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“I giorni della Balena”. Una storia per la valorizzazione del fossile di Balenottera del Museo di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Bari Vincenza Montenegro Sistema Museale di Ateneo, Università degli Studi di Bari, Via Orabona, 4. I- 70125 Bari. E-mail: [email protected] 165 “I GIORNI DELLA BALENA” News / Reviews MUSEOLOGIA SCIENTIFICA nuova serie • 10: 165-171 • 2016 ISSN 1123-265X RIASSUNTO Il Museo di Scienze della Terra del Dipartimento di Scienze Geologiche e Geoambientali dell’Università degli Studi di Bari espone lo scheletro fossile di una Balenottera scoperta nel 1968 nel deposito calcarenitico alla periferia Nord della città di Bari. “I giorni della Balena” è il racconto della storia della scoperta del reperto, fatto attraverso la lettura delle fonti storiche coadiuvate dalle testimonianze di alcuni dei protagonisti delle vicende, e mette in evidenza, oltre il suo valore scientifico, il forte valore educativo di cui è portatore, creando un possibile supporto alla sua let- tura che sappia contribuire a una più ampia condivisione con tutta la Comunità delle conoscenze e dei valori di cui è depositario lo stesso Museo. Parole chiave: Balaenopteridae gen. sp., estinta, cronaca degli eventi, recupero dell’esemplare fossile, valorizzazione. ABSTRACT “The days of the Whale”. An history for the development of the whale fossil at the Earth Science Museum of the University of Bari (Italy). A fossil skeleton of a whale, discovered in 1968 in a calcarenite deposit at the northern outskirts of the town of Bari (Southern Italy), is displayed at the Earth Science Museum of the Department of Geological and Geo- environmental Sciences, at the University of Bari. “The Days of the Whale” is the tale of the discovery of the fossil, carried out through the reading of the historical sources, integrated by reports from witnesses of the sequence of events. The tale highlights, beside the scientific value of the fossil, its strong educational function, since it represents a remarkable support toward dissemination, in the whole Community, of both knowledge and values of the Earth Science Museum. Key words: extint Balaenopteridae gen. sp., chronicle of events, collection of Fossil specimen, development. PREMESSA Il Museo di Scienze della Terra del Dipartimento di Scienze Geologiche e Geoambientali dell’Università degli Studi di Bari, nato sull’impronta dei musei di prima generazione ha intrapreso da subito un per- corso di apertura al dialogo con il pubblico organiz- zando soprattutto mostre temporanee, laboratori didattici e visite guidate. La sala dedicata alla paleontologia del Quaternario espone lo scheletro fossile di una Balenottera scoper- ta nel 1968, alla periferia Nord della città di Bari. La sua musealizzazione lo ha legittimato e riconosciuto parte del patrimonio culturale del Museo restituen- dogli la sua funzione di segno comunicativo, e attri- buendogli un valore oltre che culturale anche sociale (fig. 1). Il fossile della Balenottera fu esposto in Museo nella primavera del 1995 (Stagnani, 1995a) e qui fu siste- mato nella posizione attuale dal paleontologo lecce- se Angelo Varola. Si scelse di sistemarla sdraiata in terra, all’ingresso della sala dedicata al Quaternario. Nel corso degli anni alcuni interventi museografici hanno permesso di migliorare la sua leggibilità. Attraverso il disegno del mare sul cordolo si è tenta- to di dare al visitatore la possibilità di percepire quel- lo che era l’ambiente di vita dell’animale, mentre l’ar- tista Tommaso Genchi, si è lasciato ispirare dai suoi resti fossili per ricrearne le sue sembianze all’interno del suo ambiente naturale, (Francescangeli & Monno, 2014). A supporto delle informazioni sono state inoltre sistemate fotografie storiche disposte in sequenza e incorniciate dal disegno di una pellicola

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“I giorni della Balena”. Una storia per la valorizzazione del fossile di Balenottera del Museo di Scienze della Terradell’Università degli Studi di Bari

Vincenza MontenegroSistema Museale di Ateneo, Università degli Studi di Bari, Via Orabona, 4. I- 70125 Bari. E-mail: [email protected]

165“I GIORNI DELLA BALENA”

News / ReviewsMUSEOLOGIA SCIENTIFICA nuova serie • 10: 165-171 • 2016 ISSN 1123-265X

RIASSUNTOIl Museo di Scienze della Terra del Dipartimento di Scienze Geologiche e Geoambientali dell’Universitàdegli Studi di Bari espone lo scheletro fossile di una Balenottera scoperta nel 1968 nel deposito calcareniticoalla periferia Nord della città di Bari.“I giorni della Balena” è il racconto della storia della scoperta del reperto, fatto attraverso la lettura delle fontistoriche coadiuvate dalle testimonianze di alcuni dei protagonisti delle vicende, e mette in evidenza, oltre ilsuo valore scientifico, il forte valore educativo di cui è portatore, creando un possibile supporto alla sua let-tura che sappia contribuire a una più ampia condivisione con tutta la Comunità delle conoscenze e dei valoridi cui è depositario lo stesso Museo.

Parole chiave:Balaenopteridae gen. sp., estinta, cronaca degli eventi, recupero dell’esemplare fossile, valorizzazione.

ABSTRACT“The days of the Whale”. An history for the development of the whale fossil at the Earth Science Museum ofthe University of Bari (Italy).

A fossil skeleton of a whale, discovered in 1968 in a calcarenite deposit at the northern outskirts of the town ofBari (Southern Italy), is displayed at the Earth Science Museum of the Department of Geological and Geo-environmental Sciences, at the University of Bari.“The Days of the Whale” is the tale of the discovery of the fossil, carried out through the reading of the historicalsources, integrated by reports from witnesses of the sequence of events. The tale highlights, beside the scientificvalue of the fossil, its strong educational function, since it represents a remarkable support toward dissemination,in the whole Community, of both knowledge and values of the Earth Science Museum.

Key words:extint Balaenopteridae gen. sp., chronicle of events, collection of Fossil specimen, development.

PREMESSAIl Museo di Scienze della Terra del Dipartimento diScienze Geologiche e Geoambientali dell’Universitàdegli Studi di Bari, nato sull’impronta dei musei diprima generazione ha intrapreso da subito un per-corso di apertura al dialogo con il pubblico organiz-zando soprattutto mostre temporanee, laboratorididattici e visite guidate.La sala dedicata alla paleontologia del Quaternarioespone lo scheletro fossile di una Balenottera scoper-ta nel 1968, alla periferia Nord della città di Bari. Lasua musealizzazione lo ha legittimato e riconosciutoparte del patrimonio culturale del Museo restituen-dogli la sua funzione di segno comunicativo, e attri-buendogli un valore oltre che culturale anche sociale(fig. 1).

Il fossile della Balenottera fu esposto in Museo nellaprimavera del 1995 (Stagnani, 1995a) e qui fu siste-mato nella posizione attuale dal paleontologo lecce-se Angelo Varola. Si scelse di sistemarla sdraiata interra, all’ingresso della sala dedicata al Quaternario.Nel corso degli anni alcuni interventi museograficihanno permesso di migliorare la sua leggibilità.Attraverso il disegno del mare sul cordolo si è tenta-to di dare al visitatore la possibilità di percepire quel-lo che era l’ambiente di vita dell’animale, mentre l’ar-tista Tommaso Genchi, si è lasciato ispirare dai suoiresti fossili per ricrearne le sue sembianze all’internodel suo ambiente naturale, (Francescangeli &Monno, 2014). A supporto delle informazioni sonostate inoltre sistemate fotografie storiche disposte insequenza e incorniciate dal disegno di una pellicola

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fotografica, permettendo di raccontare la dimensio-ne temporale della sua scoperta e del suo recupero(Montenegro & Monno, 2015).La valorizzazione del reperto, intrapreso da lungotempo dai responsabili del Museo, ha portato inoltrea individuare strategie comunicative a supporto deivisitatori non vedenti, mettendo a disposizione sup-porti tattili per restituirne la percezione delle formee delle dimensioni (Pegorari, 2010).

MATERIALI, METODI E OBIETTIVIQuesto contributo vuole recuperare la dimensionestorica della scoperta del fossile di Balenottera al finedi mettere in evidenza, oltre al suo valore scientifico,il forte valore educativo di cui è portatore.La ricostruzione storica e le informazioni scientifi-che sono frutto della ricerca e dell’analisi di fontiscritte e testimonianze orali. La ricerca delle fontistoriografiche si è svolta presso l’Archivio Storicodell’Università di Bari, presso la Teca Rai, l’Archiviodella Gazzetta del Mezzogiorno nonché presso lostesso Museo di Scienze della Terra.La storia viene presentata attraverso l’esperienzadiretta di alcuni dei protagonisti delle vicende, duede gli scopritori, Vittorio Stagnani e Oreste Trig gia ni;e la paleontologa e conservatrice museale dell’Uni -versità di Firenze, Annalisa Berzi, che diresse lo sca-vo paleontologico.Il metodo proposto è dunque quello narrativo poi-ché l’uso della narrazione in museo si rivela un effi-cace strumento educativo e di apprendimento e dalpunto di vista sociale permette la strutturazione disignificati interpretativi della realtà e la diffusione divalori culturali, stimolando il visitatore all’immagina-zione e al ragionamento e avvicinandolo alle espe-rienze oltre che intellettive, anche emotive dei pro-tagonisti.Il linguaggio proposto è quello testuale e l’andamen-to narrativo è sviluppato attraverso un dialogo a piùvoci, in cui la voce fuori campo introduce il discorsodiretto dei protagonisti.

Fig. 1. La Balenottera presso il Museo di Scienze

della Terra dell’Università degli Studi di Bari.

Fig. 2. Canalone di Fesca, Bari (Puglia, Italia)

(Archivio Museo di Scienze della Terra, Università di Bari).

“I GIORNI DELLA BALENA”Il 27 luglio del 1968, alla periferia Nord della Cittàdi Bari, fu fatta la sensazionale scoperta del fossile diquello che successivamente fu riconosciuto come loscheletro di una specie di balenottera che popolavail Mar Mediterraneo all’inizio dell’Era Quaternaria,all’incirca 1.700.000 anni fa, quando ampi tratti dellacosta pugliese erano sommersi dal mare e le acqueerano fredde.Lo scheletro fossile era stato già messo in luce neglianni Venti del secolo scorso in seguito ai lavori disban camento del tratto terminale della lama Lama -sinata (fig. 2), per la costruzione del canale utile alconvoglio delle acque durante le alluvioni, comune-mente chiamato dalla popolazione locale “Canalone”.Per oltre quarant’anni nessuno aveva notato quelleossa fossilizzate, il primo a imbattersi in loro fu ungiovane speleologo Enzo Indraccolo, il quale purnon riuscendo a riconoscerne la tipologia di animalericonobbe subito l’importanza del fossile e pronta-mente chiese la collaborazione degli amici VittorioStagnani, anch’egli speleologo, Oreste Triggiani,all’epoca studente di entomologia, e Nicola Cervini.

Triggiani Ad attrarre l’attenzione di Enzo furono lestrane forme della roccia che affiorava dalterriccio, mi convinse a seguirlo facendoleva sulla mia passione e i miei studi, mi disseche poteva trattarsi di un grande insetto!

Stagnani Pensavo che Enzo si stesse prendendo giocodi noi, lo seguimmo e quando fummo nelCanalone e vedemmo affiorare dalla biancaroccia calcarea quelle prime ossa pensammosubito che fossero i resti di un dinosauro.

Inizialmente i quattro giovani mantennero il massi-mo riserbo sulla scoperta, e alle prime luci dell’alba,lontani dagli occhi dei curiosi, ripulirono la superfi-cie del fossile dal terriccio per poterlo meglio osser-vare e fotografare.

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Stagnani Ripulimmo il fossile dal terriccio con dellescope e quando riuscimmo a contare dician-nove vertebre, molte costole, e quelle chesem bravano lunghe zanne, il tutto dispostosu una lunghezza di dieci metri circa,restammo senza fiato. Non pensammo ap -partenessero ad una balena ma piuttosto adun lucertolone con le zanne. Cominciaronocosì per noi i “giorni della balena”, giorni incui ci dedicammo interamente al salvataggiodel resto fossile.

Triggiani Finito quel sommario rilievo ricoprimmo ilfossile con lo stesso terriccio, sia per proteg-gerlo da possibili vandali e sia perché nonvolevamo perdere la po testà di quella sco-perta.

Stagnani Ho dovuto soffocare l’istinto del giovanecronista ansioso di dare per primo la notizia,e la consapevolezza che se ciò avessi fatto ilfossile sarebbe potuto finire male perché allamercè di tutti.

Il primo esperto a cui si rivolsero i quattro giovani fuil professor Luigi Ranieri, direttore dell’allora Istitutodi Geografia della Facoltà di Economia e Com mer -cio dell’Università di Bari, il quale dopo aver vi sto iresti confermò l’eccezionalità del reperto e sup po sesi trattasse di un Balenopteroide (Stagnani, 1976).

Triggiani Decidemmo a quel punto di raccontare dellascoperta di Enzo al Rettore dell’Università diBari, perché lui individuasse chi aveva lecompetenze necessarie per identificare concertezza e recuperare quel grande fossile.

L’allora Rettore dell’Università di Bari, il professorPasquale del Prete, dimostrò una grande sensibilità esi interessò prontamente alla scoperta. Inizialmentecoinvolse il professor Vincenzo Cotecchia, direttoredell’Istituto di Geologia Applicata della Facoltà diIngegneria, poiché in quei giorni il direttore dell’Isti -tuto di Geologia e Paleontologia della Facoltà diScienze, Fisiche e Matematiche, il professor AdrianoValduga, era assente (Archivio Generale di Ateneo diBari - AGAB).Cotecchia suggerì al Rettore di contattare uno deipochi studiosi italiani di vertebrati fossili, il professorAugusto Azzaroli dell’Istituto di Geologia e Pa -leontologia dell’Università di Firenze.

Berzi Il professor Azzaroli in quei giorni era fuorisede, era a Praga per un congresso interna-zionale di Geologia, fui io a rispondere allatelefonata di Del Prete, il quale mi disse chea Bari era stato ri trovato il fossile di un ele-fante e si chiedeva se fossimo interessati alloscavo.

La dottoressa Annalisa Berzi, che effettuava abitual-mente scavi paleontologici per il Museo di Geologiae Paleontologia dell’Università di Firenze, del qualein seguito divenne conservatrice, accolse con inte-resse l’invito del Rettore Del Prete e sentito il profes-sor Giovanni Merola, direttore dell’Istituto omoni-mo, fu subito autorizzata a recarsi a Bari accompa-gnata dal dottor Vittorio Borselli collaboratore dellostesso Museo.

Berzi In pochissime ore io e Vittorio Borselli orga-nizzammo la nostra partenza, e do po avertrascorso una notte in piedi in treno, giun-gemmo a Bari dove fummo accompagnatisotto il sole cocente nel Canalone per unprimo sopralluogo.

Ad accogliere i Paleontologi fiorentini, oltre a DelPrete e a Cotecchia, furono i professori GiovanniPal mentola, Giustino Ricchetti e Neri Ciaranfi,dell’Isti tuto di Geologia e Paleontologia di Bari.Berzi fu in grado di assegnare da subito a quel reper-to l’appartenenza alla famiglia Balaenoteridae, le fusufficiente osservare le vertebre cervicali, ben rico-noscibili, che apparivano separate fra loro e non sal-date in un unico blocco come invece è per i cetaceiappartenenti alle altre famiglie dei Misticeti.

Berzi Mi trovai di fronte a un reperto di indubbiovalore scientifico, purtroppo l’esemplare nonera completo, il cranio era quasi assente, male vertebre cervicali tutte presenti conferma-rono che si trattasse dello scheletro fossile diuna balenottera.

Stagnani Finalmente sapevamo di quale bestia si trat-tasse, una balenottera che circa un milione emezzo di anni fa sguazzava tranquilla assie-me al suo branco nelle acque di unMediterraneo più grande e più freddo.

Berzi chiese di poter essere affiancata nelle operazio-ni di scavo da operai specializzati, e Cotecchia coin-volse l’impresa locale del costruttore Matarrese, ilquale mostrò una grande sensibilità per questo recu-pero e pretese per il suo lavoro un compenso simbo-lico di 100 lire.

Stagnani La macchina per il salvataggio era avviatanel migliore dei modi, il cetaceo era statoaffidato nelle mani di esperti i quali miseronella direzione dei lavori tutta la loro capa-cità e bravura.

La notizia della scoperta fu data alla popolazionedalla televisione e dalla stampa, la Gazzetta del Mez -zogiorno per prima diffuse la notizia il 6 agosto del1968 pubblicando in prima pagina il trafiletto “Restidi Balena Preistorica nel canalone di Bari?” mentre la

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Fig. 3. Isolamento del reperto (Archivio Museo di Scienze della Terra, Università di Bari).

prio una balena preistorica. Ma come è finita daquelle parti? Iniziato il recupero del fossile – Le sug-gestive ipotesi circa la presenza del mammifero nellazona di Fesca”.

Stagnani La balena divenne una creatura dei ba resi,giorno per giorno seguirono su “La Gazzettadel Mezzogiorno” i resoconti e le ultimenotizie sull’andamento dei lavori.

Il Fossile era in uno stato di conservazione discreto,giaceva, in uno strato di Calcarenite dello spessoredi 20-30 cm, in posizione fisiologica, ma mancava diquasi tutto il cranio e inoltre alcune delle ossa eranotagliate e appiattite a causa dei lavori eseguiti per loscavo del Canalone, gli operai non essendosi accortidello scheletro lavorando con il piccone avevanoasportato la parte superiore di quasi tutte le ossa(Berzi, 1968).

Berzi Era possibile dire poco sulle cause della mor-te e dei processi che avevano interessato ilcorpo dell’animale morto. Il fossile era inposizione anatomica e si può supporre checome capita ancora oggi, questa balenotterasi sia arenata nello stesso punto in cui è statapoi rinvenuta, qui sia morta e fossilizzatanello strato di sedimento che si è man manodepositato.

Rai nazionale mandò in onda il 9 agosto il serviziointitolato “Bari, trovati resti di Balena di un milionedi anni fa” (Teca Aperta della Sede Rai di Bari).

Stagnani Appena la stampa e la televisione diffusero lanotizia del rinvenimento, la ba lenottera fufotografata più di una diva e divenne comeun neonato che riceveva la visita di una lun-ga schiera di parenti e amici.

Le operazioni di scavo per il recupero del Cetaceodurarono sei giorni, ebbero inizio il 7 agosto sotto ladirezione dalla dottoressa Berzi e il supporto del dot-tor Borselli, e inoltre furono invitati a lavorare alloscavo anche i quattro scopritori.

Triggiani Accettammo con entusiasmo di prendereparte al recupero. Non credo che io e i mieamici dimenticheremo mai quell’esperienzae in segno di riconoscenza e simpatia versola dottoressa Berzi, battezzammo la balenot-tera con il suo no me, “Annalisa”.

Le varie fasi del recupero furono seguite attentamen-te dalla stampa locale, il quotidiano “La gazzetta delmezzogiorno” provvide quotidianamente ad aggior-nare i lettori sullo stato dei lavori assegnando il 7agosto la prima pagina alla notizia: “Bari. Con fer ma -ta l’eccezionalità della scoperta al Canalone. È pro -

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Decisi dunque di estrarre il fossile insiemeallo strato roccioso che lo inglobava, sia pernon danneggiarlo ulteriormente e recupera-re le impronte lasciate da alcune ossa nonritrovate e sia perchè il sedimento dava chia-re indicazioni di quello che era l’ambiente incui era morto l’animale.

Fu scavata una trincea profonda circa un metro e l’in-tero strato roccioso contenente il Fossile venne iso-lato (fig. 3) e successivamente suddiviso in 4 blocchi,poiché la lunghezza e il peso non consentivano un

Fig. 4. Consolidamento del reperto

(Archivio Museo di Scienze della Terra, Università di Bari)

Fig. 5. Trasporto presso il palazzo dell’Ateneo (Archivio Museo di Scienze della Terra, Università di Bari).

facile trasporto. Era lungo all’incirca 10 metri epesante molte tonnellate. Ciascun blocco fu stabiliz-zato con giornali e strisce di canapa imbevute di ges-so e serrato in travi di legno (Stagnani, 1968) (fig. 4).

Berzi Scavammo per sei giorni, la mattina alle 5eravamo sullo scavo per approfittare delleore meno calde della giornata.

Triggiani Ricordo con grande affetto quei giorni, lospirito di gruppo e l’aggregazione dellacomunità barese attorno a quella scopertacosì rara. Ogni giorno molti cit tadini curio-si, grandi e piccoli venivano a trovarci sulloscavo per conoscere i particolari di quellascoperta e le tec niche utilizzate per lo scavoe il re cupero di quel grande fossile.

Il fossile così imballato fu trasportato per mezzo diuna pala meccanica (fig. 5), presso il Palazzo Ate -neo, dove inizialmente fu depositato nel cortile a cuisi accede direttamente da via Nicolai (fig. 6), quiVal duga fece costruire un capannone con la disponi-bilità di acqua corrente ed elettricità per poter con-sentire le operazioni di pulizia e restauro del reperto(AGAB).In quel periodo presso l’Università di Bari non vi erapersonale tecnico addestrato per quel compito spe-cifico (AGAB), pertanto fu chiamato ad occuparsenelo stesso Borselli.

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Fig. 6. Atrio del palazzo Ateneo dell’Università di Bari (Archivio Museo di Scienze della Terra, Università di Bari).

Berzi Prima del restauro erano visibili solamente ledue mandibole e una parte di cranio, quasitutta la colonna vertebrale, alcune costole edun frammento isolato, forse di scapola. Man -cavano completamente le ultime vertebredelle coda e le ossa del bacino.La pulitura e il consolidamento del fossilemisero in evidenza la presenza di una delledue bulle timpaniche, con mia grande gioiapoiché lo studio della sua morfologia ciavrebbe permesso di di stinguere con chia-rezza la specie a cui la balenottera apparte-neva.La bulla timpanica è un osso dell’orecchiointerno e la sua morfologia è caratteristicaper ogni specie di cetaceo.

Dopo le operazioni di restauro e consolidamentoValduga decise di esporre lo scheletro del Cetaceosulla parete di uno dei corridoi dell’Istituto di Geo -logia che aveva sede nel Palazzo Ateneo, in attesa dipoterlo mettere in mostra un giorno presso il Museodi Geologia e Paleontologia, all’epoca previsto nelpiano edilizio dell’Università (AGAB).

Berzi Non condivisi quella scelta espositiva, poi-ché per quanto consolidato il fossile era sog-getto a disgregazione. Sarebbe stato più op -por tuno disporla in terra.

Nel 1985 l’Istituto di Geologia e Paleontologia futrasferito presso il nuovo edificio al Campus univer-sitario, la Balenottera invece dovette attendere anco-ra 10 anni prima di trovare posto nelle sale del nuovoMuseo annesso all’Istituto, poiché i costi per il suotrasporto e la sua esposizione erano elevatissimi.Nel frattempo perse la sua visibilità sotto ogni aspet-to, poiché venne mascherata da un grande armadiopieno di libri dell’Istituto che andò ad occupare suc-cessivamente quella sede (Lojacono, 1991).

Stagnani La balenottera finì una seconda volta percosì dire sepolta, ma questa volta non erauno strato di roccia a mascherarla bensì scaf-falature e armadi. La cosa era inaccettabile escandalosa, io, Ore ste e Nicola, inviammoalcuni comunicati stampa e articoli pubblica-ti sulla Gaz zetta del Mezzogiorno, per chie-dere l’intervento di banche, imprese o entiche potessero sopportare i costi per il trasfe-rimento della Balenottera.

La Balenottera faceva parlare ancora una volta di se,il trasloco e la sistemazione nel Museo secondo uncriterio in grado di dare la giusta rilevanza al reperto,aveva i suoi costi, i quotidiani all’epoca parlavano dicirca sessanta milioni di lire (Triggiani, 1993).“Annalisa”, spiegò all’epoca il professor Palmentolache dirigeva l’Istituto, doveva essere inquadrata nella

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RINGRAZIAMENTISi ringrazia per la collaborazione: Franco Gisotti,responsabile Teca Aperta della Sede Rai di Bari eGiuseppe Ventrella responsabile dell’Archivio Sto ri -co dell’Università degli Studi di Bari.Oreste Triggiani, Vittorio Stagnani e Annalisa Berziper aver ricostruito con precisione e sentita emozio-ne i particolari della storia vissuta.Si ringrazia il Museo di Scienze della Terra per avermesso a disposizione il patrimonio documentale diinteresse storico.Un doveroso riconoscimento lo riservo a VittorioStagnani e Annalisa Berzi per avermi incoraggiatoalla scrittura di questo contributo e per la sua letturacritica.

BIBLIOGRAFIABERZI A., 1968. Autopsia di uno scheletro. NelMese,settembre.

FRANCESCANGELI R., MONNO A. 2014. C’erano inPuglia… arte e paleontologia. Suggestioni di Tommaso Genchi.Catalogo della mostra di pittura.

LOJACONO L., 1991. “Annalisa”, la balena… murata.L’incredibile storia del cetaceo rinvenuto 23 anni fa.Gazzetta del Mezzogiorno, 31 ottobre: II.

MONTENEGRO V., MONNO A., 2015. Una letturasemiotica delle esposizioni museali: spunti di rifles-sione. Atanor, Semiotica, Filosofia, Arte, Letteratura XXV, 18Col lana diretta da Augusto Ponzio: 243-254.

PEGORARI L. M., 2010. Museo al buio: sperimentazionididattico museali per i videolesi. FAL Vision Editore SNC.

STAGNANI V., 1968. Lungo sonno tra i tufi di Fesca.NelMese, settembre.

STAGNANI V., 1976. Moby Dick a Bari. Puglia fuoristrada. Arti Grafiche Lecchesi. Edizioni Agielle.

STAGNANI V., 1995a. Bari, l’antico fascino della bale-na Annalisa. Gazzetta del Mezzogiorno, 6 aprile: ultima.

STAGNANI V., 1995b. Annalisa riposa in pace.NelMese, marzo.

TRIGGIANI M., 1993. Annalisa, fossile nell’armadio.Gazzetta del Mezzogiorno, 5 novembre: 26.

FONDI D’ARCHIVIO ARCHIVIO GENERALE DI ATENEO BARI, AGAB. Fa -scicolo: Rinvenimento Balena fossile. Serie Affari ge -nerali parte II, Armadio D, Settore XIX, Palchetto 2,Busta n. 14.

Submitted: September 1st, 2016 - Accepted: October 25th, 2016Published: December 16th, 2016

conoscenza delle realtà geologiche pugliesi e per farciò andava mostrata in modo ottimale da un punto divista conservativo, didattico e culturale. L’idea inizia-le fu quindi di sistemare il fossile in una grossa “sca-tola trasparente”, una struttura di plexiglass che do -veva consentire di riprodurre la posizione in cui erastata trovata nel Canalone e l’ambiente naturale nelquale era vissuta (Triggiani, 1993).

Triggiani Tutti noi ci interrogavamo su come fosse sta-to possibile un tale oltraggio e fu solo grazieall’intervento del Gruppo Dio guardi di Bari,il quale contribuì so stanzialmente alle spesedi trasporto, che si riuscì a far trasferire laBalenot tera dall’Ateneo al nuovo Museo diScienze della Terra.

Lo scheletro fossile della balenottera esposta inMuseo, deve molto al vivace interesse dei suoi sco-pritori, alla rete di relazioni che Del Prete e i geologibaresi seppero costruire con l’Università di Firenze,e all’interessamento di due grandi imprese locali chehanno permesso a costo zero e con molta professio-nalità di superare gli ostacoli economici del recupero(Stagnani, 1995b).

Berzi Non si conosce ancora la specie a cui appar-tiene la Balenottera “Annalisa”, ad oggi nes-sun esperto paleontologo l’ha ancora studia-ta, potrebbe rappresentare una specie estintao un progenitore delle attuali specie viventi,certo è che il suo rinvenimento rappresentaun mo mento di eccezionale valore sociale.Le attenzioni riservatele da Enzo, Vittorio,Oreste e Nicola nonché la grande sensibilitàdi Del Prete e delle ditte Matarrese e FratelliDioguardi furono un esempio di grandeamore per la città e la sua cultura.

Stagnani Nel disturbare il lungo sonno di “An nalisa”,abbiamo imparato ad apprezzare di più quel-lo che la natura ci offre ogni istante e chetroppo spesso ignoriamo perché siamo trop-po egoisti.Io ogni tanto vado a trovarla in Museo, e lesue forme li distese mi rassicurano e mi fan-no tornare in mente il lungo Ca nalone allaperiferia della Città, le mani screpolate dalgesso, le schiene indolenzite e bruciate dalsole, birre ghiacciate, qualche panino, tantiamici, tutto per salvare una vecchia, simpati-ca balena.

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