocata al crocevia tra Africa e Asia e, per la sua vicinanza all’Europa ed ai Paesi emergenti dell’Estremo Oriente, riveste un’importanza particolare come punto di transito degli scambi da e per il Vecchio Continente. Un quarto delle riserve di greggio del pianeta (circa 260 mld di barili) si trovano in Arabia Saudita (1° Paese al mondo anche per produzione); il Regno dispone inoltre di circa un 4% delle riserve mondiali di gas naturale (pari a 7,3 mila miliardi di metri cubi), collocandosi così al 4° posto. Alle imprese locali vengono garantite forniture di gas ed energia elettrica a prezzi favorevoli. I consumatori industriali locali pagano solo 0,025 Euro per ogni Kwh di elettricità. Il costo medio della benzina è di 0,125 Euro al litro, mentre quello del diesel è di soli 0,05 Euro/l. Il Regno è il 1° Paese nel mondo arabo per dimensione degli investimenti diretti esteri in entrata e si colloca al 1° posto tra le venti principali economie del mondo per grado di attuazione delle decisioni assunte in ambito G20. L’Arabia Saudita, su 183 Paesi, si colloca al 10º posto per equità del sistema fiscale (Rewarding Tax System), al 12º per contesto normativo più favorevole allo sviluppo di imprese ed affari (Ease Doing Business), al 18º posto per quanto concerne la competitività economica (Global Competitiveness Index) e al 1° posto per facilità di registrazione delle proprietà. Si segnalano l’assenza di tassazione sul reddito personale, l’obbligo per le società investitrici di pagare solo il 20% sul profitto netto (Corporate Tax) e la possibilità per le realtà estere o miste di usufruire di programmi di finanziamento locali, regionali ed internazionali: “Arab Fund for Economic and Financial Development”

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(AFESD), “Islamic Development Bank” (IDB), “Arab Monetary Fund”, “Arab Trade Financing Fund”, “Real State Development Fund”, “Saudi Industrial Development Fund” (SIDF). Infine, operano nel Paese 12 banche commerciali che offrono prestiti per finalità d’impresa. Indicatori sociali e demografici Lingua: arabo.

Religione: Musulmana (85-90% Sunniti, 10-15% Sciiti).

Moneta: Riyal Saudita con tasso di cambio di 0.19 euro per Riyal.

Popolazione: 27,3 milioni (più del 30% sono immigrati).

Struttura demografica (quota %):

0-14 anni: 27,6%

15-24 anni: 19,3%

25-54 anni: 45,4%

55-64 anni: 3,2%

over 65 anni: 3,1%

Età media: 26,4 anni

Tasso di crescita della popolazione: 1,49%

Rapporto maschi/femmine: 1,2 a 1

Aspettativa di vita: 74,8 anni

Piramide delle età

Principali indicatori geografici Superficie: 2,149,690 km2

Clima: deserto arido, temperature estreme. Punti estremi:

Golfo Persico : 0 m . Jabal Sawdà 3,133 m.

Fuso orario: UTC/GMT +3 . L’ora non cambia durante il periodo estivo, pertanto ci sono sempre 2 ore di differenza fra Greenwich e l'Arabia Saudita in estate, e 3 in inverno.

ARABIA SAUDITA

L’Arabia Saudita, con un PIL la cui crescita media annua si attesta intorno al 5%, è la 20esima potenza economica al mondo e conta per il 45% del PIL dell’area del Golfo e per il 25% di quello dell’area Middle East and North Africa (MENA). Negli ultimi anni, il peso del settore non-oil sul PIL dell'Arabia Saudita è costantemente cresciuto, grazie agli sforzi intrapresi per una maggiore diversificazione della struttura produttiva. Secondo le stime più recenti, il reddito pro-capite crescerà dai 18.400 Euro registrati nel 2011, ai 26.200 Euro previsti per il 2020. L’Arabia Saudita si trova nel cuore dell’area MENA ed occupa circa l’80% della Penisola arabica. Il Paese, che si estende dal Mar Rosso ad ovest fino al Golfo Arabo ad est, ha una superficie di 2.240.000 Kmq ed è il 14º più grande del mondo. L’Arabia Saudita è collocata al crocevia tra Africa e Asia e, per la sua vicinanza all’Europa ed ai Paesi emergenti dell’Estremo Oriente, riveste un’importanza particolare come punto di transito degli scambi da e per il Vecchio Continente. Un quarto delle riserve di greggio del pianeta (circa 260 mld di barili) si trovano in Arabia Saudita (1° Paese al mondo anche per produzione); il Regno dispone inoltre di circa un 4% delle riserve mondiali di gas naturale (pari a 7,3 mila miliardi di metri cubi), collocandosi così al 4° posto. Alle imprese locali vengono garantite forniture di gas ed energia elettrica a prezzi favorevoli. I consumatori industriali locali pagano solo 0,025 Euro per ogni Kwh di elettricità. Il costo medio della benzina è di 0,125 Euro al litro, mentre quello del diesel è di soli 0,05 Euro/l. Il Regno è il 1° Paese nel mondo arabo per dimensione degli investimenti diretti esteri in entrata e si colloca al 1° posto tra le venti principali economie del mondo per grado di attuazione delle decisioni assunte in ambito G20. L’Arabia Saudita, su 183 Paesi, si colloca al 10º posto per equità del sistema fiscale (Rewarding Tax System), al 12º per contesto normativo più favorevole allo sviluppo di imprese ed affari (Ease Doing Business), al 18º posto per quanto concerne la competitività economica (Global Competitiveness Index) e al 1° posto per facilità di registrazione delle proprietà. Si segnalano l’assenza di tassazione sul reddito personale, l’obbligo per le società investitrici di pagare solo il 20% sul profitto netto (Corporate Tax) e la possibilità per le realtà estere o miste di usufruire di programmi di finanziamento locali, regionali ed internazionali: “Arab Fund for Economic and Financial Development”

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Profilo politico Capitale e sede di governo: Riyadh Politica interna L’Arabia Saudita è una monarchia assoluta, con un sistema politico-istituzionale basato su una rigida applicazione della legge islamica (Sharia) e su una interpretazione della religione islamica di stampo tradizionalista (wahabita). Il corpus legislativo e l’attività giurisdizionale si fondano sul diritto religioso. La formazione di partiti politici è vietata, così come qualsiasi forma di dissenso, di manifestazione e di associazionismo politico o sindacale. I numerosi membri della famiglia Al Saud (alcune migliaia) dominano la vita politica con un’accorta condivisione del potere con i principali gruppi tribali ed i vertici religiosi. Gli immensi giacimenti di petrolio e gas e la presenza dei due più importanti luoghi sacri dell’Islam (Mecca e Medina), conferiscono all’Arabia Saudita un peso geo-economico, politico e morale senza pari nel mondo musulmano. La cronica staticità del sistema politico, le incertezze legate alla successione al trono e l'elevata disoccupazione giovanile costituiscono le principali sfide alla stabilità di lungo periodo del Paese, rimasto peraltro immune dai fermenti delle "primavere arabe". A ciò va ad aggiungersi la possibilità di tensioni come risultato di movimenti di protesta popolare in atto in altri Paesi arabi o in reazione alla persistente disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza, mentre il terrorismo interno, grazie ad una capillare azione di lotta all'estremismo condotta dalle Autorità, può ora considerarsi pressoché debellato. Analoghe preoccupazioni sono rivolte al malcontento delle comunità sciite prevalentemente concentrate nella Provincia Orientale, come l’area di Qatif (ricca di giacimenti petroliferi), che potrebbero subire l’influenza dei movimenti di protesta avviati dai correligionari in Bahrain. Tra i potenziali fattori di rivendicazioni sociali va, infine, annoverata la condizione della donna, ancora oggi priva di piena capacità giuridica e soggetta a restrizioni dovute agli usi e costumi locali. Tali fattori non sembrano tuttavia mettere in dubbio il mantenimento della capacità di governo del Paese da parte degli Al Saud, in particolare di Re Abdullah, anche grazie all’azione di un imponente apparato di sicurezza. Da tempo, tuttavia, si sono manifestate istanze di riforma e di apertura del sistema politico – che peraltro al momento non hanno mai messo in dubbio la legittimità della casa regnante – da parte di gruppi di intellettuali ed accademici. Merita di essere ricordato che il Principe ereditario Salman gode della fama di persona pragmatica e moderata. Gli osservatori internazionali continuano a dividersi sul giudizio in merito al futuro del Paese: se alcuni sottolineano infatti il pragmatismo di Re Abdullah, teso ad alleviare le tensioni tra modernità e tradizione nel Regno attraverso l’introduzione di moderate riforme che intendono assicurare la tenuta del fragile tessuto sociale saudita, molti altri registrano piuttosto le spinte centrifughe della borghesia emergente e la resistenza al cambiamento dei poteri conservatori della società. Relazioni internazionali L'Arabia Saudita si conferma quale attore geopolitico di assoluto rilievo nello scacchiere mediorientale, con uno specifico interesse per la stabilità regionale (soluzione del conflitto israelo-palestinese e contenimento della minaccia nucleare iraniana) e ambizioni crescenti a giocare un ruolo chiave in seno al Consiglio di Cooperazione del Golfo e alla Conferenza della Cooperazione Islamica. Del primo, con sede a Riad, fanno parte anche Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar mentre la seconda, con sede a Gedda, conta 56 Stati membri. L’Arabia Saudita è membro dell’FMI, della Banca Mondiale e del WTO (dal 2005). Il Paese non ha posizioni debitorie nei confronti dell’FMI e non è beneficiario di alcun progetto finanziato dal gruppo di Banca Mondiale. Particolarmente significativo, dal punto di vista del riconoscimento dello status di economia emergente, l’ingresso nel G20 sancito al vertice di Washington del novembre 2008. Sul fronte dei rapporti con l’Unione Europea, permangono le note difficoltà che da oltre vent’anni impediscono l’adozione di un Accordo di libero scambio UE-Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC): le sei monarchie del Golfo, mentre si oppongono all’inserimento di una clausola sul rispetto dei diritti umani voluta da Bruxelles, mantengono (Riad in particolare) una posizione di chiusura sulla richiesta europea di ridurre i dazi all’esportazione, che, oltre ad essere in contrasto con le norme OMC, incidono negativamente sull’accesso al mercato degli idrocarburi. Nel 2012 si sono registrati 5 ricorsi contro l’Arabia Saudita presso il Centro di Arbitrato e di mediazione della World Intellectual Property Organisation (WIPO).

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Profilo economico

Quadro macroeconomico Tradizionalmente legata alle esportazioni di petrolio e all'impiego di lavoratori stranieri, l'economia saudita attraversa una fase di transizione in cui la crescita è sempre più guidata dai settori non-oil ed il settore privato registra un incremento dell'impiego di lavoratori sauditi. Occupazione, urbanizzazione e gestione delle risorse energetiche sono le principali sfide per il Paese che registra un positivo trend demografico. Con un tasso di crescita superiore al 6% nel periodo 2008-12, l'Arabia Saudita si posiziona tra le prime economie del G20. Dopo il picco del + 8,6% registrato nel 2011, frutto dell'incremento nella produzione petrolifera e della politica fiscale espansiva, nel 2012 si è registrato un tasso di crescita del 5%. Le migliori performance si registrano nei settori non-oil, in particolare nei settori manifatturiero, dei trasporti e del commercio all'ingrosso e al dettaglio. Crescente è il peso del settore privato nell'economia saudita, sostenuto da robusti investimenti statali, da una elevata domanda interna e dall'ampia disponibilità di credito da parte delle banche locali. Nel corso del biennio 2011-12, il Regno si è impegnato ad incrementare la propria produzione petrolifera per far fronte alla drastica riduzione delle esportazioni causate dalle note tensioni geopolitiche che hanno interessato vari paesi produttori, in primo luogo la Libia, nonché dalle sanzioni sull'export iraniano. L'accresciuta offerta petrolifera da parte saudita ha permesso di stabilizzare il mercato del greggio, evitando che eventuali 'shortages', dal lato dell'offerta di petrolio, avessero negative ripercussioni sulla crescita economica mondiale. Il suddetto aumento della produzione petrolifera ed il contestuale incremento nei prezzi del greggio hanno permesso al Paese di incrementare i ricavi dal settore e di accumulare un surplus di bilancia commerciale e fiscale (surplus primario pari al 12,4% del PIL). Il rapporto debito pubblico/PIL è conseguentemente sceso sotto la soglia del 4%. L'inflazione è aumentata (3.8% a maggio 2013) a causa dell'incremento dei prezzi dei generi alimentari e delle abitazioni ma si attende una riduzione negli ultimi mesi dell'anno in corso, anche in considerazione dei minori stimoli fiscali all'economia. Il tasso medio di disoccupazione in Arabia Saudita si attesta al 5,8%. Il dato diventa, tuttavia, più elevato (12%) se si considerano i soli sauditi; tra questi, il 30% dei giovani e il 35% delle donne sono disoccupati. La maggior parte dei sauditi sono inoltre impiegati nel settore pubblico, mentre quello privato ha tradizionalmente visto una presenza maggioritaria di lavoratori stranieri. Principale motore della crescita saudita è stata ed è tuttora la spesa pubblica, sia corrente (sussidi e salari) che per investimenti, finanziata attraverso i ricavi derivanti dalla vendita di petrolio. Nei prossimi anni si attende una riduzione della spesa pubblica, soprattutto in investimenti, a fronte di una possibile flessione nelle esportazioni di petrolio, frutto di un incremento del consumo interno ma anche di una maggiore offerta da parte di altri Paesi, principalmente Iraq e Stati Uniti. Ciò detto, le prospettive economiche per il Paese sono positive. Il tasso di crescita reale per il 2013 è stimato al + 4.2% e al 4.4% per il 2014. A fronte dell'attesa riduzione nella produzione petrolifera rispetto al 2012 (-3.3%), la crescita nei settori non-oil, in particolare infrastrutture e trasporti, rimarrà solida. Nonostante la prevista riduzione nella spesa pubblica, il settore privato continuerà ad essere sostenuto da una domanda interna potenzialmente in ulteriore aumento, a seguito di auspicabili riforme del mercato del lavoro e della disciplina sul salario minimo, nonché dai crediti concessi dagli istituti finanziari. Le prospettive macroeconomiche saudite dipendono essenzialmente da due fattori: la stabilità politica del Paese e l'andamento dei prezzi del petrolio. Sul primo fronte, è noto che il Paese si confronta con la sfida di un rinnovamento della leadership reale. La stabilità politica del Paese è determinante cruciale del suo outlook economico, incidendo sulla fiducia dei consumatori e degli investitori interni ed esteri. Quanto al settore petrolifero, esso resta comunque una componente essenziale dell'economia saudita e da esso dipendono ancora largamente le prospettive economiche del Paese.

Profilo politico Capitale e sede di governo: Riyadh Politica interna L’Arabia Saudita è una monarchia assoluta, con un sistema politico-istituzionale basato su una rigida applicazione della legge islamica (Sharia) e su una interpretazione della religione islamica di stampo tradizionalista (wahabita). Il corpus legislativo e l’attività giurisdizionale si fondano sul diritto religioso. La formazione di partiti politici è vietata, così come qualsiasi forma di dissenso, di manifestazione e di associazionismo politico o sindacale. I numerosi membri della famiglia Al Saud (alcune migliaia) dominano la vita politica con un’accorta condivisione del potere con i principali gruppi tribali ed i vertici religiosi. Gli immensi giacimenti di petrolio e gas e la presenza dei due più importanti luoghi sacri dell’Islam (Mecca e Medina), conferiscono all’Arabia Saudita un peso geo-economico, politico e morale senza pari nel mondo musulmano. La cronica staticità del sistema politico, le incertezze legate alla successione al trono e l'elevata disoccupazione giovanile costituiscono le principali sfide alla stabilità di lungo periodo del Paese, rimasto peraltro immune dai fermenti delle "primavere arabe". A ciò va ad aggiungersi la possibilità di tensioni come risultato di movimenti di protesta popolare in atto in altri Paesi arabi o in reazione alla persistente disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza, mentre il terrorismo interno, grazie ad una capillare azione di lotta all'estremismo condotta dalle Autorità, può ora considerarsi pressoché debellato. Analoghe preoccupazioni sono rivolte al malcontento delle comunità sciite prevalentemente concentrate nella Provincia Orientale, come l’area di Qatif (ricca di giacimenti petroliferi), che potrebbero subire l’influenza dei movimenti di protesta avviati dai correligionari in Bahrain. Tra i potenziali fattori di rivendicazioni sociali va, infine, annoverata la condizione della donna, ancora oggi priva di piena capacità giuridica e soggetta a restrizioni dovute agli usi e costumi locali. Tali fattori non sembrano tuttavia mettere in dubbio il mantenimento della capacità di governo del Paese da parte degli Al Saud, in particolare di Re Abdullah, anche grazie all’azione di un imponente apparato di sicurezza. Da tempo, tuttavia, si sono manifestate istanze di riforma e di apertura del sistema politico – che peraltro al momento non hanno mai messo in dubbio la legittimità della casa regnante – da parte di gruppi di intellettuali ed accademici. Merita di essere ricordato che il Principe ereditario Salman gode della fama di persona pragmatica e moderata. Gli osservatori internazionali continuano a dividersi sul giudizio in merito al futuro del Paese: se alcuni sottolineano infatti il pragmatismo di Re Abdullah, teso ad alleviare le tensioni tra modernità e tradizione nel Regno attraverso l’introduzione di moderate riforme che intendono assicurare la tenuta del fragile tessuto sociale saudita, molti altri registrano piuttosto le spinte centrifughe della borghesia emergente e la resistenza al cambiamento dei poteri conservatori della società. Relazioni internazionali L'Arabia Saudita si conferma quale attore geopolitico di assoluto rilievo nello scacchiere mediorientale, con uno specifico interesse per la stabilità regionale (soluzione del conflitto israelo-palestinese e contenimento della minaccia nucleare iraniana) e ambizioni crescenti a giocare un ruolo chiave in seno al Consiglio di Cooperazione del Golfo e alla Conferenza della Cooperazione Islamica. Del primo, con sede a Riad, fanno parte anche Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar mentre la seconda, con sede a Gedda, conta 56 Stati membri. L’Arabia Saudita è membro dell’FMI, della Banca Mondiale e del WTO (dal 2005). Il Paese non ha posizioni debitorie nei confronti dell’FMI e non è beneficiario di alcun progetto finanziato dal gruppo di Banca Mondiale. Particolarmente significativo, dal punto di vista del riconoscimento dello status di economia emergente, l’ingresso nel G20 sancito al vertice di Washington del novembre 2008. Sul fronte dei rapporti con l’Unione Europea, permangono le note difficoltà che da oltre vent’anni impediscono l’adozione di un Accordo di libero scambio UE-Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC): le sei monarchie del Golfo, mentre si oppongono all’inserimento di una clausola sul rispetto dei diritti umani voluta da Bruxelles, mantengono (Riad in particolare) una posizione di chiusura sulla richiesta europea di ridurre i dazi all’esportazione, che, oltre ad essere in contrasto con le norme OMC, incidono negativamente sull’accesso al mercato degli idrocarburi. Nel 2012 si sono registrati 5 ricorsi contro l’Arabia Saudita presso il Centro di Arbitrato e di mediazione della World Intellectual Property Organisation (WIPO).

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Dove investire Macchine per la lavorazione della plastica. Il settore dell’industria della plastica trova nel mercato saudita un favorevole collegamento ed incentivo di sviluppo nel facile accesso alle materie prime offerte dall’industria petrolchimica (3° al mondo per rilevanza). L’importanza del settore è confermata dal fatto che il 70% delle attuali esportazioni saudite non-oil sono costituite da prodotti petrolchimici e da prodotti della plastica, anche se per questi ultimi il peso esportativo è meno rilevante. Il petrolchimico prodotto nella città industriale di Jubail rappresenta ben il 7% del Pil. Rilevante è anche il contributo allo sviluppo del settore petrolchimico della città industriale di Yanbu (prodotti petrolchimici di base ed intermedi). L’obiettivo saudita è ora rivolto ad una fase successiva di sviluppo, verso la produzione di derivati secondari, quali prodotti plastici finiti di alta tecnologia. Macchine per il trattamento dei prodotti alimentari e bevande e macchine per il confezionamento. Il mercato dei prodotti alimentari e delle bevande è in costante crescita. Notevole è infatti la dipendenza del mercato saudita dall’importazione dei prodotti alimentari, il cui peso medio sull’import globale è di circa il 15%. La dipendenza dall’estero e la forte crescita demografica (circa 3% annuo), non possono non avere un effetto di stimolo per lo sviluppo della locale industria alimentare e delle bevande, con conseguente notevole aumento delle importazioni di macchine del relativo settore. Parallelamente è in crescita anche l’industria del confezionamento, settore indicato tra quelli prioritari dal National Industrial Clusters Development Program. L'NICDP è un ente di recente costituzione alle dipendenze del Ministero dell’Industria, che ha il compito di favorire lo sviluppo delle infrastrutture a sostegno del programma per la creazione di filiere industriali. Macchine per costruzioni edili ed infrastrutturali e macchine per il vetro. Le opportunità offerte da questi settori derivano dalla crescita assai dinamica del comparto delle costruzioni e dell’edilizia abitativa, che negli ultimi anni ha registrato un incremento di circa il 7% annuo. La crisi globale ha solo rallentato in parte in Arabia Saudita la crescita di tale settore, che è sostenuto da notevoli investimenti pubblici e da una solida domanda interna. Solo meno del 30% dei sauditi è proprietario di casa, circostanza che, unitamente all’elevato tasso di crescita demografica, determina una forte domanda di abitazioni con effetto espansivo anche sull’indotto e sull’industria dei materiali da costruzione. Macchine ed utensili per la lavorazione dei metalli e macchine per impiego nel settore metallurgico. Il programma di sviluppo delle diverse città economiche e delle città industriali di Jubail e Yanbu, unitamente al piano saudita volto alla diversificazione industriale, nonché al National Industrial Clusters Development Program (NICDP), indicano quello della lavorazione metalli come uno dei settori principali di interesse facendo prevedere significative opportunità di sviluppo per tali settori. Attrezzature e macchinari per il settore petrolifero. Il petrolio rappresenta il motore dell’economia dell’Arabia Saudita, con una dotazione di circa un quarto delle riserve mondiali di greggio (stimate ad oltre 260 miliardi di barili). La capacità estrattiva giornaliera attualmente è di 12,5 milioni di barili al giorno. La scoperta di nuovi siti estrattivi, lo sviluppo e l’ammodernamento di quelli già attivi, nonché le necessarie sostituzioni che negli anni si rendono necessarie nei diversi impianti, lasciano immaginare quale dimensione possa avere il mercato del settore in questione. L’Italia vanta da sempre una propria specializzazione nella tecnologia della produzione delle valvole e dei tubi da utilizzare nell’industria petrolifera, sia terrestre che marina. Tuttavia le potenzialità per le nostre imprese operanti nel settore sono certamente superiori a quanto già le stesse riescono a raccogliere sul mercato, considerati anche i costanti ingenti investimenti previsti dal governo saudita per l’industria petrolifera. Si segnala tuttavia che non possono, in nessun caso, essere oggetto di investimenti stranieri specifici settori, elencati in un’apposita “negative l108108ist”. La lista completa si trova sul sito del Supreme Economic Council del Regno. Ease of doing business index (1=most business-friendly regulations) Il World Bank Doing Business Report 2014 ha classificato l’Arabia come 26° su 189 Paesi per facilità di fare affari. Un alto posizionamento nella classifica significa che il quadro normativo è più favorevole per l'avvio e il funzionamento di una impresa locale. Questo indice misura la media percentile del Paese su 10 argomenti, costituiti da una serie di indicatori, dando pari peso ad ogni argomento. La classificazione si riferisce al giugno 2013.

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Cenni sul sistema legale dell'Arabia Saudita (A cura dello Studio Legale DLA Piper Saudi Arabia)

Il contesto politico L’Arabia Saudita è una monarchia assoluta, con un sistema politico-istituzionale basato su una rigida applicazione della legge islamica (Shari'a) e su una interpretazione della religione islamica di stampo tradizionalista (wahabita). Il corpus legislativo e l’attività giurisdizionale si fondano sul diritto religioso (Shari'a) benché esista un corpo di leggi "secolari" pressoché in ogni ambito della vita economica (leggi societarie, finanziare, bancarie, commerciali, giuslavoristiche, ecc). Gli immensi giacimenti di petrolio e gas, e la presenza dei due più importanti luoghi sacri per l’Islam (Mecca e Medina), conferiscono all’Arabia Saudita un peso geo-economico, politico e morale senza pari nel mondo musulmano. La cronica staticità del sistema politico, le incertezze legate alla successione al trono e l'elevata disoccupazione giovanile costituiscono le principali sfide alla stabilità di lungo periodo del Paese, mentre il terrorismo interno, grazie ad una capillare azione di lotta all'estremismo condotta dalle Autorità, può ora considerarsi pressoché debellato. Analoghe preoccupazioni sono rivolte al malcontento delle comunità sciite prevalentemente concentrate nella Provincia Orientale, come l’area di Qatif (ricca di giacimenti petroliferi), che potrebbero subire l’influenza dei movimenti di protesta avviati dai correligionari in Bahrain. Tali fattori non sembrano tuttavia mettere in dubbio il mantenimento della capacità di governo del Paese da parte della casa regnante degli Al Saud, in particolare di Re Abdullah, anche grazie all’azione di un imponente apparato di sicurezza. Merita di essere ricordato che il Principe ereditario Salman, così come Re Abdullah, gode della fama di persona pragmatica e moderata. L'Arabia Saudita si conferma quindi quale attore geopolitico di assoluto rilievo nello scacchiere mediorientale, con uno specifico interesse per la stabilità regionale (soluzione del conflitto israelo-palestinese e contenimento della minaccia nucleare iraniana) e ambizioni crescenti a giocare un ruolo chiave in seno al Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC) e alla Conferenza della Cooperazione Islamica. Del primo, con sede proprio a Riad, fanno parte anche Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar; la seconda, anch'essa con sede in Arabia Saudita (Gedda), conta 56 Stati membri. L’Arabia Saudita è membro dell’FMI (Fondo Monetario Internazionale), della Banca Mondiale e, dal 2005, del WTO (World Trade Organisation / Organizzazione Mondiale del Commercio). Il Paese non ha posizioni debitorie nei confronti dell’FMI e non è beneficiario di alcun progetto finanziato dal gruppo di Banca Mondiale. Particolarmente significativo – dal punto di vista del riconoscimento dello status di economia emergente – l’ingresso nel G20 sancito al vertice di Washington nel novembre 2008. Sul fronte dei rapporti con l’Unione Europea, permangono le note difficoltà che da oltre vent’anni impediscono l’adozione di un Accordo di libero scambio UE-Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC). Le sei monarchie del Golfo si oppongono all’inserimento di una clausola sul rispetto dei diritti umani voluta da Bruxelles e mantengono (Riad in particolare) una posizione di chiusura sulla richiesta europea di ridurre i dazi all’esportazione, che, oltre a essere in contrasto con le norme del WTO, incidono negativamente sull’accesso al mercato degli idrocarburi5. L'outlook economico Tradizionalmente legata alle esportazioni di petrolio e all'impiego di lavoratori stranieri a basso costo, l'economia saudita attraversa una fase di transizione in cui la crescita è sempre più guidata dai settori non petroliferi mentre il settore privato registra un incremento dell'impiego di lavoratori sauditi. Occupazione, urbanizzazione e gestione delle risorse energetiche sono le principali sfide per il Paese. Con un tasso di crescita superiore al 6%, nel periodo 2008 - 2012, l'Arabia Saudita si posiziona tra le prime economie del G20. Dopo il picco del + 8,6% registrato nel 2011, frutto dell'incremento nella produzione petrolifera e della politica fiscale espansiva, nel 2013 si è registrato un tasso di crescita del 4,2%, mentre il tasso di crescita reale è stimato al 4.4% per il 2014. Le migliori performance si registrano nei settori non-oil, in particolare nei settori manifatturiero, dei trasporti e del commercio all'ingrosso e al dettaglio. Crescente è il peso del settore privato nell'economia saudita, sostenuto da robusti investimenti statali, da un'elevata domanda interna e dall'ampia disponibilità di credito da parte delle banche locali.

5 Fonte: InfoMercatiEsteri

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Il suddetto aumento della produzione petrolifera ed il contestuale incremento nei prezzi del greggio hanno permesso al Paese di incrementare i ricavi dal settore e di accumulare un surplus della bilancia commerciale e fiscale (surplus primario pari al 12,4% del PIL). Il rapporto debito pubblico/PIL è conseguentemente sceso sotto la soglia del 4%. Nonostante la prevista riduzione nella spesa pubblica nei prossimi anni, il settore privato continuerà ad essere sostenuto da una domanda interna potenzialmente in ulteriore aumento - a seguito di auspicabili riforme del mercato del lavoro e della disciplina sul salario minimo - nonché dai crediti concessi dagli istituti finanziari. Come detto, un’enfasi particolare viene posta sulla diversificazione economica indirizzata soprattutto al settore petrolchimico e alle infrastrutture ma che riguarda, con prospettive interessanti nel lungo periodo, anche il terziario. Inoltre molta importanza viene attribuita allo sviluppo del capitale umano attraverso la formazione a tutti i livelli, a cui viene indirizzato oltre il 50% della spesa complessiva del piano quinquennale vigente. Le risorse per il settore socio-sanitario costituiscono il 19% del totale, mentre il 15,7% è riservato allo sviluppo delle infrastrutture. Infine, al settore dei trasporti e delle telecomunicazioni e a quello dell'edilizia vengono destinati rispettivamente il 7,7% e il 7% delle allocazioni finanziarie. Il bilancio per il 2013 ha previsto un livello di spesa pari a 218 miliardi di dollari ed entrate pari a 221 miliardi di dollari. Si tratta del piu’ ingente programma annuale di spesa mai adottato dall'Arabia Saudita6. Possibilità di business per le aziende italiane L'interscambio commerciale italo-saudita ha registrato nel biennio 2011-2012 un incremento esponenziale, con un picco del + 82% nel 2011 rispetto all'anno precedente, ed un ulteriore + 7,1% nel 2012, per un valore totale di 11,5 miliardi di euro. Nel periodo gennaio-marzo 2013 si è registrato un incremento delle esportazioni italiane verso il Paese del + 25,1% rispetto allo stesso periodo del 2012. Tra i settori prevalenti nell'export italiano verso il Regno figurano, al primo posto, i macchinari, seguiti dai prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio e dalle apparecchiature elettriche (elaborazioni ICE su dati ISTAT). Sul fronte istituzionale, dal 1° gennaio 2010 è in vigore l’Accordo per evitare la doppia imposizione. Negli anni scorsi sono state concluse le intese quadro per i settori prioritari (università, formazione, sanità), mentre la Commissione mista del 2009 ha tracciato le direttrici principali per lo sviluppo della collaborazione in ambito economico. Il "Made in Italy”, per un cliente saudita ad alto potere d’acquisto, resta sempre identificato con gli articoli a forte componente di lusso, esclusività e di elevata sofisticazione. I macchinari italiani non solo continuano a costituire un riferimento per svariati settori dell’industria saudita, ma la loro esportazione tende ad espandersi accompagnando la crescita dell’economia saudita. Si riscontra tuttavia una sempre più agguerrita concorrenza di altri produttori e fornitori esteri (specialmente asiatici) per i prodotti di media qualità e di largo consumo: in particolare abbigliamento, mobili e arredamento, materiali da costruzione, articoli da regalo, montature oftalmiche, occhiali da sole e, sempre più, anche macchinari industriali. Gli investimenti italiani verso l’Arabia Saudita si concentrano verso i settori più rilevanti dell’economia saudita: petrolchimico, edilizia ed alimentare. Vi sono buone prospettive di incremento della presenza italiana nel settore dei servizi ed in altri settori che via via vengono esclusi dalla “negative list” riservata agli investitori locali. Diversi gruppi italiani del settore petrolchimico e dell’impiantistica continuano ad aggiudicarsi importanti contratti in relazione alla costruzione e/o all’ampliamento dei complessi petrolchimici e delle raffinerie di Rabih, Yanbu e Jubail. Anche nel settore delle costruzioni e delle infrastrutture le società italiane sono presenti con svariati progetti. Normativa commerciale e sugli investimenti esteri indiretti L'operatore commerciale straniero, a qualunque Paese terzo esso appartenga, per potersi radicare o fare business in Arabia Saudita (con ciò includendo anche la possibilità di partecipare a gare pubbliche nel settore civile)7 deve necessariamente affidarsi ad uno sponsor locale (sottoscrivendo, a seconda dei casi, un accordo di agenzia, distribuzione o franchising con una società commerciale saudita) ovvero costituendo, con o senza partner locale (salvo le eccezioni analizzate nel paragrafo successivo), una società registrata in Arabia Saudita.

6 Fonte: InfoMercatiEsteri 7 Nel settore della difesa, gli acquisti generalmente avvengono per licitazione privata

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I contratti commerciali (agenzia, distribuzione e franchising) sono regolati dalla Commercial Agencies Law (Decreto Reale No. M/11 del 22 luglio 1962 e relativo regolamento attuativo). La Commercial Agencies Law richiede, tra l'altro, che l'agente commerciale sia necessariamente un cittadino saudita ovvero una società locale partecipata interamente da sauditi. Indubbiamente, ciò rappresenta una misura protezionistica a favore dell'economia e degli interessi locali, peraltro in linea con la normativa commerciale di tutti gli altri Paesi del GCC. Tuttavia, si noti che per quanto riguarda la penetrazione nel mercato tramite franchising o distribuzione, è possibile - grazie alla Foreign Investment Law del 2000 - la costituzione di società di distribuzione o franchising a maggioranza straniera purché, tra l'altro, il 25% del capitale sia partecipato da uno o più soci sauditi e il socio straniero versi SAR 20 milioni (ca. Euro 4,000,000) per la propria quota di capitale sociale. La normativa commerciale richiede di formalizzare il rapporto con il partner locale mediante la stipulazione di un apposito testo contrattuale e di registrare il medesimo all'Agency Department presso il Ministry of Commerce and Industry ("MOCI") entro tre mesi dalla sua stipula. La mancata registrazione del contratto non determina tuttavia la nullità dello stesso ma solo l’applicabilità di sanzioni, sia a carico del preponente, sia a carico dell’agente. Si noti che una volta che il contratto viene registrato al MOCI, il preponente, franchisor o fornitore non potrà sottoscrivere altri contratti di agenzia, se il precedente contratto non venisse prima de-registrato. Se la de-registrazione non è accordata o viene ingiustamente ritardata, il preponente straniero potrà rivolgersi alla Committee for Conciliation of Commercial Agency Disputes che è stata istituita presso la Camera di Commercio nel 1992, e, in ultima istanza, alla Board of Grievances. Si noti che in Arabia Saudita (a differenza del Kuwait, ad esempio) l'agente commerciale non ha diritto ad alcuna indennità di fine rapporto, in caso di risoluzione o mancato rinnovo del contratto. Vi sono, tuttavia, altre indennità previste per legge a favore dell'agente (ad es. certi costi sostenuti per l'apertura di showrooms) che possono però essere esclusi, con l'accordo delle parti. Previo consenso con la propria controparte contrattuale, in Arabia Saudita è altresì possibile, per i preponenti o fornitori stranieri, far impiegare elementi del proprio staff presso l'agente o distributore locale e stipulare, con quest'ultimo, un service agreement che individui le mansioni (ad esempio, gestione del marketing) che tale staff svolgerà per conto del preponente o fornitore. Qualunque sia il tipo di accordo di distribuzione è necessario disciplinare esplicitamente e chiaramente vari aspetti quali, ad esempio, le modalità di risoluzione o scadenza del contratto, in particolar modo relativamente alla tutela dei correlati diritti di proprietà intellettuali quali marchi, brevetti, know-how, fornitura di ricambi e servizi di manutenzione in garanzia, e tutte le informazioni confidenziali di cui il distributore sia venuto a conoscenza durante il rapporto, impedendone qualsiasi tipo di utilizzo successivamente alla cessazione. Nel 1981, il MOCI ha predisposto un modello contrattuale (poi modificato nel 1983) la cui utilizzazione, pur non obbligatoria, è consigliata al fine di ottenere la registrazione del contratto presso il Ministero stesso. Si noti poi che in Arabia Saudita non vi è alcuna normativa ad hoc a protezione del consumatore e che, infine, non è infrequente che gli stranieri stabiliscano dei Technical and Scientific Offices ("TSO") in Arabia Saudita allo scopo di controllare e coordinare il lavoro degli agenti locali e prestare assistenza tecnica post-vendita. Normativa sugli investimenti esteri diretti La normativa di riferimento per gli investimenti diretti esteri in Arabia Saudita è contenuta nella Foreign Investment Law del 2000 e relativo regolamento attuativo, nella Anti Commercial Covering –Up Law (Antifronting Law) del 2004 e nella Company Law (Royal Decree n. 6 datato 22/3/1385H). Al fine di promuovere gli investimenti esteri nel paese è stata costituita la Saudi Arabian General Investment Authority ("SAGIA")8, la quale ha il compito di sostenere la crescita economica del Paese attraverso la creazione di condizioni ottimali di competitività e di internazionalizzazione. SAGIA è principalmente responsabile dell’emissione delle licenze commerciali agli investimenti diretti (costituzione o acquisizioni di società) in Arabia Saudita da parte di investitori stranieri. Tali investimenti diretti possono essere di due tipi: (a) società miste tra investitori sauditi ed esteri nei settori dove ciò è consentito da SAGIA; e (b) società interamente di proprietà di investitori stranieri, salvo il caso dei settori esclusi e per quelli per i quali è necessaria la presenza di un local partner. Per quanto riguarda il punto (a), il Supreme Economic Council emette e aggiorna periodicamente una lista (c.d. negative list) di settori e attività che non possono in alcun modo essere oggetto di investimento straniero, neppure attraverso partecipazioni di minoranza. Tra questi settori si citano, ad esempio, quelli relativi all'agenzia commerciale, alla estrazione e lavorazione del petrolio, alla intermediazione immobiliare, alla stampa e pubblicazione (salvo alcune eccezioni) e agli investimenti immobiliari nelle aree di Mecca e Medina. Per quanto riguarda il punto (b), si ricorda, ad esempio, che nel caso si voglia costituire una società di distribuzione di prodotti, occorrerà riservare almeno il 25% del capitale sociale ad uno o più investitori sauditi.

8 http://www.sagia.gov.sa/

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Le società saudite a capitale straniero ed autorizzate ad operare nel Paese, da parte di SAGIA, beneficiano di tutti i vantaggi, gli incentivi e le garanzie concesse alle società a capitale saudita. Si noti infine che SAGIA equipara le imprese costituite in altri Paesi del GCC9 a quelle a capitale interamente saudita, solo se tali imprese GCC sono interamente partecipate, direttamente e indirettamente, da cittadini di nazionalità GCC o da imprese a capitale interamente GCC. Qualora la nazionalità di tali imprese sia effettivamente GCC, le medesime potranno costituire o acquisire società saudite, già costituite in Arabia Saudita, senza l'intervento - quasi sempre lento e molto burocratico - di SAGIA. Tipologie societarie prevalenti tra gli investitori esteri Gli investitori stranieri utilizzano prevalentemente le seguenti tipologie societarie, che risultano essere meglio rispondenti ai loro interessi, anche per semplicità di procedure ed oneri amministrativi:

- le Limited Liability Companies ("LLC"), in forma mista (cioé partecipate da soci locali e stranieri, altrimenti dette joint venture societarie) o partecipate al 100% da soci stranieri;

- i Technical and Scientifical Offices (TSO); - le branch, permanenti e temporanee; - le joint ventures contrattuali.

Tutte le imprese hanno l’obbligo di registrarsi presso il MOCI. I tempi di costituzione variano a seconda della tipologia societaria scelta. LLC companies (società a responsabilità limitata) L'atto costitutivo principale è rappresentato dallo statuto (memorandum and articles of association), contenente informazioni societarie (numero e valore delle quote, nome dei soci, valore del capitale sociale), i diritti e i doveri dei soci e le regole essenziali per il funzionamento della società. Il numero minimo e massimo consentito di soci è, rispettivamente, 2 e 50. Il capitale sociale minimo, qualora vi sia un socio di maggioranza straniero, varia, a seconda dell'attività intrapresa, da SAR 1.000.000 fino a SAR 27.000.000. I soci hanno diritto di prelazione sulle quote messe in vendita dagli altri soci. Le LLC sono amministrate da uno o più general managers, che possono essere anche cittadini stranieri e i cui poteri sono indicati nello statuto o stabiliti attraverso separata decisione dei soci. Se i poteri dei general managers non vengono indicati specificatamente, si ritiene che essi abbiano tutti i poteri necessari per gestire la società. E’ possibile creare un consiglio di amministrazione. Gli investitori stranieri dovrebbero poi sempre insistere con i propri partner sauditi affinché i general managers nominati dai soci locali siano nominati con atto separato, anziché nell'atto costitutivo, per rendere così la loro (eventuale) rimozione più semplice. Si noti che per certe materie, quali le modifiche dello statuto, la cessazione o liquidazione della società, l'aumento o riduzione del capitale sociale e la modifica dei poteri dei general managers occorre il consenso unanime (100%) dei soci. Occorrono circa 7-9 mesi per costituire una LLC partecipata da investitori stranieri. Technical and Scientifical Offices (TSO) Un'opzione disponibile, limitatamente ad aziende operanti nel campo farmaceutico e medicale, consiste nella possibilità per l’impresa straniera di distribuire i propri prodotti in Arabia Saudita attraverso un Technical and Scientifical Office (TSO). Tramite un TSO, l'impresa straniera, anche al fine di poter controllare l'operato del proprio agente/distributore/franchisee saudita, potrà fornire servizi tecnici e scientifici a tali agenti commerciali, in particolare quando l’utilizzo dei prodotti distribuiti richieda specifiche conoscenze e l'adozione di particolari precauzioni. Un TSO non costituisce una entità distinta dalla società che lo ha costituito. Inoltre, un TSO non può svolgere attività commerciali ma solo di supporto alla distribuzione, quali, ad esempio, l’assistenza post-vendita sul territorio, attività di marketing prodotto, sia pure in maniera limitata e ricerche di mercato; la sua apertura è subordinata all’approvazione da parte della SAGIA ma non è richiesto alcun capitale minimo. Branch permanenti Una branch è una succursale permanente di una società straniera. Per sua natura, non rappresenta una entità diversa e con personalità giuridica distinta dalla società-madre, quanto piuttosto una longa manus di questa. 9 Kuwait, Bahrain, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Oman, Qatar

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Per tali ragioni, le responsabilità assunte dalla branch si rifletteranno interamente sulla società-madre, che sarà tenuta a risponderne avanti ai terzi, senza limitazione di responsabilità. Tuttavia, una branch può assumere personale e stipulare contratti in nome e per conto proprio. Per la sua costituzione, si richiede l’autorizzazione di SAGIA e MOCI. Una branch può compiere solo le attività indicate nella licenza rilasciata da SAGIA, con espressa esclusione di tutte le attività di commercializzazione e/o distribuzione. Inoltre, tra le varie condizioni richieste da SAGIA, le attività della branch devono essere ricomprese all’interno dell’oggetto sociale della società madre, e quest'ultima deve possedere bilanci approvati e certificati da almeno tre anni. Il capitale minimo richiesto da SAGIA per una branch (sotto forma di undertaking della società-madre o di garanzia bancaria) si differenzia a seconda della licenza che si desidera ottenere e delle attività che la branch intende compiere. Occorrono circa 6-8 mesi per costituire una branch. Branch temporanee (temporary commercial registration) Qualora un investitore straniero intenda entrare in una relazione contrattuale di appalto con il Governo saudita, senza tuttavia costituire una presenza permanente in territorio saudita, potrà richiedere una "registrazione commerciale temporanea" (temporary commercial registration)10. La durata della registrazione temporanea corrisponde alla durata dell’appalto pubblico cui parteciperà l’impresa straniera. Nel caso opposto, qualora si voglia costituire una società di tipo "LLC" per poter partecipare a gare pubbliche, si ricorda che tali imprese di contracting possono essere costituite a capitale interamente straniero in quanto non sono incluse nella negative list (v. paragrafo precedente). Joint ventures contrattuali La joint venture ("JV") di tipo contrattuale è costituita da una o più società straniere che decidono di collaborare con uno o più partners locali stabilendo le regole operative e gli obiettivi di business in un contratto apposito (JV Agreement). In questa cornice, le società partecipanti alla JV mantengono la loro indipendenza amministrativa e contabile, senza costituire quindi una società terza e autonoma (ad esempio, una LLC) rispetto ai partner della JV (c.d. JV societaria, come di fatto può essere, ad esempio, una LLC). In generale, le JV contrattuali offrono maggiore flessibilità rispetto alle JV societarie. Tuttavia i centri decisionali e gestionali rimangono separati e in capo a ciascuno partner. Cenni al sistema fiscale In generale, le principali voci fiscali in Arabia Saudita che, ai sensi della Legge Fiscale del 2004, possono gravare le attività economiche delle imprese sono l'imposta sul reddito delle società, la tassa islamica sulla ricchezza, detta Zakat, e la ritenuta d'acconto (che a seconda dei casi varia dal 5% al 20%). In pratica, le persone giuridiche residenti in Arabia sono assoggettate all'imposta sui redditi ovunque prodotti (principio della tassazione su base mondiale o worldwide principle). Le persone giuridiche non residenti, sono assoggettate all'imposta limitatamente ai redditi di fonte saudita (principio della tassazione della fonte o territorial principle). (a) Imposta sul reddito delle società L'imposta sul reddito delle società (o da lavoro autonomo delle persone fisiche) è una imposta fissa del 20% e si applica a tutti i soggetti tassabili, ad eccezione di certe attività, in particolare nei settori petrolifero e del gas naturale liquefatto che sono generalmente assoggettate a tassazione più elevata. (b) Zakat Lo Zakat è una tassa religiosa sulla ricchezza di persone fisiche saudite (o cittadini GCC) che svolgono attività d'impresa in Arabia Saudita, le persone giuridiche di diritto saudita (o le persone giuridiche controllate da cittadini di Paesi del GCC) che svolgono attività sul territorio saudita, e le persone fisiche saudite (e i cittadini di Paesi del GCC) titolari di partecipazioni in società saudite. Il calcolo dello Zakat è complesso, sebbene, in generale, si possa dire che esso corrisponda al 2.5% del reddito delle persone fisiche o giuridiche.

10 In alternativa, è possibile partecipare a bandi di gara attraverso un agente locale a ciò autorizzato attraverso joint ventures

contrattuali con società locali

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Nel caso delle persone giuridiche, la base di calcolo esclude voci quali gli asset fissi (licenze, brevetti etc) e gli investimenti di lungo periodo ma include i profitti derivanti da investimenti esteri non in settori diversi dal real estate. Diritto del lavoro La normativa applicabile è il Labour Law del 2005 e successive modifiche e integrazioni, mentre l'organo amministrativo competente è il Ministry of Labour. Il contratto di lavoro, che può essere a termine o a tempo indeterminato, deve essere stipulato per iscritto, specificare diritti e doveri delle due parti, e indicare i modi di soluzione delle eventuali controversie. Sono vietati sindacati e assemblee di lavoratori. Non esistono contratti collettivi né salari minimi. L'orario di lavoro massimo è di 48 ore, che possono essere ripartite in cinque o sei giorni. Le ferie sono di almeno 21 giorni l'anno. Licenziamento Il licenziamento (prima del termine o nel caso di contratto a tempo indeterminato) deve avvenire per giusta causa. In caso di opposizione, il Direttore dell'ufficio del lavoro competente dovrà tentare di conciliare le due parti e, nel caso in cui il tentativo di conciliazione fallisca, deferirà il caso al tribunale per la soluzione delle controversie di lavoro. Questa autorità emette una decisione inappellabile, confermando il licenziamento, ovvero ordinando la riassunzione ed il pagamento degli arretrati, oppure ordinando il solo pagamento degli arretrati e di un'indennità per il danno economico sostenuto. Organizzazione interna I datori di lavoro che impiegano dieci o più addetti devono formalizzare un regolamento con norme sulla organizzazione del lavoro (inclusi la classificazione dei lavoratori, per mansione, turni, orario giornaliero, periodi di riposo settimanale ed annuale, date per il pagamento degli stipendi, orario di inizio e termine del lavoro, multe e premi). Tale regolamento deve essere approvato dal Ministry of Labour. Al lavoratore spetta una liquidazione pari a mezza mensilità per ciascuno dei primi cinque anni di lavoro e ad una mensilità per ciascuno degli anni successivi. Tale liquidazione è dovuta anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni del dipendente per matrimonio o per gestazione o per dimissioni dovute a cause di forza maggiore. In caso di dimissioni del lavoratore per ragioni diverse da quelle menzionate, la liquidazione non è dovuta ai lavoratori con meno di due anni consecutivi di anzianità, è ridotta ad un terzo, per i lavoratori con anzianità tra i due e cinque anni, o a due terzi per quelli con anzianità tra i cinque e dieci anni. Assicurazioni sociali I lavoratori stranieri devono essere assicurati privatamente contro le malattie. Per gli infortuni esiste invece una copertura pubblica presso il General Organisation of Social Insurance (Gosi), con un onere a carico del datore di lavoro del 2% dello stipendio lordo (se al lavoratore viene garantito l'alloggio, il beneficio viene convenzionalmente valutato in tre mensilità di stipendio e su tale valore convenzionale si calcolano i contributi e la liquidazione). I lavoratori sauditi hanno diritto anche ad una assicurazione sulla vecchiaia, con quote di contribuzione dell'11% a carico del datore di lavoro e del 9% a carico del lavoratore. Impiego di stranieri Per essere impiegati in Arabia Saudita, i lavoratori stranieri devono ottenere un visto d'ingresso per lavoro, rilasciato dall'Ambasciata saudita nel proprio Paese, su richiesta dell'impresa saudita che intende impiegarli. Una volta entrati in Arabia Saudita, entro la data di scadenza del visto (di solito tre mesi), il datore di lavoro saudita dovrà poi richiedere il permesso di lavoro, che dà titolo al rinnovo del visto e al rilascio del permesso di soggiorno (di solito valido due anni). Saudizzazione (Saudisation) L'alto numero di sauditi che entrano nel mercato del lavoro ogni anno (a causa di una struttura per età in cui le classi più basse sono prevalenti) ha preoccupato le autorità saudite che hanno cercato di ampliare le possibilità di lavoro per le nuove generazioni non solo favorendo la creazione di nuovi posti di lavoro nel settore privato, ma anche tentando di obbligare le imprese saudite ad occupare manodopera locale (c.d. processo di saudisation).

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Questo procedimento (nitaqat), iniziato già da diverso tempo, si è acuito negli ultimi tempi, allorché si sono accresciuti i tentativi dello stato di scoraggiare l'impiego di lavoratori stranieri, ad esempio rifiutando di rinnovare le licenze SAGIA alle imprese a capitale straniero se queste non sono compliant con le quote di saudizazzione. Di converso, a scoraggiare l'impiego di lavoratori sauditi permangono il forte differenziale nei salari tra sauditi e stranieri, la scarsa propensione dei sauditi ad accettare lavori meno qualificati e la bassa percentuale di diplomati tra i sauditi che si affacciano nel mercato del lavoro.

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HIGHLIGHTS Contesto politico. La domanda di riforme democratiche e tutela delle minoranze è cresciuta fortemente negli ultimi anni. Nel febbraio 2013 trenta donne sono state nominate al Consiglio Consultivo del paese, e vige la promessa della concessio-ne del suffragio dal 2015. Lo stato, inoltre, adotta una politica di ampia redistribuzione dei guadagni derivanti dal petrolio, favorendo un clima di stabilità interna. La spinta riformatrice del monarca è però contrastata dalle fazioni più conservatri-ci della famiglia reale. Inoltre le politiche fiscali espansive appaiono un rimedio temporaneo alle istanze di decentramento del potere politico. Altra potenziale fonte d’instabilità politica e la successione al trono dell’anziano monarca Abdullah bin Abdel-Aziz al-Saud.

Contesto economico. Nel 2014 le previsioni di crescita del PIL sono in lieve miglioramento rispetto al 2013, trainato dalla spesa pubblica in investimenti e da una robusta attività nel settore privato. Il paese resta fondamentale per la stabilità del mercato petrolifero internazionale. Il settore non-oil, tuttavia, è ormai preponderante sulla crescita del PIL, con una buona performance del manifatturiero, delle costruzioni e dei servizi. L’inflazione si mantiene su livelli contenuti al 3,2%.

Contesto finanziario. L’Arabia Saudita rappresenta il mercato finanziario maggiormente capitalizzato della regione (USD 339 miliardi). Il settore soffre però di una regolamentazione non ancora adeguata ed una corporate governance tendenzialmente riluttante agli investimenti stranieri.

Contesto operativo. Rischi operativi sono bassi rispetto agli standard dell’area, anche in termini di sicurezza; la progres-siva apertura agli operatori stranieri, le riforme legislative e le opportunità di investimento legate allo sviluppo infrastrut-turale hanno contribuito a migliorare ulteriormente il business climate. Restano tuttavia limitazioni all’operatività delle imprese estere in determinati settori, una forte dipendenza dalla mano d’opera straniera per il lavoro non qualificato, una burocrazia farraginosa affetta da episodici casi di corruzione e limitata trasparenza.

2011 2012 2013(s) 2014(p) 2015(p) PIL (variazione % reale) 8,6 5,8 3,8 4,0 4,4

Inflazione media annua (%) 3,9 2,9 3,5 3,2 4,2 Saldo Bilancio pubblico/PIL (%) 11,6 13,6 6,7 2,0 0,7 Bilancia dei pagamenti

Esportazioni ($ mld) 364,7 388,4 377,1 357,0 368,4 Importazioni ($ mld) -120,0 -141,8 -147,0 -157,5 -170,8 Saldo transazioni correnti/PIL (%) 23,7 22,4 18,1 13,2 11,3

Debito estero totale ($ mld) 113,7 136,3 149,4 162,2 171,2 Debito estero totale/PIL (%) 17,0 18,6 20,0 21,4 21,3 Riserve valutarie lorde ($ mld) 541,1 656,9 725,7 772,7 838,4 Riserve valutarie lorde (mesi import.) 32,8 36,6 36,6 36,5 36,4

Fonte: EIU, giugno 2014 (s): stime; (p) previsioni

SACE RISK INDEX 2013

Rischio politico-normativo

Restrizioni sul trasferimento dei capitali 13/100

Esproprio 56/100

Violazioni contrattuali 56/100

Rischio di mancato pagamento da:

Controparte sovrana 13/100

Banca 25/100

Grande impresa 37/100

Pmi 40/100

Rischio di violenza politica 60/100

ARABIA SAUDITA

Capitale: Riyadh Popolazione (2013): 29,6 milioni

PIL nominale PPP (2013): USD 927,8 mld

COMPOSIZIONE DEL PIL (2013)

Indicatori di rischio OCSE S&P’s Moody’s Fitch Rating 2 AA- Aa3 AA- Indicatori di Business Climate Attuale Precedente Doing Business 2014 26° su 189 22° su 183 Index of Economic Freedom 2014 77° su 178 82° su 177 Corruption Perceptions Index 2013 63° su 177 66° su 176

SCHEDA PAESE A cura dell’Ufficio Studi di SACE

RATING, BUSINESS CLIMATE, KEY FIGURES

Agricoltura3,3%

Industria non manifatturiera

28,6%

manifattura13,4%

Servizi54,7%

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ARABIA SAUDITA

SACE IN ARABIA SAUDITA Condizioni di assicurabilità Rischio sovrano: Senza condizioni Rischio bancario: Senza condizioni Rischio privato: Senza condizioni Volturabilità polizza SACE Si

meccanica strumentale

31,4%

prod. energetici raffinati 18,5%metallurgia e

prod. in metallo9,0%

app. elettrici8,0%

gomma, plastica, materiali da costruzione

6,6%

mobili e altri manufatti

5,1%

prod. chimici4,7%

altro16,7%

ESPORTAZIONI IN ARABIA SAUDITA PER SETTORI (2013,%)

INTERSCAMBIO COMMERCIALE CON ARABIA SAUDITA (2003-2013), € milioni

RAPPORTI CON L’ESTERO: INVESTIMENTI, OPPORTUNITA’ E INTERSCAMBIO Bilancia dei pagamenti. Il saldo della bilancia commerciale, in crescita fino al 2012, è previsto in calo anche nel 2014, a fronte delle minori quotazioni del greggio, di una domanda esterna più debole e di una domanda interna elevata a fronte degli investimenti infrastrutturali in corso. Il surplus di partite correnti è previsto in calo al 13% del PIL. Sebbene in calo, il saldo resterà positivo grazie al ruolo del paese di maggior esportatore globale di petrolio.

Settori di opportunità. Il governo mantiene il monopolio del settore petrolifero attraverso l’impresa di stato Aramco. Gli investimenti stranieri nel settore sono ammessi solo per gli investimenti di base, mentre per la commercializzazione è esclu-sa un’eventuale apertura a capitali esteri. La crescente domanda di gas ha incoraggiato il governo a sperimentare limitate aperture agli stranieri anche in questo settore. L’abbondanza di risorse garantisce anche vantaggi competitivi nel settore pe-trolchimico. Il paese, che ospita i luoghi di culto principali dell’Islam ed è meta di pellegrinaggi, ha visto crescere negli ulti-mi anni gli investimenti nel settore turistico e si attende conseguentemente un aumento delle entrate legate al settore.

Commercio e presenza italiana. Nel 2013 il deficit commerciale italiano si è ridotto di oltre il 70% rispetto al 2012, atte-standosi a circa EUR –1 miliardo. L’Italia nel 2013 ha importato merci per un valore di circa EUR 5,5 miliardi, costituite principalmente da petrolio (83% dell’import totale) e prodotti petrolchimici (12,8%). Le esportazioni sono state pari ad un valore di EUR 4,5 miliardi circa, in crescita dell’11,4% dal 2012, con una prominenza dei settori della meccanica strumen-tale (31,4%), dei prodotti energetici raffinati (18,5%), della metallurgia (9%) e dell’elettronica (8%).

Imprese italiane operano nei settori del petrolchimico, dell’edilizia e dell’alimentare.

INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI SALDO TRANSAZIONI CORRENTI

CONTATTI

Servizio clienti: - [email protected] Ufficio stampa: tel. + 39 06 6736888 - [email protected]

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IDE (USD mld, asse sxt) IDE (% PIL, asse dxt)

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ARABIA SAUDITA

Febbraio 2014 Il governo ha stabilito la formazione di un nuovo polo industriale presso la città di Waad Al-Shamal, nel nord del paese. La nuova città industriale sarà attiva soprattutto nel settore minerario. Il piano di sviluppo prevede progetti per un controvalore di USD 9,5 miliardi, tra i quali infrastrutture viarie per collegare il sito ai porti sul Golfo. La Saudi Arabian Mining Compa-ny ha già siglato accordi per la costruzione di cinque nuovi impianti per un controvalore di USD 3,6 miliardi. Il nuovo polo industriale rientra nella strategia di diversificazione del sistema economico e alleggerimento della dipendenza dal settore petrolifero. Novembre 2013 Nuovi scontri tra forze dell’ordine e lavoratori stranieri a Riyadh. Alla base dei violenti episodi c’è la stretta sul lavoro irre-golare dei lavoratori stranieri, che ha portato all’espulsione di almeno 30 mila persone dal 3 novembre, scadenza della mora-toria concessa dal governo agli immigrati per regolarizzare la propria posizione. Luglio 2013 La Camera di Commercio saudita ha annunciato la cancellazione di 90.000 dei 250.000 contratti d’appalto in essere in rela-zione alla violazione delle norme sul lavoro irregolare, introdotte dal 2011. Le misure prevedono il rispetto di quote minime di lavoratori sauditi, differenti in base a settore e dimensione dell’azienda, per ridurre il tasso di disoccupazione giovanile nel paese (attualmente pari al 30%). La cancellazione dei contratti rischia di colpire duramente il sistema produttivo, in par-ticolare i settori delle costruzioni, trasporti e servizi, mentre la stretta sul lavoro irregolare espone le società interessate al rischio di penali e multe in conseguenza dei ritardi nell’esecuzione dei contratti. Aprile 2013 Il governatore di Riyad ha rinviato al 9 giugno il termine ultimo per l’implementazione del sistema “Nitaqat”, che impone alle imprese di avere in organico una percentuale di cittadini sauditi, che varia a seconda delle dimensioni. La proroga evi-denzia le difficoltà delle aziende nell’adeguarsi alle misure, dato l’elevato numero di lavoratori immigrati, da cui settori vita-li per l’economia saudita, come le costruzioni e i trasporti, in larga parte dipendono. Proprio il settore costruzioni continuerà a crescere a ritmi elevati nel 2013 secondo la National Commercial Bank, che stima un +10,5%. A sostenere la crescita sa-ranno anche gli investimenti statali: il governo investirà USD 180 miliardi per costruire 6,9 milioni di unità abitative entro il 2020. Marzo 2013 La Riyadh Development Authority (RDA) ha approvato un piano di sviluppo per la capitale, dal valore di USD 75 miliardi. Il piano include più di 3.000 progetti in settori quali edilizia residenziale, trasporti pubblici e infrastrutture di viabilità. L’A-rabia Saudita deve far fronte a una cronica carenza di unità abitative e il governo si è impegnato ad aggiungere 500.000 uni-tà allo stock di case esistenti. Si stima che solo il 25-30% dei cittadini sauditi possieda un’abitazione, a causa degli elevati costi. Di recente sono state approvate tre nuove leggi riguardanti il settore finanziario per dare sostegno al mercato dei mutui immobiliari.

COUNTRY RISK UPDATES

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BAHRAIN

Il Regno del Bahrain, storicamente il primo produttore di petrolio nella regione, è stato anche il primo Paese a confrontarsi con il problema del declino della produzione petrolifera. Ha siglato, perciò, accordi economici e commerciali bilaterali con oltre 40 Paesi, tra cui Cina, Francia, India, Singapore, Regno Unito e USA come impegno, ormai da molti anni, nella diversificazione dell'economia. Ciò potrà aprire opportunità in svariati settori. Le riserve energetiche, non del tutto centrali all'economia del Regno, hanno d'altra parte sospinto l’attività economica, il surplus del budget nazionale e la crescita del prodotto interno lordo. La diversificazione economica si è concentrata principalmente sul settore finanziario, che rappresenta ad oggi il 22% del prodotto nazionale, ed è in costante espansione. La crescita del prodotto interno attestata al 7% nel 2007 ha subito un freno l'anno successivo con il netto declino della produzione petrolifera, il che ha portato il Bahrain ad essere un netto importatore di idrocarburi per la prima volta nella sua storia. Nonostante ciò, le esportazioni di petrolio raffinato e di gas naturale rappresentano ancora il 60% del totale delle esportazioni del Regno. Le fonti energetiche interne servono anche a sostenere l'industria dell'alluminio, la terza grande industria del Bahrain dopo la raffinazione e il gas naturale. Numerosi sono stati i recenti sforzi del governo per attrarre investimenti stranieri con ottimi risultati. Il Bahrain è stato riconosciuto il primo Paese nella regione MENA rispetto alla libertà economica, secondo l'indice della libertà economica dell`Heritage Foundation. Di più, la presenza ormai stabile nel calendario stagionale di un Gran Premio del mondiale di F1 fanno del Paese un potenziale polo turistico dell'Area.

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Indicatori sociali e demografici Lingua L’arabo - la lingua ufficiale, l’inglese, il Farsi, l’Undu. Religione Musulmani 70,3%, Cristiani 14,5%, Induisti 9,8%, Buddisti 2,5%, Ebrei e altri 2,9%. Moneta Dinaro del Bahrain (BD) con tasso di cambio di 1,9 euro per dinaro. Popolazione 1,31 milioni (il 55% sono immigrati). Struttura demografica (quota %)

0-14 anni: 19,7% 15-24: 15,9% 25-54: 56,2% 55-64 : 2,7% over 65 anni: 2,6%

Età media: 31,6 anni Tasso di crescita della popolazione: 2,5% Rapporto maschi/femmine: 1,5 a 1 Aspettativa di vita: 78,5 anni

Piramide delle età

Principali indicatori geografici Superficie: 760 km2

Clima: desertico, inverni brevi e freschi, estati molto calde e umide. Punti estremi:

Golfo Persico : 0 m . Jabal ad Dukhan 122 m.

Fuso orario UTC/GMT +3 . L’ora non cambia durante il periodo estivo, pertanto ci sono sempre 2 ore di differenza fra Greenwich e il Kuwait in estate, e 3 in inverno.

Quadro politico La capitale, nonché sede del Governo è Manama. A partire dal 2001 il Re ha avviato un importante programma di riforme istituzionali di apertura politica. Il processo doveva segnare l'abbandono di un regime autoritario che era stato alla base di disordini intermittenti negli anni precedenti.

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Ad oggi, il sistema di governo è stato trasformato in un sistema parlamentare limitatamente partecipativo, in cui le maggiori forze di opposizione del Regno hanno una voce e un riconoscimento nel sistema istituzionale, che resta però dominato da un Governo emanato dalla famiglia reale e solo in parte responsabile verso il Parlamento. A undici anni dalla sua ascesa al trono, Re Hamad si trova comunque alla guida di un Paese notevolmente diverso da quello che aveva ereditato nel 1999. A partire dal febbraio 2011 anche il Bahrain è stato interessato dalle proteste che hanno coinvolto Nord Africa e Medio Oriente, fino a giungere, il 14 marzo 2011, all’intervento di forze armate e di polizia dei Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (in particolare Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti) a sostegno del governo del Bahrain. In questo Paese alle cause generali e comuni a tutta l’area, che possono aver contribuito allo scoppio della crisi (quali gli andamenti demografici, il disagio di parte delle popolazione e in particolare delle giovani generazioni in un contesto di modernizzazione economica e sociale e di alti tassi di scolarizzazione), si sono aggiunte le tensioni, da tempo esistenti, tra la maggioranza della popolazione sciita, e la minoranza sunnita, che però esprime la famiglia regnante e la classe dirigente del Paese. Sebbene sia stato recentemente riaperto un tavolo di dialogo nazionale (comprendente i rappresentanti dei maggiori partiti politici di opposizione, delle associazioni della società civile e rappresentanti del Parlamento, coordinati da tre Ministri di Governo) l’individuazione di soluzioni condivise che consentano di recuperare la pace sociale in Bahrain non appare essere a portata di mano, e si prevede che nel medio periodo le tensioni tra sciiti e sunniti continueranno ad essere presenti. Relazioni internazionali Dal punto di vista politico, il Regno mantiene tradizionalmente un atteggiamento filo-occidentale sin dalla sua indipendenza del 1971 ed ha legami particolarmente stretti con gli USA ed il Regno Unito. Il Bahrain è infatti sede della Quinta Flotta americana. Il Bahrain ha firmato un accordo bilaterale di libero scambio con gli USA (nel maggio 2004) e un accordo per la costruzione di un "Ponte dell'Amicizia” (km 46) che collegherà il Qatar e il Bahrain.

Quadro economico Principali indicatori economici

Principali indicatori economici (euro) 2010 2011 2012 2013 PIL nominale (milioni) 19.395 18.557 21.222 22.577 PIL Pro-capite ($) 24.028 24.221 24.273 24.344 Crescita del PIL reale (variazione %) 4,3 1,9 3,9 3,6 Debito pubblico (% del PIL) 45,9 54 55,8 59,8 Saldo commerciale (milioni) 1.994 5.604 4.754 4.608

Quadro macroeconomico Servizi e industria pesante sono attualmente i perni dell'economia in Bahrain. Il Paese è un centro regionale per banche offshore e islamiche, una destinazione popolare per i turisti Sauditi e sede di industria dell'alluminio di fama internazionale. Le riserve e la produzione petrolifera sono molto limitate rispetto agli altri Paesi del Golfo. Il Bahrain possiede soltanto risorse inshore, in particolare nel campo petrolifero e di gas "Awali”, dove le riserve sono di circa 125 milioni di barili e dove vengono estratti circa 33 mila barili di grezzo al giorno e 500 milioni di piedi cubi di gas. L'Arabia Saudita e il Bahrain condividono le entrate provenienti dalla produzione del campo petrolifero offshore "Abu Saafa”. La quota del Bahrain è di circa 150 mila barili/giorno. Il Bahrain importa anche petrolio grezzo per alimentare l'unica raffineria di petrolio nel Paese. L'Economic Development Board (EDB) è l'organismo che indirizza le strategie di sviluppo economico e di attrazione degli investimenti del Paese.

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Tra i settori individuati dall'EDB, quelli prioritari per lo sviluppo del Paese sono: i servizi finanziari; il turismo; l'informatica; la sanità, l'istruzione e la formazione; l'industria dell'alluminio.

A conferma dello sforzo del governo nell'opera di diversificazione dell'economia, dal 2008 il contributo del settore petrolifero al PIL è aumentato solo dello 0,4%, mentre il settore non oil è cresciuto del 7,2%. Quello della disoccupazione rimane un problema che le autorità cercano di risolvere sostituendo, ove possibile, manodopera asiatica con giovani locali (prevista l'assunzione di circa 100.000 unità barenite entro i prossimi dieci anni). Le statistiche ufficiali rilevano un tasso di disoccupazione intorno al 3,8%, ma una stima realistica effettiva lo attesta intorno al 16%. L'inflazione è stata del 7,6% nel 2008, del 2,8% nel 2009 e del 2,0% nel 2010. Le stime per il 2011 sono del 4,5% e per il 2012 del 3,0%. Tutti gli analisti concordano nel sostenere che, nonostante tendenze e provvedimenti in senso contrario, adottati da altri Paesi dell'area (Kuwait), il dinaro barenita rimarrà agganciato al dollaro ad un tasso di cambio di 1BD = 2,66 US$. La crescita reale del PIL del Bahrain nel 2009 è rallentata rispetto agli anni precedenti a causa della crisi economica e finanziaria internazionale, anche se i recenti dati inducono a pensare che il peggio della crisi sia ormai alle spalle. Dove investire Costruzioni. Quello delle costruzioni è in Bahrain uno dei settori maggiormente dinamici e in grado di offrire delle possibilità per le nostre imprese. Prodotti della metallurgia. La produzione e la lavorazione dell'alluminio è un settore prioritario e potenzialmente interessante per le nostre imprese. Ciò anche in virtù dei bassi costi energetici in Bahrain, considerato che quello dell'alluminio è uno dei settori che più di altri richiedono alti consumi di energia. Turismo Una nuova classe media di viaggiatori si è negli ultimi anni affiancata alla classe medio-alta bahrainita, proporzionalmente consistente, che viaggia molto scegliendo principalmente mete regionali nell'Area del Golfo e nel Medio Oriente, oltre che l'Iran, l'Europa Occidentale, l'Asia Orientale e Sud-Orientale. A partire dal 2010 si è registrato un incremento del 28% del numero dei visti rilasciati dall’Ambasciata italiana, circa 3000 rispetto ai 2000 rilasciati nel 2009, con un ulteriore aumento del 21.5% nel biennio 2011-2012. Rapporti commerciali con l'Italia Sia pure in base ai dati statistici del 2011 le nostre esportazioni complessive verso il Bahrain sono cresciute del 14,9% rispetto al 2010, passando da 141,8 milioni di € a 163,0 milioni di €. Nello stesso periodo le nostre importazioni crescevano del 93,2%, passando da 112,2 milioni di € a 216,9 milioni di €. Il saldo commerciale del nostro Paese verso il Bahrain passava così da positivo nel 2010 (+29,6 milioni di €) a negativo nel 2011 (-53,9 milioni di €). A generare il significativo incremento delle nostre importazioni contribuivano soprattutto il triplicarsi del coke e prodotti derivati dalla raffinazione del petrolio e il quasi raddoppio dei prodotti della metallurgia. Nel periodo gennaio-novembre 2012 rispetto allo stesso periodo del 2011 le nostre esportazioni continuavano a mostrare un trend in crescita (+27,8%), mentre le nostre importazioni calavano altrettanto vistosamente (-26,0%). Come diretta conseguenza di tali trend contrapposti nel periodo gennaio-novembre 2012 il nostro saldo commerciale rispetto al Bahrain tornava in zona positiva, anche se di soli 21,3 milioni di €. Le principali voci del nostro export sono i macchinari e le apparecchiature e, a notevole distanza, i mobili.

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Cenni sul sistema legale del Bahrain (A cura dello Studio Legale DLA Piper Bahrain)

Il contesto politico ed economico A partire dal 2001, il Re Hamad ha avviato un importante programma di riforme istituzionali di apertura politica volto ad abbandonare il regime autoritario che era stato alla base di disordini intermittenti negli anni precedenti. Il sistema di governo è stato dunque trasformato in un sistema parlamentare limitatamente partecipativo, in un contesto in cui il sistema istituzionale resta tuttavia dominato da un Governo emanato dalla famiglia reale e solo in parte responsabile verso il Parlamento. A partire dal febbraio 2011 anche il Bahrain è stato interessato dalle proteste che hanno coinvolto Nord Africa e Medio Oriente, fino a giungere, il 14 marzo 2011, all’intervento di forze armate e di polizia dei Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo o GCC (in particolare Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti) a sostegno del governo del Bahrain. In questo Paese, alle cause generali e comuni a tutta l’area, che possono aver contribuito allo scoppio della crisi (quali gli andamenti demografici, il disagio di parte delle popolazione e in particolare delle giovani generazioni in un contesto di modernizzazione economica e sociale e di alti tassi di scolarizzazione), si sono aggiunte le tensioni, da tempo esistenti, tra la maggioranza della popolazione, sciita, e la minoranza sunnita, espressione della famiglia regnante e della classe dirigente del Paese. Sebbene sia stato recentemente riaperto un tavolo di dialogo nazionale (comprendente i rappresentanti dei maggiori partiti politici di opposizione, delle associazioni della società civile e rappresentanti del Parlamento coordinati da tre Ministri di Governo), l’individuazione di soluzioni condivise che consentano di recuperare la pace sociale in Bahrain non appare essere a portata di mano, e si prevede che nel medio periodo le tensioni tra sciiti e sunniti continueranno ad essere presenti11. L'Economic Development Board (EDB) è l'organismo che indirizza le strategie di sviluppo economico e di attrazione degli investimenti del Paese. Tra i settori individuati dall'EDB per lo sviluppo del Paese, quelli prioritari sono:

1. i servizi finanziari; 2. il turismo; 3. l'informatica; 4. sanità, istruzione e formazione; 5. l'industria dell'alluminio.

Il sistema giuridico Il Bahrain è uno Stato Arabo Islamico sovrano ed indipendente. Il 14 febbraio 2002 è stata perfezionata una nuova versione della Costituzione, secondo cui la legge islamica della Shari'a è il principio guida che sta alla base della legislazione del Paese. Le questioni generali e gli affari privati sono, in linea di principio, disciplinati parzialmente dalle leggi che derivano dal sistema di common law inglese, quale la Law Contract e la Civil Wrongs Ordinance, e tutte le leggi si rifanno ad una struttura simile a quella egiziana e francese (e quindi non dissimile a quella italiana). Quasi tutti i soggetti commerciali operanti in Bahrain sono regolati dalla Commercial Company Law (Decreto 21 del 2001) e dal suo Regolamento di attuazione (Ordine Ministeriale n. 6 del 2002). Salvo alcune attività gli investimenti esteri e la possibilità di aprire società a capitale interamente straniero sono generalmente permessi in Bahrain. Si segnala poi che le leggi del Bahrain sono pubblicate in lingua araba. La maggior parte è stata tradotta in inglese. Pur tuttavia, in caso di conflitto tra la versione araba e la traduzione in lingua inglese si dà sempre precedenza alla prima. Normativa commerciale e sugli investimenti esteri diretti I due tipi più comuni di imprese private in Bahrain sono la Limited Liability Company e la closed Joint Stock Company. Tutte le imprese possono essere possedute al 100% da capitale straniero a determinate condizioni. Esiste anche l’alternativa dell’impresa individuale. Le società straniere possono anche aprire una filiale (branch), un ufficio di rappresentanza (Representative Office) o un’agenzia (agency) in Bahrain. L’investitore straniero che vuole costituire una società, e fare affari in Bahrain, dovrà innanzitutto verificare se il tipo di attività commerciale che forma l'oggetto del progetto di investimento è di fatto permessa agli stranieri.

11 Fonte: InfoMercatiEsteri

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Qualora, poi, per fare ciò, l'investitore straniero intendesse rilevare una partecipazione in una impresa del Bahrain (anche se già posseduta da investitori stranieri), occorrerà comunque verificare che non sussistano eccezioni di non-trasferibilità che queste siano state rinunciate dal socio venditore. Le tipologie di investimento diretto più comuni sono le seguenti: (a) With Limited Liability Company - WLL La WLL in Bahrain è una società a responsabilità limitata con un minimo di due e un massimo di 50 soci. Come dice il nome stesso, ogni socio è responsabile nei limiti della propria partecipazione societaria. Alcune attività non possono essere svolte dalla WLL, quali quella bancaria e quella assicurativa. La WLL, poi, non può emettere azioni né obbligazioni al pubblico. I principali pre-requisiti richiesti per una WLL sono:

- capitale minimo di 20.000 dinari del Bahrain; - il capitale sociale deve essere suddiviso in partecipazioni di uguale valore, non inferiore a 50 dinari

del Bahrain ciascuna. Tutte le partecipazioni sono indivisibili e non negoziabili; - la società deve avere una sede in Bahrain.

E’ anche importante notare che, in conformità con la Company Law, una percentuale dei profitti della WLL deve essere accantonata ogni anno nel fondo svalutazione, e un ulteriore 10% dei profitti deve essere accantonato per costituire una riserva obbligatoria fino a che l’ammontare di tale riserva non avrà raggiunto il valore del 50% del capitale sociale. (b) closed Joint Stock Company - BSC(c) La BSC(c) è una forma societaria formata da almeno due soci e che può esser detenuta al 100% da stranieri. Le partecipazioni della BSC(c) non possono essere offerte al pubblico. Le attività bancaria ed assicurativa sono permesse per questo tipo di società e non è richiesto uno sponsor locale. Le principali caratteristiche di una BSC(c) sono:

- capitale minimo di 250.000 dinari del Bahrain; - il valore di ogni partecipazione deve esser di almeno 100 fils e non più di 100 dinari del Bahrain; - la proprietà può essere totalmente straniera; - non è richiesto uno sponsor locale; e - la società deve aver una sede in Bahrain.

In tema di riserve obbligatorie vale quanto detto sopra per la WLL. (c) Branch e uffici di rappresentanza Le società straniere possono altresì optare per aprire una filiale (branch) o un ufficio di rappresentanza in Bahrain a condizione, tuttavia, che:

- ottengano la relativa licenza dal Ministero dell’Industria e del Commercio; - abbiano uno local sponsor in Bahrain, che può essere una persona fisica o giuridica del Bahrain. Il

Ministero dell’Industria e del Commercio, tuttavia, può esentare la società straniera da questo requisito se la filiale della società o l’ufficio di rappresentanza utilizzano il Bahrain come un centro regionale per le attività della società; e

- forniscano una garanzia che assicuri l’adempimento delle proprie obbligazioni. A seconda di quanto indicato di volta in volta dal Ministero dell’Industria e del Commercio, la garanzia potrà avere la forma di un deposito bancario o di una comfort letter prestata dal local sponsor o dalla casa madre.

Investimenti esteri indiretti: il contratto di agenzia commerciale (commercial agency) La Commercial Agency Law del 1992 (Agency Law) è la legge che disciplina i rapporti di agenzia in Bahrain, permettendo alle imprese straniere di distribuire o vendere i propri prodotti e servizi in Bahrain attraverso agenti locali. Gli agenti devono essere cittadini del Bahrain, se persone fisiche, o a partecipazione maggioritaria del Bahrain, se persone giuridiche. Il contratto di agenzia deve indicare i nomi, le nazionalità, e gli assets delle parti, insieme ad una descrizione dei tipi di prodotti trattati. La legge richiede che gli agenti siano responsabili della fornitura ai consumatori delle parti di ricambio e degli strumenti necessari a mantenere o a riparare ogni macchinario o prodotto venduto dall’agenzia. Tutti i contratti di agenzia commerciale devono essere registrati nel Commercial Agencies Register, tenuto presso la Direzione Affari Societari (Directorate of Commerce and Companies Affairs) del Ministero dell’Industria e del Commercio. Un contratto di agenzia non registrato non può essere riconosciuto e non può essere fatto valere in giudizio. Il preponente può nominare più di un agente, può stipulare contratti a tempo determinato, e può risolvere un contratto rivelatosi improduttivo attraverso le procedure stabilite dal Ministero dell’Industria e del Commercio.

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Cenni sul sistema fiscale Fatta eccezione per una singola tassa del 46% sulle società del settore oil & gas e attività loro correlate, in Bahrain non sono tassati i profitti, le vendite, le proprietà fondiarie, gli interessi, i dividendi, le royalties ed i compensi. Vale la pena anche notare che non ci sono restrizioni alla conversione e al trasferimento di fondi e che non ci sono tasse sulle società. Inoltre, il Bahrain non impone restrizioni circa il rimpatrio dei profitti, dei capitali, o sulla convertibilità della valuta. Cenni sul diritto del lavoro Se un’impresa intende assumere lavoratori stranieri, dovrà prima ottenere, per ogni lavoratore straniero, un permesso di lavoro ed un permesso di residenza. Responsabile del rilascio dei permessi di lavoro per gli stranieri è la Labour Market Regulatory Authority e le restrizioni numeriche al rilascio di tali permessi di lavoro previste dal Ministero del Lavoro sono riviste di volta in volta. E’ importante notare che i requisiti della Bahrainisation (una sorta di processo di nazionalizzazione del mercato del lavoro) si applicano alle imprese che assumono 10 o più lavoratori stranieri, e i requisiti specifici che devono essere seguiti variano da settore a settore. Tuttavia, in questo momento non c’è una legislazione scritta che fissa i requisiti numerici per la Bahrainisation, che quindi è blandamente applicata. Un’indennità di fine rapporto deve essere corrisposta al termine del rapporto di lavoro al lavoratore che non è coperto dalla Legge di Previdenza Sociale (Social Insurance Law). Cenni sulla proprietà immobiliare Il Governo del Bahrain ha introdotto una serie di iniziative per incentivare gli investimenti stranieri in Bahrain, permettendo, ad esempio, agli investitori stranieri di acquisire proprietà immobiliari site in aree progettate e sviluppate appositamente per loro. Agli investitori stranieri che acquistano una proprietà immobiliare in Bahrain è altresì automaticamente concessa la residenza, che viene automaticamente estesa agli altri membri della famiglia e valida per tutto il periodo in cui viene mantenuta la proprietà immobiliare.

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HIGHLIGHTS Contesto politico. Permane la divisione tra la maggioranza della popolazione sciita e l’elite sunnita: i contrasti sociali e l’incertezza politica sono destinati a persistere nel medio periodo, con una crescente dipendenza dagli aiuti dell’Arabia Saudita. Sebbene le manifestazioni di massa del 2011 non si siano ripetute, permangono scontri nelle aree periferiche, mantenendo elevata l’attenzione sul rischio di violenza politica. Le modeste riforme adottate dalle autorità non sono state sufficienti a smorzare la conflittualità interna. Restano buone le relazioni internazionali con USA e UE.

Contesto economico. La crescita economica ha subito un rallentamento durante i disordini del 2011. La crescita è ancora dipendente dall’apporto fondamentale del settore degli idrocarburi e dalla spesa pubblica, che ha incentivato investimenti nel settore turistico e real estate. La crescita del settore non-oil è stata tuttavia inferiore al 3% nel 2013. Il Bahrein ha il maggior breakeven price (prezzo del petrolio necessario per mantenere il pareggio di bilancio) dell’area, 120USD/barile, ed è fortemente esposto al rischio di fluttuazione del prezzo internazionale del greggio. Il deficit fiscale è previsto in au-mento nel 2014. La crescita dell’indebitamento pubblico potrebbe intaccare il rating del paese nel medio periodo.

Contesto finanziario. Il settore finanziario è stabile e diversificato e il paese rappresenta uno dei maggiori centri finan-ziari dell’area. Più di 400 istituzioni finanziarie operano nell’isola. I disordini della primavera araba hanno colpito il setto-re, che si è contratto del 5,3% nel 2011 ed è cresciuto solo dell’1,2% nel 2012. Il sistema bancario offshore ammontava a USD 151 miliardi a fine 2012. Il comparto retail gode invece di buona salute. L’unione monetaria con Arabia Saudita, Kuwait e Qatar è sospesa in attesa dell’adozione di politiche economiche convergenti.

Contesto operativo. Il paese è storicamente aperto agli investimenti esteri; il sistema legale è trasparente e la burocrazia non rappresenta un ostacolo all’attività economica. Il livello di corruzione non rappresenta un limite agli affari. La forza lavoro è relativamente qualificata rispetto agli standard regionali. Maggiori difficolta operative derivano dalle situazioni di conflitto sociale tra le fazioni sciita e sunnita.

Agricoltura0,3%

Industria non manifatturiera

29,6%

manifattura14,7%

Servizi55,4%

2011 2012 2013(s) 2014(p) 2015(p) PIL (variazione % reale) 1,9 3,4 5,5 3,3 3,2

Inflazione media annua (%) -0,4 2,8 3,3 2,9 2,7 Saldo Bilancio pubblico/PIL (%) -0,3 -2,0 -2,8 -5,4 -5,0 Bilancia dei pagamenti

Esportazioni ($ mld) 19,7 20,4 21,1 20,6 21,9 Importazioni ($ mld) -12,1 -13,2 -14,4 -14,4 -14,7 Saldo transazioni correnti/PIL (%) 11,1 7,3 6,9 3,5 3,7

Debito estero totale ($ mld) 15,1 16,3 17,6 18,3 18,7 Debito estero totale/PIL (%) 51,9 53,8 53,6 56,5 52,8 Riserve valutarie lorde ($ mld) 4,6 5,2 5,4 6,0 6,4 Riserve valutarie lorde (mesi import.) 3,9 4,2 4,0 4,5 4,7

Fonte: EIU, maggio 2014 s: stime; p: previsioni

SACE RISK INDEX 2013

Rischio politico-normativo

Restrizioni sul trasferimento dei capitali 61/100

Esproprio 43/100

Violazioni contrattuali 42/100

Rischio di mancato pagamento da:

Controparte sovrana 36/100

Banca 52/100

Grande impresa 54/100

Pmi 58/100

Rischio di violenza politica 61/100

BAHRAIN

Capitale: Manama Popolazione (2013): 1,2 mil

PIL nominale PPP (2013): USD 35 mld

COMPOSIZIONE DEL PIL (2013)

Indicatori di rischio OCSE S&P’s Moody’s Fitch Rating 4 BBB BBB BBB Indicatori di Business Climate Attuale Precedente Doing Business 2014 46° su 189 47° su 183 Index of Economic Freedom 2014 13° su 178 12° su 177 Corruption Perceptions Index 2013 57° su 177 53° su 176

SCHEDA PAESE A cura dell’Ufficio Studi di SACE

RATING, BUSINESS CLIMATE, KEY FIGURES

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Bahrain

SACE IN BAHRAIN Condizioni di assicurabilità Rischio sovrano: Senza condizioni Rischio bancario: Senza condizioni Rischio privato: Senza condizioni Volturabilità polizza SACE Si

meccanica strumentale

32,1%

mobili e altri manufatti

11,0%moda10,7%

autoveicoli e altri mezzi di trasporto

9,0%

app. elettrici7,1%

prod. alimentari6,7%

gomma, plastica, materiali da costruzione

6,3%

altro17,1%

ESPORTAZIONI IN BAHRAIN PER SETTORI (2013,%) INTERSCAMBIO COMMERCIALE CON BAHRAIN (2003-2013), € milioni

RAPPORTI CON L’ESTERO: INVESTIMENTI, OPPORTUNITA’ E INTERSCAMBIO Bilancia dei pagamenti. Il saldo di partite correnti, in attivo, registra una progressiva riduzione del surplus dal 2011 (le sti-me per il 2014 indicano un avanzo del 3,5% del PIL, in riduzione dal 6,9% del 2013). Il calo del prezzo del greggio ha avuto un duplice effetto: in parte positivo, poiché circa metà delle importazioni sono costituite da greggio dall’Arabia Saudita, che viene poi esportato come prodotto raffinato; in parte negativo per il calo dei prezzi delle proprie esportazioni.

Settori di opportunità. Le stime indicano una vita residua dei giacimenti petroliferi di 10-15 anni. Il paese sta da tempo sviluppando fonti di ricchezza alternative: il settore finanziario si è affermato come uno dei principali dell’area; il settore turistico, sebbene abbia risentito delle turbolenze del 2011, nel 2012 è stato quello con la crescita maggiore (+25%), nono-stante la concorrenza di Dubai e Oman e contribuisce ad oltre il 5% del PIL. Il settore non-oil è dominato dall’industria dell’alluminio (20-25% dell’economia).

Commercio e presenza italiana. Nel 2013 il saldo dell’interscambio con l’Italia è rimasto positivo sebbene in calo, atte-standosi a EUR 12,2 milioni. Settori principali dell’export italiano in Bahrein sono la meccanica strumentale (32,1%), ma-nifatturiero (11%), moda (10,7%) e automotive (9%). Le importazioni italiane hanno totalizzato un valore di EUR 146,6 milioni nel 2013, composte principalmente da prodotti petroliferi raffinati (48,3% del totale import) e metallurgici (45,4%).

INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI SALDO TRANSAZIONI CORRENTI

CONTATTI

Servizio clienti: - [email protected] Ufficio stampa: tel. + 39 06 6736888 - [email protected]

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2010 2011 2012 2013 2014 2015

Saldo transazioni correnti (mld USD, asse sxt) Saldo transazioni correnti / PIL (%, asse dxt)

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2010 2011 2012 2013 2014 2015

IDE (USD mld, asse sxt) IDE (% PIL, asse dxt)

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Bahrain

Aprile 2014 Il Fondo Monetario Internazionale ha espresso una valutazione positiva sul settore bancario, caratterizzato da buoni livelli di capitalizzazione (18% per il settore retail e 22% per le banche commerciali). Anche l’agenzia di rating Moody’s ha cambia-to l’outlook sul settore, portandolo da negativo a stabile. Ad incidere positivamente sono state le previsioni sull’andamento dei NPL (attesi al 6% in calo rispetto al 6,2% di dicembre 2013) e più in generale le stime di crescita del settore non-oil, atteso al 3,8% nel 2014. Poiché gran parte del credito bancario del paese è destinato a tale settore, la crescita si tradurrà in un aumento del 7-8% del credito domestico.

Febbraio 2014 L’Alta Corte Amministrativa del Bahrain ha dichiarato fuorilegge il Consiglio Islamico degli Ulema (CIU), organizzazione religiosa Sciita. L’organizzazione è stata infatti accusata di praticare attività politiche illegali sotto la copertura di una forma-le veste religiosa. La decisione potrebbe incidere sul percorso di riconciliazione nazionale e sul tentativo di dialogo tra la monarchia Sunnita e la principale forza di opposizione Sciita, Al-Wefaq. Lo scorso 23 gennaio era stato raggiunto un accor-do per la ripresa del dialogo tra governo e opposizione, anche se non era stata fissata una data. Il CIU è legato ad Al-Wefaq e in passato ha sostenuto le proteste antigovernative.

Agosto 2013 Il parlamento sta discutendo l’inasprimento della normativa nazionale in materia di sicurezza e prevenzione di atti terroristi-ci: saranno vietate le manifestazioni nella capitale Manama e sarà prevista la revoca della cittadinanza nel caso di accusa di terrorismo. La discussione parlamentare si è svolta in seguito all’attacco avvenuto ai danni della moschea di Al-Riffa, in prossimità della Corte Reale rivendicato dal gruppo sciita di recente formazione Saraya al-Ashtar. È probabile che la recente escalation di attacchi contro il governo proseguirà nei prossimi mesi, con possibili implicazioni sul rapporto con la vicina Arabia Saudita, dal cui supporto il Bahrein è fortemente dipendente.

Giugno 2013 Il parlamento ha approvato il bilancio 2013/2014, con un aumento della spesa pubblica (+11% rispetto allo scorso anno) legato all’incremento del 15% degli stipendi dei lavoratori statali, che dovrebbe contribuire a ridurre le tensioni sociali. Il governo ha ricevuto a maggio la raccomandazione del FMI a tenere sotto controllo le finanze pubbliche, al fine di preservare la sostenibilità del debito. La performance economica del paese è legata al settore petrolifero, e in particolare al giacimento di Abu Safa, che condivide con l’Arabia Saudita, e che da solo contribuisce per circa il 70% alle entrate statali

COUNTRY RISK UPDATES

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EMIRATI ARABI UNITI

Prospettive di crescita negli scambi commerciali Gli Emirati Arabi Uniti, con la loro posizione geografica strategica al centro delle principali direttrici est-ovest e le abbondanti riserve di combustibili fossili che ne hanno trainato la crescita economica, sono diventati nel breve volgere di mezzo secolo un stato moderno i cui cittadini godono di un elevato tenore di vita. Il PIL pro-capite è infatti uno dei più alti tra quelli dei Paesi della zona del Golfo. L’economia risulta aperta e dinamica, soprattutto per merito delle politiche di diversificazione che hanno ridotto l’incidenza delle rendite petrolifere sulla quota del PIL da un 60% nel 1980 all’attuale 23%. Le zone di libero scambio presenti nel Paese, con possibilità di proprietà straniera al 100% e totale esenzione fiscale, attirano consistenti capitali esteri. Grazie ai notevoli piani di sviluppo e infrastrutturali previsti dal Governo emiratino nei diversi settori costruttivi (porti, aeroporti, reti stradali e ferroviarie, ospedali, scuole, alberghi e strutture turistiche, impianti di produzione energetica, abitazioni, impianti industriali, ecc.), a maggior ragione dopo l'attribuzione dell'EXPO 2020 a Dubai, le prospettive per le nostre imprese di acquisire commesse per la realizzazione di opere civili, sia nel settore pubblico che privato, rimangono elevate. Anche le nostre PMI possono inserirsi come fornitori settoriali o sub-contractor. Negli Emirati sono già presenti oltre 300 aziende italiane operanti nei più disparati settori produttivi. L’attuale normativa emiratina sulla costituzione nel Paese di attività straniere, prevede l’obbligo di avvalersi di un partner emiratino con la formula del 49-51% della proprietà in favore del partner locale stesso. Da tempo è stato avviato un riesame della suddetta normativa, annunciando una revisione delle percentuali di partecipazione. Nel contempo, sono state implementate in tutto il Paese numerose Zone Franche, che consentono il 100% della proprietà e varie agevolazioni commerciali. La domanda turistica emiratina è caratterizzata da una clientela di lusso, con un livello culturale medio-alto ed una sempre crescente propensione a viaggiare. La composizione demografica molto variegata del Paese (gli emiratini sono appena il 20% della popolazione residente che proviene invece da oltre 200 Paesi) crea una distinzione tra emiratini ed “expats” (espatriati). Se gli emiratini vantano uno dei redditi pro-capite più alto al mondo, anche i locali expats amano però viaggiare. In aumento anche il flusso di viaggiatori dall'Italia (sia per turismo che per affari). Gli EAU si stanno sempre più attestando quale hub finanziario di livello mondiale, e non solo nel settore della finanza islamica (nel quale intendono realizzare un importante centro internazionale). Nel Paese operano 46 banche, di cui 21 nazionali e 25 straniere, con un totale di 564 filiali operative nel Paese. Occorrerebbe in prospettiva intensificare ulteriormente la presenza italiana nel Paese anche in questo settore, sensibilizzando opportunamente gli ambienti bancari e finanziari nazionali. Indicatori sociali e demografici Lingua: l’arabo è la lingua ufficiale, l’inglese è utilizzato abitualmente come lingua veicolare. Indi e Urdu sono ampiamente diffusi. Religione: musulmana 96% (di cui 16% sciita), altre 4%. Moneta: Dirham (tasso fisso con US$ pari a 3.67 dhs)

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Popolazione: 7,5 milioni Struttura demografica (quota %): 0-14 anni: 20,5% 15-24 anni: 13,7% 25-54 anni: 61,5% 55-64 anni: 3,1% over 65 anni: 0,9% Età media: 30,2 anni Tasso di crescita della popolazione: 3,05% Rapporto maschi/femmine: 2,2 a 1 Aspettativa di vita: 76,71 anni

Piramide delle età

Principali indicatori geografici Superficie: 83.600 km2

Clima: desertico, più fresco nelle aree montuose orientali Punti estremi: Golfo Persico : 0 m . Jabal Yibir : 1,527 m . Fuso orario: UTC/GMT +4 . L’ora non cambia durante il periodo estivo, pertanto ci sono sempre 3 ore di differenza fra Greenwich e gli Emirati in estate, e 4 in inverno. Profilo politico

Capitale e sede di governo: Abu Dhabi Sistema e stabilità politici Gli Emirati Arabi Uniti sono una federazione di 7 monarchie assolute (Abu Dhabi, Dubai, Sharjah, Ajmn, Umm al-Qaywayn, Ràs al-Khaymoh e Fujarah) costituitasi dopo la fine del protettorato britannico nel 1971. Il Consiglio nazionale federale (Cnf), una sorta di parlamento federale, è composto da 40 membri nominati dagli emiri di ciascuno Stato della federazione e ha solo potere propositivo. Nel settembre 2011 si sono svolte le ultime elezioni in cui per la prima volta è stata eletta una donna. Nel 2016 si svolgeranno le prossime. La situazione politica negli Emirati Arabi è stabile. La famiglia regnante è al potere dalla nascita dello Stato e grazie ad una generosa distribuzione dei proventi petroliferi e a politiche sociali che si prendono cura del cittadino “dalla culla alla tomba” gode della totale approvazione da parte della popolazione di nazionalità emiratina. Alla luce degli episodi di disordine e delle manifestazioni di piazza verificatesi nella cosiddetta “primavera araba”, gli E.A.U. hanno adottato un’azione preventiva mescolando con sapiente equilibrio da un lato forme di monitoraggio del territorio attraverso un costante e capillare lavoro di intelligence e dall’altro interventi di sostegno alle regioni ed ai settori meno sviluppati. In particolare sono state favorite le consultazioni tra le

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Popolazione: 7,5 milioni Struttura demografica (quota %): 0-14 anni: 20,5% 15-24 anni: 13,7% 25-54 anni: 61,5% 55-64 anni: 3,1% over 65 anni: 0,9% Età media: 30,2 anni Tasso di crescita della popolazione: 3,05% Rapporto maschi/femmine: 2,2 a 1 Aspettativa di vita: 76,71 anni

Piramide delle età

Principali indicatori geografici Superficie: 83.600 km2

Clima: desertico, più fresco nelle aree montuose orientali Punti estremi: Golfo Persico : 0 m . Jabal Yibir : 1,527 m . Fuso orario: UTC/GMT +4 . L’ora non cambia durante il periodo estivo, pertanto ci sono sempre 3 ore di differenza fra Greenwich e gli Emirati in estate, e 4 in inverno. Profilo politico

Capitale e sede di governo: Abu Dhabi Sistema e stabilità politici Gli Emirati Arabi Uniti sono una federazione di 7 monarchie assolute (Abu Dhabi, Dubai, Sharjah, Ajmn, Umm al-Qaywayn, Ràs al-Khaymoh e Fujarah) costituitasi dopo la fine del protettorato britannico nel 1971. Il Consiglio nazionale federale (Cnf), una sorta di parlamento federale, è composto da 40 membri nominati dagli emiri di ciascuno Stato della federazione e ha solo potere propositivo. Nel settembre 2011 si sono svolte le ultime elezioni in cui per la prima volta è stata eletta una donna. Nel 2016 si svolgeranno le prossime. La situazione politica negli Emirati Arabi è stabile. La famiglia regnante è al potere dalla nascita dello Stato e grazie ad una generosa distribuzione dei proventi petroliferi e a politiche sociali che si prendono cura del cittadino “dalla culla alla tomba” gode della totale approvazione da parte della popolazione di nazionalità emiratina. Alla luce degli episodi di disordine e delle manifestazioni di piazza verificatesi nella cosiddetta “primavera araba”, gli E.A.U. hanno adottato un’azione preventiva mescolando con sapiente equilibrio da un lato forme di monitoraggio del territorio attraverso un costante e capillare lavoro di intelligence e dall’altro interventi di sostegno alle regioni ed ai settori meno sviluppati. In particolare sono state favorite le consultazioni tra le

istituzioni ed i notabili del territorio, specie in relazione ai problemi della periferia (Emirati del Nord) alla cui soluzione sono stati destinati finanziamenti straordinari. Di pari passo procede il percorso di allargamento della base elettiva del Consiglio nazionale federale, parlamento con funzioni consultive, e l’ampliamento dei suoi compiti e delle sue funzioni in risposta ad una crescente sensibilità verso i diritti politici e le libertà democratiche. Gli Emirati Arabi Uniti non sono stati fino ad oggi oggetto di alcun atto di terrorismo e non risulta la presenza stabile nel Paese di cellule fondamentaliste. Non sono presenti sul territorio, neanche allo stato latente, conflitti etnico-religiosi. Il principale fattore di rischio è la vicinanza geografica all’Iran: una eventuale involuzione delle tensioni tra quel Paese e la comunità internazionale, specie in relazione al programma nucleare, potrebbe infatti avere ripercussioni sugli EAU, anche per il tramite di una chiusura dello Stretto di Hormuz con conseguente interruzione dei traffici marittimi. Uno scenario quest’ultimo che gli E.A.U. hanno comunque già scongiurato grazie alla realizzazione dell’oleodotto Habshan-Fujairah che, collegando Golfo Persico e Oceano Indiano, permette di trasportare direttamente il greggio via terra verso i terminali di esportazione oltre lo stretto. Da segnalare inoltre i recenti arresti di 11 dissidenti della fratellanza mussulmana, nonché l'eliminazione di una cellula terroristica di Al Qaeda. Le relazioni internazionali I rapporti con le organizzazioni internazionali sia politiche sia economiche sono ottimi. Da segnalare, in campo militare, la partecipazione di contingenti terrestri degli E.A.U. alla missione votata dal Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC) in favore del Governo del Bahrain contro le rivolte di piazza e la disponibilità concessa dalle forze armate emiratine alla coalizione dei volenterosi impegnati nell’applicazione della risoluzione 1973 del CdS delle NU per la creazione di una no-fly zone sui cieli della Libia. Gli Emirati hanno anche partecipato alla recente iniziativa del GCC per porre fine alle violenze nello Yemen, poi rivelatasi inefficace, ed alla quale – dopo che l’Ambasciata emitarina nello Yemen è stata oggetto di attacchi dai sostenitori del Presidente yemenita nel maggio 2011 – è seguito un deterioramento delle relazioni tra i due Paesi. Dopo un iniziale temporeggiamento, inoltre, anche gli Emirati hanno richiamato il proprio Ambasciatore da Damasco, aderendo ad una decisione dei membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo. Profilo economico Principali indicatori economici12

Quadro macroeconomico Il quadro economico emiratino si presenta stabile e la flessione subita nel biennio 2008-2009, in particolare nell'Emirato di Dubai, a seguito della crisi finanziaria internazionale è ormai superata. La crescita del PIL nel 2013 ha fatto registrare un incremento del 4,3%, mentre per il 2014 si stima una crescita del 4,4% e del 4,6% in media per il periodo 2014-2018 (fonte: Economist Intelligence Unit). La recente aggiudicazione da parte del Bureau International des Expositions dell'EXPO 2020 a Dubai, offrirà un ulteriore impulso all'economia nazionale. Dubai ha stanziato 6,8 miliardi di Dollari per l'Expo (circa l'8% del PIL nominale dell'Emirato nel 2011), determinando notevoli prospettive ed opportunità di lavoro e di business per la preparazione dell'evento da qui al 2020 (vedi oltre una nota di ICE Dubai). L'evento vero e proprio inoltre, attirerà una grande quantità di visitatori (il Governo prevede 19 milioni di visitatori stranieri), aumentando ulteriormente l'attività economico-commerciale. L'Expo tuttavia, presenta anche alcuni rischi legati alla possibilità di creare nuove bolle finanziarie, con una conseguente crescita del

12 Fonti: The Economist Intelligence Unit 1= Fondo Monetario Internazionale 2=National Bureau of Statistics - Ministry of Economy of the UAE 3=Central Intelligence Agency - World Factbook

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debito, oltre ad un ulteriore aumento dei prezzi degli immobili e degli affitti, che costituiscono un motivo di preoccupazione. Gli E.A.U. sono il settimo produttore al mondo di petrolio e di gas naturale, ed occupano il settimo posto per riserve di petrolio (9,4% del totale mondiale) e gas naturale. Benché la crescita del settore petrolifero abbia subito nel 2013 un certo rallentamento, stimato a meno del 3%, la crescita del settore non petrolifero ha invece registrato un'accelerazione. Anche la crescita dei servizi rimane sostenuta, aiutata dalle tendenze nei consumi privati e dalle forti dinamiche del commercio, dei trasporti e del turismo. Un’ulteriore espansione delle compagnie aeree del Paese, verrà sostenuta dai recenti consistenti acquisti di nuovi aeromobili e dall'apertura di nuove rotte. Il turismo continua a crescere grazie agli obiettivi degli UAE verso nuovi mercati e la sempre nuova offerta di prodotti.

La prospettiva economica futura è resa incoraggiante, oltre che dalla diversificazione dell'economia rispetto al settore "oil", anche da: un consistente sviluppo dei settori infrastrutture, costruzioni e turismo; un rafforzamento dell'attrazione degli investimenti esteri perseguita attraverso riforme del quadro economico-giuridico del Paese (in particolare, introduzione, pur con alcune limitazioni, della proprietà immobiliare per stranieri ad Abu Dhabi e a Dubai); una stabile impostazione della disciplina normativa in materia di imprese (attualmente imperniata sullo schema 49-51% in favore delle imprese locali); un costo contenuto della manodopera, principalmente proveniente dai Paesi del sub-continente indiano, condizioni fiscali e normative vantaggiose ed un basso costo dell’energia. I proventi petroliferi continuano, comunque, ad essere il fulcro delle entrate governative, determinando la spesa del settore pubblico sulla quale gran parte dell’economia non petrolifera dipende, direttamente o indirettamente. Il bilancio federale per il 2014 prevede un aumento del 4,5% della spesa, arrivando a 12,4 miliardi di Dollari, mentre la proiezione delle entrate non è stata ancora annunciata. La spesa per il welfare e lo sviluppo, compresi 2,6 miliardi di Dollari per l'istruzione, rappresenteranno la metà della spesa totale. Per i prezzi del petrolio si prevede una prosecuzione della tendenza al ribasso nel periodo 2014-18. Tuttavia, è lecito aspettarsi nello stesso periodo il mantenimento di un avanzo di bilancio in media del 3,5% del PIL l'anno. I dati ufficiali di bilancio degli EAU sottostimano comunque la vera forza delle finanze pubbliche emiratine, dal momento che una parte dei guadagni del petrolio di Abu Dhabi non è segnalata come entrate correnti, ma viene invece riversata direttamente nei Fondi Sovrani, il più importante dei quali è l'Investment Authority di Abu Dhabi (ADIA). Secondo stime del Sovereign Wealth Fund Institute, l'ADIA avrebbe attività non dichiarate stimate in 627 miliardi di Dollari (corrispondenti a circa il 160% del PIL 2012). L'inflazione viene stimata per l'anno 2013 al 3%, mentre per il 2014 si prevede una crescita al 4,6%.

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Politica economica Gli EAU sono Stato membro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, OMC, dal 1996, e della Greater Arab Free Trade Zone, GAFTA, in vigore dal 1998. Gli EAU hanno accordi commerciali bilaterali con Siria (novembre 2000); Giordania (marzo 2001); Libano (marzo 2002); Marocco (marzo 2002); Iraq (aprile 2002). Il grado di apertura del Paese evidenzia un’elevata propensione dell’economia emiratina ad un regime di libero scambio. In linea generale, infatti, è liberamente consentito vendere direttamente agli utilizzatori finali, tramite un rivenditore; è possibile inoltre costituire joint ventures o autorizzare una società locale a vendere i propri prodotti con contratti in “franchising”. Secondo la vigente normativa in materia di diritto societario, agli investitori stranieri non è consentito possedere una quota superiore al 49% del capitale sociale (con eccezione delle Free Trade Zones). Al fine di intercettare i capitali stranieri dirottati verso altri mercati a seguito della crisi finanziaria, sono al vaglio alcune proposte legislative tendenti ad eliminare tale vincolo, sebbene ci siano delle opposizioni politiche interne. Va segnalata inoltre una differenza tra gli Emirati di Abu Dhabi e Dubai: quest’ultimo infatti copre l’80% del commercio estero di tutto il Paese nel settore non oil, mentre l’Emirato di Abu Dhabi esporta principalmente idrocarburi. Gli Emirati Arabi Uniti sono il quarto esportatore di greggio nella regione, dopo Arabia Saudita, Iran e Iraq. Sono al settimo posto mondiale per quanto riguarda le riserve di greggio e al settimo per il gas naturale con una produzione media giornaliera stimata di circa 2,7 milioni di barili di petrolio nel 2013 (EIU Country Report) e un obiettivo di 3.5 milioni di barili al giorno a breve termine. Gli EAU hanno concluso con la Corea del Sud uno storico accordo commerciale per la fornitura a Seoul di 1 miliardo di barili di petrolio l’anno in cambio di know-how e servizi per la realizzazione di infrastrutture specie nel settore energetico. Abu Dhabi detiene da solo il 94% delle riserve petrolifere del Paese; mentre si stima che le risorse petrolifere di Dubai termineranno tra 15 anni. Gli EAU hanno un’imponente massa finanziaria che investono all’estero, di difficile quantificazione. La destinazione degli investimenti si sta diversificando: una crescente quantità di investimenti di portafoglio viene tramutata in investimenti diretti. I principali fondi del Paese sono l'Abu Dhabi Investment Authority (ADIA), l'Investment Corporation of Dubai, la International Petroleum Investment Company (IPIC), la Mubadala Development Company. La ripartizione geografica va modificandosi con crescenti quote dirette all’Asia e all’Africa, specie per l’approvvigionamento di materie prime e per far fronte ai rischi connessi al pericolo di una crisi alimentare. Gli investimenti all’estero sono stimati (fonte Banca Centrale degli EAU ed Economist Intelligence Unit) tra i 500 e gli 800 miliardi di dollari USA (di cui almeno 250/300 gestiti dalla Abu Dhabi Investment Authority, il Fondo Sovrano di Abu Dhabi). A tale già ragguardevole cifra si devono peraltro aggiungere gli investimenti connessi al patrimonio privato dei principali Sceicchi del Paese. Una parte delle nuove società straniere continua a stabilirsi nelle Free Zones in ragione delle migliori condizioni offerte (essenzialmente l’assenza di tasse e la possibilità di rinunciare al partner locale). Tuttavia, a causa delle procedure di partecipazione alle gare di appalto, che tendono in misura crescente a privilegiare società straniere in joint venture con partners locali, quest’ultima soluzione viene sempre più frequentemente presa in considerazione.

Principali Paesi destinatari dell’export

2011 (mln. €) 2012 (mln. €)

GIAPPONE '34.050 GIAPPONE '40.806

INDIA '30.071 INDIA '37.561

IRAN '20.919 IRAN '25.239

Italia Position: 28 895 Italia Position: 34 806

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Principali Paesi fornitori dell’import

2011 (mln. €) 2012 (mln. €)

INDIA '31.350 INDIA '33.120

CINA '21.870 CINA '26.968

USA '12.960 USA '20.580

Italia Position: 8 '5.187 Italia Position: 8 '6.312

Saldi e riserve internazionali

Overview dei rapporti con l’Italia Gli EAU si confermano il principale mercato di sbocco delle esportazioni italiane in Medio Oriente e Nord Africa. Secondo rilevazioni del 2014, l'Italia si posiziona al settimo posto in assoluto tra i Paesi fornitori e terzo tra i partners europei. Dopo la crisi finanziaria che aveva colpito Dubai nel biennio 2009/10, al partire dal 2011 si è registrato un netto miglioramento nell’interscambio commerciale, con il raggiungimento dei 4,735 miliardi di Euro di nostre esportazioni, corrispondente ad un aumento del 28,5% rispetto al 2010, ed un totale di 861 milioni di Euro di importazioni, corrispondenti ad un incremento del 91,2%. Interscambio commerciale dell'Italia con gli EAU per settori - valori in milioni di euro

Italia- EAU Esportazioni Importazioni Saldi assoluti

Anno 2011 2012 2013 2011 2012 2013 2011 2012 2013

Totale 4.729,1 5.510, 73 5.514,78 860,93 651,06 1.302,51 3.868,17 4.859,67 4.212,26

Variazione +16,7% +0,1 % -24,3% +100,1

Anche nel 2012 si è confermata una progressione crescente nelle relazioni commerciali bilaterali. Le nostre esportazioni verso gli EAU, infatti, hanno raggiunto la cifra record di 5,510 miliardi di Euro, con un incremento rispetto al 2011 del +16,7%, mentre le nostre importazioni, in lieve flessione rispetto all’anno precedente, si sono assestate sui 651 milioni di Euro, con un calo rispetto al 2011 del -24,3%. Per il 2013, sia pure con una progressione meno sostenuta, continua il trend crescente di flussi commerciali bilaterali. Il settore della gioielleria è stato quello con i maggiori indici di crescita (+44,69% rispetto al 2011), seguito da computer ed elettronica (+41,34%) e metalli e lavorati (+29,65%). In termini assoluti, il settore dei macchinari e strumentazioni ha registrato il più alto volume di export, con oltre 1,3 miliardi di euro (+3,73%).

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La presenza imprenditoriale italiana negli Emirati Arabi Uniti è altamente qualificata ed è rappresentata da circa 300 aziende tra unità con propria filiale e molte altre che operano tramite agenti locali. Il potenziale per le produzioni ed i servizi italiani sul mercato potrà nel medio termine beneficiare della presenza nel Paese di un elevato reddito pro-capite e di una ricchezza petrolifera che durerà almeno per i prossimi 100 anni. Di fatto gli Emirati Arabi Uniti hanno rappresentato una delle più dinamiche realtà dell’intera regione, con una crescita economica che è stata particolarmente intensa nel periodo compreso fra il 2005 e il 2008, per poi rallentare a partire dalla fine del 2008, in coincidenza con la fase di recessione che ha investito i mercati internazionali, le difficoltà del comparto immobiliare di Dubai e la crisi debitoria della holding pubblica Dubai World. Il mantenimento di un’adeguata porzione di mercato richiede tuttavia azioni promozionali mirate contro una concorrenza sempre più competitiva, che identifica negli Emirati un mercato privilegiato, ed un mirato coordinamento delle imprese (in particolare piccole e medie) italiane anche “a valle”, oltre che “a monte” (ad esempio attraverso la formazione di consorzi), al fine di presentare offerte mirate per meglio sfruttare, attraverso un approccio selettivo volto ad evidenziare l’unicità’ e la differenziazione del prodotto italiano, le opportunità offerte dai grandi progetti di sviluppo, in particolare nei settori infrastrutture e costruzioni. Grandi opportunità di business potranno essere colte sull'asse EXPO Milano 2015 ed EXPO Dubai 2020, anche a seguito del Memorandum di collaborazione siglato dalle Società di Gestione dei due eventi in occasione della recente visita dell'allora Presidente del Consiglio, On. Enrico Letta, il 2 febbraio 2014. Accesso al credito Il sistema bancario e quello dei servizi finanziari negli EAU hanno fatto significanti progressi nei recenti anni grazie all’attività di regolamentazione e controllo della Banca Centrale. La legge bancaria emiratina riconosce ed individua 5 categorie di soggetti abilitati all’attività creditizia:

banche commerciali; banche d’investimento; istituti finanziari; intermediari finanziari; intermediari monetari;

Il numero delle Banche nazionali operanti negli UAE è 23, mentre Il numero di banche straniere è 28. Tra queste sono presenti Intesa SanPaolo, che ha una filiale con licenza operativa a Dubai, ed un ufficio di rappresentanza ad Abu Dhabi, UniCredit con un ufficio di rappresentanza ad Abu Dhabi, e BNL, presente con un Italian Desk a Dubai. Lo scopo della presenza di queste banche nel mercato emiratino è quello di aumentare gli investimenti e gli scambi commerciali tra Italia ed Emirati Arabi Uniti. Aprire e gestire un conto corrente negli Emirati è semplice e necessita solo di un visto di residenza. I finanziamenti a lungo termine sono disponibili, ma vengono dati su base selettiva; più recentemente sono stati proposti anche servizi di factoring e leasing tecnico e immobiliare. Per le aziende locali in cerca di finanziamenti industriali è stata creata dal Governo Federale l’Emirates Industrial Bank, con lo scopo di aiutare lo sviluppo del settore privato. Il settore bancario degli Emirati Arabi Uniti ha registrato una soddisfacente attività nel 2012, che si aggiunge alle positive performance macroeconomiche. Misurando gli asset aggregati delle banche si nota un incremento dell’attività bancaria del 6,1% nei primi dieci mesi del 2012 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, passando dai 452,6 miliardi di dollari del dicembre 2011, ai 480 miliardi della fine di ottobre 2012. Per quanto riguarda l’attività creditizia la ripresa procede a rilento, non avendo ancora ritrovato i ritmi di crescita che hanno caratterizzato gli anni precedenti alla crisi finanziaria ed alla crisi del debito di Dubai. Per tale motivo le banche continuano ad essere caute nell’emissione di nuovi prestiti, soprattutto per investimenti nel settore immobiliare, e restano riluttanti ad intraprendere investimenti rischiosi. Si registra un tenue incremento dell’attività creditizia del 3% nei primi dieci mesi del 2012, incremento che si è concentrato quasi esclusivamente nel settore pubblico (infrastrutture) e nei settori strategici dell’economia nazionale (petrolio, acciaio). Sono sempre più in crescita le iniziative industriali e pubbliche finanziate con emissioni a lungo termine di titoli obbligazionari (sukuk) regolati dalla Finanza Islamica. Da sottolineare sono anche le nuove regolamentazioni emendate dalla Banca Centrale nel 2011, che mettono un tetto massimo ai prestiti personali, pari a massimo venti volte lo stipendio mensile del beneficiario, e limitano il tempo di rimborso a non oltre i quattro anni dalla data di emissione. È stata inoltre recentemente emanata una direttiva della Banca Centrale che limita al 50% del valore la finanziabilità dell’acquisto di un immobile da parte di un privato non-residente e al 80% da parte di un residente. Concludendo si può desumere che, in merito al fenomeno della riduzione dei prestiti, il settore continui ad affrontare delle pressioni dal lato della qualità degli assets; le ultime statistiche annunciano un nuovo record per i “non performing loans”, ossia quei prestiti soggetti ad un incasso difficoltoso, che nel 2012 hanno raggiunto una percentuale del 7,6% sul totale nelle Banche Nazionali degli EAU.

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Secondo la Banca Centrale ed il Fondo Monetario Internazionale il settore bancario emiratino ha dimostrato una forte capacità di ripresa dagli shock degli ultimi anni, avendo sufficienti risorse finanziarie per affrontare o quantomeno ridurre l’impatto di ulteriori possibili crisi nazionali ed internazionali. Le imprese italiane che si stabiliscono su questo mercato possono contare sulla presenza di banche italiane che sono in grado di estendere il credito a favore delle imprese clienti in Italia. Dove investire Prodotti in metallo, esclusi macchinari e attrezzature La domanda di gioielli risente dei gusti differenti dei numerosi espatriati provenienti da Asia, Africa e Paesi arabi (oltre all’area occidentale), residenti negli EAU; ulteriore caratteristica è l'elevato livello del reddito pro capite della popolazione di nazionalità locale che la rende un acquirente potenzialmente interessante. L'esportatore che volesse intraprendere rapporti commerciali con partners EAU deve tenere presente, però, che gli Arabi tendono tradizionalmente ad essere fedeli ai fornitori che in passato hanno già riscosso la loro fiducia e di cui hanno già testato l'affidabilità; il contatto personale è perciò assai importante e deve essere ripetuto periodicamente in occasione di eventi fieristici e similari. Sebbene Dubai costituisca il principale mercato di sbocco, anche Abu Dhabi e Sharjah devono essere tenuti in considerazione quando si fa un piano di penetrazione in questo mercato. Per quanto riguarda l'oro a 21-22 k, la distribuzione avviene tramite operatori locali ubicati nei mercati tradizionali: il prezzo generalmente viene dato dal peso dell'oro più la lavorazione. L'oro europeo a 18k è commercializzato esclusivamente presso i centri di primissima qualità e presso i negozi situati nei grandi alberghi; il suo prezzo risente del fatto che quasi sempre si tratta di design esclusivo o di grandi marche. Il mercato della vendita all'ingrosso è ben strutturato, al contrario di quello al dettaglio che è molto più frammentato. Pertanto un operatore italiano che vuole introdursi nel mercato degli Emirati troverà più facile e più conveniente entrare in contatto con un grossista perché questi conosce tutte le opportunità di affari e sarà in grado di capire qual è la domanda adatta al genere di prodotto offerto. Inoltre un grossista farà ordinativi di maggiore consistenza. Costruzioni Il recentissimo successo ottenuto da Dubai, che il 27 novembre 2013 ha festeggiato l’assegnazione dell’Expo 2020, è destinato ad avere un enorme impatto sullo sviluppo dell’intero Paese. Ad essere maggiormente interessati saranno – ovviamente - i settori delle infrastrutture, dell'ospitalità e del turismo. Enorme l’impatto economico dell’Expo: secondo il Governo di Dubai, i financing costs ammonteranno a 7 mld di USD. Sulla base dei dati riportati da MEED, la crescita del PIL nel 2014-2016 sarà del 6.4% e l’impatto complessivo dell’evento ammonterà a 23 mld di USD. Ingenti i fondi che dovranno essere investiti nei prossimi anni in infrastrutture, trasporti e nuovi progetti di costruzione. Dubai avrà bisogno di circa 43 mld di USD per implementare le sue infrastrutture in vista dell’Expo: di questi, circa 10 dovrebbero essere spesi per migliorare e sviluppare i trasporti. L’Expo – con tutte le sue positive ricadute sull’economia e sull’occupazione – si inserisce fra l’altro in una fase positiva di crescita del Paese, iniziata ben prima della notizia giunta a fine novembre 2013. Oggi il quadro economico emiratino si presenta stabile, con incoraggianti segnali di ripresa rispetto alla flessione subita nel biennio 2008-2009. I principali indicatori macroeconomici hanno un andamento positivo e descrivono un Paese proiettato verso uno sviluppo bilanciato grazie ad un costante controllo del tasso di inflazione, ad una crescente spesa pubblica attenta allo sviluppo strutturale e ad una lungimirante politica di diversificazione dell’economia. Secondo le stime di Business Monitor International (BMI) il valore dell’industria delle costruzioni degli Emirati Arabi Uniti nel 2013 è stato di 41 mld di USD, con un tasso di crescita annuale del 4,5%. Solo a Dubai, nella prima metà del 2013, i comparti dell’immobiliare e delle costruzioni hanno contribuito per il 21% alla crescita del PIL dell’Emirato, secondi solo ai settori retail & wholesale. I numeri sono ancora più impressionanti se si guarda al complesso dei progetti negli EAU includendo nel totale sia quelli in via di realizzazione sia quelli pianificati. Secondo MEED, il loro valore - alla data del 28 febbraio 2013 - arriva a 549 mld di USD. I progetti destinati alle costruzioni residenziali rappresentano solo il 3% del totale, ma si tratta comunque di piani imponenti e di investimenti di tutto rilievo, fra cui spiccano:

91 mld di USD per la realizzazione di Dubailand; 37 mld di USD per l’Aviation City nell’Emirato di Al Ain; 2,7 mld di USD per il mega-piano annunciato dal Presidente degli EAU, HH Sheikh Khalifa bin Zaywed

Al Nahyan, che punta alla ricostruzione di 12.500 unità abitative realizzate prima del 1990. Fra i vari progetti edilizi degni di nota, va ricordato quello annunciato nel novembre 2012 dal governo di Dubai: la realizzazione di un nuovo insediamento urbano, denominato Sheikh Mohammed binRashid City, che includerà – fra l’altro - il più grande centro commerciale del mondo, un parco tematico ispirato agli Universal Studios e un parco più grande di Hyde Park a Londra.

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La ripresa del settore è rafforzata dalla continua presenza di aziende Italiane alla principale fiera di settore BIG 5, dove l'Italia continua negli anni a posizionarsi come primo Paese partner in termini di metri quadri occupati e aziende partecipanti. Di fatto la posizione strategica del porto di Dubai, la presenza della zona franca, gli interessi asiatici, africani ed europei che si polarizzano sul territorio degli Emirati Arabi sono alla base della selezione di questo mercato come meta primaria di promozione dei prodotti di tutto il mondo. Prodotti alimentari Gli Emirati importano circa il 90% di prodotti alimentari, alimenti finiti e ingredienti. L’industria alimentare negli Emirati è in continua crescita, soprattutto alla luce della significativa espansione del settore del turismo e del gran numero di nuovi hotel e resort di recente apertura. Basti pensare che negli EAU sono presenti oltre 400 alberghi. Il settore del turismo ha aumentato la domanda di prodotti alimentari importati. Con oltre 11.000 centri di ristorazione, il settore della ristorazione degli Emirati Arabi Uniti è un mercato redditizio in termini di ritorni. Questi ristoranti servono cucina tradizionale ma anche cucina europea, americana, cinese, tailandese, indiana. La cifra media spesa dalle famiglie per gli alimenti è pari a 3,600 dollari annuali. I prodotti italiani sono riconosciuti quali prodotti di alto livello qualitativo. Nel settore carne e prodotti animali, il prodotto italiano maggiormente importato negli Emirati è dato dai formaggi e latticini, che rappresentano meno del 1% del valore totale. Il sistema distributivo, tra cui la vendita all’ingrosso, è altamente avanzato grazie all’esistenza di strutture ben attrezzate. I più grossi punti vendita agiscono anche come importatori per certi prodotti che rivendono direttamente ad altri punti vendita in tutta la Federazione. In termini di quote di importazione, la fornitura italiana di kiwi è molto alta, rappresentando quasi il 42% del valore totale della specifica categoria del settore frutticolo. Altri prodotti che soddisfano la domanda degli Emirati sono le pesche (32%) e le susine (6%). La quota dei prodotti italiani importanti in questo settore rappresenta il 4%. Il principale prodotto alimentare finito italiano importato è rappresentato dalla pasta. La dipendenza dall’importazione di prodotti ortofrutticoli quali i pomodori, i cetrioli, le fragole e i datteri è ridotta grazie all’aumento della produzione domestica, anche se il valore delle importazioni rimane importante. Articoli di abbigliamento (anche in pelle e in pelliccia) Un’azienda di moda intenzionata a lavorare a Dubai riscontra in linea di massima le stesse opportunità e difficoltà che si presentano per qualsiasi impresa di altri settori. I prodotti italiani, in modo particolare per la loro qualità, sono sempre la prima scelta per coloro in grado di acquistarli. Non è facile tuttavia, ad eccezione delle grandi marche, affermare un prodotto italiano solo per la sua qualità: data l’elevata presenza di prodotti di provenienza asiatica a prezzi contenuti, e visto che la valuta locale è da sempre agganciata al dollaro USA, gli importatori/grossisti mirano ai quantitativi, finendo per non essere interessati a sostenere i costi per affermare prodotti di nicchia. I consumatori pretendono comunque la possibilità di scelta tra il maggior numero di modelli possibile. Pertanto il design è e sarà sempre più la chiave per conquistare quote di mercato negli Emirati. Gli acquirenti richiedono nuovi prodotti e nuove idee, in breve, continue novità. L’abbigliamento griffato ha un ottimo riscontro a Dubai, vero e proprio “tempio” dello shopping, rispetto agli altri Emirati. I prodotti delle più importanti firme vengono commercializzati dalle principali società presenti nei principali shopping mall di Dubai: Saks Fifth Avenue, Bin Hendi, Harvey Nichols, ecc. Il prodotto della moda italiana, soprattutto quello firmato, costituisce ancora uno status symbol per chi lo indossa e, per i locali, un segno di distinzione. Energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata (anche da fonti rinnovabili) Negli EAU si è registrato negli ultimi anni, grazie anche al forte sviluppo industriale, un incremento della domanda di energia elettrica (circa 5-6 % annuo) e si stima che, nei prossimi cinque anni, il fabbisogno sarà tale da richiedere addirittura il raddoppio dell’attuale capacità produttiva. L’incremento della domanda di energia è dovuto non solo al forte sviluppo industriale e dei servizi, ma anche all’incremento costante della popolazione e del tenore di vita del Paese (notevole è il consumo legato agli impianti di condizionamento, con forti picchi stagionali nel periodo estivo). Essendo, peraltro, il Paese dotato di ingenti risorse naturali, quali petrolio e gas, il settore della produzione – distribuzione - trasmissione di energia elettrica, si è sviluppato e consolidato negli ultimi 15 anni in maniera direttamente consequenziale: il 97% degli impianti di produzione utilizzano i gas naturali (sono pressoché assenti impianti che utilizzino fonti rinnovabili o il nucleare almeno fino al 2020, quando dovrebbe essere operativa la prima centrale nucleare attualmente in fase di realizzazione da parte di un consorzio sudcoreano), il 90% della domanda è concentrata nei grandi centri urbani e industriali di Abu Dhabi, Dubai e Sharjah, la maggior parte degli impianti di produzione sono invece concentrati ad Abu Dhabi. Il Ministero dell’Energia ha

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in cantiere un intenso programma di sviluppo e ampliamento della capacità delle centrali esistenti: le grandi sfide dei prossimi anni sono però legate non solo all’incremento della capacità e al conseguente potenziamento degli impianti, ma anche al potenziamento della rete di distribuzione, da rendere più efficiente e capillare, soprattutto negli Emirati nord orientali, nonché all’impiego futuro di fonti alternative (energia solare). Un altro importante progetto, che si svilupperà nei prossimi anni, è la connessione alla rete dei GCC. La Dubai Electricity & Water Authority - DEWA intende realizzare un nuovo impianto elettrico e di desalinizzazione che aumenterà la produzione di energia di 2000 megawatt e di 105 milioni di acqua desalinizzata al giorno, al costo stimato di 1,5 miliardi di dollari USA. Si tratta del più grande progetto commissionato dalla DEWA. Gli Emirati Arabi Uniti continuano a dimostrare il loro impegno nel promuovere e migliorare l'innovazione, la ricerca e la regolamentazione delle energie rinnovabili ed ambientali a livello globale. Lo sviluppo dell’industria delle tecnologie pulite (cleantech) e delle energie rinnovabili nei Paesi del Golfo è assicurato, oltre che da un periodo di crescita sostenuta, anche dall’interesse sia del settore pubblico che di quello privato. Dal lato pubblico, esiste, infatti, un impegno in crescita per lo sviluppo sostenibile da parte dei governi di questi Paesi, che si riflette in obiettivi ambiziosi per incrementare la quota d’energia rinnovabile nel mix di generazione d’energia nazionale, come anche la creazione di sempre più favorevoli quadri normativi. Ad esempio, Abu Dhabi si è impegnata ad assicurare che, entro il 2020, il 7% del suo fabbisogno di energia totale sarà assicurato da fonti di energia rinnovabile. Questo rappresenta ca. 1,500MW d’energia pulita, anche grazie al progetto Masdar City, la città ad emissioni zero. Masdar City punta ad uno sviluppo emergente a basse emissioni di carbonio, bassi rifiuti e tecnologia pulita globale. Abu Dhabi è leader in questo ambito e mira a diventare una delle città più sostenibili del mondo alimentate da energia rinnovabile. Gli Emirati Arabi Uniti puntano dunque con decisione sulle fonti alternative per incrementare la quota d’energia rinnovabile nel mix di generazione d’energia nazionale. E ciò non solo per rendere il Paese e le sue attività produttive meno dipendenti dal petrolio ma anche per far si che l’economia degli Emirati si basi non solo sulle esportazioni di greggio. Usi e costumi Come tutti i Paesi arabi, anche gli EAU sono profondamente influenzati dalla religione islamica. Tuttavia, nel corso degli anni, grazie all'afflusso di immigrati provenienti da diversi Stati, gli Emirati hanno assunto un carattere cosmopolita che si avvicina a quello dei Paesi dell'Occidente. La cultura e le tradizioni musulmane comunque permangono ed influenzano le abitudini e gli stili di vita della popolazione. Cinque volte al giorno i credenti sono chiamati alla preghiera dai minareti delle moschee, e una volta all'anno celebrano il periodo del ramadan, al termine del quale si svolge una festa della durata di tre giorni, l'Eid al Fitr. Un'altra festa nazionale si celebra il 2 dicembre, data della formazione degli EAU. I giorni festivi sono il venerdì ed il sabato, mentre la domenica è considerata giorno lavorativo. Nonostante l'abbigliamento sia influenzato dalla cultura araba, negli ultimi anni si sta diffondendo una certa libertà di costume, anche se lo stile occidentale viene tollerato solo in alcuni luoghi, come ad esempio i locali pubblici. Per quanto riguarda invece l'alimentazione, come previsto dalle regole religiose, ai musulmani non è permesso consumare carne di maiale, la quale si può tuttavia trovare negli hotel internazionali. Stesso discorso vale per l'uso di alcolici, che sono serviti solo nei bar, hotel e ristoranti (ad eccezione dell'Emirato di Sharjah). Zone franche Attualmente esistono più di 30 zone franche. Alcune sono generaliste e consentono lo svolgimento di qualsiasi attività economica o commerciale, altre sono specialistiche. Le più importanti zone franche sono quelle di Jebel Alì e Dubai Internet City (DIC). La prima, istituita nel 1985 dall’Emirato di Dubai, attualmente ospita circa 6.000 società, provenienti da più di 100 Paesi, e si è affermata come il principale snodo commerciale della regione. La maggior parte degli investimenti si concentra nell'ingegneria leggera e nelle attività di assemblaggio, mentre un gran numero di multinazionali utilizza le zone franche come centro di distribuzione. La zona DIC, avviata nell’ottobre 2000, si sta invece affermando come centro regionale per l’e-commerce. Entrambe offrono incentivi alle imprese che investono in queste zone, il più interessante dei quali è la possibilità per gli investitori stranieri di possedere il 100% di una società locale (mentre nel resto degli EAU è applicato un limite alla partecipazione del 49%). Altre zone franche sono presenti anche negli emirati di Ajman, Fujairah e Sharijah. La principale zona franca della Federazione dovrebbe diventare nel prossimo futuro quella di Saadiyat, nell’Emirato di Abu Dhabi, ancora allo stadio progettuale. Le procedure per insediarsi nelle Free Zone degli Emirati Arabi Uniti sono relativamente semplici e veloci. Per quanto riguarda le questioni legali e commerciali, le società in possesso di una licenza per operare nella zona franca sono autorizzate ad operare all’interno della zona franca e al di fuori degli Emirati. Per stabilire un’impresa in una Free Zone è necessario richiedere una licenza.

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Tendenzialmente le licenze sono di 4 tipi: commerciale; industriale; servizi; industria nazionale.

Per favorire l’insediamento di attività straniere nelle Free Zone vengono concessi vari incentivi, fra cui: - 100% della proprietà dell’attività in capo all’investitore straniero; - nessuna tassa sul reddito personale o sulle plusvalenze; - nessuna tassa sulle operazioni societarie per un determinato periodo; - esenzione dai dazi d’importazione e di esportazione; - possibilità di trasferire, completamente e senza alcuna formalità, profitti e utili all’estero; - fornitura energetica abbondante e a basso costo; - libertà completa nell’assunzione del personale che può essere anche interamente straniero; - sistema bancario flessibile.

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Sistema giuridico e giudiziario degli Emirati Arabi Uniti (In collaborazione con lo Studio Legale Rödl & Partner)

Quadro giuridico interno Il sistema giuridico degli Emirati Arabi Uniti è un misto di civil law e di diritto islamico. Questo perché, nonostante la legislazione locale derivi, in via generale, da quella egiziana (e, dunque, da una tradizione di diritto civile ove il precedente giudiziario non è vincolante per i giudici che devono decidere casi analoghi), molte questioni sono ancora disciplinate dalla Legge Coranica (Sharia). La costituzione degli EAU prevede, infatti, che l’Islam sia la religione di stato e indica la Sharia quale fonte principale del diritto; nessuna legge degli EAU può contraddire i principi di tale legislazione coranica. Va segnalato, tuttavia, che, nella prassi, l’applicazione della Sharia è limitata a questioni di carattere personale e familiare dei cittadini degli EAU oltre a questioni in merito alle quali non esiste una legge o una norma federale o dell’Emirato in questione (gli EAU sono una federazione costituita da sette Emirati). Le attività economiche sono disciplinate sia da leggi federali sia da leggi emanate nei singoli Emirati. Nonostante i progressi finora fatti nel tentativo di uniformare il corpus normativo da applicare all’intero Paese, ad oggi il processo non può dirsi ancora concluso e permangono diversità legislative tra un Emirato e l’altro. Il sistema giudiziario è strutturato in una rete di corti federali civili, accanto alle quali operano le corti islamiche, presenti in tutti gli Emirati, che giudicano seguendo le regole dettate dalla Sharia. Sia per le decisioni delle corti federali che per le decisioni delle corti islamiche è previsto il doppio grado di giudizio: in entrambi i casi le pronunce di primo grado possono essere appellate di fronte ad una corte di livello superiore. La Corte Suprema Federale è la corte di ultima istanza ed è composta da cinque giudici nominati dal Consiglio Supremo Federale. Le corti islamiche hanno competenza nell’ambito del diritto delle persone e della famiglia, del diritto penale e, in casi specifici e limitati, giudicano su questioni di diritto civile. L’indipendenza del potere giudiziario è garantita dalla Costituzione. Quadro giuridico internazionale Gli EAU sono membri, tra le altre, del Consiglio della Cooperazione del Golfo (CCG), della Lega Araba, dell’Organizzazione della Conferenza Islamica (OCI), delle Nazioni Unite (ONU), dell’Organizzazione mondiale del Commercio (WTO) e dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC). Di seguito si elencano gli accordi bilaterali stipulati con l’Italia attualmente in vigore:

convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, firmato ad Abu Dhabi il 22 gennaio 1955 (Legge di ratifica n. 309/1997);

accordo sulla promozione e protezione degli investimenti, con Protocollo aggiuntivo, firmato ad Abu Dhabi il 22 gennaio 1995 (Legge di ratifica n. 32/1997);

accordo diretto a stabilire servizi aerei fra i rispettivi territori, e al di là di essi, firmato ad Abu Dhabi il 3 aprile 1991 (Legge di ratifica n. 202/1997);

memorandum sulle Consultazioni Rafforzate, firmato nel gennaio 2007; accordo istitutivo di un Gruppo di Collaborazione interparlamentare, firmato nel gennaio 2009; accordo di cooperazione militare, ratificato nel 2003; scambio di note in materia economica, finanziaria e culturale (sottoscritto nel luglio 1974 a Roma, in

vigore dal 24 luglio 1974); accordo nel settore della cooperazione economica, industriale, tecnologica e finanziaria, firmato a

Roma il 24 dicembre 1984. Accordo tra Italia ed Emirati Arabi Uniti sulla promozione e protezione degli investimenti L’Italia e gli EAU hanno firmato ad Abu Dhabi nel gennaio 1995 una Convenzione bilaterale sulla promozione e la protezione degli investimenti. La Convenzione è stata ratificata in Italia con la legge n. 32/1997 ed è entrata in vigore il 29 aprile 1997. In termini generali, l’Accordo impegna i Governi ad adoperarsi attivamente per creare un ambiente favorevole agli scambi e agli investimenti, garantendo una serie di standards di trattamento a favore dei rispettivi investitori e conferendo agli stessi il potere di agire direttamente contro lo Stato ospitante che violi tali standards, attraverso la costituzione di un tribunale arbitrale ad hoc. L’accordo contempla il principio del riconoscimento del trattamento della nazione più favorita. In base a detto principio, gli Stati contraenti si impegnano ad accordare agli investimenti e ai relativi proventi dell’altra parte

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contraente un trattamento non meno favorevole rispetto a quello previsto in accordi conclusi con altri Paesi terzi. Il trattamento della nazione più favorita trova applicazione anche in relazione alla gestione, al mantenimento, all’uso, al godimento e all’acquisizione o cessione di investimenti, o di qualsiasi altra attività connessa. Inoltre la Convenzione:

garantisce gli operatori economici dei due Paesi contro eventuali provvedimenti arbitrari, irragionevoli o discriminatori da parte dello Stato ospitante, sancendo il principio del trattamento giusto ed equo;

riconosce il diritto al risarcimento in caso di danni e/o perdite conseguenti a disordini (c.d. full protection and security);

stabilisce alcune garanzie essenziali che lo Stato ospitante dovrà riconoscere all’investitore straniero in caso di espropriazione e/o nazionalizzazione, incluso il dovere di pagare un indennizzo immediato, pieno ed effettivo;

stabilisce il principio di libertà di rimpatrio di capitali e redditi; individua metodi arbitrali di risoluzione delle controversie tra investitore straniero e Stato ospitante.

Riconoscimento dei provvedimenti giurisdizionali ed arbitrali stranieri L’assenza di convenzioni bilaterali o multilaterali per il riconoscimento dei provvedimenti giurisdizionali stranieri negli EAU ostacola notevolmente il riconoscimento e l’esecuzione nel Paese di un provvedimento emesso da autorità giudicanti ordinarie straniere. Alla luce di ciò, è bene prevedere nel testo dei contratti che disciplinano rapporti commerciali con soggetti di nazionalità emiratina un’apposita clausola compromissoria che sottoponga eventuali controversie a camere arbitrali locali (ad es. Dubai International Arbitration Centre - DIAC, Abu Dhabi Commercial Conciliation & Arbitration Centre) o anche internazionali (ad es. International Chamber of Commerce), i cui lodi potranno essere eseguiti in loco. Nel 2006, infatti, gli EAU hanno sottoscritto la Convenzione di New York del 10 giugno 1958 sul riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere. Si badi, tuttavia, che alcune norme inderogabili rimettono specifiche materie alla competenza esclusiva delle corti emiratine. Si pensi, ad esempio, ai rapporti di agenzia o distribuzione disciplinati dalla Commercial Agency Law, che prevede la necessaria sottoposizione ad un comitato ad hoc delle eventuali controversie derivanti da un contratto registrato (v. di seguito i commenti sulla registrazione negli EAU dei contratti di agenzia e distribuzione). Oppure, si tenga in considerazione la difficile eseguibilità di lodi arbitrali emessi in forte contrasto con la Sharia o con i principi fondamentali dell’ordinamento emiratino. Investimenti diretti negli Emirati arabi uniti: tipologie La normativa degli EAU sugli investimenti diretti esteri pone alcune limitazioni alle possibilità di investimento da parte di soggetti stranieri13. In particolare, è esclusa la possibilità di costituire nel mainland14 società interamente partecipate da soggetti stranieri, risultando necessaria la partecipazione maggioritaria (almeno al 51%) di un local partner15 (per l’apertura di uffici di rappresentanza e succursali nel mainland è, invece, obbligatoria l’individuazione del c.d. national agent). Dette limitazioni hanno origine e trovano giustificazione nel background storico/economico degli EAU. Difatti, a seguito della scoperta del petrolio si è reso necessario contemperare il bisogno di acquisire know-how straniero (stante l’inesperienza nel settore) con l’esigenza di mantenere il controllo sulle attività economiche locali. Inoltre, la necessaria partecipazione di un soggetto locale (ad es. local partner o national agent) garantisce a quest’ultimo un introito economico e favorisce il consenso politico interno. Ferme restando le delineate limitazioni, un’azienda italiana che intenda istituire una presenza stabile nel territorio degli EAU ai fini della penetrazione commerciale, potrà considerare le seguenti opzioni: a) registrare un ufficio di rappresentanza o succursale dell’azienda italiana; b) costituire una società di capitali nelle forme consentite dalla normativa locale.

13 Lo svolgimento di alcune attività economiche (es. agenzia commerciale, intermediazione immobiliare) è riservato esclusivamente a

persone fisiche emiratine o a società interamente detenute da persone fisiche emiratine, con esclusione quindi della possibilità di interventi stranieri. La sussistenza / cessazione di tali limitazioni imposte dalla normativa emiratina deve, in ogni caso, essere verificata con le autorità competenti al momento dell’investimento

14 Con “mainland” si intende il territorio degli EAU ad esclusione delle Free Trade Zones, per le quali operano alcune eccezioni rispetto alla normativa ordinaria emiratina

15 Limitazione prevista nella Commercial Companies Law, Federal Law n. 8/1984

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Ufficio di rappresentanza e succursale Un’azienda italiana che non volesse costituire una società può considerare l’opzione di registrare un ufficio di rappresentanza o una succursale nel territorio degli EAU. L’ufficio di rappresentanza e la succursale non hanno personalità giuridica distinta rispetto alla casa madre italiana. Esse sono, infatti, mere emanazioni della società straniera, che ne controlla completamente le politiche di business e che risponde per le obbligazioni assunte dalle stesse (non c’è limitazione di responsabilità). La sostanziale dipendenza decisionale ed economica rispetto alla casa madre comporta, da un lato, un maggiore impegno economico e logistico da parte dell’impresa non residente e, dall’altro lato, un maggior controllo sul territorio e la possibilità di realizzare attività di supporto commerciale e logistico, con monitoraggio costante dei partners commerciali locali (ad es. agenti o distributori). Numerose società straniere hanno già registrato un ufficio di rappresentanza a Dubai o in altre zone degli EAU, da dove gestiscono il marketing dei prodotti e dei servizi destinati al Middle East e Far East, coprendo un’area che supera ampiamente la regione del Golfo. La disciplina relativa alla registrazione di un ufficio di rappresentanza o di una succursale di società straniere nel mainland16 è contenuta nella Commercial Companies Law, Federal Law n. 8/1984. La Commercial Companies Law prevede la possibilità per le società non residenti di costituire “branches” o “rappresentative offices”, senza però fornire una definizione di tali termini. Anche i corrispondenti vocaboli arabi “maktab” (ufficio) o “maktab tamthil” (ufficio di rappresentanza) e “far” (succursale) sono sprovvisti di definizione normativa. La legge considera le due tipologie di struttura alla medesima stregua. Nella prassi, però, le due entità sono tra loro ben distinte, soprattutto per le licenze che devono essere ottenute al fine di operare negli EAU. Inoltre, un ufficio di rappresentanza può svolgere solo attività di rappresentanza e nessuna attività commerciale, mentre la branch può svolgere tutte le attività previste nella sua licenza, a condizione che dette attività siano svolte anche dalla casa madre, con l’esclusione delle attività di trading17. L’apertura di un ufficio di rappresentanza o di una succursale nel mainland necessita dell’approvazione del Ministero dell’Economia e del Commercio degli EAU e della registrazione nel Registro Commerciale delle Società Straniere tenuto presso il medesimo Ministero. La richiesta di registrazione deve essere supportata da diversi documenti e dichiarazioni, che devono rispettare rigidi requisiti formali (tra i quali, l’autentica notarile legalizzata, la traduzione asseverata verso la lingua araba, la legalizzazione dell’Ambasciata emiratina del Paese d’origine e, infine, la vidimazione del Ministero degli affari Esteri negli EAU). Ai fini della registrazione di un ufficio di rappresentanza o di una branch nel mainland la legge richiede la nomina di un national agent (che non coincide né con la figura dell’agente commerciale di cui ai successivi paragrafi, né con la figura del local partner richiesto per la costituzione di una società). Tale soggetto è inderogabilmente richiesto dalla legge per fini amministrativi (ad es. registrazione, rinnovo licenza, rilascio visti, ecc.), ma, qualora goda di buona reputazione negli EAU, la sua presenza attribuisce un notevole vantaggio, in quanto può agevolare considerevolmente i contatti commerciali. Il national agent non può in alcun modo rappresentare o impegnare l’ufficio di rappresentanza o la succursale, né ha diritto di intervenire nella gestione, se non diversamente pattuito. A fronte della propria attività, il national agent ha diritto ad un compenso annuale. Come si è già avuto modo di sottolineare, gli uffici di rappresentanza e le succursali non sono entità giuridiche autonome rispetto alla casa madre, pertanto, è obbligatorio includere nella denominazione commerciale un riferimento a quest’ultima. In genere, si utilizzano denominazioni come “… Middle East Office”, “… UAE Branch”, o “… Dubai Branch”. Ottenuta la registrazione, sarà necessario richiedere al Dipartimento Economico dell’Emirato interessato il rilascio della licenza, la quale delinea esattamente le attività che la neo costituita entità può svolgere. Infine, sarà necessario registrare l’ufficio di rappresentanza o la succursale presso la Camera di Commercio e Industria locale. Si segnala che nelle Free Zones è possibile registrare unicamente le branch, senza necessità di nominare un national agent.

16 Per la registrazione di una succursale in una delle Free Zones presenti nel territorio degli EAU, occorre prendere come riferimento

la normativa particolare della Free Zone prescelta. Si segnala che le normative delle Free Zone non consentono la registrazione di un ufficio di rappresentanza

17 L’art. 23 (1) della Commercial Transaction Law dispone, infatti, che “no person other than a UAE citizen may practice trade in the State, unless he has one or more U.A.E. partners according to the conditions and within the limits stipulated by the Commercial Companies Law”

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Limited Liability Company (LLC) Per le aziende italiane che preferiscono costituire una società, la forma maggiormente consigliabile, attesa la flessibilità di gestione, è la società a responsabilità limitata (cosiddetta Limited Liability Company – LLC). Al riguardo, si presentano due opzioni:

costituire una società nel mainland; costituire una società in una delle Free Zones degli EAU.

La differenza sostanziale tra le due opzioni risiede nell’obbligatoria presenza del local partner al 51% nel caso di costituzione della LLC nel mainland e nell’assenza di tale vincolo nel caso di costituzione di una LLC in una Free Zone. Nonostante la preferenza che le aziende straniere accordano alla costituzione di una società in Free Zone, che non impone la presenza di un socio locale, tale opzione può non rappresentare la soluzione migliore per le società che svolgono, ad esempio, attività di trading rivolte principalmente verso i mercati del mainland. Difatti, al fine dell’importazione dei prodotti stranieri nel mainland, una società costituita in una Free Zone degli EAU viene considerata alla stregua di un soggetto straniero, con la conseguente necessità di avvalersi di altri intermediari emiratini del mainland per l’espletamento delle attività di importazione. Di contro, il posizionamento in Free Zone può rappresentare un’ottima soluzione per lo svolgimento di attività di consulenza. Da questi esempi appare evidente come la scelta verso una o l’altra opzione debba essere assunta in considerazione della tipologia di business che l’azienda straniera intende svolgere negli EAU. Occorre valutare che l’effettiva ingerenza di un socio locale nella gestione di una società di capitali nel mainland, nonché la sua partecipazione agli utili, possono essere mitigate tramite la stipula di patti parasociali (shareholder agreements) e tramite l’inserimento negli statuti di apposite previsioni a tutela del socio straniero. Tuttavia, il partner locale non potrà essere privato completamente dei diritti che gli spettano come socio. Difatti, la legge Control of Commercial Harbouring (Anti Fronting) degli EAU18 sanziona con la nullità e con pene (non solo) pecuniarie i comportamenti elusivi volti a escludere i diritti del local partner. Sono a rischio di nullità, quindi, le clausole ed i contratti con i quali il socio locale conferisce al socio straniero la procura irrevocabile di votare in assemblea dei soci, così come le clausole e gli accordi che escludono completamente il socio locale dalla partecipazione agli utili19. Costituzione della LLC nel mainland La costituzione di una società a responsabilità limitata nel mainland è regolata a livello federale dalla Commercial Companies Law. I soci possono essere persone fisiche o giuridiche, nel numero minimo di due e massimo di cinquanta. Non è, quindi, permessa dalla normativa locale la costituzione di una LLC unipersonale. La legge richiede una definizione precisa dello scopo sociale, indicazione che rileva ai fini del rilascio delle licenze. Si segnala al riguardo che una LLC non potrà esercitare attività bancaria, assicurativa e di investimento. Il requisito del capitale sociale minimo è stato abolito. Va segnalato, però, che, nella prassi, nel caso in cui il socio straniero sia una persona fisica, le autorità richiedono comunque il versamento dell’ammontare minimo di capitale sociale previsto dalla abrogata normativa20 per il rilascio dell’investor’s visa. Una volta costituita la società, i soci devono sottoscrivere lo statuto e registrare la LLC presso le autorità competenti. Così come per gli uffici di rappresentanza e le branch, la richiesta di registrazione della LLC deve essere supportata da diversi documenti e dichiarazioni munite di autentica notarile legalizzata e di traduzione giurata in lingua araba. Tali documenti dovranno, inoltre, essere vidimati dall’Ambasciata emiratina nel Paese d’origine e dal Ministero degli Affari Esteri negli EAU. Non vi sono limitazioni in merito alla nazionalità degli amministratori della LLC, per cui è possibile nominare anche soggetti (persone fisiche) italiani. Costituzione di società in Free Zone Sin dalla loro istituzione come Stato federale nel 1971, gli EAU hanno attuato una serie di misure volte ad aprire l’economia agli investitori esteri e ai flussi del commercio internazionale, creando tra l’altro una serie di zone franche. Una zona franca è un’enclave nel territorio degli EAU, all'interno della quale lo Stato garantisce particolari agevolazioni economiche, fiscali e doganali al fine di promuovere il commercio e le attività di esportazione. 18 Federal Law n. 17/2004 19 Nell’Emirato di Abu Dhabi la quota di partecipazione agli utili del socio locale può essere ridotta – per prassi locale – fino al 10%, e

nell’Emirato di Dubai fino al 20% 20 300.000,00 AED in Dubai, 150.000,00 AED in Abu Dhabi

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Le zone franche offrono i seguenti vantaggi: possibilità di costituire LLC, anche unipersonali, a capitale interamente straniero; possibilità di costituire branch senza necessità di nominare un national agent; garanzia di totale esenzione da imposte sulla società per un determinato periodo temporale21; esenzione dai dazi doganali; libertà di rimpatrio del capitale investito e del profitto ottenuto dall’esercizio dell’attività commerciale o

economica; procedure burocratiche semplici, rapide e leggi / regolamenti trasparenti al fine di favorire un’attività

economica / commerciale dinamica ed elastica. Ogni zona franca è amministrata da un’autorità (la Free Zone Authority) competente per il rilascio delle licenze e delle autorizzazioni. Le tipologie societarie previste in tutte le Free Zone sono: le Free Zone Establishment (“FZE”) e le Free Zone Company (“FZCo”). Nelle Free Zone di Jebel Ali e di Ras Al Khaimah è, inoltre, possibile costituire società c.d. offshore. La FZE è, sostanzialmente, una società a responsabilità limitata unipersonale. La FZCo è, sostanzialmente, una società a responsabilità limitata con un numero minimo di due soci ed un numero massimo di cinque soci. Diversamente dalla normativa federale, nei regolamenti delle Free Zones si riscontra ancora il requisito di capitalizzazione minima nel caso di costituzione di FZE e FZCo. Si segnala che le FZE e le FZCo, nei rapporti con gli EAU o con gli altri Paesi GCC, sono equiparate ad un soggetto straniero e non godono, quindi, dei privilegi riconosciuti ai cittadini degli EAU. In genere, la maggior parte delle zone franche rilasciano i seguenti tipi di licenze:

licenza commerciale; licenza industriale; licenza di servizi; licenza industriale nazionale.

Le licenze sono rinnovabili annualmente e, solitamente, sono concesse unitamente ad un contratto d’affitto avente per oggetto un capannone, un terreno, un ufficio, ecc.. Se l’attività svolta coinvolge vari tipi di operazioni commerciali, sarà necessario richiedere tutte le diverse licenze che riguardano l’attività in questione. Gli uffici amministrativi delle zone franche offrono una gamma completa di servizi alle aziende, coprendo tutte le possibili necessità che si possono manifestare nella vita quotidiana dell’impresa e del personale straniero che vi è impiegato (ivi inclusi alloggi, visti, patente auto, ecc.). Le autorità delle zone franche effettuano una certa selezione fra le aziende che aspirano a domiciliarvisi, preferendo quelle che utilizzano le infrastrutture portuali (e, quindi, pagano le relative tariffe per i servizi) e che abbiano un profilo industriale avanzato in termini di tecnologia e di valore aggiunto (affinché possano trasmettere al mercato interno capacità tecniche e professionali). Ogni zona franca ha la propria normativa interna che disciplina le modalità ed i requisiti necessari per poter ivi operare. Di seguito si segnalano le principali zone di libero scambio, suddivise per Emirati. Abu Dhabi

Abu Dhabi Airport Free Zone (ADAFZ); Higher Corporation for Specialized Economic Zone (HCSEZ); Industrial City of Abu Dhabi (ICAD 1 and 2); Khalifa Port and Industrial Zone (KPIZ); twofour54 (Two Four Fifty Four / 54) media and production free zone.

Dubai Dubai Airport Free Zone (DAFZ); Dubai Car and Automotive City Free Zone (DUCAMZ); Dubai Flower Center Free Zone – presso Dubai International Airport; Dubai Gold and Diamond Pak; Dubai Health and Care (DHCC); Dubai Industrial City (DIC); Dubai International Financial Centre (DIFC); Dubai International City (DIC); Dubai Knowledge Village (KV - DKV);

21 Il periodo in questione varia da Free Zone a Free Zone

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Dubai Media City; Dubai Multi Commodities Centre (DMCC); Dubai Gold and Commodities Exchange (DGCX) – parte di DMCC; Dubai Silicon Oasis; Dubai Technology and Media Free Zone (TECOM) – comprende DIC, DMC, DKV; Economic Zones World (EZW) – comprende Techno Park, Dubai Auto Zone, Jafta International, JAFZ; Jebel Ali Free Zone (JAFZ); Jumeriah Lakes Towers Free Zone (JLT) - parte di DMCC.

Ajman Ajman Free Zone (AFZ); Fujairah; Fujairah Free Zone (FFZ); Fujairah Creative City (FCC).

Ras Al Khaimah RAK Free Trade Zone (RAKFTZ or RAK FTZ); RAK Investment Authority Free Zone (RAKIA FZ); Ras Al Khaimah Media Free Zone (RAKMFZ) – RAK Media City.

Sharjah Hamriyah Free Zone (HFZ); Sharjah Airport International Free Zone (SAIF).

Umm Al Quwain Ahmed Bin Rashid Free Zone (ABRFZ).

Investimenti indiretti negli E.A.U. Un’azienda italiana che intende avviare la commercializzazione dei propri prodotti nel mercato degli EAU, ma non ha ancora una propria organizzazione di vendita in loco, può considerare di vendere i propri prodotti:

1. direttamente al cliente emiratino, tramite un normale contratto di compravendita o di fornitura; 2. attraverso le figure di intermediari maggiormente invalse nella prassi internazionale (agenti,

distributori, franchisee). La compravendita rappresenta certamente la forma contrattuale più semplice “di export” dei prodotti negli EAU. Tuttavia, in considerazione del fatto che i prodotti stranieri possono essere importati negli EAU solo da soggetti muniti di apposite licenze, l’azienda italiana dovrà assicurarsi che l’acquirente emiratino disponga delle menzionate licenze. In considerazione di questa limitazione all’importazione dei prodotti negli EAU, può risultare opportuno per l’azienda italiana nominare un agente o distributore o franchisee per il territorio, i quali poi provvederanno anche agli incombenti doganali. Ciò soprattutto nel caso in cui la clientela selezionata sia costituita da utilizzatori che (verosimilmente) non dispongono delle necessarie licenze o, comunque, che difficilmente accetterebbero di provvedere all’espletamento delle formalità doganali all’importazione (come nel caso del settore “luxury”). Compravendita La compravendita internazionale negli Emirati Arabi Uniti viene disciplinata principalmente nel Codice Civile degli EAU (Federal Law n. 5/1985). La compravendita tra operatori commerciali (“business to business”) è poi ulteriormente disciplinata dalla Commercial Transaction Law (Federal Law n. 18/1993 – di seguito “CTL”). Le vendite business to consumers sono, invece, regolate da una legge specifica sulla tutela dei consumatori (Federal Law n. 4/1979). Gli Emirati Arabi Uniti non hanno ratificato la Convenzione di Vienna del 1980 sulla compravendita internazionale di beni mobili. Essa, pertanto, troverà applicazione nel caso di compravendita tra un’azienda italiana ed un’azienda emiratina solo se la legge applicabile al contratto sia quella italiana (non sussistono limitazioni alla scelta della legge applicabile al contratto di compravendita) e le parti non abbiano escluso l’applicabilità della Convenzione22. Il Codice Civile emiratino definisce la compravendita come “the exchange of non-money property for money” (ovvero: lo scambio di beni diversi dal denaro con denaro). Gli elementi essenziali di un contratto di compravendita sono l’oggetto ed il prezzo. 22 Il sistema della Convenzione di Vienna prevede, infatti, che la stessa sia applicabile anche nel caso in cui il contratto di

compravendita sia sottoposto alla legge di un Paese che la ha sottoscritta, quale, appunto l’Italia, a meno che le parti non ne abbiano esplicitamente escluso l’applicabilità

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Analogamente all’Italia, in base al diritto civile emiratino la compravendita di un bene si perfeziona con la reciproca manifestazione del consenso tra le parti. Da tale momento scaturiscono gli effetti tipici del contratto: il trasferimento della proprietà e, a carico dell’acquirente, l’obbligazione al pagamento del prezzo. Le manifestazioni di volontà possono essere espresse verbalmente, per iscritto o per comportamenti concludenti. Quale eccezione al principio consensualistico, nel caso di vendita a rate, le parti possono concordare la riserva di proprietà (disciplinata sia nel Codice Civile sia nella CTL). La CTL prevede che, nella vendita a rate con riserva di proprietà, il compratore acquisisca a titolo derivativo la proprietà del bene solo con il pagamento dell’ultima rata, ma assuma i rischi di perimento dal momento della consegna. La normativa in questione prevede altresì che, prima di aver saldato l’ultima rata, l’acquirente non possa in alcun modo disporre del bene, salvo che il venditore lo autorizzi a ciò per iscritto. Ai fini dell’opponibilità ai terzi della riserva di proprietà, la CTL richiede che il contratto di vendita contenente la riserva di proprietà sia stipulato in forma scritta ed abbia data certa anteriore al momento in cui è sorto il diritto di un terzo sulla cosa oggetto di riserva di proprietà. Per quanto concerne, invece, l’opponibilità della riserva di proprietà ai terzi creditori nel caso di fallimento, ai sensi della normativa in questione è necessario che il contratto di vendita abbia data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento. La disciplina dettata dagli EAU in merito alla compravendita business to business (B2B) è molto simile a quella italiana. La principale differenza risiede nella regolamentazione del diritto di garanzia e dei relativi termini di decadenza e prescrizione. Difatti, se i beni consegnati differiscono da quelli ordinati per natura, quantità oppure presentano vizi o difetti, l’acquirente deve contestare tali circostanze entro 15 giorni dalla consegna o, qualora trattasi di vizi occulti, immediatamente alla scoperta. Il diritto dell’acquirente alla garanzia si prescrive in 60 giorni dalla consegna o in 6 mesi dalla consegna, a seconda che il vizio sia palese od occulto. Tale garanzia per vizi o difetti è, comunque, derogabile e può essere diversamente disciplinata tra le parti. Infine, si segnala che i termini Incoterms® sono conosciuti e pienamente accettati nell’ambito commerciale. Agenzia, distribuzione e franchising Fonti normative Il rapporto di agenzia è disciplinato principalmente dalla normativa federale degli EAU, la Commercial Agency Law n. 18/1981 (di seguito “CAL”), come successivamente modificata nel 1998, nel 2006 ed infine nel 2010, che trova applicazione sia al rapporto di agenzia, sia ai rapporti di distribuzione e di franchising. Essa, infatti, fa riferimento ad un concetto ampio di agenzia commerciale, in grado di ricomprendere tutte le tipologie di rapporto indicate 23. Tale normativa appare particolarmente sfavorevole per gli operatori stranieri, in quanto permette di esercitare attività di agenzia commerciale in senso lato (ivi compresi, come detto, distributori e franchisee) esclusivamente a persone fisiche con cittadinanza emiratina o a società a partecipazione integralmente emiratina. Inoltre, la CAL prevede una disciplina sostanzialmente favorevole per l’agente, il distributore e il franchisee, attribuendo a quest’ultimo molteplici tutele. Alcune previsioni in tema di contratto di agenzia sono contenute anche nella CTL e nel Codice Civile emiratino, che trovano applicazione in via residuale, in special modo nel caso di contratti di agenzia non registrati e/o non sottoposti alla CAL. Esercizio di attività di agenzia commerciale Come si è avuto modo di osservare, negli EAU – ai sensi della CAL - l’attività di agenzia commerciale può essere esercitata solo da un cittadino emiratino o da un’impresa partecipata interamente da cittadini degli EAU. Molteplici possono essere però le soluzioni per ovviare a tale ostacolo, tra cui la possibilità di instaurare un rapporto di agenzia non disciplinato dalla CAL, senza registrazione del relativo contratto. Inoltre, il controllo sulla gestione dell’attività di promozione commerciale negli EAU può essere effettuato, ad esempio, attraverso un ufficio di rappresentanza o succursale dell’investitore, che agisca in qualità di importatore o di trading company (previo ottenimento della necessaria licenza per la commercializzazione degli specifici prodotti in questione). Normativa ed adempimenti imposti all’agente commerciale La registrazione del contratto di agenzia commerciale presso il Ministero dell’Economia e del Commercio emiratino è un elemento essenziale ai fini della validità del contratto ai sensi della CAL e, quindi, viene richiesta dagli agenti/distributori/franchisee al fine di garantirsi una posizione di tutela nei confronti del preponente straniero.

23 L’art. 1 della CAL recita: “the Trade Agency: means representation of the principal by an agent for the purpose of distribution,

selling, display or rendering of a commodity or service in the State, against a commission or profit”

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Il contratto deve rispettare alcuni requisiti formali e contenutistici ai fini della registrazione. In primo luogo, il contratto deve essere stipulato per iscritto, con sottoscrizioni autenticate da un notaio e tradotto in lingua araba. Inoltre, la CAL indica il contenuto minimo del contratto sul quale, all’atto della registrazione, vengono effettuati controlli da parte delle autorità. Così, il contratto di agenzia commerciale deve contenere:

informazioni relative all’azienda preponente; informazioni relative all’agente/distributore/franchisee; informazioni relative alla tipologia di rapporto che si intende instaurare; caratteristiche del produttore straniero e indicazione circa l’esistenza di eventuali branch del

preponente nel territorio degli EAU; lista dei prodotti da promuovere e/o commercializzare nel territorio; indicazioni relative al marchio o alla denominazione dei prodotti; durata del rapporto; territorio in cui deve avvenire la promozione commerciale; eventuali restrizioni del diritto di esclusiva (nei limiti evidenziati infra).

La procedura di registrazione presso il Ministero dell’Economia e del Commercio Prima dell’inizio dell’attività è necessario, come anticipato, che l’agente provveda a richiedere la registrazione del contratto in un apposito registro presso il Ministero dell’Economia e del Commercio. Non è ammessa una registrazione per categorie di prodotto (ad es. tessile, alimentari), bensì è necessaria l’indicazione specifica del prodotto e del preponente (ad es., “componenti meccaniche della società X”). Il Registro degli Agenti Commerciali tenuto presso il Ministero dell’Economia e del Commercio, autorità competente per il rilascio della licenza ai sensi della CAL, contiene tutti i dati degli agenti autorizzati ad operare negli EAU, siano essi persone fisiche o giuridiche. Il ministero dell’Economia e del Commercio, qualora accolga la richiesta di registrazione, emette un certificato di iscrizione dell’agente, richiedendo la pubblicazione dei dati sulla Gazzetta Ufficiale degli EAU. Di ciò verranno informate le Municipalità, le Dogane e la Federazione delle Camere di Commercio. Modifiche e cessazione dell’attività L’agente commerciale, il legale rappresentante (in caso di società) o i suoi successori (in caso di decesso), dovranno informare il Ministero dell’Economia e del Commercio di qualsiasi modifica concernente il rapporto di agenzia, entro 60 giorni dall’avverarsi di tali cambiamenti. Essi saranno pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale e il Ministero informerà di ciò le competenti Autorità, entro i successivi 30 giorni. In caso di cessazione, per qualsiasi motivo, del rapporto contrattuale, l’agente commerciale sarà tenuto entro 60 giorni a richiedere al Ministero la cancellazione dal Registro. Il preponente non ha la possibilità di intervenire nella procedura di cancellazione. Durata e cessazione del contratto di Agenzia Commerciale La CAL prevede la possibilità di stipulare contratti di agenzia commerciale sia a tempo determinato sia a tempo indeterminato. In entrambi i casi, gli effetti di un eventuale recesso, risoluzione o mancato rinnovo non sono immediati ma conseguono alla cancellazione del contratto dal Registro degli Agenti Commerciali. Sino a tale momento, il preponente non avrà diritto di nominare un altro intermediario e, nel caso di nomina e di importazione “parallela” rispetto al precedente agente, quest’ultimo potrà ottenere un provvedimento ministeriale al fine di bloccare i beni del preponente in Dogana. In caso di risoluzione del contratto da parte del preponente e di disaccordo dell’agente commerciale (con conseguente rifiuto di richiedere la cancellazione della registrazione), il primo dovrà dimostrare all’autorità competente che tale risoluzione è giustificata, ossia che essa è dovuta a fatto o colpa dell’agente emiratino. Anche nel caso di scioglimento del contratto per il mancato rinnovo alla scadenza del termine, la de-registrazione non potrà essere ottenuta dal preponente senza la collaborazione dell’agente. Alla luce di quanto sopra esposto, è necessario inserire nel testo contrattuale una clausola risolutiva espressa che specifichi nel dettaglio gli eventi che sono dalle parti qualificati come “giusta causa” di recesso. Risoluzione delle controversie Ai sensi dell’art. 27 della CAL, le controversie relative ai contratti di agenzia commerciale registrati sono inderogabilmente sottoposte, in prima istanza, ad un apposito comitato interno al Ministero dell’Economia e del Commercio, il Committee for the Settlement of Disputes of Commercial Agencies (di seguito, il “Comitato”). La giurisdizione ordinaria sarà, invece, competente per il secondo grado di giudizio.

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L’art. 3 della CAL prevede espressamente che un contratto di agenzia commerciale non registrato presso il Ministero sia nullo. Di conseguenza, il Comitato e le Corti ordinarie non ne potranno riconoscere la validità ai sensi della CAL e, quindi, nessuna pretesa potranno vantare le parti ai sensi della CAL medesima. Eventuali pretese derivanti da un contratto non registrato potranno essere fatte valere, qualora ne sussistano i presupposti, in forza delle disposizioni della CTL o del Codice Civile. La giurisprudenza emiratina, tuttavia, non ha ancora assunto un orientamento fermo circa l’accoglibilità delle pretese dell’agente commerciale non registrato basate sulle fonti da ultimo citate. Disciplina sostanziale del rapporto di agenzia commerciale: oggetto del rapporto L’agente commerciale, ai sensi della CAL, è definito come una persona fisica o giuridica che rappresenta gli interessi del produttore non residente, detto anche preponente, impegnandosi alla promozione e/o alla distribuzione dei prodotti all’interno del territorio degli EAU dietro pagamento di una provvigione o di un compenso. Nel caso di un franchisee o di un distributore, il compenso sarà rappresentato essenzialmente dalla differenza tra il prezzo di acquisto dal produttore e il prezzo di rivendita dei prodotti sul mercato locale. Protezione del territorio – accordo di esclusiva Ai sensi dell’art. 5 della CAL, l’agente commerciale registrato deve inderogabilmente godere del diritto di esclusiva nella commercializzazione dei prodotti nel territorio assegnatogli, che deve includere almeno un Emirato. Restrizioni contrattuali a tale norma sono ammissibili solo nel caso in cui i prodotti siano divisibili in più categorie: nell’ambito del medesimo territorio potranno, quindi, essere nominati più agenti per diverse linee di prodotti. L’agente commerciale può, a sua volta, nominare uno o più sub-agenti nella zona assegnata. Inoltre, un soggetto può essere registrato come agente commerciale unicamente se è in possesso della necessaria licenza per l’importazione delle merci previste contrattualmente. In ragione della protezione del territorio assegnato ex artt. 5 e 7 CAL, nessun soggetto diverso dall’agente commerciale potrà vendere/importare i prodotti del preponente nell’area indicata nel contratto registrato. In caso di violazione di tale prescrizione, ad esempio tramite una vendita diretta del preponente, l’agente commerciale avrà ugualmente diritto alla provvigione, anche nel caso in cui la compravendita sia avvenuta senza il suo contributo professionale. A propria tutela, l’agente commerciale potrà richiedere un provvedimento al Ministero dell’Economia e del Commercio volto a bloccare l’importazione delle merci. Una volta emanato il provvedimento, la merce verrà rilasciata solo a seguito dell’approvazione del Ministero o dell’agente commerciale o, comunque, nel caso in cui la controversia sorta tra le parti in sede giudiziale giunga ad un provvedimento definitivo. In ogni caso, la portata delle norme in materia di esclusiva di cui alla CAL appare notevolmente limitata alla luce del fatto che spesso i contratti di agenzia commerciale non vengono registrati. Patto di non concorrenza La CAL non vieta l’esistenza di agenti plurimandatari, dunque è opportuno prevedere all’interno del contratto di agenzia commerciale un’apposita clausola di esclusiva o, comunque, di non concorrenza. Tutela della proprietà industriale Dal 1993 è vigente una normativa che tutela i diritti di proprietà intellettuale negli EAU. Si consiglia, quindi, di registrare i marchi ed i brevetti relativi ai prodotti commercializzati prima di incaricare l’agente (ma ciò vale anche per il distributore e per il franchisee). In tal modo si può evitare che gli intermediari locali registrino o, in ogni caso, utilizzino in maniera illegittima tali diritti. Obbligazioni dell’agente commerciale Le obbligazioni dell’agente commerciale devono essere attentamente disciplinate nel contratto, ciò in quanto l’unico obbligo che la CAL pone a suo carico attiene alla necessità di approvvigionamento di parti sostitutive e/o di ricambio (se necessarie), al fine di garantire un adeguato servizio post-vendita alla clientela locale. Obbligazioni del preponente Le obbligazioni fondamentali a carico del preponente non residente sono espressamente indicate nella CAL. La principale, nel caso di nomina di un agente secondo la definizione anche italiana (e non, quindi, per distributori o franchisee) è quella di corrispondere la provvigione per qualsiasi compravendita conclusa nel territorio assegnato all’agente commerciale, indipendentemente dalla collaborazione di quest’ultimo nella conclusione dell’affare. Nel caso in cui la misura della provvigione non sia espressamente prevista nel contratto, si farà riferimento a quella applicata negli usi locali. La legge non vieta la subordinazione del diritto alla provvigione all’effettivo pagamento da parte dell’acquirente.

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Potere di rappresentanza Il potere di rappresentanza dell’agente commerciale costituisce un elemento naturale del contratto di agenzia, a meno che le parti non si accordino diversamente. È opportuno, pertanto, che in sede di redazione dell’accordo contrattuale le parti escludano, limitino o regolino espressamente il potere di rappresentanza. Inoltre, il superamento da parte dell’agente commerciale di eventuali limiti contrattualmente previsti al potere di rappresentanza, in assenza di ratifica da parte del preponente, potrà configurare una giusta causa di risoluzione del contratto. Cenni di diritto del lavoro Fonti normative La disciplina che concerne i rapporti di lavoro negli EAU è contenuta nella Federal Law n. 8/1980 e successive modifiche (tra le leggi di emendamento più rilevanti si ricordano la Federal Law n. 24/1981 e la Federal Law n. 12/1986). La Federal Law n. 8/1980 trova applicazione anche nei territori delle Free Zones che non abbiano emanato una disciplina autonoma in materia lavoristica. Le ulteriori fonti di riferimento sono il contratto individuale di lavoro e la contrattazione collettiva. La normativa emiratina in materia si applica sia al cittadino degli EAU sia al lavoratore straniero impiegato presso un datore di lavoro emiratino. In diversi settori, tuttavia, il Governo emiratino sostiene una politica di incentivazione dell’impiego di cittadini locali, diretta a limitare la possibilità di assumere stranieri. Ciò, particolarmente, nel settore dell’edilizia. In generale, il lavoratore straniero deve essere munito di un permesso di lavoro rilasciato dal Ministero del Lavoro degli EAU. Detto permesso è concesso solo a lavoratori stranieri con alto profilo professionale o dotati di particolari qualifiche accademiche la cui professionalità sia richiesta negli EAU, a condizione che non vi siano lavoratori emiratini in grado di svolgere la medesima mansione. Tipologia di contratti di lavoro In base alla normativa vigente, il contratto di lavoro dipendente può essere stipulato sia a tempo determinato sia a tempo indeterminato. Il contratto di lavoro a tempo determinato non può essere stipulato per una durata superiore a quattro anni. Tuttavia, esso può essere rinnovato, per mutuo accordo, una o più volte per un periodo analogo o inferiore al primo termine. Nel caso in cui il contratto sia rinnovato, il nuovo periodo di lavoro è considerato come un’estensione del periodo di lavoro previsto nell’originario contratto al fine del calcolo del periodo totale di lavoro prestato dal dipendente. Il contratto di lavoro si considera a tempo indeterminato se:

non è stipulato in forma scritta; è stipulato per un periodo illimitato di tempo; è stipulato a tempo determinato e la prestazione di lavoro continua successivamente alla scadenza

senza che vi sia un nuovo accordo scritto tra il lavoratore ed il datore di lavoro; è concluso per l’esecuzione di un lavoro specifico per il quale non è stato fissato un periodo di tempo

ed il rapporto di lavoro continua nonostante il completamento del lavoro. Negli ultimi due casi descritti, il rapporto di lavoro successivo allo scadere della durata originaria del contratto, o successivo al completamento del lavoro, si intende disciplinato dai medesimi termini e dalle medesime condizioni previste nel contratto originario. Svolgimento del rapporto di lavoro negli EAU In base all’art. 37 della Federal Law n. 8/1980, il contratto di lavoro può prevedere un periodo di prova iniziale, purché non superiore a sei mesi. Durante il periodo di prova, il datore di lavoro può risolvere il rapporto in qualsiasi momento, senza che sia dovuto al lavoratore alcun preavviso o alcuna remunerazione di fine rapporto. Superato tale periodo, il tempo di durata della prova è computato ai fini del calcolo complessivo della durata del rapporto di lavoro. Non è possibile pattuire più di un periodo di prova presso lo stesso datore di lavoro. La legge prevede un orario di lavoro normale, pari a otto ore al giorno o a quarantotto ore settimanali. L’orario di lavoro è ridotto a sei ore al giorno durante il mese del Ramadan (il nono mese dell’anno islamico, durante il quale i mussulmani si astengono dal mangiare e dal bere durante la giornata), senza alcuna riduzione della retribuzione spettante al lavoratore. Ogni cinque ore di lavoro continuato è imposta una pausa. Anche nei mesi estivi, in particolare nei mesi di luglio e agosto, l’orario di lavoro è ridotto a causa delle condizioni climatiche e delle alte temperature.

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Retribuzione e salario minimo All’inizio del 2011 il Ministero del Lavoro ha stabilito i minimi salariali per i lavoratori dipendenti. A tal fine, il Ministero ha previsto tre diverse categorie di lavoratori, in base alle qualifiche:

dipendenti di primo livello: si tratta di lavoratori in possesso di un titolo di studio accademico (almeno Bachelor’s degree), per i quali la retribuzione minima è stata fissata in AED 12.000 al mese;

dipendenti di secondo livello: si tratta di lavoratori in possesso di un diploma, per i quali la retribuzione minima è fissata in AED 7.000 al mese;

dipendenti di terzo livello: si tratta di lavoratori privi di titoli di studio, per i quali la retribuzione minima e fissata in AED 5.000 al mese.

Il Ministero del Lavoro ha sollecitato le aziende ad un’attuazione rigorosa di tale sistema di protezione dei salari (Wage Protection System – WPS), chiedendo ai datori di lavoro di aderire alla struttura salariale secondo la suddetta classificazione. La tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori La Federal Law n. 8/1980 disciplina anche la materia della sicurezza e della salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro. Tra i principali adempimenti imposti al datore di lavoro, la legge prevede l’obbligo di mettere a disposizione dei dipendenti i dispositivi di protezione adeguati a fornire tutela dai principali rischi di infortuni e di malattie professionali. Il lavoratore è tenuto, di converso, ad utilizzare tali dispositivi di protezione ed a rispettare le istruzioni impartite dal datore di lavoro. Diverse Ordinanze Federali Ministeriali hanno ampliato la tutela della sicurezza dei lavoratori sul posto di lavoro, in considerazione dei diversi settori nei quali i dipendenti vengono impiegati (si consideri, a titolo esemplificativo, l’Ordine Ministeriale n. 32/1982, che ha specificato le misure da assumere per la protezione dei lavoratori dai rischi correlati alle opere di scavo, demolizione e costruzione). Scioglimento del rapporto di lavoro Il contratto di lavoro si considera risolto qualora ricorra una delle seguenti situazioni:

in caso di comune accordo tra le parti, a condizione che la volontà del dipendente sia espressa per iscritto;

alla scadenza del termine indicato nel contratto, salvo il rinnovo del contratto; allorquando, nei contratti a tempo indeterminato, una parte receda con un preavviso di almeno 30

giorni. A detto ultimo riguardo, si precisa che il diritto di recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato è attribuito sia al datore di lavoro che al lavoratore ed è esercitabile in qualsiasi momento dopo la conclusione del contratto. Nel caso in cui sussista una giusta causa di recesso, il preavviso non è necessario. La comunicazione di recesso deve essere inviata all’altra parte in forma scritta. Tutela della proprietà intellettuale Marchi La tutela dei marchi negli EAU è disciplinata dalla Federal Law n. 37/1992, entrata in vigore nel febbraio 1993, emendata poi nel 2002. Negli EAU il marchio è esclusivo ed è tutelato penalmente. La tutela processuale è anche esperibile su un piano civilistico, richiedendo misure cautelari o conservative. Oggetto di tutela sono marchi di fabbrica, loghi, rappresentazioni grafiche, nomi commerciali, ecc. Un marchio, per poter esser registrato, deve essere in grado di distinguere ed identificare chiaramente un prodotto o un servizio. Non possono essere registrati, tra gli altri, marchi che violino la morale pubblica o siano contrario all’ordine pubblico, simboli, emblemi, bandiere del Paese (EAU), di altri Pesi arabi o di organizzazioni internazionali, simboli a carattere religioso, marchi idonei ad ingannare il pubblico o che contengano false indicazioni riguardo le origini o la fonte dei prodotti o dei servizi, simboli di banconote e monete nazionali e estere, marchi che siano la traduzione di altri marchi famosi. La registrazione avviene nel Trade Mark Register tenuto presso il Ministero dell’Economia e del Commercio. Attualmente, sono necessari circa 6/8 mesi per completare la procedura di registrazione. La registrazione poi è valida per il periodo di dieci anni dalla data di richiesta ed è rinnovabile per un ulteriore periodo di dieci anni. La registrazione può essere effettuata anche da parte di persone fisiche e giuridiche straniere. È altresì possibile procedere alla registrazione di gruppi collettivi di marchi, a condizione che siano simili nelle linee di fondo e nella struttura. Infine, si segnala che se manca l’uso del marchio per almeno cinque anni, ogni terzo interessato può richiedere la cancellazione del marchio dal registro.

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Brevetti La Federal Law n. 44/1992, entrata in vigore nel 1993, modificata dalla Federal Law n. 17/2002, disciplina la tutela dei brevetti negli EAU. La registrazione di un brevetto è valida per venti anni ed è rinnovabile per un ulteriore periodo non superiore a cinque anni. L’autorità competente ad esaminare la domanda di registrazione è il Ministero per la Finanza e l’Industria. Ogni nuova invenzione che sia applicabile nell’industria ma non soddisfi gli altri requisiti necessari all’ottenimento di un brevetto può godere della tutela apprestata sotto forma di Utility Certificate (per disegni o modelli di utilità). Si segnala, inoltre, che gli EAU hanno aderito alla legislazione armonizzata sui brevetti del GCC (la Gulf Cooperation Council Patent Law) e che sono membri del trattato Patent Cooperation Treaty, rendendo possibile la pre-registrazione multinazionale seguita dalle singole fasi di “nazionalizzazione” nei singoli Paesi, inclusi gli EAU. Diritti d’autore La normativa di riferimento è contenuta nella Federal Law n. 40/1992 e nella seguente Federal Law n. 7/2002. La protezione delle opere dell’ingegno si estende per la durata della vita dell’autore e per un periodo di cinquanta anni successivo alla sua morte. I diritti d’autore possono essere ceduti a terzi con atto scritto. Le opere coperte da diritti di proprietà intellettuale non possono essere stampate, pubblicate o ripubblicate, modificate, riprodotte, vendute o distribuite senza autorizzazione. Le violazioni sono punite con gravi sanzioni (reclusione e/o multa). Cenni alla fiscalità Il sistema fiscale Gli EAU hanno sottoscritto numerosi accordi bilaterali con molti Stati, tra cui l’Italia, per evitare le doppie imposizioni e per favorire lo scambio di informazioni. Negli EAU non esiste una legislazione federale sulla tassazione ed i singoli Emirati hanno una sovranità assoluta in materia fiscale. Di fatto, negli EAU non esiste alcuna tassazione a parte quella applicata nei settori oil & gas (fino al 55%), bancario-finanziario (fino al 20%), e alberghiero (fino al 15%). Il sistema fiscale non prevede:

l’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) (Personal Income Tax); l’imposta sui rendimenti/redditi finanziari (o sulle plusvalenze) (Capital Gain Tax); l’imposta sul valore aggiunto (IVA) (Value Added Tax); le ritenute d’imposta (Withholding Tax); l’imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRES) (Corporate Tax).

Anche nelle Free Zones presenti negli Emirati non vi è alcuna tassazione, eccetto l’obbligo di pagamento annuale della tassa relativa alla licenza commerciale. Inoltre, non vi è alcuna restrizione sul trasferimento all’estero dei profitti o al rimpatrio di capitali. La Property Tax In quasi tutti gli Emirati, chi vive in unità residenziali o utilizza unità commerciali è tenuto a pagare una Property Tax. L’importo della tassa dipende dalla qualifica lavorativa del conduttore dell’immobile:

dipendenti di grado più elevato (managers, quadri, ecc.): 5% del canone annuale; impiegati più giovani: tassa fissa di AED 300.

Sebbene l’obbligo gravi sul conduttore, la Municipalità di Dubai richiede il pagamento direttamente al datore di lavoro. I dazi doganali I dazi doganali negli EAU sono molto bassi e possono essere addirittura esclusi per determinate categorie di prodotti (ad es. in caso di importazione di materiali da utilizzare per la produzione di beni da riesportare). La fiscalità privilegiata Gli EAU sono considerati Stato a fiscalità privilegiata, salvo che per le società operanti nel settore petrolifero e petrolchimico assoggettate ad imposta e, pertanto, sono inclusi nelle black lists di cui al Decreto Ministeriale del 21 novembre 2001. Essi sono invece inclusi nella white list dei Paesi “virtuosi” in relazione all’esonero da ritenute alla fonte su taluni redditi di capitale, in quanto in tale ambito la Federazione consente un adeguato scambio di informazioni con l’Italia.

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EXPO Dubai 2020: tutte le opportunità da non perdere per le imprese italiane

(Nota a cura dell'Ufficio ICE di Dubai)

Il recente successo ottenuto da Dubai, aggiudicandosi l’Expo 2020, il 27 novembre scorso, è destinato ad avere un enorme impatto sullo sviluppo economico dell’intero Paese. All’Expo 2020 sono attesi 25 mln di visitatori, il 71% dei quali – per la prima volta nella storia dell’evento - proverrà da Paesi diversi da quello ospitante: questo significa che gli Emirati Arabi Uniti dovranno essere pronti ad accogliere oltre 17 mln di turisti. Ingenti, quindi, i fondi che dovranno essere investiti nei prossimi anni nel comparto delle infrastrutture e dei trasporti, nel settore ospitalità e immobiliare e nel campo della produzione e distribuzione di energia. Ambiti in cui si aprono grandi possibilità di business per le imprese italiane. In occasione della recente visita del Presidente del Consiglio Letta negli EAU, è stato siglato un Memorandum of Understanding tra Expo Milano 2015 e Expo Dubai 2020, per una stretta collaborazione tra i due Enti e uno sviluppo delle best practice che da Milano potranno trovare applicazione a Dubai. Il design per il masterplan di Dubai Expo 2020 è stato rivelato da parte dello studio di architettura HOK, che assieme a Populous e Arup ha lavorato sul progetto del sito, della superficie di 438 ettari, vicino al nuovo Al Maktoum International Airport e al porto di Jebel Ali. Il progetto si articola in tre padiglioni separati che simbolizzano l'opportunità, la sostenibilità e la mobilità, con punti innovativi e aree di best practice in ogni area dedicata. Le tre zone si irradiano da un centro denominato Al Wasl o connessione. La struttura sarà coperta da un tessuto fotovoltaico che oltre a generare ombra potrà generare energia e sarà illuminato durante le ore notturne. Verranno utilizzati anche materiali e acque riciclati. Infrastrutture e trasporti Il settore delle costruzioni, con particolare riferimento alle infrastrutture e ai trasporti, è sicuramente fra quelli che più potrà beneficiare dell’Expo. Secondo due diversi studi, condotti da Deutsche Bank e Global Investment House, Dubai dovrà destinare circa 43 mld di USD all’implementazione delle sue infrastrutture in vista dell’Expo, di cui circa 10 dovranno essere spesi per migliorare e sviluppare i trasporti. Fra gli interventi più significativi, spiccano i lavori per le infrastrutture aeroportuali, a partire dal nuovo aeroporto di Dubai (Al Marktoum International Airport), vicino al sito dell’Expo, che ha iniziato il trasporto passeggeri lo scorso 27 ottobre e che, una volta completato, potrà gestire 12 mln di tonnellate di cargo e 160 milioni di passeggeri all’anno. Lavori anche nell’aeroporto esistente, il Dubai International Airport, che – entro il 2018 - potrà trasportare 90 milioni di passeggeri contro i 60 attuali. Investimenti miliardari (6,8 mld di USD) anche per il progetto di sviluppo dell’Abu Dhabi International Airport, che – una volta concluso il piano di espansione, nel 2017 - potrà accogliere 30 milioni di passeggeri all’anno contro gli 11 attuali. Investimenti significativi anche per le linee metropolitane. Ad Abu Dhabi 3 mld di USD serviranno alla realizzazione della nuova metropolitana della Capitale, mentre a Dubai l’Executive Director della Road and Transport Authority (RTA) ha confermato che entro il 2030 in città saranno in funzione tre nuove linee (Blue, Gold e Purple) e che verranno ampliate la due linee esistenti (la Rossa, lunga 52 km e la Verde, lunga 22 km). In particolare si lavorerà speditamente sulla linea Rossa, che oggi conta 29 stazioni e che entro il 2020 verrà estesa fino a raggiungere l’Al Maktoum International Airport e il sito dell’Expo. Inoltre si sta studiando la possibilità di collegare la metropolitana di Dubai con la rete ferroviaria attualmente fase di realizzazione da parte di Etihad Rail. Proprio la Etihad Federal Rail è uno dei progetti infrastrutturali più imponenti e significativi attualmente in via di realizzazione negli Emirati, oltre che un possibile driver di sviluppo della presenza italiana negli UAE. Etihad Rail sta infatti realizzando un’estesa rete ferroviaria destinata a servire tutto il Paese: 1.200 Km di linee che collegheranno i principali centri urbani ed industriali degli Emirati Arabi Uniti e che dovrebbero essere ultimate entro il 2018. A metà 2013 gli EAU hanno dato impulso alla seconda fase del piano di sviluppo della rete, annunciando la costruzione di una linea ferroviaria che collegherà Khalifa - il nuovo porto di Abu Dhabi - con il porto di Dubai Jebel Ali, raggiungendo poi l’oasi interna di al-Ain e toccando infine i confini con l’Arabia Saudita. La terza fase del progetto appare ancor più ambiziosa, con la realizzazione di un collegamento fra l’Emirato di Fujairah, caratterizzato da un territorio montuoso, e l’Oman. La rete ferroviaria emiratina rientra nel più ampio progetto - dal valore superiore ai 100 Miliardi di dollari - che sta impegnando i sei Paesi GCC (Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar).

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Si tratta della costruzione di una rete ferroviaria che collegherà il Kuwait dal suo confine con l'Iraq alla città di Salalah nell'Oman meridionale, attraverso l'intera costa orientale della Penisola Araba, isole (Bahrain) e penisole (Qatar) comprese. Secondo i progetti, la ferrovia del GCC sarà composta da due linee parallele: la prima, di 1.970 km, attraverserà tutti i sei Paesi (collegando il Bahrain tramite un ponte); la seconda, di 1.984 km, si estenderà tra Kuwait, Arabia Saudita ed Emirati Arabi per finire in Oman. In seguito sono previsti progetti di lungo periodo per estendere la rete ferroviaria dalla Penisola Araba a Giordania, Siria e Turchia. Successivamente la rete si dovrebbe allargare ulteriormente fino a collegarsi con i sistemi ferroviari di Europa ed Asia, tramite l'accesso alla Turchia. Tornando agli Emirati, una parte importante degli investimenti nel settore delle costruzioni è rappresentato dalla realizzazione del Sito che ospiterà l’Expo. Nel documento consegnato in occasione della presentazione della candidatura di Dubai, è stato stimato in 5.2 mld di Euro il costo per la costruzione della sede espositiva e delle infrastrutture che saranno direttamente destinate a servirla (incluse strade e metropolitana). L’Expo verrà realizzato in un’area equidistante da Dubai ed Abu Dhabi: un complesso di 4.4 kmq a Dubai World Central (DWC), che includerà 700mila mq di padiglioni e spazi espositivi e 500mila mq di strutture permanenti. Il sito avrà un carattere improntato alla sostenibilità ambientale anche nella progettazione dell’area espositiva, con strutture fotovoltaiche che genereranno il 50% dell’energia necessaria al suo funzionamento. L’Expo sarà strategicamente posizionato vicino al Porto di Jebel Ali e soprattutto vicino al nuovo Al Maktoum International airport, che sarà pienamente operativo prima del 2020. E’ prevista anche la costruzione di un Expo Village. Più di 2.000 appartamenti, banche, negozi e ristoranti sorgeranno su una superficie di 438 ettari. Gran parte delle strutture dell’Expo verrà poi riutilizzata per la creazione di un centro espositivo e congressi, un’università e un museo dedicato all’Expo. In vista dell’Expo sono anche allo studio piani per ampliare la rete viaria esistente a Dubai, per decongestionare il traffico e consentire alla città di far fronte al previsto aumento della popolazione residente e all’arrivo di milioni di turisti. Fra i tanti progetti in cantiere, vale la pena citare quello che appare fra i più visionari ed ambiziosi: il raddoppio di una parte della Sheikh Zayed Road, il principale asse viario del Paese che collega Dubai ad Abu Dhabi. Secondo le anticipazioni fornite da Meed, l'autostrada a sette corsie potrebbe essere raddoppiata grazie ad una sezione sopraelevata lunga 35 km che correrà fra il Dubai Creek e il porto di Jebel Ali. Ospitalità e mercato immobiliare Un’attiva politica promozionale da parte del Governo, unita alla difficile situazione politica dei Paesi limitrofi, ha contribuito negli ultimi anni a concentrare ed aumentare i flussi turistici verso gli Emirati Arabi, spingendo il Paese ad implementare le infrastrutture destinate al settore Ospitalità. Ancor prima del successo dell’Expo, lo sviluppo del turismo era il settore nel quale gli UAE stavano impiegando ingenti risorse finanziare per attuare un imponente piano di differenziazione economica, con l’obiettivo di rendere l’economia emiratina meno dipendente dalle esportazioni del greggio. Basti ricordare il piano strategico per il turismo “Tourism Vision for 2020”, approvato da Sheikh Mohammed bin Rashid Al Maktoum (Vice Presidente e Primo Ministro degli UAE e Ruler di Dubai), nel quale era già previsto un target di 20 milioni di visitatori all’anno entro il 2020, con un aumento del 100% rispetto ai 10.16 milioni di visitatori registrati nel 2012. Ora i 17 milioni di turisti attesi negli Emirati nei sei mesi di svolgimento dell’Expo rendono ancora più rosee le prospettive per il futuro del turismo degli Emirati e stanno spingendo il Paese a puntare sullo sviluppo delle infrastrutture per il settore Horeca ed ospitalità, con un ampliamento della gamma di prodotti e servizi offerti e soprattutto con nuove, grandi possibilità per le aziende italiane intenzionate ad entrare nel mercato emiratino o a rafforzare la propria posizione in questo ambito. Attualmente – secondo i dati forniti dal Department of Tourism and Commerce Marketing (DTCM) – a Dubai sono presenti 603 hotel e hotel apartments, con oltre 81 mila stanze a disposizione, ma i numeri sono destinati a crescere rapidamente. Secondo le previsioni dello stesso DTCM, entro il 2015 a Dubai gli hotel saranno 635 e le stanze a disposizione oltre 90mila. Il DTCM spiega che si continuerà a realizzare hotel e resort a cinque stelle, ma che nel frattempo si sta anche promuovendo la costruzione di alberghi di categorie più basse, in modo da venire incontro alle esigenze dei visitatori che avranno a disposizione un budget di spesa più limitato. Rientrano in questo contesto le nuove direttive introdotte dal Governo, che – proprio per aumentare la diffusione di hotel a 3 o 4 stelle – prevedono fra l’altro la concessione gratuita dei terreni, la riduzione a due mesi dei tempi di approvazione dei progetti di costruzione e la proroga dell'esenzione dalla tassa municipale del 10% per gli hotel di media categoria.

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Per far fronte all’aumento della domanda in coincidenza con l’Expo si prevede che da qui al 2020 il numero delle stanze d’albergo a Dubai (già il più alto di tutto il Medio Oriente) dovrà essere almeno raddoppiato. Secondo la banca EFG Hermes, saranno necessari oltre 7 mld di USD di investimenti per incrementare l’offerta alberghiera nei prossimi 6 anni, per un totale che Al Ramz Securities (una delle principali società di intermediazione finanziaria degli UAE) stima in 81mila nuove stanze d’albergo da inaugurare entro il 2020. Non solo. Per far fronte al previsto aumento della popolazione residente, sono anche in programma enormi investimenti privati per la realizzazione di abitazioni, uffici e edifici commerciali, con implicazioni positive per il settore immobiliare: secondo Standard Chartered, circa 45mila nuove unità abitative dovrebbero essere immesse sul mercato entro il 2015 e i prezzi dovrebbero essere sostenuti grazie ad una domanda crescente che sarebbe il risultato dei nuovi posti di lavoro creati grazie all’Expo. Fra i tanti progetti edilizi degni di nota pianificati e già in via di realizzazione a Dubai, va ricordato Sheikh Mohammed bin Rashid City, il nuovo insediamento urbano che includerà – fra l’altro - il più grande centro commerciale del mondo, un parco tematico ispirato agli Universal Studios e un parco più grande di Hyde Park a Londra. Dopo il successo dell’Expo, riprendono quota anche altri mega-progetti residenziali pianificati a Dubai dai maggiori developer: da Bluewaters Island, l’isola da 6 mld di USD in costruzione a Jbr che ospiterà - fra l’altro - Dubai Eye, la più grande ruota panoramica al mondo, a Dubai Water Canal, il progetto che consentirà di congiungere Business Bay con il Golfo arabico passando nel cuore di Dubai, fino a Dubai Adventure Studios, che verrà realizzato a Jebel Ali ed accoglierà 5 distinti parchi tematici. Nuovi ambiziosi piani di sviluppo, infine, anche per Nakheel, che utilizzando le 4 isole esistenti a Palm Deira realizzerà un nuovo progetto residenziale nel quale saranno inseriti anche un market notturno ispirato ai Souk e un anfiteatro in grado di ospitare 30mila persone. Lo sviluppo del settore immobiliare e alberghiero non riguarda solo Dubai: molto infatti si sta facendo anche ad Abu Dhabi, che negli ultimi anni sta cercando di promuoversi come attrazione turistica alternativa a Dubai. Fra i tanti progetti in via di realizzazione nella Capitale, va ricordato il grandioso piano di sviluppo che riguarda l’intera area di Saadiyat Island, posta a 500 mt dalla costa di Abu Dhabi. L’isola – in cui sono già quattro i progetti alberghieri ultimati o pianificati - sarà il nuovo distretto culturale della capitale ed ospiterà un’estesa concentrazione di istituzioni culturali di altissimo livello, fra cui i musei del Louvre e del Guggenheim. Pur se nel complesso con meno effetti speciali di Dubai, anche Abu Dhabi procede nella sua crescita di emirato moderno, esclusivo e con una peculiare offerta, grazie ad una politica che guarda al turismo d'affari e congressuale, a quello artistico (Saadiyat Island) e a quello sportivo (Gran Prix), potendo anche contare sull'espansione delle infrastrutture aeroportuali e sul continuo potenziamento della compagnia aerea Etihad. Energia La domanda di energia sta aumentando in tutta l’area MENA (Middle East & North Africa) e - secondo un recente rapporto pubblicato dall’Economist Intelligence Unit (EIU) - è destinata a crescere del 7% all’anno da qui al 2020. L’ammontare dei fondi che nei prossimi anni dovranno essere dedicati al settore energetico è impressionante: in base al Rapporto 2013 pubblicato da MEED, in tutta l’area MENA gli investimenti nel comparto supereranno i 200 mld di USD entro il 2020. Di questi, 100 mld saranno necessari per aumentare la capacità produttiva ed altrettanti dovranno essere investiti nei settori della trasmissione e della distribuzione di energia. Inutile sottolineare che ciò offrirà importanti opportunità a tutte le imprese che operano nel campo energetico. In particolare, poi, nell’area GCC si sta puntando con decisione sull’energia solare, un comparto strategico per le aziende italiane. Entro il 2017 i Paesi del Golfo prevedono di investire complessivamente circa 155 mld di USD nel settore dell’energia solare, con una capacità installata superiore a 80 GW entro il 2017. Gli Emirati Arabi Uniti sono fra i Paesi che con più determinazione stanno promuovendo il solare. Ciò rientra nell’ambito della nuova politica energetica adottata dal Paese, che mira a ridefinire il mix di generazione in un’ottica più sostenibile e insieme ad aumentare la produzione per far fronte alla crescente domanda di energia elettrica, anche in vista dell’Expo. La Vision 2021 degli EAU ha posto l’accento sull’obiettivo di creare un’economia basata sulla sostenibilità ambientale e la successiva Strategia d'Energia Integrata 2030 ha dato impulso alla realizzazione di progetti pilota volti a incrementare la quota sul mix di generazione delle energie rinnovabili (pari all’1% al 2020 e al 5% entro il decennio successivo). Come s’è detto, particolare attenzione è stata dedicata alla realizzazione di impianti a energia solare, date anche le caratteristiche climatiche e geografiche del Paese. Gli EAU necessitano entro il 2020 di almeno 2000 MW di capacità installata da impianti a energia solare e 1.000 MW entro il 2030. L’Autorità dell’Energia di Dubai (DEWA) ha annunciato la possibile introduzione di un meccanismo di incentivazione nel corso del 2014.

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Le iniziative già avviate nel campo dell’energia rinnovabile non mancano: negli Emirati sono in fase di realizzazione due parchi solari e il Solar Roof program per complessivi 500 MW, mentre sono in programma il parco solare fotovoltaico Noon 1 (100MW), un aggiuntivo impianto solare per 40 MW e due impianti eolici per 30 MW ciascuno. Infine, entro il 2025, dovrà essere ultimato ad Abu Dhabi l’ambizioso ed avveniristico progetto di Masdar City, che si propone di essere la prima città a zero emissioni di carbonio al mondo. Quando sarà completata, Masdar City accoglierà 40.000 cittadini residenti e 50.000 pendolari in un contesto in cui tutto sarà studiato per ridurre il consumo energetico e l’impatto ambientale delle attività umane. La città ospita già il Masdar Institute, un polo universitario realizzato in collaborazione con il Massachusetts Institute of Technology dedicato esclusivamente allo studio e alla ricerca nel campo delle energie rinnovabili, mentre sono in corso piani per portare centinaia di altre aziende di energia ad alta tecnologia e rinnovabili in città nei prossimi anni. I 30 progetti più importanti del 2014 Secondo un recentissimo studio condotto da MEED, negli UAE saranno assegnati progetti per un valore complessivo di oltre 27 mld di USD nel corso del 2014. Di questi, sono già in fase di gara progetti per 9,5 mld di USD.

Fonte: MEED insight

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L'aspetto della mediazione interculturale nel mondo del lavoro con gli Emirati Arabi Uniti (A cura di Massimo Khairallah: Università Cà Foscari)

Nel recentissimo studio di quest'anno pubblicato dalla Edelman Trust Barometer gli Emirati Arabi Uniti risultano primi in classifica a livello mondiale nell'indice che misura la fiducia della popolazione nel proprio governo, con una percentuale dell'88%, la più alta in assoluto a livello globale. Questa notizia può essere letta attraverso diverse lenti di ingrandimento, ma di sicuro rappresenta la conferma di un dato molto importante nell'ottica di interpretazione e analisi degli aspetti culturali ed interculturali, divenuti ormai fondamentali per un corretto accostamento ai mercati del Golfo Persico in chiave di internazionalizzazione delle attività produttive italiane, materiali o immateriali che siano. Il dato a cui ci si riferisce qui sopra – indicato qui come esempio per fornire un quadro di orientamento rispetto alla politica locale - rientra nel concetto del “potere a distanza”, il quale viene definito come la capacità delle società di accettare o meno l'iniqua distribuzione del potere. Le società arabe del Golfo sono governate, in generale, da monarchie ereditarie con un forte “potere a distanza”, in contrapposizione a quei Paesi in cui esiste una maggiore rappresentazione della cittadinanza (soprattutto attraverso l'elettività) nelle questioni di “governance”. Il potere in questi Stati è in mano alle famiglie regnanti che lo esercitano gerarchicamente a cerchi concentrici i quali rispecchiano i diversi gradi di parentela, e ad un'élite fortemente legata e leale a questo sistema. Questa prospettiva si riflette anche nella gestione delle imprese e organizzazioni, dove il manager detiene un vasto potere a distanza e tutti gli sono subordinati, in contrasto con un manager che si propone attraverso l'acquisizione del consenso e cercando di coinvolgere i componenti più giovani della dirigenza. In una classifica elaborata dal ricercatore olandese Geert Hofstede24 su questo tema, i Paesi arabi del Golfo risultano tra quelli più caratterizzati dal potere a distanza, in cui, ad esempio, gli Emirati Arabi e il Kuwait totalizzano 85, l'Italia 42, la Svezia 22 e l'Austria incredibilmente 0. Traducendo tutto ciò in contesto di interculturalità si può affermare che in una conversazione in cui si voglia esplorare l'argomento della politica, sia a livello generale sia a livello particolare, con un interlocutore di provenienza del Golfo, bisognerà rammentare la delicatezza di certi argomenti, come per esempio le famiglie regnanti o la democraticità del sistema dei loro governi, argomenti che potrebbero urtare immediatamente la sensibilità altrui, visto il profondo attaccamento ed orgoglio che i cittadini di questi stati nutrono per i loro Paesi. Operando nel Golfo, bisogna poi rammentare che il responsabile di una organizzazione è visto con alquanta deferenza dai collaboratori: ad esempio gli impiegati o i sottoposti sono assolutamente a loro agio nel lasciare al direttore il posto centrale intorno ad un tavolo di riunione, oppure che egli abbia l'ufficio più spazioso di altri. Pertanto in questo contesto si può consigliare di mostrare che si è sufficientemente rispettosi per le persone di potere ed eventualmente dar loro la priorità negli interventi. Si è volutamente introdotto con un esempio concreto questo intervento sugli aspetti di mediazione interculturale con gli Emirati Arabi e i Paesi del Golfo in generale, e non attraverso le classiche premesse, per dare al lettore un'immediata dimensione delle problematiche che possono sorgere operando in questi Paesi, i quali nonostante la forte internazionalizzazione dei loro mercati e urbanizzazione moderna degli stili di vita, rimangono caratterizzati da usi e costumi saldamente ancorati alle tradizioni culturali e a modelli di comportamento secolari. D'altronde il passaggio dalla vita rurale e nomade alla più esponenziale delle globalizzazioni è avvenuto nel corso di pochissimi decenni, se pensiamo che nemmeno cinquant'anni fa metropoli come Dubai e Doha erano poco più che semplici villaggi affacciati sulle acque del Golfo Persico. Un altro studioso, l'antropologo statunitense Edward T. Hall osserva che “la cultura controlla il comportamento in modi profondi e persistenti, molti dei quali sono al di fuori della consapevolezza e pertanto trascendenti il controllo cosciente dell'individuo”. Sempre Hofstede definisce la cultura come “una programmazione collettiva della mente che distingue i membri di una categoria di persone da un'altra”. La cultura ci insegna a comportarci in una data società o addirittura in una combinazione di società attraverso un processo che inizia nell'infanzia e continua nell'età adulta. Questo per sostenere che i riferimenti culturali della propria cultura non possono essere onnicomprensivi, o intellegibili per altre culture; pertanto è necessario un apprendimento dei modelli culturali in cui si vuole operare onde evitare malintesi, gaffes, comportamenti inadeguati o addirittura offensivi nel contesto altrui. Riprendendo lo schema degli esempi per concretizzare le affermazioni precedenti, riportiamo l'uso dello spazio e del tempo nelle culture arabe del Golfo. Le culture occidentali si caratterizzano grosso modo per la visione monocronica del tempo, ovvero lineare, segmentato in avanti per il futuro e all'indietro per il passato; in una cultura monocronica le persone stanno in fila, lo sportello tratta un utente alla volta, e ci si aspetta la puntualità.

24 Per maggiori informazioni su questo studio si rimanda al sito ufficiale http://geert-hofstede.com/index.php

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Nel Golfo al contrario la dimensione del tempo è policronica, nel senso che tutti sono in relazione con tutti nei tempi più svariati: il lavoro si protrae al di fuori dell'orario d'ufficio e della dimensione fisica della sede, e così come si possono ricevere telefonate e fare riunioni in momenti extra lavorativi, si possono altresì ricevere telefonate personali durante un meeting, e pertanto bisogna essere pronti a varie interruzioni con conseguente prolungamento delle riunioni, o spostamenti di orari e ritardi, proprio perché la percezione del tempo è elastica e le persone non sono così preoccupate della programmazione e del rispetto degli orari come nelle culture monocroniche. Ad esempio se in Italia una riunione è indetta alle dieci di mattina e di norma ci possono essere cinque o dieci minuti di ritardo, nel Golfo se vogliamo ottenere lo stesso tempismo si dovrebbe annunciare l'inizio per le nove e mezza, in modo di dare a tutti il tempo di arrivare nel giro di mezz'ora o tre quarti d'ora. La distanza fisica personale può essere anche fonte di imbarazzi e incomprensioni: nei Paesi arabi coesistono una distanza molto breve tra le persone dello stesso sesso, con atteggiamenti intimi che possono essere fraintesi nella nostra cultura, come due uomini che passeggiano mano nella mano – cosa abbastanza frequente da osservare in quasi tutti i Paesi arabi e non solo quelli del Golfo – il che denota solo una profonda amicizia tra i due soggetti; con una forte distanza fisica tra i sessi opposti, per cui raramente si vedrà una donna araba musulmana porgere la mano ad un altro uomo estraneo alla cerchia familiare più intima; si può quindi consigliare di attendere che sia la donna stessa ad allungare la mano per prima, ed eventualmente portarsi la mano sul cuore come segno di saluto se quest'ultima non potesse o volesse porgerla. Un'altra dimensione rilevante da considerare, altamente contrastiva, è quella dell'Individualismo, definita come il grado di interdipendenza che una data società mantiene tra i suoi individui, in poche parole quanto una società si auto-riferisce maggiormente con “Io” o con “Noi”. Nei grafici di Hofstede l'Italia ha il notevole punteggio di 82, a conferma del forte individualismo in seno alla società, soprattutto al Nord; mentre gli Emirati Arabi ad esempio hanno un indice di 22 (così come l'Arabia Saudita e il Kuwait), il che delinea la conformazione ad una società collettivista, che esprime un forte impegno e dedizione all'interno di una appartenenza che sia familiare stretta o estesa, o anche lavorativa, il tutto traducendosi in un alto senso di lealtà, spesso indiscussa, per cui l'offesa o la perdita di faccia di un singolo viene percepita ugualmente da tutti gli appartenenti al gruppo. In questo contesto bisogna pertanto prestare molto attenzione all'individualismo: se si opera in una ambiente multi-culturale in questi Paesi è meglio evitare di distribuire i meriti al singolo e piuttosto rimarcare la collaboratività del gruppo. Ricordasi inoltre che ognuno appartiene alla propria famiglia, azienda, religione, lingua, club di calcio, etc. e quindi scoprire quali di queste appartenenze sia un comune denominatore può aiutare a costruire le relazioni interpersonali e di riflesso quelle commerciali. Assertività versus Modestia. Il primo concetto misura quanto una cultura è orientata al successo, ambizione, aggressività, competizione, egoismo, decisionismo e inibizione; mentre il secondo, al contrario, quanto una cultura curi le relazioni, la gentilezza, la pazienza e la bontà. Le donne e gli uomini si classificano indistintamente all'interno di queste matrici, non c'è quindi distinzione di genere. La centralità sta nel cosa motiva le persone: nella cultura Assertiva è il desiderio di essere e ambire al “meglio”, e il successo rappresenta uno scopo fondamentale; in quella Modesta è la possibilità di fare ciò che piace, e la qualità della vita quindi è prioritaria. L'Italia qui raggiunge i 70 punti, quindi molto incline all'assertività, mentre gli Emirati i 50, connotandosi né in un modo né in un altro. Bisogna comunque rimanere attenti come nel caso dell'Individualismo, in cui essere sotto i riflettori non è propriamente ammirabile, ma lo è l'aver cura dei sentimenti altrui. Un altro aspetto culturale notevole da prendere in considerazione è l'Universalismo in opposizione con il Particolarismo. Il primo indica quanto o meno le persone credano che le regole e i principi generali siano più importanti delle singole circostanze e relazioni. L'Universalismo ci dice che tutto quello che è buono e vero può essere applicato sempre e dovunque; mentre il Particolarismo – al contrario – è quella nozione per cui casi particolari e relazionali hanno maggior importanza rispetto alle regole astratte. Tutti i Paesi del Golfo possono annoverarsi come Particolaristi, ovvero ci si concentra più sulle relazioni che sulle regole, ad esempio i contratti legali possono essere modificati per il singolo caso, a differenza dei Paesi Universalisti dove i contratti legali sono standardizzati; la persona affidabile è quella che riesce ad onorare gli impegni anche qualora cambiassero le circostanze, mentre nei Paesi Universalisti lo è quando tiene fede alla parola data o al contratto; per riassumere: in occidente un patto è un patto mentre nel Golfo le relazioni evolvono e mutano. Entrando quindi nel dettaglio di contesti di “business”, si può affermare che nelle negoziazioni e trattative parlare apertamente di redigere un contratto nei minimi dettagli potrebbe suonare come una mancanza di fiducia, meglio quindi attendere il momento propizio o delegare ad un livello inferiore di management. Ancora: gli appartenenti alle culture particolariste sono più pronte a presentare se stessi che il prodotto, al contrario di quelle Universaliste. Nelle culture Universaliste le case madri tendono a esercitare un controllo globale, mentre nelle culture particolariste spesso invece si fallisce nel riuscire a rimodellare i modi locali di operare. In questa chiave di lettura possiamo introdurre un altro concetto particolarmente legato al management, per il quale le società possono avvertire una grado variabile di minaccia di fronte a situazioni ambigue, che Hofstede definisce come “elusione dell'incertezza”, in cui si tende a evitare situazioni di rischio o in cui ci si debba assumere un altro grado di responsabilità. L'Italia in questo parametro realizza l'alto punteggio di 64, gli Emirati 69, quindi una sostanziale vicinanza; il che riflette una forte burocratizzazione e lo scoraggiare l'intrapresa di azioni rischiose. Nel Golfo la compresenza dei fattori già elencati, come il potere a distanza e quest'ultimo,

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causa la strutturazione di organizzazioni a piramide: le linee da seguire nel “fare rapporto” sono estremamente chiare, la direzione gestisce il controllo ribadendo chi detenga autorità su chi, e in che modo venga esercitata. Questo implica il dover fare attenzione al livello con il quale si sta interloquendo, e di essere sicuri di star parlando con quello giusto, perché non di rado può capitare che la controparte sia di un livello che poi non possa prendere decisioni autonomamente, poiché quello che conta è l'opinione dei loro superiori. Un ultimo aspetto delle culture del Golfo per cui vale la pena soffermarsi è il fatto di essere culture a “relazione diffusa”. Questa dimensione descrive il grado di coinvolgimento per il quale gli individui si sentano a loro agio o meno nel trattare con gli altri, in altre parole il grado di compenetrazione tra la sfera pubblica e quella privata. I Paesi del nord Europa ad esempio sono di “cultura specifica” per cui le persone avranno diversi gradi di personalità e comportamento a seconda del contesto – pubblico o privato – in cui si trovano. Nel Golfo invece, essendo a “cultura diffusa” il segmento privato è più esteso e aperto di quello pubblico (maggiormente controllato e chiuso) per cui una volta entrati in questo sistema bisognerà adattarsi al fatto che le sfere del pubblico e del privato si compenetrino. Altri aspetti di questa dimensione sono l'apparire indiretti e introversi, arrivare al punto partendo da molto lontano, la scarsa mobilità, il lavoro e la vita privata strettamente connessi, l'uso indistinto dei titoli come “dottore” in qualsiasi circostanza, anche in momenti apparentemente più intimi. Si è tentato in questo breve articolo, di dare un saggio della complessità degli elementi che possono influire in una relazione di tipo lavorativo che si intenda costruire in un Paese del Golfo come gli Emirati Arabi Uniti. Chiaramente né gli elementi trattati né la loro complessità possono essere stati qui esaustivi. Si può comunque affermare che trattando con culture lontane dagli schemi ai quali siamo abituati, il fattore della mediazione interculturale può essere decisivo per dotarsi di quel valore aggiunto intangibile capace di superare la forte competizione e dare una marcia in più in mercati a così forte richiamo internazionale come quello del Golfo Persico.

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HIGHLIGHTS Contesto politico. La scena politica interna è tra le più stabili dell’area sebbene siano presenti critiche al governo e richie-ste di maggior pluralismo. Gli EAU sono governati dal Consiglio Supremo, composto dai capi dei sette emirati (Abu Dha-bi, Ajman, Dubai, Fujaira, Ras al-Khaima, Sharja e Umm al-Qaywayn). 20 dei 40 membri del Consiglio Federale Nazio-nale, organo consultivo del Consiglio Supremo, vengono eletti, e il prossimo turno elettorale è previsto nel 2015. Sul pia-no internazionale le relazioni diplomatiche con l’Iran restano problematiche. Gli EAU hanno valutato positivamente l’ac-cordo di novembre 2013 sul nucleare. La rimozione delle sanzioni sull’Iran potrebbe rinvigorire gli scambi commerciali tra i due paesi e beneficiare soprattutto Dubai, tradizionale hub commerciale degli scambi con l’Iran.

Contesto economico. Nel 2014 si prevede un incremento del PIL in linea con quello 2013, frutto per lo più del program-ma di investimenti pubblici, finanziato in larga parte dai proventi degli idrocarburi. Gli EAU sono tra i primi 10 produttori al mondo di oil&gas ed il 3° per riserve di petrolio. Grazie ad una lungimirante politica di diversificazione dell’economia il contributo del settore degli idrocarburi alla formazione del PIL è diminuito (23%), e risulta inferiore rispetto a quello dei servizi (più del 45%). Il rallentamento delle economie emergenti asiatiche - che rivestono un ruolo crescente negli equilibri economici degli EAU - potrebbero influire negativamente sulla crescita.

Contesto finanziario. Nonostante la crisi che ha investito la holding pubblica Dubai World, gli EAU continuano a mante-nere il proprio ruolo di centro finanziario di livello mondiale. Il sistema bancario conta 23 banche nazionali - di cui 13 a maggioranza pubblica - e 28 estere. Per attirare capitali e affermare il suo ruolo di hub finanziario, nel 2004 il governo di Dubai ha creato il Dubai International Financial Center, una free-zone finanziaria.

Contesto operativo. Il sistema legale è sviluppato, anche se permangono alcune incoerenze dovute alla coesistenza tra legislazione federale, dei singoli emirati e l’applicazione della Shari’a. L’efficienza dell’apparato burocratico è accettabi-le ed i livelli di corruzione sono relativamente bassi.

2011 2012 2013(s) 2014(p) 2015(p) PIL (variazione % reale) 3,9 4,4 4,6 4,4 4,7 Inflazione media annua (%) 0,9 0,7 1,1 2,1 2,7 Saldo Bilancio pubblico/PIL (%) 4,1 7,1 5,2 4,2 4,4 Bilancia dei pagamenti

Esportazioni ($ mld) 302,0 350,1 379,5 407,4 439,6 Importazioni ($ mld) -195,4 -221,9 -250,7 -280,8 -315,1 Saldo transazioni correnti/PIL (%) 14,6 17,3 14,9 12,2 9,8

Debito estero totale ($ mld) 156,7 162,3 170,1 174,5 177,8 Debito estero totale/PIL (%) 44,9 42,3 41,1 40,0 38,2 Riserve valutarie lorde ($ mld) 37,3 47,0 68,2 72,7 77,2 Riserve valutarie lorde (mesi import.) 2,3 2,5 3,3 3,1 2,9 Fonte: EIU, giugno 2014 s: stime; p: previsioni

SACE RISK INDEX

Rischio politico-normativo

Restrizioni sul trasferimento dei capitali 28/100

Esproprio 36/100

Violazioni contrattuali 38/100

Rischio di mancato pagamento da:

Controparte sovrana 9/100

Banca 50/100

Grande impresa 54/100

Pmi 56/100

Rischio di violenza politica 40/100

Capitale: Abu Dhabi Popolazione (2013): 5,7 milioni

PIL nominale PPP (2013): USD 281,8 miliardi EMIRATI ARABI UNITI

COMPOSIZIONE DEL PIL (2013)

Indicatori di rischio OCSE S&P’s Moody’s Fitch Rating 2 AA Aa2 AA Indicatori di Business Climate Attuale Precedente Doing Business 2014 23° su 189 26° su 185 Index of Economic Freedom 2014 28° su 178 28° su 177 Corruption Perceptions Index 2013 26° su 177 27° su 176

SCHEDA PAESE A cura dell’Ufficio Studi di SACE

RATING, BUSINESS CLIMATE, KEY FIGURES

Agricoltura0,7%

Industria non manifatturiera

45,2%

manifattura9,1%

Servizi45,0%

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EAU

SACE NEGLI EAU Condizioni di assicurabilità Rischio sovrano: Senza condizioni Rischio bancario: Senza condizioni Rischio privato: Senza condizioni Volturabilità polizza SACE No

ESPORTAZIONI NEGLI EAU, PER SETTORI (2013,%)

INTERSCAMBIO COMMERCIALE CON GLI EAU (2003-2013), € milioni

RAPPORTI CON L’ESTERO: INVESTIMENTI, OPPORTUNITA’ E INTERSCAMBIO Bilancia dei pagamenti. Le alte quotazioni del greggio degli scorsi anni hanno contribuito ad allargare il surplus delle parti-te correnti, previsto ancora in lieve aumento nel 2014. Più di un terzo delle esportazioni riguarda il settore degli idrocarburi. Anche il settore non-oil è riuscito tuttavia a raggiungere importanti tassi di crescita. Il completamento dei grandi progetti infrastrutturali (tra cui gli investimenti legati all’Esposizione Internazionale di Dubai nel 2020) nei prossimi anni contribuirà ad incrementare l’attività e le esportazioni dei settori non-oil. Settori di opportunità. Le principali opportunità per l’imprenditoria italiana riguardano i settori dei macchinari industriali e dei prodotti dell’industria meccanica, insieme alle produzioni di oreficeria-gioielleria ed il mercato del lusso. Restano inoltre margini di espansione in numerosi segmenti quali quelli delle attrezzature turistiche, l’energia, l’edilizia, la protezione am-bientale, l’agroalimentare, i servizi e le attrezzature sanitarie.

Commercio e presenza italiana. Gli EAU si confermano il principale mercato di sbocco delle esportazioni italiane in Medio Oriente e Nord Africa. Nel 2013 l’export italiano verso gli EAU ha raggiunto il valore di EUR 5,5 miliardi, in linea con l’anno precedente (-0,3%) e ancora nettamente superiore rispetto alle importazioni, pari a circa EUR 1,3 miliardi. Le esportazioni italiane sono costituite prevalentemente da prodotti dell’arredamento, della meccanica strumentale, della me-tallurgia e della moda. Le importazioni italiane sono invece costituite principalmente da automezzi, metalli e prodotti estrattivi.

La presenza imprenditoriale italiana negli EAU è in costante aumento; attualmente sono presenti oltre 160 società con pro-pria filiale negli emirati e circa 20 - attive nel manifatturiero e nella distribuzione - sono invece localizzate nelle zone fran-che. Si segnala infine la presenza di aziende che operano tramite agenti locali.

INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI SALDO TRANSAZIONI CORRENTI

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Servizio clienti: - [email protected] Ufficio stampa: tel. + 39 06 6736888 - [email protected]

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export import saldi

mobili e altri manufatti

27,4%

meccanica strumentale

17,1%metallurgia e

prod. in metallo10,3%

moda7,5%

autoveicoli e altri mezzi di trasporto

6,7%

app. elettrici5,7%

elettronica5,3%

altro20,0%

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EAU

Maggio 2014 La compagnia petrolifera Abu Dhabi National Oil Company ha siglato un accordo con la China National Petroleum Compa-ny (CNPC) per la formazione di una nuova joint venture, Al Yasat Company for Petroleum Operations con quote rispettiva-mente del 60% e 40%. L’accordo prevede la cooperazione tra le due imprese nello sviluppo di nuovi siti onshore e offshore e garantirà alla CNPC una quota del petrolio prodotto da tali impianti. L’accordo indica un rafforzamento dei legami con i partner asiatici e potrebbe preannunciare un riassetto negli equilibri commerciali in vista del rinnovo delle concessioni pe-trolifere detenute dalle majors occidentali e scadute ad inizio anno. Gennaio 2014 La Mubadala Development Company (Abu Dhabi) e la Investment Corporation di Dubai hanno annunciato la creazione congiunta di un nuovo gruppo, l’Emirates Global Aluminium, che nascerà dalla fusione della Dubai Aluminium (Dubal) e l’Emirates Aluminium (Emal). Le due imprese erano già legate da una partnership iniziata nel 2006 e la loro unione produr-rà il quinto gruppo a livello mondiale, con un valore di USD 15 miliardi. A regime si stima una capacità produttiva di 2,4 milioni di tonnellate annue. La proprietà sarà condivisa al 50% dai due fondi d’investimento. Secondo un recente report di Standard&Poor’s la nuova regolamentazione sui mutui immobiliari sosterrà la qualità del cre-dito delle banche domestiche e dei costruttori nel lungo periodo. La regolamentazione pone per la prima volta una serie di limiti sull’ammontare che può essere preso a prestito dagli acquirenti di immobili, in funzione del valore dei beni acquistati. La regolamentazione spingerà le banche a adottare un approccio più cauto nella concessione dei prestiti, riducendo la volati-lità dei mercati, contenendo le perdite e prevenendo il formarsi di nuove bolle speculative. L’emirato di Sharjah, uno dei sette componenti gli Emirati Arabi Uniti, ha ottenuto un nuovo rating sovrano da parte di Moody’s (A-) e Standard&Poor’s (A). La soddisfacente posizione fiscale e debitoria del governo, l’economia aperta e diversificata (per quanto di dimensioni modeste) e i benefici derivanti dall’appartenenza alla Federazione giustificano un giudizio positivo sui fondamentali economici dell’emirato. Tuttavia, debolezze istituzionali, carenze informative nelle stati-stiche pubbliche e una moderata vulnerabilità a rischi geo-politici hanno limitato il giudizio delle agenzie. Secondo fonti del governo locale, il rating servirà a creare un benchmark per le imprese che vorranno emettere debito. Non si prevede al mo-mento un’emissione di titoli sovrani. Novembre 2013 L’Emirato di Dubai sarà il primo paese mediorientale a ospitare l’Esposizione Universale nel 2020. L’assegnazione dell’e-vento darà il via ad un ampio piano di espansione infrastrutturale e, oltre a garantire un aumento degli afflussi turistici (si stima un afflusso di 25 milioni di visitatori durante i sei mesi dell’evento), permetterà una maggiore crescita del settore non-oil del paese. Le autorità hanno pianificato investimenti per oltre USD 8 miliardi, e stimano che l’evento genererà un ritorno economico totale di USD 28 miliardi. Secondo alcuni analisti, l’Expo spingerà ulteriormente le previsioni di crescita per Dubai: per il 2013 e 2014 si attende una crescita del PIL rispettivamente pari a +3,8% e 4,2%.

COUNTRY RISK UPDATES

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KUWAIT

Il Kuwait ha sempre goduto di un'economia aperta, con relazioni commerciali estese anche prima della scoperta del petrolio. E’ un Paese aperto al commercio estero, che non ha restrizioni quantitative alle importazioni ma vieta l’importazione di alcuni prodotti per motivi religiosi, di salute e di sicurezza. Non ci sono restrizioni sui trasferimenti di capitali e il dinaro kuwaitiano, una valuta forte e stabile, è liberamente convertibile e trasferibile. Il Kuwait ha approvato nel 2010 un piano di sviluppo da attuarsi in 4 anni (2010/2011-2013/2014) di circa USD 130 miliardi, che prevede spese per mega progetti, trasporti, utilities, oltre a 7 zone industriali speciali tra cui un parco tecnologico e una zona logistica. L'obiettivo principale del piano di sviluppo è di aumentare la quota del settore privato nel PIL dal 37% (2009) al 44% entro la fine del piano quadriennale (2014), di aumentare la quota della forza lavoro nazionale dal 15,5% al 21%, e di aumentare la quota di ricerca e sviluppo dallo 0,2% all’1,0%. Il Kuwait gode di buone condizioni macroeconomiche che si riflettono in una crescita economica moderata ma sostenibile, in stabilità finanziaria, in basse pressioni inflazionistiche grazie alla prudente politica monetaria della Banca Centrale. Il Paese gode di un elevato reddito pro-capite (42.709 dollari per abitante – stima E.I.U. 2/2014), mentre il prodotto interno lordo a prezzi correnti (secondo le stime ufficiali) dovrebbe raggiungere nel 2014 184,761 miliardi di euro, dato che colloca le dimensioni dell'economia kuwaitiana a ridosso di quelle di Paesi ben più popolosi. Il Kuwait ha una posizione geografica strategica nel nord del Golfo Persico, adiacente a tre mercati principali (Iraq, Arabia Saudita e Iran). La nuova legge n 116/2013 per promuovere gli investimenti diretti (IDE) nello Stato del Kuwait ha ribadito gli incentivi di cui alla legge sugli IDE attualmente in vigore (legge n ° 8 del 2001) ed ha introdotto l'adozione di un approccio "negative list", aprendo tutti i settori economici agli investitori stranieri, tranne quelli esclusi su decisione del Consiglio dei ministri. Indicatori sociali demografici Lingua: l’arabo è la lingua ufficiale. L’inglese è largamente diffuso ed è la lingua degli affari correnti. Religione: musulmani 85% (di cui sunniti 70%; sciiti 30%), il restante 15% si divide fra Cristiani e Induisti Moneta: dinaro kuwaitiano (KD) con tasso di cambio che oscilla tra i 2,60 e i 2,80 euro per dinaro Popolazione: 3.700.000 circa, dei quali due terzi stranieri.

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Struttura demografica (quota %): 0-14 anni: 25,4%; 15-24: 15,3%; 25-54: 52,3%; 55-64 : 2,2%; over 65 anni: 2,1%.

Età media: 28,9 anni Tasso di crescita della popolazione: 1,7%. Rapporto maschi/femmine: 1,4 a 1. Aspettativa di vita: 77,6 anni.

Piramide delle età

Principali indicatori geografici Superficie : 17,818 km2.

Clima: desertico, estati sensibilmente calde, inverni brevi e freschi. Punti estremi: Golfo Persico : 0 m. Punto privo di nome: 306 m. Fuso orario: UTC/GMT +3 . L’ora non cambia durante il periodo estivo, pertanto ci sono sempre 2 ore di differenza fra Greenwich e il Kuwait in estate, e 3 in inverno. Profilo politico Politica interna Il Kuwait è nominalmente una monarchia costituzionale, come stabilito dalla Costituzione approvata nel 1962. Il Capo dello Stato è l’Emiro, che esercita il potere esecutivo per mezzo del Primo Ministro e degli altri Ministri. Il potere legislativo compete all’Emiro e all’Assemblea Nazionale (unicamerale), i cui 50 membri sono eletti con mandato quadriennale. Nell’Assemblea Nazionale siedono anche i 15 membri di nomina da parte dell'Emiro che coincidono con i membri del Governo; questi non hanno, tuttavia, i poteri dei membri eletti. Il suffragio, inizialmente limitato a circa il 6% della popolazione, è stato progressivamente ampliato. Il 16 maggio 2005, con una storica deliberazione parlamentare, il diritto di voto è stato esteso alle donne. Nelle elezioni politiche del 2009 vengono elette per la prima volta quattro deputate. L'Assemblea Nazionale del Kuwait svolge un ruolo più incisivo rispetto agli organi parlamentari degli altri Paesi del Golfo: organo elettivo con poteri legislativi, di supervisione finanziaria e di controllo sull’esecutivo, può considerarsi emanazione diretta del Consiglio Nazionale Legislativo che, già nel 1938, la dinamica classe mercantile dei tujjar era riuscita ad ottenere dall’Emiro, sancendo così un’alleanza pragmatica con la dinastia degli Al-Sabah.

KUWAIT

Il Kuwait ha sempre goduto di un'economia aperta, con relazioni commerciali estese anche prima della scoperta del petrolio. E’ un Paese aperto al commercio estero, che non ha restrizioni quantitative alle importazioni ma vieta l’importazione di alcuni prodotti per motivi religiosi, di salute e di sicurezza. Non ci sono restrizioni sui trasferimenti di capitali e il dinaro kuwaitiano, una valuta forte e stabile, è liberamente convertibile e trasferibile. Il Kuwait ha approvato nel 2010 un piano di sviluppo da attuarsi in 4 anni (2010/2011-2013/2014) di circa USD 130 miliardi, che prevede spese per mega progetti, trasporti, utilities, oltre a 7 zone industriali speciali tra cui un parco tecnologico e una zona logistica. L'obiettivo principale del piano di sviluppo è di aumentare la quota del settore privato nel PIL dal 37% (2009) al 44% entro la fine del piano quadriennale (2014), di aumentare la quota della forza lavoro nazionale dal 15,5% al 21%, e di aumentare la quota di ricerca e sviluppo dallo 0,2% all’1,0%. Il Kuwait gode di buone condizioni macroeconomiche che si riflettono in una crescita economica moderata ma sostenibile, in stabilità finanziaria, in basse pressioni inflazionistiche grazie alla prudente politica monetaria della Banca Centrale. Il Paese gode di un elevato reddito pro-capite (42.709 dollari per abitante – stima E.I.U. 2/2014), mentre il prodotto interno lordo a prezzi correnti (secondo le stime ufficiali) dovrebbe raggiungere nel 2014 184,761 miliardi di euro, dato che colloca le dimensioni dell'economia kuwaitiana a ridosso di quelle di Paesi ben più popolosi. Il Kuwait ha una posizione geografica strategica nel nord del Golfo Persico, adiacente a tre mercati principali (Iraq, Arabia Saudita e Iran). La nuova legge n 116/2013 per promuovere gli investimenti diretti (IDE) nello Stato del Kuwait ha ribadito gli incentivi di cui alla legge sugli IDE attualmente in vigore (legge n ° 8 del 2001) ed ha introdotto l'adozione di un approccio "negative list", aprendo tutti i settori economici agli investitori stranieri, tranne quelli esclusi su decisione del Consiglio dei ministri. Indicatori sociali demografici Lingua: l’arabo è la lingua ufficiale. L’inglese è largamente diffuso ed è la lingua degli affari correnti. Religione: musulmani 85% (di cui sunniti 70%; sciiti 30%), il restante 15% si divide fra Cristiani e Induisti Moneta: dinaro kuwaitiano (KD) con tasso di cambio che oscilla tra i 2,60 e i 2,80 euro per dinaro Popolazione: 3.700.000 circa, dei quali due terzi stranieri.

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Ciò rende il Kuwait un unicum nel panorama delle monarchie del Golfo, in bilico tra tradizione e modernità, laddove ad un controllo dell’esecutivo da parte del Parlamento, si associano – in questo non differenziandosi alle altre monarchie del Golfo - le tensioni interne ai due rami della dinastia Al-Sabah, soprattutto in vista della successione all’Emiro, oramai ultraottantenne. L’Assemblea può votare la sfiducia dei membri del Governo e ha il potere di confermare la nomina dell’emiro e del principe ereditario. In Kuwait non esiste un sistema partitico, ma di fatto esistono aggregazioni e raggruppamenti. I Parlamentari sono considerati indipendenti, anche se spesso risultano affiliati a gruppi tribali caratterizzati prevalentemente per l’orientamento politico (conservatore o liberale) o religioso (sunnita o sciita). La formazione di maggioranza è trasversale alle varie fazioni, non politicamente predeterminata, ma variabile in relazione alla natura del progetto di legge in discussione. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un contrasto crescente tra l'Assemblea Nazionale ed il Governo, accusato di inefficienza e corruzione. Per far fronte ad una situazione de facto ingestibile, soprattutto a seguito della vittoria delle opposizioni alle elezioni del febbraio 2012, l'Emiro ha proceduto allo scioglimento del Parlamento (ottobre 2012) e all'indizione di nuove elezioni per il 1 dicembre 2012. Boicottate dalle principali forze di opposizione, le elezioni hanno visto prevalere i partiti filo-governativi, a cui si è aggiunto anche il buon risultato delle forze sciite (15 seggi su 50). Dopo alcuni mesi di attività, tuttavia, la Corte Costituzionale nel mese di giugno 2013 ha dichiarato illegittimo il Parlamento in carica, aprendo la strada così a nuove elezioni, che si sono tenute il 27 luglio 2013. Il risultato principale è consistito in un netto ridimensionamento della presenza sciita e, al contempo, in un un risultato piuttosto contenuto dei partiti islamisti. Chiara, invece, l'affermazione delle forze politiche liberali e vicine all'attuale establishment, attraverso l'ingresso in Parlamento di un nutrito drappello di esponenti del mondo economico. Un rimpasto di governo è stato da ultimo effettuato il 6 gennaio 2014. Relazioni internazionali Il Kuwait persegue una politica estera tradizionalmente in stretto raccordo con ONU, Lega Araba e Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG), di cui è membro dal 1981. Pilastro di assoluta importanza per il Paese è il rapporto con gli Stati Uniti, i quali nel 1991 hanno guidato la coalizione internazionale che ha liberato il Kuwait dall'invasione irachena. I rapporti tra USA e Kuwait si sono ulteriormente rafforzati nel 2003, in occasione delle operazioni militari che hanno portato alla caduta del regime di Saddam Hussein. Nel complesso, tali eventi hanno fatto del Kuwait un partner strategico degli Stati Uniti, con un importante dispiegamento di truppe americane nel suo territorio - utilizzato come base logistica - che è stato ulteriormente incrementato a seguito del ritiro delle truppe americane dall’Iraq il 31 dicembre 2011. Ottimi anche i rapporti dell'Emirato con la NATO, tanto che nel febbraio 2012 le autorità kuwaitiane si sono offerte di ospitare, finanziandolo, il Centro NATO-ICI. Più complessi, nell'area, i rapporti con l'Iran, in virtù della presenza di un'importante minoranza sciita nel Paese, e con l'Iraq, in ragione degli eventi bellici di ventidue anni fa. In ogni caso, le leadership dei Paesi in questione hanno sempre mostrato di voler superare i contenziosi esistenti attraverso lo strumento del dialogo. I rapporti del Paese con l’Unione Europea (UE) sono per la gran parte demandati al Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG). Le relazioni tra i due organismi risalgono a metà degli anni Ottanta e sono state istituzionalizzate attraverso l’Accordo di Cooperazione tra l’UE e il CCG, siglato nel 1989 e in vigore dal 1° gennaio 1990. Esso contiene l’impegno ad avviare i negoziati per la firma di un Accordo di Libero Scambio (ALS), al fine di colmare il deficit commerciale dei Paesi CCG verso l’Unione Europea attraverso l’apertura immediata e senza restrizioni del mercato europeo alle esportazioni provenienti dal Golfo (in particolare alluminio, prodotti petrolchimici e della pesca). L’UE mira invece ad ottenere aperture nei settori dei servizi e degli appalti pubblici e la riduzione delle limitazioni azionarie alla proprietà straniera in settori strategici (telecomunicazioni, servizi finanziari e marittimi). Il Kuwait ha da sempre sostenuto una maggiore integrazione con il mercato europeo, in quanto si tratterebbe di una garanzia di sicurezza multilaterale ed una valida sponda tecnologica ed economico-commerciale. Ciò nonostante, ad oggi, non si è ancora riusciti a trovare un compromesso che possa portare alla conclusione dell’Accordo.

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Quadro macroeconomico - Principali indicatori

Il Kuwait è un Emirato del Golfo dotato di una popolazione limitata (stimata 3,9 milioni di abitanti nel 2013 e per due terzi costituita da stranieri), distribuita come segue tra i 5 governatorati: Kuwait City (capitale): 510.505, Farwaniya: 973.561, Hawalli: 798.380, Ahmadi: 715.776, Jahra: 465.860, Mubarak al-Kabeer: 227,587 (dati della Public Authority for Civil Information alla fine del 2011). Il Paese gode di un elevato reddito pro-capite (42.709 dollari per abitante – stima E.I.U. 2/2014), mentre il prodotto interno lordo a prezzi correnti (secondo le stime ufficiali) dovrebbe raggiungere nel 2013 i 178,455 miliardi di dollari USA, dato che colloca le dimensioni dell'economia kuwaitiana a ridosso di quelle di Paesi ben più popolosi. Fonte primaria della ricchezza dell'emirato è l'esportazione di greggio, grazie ad una capacità produttiva di circa a 3,2 milioni di barili al giorno, con previsioni di incremento fino a 4 milioni nel 2020 e di mantenere tale livello fino al 2030. Il petrolio rappresenta oltre la metà del PIL del Kuwait, il 95% delle esportazioni ed il 92% delle entrate governative. I principali settori economici (industrie, trasporti, servizi) sono gestiti da società statali, che occupano il 77% della forza lavoro locale mentre nel settore privato la percentuale si inverte a favore dei lavoratori stranieri, che hanno un ruolo numericamente dominante. Il piano di sviluppo 2010-2014, prevede investimenti per circa 102 miliardi di euro, con l’obiettivo di trasformare il Kuwait in “un centro commerciale e finanziario regionale”.

Politica economica Nel 2014, la crescita non-petrolifera dovrebbe aumentare al 4,4 per cento della spesa sostenuta da capitale pubblico, guidando l'inflazione media al 3,5 per cento. Un livello costante di produzione di petrolio dovrebbe mantenere una crescita reale del PIL totale al di sotto del 3 per cento. Gli avanzi di bilancio e delle partite correnti dovrebbero rimanere di grandi dimensioni nel 2014. Nel medio termine, la crescita non petrolifera si prevede che acceleri a circa il 5 per cento, poiché i grandi investimenti infrastrutturali in corso sosterranno la dinamica di crescita. Il rischio principale è un calo dei prezzi del petrolio. (FMI). Sono in corso di attuazione alcuni dei maggiori progetti infrastrutturali previsti nel Piano di sviluppo 2010-14 di 102 miliardi di euro, con cui il Kuwait mira a favorire l'espansione del settore non petrolifero nell'economia e ad incoraggiare la partecipazione dei kuwaitiani nel settore privato attraverso il programma di "kuwaitization" (minime quote nelle aziende private riservate per legge ai kuwaitiani). Altri, tra cui quello della metropolitana, sono stati temporaneamente congelati.

Dove investire

Coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio Il settore degli idrocarburi è strutturato attorno alla Kuwait Petroleum Corporation (KPC) ed è supervisionato dal Consiglio Supremo del Petrolio, responsabile delle scelte politiche. Le decisioni tecniche in materia di petrolio e gas sono prese dai manager professionisti della KPC e delle sue diverse filiali specializzate - di cui la più importante è la Kuwait Oil Company (KOC), responsabile dell'esplorazione e dell'attività produttiva. Le maggiori aziende straniere sono presenti in Kuwait, tra cui la Saipem, che forniscono alcuni servizi di consulenza e supporto, sulla base di specifici accordi.

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Tuttavia è la KOC l'operatore dell'attività upstream. L'esportazione di greggio è la fonte primaria della ricchezza dell'emirato, grazie ad una capacità produttiva di circa a 3,1 milioni di barili al giorno, con previsioni di incremento fino a 4 milioni nel 2020 e di mantenere tale livello fino al 2030. Si tratta di un obiettivo ambizioso, ma che richiede lo sviluppo di campi complessi vicino al confine settentrionale del Kuwait. Le riserve petrolifere kuwaitiane, stimate in 104 miliardi di barili (fonte: EIA), sono pari al 6% di quelle mondiali, posizionando il Kuwait al sesto posto al mondo subito prima degli EAU (7%) e dopo Venezuela, Arabia Saudita, Canada, Iran e Iraq. Le entrate di bilancio dell'Emirato si basano per più del 90% sui proventi della produzione e della vendita del petrolio greggio e dei suoi derivati, che rappresentano la quasi totalità delle sue esportazioni. Circa 20 miliardi di barili sono in Marrat, una struttura geologica che si estende da nord a sud del Paese. Il Kuwait possiede anche metà dei 5 miliardi di barili nella zona neutra condivisa con l'Arabia Saudita. Il più grande campo petrolifero in Kuwait - e il secondo più grande al mondo - è il Burgan (70 miliardi di barili) situato a sud del Paese. Allo stato attuale, il Kuwait è il quarto produttore ed esportatore nell’OPEC (l'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio), con circa 1417 pozzi produttivi, di cui metà sono poco profondi e l’altra metà sono pozzi ad alta pressione situati a Marrat, con capacità di estrarre fino a 10.000 b/g ciascuno. Gas: complemento per l'espansione della capacità di produzione di petrolio è la necessità di individuare nuove fonti di gas per il settore energetico del Kuwait, per gli impianti di desalinizzazione dell'acqua e per gli impianti petrolchimici. La produzione di energia elettrica infatti, consuma fino a 300.000 b/g di petrolio, ma il governo si augura che il gas possa prendere il suo posto, liberando così più petrolio greggio per l'esportazione. A parte le importazioni, il gas potrebbe anche essere prodotto in mare aperto nel campo Durra, nel Golfo, dove il Kuwait, l'Iran e l'Arabia Arabia hanno rivendicazioni, almeno parziali. Tuttavia, il Kuwait è anche desideroso di sviluppare le proprie riserve onshore. Alta priorità è data alla ricerca di gas non associato al petrolio, in particolare nelle rocce risalenti all’età giurassica, al di sotto dei giacimenti petroliferi già esistenti. Al riguardo la Kuwait Oil Company (KOC) sta avviando la seconda fase del suo primo programma di produzione di gas non associato, per la produzione di gas da giacimenti di petrolio del Kuwait del nord, che aumenterà la produzione a 150.000 barili al giorno (b / d) di petrolio greggio e a 17 milioni di metri cubi al giorno (m3 / d) di gas nel campo Jurassic a Mina al Ahmadi. Il progetto fa parte dei piani della KOC di elaborare greggio acido e di fonderlo con il greggio dolce proveniente dai suoi giacimenti petroliferi nel nord, sud e sud-est. Il primo progetto di produzione di gas non associato è stato assegnato nel 2006 alla Safwan Petroleum Technologies per cinque anni su contratto BOT (Build Operate Tranfer). Secondo l’OPEC le riserve provate di gas naturale del Kuwait ammontano a 1.784 miliardi di metri cubi. Nel 2011 la produzione di gas del Kuwait è ammontata a 36,8 milioni di metri cubi al giorno (fonte EIA). Si prevede inoltre di aumentare la sua produzione di gas naturale al giorno a 113,27 milioni di metri cubi entro il 2030. Il Paese ha in programma di investire 100 miliardi di dollari in progetti energetici nei prossimi cinque anni, il che comprende programmi per costruire un deposito di GNL galleggiante permanente e un terminale di rigassificazione per far fronte alla sua crescente domanda di gas. Costruzioni Progetti aeroportuali: si prevede l’espansione delle due piste esistenti dell'aeroporto internazionale del Kuwait fino a 600m e di costruirne una terza, così come l'ampliamento delle infrastrutture per i depositi di carburante e la creazione di un hub logistico. Dopo l’ampliamento l'aeroporto sarà in grado di ricevere i più grandi aeromobili, tra cui alcuni A380. Il progetto di ampliamento prevede anche la realizzazione di un nuovo terminal (Terminal 2), la cui progettazione è stata aggiudicata alla britannica Foster & Partners. Progetti portuali: il governo del Kuwait sta sviluppando un nuovo porto e una massiccia struttura logistica, sull’isola di Boubyan, nel nord-ovest del Kuwait, estesa per 860 kmq. Il porto è destinato a trasformare il Kuwait in un centro commerciale regionale. Progetti ferroviari: il Kuwait prevede di sviluppare una rete metropolitana lunga 160 km all'interno della città del valore di oltre 7 miliardi di dollari. Circa 60 km della metropolitana saranno costruiti sottoterra, allo scopo di risolvere il problema della crescente congestione del traffico. Progetti turistici: progetto per lo sfruttamento in chiave turistica dell’isola di Failaka, antistante la capitale e dotata degli unici siti archeologici del Paese. Il progetto, a lungo bloccato, ma che raccoglie tuttora interesse nel Governo e degli investitori privati, prevede un investimento di 3,3 miliardi di USD per la creazione di resort turistici, di un’università e di parchi divertimento. La gestione dell'isola verrebbe data in concessione per 25 anni al vincitore della gara.

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Progetti urbani: progetto di costruzione della cosiddetta “Silk City” (“Madinat al Hareer”). Oggetto di grande rilievo nei media al momento del suo annuncio, nel 2006, il progetto resta per ora sulla carta ma potrebbe diventare il motore dello sviluppo urbano del nord del Paese. Valore stimato circa 85 miliardi di USD, si tratta di una vera e propria “new city” da edificare su un’area di 250 kmq nella penisola di Subiya, a nord della baia del Kuwait. Tra le costruzioni contemplate nel masterplan (elaborato dalla società londinese Eric Khune & Associated) vari distretti per divertimenti (cinema, centri sportivi, parchi) e quartieri residenziali con una capacità abitativa di oltre 700.000 persone. Sono in corso molti progetti per l'ampliamento e la costruzione di nuovi ospedali, due centri culturali, edilizia abitativa, strade ed autostrade. Energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata (anche da fonti rinnovabili) Il Kuwait vanta una elevata produzione di energia elettrica (57.028 MKWh nel 2010, dato del Central Statistic Bureau), necessaria a soddisfare un consumo pro-capite tra i più elevati al mondo. L'elettricità è fortemente sovvenzionata dal governo. Una recente legge consente investimenti esteri nei settori dell'elettricità e dell'acqua, attraverso il partenariato pubblico-privato con l'istituzione di progetti idrici e di energia elettrica (IWPP) indipendenti, affidati al Partnerships Technical Bureau (PTB). Mentre la maggior parte dei progetti futuri saranno sviluppati come IWPP, quelli che avranno una capacità di potenza inferiore a 500MW possono essere ancora curati dal Ministry of Electricity and Water (MEW) come gare di engineering, procurement e construction (EPC), tra cui quelli per le energie rinnovabili attraverso il Kuwait Institute for Scientific Research (KISR). Il picco della domanda di energia elettrica è previsto quasi raddoppiare entro il 2020. L’utilizzo di energia ha toccato il massimo di 11.220 MW nel 2011, mentre la capacità installata era di soli 12.800 MW. Dal 2015 il consumo in Kuwait si prevede che aumenti fino a 15.300 MW, fino a raggiungere i 21.600 MW entro il 2020. Il Kuwait intende soddisfare questa crescente domanda aumentando la sua capacità installata a 17.000 MW entro il 2015 e a 25.400 MW entro il 2020. Macchinari e apparecchiature Il Kuwait è un Emirato che possiede un'industria manifatturiera estremamente limitata ed è pertanto fondamentalmente un importatore. Negli ultimi anni il Governo sta avviando una politica di graduale "industrializzazione " del sistema produttivo (anche per ridurre la dipendenza dai proventi del petrolio), che si è tuttavia finora tradotta nella creazione di pochissime nuove industrie. Nel 2010 l'industria manifatturiera contribuisce al 5,33% del PIL del Kuwait. Il piano di sviluppo 2010-2014 prevede di aumentare la base industriale in Kuwait. Il totale degli asset del settore industriale del Kuwait è cresciuto del 12% su base annua nel 2010, con un utile netto pari a KWD 86,64 milioni, contro i KWD 26,98 milioni del 2009. La più grande azienda industriale in Kuwait, in termini di base patrimoniale, è la Gulf Cable & Electrical Industries Company, con KWD 331,70 mn in asset. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, a giugno 2011 la dimensione totale del settore manifatturiero in Kuwait era stimata intorno a KWD 1,57 miliardi (4,3 miliardi di euro). Nella “Kuwait Vision 2035” e nel piano di sviluppo del Kuwait 2010-14, le Autorità mirano a promuovere un'economia più diversificata. Il settore manifatturiero in Kuwait ruota principalmente intorno imprese di proprietà statale, ma le aziende private si sono ritagliate una nicchia negli ultimi anni. Il Kuwait ha in gran parte evitato di creare fabbriche in settori ad alto consumo energetico, come la produzione di alluminio, data la sua relativamente limitata disponibilità di gas a basso prezzo. Piuttosto si è affermato in settori come l'edilizia ed il petrolchimico, guadagnandosi una reputazione internazionale. L'industria petrolchimica ha fornito notevole possibilità di produzione di materie plastiche a valle e ha anche fornito un mercato per una rapida espansione delle imprese di ingegneria in Kuwait. Mentre il settore privato sta fornendo un crescente contributo alla produzione in Kuwait, il settore manifatturiero kuwaitiano è dominato dalla National Industries Group (NIG), una holding di proprietà statale stabilita dopo l'indipendenza del Paese, che ha dato impulso al settore per più di quattro decenni. Il NIG produce prodotti petrolchimici, ha interessi nel settore finanziario, dei servizi e nel settore immobiliare. La maggior parte della sua produzione avviene ad opera della propria divisione denominata National Industries Companies for Building Materials (NICBM), che gestisce oggi il più grande complesso industriale per i materiali da costruzione nel Medio Oriente. Anche il settore alimentare si è dimostrato particolarmente fruttuoso per gli investitori del settore privato in Kuwait.

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La più grande azienda alimentare del Paese, la Kuwait Food Company (Americana), ha un fatturato annuo di più di $ 1 miliardo ed occupa una posizione di leadership nei mercati del Golfo. E’ meglio conosciuta per i suoi ristoranti e fast-food in franchising, tra cui catene ad alta visibilità come KFC, Pizza Hut, Baskin & Robbins e Costa, nella regione del Golfo e del Medio Oriente allargato. Ma ha anche alimentato una divisione della trasformazione dei prodotti alimentari, prodotti in 18 stabilimenti in cinque Paesi e sono commercializzati in tutta la regione. Questi includono marchi come Americana meat, Americana cake, Farm Frites, California Garden e Green Land. C'è anche la possibilità di sfruttare la trasformazione di prodotti alimentari provenienti dalle tasche fertili del Paese, vicino ai confini iracheno e saudita, facilmente esportabili verso tali mercati. Con le previste zone industriali nel nuovo porto nell’isola Boubiyan e la proposta Città della seta sulla penisola Subiya, oltre alle zone manifatturiere esistenti nei pressi di Kuwait City, il Paese è ben posizionato per trarre vantaggio dello sviluppo economico di tutta la regione del Golfo. Sanità e assistenza sociale Pur se il Kuwait è tra i Paesi meno popolosi della regione del Golfo, ha una spesa pro capite maggiore per prodotti farmaceutici, rispetto agli altri Paesi della regione. La crescita sarà spinta da una popolazione in espansione, da un aumento del numero di lavoratori stranieri, nonché dagli sforzi del governo di migliorare la sanità. Principalmente si tratta di farmaci per la cura di malattie croniche. Mentre i kuwaitiani ricchi tendono a favorire gli acquisti di marca, la necessità di ampliare la sanità dovrebbe aprire la strada ad un più ampio utilizzo di farmaci equivalenti generici meno costosi. Attualmente, i farmaci tendono ad essere più costosi in Kuwait che in alcuni altri Paesi del Golfo, spingendo alcuni residenti a viaggiare all'estero per il loro approvvigionamento. Questo potrebbe cambiare con l’allargamento del mercato interno e con l’avvio di riforme nel settore sanitario, oltre che con l’armonizzazione della struttura delle tariffe nell’ambito dei Paesi del Golfo, portando i prezzi al ribasso. Al momento solo la Kspico (www.kspico.com) produce una piccola quantità di farmaci generici e le importazioni continuano a rappresentare oltre il 90 per cento del mercato. Il settore offre buone opportunità alle ditte straniere di produrre in loco ma le società internazionali sembrano continuare a favorire la pratica diffusa di stabilire accordi con distributori e importatori kuwaitiani piuttosto che costruire propri stabilimenti nel Paese. Molte aziende farmaceutiche principali sono presenti attraverso tali accordi, tra cui Pfizer, GlaxoSmithKline, Johnson & Johnson e Novartis. Una delle maggiori aziende importatrici di medicinali è la Safwan Trading and Contracting, specializzata nell'importazione e distribuzione di prodotti farmaceutici, nonché attrezzature mediche oltre che agricole ed alimentari. La maggior parte del business nel settore farmaceutico è attualmente svolto dal governo, dato che le organizzazioni statali forniscono più di due terzi dei farmaci venduti in Kuwait. Restrizioni governative sui prezzi dei farmaci sono stati un fattore influente nello sviluppo del settore. Nonostante la piccola industria su scala domestica, c’è una fiorente cultura della ricerca nell'Università del Kuwait, dove sono stati testati e sviluppati nuovi trattamenti. L’Istituto Kuwaitiano per la Ricerca Scientifica (KISR) che si trova nell’università, è il beneficiario principale dei fondi destinati alla ricerca. L'università del Kuwait è anche desiderosa di ampliare i propri legami col settore sanitario e anche con l'industria, aumentando le prospettive di associarsi con il settore privato. Per combattere la diffusa malattia del diabete, nel 2006 è stato aperto il Centro Dasman, che sta sviluppando una reputazione come istituto di ricerca di fama mondiale. Buone prospettive vi sono anche per la fornitura di attrezzature diagnostiche, considerato il previsto ampliamento di vari ospedali. Cosa vendere Macchinari e apparecchiature Considerati i numerosi tender previsti ed in corso in vari settori, in particolare in quello dell'"oil and gas" e delle infrastrutture, le ditte italiane potrebbero beneficiare direttamente o indirettamente di tali progetti fornendo macchinari, attrezzature, tecnologia e servizi di consulenza via via richiesti. Fornitura di acqua; reti fognarie, attività di trattamento dei rifiuti e risanamento Il settore del riciclaggio dei rifiuti e delle acque reflue è di interesse attuale in Kuwait. Tra i progetti di energia rinnovabile su base EPC è prevista una gara per un parco di energie rinnovabili attraverso il Kuwait Institute for Scientific Research (KISR).

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Il parco comprende un gruppo di 10 MW di energia eolica, 10MW di solare fotovoltaico ed un impianto di 50MW di energia solare concentrata. Tecnologie per la desalinizzazione delle acque. Il primo progetto di IWPP (Independent Water and Power Project), che prevede la costruzione di una nuova centrale elettrica e dissalatore associato nell'area di Al-Zour North, per un valore stimato di circa 2,5 miliardi di dollari, con la costituzione della “Al Zour Electrical Company”, è stato firmato a dicembre 2012 tra il Ministero dell’elettricità e il Partnership Technical Bureau da una parte ed il consorzio vincitore della gara che comprende la consorzio che comprende IP-GDF Suez (Regno Unito/Francia), Sumitomo (Giappone) e Abdulla al Hamad Sagar & Brothers Group (Kuwait). Il capitale della nuova società è di 120 milioni di KD (Circa 440 milioni di USD). Del 40% del capitale sociale destinato al consorzio, le due società estere avranno ciascuna il 48%, mentre il partner kuwaitiano avrà il 4%. Il restante 50% sarà riservato al pubblico e il 10% al Governo. Costruzioni Considerati i numerosi progetti di edilizia residenziale ed ospedaliera previsti, le aziende italiane potrebbero beneficiare degli stessi, anche mediante contratti di subappalto. Computer e prodotti di elettronica e ottica; apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi È la quinta voce dell'export italiano in Kuwait, dove c'è molto mercato per le nuove tecnologie (in particolare smartphone, computer, tablets, ecc.). Mobili Il mercato delle costruzioni in espansione richiede la fornitura di mobili e arredamenti in larga scala, in particolare porte, finestre, cucine componibili. Sono previste anche richieste di forniture per arredamenti ospedalieri, ed in alcuni casi di mobili ed arredi di alto pregio. Overview dei rapporti con l’Italia Le ottime relazioni politiche tra i due Stati hanno subito un’accelerazione a partire dal 2009, con la visita in Italia del Primo Ministro kuwaitiano, seguita nel 2010 da quella dell’Emiro. Fino ad oggi le visite nei rispettivi Paesi non si sono interrotte, registrando solo nel 2012 la presenza del ministro della Difesa Di Paola (tornato una seconda volta nel 2013), dello Sviluppo economico, Passera, e del Presidente del Consiglio, Monti. Quest’ultima visita ha contribuito soprattutto a rilanciare l’affidabilità dell’Italia dopo la crisi finanziaria dell’ultimo anno, ponendo quindi le basi per un’intensificazione dei rapporti commerciali tra i due Stati oltre che dei flussi di investimenti bilaterali. Il 4 febbraio 2014, infine, il Presidente del Consiglio Letta, è giunto in visita ufficiale in Kuwait, incontrandosi con Emiro e Primo Ministro. Molto importanti i risultati ottenuti, soprattutto sul piano finanziario: il Kuwait Investment Authority (KIA), il fondo sovrano più antico del mondo, ha deciso di investire nel Fondo Strategico Italiano una cifra pari a 500 milioni di euro, a sostegno delle piccole e medie imprese italiane. Negli ultimi anni il Kuwait ha dimostrato di voler attrarre maggiori investimenti esteri introducendo nuove leggi economiche che, da un lato, favoriscono il clima degli investimenti, i diritti di proprietà intellettuale, e le relazioni commerciali e che, dall’altro, promuovono il settore privato nell'economia attraverso il programma di privatizzazioni e di partenariato pubblico privato e l'apertura di nuove aree agli investimenti privati locali e stranieri come le “utilities” (produzione di energia elettrica e acqua in progetti di desalinizzazione), e mega progetti infrastrutturali. La ritardata attuazione del piano di sviluppo 2010-2014 di 102 miliardi di euro, dovuta al lungo conflitto tra parlamento e governo, offre ora notevoli opportunità alle aziende italiane di vari settori (costruzioni, attrezzature “oil and gas”, infrastrutture, attrezzature sanitarie, arredamento) in quanto l'elezione di un parlamento vicino all'establishment kuwaitiano quale quello eletto il 27 luglio 2013 può contribuire ad un più efficiente processo decisionale che porti alla definitiva approvazione dei numerosi progetti previsti. Inoltre, il Kuwait è aperto al commercio estero, non prevedendo restrizioni quantitative alle importazioni (ma vieta l’importazione di alcuni prodotti per motivi religiosi, di salute e di sicurezza). Non vi sono limiti ai trasferimenti di capitali e il dinaro kuwaitiano, una valuta forte e stabile, è liberamente convertibile e trasferibile. Infine, l’elevato PIL pro-capite (oltre 47.000 euro) ed un notevole surplus di bilancio (oltre il 20% del PIL dal 2010) per 13 anni consecutivi, consentono di poter affermare che quello attuale è un momento particolarmente propizio per investire e penetrare commercialmente il mercato locale.

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Cenni al sistema legale del Kuwait (A cura dello Studio Legale DLA Piper Kuwait)

Il contesto politico ed economico Il Kuwait è nominalmente una monarchia costituzionale, come stabilito dalla Costituzione approvata nel 1962. Il Capo dello Stato è l’Emiro (dal 2006 nella persona di Sua Altezza Sabah Al-Ahmad Al-Sabah), che esercita il Potere Esecutivo per mezzo del Primo Ministro e degli altri Ministri. Il potere legislativo compete all’Emiro e all’Assemblea Nazionale (unicamerale), i cui 50 membri sono eletti con mandato quadriennale. L'Assemblea Nazionale del Kuwait svolge un ruolo più incisivo rispetto agli organi parlamentari degli altri Paesi del Golfo: organo elettivo con poteri legislativi, di supervisione finanziaria e di controllo sull’esecutivo, rendendo il Kuwait un unicum nel panorama delle monarchie del Golfo. Il periodo 2006 - 2009 è stato connotato da frequenti contrasti tra il Parlamento e l’esecutivo, designato dalla famiglia regnante. Ciò ha condotto a tre elezioni25 e ben cinque governi. Anche il governo insediatosi in seguito alle elezioni del 2009, e guidato da Al-Mahammed Al-Ahmad al-Sabah Nasser, si è poi dimesso nel 2011, con nuove elezioni che hanno portato (sorprendentemente) all’affermarsi di una minoranza sciita con una marcata influenza islamica in qualche modo contraria alla famiglia regnante. A riprova che la famiglia regnante detiene una influenza notevole sulle sorti del Paese, nel 2012 la Corte Costituzionale ha annullato le elezioni del 2011 ed anche le successive elezioni del dicembre 2012. Si è così arrivati alle elezioni del giugno del 2013, che hanno segnato un pesante calo di tale minoranza sciita26. Come vedremo in seguito, questi continui rivolgimenti a livello politico hanno rallentato notevolmente, ma non abortito, l'ingente piano di investimenti stanziato nel 2010. Con un reddito medio pro capite di circa US$ 50.000, il Kuwait rappresenta una piccola, relativamente aperta ed estremamente florida economia, che ha il suo fondamento nelle ricchissime riserve petrolifere, pari a quasi ad un decimo di quelle del pianeta. Tali riserve hanno portato a generare un costante surplus di cassa che tende ad abbassare (già molto bassa) la pressione fiscale. Gran parte di queste risorse petrolifere vanno a confluire nei fondi gestiti dal fondo sovrano del Kuwait, la Kuwait Investment Authority (KIA), ed in particolare nel Reserve Fund for Future Generations (avviato sin dal 1976 con l'obbiettivo di investire in attività estere il 10% dei proventi petroliferi), nel Public Institute for Social Security, nella Kuwait Petroleum Company e nel General Reserve Fund. Il petrolio quindi - che ai sensi della Costituzione ed insieme ai correlati proventi di natura statale è di proprietà statale - costituisce la risorsa principale del Kuwait. Esso pone tuttavia anche dei problemi - oggi di grande attualità - di sostenibilità del sistema economico nel medio-lungo termine (il petrolio è pur sempre una risorsa finita), con la necessità quindi di sviluppare altri comparti economici, privatizzare l'economia e, in generale, creare un'economia auto-sostenibile e meno dipendente dall'export del petrolio. In generale, il Kuwait importa gran parte del proprio fabbisogno interno, di qualunque tipo, e gli Stati Uniti rimangono il maggiore partner economico, anche se Cina e India si stanno prepotentemente affermando sul mercato dei prodotti di consumo di qualità a prezzo medio-bassi. Al di là del comparto petrolifero, ove si stanno comunque aprendo nuovi impianti di raffinazione e concessioni di sfruttamento anche per il gas naturale, gli investimenti esteri e interni sono andati negli ultimi anni ad aumentare e concentrarsi nel comparto dei trasporti, infrastrutture, servizi finanziari, sanità, formazione ed educazione, telecomunicazioni, alberghiero, ristorazione e retail. Tra i comparti industriali rilevanti, si annoverano il settore delle costruzioni, dei laterizi e materiali di costruzione (in cui l'Italia primeggia per investimenti diretti), i cantieri navali, l’attività di desalinizzazione delle acque. A questi comparti si associa uno stabile ed efficiente settore bancario e finanziario, regolato e controllato dalla Banca Centrale del Kuwait (CBK), costituita nel 1969, che funge anche da autorità monetaria e che, dal Maggio 2007, gestisce la liquidità domestica, sganciata dall’originario vincolo con il dollaro statunitense. Fondata nel 1952, la National Bank of Kuwait è la più grande banca privata del Paese ed una delle più grandi nel mondo arabo. Gli investimenti in programma Negli ultimi anni il Kuwait ha dimostrato di voler attrarre maggiori investimenti esteri introducendo nuove leggi economiche che, da un lato, favoriscono il clima degli investimenti, i diritti di proprietà intellettuale, e le relazioni commerciali e, dall’altro, promuovono il settore privato nell'economia attraverso il programma di privatizzazioni, partenariato pubblico privato (PPP), apertura di nuove aree agli investimenti privati locali e stranieri come le

25 Quella del 2009, per la prima volta, vide Quattro donne elette all'Assemblea Nazionale 26 CIA Factbook 2013

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“utilities” (produzione di energia elettrica e acqua in progetti di desalinizzazione), e mega progetti infrastrutturali. In particolare, nel 2010 il Kuwait ha adottato il 2010 Kuwait Development Plan e stanziato ingenti somme (più di 120 miliardi di dollari) per finanziare un primo lotto di progetti e mega-progetti (soprattutto attraverso contratti di tipo BOT, Build, Operate and Transfer) con l'obbiettivo di trasformare il Kuwait in un hub finanziario e commerciale trainato dal settore privato (anziché pubblico) e di diversificare l'economia. Tale piano di investimento è stato ritardato per via di alcuni conflitti politici interni che sembrerebbero stati di recente risolti (v. paragrafo precedente). Pertanto, si prevede ora il bando di vari (nuovi) progetti già programmati, ovvero la ripresa di vecchi progetti messi on hold. A titolo esemplificativo, alcuni di tali progetti, in certi casi in fase embrionale (pre-qualification stage) oppure on hold, sono ad esempio quelli volti a sviluppare le isole, costruire un nuovo porto e una massiccia struttura logistica a Boubyan, ingrandire l’aeroporto internazionale (inclusa la realizzazione di un nuovo terminal), costruire un nuovo campus universitario, creare un ulteriore (l'ottavo) anello stradale intorno a Kuwait City, sviluppare le città satellite di Subiya – dove verrebbe creato l’hub commerciale e finanziario noto come "Silk City" - Khairan, Jaber Al Ahmed, Arifjan, Al Mutlaa, Saad Al Abdullah e Sabah Al Ahmad, e costruire nuovi ospedali. Vi sarebbe anche in programma di sviluppare impianti di desalinizzazione e la costruzione di grandi centrali elettriche con una capacità superiore a 500 MW attraverso il Partnerships Technical Bureau (PTB). Tra i progetti di energia rinnovabile su base EPC (engineering, procurement and construction) è prevista una gara per un parco di energie rinnovabili che comprende un gruppo di 10 MW di energia eolica, 10MW di solare fotovoltaico ed un impianto di 50MW di energia solare concentrata. Opportunità di business per le imprese italiane: non solo lusso Made in Italy Relativamente al rapporto con l’Italia, è ancora forte il vincolo di amicizia e riconoscenza nei confronti del nostro Paese per il ruolo svolto nella liberazione del Kuwait dall’invasione irachena e per il nostro successivo impegno militare in Iraq. Le ottime relazioni politiche tra i due Stati hanno subito un’accelerazione a partire dal 2009. In Kuwait, così come negli altri Paesi del GCC27, si è verificato ed è tuttora in corso un rapido processo di modernizzazione economica e sociale che investe anche, e soprattutto, i valori tradizionali. La cultura dei consumi, amplificata da una popolazione molto giovane, da un benessere economico diffuso e da una classe media e salari in ascesa, è il perno attorno a cui ruota questa rivoluzione di costumi. Queste caratteristiche (reddito alto, crescenti potere d'acquisto e classe media, giovane età, limitate attività di svago) stimolano attitudini particolari del consumatore e comportamenti favorevoli all'acquisto di beni di consumo, spesso di lusso. In diversi casi si registrano addirittura patologie di shopping addiction (dipendenza dallo shopping). Abbigliamento, accessori, gioielleria, calzature, profumi e cosmetici sono i prodotti di alta gamma che da tempo godono in questi mercati di ottimi tassi di crescita. Un segmento in rapida crescita, inoltre, è quello del gourmet dell'alimentare, considerando che la spesa per il cibo, e la centralità del cibo, rimane molto alta in Kuwait e, in generale, in Medio Oriente. Il design italiano - in qualunque settore - gode di fama pressoché assoluta. Spesso il consumatore basa le proprie scelte d'acquisto in base alla riconoscibilità del brand, nonostante cresca sempre di più l'interesse per la qualità e l'esclusività. Si deve tuttavia ribadire che, oltre al settore dei beni di lusso e, in generale, dello FMCG (fast moving consumer goods), un mercato da esplorare per le aziende italiane è quello dei progetti e delle gare e opere pubbliche, come main contractor ma anche come sub-contractor. Infatti, la ritardata attuazione del piano di sviluppo 2010-2014 di 102 miliardi di euro (2010 Kuwait Development Plan), dovuta al lungo conflitto tra parlamento e governo, offre ora notevoli opportunità alle aziende italiane di vari settori (costruzioni, attrezzature oil and gas, infrastrutture, attrezzature sanitarie, arredamento) in quanto l'elezione di un parlamento vicino all'establishment kuwaitiano - quale quello eletto il 27 luglio 2013 - può contribuire ad un più efficiente processo decisionale che porti alla definitiva approvazione dei numerosi progetti previsti. Considerati i numerosi tender previsti ed in corso in vari settori, in particolare in quello dell'oil and gas e delle relative infrastrutture, le ditte italiane potrebbero beneficiare direttamente o indirettamente di tali progetti fornendo macchinari, attrezzature, tecnologia e servizi di consulenza via via richiesti. Anche nei numerosi progetti di edilizia (residenziale e ospedaliera), del riciclaggio dei rifiuti e delle acque reflue (water waste treatment) e nel settore elettrico, le aziende italiane potrebbero beneficiare degli stessi, anche mediante contratti di subappalto.

27 Kuwait, Bahrain, Arabia Saudita, Oman, Qatar, Emirati Arabi Uniti

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Il mercato delle costruzioni in espansione richiede inoltre la fornitura di mobili e arredamenti in larga scala, in particolare porte, finestre, cucine componibili. Sono previste anche richieste di forniture per arredamenti ospedalieri, ed, in alcuni casi, di mobili ed arredi di alto pregio. Computer e prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi rappresentano, oggi, la quinta voce dell'export italiano in Kuwait. Pertanto, un rafforzamento di tale export è auspicabile oltre che a portata di mano. Infine, e in generale, si ricorda che l'imprenditore straniero, incluso quello italiano quindi, avrà più chance di successo in Kuwait, e negli altri Paesi del Golfo, quanto più saprà ragionare nell'ottica di investimento anziché in maniera opportunistica, più dunque sul lungo periodo che sul breve, cercando di realizzare il classico affare lampo28. Import-export e sistema doganale I partner commerciali primari del Kuwait sono gli Stati Uniti, la Germania, il Giappone e la Corea del Sud, con una bilancia degli scambi sempre in forte attivo, grazie all’elevato export petrolifero. Le importazioni di prodotti sono di norma assoggettate dall’autorità doganale del Kuwait ad un dazio pari al 5% del costo all’origine, senza distinzione tra prodotti nuovi ed usati, maggiorato di spese di trasporto ed assicurazione su base CIF e con la facoltà per le autorità doganali di incrementare il dazio sino al 100% del costo d’origine. Le merci provenienti da altri Paesi del GCC sono anch'esse assoggettate ad un’aliquota fissa del 5%. L’importazione di prodotti in Kuwait è riservata a soggetti di nazionalità kuwaitiana, siano essi persone fisiche o società a controllo locale. Sono poi rilasciate licenze per l'import, sia generali che temporanee. L’origine delle merci va indicata non solo sui documenti di trasporto, ma anche sull’imballo. Il Kuwait aderisce all’embargo totale all’importazione di prodotti di origine israeliana, anche se triangolati attraverso altri Paesi.29 Inoltre, si noti che il Kuwait non prevede restrizioni quantitative alle importazioni (ma vieta l’importazione di alcuni prodotti per motivi religiosi, di salute e di sicurezza) e che non vi sono limiti ai trasferimenti di capitali. Normativa commerciale sugli investimenti esteri indiretti La normativa di riferimento, in materia di agenzia commerciale, sono le leggi n. 36 e 37 del 1964 e il decreto legge n. 68 del 1980 che richiedono, tra l'altro, che l'agente commerciale sia necessariamente un cittadino kuwaitiano ovvero una società del Kuwait, con capitale sociale a maggioranza kuwaitiana. Indubbiamente, ciò rappresenta una misura protezionistica a favore dell'economia e degli interessi locali, per altro in linea con la normativa commerciale di tutti gli altri Paesi del GCC. La normativa commerciale prevede espressamente due tipologie: il contratto di agenzia e quello di concessione di vendita (altrimenti detto "contratto di distribuzione"), con o senza esclusiva. La differenza tra le due tipologie è nota. Nel contratto di distribuzione il concessionario (distributor) commercializza e distribuisce in un determinato territorio i prodotti acquistati da un produttore/fornitore (supplier) il quale, per l'effetto, cede il controllo della vendita di tali prodotti secondo le disposizioni contenute nell’accordo. Nel contratto di agenzia, l'agente promuove la vendita di prodotti di proprietà del produttore/fornitore in cambio di una commissione (fee) in caso di vendita. E' riconosciuta anche la tipologia del contratto di franchising, benché non esista una normativa commerciale esplicita. La normativa commerciale richiede di formalizzare il rapporto con il partner locale mediante la stipulazione di un apposito testo contrattuale e di registrare il medesimo all'Agency Department presso il Ministry of Commerce and Industry ("MOCI"), e in altri sportelli governativi, entro due mesi dalla data di stipula. Ciò consentirà all'investitore straniero di essere meglio tutelato nei confronti del proprio agente. Si noti che l'agente ha diritto a una indennità di fine rapporto in caso di risoluzione o mancato rinnovo del contratto. Questo diritto dell'agente/distributore ha il grado di norma di diritto pubblico, pertanto è difficilmente raggirabile. Quindi, anche qualora le parti decidessero di non registrare il contratto ovvero di sottoporlo a una legge straniera che non prevede il pagamento di tale indennità, la stessa verrebbe liquidata dal giudice (locale o straniero). Qualunque sia il tipo di accordo commerciale è necessario disciplinare esplicitamente e chiaramente le modalità di risoluzione o scadenza del contratto, in particolar modo relativamente alla tutela dei correlati diritti di proprietà intellettuale, quali marchi, brevetti, know-how e tutte le informazioni confidenziali di cui il 28 Fonte: Informercati 29 Legge n. 21 del 1964

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distributore sia venuto a conoscenza durante il rapporto, impedendone qualsiasi tipo di utilizzo successivamente alla cessazione. Infine, si noti che in Kuwait non vi è alcuna normativa ad hoc a protezione del consumatore, oltre ai normali articoli di legge contenuti nel Codice Civile a tutela dell'acquirente o del venditore nei rapporti di compravendita. Si ricorda peraltro che molte delle disposizioni del Codice Civile del Kuwait sono simili a quelle contenute nel Codice Civile italiano30. Normativa sugli investimenti esteri diretti Da diversi anni il Kuwait ha adottato una politica economica tendente al libero mercato e ad una maggiore influenza del settore privato. Come indicato in precedenza, questo orientamento è diventato ancora più evidente di recente, con l'adozione del 2010 Kuwait Development Plan, che prevede, tra l'altro, un piano di privatizzazioni e investimenti in progetti infrastrutturali (BOT e PPP) di ampio respiro e lo stanziamento di circa 110 miliardi di dollari. A sua volta, il 2010 Kuwait Development Plan si inserisce all'interno della c.d. "Kuwait Vision 2035"31, un programma di politica economica di lungo termine che si prefigge di far diminuire progressivamente la dipendenza economica del Kuwait dagli introiti provenienti dalle esportazioni del petrolio (una risorsa di per se finita) e, al contempo, espandere il settore privato, per iniziativa locale o straniera, diminuire i vincoli burocratici, liberalizzare la proprietà della terra (ad oggi riservata solo ai cittadini del Kuwait). La cornice legale ai suddetti piani di politica economica è stata fornita nel 2013, anno in cui sono state emanate due leggi fondamentali: il nuovo diritto societario e la Kuwait Direct Investment Promotion Law32. Quest'ultima legge ha istituito la Kuwait Direct Investment Promotion Authority, una autorità indipendente che ha il compito principale di valutare le proposte degli investitori esteri e offrire loro vari incentivi, tra cui esenzioni fiscali fino a 10 anni, parziale o totale esenzione dai dazi doganali e possibilità, per gli investitori stranieri, di essere proprietari, in determinati settori industriali, fino al 100% del capitale sociale delle società che intendono costituire in Kuwait. Infatti, nonostante i programmi e le leggi finora emanate, ad oggi il Kuwait, al pari di tutti gli altri Paesi del GCC, continua ad imporre alcune limitazioni agli investimenti esteri, tra cui la principale è rappresentata dal divieto di possedere più del 49% del capitale sociale. Il 51% dovrà quindi essere sempre posseduto da cittadini o società del Kuwait, ovvero, in base al Trattato del GCC33, da cittadini o società di altri Paesi del GCC34. Accordi privati tendenti a eludere questa regola sono da considerarsi illegali e, quindi, nulli. Alcune soluzioni legali per far fronte alla suddetta limitazione imposta agli investitori stranieri si possono concordare - nei patti parasociali - a livello di governance e ripartizione dei profitti e delle perdite. La Kuwait Direct Investment Promotion Authority ha sostituito il Kuwait Foreign Investment Bureau (KFIB), che fu costituito da apposita legge speciale nel 2001 per simili fini. La KFIB non ha avuto successo e pochissime (una manciata) sono infatti le licenze concesse per costituire società a capitale totalmente straniero. Resta da vedere se la Kuwait Direct Investment Promotion Authority avrà più successo. Principali tipologie societarie La principale normativa di riferimento è la Company Law, che regola, tra l'altro, le società di persone e di capitali, gli enti no-profit, le società professionali35. La nuova Company Law è stata emanata di recente, nel 2013, dopo quasi 50 anni dalla precedente edizione. Come facilmente intuibile, essa aggiorna notevolmente il diritto societario del Kuwait introducendo diversi concetti moderni di stampo "occidentale" via via emersi negli ultimi decenni. In particolare, tra le varie novità, a beneficio dell'investitore straniero, si annoverano il formale riconoscimento della validità dei patti parasociali, la possibilità di ripartire dividendi e perdite in maniera diversa rispetto alla quota nominale di capitale sociale detenuta, l'introduzione di varie categorie di azioni36 e della differenziazione tra capitale deliberato e sottoscritto nelle società per azioni ("KSC"), maggiori diritti di controllo a favore dei soci di minoranza, semplificazione del processo di valutazione dei conferimenti in natura, eliminazione del

30 Ciò è dovuto alle origini comuni: il Codice Civile italiano deriva dal Code Napoleon francese del 1804, così come il Codice Civile del

Kuwait del 1980 deriva dal Codice Civile egiziano del 1948 di Al-Sanhuri, che si era proprio ispirato al Code Napoleon. Si ricorda infine che, sebbene formalmente il diritto del Kuwait si basi sul diritto religioso, la legislazione commerciale e l'interpretazione della stessa da parte delle corti è da ritenersi, di fatto, secolarizzata

31 Simili programmi sono stati adottati da altri Paesi dell'area GCC, come Abu Dhabi o Qatar 32 Legge n. 116 del 2013 33 Firmato ad Abu Dhabi l'11 Novembre 1981 tra Kuwait, Bahrain, Arabia Saudita, Qatar, Oman ed Emirati Arabi Uniti 34 Nel caso di società di altri Paesi GCC, occorre che il capitale sociale sia interamente detenuto da cittadini o società dell'area GCC 35 Legge n. 25 del 2012 come modificata dalla legge n. 97 del 2013 36 Oltre alle azioni ordinarie, sono ora presenti le preferred shares, le bonus shares, le dividend shares e le profit shares

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requisito di avere residenza in Kuwait per i soci di società a responsabilità limitata ("WLL"), introduzione della figura dell'independent director (consigliere indipendente) e regole di corporate governance più trasparenti e "moderne" nelle KSC, semplificazione delle operazioni debt-to-equity swap. Come sottolineato nel precedente paragrafo, continua ad essere mantenuto, per gli investitori stranieri, l'obbligo di avere, a seconda dei casi, un socio di maggioranza ovvero un agente commerciale Kuwaitiano (società o persona fisica). Tutte le imprese hanno l’obbligo di registrarsi presso il MOCI ed i tempi di costituzione variano da uno a due mesi. Gli investitori stranieri utilizzano prevalentemente le seguenti tipologie societarie, che risultano essere meglio rispondenti ai loro interessi anche per semplicità di procedure e oneri amministrativi: WLL companies (società a responsabilità limitata). L'atto costitutivo principale è rappresentato dallo statuto (memorandum and articles of association), contenente informazioni societarie (numero e valore delle quote, nome dei soci, valore del capitale sociale), i diritti e i doveri dei soci e le regole essenziali per il funzionamento della società. Dal 2013, è poi formalmente possibile integrare tale contenuto base con regole di governance più sofisticate; ciò avviene attraverso un patto parasociale (shareholders agreement) che, a differenza dello statuto, rimane un documento privato che non occorre depositare al MOCI. Si noti tuttavia che alcune pattuizioni tipiche dei patti parasociali "occidentali" (drag along, deadlock resolution mechanisms) potrebbero essere ritenute illegali o, in pratica, di difficile attuazione, in sede giudiziale. Il numero massimo consentito di soci è 50. Con la riforma del 2013 non occorre più che i soci stranieri abbiano residenza in Kuwait. I soci hanno diritto di prelazione sulle quote messe in vendita dagli altri soci. Le WLL sono amministrate da uno o più general managers, che possono essere anche cittadini stranieri e i cui poteri sono indicati nello statuto o stabiliti attraverso separata decisione dei soci. Se i poteri dei general managers non vengono indicati specificatamente, si ritiene che essi abbiano tutti i poteri necessari per gestire la società. Per le WLL non esiste il concetto legale di "consiglio di amministrazione", per cui due o più general managers non formano un consiglio di amministrazione. Vi sono tuttavia tecniche elaborate dalla prassi per creare, di fatto, meccanismi di governance simili a quelli che si avrebbero attraverso un consiglio di amministrazione. Gli investitori stranieri dovrebbero poi sempre insistere con i propri partners locali che i general managers nominati dai soci locali siano nominati con atto separato, anziché nell'atto costitutivo, per rendere la loro (eventuale) rimozione più semplice, soprattutto per i soci stranieri. Se la WLL ha meno di sette soci, questi possono decidere di creare un supervisory board di almeno tre membri, con funzioni di controllo sulla gestione della società e l'operato dei general manager. Questa opzione diventa obbligatoria se la WLL ha più di sette soci. L'assemblea straordinaria dei soci delibera - a maggioranza speciale (75% del capitale) - su materie quali le modifiche dell'atto statuto, la cessazione o liquidazione della società, le operazioni straordinarie, l'aumento o riduzione del capitale sociale. Joint ventures La joint venture ("JV") di tipo contrattuale è costituita da una o più società straniere che decidono di collaborare con uno o più partners locali, stabilendo le regole operative e gli obiettivi di business, in un contratto apposito (JV Agreement). In questa cornice, le società partecipanti alla JV mantengono la loro indipendenza amministrativa e contabile, senza costituire quindi una società terza e autonoma (ad esempio, una WLL) rispetto ai partner della JV (c.d. corporate JV) . In generale, le JV contrattuali offrono maggiore flessibilità rispetto alle JV societarie; tuttavia i centri decisionali e gestionali rimangono separati e in capo a ciascuno dei partner. La nuova legge societaria del 2013 ha introdotto per la prima volta il concetto di JV contrattuale e fornito alcune disposizioni al riguardo (Artt. 76-79), in cui si chiarisce che la JV non ha personalità giuridica e che il contratto di JV non deve essere registrato presso il MOCI. Come visto in precedenza, una diffusa alternativa alla costituzione di società da parte di investitori stranieri consiste nel nominare un agente commerciale per la diffusione dei propri prodotti in Kuwait. Ciò avviene, come visto, mediante stipulazione di un contratto di agenzia o di concessione di vendita L'uso degli agenti commerciali è opzione frequente, per gli investitori stranieri, anche in ambito di appalti pubblici. Si ricorda infatti che solo le società Kuwaitiane validamente registrate presso il MOCI e la Camera di Commercio, e pre-qualificate presso la Central Tender Committee, possono partecipare alle gare d'appalto pubbliche (public tenders).

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Cenni al sistema fiscale In Kuwait, il reddito delle persone fisiche non è tassato. Al contrario, le persone fisiche o le persone giuridiche non appartenenti al Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC) che operano commercialmente in Kuwait sono assoggettate a tassazione con aliquota unica del 15% sugli importi lordi (in precedenza le aliquote erano variabili e potevano giungere al 55%), con una no tax area fino a KWD (Dinari Kuwaitiani) 5.25037. Nella normativa non vi è una definizione di “stabilimento permanente”, per cui anche una presenza minima nel Paese può dare origine a gravami fiscali. Sono inoltre deducibili ammortamenti calcolati con un piano d’ammortamento ad aliquota fissa, a seconda della tipologia di beni: 4% per gli immobili, 15% per arredi d’ufficio, dal 15 al 20% per autoveicoli, 20% per stabilimenti, impianti e macchinari. I soci stranieri, prima di operare in Kuwait, debbono ottenere il rilascio di un codice fiscale e sono assoggettati a verifica fiscale annua. Sono tassati i profitti da attività industriali e commerciali in Kuwait, royalties incluse, capital gains (eccetto quelli realizzati presso la Borsa locale) e proventi da finanziamenti a residenti in Kuwait, ma non vengono operate ritenute alla fonte. Quanto all’utilizzo delle perdite, esse non possono essere riportate per più di tre anni consecutivi. Per tutti gli importi da versare a fornitori di merci e servizi da parte di entità pubbliche e private è prevista una trattenuta pari al 5% del corrispettivo, pagabile solo a fronte di certificato di regolarità fiscale da parte del fornitore. Agli adempimenti fiscali sono assoggettati anche operatori di Paesi, come l'Italia, che abbiano in essere trattati contro la doppia imposizione fiscale e di miglior favore, i cui benefici dovranno essere ogni volta oggetto di richiesta espressa. Le società per azioni quotate (KSCP) sono assoggettate al pagamento di un’imposta dell'1% sui profitti, a beneficio della Kuwait Foundation for the Advancement of Science, un fondo a favore dello sviluppo scientifico del Paese. Inoltre tutte le società per azioni (KSC), quotate e non, salvo quelle di proprietà statale, sono tenute a versare l’1% (c.d. Zakat) dei propri profitti a beneficio del budget nazionale ai sensi della legge n. 46 del 2006. Quanto alle società locali la legge n.19 del 2000 ha introdotto un’imposta pari al 2,5% sui profitti annui delle società quotate in Borsa, a titolo di National Labour Support Tax. Non esistono tassazioni sul capitale, sugli immobili o sulle donazioni. Come già accennato in precedenza, sono previste esenzioni fiscali decennali, ai sensi della Kuwait Direct Investment Promotion Law (legge n. 116 del 2013), a beneficio di investitori stranieri per società o progetti qualificabili in base a tale legge. Esenzioni fiscali operano poi in favore di attività realizzate in aree connotate come Free Trade Zone, benché al momento vi sia una temporanea sospensione, da parte delle autorità locali, a concedere il permesso ad investitori stranieri di costituire società in tali aree di libero scambio. Inoltre per le società di leasing, ai sensi della Leasing and Investment Companies Law38, è prevista un’esenzione fiscale quinquennale, a beneficio dei soci stranieri, a partire dalla data di costituzione della società. Il Kuwait ha in essere trattati contro la doppia imposizione fiscale con 40 Paesi circa, tra cui l’Italia, in forza di una Convenzione risalente al 1989 e modificata nel Marzo 1998. Altri accordi contro la doppia imposizione fiscale sono in essere con Gran Bretagna, Irlanda, Germania, Canada, Cina, Russia, Francia, Austria, Belgio, Svizzera, Croazia, Cipro, Olanda, Ungheria, Polonia, Romania, Ucraina, Bielorussia, Giordania, Libano, Siria, India, Mauritius, Pakistan, Singapore, Indonesia, Corea del Sud, Mongolia, Etiopia, Tunisia e Turchia. Accordi limitati riguardano trasporti marittimi ed aerei. Inoltre il Kuwait ha sottoscritto l’Arab Tax Treaty ed il GCC Joint Agreement. Normativa del lavoro La normativa lavoristica in Kuwait è incentrata sulla Labour Law, legge n. 6 del 2010, che ha sostituito la previgente legge n. 38 del 1964 e che si applica a tutti i dipendenti che lavorino in aziende private in Kuwait, a prescindere dalla loro nazionalità, ovvero che lavorino all’estero per imprese private del Kuwait, a prescindere da qualsivoglia scelta di legge applicabile in sede di contratto di lavoro. Il contratto di lavoro richiede la forma scritta in lingua araba. Il contratto di lavoro deve indicare data di sottoscrizione, durata, mansione e retribuzione, che non può mai essere diminuita in corso di rapporto.

37 Decreto legge n. 3 del 1955, come modificato dalla legge n. 2 del 2008 38 Legge n. 12 del 1998

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Nel caso di contratti a tempo determinato, la proroga di fatto del rapporto, decorso il termine, comporta l’automatico rinnovo per un eguale periodo di tempo. La suddetta normativa prevede una serie di standard minimi in termini di: (1) orario di lavoro; (2) permessi retribuiti; (3) congedi retribuiti per malattia; (4) vacanze annuali; (5) indennità d’infortunio; (6) condizioni di lavoro; (7) lavoro femminile e (8) risoluzione del rapporto di lavoro. A quest’ultimo riguardo, è ammesso il licenziamento per giusta causa del dipendente senza preavviso né indennità, nel caso di responsabilità specifiche ascrivibili al dipendente, rappresentate da: (i) assenza consecutiva non giustificata dal lavoro per più di 7 giorni, ovvero per più di 20 giorni, anche non consecutivi, nell’anno; (ii) azioni colpose o dolose che causino danno al datore di lavoro; (iii) ripetuto diniego ad ottemperare alle istruzioni impartite; (iv) commissione di reati, aggressione ed atti contrari ad ordine pubblico; (v) comportamento contrario al buon costume sul luogo di lavoro; (vi) mancato adempimento a tutti gli impegni assunti verso il datore di lavoro e da questi imposti; (vii) utilizzo di modalità fraudolente nell’ottenimento del lavoro; o (viii) violazione dell’obbligo di confidenzialità e rivelazione di segreti industriali. Laddove il licenziamento non sia attribuibile a giusta causa, il datore di lavoro sarà tenuto: (i) nei contratti a tempo determinato a risarcire il dipendente, versando quanto ancora dovuto sino al termine del contratto; (ii) nei contratti a tempo indeterminato a fornire almeno tre mesi di preavviso per i dipendenti pagati mensilmente, ovvero a versare un importo pari al mancato preavviso e, negli altri casi, a fornire almeno un mese di preavviso. Il rapporto può poi essere risolto ad nutum e senza necessità di preavviso durante il periodo di prova, che non potrà in ogni caso essere superiore ai 100 giorni. Il lavoratore può ricorrere al competente ufficio del lavoro laddove ritenga che il licenziamento sia scorretto ed arbitrario, nel qual caso, in caso di esito positivo della vertenza, avrà diritto al risarcimento del danno morale e materiale, ma non al reintegro nel posto di lavoro. Non esiste rappresentanza sindacale né obbligo di previa consultazione, nel caso di licenziamenti collettivi, e non esiste una normativa apposita per questi ultimi. Nel caso di cessioni d’azienda il contratto di lavoro viene ex lege a cessare, con l’obbligo del vecchio titolare dell’azienda (il cedente) di corrispondere l’indennità di congedo, ovvero con la facoltà per il nuovo titolare (il cessionario) di rinnovare il rapporto di lavoro, facendosi carico anche degli oneri retributivi e contributivi pregressi. Il rapporto di lavoro cessa altresì in caso di chiusura del luogo di lavoro o fallimento del datore di lavoro. E’ previsto il pagamento di un’indennità di fine rapporto nel caso in cui: (i) intervenga il licenziamento non per colpa del dipendente; (ii) non si rinnovi un contratto a tempo determinato; (iii) il rapporto venga meno per chiusura del luogo di lavoro o fallimento del datore di lavoro, ovvero per morte o invalidità permanente del lavoratore; (iv) si tratti di donna che lascia il lavoro entro un anno dal matrimonio. Nel caso di lavoratori esteri espatriati è necessario il rilascio di un permesso di lavoro di durata annuale con l’intervento di uno sponsor locale (generalmente coincidente con l'azienda in Kuwait per cui si presta lavoro) e con il pagamento sia di un contributo al sistema sanitario nazionale che di un importo annuo, per il permesso di residenza, pari a 70 Dinari Kuwaitiani. Per quanto riguarda il lavoro femminile sono previsti il medesimo trattamento retributivo, a parità di mansioni, ed il divieto di adibire la lavoratrice a lavoro notturno, a lavorazioni pericolose o da svolgere in situazioni di rischio. La lavoratrice madre ha diritto a 70 giorni di congedo in occasione della maternità, senza pregiudizio per gli altri periodi di vacanza e congedo a cui abbia contrattualmente diritto. E’ poi prevista la possibilità di un ulteriore congedo non retribuito per motivi di maternità e durata non superiore ai 4 mesi. Al rientro al lavoro opera un orario ridotto di due ore, al fine di consentire le pause per l’allattamento. L’orario di lavoro è di 48 ore la settimana su sei giorni, con diritto ad un giorno libero e con riduzione a 36 ore durante il Ramadan. Il lavoro straordinario non può superare le 2 ore al giorno ed il lavoro nei giorni festivi va retribuito con maggiorazione. Ogni lavoratore ha diritto a 30 giorni di vacanza l’anno, che può cumulare per non più di due anni. A ciò si aggiungono i congedi nei giorni festivi, festività nazionali e per malattia. Sono inoltre previsti, a determinate condizioni, permessi studio e per attività accademiche. E’ in vigore l’obbligo di assicurare i dipendenti e di corrispondere il loro intero salario nei primi sei mesi da un infortunio, dopo di che detto importo viene dimezzato, salvo che venga acclarata e certificata un’invalidità permanente. Inoltre sia il lavoratore che il datore di lavoro sono chiamati a versare contribuzioni a favore del sistema di previdenza sociale, in misura pari al 7,5% della retribuzione media il primo e l’11% il secondo, sino ad un tetto massimo mensile di 2250 Dinari Kuwaitiani. Dette contribuzioni finanziano sia la cassa malattia ed infortuni che il sistema pensionistico. Dette previsioni non operano per gli espatriati, chiamati unicamente a versare un contributo annuo al servizio sanitario nazionale, pari a 50 Dinari Kuwaitiani per gli espatriati che lavorino in Kuwait e che va dai 10 ai 30 Dinari Kuwaitiani negli altri casi.

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La normativa prevede sanzioni per i datori di lavoro che commettano infrazioni od omettano condotte dovute; ciò attraverso sanzioni sia pecuniarie che detentive, sino a tre anni di reclusione nei casi più gravi. E’ poi possibile per il dipendente avviare azioni legali avverso il datore di lavoro per atti, fatti e omissioni occorsi in corso di rapporto, ma con un periodo di prescrizione di un anno, a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro. Per agevolare l’accesso alla giustizia non sono previste spese legali, ma nel caso in cui l’azione venga rigettata è possibile richiedere alla parte che ha avviato impropriamente l’azione il rimborso dei costi legali. Si tenga inoltre ben presente di un programma di recente introduzione, c.d. kuwatization, per favorire l'impiego di cittadini kuwaitiani nelle società che operano nel settore privato. In base a questo programma, in breve, il governo obbliga le società kuwaitiane a riservare determinate quote - variabili a seconda del tipo di società, del settore in cui opera e delle mansioni - a cittadini kuwaitiani. Ciò servirebbe a favorire l'accesso dei cittadini kuwaitiani al settore privato, da questi visto ancora con sfavore rispetto al settore pubblico. Tutela della proprietà intellettuale Il Kuwait è membro WTO e WIPO e firmatario dell’Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights (TRIPS) che gli impone di attenersi agli standard minimi per la protezione della proprietà intellettuale, che in Kuwait è tutelata dalla legge n. 4 del 1962. I brevetti possono essere registrati presso il Patents Office che si trova all’interno del Trademark Control Department del Ministero del Commercio ed Industria (MOCI), e tale deposito è consentito anche ai non residenti, a patto che si tratti di cittadini di Stati con cui sussistano condizioni di reciprocità. Il diritto allo sfruttamento del brevetto in esclusiva per 15 anni decorre dalla data di domanda di registrazione, e tale diritto può essere poi esteso per ulteriori cinque anni. I disegni industriali si registrano presso l’Industrial Designs and Models Register, con domanda che va poi sottoposta al Trademark Control Department. La validità della registrazione è di 5 anni, rinnovabili per due ulteriori periodi consecutivi di pari durata. La registrazione dei marchi è disciplinata dal Codice Commerciale del Kuwait (legge n. 68 del 1980) e consente una tutela per 10 anni dalla data di approvazione della domanda di registrazione, con possibilità di rinnovo per altri 10 anni, ai sensi dell’Art.77 della normativa succitata. Il diritto d’autore è disciplinato dalla legge n. 64 del 1999, che si applica con alcune limitazioni anche a chi non sia cittadino del Kuwait nella misura in cui si tratti della prima pubblicazione in Kuwait. Condizioni di favore operano invece per opere di autori arabi che siano cittadini di Stati aderenti all’Arab Agreement for the Protection of Author’s Rights, e per lavori che siano stati pubblicati in quel Paese, come pure per tutti gli autori di cittadini di Stati aderenti alla WIPO, nella misura in cui i loro lavori siano stati pubblicati per la prima volta in uno di questi Stati. La protezione ha una durata di 50 anni, ridotti a 20 per i programmi televisivi.

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HIGHLIGHTS Contesto politico. Dopo la decisione della Corte Costituzionale di invalidare le elezioni del dicembre 2012, il paese è tornato alle urne nel luglio 2013, questa volta osservando un fallimento del tentativo di boicottaggio da parte dell’opposi-zione (la partecipazione elettorale è stata del 52% degli aventi diritto contro il precedente 39,6%). Le tensioni politiche e la polarizzazione tra esecutivo e legislativo influenzano negativamente la capacità di approntare le riforme economiche necessarie. Le relazioni con l’Iraq restano una potenziale fonte di instabilità. Resta aperta anche la questione della succes-sione allo Sceicco Sabah.

Contesto economico. Nel 2014 si stima un rallentamento del PIL al 2,7% rispetto al 3% del 2013. Il settore degli idrocar-buri continua a garantire il 70-80% degli introiti pubblici e circa il 90% delle esportazioni totali. Il break-even price del paese è tra i più bassi dei paesi del Golfo, pari a USD 60 dollari e superiore solo a quello del Qatar. L’indebitamento pub-blico è molto basso e le finanze pubbliche sono sostenute da un ampio surplus fiscale. Oltre all’oil&gas, settori importanti per l’economia locale sono quello delle telecomunicazioni e il comparto finanziario. Stime del FMI indicano per il 2014 una crescita del settore non-oil superiore al 4%. Il processo di riforma e liberalizzazione è stato spesso ostacolato dalla contrapposizione politica tra potere esecutivo e potere legislativo.

Contesto finanziario. Il settore bancario si compone di 5 banche commerciali e 6 banche islamiche, in aggiunta a diverse filiali aperte da 9 banche straniere. Le banche sono fortemente esposte agli investimenti locali e al settore del real estate (20% dei prestiti concessi). Si segnala una riduzione dei non-performing loan al 4,6% nel 2013 rispetto al 5,2% dell’anno precedente.

Contesto operativo. Il quadro operativo è sostanzialmente positivo per gli investitori esteri. Il sistema infrastrutturale è adeguato. La corruzione rappresenta una vulnerabilità; la burocrazia è lenta e necessita di riforme, così come il sistema giudiziario.

2011 2012 2013(s) 2014(p) 2015(p)

PIL (variazione % reale) 10,2 8,3 3,0 2,7 3,7

Inflazione media annua (%) 4,7 4,5 2,7 3,5 3,7 Saldo Bilancio pubblico/PIL (%) 28,7 24,8 29,3 25,8 23,7 Bilancia dei pagamenti

Esportazioni ($ mld) 102,9 121,0 112,4 109,7 114,1 Importazioni ($ mld) -22,1 -22,8 -24,4 -26,1 -28,4 Saldo transazioni correnti/PIL (%) 41,8 43,8 39,4 36,1 34,3

Debito estero totale ($ mld) 37,4 35,3 34,0 32,1 32,9 Debito estero totale/PIL (%) 23,3 19,3 19,0 17,6 17,0 Riserve valutarie lorde ($ mld) 25,9 29,0 32,3 35,3 39,5 Riserve valutarie lorde (mesi import.) 7,8 8,2 8,5 8,7 8,9

Fonte: EIU, giugno 2014 (s): stime; (p): previsioni

SACE RISK INDEX 2013

Rischio politico-normativo

Restrizioni sul trasferimento dei capitali 28/100

Esproprio 47/100

Violazioni contrattuali 48/100

Rischio di mancato pagamento da:

Controparte sovrana 9/100

Banca 39/100

Grande impresa 39/100

Pmi 41/100

Rischio di violenza politica 46/100

KUWAIT Capitale: Madīnat al-Kuwait

Popolazione (2013): 3,9 milioni PIL nominale PPP (2013): 154,3 USD miliardi

COMPOSIZIONE DEL PIL (2013, stima)

Indicatori di rischio OCSE S&P’s Moody’s Fitch Rating 2/7 AA AA AA Indicatori di Business Climate Attuale Precedente Doing Business 2014 104° su 189 101° su 183 Index of Economic Freedom 2014 76° su 178 66° su 177 Corruption Perceptions Index 2013 69° su 177 66° su 176

SCHEDA PAESE A cura dell’Ufficio Studi di SACE

RATING, BUSINESS CLIMATE, KEY FIGURES

Agricoltura0,3%

Industria non manifatturiera

43,0%

manifattura7,4%

Servizi49,3%

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KUWAIT

SACE IN KUWAIT Condizioni di assicurabilità Rischio sovrano: Senza condizioni Rischio bancario: Senza condizioni Rischio privato: Senza condizioni Volturabilità polizza SACE No

ESPORTAZIONI IN KUWAIT PER SETTORI (2013,%) INTERSCAMBIO COMMERCIALE CON IL KUWAIT (2002-2012), € milioni

RAPPORTI CON L’ESTERO: INVESTIMENTI, OPPORTUNITA’ E INTERSCAMBIO Bilancia dei pagamenti. Il surplus di parte corrente nel 2013 si è attestato al 40% del PIL, in leggero calo rispetto all’anno precedente e sempre trainato dalla performance del settore petrolifero, che conta per più del 90% dei ricavi da export. Le adeguate riserve di valuta estera, pari a oltre 8 mesi di importazioni nel 2013, danno alle autorità un buon margine di mano-vra nella gestione del dinaro, il cui valore è legato a un basket di valute dominato dal dollaro americano.

Settori di opportunità. Tra i settori più favorevoli per un ingresso delle aziende italiane nel paese si segnalano quelli delle infrastrutture, delle tecnologie ambientali e dell’energia rinnovabile, dei materiali per l’edilizia, della moda, delle attrezzatu-re per l’oil&gas.

Commercio e presenza italiana. Tra le imprese italiane operanti nel paese si segnalano, tra le altre, SAIPEM, Italcementi, Danieli, Gruppo Trevi. La bilancia commerciale è saldamente in surplus per l’Italia, con un avanzo pari a EUR 654 milioni nel 2013, in calo dell’11% rispetto al 2012. Le esportazioni italiane in Kuwait si compongono principalmente di prodotti della meccanica strumentale (31%), della moda (13%) e della metallurgia (11%). Il valore totale dell’export italiana ha raggiunto i EUR 796 milioni nel 2013, in calo del 4,7% rispetto al 2012. Le importazioni italiane dal paese risultano invece su livelli modesti, pari a circa EUR 142 milioni e costituite da prodotti chimici, greggio e derivati del petrolio.

INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI SALDO TRANSAZIONI CORRENTI

CONTATTI

Servizio clienti: - [email protected] Ufficio stampa: tel. + 39 06 6736888 - [email protected]

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IDE (USD mld, asse sxt) IDE (% PIL, asse dxt)

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2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013

export import saldi

meccanica strumentale

31,5%

moda13,1%

metallurgia e prod. in metallo

10,9%

mobili e altri manufatti

9,8%

app. elettrici8,3%

gomma, plastica, materiali da costruzione

7,8%

autoveicoli e altri mezzi di trasporto

5,0%

altro13,5%

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KUWAIT

COUNTRY RISK UPDATES

Marzo 2014

La Banca Centrale ha annunciato l’approvazione di una nuova regolamentazione dell’attività delle banche estere nel paese che permetterà l’apertura di nuove sedi locali da parte di operatori stranieri. Questa nuova apertura consentirà al sistema ban-cario di ridurre i costi grazie a una maggiore concorrenza e permetterà all’emirato di ampliare il proprio ruolo di centro fi-nanziario regionale. Nel paese sono attualmente presenti 11 banche locali – di cui 5 specializzate in finanza islamica – e 11 rappresentanze di banche estere. Il mercato del credito, sebbene in crescita (+6,2% yoy nel 2013), è tuttavia ancora poco svi-luppato ed un suo ampliamento potrebbe stimolare nel paese una maggiore crescita (attesa nel 2014 al 2,5%: la più bassa nell’area del Golfo).

Agosto 2013

L’emiro ha approvato la formazione del nuovo esecutivo, dopo le elezioni parlamentari di luglio. Ampia parte della compa-gine ministeriale è stata riconfermata, incluso il primo ministro Mubarak Al Sabah, e resta dominata da membri della fami-glia reale. E’ stato invece nominato un nuovo ministro del petrolio; tuttavia essendo la politica petrolifera definita dal Consi-glio Supremo del Petrolio, i cambiamenti ministeriali hanno un impatto limitato sul settore. Il nuovo esecutivo difficilmente riuscirà ad assicurare la stabilità politica nel paese, caratterizzato da frequenti cambiamenti di governo, e implementare le necessarie riforme e programmi di diversificazione economica dagli idrocarburi (l’oil rappresenta l’80% delle revenues fisca-li e il 90% delle entrate da export).

Per la sesta volta in 7 anni si sono svolte le elezioni parlamentari, cui ha partecipato il 52% dei 400 mila cittadini aventi diritto al voto, un’affluenza superiore alle aspettative considerato che le elezioni si sono svolte durante il mese di Ramadan. È dunque fallito il boicottaggio dei partiti d’opposizione contro la legge elettorale, ritenuta inadeguata a contrastare la corru-zione, e si è registrata una ampia partecipazione degli elettori delle zone tribali. La composizione del parlamento risulta significativamente alterata: la minoranza sciita perde oltre la metà dei seggi, aggiudicandosene 8 su 50, mentre i liberali, finora assenti, conquistano almeno tre seggi; sette i seggi aggiudicati dai sunniti mentre i restanti vanno alle formazioni triba-li, veri vincitori delle elezioni.

Giugno 2013

La corte costituzionale ha invalidato l’esito delle elezioni parlamentari di dicembre, boicottate dall’opposizione, e ordinato lo scioglimento dell'attuale parlamento, il settimo dal 2006. La corte ha invece confermato la legge elettorale che aveva ori-ginato le proteste, segnando così una sconfitta per l’opposizione. La decisione prolunga l’attuale stagnazione politica, che dovrà affrontare la terza elezione in 2 anni. Le tensioni politiche e la polarizzazione tra esecutivo e legislativo influenzano negativamente la capacità di introdurre riforme economiche. Il FMI in particolare ha sottolineato la necessità di una riforma delle finanze pubbliche, oltre ad evidenziare la vulnerabilità del paese al prezzo dell’oil (il prezzo di breakeven fiscale ha raggiunto USD115/ barile nel 2012).

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OMAN

Le dimensioni del mercato omanita sono contenute ma la posizione geografica del Sultanato è considerata d’importanza strategica nella regione. La penisola di Musandam, distante dalle coste iraniane solo 55 km, domina, infatti, lo stretto di Hormuz e quindi l’accesso al Golfo. Il lungo tratto di costa omanita che si affaccia sull’Oceano Indiano offre al Paese una posizione privilegiata per i rapporti commerciali nei vicini mercati asiatici quali India, Pakistan e Cina con forti riduzioni di costi. Tenuto conto della volontà del Governo omanita di diversificare la propria economia e gli ingenti investimenti a tale scopo, sarebbe auspicabile una maggiore presenza delle imprese italiane nel settore industriale. Nel Sultanato sono presenti diverse Free Zones che offrono importanti agevolazioni alle imprese estere interessate ad investire in questo Paese. Considerato l'ottimo andamento dell'economia omanita ed in particolare del settore infrastrutturale, numerose sono le opportunità per le imprese italiane del settore. L’Oman è il solo Stato della regione ad avere abbracciato la corrente dell’Islam conosciuta come Ibadismo, la quale si caratterizza per il proprio tratto moderato e tollerante. Caratteristiche, le predette, che sono chiaramente visibili sia a livello sociale che politico ed economico e che hanno contribuito alla progressiva e costante modernizzazione del Paese seppur nel rispetto dei valori tradizionali. Oggi l’Oman è un Paese in forte crescita sia economica che sociale, politicamente stabile, con un’affermata reputazione diplomatica a livello internazionale, dotato di ottime infrastrutture e ricco di materie prime. Grazie all'apertura del volo diretto Oman Air su Milano e all'inserimento delle città di Mascate e Salalah nel circuito della Costa Crociere, i flussi turistici italiani verso l'Oman hanno avuto un considerevole incremento. La formazione nel settore turistico potrebbe rappresentare una interessante opportunità come anche la realizzazione di alberghi ed altre strutture turistiche. Indicatori sociali e demografici Lingua: l’arabo è la lingua ufficiale. Inglese, Baluchi, Urdu, dialetti indiani. Religione: musulmani 85,9% (di cui la maggioranza sono Ibaditi, la terza via islamica oltre a sunniti e sciiti), cristiani 6,5%, indu 5,5%, il restante si divide fra buddisti, ebrei ed altri. Moneta: riyal dell’Oman (OMR) con tasso di cambio 1,88 euro per riyal. Popolazione 3.220.000 circa, dei quali più del 30% sono stranieri.

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Struttura demografica (quota %): 0-14 anni: 30,4%; 15-24: 19,9%; 25-54: 42,6%; 55-64 : 3,3%; over 65 anni: 3,2%.

Età media: 24,9 anni. Tasso di crescita della popolazione: 2%. Rapporto maschi/femmine: 1,2 a 1. Aspettativa di vita: 74,9 anni. Piramide delle età

Principali indicatori geografici Superficie: 309,500 km2

Clima: desertico, caldo e umido lungo le coste, stagione dei monsoni da maggio a settembre nel sud. Punti estremi:

mar d’Arabia : 0 m. Jabal Shams 2,980 m.

Fuso orario: UTC/GMT + 4 . L’ora non cambia durante il periodo estivo, pertanto ci sono sempre 3 ore di differenza fra Greenwich e l’Oman in estate, e 4 in inverno. Profilo politico Capitale: Mascate Sede di governo: Sohar Politica interna La vita politica dell’Oman è dominata dalla figura del Sultano Qaboos bin Said Al-Said - al potere da 40 anni - che detiene le principali cariche istituzionali dello Stato. In Oman, non è ammessa la costituzione di partiti e sindacati che non siano l’emanazione del Governo o di corporazioni, ma viene incoraggiata la partecipazione, su base individuale, al processo politico e la partecipazione femminile alla vita politica, economica e sociale del Paese. Il mantenimento di una politica d’equilibrio tribale, religioso e regionale è uno dei principi che viene rispettato anche nella composizione del Governo e delle istituzioni pubbliche. Si tratta di un Paese conservatore, oculato nella gestione economica e in politica estera si ispira al principio “friends of all, enemy of none”. Nel 1996 il Sultano ha concesso - tramite decreto reale - la Legge Fondamentale dello Stato (Basic Law), i cui 81 articoli delineano il quadro istituzionale dello Stato omanita (monarchia araba ed islamica) regolamentando la successione, stabilendo i principi – politici, economici, sociali e di sicurezza – che devono guidare l’azione del governo, i diritti e doveri dei cittadini, nonché il funzionamento degli organi statali e del sistema giudiziario.

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L’ordinamento è di tipo bicamerale, con un’Assemblea di nomina regia (Majlis ÀDawla) e un Consiglio Consultivo (Majlis ÀShura) i cui 84 membri sono eletti a suffragio universale. Modifiche di rilievo alla Legge Fondamentale sono state apportate nell’ottobre 2011 con 3 Decreti reali che hanno rafforzato ed allargato le funzioni attribuite al Majlis ÀShura, al Majlis ÀDawla (simile al Consiglio di Stato) ed hanno istituito un Consiglio di Saggi con un ruolo chiave nella designazione del nuovo Sultano. Al Majlis ÀShura vengono attribuiti poteri di iniziativa legislativa, con facoltà di richiedere modifiche alla Legge Fondamentale. Esso può, inoltre, esercitare poteri di controllo e verifica sull’attività del Governo e chiedere le dimissioni dei Ministri. Il Presidente del Majlis ÀShura (Speaker) non sarà più nominato dal Sultano, ma eletto a maggioranza dai membri del Parlamento tra i deputati eletti. Il Majlis ÀDawla, di contro, con il nuovo assetto, vede estendere i suoi poteri di garante della Legge Fondamentale. I suoi membri (il cui numero viene fissato in 84, analogamente al Majlis ÀShura) rimangono di nomina del Sultano che li sceglie tra gli alti funzionari dello Stato e insigni personalità omanite. I componenti del Majlis ÀDawla potranno eleggere i due Vice Presidenti mentre il Presidente continuerà ad essere scelto dal Sovrano. Il nuovo Consiglio dei Saggi, invece, sarà composto da cinque membri (i Presidenti del Majlis ÀShura e del Majlis ÀDawla, il Presidente della Corte Suprema ed i suoi due più anziani Vice Presidenti) e dovrà “certificare” la scelta del candidato successore al trono in caso di morte o abdicazione dell’attuale Sultano. Il Paese si sta inoltre impegnando per il raggiungimento di standard giuridici più moderni. Da alcuni anni, la Magistratura inquirente è totalmente separata dagli organi di polizia e, nel 2005, si è riunito per la prima volta il “Supreme Judiciary Council” (istituito nel 1996 dalla Legge Fondamentale dello Stato) col compito di vigilare sulla corretta amministrazione della giustizia e di indirizzare le politiche del Governo nel settore giudiziario. Relazioni internazionali L’Oman è un Paese politicamente stabile con forte valenza strategica e geo-politica a causa dell’importanza dello stretto di Hormuz quale via di comunicazione. La politica estera omanita è filo-occidentale e vanta legami privilegiati con il Regno Unito e con gli Stati Uniti. Più strategico è il legame con gli Stati Uniti, che costituisce un punto di riferimento costante delle scelte del Sultanato, nei settori militare – presenza di basi a Masirah e Thumrait - ed economico. Nonostante la sua naturale vocazione islamica, l’Oman si caratterizza per un’accentuata proiezione verso l’Asia. Gli stretti rapporti politici ed economici con l’India e il consistente traffico commerciale con i Paesi del subcontinente asiatico e dell’Estremo Oriente sono anche la base sulla quale il Governo persegue un proprio disegno strategico, teso a valorizzare la posizione geo-economica del Sultanato. L’Oman coltiva rapporti con i Paesi dell’Asia Centrale, legati, fra l’altro, all’importanza crescente che essi stanno assumendo nel mercato degli idrocarburi. La quasi totalità della produzione petrolifera omanita viene esportata in Asia. Di particolare rilievo è il ruolo che sta assumendo la Cina, con la quale il Sultanato ha firmato accordi bilaterali in molti settori e ha organizzato una serie di scambi di visite ad alto livello. Le visite, al più alto livello, in Oman e nel Regno Unito sono molto frequenti, in considerazione degli stretti rapporti storici e strategici che legano l’Oman alla Gran Bretagna. Ottime le relazioni con l'Olanda. Le relazioni bilaterali con la Turchia sono eccellenti. Il Sultanato, pur mantenendo gelosamente la propria indipendenza, in particolare su alcuni punti chiave (rapporti con Israele), ha appoggiato e promosso il principio di una visione politica panaraba, sottoscrivendo e rispettando le posizioni adottate in politica estera nei principali fori islamici, sia a livello generale (Lega Araba, Organizzazione della Conferenza Islamica) che regionale (Consiglio di Cooperazione del Golfo e Dichiarazione di Damasco). Nel contesto arabo, l’Oman si allinea con i Paesi moderati e non ha contenziosi bilaterali di rilievo. È tuttavia preoccupato della precaria situazione di sicurezza in Yemen. Intrattiene da sempre rapporti amichevoli con la Giordania, con l’Egitto. L’Oman si è mostrato neutrale nelle vicende egiziane. Più in generale, rispetto ai cambiamenti scaturiti negli altri Paesi toccati dalla Primavera araba (Tunisia e Libia), l’Oman si è mostrato rispettoso della volontà popolare. Gli Emirati Arabi Uniti sono il primo fornitore commerciale dell’Oman e hanno contribuito allo sviluppo di importanti progetti infrastrutturali. I rapporti bilaterali sono buoni ed in crescita, contrassegnati da visite frequenti. I rapporti con il Qatar sono ottimi, soprattutto in campo economico. Nell’ultimo biennio sostanziali sono stati gli investimenti qatarini in Oman.

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Nei rapporti con l’Arabia Saudita l’Oman è vulnerabile a possibili condizionamenti, in particolare per quanto riguarda l’Islam (l’ibadismo si colloca al polo opposto del wahabismo). Mascate ospita la sede del MEDRC (Centro di Ricerca in Medio Oriente sulla Desalinizzazione delle Acque). La politica di Mascate è prevalentemente rivolta a favorire ogni forma possibile di negoziato e le specifiche posizioni del Governo sono adottate solo dopo consultazioni con gli altri Paesi del CCG. Profilo economico Principali indicatori economici Principali indicatori economici (USD) 2009 2010 2011 2012 2013 PIL mld 46 57,3 66,2 67 71,9 PIL Pro-capite 25100 25200 25900 26300 - Crescita del PIL reale (variazione percentuale) -23,5 3 7,2 9,6 4,9 Consumi privati (mld) 18,4 13,5 15,7 18,4 19,6 Debito pubblico (mld) 2,5 2,4 2,3 2,1 2,3 Investimenti diretti stranieri (mld) 3,9 4,1 4,4 4,9 4,8 Bilancia commerciale (mld) 11,6 18,7 24,5 20,2 20,2 Fonte: Oman - Rapporto congiunto Ambasciate/Consolati/ ENIT 2014 Quadro macroeconomico Secondo le stime del Governo omanita, il budget per il 2013 ha previsto entrate pari a 22,82 Mld di Euro contro i 17,64 Mld di Euro del 2012, ovvero un incremento del 27%. Le entrate del settore petrolifero rappresentano l’84% del totale delle entrate. Il budget del 2013 tiene conto di una produzione petrolifera media giornaliera di 930.000 barili (915.000 nel 2012) ed un prezzo per barile di 85 dollari (75 dollari nel 2012). Le entrate derivanti da imposte, tasse e diritti di dogane, sarà pari a 1,73 Mld di Euro con un aumento del 12% rispetto allo scorso anno. La spesa pubblica approvata nel documento in parola sarà pari a 26,2 Mld di Euro, con un incremento rispetto al 2012 del 29%. L’aumento della spesa è dovuto principalmente all’incremento del 30% degli investimenti nel settore infrastrutturale. Parimenti, si prevede un aumento del 16% della spesa per la sicurezza sociale e per il welfare, che sarà pari a 0.9 Miliardi di Euro. Si prevede altresi un aumento del 16% della spesa per l’istruzione pari a 2,73 Mld di Euro, a conferma della priorità assegnata dal Governo al miglioramento del sistema scolastico e universitario, ed un aumento del 32% della spesa nel settore sanitario pari a 1,02 Mld di Euro. Salirà infine, del 45% la spesa per l’edilizia residenziale, che si prevede di 1,15 Mld di Euro. La spesa nel settore difesa è prevista attestarsi a 7,23 Mld di Euro, contro i 5,26 Mld del 2012, con un incremento del 38%. Il deficit stimato, pertanto, sarà pari a 3,46 Mld di Euro, che verranno coperti dal surplus registrato nel 2012, pari a 2,03 Mld di Euro. Occorre tenere presente tuttavia che, come nel 2012, il prezzo stimato dall’Opec dovrebbe essere pari a 104 dollari a barile e pertanto, come avvenuto per gli esercizi finanziari passati, è fortemente probabile che l’Oman registri, alla fine dell’anno in corso, un forte surplus anziché un deficit. La crescita del PIL è stata pertanto stimata al 7% nel 2013 contro l’8,3 % del 2012. Il settore non petrolifero, nel 2012, è cresciuto del 10,6%, a riprova della tendenza avviata dal governo alla diversificazione dell’economia, che punta maggiormente su industria e turismo. A conferma della maggiore importanza del settore industriale, si osserva che il petrolchimico è cresciuto del 17 % nel periodo 2007-2011. Il tasso di inflazione nel 2012 è rimasto entro i limiti individuati in sede di budget 2012, pari cioè al 3%. Il risparmio domestico è cresciuto del 4% e il credito concesso dalle banche commerciali nel 2012 è aumentato del 17%. Le società quotate alla Borsa di Mascate, Muscat Security Market, hanno fatto registrare un incremento del 18% degli utili. Il relativo indice è cresciuto nel 2012 del 2% ed è previsto in crescita per l’anno in corso. La ricchezza prodotta annualmente in Oman registra livelli di poco superiori a quella prodotta in Paesi come la Bulgaria e la Croazia. Il reddito annuo pro-capite ha superato i 25.500 Euro, collocando il Sultanato, secondo i dati del FMI, al 38 posto nella classifica mondiale, posizione paragonabile a quella dell'Arabia Saudita o della Repubblica Ceca.

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Nel corso del 2012 la congiuntura economica si è mantenuta positiva grazie ad un incremento delle entrate derivanti dai settori degli idrocarburi e dal settore industriale. Una attenta politica dei prezzi ha contribuito al contenimento del tasso d'inflazione che è passato dal 12% del 2007 al 3% del 2012. Il 2012, come l'anno precedente, ha costituito un anno molto positivo per il settore bancario omanita. Tutte le maggiori banche del Paese hanno dichiarato utili, mentre i dati della Banca Centrale dell'Oman indicano che nel 2012 i depositi delle banche commerciali sono saliti mediamente del 4%, in linea con quanto accaduto nel 2011. Politica economica Il governo continuerà a perseguire le riforme volte a diversificare l'economia dal petrolio e dal gas nonché la promozione delle esportazioni del settore non-oil. Salirà pertanto la spesa del settore infrastrutturale, inclusi quello turistico, dei porti e delle ferrovie. Le attività della pirateria, nelle acque omanite, è aumentata negli ultimi anni e ciò potrebbe ostacolare lo sviluppo delle attività della logistica portuale, in particolare della nascente struttura nella città di Duqm. D'altro canto il Sultanato è impegnato nel supporto logistico alle attività di contrasto della pirateria, in particolare quelle che si svolgono a livello internazionale. Il piano di sviluppo quinquennale (2011-15) ha previsto oltre di 16 Mld di Euro per lo sviluppo delle infrastrutture. Gli investimenti nella produzione di greggio sono in espansione anche grazie all'utilizzo di tecniche avanzate di recupero del petrolio (EOR). Gli investimenti nell'industria ad elevata domanda di energia e la new power generation hanno fatto crescere, più del previsto, la domanda di gas; il governo sopperirà a tale deficit attraverso lo sviluppo di nuovi impianti di trasformazione a gas. L'idea è quella di intervenire, altresì, nel favorire la fusione delle due società di stato (Qalhat e Oman LNG) che attualmente producono gas liquefatto LNG affinché si possano ottenere prezzi più competitivi su scala internazionale. Lo sviluppo di fonti alternative di energia è allo studio sia per la produzione di energia eolica sia per quella solare. Prosegue il processo di omanizzazione, ovvero la sostituzione dei lavoratori espatriati con quelli omaniti; numerose sono le questioni da risolvere, tra le quali la mancanza di forza lavoro omanita qualificata e le differenze di trattamento riservate ai lavoratori omaniti rispetto agli altri. Ease of doing business index (1=most business-friendly regulations) Il World Bank Doing Business Report 2014 ha classificato l’Oman come 47° su 189 Paesi per facilità di fare affari. Un alto posizionamento nella classifica significa che il quadro normativo è più favorevole per l'avvio e il funzionamento di una impresa locale. Questo indice misura la media percentile del Paese su 10 argomenti, costituiti da una serie di indicatori, dando pari peso ad ogni argomento. La classificazione si riferisce al giugno 2013.

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Cenni al sistema legale in Oman (A cura dell'avvocato Francesca Di Bon Pellicciolli

GLAWBE Business Lawyers & Consultants) Il Sultanato dell’Oman … in massima sintesi Il Sultanato dell’Oman è il più antico stato indipendente del mondo arabo. La sua collocazione geografica è considerata d’importanza strategica nella regione. La penisola di Musandam, distante dalle coste iraniane solo 55 km, domina, infatti, lo stretto di Hormuz e quindi l’accesso al Golfo. Il lungo tratto di costa omanita che si affaccia sull’Oceano Indiano offre al Paese una posizione privilegiata per i rapporti commerciali con l’India e l’Asia. L’Oman è il solo Stato della regione ad avere abbracciato la corrente dell’Islam conosciuta come Ibadismo, la quale si caratterizza per il proprio tratto moderato e tollerante. Caratteristiche, le predette, che sono chiaramente visibili sia a livello sociale che politico ed economico e che hanno contribuito alla progressiva e costante modernizzazione del Paese seppur nel rispetto dei valori tradizionali. Oggi l’Oman è un Paese in forte crescita sia economica che sociale, politicamente stabile, con un’affermata reputazione diplomatica a livello internazionale, dotato di ottime infrastrutture e ricco di materie prime. Il sistema legale in Oman: profili generali Il processo di valutazione di un mercato da parte dell’investitore straniero è caratterizzato da diverse fasi. La prima fase si connota, generalmente, per la raccolta di dati di sistema. Una della primarie e principali verifiche è infatti finalizzata al controllo della capacità del Paese di interesse di offrire specifiche garanzie di stabilità sotto il profilo politico, economico e giuridico. In particolare, per quanto qui di rilievo, il sistema legale omanita può certamente definirsi solido e ben strutturato. I principi di libera iniziativa economica e tutela della proprietà privata rappresentano valori appartenenti alla tradizione giuridica del Paese. I suddetti principi ispirano, in particolare, la normativa disciplinate i settori di immediata rilevanza per gli investitori. I fondamenti del sistema legale omanita sono definiti nella Basic Law of the State promulgata da H.M. Sultan Qaboos bin Said con Royal Decree n.101/96. L’Art. 1 della Basic Law definisce il Sultanato dell’Oman quale Stato indipendente, sovrano, arabo, islamico, e l’Art. 2 pone la Shari’a شريعة Islamica quale fondamento della legge. Il diritto omanita risulta essere un insieme di legge islamica (prevalentemente, ma non solo, applicata nell’ambito del diritto di famiglia e del diritto successorio), normativa codificata con caratteristiche tipiche del sistema di civil law e giurisprudenza prevalentemente rappresentata dalle decisioni della Supreme Court le quali non assurgono, tuttavia, a precedente vincolante ma a principi generali (in modo molto simile al valore attribuito nell’ambito del diritto italiano alle pronunce della Corte di Cassazione). La fonte principale e primaria del diritto omanita è rappresentata dai Decreti del Sultano (Sultani Decree o Royal Decree) i quali spesso prevedono specifiche deleghe sulla base delle quali viene emanata la legislazione secondaria (Decisioni Ministeriali e Regolamenti). Sono molteplici i diritti civili che ricevono esplicito riconoscimento nella Basic Law, quali, ad esempio, il principio di eguaglianza tra cittadini nonché il principio di non discriminazione per ragioni di genere, origine, razza, lingua, religione e censo (Art.17). La Basic Law, inoltre, accoglie espressamente il principio della libera economia (Art.11). Per quanto di immediata rilevanza per lo straniero legalmente residente in Oman, l’Art. 35 della Basic Law sancisce da un lato il suo diritto a ricevere protezione della propria persona e dei propri beni in ottemperanza a quanto disposto dalla legge e, dall’altro, il suo dovere di rispettare i valori sociali, le tradizioni e i costumi locali. Il sistema giudiziario In Oman sono previsti tre gradi di giudizio. Al vertice è collocata la Supreme Court, la quale esercita eminentemente, ma non solo, una giurisdizione di legittimità, il grado di appello è affidato alle Courts of Appeal (attualmente Muscat, Nizwa, Sohar, Ibra, Ibri, Salalah, Seeb, Buraimi, Al Mudhaibi, Sur, Duqm e Musandam) e il giudizio di primo grado spetta alle Courts of First Instance o Primary Courts (costituite da un solo giudice per le cause di valore non superiore ai 70.000 O.R, e da tre giudici per la cause di valore superiore). Nel 1997 il Royal Decree n.13/97 ha istituito la Court of Summary Justice la quale è competente a conoscere cause di valore non superiore a O.R. 15.000.

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E’ sancita l’indipendenza della magistratura (Art.60) la quale è soggetta solo alla legge e, ovviamente, al Sultano. Il Royal Decree n.47/97 costituisce la normativa locale in materia di arbitrato civile e commerciale. La norma disciplina il procedimento arbitrale, l’esecuzione del lodo e il limitato diritto di appello. Per essere valida, la clausola arbitrale deve essere redatta per iscritto e deve contenere l’indicazione della sede dell’arbitrato, il numero degli arbitri, la legge applicabile e la lingua dell’arbitrato. Si precisa, in materia, che l’Oman ha sottoscritto la Convenzione di New York sul riconoscimento e l’esecuzione dei lodi arbitrali stranieri. Il sistema omanita riconosce anche la possibilità di ricorrere a forme alternative di risoluzione delle controversie onde evitare il giudizio. In base a quanto disposto dalla Conciliation and Settlement Law (Royal Decree n.98/2005) è possibile ricorrere ai Committees for Conciliation and Settlement depositando presso il predetto organismo di mediazione una domanda. Il Committee tenta la conciliazione in un lasso temporale non superiore a sessanta giorni decorrenti dal deposito della domanda (prorogabili per ulteriori trenta giorni se sussiste l’accordo delle parti). L’eventuale accordo raggiunto può essere posto in esecuzione come una sentenza. Organizzazioni e convenzioni internazionali L’Oman ha sottoscritto numerosi accordi di libero scambio tra i quali l’Economic Treaty of the GCC States, il FTA con gli Stati Uniti d’America. É inoltre uno dei Paesi fondatori della Indian Ocean Rim Association. É membro del WTO, del GAFTA, dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, del Gulf Cooperation Council (GCC), del Fondo Monetario Internazionale, dell’OPEC, dell’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale – WIPO. É parte della International Convention for the Settlement of Investment Disputes between States and Nationals of other States (ICSID) nonché della New York Convention sul riconoscimento e l’esecuzione dei lodi arbitrali stranieri. L’Oman ha inoltre sottoscritto la Convenzione Internazionale dell’Aja sull’Apostille. Investimenti diretti in Oman Da molti anni il Sultanato dell’Oman sta implementando specifiche politiche economiche volte allo sviluppo di un mercato libero e competitivo. In particolare, in esecuzione del piano di sviluppo definito “Oman 2020”, il governo locale sta fortemente sostenendo il progressivo affrancamento del Paese dal petrolio a favore di una decisa diversificazione del settore industriale e dei servizi. Il sistema si presenta, quindi, molto favorevole all’investimento straniero. La Foreign Capital Investment Law (Royal Decree 102/94) costituisce la base normativa in materia di investimento estero in Oman. Va precisato che la predetta legge si applica a tutti gli investitori esteri ad eccezione degli investitori statunitensi39 e degli investitori di Paesi aderenti al GCC. La Foreign Capital Investment Law è, ad oggi, in fase di revisione. In relazione alle limitazioni afferenti alle partecipazioni sociali, si rileva come la percentuale della partecipazione straniera in una società omanita non debba eccedere il 49 % del capitale, percentuale che può elevarsi sino al 70% in caso di decisione favorevole del Ministero del Commercio e dell’Industria (MOCI) su raccomandazione del Foreign Capital Investment Committee (Art.2 Foreign Capital Investment Law). La percentuale della partecipazione straniera può giungere sino al 100%, ipotesi molto rara, solo nel caso in cui l’investimento riguardi progetti di valore non inferiore ai 500.000 O.R. e che siano ritenuti necessari allo sviluppo del Paese e dell’economia nazionale (Art.2 Foreign Capital Investment Law). Preliminarmente, si evidenzia come il requisito essenziale per implementare una qualsivoglia attività economica da parte di persone fisiche o giuridiche straniere nel mercato omanita sia il rilascio di una licenza da parte del Ministro del Commercio e dell’Industria (Art. 24 del Commercial Code - Royal Decree n.55/90 e Art.1 Foreign Capital Investment Law). La richiesta per l’ottenimento della licenza, accompagnata dalla descrizione del progetto di investimento, va presentata al Foreign Capital Investment Committee. La tipologia di licenza si differenzia in relazione all’attività economica che deve essere implementata (trade, industrial, professional, service). Per quanto concerne i progetti di carattere industriale, gli stessi sono inoltre soggetti alle disposizioni della Law for Organisation and Encouragement of Industry (Royal Decree n.1/1979 e successive modificazioni) la quale stabilisce una pluralità di incentivi che il Ministero del Commercio e dell’Industria (MOCI), previa consultazione con il Committee for the Development of Industry, può concedere (tra cui: esenzione da dazi doganali, esenzione dall’imposizione fiscale per cinque anni ulteriormente prorogabile, finanziamenti agevolati) a favore di progetti per i quali è stata riconosciuta la licenza.

39 In applicazione del FTA (Free Trade Agreement) tra l’Oman e gli Stati Uniti

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In considerazione della natura dell’investimento possono essere richieste ulteriori specifiche autorizzazioni anche da parte di altre autorità pubbliche quali, ad esempio, il Ministry of Environment and Climate Affairs. Il lavoratore straniero deve possedere un permesso di lavoro e di residenza i quali vengono rilasciati dal Ministry of Manpower e dal dipartimento Immigrazione della Royal Omani Police. Si segnala che il Paese ha implementato un sistema di one-stop-shop, attualmente in fase di ulteriore sviluppo, grazie al quale sarà a breve raggiunta la generale informatizzazione dei servizi amministrativi anche relativi alle procedure afferenti alla registrazione delle società e alla richiesta di licenze. Riguardo alle garanzie per gli operatori stranieri, va sottolineato che non sussiste nel Paese alcuna restrizione alla trasferibilità all'estero dei profitti e dei capitali. Dal 1997 è in vigore un accordo tra Italia e Oman per la promozione e la protezione degli investimenti (firmato nel 1993). I principi del libero mercato e della libertà economica accolti nella Basic Law of the State non costituiscono mere previsioni normative ma sono effettivamente rispettati e implementati con la conseguenza che procedure di nazionalizzazione o espropriazione sono fortemente improbabili. Come già rilevato, si consideri, altresì, che l’Oman è parte della International Convention for the Settlement of Investment Disputes between States and Nationals of other States (ICSID) nonché della New York Convention (1958) sul riconoscimento e l’esecuzione dei lodi arbitrali stranieri: l’adesione a dette convenzioni garantisce, quindi, ulteriore tutela all’investitore straniero. Numerosi sono gli organismi istituiti a sostegno della promozione e dello sviluppo economico, tra i quali si citano il Public Authority for Investment Promotion and Export Development, la Public Authority for the Development of SMEs set up (di recentissima istituzione – Royal Decree 36/2013 - a sostegno dello sviluppo della piccola e media impresa) e il Public Establishment for Industrial Estates. L’accesso dell’investitore estero al mercato omanita La prassi ha evidenziato come le principali modalità scelte dall’investitore estero per operare nel mercato omanita con modalità diretta siano influenzate sia dalla natura che dall’entità dell’investimento, dal grado di penetrazione del mercato auspicata nonché dal settore economico di interesse. La specificità dell’investimento, quindi, influisce, ad esempio, sulla scelta tra le diverse forme societarie previste dalla normativa onde potersi coniugare le caratteristiche del progetto con i vincoli normativi. L’operatività dell’investitore straniero nel mercato omanita si realizza, generalmente, mediante la partecipazione in una società locale (di regola nella forma della Limited Liability Company o, più raramente, della Closed Joint-stock Company), la costituzione di una società locale a capitale interamente straniero (ipotesi molto rara e comunque limitata ai soli casi consentiti dalla normativa, come la costituzione della società in una free zone o in una zona economica speciale), la joint venture e la branch. In considerazione delle finalità del presente contributo, la trattazione, per quanto concerne le diverse forme societarie disciplinate dalla normativa locale, verrà limitata alle caratteristiche generali della società più diffusamente utilizzata, la Limited Liability Company, e verranno forniti solo alcuni cenni in relazione alla SAOC (Société Anonyme Omanaise Close) e alla SAOG (Société Anonyme Omanaise Générale). Verranno successivamente esaminate le caratteristiche della joint venture e della branch. La fonte normativa principale e di riferimento per quanto concerne le società commerciali è rappresentata dalla Commercial Company Law promulgata già negli anni ‘70 con Royal Decree 4/1974, successivamente emendata, le cui disposizioni vanno lette, in ipotesi di investimento estero, unitamente alla Foreign Capital Investment Law40 (e successive modifiche) promulgata con Royal Decree 102/1994 (recentemente emendata dal Royal Decree 32/2010). Si precisa che, accanto ai predetti atti normativi, sono stati emanati altri Decreti Reali e numerose decisioni ministeriali soprattutto con riferimento a specifici settori economici quali le telecomunicazioni, l’attività bancaria, l’attività assicurativa, il settore elettrico, il settore idrico e minerario. Disposizione generale in materia societaria e di esordio nella CCL è rappresentata dall’Art.2 il quale, dopo aver elencato le varie tipologie di società, stabilisce che le prescritte forme sono tassative con conseguente nullità del vincolo sociale diversamente costituito e responsabilità solidale e illimitata dei soggetti che hanno agito in nome e per conto della società nulla. Limited Liability Company La Limited Liability Company, si è detto, rappresenta la forma societaria più diffusamente utilizzata dall’investitore straniero in quanto attrattiva sia per il minore iniziale investimento di capitale sia sotto il profilo della garanzia rappresentata dalla limitazione della responsabilità alla partecipazione che, infine, sotto il profilo gestionale/amministrativo.

40 Come peraltro esplicitamente previsto dall’Art. 7 della citata legge “Commercial companies with non-Omani partners, whether such

partners are natural or juristic persons, shall comply with the foreign capital investment law”

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In relazione alla responsabilità va sottolineato che la limitazione al valore nominale della partecipazione non può essere invocato sino a quando non siano state completate le formalità afferenti alla firma dell’atto costitutivo, all’individuazione, valorizzazione e versamento delle quote nonché alla registrazione della società presso il Commercial Register (Art. 140 CCL) presso il MOCI. Il nome della società può anche contenere il nome di uno o più soci tuttavia è necessario che non vi sia possibilità che venga ingenerata confusione o induzione in errore circa le limitazioni di responsabilità. In caso di induzione in errore di un terzo di buona fede, il soggetto responsabile sarà chiamato a rispondere illimitatamente e personalmente per i danni patiti dal terzo (Art. 137 CCL). In ogni caso, il nome della società deve essere seguito dall’indicazione di LLC (o Limited Liability Company per esteso). Le partecipazioni nella società non possono essere rappresentate da titoli negoziabili e non possono essere oggetto di diritti di garanzia a favore di terzi. Ne consegue che detta limitazione dovrà essere tenuta in considerazione dall’investitore qualora il progetto di investimento dovesse invece prevedere o non escludere, ad esempio, il ricorso a finanziamenti. In caso di vendita della partecipazione è previsto un diritto di prelazione a favore degli altri soci. Capitale sociale: Il capitale minimo richiesto per la costituzione di una Limited - il quale va interamente versato al momento della costituzione della società (Art.138 Commercial Company Law) - è pari a O.R. 20.000 in caso di capitale interamente omanita mentre, in ipotesi di partecipazione straniera, si eleva a O.R. 150.000. Le partecipazioni possono essere detenute sia da persone fisiche che da persone giuridiche. E’ richiesta la presenza di almeno due soci fino ad un massimo di quaranta. Come accennato, la partecipazione straniera non può eccedere il 49% del capitale salvo autorizzazione del Ministero del Commercio e dell’Industria su raccomandazione del Foreign Capital Investment Committee con conseguente innalzamento della partecipazione straniera sino al 70% o, nel citato caso di progetto che contribuisca allo sviluppo dell’economia locale, sino al 100% (con capitale sociale minimo pari a O.R. 500.000). L’Art. 13 della CCL non esclude che l’atto costitutivo possa stabilire percentuali di partecipazione agli utili e alle perdite diverse rispetto alla quota di capitale detenuta. E’ invece contrario alle disposizioni della legge, con conseguente nullità della relativa disposizione, che l’atto costitutivo o lo statuto prevedano l’esclusione di un socio o dalla partecipazione alle perdite o dalla divisone dei profitti. L’applicazione della citata disposizione ha comportato la dichiarazione di nullità radicale, sancita da pronunce giurisprudenziali locali, nei confronti di accordi che prevedevano l’esclusione del partner omanita detentore della maggioranza da ogni partecipazione a profitti o perdite in cambio del riconoscimento di una fee mensile o annuale concordata. L’atto costitutivo della LLC è soggetto ad una specifica forma di pubblicità rappresentata dalla registrazione presso il Ministero del Commercio e dell’Industria. Come di frequente accade nella prassi, accanto alle pattuizioni stabilite nell’atto costitutivo, vengono stipulati tra i partner degli accordi che derogano alle pattuizioni contenute nel contratto sociale o, più in generale, alle disposizioni della CCL. E’ necessario rilevare come detti accordi non trovino tutela nell’ordinamento omanita e che, pertanto, non saranno eseguibili. La possibilità di stipulare tra partner patti successivi alla costituzione della società, anche non registrati, che amplino il contenuto delle pattuizioni del contratto sociale costitutivo è limitata, quindi, dalla necessità che il contenuto degli stessi non sia contrario a quanto previsto dalla Commercial Company Law e dall’atto costitutivo, appunto. Limitazione che non risulta essere particolarmente stringente in considerazione dei requisiti legali minimi stabiliti dalla normativa in relazione a questa tipologia societaria. Riserve: Il 10% dei profitti netti annuali deve essere obbligatoriamente destinato a riserva legale sino al raggiungimento di un terzo del capitale sociale. Amministrazione della società e Assemblea dei soci: La normativa non prevede alcun obbligo in merito alla presenza di un organo amministrativo strutturato quale un Board of Directors a cui vengono delegati i poteri di gestione della società. L’amministrazione della società può essere affidata dai soci a uno o più manager, soci o non soci, i quali potranno agire in nome e per conto della società nei limiti di quanto stabilito nell’atto costitutivo. Ai manager non soci viene di norma affidata l’amministrazione ordinaria mentre ai manager che sono anche soci vengono riservate le decisioni strategiche per la vita della società. Non è contraria alle disposizioni della legge la previsione per la quale il manager possa essere nominato anche da un solo partner, con ogni possibile conseguenza sotto il profilo del controllo della società, il quale potrà in linea di principio spettare all’investitore straniero: la legge precisa, infatti, solamente che in nessun caso l’assemblea dei soci potrà essere privata del diritto di revocare il manager. Nei confronti del terzo di buona fede ogni atto posto in essere dai manager nell’esercizio delle proprie funzioni verrà considerato come vincolante la società salvo che la limitazione dei poteri rilevi nel Commercial Register.

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I manager sono responsabili nei confronti della società, dei soci e dei terzi per i danni eventualmente cagionati dagli atti posti in essere in virtù della loro carica e contrari alla legge ovvero eccedenti i poteri conferitigli ovvero per frode o negligenza (Art.155 CCL). E’ prescritta la presenza di almeno un auditor nominato dall’assemblea nel caso in cui il numero dei soci sia superiore a dieci, il capitale sociale sia superiore a 50.000 O.R. ovvero nel caso in cui uno o più soci rappresentanti almeno un quinto del capitale sociale ne facciano richiesta (Art. 157 CCL). Ne consegue che, nel caso di partecipazione straniera, essendo il capitale sociale minimo richiesto pari a 150.000 O.R., la presenza dell’auditor sarà necessaria. La volontà dei soci viene espressa mediante il voto in assemblea, anche se, in alcuni casi, quando previsto nell’atto costitutivo, viene consentita la formazione della volontà mediante comunicazioni scritte senza la costituzione assembleare. Le delibere assembleari sono efficaci qualora sia presente almeno il 50 % del capitale sociale in prima convocazione. In seconda convocazione la deliberazione può essere validamente adottata a maggioranza semplice a prescindere dalla quota di capitale rappresentato, purché l’assemblea si tenga ad almeno un mese dalla prima (Art.165 Commercial Company Law). Per alcune delibere quali l’aumento o la riduzione del capitale sociale, la trasformazione della società nella forma della general o limited partnership è richiesta l’unanimità, mentre per le delibere di modifica dell’atto costitutivo o per la trasformazione della società in una joint stock company è richiesto il voto favorevole della maggioranza dei soci che rappresentino almeno ¾ del capitale sociale (Art. 167 CCL). Documentazione contabile: La Limited Liability Company, come ogni altro operatore economico in Oman, è tenuta alla redazione e alla conservazione delle scritture contabili secondo i principi IFRS (International Financial Reporting Standards). In considerazione, inoltre, di quanto disposto dalla Income Tax Law per ogni società con un capitale superiore agli O.R. 20.000, la documentazione contabile deve essere certificata in quanto ne è richiesto il deposito (salve le deroghe previste dalla normativa) unitamente alle dichiarazioni a fini fiscali (le quali vanno presentate entro sei mesi dalla fine del precedente anno fiscale). Société Anonyme Omanaise Close Per quanto riguarda le altre forme societarie, la SAOC rappresenta la forma necessaria per operare nell’ambito del settore bancario, assicurativo e del commercio aereo. Richiede un capitale minimo nettamente superiore rispetto a quello della LLC cioè O.R. 500.000. La gestione della società è più strutturata in quanto è prevista la presenza di un consiglio di amministrazione al quale sono riconosciuti ampi poteri con conseguente forte limitazione dei poteri assembleari. Société Anonyme Omanaise Générale La SAOG è, in sostanza una società per azioni a partecipazione pubblica non inferiore al 40% e la sua attività è soggetta al controllo della Capital Market Authority. Joint Venture La normativa omanita riconosce la figura della joint venture contrattuale specificando come la stessa non sia soggetta a registrazione nel Commercial Register (Art.52 CCL) - risolvendosi in un contratto il cui contenuto minimo è stabilito normativamente – e che non ha personalità giuridica. I soggetti terzi instaureranno pertanto rapporti giuridici con i singoli partner (persone fisiche o giuridiche) del contratto di JV. Particolare attenzione andrà quindi prestata a non ingenerare nel terzo la convinzione di contrattare con un soggetto giuridico autonomo in quanto la conseguenza, espressamente contemplata dalla Commercial Company Law, sarà quella di rendere applicabile la normativa afferente alla responsabilità illimitata della general partnership e dei suoi partner in riferimento allo specifico rapporto giuridico instauratosi con il terzo. Branch La normativa omanita prevede che una società straniera possa costituire una branch solo al fine di adempiere ad un contratto con l’amministrazione pubblica ovvero con società privata ma interamente o parzialmente a partecipazione pubblica. L’operatività della branch, compresa la sua durata, è quindi strettamente condizionata a quanto stabilito nel contratto. Dal punto di vista della qualificazione giuridica, la branch è considerata a tutti gli effetti come parte della società straniera con la conseguenza che nei confronti di quest’ultima si instaureranno tutti i rapporti giuridici attivi e passivi posti in essere dalla branch omanita. Costituendo la branch una stabile organizzazione della società straniera, sarà soggetta alla tassazione prevista per le società locali (12% sui profitti oltre i O.R. 30.000).

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Ufficio di rappresentanza L’ufficio di rappresentanza viene atecnicamente annoverato tra le forme di investimento diretto. L’ufficio di rappresentanza non costituisce, infatti, una forma di investimento in un mercato in quanto la sua operatività è limitata alla sola attività di promozione e di marketing dei prodotti o servizi di una società straniera, non potendosi estendere all’instaurazione di rapporti giuridici di vendita, importazione, esportazione o, in generale, ad ogni forma di attività commerciale diretta. La legislazione omanita riconosce all’ufficio di rappresentanza le citate caratteristiche richiedendo, comunque, che l’attività dell’ufficio, seppure limitata a quanto sopra descritto, sia soggetta al rilascio di una licenza e alla registrazione presso il Commercial Register. Le Free Zone Il governo omanita ha ritenuto che la costituzione di aree economiche speciali nel Paese potesse costituire un ulteriore impulso allo sviluppo industriale, tanto da annunciare nel 2012, per il tramite della Free Trade Authority, l’ulteriore espansione delle predette aree grazie ad un investimento di 450 milioni di dollari. Attualmente sono presenti alcune Free Zone e zone economiche speciali istituite e autorizzate in virtù di decreti del Sultano e amministrate dall’autorità di riferimento (MOCI e Free Trade Authority). Si tratta della free zone di Salalah (nel sud del Paese) di Al Mazunah nella regione meridionale del Dhofar (Al Mazunah è situata vicino al confine con lo Yemen) nonché il parco tecnologico Knowledge Oasis Muscat che, come suggerisce il nome, sorge nelle vicinanze della capitale. Il "Gateway Sohar" costituisce un’area economica speciale (SEZ). E’ costituita dall’area del Sohar Aiport, del Sohar Port, e dalla Sohar free zone. Di più recente sviluppo è la zona economica speciale di Duqm la quale ha ricevuto e sta ricevendo un forte sostegno in termini di investimento pubblico in considerazione degli importanti progetti di sviluppo che la riguardano. La Free Zones Law n. 56 del 2002 prevede che il decreto che istituisce la free zone ne determini anche l’ubicazione, i confini e, in particolare, gli incentivi, le specifiche facilitazioni a favore degli operatori economici che vi si insediano nonché la tipologia di attività che vi possono essere esercitate e la forma societaria che l’operatore economico è tenuto a scegliere. In linea generale, è possibile tracciare un quadro comune degli incentivi che vengono riconosciuti agli operatori economici di dette aree, tra i quali si annoverano una più rapida procedura di costituzione della società grazie alla possibilità di ottenere più facilmente i permessi governativi (compresa la procedura amministrativa afferente all’affitto del terreno), la possibilità che la società sia interamente partecipata da capitale straniero, nessun requisito minimo quanto al capitale sociale, l’esenzione dall’applicazione della normativa in materia di agenzia, l’esenzione fiscale dalla corporate tax per un certo numero di anni, nessuna limitazione al rimpatrio dei capitali, l’esenzione dai dazi per i beni importati41, la riduzione della quota obbligatoria da riservare all’assunzione di personale omanita (cd.Omanisation), l’applicazione di tariffe agevolate in relazione alle forniture energetiche e idriche, il riconoscimento del permesso di lavoro per il personale non omanita, la possibilità di istituire uffici di rappresentanza al di fuori della free zone. Le citate facilitazioni, pertanto, si risolvono in una certamente interessante possibilità di deroga, per alcuni rilevanti aspetti, alle disposizioni della Commercial Companies Law, della Commercial Agencies Law e della Foreign Capital Investment Law. Come specificato sopra, ciascuna free zone è caratterizzata dalla specificità delle attività economiche che vi possono essere esercitate. La Sohar Free Zone riconosce agli operatori licenze per l’attività nel settore metallurgico, petrolchim ico, alimentare, delle lavorazioni leggere e della logistica. Per quanto concerne gli incentivi, si ricorda in particolare, oltre all’esenzione dai dazi, l’esenzione dall’imposizione diretta per 10 anni prorogabile fino a 25 anni, qualora siano raggiunti i livelli occupazionali di personale omanita previsti (25% dopo 10 anni, 35% dopo 15 anni, 50% dopo 20 anni). La quota minima occupazionale richiesta di lavoratori omaniti è del 15%. Per quanto riguarda la zona di libero scambio di Salalah, sono operative società del settore chimico, della lavorazione dei materiali, di produzione e assemblaggio, della logistica e della distribuzione. Gli incentivi riconosciuti agli operatori della free zone sono quelli di cui si è detto. Di particolare rilievo è l’assenza di qualsivoglia requisito minimo nell’ammontare del capitale sociale della start-up. Al Mazunah è la free zone più meridionale del Paese (pochi chilometri dal confine yemenita). La free zone è aperta a attività industriali (plastica, generi alimentari, tessile e in generale ogni attività di industria leggera), alla logistica, allo stoccaggio, alla conservazione e alla distribuzione. La quota richiesta di personale omanita è pari al 10%. Sono previsti tutti gli altri incentivi di cui si è detto.

41 Salvo che i beni non siano poi ceduti al di fuori della free zone in territorio omanita; nel qual caso potrebbero scontare il dazio

standard pari al 5 % sul valore CIF

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Particolare menzione merita la Zona Economica Speciale di Duqm, amministrata dalla SAZAD (Special Economic Authority Duqm). Il progetto di sviluppo di tale zona è particolarmente strutturato e finalizzato all’attrazione di investimenti di molteplice natura onde consentire lo sviluppo della più ampia gamma di settori economici. Duqm è, nell’intendimento governativo, destinata a diventare un nuovo e sviluppato centro anche residenziale di ulteriore estensione rispetto alla già esistente moderna città di Duqm. Si tratta quindi di un programma in constante evoluzione, massivo e di rapido sviluppo. Molte sono le possibilità economiche che sono state e che continuano ad essere offerte da tale progetto. Tre sono le principali modalità aperte all’investitore interessato ad operare nella zona: la partecipazione a gare di appalto pubbliche o l’entrare in partnership contrattuale con l’autorità pubblica per la costruzione di opere di edilizia pubblica o in generale infrastrutturali ma anche di servizi, ovvero rivolgersi agli altri settori rispetto ai quali è ammessa l’attività privata quali il settore petrolchimico, minerario, edilizia privata, alimentare, energie rinnovabili, automotive, IT, logistica, rifiuti, ricerca scientifica e sviluppo. In relazione agli incentivi per l’investimento, sono previste tutte le facilitazioni già menzionate, quali l’esenzione dalla corporate tax, società interamente partecipata da capitale estero, nessun requisito minimo per il capitale sociale della start-up, affitti a lungo termine a canone ridotto, nessuna limitazione al rimpatrio dei capitali e dei profitti, tempi di registrazione della società inferiori ad una settimana, procedure doganali semplificate, possibilità di esenzione daziaria totale anche per le cessioni di beni all’interno del Paese o negli altri Stati appartenenti al Consiglio di Cooperazione del Golfo. Il Knowledge Oasis Muscat (KOM) è una zona speciale dedicata alla tecnologia. In particolare, le aree operative riguardano le comunicazioni, i servizi di information technology e di sviluppo di software, i servizi di ingegneristica hi-tech. Sono attive nel parco presso il KOM società quali Microsoft, Oracle, Hewlett Packard Arabia, Qatar Airways, Oman Air, Huawei ma anche piccole e medie imprese oltre che start-up. Gli incentivi offerti all’investitore riguardano la possibilità di costituzione di società interamente partecipate da capitale straniero, tariffe agevolate per le telecomunicazioni e i servizi internet, capitale sociale minino per le start-up, esenzione fiscale e daziaria. Accanto alle Free Zone di cui si è detto, sono presenti nel Paese anche i c.d. Industrial Estates amministrati dalla PEIE (Public Establishment for Industrial Estates). Si tratta di aree produttive, servite comunque anche da hotel, ristoranti, servizi bancari e altre infrastrutture, nell’ambito di alcune delle quali l’investimento straniero viene incentivato grazie al riconoscimento di alcune delle facilitazioni previste per gli operatori delle free zone. Investimenti indiretti in Oman: il contratto di agenzia e distribuzione La prassi internazionale riassume nel termine "distribuzione" una pluralità di figure contrattuali tra le quali spiccano per diffusione e per "tipicità" l'agenzia (Agency), la concessione di vendita (Distribution) e il franchising. La legislazione omanita disciplina espressamente la sola Agency: infatti la Law of Commerce – Royal Decree 55/90, la Commercial Agency Law - Royal Decree n.26/77 da ultimo emendata dal Royal Decree n. 66/2005, la Commercial Register Law – Royal Decree 3/74 da ultimo emendata dal Royal Decree 88/86 non recano alcuna distinzione tra le diverse forme contrattuali. Il contratto di agenzia viene definito “Any agreement through which a merchant or a commercial company in the Sultanate is assigned to promote or distribute the products or services of a foreign person or entity in consideration for profit or commission”. La stipulazione di detto contratto si pone come necessaria per l’operatore che voglia, in assenza di una propria presenza diretta nel Paese, commercializzare i propri prodotti o servizi. L’agente deve necessariamente essere un persona fisica omanita e residente (di età maggiore dei 18 anni) ovvero una persona giuridica locale partecipata per almeno il 30% da capitale omanita. In entrambi i casi l’agente deve essere registrato presso la Oman Chamber of Commerce come soggetto autorizzato ad esercitare l’attività di agente commerciale (anche se non in via principale o esclusiva). Per quanto concerne i requisiti formali, il contratto di agenzia deve avere forma scritta e deve essere redatto in lingua araba, oltre che debitamente registrato nel “Agency Register” presso il Ministero del Commercio e dell’Industria e presso la Oman Chamber of Commerce. Si precisa come la registrazione del contratto si pone quale requisito essenziale per la validità del contratto e per l’esercizio di ogni diritto derivante da esso. Nel caso in cui il contratto venga stipulato all’estero, lo stesso dovrà essere certificato e autenticato dall’Ambasciata omanita nello Stato della firma per poterne poi ottenere la registrazione presso le citate autorità. La registrazione del contratto deve essere rinnovata ogni tre anni. In relazione al contenuto del contratto si rileva come non sia richiesto il riconoscimento di un’esclusiva all’agente, con la conseguenza che il preponente sarà libero di nominare più agenti.

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In merito alla disciplina dello scioglimento del vincolo contrattuale, la normativa prevede per entrambe le parti la facoltà di recesso unilaterale in presenza di una giusta causa che non riceve ampia descrizione a livello normativo. In concreto viene riconosciuta una forte protezione all’agente locale. Nell’ipotesi di contratto a tempo indeterminato (ipotesi da valutare attentamente in sede di firma dell’accordo) il preponente che non riesca a provare la sussistenza di una giusta causa dovrà risarcire l’agente. In caso di contratto a tempo determinato, il preponente che recede alla scadenza del vincolo potrebbe essere chiamato ad affrontare la richiesta di risarcimento dell’agente locale che dovesse ritenere ingiustificato il rifiuto di rinnovo del contratto. In sostanza, solo un chiaro contenuto contrattuale che specifichi anche le giuste cause di recesso (ad esempio il mancato raggiungimento di specifici target) o, in difetto, l’accordo espresso dell’agente, potrà facilitare lo scioglimento del vincolo senza conseguenze economiche. La determinazione della misura del risarcimento è rilasciata alla discrezione della Dispute Resolution Authority, organo competente a conoscere delle controversie in materia di agenzia. Di norma la misura del risarcimento viene determinata sulla base del volume delle vendite degli ultimi tre anni ovvero calcolando la media di tutte le provvigioni o dei profitti annuali riconosciuti all’agente. Il contratto di agenzia non può essere disciplinato se non dalla legge omanita, quest'ultima rappresentando un requisito per la registrazione del vincolo. Non sussistono, invece, limitazioni, alla possibilità per le parti di sottrarre il contratto alla competenza della Dispute Resolution Authority in favore di un giudizio arbitrale, anche estero, in caso di controversia. Il lodo verrà riconosciuto in Oman per effetto della citata adesione del Paese alla Convenzione di New York sul riconoscimento e l’esecuzione dei lodi arbitrali stranieri. Investimenti indiretti in Oman: il contratto di franchising Molti sono ad oggi i settori nei quali il franchising risulta essere particolarmente diffuso: fastfood e catene di ristoranti, noleggio auto, abbigliamento, prodotti di bellezza, alberghi, giocattoli, gioielleria, arredamenti, hardware, attrezzature da ufficio. Come già rilevato in esordio, nell’ambito del sistema legale omanita il franchisee viene considerato una forma speciale del contratto di agenzia. La disciplina del contratto quindi sarà definita a seconda delle specificità di ogni singola vicenda contrattuale e quindi dalle finalità che si prefiggono le parti. Tuttavia, considerando le caratteristiche generali di detta forma contrattuale, il rapporto dovrà comunque rispettare le disposizioni non derogabili della Law of Commerce, della Commercial Agency Law, e del Code of Intellectual Property (Royal Decree 82/2000 come modificato dal Royal Decree 65 e 67 del 2008), salvo che le parti decidano di sottoporre il contratto ad una legge diversa, ipotesi questa possibile non sussistendo rispetto a tale scelta alcun divieto a differenza di quanto, invece, previsto per l’agency. Il contratto sarà soggetto a registrazione del Commercial Agents Register presso il Ministero del Commercio e dell’Industria. Importazione e certificazione delle merci Il Sultanato dell’Oman osserva e ha in concreto implementato, per la clearance doganale, standard operativi internazionali. L’applicazione di detti standard è assicurata dall’appartenenza dell’Oman a organizzazioni quali la Lega Araba, il GAFTA/PAFTA (Greater Arab Free Trade Agreement, Pan-Arab Free Trade Agreement), l’unione doganale esistente tra i Paesi appartenenti al Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC), l’Indian Ocean Rim Association for Regional Cooperation (IOR-ARC), l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), l’Organizzazione Mondiale delle Dogane, il GCC-Singapore Free Trade Agreement (GSFTA). Quale membro del Consiglio di Cooperazione del Golfo, l’Oman applica la normativa unificata rappresentata dalla Common Customs Law for the Arab Gulf Cooperation Council States, normativa resa operativa nel Paese con Royal Decree 67/2003. Il sistema doganale in Oman può certamente qualificarsi come moderno ed efficiente sia dal punto di vista organizzativo che con riferimento alle modalità e tempistiche delle operazioni di clearance, le quali vengono espletate grazie all’implementazione di un sistema interamente computerizzato dalla dichiarazione allo svincolo. L’autorità competente di settore è il Directorate General of Customs il quale opera sotto il diretto controllo della Royal Omani Police (ROP). La documentazione che deve accompagnare i beni in ingresso nel Paese dipende, naturalmente, dal regime doganale per le quali le merci vengono dichiarate.

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In ipotesi di importazione e messa in libera circolazione nel mercato, il dichiarante doganale (importatore o il customs broker abilitato) deve presentare la seguente documentazione42 :

- la fattura commerciale contenente la descrizione dettagliata dei beni oggetto della transazione e il rispettivo valore (unitario e complessivo)43 ;

- il certificato di origine;

- il certificato di incorporazione/licenza dell’importatore (Commercial Registration - al fine di attestare che l’importatore è soggetto autorizzato ad esercitare attività commerciale in Oman e ad importare)44;

- il certificato di iscrizione dell’importatore alla Oman Chamber of Industry and Commerce (OCCI)45;

- la packing list; - la dichiarazione/certificato del produttore: la dichiarazione può essere indicata anche nella fattura nel

caso in cui l’esportatore sia anche il produttore. Alcuni importatori potrebbero richiedere che detta dichiarazione costituisca oggetto di un separato documento direttamente fornito dal produttore;

- il documento di trasporto (Bill of lading or AWB), nonché un documento contenente la precisa descrizione del cargo (qualora dette informazioni non possano essere esaurientemente ricavate dal documento di trasporto e dalla fattura commerciale);

- Uniform Ship Pre-Arrival Report (documentazione richiesta dal Riyadh Memorandum of Understanding - normativa uniforme del GCC – per merci che giungono via mare);

- l’autorizzazione del legale rappresentante dell’importatore ad effettuare la clearance doganale; - l’eventuale autorizzazione all’importazione emessa dall’autorità competente (generalmente il relativo

Ministero in relazione alla tipologia del bene) nel caso di beni soggetti a restrizione. La fattura commerciale, il certificato di origine e, se richiesta in documento separato, la dichiarazione del produttore, devono essere certificati dalla Camera di Commercio e successivamente legalizzati presso l’ambasciata omanita in Italia o nello Stato da cui si effettua l’esportazione (o da parte di altre Ambasciate di Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo). In caso di assenza di legalizzazione, i beni possono comunque essere svincolati, previa ispezione da parte dell’autorità doganale, dell’assolvimento dei tributi, ove dovuti, e del pagamento di una somma in contanti pari a (20 O.R.) la quale viene rimborsata in caso di successiva produzione e regolarizzazione dei documenti entro 90 giorni. Ad avvenuto completamento dell’operazione doganale, l’Autorità rilascia il Customs Declaration Report, sostanzialmente la Custom Declaration recante la data di emissione, il logo UCLGCC e il visto della Royal Omani Police a conferma dell’avvenuto assolvimento, ove richiesto, dei tributi doganali. Qualora le merci siano state importate via mare, l’autorità portuale rilascia altresì il Cargo Charges and Removal Order. Tutta la documentazione che viene prodotta ai fini doganali deve essere in lingua inglese o araba. Nel caso in cui venga presentata documentazione tradotta, la traduzione deve essere giurata. In relazione alla tipologia dei beni importati, può essere necessario produrre dell’ulteriore documentazione, quali certificazioni fitosanitarie o veterinarie ovvero, nel caso dei prodotti alimentari o contenenti sostanze di derivazione animale (quali cosmetici o prodotti medicali) è richiesta la certificazione halal ossia la certificazione attestante che il prodotto non contiene e non è entrato in contatto con sostanze considerate illecite per la religione musulmana ovvero che è stato prodotto secondo le prescrizioni religiose. Si precisa che l’ottenimento della certificazione halal è raccomandabile anche per altri generi di prodotto. In particolare, per quanto concerne i prodotti chimici, è necessario produrre la documentazione di avvenuta registrazione della sostanza presso il MECA (Ministry of Environment and Climate Affairs). Inoltre, in funzione della tipologia di prodotto chimico, è necessario ottenere i seguenti permessi:

- Environmental Permit for Dealing with Hazardous Chemical Substances; - Permit to import or Use Radioactive Materials; - Permit to Import Ozone-Depleting Substances.

42 In caso di provenienza dei beni da altri Stati membri del GCC è necessaria anche la compilazione della Dichiarazione Statistica. Si

tratta di un modulo ufficiale di cui l’importatore è tenuto a compilare la prima pagina in Inglese o Arabo 43 Particolare attenzione va prestata alla corretta indicazione del codice tariffario. La tariffa doganale vigente in Oman corrisponde alla

Nomenclatura del CET (Common External Tariff) applicata nell’ambito del Consiglio di Cooperazione del Golfo (il quale si fonda sul sistema armonizzato internazionale)

44 Nel caso in cui l’oggetto dell’importazione non sia coerente con la tipologia di attività risultante dalla certificazione, sarà necessario richiedere il rilascio di un permesso di importazione al Commercial Affairs Department of the Ministry of Commerce and Industry (MOCI)

45 La documentazione di registrazione dell’operatore alla Camera di Commercio è richiesta anche al fine del rilascio della Customs Code Registration. Detto codice viene riportato su di un tesserino il quale deve essere presentato all’atto della presentazione della dichiarazione doganale. Generalmente la registrazione anche ai fini doganali avviene all’atto della presentazione della prima dichiarazione doganale di importazione. Si precisa che gli operatori di altri Paesi appartenenti al Consiglio di Cooperazione del Golfo posso presentare anche la registrazione presso la propria camera di commercio nazionale

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Per quanto concerne le merci rispetto alle quali vige un divieto di importazione, si annoverano, tra le altre, i beni di origine israeliana46, i generi alimentari privi di etichettatura in lingua araba, i germogli di dattero, i giornali o le riviste e il materiale fotografico a contenuto violento o contrario all’ordine pubblico o alla pubblica morale, qualsiasi prodotto contenente sostanze stupefacenti proibite secondo quanto previsto dalla Convenzione di Ginevra sull’oppio e sulle altre droghe, le gomme per autoveicoli usate, veicoli con guida a destra, le armi e gli esplosivi, i cosmetici o le preparazioni cosmetiche prevalentemente composte di etanolo, i prodotti recanti iscrizioni religiose o versi del Corano, suppellettili o giocattoli contenenti liquidi infiammabili o a forma di sigaretta, prodotti recanti emblemi del Sultanato o immagini del Sultano, abbigliamento con fantasie militari. In merito ai beni soggetti a restrizione si citano gli alcolici, i generi alimentari contenenti maiale, lardo o suoi derivati e il tabacco (alcol e tabacco possono essere importati solo da importatori registrati e a ciò autorizzati, salvo i quantitativi minimi considerati ad uso strettamente personale), sieri e vaccini, gel di derivazione animale, apparecchiature anche sanitarie a raggi X, sistemi di trasmissione o ricezione radio. Per i beni soggetti a restrizione i dazi doganali possono giungere sino al 100% del valore. Tutti gli altri beni scontano generalmente un dazio pari al 5% del valore CIF delle merci. Si ricordano, inoltre, le già menzionate esenzioni totali dai dazi per un periodo di 5 anni, eventualmente rinnovabile su raccomandazione del Ministro del Commercio e dell’Industria e approvazione del Ministero delle Finanze, quale incentivo a favore dell’investitore straniero, in relazione ai macchinari, a parti di macchinari ovvero in relazione alle materie prime o a semi lavorati necessari alla realizzazione del progetto di investimento rispetto al quale è stata rilasciata la licenza secondo quanto disposto dalla Foreign Capital Investment Law. Si ricorda, inoltre, che sono previste specifiche misure di contingentamento in applicazione delle quali è riconosciuta una preferenza di prezzo del 10% a favore dei prodotti omaniti (e del 5% per i prodotti GCC). Per quanto concerne l’etichettatura dei prodotti, particolare attenzione viene riservata ai generi alimentari rispetto ai quali l’Oman applica il sistema di etichettatura standardizzato per i Paesi aderenti al GCC e la normativa di applicazione e interpretazione interna. L’etichetta deve essere in lingua araba o inglese/araba. E’ comunque accettata anche l’applicazione di etichette adesive in lingua araba (tranne che per la parte recante la scadenza del prodotto e l’origine47). L’etichetta deve recare oltre al brand, la data di produzione e di scadenza, l’origine, il nome e l’indirizzo del produttore, il peso netto (sistema metrico) e la lista degli ingredienti in ordine quantitativo decrescente, i valori nutrizionali e le istruzioni di corretta conservazione. E’ richiesta la specificazione della presenza di ogni genere di grasso (compresa la gelatina). Si segnala, comunque, che la normativa omanita in tema di etichettatura è particolarmente dettagliata e differenziata in relazione alla tipologia del prodotto. Specificità sono quindi previste in relazione a prodotti quali i pesticidi, i giocattoli per bambini, i prodotti chimici, i prodotti tecnologici. La normativa consente, inoltre, la presenza sul prodotto anche di altre marchiature, come la marchiatura CE o la marchiatura FCC (USA) oltre a quelle richieste localmente. Per quanto concerne le certificazioni attestanti la rispondenza del prodotto a standard di carattere tecnico, devono osservarsi le disposizioni comuni vigenti per i Paesi aderenti al GCC. In assenza di uno standard tecnico specifico previsto dalla normativa uniforme, vengono applicati e accettati standard tecnici internazionali e, per alcuni prodotti (elettronici, telefonia, radio), europei. Può essere richiesta la presentazione di una dichiarazione di conformità. Al fine di verificare la rispondenza agli standard tecnici previsti è possibile che vengano condotti dei controlli alla dogana da parte del Directorate General of Specifications and Standards. In seguito all’esito positivo dell’ispezione, viene rilasciato il Customs Release Certificate for Goods Subject to Conformity Measures. Va ricordato, inoltre, che gli imballaggi in legno di qualsivoglia provenienza devono essere stati sottoposti al trattamento conforme a quanto previsto dagli International Standard for Phytosanitary Measures (ISPM) 15 e devono recare la relativa marchiatura che certifichi la sottoposizione al predetto trattamento. Non rilevano, allo stato, specifiche disposizioni in relazione alla certificazione made in per i prodotti omaniti. Esiste ad oggi un logo raffigurante una spirale sovrastante la dicitura Omani, creato nell’ambito dell’implementazione della c.d. “the Origin Oman campaign”, patrocinata dal PEIE (Public Establishment for Industrial Estates) un’iniziativa finalizzata alla promozione e allo sviluppo dell’imprenditoria locale. 46 Si precisa, comunque, che attualmente quasi nessun importatore omanita richiede la dichiarazione di boicottaggio delle merci

israeliane 47 E’ necessario precisare che l’indicazione di un Paese sulla confezione del prodotto o sul prodotto può venire considerata quale

dichiarazione afferente all’origine e, di conseguenza, se difforme da quanto dichiarato nella documentazione accompagnatoria, può concretizzare un’ipotesi di contraffazione o contraddittoria indicazione dell’origine perseguibile legalmente (e punita o con la riesportazione coatta dei beni o l’applicazione di sanzioni pecuniarie)

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La “Omanisation strategy” e il diritto del lavoro La Omanisation strategy identifica una specifica politica governativa che permea il mondo del lavoro nel Paese. In particolare, si tratta di un programma volto a raggiungere la massima occupazione di cittadini omaniti nei vari settori economici al fine di ridurre significativamente la dipendenza dalla forza lavoro straniera. La normativa giuslavoristica, il Royal Decree n. 35/2003 - Labour Law – (novellato nel 2011 per effetto del Decree 113/2011) stabilisce all’Art.11 che il datore di lavoro deve assumere il maggior numero possibile di lavoratori omaniti e prevede la delega al ministero per la determinazione delle specifiche quote. Il Governo ha provveduto quindi a individuare dette quote occupazionali in relazione a sei settori economici48, prevedendo la necessità che gli operatori presentino, entro il 15 agosto di ogni anno, il proprio piano occupazionale. Alle società che raggiungono i target dichiarati nei propri piani occupazionali viene riconosciuta una green card la quale consente il riconoscimento di un trattamento privilegiato nei rapporti con il Ministero. Nonostante la ferma decisione del Governo di perseguire la descritta politica, è attuale il dibattito relativo alla corretta modalità di implementazione della stessa. Sono stati infatti sollevati dubbi circa l’efficacia della previsione di quote occupazionali tout court anche in relazione alle possibili conseguenze sui potenziali progetti di investimento. Significativa in tal senso è la previsione, nella nuova normativa, della riduzione della sanzione nel caso in cui le quote non siano rispettate (non più O.R.500 ma O.R. 250 per ogni lavoratore omanita che si sarebbe dovuto assumere). Si consideri inoltre che ai sensi dell’Art. 18 del Royal Decree 35/2003 nessun datore di lavoro può impiegare personale straniero senza essere a ciò autorizzato da parte del Ministero. L’autorizzazione viene rilasciata se il lavoratore soddisfa precisi requisiti e a fronte del pagamento della prescritta fee. La normativa disciplina in modo dettagliato il contenuto minimo del contratto di lavoro (Artt. 21-23) sancendo, in primo luogo, il requisito della forma scritta. Nel caso in cui il contratto non sia redatto in lingua araba, deve comunque sussisterne una traduzione in Arabo avente lo stesso valore del testo in lingua straniera. Nell’ipotesi di mancanza della forma scritta, il lavoratore può provare i propri diritti con ogni mezzo. Il rapporto di lavoro può essere costituito a tempo determinato o indeterminato. La settimana lavorativa è di 5 giorni con un massimo di 45 ore settimanali che, per i lavoratori musulmani, viene ridotta a 30 durante il Ramadan. La recente normativa ha inoltre stabilito un tetto massimo alle ore di straordinario (max 3 ore al giorno) e ha introdotto il weekend di due giorni i quali non devono necessariamente comprendere il giovedì o il venerdì ma possono essere concordati tra lavoratore e datore di lavoro. Il salario, che non può essere inferiore a O.R. 325 per il lavoratore omanita, può venire pagato settimanalmente, ogni due settimane o mensilmente, in base a quanto stabilito nel contratto di lavoro e, in ogni caso, entro e non oltre sette giorni dalla data stabilita. Sono previste specifiche disposizioni in materia di sicurezza del luogo di lavoro e in merito al dovere del datore di lavoro di informare il lavoratore circa la pericolosità delle mansioni che è chiamato a svolgere. In caso di imprese con un numero di lavoratori superiore a 15, viene prescritto il dovere di esibizione delle disposizioni della Labour Law. Nel primo anno di impiego, la normativa riconosce 30 giorni di ferie retribuite non rinunciabili e permessi per ragioni eccezionali sei giorni all’anno. Per quanto concerne il lavoro femminile, non può essere richiesto alla donna di lavorare dalle 21.00 alle 6.00 del mattino (salvo in particolari settori quali il settore sanitario e i servizi aeroportuali). Sono riconosciuti 50 giorni retribuiti di permesso prima e dopo il parto ed è prescritto il divieto di licenziamento per certificati problemi di salute connessi alla gravidanza. La normativa, inoltre, disciplina dettagliatamente il licenziamento, prevedendo altresì la possibilità di ricorso in caso di illegittimità dello stesso. Qualora il giudice competente accerti l’illegittimità, è previsto il reintegro nel posto di lavoro o il riconoscimento di una somma non inferiore a 3 mensilità. Nel Paese è vigente un sistema di previdenza sociale. Sono di recente (2013) entrate in vigore delle modifiche alla Social Insurance Law (Royal Decree 72/1991) per effetto delle quali la contribuzione a fini previdenziali, sia a carico del lavoratore che a carico del datore di lavoro, subirà un incremento a decorrere dal mese di luglio del 2014.

48 Trasporti, comunicazioni 60%, finanza assicurazioni e immobiliare 45%, industria 35%, hotel e ristorazione 30%, grande distribuzione

e commercio 20%, contracting 15%

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Attualmente il datore di lavoro deve versare a titolo di contribuzione previdenziale (vecchiaia, morte, inabilità) il 9,5 % dell’ammontare del salario mensile dei propri dipendenti omaniti (di età compresa tra i 15 e i 59 anni e permanentemente impiegati nel settore privato) e l’1% del salario mensile per malattia e infortuni sul lavoro. Il lavoratore deve versare a fini previdenziali (vecchiaia, disabilità, morte) il 6,5 % calcolato sul proprio salario mensile. La normativa riconosce infine il diritto dei lavoratori di unirsi in associazioni sindacali. Recenti sono le modifiche intervenute (decisione Ministeriale 570/2012) in virtù delle quali l’associazione sindacale, dotata di statuto, può richiedere la registrazione con conseguente riconoscimento della soggettività giuridica. La proprietà immobiliare La proprietà immobiliare e i diritti su beni immobili ricevono disciplina in Oman in virtù della Land Law (promulgata con Royal Decree 5/1980). Ulteriori disposizioni normative sono rappresentate dalla Land Register Law (Royal Decree 2/98), dalla Tenancy Law (Royal Decree 6/89 recentemente novellata dal Royal Decree 72/2008), la Law of Expropriation of Property for Public Utility (Royal Decree 21/2004), la Usufruct Law (Royal Decree 5/1981) e dalla Law on Foreign Ownership of Land in the Integrated Tourist Complexes (Royal Decree 12/2006). La normativa prevede che la proprietà di tutto il territorio spetti allo Stato salvo che non sia diversamente specificato. I cittadini omaniti possono possedere proprietà immobiliari a titolo di freehold e leasehold. Anche le società a capitale interamente omanita e le società costituite nella forma della joint stock con partecipazione omanita non inferiore al 51% possono possedere proprietà immobiliari nello Stato anche se il titolo del diritto si connota per essere vincolato all’utilizzo per finalità afferenti all’esercizio della rispettiva attività sociale. Ne consegue che una società non potrà operare meri investimenti immobiliari salvo che l’attività di investimento immobiliare ne costituisca l’oggetto sociale. Al fine di garantire il rispetto del predetto divieto è proibito che la società ponga in essere atti dispositivi in relazione all’immobile prima dei due anni dall’acquisto. La proprietà immobiliare è soggetta a registrazione e all’accatastamento nei registri previsti dalla Land Register Law, come anche ogni vicenda giuridica ad essa afferente (passaggi di proprietà, concessione di diritti di godimento o reali, vincoli – derivanti ad esempio da mutui - costituiti sul bene). La titolarità del diritto sul bene è rappresentata da specifica documentazione (cd. Mulkhiya). La proprietà immobiliare può essere locata sia a fini residenziali che commerciali. La legge (Tenancy Law ) richiede che il contratto venga registrato presso la municipalità locale e, nel caso di contratti di durata superiore ai sette anni, anche presso il Ministry of Housing. La proprietà immobiliare di soggetti stranieri Al di fuori delle aree definite “integrated tourism complexes” (ITC) di cui si dirà a breve, persone fisiche o giuridiche straniere possono diventare titolari di un diritto di usufruct. Il termine usufruct identifica in concreto il concetto di leasehold proprio del diritto anglosassone. Brevemente, leasehold e freehold identificano due diversi contenuti del diritto di proprietà su di un immobile. Il concetto di freehold è in tutto equivalente alla proprietà quale intesa nell’ambito del diritto italiano, pertanto riconosce al titolare i più ampi diritti rispetto al bene. Il leasehold coincide con un diritto di proprietà sul bene limitato eminentemente in termini di tempo e di potere di apportare radicali e immodificabili trasformazioni al bene. Il diritto ha una durata di 50 anni rinnovabili per ulteriori 50 anni e viene riconosciuto in virtù di un contratto. Allo spirare del termine contrattuale, il grantee ha il diritto di essere congruamente compensato per l’eventuale aumento di valore del bene derivante dalle migliorie apportate allo stesso. In base a quanto disposto dalla Law on Foreign Ownership of Land in the Integrated Tourist Complexes (Royal Decree 12/2006), persone fisiche o giuridiche non omanite hanno diritto di possedere proprietà immobiliari e di costruire immobili in Oman a fini residenziali o di investimento solo all’interno dei già citati “integrated tourism complexes” (ITC). Ai sensi dell’Art.10 del Regolamento Esecutivo (Decisione Ministeriale 191/2007) della citata legge è istituito e conservato presso il Ministero del Turismo un registro separato della proprietà immobiliare nell’ambito di complessi turistici integrati, nel quale vengono annotate tutte le vicende negoziali concernenti gli immobili. I registri sono consultabili da chi ne abbia interesse e ne è ammessa la consultazione e l’estrazione di copie a fronte del pagamento di una fee. La normativa prevede che il governo possa riconoscere contrattualmente il diritto di usufruct in relazione quindi a specifiche aree previamente individuate, a favore di costruttori che abbiano ottenuto la relativa licenza per edificare.

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Una volta raggiunti gli obiettivi minimi di edificazione stabiliti contrattualmente, il costruttore può cedere a terzi acquirenti le unità residenziali costruite rispetto alle quali i suddetti acquirenti vanteranno un diritto di proprietà pieno (freehold), a fronte del pagamento al governo di una fee. Qualora il costruttore non riesca a raggiungere gli obiettivi minimi di edificazione, ovvero non ottenga lo sviluppo dell’area, nei termini contrattualmente stabiliti, il governo ha il diritto di revocare l’usufruct e di subentrare nel progetto. I proprietari non omaniti di unità immobiliari all’interno delle citate aree, ovvero i loro familiari, possono richiedere uno speciale visto quali soggetti residenti, a condizione che sottopongano la richiesta al competente dipartimento della Royal Omani Police, unitamente alla documentazione che dimostri il titolo di proprietà sull’immobile e a fronte del pagamento di una fee fissa (Art.24). Il visto viene rilasciato in sette giorni e ha validità per due anni alla scadenza dei quali verrà automaticamente rinnovato ogni due anni per sei anni. Un visto (c.d. investor visa) verrà inoltre rilasciato ai proprietari di aree in costruzione sino al completamento del sito. Attualmente sono tredici i complessi turistici integrati: The Wave Muscat, Barr Al- Jissah Resort, Muscat Golf and Country Club, Salam Resort and Spa, Yiti Jabal Al- Sifah Resort, Salalah Beach Resort, The Blue City, Yenkit Resort, Salam Resort – Shinas, The Malkai Resort, Saraya Bander Al-Jissa, Ras Al-Hadd Project, Al- Khayal Project. Uno speciale trattamento normativo è riservato alle persone fisiche o alle società straniere di Paesi appartenenti al Consiglio di Cooperazione del Golfo. La Law Regulating the Ownership of Real Estate by the Nationals of the GCC precisa che nei confronti di detti soggetti non vigono le limitazioni di cui si è fatto prima cenno: è a loro riconosciuta la freehold property. E’ comunque previsto che l’acquisto di un terreno comporti comunque l’obbligo di edificazione e sviluppo dello stesso entro quattro anni dall’acquisto. In caso contrario il governo omanita conserva il diritto di procedere a espropriazione verso congrua indennità. La tutela dei diritti di proprietà Intellettuale e Industriale L’Oman ha aderito alle principali convenzioni internazionali in materia di tutela della Proprietà Intellettuale. Ne consegue che la normativa locale è in tutto ispirata ai principi internazionalmente riconosciuti nel settore. In particolare, l’Oman è parte della WIPO (World Intellectual Property Organization), ha sottoscritto la Convenzione di Unione di Parigi sulla protezione della Proprietà Industriale, la convenzione PCT (Patent Cooperation Treaty), il WIPO Copyright Treaty, la Convenzione di Berna sulla protezione delle opere letterarie e artistiche, il Protocollo di Madrid sulla procedura internazionale di registrazione dei marchi, l’Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi al fine della registrazione dei marchi e la Convenzione dell’Aja sul deposito internazionale dell'Industrial Design. Quale membro del WTO ha sottoscritto gli accordi TRIPS49. Va, inoltre, ricordato che anche in materia di protezione dei brevetti esiste una normativa unificata tra i Paesi aderenti al GCC, il GCC Patent Treaty. La normativa locale è differenziata in relazione alle diverse forme di privativa. Nel 2008 sono stati emanati due atti normativi il Royal Decree 65/2008 in relazione al copyright e il Royal Decree 67/2008 che ha consolidato la normativa afferente ai marchi, ai brevetti, ai modelli di utilità, al design, alle indicazioni geografiche e ai circuiti integrati (chips). Il sistema garantisce, quindi, completa protezione. L’autorità competente in materia è il Ministry of Commerce and Industry (MOCI). In particolare in relazione ai marchi è competente il Trademarks Register Department mentre per i brevetti e il copyright è competente l’Intellectual Property Department. In generale, in caso di violazione di un diritto di IP, la normativa prevede misure quali il sequestro o la distruzione dei beni che violano il diritto ovvero il sequestro o la chiusura dei siti destinati alla produzione. Sono inoltre previste pene di carattere detentivo unitamente a pene di carattere pecuniario. Per quanto concerne la tutela anticipata di tali diritti, si evidenzia come le autorità doganali possono procedere, in esecuzione delle proprie funzioni di controllo e di ispezione, al blocco di merci sospettate di violare diritti di IP. Non è invece previsto che detto controllo da parte dell’autorità doganale possa svolgersi su impulso del titolare del diritto (in caso di sospetta importazione di beni in violazione del proprio diritto). 49 Trade related aspects of Intellectual Property Rights (15 aprile 1994)

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Brevetti I requisiti di brevettabilità di un ritrovato (prodotto o procedimento) sono la novità (intesa in senso assoluto, alla luce di quanto desunto o previsto dallo stato della tecnica) l'attività inventiva, l'idoneità all'uso industriale, la liceità. L'esclusiva garantita dal brevetto è di 20 anni dalla data del deposito della domanda. La normativa specifica dettagliatamente ciò che non può costituire oggetto di brevetto. Le prescrizioni in merito sono analoghe a quelle generalmente previste a livello internazionale oltre alle condizioni specifiche dell'ordinamento omanita che prescrivono la non contrarietà dell'invenzione alla Legge Islamica e alle relative regole di condotta. Il sistema aderisce al principio del first to file (Art.3) per cui la tutela sarà riconosciuta, sussistendo i requisiti per la brevettabilità, al primo richiedente. In conseguenza dell’adesione del Paese al sistema della Convenzione di Unione di Parigi, è possibile per il richiedente la protezione far valere un’eventuale priorità. Il sistema di riconoscimento della privativa prevede che l’ufficio proceda ad un esame formale e, su istanza del richiedente, all’esame sostanziale. Il brevetto è cedibile e può essere oggetto di licenza. I relativi contratti richiedono la forma scritta e devono essere registrati presso il MOCI, al fine dell'opponibilità ai terzi. E’ richiesta l'effettiva attuazione dell'invenzione oggetto di brevetto e lo sfruttamento dello stesso entro due anni dalla concessione nell’ambito del territorio dei Paesi GCC. Nel caso in cui il titolare non proceda all'attuazione dell'invenzione e si rifiuti di concederla in licenza, è prevista la possibilità di ottenere una licenza obbligatoria. La licenza obbligatoria può essere concessa a privati ovvero disposta a favore di un ente pubblico su decisione del Ministero del Commercio e dell’Industria (MOCI). Specifiche disposizioni sono dettate in materia di invenzioni del dipendente. Marchi Per quanto concerne i marchi, a far data dal 2006, i Paesi membri del GCC, di cui l’Oman è parte, hanno adottato una normativa uniforme la Unified Trademark Law (UTL) con lo scopo di stabilire dei principi comuni in tema di procedure di registrazione, di rinnovo, di cessione e di enforcement. Tuttavia la predetta normativa non è ancora operativa. In ossequio ai principi generali sanciti a livello internazionale, il marchio deve avere carattere distintivo, non consistere in una denominazione generica o descrittiva del prodotto al quale si riferisce e deve soddisfare il requisito della novità e della liceità. Un marchio può consistere in una denominazione, una figura, una forma, un colore. E’ altresì ammessa la registrazione di marchi sonori, a condizione che il suono acceda anche ad una parte figurativa, nonché la registrazione del marchio olfattivo. Non sono registrabili i marchi che violano la morale pubblica, le denominazioni, i simboli o emblemi di organizzazioni statali e internazionali, quelli identici o simili a simboli di carattere religioso, le denominazioni geografiche (che possono generare confusione o indurre in errore circa l'origine o la provenienza dei beni o dei servizi che contraddistinguono). E’ riconosciuta protezione, in conformità a quanto stabilito dagli Artt. 16(2) e 16(3) dei TRIPS al marchio che gode di rinomanza. La normativa contempla, inoltre, il marchio collettivo. Per quanto concerne la procedura di registrazione, dopo il deposito della domanda segue una verifica in merito alla sussistenza dei requisiti di registrabilità. E’ prevista una procedura di opposizione da parte di terzi interessati. In assenza di opposizione il marchio viene registrato con conseguente rilascio del relativo certificato di avvenuta registrazione. La registrazione dura 10 anni, rinnovabili per successivi periodi di 10 anni ciascuno. La protezione riconosciuta dalla registrazione decorre dalla data del deposito della domanda. I marchi non registrati ricevono una tutela limitata in base alle disposizioni della Law of Commerce (Royal Decree 55/90) circa le informazioni commerciali decettive o fraudolente. Design, indicazioni geografiche Per quanto concerne la protezione del design industriale si specifica come la normativa ne preveda la tutela solo successivamente alla registrazione presso il MOCI. La durata della protezione è di dieci anni rinnovabile per ulteriori dieci anni. Sempre in ottemperanza a quanto previsto dalla Convenzione di Unione di Parigi, è possibile per il richiedente far valere una priorità in sede di richiesta di registrazione.

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La normativa omanita riconosce protezione anche alle indicazioni geografiche siano essere registrate o non registrate. Pertanto, un prodotto agricolo, artigianale e industriale che presenta specifiche caratteristiche derivanti dalla propria origine geografica riceverà protezione. La protezione non può essere riconosciuta in relazione a indicazioni geografiche contrarie all’ordine pubblico o alla Legge Islamica. Copyright Il Copyright riceve tutela grazie alle disposizioni del citato Royal Decree 65/2008 (precedentemente dal Royal Decree 82/2000). Sono oggetto di tutela: - le opere letterarie e le opere musicali (accompagnate da testo o la sola musica); - il software; - i disegni e le opere dell'architettura; - le opere fotografiche; - le opere connesse alle arti figurative (pittura, scultura ecc.); - le traduzioni, i riassunti, le variazioni dell'opera apportate con il consenso dell'autore; - in generale ogni opera il cui mezzo di espressione sia la scrittura, il suono, il disegno ecc. La durata della protezione, in generale, coincide con la durata della vita dell'autore e viene riconosciuta per i successivi 50 anni. All'autore sono riconosciuti diritti patrimoniali e morali sull'opera. Il diritto morale d'autore è perpetuo e inalienabile e si estrinseca in sostanza nella possibilità di rivendicare la paternità dell'opera e di assicurare l'integrità della stessa e, in alcuni casi, di poterla ritirare. Per quanto concerne il contenuto dei diritti di carattere patrimoniale, l'autore può disporne la cessione, può autorizzare la riproduzione, la rappresentazione, l'eventuale modifica dell'opera, l'accesso di terzi (si pensi ad esempio alla titolarità di un software). Procedure di appalto Le società straniere interessate a partecipare a gare di appalto pubbliche in Oman saranno soggette ad una pluralità di disposizioni normative oltre che di prassi amministrativa. In particolare, di primaria rilevanza sono le norme della Tender Law, della Engineering Consultancy Offices Law e, naturalmente, le disposizioni della Foreign Investment Law. La Tender Law è stata novellata dalla New Tender Law (promulgata con Royal Decree 36/2008). La citata normativa ha esteso la propria portata per cui una più vasta tipologia di enti pubblici è oggi soggetta alle sue disposizioni. La legge ha inoltre ampliato il proprio ambito di applicazione oggettiva (tipologia di opere e servizi per i quali è obbligatoria la gara pubblica) tra i quali anche gli immobili pubblici. E’ opportuno rilevare come ulteriori recenti modifiche alla normativa in tema di appalti siano state introdotte dal Royal Decree 60/2013 in vigore dal 31 ottobre 2013 con particolare specifico riferimento alle società interamente partecipate dallo Stato. Molti sono i dubbi interpretativi in relazione alla novella in quanto, ad una prima lettura, al momento della redazione della presente guida, l’Art. 3 della Tender Law è stato modificato dall’Art. 1 del Decreto 60/2013 con la conseguenza che le società interamente partecipate dallo Stato non saranno più soggette alle disposizioni della Tender Law una volta che verranno emanati dei regolamenti attuativi. Data la rapida evoluzione del quadro normativo e le novità in divenire, si consiglia all’operatore di tenere debitamente in considerazione tale dato. L’Art. 3 della Tender Law stabilisce che la fornitura di servizi, di prestazione di consulenze o l’esecuzione di opere a favore dello Stato debbano essere regolate da procedure di appalto pubbliche a eccezione delle forniture o delle opere a favore del Ministero della Difesa o dei relativi apparati. Speciali disposizioni vigono, inoltre, in relazione agli appalti nel settore petrolifero50. L’organo competente, in generale, per le procedure di appalto è il Tender Board (TB), organo operativo sin dal 1972. Il TB presiede a tutte le fasi della procedura di appalto, sin dalla fase di registrazione delle società partecipanti alla gara. Supervisiona tutta la documentazione ricevuta dal ministero interessato dalla gara, indice la gara, redige proprie osservazioni che invia al ministero interessato in relazione all’aggiudicazione della gara, supervisiona le eventuali variazioni richieste in relazione ai progetti appaltati. Al fine di poter partecipare ad una gara di appalto, le società debbono preventivamente registrarsi presso il TB.

50 Alcune procedure richiedono la presentazione da parte dei partecipanti alla gara della Oman Society for Petroleum Services (OPAL)

certification

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Le modalità della procedura di registrazione variano a seconda del settore per il quale la gara è stata indetta (fornitura, consulenza, formazione, costruzione etc.). Rilevante è segnalare la circostanza per la quale la normativa non richiede che la società straniera sia presente in Oman al momento della partecipazione alla gara e, quindi, al momento della proposizione dell’offerta. L’Art. 23 della Tender Law prescrive che la società straniera debba dotarsi di una propria organizzazione locale entro trenta giorni dall’aggiudicazione della gara. Alcune amministrazioni para pubbliche richiedono, per prassi (non sussistendo in tal senso alcuna disposizione normativa) che la società straniera presenti la propria offerta per il tramite di un agente omanita. La nuova normativa regola cinque diverse tipologie di gara: la gara di appalto pubblica, il c.d. restricted tender, l’aggiudicazione diretta, la Mumarasa e la nuova tipologia rappresentata dalla Musabakah. La gara di appalto pubblica: in relazione a tale procedura si segnala che, rispetto alla precedente normativa, è stato escluso il potere del Tender Board di procedere all’esclusione dalla gara di società coinvolte in una vertenza con lo Stato in relazione ad un appalto in essere. Inoltre, è ora consentito alle società partecipanti alla gara, in presenza di specifiche condizioni specificate dalla norma, di procedere ad una rettifica dell’offerta nella misura del 10 % del valore del contratto. Il contratto che verrà sottoscritto con l’amministrazione pubblica, in caso di aggiudicazione della gara di appalto, è rappresentato da un format standardizzato (Omani Standards Forms and Conditions) redatto sulla base del modello internazionale FIDIC51 il quale non lascia oggettivamente spazio a negoziazione. Il c.d. restricted tender: si tratta di una gara, indetta solo in relazione ad alcune categorie di appalti, alla cui partecipazione sono ammessi solo alcuni operatori i quali presentino delle specifiche caratteristiche predeterminate normativamente. L’aggiudicazione diretta L’applicabilità di tale forma di aggiudicazione è stata ampliata per effetto delle disposizioni della nuova normativa. In particolare è ora ammessa a favore di enti governativi o società governative, se il contratto non eccede il valore di O.R. 10.000 o, in presenza di uno stato di necessità, se il valore del contratto non eccede O.R. 25.000. Mumarasa Si tratta di una forma speciale di contratto di appalto rispetto al quale è consentita la negoziazione delle condizioni. La nuova legge conferma la circostanza per la quale tale forma contrattuale è ammessa solo in relazione a circostanze speciali qualora conduca all’ottenimento delle migliori condizioni economiche. La nuova legge ha ampliato la lista delle circostanze speciali tra le quali sono oggi comprese anche le opere da realizzarsi all’estero per conto del Governo. Musabakah Si tratta di una forma ibrida di aggiudicazione la quale presenta sia le caratteristiche della gara pubblica che dell’aggiudicazione diretta. La possibilità di ricorrere a tale forma di assegnazione è limitata allo svolgimento di attività di studio e progettazione tecnica. In sostanza, l’ente pubblico interessato indice una gara invitando i candidati a presentare i loro progetti tra i quali verrà poi effettuata la scelta e la conseguente aggiudicazione della commessa. Ciò che è rilevante sottolineare è che i partecipanti alla gara non sono tenuti a presentare garanzie di alcuna natura (bid bonds, performance bonds o assicurazione professionale). Imposte indirette Dal punto di vista dell’imposizione indiretta non esiste ad oggi in Oman alcun tipo di tributo equivalente all’IVA. Altre forme di imposizione indiretta sono rappresentate dai tributi che vengono riscossi mediante il pagamento del prezzo delle consumazioni nella ristorazione (5%), delle camere di albergo (5%), delle bollette elettriche di importo superiore a O.R. 50 ovvero sugli affitti di proprietà immobiliari (3%). Nelle Municipalità di Muscat e di Salalah, inoltre, è previsto un prelievo sui proventi degli hotel (5%), dei cinema (10%) e sulla proprietà per l’utilizzo del sistema fognario (10%). L’imposizione fiscale diretta sul reddito delle persone fisiche è assente. E’ previsto il pagamento di un’imposta di bollo sugli acquisti immobiliari pari al 3% sul valore della transazione. Non è inoltre prevista imposizione sulle donazioni, sulle successioni ereditarie e sulla proprietà immobiliare.

51 Fédération Internationale Des Ingénieurs-Conseils

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Tassazione delle società Il sistema fiscale omanita accoglie il principio della worldwide taxation con riconoscimento di un credito d’imposta in relazione ad alcune tasse pagate in altri Stati da soggetti fiscalmente residenti in Oman, fino alla concorrenza dell’ammontare delle imposte dovute in Oman. Il soggetto passivo dell’imposizione è, per la normativa fiscale omanita, una società omanita, un’entità economica omanita o una stabile organizzazione di qualsiasi società straniera che eserciti nello Stato un’attività commerciale o di servizi. Per “esercizio del commercio o di servizi” si deve intendere la vendita di beni o la cessione di diritti, l’esercizio di attività di impresa di produzione, industriale o commerciale, la locazione di proprietà immobiliari situate nello Stato ovvero la prestazione di servizi se svolte nel territorio dello Stato. L’anno fiscale inizia il 1 gennaio e si conclude il 31 dicembre, salva la possibilità di ottenere un’autorizzazione dal Ministero delle Finanze per un differente lasso temporale. La tassazione delle società è disciplinata dalla Law of Income Tax on Companies (Royal Decree 47/1981 e successive modificazioni) e dalla Law of Income Tax (o New Tax Law - Royal Decree 28/2009 e successive modificazioni), normativa nella quale è stabilito che cosa debba intendersi per reddito imponibile. In particolare gli Artt.42 e 43 della Income Tax Law stabiliscono che il reddito tassabile sia il reddito lordo prodotto nell’anno fiscale dedotte le spese e effettuate le dovute rettifiche. Va inoltre considerato l’atteso Regolamento esecutivo della nuova legge, adottato con Decisione Ministeriale 30/2012, il quale ha introdotto alcune rilevanti disposizioni in relazione ad una pluralità di tematiche, tra cui il recepimento da parte della legislazione fiscale omanita del principio generale previsto nel modello OCSE in tema di agente dipendente52, con conseguente configurabilità in capo allo stesso della qualità di stabile organizzazione della casa madre straniera e assoggettamento all’imposizione fiscale omanita dei redditi ivi prodotti. Sempre in relazione alla configurabilità della stabile organizzazione, la normativa prevede che debba ritenersi sussistere nel caso di attività di servizi condotta nel Paese per complessivi novanta giorni in un lasso temporale di dodici mesi. Il nuovo Regolamento ha, tra l’altro, introdotto l’obbligatorietà della registrazione a fini fiscali in relazione ad alcune attività professionali, ha fornito delle specificazioni in tema di spese deducibili e di deducibilità degli interessi. Sono state inoltre previste delle restrizioni circa la deducibilità delle sponsorship fees (agent’s fees); sono stati forniti dei chiarimenti in relazione ai criteri e al processo di ottenimento di esenzioni fiscali e introdotti nuovi requisiti in relazione alla documentazione da presentare a fini fiscali. Infine, il Regolamento Esecutivo ha stabilito nuove regole circa le informazioni suppletive da indicare nella dichiarazione dei redditi e ha introdotto disposizioni in merito agli accessi dell’amministrazione presso i locali dell’impresa e all’ispezione della documentazione ivi presente. Si ritiene inoltre rilevante sottolineare come il Regolamento Esecutivo preveda a favore di contribuenti in difficoltà economica/finanziaria la possibilità di rateizzare il versamento dei tributi dovuti su prestazione di idonea garanzia. Il Regolamento specifica inoltre le condizioni che devono essere soddisfatte per l’ottenimento dell’esenzione dal pagamento delle ulteriori somme dovute per il ritardato versamento dei tributi. Le società devono richiedere la registrazione ai fini fiscali presso il Secretariat General for Taxation (SGT) entro tre mesi dalla data di inizio dell’attività. Possono poi essere escluse dall’obbligo della registrazione le società il cui capitale sociale non superi O.R. 20.000, il reddito complessivo generato nell’anno fiscale non superi O.R. 100.000 e il numero medio di dipendenti non sia superiore a otto. Non sono invece tenute al deposito del bilancio le sole società omanite con capitale sociale fino ai O.R. 50.000, il cui reddito lordo annuale non ecceda O.R. 300.000 e con numero medio di dipendenti non superiore a dieci. La normativa fiscale omanita applica, in relazione al reddito generato dalle società, un’aliquota unica del 12%. In linea generale, per quanto riguarda il reddito imponibile d’impresa, in applicazione dei principi fiscali generali – e, come si è detto, in applicazione delle disposizioni degli Artt.42 e 43 della Income Tax - lo stesso è identificato come il reddito lordo dedotte le spese e dopo le rettifiche. Sono ritenuti deducibili i costi e le spese sostenute che siano congrue e inerenti all’attività dell’impresa. Non è permessa, invece, la deduzione di costi e spese sostenuti per la produzione della parte di reddito non soggetta a tassazione (profitti fino a O.R.30.000). Naturalmente, delle spese di cui è consentita la deducibilità, deve essere fornita idonea documentazione. A certe condizioni è prevista la deducibilità degli interessi su prestiti.

52 L’agente viene considerato dipendente, ai fini della configurabilità di una stabile organizzazione, nel caso in cui dipenda dalla casa

madre economicamente e legalmente (ad esempio stipulando abitualmente contratti in nome della società straniera)

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I crediti in sofferenza possono essere bonificati, quali partite inesigibili, se hanno concorso alla produzione del reddito nell’anno fiscale, sono stati contabilizzati e se sono stati posti in essere i tentativi di recupero previsti esplicitamente dal Regolamento. Le somme corrisposte a titolo di affitto per immobili necessari all’esercizio dell’attività sono ammesse a deduzione purché il relativo contratto sia stato registrato, la partita sia presente nelle scritture contabili e sia fornita ogni afferente documentazione unitamente alla dichiarazione annuale. Specifiche disposizioni, che variano a seconda della tipologia di società, sono dettate in relazione alla deducibilità dei compensi o dei gettoni presenza riconosciuti ai membri del consiglio di amministrazione o, in generale, ai manager. Anche le contribuzioni a fondi pensionistici possono essere dedotte in presenza delle condizioni prescritte dal Regolamento Esecutivo. Infine, a certe condizioni, è prevista la deducibilità dei costi sostenuti direttamente o indirettamente dalla casa madre per conto della propria stabile organizzazione omanita per l’attività della stessa. Per quanto concerne i dividendi, si precisa che solamente i dividenti distribuiti da società omanite sono esenti da tassazione (Art. 115 New Tax Law). Ne consegue che i dividendi in entrata percepiti, ad esempio, in virtù di partecipazioni della società omanita in società straniere, sono soggetti a tassazione in Oman. Per quanto concerne la tassazione dei capital gains, va rilevata una certa difficoltà nella corretta individuazione, alla luce della normativa, di che cosa configuri una plusvalenza. Sussistendo inoltre una certa discrezionalità, da parte della Tax Authority, nell’identificazione della natura dei proventi, si deve considerare prudenziale ritenere che le plusvalenze non siano esenti dall’imposizione fiscale. Certamente tassate in quanto concorrono alla formazione del reddito prodotto nell’esercizio sono le plusvalenze derivanti dalla cessione di asset materiali o immateriali. L’applicazione di una ritenuta d’acconto nella misura del 10 % è stata introdotta in relazione a proventi o compensi pagati da società omanite o da stabili organizzazioni presenti in Oman (le quali opereranno la ritenuta che dovranno poi versare) e afferenti a servizi prestati da soggetti stranieri quali i servizi di ricerca e sviluppo e i compensi per l’attività manageriale. Anche i proventi corrisposti da società omanite o da stabili organizzazioni a titolo di royalties per lo sfruttamento di diritti di IP a soggetti stranieri non aventi una stabile organizzazione nello Stato, sono soggette a ritenuta nella misura del 10%. Ne consegue che la citata imposizione (ritenuta d’acconto) potrebbe riguardare anche società italiane non fiscalmente residenti in Oman le quali prestano servizi a favore di società omanite quali prestazioni di consulenza della tipologia di quelle sopra citate ovvero ricevono il pagamento di royalties, a fronte, ad esempio, di contratti di licenza di marchio, brevetto o software. I rapporti con l’Italia ed il trattato conto le doppie imposizioni Lo Stato italiano e l’Oman hanno stipulato una convenzione contro le doppie imposizioni ratificata dall’Italia con legge n. 50 dell’11 marzo 2002, in vigore dal 22 ottobre 2002. La Convenzione è redatta sulla base del modello OCSE e consta di 30 articoli oltre ad un Protocollo aggiuntivo. La Convenzione non presenta scostamenti particolarmente significativi rispetto al modello. Per quanto di maggiore rilievo per l’investitore italiano, in tema di stabile organizzazione, viene ribadito il principio secondo il quale essa deve essere costituita da una “sede fissa d’affari” in cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività e che, nel caso in cui si tratti di cantiere di costruzione o di montaggio, deve avere una durata superiore a nove mesi. Viene esclusa l’esistenza di una stabile organizzazione in presenza di un semplice luogo di immagazzinamento delle merci ai soli fini di deposito, di esposizione o di trasformazione dei beni o delle merci dell’impresa da parte di altra impresa. La presenza di una stabile organizzazione viene altresì esclusa qualora l’eventuale sede fissa d’affari presente nell’altro Stato sia utilizzata ai soli fini di pubblicità, raccolta di informazioni, acquisizione di beni o merci, ricerca scientifica o altre attività analoghe a condizione che dette attività abbiano carattere meramente ausiliario o preparatorio per la casa madre. In applicazione del meccanismo previsto dalla Convenzione contro la doppia imposizione, l’importo della ritenuta applicabile a dividendi, royalties, interessi, corrisposti a soggetti residenti in Italia non può eccedere, di volta in volta, il limite fissato dalla norma convenzionale in funzione delle condizioni ivi previste. Nello specifico, per quanto concerne i dividendi, l’Art.10 prevede che la ritenuta non possa eccedere, a parità di altre condizioni: il 5% dell’ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario è una società (non di persone) che detiene almeno il 15% della società che distribuisce i dividendi ovvero il 10 % in tutti gli altri casi. In relazione agli interessi, l’aliquota non potrà eccedere il 5% dell’ammontare lordo sussistendo le condizioni previste dalla norma (Art.11). Infine in merito alle royalties, l’Art. 12 prevede, in generale, una ritenuta alla fonte non superiore al 10% dell’ammontare lordo dei canoni.

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L’Oman rientra nella black list di cui al D.M. 4 maggio 1999 e di cui al D.M. 21 novembre 2001 e successive modificazioni. Tale condizione dovrà debitamente tenersi in considerazione in caso di acquisizione o mantenimento di partecipazioni di società omanite. Inoltre, le transazioni effettuate verso l’Oman ovvero “in ingresso” in Italia – sia che si tratti di cessioni di beni sia che si tratti di prestazioni di servizi – sono soggette obbligatoriamente al riepilogo disciplinato dal D.L. 40/2010 convertito con modificazioni in Legge 22 maggio 2010 n.73 qualora si tratti di operazioni “registrate o soggette a registrazione” ai fini IVA. Il Sultanato dell’Oman è comunque considerato dall’amministrazione finanziaria italiana quale Paese che consente un adeguato scambio di informazioni grazie alla vigenza tra i due Paesi della citata Convenzione.

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HIGHLIGHTS Contesto politico. Il sultano Qaboos bin Said al-Said è alla guida del paese da oltre quaranta anni accentrando a sé le funzioni del capo del governo, ministro delle finanze e della difesa. Sul fronte interno si stanno avviando molteplici ini-ziative nei settori infrastrutturale (la c.d. "2020 Vision"), sanitario, dell’istruzione e del welfare. Sul fronte internazionale, invece, l’Oman ha ottime relazioni con gli Stati Uniti (con i quali, dal 2009, è in vigore un free-trade agreement) e con il Regno Unito. I rapporti con i paesi limitrofi sono positivi e anche con India e Cina si stanno intensificando le relazioni attraverso accordi commerciali (i due paesi acquistano, rispettivamente, il 12% e il 46% dell’export di petrolio omanita).

Contesto economico. Il settore degli idrocarburi conta per oltre il 50% del PIL, ma il settore non petrolifero ha registrato buoni tassi di crescita negli ultimi anni (oltre al 5% nel 2013), a riprova della tendenza avviata dal governo alla diversifi-cazione dell'economia, che punta maggiormente su industria e turismo. Per il 2014 l’economia è prevista in crescita (+4,1%). Una attenta politica dei prezzi ha contribuito al contenimento del tasso d'inflazione che è passato dal 12% del 2007 al 2,1% del 2013.

Contesto finanziario. Il sistema finanziario omanita è dominato da 5 banche commerciali detenute da privati che costitui-scono il 75% degli asset dell’intero settore. Le banche commerciali che operano nel paese sono 17; tra queste vi sono 7 banche locali (di cui 6 quotate alla Muscat Secutities Market) e 10 banche straniere prevalentemente indiane, mediorienta-li e iraniane. Nel complesso le banche straniere costituiscono soltanto l’11,6% degli asset del sistema bancario.

Contesto operativo. Il sistema legale è basato principalmente sulla legge islamica e di non facile comprensione, sebbene sia giudicato equo nelle questioni che coinvolgono gli investitori esteri. L’apparato burocratico è lento, ma il livello della corruzione è comunque basso rispetto alla media regionale. Il livello di infrastrutture è adeguato e in fase di espansione grazie al rilancio dei servizi e alla forte spesa pubblica.

2011 2012 2013(s) 2014(p) 2015(p)

PIL (variazione % reale) 0,9 5,8 4,2 4,1 3,9

Inflazione media annua (%) 4,0 2,9 2,1 2,2 2,6 Saldo Bilancio pubblico/PIL (%) -0,4 -0,3 1,3 -2,3 -2,4 Bilancia dei pagamenti

Esportazioni ($ mld) 47,1 52,1 56,6 59,6 65,3 Importazioni ($ mld) -21,5 -25,6 -30,5 -34,9 -39,8 Saldo transazioni correnti/PIL (%) 14,2 10,3 9,0 5,7 5,2

Debito estero totale ($ mld) 9,3 10,0 10,8 11,5 12,2 Debito estero totale/PIL (%) 12,8 12,4 13,0 12,8 12,6 Riserve valutarie lorde ($ mld) 14,4 14,4 16,0 17,4 19,1 Riserve valutarie lorde (mesi import.) 6,0 5,0 4,8 4,6 4,5 Fonte: EIU, giugno 20134 s: stime; p: previsioni

SACE RISK INDEX 2013

Rischio politico-normativo

Restrizioni sul trasferimento dei capitali 25/100

Esproprio 44/100

Violazioni contrattuali 40/100

Rischio di mancato pagamento da:

Controparte sovrana 22/100

Banca 39/100

Grande impresa 40/100

Pmi 45/100

Rischio di violenza politica 44/100

OMAN Capitale: Muscat

Popolazione (2013): 3,2 milioni PIL nominale PPP (2013): USD 94,9 miliardi

COMPOSIZIONE DEL PIL (2013)

Indicatori di rischio OCSE S&P’s Moody’s Fitch Rating 2/7 A A1 - Indicatori di Business Climate Attuale Precedente Doing Business 2014 47° su 189 44° su 183 Index of Economic Freedom 2014 48° su 178 45° su 177 Corruption Perceptions Index 2013 69° su 177 66° su 176

SCHEDA PAESE A cura dell’Ufficio Studi di SACE

RATING, BUSINESS CLIMATE, KEY FIGURES

Agricoltura1,3%

Industria non manifatturiera

49,8%

manifattura10,4%

Servizi38,5%

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OMAN

SACE IN OMAN Condizioni di assicurabilità Rischio sovrano: Senza condizioni Rischio bancario: Senza condizioni Rischio privato: Senza condizioni Volturabilità polizza SACE Sì

ESPORTAZIONI IN OMAN PER SETTORI (2013,%) INTERSCAMBIO COMMERCIALE CON L’OMAN (2003-2013), € milioni

RAPPORTI CON L’ESTERO: INVESTIMENTI, OPPORTUNITA’ E INTERSCAMBIO Bilancio pubblico e bilancia dei pagamenti. I saldi di bilancia commerciale registrano un trend in calo dal 2011, sebbene si prevede che il saldo resti superiore al 4% nel 2014 e 2015. L’export di petrolio e gas restano i driver principali per il man-tenimento delle partite correnti in positivo. Tale caratteristica espone però la bilancia commerciale del paese alle fluttuazio-ne dei prezzi delle commodities.

Settori di opportunità. Il piano di sviluppo "2020 Vision" avviato dal governo apre importanti opportunità delle imprese italiane in diversi comparti, soprattutto quello infrastrutturale. Il piano prevede investimenti per circa EUR 60 miliardi, con un incremento del 113% rispetto al precedente piano quinquennale. L’obiettivo finale è la realizzazione di un polo logistico integrato che, attraverso l'ampliamento delle strutture esistenti e la realizzazione di nuove opere, assicuri l’inter-operabilità dei trasporti attraverso l’integrazione di aeroporti, porti, strade e ferrovie. Le autorità stanno inoltre puntando sullo sviluppo del settore turistico (ad esempio ampliando significativamente l’offerta nazionale in termini di alloggi e servizi).

Commercio e presenza italiana. Nel 2013 l’export italiano in Oman è stato pari a circa EUR 435 milioni, registrando una riduzione di circa il 6% rispetto all’anno precedente. Le importazioni dall’Italia hanno invece registrato una crescita del 50,4% risultando pari a circa EUR 141 milioni. I settori di punta dell’export Made in Italy, sono la meccanica strumentale (49,7% dell’export totale), i mezzi di trasporto (13,1%) e i prodotti della metallurgia (9,1%). Le importazioni riguardano in-vece principalmente prodotti chimici e estrattivi.

La principale destinazione degli investimenti italiani è il settore delle costruzioni, del turismo e della metallurgia.

INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI SALDO TRANSAZIONI CORRENTI

CONTATTI

Servizio clienti: - [email protected] Ufficio stampa: tel. + 39 06 6736888 - [email protected]

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2010 2011 2012 2013 2014 2015

IDE (USD mld, asse sxt) IDE (% PIL, asse dxt)

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2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013

export import saldi

meccanica strumentale

49,7%

autoveicoli e altri mezzi di trasporto 13,1%

metallurgia e prod. in metallo

9,1%

app. elettrici8,5%

gomma, plastica, materiali da costruzione

5,7%

prod. chimici4,0%

altro9,8%

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2010 2011 2012 2013 2014 2015

Saldo transazioni correnti (mld USD, asse sxt) Saldo transazioni correnti / PIL (%, asse dxt)

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OMAN

Maggio 2014 L’ex ministro del commercio Mohammed bin Nasir Al Khusaibi è stato condannato a tre anni di reclusione con l’accusa di corruzione. La condanna si inserisce nel piano di lotta alla corruzione del governo in atto dal 2011 a rafforzamento del busi-ness climate. Il paese è 61° nella classifica Corruption Perception Index 2013 di Transparency International, al di sopra dell’Arabia Saudita. A gennaio 2014 il paese ha adottato la convenzione ONU contro la corruzione che impone al paese una serie di principi vincolanti per la legislazione nazionale. Sebbene i casi di corruzione più rilevanti riguardino l’alta ammini-strazione, il governo si è impegnato affinché i procedimenti anti-corruzione non causino ripercussioni sui progetti di svilup-po già avviati. Maggio 2013 La Banca centrale interviene a sostegno delle piccole e medie imprese, con l’obiettivo di facilitarne l’accesso al credito. Gli istituti di credito locali dovranno mantenere in portafoglio prestiti a favore di PMI pari almeno al 5% del totale, una soglia che potrà essere innalzata in futuro. La politica di sostegno alle PMI è un punto centrale dell’azione di contrasto all’alta di-soccupazione, superiore al 24%. La crescita del credito bancario si è attestata al 10,9% a febbraio, valore minimo in quasi due anni. Un maggiore accesso al credito potrebbe supportare ulteriormente nuove assunzioni e il finanziamento delle im-portazioni. Nel 2012, l’import omanita dall’Italia, in gran parte meccanica strumentale e autoveicoli, si è attestato a EUR 464 milioni (+41% sul 2011).

COUNTRY RISK UPDATES 2013

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QATAR

Lo sviluppo socio-economico dello Stato del Qatar, specie negli ultimi anni, ha assunto i tratti di un vero e proprio boom economico. Questo, unitamente ad una politica moderata ed oculata ed alla enorme disponibilità di risorse energetiche (petrolio e, soprattutto, gas naturale), rendono il Paese un importante interlocutore ed un partner strategico dei prossimi decenni. Il Qatar è cresciuto negli ultimi anni con tassi mediamente in doppia cifra, in linea con i programmi di sviluppo di lungo periodo del Paese, che puntano principalmente sulla diversificazione economica e sulla riduzione della dipendenza dall'oil & gas. Per i prossimi anni, in vista dell'organizzazione dei Mondiali FIFA del 2022, il Qatar ha avviato un ambizioso programma di sviluppo infrastrutturale (stradale, portuale, aeroportuale, ferroviario, dell'ospitalità turistica), sostenuto da investimenti pubblici per un ammontare totale di oltre 140 miliardi di dollari. Indicatori sociali e demografici Lingua L’arabo è la lingua ufficiale, l’inglese è utilizzato abitualmente come lingua veicolare. Religione Musulmana 77,5%, cristiana 8,5%, altre 14% (principalmente Indu e altre religioni indiane). Moneta Riyal (tasso fisso con US$ pari a 3.64). Popolazione 2,1 milioni (40% arabi, 18% indiani, 10% iraniani, 14% altri). Struttura demografica (quota %):

0-14 anni: 12,5% 15-24 anni: 13,4%; 25-54 anni: 69,9%; 55-64 anni:0,9%; over 65 anni: 0,8%.

Età media: 32,6 anni. Tasso di crescita della popolazione: 3,58%. Rapporto maschi/femmine: 3,3 a 1. Aspettativa di vita: 78,38 anni.

Piramide delle età

Principali indicatori geografici Superficie: 11,586 km2

Clima: arido; inverni gradevoli, estati molto calde e umide Punti estremi:

Golfo Persico : 0 m. Tuwayyir al Hamir 103 m.

Fuso orario UTC/GMT +3. L’ora non cambia durante il periodo estivo, pertanto ci sono sempre 3 ore di differenza fra Greenwich e il Qatar in estate, e 4 in inverno. Quadro politico

Capitale e sede di governo: Doha (600.000 ab., incluse le città satelliti) La stagione riformistica politica, economica e sociale del Qatar si apre nel 1995, all’indomani del colpo di Stato con cui l’attuale Emiro, Hamad bin Khalifa Al Thani spodesta pacificamente il padre. Il Paese ha quindi conosciuto, sebbene a fasi alterne, cambiamenti molto rilevanti, che discendono innanzi tutto, ed in buona sostanza, da una diversa interpretazione, aperta e tollerante, del wahabitismo sunnita. L’Emiro ha cercato di portare avanti questo delicato processo puntando sulla diffusione dell’istruzione e di un approccio critico al sapere e su una progressiva apertura della società verso l’esterno. E questo anche grazie alla straordinaria crescita economica del Paese, che ha permesso di mantenere il sostegno di un’opinione pubblica al cui interno i tradizionalisti sono tuttavia ancora numerosi e forti. Perno di tale sviluppo e’ la “Qatar National Vision 2030”, lanciata alla fine del 2008. Entro il 2030 il Qatar mira infatti a diventare una società avanzata, in grado di garantire un livello e una qualità di vita elevati per tutta la propria popolazione, grazie anche alla capacità di garantirsi una crescita economica adeguata. Data la ridotta componente autoctona del Qatar (circa il 20% della popolazione totale residente) rispetto agli immigrati provenienti da ogni parte del mondo, il Governo, per evitare che la cittadinanza si adagi troppo sui sussidi statali e possa costituire una valida risorsa per la crescita economica futura, negli ultimi anni, ha iniziato a promuovere fortemente la presenza di qatarini sia all’interno di tutte le amministrazioni pubbliche e delle aziende statali, sia all’interno delle ditte private (Qatarizzazione). Nel clima di riforma aperto dalla Costituzione, in vigore dal 2005, si colloca l’istituzione della locale Commissione per i Diritti Umani, dell’Autorità per la trasparenza ed il controllo amministrativo e dell’Autorità per la lotta alla corruzione nella Pubblica Amministrazione. Il dibattito è inoltre in corso per una nuova riforma complessiva del quadro normativo relativo al lavoro subordinato, nella direzione di una maggiore tutela dei lavoratori stranieri. Più di recente, il National Human Rights Council ha sollevato il dibattito sull’opportunità che i membri del Governo e gli Alti Funzionari pubblici siano soggetti a nuove regole volte a favorire la trasparenza e la pubblicità nella gestione dei loro assets privati, al fine di prevenire eventuali conflitti di interesse. Le prime elezioni dei due terzi dei membri del Consiglio Consultivo sono state annunciate per la seconda metà del 2013. Nell’ultimo biennio il sovrano ha avviato un’opera di graduale ringiovanimento della compagine governativa e delle diverse posizioni chiave del Paese, sostituendo in particolare i vertici dei dicasteri dell’Educazione, della

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Piramide delle età

Principali indicatori geografici Superficie: 11,586 km2

Clima: arido; inverni gradevoli, estati molto calde e umide Punti estremi:

Golfo Persico : 0 m. Tuwayyir al Hamir 103 m.

Fuso orario UTC/GMT +3. L’ora non cambia durante il periodo estivo, pertanto ci sono sempre 3 ore di differenza fra Greenwich e il Qatar in estate, e 4 in inverno. Quadro politico

Capitale e sede di governo: Doha (600.000 ab., incluse le città satelliti) La stagione riformistica politica, economica e sociale del Qatar si apre nel 1995, all’indomani del colpo di Stato con cui l’attuale Emiro, Hamad bin Khalifa Al Thani spodesta pacificamente il padre. Il Paese ha quindi conosciuto, sebbene a fasi alterne, cambiamenti molto rilevanti, che discendono innanzi tutto, ed in buona sostanza, da una diversa interpretazione, aperta e tollerante, del wahabitismo sunnita. L’Emiro ha cercato di portare avanti questo delicato processo puntando sulla diffusione dell’istruzione e di un approccio critico al sapere e su una progressiva apertura della società verso l’esterno. E questo anche grazie alla straordinaria crescita economica del Paese, che ha permesso di mantenere il sostegno di un’opinione pubblica al cui interno i tradizionalisti sono tuttavia ancora numerosi e forti. Perno di tale sviluppo e’ la “Qatar National Vision 2030”, lanciata alla fine del 2008. Entro il 2030 il Qatar mira infatti a diventare una società avanzata, in grado di garantire un livello e una qualità di vita elevati per tutta la propria popolazione, grazie anche alla capacità di garantirsi una crescita economica adeguata. Data la ridotta componente autoctona del Qatar (circa il 20% della popolazione totale residente) rispetto agli immigrati provenienti da ogni parte del mondo, il Governo, per evitare che la cittadinanza si adagi troppo sui sussidi statali e possa costituire una valida risorsa per la crescita economica futura, negli ultimi anni, ha iniziato a promuovere fortemente la presenza di qatarini sia all’interno di tutte le amministrazioni pubbliche e delle aziende statali, sia all’interno delle ditte private (Qatarizzazione). Nel clima di riforma aperto dalla Costituzione, in vigore dal 2005, si colloca l’istituzione della locale Commissione per i Diritti Umani, dell’Autorità per la trasparenza ed il controllo amministrativo e dell’Autorità per la lotta alla corruzione nella Pubblica Amministrazione. Il dibattito è inoltre in corso per una nuova riforma complessiva del quadro normativo relativo al lavoro subordinato, nella direzione di una maggiore tutela dei lavoratori stranieri. Più di recente, il National Human Rights Council ha sollevato il dibattito sull’opportunità che i membri del Governo e gli Alti Funzionari pubblici siano soggetti a nuove regole volte a favorire la trasparenza e la pubblicità nella gestione dei loro assets privati, al fine di prevenire eventuali conflitti di interesse. Le prime elezioni dei due terzi dei membri del Consiglio Consultivo sono state annunciate per la seconda metà del 2013. Nell’ultimo biennio il sovrano ha avviato un’opera di graduale ringiovanimento della compagine governativa e delle diverse posizioni chiave del Paese, sostituendo in particolare i vertici dei dicasteri dell’Educazione, della

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Sanità, del Commercio e dell’Energia e Industria, nonché dell’Ufficio dell’Emiro con persone considerate vicine e leali alla famiglia reale, ed in particolare all’Erede al Trono, in un’ottica di preparazione alla successione. Il rimpasto non ha risparmiato nemmeno il vertice dell’emittente satellitare Al Jazeera, il cui Direttore Generale Waddah Khanfar è stato sostituito da un membro della famiglia reale di provenienza manageriale, con la prospettiva di ricondurre l’emittente e la sua linea editoriale sotto un maggiore controllo (e con un più deciso sostegno) del governo di Doha. L’onda di protesta che ha investito il Medio Oriente nei primi mesi del 2011 non sembra aver intaccato la stabilità interna dell’Emirato, grazie alla sua sostanziale solidità economica, unita all’elevata ricchezza pro capite e al lento e graduale processo di riforme avviato dal 1995 (per quanto ancora lacunoso e incompleto). Il prosieguo lungo il lento cammino di riforme e le positive aspettative economiche di medio termine dovrebbero essere sufficienti a garantire alla leadership qatarina strumenti idonei ad agire rapidamente, se non d’anticipo, nell’affrontare eventuali movimenti o istanze popolari. Ciò peraltro sempre contemperando le istanze riformiste e modernizzatrici con il rispetto delle componenti più conservatrici della società qatarina. Quadro macroeconomico I dati assoluti di interscambio fra Italia e Qatar sono da diversi anni in forte crescita, anche se dal 2008 il nostro export verso il Qatar ha accusato una sensibile flessione, mentre sono aumentate le importazioni dal Qatar, per effetto soprattutto dell’entrata in funzione del terminale di rigassificazione Adriatic LNG di Rovigo, inaugurato nell’autunno del 2009. La quota dei beni strumentali è di gran lunga la più significativa per le nostre esportazioni, le cui voci più consistenti sono tradizionalmente macchinari, metalli e prodotti in metallo, mobili, mezzi di trasporto, mentre il gas naturale (82%) e i derivati del petrolio (10,5%) costituiscono la quasi totalità delle nostre importazioni. La crescita economica negli ultimi dieci anni ha assunto carattere pressoché costante. Lo sfruttamento delle ingenti risorse naturali, la liberalizzazione degli scambi, la diversificazione del settore produttivo, la realizzazione di grandi progetti in ambito industriale, edilizio/infrastrutturale e turistico hanno portato, specie fino al 2011, a tassi di crescita a doppia cifra. L’economia del Qatar ha più che raddoppiato le proprie dimensioni nel corso del decennio trascorso anche se mostra segni di rallentamento dovuto principalmente al completamento dei maggiori programmi di sviluppo legati allo sfruttamento del gas naturale. Le ultime stime indicano una crescita del PIL reale di poco superiore al 5,5 per cento per il 2013, confermando la tendenza al rallentamento della crescita economica dell’Emirato, che nel 2011 aveva registrato un incremento del 16,7 per (frutto dell’aumento della produzione di GNL e della progressiva entrata in funzione di Pearl GTL, il piu’ grande impianto di produzione di gas-to-liquids al mondo). Se da un lato la continua espansione dei settori non-oil, alimentati dal vasto programma di investimenti pubblici nelle infrastrutture del Paese (per un totale di circa 200 miliardi di dollari, ben oltre i 100 miliardi inizialmente previsti), non ha impedito al Paese di registrare un solido surplus corrente anche nel 2013 (pari al per cento del PIL; nel 2012 aveva raggiunto il 25 per cento), dall’altro lato tali cospicui investimenti, nonostante i ritardi accumulati, stanno già determinando una progressiva riduzione dell’avanzo di bilancio qatarino, complice anche la maggiore spesa derivante da un lato dal generoso aumento salariale concesso ai dipendenti pubblici nel 2011 e dall’altro lato dall’avvio delle previste politiche di sviluppo in campo sanitario e dell’istruzione: nel 2013 (anno fiscale 2013-2014) si stima infatti che la spesa pubblica qatarina abbia raggiunto il 7,5 per cento del PIL, per un avanzo di bilancio pari al 9,4 per cento del prodotto interno lordo (era l’11,6 per cento per cento nel 2012). La crescita del PIL qatarino dovrebbe mantenere un ritmo sostenuto anche nel prossimo triennio, con tassi previsti previsti tra i 5 e il 5,5%, trainata in particolare dalla continua espansione dei settori non legati agli idrocarburi, alimentati dall’aumento delle spese in conto capitale derivanti dal vasto programma di investimenti pubblici nelle infrastrutture del Paese. Il saldo corrente, attestatosi al 32 per cento del PIL nel 2012, è sceso al 23 per cento del prodotto interno lordo alla fine del 2013, ed è previsto calare ulteriormente al 17,3 per cento del PIL nel 2014. La spesa pubblica qatarina destinata allo sviluppo infrastrutturale è destinata a crescere fino al 2015, provocando, complice anche la maggiore spesa derivante dal generoso aumento salariale concesso ai dipendenti pubblici nel 2011, una progressiva riduzione dell’avanzo di bilancio qatarino anche nei prossimi anni. La stessa Qatar National Development Strategy 2011-2016, lanciata a marzo 2011, prevede un ampio ruolo della spesa pubblica, che grazie alla crescita delle entrate fiscali provenienti dagli idrocarburi e dai prodotti derivati coprirà almeno il 42 per cento di tali investimenti, con un occhio attento particolarmente ai progetti infrastrutturali, alla sanità, all’educazione, alle misure per favorire la diversificazione dell’economia nazionale, e in definitiva all’aumento del benessere dei cittadini.

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Dove investire Costruzioni. Il settore delle costruzioni in Qatar è in forte espansione, in ragione dell'ampio piano di

sviluppo infrastrutturale lanciato nel 2011. Energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata (anche da fonti rinnovabili). In ragione del

rapido sviluppo urbano e infrastrutturale, nonché dei piani di diversificazione industriale, è in rapida crescita il fabbisogno di energia elettrica, con opportunità di sviluppo di nuove reti.

Attività professionali, scientifiche e tecniche. Vi è crescente richiesta di attività di consulenza, specie nel settore progettazione/ingegneria.

Fornitura di acqua; reti fognarie, attività di trattamento dei rifiuti e risanamento. L'espansione urbana in corso nella Capitale ha reso ancor più evidente la mancanza di un adeguato sistema fognario e di trattamento dei rifiuti.

Altre attività dei servizi. L'intero settore dei servizi qatarino è ancora embrionale e poco sviluppato, nonostante la rapida crescita economica e demografica del Paese.

Cosa vendere

Macchinari e apparecchiature. L'embrionale settore industriale/manifatturiero locale, nonché l'avvio delle grandi opere infrastrutturali richiederanno verosimilmente nei prossimi anni ingenti forniture di macchinari e mezzi di automazione e movimentazione, che l'industria locale non è ancora in grado di produrre in proprio.

Altri mezzi di trasporto (navi e imbarcazioni, locomotive e materiale rotabile, aeromobili e veicoli spaziali, mezzi militari). L'ampio piano di sviluppo della rete di trasporti pubblici, unito alla totale assenza di una propria industria ferroviaria e cantieristica, offrirà nel prossimi anni eccellenti opportunità per l'esportazione di tali mezzi.

Mobili. L'Italia continua a confermarsi fornitore di riferimento per il settore mobili e arredamento in generale, grazie all'eccellenza del design, all'alta qualità dei materiali e all'assenza di concorrenza manifatturiera locale.

Articoli di abbigliamento (anche in pelle e in pelliccia). Significative opportunità di esportazione specie di alta gamma e prodotti di lusso.

Prodotti delle altre industrie manifatturiere. L'assenza di uno sviluppato settore manifatturiero locale rende necessaria l'importazione in Qatar di quasi ogni genere di prodotto: l'alta qualità ed eccellenza dei prodotti italiani continua ad essere particolarmente apprezzata e a mantenere significative quote di mercato.

Sanità, del Commercio e dell’Energia e Industria, nonché dell’Ufficio dell’Emiro con persone considerate vicine e leali alla famiglia reale, ed in particolare all’Erede al Trono, in un’ottica di preparazione alla successione. Il rimpasto non ha risparmiato nemmeno il vertice dell’emittente satellitare Al Jazeera, il cui Direttore Generale Waddah Khanfar è stato sostituito da un membro della famiglia reale di provenienza manageriale, con la prospettiva di ricondurre l’emittente e la sua linea editoriale sotto un maggiore controllo (e con un più deciso sostegno) del governo di Doha. L’onda di protesta che ha investito il Medio Oriente nei primi mesi del 2011 non sembra aver intaccato la stabilità interna dell’Emirato, grazie alla sua sostanziale solidità economica, unita all’elevata ricchezza pro capite e al lento e graduale processo di riforme avviato dal 1995 (per quanto ancora lacunoso e incompleto). Il prosieguo lungo il lento cammino di riforme e le positive aspettative economiche di medio termine dovrebbero essere sufficienti a garantire alla leadership qatarina strumenti idonei ad agire rapidamente, se non d’anticipo, nell’affrontare eventuali movimenti o istanze popolari. Ciò peraltro sempre contemperando le istanze riformiste e modernizzatrici con il rispetto delle componenti più conservatrici della società qatarina. Quadro macroeconomico I dati assoluti di interscambio fra Italia e Qatar sono da diversi anni in forte crescita, anche se dal 2008 il nostro export verso il Qatar ha accusato una sensibile flessione, mentre sono aumentate le importazioni dal Qatar, per effetto soprattutto dell’entrata in funzione del terminale di rigassificazione Adriatic LNG di Rovigo, inaugurato nell’autunno del 2009. La quota dei beni strumentali è di gran lunga la più significativa per le nostre esportazioni, le cui voci più consistenti sono tradizionalmente macchinari, metalli e prodotti in metallo, mobili, mezzi di trasporto, mentre il gas naturale (82%) e i derivati del petrolio (10,5%) costituiscono la quasi totalità delle nostre importazioni. La crescita economica negli ultimi dieci anni ha assunto carattere pressoché costante. Lo sfruttamento delle ingenti risorse naturali, la liberalizzazione degli scambi, la diversificazione del settore produttivo, la realizzazione di grandi progetti in ambito industriale, edilizio/infrastrutturale e turistico hanno portato, specie fino al 2011, a tassi di crescita a doppia cifra. L’economia del Qatar ha più che raddoppiato le proprie dimensioni nel corso del decennio trascorso anche se mostra segni di rallentamento dovuto principalmente al completamento dei maggiori programmi di sviluppo legati allo sfruttamento del gas naturale. Le ultime stime indicano una crescita del PIL reale di poco superiore al 5,5 per cento per il 2013, confermando la tendenza al rallentamento della crescita economica dell’Emirato, che nel 2011 aveva registrato un incremento del 16,7 per (frutto dell’aumento della produzione di GNL e della progressiva entrata in funzione di Pearl GTL, il piu’ grande impianto di produzione di gas-to-liquids al mondo). Se da un lato la continua espansione dei settori non-oil, alimentati dal vasto programma di investimenti pubblici nelle infrastrutture del Paese (per un totale di circa 200 miliardi di dollari, ben oltre i 100 miliardi inizialmente previsti), non ha impedito al Paese di registrare un solido surplus corrente anche nel 2013 (pari al per cento del PIL; nel 2012 aveva raggiunto il 25 per cento), dall’altro lato tali cospicui investimenti, nonostante i ritardi accumulati, stanno già determinando una progressiva riduzione dell’avanzo di bilancio qatarino, complice anche la maggiore spesa derivante da un lato dal generoso aumento salariale concesso ai dipendenti pubblici nel 2011 e dall’altro lato dall’avvio delle previste politiche di sviluppo in campo sanitario e dell’istruzione: nel 2013 (anno fiscale 2013-2014) si stima infatti che la spesa pubblica qatarina abbia raggiunto il 7,5 per cento del PIL, per un avanzo di bilancio pari al 9,4 per cento del prodotto interno lordo (era l’11,6 per cento per cento nel 2012). La crescita del PIL qatarino dovrebbe mantenere un ritmo sostenuto anche nel prossimo triennio, con tassi previsti previsti tra i 5 e il 5,5%, trainata in particolare dalla continua espansione dei settori non legati agli idrocarburi, alimentati dall’aumento delle spese in conto capitale derivanti dal vasto programma di investimenti pubblici nelle infrastrutture del Paese. Il saldo corrente, attestatosi al 32 per cento del PIL nel 2012, è sceso al 23 per cento del prodotto interno lordo alla fine del 2013, ed è previsto calare ulteriormente al 17,3 per cento del PIL nel 2014. La spesa pubblica qatarina destinata allo sviluppo infrastrutturale è destinata a crescere fino al 2015, provocando, complice anche la maggiore spesa derivante dal generoso aumento salariale concesso ai dipendenti pubblici nel 2011, una progressiva riduzione dell’avanzo di bilancio qatarino anche nei prossimi anni. La stessa Qatar National Development Strategy 2011-2016, lanciata a marzo 2011, prevede un ampio ruolo della spesa pubblica, che grazie alla crescita delle entrate fiscali provenienti dagli idrocarburi e dai prodotti derivati coprirà almeno il 42 per cento di tali investimenti, con un occhio attento particolarmente ai progetti infrastrutturali, alla sanità, all’educazione, alle misure per favorire la diversificazione dell’economia nazionale, e in definitiva all’aumento del benessere dei cittadini.

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Cenni sul sistema legale del Qatar (In collaborazione con lo Studio Legale Rödl & Partner)

Il sistema giuridico del Qatar L’ordinamento giuridico qatarino è un sistema misto, composto in parte da fonti legislative statali, in parte dal diritto islamico (sharia). Inoltre, una natura composita si ritrova anche all’interno delle fonti legislative statali, in quanto risentono, per alcuni versi, dell’influenza dei sistemi di civil law, e per altra parte dei sistemi anglosassoni di common law (in particolare nel settore real estate e del diritto di proprietà). Per quanto riguarda il diritto civile, rimangono regolati dalla sharia i settori più “tradizionali”, ossia lo status personale, il diritto di famiglia ed il diritto delle successioni, mentre le materie del diritto delle obbligazioni, dei contratti, della società e del lavoro sono regolati dalla legge ordinaria. Con riferimento al diritto penale, invece, tutti i crimini di maggiore gravità, quali gli omicidi, i rapimenti nonché tutti i reati commessi contro la sicurezza dello Stato (incluso il reato di terrorismo) sono regolati da leggi ordinarie, e rimangono disciplinati dalla sharia solo alcuni reati minori. Per quanto riguarda il sistema di amministrazione della giustizia, l’ordinamento qatarino prevede due gradi di giudizio; da alcuni anni è stata introdotta (legge 10/2003) la Court of Cassation che, similmente alla Corte di Cassazione italiana, è una corte di terzo grado avente competenza solo sulla legittimità. La Court of Cassation sta compiendo un’opera di riordinamento sistematico della giurisprudenza qatarina, al fine di fornire agli operatori (giudici e operatori legali) precedenti giurisprudenziali certi ed autorevoli. Per gli operatori giuridici, infatti, il maggiore problema è l’inesistenza, al momento, di un sistema organico di pubblicazione e pubblicità delle sentenze e dei precedenti giudiziari; ad oggi non esiste alcuna valida banca dati di sentenze e di leggi qatarine, al di fuori della mera gazzetta ufficiale del governo. Con riferimento al riconoscimento delle sentenze straniere, il Qatar non ha sottoscritto alcun accordo bilaterale con l’Italia, né con altri Paesi dell’Unione europea, relativamente al reciproco riconoscimento delle sentenze, mentre è firmatario della Convenzione di New York del 1958 sul riconoscimento dei lodi arbitrali stranieri (riservandosi, tuttavia, di riconoscere unicamente i lodi emessi da corti arbitrali costituite in altri Stati contraenti la Convenzione di New York). Sulla scorta di questa apertura nei confronti dei giudizi arbitrali, presso la Camera di Commercio qatarina è stato creato, nel 2007, il Qatar International Centre of Arbitration (QICA), camera arbitrale qatarina che vuole costituire un’alternativa alle camere arbitrali presenti a livello regionale (in primis quelle di Dubai e del Bahrain). Dal punto di vista dei rapporti internazionali, il Qatar aderisce (fra le altre) alle seguenti organizzazioni internazionali: Organizzazione delle Nazioni Unite, Gulf Cooperation Council, Fondo Monetario Internazionale, Organizzazione Mondiale del Commercio – WTO, OPEC, Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale – WIPO (World Intellectual Property Organisation), Interpol, GAFTA (area di libero scambio pan-Araba). Il Qatar non aderisce all’ICSID (il centro internazionale costituito presso la Banca Mondiale di Washington D.C. per la risoluzione delle dispute internazionali derivanti da illegittime espropriazioni, da parte degli Stati, di beni appartenenti a persone straniere), ma ha sottoscritto e ratificato con l’Italia un Accordo Bilaterale sulla Reciproca Promozione e Protezione degli Investimenti. Non è, in ogni caso, un Paese considerato ad alto rischio relativamente all’espropriazione, da parte dello Stato, di beni appartenenti a persone straniere. Il Qatar non ha aderito alla Convenzione Internazionale dell’Aja sull’Apostille; pertanto tutti i procedimenti di legalizzazione dei documenti stranieri da utilizzare in Qatar richiedono una procedura di legalizzazione consolare assai burocratica ed onerosa. Il Qatar ha sottoscritto con l’Italia una convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni, entrata in vigore il 7 febbraio 2011. Investimenti diretti in Qatar Normativa sugli investimenti esteri Gli investimenti diretti esteri in Qatar sono disciplinati dalla legge 13/2000 (“Qatar’s Investment Law regulating the investment of foreign capital in economic activities”) e successive modifiche. Tale legge (art. 2) prevede che gli investitori stranieri possano investire in ogni settore dell’economia (salvo alcune eccezioni: settore bancario, assicurativo, immobiliare e agenzia/distribuzione commerciale), a patto che le attività imprenditoriali vengano esercitate in partnership con soggetti locali qatarini (individui di nazionalità qatarina, ovvero società le cui quote siano detenute interamente da cittadini qatarini), ai quali è riservata una partecipazione maggioritaria. In altri termini, l’esercizio di attività di impresa commerciale è

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consentito in Qatar agli stranieri solo in forma associata e solo con almeno un socio qatarino di maggioranza, dal che discende il limite del 49% di capitale estero in ogni iniziativa economica promossa da stranieri in Qatar. Vi sono unicamente due casi nei quali la legge consente ad uno straniero di investire in Qatar senza necessità di un partner locale, ossia:

art. 2, comma 2, legge 13/2000: concessione ministeriale Gli stranieri possono detenere fino al 100% di una società qatarina operativa nei settori dell’agricoltura, dell’industria, della tutela della salute, dell’educazione, del turismo, dello sfruttamento delle risorse naturali e del settore minerario, dell’energia, della consulenza e dei servizi tecnici, delle attività sportive e culturali, dell’IT (Information Technology) e della grande distribuzione, a condizione che il progetto portato avanti dall’investitore straniero appaia, a giudizio insindacabile del Ministero dell’Economia, idoneo ad apportare al Qatar un notevole contributo in termini di:

o approvvigionamento sul mercato di nuovi prodotti che non possono essere offerti da entità qatarine;

o sfruttamento di nuove tecnologie; o miglioramenti sostanziali alle industrie ed imprese locali; o ingresso nel mercato qatarino di prestigiose aziende internazionalmente conosciute

(specialmente nel settore turistico, della grande distribuzione e dei servizi). Ai fini della concessione dell’eccezione di cui trattasi da parte del Ministero dell’Economia, il rispetto dei criteri di cui sopra (che verranno valutati sulla base di uno studio di fattibilità presentato – rigorosamente in lingua araba – dalla società investitrice) è condizione necessaria ma non sufficiente, in quanto l’ultima decisione sulla concessione spetta in ogni caso al Ministero, il quale gode di piena discrezionalità;

art. 3: operatività tramite branch/filiale o con un ufficio di rappresentanza commerciale E’ possibile per una società di capitali straniera svolgere attività d’impresa in Qatar senza alcun socio/agente/sponsor locale, nel caso in cui la società sia vincitrice di una gara di appalto governativa o sia sub-appaltatrice di una società a sua volta vincitrice di una gara di appalto governativa. È altresì possibile costituire uffici di rappresentanza in Qatar senza la presenza di alcun socio/agente/sponsor locale ma detto ufficio potrà svolgere, appunto, mere attività di rappresentanza e nessuna attività commerciale se non tramite la casa madre. Forme societarie La legge societaria qatarina è la 5/2002 (“Commercial Companies Law”) la quale disciplina varie forme societarie, alcune delle quali, tuttavia, poco utilizzate e, in molte circostanze, non disponibili per gli stranieri. Pertanto, in questa trattazione, ci concentreremo in modo particolare su tre forme di penetrazione commerciale, che rappresentano, in definitiva, le forme quasi sempre adottate dagli stranieri che intendono operare, tramite una struttura stabile, in Qatar. Le forme di investimento sono le seguenti:

le Limited Liabilities Companies (“LLC”, corrispondenti alle società a responsabilità limitata, comunemente abbreviate anche in “WLL”, che sta per “with limited liability”);

le filiali (dette branch); gli uffici di rappresentanza.

Le Public Shareholding Companies (“PSC”), corrispondenti alle società per azioni, non vengono qui trattate in quanto esse non sono aperte ad investimenti da parte di stranieri, salvo le società quotate che possono essere detenute da stranieri in una percentuale massima del 25%, a norma della Legge 2/2005 che ha in parte modificato la Legge sugli Investimenti Esteri 13/2000. Limited Liabilities Companies Fra le società di capitali qatarine, la WLL è quella abitualmente utilizzata dagli stranieri che vogliano costituire una presenza stabile in Qatar. Essa infatti è la tipologia che presenta la maggiore flessibilità operativa e manageriale, unita al vantaggio della responsabilità limitata. Infatti, i soci risponderanno per le perdite solo limitatamente alla loro quota di capitale sociale, senza che alcuna responsabilità possa essere loro addebitata se non in caso di frode, colpa grave o nell’eventualità in cui abbiano prestato una garanzia personale per le obbligazioni della società. Come precedentemente detto, salvo specifica autorizzazione governativa, gli stranieri non potranno detenere una quota superiore al 49% del capitale sociale di una WLL. Come verrà illustrato in seguito, il potere del socio locale (necessariamente detentore di una quota pari o superiore al 51%) può essere tuttavia limitato sia con opportuni inserimenti nello statuto da effettuare già in fase costitutiva, sia attraverso la stipula di patti parasociali ad hoc (tuttavia, a tutela dei propri cittadini, il Qatar ha emanato la Legge 25/2005 “On combat of Covering up Illegal Practices Carried out by non Qataris”, c.d. anti-harbouring, che prevede una serie di sanzioni nei confronti degli stranieri e dei cittadini qatarini che si prestino a costituire società in cui il socio locale partecipi esclusivamente con una funzione “di mera facciata”).

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In via generale, le WLL presentano i seguenti requisiti: capitale sociale minimo: 200.000,00 QR (circa 40.000 €); numero di soci: da 2 a 50; amministrazione: la WLL può essere gestita da un amministratore unico o da un consiglio di

amministrazione. La legge qatarina non prevede limitazioni circa la nazionalità degli amministratori (salvo prevedere una esclusione per i cittadini israeliani). Nel caso di società miste fra qatarini e stranieri, è consigliabile che l’amministratore (se unico) sia di nomina del socio straniero, il quale, a sua sola discrezione, potrà rimuoverlo e nominare un’altra persona in sua vece.

In caso di pluralità di amministratori, essi potranno formare un consiglio di amministrazione (in tal caso è opportuno che il socio straniero si garantisca la maggioranza all’interno del consiglio di amministrazione, che potrà essere facilmente ottenuta nominando un numero di amministratori dispari e garantendo al socio straniero la nomina di un amministratore in più rispetto al socio locale). Inoltre, è possibile differenziare e/o limitare le competenze dei vari amministratori. In tal caso sarà consigliabile che i settori strategici della gestione della WLL siano saldamente nelle mani degli amministratori di nomina del socio straniero (ad esempio: assunzione dei manager e lavoratori chiave, firma dei contratti, rilascio di garanzie bancarie, rilascio, rinnovo e ritiro dei visti a favore dei dipendenti stranieri, gestione del conto corrente bancario della società, etc.);

assemblea dei soci: è composta da tutti i soci, i quali avranno un diritto di voto proporzionale alla loro quota di capitale sociale. Le decisioni dell’assemblea dei soci vengono adottate a maggioranza semplice (salvo diversamente concordato nei rilevanti documenti societari: 50% + 1 del capitale sociale in prima convocazione, maggioranza dei soci presenti in seconda convocazione).

Sarà pertanto necessario, allo scopo di garantire alla parte straniera il controllo sull’assemblea dei soci, prevedere una maggioranza ampia (ad es. il 55% nel caso di una WLL di due soci, in cui il socio locale possieda il 51%) allo scopo di evitare che il socio locale possa prendere alcuna decisione sulla quale il socio straniero non sia d’accordo. Infine, alcune decisioni di importanza vitale per la società (quali, ad esempio, le modifiche dello statuto o l’aumento e la riduzione del capitale sociale) vanno adottate con il voto di almeno il 75% del capitale sociale;

riserve: il 10% dei profitti generato annualmente deve essere accumulato come riserva fino al raggiungimento di riserve pari o superiori al 50% del capitale sociale.

dividendi: la legge societaria prevede espressamente la possibilità di differenziare la quota dei profitti spettanti a ciascun socio rispetto alla loro quota di capitale sociale (es.: prevedere un dividendo del 25% a favore del socio locale che detiene il 51% delle quote);

Fino a tempi recenti il Ministero dell’Economia si rifiutava di rilasciare licenze commerciali a società in cui la quota di dividendi di spettanza del socio locale fosse inferiore al 20% degli stessi, ma, da oltre due anni, vengono rilasciate licenze commerciali anche a società in cui la quota dei dividendi spettanti al socio locale è ridotta, appena, al 5% anche se detta scelta comporta dei rischi che è necessario valutare con la massima attenzione in fase di costituzione;

certificazione del bilancio:i bilanci della WLL devono essere annualmente certificati da un revisore contabile autorizzato.

Branch La branch (ossia filiale) non è considerata un soggetto autonomo rispetto alla società madre, bensì una sorta di longa manu di quest’ultima, con l’unica differenza che la branch è abilitata a svolgere per conto della stessa le medesime attività esercitate in patria. Si noti bene che in Qatar le branch non possono svolgere attività commerciali, ma possono essere costituite, con autorizzazione del Ministero dell’Economia, solo per lo svolgimento di uno o più appalti pubblici. La branch costituita in Qatar non potrà essere impegnata in settori e/o attività che non svolgano già in patria ed esterne al loro oggetto sociale. Per sua natura la branch non garantisce il beneficio dello schermo societario e, pertanto, le responsabilità assunte dalla stessa si rifletteranno interamente sulla casa madre, che sarà tenuta a risponderne avanti ai terzi. L’esistenza di un contratto fra la società appaltatrice ed una pubblica autorità o società governativa è un pre-requisito essenziale al fine di ottenere il nulla osta ministeriale a costituire la branch. Questa possibilità è aperta anche alle società sub-appaltatrici a condizione che la società appaltatrice principale dimostri la necessità di sub-appaltare parte del lavoro e l’autorità pubblica / società statale dia il suo nulla osta alla costituzione. Il costo della licenza per costituire le branch è mediamente più onerosa delle normali licenze commerciali, attestandosi intorno ai 30.000,00 QR.

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La costituzione di una branch, a differenza della partecipazione in una società locale, permette all’investitore estero di operare localmente tramite un’entità giuridica interamente di proprietà della casa madre e senza la presenza di soci/sponsor locali. Ufficio di rappresentanza L’ufficio di rappresentanza è un ufficio stabile di una società straniera costituito in Qatar al fine di mera rappresentanza dei prodotti della casa madre. Esso non è autorizzato a svolgere alcuna attività commerciale né può ricevere compensi e/o pagamenti di alcuna natura. Eventuali transazioni commerciali con soggetti qatarini o stabiliti in Qatar dovranno essere gestite direttamente dalla casa madre. Esso è, in altri termini, una mera “finestra” sul Qatar. Anch’esso richiede l’autorizzazione del Ministero, autorizzazione che, comunque, viene rilasciata più facilmente rispetto a quella per la branch. Investimenti indiretti in Qatar Agenzia I rapporti di agenzia in Qatar sono regolati dalla legge 8/2002 (“Organization of Business of Commercial Agents”), oltre che dal codice civile. La legge definisce “agente commerciale” colui che ha l’esclusiva a distribuire e vendere beni e prodotti, oppure ad offrire servizi in nome e per conto del preponente, in cambio di una commissione. Possono essere “agenti commerciali” solo soggetti qatarini, per ciò intendendosi i cittadini di nazionalità qatarina (che dovranno avere almeno 21 anni) e le società interamente detenute da cittadini qatarini (che dovranno essere validamente costituite e possedere le necessarie licenze commerciali). Il contratto di agenzia deve obbligatoriamente avere forma scritta, essere tradotto in arabo (che costituisce la versione ufficiale) ed essere depositato presso il Ministero dell’Economia, con registrazione avente valore biennale (con possibilità tuttavia di rinnovo). Il contratto di agenzia deve necessariamente contenere i seguenti elementi:

nome dell’agente e del preponente e loro nazionalità; beni/prodotti/servizi oggetto dell’accordo di agenzia; territorio; termine di durata del rapporto di agenzia (indeterminato o determinato) ed eventuali dettagli relativi al

rinnovo e sue modalità; impegno inderogabile dell’agente a prestare i servizi post-vendita (assistenza e/o fornitura dei pezzi

di ricambio); ogni altro termine o condizione contrattuale a patto che esso non sia in conflitto con quanto previsto

dalla legge. Ad ogni modo, è consigliabile includere nel contratto anche i seguenti elementi, onde meglio tutelare la propria posizione:

quantum della commissione spettante all’agente e momento in cui questa diviene dovuta. Se detto elemento è indeterminato nel contratto, la commissione viene determinata dalle autorità in una percentuale del 5 - 10% del valore complessivo dei beni venduti;

possibilità (o meno) per l’agente di delegare sub-agenti, eventualmente solo con approvazione da parte del preponente;

diritti e doveri dell’agente e del preponente; calcolo dell’indennità di fine rapporto; individuazione (eventuale) della corte arbitrale competente (la legge sostanziale qatarina non è,

invece, derogabile). Nonostante ogni diversa previsione contrattuale, l’agente ha diritto ad un’indennità di fine rapporto nel caso in cui abbia contribuito, in modo sostanziale, a migliorare gli affari del preponente nel territorio oggetto del contratto. Detta indennità dovrà essere pagata all’agente nel caso di rifiuto da parte del preponente di rinnovare il contratto o nel caso in cui la terminazione del contratto stesso impedisca all’agente di cogliere i frutti del suo successo ottenuto nel promuovere i beni / prodotti / servizi del preponente. L’iscrizione dell’agente presso il Registro degli agenti commerciali costituito presso il Ministero dell’Economia può comportare il diritto per l’agente, in caso di contrasto con il preponente, di bloccare le merci alla frontiera (in quanto è egli la persona autorizzata ad importare le merci). Questa previsione (spesso utilizzata come arma di ricatto dagli agenti qatarini) è stata in parte mitigata dalla legge 8/2002, che ha stabilito che il diritto dell’agente ad importare le merci non è esclusivo e può convivere col medesimo diritto di un vettore autorizzato iscritto nello speciale registro degli importatori. È bene comunque essere prudenti nello scegliere e nominare

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un agente. Si tenga presente inoltre che la cancellazione di un agente dal registro degli agenti commerciali può richiedere tempi burocratici alquanto lunghi (anche 6-12 mesi). L’applicazione della legge qatarina è obbligatoria e non può essere derogata. È invece derogabile la competenza delle corti qatarine a conoscere le controversie derivanti dal contratto di agenzia. La legge autorizza le corti arbitrali, locali o straniere, a regolare, sempre sulla base della legge qatarina, le controversie derivanti da rapporti di agenzia commerciale in Qatar. Tuttavia se il lodo ha come risultato la violazione delle leggi qatarine o dei costumi e della morale, potrà essere annullato e saranno competenti le corti ordinarie. Si ricorda nuovamente che il Qatar è firmatario della Convenzione di New York del 1958 relativa al riconoscimento dei lodi arbitrali stranieri, ma si è riservato il diritto di riconoscere i lodi emessi unicamente da corti arbitrali costituite in altri stati contraenti la Convenzione di New York. Tutto ciò rende molto difficile delegare la competenza giurisdizionale ad arbitri in relazione a contratti di agenzia commerciale. Franchising La legislazione qatarina non prevede una normativa ad hoc relativa al contratto di franchising. Il franchising è tradizionalmente assimilato, come di prassi nei Paesi del Golfo Arabico, al contratto di agenzia commerciale, pertanto il qatarino franchisee dovrà necessariamente essere un locale (persona fisica qatarina o società i cui soci siano tutti cittadini qatarini). Tuttavia, in Qatar è intervenuta una sentenza della Corte d’Appello, la Middle East Trader v. United Cars Almana (sentenza numero 127/99), che ha di fatto differenziato il franchising dal contratto di agenzia commerciale, rendendo la disciplina maggiormente liberale; a seguito della suddetta sentenza, infatti, i contratti di franchising:

non richiedono un unico franchisee per l’intero territorio qatarino (pertanto potranno esserci più franchisee);

non dovranno necessariamente contenere la clausola di indennità di fine rapporto; possono essere terminati anche senza giusta causa; possono essere regolati da una legge estera (fatte salve le norme inderogabili e di ordine pubblico

qatarine); possono essere sottoposti alla giurisdizione di un tribunale o corte arbitrale straniera.

Cenni alla disciplina dei rapporti di lavoro I rapporti di lavoro in Qatar sono regolati dalla legge 14 del 2004 a cui sono complementari una serie di ordinanze e di regolamenti ministeriali che, nel loro complesso, disegnano l’intera legislazione di diritto del lavoro. Non sono regolamentati all’interno della legge 14/2004 i lavoratori pubblici (governativi, polizia, forze armate, etc.) nonché i collaboratori domestici (salvo lavorino a tempo pieno). Ogni società che intenda assumere dipendenti in Qatar deve registrasi presso il Ministero del Lavoro, procedura che viene solitamente avviata non appena la società viene costituita. Per potersi registrare presso il Ministero del Lavoro, una società è tenuta a presentare la seguente documentazione:

copia della registrazione presso la Camera di Commercio qatarina; copia della licenza commerciale; copia della documentazione identificativa dei soci (i.e. passaporto, per i soci persone fisiche, e copia

del certificato di registrazione presso la Camera di Commercio, per i soci persone giuridiche). È prassi per le società operanti in Qatar nominare un proprio “PRO” (Public Relation Officer) il quale è dotato del potere di rappresentanza per lo svolgimento di tutte le necessarie attività finalizzate alla registrazione dei lavoratori presso il Ministero del Lavoro, nonché per il compimento di tutti gli altri adempimenti burocratici per conto della società stessa. È possibile assumere personale esterno ai Paesi del Gulf Cooperation Council (GCC, di cui fanno parte Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar) solo a seguito dell’approvazione da parte del Ministero del Lavoro e del Dipartimento per l’Immigrazione. Tuttavia, è relativamente agevole ottenere detta approvazione in quanto vi è una naturale scarsità di lavoratori di nazionalità qatarina o comunque di un paese appartenente al GCC (altrimenti preferiti, per legge, ai lavoratori stranieri) disposti a farsi assumere nel settore privato, in particolare per incarichi di manovalanza ma, in generale, in tutti i settori produttivi, con l’eccezione dei posti dirigenziali di alto livello. Una società potrebbe tuttavia incontrare qualche difficoltà nell’ottenimento di tale approvazione anche nel caso di assunzione di personale con funzione di manovalanza laddove i lavoratori che intenda assumere provengano da Paesi dai quali si sia già originato un forte flusso migratorio diretto verso il Qatar, ciò in quanto il governo qatarino persegue l’obiettivo di evitare un afflusso consistente di lavoratori provenienti dalla medesima area geografica (questo fenomeno si sta verificando in questo periodo storico con riferimento, ad esempio, ai lavoratori provenienti da India e Pakistan). Con riferimento ai lavoratori provenienti da Paesi europei e, più generalmente, ai lavoratori occidentali, non si rilevano particolari problemi ed il permesso all’assunzione potrà essere ottenuto con relativa facilità.

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Ogni società ha poi l’obbligo di “sponsorizzare” i propri lavoratori, ossia di farsi garante per essi e far sì che essi ottengano il visto lavorativo necessario per poter operare nel Paese. I doveri del datore di lavoro nei confronti del lavoratore riguardano, sostanzialmente, i seguenti obblighi principali:

pagare lo stipendio mensile; assicurare il lavoratore contro gli infortuni; garantire il godimento di ferie e di turni di riposo, come prescritti dalle normative applicabili; rimpatriare il lavoratore straniero nel Paese in cui egli è stato assunto o nel Paese di origine alla

cessazione del rapporto di lavoro. Con riferimento alla struttura del rapporto di lavoro, esso varia, ovviamente, a seconda della tipologia di lavoratore ed alla sua forza contrattuale. In via generale, ogni contratto di lavoro deve essere stipulato in forma scritta e deve contenere, a favore del lavoratore, una serie di protezioni minime previste dalla legge. Un contratto di lavoro può essere concluso a tempo determinato oppure a tempo indeterminato. I contratti a tempo determinato non possono durare più di 5 anni ma, al loro termine, possono essere rinnovati con l’accordo di entrambe le parti. I contratti a tempo indeterminato possono essere interrotti da ciascuna parte previo preavviso scritto all’altra parte secondo le tempistiche indicate nel contratto di lavoro o previste dalla legge. A tutela del lavoratore, il preavviso deve essere di almeno una settimana per il primo anno di impiego, di due settimane dal secondo al quinto anno di impiego e di un mese per lavoratori che abbiano già lavorato per il medesimo datore di lavoro per almeno 5 anni. È ammessa la previsione di un periodo di prova, durante il quale il lavoratore può essere licenziato con un preavviso di soli tre giorni; detto periodo di prova tuttavia non può estendersi per un periodo eccedente i sei mesi. L’articolo 61 della legge 14/2004 individua le ipotesi in cui un lavoratore può essere licenziato per giusta causa. Il contratto di lavoro deve indicare il salario base del lavoratore e gli eventuali benefit (contributi per automobile, affitto, telefono, etc.). Specifici regolamenti del Ministero del Lavoro prevedono le soglie minime di stipendio per gli operai, che sono solitamente molto più bassi rispetto alle medie di stipendio dei lavoratori europei. Il dipendente ha diritto ad una indennità (liquidazione) di fine rapporto che viene calcolata sulla base del salario base (3 settimane di salario per ogni anno di attività). Questo è il motivo per cui il salario base tende ad essere piuttosto contenuto, a fronte di vari contributi a favore del lavoratore in termini di benefit, i quali non sono computati ai fini della quantificazione della liquidazione dovuta al termine del rapporto. L’orario di lavoro settimanale è di 48 ore, ridotto a 36 ore durante il periodo del Ramadan (anche per i lavoratori non musulmani). Le ore di lavoro straordinario devono essere retribuite con una retribuzione oraria maggiorata del 25% rispetto al salario orario di base. Lo stipendio dovuto a lavoratori impiegati nel weekend o durante i giorni di festa è pari alla paga base oraria maggiorata del 50%. Ai lavoratori spettano 3 settimane di ferie retribuite all’anno, a partire dal completamento del primo anno di lavoro. Le settimane di ferie retribuite sono pari a 4 settimane all’anno per i rapporti di lavoro eccedenti i 5 anni. Ai lavoratori deve essere inoltre riconosciuto almeno un giorno di ferie alla settimana (solitamente il venerdì) e giorni straordinari di ferie nelle seguenti occasioni:

Eid al Fitr (fine Ramadan): 3 giorni; Eid al Ad’ha: 3 giorni; festa nazionale del Qatar: 18 dicembre; altri 3 giorni a scelta del datore di lavoro (solitamente Natale e Pasqua per i lavoratori di religione

cristiana). Il lavoratore ha, inoltre, il diritto di ricevere la retribuzione durante i periodi di malattia, nella misura della retribuzione piena per le prime due settimane di malattia, della metà dalla seconda alla sesta settimana di malattia. In caso di malattia che si prolunghi per un periodo eccedente le 20 settimane consecutive, il lavoratore può essere licenziato. Le donne che abbiano completato un anno di lavoro hanno diritto a 50 giorni di maternità. Si segnala che, quando un lavoratore intende trasferirsi da un datore di lavoro ad un altro, deve previamente ottenere l’approvazione del precedente datore di lavoro, il quale deve rilasciare una “lettera di non obiezione” (“non-objection letter”). Nel caso in cui il datore di lavoro non abbia prestato il proprio consenso, il lavoratore straniero che comunque inizi a lavorare per un diverso datore di lavoro potrà essere soggetto a pesanti sanzioni, tra le quali anche l’espulsione dal Paese (con divieto di ritorno per un periodo di 2 anni). È possibile negoziare le lettere di non obiezione già al momento dell’assunzione, ma detta pratica non è ancora consolidata e, pertanto, non si presenta scevra da rischi. Questo aspetto costituisce certamente uno degli ostacoli maggiori all’affermarsi in Qatar di una cultura del lavoro liberale ed aperta alla libera concorrenza.

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Il requisito della sponsorizzazione è stato recentemente abolito in Bahrein e riformato negli EAU e in Kuwait e potrebbe essere, conseguentemente, riformato in senso liberale anche in Qatar nel prossimo futuro, sebbene la legge sulle sponsorizzazioni del 2009 abbia apportato solo poche e non sostanziali modifiche in materia. Cenni al diritto di proprietà in Qatar Definizione di freehold e leasehold Prima di analizzare se, ed entro quali limiti, gli stranieri possano acquisire proprietà immobiliari in Qatar, occorre chiarire, in via preliminare, gli istituti giuridici relativi alla proprietà immobiliare caratteristici e adottati nel sistema qatarino, dato che essi, in determinate circostanze, non corrispondono a istituti omologhi e tradizionali del diritto italiano e, in generale, del diritto europeo continentale. Freehold Designa la proprietà su terreni, edifici ed altre costruzioni, assoluta e senza limiti di tempo. L’istituto del freehold si presenta, quindi, del tutto simile al concetto di proprietà conosciuto nel sistema giuridico italiano. Leasehold Conosciuto, in Qatar, anche con il termine “usufruct” (da non confondersi, tuttavia, con il diverso istituto dell’usufrutto del diritto italiano), è un istituto giuridico derivante dalla common law inglese e designa il diritto, in capo ad una o più persone, di beneficiare di un “terreno, edificio, o altra costruzione”, appartenente ad altra persona terza (o a più terzi), per il proprio uso, profitto e vantaggio ma (ed è questa la sua caratteristica peculiare) per un periodo limitato nel tempo. La durata del leasehold è in ogni caso molto estesa e il termine è, solitamente, di 50/99 anni, rinnovabile per ulteriori periodi di 50/99 anni ciascuno. Il leasehold viene creato tramite un normale accordo contrattuale fra il proprietario del terreno, edificio o altra costruzione ed il beneficiario dello stesso, con modalità del tutto simili ai contratti di affitto/locazione ma con una sostanziale differenziazione: mentre l’affitto/locazione dà origine ad un semplice diritto di natura contrattuale, il leasehold è vincolato alla proprietà e rappresenta, dunque, un diritto reale di proprietà, sia pure limitato nel tempo. Il leasehold è, tuttavia, un diritto di proprietà valido ed efficace nei confronti dei terzi solo allorquando venga validamente registrato nelle forme prescritte dalla legge qatarina sulle registrazioni immobiliari – legge 14/1964 (art. 6 legge 17/2004). Il leasehold termina nelle seguenti circostanze: a) alla sua naturale scadenza (salvo che non venga rinnovato); b) a seguito di un mutuo accordo delle parti; c) in caso di distruzione della proprietà oggetto del leasehold; d) in caso di espropriazione della proprietà oggetto del leasehold da parte del Governo per ragioni di interesse pubblico. Il leasehold conferisce al beneficiario i seguenti diritti:

beneficiare a pieno titolo e senza limitazione dell’immobile (salvo il divieto di praticare radicali ed immodificabili interventi di trasformazione);

trasferire il leasehold a terzi o dare in affitto/locazione l’immobile oggetto del leasehold (art. 8 legge 17/2004);

trasferire l’immobile oggetto del leasehold ai propri eredi in caso di morte (art.8); ed i seguenti obblighi:

utilizzare l’immobile per gli scopi per i quali esso è stato costruito (ossia non modificarne la destinazione d’uso);

mantenere l’immobile in buono stato di conservazione; restituire l’immobile al proprietario al termine del periodo del leasehold; rispettare i regolamenti relativi alle parti comuni, allorché l’immobile sia inserito in un complesso

residenziale o di business che preveda regolamenti per l’utilizzo e per il godimento delle parti comuni e pagare le relative spese: nei fatti una sorta di “condominio” (art. 10).

Infine il proprietario dell’immobile ha i seguenti doveri nei confronti del beneficiario del leasehold:

trasferire la proprietà oggetto del leasehold senza alcun vincolo; non interferire in alcun modo con il pacifico godimento dell’immobile da parte del beneficiario (art. 9); mantenere in buono stato le parti dell’edificio non oggetto del leasehold; indennizzare il beneficiario (proporzionalmente al periodo di leasehold residuo) nel caso in cui la

proprietà venga espropriata dal Governo oppure sia distrutta per un evento (es. incendio) occorso per colpa/dolo del proprietario (art. 7).

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Evoluzione del diritto di proprietà in Qatar Nel corso degli ultimi anni, il Qatar ha implementato una serie di leggi e regolamenti relativi ai trasferimenti immobiliari e, più specificatamente, ai metodi e limiti relativi all’acquisto della proprietà da parte di persone (fisiche e giuridiche) non qatarine. Scopo delle nuove normative è quello di creare un humus fertile per gli investimenti immobiliari in Qatar, al fine, anche, di favorire l’ingresso di lavoratori stranieri di alto profilo (potendo acquistare una proprietà immobiliare essi sono maggiormente invogliati ad andare a risiedere nel Paese) ma, soprattutto, al fine di favorire progetti turistici di lusso, quali, primo fra tutti, il famoso progetto The Pearl Qatar. A partire dal 1963, con la legge 5/1963, il Qatar aveva imposto il divieto, per le persone non qatarine, di possedere immobili, salvo il caso in cui il conferimento di detto diritto fosse considerato di interesse nazionale e venisse autorizzato con decreto governativo. Detta legge, nei fatti, chiuse agli stranieri, per lunghissimo tempo, qualsiasi possibilità di penetrare il mercato immobiliare locale anche solo come semplici acquirenti. Si deve, tuttavia, sottolineare che la legge 5/1963 non ha pregiudicato i diritti di proprietà degli stranieri già acquisiti, garantendo in tal modo le proprietà che al momento dell’implementazione della legge già appartenevano a stranieri e confermando, in tal modo, la tradizione qatarina secondo cui i beni degli stranieri non sono oggetto di espropriazione (circostanza che favorisce, come naturale conseguenza, gli investimenti esteri). La vera apertura del mercato qatarino agli investimenti esteri si è avuta con la legge 13/2000 sugli investimenti esteri, la quale, nei fatti, ha effettivamente aperto il mercato del Qatar agli investitori locali nella maggioranza dei settori dell’economia. Tuttavia, come già ricordato, il comma 3 dell’articolo 2 di tale legge esclude dalla possibilità di investimento straniero il settore degli investimenti immobiliari. Tuttavia, all’art. 5, si precisa che gli investitori stranieri (i.e. le società miste composte da soci stranieri e qatarini) possono affittare terreni e immobili, utili ai fini dell’operazione commerciale, per un termine non eccedente i 50 anni, termine tuttavia rinnovabile. Nel 2002, a seguito del Trattato di Muscat del 2001 che ha riformato il Gulf Cooperation Council è stata introdotta la legge 2/2002, che ha permesso ai cittadini degli altri Paesi appartenenti al GCC di possedere, in freehold, fino ad un massimo di tre unità immobiliari (definite: “terreni, edifici o altre costruzioni”), ottenuti a qualsiasi titolo (compreso il passaggio ereditario), a patto che l’area totale delle tre unità non sia superiore ai 3.000 metri quadrati e che le proprietà vengano utilizzate per soli scopi personali/familiari e non a fini commerciali. Alla luce di quanto finora detto, appare chiaro che, nonostante la Legge 13/2000, il quadro normativo relativo alla possibilità per gli stranieri di Paesi non GCC, di possedere immobili era caratterizzata da grosse limitazioni. Tali limitazioni sono state tuttavia in parte mitigate nel 2004 dalla Legge 17/2004 relativa ai diritti di proprietà per i non-qatarini. A seguito dell’introduzione di tale normativa, la disciplina del diritto per le persone (fisiche o giuridiche) ad acquistare unità immobiliari in Qatar può essere sintetizzata come segue:

qatarini: le persone fisiche o giuridiche qatarine (ossia con capitale al 100% qatarino) possono acquistare la piena titolarità di terreni, edifici ed altre costruzioni senza limitazione alcuna;

persone fisiche o giuridiche non-qatarine ma di nazionalità di uno stato GCC: le persone fisiche o giuridiche non-qatarine ma di nazionalità di uno Stato GCC (nel caso di persone giuridiche esse devono avere un capitale al 100% detenuto da persone di nazionalità GCC) possono liberamente acquistare, anche a titolo di investimento, e possedere in freehold immobili in determinate “aree di investimento”.

Gli edifici nelle aree di investimento possono avere diverse destinazioni, compresa quella turistica, commerciale, residenziale, educativa, etc. Al momento le aree di investimento destinate alle persone fisiche o giuridiche non-qatarine ma di nazionalità di uno stato GCC sono 3, ossia: a) Lusail, b) Al Khuraj e c) Thaayleb Mountain, tutte quante amministrate dalla Qatari Diar Real estate Investment Company;

persone fisiche o giuridiche non-qatarine: nel giugno 2004, in concomitanza con il lancio del Qatar Tourism Master Plan ed in preparazione ai giochi Pan-Asiatici del 2006 svoltisi a Doha, è stata implementata la legge 17/2004 relativa ai Diritti di Proprietà ed Usufrutto (intendendosi con il termine “usufrutto” il leasehold) per i non-qatarini.

La legge 17/2004 rappresenta, al momento attuale, il testo normativo, in tema di diritti di proprietà immobiliare per i non qatarini in assoluto più significativo. La legge stabilisce che gli stranieri (non qatarini) possono possedere in freehold terreni, edifici ed altre costruzioni (art. 1) nei seguenti progetti: a) The Pearl of the Gulf Island, b) The West Bay Lagoon (le cd. “Zig-Zag Towers” per la loro particolare forma) e c) Lusail – in costruzione (art. 3).

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Inoltre i non qatarini potranno possedere leasehold su terreni, edifici ed altre costruzioni per un termine, rinnovabile, di 99 anni, in determinate Aree di Investimento (art. 3) che saranno definite da una specifica risoluzione governativa. Infine, senza pregiudicare i diritti di cui sopra, i non qatarini avranno diritto di possedere, in leasehold, un’unità residenziale, definita ex art. 1 legge 17/2004 come un appartamento all’interno di un edificio residenziale frazionato in vari appartamenti (art. 5 legge 17/2004). Visti residenziali concessi ai proprietari di immobili Un ulteriore vantaggio che gli stranieri posso trarre dall’acquisto di proprietà (in freehold o leasehold) in Qatar, deriva dalla legge 2/2006 relativa ai visti residenziali. Infatti, a seguito dell’introduzione della legge 2/2006, il Ministero degli Interni ha la facoltà di emettere un certo numero, predeterminato annualmente a livello ministeriale, di visti residenziali destinati specificatamente agli stranieri che acquistano proprietà in freehold o in leasehold nelle aree di investimento all’interno dei 3 progetti aperti al freehold e nelle “aree di investimento”. In tal caso gli stranieri potranno ottenere il visto residenziale senza il necessario intervento di uno sponsor qatarino. Una volta ottenuto il visto lo straniero potrà a sua volta sponsorizzare il visto della moglie e dei figli (mentre è ancora incerto se una donna possa sponsorizzare il visto del marito e dei figli). Obblighi di registrazione La legge 14/1964 regola i metodi di registrazione delle proprietà immobiliari in Qatar. A norma della legge 14/1964, tutti gli atti che costituiscono, modificano o abrogano un qualsiasi diritto su una proprietà immobiliare necessitano di essere registrati. In caso di mancata registrazione, ogni contratto che costituisca, modifichi o abroghi un diritto su una proprietà immobiliare ha validità limitata al rapporto tra le parti del contratto e non esplica efficacia alcuna nei confronti dei terzi. A seguito dell’introduzione della legge 14/1967 ogni persona che voglia registrare un diritto su un immobile può effettuare detta registrazione solo se la persona che trasferisce detto diritto è a sua volta registrata nell’apposito registro. Pertanto, un compratore, prima di effettuare un acquisto nel settore immobiliare, deve controllare se la parte venditrice abbia validamente registrato il suo diritto e abbia, conseguentemente, il diritto ad effettuare detta registrazione. La registrazione è tassata in proporzione allo 0,25% del prezzo specificato nel contratto e la tassa è pagabile da parte del compratore. Legge qatarina su locazioni/affitti Con la legge 4/2008 è stata introdotta la nuova legge sulle locazioni/affitti che sostituisce la precedente legge 2/1975. La legge 4/2008 riguarda e regolamenta tutte le tipologie di locazioni/affitti, siano esse residenziali, commerciali o industriali (con la sola eccezione degli immobili di proprietà statale, i terreni agricoli, gli hotel e quelle aventi durata inferiore ad un mese). Ogni contratto di locazione/affitto deve obbligatoriamente contenere le seguenti clausole essenziali:

nomi e nazionalità del locatore e del locatario; i loro indirizzi e l’indicazione di eventuali firmatari autorizzati; la durata del contratto; il quantum ed il metodo di pagamento; una descrizione delle caratteristiche essenziali dell’oggetto; le finalità della locazione.

In ogni caso tutti gli ulteriori termini e condizioni dovranno essere espressi in forma scritta. Infine, le cause giustificative per la risoluzione da parte del locatore saranno le seguenti:

mancato pagamento del canone di locazione; sub-locazione non autorizzata dell’immobile; utilizzi non autorizzati dell’immobile; utilizzi illegali o immorali dell’immobile; decisione da parte del proprietario di abbattere l’immobile per costruirne di nuovi (sarà necessario il

previo ottenimento del permesso alla demolizione e, inoltre, l’immobile dovrà essere vecchio di almeno 15 anni);

la necessità per il proprietario di ottenere l’immobile per il suo uso personale o quello dei suoi familiari.

La disciplina della proprietà industriale ed intellettuale La legislazione relativa alla proprietà intellettuale ed industriale qatarina è composta, in particolare, dalla legge 9/2002 su marchi, indicazioni geografiche e design, e dalla legge 7/2002 sulla protezione dei diritti d’autore e dei diritti connessi.

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Il Qatar è, inoltre, membro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC – WTO) ed è tra i firmatari dei Trade Related Aspects of Intellectual Property Right (Accordi TRIPS), a partire dal gennaio 1996. I vari aspetti connessi ai diritti di proprietà intellettuale ed industriale sono amministrati dal Ministero dell’Economia e del Commercio. Il Qatar è membro del WIPO dal 3 settembre 1976 ed è firmatario della Convenzione di Parigi del 5 luglio 2000 nonché della Convenzione di Berna (relativa alle opere letterarie e artistiche) dal 5 luglio 2000; infine, è membro del GCC Patent Cooperation Treaty (PCT). Brevetti Il Qatar, come Paese membro del GCC, aderisce al sistema comune GCC sulla registrazione dei brevetti. L’ufficio brevetti del GCC (GCC Patent Office) si trova a Riyadh, Arabia Saudita. La registrazione di un brevetto da parte dell’Ufficio Brevetti GCC conferisce protezione a detti brevetti in tutti gli Stati membri del GCC, senza la necessità di perseguire ulteriori registrazioni in ogni Stato membro; tuttavia, in materia di contraffazione, la legislazione relativa è governata dalle leggi nazionali di ciascun Stato membro. Per quanto riguarda la normativa nazionale, i brevetti sono regolamentati e protetti sulla base del decreto 30/2006; è stato inoltre costituito un apposito ufficio brevetti presso il Ministero dell’Economia. Design I disegni industriali sono disciplinati dalla citata legge 9/2002 su marchi, indicazioni geografiche e design; tuttavia, i regolamenti di attuazione non sono ancora stati emessi. A fronte di tale situazione, è normale ritrovare nei quotidiani qatarini a massima tiratura (ad es. Gulf Times, The Peninsula, etc.) avvisi precauzionali relativi ai design che vengono pubblicati, addirittura con l’indicazione dei dati tecnici, allo scopo di assicurare una tutela agli stessi nonostante l’oggettiva incertezza che esiste nella normativa specifica a livello locale. Diritti d’autore La disciplina in materia è contenuta nella legge 7/2002, la quale assicura una protezione di 50 anni alle opere artistiche e letterarie. Marchi Ogni persona fisica o giuridica (sia qatarina che non qatarina) può depositare un proprio marchio in Qatar. La procedura è gestita dall’ufficio marchi presso il Ministero dell’Economia. La documentazione principale che deve essere prodotta è la seguente:

un mandato (Power of Attorney) a favore di un agente locale (nel caso in cui la persona che deposita il marchio non sia residente in Qatar);

nel caso delle persone giuridiche, è necessario produrre anche l’iscrizione alla relativa Camera di Commercio del Paese ove la società ha la propria sede legale (se la sede legale è in un Paese diverso dal Qatar, è necessario che detta documentazione venga legalizzata e tradotta);

una application form in cui i principali elementi da riportare sono i seguenti: o logo e marchio che si vuole depositare (in 15 copie); o nome del proprietario del marchio (unitamente al certificato di iscrizione presso la Camera di

Commercio di cui sopra); o classe/i di prodotto nella/e quale/i il richiedente intende registrare il marchio (una classe di

prodotto per ciascuna application). In tal senso, valgono le medesime classi della Convenzione Internazionale di Nizza sulla Classificazione Internazionale dei marchi, sebbene il Qatar non vi abbia formalmente aderito;

o un indirizzo in Qatar per eventuali comunicazioni (solitamente corrisponde all’indirizzo dell’agente che si occupa della registrazione);

o la sottoscrizione (è sufficiente quella dell’agente). La procedura richiede un tempo di completamento di circa 8/10 mesi, in quanto il marchio, nel corso della procedura di registrazione, deve essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale qatarina e su un quotidiano nazionale e, a partire dalla pubblicazione, dovrà passare un termine di 120 giorni durante il quale possono essere formalizzate eventuali opposizioni alla registrazione formale del marchio stesso. La registrazione ha un durata di 5 anni, rinnovabile per un numero indefinito di volte. Un marchio può essere assegnato o ceduto a condizione che la cessione venga registrata in conformità a quanto previsto dalla legge. Le violazioni dei marchi sono regolate da norme specifiche di legge.

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Procedure per gli appalti

La normativa qatarina regolante gli appalti pubblici è la legge 26/2005 (”Promulgating the Tenders and bids Regulatory law”), la quale si applica a tutti i ministeri e gli altri organi e corpi governativi ad eccezione dei seguenti:

la polizia e le forze armate (che, per ragioni di riservatezza e segretezza, hanno il diritto di regolamentare i loro appalti sulla base di regolamenti diversi da quelli previsti dalla legge 8/1976),

la Qatar Petroleum (QP) che, per il suo carattere economicamente strategico, può indire appalti ricorrendo a propri organismi ad hoc, ed ogni altra autorità che abbia ottenuto dal Consiglio dei Ministri l’autorizzazione di indire appalti con modalità diverse da quelle previste dalla legge (artt. 1 e 2), in primis le altre società che operano nel settore oil & gas (Qatar Gas e Ras Gas);

altre autorità dietro autorizzazione del Consiglio dei Ministri del Qatar. Gli appalti possono essere di tre tipi:

generali, ossia aperti a tutte le imprese interessate, sia qatarine che straniere; limitati, ossia quelli che, per motivazioni di urgenza o specializzazione, sono riservati ad imprese che

siano state pre-selezionate a livello governativo; locali, ossia aperti solo alle società qatarine (comunque di valore non superiore ai 5.000.000,00 QR).

In relazione ad appalti governativi in alcuni particolari settori (ed in particolare nel settore delle costruzioni), è necessario che le imprese partecipanti abbiano ottenuto, da parte del Central Tenders Committee (CTC), ossia l’autorità qatarina preposta alla gestione delle gare di appalto, la cd. classification. Scopo della procedura di classification è quello di consentire al CTC di effettuare una valutazione preliminare delle società, al fine di creare delle liste di imprese con esperienza certificata in determinati settori che possano essere prese in considerazione allorché un'autorità pubblica decida di indire una gara d'appalto, particolarmente se essa sia limitata. Procedure della “classification” per gli appalti pubblici La classification viene effettuata per cinque tipologie di appalti pubblici, in relazione alle seguenti attività:

costruzione e manutenzione di edifici; costruzione e manutenzione di strade; cura delle acque; costruzione e manutenzione delle fognature; landscaping.

Ogni classe di servizi sottoposta a classification viene poi divisa in diversi livelli (c.d. “gradi”), che vanno dal primo, che indica la massima specializzazione, fino al quinto. Ogni impresa che richiede la classification dovrà dimostrare, fornendo opportuna documentazione, di avere gestito direttamente una serie di progetti nella classe rilevante, la valutazione dei quali (effettuata con una complessa analisi basata sul loro numero, entità e valore) comporta l'iscrizione della società stessa in una (o più) particolari classi, e l'assegnazione di uno specifico grado per ciascuna delle classi in cui viene effettuata l’iscrizione. A seconda dell’importanza e della complessità, quindi, ogni gara d’appalto potrà essere partecipata esclusivamente da società che abbiano ottenuto un determinato grado nella categoria generale in cui si colloca la gara d’appalto. Ovviamente, le società con gradi di classification superiori potranno partecipare ad appalti pubblici destinati a società (anche) di grado inferiore, ma non viceversa (ad es., una società con classification di primo o secondo grado potrà partecipare ad appalti “limitati” alle società di terzo grado, mentre una società con classification di terzo grado non potrà partecipare ad appalti “limitati” a società di primo o secondo grado). Le procedure per l’assegnazione di una gara d’appalto si svolgono, generalmente, secondo le modalità di seguito brevemente descritte. L'ente governativo interessato (o la società pubblica) prepara il bando di appalto ed illustra l'obiettivo dell'appalto stesso, predisponendo per esso, secondo una stima preventiva, la copertura finanziaria. Il bando viene, quindi, esaminato dal ministero competente e, in seguito, trasferito all'attenzione del CTC, il quale ha il compito di curare la parte amministrativa, compresa la pubblicità del bando d’appalto, che avverrà:

a livello locale, tramite i mass media (solitamente quotidiani locali); a livello internazionale, tramite le ambasciate dei Paesi nei quali il CTC ha interesse a fare pubblicità.

Ogni bando di appalto deve contenere le seguenti informazioni minime: il ministero/organismo governativo che ha promosso l'appalto; i particolari dell'appalto dal punto di vista della sua gestione e del suo valore complessivo;

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la data di pubblicazione del bando ed il termine per presentare le offerte; l'organismo governativo a cui far pervenire le offerte; la descrizione dei lavori e delle attività che vengono richieste; l'ammontare del bid bond e del performance bond che vengono richiesti (solitamente rispettivamente

il 5% ed il 10% del valore complessivo del bando); il periodo di validità dell'appalto (che, solitamente, non potrà essere inferiore ai 90 giorni); eventuali facoltà da parte dell'organismo governativo preposto di modificare le condizioni dell’appalto,

ed i limiti entro i quali tale potere può esplicarsi. Nel caso in cui una società straniera voglia partecipare all’appalto, essa dovrà nominare un rappresentante/consulente/agente locale (local agent). L’indirizzo dell’agente rappresenterà l’indirizzo ufficiale in Qatar per tutte le comunicazioni relative alla procedura di appalto. Le offerte di partecipazione al bando dovranno essere depositate in lingua araba, a meno che il bando d'appalto non ammetta, specificamente, la lingua inglese. La normativa contiene, inoltre, una serie di altre previsioni che disciplinano la svolgimento della gara di appalto, e sono volte a garantire la segretezza delle offerte e la non discriminazione di alcuna di esse in ragione, in particolare, della nazionalità delle imprese partecipanti. Tutte le procedure relative agli appalti sono gestite direttamente dal CTC. Si noti che i prezzi e le offerte relative agli appalti, salvo se diversamente stabilito, dovranno essere espressi in valuta qatarina e che determinati appalti che prevedono la fornitura di materiali possono contenere la clausola del “product sample” che prevede il deposito, presso il CTC, di campioni dei prodotti oggetto della gara di appalto affinché essi possano essere preliminarmente esaminati dalle autorità pubbliche. La valutazione delle offerte pervenute avviene all’interno del CTC il quale, per ogni gara d’appalto, formerà un comitato per la valutazione delle offerte e deciderà il vincitore sulla base di un voto di maggioranza (spesso qualificata) dei membri del Committee stesso. Tuttavia, nel caso in cui il CTC non dovesse essere in grado di stabilire un vincitore per una gara di appalto, la decisione sarà deferita direttamente al Ministero dell’Economia, cui il CTC ha il dovere di sottoporre le votazioni in relazione alle quali non è riuscito a raggiungere una maggioranza. Con riferimento alla valutazione delle offerte, è importante sottolineare che il criterio dell'offerta più bassa non è automaticamente utilizzato per determinare la parte vincitrice in quanto, in determinate circostanze, il CTC ha la facoltà di scartare offerte giudicate eccessivamente basse, così come di preferire offerte più alte se la parte offerente è in grado di presentare credibilità maggiore (sulla base della concreta esperienza nel settore, del particolare know-how, della capacità tecnologica, etc.) rispetto agli altri partecipanti i quali abbiano depositato un’offerta migliore dal punto di vista meramente economico. É opportuno, tuttavia, sottolineare che generalmente, a parità di condizioni, un offerente locale sarà preferito rispetto ad offerenti stranieri. Per quanto riguarda l'approvazione di appalti di valore superiore ai 50 milioni di QR, questi richiedono una espressa approvazione governativa. L'appalto potrà poi dirsi concluso una volta che la parte vincitrice, a norma del bando di appalto stesso, avrà depositato il performance bond. Con l’assegnazione dell’appalto pubblico, come già anticipato, una società straniera può richiedere al Ministero dell’Economia la speciale autorizzazione a costituirsi in Qatar quale filiale/branch. La branch potrà poi essere mantenuta unicamente per la durata dell’appalto stesso ed eventualmente per il periodo di garanzia dell’opera (solitamente della durata di un anno dal completamento dell’appalto stesso). Sintesi e suggerimenti pratici Come sopra illustrato, esistono tre tipologie di appalti in Qatar: generali, limitati e locali. Lasciando da parte quelli limitati (molto rari e, nelle intenzioni dello stesso CTC, da eliminare progressivamente in quanto poco trasparenti e permeabili a fenomeni di corruzione) e quelli locali (di modesto valore e di scarso interesse per gli operatori non qatarini) gli appalti più rilevanti in Qatar sono quelli generali ossia quelli, teoricamente, aperti a tutte le società, siano esse straniere o qatarine. Gli appalti generali si possono a loro volta distinguere in appalti di forniture ed appalti di servizi (che comprendono anche le costruzioni). Per entrambe le tipologie di appalti si osserva che, nonostante essi siano teoricamente aperti sia a società straniere che qatarine, nei fatti, il più delle volte, essi sono imitati alle sole aziende qatarine (intendendosi le società costituite in Qatar, siano esse 100% qatarine, oppure 49% straniere e 51% qatarine), dato che, come prassi consolidata, gli enti governativi e privati che indicono gare d’appalto decidono, in modo pressoché prevalente per ragioni di praticità e per avere maggiori garanzie, di limitare la possibilità di proporre offerte alle sole società debitamente costituite in Qatar (ad esempio: solo una media oscillante tra il 20% ed il 30% degli appalti indetti dalla Public Works Authority del Qatar, uno degli enti governativi che emette e gestisce gli appalti maggiormente rilevanti nel campo delle costruzioni e delle infrastrutture, sono aperti anche a società straniere non costituite in Qatar).

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Accade, tuttavia, in modo maggiormente frequente, che siano gli appalti di fornitura quelli aperti sia a società qatarine che straniere. In tal caso una società straniera non costituita in Qatar, per poter partecipare all’appalto, dovrà nominare un agente in Qatar (sia esso un individuo oppure una società) per la gestione delle pratiche d’appalto (tutte le comunicazioni relative all’appalto stesso saranno inviate all’indirizzo dell’agente). Pertanto, una società straniera che desideri partecipare a gare d’appalto in Qatar potrà seguire due strade:

operando come appaltatrice principale e costituendosi in Qatar. In tal caso le opzioni sono due: a) costituendo una filiale/branch dopo aver ottenuto l’appalto secondo le modalità già descritte; b) oppure costituendo una WLL e, in questo caso, se detta società desidera partecipare ad appalti governativi, ottenendo, se rilevante, la necessaria classification (questa procedura comporta un investimento iniziale notevole che le società devono compiere senza la garanzia di un ritorno per il loro investimento, anche se ciò costituisce l’unica strada nei fatti percorribile se si desidera operare in Qatar in modo stabile e non limitatamente ai soli appalti pubblici/governativi che danno titolo a costituire flilali/branch);

operando quale sub-appaltatrice della società che ha vinto una gara d’appalto. In tal caso, ove si tratti di un appalto di servizi da svolgersi in Qatar, la società potrà operare in Qatar in tre modi: a) senza la necessità di costituirsi nel Paese ed operando sotto la copertura, in termini di visti e licenze, della società vincitrice dell’appalto dopo aver negoziato con la stessa uno specifico accordo di joint venture contrattuale; b) nel solo caso di appalti pubblici/governativi (ottenuta la necessaria autorizzazione governativa) costituendo una filiale/branch; oppure c) attraverso la costituzione di una WLL qatarina.

Imposte sul reddito delle persone fisiche e giuridiche

Con la legge 21 del 2009, entrata in vigore a partire dal 1° gennaio 2010, il Qatar ha profondamente riformato il suo sistema di imposizione fiscale. In Qatar, infatti, già in base alla vecchia normativa, precedente al 2010, i dividendi delle società a responsabilità limitata, così come i profitti generati da branch di società straniere, venivano sottoposti a tassazione. A seguito della legge 21/2009, ex articolo 11, è stata introdotta un’aliquota unica al 10% senza “no tax area”. Evidentemente il fine ultimo della riforma è quello di favorire i grandi investimenti e le aziende di notevoli dimensioni, per le quali la precedente tassazione (fino al 35%) costituiva un ostacolo ad operare nel Paese. Inoltre, la recente creazione della zona di libero scambio del Qatar Financial Centre nella quale le società straniere possono detenere il 100% delle quote (a differenza da quanto avviene generalmente in mainland, ove le quote detenute dal socio straniero non possono superare il 49%) e dove la tassazione è fissata al 10% costituiva una forte concorrenza, sia pure interna, per il Qatar nel riuscire ad attrarre investimenti esteri. Pertanto questa riforma va innanzitutto nel senso di favorire le grosse realtà imprenditoriali e colpire quelle più piccole. Tuttavia la legge 21/2009 non si è limitata ad una modifica dell’aliquota ma ha apportato una serie di novità anche attraverso l’allargamento del novero dei soggetti responsabili a versare le imposte in Qatar e mediante la previsione di particolari meccanismi anti-elusione. Si deve tuttavia rilevare che molte delle norme contenute nella legge 21/2009 richiedono regolamenti attuativi che sono stati pubblicati solo di recente e, per il momento, solo in lingua araba. È utile chiarire chi siano i soggetti passivi delle imposte. Anziché definire con precisione i soggetti obbligati a pagare le imposte la legge 21/2009 ha preferito, all’articolo 4, definire i soggetti ed i redditi che ne sono esenti. Risultano, pertanto, esenti da imposte:

i profitti generati da persone – fisiche e/o giuridiche – qatarine53; i dividendi distribuiti a soci di società qatarine (anche miste) quando la società abbia già pagato le

imposte sui profitti (ossia abbia distribuito gli utili netti) oppure abbia ottenuto un’esenzione fiscale54;

53 In virtù del Trattato di Muscat del 2001 che ha riformato il Gulf Cooperation Council (GCC) il medesimo trattamento deve essere

accordato a persone fisiche e giuridiche di altri Stati del GCC (Arabia Saudita, Barhain, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, e Sultanato dell’Oman). Si noti che società miste qatarine costituite al 51% da un qatarino ed al 49% da una società GCC non interamente detenuta da qatarini (in quanto mista o completamente detenuta da stranieri, come ad esempio, le società delle zone di libero scambio) non saranno considerate società GCC e, pertanto, non sono esenti dal pagamento delle imposte

54 È possibile, anche per le società miste nonché per i rami d’azienda, ottenere una totale esenzione fiscale in Qatar (la cui concessione è, comunque, discrezionale) allorquando dette aziende portino avanti progetti aventi un’importanza strategica per il Qatar (la maggior parte di queste esenzioni vengono concesse a società aggiudicatarie di appalti governativi di pubblica utilità)

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capital gains derivanti dalla vendita di immobili, azioni, e/o fondi acquisiti come mero investimento e non nel corso di un’attività economica;

redditi derivanti da attività agricole o dalla pesca; redditi delle aziende di trasporto aereo o marittimo, non qatarine, operanti in Qatar (a condizione di

reciprocità). Ogni altra entità giuridica e/o individuo che percepisca un reddito in Qatar sarà responsabile fiscalmente con l’eccezione dei lavoratori salariati: l’articolo 2 della legge 21/2009 esclude esplicitamente gli stipendi, i salari ed i relativi benefits dal campo di applicabilità della legge stessa. Resta quindi il problema di comprendere quali tipologie di redditi siano teoricamente tassabili in Qatar. La legge 21/2009, all’articolo 3, elenca come redditi potenzialmente tassabili in Qatar i seguenti:

redditi derivanti da attività condotte in Qatar; redditi derivanti da contratti completamente o parzialmente eseguiti in Qatar; redditi da immobili situati in Qatar; dividendi azionari derivanti da società qatarine; remunerazioni pagate alle case madri per servizi prestati da rami d’azienda stabiliti in Qatar; redditi derivanti dall’utilizzo e dallo sfruttamento di risorse naturali presenti nel territorio dello Stato

qatarino; il tutto deve essere evidentemente coordinato con quanto previsto da convenzioni bilaterali o multilaterali contro la doppia imposizione fiscale. Particolarmente degno di nota, ai fini di questa analisi, è l’obbligo di ritenuta fiscale previsto all’articolo 11 comma 2 della citata normativa, ed imposto ai soggetti stabiliti in Qatar quando debbano effettuare pagamenti a favore di individui o società non fiscalmente residenti in Qatar. Detto obbligo di effettuare ritenute fiscali sulle somme dovute ai soggetti non residenti è pari al:

5% sul lordo delle somme dovute come compensi per servizi tecnici o di consulenza, nonché tutti i pagamenti per l’utilizzo di licenze su diritti di proprietà intellettuale o industriale (incluse le franchising fees) utilizzati in Qatar; oppure

7% dell’ammontare lordo relativo a compensi ottenuti in qualità di amministratori di società qatarine, attività di brokeraggio, interessi, commissioni o altri servizi svolti completamente o in parte in Qatar.

Quest’ultima previsione pone una serie di problematiche per tutte quelle società che, pur non registrate in Qatar, offrono servizi a vantaggio di società qatarine, oppure ricevono dalle stesse corrispettivi per licenze e/o servizi. Il rischio è quello di essere costrette a subire la trattenuta in Qatar senza poter poi scontare detta somma nel Paese ove le società sono residenti. In assenza di una specifica regolamentazione, è evidente il rischio per le società italiane che operano in Qatar, od offrono servizi in Qatar senza essere registrate nel Paese, di subire una doppia imposizione fiscale (del 5% - 7% in Qatar a cui si va a sommare la più alta tassazione prevista in Italia). Mentre è chiaro che nessuna trattenuta deve essere fatta da un cliente qatarino per mere forniture di merci, sono a rischio altri pagamenti quali, ad esempio, quelli relativi a franchising fee di aziende che abbiano concesso il proprio format di vendita in franchising in Qatar, le somme dovute a società operanti in Qatar con propri lavoratori per operazioni spot (quali interventi su impianti), le parcelle di società di consulenza per lavori eseguiti in Qatar, etc. In tali fattispecie le imprese italiane potrebbero vedersi scontare le proprie fatture dalla società qatarina con cui sono in rapporti contrattuali. Allo scopo di evitare tali rischi è stata sottoscritta fra Italia e Qatar una Convenzione Bilaterale contro la Doppia Imposizione, entrata in vigore nel 2011. La Convenzione contro le doppie imposizioni fissa dei limiti sulle ritenute fiscali applicabili dalle società qatarine quando queste si trovano a pagare dividendi, royalties, interessi, etc. a soggetti residenti in Italia. In particolare il limite massimo delle ritenute da applicare stabilite dalla Convenzione in oggetto (ovviamente al ricorrere di alcuni requisiti previsti nella Convenzione), diventa, in riferimento alla disciplina dei dividendi (articolo 10) e delle aliquote differenziate di ritenuta, rispettivamente il 5% per partecipazioni di almeno il 25% e il 15% negli altri casi. In ordine al trattamento degli interessi (articolo 11), un’aliquota che non potrà comunque eccedere il 5% dell’ammontare lordo degli interessi. Infine, per quanto riguarda il trattamento delle royalties (articolo 12) è prevista una limitata ritenuta alla fonte del 5%. È da segnalare come la precedente normativa non prevedesse affatto una precisa distinzione delle spese deducibili fiscalmente dalle spese che, invece, non potevano essere dedotte. Ciò, specialmente con riferimento

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al dividendo spettante al socio straniero di società di capitali, ha aperto le porte a vari espedienti di “ottimizzazione fiscale” finalizzati alla riduzione dell’importo da versare fiscalmente (che, come detto, poteva raggiungere la soglia massima del 35%). Uno dei metodi maggiormente utilizzati, specialmente in società di dimensioni limitate nelle quali gli amministratori stranieri erano diretta espressione del socio straniero, consisteva nella prassi di versare all’amministratore o direttamente al socio straniero somme giustificate quali consulenze, benefit, e altri vantaggi finanziari i quali, non essendo tassabili ed al medesimo tempo deducibili, andavano a ridurre, spesso completamente, l’impatto fiscale per il socio straniero. La nuova legge, oltre ad introdurre l’aliquota unica del 10%, è anche intervenuta ridefinendo, rispettivamente agli articoli 8 e 9, le spese deducibili e non deducibili fiscalmente. L’articolo 9 definisce, fra le altre, le spese non deducibili: le donazioni ed in generale gli atti di liberalità a clienti o a propri dipendenti, azionisti ed amministratori nonché ogni stipendio, premio o altro benefit concesso agli amministratori (allorquando detti amministratori controllino, direttamente o indirettamente, la società55), o ai loro familiari56 e le spese per il mantenimento della casa madre pagate dal ramo d’azienda qatarino, oltre una certa percentuale fissata nei regolamenti attuativi della legge57. La maggior difficoltà per le aziende straniere residenti di ridurre l’impatto fiscale sul proprio dividendo è, infatti, largamente compensata dall’imposta unica al 10% che, oltre ad escludere il Qatar dai Paesi c.d. black list, costituisce un forte stimolo all’investimento, unitamente alla Convenzione Italia-Qatar contro le Doppie Imposizioni. Degno di nota è anche l’obbligo, posto in capo a tutte le imprese qatarine (comprese quelle detenute al 100% da stranieri) di dotarsi, entro un mese dalla loro costituzione, di una tax card, rappresentante l’iscrizione della società presso la Tax Authority. A parte quanto sopra, si segnala che in Qatar non esistono le seguenti imposte:

imposta sul valore aggiunto; ritenuta d’acconto; tassazione sugli immobili; tassa sulle donazioni; tassa sulle successioni; contributi sociali o altre imposte sulla salute.

Le zone di libero scambio Il Qatar Financial Center Come già ampiamente illustrato, in Qatar gli investimenti esteri conoscono determinate limitazioni, sia in termini operativi (occorre, infatti, un socio locale che, nel caso delle società di capitali, detenga almeno il 51% delle quote), sia in termini di intervento (alcuni settori, quali quello bancario, assicurativo o di brokeraggio, sono riservati – in mainland – unicamente ai qatarini) nonostante la Legge 13/2000 relativa agli investimenti esteri abbia, anche grazie alle recenti modifiche, notevolmente aperto il mercato qatarino agli operatori stranieri. Pertanto, allo scopo di creare un humus fertile agli investimenti esteri nel settore finanziario e dei servizi ad esso correlati, nel 2005, sull’esempio di quanto avvenuto a Dubai con il Dubai International Financial Center, è stato inaugurato il Qatar Financial Center (“QFC”) Il QFC è, nei fatti, una sorta di zona di libero scambio all’interno della quale gli investitori stranieri hanno la possibilità di costituire un’organizzazione stabile e di operare senza la necessaria presenza di un socio/sponsor qatarino. Deve essere sottolineato che le leggi in vigore nel QFC non sono le stesse in vigore nel mainland: nel QFC, infatti, vige una legislazione particolare, implementata ad hoc per il QFC stesso e basata su standard operativi internazionali del settore, fortemente influenzata dalla legislazione inglese in materia. All’interno del QFC, inoltre, è stata stabilita una corte arbitrale che opera e giudica sulla base di modelli elaborati e consolidati in Inghilterra (sebbene manchi una chiara regolamentazione arbitrale, tanto che gli arbitrati QFC restano, ad oggi, praticamente inutilizzati). Gli operatori stranieri che desiderino costituirsi e operare all’interno del QFC non hanno alcuna necessità di rapportarsi operativamente con le istituzioni qatarine operanti in mainland, ma devono rapportarsi unicamente con la QFC Regulatory Authority (“QFCRA”) la quale costituisce un desk unico avente la funzione e la

55 Si ritiene che un azionista straniero al 49% possa essere considerato come detentore della maggioranza della società quando

particolari accorgimenti nello statuto o nei patti parasociali fanno sì che egli controlli la società e ne percepisca la maggioranza degli utili

56 Sono deducibili le donazioni a enti caritatevoli o governativi non superiore al 5% dei profitti netti 57 Non ancora implementati

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responsabilità, fra le altre cose, di concedere le licenze alle società straniere e locali per potersi costituire e per poter operare all’interno del QFC. Altre istituzioni, oltre alla QFCRA, ma sempre interne al QFC, sono state create per offrire alle società operanti nel QFC tutta l’assistenza possibile e provvedere ai necessari controlli sulle attività delle stesse. La legge costituente e disciplinante il QFC, nonché l’operatività della QFCRA, è la Legge 7/2005 e successive modifiche. In estrema sintesi, la legge 7/2005, oltre a stabilire i compiti e i poteri del QFC, stabilisce altresì quali siano le attività che possono essere svolte all’interno di esso (permitted activities). Il QFC è stato, infatti, creato come centro finanziario all’interno del quale possono essere svolte tutte le permitted activities di tipo finanziario (a loro volta considerate quali regulated activities, così definite perché soggette a controlli molto forti da parte degli organi di controllo del QFC) nonché tutte le altre attività complementari a queste (quali quelle contabili, legali, fiscali, etc., definite not regulated activities in quanto soggette a controlli meno incisivi rispetto alle altre). La lista delle permitted activities (a loro volta suddivise in regulated e not regulated activities) è contenuta nell’Allegato 3 della legge 7/2005 e comprende: Attività regolamentate:

servizi finanziari, bancari e di investimento; servizi di assicurazione e ri-assicurazione; mercato valutario, azionario e delle materie prime; servizi di gestione patrimoniale, fondi di investimento, attività di project finance e finanza islamica; amministrazione e consulenza di gestione di fondi d’investimento; gestione di fondi pensione; attività di brokeraggio assicurativo e finanziario; attività di consulenza finanziaria; attività di trustee professionisti.

Attività non regolamentate: attività di brokeraggio o attività marittima; società di rating; amministrazione finanziaria e societaria; attività di consulenza contabile, fiscale e legale; creazione e amministrazione di trust; attività di creazione e amministrazione di società.

Il Qatar Science and Technology Park Il Qatar Science and Technology Park (QSTP), fondato nel 2009, è una divisione della Qatar Foundation e una zona di libero scambio dedicata alla ricerca e sviluppo in campo scientifico, medico e tecnologico. Il QSTP si trova all’interno della Qatar Foundation’s Education City, che ospita una serie di campus di prestigiose università di tutto il mondo, specialmente americane. Il suo scopo è di attrarre società operanti nel settore scientifico e tecnologico affinché investano in Qatar per lo sviluppo e la commercializzazione delle loro tecnologie. Oltre a strutture di avanguardia il QSTP, come zona di libero scambio, offre i seguenti vantaggi:

la possibilità per le società straniere di costituire società detenute al 100% o rami di azienda senza la necessaria presenza di uno sponsor o di un socio locale;

la possibilità di commercializzare i propri prodotti e servizi in mainland senza la necessità di uno sponsor;

nessuna limitazione nella selezione e nell’importazione di lavoratori stranieri; assenza di tassazione; assenza di imposte doganali nell’importazione di beni e materiali utili all’esercizio dell’impresa; nessuna restrizione all’esportazione dei profitti generati.

Si noti, tuttavia, che il QSTP è un hub dedicato unicamente alla ricerca e sviluppo, dove la possibilità per le imprese operanti al suo interno di poter commercializzare i beni e/o le tecnologie ivi create è limitata, in quanto almeno il 50% del fatturato delle società operanti nel QSTP deve essere utilizzato per mere attività di ricerca e sviluppo. La commercializzazione, quindi, deve essere finalizzata a finanziare le attività della società costituita nel QSTP, mentre il core business deve restare, appunto, la ricerca e lo sviluppo. Alcune delle società presenti nel QSTP sono:

Barwa and Qatari Diar Research Institute; Chevron; ExxonMobil; General Electric;

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Microsoft; Qatar Petroleum; Qatar Robotic Surgery Centre; Rolls-Royce; Shell; Tata; Total; Virgin Health Bank.

Importazione e certificazione delle merci La legge che regola le dogane, ossia l’importazione e l’esportazione delle merci in e dal Qatar, è la legge qatarina 40/2002. A norma della legge, l’importazione di qualsiasi bene in Qatar presuppone una specifica licenza ad importare nel Paese. Ogni persona (fisica o giuridica) che intenda importare prodotti in Qatar deve registrarsi nell’apposito registro degli importatori depositato presso la Camera di Commercio. Per potersi iscrivere il pre-requisito è essere cittadini qatarini, oppure, per le società, essere detenute al 100% da cittadini qatarini. Gli stranieri e le società a capitale misto che vogliano iscriversi nel registro possono ottenere un permesso speciale dalla stessa Camera di Commercio. Il dazio di importazione in Qatar ammonta, generalmente, al 5%. Le seguenti merceologie di primaria necessità per lo Stato del Qatar non sono soggette a dazi di importazione:

animali vivi, carne (fresca e congelata) e pesce; verdure e frutta fresche e cereali; medicine e strumenti medici; libri, giornali e riviste; navi ed aeromobili ad uso commerciale.

Altri prodotti, allo scopo di fornire un’adeguata difesa alle industrie oppure ai valori culturali e religiosi locali, subiscono dazi maggiori, ad esempio gli alcolici ed i tabacchi soggetti ad un dazio di importazione pari al 100% del loro valore commerciale. A seguito del trattato di Muscat del 2001, tutti gli scambi fra Paesi GCC (Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Qatar e Sultanato dell’Oman) sono esenti da dazi doganali sia in importazione che in esportazione. Inoltre, il Qatar è un membro dell’accordo di libero scambio pan-arabo del GAFTA, il quale stabilisce che nessun dazio in importazione verrà richiesto fra gli stati membri GAFTA a patto che un prodotto sia stato realizzato in un altro degli Stati membri del GAFTA. L’accordo in libero scambio del GAFTA comprende i seguenti Stati: Algeria, Arabia Saudita, Bahrein, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Iraq, Giordania, Kuwait, Libano, Libia, Marocco, Sultanato dell’Oman, Palestina, Qatar, Siria, Sudan, Tunisia e Yemen; inoltre, altri Paesi sono candidati ad entrate nel GAFTA, ossia Isole Comore, Gibuti, Mauritania e Somalia. In Qatar il Ministero dell’Economia è l’autorità responsabile a rilasciare la certificazione di “Made in Qatar” ai prodotti realizzati nello Stato del Qatar. Un prodotto potrà essere certificato come prodotto in Qatar se almeno il 40% del suo costo di produzione deriva da prodotti/componenti acquistati in Qatar o da forza lavoro prestata nello Stato del Qatar. Si segnala che, in caso di progetti di natura industriale, è possibile ottenere la totale esenzione da dazi doganali in importazione sui macchinari e le materie prime. In tal caso si dovranno seguire la procedure previste dalla Legge Doganale 40/2002. Il Qatar sta implementando una serie di normative tese all’introduzione di una certificazione di qualità sui prodotti potenzialmente pericolosi e destinati ai consumatori, sull’esempio della marcatura CE europea. Intento del governo era di implementare questa normativa già dal giugno 2010 anche se, al momento attuale, la situazione non è cristallina e mancano ancora i regolamenti attuativi. È pertanto possibile che non sia prossima l’introduzione di una certificazione di qualità che, negli intenti del governo, dovrebbe inizialmente riguardare i prodotti elettronici ed i giocattoli. Fino ad oggi la marcatura CE è ritenuta, in fatto di sicurezza, una certificazione sufficiente anche in Qatar. Al momento attuale è consigliabile, per evitare problemi alla dogana, in particolare in assenza di una normativa precisa al riguardo, che i prodotti tecnologici siano accreditati da un ente certificatore autorizzato (es. Intertek) il quale giudicherà gli standard di sicurezza secondo gli standard accettati in Qatar (ossia i cd. standard ISO). I prodotti certificati nell’Unione Europea (marcati CE) sono solitamente importabili e, in tal caso i documenti attestanti la certificazione, debitamente autenticati, vengono accettati dalle autorità.

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I prodotti più semplici e non tecnologici vengono verificati con una semplice ispezione alla dogana. Per i prodotti alimentari valgono regole particolari studiate in modo particolare per evitare che vengano importati cibi e bevande non ammessi dalla religione islamica. Gli animali vivi possono essere importati solo previa quarantena e controlli particolari ad opera del Ministero dell’Agricoltura. Con riferimento all’etichettatura esistono regole certe solo con riferimento agli alimenti i quali devono sempre indicare in etichetta in arabo o inglese/arabo le seguenti informazioni minime:

marchio e nome del prodotto; luogo di produzione; data di scadenza; paese di origine (“made in …”); dati identificativi del produttore; peso netto (in grammi o Kg); lista degli ingredienti ed additivi in ordine decrescente di importanza relativamente al contenuto; i grassi e gli oli utilizzati devono essere chiaramente identificati e riportati (ciò allo scopo di evitare che

prodotti contenenti grassi o oli non compatibili con i precetti islamici vengano messi in vendita). Esiste, inoltre, la possibilità di far certificare il cibo quale “halal” (“halal” è una parola araba che significa “lecito” e che, in questo contesto, indica che determinati cibi ed alimenti sono stati preparati in modo accettabile per la legge islamica). Detta certificazione può essere concessa, in Italia, da enti certificatori autorizzati, e tutta la documentazione attestante la certificazione halal dovrà poi essere legalizzata presso l’ambasciata del Qatar a Roma.

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HIGHLIGHTS Contesto politico. Sheikh Tamim bin Hamad al-Thani è succeduto al trono dell’emirato nel giugno 2013. La stabilità politica del paese non è comunque in discussione; la ricchezza diffusa della popolazione ha limitato l’insorgere dalle ten-sioni sociali osservatisi in alcuni paesi dell’area a seguito della “primavera araba”. Le elezioni del Consiglio Consultivo, in precedenza attese per metà 2013, sono state posticipate al 2016 a seguito della successione al trono. In politica estera, il sostegno a gruppi islamisti ha causato una contrapposizione diplomatica fra il Qatar e gli altri membri del Gulf Coopera-tion Council (GCC). Il paese è membro del WTO, dell’OPEC e del Gulf Cooperation Council.

Contesto economico. Nel 2013 la crescita del PIL si è mantenuta in linea con il 2012 attorno al 6,5%. Dopo la conclusio-ne del programma ventennale di sviluppo del GNL, il governo continua a effettuare ingenti investimenti nella diversifica-zione dell’economia, in particolare nei settori downstream e nella produzione industriale; inoltre, nel periodo 2013-17 dovrebbero essere mantenuti elevati livelli di spesa nei settori dell’istruzione, salute e trasporti. La crescita continuerà a essere sostenuta dal settore idrocarburi (il Qatar è il terzo paese al mondo per riserve di gas naturale), che conta per più del 50% del PIL, e dagli alti livelli di investimenti, anche sui progetti legati ai mondiali di calcio del 2022.

Contesto finanziario. Il settore bancario è ben capitalizzato e profittevole; il tasso di non performing loans è inferiore al 2%. Il comparto è solido in termini di rischio del credito, sebbene l’eccessiva esposizione al settore real estate potrebbe rappresentare una vulnerabilità. Il Qatar Exchange è aperto agli operatori stranieri, ma con significative limitazioni.

Contesto operativo. L’atteggiamento verso gli investitori esteri è positivo, esistono alcune restrizioni ma sono in progres-siva eliminazione. Il livello delle infrastrutture è adeguato e in potenziamento, burocrazia e corruzione non costituiscono ostacoli in base agli standard dell’area.

2011 2012 2013(s) 2014(p) 2015(p) PIL (variazione % reale) 13,0 6,2 6,5 6,4 6,5 Inflazione media annua (%) 1,9 1,9 3,1 3,8 4,2 Saldo Bilancio pubblico/PIL (%) 7,5 11,7 9,5 6,8 4,8 Bilancia dei pagamenti

Esportazioni ($ mld) 114,3 133,0 127,2 122,4 122,5 Importazioni ($ mld) -26,9 -30,8 -35,6 -40,0 -45,0 Saldo transazioni correnti/PIL (%) 30,3 32,0 23,7 16,5 12,2

Debito estero totale ($ mld) 133,3 139,2 149,4 157,9 165,4 Debito estero totale/PIL (%) 77,7 72,3 74,1 70,9 66,9 Riserve valutarie lorde ($ mld) 16,8 33,2 42,2 47,1 51,1 Riserve valutarie lorde (mesi import.) 5,5 8,9 9,6 9,7 9,5 Fonte: EIU, giugno 2014 *: stime; **: previsioni

SACE RISK INDEX 2013

Rischio politico-normativo

Restrizioni sul trasferimento dei capitali 13/100

Esproprio 32/100

Violazioni contrattuali 36/100

Rischio di mancato pagamento da:

Controparte sovrana 9/100

Banca 35/100

Grande impresa 36/100

Pmi 39/100

Rischio di violenza politica 36/100

QATAR Capitale: Doha

Popolazione (2013): 1,9 milioni PIL nominale PPP (2013): 197,5 USD miliardi

COMPOSIZIONE DEL PIL (2013)

Indicatori di rischio OCSE S&P’s Moody’s Fitch Rating 3/7 AA Aa2 - Indicatori di Business Climate Attuale Precedente Doing Business 2014 48° su 189 45° su 183 Index of Economic Freedom 2014 30° su 178 27° su 177 Corruption Perceptions Index 2013 28° su 176 27° su 176

SCHEDA PAESE A cura dell’Ufficio Studi di SACE

RATING, BUSINESS CLIMATE, KEY FIGURES

Agricoltura0,1%

Industria non manifatturiera

54,0%

manifattura9,5%

Servizi36,3%

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QATAR

SACE IN QATAR Condizioni di assicurabilità Rischio sovrano: Senza condizioni Rischio bancario: Senza condizioni Rischio privato: Senza condizioni Volturabilità polizza SACE no

ESPORTAZIONI IN QATAR PER SETTORI (2013,%) INTERSCAMBIO COMMERCIALE CON IL QATAR (2003-2013)

€ milioni

RAPPORTI CON L’ESTERO: INVESTIMENTI, OPPORTUNITA’ E INTERSCAMBIO Bilancia dei pagamenti. Anche nel 2013 le partite correnti hanno registrato un surplus superiore al 25% del grazie alla buo-na performance della bilancia commerciale, trainata dalle esportazioni di idrocarburi in un contesto di prezzi internazionali elevati. Nel breve termine le importazioni aumenteranno sensibilmente, sia per la crescente domanda interna di beni di con-sumo sia per le opere infrastrutturali legate ai mondiali di calcio del 2022. Tuttavia, a più lungo termine le prospettive in calo sui prezzi internazionali degli idrocarburi potrebbero portare ad una contrazione del surplus di bilancia commerciale del paese. Da segnalare anche l’influenza delle possibili tensioni geopolitiche nell’area.

Settori di opportunità. L’oil&gas resta il principale settore di opportunità, insieme a quello delle infrastrutture.

Commercio e presenza italiana. L’interscambio commerciale si è contratto di quasi il 18% dopo tre anni di crescita tra il 2010 ed il 2011, in virtù della minor domanda italiana di beni dal Qatar. L’export italiano è cresciuto del 5% arrivando a quota EUR 1,07 milioni. I beni principali esportati dall’Italia riguardano la meccanica strumentale (37,8%), gli autoveicoli (11,8%) e gli arredamenti (11,4%). Le importazioni italiane dal Qatar, composte essenzialmente di GNL, sono diminuite di quasi il 29% su base annua, totalizzando un valore di circa EUR 1,7 milioni.

Tra le principali società italiani operanti nel paese ci sono Finmeccanica (Fata, Selex Sistemi Integrati ed AgustaWes-tland), Eni (Saipem), Impregilo, Rizzani De Eccher, Prysmian, Trevi (Swissboring), Technital, Astaldi, Maire Tecnimont, Cassina, Marcegaglia, Pizzarotti, Maltauro, Spig, Permasteelisa.

INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI SALDO TRANSAZIONI CORRENTI

CONTATTI

Servizio clienti: - [email protected] Ufficio stampa: tel. + 39 06 6736888 - [email protected]

-1.500

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2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013

export import saldi

meccanica strumentale

37,8%

autoveicoli e altri mezzi di trasporto 11,8%

mobili e altri manufatti

11,4%

gomma, plastica, materiali da costruzione

8,5%

metallurgia e prod. in metallo

7,8%

app. elettrici7,5%

moda6,4%

altro8,9%

10

15

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25

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0

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2010 2011 2012 2013 2014 2015

Saldo transazioni correnti (mld USD, asse sxt) Saldo transazioni correnti / PIL (%, asse dxt)

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3

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5

2010 2011 2012 2013 2014 2015

IDE (USD mld, asse sxt) IDE (% PIL, asse dxt)

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QATAR

Marzo 2014 Il sostegno della monarchia ai Fratelli Musulmani ha causato una contrapposizione diplomatica fra il Qatar e gli altri mem-bri del Gulf Cooperation Council (GCC): Arabia Saudita, Emirati Arabi e Bahrain. I tre paesi hanno deciso di ritirare i pro-pri rappresentanti diplomatici. Le tensioni potrebbero sfociare in un blocco delle frontiere e delle rotte aeree da parte dell’A-rabia Saudita, che richiede un cambio della politica estera qatarina. Un eventuale blocco saudita causerebbe al paese proble-mi di approvvigionamento alimentare e potrebbe riflettersi anche sulle esportazioni di gas naturale (di cui il Qatar è il primo produttore al mondo). Novembre 2013 Secondo le nuove regole di spesa, le imprese statali dovranno sottoporre all’approvazione preventiva del Ministero delle Finanze ogni ricorso all’indebitamento. Il provvedimento mira a centralizzare il controllo sull’indebitamento per evitare un eccessivo ricorso al credito, soprattutto in vista degli impegni per investimenti infrastrutturali legati ai mondiali di calcio del 2022. Le imprese detenute per quote significative dallo Stato dovranno sottoporre ad approvazione tutte le fonti di obbliga-zione creditizia quali prestiti bancari, emissioni obbligazionarie e derivati. Resteranno escluse dal provvedimento la Qatar Petroleum e le sue controllate in virtù degli abbondanti cash flow generati grazie al controllo quasi esclusivo delle infrastrut-ture oil&gas del paese. Marzo 2013 Il budget per l’anno fiscale 2013/2014 è stato stabilito alla cifra record di QAR 210 miliardi (USD 57,9 miliardi), un aumen-to del 18% rispetto all’anno precedente. In particolare, è stata incrementata la spesa destinata ai progetti pubblici (+40%), legati a sanità, istruzione e infrastrutture, nel tentativo di diversificare ulteriormente l’economia qatarina dal settore oil&gas (che conta per il 55% del PIL). Il budget prevede un avanzo di QAR 7,4 miliardi (USD 2 miliardi), inferiore al precedente, e si basa su una stima per il prezzo internazionale del barile di greggio a USD 65. Febbraio 2013 Il governo ha approvato gli emendamenti alla legge sugli investimenti stranieri, volti ad attrarre capitali esteri verso la Borsa locale grazie a esenzioni fiscali sui profitti degli operatori non qatarini. Rimane il limite del 49% per le partecipazioni estere nel capitale delle compagnie locali, salvo eccezioni approvate dal governo, che può autorizzare il possesso al 100% da parte di investitori stranieri in determinati settori. . Gennaio 2013 L’aumento della spesa e la dipendenza dai ricavi derivanti dagli idrocarburi porteranno a un aumento del prezzo di break-even del greggio, cioè il livello delle quotazioni del petrolio necessario per pareggiare il bilancio con una spesa data. E’ quanto prevede il FMI, secondo il quale il Qatar dovrebbe aumentare i risparmi nel medio-lungo termine, contenendo la spesa corrente (i.e. salari pubblici e spese amministrative) e dando priorità a quella capitale. Il Qatar punta a finanziare il proprio budget dal 2020 in poi tramite le entrate derivanti dai settori non legati agli idrocarburi, tramite un piano di sviluppo infrastrutturale che prevede investimenti per circa 93 miliardi di dollari nel periodo 2012-2020.

COUNTRY RISK UPDATES

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Alcune esperienze imprenditoriali

Aristoncavi SpA

Aristoncavi nasce nel 1958 su una superficie di 1.600 mq. nel comune di Brendola (Vicenza). Oltre 50 anni di storia di impresa che porta l'azienda a rivestire un ruolo di grande rilievo, nazionale ed internazionale. Aristoncavi è infatti oggi uno dei principali produttori mondiali indipendenti di cavo elettrico con isolamento in gomma, in bassa e media tensione. La sua attività si sviluppa su una superficie di 28.000 mq., dove segue internamente tutte le fasi di lavorazione del prodotto. Negli ultimi anni l’azienda ha investito specificatamente nello sviluppo tecnologico, rafforzando l’area Tecnica e puntando particolarmente sulla Ricerca e Sviluppo per la realizzazione di cavi per impiego nei settori industriali e del terziario. Diventando così il leader per alcuni settori di applicazioni speciali. L’azienda ha investito molto negli ultimi anni sulla creazione di una nuova rete commerciale che ha portato l’export a rappresentare il 74% del business complessivo. L’azienda esporta in tutto il mondo dove è presente in 43 Paesi. La gamma di cavi elettrici: 1. CAVI PER DISTRIBUZIONE DI ENERGIA IN BASSA TENSIONE (fino a 0,6/1 kV) Per le diverse tipologie di utilizzo previste a norme italiane, europee, internazionali, isolati in gomma e materiali termoplastici. 2. CAVI PER DISTRIBUZIONE DI ENERGIA IN MEDIA TENSIONE (fino a 18/30 KV) Con conduttore in rame o alluminio, isolati in gomma etilenpropilenica EPR e ad alto modulo HEPR, schermati e armati secondo le diverse normative italiane, europee ed internazionali. 3. CAVI PER APPLICAZIONI SPECIALI Cavi di Bassa e Media Tensione specificatamente studiati e sviluppati per risolvere particolari esigenze di applicazione del cliente. In relazione alle diverse caratteristiche costruttive e quindi le diverse tipologie di impiego, si individuano le seguenti famiglie:

Cavi resistenti al fuoco a alle alte temperature: in grado di sopportare le temperature di incendio e quindi garantire il funzionamento degli impianti di sicurezza, senza l’emissione di gas e fumi tossici e/o corrosivi. Tra questi il FAHRENHEIT 50200-22. il primo cavo ad essere approvato secondo la nuova norma europea EN 50200.

Cavi per applicazioni gravose: in grado di sopportare stress meccanici (trazione, flessione, abrasione, usura), condizioni atmosferiche (umidità, raggi ultravioletti), attacchi chimici (oli, idrocarburi, ambienti corrosivi). Tra questi: il cavo URSUS 0,6/1 kV, specificatamente studiato per tamburi avvolgicavo di gru e apparecchiature per la movimentazione portuale.

Cavi resistenti ai liquidi: in grado di funzionare correttamente in ambienti liquidi, aggressivi e non, senza compromettere le proprie caratteristiche elettriche e meccaniche; nel caso del cavo DRINCABLE, (il primo ed unico cavo approvato dall’ente certificatore inglese WRAS) studiato specificatamente per l’utilizzo in acqua potabile, la particolare mescola della guaina è chimicamente neutra nei confronti dell’acqua stessa, garantendole la potabilità.

Da sempre sensibile ai temi legati all’assicurazione qualità e dell’ambiente, ARISTONCAVI ha progressivamente investito in risorse umane per potenziare il proprio SISTEMA QUALITA’, ottenendo la certificazione secondo la ISO 9002 già dal 1995 e la ISO 14001 nel 2008. Grazie a tutto questo l’azienda può contare tra i suoi clienti aziende ed enti leader in diverse tipologie di settori con le quali ha costruito negli anni una forte relazione anche in ambito tecnologico attraverso le quali è stato possibile aggiudicarsi numerose ed importanti commesse, grazie alla qualità e le caratteristiche dei propri cavi, tra le quali si ricordano le principali degli ultimi 2 anni:

- Autostrada Palermo-Messina - Autostrada Salerno-Reggio Calabria - Policlinico di Bologna - Nuovo Palazzo Regione Lombardia - M.O.S.E. Venezia - Metropolitana di Caracas - Metropolitana di Oslo

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- Metropolitana di Valencia - Metropolitana di Doha - Aeroporto di Bilbao - Aeroporto di Heathrow Londra - Nuove linee di distribuzione a Cuba - Torre Repsol a Madrid - Fiera 3 a Barcellona - Nuovi pozzi petroliferi a Tupkargasjiy in Kazakhstan - Impianti di irrigazione a Tripoli Libia - Ambasciata Americana in Kuwait City - Tunnel alta velocità (Castilla-Leon) - Tunnel Bilbao-San Sebastian - Galleria Metro Dubai - Tunnel Acquedotto Dubai - Gasdotto Siberia-Cina - Porto di Shanghai - Porto di Quindao - Porto di Atene

L'esperienza nel Golfo Persico L'apertura del proprio ufficio commerciale di Dubai risale al 2005. Risale tuttavia ai primi anni novanta una presenza commerciale che Artistoncavi sviluppa creando una rete di distributori/grossisti, dei propri prodotti, inizialmente legata alle produzioni di cavi seriali e poi progressivamente estesa anche ai prodotti speciali della gamma aziendale. Un interesse per il mercato che l'azienda matura anche grazie alla collocazione geografica degli EAU, tappa intermedia dei viaggi commerciali che vengono realizzati verso i mercati asiatici. Alla selezione dei primi distributori l'azienda perviene soprattutto attraverso contatti maturati partecipando alle principali fiere di settore. Questa prima rete commerciale si rivela presto inadeguata nell'assecondare le ambizioni di crescita commerciale di Aristoncavi, in particolare agli inizi del duemila quando Dubai e l'intera area del Golfo Persico inizia a sviluppare programmi di sviluppo e sempre più massicci investimenti, nelle costruzioni e nelle infrastrutture. In realtà, i distributori tradizionali, pur non proponendo problematiche particolari, manifestano i consueti limiti di questo canale commerciale:

1. innanzitutto quelli di competitività commerciale, a causa dell'inevitabile aumento del costo finale dei prodotti e la compressione delle marginalità del fabbricante;

2. poi la scarsa fidelizzazione al prodotto. Anche se forte di un buon grado di specializzazione settoriale, il distributore locale non sempre “si innamora” del prodotto, investendo tempo e risorse nella sua promozione, anzi a volte preferendo operare con prodotti low cost, più facili da vendere, a prezzi più remunerativi, per il distributore stesso;

3. una difficoltà che si accentua nel momento in cui Aristoncavi si specializza nel prodotto speciale, tecnologicamente superiore ma dove si scontra con la scarsa attitudine del distributore a spesarne le logiche, a comprendere e a far comprendere, al mercato, la qualità superiore;

4. infine il tema delle esclusive, in un contesto dove il distributore locale aveva facilità nell'imporre questo vincolo contrattuale e gli oneri conseguenti, per il fabbricante, al momento di risolvere un rapporto commerciale non particolarmente soddisfacente.

L'espansione del mercato potenziale e la necessità di presidiarlo con maggiore efficacia sono dunque alla base dell'idea di costituire una presenza commerciale propria, a Dubai, presenza che, come detto sopra, Aristoncavi concretizza nel 2005, aprendo un proprio ufficio di rappresentanza. L'azienda lo fa in piena autonomia, utilizzando, per la soluzione di alcuni problemi tecnico-amministrativi, il supporto di uno studio professionale di consulenza italiana, a Dubai. Le scelte iniziali sono molto precise e sposano l'ubicazione dell'ufficio nella più famosa zona franca di Dubai, quella di Jebel Ali, ad evitare di dover coinvolgere obbligatoriamente un partner locale, come socio di maggioranza. Il notevole sviluppo del business successivo determina l'azienda a realizzare rapidamente un ulteriore salto di qualità, trasformando l'originario ufficio di rappresentanza in una branch a responsabilità limitata, strumento giuridicamente più operativo e flessibile, in particolare necessario alla gestione di uno stock di prodotti, a disposizione dei clienti finali.

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Attraverso la branch Aristoncavi ottiene inoltre una maggiore autonomia commerciale ed amministrativa, potendo fatturare anche direttamente a Dubai e sviluppando anche un programma di espansione dell'organico che oggi conta altre 6-7 persone che si affiancano al manager italiano che li ha seguiti fin dalla apertura iniziale. Nello sviluppo di questa presenza non vengono incontrati problemi particolari. Dubai in effetti ha un sistema amministrativo e burocratico di grande efficienza e che in neppure due mesi consente alla branch di costituirsi, di acquisire le licenze commerciali necessarie e di avviare la fase operativa vera e propria. Anche nella fase di recruitment del personale non vengono riferiti particolari problemi; soltanto l’opportunità, in una società multietnica e dove la manodopera è raramente rappresentata dai cittadini autoctoni, anche nei più alti livelli di specializzazione, di tenere in attenta considerazione le problematiche linguistiche e culturali di approccio al mercato e al cliente finale. La squadra emiratina di Aristoncavi si forma dunque pescando nelle principali comunità linguistiche che popolano Dubai, con il concorso quindi di collaboratori arabi ma anche indiani ed asiatici, per poter instaurare un efficace dialogo commerciale con tutte le variegate frange del mondo del business del Golfo Arabico. Un team che mette Aristoncavi nelle condizioni di gestire parallelamente sia il potenziale cliente finale che la rete dei distributori dell'area, due segmenti di mercati che si dividono quasi perfettamente il fatturato generato dalla presenza a Dubai. Un fatturato che comunque oggi vede nel mercato saudita il mercato prevalente, con circa il 30% del totale, mentre gli EAU, ma più in particolare Dubai ed Abu Dhabi valgono circa il 20%. Il restante 50% viene generato dagli altri Paesi del Golfo ma anche dalle economie che sul Golfo gravitano, da quella indiana al Medio Oriente. Alte restano le aspettative di future espansioni del business in Iraq, con il miglioramento delle condizioni di sicurezza, ed in Iran, mercato che Aristoncavi ha dovuto praticamente abbandonare a causa dell'embargo e delle problematiche commerciali che questo ha provocato. Per quanto poi riguarda le attività di natura più strettamente commerciale Aristoncavi non ci segnala particolari problemi con i pagamenti, per altro generalmente coperti attraverso una polizza assicurativa del gruppo, a parte qualche piccolo ed eventuale ritardo, di natura fisiologica. Assai più complessa è invece la questione della “compliance” tecnica dei prodotti e delle certificazioni obbligatorie che questi mercati stanno richiedendo in misura crescente, un problema che preoccupa e non poco, vista la complessità delle materie tecniche ed i costi elevati che si richiede al fabbricante di sostenere. Un'area, quella degli standard tecnici e di sicurezza, dove il GCC sembra ancora lontano da una soddisfacente armonizzazione. Vi si scontrano anche scuole di pensiero e tradizioni tecniche diverse che vedono prevalere, negli EAU, le normative inglesi, ed in Arabia Saudita, gli standard americani. Un problema non di poco conto e da tenere ben presente, nell'approccio commerciale ad un vasto ed interessante mercato, tanto da rappresentare, ad oggi, un po' meno del 10% del fatturato di Aristoncavi, azienda che per altro esporta in quasi tutto il mondo.

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Berto’s SpA Fondata nel 1973, la Berto’s è costruttore di attrezzature per la cottura ad uso commerciale, ristorazione, collettività, comunità, fast food, bar. Ha sempre creato prodotti innovativi, definendo nuovi standard nella cucina professionale. La Società si è progressivamente e costantemente sviluppata con l'obiettivo di fare sempre meglio, stabilendo reciproche e vantaggiose relazioni di lungo termine con fornitori, clienti e collaboratori. Il buon coordinamento con i fornitori permette all’azienda di consegnare il prodotto in modo rapido e preciso. Partendo da acciaio inossidabile, per mezzo di macchine automatiche a controllo numerico, il reparto di produzione crea componenti di alta qualità a costi accessibili. I prodotti vengono assemblati su linee con alta capacità di produzione e con controlli di qualità costanti. La produzione, organizzata in dodici linee semiautomatiche dedicate a ciascun tipo di prodotto, ha una capacità produttiva di 100 unità al giorno, ognuna interamente collaudata. I sistemi di controllo, infatti, comprendono ispezioni di tutti i componenti, che vengono accuratamente testati prima di entrare nel mercato. E’ la prima azienda ad aver esteso la garanzia di prodotto fino a cinque anni. L’impegno costante dell’azienda è quello di migliorare la qualità dei prodotti. Dal 1997, tutte le procedure sono state eseguite secondo le norme ISO 9001. L'azienda si estende su un'area di 20.000 mq., di cui 12.000 mq. è l’area su cui si estende il capannone, e impiega più di 100 persone. Negli ultimi 10 anni, le vendite dell’azienda sono triplicate. La crescita media annuale è stata del 12,6% e l’obiettivo aziendale è di aumentare gradualmente ma costantemente il suo turnover, ampliando il range dei prodotti che attualmente, con più di 800 articoli, coprono più di 80 mercati. I profitti derivanti sono periodicamente reinvestiti, sia per un aumento costante della capacità produttiva sia in R&S di nuove tecnologie. Ogni anno, la Berto’s produce 50 nuovi prodotti al fine di incontrare i bisogni di tutti i suoi clienti. L’esperienza della Berto's nei mercati del GCC (Arabia Saudita) L’esperienza dell’azienda nel Medio Oriente ha inizio in modo abbastanza casuale intorno agli anni '90. La Berto’s entra in contatto con un’azienda saudita produttrice di cucine domestiche che aveva avviato una produzione di cucine a livello professionale. Tale fatto non deve meravigliare: le cucine domestiche delle ville appartenenti alle famiglie abbienti saudite sono di grandi dimensioni e pertanto si era reso necessario, per il produttore saudita di cucine domestiche, completare la gamma acquistando le cucine prodotte dalla Berto’s. Questo canale di vendita non tradizionale, almeno all’inizio, si traduce in una serie di vendite per lo più occasionali. Tuttavia l'elevato potenziale del mercato dell’Arabia appare subito evidente dato che nel Paese c’è un grande afflusso di turisti a fini religiosi e la costruzione di hotel per ospitare tali turisti non ha mai segnato una battuta di arresto. L’obiettivo era quello di entrare commercialmente nel Paese, obiettivo che fu dunque perseguito e raggiunto, rapidamente. Negli anni successivi l’azienda entra in contatto con distributori locali tramite la partecipazione a fiere di settore organizzate a Jeddah, prima come “visitor” e poi come “exhibitor”. Ad oggi la Berto’s commercializza i propri prodotti in Arabia Saudita a marchio proprio, attraverso due distributori (trading companies) che si occupano di installazione e assistenza. I distributori vengono stimolati a effettuare corsi presso la società di Berto’s ma sono casi molto rari quelli in cui i distributori vengono direttamente coinvolti sul tema della assistenza tecnica al cliente finale. Nella maggior parte dei casi l'azienda interviene direttamente, con i propri tecnici, per risolvere i problemi che dovessero verificarsi, presso la clientela. Parliamo comunque di una casistica poco frequente e che non propone grandi problematiche da risolvere: la cultura tecnica locale non è così sofisticata come quella dei mercati maturi; gli standard da rispettare sono conseguentemente abbastanza semplici così come relativamente semplici, da un punto di vista tecnologico, sono anche i prodotti richiesti dal mercato. I distributori partner di Berto's svolgono comunque una funzione importante gestendo mostre dei prodotti, oltre ad un magazzino di prodotto finito e di ricambi. Il fatturato realizzato in questo Paese è mediamente di un milione di euro (circa il 5% del fatturato complessivo). Il pagamento viene effettuato secondo la modalità di lettera di credito o viene coperto da una compagnia che assicura i loro crediti. Non hanno mai fatto ricorso invece ad operazioni di credito acquirente con SACE.

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Si sono verificati casi di dilazioni per i quali l’azienda ha avuto ritardi di qualche mese ma ciò non si è mai tradotto in mancati pagamenti o contestazioni giudiziarie. L’azienda dedica all’area del Golfo uno dei propri area manager che gestisce i rapporti con i distributori locali. Per ottimizzare i costi di trasporto, l’azienda si serve di container da 20 e 40 piedi. Berto’s espone da anni alla fiera “Gulf Food” (Dubai, Emirati Arabi Uniti), salone di riferimento nel Golfo per il settore alimentare e delle attrezzature per ospitalità. Oltre alla fiera non investono in nessun’altra formula promozionale. Le principali difficoltà riscontrate nell’accesso al mercato saudita hanno riguardato, una volta identificato il “giusto” partner commerciale, la possibilità di ottenimento del visto di ingresso nel Paese e il fatto che gli importatori, dopo i primi ordinativi, tendono a chiedere l’esclusiva della distribuzione. Ne è nata una sorta di braccio di ferro tra l’azienda italiana ed il distributore saudita. Non di rado quest’ultimo propone di firmare contratti, scritti in arabo, con clausole capestro, obbligando l’azienda italiana a ricorrere a servizi legali (avvocati) per la formulazione di una controproposta. Un altro ostacolo all’esportazione dei prodotti in Arabia Saudita è costituito dalla necessità di ottenere la certificazione di conformità (C.o.C. normalmente conosciuto come certificato “SASO”, Saudi Arabian Standards Organization). L’ottenimento di tale certificato è necessario per ogni singola spedizione o per le famiglie di prodotti. Non hanno incontrato ulteriori difficoltà, anche se le vendite riguardano solo alcuni prodotti del loro catalogo, quelli che sono in linea con la cultura saudita, come i grandi forni per cucinare il capretto. La Berto’s, nell’implementazione delle proprie politiche commerciali nell’Area, non ha poi richiesto od usufruito di supporti istituzionali particolari, muovendosi individualmente ed in completa autonomia.

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Came Cancelli Automatici

Came, società di Came Group con sede a Dosson di Casier in provincia di Treviso, è fra i leader riconosciuti in Italia e nel mondo nel settore della home & building automation. L'azienda progetta e produce soluzioni di automazione e sicurezza per ambienti residenziali e industriali, sviluppa sistemi per la gestione parcheggi e il controllo accessi per ambienti collettivi come grandi spazi pubblici, piazze e strade. In Italia, Came è rappresentata da 3 filiali a Udine, Bergamo e Napoli e da un proprio network di partner e distributori selezionati. Came nasce all’inizio degli anni '70 da un’idea imprenditoriale dell’attuale Presidente, Paolo Menuzzo, che diede vita a CM Costruzioni Meccaniche - divenuta poi Came Cancelli Automatici - una delle prime aziende produttrici di automazioni per cancelli in Italia. Negli anni ’90, l’azienda affianca alla produzione di automazioni per cancelli ad uso residenziale ed industriali, le prime linee di prodotto dedicate al controllo degli spazi collettivi, un business che si svilupperà negli anni successivi. Nel 2004 entra nel Gruppo, Urbaco, leader nel settore dei dissuasori automatici. Dal 2005 affianca il padre alla guida della società Andrea Menuzzo, che, in qualità di CEO, si occupa dello sviluppo dell’internazionalizzazione del Gruppo attraverso l’apertura di filiali in Europa, America, Asia e attraverso l’acquisizione di distributori strategici in diversi mercati esteri. Nel 2011 Came Group acquisisce Bpt, azienda specializzata nel settore delle tecnologie domotiche, della sicurezza e dell’illuminazione a LED, consolidando la propria presenza in questo comparto. Came Group Il Gruppo di cui Came fa parte è presente sul mercato con 480 tra filiali e distributori esclusivi in 118 Paesi del mondo e, grazie ai marchi Bpt e Urbaco, è considerato oggi un interlocutore globale nel settore del controllo della casa e nel mondo dell’urbanistica e dell’alta sicurezza al quale offre soluzioni integrate per la regolamentazione e il monitoraggio dei flussi e degli accessi. Came Group, che realizza oltre il 70% del proprio business sui mercati internazionali, è una realtà fortemente legata alle proprie radici italiane, conta 1.080 collaboratori e ha registrato un fatturato prossimo ai 215 milioni di euro nel 2013. Came è un’azienda certificata “100% Qualità Originale Italiana” dall’Istituto Tutela Prodotti Italiani (ITPI). Un riconoscimento che ha premiato la scelta del Gruppo di progettare italiano, di non delocalizzare l’assemblaggio e di avvalersi di fornitori esterni, con i quali ha instaurato un rapporto di fiducia reciproca in oltre 40 anni di attività. L’azienda è molto attenta ai rapporti con il territorio, le comunità di riferimento, i collaboratori e gli azionisti, come dimostra il codice etico adottato che colloca la società nell’elenco delle prime imprese Socialmente Responsabili della provincia di Treviso. Came grazie alle proprie soluzioni innovative per il controllo accessi è stata scelta come partner tecnologico da Expo 2015. L’accordo prevede che la società trevigiana sviluppi un innovativo modello di controllo accessi per la sorveglianza, il comando e la regolazione dei dispositivi di automazione degli ingressi pedonali e veicolari, dei parcheggi del sito espositivo dell’Esposizione Universale, dei padiglioni e delle altre infrastrutture e di regolare l’entrata di operatori e dei visitatori. La soluzione proposta da Came si basa su un sistema totalmente nuovo, in grado di dialogare con le tecnologie di controllo, sicurezza, sorveglianza e connettività più efficienti presenti oggi sul mercato. Gli accessi perimetrali del sito espositivo saranno controllati da 250 tornelli automatici, 40 dei quali sono stati appositamente progettati per gestire l’ingresso dei visitatori diversamente abili. La fornitura si completerà con l’integrazione di automazioni per cancelli scorrevoli e per barriere stradali e con 80 dissuasori per la protezione e la selezione delle entrate perimetrali di passaggi carrai. Il sistema integrato di controllo accessi potrà essere monitorato anche attraverso 100 dispositivi palmari. Le società del gruppo Urbaco: Urbaco s.a., con sede a Entraigues sûr la Sorgue in Francia, entra a far parte del Gruppo Came dal 2004. L’azienda è leader nel settore del controllo degli accessi, della pianificazione urbana e della gestione automatizzata dei flussi di traffico e nella messa in sicurezza delle strade, sia in aree pubbliche che in ambiti privati.

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Specializzata anche nella produzione di soluzioni per l’alta sicurezza e la protezione di obiettivi sensibili, Urbaco soddisfa i più elevati requisiti in materia di resistenza agli impatti, rispondendo con prodotti appositamente studiati per le diverse esigenze di committenza. Bpt: Bpt S.p.A. (Brevetti Plozner Torino), con sede a Sesto al Reghena (PN), entra a far parte del Gruppo Came da dicembre 2011. L’azienda nasce nel 1953 come società di produzione e commercializzazione di brevetti originali. Presto sceglie di specializzarsi nella progettazione e produzione delle prime “tecnologie” per la casa volte al miglioramento della qualità della vita. Oggi l’azienda identifica un insieme di brand accomunati dal know-how per la realizzazione di tecnologie innovative nell’ambito dell’elettronica d’installazione. Bpt è un marchio leader nei settori della videocitofonia, della domotica e della termoregolazione; Brahms rappresenta un punto di riferimento nel settore della sicurezza, mentre Domino LED è sinonimo di avanguardia, tecnologia, design e risparmio energetico nell’illuminazione a LED. Le referenze Came Group può annoverare numerose referenze a livello mondiale: ricordiamo i sistemi di controllo accessi Came alle aree paddock dei circuiti europei della MotoGP, il Canale di Panama, il Kuwait City Airport, il Barrakka Lift a Malta, l’aeroporto di Baku e l’Emergency Center in Georgia; nell’ambito delle installazioni ad alta sicurezza Urbaco risaltano i dissuasori del Pentagono a Washington, l’Università di San Paolo in Brasile e numerose ambasciate in Francia, Paesi Bassi e Spagna; molteplici sono anche gli esempi di installazioni videocitofoniche e domotiche Bpt, fra cui i 1100 appartamenti del complesso residenziale Les Etangs in Lussemburgo, l’Inmark Tower di Sidney in Australia, la Celia e LESGC Project a New York, l’Anfa Place in Marocco e la Sky Tower in Polonia; numerosi anche i progetti di illuminazione Domino LED per la catena di supermercati Coop, gli store Freddy di Roma e Milano e il Mall of Emirates a Dubai. L'esperienza nel Golfo Persico In perfetta armonia con l'espansione commerciale del gruppo Came sui mercati di tutto il mondo, espansione che oggi porta Came a concentrare sull'export oltre il 70% del suo fatturato, grazie alla progressiva apertura di 17 filiali commerciali, le prime attività nell'area del Golfo Persico prendono avvio all'inizio degli anni novanta. I primi contatti si concretizzano attraverso il canale fieristico, partecipando ad alcune delle manifestazioni espositive dell'area, occasione per incominciare a sviluppare una prima rete distributiva. Una rete distributiva che nel tempo subisce inevitabili affinamenti; si parte selezionando alcuni distributori plurimandatari che con il rafforzamento dell'immagine commerciale di Came e delle sue tecnologie diventano un po' alla volta dei distributori monomandatari, fino a creare una rete che su ognuno dei mercati del Golfo vede la presenza di uno o più intermediari commerciali, a sempre più forte specializzazione. Va detto che nella vasta gamma delle specializzazioni Came, quella per la quale il mercato del Golfo Arabico si rivela di li a poco maggiormente recettivo, è quella dei grandi impianti di automazione, in particolare delle aree parcheggio di interesse collettivo. Un tema su cui Came ha saputo sviluppare innovazione e brevetti che coprono tutte le principali automazioni, dalle sbarre e cancelli di ingresso, ai sistemi di sicurezza e di dissuasione del traffico auto. Un segmento del mercato delle automazioni dove il cliente viene normalmente acquisito attraverso tender, sia pubblici che privati e dove è maggiormente sentita l'esigenza di una assistenza tecnica personalizzata ed in grado di intervenire 24 ore su 24, nel caso si originino dei problemi di funzionamento del sistema. Queste necessità, unitamente al boom edilizio ed infrastrutturale degli Emirati del nuovo millennio, sono le ragioni di base che inducono Came a concepire il proprio salto di qualità commerciale, creando, nel 2006, una filiale destinata a svolgere compiti analoghi a quelli delle molte altre filiali che Came oggi detiene all'estero. A tale riguardo, l'esperienza di Came evidenzia alcuni aspetti caratteristici del mercato emiratino. In primo luogo il fatto di essere un mercato assai attento al tema della qualità e del servizio, richiedendo precisione, standard elevati e soprattutto tempestività degli interventi. Altro aspetto importante è quello relazionale. Relazioni personali continue e capacità di creare un clima di amicizia, di fiducia e di comprensione reciproca, sono per Came gli ingredienti principali del loro successo commerciale nell'area. Tanto che oggi l'azienda non avverte quasi più la necessità di sviluppare azioni promozionali di tipo tradizionale, ad esempio la stampa e la distribuzione di brochure, cataloghi e simili, avendo raggiunto un elevato grado di visibilità, sul mercato, anche e soprattutto attraverso le referenze conquistate sul campo ed il “passaparola”. Tra le partecipazioni fieristiche resta comunque la BIG5 di Dubai, partecipazione fieristica per altro vissuta come una vetrina a cui non è possibile mancare, per rafforzare ulteriormente la propria immagine, piuttosto

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che come occasione di nuovi contatti commerciali, almeno nell'area degli EAU, visto il convergere a Dubai, per la BIG 5, di operatori anche di molte altre aree geografiche. Va comunque rilevato che Came rappresenta oggi uno dei main sponsor del circuito mondiale della moto GP, con investimenti sicuramente importanti ma anche capaci di ritorni interessanti, in considerazione della annuale tappa del circuito in Qatar e la copertura televisiva che i singoli eventi ricevono anche su questa area. Ritornando al tema delle relazioni e della mediazione culturale vi è comunque da aggiungere che Came ne ha fatto fin da subito e nei suoi primi approcci, un tema centrale del proprio marketing. Interessante ad esempio la scelta iniziale di proporre alcuni dei propri prodotti con la colorazione verde, il colore che la cultura islamica riconosce come maggiormente propizio. Non l'unica personalizzazione dei propri prodotti visto che Came ha dovuto anche considerare le criticità proposte dalla climatologia locale, un clima particolarmente caldo e soggetto anche all'umidità. Sempre in tema di particolarismi culturali l'esperienza di Came suggerisce anche di prestare attenzione ai diversi pensieri religiosi che caratterizzano l'Islam del Golfo, prevalentemente sunnita ma anche con forti presenze scite e comunque espressione di variegate scuole religiose e culturali. Da qui la scelta di affidare la gestione operativa della filiale ad un manager di lingua e cultura araba, un espatriato libanese individuato e selezionato ricorrendo anche a dei locali “cacciatori di teste”. Anche se inizialmente Came aveva intrapreso la sua azione di penetrazione commerciale acquisendo una quota, in una società locale, oggi la filiale è una struttura non dotata di autonoma personalità giuridica, rispetto al Gruppo ed è ovviamente totalmente controllata da Came, collocandosi in una delle tante zone franche di Dubai. Una filiale comunque dotata di autonomia commerciale e che continua ad avvalersi di una rete distributiva che presidia praticamente tutti i mercati del Golfo e non solo. Interessante al riguardo la recente scelta del gruppo di chiudere una propria filiale a Singapore e di affidare la copertura anche dei mercati del Sud-est asiatico alla filiale di Dubai, una strategia che conferma il formidabile ruolo di snodo commerciale che Dubai oggi rappresenta, anche sulle rotte asiatiche. C'è da dire che Came è dotata di piattaforme informatiche che, come il sistema SAP, gli consentono con facilità di tenere sotto controllo e di consolidare le attività delle proprie filiali. Anche nella esperienza di Came si conferma la facilità di fare business negli EAU, nel rispetto scrupoloso di regole certe, chiare e di facile applicazione burocratica, anche per ciò che riguarda le tematiche tecniche e le certificazioni di prodotto. Semmai sono stati incontrati problemi di altra natura. In primo luogo la difficoltà di fidelizzare il personale della filiale, problema non di poco conto se si considera la necessità di una formazione continua di quanti sono in modo particolare dedicati alla assistenza tecnica sul prodotto e sugli impianti. Ovviamente non ci sono impiegati di passaporto emiratino ma di altre nazioni, o arabe o asiatiche, in particolare indiani, che facilmente si fanno lusingare da proposte di aumenti salariali, anche modesti, ricevute da altre imprese presenti sul mercato. Un problema a cui si aggiunge forse quello del non facile accesso al credito locale, per altro risolto grazie alla forza anche finanziaria della capo gruppo italiana.

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Master Divisione Elettrica Srl Master Srl Divisione Elettrica nasce a Este nel 1984, e grazie ai piccoli accessori elettrici e ai primi copri interruttori colorati, si conquista in breve tempo una piccola ma importante fetta di mercato in Italia e all’estero. Nel 1999, grazie ad una costante crescita nella progettazione e nella tecnologia produttiva, Master presenta il Sistema Modo, la prima serie civile interamente creata dall’azienda, con innovazioni tali da portare il marchio alla ribalta del mercato nazionale e in molti Paesi stranieri. Un successo che viene confermato dalle successive serie civili MIX, presentate nel 2005, e Modo Steel, nel 2008, che vanno ad ampliare l’assortimento di prodotti, offrendo al cliente finale un’ampia scelta di colori e finiture per decorare la propria abitazione o gli spazi di lavoro. Dal 2009 prodotto di punta di Master è il Sistema domotico UNA, frutto di un investimento in ricerca di alcuni milioni di euro, in tempi tutt’altro che incoraggianti, con un processo di ampliamento e ottimizzazione che è tuttora in corso per includere nuove funzionalità e mantenere evoluto il sistema. La crescita di Master però è frutto non solo dei prodotti, ma anche una continua evoluzione aziendale. Dal 2005 Master certifica il proprio sistema qualità secondo lo standard ISO 9001. Dal 2006 è azienda associata ANIE e dal 2007 Master si trova in una nuova sede produttiva e direzionale a Este (Padova) su un’area di 8200 mq. coperti, progettata e realizzata per ottimizzare i tempi e i flussi di lavoro. Master è inoltre presente dal 1999 in Venezuela con una filiale produttiva e commerciale, dal 2006 in Tunisia con uno stabilimento produttivo, e in numerosi Paesi sparsi su quattro continenti con sedi commerciali dirette o partner internazionali, spesso con applicazioni specifiche per ciascun mercato nazionale. Oggi, con più 7000 prodotti a catalogo che spaziano dall’impiantistica civile, al settore industriale e alla cantieristica edile, Master lavora giorno per giorno per rispondere alle esigenze dell’impiantista elettrico, garantendo la disponibilità in pochi giorni di un prodotto affidabile sul lungo periodo e di grande impatto estetico, offrendo soluzioni innovative e un’assistenza post-vendita vicina al cliente. In 30 anni di storia imprenditoriale, Master è riuscita a diventare un’azienda di primo piano nel mercato elettrotecnico nazionale ed internazionale. I motivi di questo percorso di maturazione continua vanno attribuiti ad una visione imprenditoriale che mette al centro il cliente e le sue aspettative, oltre ad argomenti come il risparmio energetico, il risparmio economico e il controllo domotico totale degli ambienti domestici e di lavoro. Questa attenzione al benessere dell’uomo, unita all’immancabile Made in Italy, dalla progettazione alla produzione, è l’essenza attuale di Master. L’esperienza nel Golfo La ricchezza dell’area del Golfo suscita l’interesse dell’azienda specialmente per Dubai, negli anni in cui l’emirato vive un vero e proprio boom economico. Il primo tentativo di penetrazione commerciale viene avviato attraverso una collaborazione con alcuni distributori locali, operazione che tuttavia genera risultati soddisfacenti, soprattutto perché il prodotto non viene adattato alle esigenze e agli standard tecnici in uso negli Emirati (standard Bs) ma anche perché il canale della distribuzione si rivela subito comunque poco efficace. La Master procede quindi con la costituzione di una società in joint venture con un partner locale. I mercati esteri, infatti, per un’azienda del settore installazione come la Master, impongono l’esigenza di abbandonare il tradizionale strumento dell’export a favore di una presenza costante sul mercato tramite il radicamento in loco con una filiale o un ufficio commerciale. La distribuzione come strumento di internazionalizzazione presenta, di fatto, alcune criticità quali la discontinuità delle vendite e il mancato controllo del mercato. L’insediamento diretto presenta, al contrario, alcuni evidenti vantaggi quali il controllo della concorrenza e l’individuazione e raccolta delle esigenze del mercato; così facendo Master smette di delegare a terzi la funzione commerciale realizzando così un cambiamento di strategia. Ciò ha permesso di incidere con forza sul mercato, individuando chi sono i competitors, leggendo e interpretando continuamente le nuove necessità, le trasformazioni nonché le esigenze applicative di un prodotto tecnico. La ricerca del partner societario svolta dall’azienda è stata condotta in completa autonomia per mezzo del proprio ufficio estero. La filosofia aziendale è quella di operare con risorse interne e utilizzando la consulenza specialistica solo nel momento in cui l'azienda avverte la necessità di approfondimenti. Le difficoltà riscontrate sono state semplificate notevolmente grazie alla presenza del socio emiratino che ha garantito maggiore rapidità negli adempimenti burocratici.

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L’azienda non ha richiesto né usufruito di alcun supporto da parte delle istituzioni pubbliche italiane, mentre si avvale di quello fornito da uno studio di commercialisti italo-emiratino. Il primo lavoro realizzato è stata l’automazione di una nuova moschea a Dubai, in cui è stata installata una serie civile e una domotica. L’azienda ha inoltre provveduto alla realizzazione dell’installazione del prodotto sia per un hotel della catena Hilton, sia in alcune ville private. Le prospettive cui punta oggi l’azienda sono interessanti e rivolte all’intera area del Golfo, lavorando molto sia sul prodotto sia sulle certificazioni BS. La Master attiva corsi di formazione per installatori che si strutturano in una fase di analisi pre-fornitura, una fase di preventivazione e ordine ed una fase di ricerca delle risorse umane che andranno ad installare il prodotto. Le problematiche, infatti, sorgono spesso durante la fase esecutiva e non sono legate al prodotto in sé ma alla manodopera che rappresenta, quindi, un aspetto critico dell’intero processo. Una caratteristica tipica del mercato delle costruzioni emiratino è la parcellizzazione delle mansioni esecutive e il tentativo di limitare l’assunzione di responsabilità in modo costante e quasi quotidiano. Le conseguenze di questa prassi sono ovviamente legate alla notevole burocratizzazione delle attività, tanto da rendere anche difficili da realizzare le inevitabili varianti che si rende necessario attuare durante le attività di cantiere.

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Pedon Group Srl Nata nel 1965 come grossista alimentare, la ditta si evolve per opera dei tre fratelli Pedon (Franco, Sergio e Remo) a partire dal 1984, quando la proprietà decide di puntare sulle attuali attività industriali, di trasformazione e confezionamento. Una svolta che porta oggi Pedon ad una presenza capillare in tutti i moderni canali distributivi, sia con prodotti a proprio marchio, sia come private label per la GDO con oltre 100 linee a marchio privato e 3.000 referenze. Le aree di business dell’azienda, oltre a quella predominante dei cereali e legumi secchi, si diversificano nei preparati per dolci, funghi secchi, alimenti biologici e senza glutine. Punto distintivo e di forza del Gruppo Pedon è la rete globale di approvvigionamento, presente in 15 Paesi, nei 5 continenti, che tramite la divisione Acos (Agricultural Commodity Supply), costituitasi nel 2000, come azienda distributiva all'ingrosso dei prodotti alimentari, riesce a garantire nel tempo elevati livelli qualitativi ed il controllo totale delle filiere di approvvigionamento. In pochi anni il fatturato si decuplica, dagli 8 milioni del 1998 ai 90 milioni odierni. Il Gruppo Pedon oggi è il punto di riferimento a livello mondiale per la lavorazione, il confezionamento e la distribuzione di cereali e legumi secchi. Un’impresa di successo che realizza il suo fatturato in 25 Paesi (40% export) e impiega 600 persone (150 in Italia), con propri stabilimenti in Italia, Egitto, Etiopia, Argentina e Cina. Uffici commerciali a Dubai (EAU), Miami (USA), Pretoria (Sudafrica) e Dalian (Cina). I principali mercati di sbocco commerciale sono quelli della Comunità Europea, USA, Canada, Russia, Israele e Sudafrica. Da un punto di vista commerciale e delle strategie di marketing, parliamo di un prodotto di qualità medio-alta, con origine italiana o da origini certificate secondo i massimi standard internazionali. Ulteriori elementi caratterizzanti sono poi la flessibilità e la completezza nell’offerta, oltre alle molteplici soluzioni di imballo primario e secondario. Nel caso dei cereali e legumi Pedon offre anche delle linee di prodotto interamente biologiche che corrispondono al 20% del fatturato. La particolare attenzione prestata alle esigenze del mercato e alla innovatività delle soluzioni proposte al consumatore hanno poi portato Pedon a concepire preparati a base sempre di cereali e di legumi a rapida cottura, settore dove l'azienda ha raggiunto una posizione distintiva ed unica, sul mercato nazionale ed internazionale, rafforzata da numerosi premi e riconoscimenti ricevuti in tutto il mondo. Rispetto alla storia dell'azienda è più recente l'avvio di una articolata strategia rivolta all'internazionalizzazione del gruppo. L'azienda sta progressivamente strutturando un network di filiali, agenti e distributori in grado di perseguire gli obiettivi commerciali dell'azienda. Attualmente la rete distributiva di Pedon si è meglio radicata sui mercati di USA, Svezia, Regno Unito, Francia, Canada, Danimarca, Austria, Israele, Slovenia e Belgio. In via di consolidamento sono le reti distributive di Russia, Norvegia, Germania, Olanda e Sudafrica, mentre i nuovi obiettivi di radicamento distributivo e commerciale sono puntati su Turchia, alcuni Paesi dell’Europa centro-orientale, Spagna e Cina. Il tutto finalizzato all'obiettivo di un migliore controllo diretto del mercato, una strategia che richiede naturalmente tempi più lunghi ma che offre migliore redditività e la possibilità di consolidare e fidelizzare la clientela, ai prodotti e ai marchi del Gruppo. L'approccio commerciale di Pedon prevede in genere la visita diretta dei mercati target, l'attenta selezione dei partner commerciali locali, evitando, per quanto è possibile, l'intermediazione del buyer italiano, per poter controllare meglio sia il pricing che l'indirizzamento del prodotto al cliente finale. Una strategia di avanzamento commerciale graduale attraverso la quale Pedon si propone di affrontare sempre nuovi mercati ma solo dopo avere consolidato, step by step, quelli affrontati in precedenza. Il tutto puntando anche al consolidamento delle attività propedeutiche alla commercializzazione, dalla qualità, alla ricerca e sviluppo fino alle tecniche di comunicazione e marketing. Tecniche che fanno naturalmente leva sul Made in Italy e sul forte credito commerciale che l'italianità riveste anche nel settore alimentare. Con una costante valorizzazione dei marchi del gruppo visti non solo come elemento di fidelizzazione dei clienti ma anche come volano di ulteriori contatti commerciali che, vista la notorietà oramai acquisita internazionalmente, non mancano alla Pedon e permettono anche un'attenta selezione delle opportunità proposte, attraverso una valutazione delle potenzialità dei mercati, delle marginalità attese e della attitudine del partner ad investire, assieme all'azienda, nell'ulteriore promozione del marchio e del prodotto. L'analisi strategica guarda naturalmente alle potenzialità dei singoli mercati, ai loro trend di crescita e alla loro propensione a valorizzare qualità e peculiarità del prodotto alimentare e gastronomico, aspetti che in questo

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periodo stanno in particolare suggerendo una attenzione particolare al mercato nordamericano, più recettivo, rispetto ad altri, per il c.d. prodotto “convenience”. Il grafico riportato sotto evidenzia i principali fattori distintivi della Pedon rispetto alla concorrenza sia nazionale che internazionale.

Fattori distintivi e di successo che grazie al notevole grado di internazionalizzazione già sviluppato, assicurano:

conoscenza e presidio delle fonti di approvvigionamento; migliori varietà e zone di produzione a livello mondiale; integrazione a monte con controllo della supply chain; controllo delle filiere: dal campo alla tavola; stabilimenti produttivi nelle zone di coltivazione; qualità elevata dei prodotti; assoluta tracciabilità del prodotto; sicurezza alimentare; assenza di organismi geneticamente modificati; rilavorazione dei prodotti in Italia prima del confezionamento; nessun acquisto tramite broker o trading company; alto livello di innovazione e personalizzazione del prodotto; offerta ampia e profonda in grado di soddisfare le necessità della distribuzione moderna, dell’industria

conserviera e di surgelazione; garanzie etiche e ambientali su prodotti e processi debitamente certificati; networking e rapporti con associazioni di produttori, enti di ricerca, organismi vari a livello mondiale

(CICILS-IPTIC, Assobio, USA Dry Pea & Lentil Council). Per quanto riguarda poi il servizio proposto al cliente finale Pedon si distingue per le soluzioni flessibili e personalizzate del packaging, l'ampia gamma dell'offerta, il costante supporto logistico e l'elevata capacità di operare anche nel private label. Lo sforzo di Pedon è anche quello di studiare prodotti capaci di incontrare le esigenze più particolari del consumatore finale, anche in termini di gusto alimentare, come ad esempio si sta facendo sul mercato cinese. La gamma dei prodotti a cottura rapida va invece incontro alle problematiche di un consumatore che ha poco tempo da dedicare alla cucina, offrendo preparazioni precotte ma capaci di mantenere intatta la loro flagranza.

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Per quanto riguarda poi gli aspetti più strettamente organizzativi i capisaldi di Pedon sono: - le attività di lavorazione e confezionamento concentrate in Italia; - le coltivazioni di alcune materie prime all’estero, per tipologie di legumi ed in armonia con una logica

di filiera integrata. Pedon opera secondo un modello di “filiera integrata” basato su relazioni di partnership con i diversi attori che operano ai vari stadi della filiera stessa, a partire da programmi di ricerca per lo sviluppo delle migliori varietà di legumi e cereali. Per ogni filiera Pedon dispone di un farming project manager che stipula i contratti di coltivazione con le aziende agricole, fornisce agli agricoltori le sementi, monitora l’andamento colturale offrendo assistenza tecnica e che segue il prodotto, anche dopo la sua raccolta. Della rete distributiva e commerciale e delle logiche di marketing perseguite, si è detto sopra. L'esperienza di Pedon nel Golfo Arabico I primi contatti di Pedon con l'aera mercato del Golfo Arabico sono relativamente recenti e risalgono a circa 5 anni fa quando l'azienda esplora il mercato partecipando a missioni imprenditoriali e sviluppando un percorso di costante presenza fieristica, in particolare alla Gulfood di Dubai. Quello di Gulfood è un appuntamento che la Pedon presidia costantemente ritenendola una vetrina assai interessante, non solo per il mercato del Golfo ma anche per alcuni mercati asiatici e dell'Africa Sub Sahariana, più inclini a frequentare questa fiera, piuttosto delle tradizionali manifestazioni europee. Nella esplorazione del mercato del Golfo, tra le istituzioni italiane, un aiuto viene inizialmente fornito dall'ICE con il quale Pedon sviluppa una prima collaborazione per approfondire la conoscenza del mercato e delle problematiche tecniche e giuridiche. Questo sforzo iniziale ha prodotto l'attuale ufficio di rappresentanza che Pedon ha costituito a Dubai, scelto come piazza privilegiata da cui seguire tutte le relazioni commerciali che l'azienda intrattiene anche sugli altri mercati arabi limitrofi. Trattandosi di un semplice ufficio di rappresentanza Pedon non ha avuto la necessità di costituire una società di diritto locale e non ha dovuto confrontarsi con le normative emiratine che impongono la presenza di un local partner. L'ufficio si è potuto quindi collocare tranquillamente al di fuori delle zone franche di Dubai. Per lo svolgimento degli adempimenti amministrativi e l'ottenimento delle licenze commerciali Pedon ha utilizzato dei consulenti locali. A livello di retail Pedon opera attraverso un distributore esclusivo, uno dei più importanti player locali. Presso l'ufficio di Dubai è stato distaccato anche personale proprio, della ditta, per la gestione del trade e, più recentemente, è stata formalizzata una alleanza commerciale tra Acos ed Univeg, una multinazionale attiva nel commercio di frutta fresca, frutta secca ed ortaggi, prodotti dunque non in concorrenza con quelli di Acos, con la possibilità dunque di sviluppare delle sinergie commerciali proiettate su tutte le aree del Mediterraneo per le quali Dubai rappresenta una piazza commerciale di riferimento. In rapida sintesi si può aggiungere che la presenza in loco è vista come strumento per meglio affrontare eventuali problematiche, vuoi amministrative che collegate alla fase logistica, mentre la fase più strettamente doganale viene generalmente delegata al partner della distribuzione. Nello sviluppo del progetto Dubai l'azienda ha dovuto naturalmente affrontare e risolvere alcune problematiche, principalmente giuridiche, burocratiche e logistiche. Proponendo un prodotto che nel caso dei legumi e cereali è già in perfetta linea con le preferenze ed i gusti alimentari del consumatore locale, la presenza fisica sul mercato, con il personale dell'azienda in loco, al fianco del distributore, offre il vantaggio di assicurare la massima assistenza possibile nel seguire tutti i passaggi necessari ad importare vendere/promuovere il prodotto. L'affinità delle preparazioni Pedon con le tradizioni gastronomiche del mercato ha fin qui consentito alla azienda di non doversi preoccupare molto della personalizzazione dei suoi articoli. Le preparazioni commercializzate negli EAU sono in larga misura le stesse che Pedon vende su altri mercati; cambiano invece le modalità di presentazione del prodotto, stante la necessità di prevedere etichettature sui prodotti in lingua araba mentre è sufficiente l'utilizzo dell'inglese sul packaging complessivo. Non utilizzando poi Pedon ingredienti sensibili, per la cultura islamica, quali gli alcolici o i prodotti a base di carne, non è stato fin qui necessario percorrere la strada delle certificazioni Halal. Nessun problema particolare è stato riscontrato sul tema della selezione e del reclutamento delle necessarie risorse umane, con l'accortezza di utilizzare anche un incaricato di madre lingua araba già presente nell’organizzazione. Qualche problema invece, quanto meno nella fase iniziale del progetto, con la fase della importazione dei prodotti.

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Infine, a livello di comunicazione e marketing, Pedon sta percorrendo una strada piuttosto flessibile ed articolata. Per quanto riguarda il retail, strategie ed investimenti sono generalmente in capo alla distribuzione che, nel quadro di una periodica condivisione di obiettivi, strumenti e budget di spesa, riceve parziali rimborsi degli investimenti realizzati, vuoi per la partecipazione alle fiere e vuoi per altre iniziativa pubblicitarie. Dei rapporti con la committenza industriale si occupa invece più direttamente Pedon, attraverso la presenza alle principali fiere del settore ed eventi dedicati agli incontri business to business.

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Roberto Coin

Nel 1977 a Vicenza, la città dell’oro, Roberto Coin fonda l’azienda che porterà il suo nome. Inizialmente l’attività è finalizzata alla produzione per conto dei più celebri marchi dell’alta gioielleria internazionale. La peculiarità di Roberto Coin è la sua storia, un uomo di successo nel settore alberghiero che lascia tutto, innamorato della creatività e in particolare della sua declinazione nel gioiello. Grazie alla sua esperienza di business man, esperto di comunicazione e marketing, nel 1996 lancia il brand Roberto Coin, ancora oggi il principale della maison, affiancato nel corso degli anni da Cento, il brand del diamante dal taglio unico a 100 facce e da The Fifth Season by Roberto Coin, il brand più giovane, che presenta creazioni in argento, dallo stile metropolitano ed ultra moderno. Subito dopo il suo lancio, il brand Roberto Coin registra un successo rapido e straordinario, a soli 4 anni dalla sua nascita, il marchio si posiziona come settimo tra quelli più conosciuti negli Stati Uniti e nel 2002 è il primo marchio italiano di gioielli, sempre negli Stati Uniti. Le prime collezioni firmate da Roberto Coin sono una interpretazione innovativa in chiave tecnologica e produttivamente creativa dell’eredità della maestria orafa artigianale che ha reso Vicenza celebre nel mondo. Inizialmente infatti l’oro è il protagonista assoluto, in un intreccio di fili preziosi che costituiscono la trama di tessuti elaborati e sinuosi. Ancora oggi questa abilità di lavorazione, in costante evoluzione e sperimentazione, resta uno dei segni distintivi del marchio. Nel corso degli anni all'oro si sono affiancate le gemme più preziose e i diamanti, affermando sempre più l'appartenenza del brand al mondo dell'alta gioielleria. Oggi Roberto Coin conta oltre 800 punti vendita nel mondo, a copertura di oltre 63 mercati ed un fatturato estero che supera largamente il 90% del fatturato consolidato del gruppo; la sede centrale è sempre a Vicenza, affiancata da filiali estere come Roberto Coin Inc., la sede di New York, una realtà, quest'ultima, chiamata a gestire più di 70 addetti ed una rete di punti vendita che tra Nord America, America centrale ed America Latina contabilizza più di 650 negozi. Parliamo in rari casi di punti vendita diretti di Roberto Coin e nella maggior parte dei casi di negozi multi brand dove l'attenzione dell'azienda è rivolta ad una loro attenta selezione e controllo del posizionamento del proprio prodotto. A livello produttivo la Roberto Coin spa è una realtà assai articolata, prevalentemente concentrata in Italia dove Coin si avvale di collaborazioni storiche con diverse decine di laboratori artigianali selezionati attraverso anni di reciproca sperimentazione. A questo si aggiungono una produzione a suo tempo collocata in Thailandia e specializzatasi in particolare nel taglio e inserimento della pietra preziosa associata all'oreficeria ed una capacità produttiva anche sul mercato USA, principale mercato di sbocco per Coin, anche qui prevalentemente attraverso il meccanismo del private label. Nel suo tentativo di affermare il proprio brand Roberto Coin ha con determinazione e coerenza perseguito una strategia identitaria della propria produzione, ad esempio attraverso l'uso caratteristico del rubino. Ritenuto il Re delle gemme, il rubino è da sempre circondato da un alone di leggenda, che gli vede attribuiti poteri magici tra cui la capacità di donare pace e di favorire una lunga vita, ricca di salute e di felicità. Nel 1996, Roberto Coin inizia a firmare i gioielli della iconica collezione Appassionata incastonando un piccolo rubino al loro interno, in una posizione nascosta che consentisse il contatto diretto della pietra con la pelle. Da allora questa tradizione viene perpetuata in tutte le collezioni, tanto da essere divenuta firma esclusiva di ogni gioiello del brand, dedicata, come dono segreto e bene augurale, ad ogni donna che indossa una creazione Roberto Coin. Un ulteriore strumento distintivo è naturalmente rappresentato dall'uso del diamante, di cui si parlava sopra, e dalla continua ricerca della novità creativa, una ricerca che ogni anno arricchisce le collezioni di Coin di oltre 600 nuovi modelli. Una ricerca che si spinge molto anche sulla via della innovazione di processo nel tentativo, fin qui coronato da successo, di vincere la sfida competitiva proposta dal diffondersi della tecnologia manifatturiera orafa anche in molti paesi a basso costo della manodopera. In generale un'azienda che esprime una attenzione quasi esasperata alla ricerca della bellezza ma solo se accompagnata da un'altissima qualità del prodotto e del servizio proposto alla clientela. Un servizio che impone di proporre prodotti a bassissimo tasso di contestazione ma anche la capacità di attivare in tempi molto rapidi interventi tecnici sul prodotto venduto, anche nel caso di problematiche non più coperte dalle garanzie contrattuali proposte ai propri clienti. Un servizio capace inoltre di rispondere alla richiesta del gioiello esclusivo, unico e che non appare nelle collezioni proposte al pubblico. Queste richieste vengono generalmente evase dal quartier generale di Vicenza, che le riceve e le ingegnerizza in un progetto e/o disegno da proporre al cliente, unitamente alla preventivazione dei costi d'acquisto.

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Accanto a tutto questo vi è l'attenzione costante ai temi della comunicazione del marketing, propositivi ad utilizzare le nuove piattaforme tecnologiche, viste come veicoli promozionali del brand e dei prodotti, l'e-commerce, in primis ma anche i social media come facebook, attraverso il quale monitorare il gradimento di articoli singoli o collezioni. E' interessante rilevare come questo costante impegno sulla qualità del prodotto e del servizio abbia saputo portare all'azienda una formidabile dote promozionale, in particolare sul mercato nord americano dove le riviste settoriali e legate alla moda ambiscono ad utilizzare prodotti e le testimonial eccellenti di Coin, per impreziosire le loro pagine redazionali. Naturalmente l'azienda investe e non poco, nella pubblicità del proprio prodotto, ma senza l'assillo di dover ad esempio presidiare obbligatoriamente i principali eventi del calendario fieristico mondiale. L'esperienza nei paesi del GCC Il lavoro e gli investimenti di Roberto Coin nell'area del Golfo Persico iniziano nel 1984, un'epoca in cui l'azienda non aveva già elaborato la strategia di puntare su marchi propri. Le prime prospezioni di questi mercati vengono realizzate direttamente e con risorse proprie, eventualmente attingendo ad informazioni di mercato presenti su banche dati o contatti ricavati da associazioni settoriali di cui Coin fa parte. Pur se ancora privo di un marchio proprio Roberto Coin si rivolge fin dall'inizio al mondo del dettaglio, con una scelta coraggiosa, in parte dettata dalla volontà di specializzarsi nel prodotto di gioielleria e non di massa, in parte per ottenere marginalità più interessanti di quelle proposte dal classico importatore e/o grossista. Si sviluppa un costante lavoro di viaggi e di contatti personalmente gestiti dall'azienda, capace di produrre risultati tangibili in un periodo di tempo sufficientemente rapido. Ad aiutare gli sforzi dell'azienda un contesto di mercato favorevole, non gravato da elevati dazi doganali e comunque ben disposto ad acquistare il prodotto orafo e gioielliero femminile. E' interessante rilevare come l'idea del business in quell'area abbia privilegiato un approccio determinato ma anche cauto al mercato, inteso a verificarne le potenzialità, a consolidare poi la penetrazione commerciale del prodotto e solo in un secondo tempo a supportarla con gli investimenti diretti. Anche gli investimenti realizzati sono il frutto di una “politica dello step by step”. Dapprima l'azienda entra in una sorta di partnership con soci locali per poi decidere di creare una società interamente propria negli EAU, a Dubai, visto che gli EAU rappresentano comunque il loro mercato principale nell'area del Golfo. Una società che viene creata in una delle molte aree franche di Dubai, ad evitare dunque di dover aggregare un socio locale, in una posizione dominante. Lo sviluppo di questo progetto, in parte supportato dai finanziamenti gestiti da Simest, poggia in realtà su una realtà consolidatasi negli anni di quasi 30 punti vendita, a presidio di tutti i paesi del Golfo Persico con l'eccezione dell'Arabia Saudita dove Roberto Coin non ha ancora trovato un partner commerciale capace di rispondere alle sue stringenti esigenze di qualità e di selezione dei prodotti commercializzati. A fare la parte del leone sono gli EAU ed in particolare Dubai ed Abu Dhabi dove i punti vendita sono oltre 20, due dei quali di diretta proprietà del gruppo. La contestuale presenza di negozi mono e multimarca viene vissuta da Roberto Coin e dai propri partner locali come una risorsa, anziché come una criticità competitiva; una risorsa perché presenza capace di promuovere ulteriormente la conoscenza e l'appetibilità del prodotto, a vantaggio di tutti i punti vendita del prodotto. Più blanda ma comunque significativa la presenza negli altri paesi GCC, con 2 punti vendita in Qatar, 2 in Oman e presidi commerciali anche in Kuwait e Barhrain, con quest'ultimo mercato che sta proponendo qualche segnale di risveglio dopo anni di incertezze del quadro politico ed economico. Il grande peso specifico degli EAU nasce naturalmente dal grande flusso di visitatori che ogni anno si recano negli EAU, per i motivi più svariati. La società creata a Dubai risponde a diverse logiche commerciali, in primo luogo la necessità di un rapporto costante con i punti vendita ed il cliente finale. La società in questione è anche funzionale ad una efficace evasione degli ordinativi che per quanto semplificata dall'elevata flessibilità operativa di Roberto Coin può alla fine avvalersi anche della opportunità di veicolare su di essa ordinativi di pochi pezzi e che difficilmente potrebbe risultare economico evadere in diretta contropartita con il punto vendita. La società emiratina offre quindi anche un minimo di supporto logistico, con un magazzino di prodotti e la possibilità di gestire meglio i sia pur rari problemi di assistenza post vendita. Attualmente la struttura impegna sette persone, una delle quali, il general manager, è persona italiana, formatasi storicamente al fianco di Roberto Coin. In coerenza con l'esperienza di tutte le altre aziende che hanno aperto negli EAU gli altri collaboratori rappresentano una squadra multi etnica, con persone di origini siriane, filippine, indiane, ecc.

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Il loro reclutamento è avvenuto sempre localmente, senza particolari difficoltà o problematiche. La casa madre ha allo studio programmi di sviluppo ulteriore della struttura visto che le sue competenze geografiche si stanno ulteriormente ampliando anche al di fuori del Golfo Arabico, ad esempio nella gestione del mercato turco e più in generale dell'area araba medio orientale. In generale non si segnalano problematiche particolari; il business climate degli emirati si conferma buono, con poche complicazioni burocratiche e doganali. Anche sul prodotto Roberto Coin non ha dovuto studiare accorgimenti particolari. Per quanto l'azienda proponga anche una propria collezione ispirata maggiormente ai gusti del mondo arabo la forza del proprio brand offre l'opportunità di imporre piuttosto che di subire i gusti del mercato. Una attenzione particolare forse viene richiesta dal target economico della ditta visto che il consumatore medio appare più interessato ad un prodotto “fashion” e seriale, a fronte di un consumatore più ricco, che in questi Paesi ovviamente non manca, che esprime un'attenzione più focalizzata sul prodotto esclusivo ed importante.

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Indirizzi utili

ARABIA SAUDITA

Ambasciata d'Italia Diplomatic Quarter P.O. Box 94389 Riyadh 11693Tel. : 00966114881212 Fax. : 00966114881951 Homepage: www.ambriad.esteri.it E-mail: [email protected] Consolato Generale d'Italia82, Mohamed Abdul Wahab Street Sharafia District P.O Box 215 Jeddah 21411 Tel. : 00966126421451-2 Fax. : 00966126447344 Homepage: www.consgedda.esteri.it E-mail: [email protected] Italian Trade Commission (ICE) Mizan Building Olaya Main Road P.O.Box 94324 11693 Riyadh Tel: 0096611 4659201 / 4659637 Fax: 0096611 4659453 E-mail: [email protected] Ambasciata del Regno dell'Arabia Saudita Via G.B. Pergolesi, 9 00198 Roma Tel.: 06844851 Fax: 068551781 E-mail.: [email protected] Sezione Consolare del Regno dell'Arabia Saudita Via P. Raimondi, 14 00198 Roma Tel.: 068840807 068551641 Fax: 068558658 E-mail.: [email protected]

BAHRAIN

Ambasciata d'Italia Villa 1554 - Road 5647 - Block 356 Manama Tel. : 0097317252424 Fax. : 0097317277020-60 Homepage: www.ambmanama.esteri.it E-mail: [email protected] ICE Doha opera anche nel BahrainL'Ufficio di Ice Riyadh fornisce servizi di assistenza e informazione anche per il Bahrain

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EMIRATI ARABI UNITIAmbasciata d'Italia P.O. Box 46752 Abu Dhabi Tel. : 0097124435622 Fax. : 0097124453673 Homepage: www.ambabudhabi.esteri.it E-mail: [email protected] Consolato Generale d'Italia P.O. Box 9250 Dubai Tel. : 0097143314167 Fax. : 0097143317469 Homepage: www.consdubai.esteri.it E-mail: [email protected]

ICE Sheikh Zayed Rd (Exit 32) Dubai Internet City Arenco Tower, office 506-508 500088 Dubai Tel: 009714 4345280 Fax: 009714 4220983 E-mail: [email protected] Ambasciata degli Emirati Arabi Uniti Via della Camilluccia, 492 00135 Roma Tel.: 0636306100 Fax: 0636306155 E-mail.: [email protected] Consolato Generale degli Emirati Arabi Uniti Via Cappuccini, 4 20122 Milano Tel. 02763694 3356584064 Fax 0286337495 Circoscrizione: Lombardia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Piemonte, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Veneto Camera di Commercio Italiana negli Emirati Arabi UnitiAl Batha Tower (Suite 903, nono piano) Buhairah Corniche P.O. Box 48558 Sharjah Telefono: 00971 6 5747099 Fax: 00971 6 5481100 Homepage: www.iicuae.com E-mail: [email protected]

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KUWAITAmbasciata d'Italia Jabriya, Block 9, Street 1, Villa 84 P.O. Box: 4453 Safat 13045 Kuwait Tel. : 0096525356010-11 Fax. : 0096525356030-90 Homepage: www.ambalkuwait.esteri.it E-mail: [email protected] Ambasciata del Kuwait in Italia Via Archimede, 124 00197 Roma Tel.: 068078415 Fax: 068088930 068076651 E-mail.: [email protected] Consolato Generale dello Stato del Kuwait Via F. Turati, 40 20121 Milano Tel. 02 29062982/3 Fax 02 29062976 Circoscrizione Lombardia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Piemonte, Valle d’Aosta, Veneto, Liguria

Punto di Corrispondenza ITALIAN TRADE COMMISSION Italian Embassy Jabriya, Bloc.9 Str. 1, Villa 84 P.O.Box 3318 Safat 13034 Kuwait Tel: 009652 5353426 / 5353429 Fax: 009652 5353439 E-mail: [email protected]

OMAN Ambasciata d'Italia Way 3034 - House n. 2697 - Shatti Al Qurum Mascate Tel. : 009682 4695131 Tel. : 009682 4695223 Fax. : 009682 4695161 Homepage: www.ambmascate.esteri.it E-mail: [email protected] Ambasciata Sultanato dell'Oman in Italia Cancelleria Via della Camilluccia, 625 00135 Roma Tel.: 0636300517 0636300545 Fax: 063296802 E-mail.: [email protected] [email protected]

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Sezione Consolare Sultanato dell'Oman Via della Camilluccia, 625 00135 Roma Tel.: 0636300517 0636300545 Fax: 063296802 E-mail.: [email protected] Consolato Onorario Sultanato dell'Oman Via Marco D’Agrate, 29 20139 Milano Tel.: 3396542143 Fax: 0287365880 Circoscrizione Lombardia ICE Dubai opera anche per Oman

QATAR Ambaciata d'ItaliaP.O.Box 4188 Al Dafna Doha Tel. : 0097444831802-803 Fax. : 0097444831909 Homepage: www.ambdoha.esteri.it E-mail: [email protected] Ambasciata e Sezione Consolare dello Stato del Qatar in Italia Via Antonio Bosio, 14 00161 Roma Tel.: 0644249450 Fax: 0644245273 E-mail.: [email protected] IBCQ - Camera di Commercio Italiana in Qatar24th flor City Tower - Al Wahda Street, West Bay P.O. Box 24457 Doha Tel.: +974 4456 6390 Homepage: www.itachamqatar.org E-mail: [email protected] ITALIAN TRADE COMMISSION - ICE DOHA Embassy of Italy District 66, Street 913, Plot 83, Villa 31 P.O. Box 4188 Doha Tel: (00974) 44836695 Fax: (00974) 44836695 E-mail: [email protected] DLA Piper Middle East LLP PO Box 121662. Level 9, Standard Chartered Tower Downtown Dubai United Arab Emirates. [email protected] Tel.: +966 5436 95738

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GLAWBE Associated Attorneys V.le Ancona, 53 Centro Direzionale "La Carbonifera" 30172 Venezia Tel.:041 80 10 081 Fax: 041 80 10 212 E-mail: [email protected] www.glawbe.com Rödl & Partner Avvocati, Dottori Commercialisti e Revisori Leg Via F. Rismondo 2/E 35131 Padova Tel: 049 8046911 Fax: 049 8046920 E-Mail [email protected] www.roedl.com/it SACE SpA Via Torino 105/E scala B 30175 Venezia Mestre Tel. 041 2905111 Fax 041 2905103 E-mail: [email protected] www.sace.it Simest SpA Corso Vittorio Emanuele II, 323 00186 Roma Tel. 06 686351 Fax 06 68635220 E-mail: [email protected] www.simest.it

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FINITO DI STAMPARENEL MESE DI OTTOBRE 2014

UTVI Srl - VICENZA