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Auditorium Giovanni Agnelli giovedì 18 ottobre 2012 ore 20.30 Mahler Chamber Orchestra Daniel Harding direttore Steven Isserlis violoncello i C ONCERTI DEL L ingotto 2012-2013

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Auditorium Giovanni Agnelli

giovedì 18 ottobre 2012ore 20.30

Mahler Chamber Orchestra

Daniel Hardingdirettore

Steven Isserlisvioloncello

i CONCERTIDELLingotto

2012-2013

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Antonín DvorákConcerto per violoncello e orchestra

in la maggiore B. 10

Andante – Allegro ma non troppoAndante cantabile

Finale. Allegro risoluto

* * *

Sinfonia n. 9 in mi minore op. 95“Dal nuovo mondo”

Adagio – Allegro moltoLargo

Scherzo. Molto vivaceAllegro con fuoco

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PROSSIMI CONCERTI

lunedì 12 novembre 2012 ore 20.30Sala Cinquecento4TAKT quartetto di percussioniMusiche di Cage, Saariaho, Reich e Battistelli

lunedì 26 novembre 2012 ore 20.30Auditorium “Giovanni Agnelli”Accademia BizantinaOttavio Dantone direttoreViktoria Mullova violinoMusiche di Bach

RINGRAZIAMENTI

In quasi vent’anni di storia la rassegna dei Con-certi del Lingotto ha portato sul podio dell’Audi-torium Giovanni Agnelli le massime orchestre pre-senti sul panorama internazionale insieme a moltidei più importanti direttori e solisti. L’Associazio-ne Lingotto Musica vuole ringraziare il propriopubblico per la costante e appassionata parteci-pazione ai molteplici programmi offerti, nonchétutti gli enti, pubblici e privati, che nel corso deglianni ne hanno sostenuto l’attività, rendendo pos-sibile anche quest’anno una nuova serie di appun-tamenti con la grande musica.

Gianluigi Gabettipresidente

Francesca Gentile Cameranadirettore artistico

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Antonín Dvorák(1841 - 1904)

Concerto per violoncello e orchestra in la maggiore B. 10

Dvorák poco più che ventenne compose nel 1865questo Concerto per violoncello, fermandosi allastesura per solista e pianoforte, senza comple-tamento orchestrale; a quel tempo era un musi-cista del tutto sconosciuto, uscito dal paesellonativo vicino a Kralup sull’Elba per recarsi aZlonice ad imparare il tedesco e poi a Praga:dove si diplomò organista e dove si guadagnavada vivere suonando il violino in un’orchestrinada ballo, poi assorbita nell’orchestra del nuovoTeatro Nazionale cèco. Qui conobbe il violon-cellista Ludvik Peer e a questo collega dedicò ilConcerto; ma il Peer, dopo qualche anno, se neandò all’estero portandosi dietro l’opera, spa-rita pertanto dalla circolazione e probabilmentescampata alla distruzione poi compiuta daDvorák dei suoi primi lavori (si salvò solo laPrima Sinfonia, “Le campane di Zlonice”, dellostesso 1865). Dimenticato dal compositore,anche perché eclissato in anni più tardi dalfamoso e bellissimo Concerto in si minore op.104, questo primo tentativo fu riscopertointorno al 1920 da Günter Raphael che lo pub-blicò nel 1929 rimaneggiandolo e orchestrandola parte del pianoforte; nel 1970 Jamil Bur-ghauser, assieme al violoncellista Milos Sádlo,ne allestì un’altra versione, cui seguì una nuovaredazione, conciliante le due precedenti, adopera di Steven Isserlis: il solista che ce lo faràconoscere questa sera.

Come già suggeriscono gli interventi di tantemani soccorrevoli, il Concerto è un lavoro diapprendistato, rimasto incompiuto più che nellaforma nella sua sostanza musicale. Certo, nonmancano i bei temi e la resa sostanziosa dellascrittura violoncellistica; fra le cose che si ricor

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ricordano è subito l’idea di apertura (Andante),un tema dall’ispirazione nobile e riflessiva, conquella civile fierezza da inno nazionale che costi-tuisce la base comune di tante invenzioni di Sme-tana e di Dvorák. Questo tema, con le sue ripresee varianti, domina l’intero primo movimento(Allegro ma non troppo), trovando dei compa-gni di strada in altre melodie cantabili del soli-sta (una assai seducente punteggiata da uno stac-cato dei legni), alternate da estesi interventi del-l’orchestra. A questa musica scorrevole mancatuttavia una ossatura, una linea costruttiva cheorienti l’ascoltatore, facendogli capire a qualepunto della composizione si trovi; qui tutto siassomiglia, si ripresentano le stesse situazioni,con la vena cantabile del solista e la vivacità del-l’orchestra che si alternano senza una vera neces-sità. Anche il Andante cantabile, con il violon-cello che si avvolge nel suo registro più caldo,non si distingue molto dalle analoghe zone liri-che del primo movimento; uno stacco più decisoavviene con il Finale in forma di Rondò, annun-ciato da una lunga preparazione di rustica viva-cità: il tema principale, esposto dal solista, stem-pera la sua allegrezza d’avvìo con altri temi disegno grave o malinconico o solenne o marziale;non erano certo le idee che mancavano al giovaneDvorák al tempo di questo Concerto d’esordio!

Sinfonia n. 9 in mi minore op. 95“Dal nuovo mondo”

Uomo tranquillo del secondo Ottocento, intempo di artisti tormentati e maledetti, AntoninDvorák con la sua ultima Sinfonia (“Dal nuovomondo”) intese allargare il suo orizzonte espres-sivo spingendo lo sguardo fino all’America delnord; in realtà, fu un modo coperto per con-centrarsi ancora di più nelle zone più intime delsuo animo: infatti, mentre espande il vocabola-rio con termini nuovi lo essenzializza, mentre

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ascolta spirituals e melodie dei pellerossa neritrova gli accenti comuni con la sua Boemia,mentre crede di scoprire l’America riscopre sestesso.

Nel 1892 una mecenate di New York lo avevasollecitato a dirigervi il Conservatorio da pocofondato e il musicista assunse la carica nell’au-tunno di quell’anno, soggiornando negli StatiUniti fino al maggio del 1895; alla Sinfonia inmi minore, per la quale egli stesso indicò all’e-ditore il sottotitolo “dal nuovo mondo”, lavoròfra gennaio e maggio del 1893; la presentazionein pubblico, festeggiata da trionfali accoglienze,avviene il 16 dicembre alla Carnegie Hall di NewYork sotto la direzione di Anton Seidl. L’operaincomincia con una introduzione lenta che, spe-cie per la voce sommessa degli archi bassi e lostaccato dei fagotti, fissa un colore scuro moltovicino alla Quinta Sinfonia di Cajkovskij, allaquale assomiglia anche per la riapparizioneciclica di temi comuni lungo tutta la composi-zione; anzi, si può dire che tutta la Sinfoniasegna un inconsapevole, temperato distacco daBrahms, l’adorato maestro, per costeggiare piùda vicino, specie in alcune scelte timbriche, ilsinfonismo del grande russo.

L’Allegro molto è costruito su tre temi moltoindividuati, il primo presentato dai due corniall’unisono, il secondo da flauto e oboe in cop-pia, il terzo dal flauto solo, reminiscenza dellospiritual “Swing Lo’, sweet Charriot”; l’argo-mento di questo primo movimento è l’epicità,come testimoniano i fieri squilli di tromba chefioriscono qua e là, ma si tratta di una epicitàfamiliarizzata, raccontata più che vissuta diret-tamente. Il secondo movimento, famosissimofoglio d’album sinfonico, sembra essere statoispirato a Dvorak dalla conoscenza del poemadi Henry Wadsworth Longfellow Il canto di Hia-watha (1855), personaggio miracoloso inviatodal Grande Spirito per civilizzare gli uominidelle pianure e delle foreste; le note solenni del

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corale in pianissimo che apre la pagina (Largo)dovrebbero riferirsi alla cerimonia di un fune-rale di pellerossa descritto dal poeta americano,ma la loro funzione qui è sopra tutto quella d’in-trodurre nella partitura un grande desiderio dipace, di spazio vuoto propizio all’ascolto di rac-conti leggendari e di voci profetiche: prima fratutte quella del corno inglese, con la sua indi-menticabile melodia esotica echeggiata, comeuna lieve risacca, dagli archi con sordina; e pocodopo (Un poco più mosso) quella di flauto eoboe con il loro tema sottilmente ansioso, eancora più avanti l’improvviso squarcio in mag-giore, nitido come la vignetta di una festa lon-tana. La sostanza spirituale del brano è la malin-conia; ma è una malinconia non dolorosa, senzarimorsi, che guarda al passato con occhi soc-chiusi fino ad assopirsi nell’ultimo stranitoaccordo dei contrabbassi divisi; come sempre neisuoi momenti migliori, Dvorák sembra aver fattosuo, prendendolo sul serio, un motto di Amleto:“felice di non essere troppo felice”.

A una danza di pellerossa, anch’essa presentenei canti del Hiawatha di Longfellow, allude loScherzo, stretto parente tuttavia di una tipicadanza cèca, il “furiant”, spinta qui al massimogrado della vitalità ritmica e della trasparenzaorchestrale nel contrasto fra il picchiettio diflauti, oboi e clarinetti e le corse leggere dei vio-lini. Ogni tanto sólcano l’orizzonte temi delprimo movimento; ma questa tecnica riepiloga-tiva è tipica sopra tutto del Finale, dove tutte lepagine della Sinfonia tornano alla memoria coni loro temi salienti (anche la cantilena delLargo), adattati e rimisurati sul tempo trasci-nante dell’Allegro con fuoco con magistrale abi-lità di variazioni e combinazioni.

Giorgio Pestelli

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Mahler Chamber Orchestra

Composta da 45 musicisti provenienti da 20nazioni diverse, l’Orchestra è stata fondata die-tro spinta di Claudio Abbado nel 1997 da ungruppo di strumentisti della Gustav MahlerJugendorchester che, raggiunti i limiti di età del-l’orchestra giovanile, desideravano continuare asuonare insieme.

Pochi mesi dopo la sua fondazione, Abbadol’ha diretta nel Don Giovanni di Mozart al Festi-val di Aix-en-Provence e da allora la MCO siesibisce in tutto il mondo nei teatri più impor-tanti e durante i festival più prestigiosi.

Sin dal 1998 la MCO è orchestra residente diFerrara Musica e, dal 2009, ha trovato unanuova residenza nella regione del Nord-RenoVestfalia in Germania.

All’inizio del 2011 la MCO è stata nominataambasciatore culturale dell’Unione Europea.Con la MCO Academy e il programma MCOLandings l’Orchestra è sempre più impegnataanche in ambito pedagogico e sociale.

Accanto a Claudio Abbado, Daniel Harding èuna delle principali figure di riferimento del-l’orchestra. A 22 anni ne è stato nominato Prin-cipale Direttore Ospite, per poi diventarne Diret-tore Musicale e quindi Direttore Principale. Nel2011 la MCO gli ha conferito il titolo a vita diConductor Laureate.

I progetti di spicco della stagione in corsoincludono il concerto inaugurale del MusikfestBerlin sotto la direzione di Kent Nagano nell’a-gosto 2012, il prosieguo del “Beethoven Jour-ney” con Leif Ove Andsnes, la prima collabo-razione con il giovane direttore d’orchestra let-tone Andris Nelsons nel gennaio 2013, un tourmozartiano con Mitsuko Uchida nel marzo 2013e il debutto dell’orchestra in Australia nel luglio2013.

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Daniel Harding

Daniel Harding è stato assistente di Simon Rattlepresso la City of Birmingham Symphony Orche-stra, con cui ha debuttato nel 1994. Nel 1995è diventato assistente di Claudio Abbado e nel1996 ha esordito coi Berliner Philharmoniker.Attualmente ricopre le cariche di direttore ospiteprincipale della London Symphony Orchestra,direttore musicale della Swedish RadioSymphony Orchestra, direttore principale dellaMahler Chamber Orchestra e music partnerdella New Japan Philharmonic.

In Europa è ospite di Staatskapelle di Dresda,Gewandhaus di Lipsia, Berliner Philharmoni-ker, Symphonieorchester des Bayerischen Rund-funks, London Philharmonic, Accademia Nazio-nale di Santa Cecilia, Orchestra of the Age ofEnlightenment, Orchestre des Champs Elysées,Royal Concertgebouw e Wiener Philharmoniker.Negli Stati Uniti e in Canada si è esibito conPhiladelphia Orchestra e Los Angeles Philhar-monic e con le sinfoniche di Atlanta, Baltimora,Chicago, Houston e Toronto.

Tra le produzioni operistiche che ha direttoricordiamo Così fan tutte, Don Giovanni e TheTurn of the Screw per il Festival di Aix-en-Pro-vence, Jenuºfa per la Welsh National Opera, conDie Entführung aus dem Serail alla BayerischeStaatsoper, Don Giovanni al Festival di Sali-sburgo, Idomeneo e Salome alla Scala, Wozzeckal Covent Garden. Nel 2012 ha diretto Arianna aNasso al Festival di Salisburgo e per il futuro sonoin programma alcune nuove produzioni al Teatroalla Scala di Milano e alla Deutsche Staatsoper diBerlino.

Registra in esclusiva con Deutsche Grammo-phon. Nel 2002 è stato insignito del titolo diChevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres dalGoverno francese.

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Steven Isserlis

Acclamato in tutto il mondo per la sua tecnicae la sua musicalità, il violoncellista britannicoSteven Isserlis può vantare un profilo artisticodi alto livello come solista, musicista da camera,insegnante e autore. In qualità di solista si esi-bisce regolarmente con le più prestigiose orche-stre internazionali insieme ai più affermati diret-tori, ospite delle sale e dei festival più presti-giosi. Molto attivo anche in ambito cameristicoe in recital solistici, dedica la propria attivitàall’esplorazione dei più svariati repertori, par-tendo dal barocco eseguito su strumenti origi-nali, fino alle prime esecuzioni di musiche con-temporanee.

Durante le ultime stagioni, Steven Isserlis hapartecipato a una serie di progetti che lo hannovisto nella doppia veste di solista e direttore conla Mahler Chamber Orchestra, l’Academy of St.Martin-in-the-Fields e l’Orchestra of the Age ofEnlightenment. Questo tipo di impegni trovacontinuità nella stagione 2012-2013 con leOrchestre da Camera Norvegese, di Zurigo e diStoccarda.

Altri appuntamenti di rilievo della prossimastagione lo vedono impegnato in recital a Lon-dra, Parigi, Milano, New York, Washington, Chi-cago, Cleveland e São Paulo, oltre a concerti conla Mahler Chamber Orchestra, la Sinfonica dellaRadio Svedese, l’Orchestra Philharmonia, laFilarmonica di Hong Kong e la Sinfonica di Mel-bourne.

Suona uno Stradivari Marquis de Corberon(Nelsova) del 1726, gentilmente concesso dallaRoyal Academy of Music.

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