I D E A S P I R I T U A L I S T A del E SCRITTI/serate di IS... · gia, in uno con l'antico...

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' I D E A S P I R I T U A L I S T A Stralci stenografici. Lezione n. 33 6 del 13.4.1957 o o o Innalziamo lo spirito nostro: "Primogenito dei na - ti, primogen ito dei morti, a Te che, libero, Ti desti la schi� vitù della peribile materia; a Te che, padrone, divenisti se� vo, a Te che, creatore, volesti essere creato, l'anima nostra filialmente si innalza in una invocazione ardente e pura:, fa' che possiamo compiere in noi l'immagine Tua, f�' che p�siamo attuare in noi la Tua somiglianza, fa' che riusciamo a 'compi�r re sulla terra il Tuo corpo mistico e che Tu ne sia il capo e l'animatore, così che Tu, in noi ritrovandoti, ouno di noi si confermi i n eterno. Amen". o o o TO DI p ASQUA ' X Domani in tutte le chiese della cris tianità sarà be - nedetto l'olivo, simbolo di pace, simbolo di fecondità nel b� ne, simbolo altresì di tenacità e di coraggi osa operazione nel b' ene e nella virt. Apparentemente, la festa ·degli olivi è una festa di gaudio; la chiesa, smesso l'abto del lutto,i dossa i pamenti dell'alleggrezza� il sacerdote sale all'al- tare in tono di festa, di gaudio e di rallegramento; la chie- sa, cioè il corpo mistico, la società dei cristiani, festeg - gia, in uno con l'antico opolb di Gèrusalee · , l'ingresso · glorioso del° Cris to nella sua città. Se noi vogliamo medita - re sugli eventi, noi dobbiamo necessariamente e fatalmente rendere le mosse dall'ingresso trionfante di Gesù di Nazareth detto il Cristo, nella città di Gerusalee. La f ama del Cristo era giunta al popolo di Gerusal- lemme, quale fa? Noi dobbiamo riflettere su queso stra- nissimo fe nomeno storico, per cui la popolazione di u citpossa accogliere un individuo con �este ed applausi grand issi mi e che neppure otto dì dopo possa condanre lo stesso in - dividuo a morte spaventosa e crudele per furore di popolo. Il fenomeno di Gerusalemme offre molti argomenti di riflessione alla nostra mente, sempre -che - ben· inteso - noi vogliamo ri- flettere que sto fenomeno, su questo mistero. E' indubbio che il Cristo non era quello che oggi si chiamerebbe un uomo politico e, meno che meno, un demagogo; il Cristo non era ca- po di una parte e, se parte si voleva vedere e riconoscere nello sparuto gruppo dei suoi seguaci, era indubbiamente u parte quanto mai irrisibile. Che cosa era infatti questo gru� po? Una ventina - direo oggi - di scalzacani laceri, spor - chi, ignoranti e, soprattutto, peri. E noi sappiamo che in ogni tempo ed in ogni luogo i poveri hao sempre ato una cattiva stampa e, per di più, non hanno mai avuto· seito.

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I D E A S P I R I T U A L I S T A

Stralci stenografici. Lezione n. 336 del 13.4.1957

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Innalziamo lo spirito nostro: "Primogenito dei na -ti, primogenito dei morti, a Te che, libero, Ti desti la schi� vitù della peribile materia; a Te che, padrone, divenisti se� vo, a Te che, creatore, volesti essere creato, l'anima nostra filialmente si innalza in una invocazione ardente e pura:, fa' che possiamo compiere in noi l'immagine Tua, f�' che p�siamo attuare in noi la Tua somiglianza, fa' che riusciamo a 'compi�r re sulla terra il Tuo corpo mistico e che Tu ne sia il capo e l'animatore, così che Tu, in noi ritrovandoti, ognuno di noi si confermi in eterno. Amen".

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TEMPO DI p ASQUA ' X Domani in tutte le chiese della cris tianità sarà be -

nedetto l'olivo, simbolo di pace, simbolo di fecondità nel b� ne, simbolo altresì di tenacità e di coraggiosa operazione nel b'ene e nella virtù,. Apparentemente, la festa ·degli olivi è una festa di gaudio; la chiesa, smesso l'ab;Lto del lutto,i_a dossa i paramenti dell'alleggrezza� il sacerdote sale all'al­tare in tono di festa, di gaudio e di rallegramento; la chie­sa, cioè il corpo mistico, la società dei cristiani, festeg -gia, in uno con l'antico i:iopolb di Gèrusalemme· , l'ingresso ·

glorioso del° Cris to nella sua città. Se noi vogliamo medita -re sugli eventi, noi dobbiamo necessariamente e fatalmente i:irendere le mosse dall'ingresso trionfante di Gesù di Nazareth detto il Cristo, nella città di Gerusalemme.

La fama del Cristo era giunta al popolo di Gerusal­lemme, ma quale fama? Noi dobbiamo riflettere su quesi;o stra­nissimo fenomeno storico, per cui la popolazione di urla. città possa accogliere un individuo con �este ed applausi grandissi mi e che neppure otto dì dopo possa condannare lo stesso in -dividuo a morte spaventosa e crudele per furore di popolo. Il fenomeno di Gerusalemme offre molti argomenti di riflessione alla nostra mente, sempre -che - ben· inteso - noi vogliamo ri­flettere su que sto fenomeno, su questo mistero. E ' indubbio che il Cristo non era quello che oggi si chiamerebbe un uomo politico e, meno che meno, un demagogo; il Cristo non era ca­po di una parte e, se parte si voleva vedere e riconoscere nello sparuto gruppo dei suoi seguaci, era indubbiamente una parte quanto mai irrisibile. Che cosa era infatti questo gru� po? Una ventina - diremmo oggi - di scalzacani laceri, spor -chi, ignoranti e, soprattutto, poveri. E noi sappiamo che in ogni tempo ed in ogni luogo i poveri hanno sempre avuto una cattiv a stampa e, per di più, non hanno mai avuto· seguito.

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N on è quindi lo sparut o gruppo , c he c i rc ondava G esù , che pot eva av er suscitat o l ' entusiasmo popolare , che pot eva!! ver convint o la massa di Gerusalemme ad usc ire dalle mura ed andare ad inc ontrare questo strano Re che , a dorso di un asi -no, entrava pacificamente in G erusalemme , che non era un pae­

' set t o di.Galilea e. neppure una trib ù di pescat ori e di agri -coltori b ensì era il fi ore della Palest ina , il fi ore della cul tur

·a ebraic a , · 1a sede. d�l T empi o di Sal omone y la sede della

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grande Sinagoga, la sede dov e era cus t o di t o , c ori il Tab ernac� lo, il. Libro d ella Legge , quello st�sso Libro dettat o da Mosè .e con servato di millenni o in millenni o dal p op ol o fedele! Tut ta una ric c a schi era di sommi sac erdoti , di dott ori della Le,g· ge , di rabbini� di farisei e di z eloti si string eva int orno

,al T empi o . Vi era poi una ricca b orghesia smali zi ata in tutta . la dialett i c a . Che la. parte co,l ta , la parte che oggi defini -remmo intellettual e , si .rib ellasse a questo spontane o moto d i popolo risulta· , abbastanza paleseme�te , dal fatto che i f1ari ­sei e d i rabbini si rivolser o direttam ente ai segua c i di Gesù i nvi tandoli a far,tac ere il popolo , a far c essar e le acclama­zi oni al loro Mae �t r o . Ma Gesù int ervi ene e d i c e : "Lasciateli far e , perchè - s·e anche li fac este tacere - le pi etre parle -rebb ero"

· In quella strana gi ornata , qualcosa gli uomini (in­t esi come popol o e c ome massa ) avevano senti to ed a qualcosa avevano rispòst o . G esù era entrato nella città r egal e , nella città ribelle , nella ci ttà nemica� nella ci ttà che lo at ten.� d eva per ucc i d erlo.

Frat elli , il si gnificato dell'ingresso di G esù in Gerusalemme è oggi attuale ·c ome lÒ era allora , per chè - anc o­ra una v olta - vi è un Gesù e vi è una città di Gerusalemme e ognuno di noi è questa c it tà e in o gnuno di noi deve entra­r e il Cristo per essere glori fic at o e per essere umiliat o . N oi se fac ciamo sin c eramente un leale e same di co scienza , d obbia­mo soffermarci a p onderare tre aspetti· del Crist o : Cristo è taumaturgo , d ocente e giudic e . Per noi , è necessari o il sec o,g do aspetto , t errib ile il t erz o , �a desi derato s ol o il primo . Noi t emi amo il giudice e ci annoiamo al Maestro , vorr emmo so­l o , per nostr o uso e per nostro c omodo , il taumaturgo , c olui ch e trasforma le p i e tre in pane , che g�ari sc e le nostre infer mi tà; c olui che ci rende f el i c i , c olui . che ci dà e non ci chi e de; c olui che ci consola ! Frat elli , è propri o nec essario qu e ­st o? Abbiamo pro pri o bisogno d i un c onsolato re o non piutto -sto di un maestro per non imbatt erci . poi in un giud ice ? Il Cristo non è venut o a fare de i mirac oli; il Crist o è venuto al insegnar e una do ttrina eh� c o�t i ene , in sè , l ' essenza della vita e della v eri tà e che alla vi ta ed alla v erità è strada si cura . La d o t trina c he il Crist o è v.cnuto ad insegnarc i inv� st o tut ti gli aspe tti della n ostra vi ta : l ' asp e tto segret o e quello palese, gli aspetti c h e piacc i ono e quelli che dispia.2_

gli asp e t ti·che convengono e quelli che disturbano . . Il che è andà.to incontro a Gesù, ncclo.mo.ndolo, cho o,oea

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cercava? Il mae stro? Il giudice ? No! Cercava il taumaturgo , l'uomo miracoloso, l'uomo che ri sanava le infermità, l ' uomo che nutriva le folle , l ' uomo che affascinava con .la par ola s onante e d armonica, con la parola che faceva piacere ascol ·­tare per dimenticarla immediat ament e dopo; ma quando il popo­l o di Gerusalemme non fu soddi sfatto nell'appagament o dei suoi desideri , quando le sue acclamazi oni non furono ricompen sate con pi oggia ·di prodigi e di miracoli , quando il desi -d erat o gi ocattolo (perchè il taumaturgo è sempre un giocatto­l o) no:ri si mostrò all ' alt e zza d elle aspettative , allora il P.2. polo di Gerusal emme abbandonò Gesù ai suoi nemici. E quello ste s so popolo che era temuto dai fari sei e dai d o tt ori , quell o ste s so popolo che s i opponeva all e loro imposizi oni , quello stesso popolo permi se non s olo che il suo Re pacifico fosse schernito, flagellato, coronato d.i spine e crocefi s so,ma chi e se a gran voce , con la ste s sa v oce che prima aveva gridato : alleluia ed o sanna! , chi e se la morte e morte in crocei Quando noi non siamo c onsolat i, quand o la no stra pre ghi era non è pro?­tamente esaudita , quando il miracolo non ci è concess o , qua_!! d o qualcuno che ne sa più di noi dirige (più saggiamente di quanto faremmo noi ) la nostra e si stenza, noi a_ questo qualcu­no gridiamo: "raca , gridiamo crucifige!" Meditiamo, riflettia mo , fratello! E• possibile che ci si ricordi' di Di o solo qua_!! do la sventura ci tocca con le sue mani di gel o? E1 pos sibile che si ri corra a Cris t o solo per chi edergli i miracoli del pa ne , del l ebbro s o , d el ci eco , dcl paralitico e del sordomuto ?

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Quand'è che ci rivolgeremo a Cri st o e gli çhi edere­mo di essere nostro Maestro e no stra gui da? Quand ' è che dire­mo: parla , il Tuo servo Ti ascolta! Soprattutto , quand ' è che vorremo ricono scere ch e Egli è parte .della nostra co scienza?

T empo pasquale è que sto .. Per molti di v9i, il tempo pasquale si ri solve in un ' affrettata confe ssione e in un.A abi tudinaria comunione eucari sti ca; per molti , per troppi di voi ,

· il tempo pasquale si concreta s olo in una frequenza di curi o­sità alle chi e s e per vederne gli addobbi e per confrontare io addobbo della chi esa tale con quello della tal ' altra;per mol­ti , per troppi di voi, non è altro che un comod o . ed ipocri to pretesto per allacciare o mant enere quelle blande relazioni sociali , che pos sono far comodo, ma il t empo pasquale è tutt ' altro! Non è l'affrettata confessione, l ' affre ttata comun�one, non è la passeggiata da una chie sa all ' altra , nè il .bigli etto di auguri , ipocriti auguri dati e ric evuti con la ste ssa in -differente freddezzza e con l o ste sso s orri s o di suffici enza!

Il t empo pasquale dovrebbe essere per ognuno di voi verament e que l tempo in cui le porte de lla cos cienza, d ell ' a­nima , dello spirito si spalancano perchè il Re p o ssa entrare! Ricordatevi , è il tempo della meditazione profonda, è il t em­po della lavanda dei piedi , è il tempo dell'interiori zzazione , è il tempo di scavare dentro e di scavare finchè il sangue v! vo della no stra oppre ssa ed umiliata superbia non ci lavi co­me il nuovo bat t e simo� è il tem�o di riconciliazione , è il

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temp o di pro t,e zi one data e ri c evuta , è il temp o della c omuni o ne con tut ti gli u omini , è i l t emp o di c omprensione di tutti gli uomini , anche di que lli ch e c omb at tono ne l parti to avver­s o , anche di qu elli dell'al tra parte della b arric ata , anche per qu elli c he ac cusiamo di aver c i offe so e che fo r s e noi , per primi , abbi amo of fe s o ! All ora , eleviamo il nos.tro spirito , in nalziamo l a no stra c o scienza , purifi chiamo la nos tra miserab i le natura; ma , pri ma di a c c e d ere al tempi o e sc oprirci , prim; di andare a c omuni c arci eucari st i camente , guardiamo dentro di noi se ci s i ano od� , invi.di e , ranc ori e malignità. Se ci ac -corgiamo che e siste qualc o sa di tut t o ciò, ri c onciliamoc i c on noi ste s si ·, c ·on il nos tro pr o s s imo o c on la vi ta� allora , e solo allora , p otremo a c c e dere al tempi o , ac c o starci all'alta­re e rend erci meritevoli con i vivi , c on i morti , c o n Cri st o , c on i l Nostro Signore!

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26.a Le zione del prògramma

"La Vita e 1' e si st enz a "

C ome s empre , nella no s tra anali si e nella nostra in dagine psic o l ogic a , noi siam o p or tati a soffermarci sul piano dell ' esi stenz a•.- Per conseguenz a � noi abbi amo , por i l passat o , e saminata la p o s i zi one "vita " nei rapp or ti della p o sizi one " e si stenz a " e abbiamo vi sto come la p o siz ione vit a è , in realtà lo stat o e s s enziale dell ' uomo; quindi , abbiamo e s aminato l'uo mo.primi tiv o (il quale è, di per s è , senza legami , imp egni ed obblig4i ) che , attraver so il lav ori o e la strume ntalità · dèl " piano esistenzial e , contingentale " c ontrae , di vo lt a in v ol -

-ta , obblighi , imp egni e legami , che vengono a s o s tituir si al­l ' e s s enzialit à della vita per diventare l or o la par te più im­portant e de ll'e si st ere. L •uomo esi stenziale (non csis tenzia-. li sta ) è , p ertant o , tut t o chiu s o nel suo gusci o , c he si trad� c e pratic amente i n una· serie di schemi , per cui abb iamo " l 'u.2 mo s o ciale 11 , 111.'u omo economie o " o "l ' u omo morale 11• Abbi amo già vis t o che l'u omo eco nomic o , l ' u omo soci ale e quel lo mora­le p o s s ono av ere rapp orti c on l ' e s s enza spiri tuale; ma , ad un cert o punto , s e l'u omo v orrà ritrov are se stes s o e reali z zare il suo spiri to , . d ovrà spe z zare tut ti questi vinc oli per divcg tare il monos e 11anar c o s : " i l s ol o ". Sul piano dell ' e si st en­za (p er chi voglia o debba viv ere intensamente questo piano ) , non può Gsi st ere c ontemporaneament e un piano di c o sc ie nz a , in teso in sen so di c o s c i enza spiri tuale , pcrchè. l ' u omo è tut to

_

immer so nella " c o sci enza di. relazione " l ' esasperazione della quale porta al s ensi smo . Ad un certo punt o ci o è , l ' uomo non ri e s c e più a c onc epire so ste s s o se non nell ' a spet t o della sen serietà e c o sì è c i ò che vedo , ciò che tocca , ciò che sent e.

-

Il pian o del bene e del male non ri entra nel piano d ell'esis tenza p e rchè esso è nella

_vita (nell ' extra e s i s tenz a ).

. .

��;�·, ..

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·L1u omo che e si s te prati came nt e effet tua in ogni i st ante quel­le azi oni che c o s t ituiranno , a breve scadenz a , delle future cau se che genereranno dei futuri effetti. Sul pian o esi sten­ziale non e si s te l ' individu o , non e s i st ono soltan to perEone le gate a par ti c olari corrent i .

Tutta l ' esi s tenz a è ingiu s ta e creerà il ribelle o il sant o , il sui c i da o il monac o , que sta ingius tj�zia c .i oè è provvi denzi ale , c ome è provvi de nzi ale l ' infermi tà. L ' esi sten­za è legat a a varie leggi di c ause ed effetti e crea la s ocie tà, l ' ec onomi a e la morale , che sono c ome una ruo ta dentata in movimento alla quale non si sfugge se si è aff crrati da un lemb o della tut a. Nell ' e s i s ten z a non dobbia mo cercare nè giu­s ti zi a nè i ngiu sti zi a , per ch è vi è s oltanto una le gge ineso -rab ile , che non ri guarda l ' u omo i n quant o i ndivi du o , ma i n quanto strumon tali tà� qui ndi , la prima ru ota dentata è la s o­c ietà, qualunque e s sa p o s sa e s sere : fami glia , na z i one , feder� zi one delle na zi oni , c onfedera zi one e c c . La so cietà ha una s.Q. la ragi one di vita : esi st ere c ont r o tut ti e c ont�o tutt o , mal grad o tut ti e tut t o , di sp o s t a a sacri fi care tu tti gli indivi ­dui che la c omp ongono. L ' esis tenz a è fennnina ( squi s i tamente u mana) , gli u omini c he l ' hanno i denti f i cata , l ' hanno identifi:

c ata perchè , nel·c ontempo che e s i st o no , �·

V o i c onf ondete.vi t a ed esi stenza , e ri t e nEte le due parole c ome si nonimo1 invec e , non sono la ste ssa c os a . Non e­si ste infatti una filos ofjf che s i chiami "vitali smo " ma c'è quella "esi sten ziali sta " . La vi ta c omprende l ' esi s tenza , ma l ' esi s t enza non pu ò c omprendere la vi t a. P o s siamo dire che l o u omo " è " nel suo valore univer sale e gli uomini " e si stono " nel la lor o realtà c ont i ngente..:L.Si è molt o parla t o dell ' esi s ten .­ziali smo e si è ri s o degli e s i stenzi ali sti , e si è fatt o bene ; per ò , p o s s iamo r idere degli e s i stenzi ali st i , ma non p o s siamo

. ' . non prenderne at t o , perche s o n pr o prio lor o quelli c he han d,!! to la chi ave di vo 1 ta della c ompren sio ne di questo problema ed è anche abb a st anza imp ortante che il .fenomeno dcll ' esiste� ziali smo sia s orto pro pr i o in que s t ' era di s tandardi z zazi one . L'esi stenziali smo è cri si d i vi ta , è cri si di e s senza . La fi­l o s ofia esi stenzi ali s ta è quel lav or o del pensier o umano che ha individuato i fat ti della vit a dell ' uomo e dei su oi rapp o� t i e si stenz i ali , nonchè la p o s i z i o ne dell ' u omo nella s o ci età ; nell ' ec onomi a e nella morale. I l lavoro di tut ti gli e sis ten­ziali sti è lavoro mat emati c o e si pu ò di re che la fo rzà esi -stenzi ale è da ri c ercar si nel p i ano filos ofi c o , c ome quella di Eins tein s i trova sul pian o mat ematic o. Le chi amo f or z e in quanto che que sta c onosc en za della realtà dell ' e si stere nei rapporti della realtà dell ' ce sere è ac qui si z i one di c o scie� za . I n quest o moment o peric olosi s simo per il genere umano , in cui si tende alla standardi z zazi one dei c onsumi , ne viene di logi ca c ons egue nza che più che mai i rapporti so c i ali , cc ono miei e morali diventano sempre più a s si llanti per l ' uomo . Fe nomeni dell'e sa sperazione del piano esis ten zi ale s ono quello : fumet ti sti c o. , quello jazzi s ti c o e dei balli sfrenati , che

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vorrebbero es sere un ri t orno ai primitivi bal li dei selvag gi , ma che in real t à non seno altro che. il bisogno del l ' indivi duo 4i sentirsi vivere i ndi�enden temente dalla s oc ietà , dall ' ec o-

. nomia e dalla morale. C o si , l ' u omo , non p otendo diventare mo- · nac o , diventa brut o. I lav ori fumet t i st i ci i nteressan o , s o l o i rapporti de lla " c o s c ienza . .i i relazi one"� in e s s i non v i è p o sto per le el ocubraz i oni mentali , in quan t o che è gi à tut t o suggeri t o . Anche i l c inema e l a telev i si one ri en trano nel f e­n omeno fumet tist i c o. Se noi o s serviamo, oggi c i t r oviamo i n pi ena e terribi le dec adenza del teatro. Ora, que sta decadenza d.el t eatro sta pr opri o chiaramente a sint et i z z are la p ortata della for za cataliz zatric e de l piano esi stenzial e c o ntingente. Il teatro r i chiede.l ' at t ore e l o spet tat ore. L ' at t ore fa la

· sua par te , ma que s ta parte è priva di si gnif i cat o se lo.spet ­tatore non vi p artecipa. I nfat t i , nel l ' antic hi tà , -i teatri e­rano sacri , na s c evan o c ome at ti sacri , e in tutto il medi oevo � a torto chiamat o di tenebre - noi abbiamo mani festazi oni di teatro c ome. rappre sentazi onG dei. sacri mi steri e d abbiamo la parteci pazi one irrnnedi ata fra l ' at to re e l o spe ttat ore. Nel fen nomeno fumet ti st i c o , (cinema e televi si one) l ' attore fa tut-:= t o da sè e lo spet tat ore può anche dormire e svegliarsi al mo ment o che gl i fa più c omod o. V o i p o tete obb iet tarmi che vi s o n o films intere s sant i; ebbene , allora si tra tta d i teatr o , d o ve è veramente arte� generalmente , però , e s si non ·

hann o mai suc c e s s o di "cas setta" , perchè ri chied ono allo s pet tat ore una partec ipaz i one che l o spettat ore non è più capace di dare , per chè tut ti gli alt ri fumetti gli e l ' hanno t olta. Fra i pochi

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films interes santi , p os siamo c i tare: 11I set te Samurai" , "-:\: cac c iat ori di tosto" e "L ' Ind ia mi s teri o sa"� per ò , questi films

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c ome tutti quelli giapp onesi , ri chi edono una c erta i ni ziazi o ­ne , una certa c o n o s c en za del rit o; dcl signifi cato , del simb� l o, altrimenti all ' e sistente non di co no nulla , mentre di c ono molti s simo all ' e s sente. S ono films cioè che ri chied ono sfor z o da parte degli spettatori per entrare nella mi stori o s ofia e nella simbo l o s ofia . Per gli ·e si s tenti fanno c olp o i films per mas sa , quell i di c a s setta , per chè fanno leva sui s ent imenti , sulle emo zi oni e sulla curiosi tà; fanno leva sul sesso , devo d ire , por ò , fra parente si , che non vedo quale di fferen za c i s i a fra i l film che esal ta i l s e s s o e quello che esalta l a m� lavita 9 que st i films , amor o s i o c rudel i , s ono tut te e due. da pros crivere per ch è , se si pen sa che p o s sa nuoc ere al fanc i ul­lo la vi sta di due e s seri che si bac iano , non vedo c ome non p o s sa nuocere la vis ta di due e s seri che si pugnalan o e la raf finatczza che pos s ono apprender e p er c ompiere i più.di sparati

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delit ti.

I ,tre fenomeni cit at i rappre sentano del le punte dcl l ' e s i stenza , la quale tende a ribellarsi a se ste ssa , per rea l i z zare qualc o sa eh� s i a fuori da quella cor chia.

D. - V o rre sti chiarirmi la p o si zione del timido?

R . - Il t imid o cred.e che tutt o i l mondo n on abbia ·altro da fare che o s serefare lui e ques ta è la radi ce della ti

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midozza. Il bambino, a meno che non sia letteralmente soffo �

cato da un ambiento esageratamente puritano e severo, non è timido? egli può essere pauroso e diffid ente , ma � vinta la paura o resosi conto del'l' inutilità della sua diffidenza - il bambino non ha paura di far brutta figura. Ora, c'è colui che è timido per natura, per intrinseca ribellione della per­sonalità, ma c'è colui invece che è intimido. c,è chi può ve­nire intimido dalla coscienza di un suo difetto fisico, dal­la coscienza di non godere stima nell'ambiente in cui è chia­mato a :prodursi, dalla coscienza dci suoi limiti e dall'igno­ranza dci limiti altrui. Faccia una sostanziale differenza fra la timidezza innata e quella procurata da terzi o dall'a� biente. Colui che è intimidito difficilmente riesce a vincere qu�sto stato, poichè esso si genera per una serie di atti che lo hanno sconvolto. Ad esempio, una persona che sia stata spi� tatamente presa in giro, non oserà più parlare ed esprimersi, perchè il ricordo di quella presa in giro lo perseguiterà tu! ta la vita. Naturalmente, questa non rappresenta una colpa del timido, ma dell' intimidatore.

E• la mancanza di co mprensione che porta all'intimi damento: bisogna capire che ogni essere umano dice qualcosa e lo dice come·. sa e come può! Non tutti nascono oratori, con la, enciciopedia sotto il braccio; non tutti hanno il tempo mate­riale di affermarsi, di erudirsi e di esprimersi in modo sic� ro si che la loro parola non si presti alla c ritica. La g iusta critica e la benevola ironia non nuociono, ma la critica fero ce e la spietata ironia possono veramente uccidere un'anima che sta per sbocciare alla confidenza e al rapporto amoroso. Colui che critica tutto si renda conto che può fare molto ma­le, perchè quell'idea che non si è lasciata esprimer e non si sa a qu.ali rapporti avrebbe potuto indurre la coscienza che l.' avesse invece espressa. Il timido innato ha due modi di es­sere: timido, e timido aggressivo. Vi è cioè il timido che non spiccica parola e quello che parla troppo: anche queste

·sono forme che devono cadere sotto l'auto analisi per aiutare l'individuo a liberarsene. In genere, quelli che vengono defi . niti chiacchieroni ad oltranza sono tutti timidi: essi si il­ludono di distrarre con :ra loro chiacchiere. l'attenzione del­la gente dalle loro manchevolezzo e dai loro errori.

Il lavoro dello spi�ito, d ella mente, è ln giusta misura. La sfacciataggine e la temerarietà non sono coraggio, ma paura. La sfacciataggine e l'improntitudine sono cose che nascono da inferiorità: sono un segno di debolezza. La timi -dèzza aggressiva diventa sfacciataggine e la paura diventa temerarietà. Vi è , poi, la timidezza per sessualità repressa. Gioviriet:ti e giovinette in presenza del sesso opposto si im- . pappinano e non sanno più parlare. Effettiv amente, una inten­sa carica erotica può dare quest� timidezza transitoria,che non è pudore. Mille e mille ragioni si possono trovare in una mancata dichiarazione da parte di un fidanzato; soprattutto, l'intensa carica erotica lo rende incapace di esteriorizzare

Page 8: I D E A S P I R I T U A L I S T A del E SCRITTI/serate di IS... · gia, in uno con l'antico i:iopolb di Gèrusalemme· , l'ingresso · ... coltori bensì era il fiore della Palestina,

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i suoi sent imenti, an che per la paura che la sua dichiara zio ne non venga ac cettat a , oppure può non o so.re per profond o r:i.spet. t o vers o l ' o ggett o del su o amore , ritenend osi indegn o . Comun que , nella mi glior e d elle ip ot e si, è sempre un caso pat ologi:

c o-p sichico. Una crisi·di que sta timi dezza può por tare alla . morte .

Non d imentic hiamo che. o gni qualvolta l ' u omo deve su p erarc c omples si p sichi c i produce in sè traumi r i s enti ti dal suo c orpo f i sic o e d alle sue ghiandole , una delle quali , la surrenale , produc e adrenalina in mod o anormale , il che in un

-s ogget t o malat o di cuore , d à una vi olenta scari ca e può c on -durre a morte . . Si 'può comprendere c o sì il sui c i di o di taluni s tudent i in sede di esami. Si trat ta di una vera e propri a forma d i ali enazi one psichi ca , di t raumi psi chi c i , per cui quei gi ovani s on o i ncapaci di int en dere e di volere e, pur di t o gliersi da quello st ato , affron tano la morte . E1 , c omunque , la co scienza di chi non rie s c e a spuntarla. Lo s tat o di t imi­dez za è uno s tat o di angos cia . Un e s sere che ri e s c a a reali z ­zare un ser en o stat o di religi one d i vi ta - d a non c onfondere c o n le prati che rel i gi o se - una c onvint a modes tia , uno stat o di int eri ore umiltà. , ' che si traduce in uno stat o d i bontà , e ­spone candidame:n.te c i ò che s a e

.n on s i preoc cupa d i provocare

con ciò il ;riso o ·10 scherno ed allora quollo stat o impedi s ce all 1as semb1ea. d.i ridere e di s chernir si di lui perchè esse s ent e la bontà e ln serenità di quell'e s s ere .

In que st ' ep oc a ·di bombe atol:niche, l ' u omo ha perdut o • I .

di vi sta la sua r.ealtà c os c iente e cerca di illuder si di d omi il.are la materia e , invece , ne è d ominat o . L ' uomo c o s c ient e ha dirit t o di signoreggiqre la natura; ma , oggi , l ' u omo , c on i il progre s s o meccani c o , è ri.usci to n far si signoreggiare dalla natura . Non dimenti chiamo che già molti millenni or s ono gra� di uomini c o n o sc evano perfettamen t e i s egreti at omic i e non li hanno usati propr i o per ri s petto della soglia che non d o­veva e s sere vi olata, n on dimentichi amo che l ' umanità e siste

·i n funzi one del l'u omo e non vi cever sa.

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I. S.

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