I CONTRATTI DI DISTRIBUZIONE Modulo 1 - Profili generali...

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pagina 1 di 47 Un prodotto multimediale ideato da MELIUSform Edizione 2011 Tutti i diritti riservati Valerio Pandolfini Avvocato in Milano I CONTRATTI DI DISTRIBUZIONE Modulo 1 - Profili generali; clausole tipiche

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Valerio Pandolfini

Avvocato in Milano

I CONTRATTI DI DISTRIBUZIONE

Modulo 1 - Profili generali; clausole tipiche

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Abbracciano una vasta tipologia di contratti, tipici ed atipici, attinenti al

processo di distribuzione commerciale, cioè al rapporto tra produzione e

consumo di beni.

Con l'ampliamento dei mercati, conseguente alla crescente produzione

industriale e al fenomeno della cd. globalizzazione, le imprese produttrici

hanno avvertito la necessità di disporre di una organizzazione per la

distribuzione dei loro prodotti idonea:

ad assicurare la massima diffusione nei diversi mercati, spesso lontani

dal produttore;

a superare il divario tra produzione e consumo, legato al fatto che la

capacità produttiva del fabbricante è di regola eccedente le capacità

di assorbimento del mercato.

Si è cosi assistito ad un progressivo mutamento delle forme che

caratterizzano la distribuzione commerciale e al conseguente sviluppo di

nuovi modelli contrattuali, più confacenti alle necessità della moderna

distribuzione commerciale rispetto alle forme tradizionali.

Contratti di distribuzione

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I contratti di distribuzione sono difficilmente inquadrabili

all'interno di un'unica categoria giuridica, data la loro variegata

tipologia.

Una delle distinzioni più frequentemente utilizzate è quella che

si basa sul diverso grado di integrazione del distributore nel

sistema predisposto dal produttore.

In questo senso, la distribuzione del prodotto può distinguersi in:

Diretta

Indiretta

Integrata (o coordinata)

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Nella distribuzione diretta, che rappresenta il modello tradizionale di

distribuzione, l’impresa produttrice vende direttamente ai clienti i

propri prodotti, senza servirsi di intermediari.

Il produttore cura direttamente le fasi attinenti alla messa in

commercio dei prodotti, avvalendosi di soggetti appartenenti alla sua

stessa struttura (lavoratori dipendenti, collaboratori, ausiliari), sui

quali conserva il potere decisionale e di controllo, nonché di proprie

filiali e succursali.

I beni vengono venduti sul mercato attraverso contratti di

compravendita o somministrazione.

Contratti di distribuzione

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Nella distribuzione indiretta, l’impresa produttrice si avvale di soggetti

indipendenti (agenti, mediatori, procacciatori di affari) affinché

questi, in autonomia, collochino i beni sul mercato.

In questo caso, il produttore si concentra sull’efficienza e funzionalità

dell’attività di produzione, rinunciando alla costituzione di una propria

organizzazione distributiva.

I contratti utilizzati in questo caso per collocare i prodotti sul mercato

sono l’agenzia, la mediazione e il procacciamento di affari.

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La distribuzione integrata rappresenta la forma più recente di

distribuzione commerciale. L’impresa produttrice instaura uno stretto

rapporto di collaborazione con altri soggetti imprenditori, collocati in

diversi livelli del mercato, che vengono inseriti, con varia intensità, nel

proprio ciclo economico. Il produttore fornisce generalmente al

distributore “integrato”:

i propri beni (attraverso contratti di compravendita);

un complesso di licenze e di know-how (relativi al marchio,

all’insegna, al brevetto etc.);

direttive relative alle modalità della distribuzione (relative

all’arredamento dei locali, alle tecniche di vendita, alle strategie

pubblicitarie, etc.).

In questo modo il produttore si garantisce uno sbocco fisso per la sua

produzione ed una migliore programmazione delle vendite, mentre il

distributore sopporta il rischio della commercializzazione dei prodotti.

Appartengono a tale categoria concessione di vendita e franchising.

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Dal punto di vista giuridico, vi è una sostanziale differenza tra le forme

contrattuali di distribuzione indiretta (agenzia, mediazione,

procacciamento d’affari) e quelle di distribuzione integrata

(concessione di vendita, franchising).

Nelle forme di distribuzione indiretta, gli intermediari si limitano a

promuovere contratti che verranno poi conclusi tra il preponente ed il

cliente finale, senza assumere alcun rischio se non quello di non

percepire la provvigione in caso di mancato buon fine degli affari

promossi.

Nelle forme di distribuzione integrata, i distributori acquistano in

proprio la merce e poi la rivendono ai clienti, assumendosi in tal modo

il rischio dell’invenduto e sostenendo i costi necessari a creare e

mantenere una struttura idonea alla commercializzazione.

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Il contratto di procacciamento d’affari viene di norma utilizzato in

nuovi mercati, in relazione ai quali non ha ancora elaborato una

precisa politica distributiva, intendendo semplicemente saggiare le

potenzialità del mercato.

Il procacciatore si limita a segnalare potenziali opportunità di business,

senza essere legato ad alcun obbligo di svolgimento di attività

promozionale, senza vincoli di esclusiva e senza obblighi di non

concorrenza.

Il pagamento del compenso, di norma sotto forma di provvigione, cioè

di percentuale sull'importo della fornitura, è legato all'esecuzione

dell'affare, che può dirsi compiuto con il pagamento della fornitura da

parte del cliente.

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Il contratto di agenzia viene di solito utilizzato quando il produttore

(preponente) intende mantenere su un determinato mercato un

controllo elevato, con l'indicazione dei prezzi di rivendita, avocando a

sé la conclusione dei contratti e senza dover sopportare significativi

costi.

L’agente è incaricato di svolgere attività promozionale volta alla

conclusione (riservata al preponente) dei contratti di vendita dei

prodotti in una zona determinata (individuata con criteri di tipo

geografico o per tipologia di clienti), e percepisce un compenso

costituito da una percentuale sull'importo incassato per ogni singolo

affare (provvigione).

Il contratto di agenzia, salvo rare eccezioni, non è ritenuto tra gli

accordi verticali soggetti alla disciplina antitrust (vedi modulo n. 3).

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Il contratto di concessione di vendita si caratterizza per una maggiore

integrazione tra le parti.

Il distributore (concessionario) acquista direttamente i beni dal

produttore (concedente) al fine della rivendita degli stessi nel mercato

di riferimento, assumendosi il rischio della rivendita dei prodotti e

garantendo di norma al concedente l'acquisto di quantitativi minimi, a

fronte della concessione di una esclusiva e del diritto di utilizzo di

nomi, marchi e segni distintivi del concedente.

Il concedente perde, almeno in parte, il controllo diretto del mercato,

sul quale continua ad influire ma non in maniera così efficace come

nella distribuzione diretta o indiretta.

Il concessionario necessita di una struttura e di un'organizzazione

talvolta molto complessa e con investimenti notevoli di capitali (vedi

modulo n. 4).

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Nella distribuzione selettiva il concedente fornisce i prodotti

esclusivamente a rivenditori selezionati in base a determinati standard

qualitativi o di competenza professionale. Il concedente forma, in

questo modo, una rete “chiusa” di distribuzione.

Tale forma di distribuzione è impiegata qualora si abbia necessità di

vendere prodotti:

di pregio o di lusso, per i quali è necessaria la

commercializzazione tramite un punto vendita che garantisca il

rispetto dell’immagine commerciale del concedente e di alti

standard di qualità delle strutture e dei servizi;

che richiedono un alto grado di formazione professionale ed

esperienza in settori specifici (informatica, tecnologia, assistenza

per autovetture) al fine di garantire la prestazione dei servizi di

consulenza, garanzia e manutenzione post vendita ai clienti.

Questo contratto è oggetto di specifica regolamentazione antitrust

(vedi modulo n. 2).

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Il franchising è un contratto di origine statunitense, affermatosi a partire

dagli anni ’80, che si differenzia dalla concessione di vendita per una

maggiore integrazione tra produttore/fornitore (franchisor/affiliante) e

distributore (franchisee/affiliato).

I franchisee sono inseriti nella rete commerciale sviluppata dal franchisor

e in tal modo godono di una serie di benefici (sfruttamento della

medesima immagine e segni distintivi, possibilità di utilizzo di procedure e

soprattutto il know how tecnico e commerciale sviluppato dal franchisor) e

presentandosi come una filiale del franchisor agli occhi del pubblico.

Essendo i francbisee imprenditori indipendenti, il franchisor può

consolidare la sua presenza sul mercato e rendere capillare la

distribuzione dei propri prodotti e servizi senza eccessivi oneri finanziari,

percependo un compenso, sotto forma di royalties, che va ad aggiungersi

al vantaggio indiretto derivante dalla commercializzazione dei propri beni

e servizi e dall’affermarsi dei propri marchi e segni distintivi.

Tale contratto è parzialmente disciplinato dalla L. n. 124/2004 (vedi

modulo n. 5).

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Sono possibili anche delle forme miste o ibride, in cui lo stesso soggetto svolge

sia attività di rivendita che di mera intermediazione. Il

concessionario/distributore può in certi casi agìre come mero intermediario

remunerato con una percentuale sul valore dell'affare (ad es. per affari di particolare importanza); l’agente può essere incaricato della rivendita dei

prodotti del preponente (ad es. in una zona diversa o per una specifica

tipologia di clienti o di prodotti).

In questi casi è opportuno delimitare nel contratto in modo chiaro gli obblighi

e i correlativi oneri economici.

Esempio di clausola “ibrida” in un contratto di concessione di vendita:

“Nei casi in cui, eccezionalmente, il Distributore non possa o non voglia

occuparsi di un affare come acquirente-rivenditore, egli avrà la facoltà di

segnalare l’affare al Produttore al fine della vendita diretta dei Prodotti al

cliente finale e il Distributore verrà retribuito per la sua attività di intermediario con una provvigione da determinarsi caso per caso. L’attività di

intermediario sarà in ogni caso meramente accessoria a quella svolta dal

Distributore come attività principale e non comporterà alcun cambiamento

sulla qualifica giuridica del distributore di imprenditore indipendente, che

agisce in proprio nome e per proprio conto”.

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Mentre i contratti appartenenti alle tradizionali forme di distribuzione

sono disciplinati dal Codice civile (compravendita, somministrazione,

agenzia), i contratti di distribuzione affermatesi nella recente prassi

non sono oggetto di regolamentazione legislativa (come per la

concessione di vendita), o comunque non sono disciplinati in modo

esaustivo (come per il franchising).

Tale lacuna è in parte colmata dalla giurisprudenza, la quale applica

per analogia a tali contratti le norme previste per i contratti tipici ad

essi assimilabili.

Anche a causa dell’assenza di regolamentazione legislativa, nella prassi

si sono diffusi modelli contrattuali dettagliatamente regolamentati

dalle parti.

I contratti di distribuzione contengono alcune clausole tipiche,

frequentemente utilizzate dagli operatori. Alcune di esse, in quanto

potenzialmente restrittive della concorrenza, sono rilevanti sotto il

profilo antitrust (vedi modulo n. 2).

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Per i contratti di distribuzione non sono richiesti requisiti di forma;

esigenze pratiche derivanti dalla complessità e delicatezza degli

impegni contenuti in tali contratti e dalla necessità di evitare il

formarsi di comportamenti concludenti ne impongono tuttavia la

redazione per iscritto, almeno delle clausole fondamentali (come la

durata della relazione, il periodo di preavviso per il recesso,

l’esistenza di un’esclusiva etc.).

Dovranno essere approvate espressamente per iscritto ai sensi degli

artt. 1341 e ss. Cod. civ. le c.d. clausole vessatorie, tra le quali:

la clausola di esclusiva;

l’obbligo di non concorrenza;

la corresponsione di interessi in misura superiore al tasso legale

per il caso di mancato o ritardato pagamento delle forniture;

la clausola risolutiva espressa;

la clausola di recesso.

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Nei contratti di distribuzione sono frequenti le clausole con cui ad una

o ad entrambe le parti vengono riconosciuti diritti di ESCLUSIVA.

La clausola di esclusiva obbliga uno o entrambi i contraenti a non

concludere con terzi contratti aventi oggetto determinate prestazioni,

all’interno di una determinata zona e per un certo tempo (obbligo c.d.

“di non fare”).

L’esclusiva costituisce:

la contropartita degli obblighi di commercializzazione che gravano

sul distributore;

il principale strumento per realizzare l’integrazione tra produttore

e distributore.

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L'esclusiva può essere:

di territorio: in tal caso il produttore si impegna a non designare

altri rivenditori in un dato territorio, oppure il distributore si

obbliga a non vendere al di fuori di un dato territorio;

di prodotto: in tal caso il distributore si obbliga ad acquistare

determinati beni esclusivamente presso il produttore, o il

fornitore si obbliga a non distribuire i propri prodotti a soggetti

diversi dal distributore;

bilaterale, cioè essere posta in favore di entrambe le parti;

unilaterale, cioè essere posta in favore di una sola delle parti.

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Quando l’esclusiva è posta a favore del distributore (esclusiva di

vendita), il produttore si impegna a fornire i beni solo ad un

determinato distributore affinché questi li rivenda nel territorio

contrattuale o a gruppi di clienti attribuiti in esclusiva.

L’esclusiva di vendita può essere:

«aperta»: il distributore è l’unico soggetto legittimato a comprare i

prodotti dal produttore per la rivendita nel proprio territorio,

godendo di una posizione privilegiata rispetto ai suoi potenziali

concorrenti, ma non un monopolio assoluto: altri soggetti (cd.

importatori paralleli) possono acquistare i prodotti contrattuali da

terzi per rivenderli nel territorio riservato al distributore.

«chiusa»: il distributore gode di una protezione territoriale

assoluta, in quanto viene imposto a tutti i distributori appartenenti

alla rete, il divieto di vendere al di fuori dalla propria zona; in tal

modo i prodotti contrattuali non possano giungere nel territorio

riservato al distributore neppure per via indiretta.

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Quando l’esclusiva è posta a favore del fornitore (esclusiva di acquisto,

o “monomarchismo”), il distributore si impegna ad acquistare

unicamente da un certo fornitore i beni, e dunque a non

commercializzare beni concorrenti.

L’esclusiva di acquisto (considerata più rischiosa sotto il profilo

antitrust) può essere sostituita da clausole tendenti a realizzare un

risultato analogo (cd. esclusive di fatto), giuridicamente equivalenti a

un'esclusiva di diritto:

clausole che prevedono quantitativi minimi di acquisto o obblighi di

collaborazione nell'attività promozionale (ad es., espositori

all'interno del negozio, insegne, ecc.);

clausole incentivanti, quali premi-fedeltà, sconti od altri vantaggi

economici attribuiti al distributore in funzione di determinati

risultati, raggiunti nella sua attività di vendita.

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L'esclusiva ha generalmente carattere dispositivo; essa non è infatti

considerata elemento essenziale di un contratto di distribuzione. Le

parti sono quindi libere di prevedere o meno tale patto nel contratto e

di stabilirne i relativi termini.

In alcuni contratti di distribuzione (come ad es. nell’agenzia)

l’esclusiva rappresenta un elemento naturale del contratto stesso;

pertanto, qualora le parti non l’abbiano espressamente esclusa,

l’esclusiva s’intende conferita.

In molti rapporti di distribuzione (quali ad es. la concessione di vendita

ed il franchising) l'esclusiva è molto frequente, in quanto costituisce

diviene una sorta di contropartita a fronte degli investimenti richiesti

al distributore.

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L’inadempimento del patto di esclusiva comporta, secondo i principi generali

(art. 1453 Cod. civ.) la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno

(che può essere predeterminato attraverso una clausola penale). Spesso alla

violazione dell’esclusiva è collegata una clausola risolutiva espressa; in tal caso, la violazione dell’esclusiva implica ipso iure la risoluzione del contratto.

È inoltre possibile richiedere un provvedimento d’urgenza volto a inibire la

violazione dell’esclusiva.

L’esclusiva ha effetti vincolanti esclusivamente tra le parti, e non ha efficacia

nei confronti dei terzi, i quali non sono contrattualmente responsabili in caso di violazione di tale obbligo.

Esempio:

L’impresa produttrice Alpha stipula un contratto di distribuzione con il

distributore Beta, nel quale viene previsto un obbligo di esclusiva in favore di

Alpha. Successivamente Beta stipula con l’impresa Delta un contratto di distribuzione di prodotti analoghi nello stesso territorio. Beta è

contrattualmente responsabile nei confronti di Alpha, mentre nessuna

responsabilità sussiste in capo a Delta nei confronti di Alpha, fatta salva una

eventuale responsabilità di tipo extra-contrattuale per concorrenza sleale, ai

sensi dell’art. 2598 Cod. civ..

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L'esclusiva è disciplinata nell'ambito di due contratti tipici:

la somministrazione (artt. 1559 e ss. Cod. civ.);

l'agenzia (artt. 1742 e ss. Cod. civ.).

L’esclusiva nell’ambito del contratto di agenzia sarà trattata

nell’apposito modulo (vedi modulo n. 3).

Nella somministrazione il diritto di esclusiva ha lo scopo di tutelare

l’interesse dei contraenti (normalmente imprenditori) alla continuità e

sicurezza dell’erogazione o fornitura.

L’esclusiva può essere prevista sia in favore di colui che si obbliga ad

effettuare le forniture (somministrante) che di colui che riceve le

forniture (somministrato).

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Esclusiva in favore del somministrante (art. 1567 Cod. civ.): il

somministrato non può rivolgersi a diversi fornitori in concorrenza,

né provvedere con mezzi propri alla produzione dei beni che

formano oggetto del contratto (art. 1567 c.c.). Tale tipo di esclusiva

mira quindi a garantire che lo sforzo compiuto dal somministrante

per far fronte ai bisogni del somministrato non venga posto nel

nulla da quest’ultimo.

Esclusiva in favore del somministrato (art. 1568 Cod. civ.): il

somministrante non può compiere nella zona per cui l’esclusiva è

concessa e per la durata del contratto, né direttamente né

indirettamente, prestazioni della stessa natura di quelle che

formano oggetto del contratto.

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Secondo dottrina e giurisprudenza prevalenti, al patto di esclusiva non

si applica l'art. 2596 Cod. civ. – il quale pone disciplina i patti limitativi

della concorrenza in termini di forma, durata e contenuto (vedi oltre) –

in quanto si ritiene che tale norma si applichi solo quando i soggetti

svolgono attività economica sullo stesso livello della catena di

commercializzazione (accordi orizzontali: es. due produttori o due

distributori).

Di conseguenza, le norme civilistiche non pongono alcun limite alle

parti, dal punto di vista temporale e geografico, per quanto attiene ai

patti di esclusiva.

Tuttavia, dato che il patto di esclusiva costituisce una restrizione della

concorrenza, trovano applicazione le regole dettate dalla legislazione

antitrust, nazionale ed europea.

Pertanto gli operatori devono attentamente verificare la conformità di

tale patto con i principi che regolamentano la concorrenza, con

particolare riferimento al commercio elettronico (vedi modulo n. 2).

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Esempio di una clausola di esclusiva tratta da un contratto di concessione

di vendita tra una società produttrice (Alpha) ed una società distributrice

(Beta):

1. Alpha si impegna a vendere i Prodotti nel Territorio esclusivamente a

Beta, in conformità dei termini e delle condizioni previsti dal presente

contratto. Alpha si asterrà pertanto dall’ effettuare vendite dei

Prodotti nel Territorio direttamente e/o tramite intermediari

commerciali nominati dalla stessa Alpha, restando inteso che avrà

facoltà di effettuare tali vendite al di fuori del Territorio. L’eventuale

ampliamento del diritto di esclusiva a favore di Beta avrà effetto

soltanto in forza di specifico accordo scritto tra le parti.

Questa clausola riconosce l’esclusiva al solo distributore e soltanto con

riferimento a una data gamma di prodotti e ad un determinato territorio,

che dovranno essere ben individuati nel contratto.

Viene inoltre espressamente stabilito che il contratto potrà essere

modificato soltanto per iscritto, così da scongiurare, per quanto possibile,

il verificarsi di modifiche contrattuali “per fatti concludenti”.

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2. Fermo restando quanto previsto al precedente punto 1), Alpha si riserva la

facoltà di: a) effettuare vendite dei Prodotti nel Territorio direttamente

e/o tramite intermediari commerciali nominati dalla stessa Alpha, ai

clienti indicati nell'Allegato (..); in tal caso non spetterà a Beta alcun compenso, salvo l'eventuale rimborso delle spese effettivamente

sostenute per l'assistenza richiesta; b) effettuare vendite dei Prodotti nel

Territorio, direttamente e/o tramite intermediari commerciali nominati

dalla stessa Alpha, a clienti diversi da quelli elencati nell’Allegato (..), a

condizione di informarne previamente Beta; in tal caso spetterà a Beta un compenso da concordarsi caso per caso.

Il preponente si riserva il diritto di: a) vendere i prodotti a determinati clienti

(cd. “direzionali”), in prima persona o tramite altri intermediari. Per tali

clienti non sussiste pertanto l’esclusiva in favore del distributore. Tale facoltà

può essere utile al preponente per conservare rapporti diretti con clienti importanti o che richiedano un intermediario “esperto”; peraltro il produttore

non potrà abusarne. b) vendere i prodotti alla clientela (in genere). Ciò può

essere utile per sopperire all’eventuale inerzia del distributore, il quale

conserva il diritto di percepire un compenso.

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Con il patto di non concorrenza una parte (solitamente il distributore)

si impegna a non svolgere attività in concorrenza con l'altra parte

(produttore), sia durante la validità del contratto sia per un periodo di

tempo successivo alla sua estinzione.

Analogamente all’esclusiva, anche tale clausola è funzionale a

rafforzare la collaborazione tra le parti, in particolare nella

distribuzione integrata.

Non è un elemento essenziale del contratto di distribuzione, e quindi

in assenza di una previsione pattizia il distributore è libero di

commercializzare prodotti concorrenti; peraltro, tale patto è assai

frequente nella prassi dei contratti di distribuzione.

L’obbligo di non concorrenza può estendersi anche al periodo

successivo allo scioglimento del contratto; ciò può senz’altro giovare al

fabbricante, in quanto esso minimizza il rischio che il distributore,

dopo la fine delle relazioni commerciali, “storni” la clientela da lui

precedentemente contattata a favore di un concorrente.

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Il patto di non concorrenza è regolato dall'art. 2596 Cod. civ., secondo

cui esso:

deve essere provato per iscritto;

può avere una durata massima di cinque anni;

deve essere circoscritto ad una determinata zona o a una specifica

attività.

Si tratta di una norma inderogabile; pertanto:

qualora il patto ecceda i cinque anni esso viene automaticamente

ridotto a cinque anni (art. 1419, 2° comma Cod. civ.);

qualora la zona o l'attività non siano sufficientemente determinate,

il patto sarà nullo.

La norma non richiede per la validità del patto il pagamento di un

corrispettivo in favore del soggetto obbligato. Peraltro, nella prassi le

parti prevedono spesso tale corrispettivo, o comunque ne tengono

conto nella regolamentazione del complessivo assetto di interessi.

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Con riferimento al limite di durata, occorre avere presente che:

se il patto viene stipulato anche per un periodo successivo allo

scioglimento del contratto, tale periodo andrà computato nel

limite massimo (ad es. se il patto è relativo alla durata di 3 anni

del contratto più un periodo di 3 anni dopo l’estinzione, tale

ultimo periodo sarà ridotto a 2 anni);

se è previsto l’automatico rinnovo del contratto alla scadenza,

occorrerà rinnovare espressamente per iscritto il patto di non

concorrenza, non essendo consentita la rinnovazione tacita di tale

patto.

Qualora tale patto sia inserito in condizioni generali di contratto,

troveranno altresì applicazione gli artt. 1341 e 1342 c.c.

Inoltre, il patto di non concorrenza è specificamente disciplinato

nell’ambito del contratto di agenzia dall’art. 1751- bis Cod. civ. (vedi

modulo n. 3).

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L'art. 2596 Cod .civ. si applica soltanto qualora il patto di non

concorrenza:

sia autonomo e non funzionalmente collegato con il contratto al

quale esso accede;

sia relativo ad accordi tra soggetti operanti al medesimo livello

della catena distributiva (cd. accordi orizzontali) e non agli

accordi tra soggetti operanti in diversi livelli della linea

concorrenziale (cd. accordi verticali: ad es. un contratto tra

fabbricante e rivenditore).

Di conseguenza, i patti di concorrenza inseriti nei contratti di

distribuzione non incontrano generalmente i limiti indicati dall’art.

2596 Cod .civ.

Tuttavia, poiché il patto di non concorrenza produce l’effetto di

comprimere la libertà di iniziativa economica dei contraenti, anch’esso

soggiace ai principi previsti dalle norme antitrust (vedi modulo n. 2).

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È in generale opportuno precisare nella clausola di non concorrenza

quando un’attività si debba considerare come concorrenziale con

quella del produttore (in rapporto alle caratteristiche dei prodotti, alla

loro destinazione d’uso, all’identità del loro fabbricante, etc.), per

evitare incertezze circa l’applicazione della clausola stessa.

Esempio:

La società Alpha, che produce utensili ad uso professionale, stipula un

contratto di distribuzione con la società Beta avente ad oggetto

trapani. Alpha potrebbe avere convenienza a prevedere un patto di

non concorrenza limitato agli utensili per uso professionale,

consentendo a Beta di commercializzare per altre imprese altri trapani

destinati all’impiego “domestico”.

È inoltre opportuno regolamentare dettagliatamente l’ambito

soggettivo di applicazione del patto di non concorrenza, per evitare

che lo stesso possa essere aggirato dal distributore, il quale eserciti

attività concorrenziale indirettamente, avvalendosi ad esempio di una

società ad esso collegata.

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Esempio di patto di non concorrenza tratto da un contratto di

franchising tra una società affiliante (Alpha) ed una società affiliata

(Beta):

In considerazione dell’esclusiva territoriale, dei segni distintivi e del

know how che gli vengono concessi, Beta si obbliga, nel vigore del

presente Contratto e per un periodo di 1 anno successivo alla sua

estinzione per qualsiasi causa, a non svolgere qualsiasi attività

identica, simile o concorrente con quella di Alpha, nel settore di (..),

nel Territorio o comunque nel raggio di 100 km. dai locali in cui ha

esercitato l’attività, sotto qualsiasi forma, tanto direttamente quanto

tramite interposta persona o società. L’obbligo di non concorrenza di

cui sopra si estende alla partecipazione e/o all’assunzione di

cointeressenze, dirette o indirette, quale socio, amministratore o di

altro tipo, in qualsiasi società che possa essere considerata

concorrente di Alpha secondo quanto sopra previsto.

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Gli accordi di distribuzione sono normalmente destinati a rimanere in

vigore per un periodo relativamente lungo (alcuni anni), caratterizzandosi

per essere una collaborazione stabile tra imprenditori. Essi appartengono

alla categoria dei contratti “di durata”, contrapposta a quella degli

accordi c.d. “ad esecuzione immediata”, nei quali, invece, tutti gli effetti

tipici del contratto si esauriscono istantaneamente.

Nell’arco di durata di un contratto di distribuzione possono modificarsi le

condizioni oggettive e soggettive sussistenti al momento della conclusione

del contratto (cambiamenti nel mercato, mutamenti in seno all’azienda

produttrice), etc. Sorge quindi la necessità di prevedere e gestire in sede

contrattuale le sopravvenienze, e quindi di regolamentare:

l’equilibrata determinazione della durata complessiva del contratto;

la possibilità di “interrompere” l’accordo prima del termine di

scadenza previsto;

la gestione della fase successiva allo scioglimento del contratto.

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In genere, la durata dei contratti di distribuzione non è disciplinata

dalla legge bensì lasciata all’autonomia delle parti. Fa eccezione la L.

n. 129/2004 in tema di franchising, la quale prevede una durata

minima del contratto di 3 anni, salvo l’eventuale maggiore durata

sufficiente a garantire all'affiliato l'ammortamento dell'investimento

(vedi modulo n. 5).

La durata di un contratto di distribuzione può essere regolamentata

dalle parti con due modalità:

le parti possono prevedere un determinato termine di durata

(contratto a tempo determinato);

oppure le parti possono non prevedere alcun termine di durata

(contratto a tempo indeterminato).

È inoltre possibile una soluzione intermedia, prevedendo una

determinata scadenza iniziale, con la possibilità di rinnovo tacito salvo

che venga comunicata disdetta entro un determinato termine prima

della scadenza.

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Spesso le aziende produttrici prediligono un contratto a tempo

determinato, di breve, specialmente con partners commerciali nuovi e

quando agli stessi venga garantito un diritto di esclusiva.

D’altra parte, i distributori necessitano di un certo tempo per

strutturare il proprio lavoro nel territorio affidato loro e per

ammortizzare gli investimenti compiuti per creare una rete di vendita,

realizzazione attività promozionali etc.

Un ragionevole equilibrio tra le esigenze delle parti può essere

raggiunto calibrando la durata dell’accordo e le modalità di uscita dal

rapporto a seguito dell’esercizio del RECESSO contrattuale.

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Esistono due tipologie di recesso:

il recesso ad nutum (o ordinario);

il recesso per giusta causa (o straordinario).

Il recesso ad nutum è la facoltà, prevista contrattualmente, di porre

termine al contratto in virtù della mera volontà di una delle parti,

indipendentemente dall’esistenza di alcun inadempimento a carico

dell’altra parte.

Il recesso per giusta causa presuppone invece – come la risoluzione per

inadempimento – un inadempimento imputabile a una delle parti (tale

da produrre un sensibile danno al contraente che lo ha subìto o da

minare il rapporto fiduciario tra le parti), e/o il verificarsi di un evento

tale da non consentire la prosecuzione del rapporto (ad es.:

assoggettamento a procedure concorsuali, messa in liquidazione,

cambiamento del controllo azionario, etc.).

In tal caso la parte può interrompere il rapporto contrattuale

immediatamente e senza preavviso, salvo diversa previsione pattizia.

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Se il contratto è tempo indeterminato, le parti possono sempre

recedere in qualsiasi momento, anche in mancanza di espressa clausola

contrattuale, previo congruo preavviso.

In generale, la durata minima del periodo di preavviso è rimessa

all’autonomia delle parti. Un preavviso minimo è tuttavia previsto per

il contratto di agenzia (vedi modulo n. 3) e di franchising (vedi modulo

n. 5) .

È opportuno che i termini e le modalità dell’esercizio del recesso, e in

particolare il periodo di preavviso, siano espressamente regolamentati

dalle parti nel contratto, per escludere ogni valutazione di legittimità

del giudice circa la congruità del periodo stesso.

Se invece le parti non abbiano regolamentato il periodo di preavviso, il

giudice valuterà la congruità dello stesso in virtù del canone generale

della buona fede contrattuale, alla luce di una serie di elementi

(durata del rapporto, aspettativa della controparte alla continuazione

delle relazioni commerciali, investimenti sostenuti, etc.

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Esempio di contratto a tempo indeterminato, con recesso ad nutum.

1. Il presente Contratto avrà inizio a far data dalla sua sottoscrizione ed avrà

durata indeterminata.

2. Ciascuna delle Parti potrà recedere dal presente Contratto in qualunque

momento, dandone comunicazione all’altra parte, tramite lettera

raccomandata a/r, con un preavviso minimo così calcolato: a) almeno un

mese qualora il recesso sia esercitato entro il primo anno di durata del

Contratto; b) almeno due mesi qualora il recesso sia esercitato entro il

secondo anno di durata del Contratto; c) almeno tre mesi qualora il recesso

sia esercitato entro il terzo anno di durata del Contratto ; d) almeno quattro

mesi qualora il recesso sia esercitato entro il quarto anno di durata del

Contratto; e) almeno cinque mesi almeno due mesi qualora il recesso sia

esercitato entro il quinto anno di durata del Contratto ; f) almeno sei mesi

qualora il recesso sia esercitato a partire dal sesto anno di durata del

Contratto e per tutti gli anni successivi.

3. Ciascuna delle Parti si impegna a comportarsi, durante il periodo di

preavviso, secondo correttezza e buona fede, rispettando tutti gli obblighi

previsti dal presente Contratto, in particolare, l’obbligo di esclusiva di cui

all’art. (…). e l’obbligo di non concorrenza di cui all’art. (…).

4. In caso di recesso nessuna indennità spetterà al Cessionario.

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In caso di mancato o insufficiente preavviso, il recesso è ugualmente

valido ed efficace, ma la parte recedente sarà tenuta al risarcimento

del danno in favore dell’altra parte. Qualora a recedere sia il

produttore, il risarcimento in favore del distributore sarà

generalmente costituito dai mancati utili che il distributore avrebbe

realizzato durante il periodo di preavviso e dalle spese sostenute per la

promozione delle vendite.

Nei contratti a tempo determinato invece le parti non possono

recedere, salva diversa regolamentazione pattizia. Una volta scaduto il

contratto, questo si scioglie a meno che non venga rinnovato.

Qualora le parti abbiano proseguito la relazione commerciale anche

dopo la scadenza del termine finale di un contratto a tempo

determinato, il contratto si tramuta a scadenza indeterminata. In

questo senso è contenuta una espressa disposizione nella disciplina del

contratto di agenzia (art. 1750 c.c.: vedi modulo n. 3).

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Esempio di contratto a tempo determinato, con diritto di recesso per

giusta causa.

1. Il presente Contratto avrà inizio a far data dalla sua sottoscrizione

ed avrà durata fino a tre anni da tale data. Decorso tale termine, il

Contratto cesserà i suoi effetti.

2. Ciascuna delle Parti potrà recedere dal presente Contratto con

effetto immediato, senza preavviso, dandone comunicazione

all’altra parte tramite lettera raccomandata a/r, in caso di qualsiasi

violazione degli obblighi contrattuali di gravità tale da non

consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto

contrattuale su una base di fiducia reciproca. Le parti convengono

di considerare in ogni caso, ed indipendentemente dalla gravità

della violazione, come giusta causa di recesso immediato la

violazione degli artt. (..) del presente Contratto.

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3. Ciascuna delle Parti potrà altresì recedere dal presente Contratto ai

sensi del par. 2 al verificarsi dei seguenti eventi: a) fallimento,

concordato o qualsiasi procedura concorsuale cui sia sottoposta una

delle parti; b) messa in liquidazione di una delle parti; c) stato di

insolvenza, evidenziato anche da un singolo protesto, proposizione

di concordati anche stragiudiziali con i creditori o avvio di

procedure esecutive a carico dell’altra parte; d) cessione a terzi

dell'azienda del Distributore; e) trasferimento a terzi, a qualunque

titolo, della partecipazione sociale detenuta da (..) nel

Distributore; f) qualsiasi evento che comporti il venire meno, per

qualsiasi motivo, delle autorizzazioni e dei permessi necessari al

Distributore per svolgere l’attività di distributore nel settore

interessato dal presente Contratto.

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La fase seguente lo scioglimento del rapporto contrattuale è molto

delicata, in quanto gli interessi delle parti, che fino ad allora erano

stati fondamentalmente convergenti, tendono a divergere.

Il produttore deve evitare che la clientela continui ad identificare

l’intermediario con il prodotto e la sua azienda produttrice e che, nei

casi più gravi, l’ex-partner commerciale svii parte della clientela verso

la concorrenza.

D’altra parte, il distributore ha l’interesse a ricevere una indennità, e

inoltre può trovarsi nella situazione di avere notevoli giacenze di

prodotti invenduti nel magazzino (stock) al momento dello

scioglimento del rapporto, difficilmente vendibili sul mercato.

Di conseguenza, sia produttore che distributore hanno interesse a

regolamentare le conseguenze dello scioglimento del rapporto in modo

da venire incontro alle rispettive esigenze.

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In primo luogo, è opportuno precisare se sia prevista o meno una

indennità in favore del distributore. In generale, se il contratto si

scioglie in seguito a recesso per giusta causa, nessuna indennità è

dovuta. Qualora invece il contratto cessi in seguito a recesso ad nutum

l’art. 1751 c.c. prevede, per il contratto di agenzia, una indennità di

fine rapporto a favore dell’agente (vedi modulo n. 3). Inoltre, in caso

di distribuzione internazionale le leggi di alcuni paesi esteri

riconoscono un’indennità all’intermediario in caso di recesso.

Al di fuori di tali ipotesi, la giurisprudenza ritiene che non sia dovuta al

distributore alcuna indennità, salvo diverso accordo tra le parti. Per

evitare ogni incertezza è comunque opportuno escludere

espressamente nel contratto che il distributore abbia diritto ad alcuna

indennità allo scioglimento del contratto. Qualora invece si intenda

prevedere una indennità a favore del distributore, occorrerà

disciplinarla espressamente, precisandone i termini e la quantità.

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Esempio di clausola con previsione di indennità in caso di scioglimento.

In caso di scioglimento per qualsiasi causa del presente Contratto, non

dovuta a fatto e/o colpa del Distributore, il Fornitore, in considerazione

dell’obbligo di non concorrenza di cui all’art. (..), nonché dell’eventuale

incremento della redditività dell’impresa del Fornitore nel corso di durata

del presente Contratto, corrisponderà al Distributore, entro (..) giorni

dalla data dello scioglimento del contratto, un’indennità, così

determinata:

A. qualora, al momento dello scioglimento del Contratto, quest’ultimo

abbia avuto una durata non superiore a 36 (trentasei) mesi, verrà

corrisposto dal Fornitore l’importo di Euro (..);

B. qualora, al momento dello scioglimento del Contratto, quest’ultimo

abbia avuto una durata superiore a 36 (trentasei) mesi, verrà

corrisposto dal Fornitore l’importo di Euro (..).

Gli importi di cui sopra sono omnicomprensivi e pertanto alcuna altra

indennità, indennizzo o risarcimento sarà dovuta al Fornitore per alcun

titolo.

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È inoltre opportuno, nell’interesse del produttore, che l’ex distributore

cessi di presentarsi alla clientela nella veste di appartenente alla rete

commerciale del fabbricante, prevedendo nel contratto l’immediata

ed automatica revoca di qualsiasi autorizzazione concessa per l’

utilizzo del marchio e dei segni distintivi del produttore.

Un’ulteriore accortezza consiste nel disciplinare la sorte dello stock,

particolarmente quando vi è una forte esigenza di controllare le

modalità di commercializzazione dei prodotti (come nel caso di beni di

lusso o di elevata qualità) o quando sia necessario assicurare un

adeguato servizio di assistenza post-vendita.

Spesso si prevede a tal fine un’opzione di acquisto dei prodotti giacenti

in magazzino a favore del produttore, ad un prezzo predeterminato.

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Esempio di clausola sulle conseguenze in caso di scioglimento del

contratto

1. Al momento dello scioglimento, per qualsiasi causa, del presente

Contratto, il Distributore è tenuto a restituire immediatamente al

Fornitore il materiale illustrativo, pubblicitario ed ogni altro

documento in suo possesso che sia stato messo a sua disposizione ed a

collaborare per informare i terzi dell'avvenuto scioglimento del

rapporto di distribuzione. Il Distributore si impegna in particolare ad

evitare, nei rapporti con i terzi, qualsiasi riferimento al pregresso

rapporto con il Fornitore, onde prevenire qualsiasi rischio di confusione

presso la clientela.

2. Inoltre, dal momento del verificarsi dello scioglimento del presente

Contratto, verrà meno immediatamente il diritto del Distributore di

usare i marchi, nomi o segni distintivi del Fornitore, come consentito

dall'art. (..).

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3. Su richiesta del Distributore, il Fornitore potrà acquistare dal

Distributore, al prezzo da questi originariamente pagato, i Prodotti che

il Distributore detiene in stock , a condizione che essi siano ancora

correntemente venduti dal Fornitore e che siano nello stesso stato in

cui si trovavano originariamente, nonché conservati negli imballaggi

originali. Resta inteso che, qualora il Fornitore non comunichi al

Distributore la propria intenzione di acquistare i Prodotti entro 10

giorni lavorativi dalla data dello scioglimento del Contratto, il

Distributore sarà libero di vendere i Prodotti a terzi.