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3 I. La rappresentazione contabile disaggregata del sistema economico Rappresentiamo un sistema economico con un modello in cui due settori produttivi producono due merci, una per ciascun settore, mediante l’impiego di strumenti di produzione che sono merci prodotte (input prodotti) e uno strumento particolare che è il lavoro (input non prodotto o primario) Immaginiamo di effettuare due fotografie di un sistema economico molto semplice; la prima al momento in cui gli strumenti di produzione vengono immessi (input) nella produzione; la seconda al momento in cui si ottengono i risultati dell’attività produttiva (output) rappresentati da una certa quantità delle due merci. Il confronto delle due fotografie ci fornisce le seguenti informazioni : a) quantità delle due merci prodotte, che chiamiamo merci finali, alla fine del periodo di osservazione, che conveniamo sia uguale alla lunghezza del loro ciclo di produzione, uniforme per ipotesi; b) quantità di merci e di lavoro immesse nei due cicli produttivi all’inizio del periodo di osservazione. In genere il ciclo di produzione, che definiamo come il periodo di tempo che passa tra il primo momento in cui un input (più input) viene (vengono) immesso nella produzione, sia esso il lavoro o qualsiasi altro input prodotto, e il momento in cui si ottiene il prodotto finito (merce finale) è diverso da merce e merce. Non per questo l’ipotesi del testo deve essere rigettata; basta infatti prendere come periodo di riferimento il ciclo produttivo più breve, al termine del quale si ottiene la merce finale, e considerare il risultato produttivo relativo al ciclo al ciclo ancora in svolgimento (propriamente un “semilavorato”) come una merce finale particolare la cui unica destinazione è diventare un input per il proprio successivo ciclo produttivo. Alternativamente si potrebbe assumere come periodo di riferimento quello relativo alla merce con il ciclo produttivo più corto, considerare come scorta di magazzino la (le) quantità di merce realizzata in un punto qualsiasi del periodo “lungo”; tale (tali) quantità andrebbero poi sommate alla quantità realizzata nell’instante finale. Questo tipo di semplificazione ha significato solo se i due cicli produttivi sono uno multiplo intero dell’altro, come nell’esempio riportato (1)------------------------ciclo produttivo della merce 1 (2)------------------------ciclo produttivo della merce 2 in cui il ciclo produttivo della merce (1) ha una durata doppia rispetto al ciclo della merce (2). Anche nel caso in cui la durata del ciclo più lungo non fosse multiplo del ciclo più breve l'espediente appena indicato è ugualmente applicabile; è sufficiente assumere come periodo di riferimento il minimo comune multiplo della durata dei due cicli. Lo schema seguente ne è un esempio (1)----------------------------------------------0 3 6 9 12 15 18 (2)---------------------------------------------0 2 4 6 8 10 12 14 16 18

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I. La rappresentazione contabile disaggregata del sistema economico

Rappresentiamo un sistema economico con un modello in cui due settori produttivi producono due merci, una per ciascun settore, mediante l’impiego di strumenti di produzione che sono merci prodotte (input prodotti) e uno strumento particolare che è il lavoro (input non prodotto o primario)

Immaginiamo di effettuare due fotografie di un sistema economico molto

semplice; la prima al momento in cui gli strumenti di produzione vengono immessi (input) nella produzione; la seconda al momento in cui si ottengono i risultati dell’attività produttiva (output) rappresentati da una certa quantità delle due merci. Il confronto delle due fotografie ci fornisce le seguenti informazioni :

a) quantità delle due merci prodotte, che chiamiamo merci finali, alla fine

del periodo di osservazione, che conveniamo sia uguale alla lunghezza del loro ciclo di produzione, uniforme per ipotesi;

b) quantità di merci e di lavoro immesse nei due cicli produttivi all’inizio del periodo di osservazione.

In genere il ciclo di produzione, che definiamo come il periodo di tempo

che passa tra il primo momento in cui un input (più input) viene (vengono) immesso nella produzione, sia esso il lavoro o qualsiasi altro input prodotto, e il momento in cui si ottiene il prodotto finito (merce finale) è diverso da merce e merce. Non per questo l’ipotesi del testo deve essere rigettata; basta infatti prendere come periodo di riferimento il ciclo produttivo più breve, al termine del quale si ottiene la merce finale, e considerare il risultato produttivo relativo al ciclo al ciclo ancora in svolgimento (propriamente un “semilavorato”) come una merce finale particolare la cui unica destinazione è diventare un input per il proprio successivo ciclo produttivo.

Alternativamente si potrebbe assumere come periodo di riferimento quello relativo alla merce con il ciclo produttivo più corto, considerare come scorta di magazzino la (le) quantità di merce realizzata in un punto qualsiasi del periodo “lungo”; tale (tali) quantità andrebbero poi sommate alla quantità realizzata nell’instante finale.

Questo tipo di semplificazione ha significato solo se i due cicli produttivi sono

uno multiplo intero dell’altro, come nell’esempio riportato (1)❘--------❘--------❘--------❘ ciclo produttivo della merce 1 (2)❘----❘----❘----❘----❘----❘----❘ ciclo produttivo della merce 2 in cui il ciclo produttivo della merce (1) ha una durata doppia rispetto al ciclo

della merce (2). Anche nel caso in cui la durata del ciclo più lungo non fosse multiplo del ciclo più breve l'espediente appena indicato è ugualmente applicabile; è sufficiente assumere come periodo di riferimento il minimo comune multiplo della durata dei due cicli. Lo schema seguente ne è un esempio

(1)❘-------❘--------❘--------❘--------❘-------❘--------❘ 0 3 6 9 12 15 18 (2)❘-----❘-----❘-----❘-----❘-----❘-----❘-----❘-----❘-----❘ 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18

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dal quale si può osservare che l’intervallo di riferimento potrebbe essere di ampiezza 6, essendo questo valore il minimo comune multiplo della durata dei due cicli.

Mediante l'artificio formale ora indicato si possono perciò sempre

normalizzare, nel senso di riprodurre ad una durata uniforme, cicli produttivi con durate diverse. Una volta effettuata l’operazione di normalizzazione, possiamo, senza perdere in generalità, introdurre l’ulteriore ipotesi che l’immissione degli input sia concentrata nell’istante iniziale del ciclo e che l’emissione degli output sia concentrata nell’instante terminale.

Una prima osservazione si impone. La produzione di merci richiede

tempo. Gli input immessi nel ciclo produttivo debbono essere lavorati e trasformati prima di diventare merce finale. Non esiste dunque istantaneità tra immissione di input e ottenimento di output.

Specifichiamo che cosa si intende per strumento di produzione. Si tratta di merci che vengono impiegate come materie prime e semilavorati per la realizzazione di una certa merce finale.

Anche il lavoro umano è uno strumento di produzione, Esiste però una differenza notevole tra l’input “lavoro” e i vari inputs “materie prime e semilavorati”.

L’erogazione del lavoro nel corso del ciclo produttivo è evidentemente

fornita dai lavoratori in esso impegnati. Ciascun lavoratore cede alla produzione un quota, misurata in ore o giorni di lavoro, della sua capacità di svolgere un certo tipo di lavoro, quota che è determinata contrattualmente in cambio di un compenso. Il lavoratore non cede sé stesso; cede solo un certo numero di ore o giorni di lavoro. Alla fine di un ciclo di produzione il “tempo-lavoro” ceduto dal lavoratore si ritrova trasferito e “materializzato” nella merce finale. La capacità di erogare lavoro (capacità di lavoro) del lavoratore rimane però, generalmente, intatta alla fine del ciclo e pronta per essere riutilizzata per un successivo ciclo.

Il lavoratore all’inizio del ciclo non è esattamente uguale al lavoratore al

termine del ciclo produttivo, che sarà affaticato, più vecchio di qualche ora o qualche giorno, che può aver subito anche dei danni. La scelta di considerarlo uguale all’inizio e al termine del ciclo dipende dell’esigenza di apposite attività che reintegrano il lavoratore delle sue energie fisiche e psichiche. Tali attività assorbono risorse ma si svolgono, almeno nelle moderne economie industriali, a livello diverso rispetto all’attività produttiva in senso stretto. In un sistema economico in cui il lavoro non è libero, ad esempio un’economia basata sulla schiavitù, queste attività collaterali per la sussistenza del lavoratore potrebbero essere ricondotte all’interno dell’attività produttiva in senso stretto.

Le materie prime e i semilavorati si trasferiscono integralmente, al

contrario del lavoratore, nella merce finale. All’inizio del ciclo successivo, per poter avviare la produzione, è dunque necessario ripristinare la disponibilità fisica.

Il lavoratore, durante l’erogazione della propria capacità di lavoro, è

solitamente assistito da particolari strumenti di produzione che hanno la

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caratteristica di poter essere impiegati in più cicli di produzione successivi; essi, per questa caratteristica, vengono chiamati strumenti di produzione durevoli (si tratta, ad esempio, di torni, di macchine utensili. di intere catene di montaggio, di altoforni, di laminatoi, ecc., ...); entrano come input in un ciclo ed escono dallo stesso ciclo, dopo essere stati impiegati, come un output particolare, che ha natura di sottoprodotto o prodotto congiunto, insieme alla merce finale. Come tali vengono reimmessi nel ciclo successivo per essere ugualmente impiegati e così di seguito.

La capacità di erogare le prestazioni (o i servizi) per cui sono adibiti non

rimane però invariata nel tempo. Di norma, questi strumenti di produzione, che per brevità chiamiamo “macchine”, passano per un periodo di rodaggio durante il quale la loro efficienza (capacità di erogare prestazioni) tende ad aumentare, per un periodo di normale funzionamento, nel quale l’efficienza è pressoché costante, e per un periodo di invecchiamento in cui l’efficienza decresce. Anche per questo tipo di strumenti di produzione si pone dunque un problema di ripristino (o sostituzione) simile a quanto accade per le materie prime e i semilavorati con la differenza che per le “macchine” il ripristino si effettua non ad ogni ciclo ma a intervalli più lunghi.

Per la caratteristica di ritrovarsi sia tra gli input sia tra gli output, le

macchine e i lavoratori (il lavoratore esce da un ciclo e entra, “uguale”, nel successivo) sono chiamati elementi fondo; le materie prime e i semilavorati, che compaiono solo tra gli input, sono detti elementi flusso.

Conveniamo di chiamare capitale l’insieme degli strumenti di produzione

impiegati nel corso di un ciclo produttivo. Gli elementi del capitale che si incorporano integralmente nella merce finale sono chiamati capitale circolante; gli elementi che si trasferiscono ai cicli successivi per essere là utilizzati sono chiamati capitale fisso.

Sia gli elementi del capitale circolante che del capitale fisso sono merci

prodotte in cicli precedenti che vengono impiegate come input in cicli successivi; il capitale è dunque rappresentato da input prodotti (merci).

I lavoratori contribuiscono al ciclo produttivo mediante l’erogazione di

forza-lavoro; come tale, la forza-lavoro (grandezza flusso) confluisce integralmente (si incorpora) nella merce finale. I lavoratori, depositari della capacità lavorativa, sono un elemento fondo e pertanto escono da un ciclo ed entrano nel successivo. La forza-lavoro non è evidentemente una merce prodotta alla stregua delle altre merci; essa viene infatti denominata input non prodotto o input primario.

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Supponiamo, in aggiunta alle informazione ricavate dalle due fotografie, di conoscere i prezzi delle merci finali. Siamo pertanto in grado di rappresentare la relazione tra input e output mediante la seguente rappresentazione formale:

Per definizione Qij≡piqij; ne segue che lo schema sopra esposto,

esplicitando prezzo e quantità fisica, può essere trasformato nel modo che segue

aa

Q11

=

=

merce 1

merce 2

valoreaggiunto

valoreproduzione

settore 1

settore 2

impieghi finali

impieghi totali

1Y

Y2

Q12

Q21

Q22

Q1

Q2

VA1

VA2

Q1

Q2

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Definiamo le grandezze rappresentate nei due schemi sopra indicati. Le grandezze che appaiono lungo le colonne rappresentano i valori degli input impiegati nel primo e secondo settore per ottenere un valore di merce finale 1 pari a p1q1 e di merce finale 2 pari a p2q2. Il valore aggiunto di ciascun settore rappresenta la somma dei salari pagati ai lavoratori occupati nel settore dei profitti (positivi e negativi) percepiti dagli imprenditori. Le grandezze che compaiono lungo le due righe intestate alle merci indicano come il valore di ciascuna merce prodotta Qi = piqij (per i = l, 2) si ripartisce tra impieghi intermedi, Qij = piqij (per i = l, 2 e per j = 1, 2), e impieghi finali, piyi (per i = 1, 2)

Rammentiamo che con il termine impiego intermedio si indica una merce

che è stata impiegata come input nel ciclo produttivo; con impiego finale una merce destinata ai consumi delle famiglie o agli investimenti delle imprese.

Dividiamo la prima e la seconda colonna per q1 e q2 rispettivamente

rimoltiplicando ciascun termine per q1 e per q2. Si ottiene:

aa

Q11

=

=

merce 1

merce 2

valoreaggiunto

valoreproduzione

settore 1

settore 2

impieghi finali

impieghi totali

Q12

Q21

Q22

VA1 VA

2

p y1 1

p y2 2

p q1 1

p q2 2

p q2 2

p q1 1

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Definiamo il rapporto qij/qj = aij (per ogni i ed ogni j) come la quantìtà di

merce i mediamente impiegata nel corso del ciclo per ottenere una unità. di merce finale j. I rapporti aij sono ricavati, nel periodo di riferimento, dall’osservazione di un insieme (due nel nostro esempio) di attività produttive considerate ex-post. In astratto, al variare dei livelli di produzione (qj) delle merci i rapporti aij non restano costanti; a livelli crescenti di produzione i requisiti di merci intermedie per unità merce finale possono variare in modo regolare, crescere o ridursi con continuità, o in modo irregolare, alternare fasi di crescita e di decrescita, o restare costanti. Nelle moderne economie industriali la costanza dei rapporti aij sembra essere il caso di maggior rilievo empirico. Oltre un certo livello di produzione e, generalmente, fino ad un limite che coincide con la massima produzione ottenibile in un dato intervallo temporale (il ciclo produttivo) utilizzando integralmente il parco “impianti” a disposizione (fino al limite della capacità produttiva installata) i rapporti aij restano costanti. La ragione di questa costanza dipende dal fatto che le proporzioni tra i diversi input di capitale circolante richiesti per la produzione di una certa merce sono strettamente legate alle caratteristiche tecniche dell’impianto che li utilizza; i vari input sono legati tra loro da rapporti di complementarietà e solo come eccezione da rapporti di sostituibilità; raddoppiare la produzione di una merce comporta il raddoppio e della capacità produttiva dell'impianto e dell'ammontare degli input di capitale circolante In tal caso si hanno rendimenti costanti di scala.

Questa assunzione ha un significato empirico se gli impianti che si aggiungono agli

esistenti per aumentare la capacità produttiva sono dello stesso tipo e dimensione di quelli già in attività. Esistono tuttavia eccezioni assai rilevanti. La prima ha a che fare con il concetto di indivisibilità dell'impianto. Può accadere che certi impianti non possano essere identicamente replicati a scala ridotta. Si supponga che si voglia aumentare la produzione di un 25% in una certa linea produttiva in cui operano già due impianti non divisibili ciascuno dei quali copre il 50% della produzione corrente; per produrre il 25%

aa

=

=merce 1

merce 2

valoreaggiunto

valoreproduzione

settore 1

settore 2

impieghi finali

impieghi totali

p1q11

q1q1

p1q12

q2q2

p2q21

q1q1

p2q22

q2q2

p1y1

p2y2 p2q2

p1q1

p1q1

p2q2

VA 2

q2q2

VA 1

q1q1

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in più può non essere disponibile un impianto con le stesse caratteristiche tecniche di quelli già in uso e con capacità produttiva ridotta; può essere disponibile un impianto con capacità produttiva del 25% ma con caratteristiche tecniche diverse che si traducono, in condizioni di funzionamento normale, in un maggior fabbisogno di input di capitale circolante per unità di produzione; oppure un impianto con capacità produttiva pari al 75% della produzione corrente che richiede, a regime, un fabbisogno di input di capitale circolante per unità di prodotto inferiore rispetto agli impianti in uso. In quest'ultimo caso risulterebbe "conveniente" sostituire uno dei due impianti in attività con questo di nuovo tipo e di capacità superiore che coprirebbe anche il fabbisogno aggiuntivo di produzione in modo più efficiente rispetto alle altre alternative, perché assorbirebbe una minore quantità di input circolanti per unità di produzione. Quando si ha a che fare con impianti non perfettamente divisibili e la cui efficienza cresce all'aumentare della dimensione si parla di economie di scala o di economie di dimensione.

La seconda eccezione si ha quando per fronteggiare un incremento di domanda non previsto o che non si prevede duraturo si rimettono in funzione impianti di vecchio tipo, tecnicamente superati, ma ancora in grado di funzionare. I fabbisogni di input circolante per unità di prodotto legati agli impianti di vecchia concezione saranno maggiori rispetto agli impianti in normale attività. Il diagramma seguente rappresenta il fabbisogno unitario dell'input generico "k" per impianti di diversa efficienza. Nel grafico la produzione

nell’intervallo 0-q1 è ottenuta utilizando l’impianto 1 più efficiente. Le rimanenti con impianti 2 e 3 meno efficienti. La funzione descritta nel grafico rappresenta l’andamento del fabbisogno per unità di prodotto dell’input k per ciascuno dei tre impianti. Essa è discontinua, a gradini; k/q resta costante su ogni impianto per saltare verso l’alto quando si utilizzano impianti più “datati” (2, 3).

Assumiamo esplicitamente che la produzione delle due merci avvenga con

rendimenti costanti di scala; con ciò i rapporti ija a diventano costanti al variare

del livello della produzione e assumono il significato di coefficienti tecnici di produzione ( ij

a = quantità di merce i richiesta come input, a scopo intermedio, per una produzione unitaria di merce finale j) Riscriviamo lo schema precedente in base alla definizione di coefficiente tecnico di produzione:

a

k/q

0

23

1

q q q1 2 3

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Il valore aggiunto settoriale è stato ripartito in costo del lavoro per unità di

prodotto e profitto lordo per unità di prodotto; w indica il salario monetario per ora o giornata (un certo numero fisso di ore) di lavoro; )2,1( =jL j l’ammontare di lavoro richiesto per un livello di produzione )2,1( =jq

j ;

L j /q j = l j la quantità di lavoro richiesta per unità di merce finale, costante al variare della produzione (stessa ipotesi dei coefficienti tecnici relativi alle merci intermedie). Si suppone inoltre che un solo tipo di lavoro sia richiesto per la produzione delle due merci. Si tratta ovviamente di una semplificazione assai notevole.

Pj /q j (j =1, 2) rappresenta il profitto per unità di prodotto.

L'assunto dei rendimenti di scala costanti ci consente: a) di definire due metodi (o processi) di produzione delle due merci che

individuiamo mediante due vettori di coefficienti tecnici relativi all'impiego di capitale circolante e di lavoro, e

b) di passare da una rappresentazione del fenomeno "produzione" in termini ex-post (rappresentazione contabile) a una in termini ex-ante.

Con "ex-ante" si intende una rappresentazione del fenomeno produttivo in

cui, dati i metodi di produzione delle due merci e assegnato un vettore y di quantità delle due merci richieste per gli impieghi finali, si ricercano quelle produzioni lorde delle due merci (un vettore) che consentono l'ottenimento del vettore assegnato y; in termini formali si tratta di costruire e risolvere un sistema di equazioni.

aaa

p1q1 p2q2vp

alore dellaroduzione

valoreaggiunto

+q1

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟ q1

wL2

q2

+P2

q2

⎛⎝⎜ ⎞

⎠⎟q2

wL1

q1=

P1

p2a21q1

p1a12q2

p2a22q2

p1a11q1

p2y2

p1y1 p1q1

p2q2

=⊕

impieghifinali

impieghitotalisettore 1 settore 2

merce 1

merce 2

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II. Il sistema delle quantità: definizione e procedimento di soluzione.

Siano i seguenti il metodo di produzione della merce 1 e il metodo di

produzione della merce 2

Lo schema contabile esposto nel capitolo precedente può essere trasformato

in un sistema di equazioni lineari. Si consideri l'identità di riga in base alla quale la somma degli impieghi intermedi e finali di una merce è uguale alla sua produzione complessiva (lorda), e si assuma che le quantità lorde j

q siano incognite e le quantità nette i

y termini noti. Sia il seguente tale sistema di equazioni, costruito per riga:

dividiamo il primo e il secondo membro per )2,1( =ip

i

in cui )2,1( =iy

i sono variabili date, )2,1( =iqi

sono incognite, )2,1)(2,1( == jia

ij sono parametri. Riscriviamo il sistema in forma ordinata isolando al secondo membro le variabili note:

che ricorrendo alla notazione matriciale diviene:

a12

a22

l2

!

"

#

#

#

$

%

&

&

&

a

una unità dellaprima merce

una unità dellaseconda merce

a11q1

+ a12q2

+ y1

= q1

a21q1

+ a22q2

+ y2

= q2

! " #

p1a11q1

+ p1a12q2

+ p1y1

= p1q1

p2a21q1

+ p2a22q2

+ p2y2

= p2q2

! " #

a11

a21

l1

!

"

#

#

#

$

%

&

&

&

(1 ! a11)q1! a

12q2

= y1

!a21q1

+ (1! a22)q2

= y2

" # $

1 ! a11

!a12

!a21

1 ! a22

"

# $

%

& '

q1

q2

"

# $

%

& ' =

y1

y2

"

# $

%

& '

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e in forma compatta

La matrice quadrata (I-A) rappresenta la matrice del prodotto netto per

un vettore unitario di produzione lorda [q = (1 1)]. La matrice quadrata A è la matrice dei coefficienti tecnici relativi al capitale circolante:

La matrice I è una matrice identica; in forma estesa la (I-A) si presenta

come segue

Il vettore Aq rappresenta i requisiti intermedi delle due merci per un

vettore di produzione lorda qAq+y=q rappresenta la somma dei requisiti intermedi e finali (a scopo di consumo e di investimento) delle due merci. Il vettore colonna ai1q1 per i=1, 2, rappresenta la quantità di merce 1 e di merce 2 direttamente richieste per la produzione della merce 1 nella quantità q1. Analogamente per a12 q2.

Sul piano formale, assegnato un vettore semipositivo,

si tratta di accertare se esiste, e di determinare in seguito, un vettore di produzione lorda

tale che

Analizziamo in dettaglio quali condizioni devono verificarsi per

l'economia nel suo insieme affinché un prodotto netto positivo sia sostenuto da un prodotto lordo positivo. Dopo di che' discuteremo il significato economico di un vettore positivo del prodotto lordo.

Occupiamoci in primo luogo della matrice dei coefficienti tecnici di produzione A. Essa ha elementi positivi o nulli (matrice quadrata semipositiva) in quanto la quantità di merce richiesta per la produzione di una data quantità di altra merce (ad esempio una quantità unitaria), anche della stessa merce, o è positiva o è nulla. I coefficienti lungo la diagonale principale della matrice A hanno un significato economico diverso rispetto agli altri elementi. Si prenda a titolo di esempio il coefficiente a11. Esso misura la quantità di merce 1 richiesta per ottenere una unità della stessa merce 1 come prodotto. Se la merce 1 fosse

(I !A)q = y

A =a11

a12

a21

a22

!

" #

$

% &

I ! A( ) =1 0

0 1

"

# $

%

& '

a11

a12

a21

a22

"

# $

%

& '

y ! 0

q*! 0

I ! A( )q* = y

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grano, a11 sarebbe la quantità di grano da impiegarsi come semente per ottenere una unità di grano come raccolto; evidentemente la quantità di grano come input dovrà essere minore della quantità realizzata come prodotto. Vediamo di comprendere meglio il problema mediante il seguente esempio. Si supponga che la matrice dei coefficienti di capitale circolante e il vettore dei requisiti unitari di lavoro siano:

La merce 1 viene prodotta a mezzo di merce 1 e lavoro; la merce 2 per

essere realizzata richiede solo lavoro. In tal caso la relazione tra produzione lorda e produzione netta diviene:

Come si puó osservare, la produzione lorda della merce 2 è sempre

uguale alla sua produzione netta in quanto la sua produzione si realizza senza mezzi intermedi; la produzione lorda della merce 1 supera la produzione netta se a11 è positivo ma minore di uno; se a11 assume un valore negativo allora q1<y1; infine, se a11>1 a valori positivi di y1 corrispondono valori negativi di q1 e viceversa. Queste tre possibilità sono rappresentate nel diagramma seguente dalle tre aree, A, B, C.

figura II.1 La semiretta nel quadrante positivo che esce dall'origine degli assi e

inclinata di 45° rappresenta il luogo dei punti in cui prodotto lordo e prodotto netto sono uguali, dunque con a11=0. Al di sopra della semiretta e fino al limite dato dall'ordinata (area B) q1>y1 con a11 che assume valori compresi tra zero ed uno. Se a11<0, q11<y11 (area A, fino all'ascissa) con valori di q1 tendenti a zero, dato y1, per a11 tendente a -∞. E' questa una situazione di terra della cuccagna, nella quale un certo ammontare di produzione netta viene realizzata mediante un impiego intermedio (input) della stessa merce addirittura negativo. Escludiamo

A =a11

0

0 0

!

" #

$

% & ; l = l

1l2

( )

q1= q

1a11+ y

1= 1/(1! a

11)[ ]y1

q2= q

20 + y

2= y

2

a

+

-

y10

q1

area B

area A

a11=0

a 11<0

a 11<1

a 11>1

area C

-

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questo caso dall'analisi perchè economicamente non significativo. Per a11=1 (siamo esattamente sull'ordinata) la produzione netta è necessariamente nulla per qualsiasi valore della produzione lorda. Per valori di a11 maggiori dell'unità, valori positivi della produzione lorda ammettono solo valori negativi della produzione netta (area C). Anche questo è un caso che escludiamo perchè se ammettessimo che a11>1 dovremmo anche accettare la non possibilità di realizzare un prodotto netto positivo (o nullo) da un impiego positivo di input della stessa merce.

Ne segue che 0≤a11≤l. Per estensione anche tutti gli altri coefficienti in diagonale principale avranno valori compresi tra zero e uno. Quando questa condizione è rispettata per tutti gli elementi in diagonale principale, tutti i settori, singolarmente considerati, sono produttivi, sono cioè in grado di erogare una produzione eccedente i propri autoimpieghi. Questa condizione di produttivitá singola non è tuttavia sufficiente a garantire che l'economia nel suo insieme sia produttiva, sia cioè in grado di fornire un prodotto netto positivo per tutte le merci finali. Puó accadere, ad esempio, che i requisiti di "grano", la nostra merce 1, richiesti dagli altri settori produttivi come impieghi intermedi, per un vettore unitario di produzione lorda [q j=(1, ... 1)], eccedano la quantità di grano che il primo settore riesce a produrre come sovrappiù, vale a dire produzione meno autoimpieghi e impieghi intermedi degli altri settori (con due merci prodotte, il sovrappiù è (1-a11)·1-a12·1< 0). La condizione di produttività singola è certamente condizione necessaria per ottenere un prodotto netto semipositivo di tutte le merci, ma non è anche condizione sufficiente.

I coefficienti fuori diagonale principale non sono sottoposti alla

restrizione 0≤a11≤1 per i≠j. a21 (a12) misura infatti la quantità di merce 2 (1), espressa nell’unità di misura sua propria (peso, volume o capacità), richiesta per unità di merce 1 (2). L’unica restrizione sul coefficiente a21 (a12) è che esso sia semipositivo, a21≥0(a12 ≥0).

La matrice A possiede dunque elementi semipositivi. Ne segue che la

matrice (I-A) ha elementi positivi lungo la diagonale principale e negativi o nulli altrove. In forma compatta, il sistema di equazioni in cui le produzioni lorde (q1, q2) sono incognite, chiamato sistema delle “quantità”, è il seguente:

(I–A)q=y

da cui, posto che |I–A|≠0, premoltiplicando ambo i membri per (I–A)-1,

otteniamo:

(I–A)-1 (I–A)q=(I–A)-1y ovvero

q=(I–A)-1y

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Il vettore q soluzione deve essere positivo; la produzione lorda non può essere negativa. E q è positivo, dato y≥0, se la matrice inversa di (I-A) ha elementi semipositivi. Studiamo dapprima il determinante della (I – A). Affinché l’inversa di (I – A) esista è necessario che il suo determinante sia non nullo. Per le restrizioni poste sui coefficienti tecnici della A esso è diverso da zero e positivo. Scriviamolo per esteso nel caso 2x2:

determinante della (I–A)=(1-a11)(1-a22)-a12a21

Il primo addendo è sicuramente positivo in quanto prodotto di due numeri

positivi. Il secondo addendo è negativo per il segno meno che lo moltiplica. La differenza potrebbe dunque essere sia positiva che negativa. Si rammenti ora la definizione di inversa di una matrice. Sia (I–A) tale matrice; l’inversa della (I–A) è il risultato del rapporto tra gli elementi della matrice aggiunta e il determinante della (I–A):

Ricordiamo la definizione di matrice aggiunta.

La matrice aggiunta della (I-A) è la trasposta della matrice dei complementi algebrici della (I-A). Nel nostro caso:

e la matrice aggiunta

con

Da cui è evidente che tutti gli elementi dell'aggiunta della (I-A) sono positivi.

Poiché la (I–A) ha elementi positivi in diagonale principale e non positivi

altrove, la matrice aggiunta della (I–A) possiede elementi tutti semipositivi; ne segue che se si vuole che l’inversa abbia elementi semipositivi, il determinante della (I–A) dovrà avere necessariamente valore positivo. Dunque:

(I !A)!1=(I !A)Ad

I ! A

(I !A)ca

=A11

A12

A21

A22

"

# $

%

& '

(I !A)Ad

=A11

A21

A12

A22

"

# $

%

& '

A11= (1 ! a

22)(!1)1+1

A12= (!a

21)(!1)

1+ 2

A21= (!a

12)(!1)2 +1

A22= (1 ! a

11)(!1)

2+ 2

16

(1-a11)(1-a22)>a12a21

che è la condizione sufficiente affinché l’economia rappresentata dalla matrice dei coefficienti A sia produttiva (o vitale) nel suo insieme. La medesima condizione ci consentirà di individuare nell’insieme dei vettori q positivi il sottoinsieme qy+ che ammette vettori di produzione nette semipositivi. Scriviamo per esteso la soluzione per il sistema delle quantità:

con Δ=[(1-a11)(1-a22)-a12·a21]>0

ovvero, sviluppando il prodotto tra l’inversa della (I –A) e il vettore y,

2

12

1

22

1

1y

ay

aq

!+

!

"=

2

11

1

21

2

1y

ay

aq

!

"+

!=

Il livello di q1 dipende dai coefficienti della prima riga dell’inversa della

matrice (I–A), detta anche matrice dei coefficienti di attivazione, e dai valori assegnati a y1 e a y2; analogamente per q2. Vediamo di capire il significato economico dei coefficienti di attivazione. (1-a22)/Δ rappresenta la quantità di merce 1 che il sistema nel suo complesso (settore 1 e settore 2) assorbe per rendere disponibile per gli impieghi finali una unità di merce 1. Con altra formulazione (1-a22)/Δ è la quantità di merce 1 che direttamente (nel settore 1) e indirettamente (attraverso il settore 2) viene impiegata a scopo intermedio per soddisfare una richiesta della merce 1 come prodotto netto pari ad una unità. Supponiamo per semplicità che le nostre due merci siano grano e ferro. (1-a22)/Δ è la quantità di grano che il primo settore ha direttamente impiegato per ogni unità di grano prodotta, più la quantità di grano che il settore 2 ha ricevuto dal settore 1 per rendere disponibile il ferro richiesto dal settore 1 come mezzo di produzione per ciascuna unità di grano prodotta; poiché il settore 2 per produrre il ferro richiesto come input dal settore 1 ha impiegato a sua volta ferro (a22>0) la cui produzione richiede grano, il settore 1 deve ulteriormente provvedere per soddisfare questa ulteriore richiesta di ferro da parte del settore 1 (a21>0) che attiva una ulteriore richiesta di grano (a12>0) e così via per rounds successivi nei quali le richieste di grano e di ferro a scopo intermedio diventano via via più piccole. Il coefficiente (1-a22)/Δ rappresenta dunque i requisiti totali di merce 1, richiesti da entrambi i settori della nostra economia, per una produzione netta unitaria della stessa merce 1. Poiché Δ>0 e (1-a22)<1, allora (1-a22)/Δ>1; questo significa che (1-a22)/Δ è la somma della produzione netta richiesta (una quantità

q1

q2

!

"

#

#

#

$

%

&

&

&

=

1' a22

(

a12

(a21

(

1' a11

(

!

"

#

#

#

$

%

&

&

&

y1

y2

!

"

#

#

#

$

%

&

&

&

17

unitaria di y1) più la quantità che ad entrambi i settori è necessaria a scopo intermedio per sostenere quella quantità netta finale unitaria; analogamente per (1-a11)/Δ.

I coefficienti di attivazione fuori diagonale principale non necessariamente sono superiori all’unità, essendo comunque semipositivi (aij>0 e Δ>0, pertanto aij/Δ >0). Ad esempio a21/Δ rappresenta la quantità di ferro, prodotta ovviamente dal secondo settore, che l’intera economia (entrambi i settori) ha assorbito per rendere disponibile una unità di grano per gli usi finali o netti.

Consideriamo i coefficienti della prima colonna della matrice (I-A)-1, che indichiamo con il simbolo α, α11 e α21. Essi rappresentano la serie eterogenea di merce 1 e di merce 2 che è necessario produrre per ottenere una quantità unitaria di merce 1 come merce finale. Analogamente per α12 e α22 in relazione alla merce 2.

I coefficienti della prima riga, α11 e α12, rappresentano quantità di merce 1 prodotta dal primo settore e assorbita rispettivamente dal primo e dal secondo settore per rendere disponibile per gli usi finali una quantità unitaria di merce 1 e di merce 2.

Presentiamo una tecnica di calcolo della matrice (I –A)-1 che consente di approfondire il significato economico dei suoi coefficienti. Sia la seguente una matrice della tecnica e un vettore di richieste per gli usi finali

Questa economia deve in primo luogo produrre la merce finale 1 nella quantità richiesta (una unità), in secondo luogo produrre i mezzi di produzione, merce 1 e merce 2, richiesti per la produzione finale della merce 1, e i mezzi di produzione richiesti nella produzione dei mezzi di produzione e così via. Nell’esempio proposto si ha

dove la matrice somma a destra dell’uguale rappresenta quantità di merce 1 (1,33) e di merce 2 (0,5) che l’economia deve produrre per rendere disponibile una unità della merce uno per gli usi finali, e le matrici alla sinistra indicano la quantità richiesta di merce finale (il primo addendo), i mezzi di produzione che direttamente sono necessari per la merce finale (il secondo addendo), e così via. La somma di queste matrici prodotto è finita perché gli elementi in ciascun addendo si riducono rispetto agli elementi contenuti negli addendi che lo precedono. Estendendo il numero delle iterazioni, cioè il numero degli addendi, si arriva ad una matrice i cui elementi sono nulli (infinitamente piccoli); a quel punto

A =0,1 0, 4

0,3 0, 2

!

" #

$

% & ;y =

1

0

!

" #

$

% &

1 0

0 0

!

" #

$

% & +

0,1 0, 4

0, 3 0, 2

!

" #

$

% &

1 0

0 0

!

" #

$

% & +

0,1 0, 4

0, 3 0,2

!

" #

$

% &

0,1 0

0, 3 0

!

" #

$

% & +

+0,1 0, 4

0,3 0, 2

!

" #

$

% &

0,13 0

0,11 0

!

" #

$

% & +

0,1 0, 4

0, 3 0, 2

!

" #

$

% &

0, 049 0

0, 059 0

!

" #

$

% & +

+0,1 0, 4

0,3 0, 2

!

" #

$

% &

0, 0226 0

0, 0287 0

!

" #

$

% & + ... =

1,33 0

0, 5 0

!

" #

$

% &

18

si arresta l’iterazione, si effettua la somma tra le matrici così ottenute e si determina la matrice somma a destra dell’uguale. Questa matrice indica dunque il fabbisogno globale (totale) delle due merci per una unità finale della prima merce.

Ovviamente questo processo iterativo si può ripetere per una quantità finale unitaria della merce 2

Sommando le due matrici delle quantità globali così ottenute otteniamo la

matrice (I–A)–1:

sul piano formale l’operazione è nota come il metodo iterativo per il calcolo della matrice inversa (I–A)–1. L’operazione effettuata con i numeri, indicando con S la matrice somma, in simboli è la seguente

e raccogliendo y

moltiplicando ambo i membri per (I–A) e sviluppando si ottiene

se la matrice An+1 , per n tendente a infinito, tende alla matrice nulla, allora

(I–A)Sy =Iy e

(I–A)S=I

Sy = [ I + A1+ A

2+ A

3+ A

4+ ... + A

n ] y

1,33 0

0, 5 0

!

" #

$

% & +

0 0, 65

0 1,5

!

" #

$

% & =

1,33 0, 67

0, 5 1,5

!

" #

$

% & = (I - A)

-1

0 0

0 1

!

" #

$

% & +

0,1 0, 4

0, 3 0, 2

!

" #

$

% &

0 0

0 1

!

" #

$

% & +

0,1 0, 4

0, 3 0,2

!

" #

$

% &

0 0, 4

0 0, 2

!

" #

$

% & +

+0,1 0, 4

0,3 0, 2

!

" #

$

% &

0 0,12

0 0,16

!

" #

$

% & +

0,1 0, 4

0, 3 0, 2

!

" #

$

% &

0 0, 059

0 0, 076

!

" #

$

% & +

+0,1 0, 4

0, 3 0, 2

!

" #

$

% &

0 0, 0314

0 0, 0388

!

" #

$

% & + L =

0 0, 67

0 1,5

!

" #

$

% &

Sy = y + Ay + A ( Ay ) + A [A( Ay) ] + A{A [A (Ay)]} + ...

Sy = y + Ay + A2y + A3y + A4y + A 5y + ... + Any

(I - A)Sy = (I ! A)[I + A + A 2+ A3

+ A 4+ ... + An ] y

(I - A)Sy = [ I + A + A 2+ A3

+ A 4+ ... + An - A - A2 - A3 +

- A 4 - ... - An - A n+1 ] y

(I - A)Sy = (I - An+1 )y

19

Ne segue che se il prodotto della matrice (I–A) per la matrice S da come risultato la matrice identità allora S=(I–A)– 1. Questo modo di calcolare la matrice inversa (I–A)–1 poggia sull’assunto che la matrice A sia una matrice convergente, ovvero che

e che pertanto la matrice somma S esista. Essendo la matrice A una matrice semipositiva e vitale in quanto il determinante della (I–A) è positivo, un teorema di algebra delle matrici ci assicura che la matrice A è una matrice convergente. L’appendice A .1 al presente capitolo fornisce esempi di matrici non convergenti perchè violano le condizioni di vitalità del sistema.

Siamo pertanto in grado di determinare i fabbisogni globali delle due merci rispetto a un vettore qualsiasi di richieste finali. Ad esempio se y1=3 e y2=4, le quantità globali delle due merci si otterranno mediante il prodotto seguente:

Per rendere disponibile y1=3 e y2=4, è necessario produrre 6,67 unità

fisiche della prima merce e 7,5 della seconda. Se le richieste finali fossero y1=0 e y2=4, le produzioni globali dovrebbero essere di 2,68 unità per la prima merce e di 6 unità per la seconda.

La produzione finale delle due merci richiede anche l’erogazione di una

certa quantità di lavoro. Dato l’intento didattico del modello, assumiamo che un solo tipo di lavoro sia richiesto per la produzione di entrambe le merci (lavoro omogeneo). Il vettore l=(l1 l2), semipositivo, rappresenta i requisiti diretti di lavoro nel primo e nel secondo settore per unità di produzione lorda (q1=1 e q2=1). Una volta determinata la produzione lorda in funzione della richiesta per gli usi finali è possibile calcolare la quantità di lavoro che ciascun settore deve impiegare per consentire la realizzazione della produzione netta desiderata. Indicando con L l’occupazione complessiva e con Lj (per j=1, 2) l’occupazione in ciascun settore, in termini compatti, si ha

L = l q

e ricordando che q = (I–A)–1 y

si ottiene la relazione L = l (I–A)–1 y

q1

q1

!

" #

$

% & =

1, 33 0, 67

0, 5 1, 5

!

" #

$

% &

3

4

!

" #

$

% &

q1 = 1, 33x3 + 0, 67x4 = 3, 99 + 2, 68 = 6, 67

q2 = 0, 50x3 + 1, 50x4 = 1, 50 + 6 = 7, 50

limn!"

An

= 0

20

che in forma estesa diviene

e sviluppando il prodotto tra vettore e matrice

Il primo addendo rappresenta la quantità di lavoro assorbita nei due settori

per rendere possibile la produzione netta della prima merce nella quantità y1; analogamente per la produzione netta della seconda merce. Si può affermare che il primo addendo è la quantità di lavoro “contenuta” nella produzione netta y1 e il secondo addendo è la quantità "contenuta" nella produzione netta y2. Esplicitando i prodotti al secondo membro e riordinando otteniamo anche

in cui i due addendi al secondo membro indicano rispettivamente l'occupazione finale (o netta) assegnata (y1, y2).

Si consideri la matrice della tecnica già prima utilizzata, il vettore di richieste finali delle due merci ed il vettore di lavoro che seguono:

La matrice inversa (I-A)-1 è la seguente:

Per il vettore di produzione netta assegnato, la produzione lorda è

L'occupazione settoriale e la quantità di lavoro contenuta in ciascuna merce finale si ricavano come segue:

e il lavoro contenuto nella produzione finale

L = l1 l2[ ]! 11 ! 12

! 21 ! 22

"

# $

%

& '

y1

y2

"

# $

%

& '

L = ( l1!1 1 + l2! 2 1) y1 + ( l1!1 2 + l2!2 2) y2

L = l1 !11y1 + !12y2( ) + l2 ! 21y1 + !22y2( )

A =0.1 0.4

0.3 0.2

!

" #

$

% & ; y =

3

4

!

" # $

% & ; l = 2 1[ ]

1.33 0.67

0.5 1.5

!

" #

$

% & = (I 'A)'1

q = (I !A)!1

y =1.33 0.67

0.5 1.5

"

# $

%

& '

3

4

"

# $

%

& '

q1 = 1.33 ( 3 + 0.67 ( 4 = 6.67

q2 = 0.50 ( 3 + 1.50 ( 4 = 7.50

L1 = l1q1 = 2 !1.33 ! 3 + 2 ! 0.67 ! 4 = 13.34

L2 = l2q2 = 1! 0.50 ! 3 +1 !1.50 ! 4 = 7.5

L = L1 + L2 =13.34 + 7.5 = 20.84

21

Si osservi che la somma del lavoro contenuto nelle due merci finali è

ovviamente uguale alla somma delle occupazioni settoriali

L(y1 ) + L(y2 ) = 9.48 + 11.36 = 20.84 = 13.34 + 7.5 = L1 + L2 L = L

1+ L

2= L

( y1)+ L

(y 2 )

La differenza tra il lavoro attivato in ciascun settore dal vettore assegnato

di produzione finale e il lavoro contenuto in ciascuna merce finale si può cogliere mediante la relazione seguente, in cui vengono presi diagonalizzati sia il vettore dei coefficienti di lavoro, sia il vettore della produzione finale:

Gli elementi lungo le righe della matrice W rappresentano quantità di

lavoro impiegate nel primo settore (prima riga, 1111 yl ! + 2121 yl ! ) e nel secondo settore (seconda riga, 1212 yl ! + 2222 yl ! ) attivate dalla produzione finale y1 e y2. Gli elementi lungo la prima (seconda) colonna rappresentano quantità di lavoro impiegate nel primo ( 1111 yl ! ) e nel secondo settore ( 1212 yl ! ) per rendere disponibile per gli usi finali una quantità della prima (seconda) merce pari a y1(y2).

L(y1 ) = l11.33y1 + l2 0.5y1

L(y1 ) = 2 !1.33 ! 3 +1 ! 0.5 ! 3 = 9.48

L(y 2 ) = l10.67y2 + l21.5y2

L(y 2 ) = 2 !1.33 ! 4 +1 ! 0.5 ! 4 = 11.36

l1

0

0 l2

!

" #

$

% &

'1 1

'1 2

'2 1

'2 2

!

" #

$

% &

y1

0

0 y2

!

" #

$

% & =

l1'

1 1y

1l1'

1 2y

2

l2'

2 1y

1l2'

2 2y

2

!

" #

$

% & =W = ˆ l (I (A)

(1 ˆ y

22

A.1 Convergenza di matrici quadrate semipositive Mostriamo ora come la convergenza della matrice A sia assicurata quando

il determinante della (I-A) é positivo, ovvero se l'economia che la matrice A rappresenta è vitale.

Ricordiamoci la definizione di convergenza

Sia la seguente la matrice in esame

Sviluppiamo il processo iterativo fino al quinto termine

A = 0.8 0.1

1 0.6

!

" #

$

% &

A·A = 0.8 0.1

1 0.6

!

" #

$

% &

0.8 0.1

1 0.6

!

" #

$

% & =

0.74 0.14

1.4 0.42

!

" #

$

% &

A·A2= 0.8 0.1

1 0.6

!

" #

$

% &

0.74 0.14

1.4 0.42

!

" #

$

% & =

0.74 0.158

1.54 0.39

!

" #

$

% &

A·A3= 0.8 0.1

1 0.6

!

" #

$

% &

0.74 0.158

1.54 0.39

!

" #

$

% & =

0.76 0.170

1.53 0.340

!

" #

$

% &

A·A4= 0.8 0.1

1 0.6

!

" #

$

% &

0.76 0.170

1.53 0.340

!

" #

$

% & =

0.77 0.176

1.45 0.291

!

" #

$

% &

Si può osservare che alla quinta iterazione gli elementi della matrice A5

non mostrano alcun chiaro andamento verso "+∞" o "-∞". In realtà, procedendo con le iterazioni, seppure con lentezza e non in maniera monotona, gli elementi della matrice An tendono a +∞. La non convergenza della matrice A dipende dalla non vitalità della matrice stessa. Il determinante della (I-A) è infatti ∆=-0.02, negativo, seppur di poco; e questa sua vicinanza allo zero, spiega perché dopo cinque iterazioni non risulta ancora delineato in maniera netta l'andamento esplosivo degli elementi della matrice An.

Se la matrice dei coefficienti fosse la seguente:

uguale alla precedente ma con l'elemento a12 di valore 3 in luogo di 0.1, con determinante della (I-A) uguale a –2.92, già dopo la terza iterazione risulterebbe evidente l'andamento esplosivo dei coefficienti della An,

limn!"

An

= 0

A =0.8 0.1

1 0.6

!

" #

$

% &

A =0.8 3

1 0.6

!

" #

$

% &

23

A = 0.8 3

1 0.6

!

" #

$

% &

A·A = 0.8 3

1 0.6

!

" #

$

% & 0,8 3

1 0,6

!

" #

$

% & =

3.64 4.2

1.4 3.36

!

" #

$

% &

A·A2= 0.8 3

1 0.6

!

" #

$

% &

3.64 4.2

1.4 3.36

!

" #

$

% & =

7.1 13.4

4.48 6.2

!

" #

$

% &

Se il determinante della (I-A) fosse uguale a zero, come per la matrice A

sotto indicata

gli elementi delle matrici risultato delle iterazioni avrebbero un andamento stazionario, né esplosivo, né smorzato

A = 0.8 0.1

0.8 0.6

!

" #

$

% &

A·A = 0.8 0.1

0.8 0.6

!

" #

$

% & 0.8 0.1

0.8 0.6

!

" #

$

% & =

0.72 0.14

1.12 0.4

!

" #

$

% &

A·A2 = 0.8 0.1

0.8 0.6

!

" #

$

% &

0.72 0.14

1.12 0.4

!

" #

$

% & =

0.688 0.154

1.248 0.364

!

" #

$

% &

A·A3 = 0.8 0.1

0.8 0.6

!

" #

$

% &

0.688 0.154

1.248 0.364

!

" #

$

% & =

0.675 0.159

1.30 0.341

!

" #

$

% &

A·A4 = 0.8 0.1

0.8 0.6

!

" #

$

% &

0.675 0.159

1.30 0.341

!

" #

$

% & =

0.67 0.161

1.32 0.332

!

" #

$

% &

A·A5 = 0.8 0.1

0.8 0.6

!

" #

$

% &

0.67 0.161

1.32 0.332

!

" #

$

% & =

0.67 0.162

1.33 0.328

!

" #

$

% &

A =0.8 0.1

0.8 0.6

!

" #

$

% &

24

A.2 Definizione di autovalore dominante di una matrice quadrata semipositiva A e relazione con il determinante di (I-A)

Spesso la condizione di vitalità di un’economia viene espressa affermando

che l’autovalore della matrice A è positivo e minore di uno. Verifichiamo che l’esprimere la vitalità di una matrice della tecnica mediante il suo autovalore dominante è equivalente all’esprimere la sua vitalità con il determinante della matrice (I-A), come finora fatto.

Si dice autovalore di una matrice quadrata semipositiva è un numero reale λ che soddisfa la relazione

Ax = λ x

che rappresenta un sistema lineare omogeneo e che si può scrivere nella forma

λx–Ax=0

e anche (λI–A)x=0

la quale ha soluzione per x ≠ 0 se e solo se det(λI–A)x=0.

Se λ è un autovalore di A, ogni vettore x≠0 che risolve il sistema lineare sopra indicato è un autovettore corrispondente all’autovalore λ. Se λ è un autovalore di A, allora λ soddisfa la relazione det(λI–A)=0. Se λ non è noto, la relazione det(λI–A)=0 va letta come un’equazione in λ, il cui grado è pari alla dimensione della matrice A. Se A è di dimensione due, det(λI–A)=0 è dunque un’equazione di secondo grado che ammette due radici per λ, λ1 e λ2. La maggiore delle due è l’autovalore massimo λm.

La condizione di vitalità della tecnica viene spesso espressa affermando che l’economia rappresentata dalla matrice dei coefficienti relativa alle merci intermedie A, semipositiva, è vitale se λm(A)<1.

Questa proposizione discende da alcuni teoremi notevoli relativi alle matrici quadrate semipositive, conosciuti come teoremi di Perron-Frobenius, che parzialmente di seguito riassumiamo:

T1) data una matrice quadrata qualsiasi, all’autovalore dominante (di

modulo massimo) corrisponde un autovettore con componenti tutte dello stesso segno dell’autovalore dominante;

T2) l’autovalore dominante di una matrice quadrata semipositiva, è λm>0;

ad esso corrisponde un autovettore strettamente positivo; per gli altri autovalori λi (per i=1,…, n) con λi≠λm si ha che |λi|<λm, e nessun autovettore ad essi corrispondente è strettamente positivo.

Siamo ora in grado di dimostrare che, data una matrice della tecnica A≥0,

se λm(A)<1, allora la tecnica rappresentata dalla matrice A è vitale.

25

Forniamo dapprima una definizione di vitalità (o produttività) di

un’economia. Diciamo che l’economia è vitale se esiste un vettore di produzione lorda q tale che q-Aq>0; se cioè è possibile ottenere un vettore di prodotto netto positivo. Riprendiamo la definizione di autovalore dominante e di autovettore ad esso corrispondente. A è una matrice semipositiva e qm è l’autovettore associato all’autovalore dominante della A. Si ha pertanto

λmqm=Aqm

In base alle proposizioni (T1) e (T2) sopra, λm>0 e qm>0. Si supponga che

λm<1. Ne segue allora che qm>Aqm

ovvero qm-Aqm>0

La differenza positiva tra il vettore di produzione lorda e il vettore (Aqm)

degli input intermedi richiesti dai diversi settori per sostenere l’output lordo qm, indica che dal vettore qm è possibile estrarre una produzione netta positiva di ciascuna merce. Si può pertanto affermare che se λm(A)<1, l’economia rappresentata dalla matrice A è vitale.

Proviamo ora che (I-A)-1>0, implica che λm(A)<1. Valga la relazione q=(I-A)-1y, con q>y>0. Premoltiplichiamo ambo i

membri per (I-A) e otteniamo (I-A)q=y. Data la stessa matrice A, impostiamo il seguente problema di autovalore e di autovettore,

(λI-A) q =0

e determiniamo l’autovalore dominante λm che soddisfa l’equazione

|λI-A|=0 perché solo ad esso, come sappiamo dal punto (T1), corrisponde un (auto) vettore q strettamente positivo. Ma per definizione di inversa della (I-A), il det(I-A)>0. E poiché det(λmI-A)=0 si ha che |I-A|>|λmI-A| e perciò λm(A)<1.

Verifichiamo infine che se λm(A)<1, la matrice A è una matrice

convergente. Si rammenti la definizione di matrice inversa (I-A)-1 come somma della

serie di matrici I + A + A2 + A3 +… ;

S= (I-A)-1 =I+A+A2+A3+…

26

Se (I-A)-1 esiste positiva, allora λm(A)<1; ne segue che A è una matrice convergente e il limite di An per n → ∞ è zero.

Dimostriamo ora che (i) se il det(I-A)>0, allora λm(A)<1; e inoltre che (ii) per det(I-A) = 0, λm(A)=1; e che (iii) per det(I-A) =1, λm(A)=0. Si verificherà anche che, (iv) nell’intervallo [0, 1], al crescere di λm(A), il det(I-A) diminuisce con

continuità. Prova (i) Sia A≥0 una matrice 2x2, con |I-A|=(1-a11)(1-a22)-a12a21>0. Sia λm

l’autovalore dominante della A, radice dell’equazione caratteristica |λI-A|=0. Inseriamo λm nell’espressione del determinante della (I-A):

(1-a11)(1-a22)-a12a21>0 (λm-a11)(λm-a22)-a12a21=0

da cui (λm-a11)(λm-a22)<(1-a11)(1-a22)-

e perciò necessariamente λm(A)<1. Pertanto se |I-A|>0, λm(A)<1. Prova (ii) Sia A≥0 una matrice 2x2, con |I-A|=(1-a11)(1-a22)-a12a21=0. Allora

λm(A)=1. Ricaviamo λm(A) dall’equazione caratteristica |λI-A|=0. Supponiamo per

assurdo che λm(A)<1 e inseriamolo nell’espressione del determinante della (I-A). Otteniamo |λm(A)I-A|<0 in quanto il prodotto (λm-a11)(λm-a22) sarebbe inferiore al prodotto (1-a11)(1-a22). L’unico valore di λm(A) compatibile con |I-A|=0 è λm=1.

Prova (iii) Poniamo |I-A|=1. Gli elementi della matrice 2x2 A≥0 devono rispondere ai

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seguenti vincoli: (1-a11)(1-a22)≤1, e (a11a21)≥0. Se (1-a11)(1-a22)<1 e a12a21>0, necessariamente

(1-a11)(1-a22)-a12a21≠1

Un numero positivo ma minore di uno a cui si sottrae un numero positivo o

è negativo o è compreso tra zero ed uno. Se (1-a11)(1-a22)<1 e (a12a21)=0, il determinante della (I-A) sarebbe positivo ma minore di uno. Se (1-a11)(1-a22)<1 con a11=a22=0 e (a12a21)=0 |I-A|<1. Pertanto |I-A|=1 se a11=a22=0 e (a12a21)=0. Le uniche matrici che garantiscono |I-A|=1 sono del tipo

Ne segue che l’equazione caratteristica della matrice A diventa

perciò se |I-A|=1, λm(A)=0. Prova (iv) Sia 1>|I-A|>0. Scriviamo per esteso 1’espressione del determinante e

1’equazione caratteristica della A, indicando con λm l’autovalore dominante, (a) (1-a11)(1-a22)-a12a21>1 (b) (λm-a11)( λm-a22)-a12a21=0 Se facciamo crescere λm, l’equazione (b) implica che anche a11 e a22

crescano. In tal modo in (a) si verifica una riduzione del primo addendo e perciò del valore del determinante. Tra determinante della (I-A) e autovalore dominante di A vige una pertanto una relazione inversa.

Illustriamo mediante esempi numerici la relazione tra determinante della

(I-A) e autovalore dominante di A. Si consideri la seguente matrice vA, con v sca1are che assume i valori 0,

1, 1,5, 1,9, 2.

Per i valori assegnati di v calcoliamo il determinante della (I-A) e 1’autovalore dominante della matrice vA

Ricordiamo che la formula risolutiva di un’equazione di secondo grado ax2+bx+c=0 é la seguente:

!I " A = (! " 0)(! " 0) " 0 = 0; !2= 0 # !i = !m = 0

vA = v0,1 0, 4

0, 3 0, 2

!

" #

$

% &

0 a1 2

0 0

!

" #

$

% & o

0 0

a2 1

0

!

" #

$

% &

x1,2

=!b ± b

2! 4ac

2a

28

Negli esempi l’equazione di secondo grado è λ2-(a11+a22) λ-(a12a21-a11a22)=0, che si può anche scrivere λ2-Tr(vA) λ-|vA|=0, con Tr(vA) traccia della vA.

Per v=1, vA=A e

Per v=1,5 si ha

Per v=1,9 si ha

Per v=2, si ha

Infine, per v=0 si ha vA=0, |I-0|=1, |λI-0|=0 λm=0, essendo (λ-0)( λ-0)= λ2=0 l’equazione caratteristica della matrice vA.

Dagli esempi numerici proposti si possono dunque ricavare le seguenti

indicazioni: (a)esiste una relazione inversa tra il valore degli elementi della matrice A

(vA nell’esempio) e il determinante della (I-A); (b) λm(A) cresce con continuità all’aumentare degli elementi della matrice

A.

I !A =1 ! 0,1 !0, 4

!0,3 1 ! 0, 2

"

# $

%

& ' = 0, 6; (I ! A =

( ! 0,1 !0, 4

!0,3 ( ! 0, 2

"

# $

%

& ' = 0 ) (

m= 0, 5

I ! vA =1 ! 0,19 !0, 76

!0, 57 1 ! 0, 38

"

# $

%

& ' = 0, 069; (I ! vA =

( ! 0,19 !0, 76

!0, 57 ( ! 0, 38

"

# $

%

& ' = 0 ) (

m= 0, 95;

I ! vA =1 ! 0, 2 !0, 8

!0,6 1 ! 0, 4

"

# $

%

& ' = 0; (I ! vA =

( ! 0, 2 !0, 8

!0, 6 ( ! 0, 4

"

# $

%

& ' = 0 ) (

m= 1

I ! vA =1 ! 0,15 !0, 6

!0, 45 1! 0,6

"

# $

%

& ' = 0, 7; (I ! vA =

( ! 0,15 !0, 6

!0, 45 ( ! 0, 6

"

# $

%

& ' = 0) (

m= 0, 8