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13 I. IL SITO DI GORFIGLIANO stagionale delle aree di pascolo nell’alta Garfagna- na attraverso l’archeologia forestale (GIOVANNETTI 1999-2000), o delle forme insediative ancora abi- tate attraverso l’archeologia dell’architettura nel- la Valle del Lucido, seguendo esperienze prece- denti sviluppate in seno all’Istituto di Storia della Cultura Materiale (GOBBATO 2003), costituiscono due esempi molto significativi di questo percorso di ricerca. Dietro tutte queste problematiche, che spaziano dall’archeologia delle strade all’analisi delle forme insediative come indicatori delle strutture di pote- re, si trova un’unica proposta interpretativa delle società montane medievali e postmedievali, che mette in risalto le complesse formule d’interazione tra le comunità locali e le diverse forme di dominio di carattere signorile o padronale da parte di ceti provenienti dall’esterno delle comunità locali. L’attenzione degli studiosi si è accentrata essenzial- mente in fenomeni chiavi come la nascita dei vil- laggi medievali o la formazione della signoria rura- le a seguito della dissoluzione delle strutture stata- li, fenomeno che si è focalizzato in termini archeo- logici attraverso l’analisi di processi così complessi come quello dell’incastellamento e dei suoi antece- denti. Le numerose ricerche condotte su queste problematiche negli ultimi due decenni sono così significative da aver cambiato la percezione e il si- gnificato degli stessi effetti della signoria rurale in numerose regioni e delle complesse trasformazioni sociali nell’altomedioevo (cfr. ad es. FRANCOVICH, GINATEMPO 2000; FRANCOVICH, HODGES 2003b). Si deve sottolineare tuttavia come i percorsi di ana- lisi archeologica della formazione e dello sviluppo delle signorie hanno messo l’accento essenzialmente sulle forme di rappresentazione e sulla retorica del potere, e in modo particolare sulle strutture inse- diative e sui segni del potere, lasciando in un se- condo piano lo studio della stessa essenza del pote- re delle signorie rurali. Questo problema, sollevato già da diversi autori (BARCELÓ 1995, p. 64), può avere effetti molto negativi per lo sviluppo di un’ar- cheologia del potere, poiché alla fine si riesce a ve- dere e a leggere soltanto quello che i signori vole- vano che fosse visto e fosse letto. Questo gioco di specchi rischia di obbligare ad affidarsi a pochi in- dicatori per capire come funzionavano e come si formavano le signorie, delle quali i castelli rappre- sentano soltanto uno degli elementi compositivi. 1. IL PROGETTO GORFIGLIANO: INTRODUZIONE L’indagine archeologica condotta nel castello e nel territorio di Gorfigliano è nata all’interno di un progetto di più ampio respiro intrapreso dalla metà degli anni novanta nel settore nordoccidentale dell’Appennino Toscano, indirizzato allo studio archeologico della formazione dello spazio me- dievale nei territori di montagna. Il territorio indagato, appartenente alla diocesi me- dievale di Luni fino all’anno 1853, è attualmente compreso tra le provincie di Lucca e Massa-Carrara e ubicato ai piedi delle Alpi Apuane (Fig. 1). In par- ticolare la nostra attenzione si è concentrata sulla Garfagnana e la Lunigiana orientale, un vasto terri- torio montano di oltre 650 kmq articolato in ampie valli allungate e occupate ancora oggi essenzialmen- te da villaggi accentrati, anche se la diffusione delle case sparse, in particolare lungo le strade, ha avuto un notevole sviluppo negli ultimi secoli. Si tratta del settore probabilmente più abrupto di tutta la Toscana, caratterizzato da forti dislivelli e pendenze molto pronunciate, in quanto si passa dal livello del mare ai quasi 2000 m di altitudine in pochi chilometri di distanza. È un’area relati- vamente marginale nel contesto della scacchiera urbana regionale, anche se comunque la presenza di alcuni centri urbani si è fatta sentire in diverso modo: mentre la Valle del Serchio ha gravitato sulla città di Lucca almeno dall’altomedioevo, la Valle Aulella non ha subito in modo così marcato l’influsso urbano. Questa differenza territoriale è molto significativa all’ora di verificare le forme di sviluppo e di trasformazione delle strutture di potere locali nella montagna in rapporto con le città e i loro gruppi dirigenti. All’interno di questo progetto sono state condot- te ricerche archeologiche di siti paradigmatici come quello dell’ospedale di Tea (QUIRÓS CASTIL- LO 2000), ma si è voluto dare una rilevanza signi- ficativa all’analisi estensiva delle forme di occu- pazione del territorio. Trattandosi di uno spazio di ridotta visibilità archeologica in superficie, è stato preciso ricorrere a strategie d’analisi mirate e indirizzate ad affrontare problematiche specifi- che, sviluppando strumenti adeguati. Le ricerche condotte sulle forme d’occupazione © 2004 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

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I. IL SITO DI GORFIGLIANO

stagionale delle aree di pascolo nell’alta Garfagna-na attraverso l’archeologia forestale (GIOVANNETTI

1999-2000), o delle forme insediative ancora abi-tate attraverso l’archeologia dell’architettura nel-la Valle del Lucido, seguendo esperienze prece-denti sviluppate in seno all’Istituto di Storia dellaCultura Materiale (GOBBATO 2003), costituisconodue esempi molto significativi di questo percorsodi ricerca.Dietro tutte queste problematiche, che spazianodall’archeologia delle strade all’analisi delle formeinsediative come indicatori delle strutture di pote-re, si trova un’unica proposta interpretativa dellesocietà montane medievali e postmedievali, chemette in risalto le complesse formule d’interazionetra le comunità locali e le diverse forme di dominiodi carattere signorile o padronale da parte di cetiprovenienti dall’esterno delle comunità locali.L’attenzione degli studiosi si è accentrata essenzial-mente in fenomeni chiavi come la nascita dei vil-laggi medievali o la formazione della signoria rura-le a seguito della dissoluzione delle strutture stata-li, fenomeno che si è focalizzato in termini archeo-logici attraverso l’analisi di processi così complessicome quello dell’incastellamento e dei suoi antece-denti. Le numerose ricerche condotte su questeproblematiche negli ultimi due decenni sono cosìsignificative da aver cambiato la percezione e il si-gnificato degli stessi effetti della signoria rurale innumerose regioni e delle complesse trasformazionisociali nell’altomedioevo (cfr. ad es. FRANCOVICH,GINATEMPO 2000; FRANCOVICH, HODGES 2003b).Si deve sottolineare tuttavia come i percorsi di ana-lisi archeologica della formazione e dello sviluppodelle signorie hanno messo l’accento essenzialmentesulle forme di rappresentazione e sulla retorica delpotere, e in modo particolare sulle strutture inse-diative e sui segni del potere, lasciando in un se-condo piano lo studio della stessa essenza del pote-re delle signorie rurali. Questo problema, sollevatogià da diversi autori (BARCELÓ 1995, p. 64), puòavere effetti molto negativi per lo sviluppo di un’ar-cheologia del potere, poiché alla fine si riesce a ve-dere e a leggere soltanto quello che i signori vole-vano che fosse visto e fosse letto. Questo gioco dispecchi rischia di obbligare ad affidarsi a pochi in-dicatori per capire come funzionavano e come siformavano le signorie, delle quali i castelli rappre-sentano soltanto uno degli elementi compositivi.

1. IL PROGETTO GORFIGLIANO:INTRODUZIONE

L’indagine archeologica condotta nel castello e nelterritorio di Gorfigliano è nata all’interno di unprogetto di più ampio respiro intrapreso dalla metàdegli anni novanta nel settore nordoccidentaledell’Appennino Toscano, indirizzato allo studioarcheologico della formazione dello spazio me-dievale nei territori di montagna.Il territorio indagato, appartenente alla diocesi me-dievale di Luni fino all’anno 1853, è attualmentecompreso tra le provincie di Lucca e Massa-Carrarae ubicato ai piedi delle Alpi Apuane (Fig. 1). In par-ticolare la nostra attenzione si è concentrata sullaGarfagnana e la Lunigiana orientale, un vasto terri-torio montano di oltre 650 kmq articolato in ampievalli allungate e occupate ancora oggi essenzialmen-te da villaggi accentrati, anche se la diffusione dellecase sparse, in particolare lungo le strade, ha avutoun notevole sviluppo negli ultimi secoli.Si tratta del settore probabilmente più abrupto ditutta la Toscana, caratterizzato da forti dislivelli ependenze molto pronunciate, in quanto si passadal livello del mare ai quasi 2000 m di altitudinein pochi chilometri di distanza. È un’area relati-vamente marginale nel contesto della scacchieraurbana regionale, anche se comunque la presenzadi alcuni centri urbani si è fatta sentire in diversomodo: mentre la Valle del Serchio ha gravitatosulla città di Lucca almeno dall’altomedioevo, laValle Aulella non ha subito in modo così marcatol’influsso urbano. Questa differenza territoriale èmolto significativa all’ora di verificare le forme disviluppo e di trasformazione delle strutture dipotere locali nella montagna in rapporto con lecittà e i loro gruppi dirigenti.All’interno di questo progetto sono state condot-te ricerche archeologiche di siti paradigmaticicome quello dell’ospedale di Tea (QUIRÓS CASTIL-LO 2000), ma si è voluto dare una rilevanza signi-ficativa all’analisi estensiva delle forme di occu-pazione del territorio. Trattandosi di uno spaziodi ridotta visibilità archeologica in superficie, èstato preciso ricorrere a strategie d’analisi miratee indirizzate ad affrontare problematiche specifi-che, sviluppando strumenti adeguati.Le ricerche condotte sulle forme d’occupazione

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Fig. 1 – Ubicazione di Gorfigliano nel contesto della Toscana nordoccidentale.

Per tanto costruire un’archeologia del potere cheponga al centro del suo interesse l’analisi dei proces-si di produzione e delle forme di controllo sociale diquesti processi da parte dei signori costituisce unastrategia privilegiata per approfondire la natura pro-fonda delle signorie rurali. Questo tipo di ricerca èstata condotta con successo in quei contesti nei qua-li è possibile analizzare in termini archeologici glistessi processi di produzione, come nel caso dei ca-stelli minerari esplorati nel distretto delle CollineMetallifere della Toscana meridionale (FRANCOVICH,WICKHAM 1994).Metodologicamente si impone il problema di comelavorare sulle strutture produttive basate sull’alle-vamento e sull’agricoltura. Rispetto all’attività

mineraria, che lascia tracce archeologiche eviden-ti, sotto forma di aree di estrazione e lavorazionedel minerale, le strategie di ricerca da adottare inquesto caso debbono fare leva sull’analisi regres-siva delle forme di sfruttamento delle risorse agri-cole e silvopastorali, documentate attraverso lalettura dell’esistente, e dello studio sistematico deireperti botanici e zoologici. Si tratta di una strate-gia impiegata con successo in altri contesti di mon-tagna (ad es. FERNÁNDEZ MIER 1999 con approc-cio archeologico; NOBILI 1980 con approccio do-cumentario), e che permette di integrare e inseri-re lo studio tradizionale degli archeologi – quelloinsediativo – in un quadro più coerente che metteal centro della ricerca la produzione contadina.

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Limitarsi all’analisi esclusiva ed isolata delle areedi abitazione senza tener conto delle forme di po-tere esercitate dai signori rischia di diventare unosforzo tanto impegnativo quanto inutile (BARCELÒ

et alii 1988, p. 202).Per portar a termine queste premesse teoriche si èpartito da un’ipotesi da verificare. Sappiamo chenella Toscana nord-occidentale, con l’eccezione dicasi specifici dove la struttura signorile era partico-larmente forte, le comunità locali, che compaionocompatte e solidamente radicate alla fine dell’alto-medioevo, hanno mantenuto durante tutto il me-dioevo un alto grado di autonomia nell’organizza-zione della produzione, che si traduce nel possessodiretto della terra e un’incidenza soltanto limitatadelle forme signorili. Questa premessa, che potrebbefunzionare bene per una buona parte della Garfa-gnana (WICKHAM 1997, p. 161), non può comun-que essere generalizzata facilmente per la Lunigia-na orientale, dove invece il peso delle strutture si-gnorili sembra molto più saldo già nei secoli XI-XII (NOBILI 1982).In entrambi i contesti territoriali l’intervento si-gnorile si è comunque manifestato dall’esternopuntando su precisi indirizzi produttivi. Nel no-stro caso, si è cercato d’individuare queste attivitàproduttive attraverso le quali i signori sono riu-sciti a dirigere e condizionare l’assetto insediativoe produttivo del territorio preso in esame. Ci sono,infatti, certi orientamenti economici qualificantidi questo territorio, in particolare l’allevamentocommerciale di natura transumante o la presenzadi “signorie stradali”, che hanno avuto un ruolocentrale nella storia della diocesi di Luni (QUIRÓS

CASTILLO 2000). Tenendo conto di queste premes-se, si è cercato di analizzare archeologicamente indiverse situazioni locali lo sviluppo di queste stra-tegie signorili, senza escluderne altre, per riuscirea mettere in luce le forme di estrazione delle ren-dite signorili e le risposte offerte dalle comunitàlocali alla pressione di questi ceti dirigenti.Una volta abbordata la questione delle “signoriestradali” nel sito di Tea, è stato identificato il vil-laggio di Gorfigliano come il laboratorio nel qua-le portare a termine l’indagine e approfondire leproblematiche inerenti la formazione e dissolu-zione delle signorie di montagna vincolate allosfruttamento delle risorse agro-silvo-pastorali.L’opportunità di condurre questo tipo d’indagineè scaturita dall’iniziativa del Comune di Minuc-ciano, che, come promotore e finanziatore nel vil-laggio di Gorfigliano, permise di attuare in modointensivo la ricerca su un’intera valle, quella del-l’Acqua Bianca, concepita come un unico sito ar-cheologico da indagare in modo integrale.Il disegno dell’intervento archeologico ha prete-so, infatti, di integrare l’analisi archeologica delle

sedi abitate con l’analisi delle strategie produttiveattraverso lo sviluppo di un’archeologia agraria eforestale indirizzata all’identificazione e alla de-codificazione del paesaggio signorile e contadino.Da questo punto di vista si intende l’archeologiaagraria e forestale come una pratica dell’archeo-logia della produzione incentrata nello studio deiprocessi di controllo signorile delle attività pro-duttive e basata sull’analisi delle forme sociali dicontrollo ed intervento sui processi produttivi.Lo studio diretto delle aree produttive agrarie oforestali risulta sicuramente complesso e difficilein mancanza di strutture materiali suscettibili diessere datate archeologicamente. Si è, quindi, de-finita una strategia di studio basata su un approc-cio regressivo che ricorre a metodi d’indaginequale l’etnografia o la geografia storica, che sonoin grado di contribuire alla ricostruzione del cicloproduttivo dell’allevamento e delle principali pra-tiche agricole del periodo preindustriale, e di ri-proporre attraverso l’analisi dei parcellari l’arti-colazione delle unità agrarie che compongono lestrutture produttive dei singoli villaggi. L’impiegoincrociato delle fonti scritte d’età moderna (esti-mi, statuti bassomedievali) si è dimostrata un’effi-cace forma di avvicinamento all’analisi dell’orga-nizzazione agraria dei territori di montagna.Tuttavia, diventa anche imprescindibile impiegarela fonte archeologica quale mezzo per la ricostru-zione delle trasformazioni del paesaggio e dell’in-sediamento nel periodo preso in considerazione.Le singole ricerche si sviluppano intorno allo stu-dio delle aree produttive (basandosi sull’analisi dellastoria dei parcellari di villaggi campioni) e lo stu-dio delle aree di residenza. Recenti esperienze con-dotte su questo territorio hanno messo in luce l’im-portanza dello studio degli ecofatti presenti all’in-terno delle sequenze stratigrafiche come formad’analisi degli orientamenti produttivi e delle mo-dificazioni avvenute in età altomedievale (QUIRÓS

CASTILLO 1998). Quindi, la disponibilità di un nu-mero importante di siti scavati stratigraficamenteove disporre di reperti botanici e zoologici da sot-toporre ad analisi specifiche, è diventata una dellepriorità del presente progetto, e rappresenta la prin-cipale strada per costruire l’archeologia agraria.Un altro elemento qualificante di questa ricerca èquello di potenziare l’analisi temporale rispetto aquella spaziale, cioè, cercando di individuare i feno-meni sociali strutturali nella lunga durata in una val-le campione trattata in modo integrale. A questoproposito, si è voluto utilizzare un doppio approc-cio analitico: quello “progressivo” basato sullo sca-vo dell’abitato scomparso, e quello “regressivo” cheparte dal villaggio attuale verso il passato. Questastrategia ci ha obbligato non soltanto a capire le si-gnorie rurali, ma anche le forme di dominio padro-

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nale postmedievale e la dinamica sociale di una co-munità contadina di montagna nell’arco di circa1200 anni.Per questo motivo la ricerca non è stata concepitacome uno studio di archeologia medievale, post-medievale, dell’architettura, agraria, forestale, etc.L’approccio teorico di questa ricerca si è ispiratodirettamente alla cosiddetta “archeologia globale”sviluppatasi all’interno dell’Istituto di Storia dellaCultura Materiale di Genova (Mannoni, CABONA,FERRANDO CABONA 1988; MANNONI 1994), e che hacostituito sempre un referente obbligato per tuttiquelli che hanno lavorato in questo territorio. Èvero che forse il concetto “globale” applicato allaricerca archeologica può condurre a dei problemiinterpretativi, come di fatto è avvenuto (TOUBERT

1995, p. 19; MANNONI 1995, pp. 634-635). Ma aldi là di qualsiasi considerazione di carattere criticosu posizioni che in effetti possono essere influenza-te da una impronta neopositivista, nella scelta me-todologica e strategica seguita nella ricerca di Gor-figliano è possibile rintracciare una base teorica econcettuale omogenea che ha indirizzato il tipo d’in-terventi realizzati. Si è voluto rinunciare ad unostudio “totale”, in modo che numerose tematichesiano state lasciate appositamente per la secondafase dei lavori. C’è stata, tuttavia, la volontà di met-tere al centro dell’indagine una particolare atten-zione sulla storia sociale della valle seguendo le li-nee di ricerca appena enunciate.

* * * * *

Le ricerche sul fenomeno dell’incastellamento han-no conosciuto negli ultimi anni un notevole svilup-po in tutta la Lucchesia, in particolare nella Garfa-gnana, ma in modo minore nella Lunigiana. Le di-verse ricerche condotte con le fonti scritte da C.Wickham e, sul versante archeologico, dal GruppoArcheologico Garfagnana e da singoli ricercatoricome G. Ciampoltrini, P. Notini, L. Giovannetti olo scrivente hanno contribuito a mettere in luce unarealtà assai articolata e complessa. In un contestonel quale C. Wickham (1996) ha convincentemen-te sostenuto la debolezza delle signorie della Luc-chesia, tranne in settori periferici, la ricerca archeo-logica ha individuato l’esistenza di un notevolenumero di sedi incastellate che comunque sembra-no aver svolto un ruolo assai poco significativo nellaridefinizione dell’assetto insediativo. Anche se inrealtà le differenze territoriali sono molto marcate(QUIRÓS CASTILLO 1999a), si dispone di un quadrodi sintesi abbastanza dettagliato.Tuttavia, l’archeologia dei castelli non è riuscita asuperare nel territorio di Lucca un livello mera-

mente esplorativo, in quanto al momento manca-no quasi completamente gli scavi in estensione,tranne qualche eccezione rappresentata dagli in-terventi realizzati alle Verrucole (GIOVANNETTI,NOTINI 1998; CIAMPOLTRINI, NOTINI 2000; CIAM-POLTRINI, NOTINI, ROSSI 2002) o a Gorfigliano. Que-sta limitazione potrebbe spiegare l’assenza di no-tizie relative a fasi d’occupazione altomedievaliprecedenti alla fondazione dei castelli lucchesi, conl’eccezione dei casi di Terrazzana (QUIRÓS CASTIL-LO 1999a) e di Gorfigliano. Per questo motivo ri-sulta assai complesso approfondire archeologica-mente tematiche specifiche.Nel caso concreto dell’alta Garfagnana, le recentiricognizioni realizzate da L. Giovannetti nel terri-torio delle pievi di Castello, Careggine (diocesi diLuni) e Pieve Fosciana (diocesi di Lucca), hannopermesso di identificare l’esistenza di ventun ca-stelli, dei quali soltanto sei sono noti nella docu-mentazione scritta (GIOVANNETTI 1998). Alcuni diloro sono stati oggetto di scavi di diversa entità,come quelli di Castelnuovo, Capriola di Campor-giano, Bacciano o le Verrucole da parte di autoricome T. Mannoni, G. Ciampoltrini, P. Notini o lastessa L. Giovannetti, ma tranne l’ultimo si trattadi saggi assai limitati.Questa ricerca ha evidenziato comunque, notevo-li differenze rispetto ai modelli castrali accentratie fortificati dominanti nella vicina Lunigiana orien-tale. La maggioranza dei siti identificati nell’altavalle del Serchio sorge a quote piuttosto elevate(ben 15 superano i 700 m di altitudine) e si trattadi strutture di piccole dimensioni realizzate suspianamenti artificiali e dotati da perimetri mura-ri che raramente racchiudono una superficie su-periore ai 600-700 mq. Con frequenza le struttu-re interne sono poco sofisticate, riconducibili allatipologia castellana con torre posta nel punto piùelevato e in posizione centrale rispetto al recinto,che trova una ampia diffusione nella Liguria orien-tale (MANNONI 1984). La maggior parte dei quasicinquanta castelli noti in questo territorio dellaGarfagnana è sorta separata dagli agglomerati giàesistenti, su posizioni elevate apparentemente nonoccupate in precedenza, in modo particolare nel-la valle del Serchio. Questo fatto è da leggere prin-cipalmente in termini di inserimento di un nuovoceto signorile che riesce a insediarsi in modo sta-bile in questi settori di montagna nei pressi deivillaggi altomedievali concentrati già esistenti.Come in altre zone della Toscana, alcuni castellinacquero su corti preesistenti: questo è il caso diGorfigliano o Sala nella valle del Serchio, o di Re-gnano, Ponzanello, Monte, Viano e probabilmenteCasola nella valle Aulella. Tuttavia, questi castellisono delle eccezioni, almeno nella Garfagnana.Questa morfologia incastellata si caratterizza per

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la sua lunga durata, poiché la gran parte di questicastelli sono sopravvissuti fino ai nostri giornicome abitati accentrati dotati di una certa entitàdemografica. È infatti possibile che siano da ri-condurre a questo modello diversi borghi muratiubicati nella Lunigiana orientale. Non va comun-que sottovalutato l’effetto che ha avuto nella Val-le Aulella e nei suoi affluenti il “secondo incastel-lamento” o la realizzazione dei “borghi di fonda-zione” tra i secoli XII-XIV (GALLO 1991), fruttodell’affermazione delle signorie tardive ma incon-trastate dai poteri urbani. Tuttavia, la mancanzadi indagini archeologiche intensive impedisce divalutare la genesi di questi castelli e la loro distri-buzione nel territorio.Ma tornando alla Garfagnana, pochi dei rari castellisorti su centri curtensi sono suscettibili di essere in-dagati archeologicamente, e Gorfigliano è uno diloro. Per questo motivo, l’indagine condotta a Gor-figliano rappresenta un campione significativo di unamorfologia incastellata poco frequente nella Garfa-gnana, ma assai diffusa nella vicina Lunigiana.

2. IL VILLAGGIO DI GORFIGLIANO NELL’ALTAGARFAGNANA

Il villaggio di Gorfigliano è ubicato nel cuore delleAlpi Apuane e appartiene al territorio del Comunedi Minucciano, di cui ha sempre rappresentato unadelle frazioni di maggiori dimensioni (Fig. 2). L’abi-tato è situato nella parte terminale di una vallatadelimitata a N dal corso del Serchio di Minucciano(dal 1953 interrotto da uno sbarramento artificialeche ha dato vita al Lago di Gramolazzo), ad E dalMonte Cuccuruzzolo, a SE dall’Umbriana e dalCogozzolo, a S dalle principali vette delle Apuane(Monte Roccandagia, Monte Cavallo, Pizzo Mag-giore e Monte Pisanino di 1946 m), a W dal monteCalamaio, chiamato dialettalmente la Calamaia, edal Monte Castri. L’andamento della vallata si arti-cola lungo il corso del torrente Acqua Bianca, chescorre prima in direzione SW-NE (zona della con-ca morenica ai piedi delle Apuane, detta Il Piano),e poi in senso N-S fino a sfociare nella valle delSerchio di Minucciano. Questo territorio, di ca. 5kmq, così definito almeno dal Seicento, ha un’iden-tità sociale e geografica molto netta, che ha marca-to la storia del villaggio dal momento della sua co-stituzione nell’altomedioevo.L’accesso alla vallata avviene attualmente dal latoN tramite la provinciale che da Piazza al Serchioporta a Minucciano, anche se prima della costru-zione di questa via (1902) la principale arteria dicomunicazione della valle era rappresentata dallamulattiera che, attraversando il monte di Roggio

porta al territorio di Vagli e a Camporgiano. Se-guendo la viabilità attuale e rimontando la valledell’Acqua Bianca sono presenti alcune abitazionidisposte lungo la via del fondo della valle, forman-do gruppetti di dimensioni limitata – come Foresto(Fig. 3), Piana, Molino, Rimessa – fino ad un in-crocio che divide in due la strada: una rimonta ver-so l’attuale villaggio di Gorfigliano (Fig. 4), nucleoaccentrato e disposto ai piedi del Pisanino; la se-conda strada, proseguendo il tracciato del canaleAcqua Bianca, passa in prossimità di un nucleo dicapanne, in gran parte di legno, nel luogo dettoPesciola, per proseguire nelle località di Gretamassae di Segheria circondando il già menzionato Pianoper collegarsi nuovamente con il villaggio. Il Pianoè una vasta area pianeggiante dedita fino a pochidecenni fa alla coltivazione, anche se nell’attualitàè utilizzato quasi esclusivamente a prato. Il limitedel Piano è costituito a N dal villaggio, e nelle re-stanti parti dagli scoscesi pendii della valle moreni-ca che hanno dato origine al Piano stesso (Fig. 5).Il profondo canale che si trova a S del Piano èattualmente intasato da detriti e da materiali dirisulta della estrazione del marmo nelle vicine cavedel Monte Pisanino, chiaramente visibili dallo stes-so Piano, attive dagli inizi del Novecento e respon-sabili della profonda trasformazione sociale edeconomica del villaggio nell’ultimo secolo a di-scapito della struttura produttiva agro-silvo-pasto-rale dei secoli precedenti (Fig. 6).Il paese di Gorfigliano ospita al giorno d’oggi pocomeno di mille abitanti, e si tratta quindi del nu-cleo abitato di maggiori dimensioni del comunedi Minucciano. In realtà Gorfigliano è stato inepoca postmedievale, e forse anche medievale, unodei villaggi di maggiori dimensioni dell’alta Gar-fagnana. Ancora agli inizi del XX secolo era, in-sieme a Vagli di Sotto (870) la comunità più den-samente abitata della Garfagnana con i suoi 808abitanti, esclusi i villaggi di Castelnuovo (3180) ePieve Fosciana (1437), secondo il censimento del-l’anno 1901 (ROMBY 1987).Tuttavia, la formazione dell’attuale villaggio ac-centrato di Gorfigliano è recente, giacché in etàmedievale il castello da cui trae origine l’abitatoaveva un’altra ubicazione.All’imbocco della valle dell’Acqua Bianca, su uncolle di quota m 736 s.l.m. si trova, infatti, il vec-chio castello, in gran parte ridotto allo stato di ru-dere (Tav. 1, Fig. 7). Il sito archeologico – designa-to come “Chiesa Vecchia” dagli abitanti del posto– si colloca sul lato sinistro del torrente Acqua Bian-ca, ed è sovrastato dal Monte Castri e dal MonteCalamaio, contrafforti del Monte Pisanino.Attualmente si presenta come un villaggio abban-donato e invaso dalla vegetazione (Fig. 8), fattaeccezione per il pianoro sommitale dove sono pre-

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Fig. 2 – Il territorio di Gorfigliano.

Fig. 3 – Località Foresto, Gorfigliano.

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3. I DOCUMENTI SCRITTI DI ETÀ MEDIEVALE

Una prima considerazione che è preciso fare nelmomento di addentrarsi nell’analisi di Gorfiglia-no, e in genere della storia sociale della valle del-l’Acqua Bianca, è che la documentazione scrittaconservata riferita a questo territorio è molto la-cunosa. Infatti, di fronte a un’importante serie didocumenti conservati appartenenti al periodo al-tomedievale, mancano quasi completamente rife-rimenti per il resto del periodo medievale, e sol-tanto nei secoli postmedievali e moderni ricom-paiono diverse fonti relative a Gorfigliano1. Sononumerose le vicende che hanno condizionato laconservazione differenziale di queste fonti scritte(scomparsa degli atti della Vicaria di Minucciano,vicende politico-amministrative, mancanza didocumentazione privata,…), ma di fatto questa èuna realtà molto comune in numerosi territori dellaLucchesia, anche se non mancano villaggi e vallidotati di una continuità documentale molto più ab-bondante di quella riscontrata nella montagna.Il primo documento che cita Gorfigliano(Curfiliano) è un atto di vendita risalente all’8gennaio 793 (MDL V/2, n. 239, pp. 139-140) –fra i più antichi conservati per questo territorio– nel quale emergono alcune delle caratteristi-che salienti dell’assetto insediativo dell’alta Val-le del Serchio nell’altomedioevo. Nel sopracita-to documento, mediante il quale Rachiprando,rettore della chiesa di San Giovanni ed esecutoretestamentario del defunto Walprando, uno deipossidenti laici più eminenti della Garfagnana al-tomedievale (WICKHAM 1997, pp. 58-59), vendeal Vescovo di Lucca la metà delle vaste proprietàfondiarie del testatore, sono infatti menzionatediverse località, indicate con il loro toponimospesso preceduto dal sostantivo loco, (tra le qua-li, appunto, Gorfigliano con le sue due relativecase masserizie): sono 17 in totale, sparse nel-l’alta Garfagnana e nella contigua Valle del Luci-do, delle quali ben 9 risultano localizzabili concertezza in quanto sopravvissute da insediamen-ti odierni, mentre 3 sono state individuate conprobabilità alla luce di una recente analisi topo-nomastica (BARONI 1998, p. 173, n. 27).Pur avendo a che fare con la casualità delle fontiscritte altomedievali, peraltro avare, come noto,di particolari descrittivi e nell’incertezza interpre-tativa di termini quali vicus e, più ancora locus(GINATEMPO, GIORGI 1998, p. 22), presenti nel do-cumento in questione così come nelle altre, nu-

Fig. 4 – Vista generale del villaggio di Gorfigliano.

senti le strutture della chiesa di San Giusto, dellacanonica e del campanile che, a seguito dei lavoricondotti negli ultimi venti anni da parte di alcunivolontari locali, sono state ricostruite. Nei pendiidel colle sono ancora rintracciabili i resti di diver-se abitazioni, gran parte delle quali abbandonatada lungo tempo. Secondo gli stessi abitanti del vil-laggio, il definitivo abbandono del castello fu san-cito dai danni del violento terremoto del settem-bre 1920, cui seguì il quasi completo trasferimen-to degli abitanti a valle. Tuttavia, alcune case ri-massero abitate fino agli anni sessanta del secoloscorso, e non sembra possibile attribuire l’abban-dono del castello medievale agli effetti del terre-moto, poiché si è trattato in realtà di un processolungo e complesso.L’esistenza di questo castello è nota grazie ai do-cumenti scritti, essendo Gorfigliano il primo ca-stello signorile attestato documentalmente nellaGarfagnana e nella Lunigiana orientale.La documentazione conservata ha costituito, in-fatti, un elemento fondamentale nella definizio-ne della strategia di studio del sito di Gorfiglia-no e nel tracciare un questionario di ricerca ini-ziale.

J.A.Q.C.

1. Il volume di storia locale di CASOTTI, GIORGIETTI 1985raccoglie numerose notizie relative a Gorfigliano di epocamedievale e postmedievale.

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2. L’assenza documentaria della microtoponomastica rappor-tabile a case sparse è stata considerata una buona prova afavore dell’accentramento insediativo (WICKHAM 1997, p. 45).3. La localizzazione geografica di questi poderi è sempreespressa, nella documentazione in oggetto, in rapporto alrelativo centro abitato più vicino; così ad esempio, il docu-mento del 793 prima visto cita una casa in Curfiliano (…)Alia casa in Magliano (…). Wickham, nella sua lucida analisisocioeconomica sulla Garfagnana altomedievale, scaturita dauna dettagliata disamina della documentazione scritta, harilevato come «le case masserizie, in generale risultato dellafrantumazione di un fondo, in quanto unità, difficilmente

Fig. 5 – Vista del Piano di Gorfigliano da S.

Fig. 6 – Cave di marmo del bacino dell’Acqua Bianca.

mericamente abbondanti, fonti scritte riguardan-ti la Garfagnana dei secoli VIII-X, sembra comun-que plausibile pensare, sulla scorta di queste, ad untipo di insediamento tendenzialmente accentrato2,intervallato da un paesaggio agrario strutturato inpiccole aziende contadine (case massariciae)3.

La conferma che Gorfigliano si configurasse comevillaggio già nell’altomedievo, presso cui si loca-lizzava una curtis di proprietà della chiesa Domi-ni et Salvatoris di Lucca, proviene dalla successi-va documentazione di IX secolo, attestante, fral’altro, l’affermazione del sistema curtense inGarfagnana4. Il contratto di livello datato il 4 di-cembre 820 (MDL V/2, n. 438, p. 263), median-

potevano essere disgregate (…): la menzione di casa et res(massaricia) va quindi probabilmente intesa come un insie-me di terre sparpagliate sul territorio di un villaggio, cosic-ché formule quali casa et res illa in loco ubi residet Auripertomassario sarebbero state sufficienti all’identificazione in senoa una determinata comunità» (WICKHAM 1997, p. 37).4. Le caratteristiche dell’organizzazione curtense nella val-le del Serchio è stata analizzata a più riprese da WICKHAM1997, pp. 79 ss. e ANDREOLLI 1993.

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te il quale Aufridi, rettore della chiesa Domini etSalvatoris di Lucca allivella a Magiolo avitatorein loco Corfiliano una casa et res (…) cumfundamento curte orto terris vineis ec. cultumposta in suprascripto loco Corfiliano esprime, in-fatti, obblighi chiaramente curtensi5 e, al contem-po, permette di localizzare la cellula dominica, dipertinenza del citato ente ecclesiastico urbano,proprio nei pressi di questo centro6. Con un ana-logo contratto di sette anni più tardo, risalente al25 agosto 827 (MDL V/2, n. 492, p. 296), il me-desimo rettore allivella ad Ansprando filio qd.Magiolo, anch’egli avitatore in Curfiniano finibusCarfaniense, quella casa et res (…) posta in eodemloco Curfiliano un tempo residenza del taleMagnifridulo, il massaro documentato nel 793: gliobblighi da osservare da parte di Ansprando sonopressoché i medesimi rispetto a quelli cuisottostava il padre ma si rileva, per questi, un sen-sibile aumento delle settimane lavorative che dadue passano a sette7.In sintesi nell’arco di 34 anni, dal 793 all’827,sono documentate ben quattro case masserizie

tutte geograficamente vicine al loco Corfiliano, perle quali – come non accade spesso – siamo in gra-do di ricostruire la successione dei livellari, for-malmente dipendenti (come si evince dagli ultimidue documenti esaminati) da una curtis di pro-prietà dell’ente ecclesiastico urbano di Domini etSalvatoris, ma nella sostanza verosimilmente con-trollate dall’episcopio8, oltre a diversi beni del pro-prio vescovato come compare nei polittici dellaseconda metà del secolo (LUZZATI 1979, pp. 217-218, 231, 234-236, 240).Ma oltre ai proprietari ecclesiastici, dal X secoloabbiamo notizie dell’esistenza a Gorfigliano di al-tri proprietari laici che hanno ricevuto concessio-ni livellari di beni appartenenti alla propria chiesalucchese. La documentazione di questo secolomette in rilievo come la parte dell’alta Garfagna-na dove si localizza Gorfigliano, rientri nella sferadi interesse prima fondiario e poi, con il maturaredi forme signorili propriamente dette, anche po-litico, delle due famiglie dei Da Careggine e deiCunimondinghi che in quest’area daranno vita adun’articolata rete di centri fortificati9:Il 12 ottobre 939 (MDL V/2, n. 1268, pp. 173-175) Rodilando, figlio di Chunimondo10 riceve a

Fig. 7 – Vista generale della Chiesa Vecchia di Gorfigliano.

5. Magiolo ha l’obbligo di sottostare alla iustitia domnicain suprascripto loco Carfaniana (cioè Corfiliano), a recare,presso questo centro dominico, ogni mese di maggio, unberbice, 10 sestari di segale e a prestare 2 settimane lavora-tive l’anno (una per la fienagione, l’altra per la mietitura).6. Così nel testo: Et pro iustitia reddere debeamus (…) insuprascripto loco Carfaniana (cioè: loco Corfiliano), in ipsacurte memorate Eccl. S.Salvatoris (…).7. (…) Angaria vero vobis per sing. Annos facere debeamusebdomadas septem in suprascripto loco (..). È inoltre signi-ficativo segnalare che il censo è richiesto in una misura lo-cale, in uso nel ristretto territorio in cui la curtis di Gorfi-gliano si inserisce.

8. «Durante il IX secolo i vescovi imposero il proprio do-minio in modo ancor più energico su tutte le loro chiese:essi comparvero sempre più spesso in qualità di locatoridelle case dipendenti al posto di rettori e pievani» (WICKHAM1997, p. 79).9. Per una generale sintesi distributiva dei castelli dell’altaGarfagnana si rimanda a GIOVANNETTI 1998.10. Personaggio capostipite dei signori detti, da lui,Chunimondinghi, il 24 marzo 883 (MDL, V/2, n. 926, p.567) aveva ricevuto dal vescovo lucchese Gherardo il livel-

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livello dal vescovo Gherardo molti beni dell’epi-scopio posti nelle immediate vicinanze di Luccacosì come in Garfagnana, tra cui sono due casemasserizie in loco et finibus Carfaniana ubi diciturCurfiliano. Questo livello sarà ancora ripetuto perdue volte consecutive nel 983 (MDL V/2, nn.1539-1540, pp. 422-426) dal vescovo Teudegrimoin favore di Gottifredo, figlio di Rodilando e diRodilando figlio di Berardo. I legami di parentelafra tali personaggi lasciano trasparire la stretta vi-cinanza politica fra questa emergente famiglia ru-rale e l’episcopio ed il carattere di ereditarietà se-condo cui si tramandavano i medesimi beni fon-diari, per i quali emerge chiaramente una notevo-le dispersione territoriale in tutto l’ambito dioce-sano11. Il 21 luglio 995 (MDL, V/2, n. 1702, pp.578-579) sono invece quindici le case massaricie,tra cui quattro poste nell’area di Gorfigliano, di

lo della curtis, allora già in rovina, di Sala, anch’essa pro-prietà della chiesa Domini et Salvatoris e da porre, dubita-tivamente, nell’area di Piazza al Serchio dove nel successi-vo XI secolo saranno significativamente documentati trecastelli privati di pertinenza di questa famiglia.11. La frammentazione territoriale dei possessi fondiari deigruppi familiari di elevato rango sociale e la continuità delpotere pubblico marchionale sono stati considerati, daglistorici che si sono occupati della Lucchesia, i maggiori osta-coli al consolidamento delle signorie rurali le quali, dun-que, si sarebbero realizzate “tardi”; non prima della finedell’XI secolo (per questo cfr. WICKHAM 1997, pp. 103 ss.con ampia bibliografia precedente).

pertinenza della chiesa di San Martino di Careg-gine, ad essere allivellate ai fratelli Albericho/Albitio e Winighildo/Winitio12 antenati dei signoriDa Careggine.Infine, in un momento posteriore è attestata nelcastello di Gorfigliano, come in diverse altre loca-lità della valle del Serchio, la sede pontificia comeproprietaria di terreni, per i quali la più anticaattestazione risale al 1085-1086 (FABRE, DUCHESNE

1910, p. 345).Sulla base di questa documentazione, relativamen-te abbondante, Gorfigliano appare come un vil-laggio già accentrato nell’altomedioevo nel qualesono attestati l’esistenza di diversi proprietari,nessuno dei quali sembra avere un dominio com-pleto sull’abitato, come d’altronde è ricorrente inquasi tutta la Toscana settentrionale in questo pe-riodo (WICKHAM 1997). Spunta comunque l’esi-stenza di una sede curtense, le cui tracce comun-que si perdono nella documentazione dal IX se-colo. Per questo motivo non ci è molto chiaro cherapporto possa esistere tra questa sede curtense ela fondazione del castello di Gorfigliano, docu-

Fig. 8 – Vista del colle dove si ubica la Chiesa Vecchia di Gorfigliano.

12. Figli di Fraolmo che nel 980 ricevette a livello la curtisvescovile di Santa Maria di Vitoio (presso Camporgiano)(WICKHAM 1997, p. 112). Ancora agli inizi del XI secolocompaiono come proprietari di beni a Gorfigliano (GHI-LARDUCCI 1991, pp. 69-71, n. 24, a. 1019). Per altri pro-prietari a Gorfigliano cfr. anche AAL ++B 82, a. 1063.

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mentato per la prima volta in un documento del1° luglio 997, costituendo il primo castello priva-to noto di tutta l’alta Garfagnana e della Lunigia-na orientale.Il documento che riporta la prima menzione del-l’esistenza del castello13 è assai oscuro e di inter-pretazione controversa, in modo che non risultapossibile stabilire se la fondazione castellana siada attribuire ai signori Cunimondinghi, comevorrebbero autori come Wickham (1997, p. 130),o al vescovo di Lucca, come vorrebbe A. Spiccia-ni14. Resta in fatto che comunque gli esponentidella futura signoria dei Cunimondinghi appaio-no presto vincolati a questa sede castrense(WICKHAM 1997, p. 111).Purtroppo dal momento nel quale si consolidanole strutture signorili Gorfigliano scompare dalladocumentazione e si vengono a rompere i legamisociali con la città di Lucca. Per analogia con glialtri centri fortificati della Garfagnana (GIOVAN-NETTI 1998, pp. 292-295), sembra ragionevole in-quadrare nei secoli X-XIII lo sviluppo signorile ela sua decadenza come risultato dalla raggiuntasupremazia del comune cittadino sul proprio con-tado già dalla metà del Duecento.Le uniche notizie conservate di questi secoli fan-no riferimento all’esistenza nel XIII secolo di unachiesa interna al castello, in quanto citata comecappella di Corsigiano (dipendente dalla Pieve diCastello, attuale Piazza al Serchio) nell’estimo della

diocesi di Luni del biennio 1296-1297 (PISTARINO

1961, p. 81)15.In conclusione, le fonti scritte mostrano l’esistenzaa Gorfigliano di una convergenza di interessi fon-diari molto articolati almeno dall’altomedievo, dovecompaiono proprietari di estrazione urbana di pri-ma importanza e, in particolare, una curtis di pro-prietà ecclesiastica. Come per i castelli di Campo-ri, Castelvecchio, San Donnino e San Michele, cer-to numericamente inferiori rispetto ai centri forti-ficati sorti ex-novo, si coglie, pure nella carenza dipuntuali prove documentarie, una certa continuitàtra le due forme di potere: quella curtense e quellacastrense, in un contesto di villaggio accentrato.

L.G.

4. QUESTIONARIO INIZIALE DELLA RICERCA

Tenuto conto del marco teorico della ricerca e delleinformazioni offerte dalle fonti scritte, è stato re-datto da parte del gruppo responsabile dell’inda-gine un questionario iniziale di ricerca articolatonelle seguenti questioni:

1. Un primo obiettivo da raggiungere è quello diconoscere le fasi di occupazione dell’abitato, cer-cando di capire la formazione dell’abitato accen-trato nell’altomedievo, l’ubicazione della sede cur-tense e la sua articolazione spaziale e quella delcastello del X secolo, seguendo tutte le indicazio-ni fornite dalle fonti scritte. Si è voluto in parti-colare dare la priorità a una strategia di scavo inestensione per cercare di ottenere un registro ar-cheologico qualitativamente superiore a quellodisponibile nei castelli lucchesi finora indagati,tenendo conto delle caratteristiche geomorfolo-giche del colle dove è ubicato il castello.

2. Un secondo aspetto fondamentale è stato quellodi cercare di caratterizzare in termini archeo-logici le basi delle signorie rurali dell’alta Gar-fagnana, prestando una particolare attenzioneall’analisi degli ecofatti come indicatori privi-legiati delle strategie produttive, impostate siadai contadini che dai signori in un sistematicoconfronto dialettico da analizzare nel contestodella lunga durata. A questo proposito si è di-segnato un modello di campionamento degliecofatti e si è formato un gruppo di ricercatoridi diversa formazione per affrontare la defini-zione del progetto di ricerca.

13. M.D.L., V/3, Appendice, n° 72, pp. 94-95; riedito daSPICCIANI 1994. Questo documento – breve recordationis –oggetto di un saggio interpretativo (SPICCIANI 1994) è statodefinito “enigmatico” (Ibidem, p. 877) per costituire l’epi-logo di precedenti accordi (fra il vescovo di Lucca Gherar-do e i nobili Cunimondo/Cunizo del fu Sighifrido eSisemundo del fu Sisemundo) non chiaramente espressi nellostesso e per celare, con ogni probabilità, contenuti e com-portamenti tipologicamente, anche se non formalmente feu-dali. Da questa fonte sembra ricavabile che il castello diGorfigliano fosse stato concesso dal vescovo a Cunimondocome garanzia per un altro adempimento da eseguire daparte dello stesso presule: la cessione della metà della pie-ve di San Cassiano di Gallicano posta nella bassa Garfagna-na (Ibidem, pp. 894-895). Una volta ceduta la pieve la con-cessione del castello sarebbe stata revocata. Il rifiuto diSisemondo, espresso in questo atto, sia di ricevere la cartaannullata del castello, sia il livello della pieve (concessionepure molto ambita dall’aristocrazia lucchese del tempo) èforse motivata dalla non volontà, da parte sua, di essereobbligato, per bilanciare lo scambio, ad eventualicontroprestazioni di assistenza, magari di carattere milita-re – e qui torna il sospetto di vincoli di natura feudale – dafornire al vescovo (Ibidem, p. 908).14. Il vescovo di Lucca è del resto, in senso cronologico, ilprimo edificatore di castelli anche in questa estremità set-tentrionale del territorio diocesano: la precoce menzionedocumentaria del castello vescovile di Campori (posto in vi-cinanza della pieve di Fosciana), risale, infatti, al 957; unaltro castello di pertinenza dell’episcopio, prossimo al passodelle Forbici – importante per il suo probabile, ma non do-cumentato, ruolo stradale – è quello di Verrucchio attestatoperò più tardi, nella bolla di Alessandro II, papa e vescovodi Lucca, del 1072 ca. (GIOVANNETTI 1998, pp. 292- 299).

15. La presenza di edifici di culto compresi dal recinto ca-stellano è del resto documentata, sia storicamente che dalpunto di vista archeologico, in numerosi altri castelli del ter-ritorio della Garfagnana (GIOVANNETTI 1998, pp. 312-314).

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3. Una particolarità qualificante della realtà diGorfigliano è quella della traslazione dellasede abitativa, processo che praticamente nontrova confronti in tutto l’Appennino tosca-no nordoccidentale. Studiare per tanto le fasie le cause della traslazione del villaggio, siadal punto di vista dell’abitato che dell’arche-ologia agraria è divenuto un altro obiettivoprincipale della ricerca. In realtà, soltanto conun approccio integrale che permettesse diconsiderare tutta la valle dell’Acqua Biancacome un unico sito archeologico sarebbe pos-sibile cogliere le trasformazioni di una socie-tà periferica e marginale come quella di Gor-figliano.

Tenendo in mente queste tre problematiche princi-pali, è stata disegnata una strategia d’indagine arti-colata in una prima fase diagnostica d’analisi preli-minare della morfologia del castello e dell’abitatoattuale, che hanno permesso di identificare le prin-cipali problematiche e formare dei gruppi di ricerca.La prima fase della ricerca è stata realizzata nel corsodegli anni 1999-2003 dal Comune di Minuccianoin collaborazione con l’Istituto di Storia della Cul-tura Materiale e l’Universidad del País Vasco/EuskalHerriko Unibersitatea. Nei primi tre anni sono sta-ti realizzati i lavori di campagna, mentre i seguenti

due anni sono stati dedicati allo studio, la discus-sione e l’elaborazione dei dati ottenuti.In questa sede si presentano i risultati di questa pri-ma fase, che si confida possa avere presto un suoseguito. Il presente volume è diviso essenzialmentein quattro parti principali. Nella prima si presentaun quadro naturalistico di riferimento, facendo at-tenzione in modo particolare al contesto geologicoe geomorfologico in rapporto con le forme inse-diative; nella seconda parte si presentano i risultatidegli scavi condotti nella Chiesa Vecchia negli anni1999-2001. La presentazione delle sequenze stra-tigrafiche individuate e dei reperti archeologici in-dividuati è accompagnata da tutta una serie di con-tributi specialistici dedicati all’analisi particolareg-giata dei diversi materiali archeologici individuatinel corso dei lavori. Nella terza parte si presentanogli studi realizzati sul villaggio attuale di Gorfiglia-no e sugli spazi agrari e forestali della valle dell’Ac-qua Bianca, adottando quindi una prospettiva dicarattere regressiva. Infine, un ultimo capitolo pre-tende, a modo di conclusione, richiamare alcunedelle principali tematiche poste dallo studio con-dotto finora a Gorfigliano.

J.A.Q.C.

LUCIA GIOVANETTI,JUAN ANTONIO QUIRÓS CASTILLO

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