I cacciatorpediniere Doria e Duilio · 2019-06-27 · visa parte del “contratto” siglato al...

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Marinai d’Italia MENSILE DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE MARINAI D’ITALIA Anno LXIII n. 5 • 2019 Maggio Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1 - DCB Roma “Una volta marinaio... marinaio per sempre” I cacciatorpediniere Doria e Duilio

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Marinaid’ItaliaMENSILE

DELL’ASSOCIAZIONENAZIONALE

MARINAI D’ITALIA

Anno LXIII

n. 5 • 2019Maggio

Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento

Postale - D.L. 353/2003(conv. in L. 27/02/2004 n° 46)art. 1 comma 1 - DCB Roma

“Una volta marinaio... marinaio per sempre”

I cacciatorpediniereDoriae Duilio

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D a alcuni anni a questa parte ho constatato chenegli inviti a partecipare a cerimonie militari,come giuramenti di allievi, celebrazioni di an-

niversari, giornate e feste di forza armata ecc. non è piùmenzionata (dunque non gradita?) la presenza dellamoglie. Mi sono dunque chiesto come si sia innescataquesta deriva “ad excludendum”, perché con il passaredel tempo le mogli (comunque diciamo le consorti) sia-no state allontanate dalla nostra vita pubblica. Addirit-tura, in alcune circostanze, l’invitoalla consorte è stato fatto (forseper un rigurgito di pudore) verbal-mente, sottovoce, tipo “ chi la vuo-le portare la porti”, con una conse-guente sistemazione in tribuna sìma in area a parte, una sorta di gi-neceo a latere. Perché? Non mi hamai convinto la versione “ufficiale”che accampa il carattere militaredella manifestazione, dunque limi-tato ai soli militari. La componente“talebana” del ragionamento non è nuova, ricordo unvecchio mio Comandante il quale sosteneva che “se laMarina avesse voluto dotarti di una moglie te la avreb-be fornita lei, esattamente come la sciabola ed il bino-colo”! Celie a parte, in quei tempi ormai passati la mo-glie era considerata parte integrante della componen-te, specialmente quando si trattava di occasioni sociali,conviviali o festeggiamenti, quasi a compensare gli in-credibili sacrifici che le erano richiesti per condividerela nostra vita operativa. E ciò era naturale, accettato datutti e da tutti rispettato, quasi facesse tacita ma condi-visa parte del “contratto” siglato al momento dell’ar-ruolamento. La nostra vita di marinai, il nostro equili-brio psico-fisico, le nostre sicurezze sono state resepossibili dal sacrificio delle nostre compagne, cui ab-biamo lasciato la cura ed i problemi della casa, dei no-stri interessi, la cura e l’educazione dei nostri figli, in-somma tutto ciò che non era Marina strictu sensu macertamente altrettanto (se non maggiormente) impor-tante, ossia il complemento della nostra vita: e allora,perché oggi escluderle? Lasciandole fuori dalle nostrecelebrazioni, dai nostri eventi sociali vogliamo ancorauna volta (ma stavolta immotivatamente) lasciarle aterra? Non è solamente una questione morale – che giàsarebbe grave – è sinonimo di irriconoscenza, di di-sprezzo, un allontanamento che non fa onore a chi lo at-tua e soprattutto non fa parte della nostra etica, fonda-ta sulla solidarietà, la coesione, il senso di appartenen-za. Ora, che questi provvedimenti restrittivi in atto sianodovuti alla congiuntura economica che la Nazione attra-versa, sarebbe cosa con un velato senso di credibilitàma dovrebbe essere spiegato lealmente e soprattuttodovrebbe essere un provvedimento provvisorio, in atte-sa di tempi migliori. Invece, la sensazione è che si siaapprofittato di un momento di crisi per instaurare una

prassi e questo non mi trova d’accordo e lo dico a nomedi tutti i marinai che hanno la cultura e l’etica marinaranel cuore. Dico cultura perché basterebbe andare unasola volta a vedere il meraviglioso dipinto di MassimoCampigli alla Galleria d’Arte Moderna di Roma (ma di-sponibile con un semplice click su internet) intitolato“Le spose dei marinai” per comprendere quale vulnussia quello di separare il marinaio dalla propria consorte,appunto quella che ne condivide la sorte, sempre, non

solo ad intervalli. È solo il mare chesi frappone fra loro e fra i loro sen-timenti, non la burocrazia, quellostesso mare che li rivedrà uniti oseparati per sempre. Non ho visto,nelle mie molteplici esperienzaall’estero, cerimonie senza la pre-senza delle mogli accanto ai maritimilitari così come non ricordo qua-le aggravio di spese abbia avutonel passato, sui bilanci militari, l’in-vito alle consorti. Non viviamo, gra-

zie a Dio ed ai morti che vi hanno sacrificato la vita per-ché vivessimo in un mondo migliore, in una società chiu-sa e repressiva, siamo fieri dei traguardi di democraziae di libertà raggiunti. Ma la mia, la nostra famiglia ma-rinara è composta da mogli e mariti, in una sola dimen-sione e nulla può giustificare un’artificiale ed incom-prensibile spartizione. Oggi che i valori tradizionali so-no messi a dura prova se non oggetto di demolizione,una società come quella militare che fa dei valori fon-danti il caposaldo della sua formazione ed esistenza, amaggior ragione dovrebbe riaffermarne la validità an-che attraverso una pubblica, palese manifestazione.Non abbiamo paura di mostrarci per quello che siamo esostenere quello in cui crediamo, uomini e donne checompiono il proprio dovere sull’onda di una coscienzaetica e morale inossidabile: ma la nostra vita non è fattasolo di caserme, fucili, navi e ordini di operazione, è unavita che si completa negli affetti e nelle famiglie e nonpossiamo, direi di più, non è giusto ricordarcene sola-mente quando rientra una bara avvolta nel tricolore. Lenostre compagne, coloro che hanno scelto di rinunciarea parte delle proprie aspirazioni per seguire e condivi-dere la vita di noi, uomini di mare e di guerra, per con-sentire a noi di svolgere al meglio il nostro compito a fa-vore della collettività, vanno ringraziate, esaltate, ono-rate e mai escluse. Non è giusto né bello vedere un pal-co con sole divise, accanto e non dietro a ciascuna diqueste vive una alter ego di così straordinaria importan-za che merita di stargli a fianco, al suo posto, non a casaad attenderlo ancora anche quando non è in mare acompiere il suo dovere. Se il Presidente degli Stati Unitipresta giuramento avendo al suo fianco la consorte, noncapisco come si possa, noi più semplici uomini a piùsemplici cerimonie essere invitati senza.

nnn

Editoriale del Presidente Nazionale

Le spose dei marinai

Richiami marinareschid’un tempo1 C’era una procedura stabilita per chiamare a voce una nave

in mare (secondo Guglielmotti: venire a parlamento - discor-so tra due navigli in mare per chiedere e dare notizie) : “Ship,a-hoy” Risposta “Hulloa!” “What ship is that, påanti a que-sta procedura. “Ehi, di bordo!” - “Ehilà!” - “Chi siete, prego?”- “La nave Carolina, da Le Havre, diretta a New York. Voi, dadove venite?” - “Il brigantino Pilgrim, da Boston, diretto allacosta della California, da cinque giorni in mare”.

2 “Land ho!” Terra in vista! - “Sail ho!”Vela in vista!

3 “All hands, ahoy! tumble up here and take in sail” Equi-paggio, attenzione! Saltare su e serrare la vela!

4 “All starbowlines ahoy! eight bells there below! do you hearthe news?” “Destrali, attenzione! Voi là sotto, otto tocchi!Sentite le novità?” Il termine star-bowlines invece di star-board watch (guardia di dritta) potrebbe essere reso in ita-liano con ‘destrali’. In proposito, Dana nota che “E di modachiamare le rispettive guardie Starbowlines e Larbowlines”.

5 “A-a-ll ha-a-a-nds! Up anchor, a-ho-oy!” Letteralmente: Atutti i marinai attenzione! Salpare! In italiano: Tutta lagente in coperta! Salpare! Questo modo di chiamare lagente derivava dall’antico grido del nostromo in uso nellaRoyal Navy il cui testo completo è:

6 “Out or down there! Out or down there!* All hands / rouseout, rouse out, rouse out. Lash and carry, lash and carry,**/ show a leg or else a Purser’s stocking.*** / Rouse andshine, rouse and shine./ Lash up and stow, lash up andstow, lash up and stow.” [Fuori o giù voi là! Fuori o giù voilà! */ Tutto l’equipaggio / sveglia, sveglia, sveglia. Rollaree sgombrare, rollare e sgombrare,**/ mostrare una gambao altrimenti una calza da donna. *** Sveglia e lavarsi, sve-glia e lavarsi, Rollare e riporre, rollare e riporre, rollare e ri-porre]. Spesso tale grido era seguito dalle parole “It’s to-morrow morning, and the sun’s a-scorching your eyesout.” [È già mattina, e fuori il sole brucia gli occhi.]

* L’antico grido “Out or down there”, che precedeva la chiamata, minac-ciava chi non si fosse alzato alla svelta di avere la branda immediata-mente tagliata.

** Le brande. *** “Show a Leg” risale al tempo in cui fu consentito alle mogli dei marinai

di vivere a bordo delle navi in porto, potendo dormire un’ora in più deimariti. Dovevano perciò provare il loro sesso sporgendo una gamba (pri-va di peli o coperta da una calza).

Contributi 2019

Gruppo di Bergamo € 19,00

Antonio LaganàGruppo di Susa (TO) € 30,00

Padre Alberto GuglielmottiReligioso, teologo e storico italiano.

Particolarmente nota è la sua grande e dettagliataopera “Storia della Marina pontificia”

Cimelio pervenutoci da Cesare Zavaglio,Presidente del Gruppo di Brescia

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1 Editoriale del Presidente Nazionale

SPECIALE - XX Raduno ANMI - SALERNO 4 Paestum

10 1998/2018: vent’anni di rinnovamento per la Marina Militare

14 Un marinaio e sulla linea Maginot

15 Crociera dei Marinai d’Italia 2019 MSC Lirica

18 La guerra del pesce in Adriatico Ricordi di un Guardiamarina

20 Senza babbo né mamma

22 L’ultima resa degli Onori al Marinaio Sc. Sil. Carlo Acefalo

24 Un paese di cordai

26 Le cartoline raccontano

28 Panoramica navale

30 Il Museo “Ferruccio Falconi” Arte, ambiente, venezianità e marineria

32 Cannoniere Carmine De Dominicis

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pag. 10

Sommario

Avvisiai Naviganti

Nuova iniziativa editoriale

I n Presidenza Nazionale, non de-vono esserci dubbi a riguardo, ci

sta particolarmente a cuore la“soddisfazione del cliente”; nel no-stro caso del Socio. Così pertantoanche in redazione per quanto ri-guarda tutti coloro che ricevonoquesto periodico informativo: ab-biamo cioè recentemente pensatodi avviare una nuova iniziativaeditoriale basata sul gradimentoricevuto per l’appunto da vari Sociquando, qualche mese fa, al gior-nale abbiamo allegato la stampariportante la silhouette della co-razzata Roma, e nel numero a se-guire quella dei CC.TT. Da Noli eVivaldi, per commemorare, sem-plicemente ma degnamente, il75° anniversario del tragico epilo-go navale consumatosi il 9 set-tembre 1943 nelle acque del Golfodell’Asinara.A partire dal numero di marzo del“Giornale” il lettore ha trovato lastampa fotografica di una UnitàNavale della Marina Militare.Dopo la pubblicazione di naveBergamini (numero di marzo) e dinave Aquila (numero di aprile) al-leghiamo con questo numero, lastampa del cacciatorpediniere An-drea Doria (D553).Scopo di questa iniziativa è quelladi fornire ai Soci una serie di pre-ziosi scatti fotografici (anche stori-ci) o disegni da incorniciare perabbellire una parete della propriaabitazione, la sede del proprioGruppo oppure da regalare all’a-mico del cuore che poco o nulla sadelle Unità Navali della MarinaMilitare che ogni giorno, solcandoi mari, rappresentano il “cuorepulsante” della nostra Forza Ar-mata e proiettano nel mondo unapositiva immagine di tangibileprofessionalità e tecnologia di al-tissimo livello.

Norme per la collaborazioneLa collaborazione è aperta a tutti.Gli elaborati, inediti ed esenti davincoli editoriali, esprimono le opi-nioni personali dell’autore che sene assume la responsabilità.La Direzione si riserva il diritto didare agli articoli il taglio editorialeritenuto più opportuno. Gli articolipubblicati non sono retribuiti.Tutti i diritti sono riservati.Testi e foto non possono essere ri-prodotti senza l’autorizzazione del-la redazione.

LA REDAZIONE

DIARIO DI BORDOMARINAI D’ITALIA

In copertinaI cacciatorpediniereDoria e Duilio

Direttore responsabileGiovanni Vignati

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L’informativa sul trattamentoe protezione dei dati personaliè riportata sul sito dell’Associazionewww.marinaiditalia.comsezione “informativa privacy”

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Isidro Gonzalez VelazquezVista de las magnificas ruinasde la antigua ciudad de Pesto

Google Art Project

(vds art. a pag. 4)

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Tiberio GraccoArtista, pittore,scultoreed ideatoredel sito www.paestumsites.it

(All rights reserved)

Sibari, fondata nel 720 a.C. da achei e trezeni, i quali furono perciòdetti sibariti. Questi ultimi erano famosi per la ricchezza, il lusso e lasuperbia. Lo storico Diodoro Siculo, del I secolo a.C., scrisse che “isibariti erano schiavi del ventre e amanti del lusso”. Stradone, geo-grafo greco vissuto tra il 60 e il 20 a.C., racconta che i sibariti ave-vano creato un insediamento fortificato nei pressi della foce del fiu-me Sele, estendendo la loro influenza sui territori limitrofi. Siamo acavallo tra il VII e il VI secolo a.C.. La fondazione della città si dovet-te al bisogno che Sibariti ebbero di aprirsi una via commerciale fralo Ionio e il Tirreno attraverso la dorsale dell’Appennino, evitando ildi circumnavigazione della costa calabra e lo stretto di Messina. Lacolonia, situata in un punto strategico, al centro dell’incrocio dellevie commerciali tra il bacino ionico e le regioni italiche, fu chiamataPoseidonia in onore di Poseidone, dio del mare. Fu nel 510 a.C., inseguito alla distruzione di Sibari per opera dei crotonesi, quandomolti sibariti fuggirono a Poseidonia con le loro ricchezze, la loroesperienza e il loro spirito di intraprendenza, che la città raggiunseun alto livello di potenza economica e politica.

5Marinai d’Italia Maggio 20194 Marinai d’Italia Maggio 2019

Cenni storici sulla città di Paestum

Fondata dai greci intorno al 600 a.C., si chiamava inizialmente Po-seidonia, da Poseidone, o Nettuno, dio del mare, al quale la cittàera stata dedicata. Tra il 400 e il 273 a.C. fu occupata dalla popo-lazione italica dei lucani. Nel 273 divenne colonia romana col no-me di Paestum. Ma è indubbio che la fondazione della città fossepreceduta dall’impianto di una fattoria commerciale sulla spondasinistra e presso la foce del fiume Silaros e che le condizioni ma-lariche del terreno indussero poi i primitivi coloni a spostare ilcentro abitato verso oriente, su un banco calcareo leggermenterialzato sulla pianura e sul litorale, lungo il corso di un’altro fiumeminore (fiume Salso o Capofiume). Dall’impianto primitivo sul Sila-ros sviluppò il porto marittimo e fluviale della città e presso di essosorse il Tempio di Era Argiva, che diventò presto uno dei più grandie venerati santuari dell’Italia antica: circa 50 stadi separavano lacittà dallo Heraion e dal suo emporio sul fiume. La fine dell’ImperoRomano coincise grosso modo con la fine della città. Verso il 500a.C., infatti, in seguito ad un’epidemia di malaria, aggravata dall’in-salubrità del territorio, gli abitanti gradualmente abbandonaronola città. La riscoperta di Paestum risale al 1762, quando fu costrui-ta la strada moderna che l’attraversa tuttora.

Origini e principali vicende storiche

Le colonie greche nel Mediterraneo più importanti furono quellefondate in Asia Minore e nella Magna Grecia, termine che indical’insieme dell città fondate dai greci in Italia meridionale e in Sicilia,una delle quali era appunto Paestum. Madrepatria di Paestum era

SPECIALE XX Raduno Nazionale Marinai d’Italia - Salerno 28/29 settembre 2019

Paestumda un’idea di Tiberio Gracco

1 Tempio di Athena2 Santuario romano 3 Bouleuterion4 Anfiteatro5 Gymnasium 6 Tempio della pace7 Ekklesiasterion8 Larario9 Foro di Paestum

10 Terme del foro11 Teatro italico12 Macellum13 Giardino romano14 Quadriportico15 Piscina ellenistica16 Casa con peristilio17 Tempio di Nettuno18 Tempio di Hera19 Cintura muraria20 Porta Sud

Pianta della città di Paestum

Il Tempio di Hera(550 - 450 a.C.)

Il Tempio di Cerere o Atena(500 a.C.)

Il tempio di Nettuno o Poseidone(metà V sec a.C.)

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Il Tempio di Nettuno o Poseidone(metà del V secolo a.C.)

Viene considerato come l'esempio più perfetto dell'ar-chitettura dorica templare in Italia e in Grecia.L’attribuzione a Nettuno si deve agli eruditi del ’700 cheritennero l’edificio costruito in onore del dio Poseidon-Nettuno che dà nome alla città.Studi recenti lo attribuiscono invece ad Apollo, nellasua veste di medico. Sorge su di un basamento a tregradini su cui si imposta un colonnato di 6x14 colonnedorico (m. 24,14 x 59,88). La pianta si compone di treambienti, di cui quello centrale, la cella (m. 3,30), sededella statua di culto e composta di pronao, naos e pi-stodomo, ha il naos diviso in tre navate da due file dicolonne a doppio ordine, su cui venivano a poggiare le capriatedel tetto. A est del tempio è l’altare, conservato solo nelle fonda-zioni. Nel I secolo a.C. un nuovo altare viene costruito più vicino al-la fronte est, segno della vitalità del culto anche presso i Romani.

Il Tempio di Hera (550 - 450 a.C.)

Più noto come Basilica, dal nome che gli dettero gli eruditi delsettecento per la quasi totale sparizione dei muri della cella, delfrontone e della trabeazione. È in realtà dedicato ad Hera, sposadi Zeus e principale divinità di Poseidonia. È un Periptero con no-ve colonne sui fronti e diciotto sui lati (m. 24,35 x 54), la cella haben conservato il pronao, in corrispondenza del numero disparidelle colonne sul fronte ed è dipartita da un colonnato centrale,in parte conservato e destinato a sostenere il culmine del tetto.Sul retro della cella è l’adyton, ambiente inaccessibile ai fedeli asede del tesoro del tempio. Singolare particolarità, fra tutti i mo-numenti dell’architettura dorica, offre qui e nel tempio di Cerereil collarino del capitello decorato di foglie baccellate e talvoltacontornate sulla curva dell’echino da una fascia di fiori di loto edi rosette. Negli scavi del 1912 si raccolsero molti elementi delladecorazione fittile. Il coronamento del tempio era in terracotta di-pinta con finte grondaie a testa di leone e terminava con antefis-se a forma di palmetta.

Museo Archeologico Nazionale di Paestum

Il Museo Archeologico Nazionale di Paestum è sorto nel 1952 al-l’interno della città antica. Inizialmente era costituito da un’unicasala, dall’aspetto architettonico esterno di scuola piacentiniana,costruita sulle dimensioni della struttura che riproduceva il primoThesauros del santuario di Hera.

Questo nucleo originario fu successivamente ampliato e furonopredisposti nuovi ambienti, costruiti intorno ad un giardino inter-no e con vetrate aperte verso l’esterno. Il nuovo allestimento delmuseo documenta l‘evoluzione e le trasformazioni della città, dal-la fondazione della colonia greca tra la fine del VII e gli inizi del VIsecolo a.C. fino all’istituzione della colonia latina, illustra le tra-sformazioni nell’organizzazione sociale e pubblica, i riti religiosi,gli aspetti della vita quotidiana, l’arte e l’artigianato.Una sezione introduttiva ricostruisce la storia della scoperta delsito archeologico, un’altra sezione è dedicata alla preistoria.Una sezione importante del museo è costituita dall’insieme delledecorazioni architettoniche e scultoree provenienti dagli scavidell’Heraion del Sele.Le metope arcaiche in arenaria facevano parte del primo The-sauros: di queste, diciotto sono dedicate alle imprese di Eracle. Aqueste si aggiungono una serie di ex voto (frammenti di terrecot-te, vasi, oggetti in metallo e in osso), che i fedeli offrivano al san-tuario. Notevoli le decorazioni a gronde leonine e le dieci metopesuperstiti del tempio maggiore dell’Heraion, che compongonouna narrazione continua raffigurante un gruppo di danzatrici.

La Tomba del Tuffatore

Tra i pezzi di inestimabile valore storico e artistico conservati nelmuseo, ci sono le lastre dipinte della cosiddetta Tomba del Tuffa-tore, unico esempio di pittura di età greca della Magna Grecia. Èuna sepoltura a lastroni, chiusa da una copertura piana, con af-freschi sulle pareti interne. Sulla lastra di copertura è dipinto unuomo che si tuffa in acqua: il tuffo simboleggia il passaggio dallavita alla morte.

Le Tombe dipinte del IV secolo a.C.

L’uso delle tombe dipinte si afferma a Paestum in modo assai dif-fuso nel IV secolo a.C., durante il dominio lucano. A quest’epoca risale la ricchissima raccolta di pitture funerariedel museo. Si tratta di lastre affrescate: le più antiche sono deco-rate solo nella parte centrale, con fasce, corone, bende o rami; inseguito si afferma l’uso di vere e proprie scene figurate per le tom-be maschili (prevalentemente guerrieri a cavallo con elmo e co-razza) e di elementi decorativi per quelle femminili.

7Marinai d’Italia Maggio 20196 Marinai d’Italia Maggio 2019

A questo periodo risale la costruzione dei tre templi noti col nomedi Basilica, tempio di Poseidone e tempio di Cerere, coevi a quel-l’unico affresco greco finora scoperto, nella tomba del Tuffatore.Nel V secolo a.C. i lucani, popolo italico, cominciarono ad infiltrarsinella colonia, lasciando numerose testimonianze della propria in-fluenza in tombe affrescate secondo il modello dei maestri greci.Sul finire del IV secolo, alleatisi con i bruzi, sostennero una lungalotta contro i greci per il dominio dei nuovi territori verso il mare,che si concluse con la riaffermazione della loro supremazia sullacittà. Nel 273 a.C. i romani occuparono Poseidonia che così diven-ne la fedele Paestum romana, che si dimostrò vicina a Roma anchenei momenti più drammatici della sua storia. Durante il periodo ro-mano, nel III secolo, le attività economiche e culturali fiorirononuovamente: sorsero nuovi edifici pubblici, come l’anfiteatro, il fo-ro e il ginnasio, che contribuirono a donare alla città quell’aspettoche gli scavi hanno riportato alla luce.Tra i fattori che portarono aldeclino di Paestum, la realizzazione di nuove strade per il commer-cio in Oriente, che finirono per isolare irrimediabilmente la cittàdalle principali vie commerciali, e l’epidemia di malaria del IX se-colo, unita alle scorrerie dei pirati saraceni, che costrinsero i pe-stani a rifugiarsi sui monti, e ad abbandonare l’antica Poseidonia.

Il Tempio di Cerere o Atena (500 a.C.)

Costruito circa cinquant’anni prima del Tempio di Nettuno e 50 an-ni dopo quello di Hera ha delle particolarità che lo distingue daglialtri due templi e lo rendono uno dei più interessanti dell’architet-tura greca. Il frontone alto rende questo Tempio unico; il fregio do-rico composto di larghi blocchi di calcare è anch’esso di tipo uni-co. La pianta interna, più semplice di quella degli altri due templiera composta dal pronaos e dalla cella nella quale non ci sonotracce della camera del tesoro (adyton).Il pronaos aveva otto colonne con capitelli ionici, quattro sulfronte e due su ciascun lato. Delle colonne ioniche del pronaossi vedono solamente le basi e due capitelli (i più antichi in stileionico rinvenuti in Italia) sono custoditi nel vicino Museo Ar-cheologico.Il ritovamento di numerose statuette in terracotta (ex voto) raf-figuranti Atena nelle stipi votive prova che il Tempio non eradedicato a Cerere ma alla dea della saggezza e delle arti Ate-na. Infatti il tempio sorge sulla parte più alta della città, luogodove sono sempre stati eretti i templi in onore di Atena nellecittà greche.

SPECIALE XX Raduno Nazionale Marinai d’Italia - Salerno 28/29 settembre 2019

Un cratere conservato nel Museo Archeologico Nazionaleraffigurante il ratto di Europa

Cratere raffigurante Ulisse e le sirene ora a Berlino330 a.C.

Cratere dalla Villa Getty ora in California360 a.C. La tomba del tuffatore

Vista delle magnifiche rovine dell’antica città di Paestum.Dipinto di Isidro Gonzalez Velazquez

Il symposium

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latini (atrium, tablinium, cubiculum, ecc.) e invece quelli del corpoposteriore siano greci (perystilium, exedra, triclinium, ecc.). La do-mus romana di pianta rettangolare, è l’abitazione di popolazionimeridionali che invita alla vita all’aperto. I vari ambienti sono tuttidisposti intorno alle due aree centrali da cui ricevono aria e luce.Le finestre, se ci sono, sono rare, poco ampie, aperte regolarmen-te nella muratura esterna, spessa e rozza. Talvolta, all’esterno, siprotendono balconi in legno. È di solito ad un solo piano e, se puresiste un secondo piano, le costruzioni sono limitate a pochi vanie si capisce che si è trattato di una sopraelevazione. Si accede al-la domus percorrendo prima un vestibulum, un corridoio cioè, epoi varcando la porta principale, ianua. Il porticum è la porta diservizio che si apre su un muro laterale.L’atrio è un grande vano che presenta un’ampia apertura nel sof-fitto (impluvium) in corrispondenza della quale nel pavimento è in-cavata una vasca rettangolare (compluvium) per raccogliere l’ac-qua piovana. A detta di Vitruvio l’atrio può essere di cinque tipi aseconda che presenti o meno colonne. Il tipo più comune sembrasia il tuscanico, privo di colonne in cui il peso del tetto è sostenutodalle travature in legno. Intorno all’atrio si aprono i cubicoli, desti-nati ad uso fisso: il tablinium, una grande sala prima anche dapranzo poi solo di rappresentanza, situata in fondo all’atrio, difronte alla porta d’ingresso, chiusa da una tenda; le alae, il cui usoè incerto, i cubicula, stanze da letto. Attraverso un corridoio dettoandron si passa al secondo corpo della casa, il peristylium, checonsiste in un giardino circondato da un portico sorretto da colon-ne e di solito a due piani, ricco di fiori, statue, nicchie, fontanelle.Intorno si aprono altri ambienti: il triclinium, sala da pranzo, altricubicula e vani di vario uso. La cucina non ha un luogo fisso, è unambiente piccolo e buio con un buco nel tetto per far uscire il fu-mo, dato che mancano i fumaioli; contiene il camino, un piccoloforno per il pane, l’acquaio.Vicino alla cucina sono disposte le latrine e il bagno. Gli schiavi so-no sistemati in camerette dette celle che non hanno una disposi-zione fissa. Le pareti delle stanze sono affrescate a riquadri di vi-vaci colori, con motivi floreali o architettonici, scene di caccia,soggetti mitici. Il soffitto è a cassettoni (lacunari) intarsiati o deco-rati con stucchi. Il pavimento è ricoperto da mosaici. Logicamenteil numero e l’ampiezza degli ambienti e dei giardini, l’arredamentoe la decorazione delle stanze variano a seconda dell’età (repubbli-cana, imperiale, ecc.) e della ricchezza del proprietario. Certo è

che le domus dei ricchi, spaziose, areate ed igieniche, fornite dibagni e latrine, riscaldate d’inverno dagli ipocausti, dotate di acquasono forse le più comode che si siano costruite fino al secolo XX.

L’Anfiteatro di Paestum

Fondato in epoca cesariana (50 a.C. circa), è fra gli esempi più an-tichi di questo genere di edifici. Inizialmente costruito senza l’a-nello esterno, conserva pochi gradini della caeva (gradinata per ilpubblico). Il balteo, parapetto separante l’arena della cavea, furealizzato fino a discreta altezza per evitare l’aggressione deglianimali che si esibivano nell’arena. Alla fine del I secolo d.C. vi fuaggiunto un anello esterno costituito da una serie di arcate pog-giate su pilastri in laterizio al di sopra delle quali venne posizionatoil coronamento della cavea (maenianum summum), forse eseguitoin legno. Attualmente l’anfiteatro è visibile solo in parte dal mo-mento che circa un terzo è sepolto sotto la strada moderna.

L’Agora

Tra la fondazione di Poseidonia e la fine del IV secolo a.C. l’agora,cuore politico della città, occupava l’area centrale dello spazio ur-bano per un’estensione di circa 10 ettari. Al suo interno sorgevano i monumenti pubblici più rappresentati-vi: l’heroon, lekklesiasterion, il tempietto di Zeus Agoraios. L’He-roon, databile intorno al 520-510 a.C. è indicativo del culto tribu-tato forse al fondatore di Poseidonia. Dopo la deduzione della co-lonia latina (273 a.C.), l’edificio fu sepolto, ma in segno di rispettola sua inviolabilità fu marcata da un recinto. Gli oggetti rinvenutiall’interno, esposti in museo, furono deposti come corredo fune-rario della sepoltura simbolica dell’eroe fondatore. L’Ekklesiaste-rion fu eretto intorno al 480-470 a.C. nel settore est dell’agora eral’edificio per le assemblee politiche (ekklesiai) di Poseidonia gre-ca. In età lucana il monumento fu mantenuto in uso con analoghefunzioni: lo prova una stele databile al 300 a.C. recante un’iscri-zione in lingua osca con dedica di un magistrato locale, Satis Sa-tilies, a Giove, per grazia ricevuta. Dopo la deduzione della colo-nia latina, l’ekklesiaterion venne eliminato perché non più funzio-nale al nuovo ordine politico e sulla colmata che lo cancellò ven-ne eretto un santuario.

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9Marinai d’Italia Maggio 20198 Marinai d’Italia Maggio 2019

Il foro di Paestum

Con la deduzione della colonia latina (273 a.C.) il centro della vitapubblica venne spostato nel settore sud occidentale dell’anticaagora, dove fu ubicato il Foro.Nella prima fase (III sec a.C.) la piazza era circondata da botteghe,che a nord si interrompevano per fare spazio al Comizio ed a sudper ospitare il Macellum (mercato).Oltre che essere un luogo deputato alle transazioni commerciali,lo spazio della piazza era anche il luogo in cui avvenivano le vota-zioni. Nell’età imperiale l’area fu circondata da portici; due taber-nae all’angolo nord-ovest vennero trasformate in sede del colle-gio degli addetti al Culto Imperiale; al centro del lato Sud vennerealizzata la Basilica (tribunale). Più tardi, alla fine del II secolo d.C., a spese di un’altra taberna, fucostruito il Tempio dei Lari.

Area a Nord del foro

Questa zona, che in età repubblicana ospitava ilCampus, il luogo per le esercitazioni ginniche e pre-liminari dei giovani, nonché il santuario con piscinadedicato a Fortuna Virilis, divenne in età imperialela sede del culto del Principe.A Nord lo spazio fu racchiuso da un portico ed il latosud di quello che era stato l’antico Campus venneoccupato da edifici destinati al culto dell’imperatoree della sua famiglia, demoliti in anni non recenti perportare alla luce la piscina.

Le case a Paestum

La Casa grecaLe case dei poveri e dei ricchi sorgono, lungo le viuzze, fianco afianco e, se non fosse per le dimensioni e soprattutto per gli am-bienti interni e per l’arredamento, sarebbe quasi impossibile di-stinguerle. l materiale è vario. Le case più umili sono costruitecon ciottoli e fango o con fango e graticci, il tetto è di stoppie. Lealtre con mattoni cotti e con tetti di tegole, altre ancora hanno lozoccolo in muratura, le mura in mattoni crudi inframmezzati e sor-retti da assi di legno. La pianta della casa greca si ricollega con la

tradizione micenea ed in genere mediterranea. È un’abitazioneunifamiliare, intima e raccolta, di forma rettangolare, tutta rivoltaverso lo spazio interno del peristilio, al quale si giunge attraversouno stretto corridoio di accesso, il vestibolo, e sul quale si affac-ciano vari ambienti che da esso ricevono luce ed aria. È a uno odue piani. In quest’ultimo caso il pianoterra è riservato alla vita dirappresentanza, alle sale per gli ospiti e all’ “andron”, la sala piùimportante, dove gli uomini soggiornano, che è situato in fondo alperistilio, in asse con l’entrata, e che talvolta è preceduto da un’e-sedra. Il piano superiore è riservato alle donne che, in Grecia, vi-vono in una sorta di segregazione e non partecipano alla vita eagli svaghi degli uomini. L’ingresso è piccolo, aperto in genere suuna viuzza secondaria ed è sorvegliato da un guardiano. Manca-no quasi completamente le finestre. La luce viene dal peristilio digiorno; di notte l’illuminazione è assicurata da torce, candele e so-prattutto lucerne, di forme e materiali vari. Si cucina in un caminoche è un focolare mobile o fisso posto al centro di una cameracon un buco nel tetto per il tiraggio del fumo. Non esiste presso iGreci un sistema di riscaldamento degli ambienti, usano dei bra-cieri. Le condizioni igieniche lasciano molto a desiderare. Sembrache mancassero latrine pubbliche e si è anche incerti circa l’esi-stenza di latrine private; quanto ai bagni dagli scrittori di comme-die sappiamo che esistevano bagni pubblici, ma quelli privati era-no una eccezione riservata ai ricchissimi.

La Casa romanaLe principali tipologie di abitazione romana sono due, la domus el’insula, l’uno riservato alla ristretta classe dei patrizi e dei ricchi,l’altra alla massa della media e piccola borghesia e del proletaria-to. I due tipi sono presenti in tutta la storia di Roma, dalla Repub-blica al tardo Impero.La domusLa tipica domus romana, quale la conosciamo soprattutto dagliscavi di Pompei, risulta dalla combinazione: della antica casa ita-lica, formata da un solo cortile aperto (atrium) su cui si aprono lestanze e da un giardinetto, con la casa greca (peristylium). È ca-ratteristico che i nomi dei vari elementi del corpo anteriore siano

SPECIALE XX Raduno Nazionale Marinai d’Italia - Salerno 28/29 settembre 2019

NOMOS incisa di Paestum (Posidonia)530-500 a.C. e la sigla (= POSeidonia).

Recentemente un’asta partì a 12.550 dollarifu poi aggiudicata per 25.000 dollari

L’Anfiteatro di Paestum

Le case a Paestum

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si ipotizzavano 3 nuovi incrociatori e altrettanti DDG, mentre nel1959 era stato proposto un secondo lotto di 4 fregate di maggioridimensioni - nel decennio successivo fu completato da modesti in-terventi integrativi, che trasformarono la “flotta di qualità” in “ma-rina dei prototipi”. Le unità autorizzate furono infatti solamente l’in-crociatore Vittorio Veneto, i 2 caccia lanciamissili e portaelicottericlasse “Audace”, 2 sole fregate tipo “Alpino”, 4 corvette, 4 moto-siluranti: unità molto sofisticate, ma con “numeri” decisamente in-feriori alla bisogna, mentre venivano cancellati ambiziosi program-mi relativi a un più grande incrociatore quasi tuttoponte (il Trieste),e ad un sottomarino e a una nave logistica entrambi nucleari, ri-spettivamente ribattezzati Marconi e Fermi. Tuttavia, furono poten-ziate le infrastrutture, e gli assetti aeronavale – attivato nel 1956,benché limitato ai mezzi ad ala rotante – e anfibio.All’inizio degli anni ’70, per fronteggiare una situazione sempre piùdifficile, che costrinse ad acquisire dell’altro naviglio ex US Navy,e a radiare unità recenti ma di difficile mantenimento (come Gari-baldie San Marco), furono varati dapprima un programma di emer-genza legato all’elaborazione del Libro Bianco del 1973-1974; quindiuna vera e propria Legge Navale, approvata nel 1975, che superavail nodo della “flotta dei prototipi”, pur garantendo una nuova svoltaqualitativa2. Seguirono ulteriori, importanti programmi, varati viavia che si rendevano necessari tra il 1980 e il 1994, integrati infine,dopo una lunga attesa costellata di polemiche, dall’acquisizione di18 aerei da combattimento “Harrier 2 Plus” ordinati nel 1990. Com-plessivamente, entro il 1998 sarebbero stati così realizzati l’incro-ciatore-portaerei Garibaldi, i 2 cacciatorpediniere lanciamissiliclasse “Durand de la Penne”, ben 12 fregate tipo “Lupo” e “Mae-strale”3, 12 tra corvette e OPV, 8 sottomarini tipo “Sauro”, 7 aliscafilanciamissili e 3 pattugliatori costieri, 12 cacciamine, 3 unità anfibie,

3 rifornitori di squadra, mentre anche l’intera componente ausiliariadipartimentale veniva rinnovata.Molte di queste unità (sommergibili, corvette, fregate, naviglio spe-cializzato e logistico) appartenevano alla stessa classe o erano si-mili tra loro, con un notevole livello di standardizzazione per armi esensori, che pur confermando la ricerca di una sempre più elevataqualità, forniva alla Marina un nucleo di unità moderne numerica-mente adeguato, e integrato con l’aggiornamento del materialedella precedente generazione, come avvenuto coi radicali upgradedel Vittorio Veneto e degli “Audace”, poi rimasti in linea sino ai pri-mi anni 2000.

Proprio la necessità di completare la sostituzione delle ultime unitàrimaste della “flotta di qualità”, e per avviare sul lungo periodo l’af-fiancamento – e quindi il ritiro dal servizio – delle ben più numerosenavi realizzate a partire dagli anni ’70, portò nel 1998 all’approva-zione, da parte delle Commissioni parlamentari Difesa, del primoprogramma pensato dopo la fine della Guerra Fredda. Programmache doveva anche fronteggiare la cancellazione di alcuni progettiavviati negli anni ’80 e poi sospesi per ragioni tecniche, politiche edeconomiche, come le fregate NATO tipo NFR-90, e il sommergibilenazionale S-90. Nel “pacchetto” approvato dalle Camere esattamente 20 anni fa,infatti, erano presenti i nuovi sommergibili U-212, di progettazionetedesca e con propulsore AIP, frutto di un accordo risalente al 1994,quando era stato cancellato lo S-90, e i cacciatorpediniere da di-fesa aerea del programma all’epoca anglo-franco-italiano “Oriz-zonte”, avviato nel 1992. Per entrambe le piattaforme, la formula

11Marinai d’Italia Maggio 2019

L o sviluppo della Marina Militare della Repubblica italiana, èpassato attraverso quattro fasi. L’ultima delle quali, tuttora incorso (e destinata a protrarsi sino al 2030), è iniziata esatta-

mente 20 anni fa.L’ammodernamento della flotta, uscita a testa alta ma piuttostomalconcia dalla Seconda guerra mondiale (e dagli effetti legati alTrattato di pace del 1947), iniziò col programma di potenziamentonavale varato nel 1950, e che seguiva sostanzialmente 3 linee. Inprimis, l’acquisizione di surplus per lo più americano grazie ai pro-grammi MDAP (Mutual Defense Assistance Program), legati all’a-desione alla NATO avvenuta nel 1949, che gradualmente comportòl’abolizione dei divieti derivati dal Trattato di Parigi. In secondo luogo, le unità migliori tra quelle superstiti del conflitto(si pensi agli incrociatori classe “Duca degli Abruzzi”, o alle cor-vette tipo “Gabbiano”) furono sottoposte ai cosiddetti interventi di“chirurgia navale”, con modifiche radicali di struttura e configura-zione, e nuovi sistemi d’arma e sensori.

Questi ultimi (come lanciabombe e lanciasiluri antisom, e cannoniBreda-Bofors da 40/60 mm radar asserviti per la difesa anche con-tro i nuovi e più veloci aerei a reazione) furono ovviamente adottatianche dalle nuove costruzioni finanziate – sempre in parte col con-tributo americano – col programma del 1950. Si trattò sia di nuovecostruzioni (come i 2 caccia classe “Indomito”, e poi 4 fregate, 4corvette, 2 unità leggere, dragamine e unità ausiliarie), sia di unitào totalmente ricostruite (come il caccia conduttore San Giorgio), orimaste incomplete sugli scali nel 1943-1945: il caccia-conduttoreSan Marco 1, 3 corvette tipo “Gabbiano”, il sommergibile Calvi, ealcune unità ausiliarie. Per quanto riguarda i dragamine, si ricorsea modelli americani e inglesi, parte realizzati all’estero, parte su li-cenza in Italia,La successiva costruzione della cosiddetta “flotta di qualità”, lega-ta all’introduzione di innovative unità lanciamissili e portaelicotteri,veri gioielli della tecnologia navale degli anni ’60, fu invece avviatacol cosiddetto Programma del 1958, in elaborazione da qualche an-no, che prevedeva di realizzare i 2 incrociatori lanciamissili classe“Doria” (mentre tra il 1957 e il 1961 il Garibaldi veniva trasformatoin lanciamissili, prima unità del genere non appartenente alla USNavy), i 2 caccia lanciamissili “Impavido”, le rivoluzionarie 4 frega-te portaelicotteri classe “Bergamini”, e altrettanti sottomarini SSK“Toti”. Il programma, i cui numeri già erano stati tagliati – nel 1956

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Marine Militari nel Mondo

1998/2018: vent’anni di rinnovamentoper la Marina Militare

Giuliano Da Frè - Giornalista e Socio del Gruppo di Monza

La portaelicotteri Garibaldi,simbolo del rinnovamento della flotta

avviato nel 1975

Note

(1) Col San Giorgio frutto della ricostruzione di 2 incrociatori leggeri classe “Ca-pitani Romani”.

(2) In questo caso anche con benefici effetti sull’export. Negli anni ’50, il rilanciodella cantieristica militare aveva permesso di costruire per Portogallo, Olan-da, Danimarca, Venezuela, Israele, Indonesia, Germania, Argentina, India ePakistan, 9 caccia leggeri (tipo “Almirante Clemente”) e 7 corvette derivatedalle “Alcione”, 3 motosiluranti, 3 navi trasporto e 4 cisterne. Le navi della“flotta dei prototipi” non avevano avuto successo, anche se gli incrociatoriclasse “Doria” avevano ispirato analoghe costruzioni sovietiche e nipponi-che. I programmi degli anni ’70 fornirono invece ottime chance alla vendita difregate (14 tipo “Lupo”) e corvette lanciamissili (16), per Iraq, Venezuela, Perùed Ecuador: senza contare il naviglio minore, e l’enorme successo dei caccia-mine tipo “Lerici-Gaeta”, tuttora al centro di importanti contratti.

(3) Cui si aggiunsero le 4 “Lupo” costruite per l’Iraq, e girate alla Marina nel 1993dopo il loro sequestro.

Il caccia Indomito,costruito nel 1952-1958

L’incrociatore Duilio,costruito col Doria nel 1958-1964

La Lupo, una delle 26 fregate lanciamissilirealizzate in Italia tra anni ’70 e ’80

La portaerei Cavour,la nuova ammiragliaapprovata nel 1998

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di armi e sensori fissi già di tutto rispetto anche nelle versioni “al-leggerite”. Le 7 già finanziate saranno consegnate tra 2021 e 2026,presumibilmente seguite dalle altre 3 entro il 2030.Restano sul tappeto alcuni programmi destinati non solo a comple-tare la vasta opera di ammodernamento della flotta iniziata nel1998, ma anche a sostituirne alcune pedine più datate.Già nel 2018 è stato stanziato 1 miliardo di euro per la realizzazionedi 2 sottomarini U-212 in una più avanzata versione, già annunciatanel 2015 e denominata NFS (Near Future Submarine), caratterizzatada una maggiore customizzazione del progetto tedesco. I 2 battellisaranno presumibilmente realizzati tra 2019 e 2026, andando a so-stituire gli ultimi “Sauro” (i 2 della 4ª serie), mentre altri 2 sono inopzione.Già previste nel 2010 sono inoltre una nuova unità polivalente per ilsupporto alle forze subacquee (USSP), e una nuova unità oceano-grafica impiegabile anche per il supporto/comando dei cacciami-ne, destinate rispettivamente a sostituire le navi Anteoe Magnaghi,in servizio dal 1980 e dal 1975.Le 22 unità “pesanti” tipo “Orizzonte”, FREMM e PPA, vanno a so-stituire 30 unità tra caccia, fregate e corvette/OPV costruite traanni ’70 e ’90. È tuttavia già stata prevista anche la sostituzionedei 6 OPV tipo “Comandanti/Sirio” realizzati nel 1999-2004, con al-trettante unità: inizialmente si era pensato a un’ulteriore tranchedi PPA-Light, ma ora in campo c’è l’ipotesi per un pattugliatore al-turiero più spartano (progetto PPX) da introdurre dopo il 2030,mentre si ragiona su una possibile, contemporanea evoluzionedegli “Orizzonte” da realizzare entro il 2040.Più immediate le necessità legate alle linee di supporto logistico epolivalente. In tempi brevi occorrerà infatti autorizzare una secon-da LSS classe “Vulcano”, mandando in pensione le 2 venerande“Stromboli” 9 e dare il via al programma per la sostituzione degli 8cacciamine classe “Gaeta” appena ammodernati, con altrettantiCOV (Cacciamine Oceanici Veloci), che Intermarine sta studiando,e che secondo alcune ipotesi potrebbero essere agganciati ai PPX,viste dimensioni e velocità (1.400 t. circa e 25 nodi).Anche la componente anfibia andrà potenziata, non potendo laThaon di Revel numericamente sostituire una linea di 4 navi, tra“Garibaldi” e “Santi”. Si parla di altre 2 unità, ma con ancora dascegliere il progetto definitivo, che potrebbe ibridare un’evoluzionedelle “Santi Improved” acquistate da Algeria e Qatar, con una ver-sione su scala ridotta della nuova LHD. Infine, andrà rinnovato an-che il naviglio ausiliario minore dipartimentale: unità da trasportocostiero, cisterne per acqua e gasolio, navi servizio fari, rimorchia-tori, tutti realizzati negli anni ’80 e ’90.

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13Marinai d’Italia Maggio 2019

adottata era stata quella legata a 2 unità ordinate, più 2 in opzione.Nel luglio 1999 veniva così avviata la costruzione dei primi innova-tivi 2 battelli classe “Todaro” (Type-212A, di fatto una realizzazionesu licenza customizzata), consegnati nel 2006-2007, mentre il pro-gramma “Orizzonte” subiva invece alcuni ritardi, a causa dell’usci-ta di Londra dal progetto. Nel 2000 veniva così firmato il contrattoper soli 2 caccia antiaerei da 7.000 t. classe “Andrea Doria”, co-struiti nel 2002-2009, e pienamente operativi dal 2010.Tuttavia, nel febbraio 1998 le Commissioni Difesa avevano appro-vato anche altri progetti, compreso quello della “costruzione n.167”, relativo a una nuova portaerei. Di affiancare la Garibaldi conalmeno una (gli ottimisti parlavano di 2) unità similare, ma evoluta,si parlava sin dalla consegna del prototipo; e nel 1989 erano iniziatistudi di fattibilità, che negli anni successivi contrapposero due op-zioni (Progetti 148 e 148A). Ad una versione migliorata del Garibaldi,si affiancava infatti una sorta di nave anfibia portaeromobili evolu-zione delle LPD tuttoponte “Santi”: ma dal 1993 ci si orientò versoil progetto NUM (Nuova Unità Maggiore), che il successivo Proget-to 156 fissava in una piattaforma ibrida da 21.000 t.Piattaforma che andò evolvendo, potenziando di volta in volta il re-parto volo o la capacità anfibia, sino a quando nel 1998 non furonostanziati i fondi per la definizione di dettaglio del ricordato Progetto167, anche sulla base delle più recenti esperienze svolte dal Gari-baldi quale nave anfibia in Somalia (1994-1995) e come portaereinella guerra del Kosovo del 1999. Il definitivo Studio 168 veniva con-trattualizzato nel 2000, e la portaerei leggera Cavour, lunga 244 me-tri, larga 39 e mezzo, e con un dislocamento di quasi 28.000 t., venivacosì impostata il 17 luglio 2001 e consegnata il 27 marzo 2008. Nel2006 erano nel frattempo stati radiati l’incrociatore Vittorio Venetoe i 2 caccia classe “Audace”.Accanto alla nuova ammiraglia della flotta italiana, che ha da pocofesteggiato i 10 anni di operatività, nel 1998 fu anche autorizzata lacostruzione di 4 pattugliatori, una nave appoggio SIGINT/ELINT, e2 unità idrografiche. Queste ultime, classe “Ninfe”, realizzate daIntermarine e consegnate il 10 gennaio 2002, rappresentavano an-che piattaforme sperimentali, presentando scafo a catamarano estrutture in materia plastica rinforzata, frutto di studi per dei nuovicacciamine.La nave ausiliaria polivalente Elettra, realizzata nel 2000-2003, e im-piegata per attività di sorveglianza e guerra elettronica, si basavainvece sul progetto della similare nave Alliance, costruita per laNATO negli anni ’80, e replicata per Taiwan negli anni ’90.Le 4 Nuove Unità Minori Combattenti (NUMC) classe “Coman-danti” erano invece pattugliatori d’altura portaelicotteri da 1.500t. convertibili in corvette, caratterizzati soprattutto dalla prima

applicazione del design stealth studiato da Fincantieri sulla scor-ta del programma italo-francese “Orizzonte”4. Costruiti nel 1999-2002, inizialmente solo per rafforzare il COMFORPAT di stanza adAugusta (nell’ambito del potenziamento del controllo delle rottemigratorie, scaldatesi già negli anni ’90), i pattugliatori hanno fi-nito per sostituire le 4 fregate classe “Lupo” passate in riservain quegli anni, e poi vendute al Perù nel 2004.I programmi avviati nel 1998 furono poi integrati nel 2000 coi 2 pat-tugliatori classe “Sirio”, versione “alleggerita” dei “Comandanti”5,e da un quarto pattugliatore costiero classe “Esploratore”, tutticonsegnati tra 2003 e 2005, mentre anche la Guardia Costiera sidotava nel 2002-2004 di 5 pattugliatori classe “Diciotti”, del tipo“Saettia”, largamente esportati. Infine, partiva anche il rinnovo del-la componente aereonautica, con le consegne di 22 elicotteri pe-santi AW-101, avvenute tra 1999 e 2009.Tuttavia, risolte alcune criticità, gli anni 2000 presentavano agli am-miragli italiani il vero nodo da sciogliere: ossia il rinnovamento dellafondamentale componente delle fregate, vera spina dorsale dellemarine moderne. Compito non facile, poiché al 1° gennaio 2000 laMarina schierava 16 fregate. Gli studi preliminari effettuati negli an-ni ’90, e poi quello assegnato a Fincantieri nel 2001, sfociarono nel2002 in un nuovo programma italo-francese relativo alle fregatemultimissione FREMM. Autorizzate in 10 esemplari frazionati con le leggi di bilancio del2006, 2007, 2013 e 2015 (quando furono finanziate le ultime 2), leFREMM italiane classe “Bergamini” differiscono sensibilmentedalle 8 consorelle francesi 6, rispetto alle quali imbarcano una piùsofisticata e completa panoplia di armi e sensori – compresi siste-mi di difesa aerea a lungo raggio, presenti solamente sulle 2 fre-gate francesi in versione FREDA -, tanto sulle 4 unità in versioneantisom, sia sulle 6 General Purpose. I lavori sulla capoclasse Ber-gamini sono iniziati nel febbraio 2008, con consegna nel 2012 e pie-na operatività nel 2013, dopo modifiche introdotte per ovviare adalcune criticità. In 10 anni, sono entrate in servizio 7 unità 7, conl’ottava ai collaudi e le 2 dell’opzione confermata nel 2015 da com-pletarsi entro il 2022.Contemporaneamente, nel 2008 veniva firmato il contratto per i 2sottomarini U-212 in opzione dal 1999, realizzati nel 2009-2017, inuna versione aggiornata. Inoltre, anche Guardia Costiera e Finanzasi dotavano di nuove unità maggiori: la prima, riceveva la nave mul-tiruolo/SAR Gregoretti, e i 2 OPV da 3.600 t. classe “Dattilo”, mentrealla GdF arrivavano i 2 pattugliatori medi da 460 t. classe “Monti”;tutte unità costruite tra 2011 e 2015.Inoltre, iniziava nel 2011 la consegna dei 56 elicotteri medi NH-90,nelle versioni antisom e assalto anfibio, mentre nel 2014 veniva

12 Marinai d’Italia Maggio 2019

Note

(4) La quarta unità Foscari è stata realizzata in materiale composito, con sovra-strutture realizzate da Intermarine.

(5) Altre 4 unità similari furono realizzate su licenza dalla Turchia (classe “Dost”)nel 2009-2014, mentre da una versione combat dei “Comandanti” veniva deri-vata la corvetta Abu Dhabi, consegnata agli Emirati Arabi Uniti nel 2013.

(6) Cui si aggiungono le 2 vendute a Marocco ed Egitto.(7) Mentre la Marina Francese, che già aveva tagliato da 17 a 8 le FREMM, ne ha

acquisite sinora solo 4, con una quinta ai collaudi, ma altere 2 realizzate perEgitto e Marocco, mentre con Atene si sta negoziando il possibile leasing di 2unità francesi, seguito da un’eventuale cessione.

(8) Entrambe costruite da Intermarine, la capoclasse Angelo Cabrini è stata va-rata il 26 maggio 2018.

(9) Per una terza LSS sostitutiva di nave Etna, in servizio dal 1998, c’è tempo.

avviata la costruzione degli aerei multiruolo F-35 “Lightning II”, 15dei quali nella versione V/STOL (F-35B) destinati alla Marina, e inconsegna dal 2018 al 2023.Tuttavia, né il programma autorizzato nel 1998, né quelli successivi,pur comprendendo 1 portaerei, 2 caccia antiaerei, 10 fregate, 6OPV, 4 sottomarini, più alcune unità minori, potevano far fronte alsempre più rapido invecchiamento delle numerose unità (1 portae-rei, 2 caccia, 16 fregate, 8 sommergibili, 12 tra corvette e OPV, 7 ali-scafi lanciamissili, 3 navi anfibie, 12 cacciamine, 3 rifornitori, varieunità logistiche) realizzate tra 1972 e 1998.Nel 2014, mentre veniva elaborato un piano di dismissioni decen-nale (che al giugno 2018 ha coinvolto 5 fregate, 6 corvette, 2 cac-ciamine), veniva varata la cosiddetta nuova “Legge Navale”, chestanziava 5,4 miliardi di euro per finanziare un corposo programmadi ammodernamento, riguardante un totale di 14 unità, tutte con-trattualizzate nel 2015, tranne 3 in opzione. Nel 2016 sono stati pertanto avviati i lavori per una Logistic SupportShip (LSS) ribattezzata Vulcano, in consegna nel 2019, e per le 2UNPAV (Unità Navale Polivalente Alta Velocità), destinate alle ope-razioni speciali, da completarsi nel 2019-2020 8. Nel 2017 sono invece state impostate la LHD Thaon di Revel, e i pri-mi 2 esemplari del programma Pattugliatori Polivalenti d’Altura(PPA). La Thaon di Revel, che sarà consegnata nel 2022 sostituendola Garibaldi, è una grande portaeromobili anfibia da 33.000 t. e 245metri di lunghezza, in grado di operare anche con 10 F-35B, sebbe-ne per ora il progetto non comprenda l’installazione di uno ski-jump.I PPA sono invece delle vere e proprie fregate, e nemmeno tantoleggere, dato che dimensionalmente sono di poco inferiori alleFREMM, con un dislocamento che varia a seconda delle configu-razioni da 5.800 a 6.300 t., ma con una struttura modulare. Le 10 unitàpreviste (di cui solo 7 per ora finanziate, e 3 in opzione) sono sud-divise in tre configurazioni, modificabili con pochi interventi: “Li-ght”, “Light plus”, “Full”, che comprendono tuttavia una panoplia

Il sottomarino Todaro,primo dei 4 U-212

programmati nel 1998

La Fregata Bergamini,prima di 10 unità

in costuzione dal 2008

Anticipazione del PPA,10 unita ̀ approvate col programma 2014,in costruzione tra 2017 e 2026

La LHD Thaon di Revel,approvata col programma 2014,in consegna nel 2022

Marine Militari nel Mondo

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14 Marinai d’Italia Maggio 2019

Testimonianze

S ono in Belgio precisamente adArlon e insieme al mio consuoce-ro ci stiamo recando in Francia ad

un ora di auto per visitare una fortificazio-ne facente parte della famosa linea Ma-ginot realizzata dai francesi al confinecon la Germania dopo la Grande Guerra.Arrivati parcheggiamo e con mio grandestupore mi trovo di fronte ad un ingressocircondato da un impressionante struttu-ra in cemento armato con al centro dellospiazzo un monumento al fante francese .Al lato sinistro una collina di cui mi è im-possibile calcolare l’altezza.Si forma un gruppo di una ventina di per-sone e si entra all’interno, accompagnatida una guida che ci informa (in francese,per fortuna il mio consuocero mi traducequello che dice) su dove ci troviamo edandoci alcune notizie su questa fortifi-cazione.Ci incamminiamo percorrendo a piediuna serie di gallerie alte almeno 5-6 metriperfettamente tenute e illuminate, la cuilunghezza totale supera gli 8 chilometri, latemperatura interna è costante sui 12° C.La guida ci spiega che la struttura avendoavuto al suo interno depositi di munizionied esplosivi, è stata realizzata in modoche in caso di esplosione, ci sono ai lati

delle gallerie delle aperture aventi il com-pito di assorbire e/o attenuare l’ondad’urto.Continuiamo ad addentrarci e ai lati dellagalleria sono allineati cannoni di vari ca-libri e mezzi militari risalenti alla secondaguerra mondiale.Sempre ai lati si aprono locali adibiti a cu-cine, posti di medicazione, sala operato-ria, gabinetto dentistico, dormitori, men-sa: all’interno di ciascun locale, dioramache illustrano lo scopo di ognuno di essi.In un altro locale ci sono i gruppi elettro-geni d’emergenza, originali e funzionan-ti, riconosco (essendo macchinista na-vale) motori primi a 4 tempi, cilindri in li-nea, e sento l’ormai quasi dimenticatocaratteristico odore del gasolio, odoreche mi riporta indietro di molti anni,quando navigavo e quando le guardie sifacevano in sala macchina.Siamo invitati ad entrare in un locale tra-sformato in museo delle armi soprattuttoindividuali di tutti gli eserciti in numeroveramente copioso e fra le tante anchearmi italiane (mitra MAB 38 A e pistolaBeretta 34 canna corta) Ma la sorpresa maggiore arriva quandola guida ci porta a vedere la parte internadi una torre corazzata armata con duelanciabombe da 135 mm ancora perfetta-mente funzionante dopo quasi ottant’an-ni. Assistiamo alla elevazione della cupo-la al movimento rotatorio della stessa, alcaricamento delle canne e alla simulazio-ne del tiro.Poi ci fanno uscire all’esterno e sotto unvento molto freddo, andiamo a vedere lacupola corazzata e i suoi movimenti epensando alla sua veneranda età, si restaveramente impressionati dal lavoro fattoe dal costante impegno nel mantenere infunzione tutto questo sistema. La cupolacorazzata è circondata da piccole cupolea loro volta corazzate, armate di mitra-gliatrici, per la difesa ravvicinata.La guida ci spiega che questa fortifica-zione pur essendo isolata in realtà può

appoggiare e essere appoggiata a suavolta da altre fortificazioni dello stesso ti-po realizzate a pochi chilometri di distan-za l’una dall’altra, grazie all’installazionedi cannoni di adeguata gittata.Per facilitare lo spostamento dei militaridi presidio all’interno venne realizzatauna linea ferroviaria a scartamento ridot-to con motrice elettrica.Tutte le gallerie sono collegate fra di lorocon passaggi molto stretti percorsi daltrenino con l’accortezza di evitare disporgersi.Tutto questo era stato costruito dal 1929al 1939 dall’esercito francese, e la tecno-logia utilizzata per la realizzazione della li-nea fortificata era quanto di più modernopoteva essere disponibile in quel periodoe con il miglior materiale: prova ne è chela maggior parte dei macchinari è tuttorafunzionante.La visita termina dopo circa 3 ore un tem-po lungo ma non per chi è appassionato.Il parallelo fra questa fortificazione e unanave mi viene spontaneo, ambedue sonoautonome, hanno tutto quello che serveper la vita dell’equipaggio /presidio, sia intempi normali che in quelli generati dallafollia umana.

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Crociera dei Marinai d’Italia 2019

MSC LIRICAProseguendo nell’iniziativa che tanto successo ha sempre riscosso,

la Presidenza Nazionale organizza ancora una volta, in collaborazione con MSC CROCIEREche ha concesso tariffe speciali per i Soci ANMI, la “Crociera dei Marinai d’Italia 2019”quest’anno dedicata, con un itinerario nel Mediterraneo Orientale, alla commemorazionedei marinai italiani caduti in combattimento nelle acque dell’Egeo e del Dodocaneso,con speciale riferimento al simbolo dell’eroismo subacqueo italiano, il R. Smg. Sciré

Tutte le informazioni di dettaglio, inerenti a tariffe, modalità di iscrizione,attività a bordo e terra, etc sono pubblicate sul sito

www.marinaiditalia.com

Associazione Nazionale Marinai d’Italiain collaborazione con MSC Crociere

Per tutte le informazioni, l’organizzazione e le prenotazioni, la Presidenza Nazionale,in accordo con MSC Crociere, ha dato l’incarico all’agenzia “I Viaggi delle Meraviglie S.r.l.”sita in Roma in Viale Trastevere, 117-121 (REFERENTE: dott. Armando Pietroni) contattabileallo 06.53.27.43.74 oppure all’indirizzo e-mail [email protected]’agenzia opera attraverso un service dedicato a disposizione dei Soci ANMI dal lunedì alvenerdì dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.00.

Per motivi di semplicità ed omogeneità organizzativa si raccomanda a tutti i Gruppi e/o Soci di fare esclusivoriferimento alla citata agenzia la quale, tra l’altro, per chi lo desidera, offre modalità agevolate di pagamento(da richiedere e valutare direttamente).

TUTTE LE ATTIVITÀ PROGRAMMATE A BORDO E A TERRASARANNO RISERVATE ESCLUSIVAMENTE AI PRENOTATI PRESSO QUESTO UNICO REFERENTE

Un marinaiosulla linea MaginotAntonio OrlandiSocio del Gruppo di Ortona

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Mar Tirreno

Mar Mediterraneo

Mar Egeo

Mar Nero

dit

La tragediadi Matapan

oL’azionedi Suda

Le imprese delR. Smg. Scirè

Le operazionidella Regia Marina

nell’Egeo

Le operazionidella Regia Marina

nel Mar NeroITALIA

CROAZIA

ALBANIA

ISRAELE

CIPRO

CRETA

Mar Ionio

Venezia

Bariri

ia

Ragusa(in croato Dubrovnik)

Rodi

Limassol

ISRAHaifa

Mykonos

Crociera dei Marinai d’Italia 2019MSC LIRICA28 ottobre ÷ 10 novembre

Heraklion

Rodi e i Cavalieridi S. Giovanni

Per i Soci ANMI sono previsti due porti di imbarco28 ottobre - Venezia partenza ore 16,30 • 29 ottobre - Bari partenza ore 17,00

a seguire l’itinerario prevede:

30 ottobrenavigazione 31 ottobre

Heraklion - Creta (Grecia)dalle 08,00 alle 18,00

1 novembrenavigazione

2 novembreHaifa- Israelearrivo ore 7,00

3 novembreHaifa- Israele

partenza ore 21,00

4 novembreLimassol- Ciprodalle 8,00 alle 18,00

5 novembre Rodi- Grecia

dalle 9,00 alle 18,00

6 novembreMykonos - Greciadalle 08,00 alle 18,00

7 novembrenavigazione

8 novembreRagusa- Croazia(in croato Dubrovnik)

dalle 07,00 alle 14,00

9 novembreVenezia

10 novembreBari

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19Marinai d’Italia Maggio 2019

facevano buona guardia e non perdevanooccasione per confiscare barche e at-trezzature, oltre naturalmente al pescegià pescato: seguiva poi un processo pe-nale che si concludeva invariabilmentecon qualche giorno di prigione e una pe-sante multa.Per fornire ai pescatori assistenza alla na-vigazione e protezione dai soprusi slavidue cannoniere della nostra Marina batte-vano il mare costantemente, una a Nordcon base a Trieste o Venezia, e una più aSud con base ad Ancona: le marinerie conle quali mantenevamo i contatti più strettierano quelle di Grado, Chioggia e S.Bene-detto del Tronto.L’Alano operava quasi sempre da Vene-zia, dove le occasioni di divertimento era-no molto più ghiotte che ad Ancona: inol-tre la frequentazione di Trieste e delle suebionde “mule” ci ripagava delle fatichesostenute durante le missioni in mare. Ineffetti i turni di guardia in plancia scoper-ta, dove d’inverno si era esposti per quat-tro ore alla gelida bora, erano davvero pe-santi e si sopportavano solo con l’aiuto diinnumerevoli tazze di brodo o di caffè bol-lenti. Se il mare era un po’ agitato tutto sicomplicava perché i Cani, come eranochiamate in gergo le nostre navi, avevanopessime caratteristiche nautiche e rolla-vano da far paura. Il 28 marzo 1958 eravamo al molo Audacedi Trieste: era prevista una breve uscita inmare con rientro in serata. Alle otto la-sciammo gli ormeggi e appena fuori dalporto il comandante scese in quadrato la-sciandomi di guardia. Dopo un’ora di navi-gazione giungemmo davanti a Grado enella foschia mattutina scorsi alcune bar-che da pesca stranamente vuote; pocodopo notai la presenza di una vedetta mi-litare i cui marinai portavano il berrettochiaro. In quei tempi la nostra uniforme in-vernale prevedeva il berretto blu fino al 2giugno, data in cui avveniva la sostituzionecon quello bianco estivo. Dunque quei ma-rinai dovevano essere slavi: con un paio dirilevamenti controllai il punto nave che ri-sultò in acque territoriali italiane.Suonai il “posto di combattimento” e inun momento tutto l’equipaggio era in co-perta con l’elmetto in testa e la faccia fe-roce: il comandante arrivò in plancia tra-felato e mi chiese cosa succedeva. Glimostrai la motovedetta straniera che siapprestava ad allontanarsi con tre nostrebarche da pesca a rimorchio: a prora unmarinaio alla mitragliatrice non sapeva

bene che fare, vista la sproporzione di ar-mamento con il nostro Alano. Sul nastrodel berretto si leggeva la scritta “Gra-niça”, Polizia Confinaria.Finalmente avevamo beccato gli iugosla-vi in fallo: il comandante della vedettan.162 (per la cronaca si chiamava Brati-mir Radivojevic), pallido in volto, fu invita-to a salire a bordo dell’Alano per conte-stargli lo sconfinamento: il radar con-fermò che ci trovavamo in acque italiane.Intanto i capi-barca, ostaggi a bordo del-la vedetta, protestavano ad alta voce evolevano tornare in possesso delle lorobarche. La frase più gentile rivolta al Ra-divojevic fu: “Portèmolo a Grado che locopèmo de bote”.La tensione si stemperò dopo che il co-mandante slavo firmò una dichiarazione

in cui riconosceva l’errore di navigazione“a causa della nebbia”, anche se il cam-panile di Grado era perfettamente visibilea occhio nudo; si evitò così una piccolacrisi internazionale. L’STV Radivojevic tornò a Pirano con le pi-ve nel sacco e noi rientrammo a Triesteall’imbrunire: in banchina ci aspettava unapiccola folla plaudente, e l’indomani tutti igiornali locali dedicarono articoli su trecolonne all’avvenimento. In Venezia Giuliail problema dei sequestri in mare era moltosentito perché quasi quotidianamenteequipaggi di pescatori della zona finivanonelle galere iugoslave con l’accusa, nonsempre provata, di pesca abusiva.Trascorsi ancora un anno a bordo dell’A-lanoe del gemello Braccocon l’incarico diufficiale in seconda, continuando a pattu-gliare in lungo e in largo l’Adriatico. Poi ar-rivò l’atteso “movimento” per la scuola divolo di Pensacola, negli Stati Uniti, dove mibrevettai pilota aeronavale. Ma questa èun’altra storia.

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18 Marinai d’Italia Maggio 2019

Testimonianze

E ra il 7 settembre 1957, quando mipresentai in sciarpa e sciabola alcomandante della cannoniera Ala-

no ormeggiata nell’arsenale di Venezia.Appena uscito dall’Accademia di Livornoero alla prima destinazione d’imbarco, eun po’ emozionato mi chiedevo se sareistato in grado di svolgere l’incarico di uf-ficiale di rotta su una vera nave da guerra.L’Alano aveva già solcato molti mari e van-tava trascorsi gloriosi. Costruito negli StatiUniti nel 1942 per fornire appoggio di fuocoai Marines possedeva caratteristichemolto particolari: chiglia piatta per i bassifondali degli atolli, poderoso armamento(cinque mitragliere da 40mm e varie da 20e da 12,7 mm) e un singolare sistema dipropulsione basato su otto motori dieselche muovevano due assi e relative eliche.Aveva partecipato con onore alla battagliadi Okinawa, come testimoniava la decora-zione (Navy Commendation Ribbon) appe-sa in quadrato ufficiali.

Messo “in naftalina” nel dopoguerra, l’A-lano, insieme ad altre cinque unità ge-melle battezzate con nomi di cani (Brac-co, Molosso, Mastino, Segugio, Spinone),nel 1952 era stato ceduto alla Marina Mi-litare che l’aveva destinato a compiti divigilanza pesca e di appoggio a operazio-ni anfibie. Fra Italia e Iugoslavia era stata firmatauna convenzione per regolare la pesca inAdriatico e in particolare nel golfo di Trie-ste, dove i limiti di 6 miglia delle acque ter-ritoriali si sovrapponevano creando unazona promiscua, ma nonostante l’esisten-za del trattato bilaterale i rapporti italo-iu-goslavi erano tesi per via dei frequentisconfinamenti dei nostri pescherecci inacque croate. Ogni volta rischiavanobrutti incontri, perché i nostri dirimpettai

La guerra del pesce in AdriaticoRicordi di un Guardiamarina

Giancarlo Garello - Socio del Gruppo di Cairo Montenotte

Le cannoniere Molosso (MO), Bracco (BR) e Alano (AO, C° Squadriglia) all’ormeggio a Little Creek, Virginia,nell’agosto 1951. La foto è ripresa durante una sosta nella base navale americana delle forze anfibie dell’Atlanticonel corso del periodo di addestramento iniziale seguito alla consegna, avvenuta nel luglio precedente,alla Marina Militare italiana parte dell’U.S Navy di un gruppo di sei cannoniere d’appoggio del tipo LSS(L).Concluso l’addestramento, le sei piccole unità della classe “Alano” dovranno affrontare la traversata oceanica che,attraverso Gibilterra, le porterà in Italia (Collezione Bagnasco)

La m/v iugoslava 162sottobordo all’Alano;a poppa si intravvedeuna delle m/b sequestrate

Marzo 1958.Lo stato maggiore dell’Alano:da sn. GM Zennaro, GM Garello,TV Moneti, STV Alfieri, Ten. Cuccoli

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accuse, rinnovate a non finire, di viltà e insipienza varie, senza tra-scurare la corruzione e il tradimento. Per fortuna Ferdinando Pre-diali, uno storico privo di pregiudizi e di complessi d’inferiorità, èriuscito a pubblicare, nel 2014, per i tipi dell’Ufficio Storico dell’Ae-ronautica Militare, il proprio equilibrato e documentatissimo L’Ita-lia nella guerra aerea rivelando, grazie a lunghe e accurate ricer-che personali, altri 19 successi, fino a quel momento ignorati, ve-rificatisi ai danni delle navi anglosassoni nel corso di quella cam-pagna, 7 dei quali a opera di velivoli della Regia Aeronautica. Seidei 41 episodi “tedeschi” ricordati in precedenza inoltre, risultanoda attribuire anch’essi agli aviatori italiani. Nonostante questa im-portante revisione, restava tuttavia aperta la questione dell’LCTdel 10 luglio 1943, in quanto si trattava di un evento sempre rigo-rosamente negato, per contro, dai britannici.

Le inutili polemiche

Per la verità c’era chi aveva pensato, nel 1968, di aver risolto il mi-stero attribuendo al 5° Stormo nientemeno che l’affondamentodel piroscafo inglese Talamba, da 8.018 tonnellate di stazza lorda,andato perduto, in effetti, quel giorno e in quelle acque, ma - co-me si suol dire - fu pezo el tacón del buso in quanto il bastimentoin questione era una nave ospedale, andata perduta, di notte,

mentre era perfettamente illu-minata. La cagnara, dopo que-sta sfortunata rivendicazione,divenne generale in quanto al-cuni autori anglosassoni col-sero la palla al balzo accusan-do gli italiani di conclamati cri-mini di guerra contro gli inermimentre altri nostri connazionali(come sempre più lealisti delre, purché si tratti di Sua Mae-stà Britannica) alternarono al-la propria consueta e sferzanteironia, questa volta spesa apiene mani ai danni degli avia-tori italiani, colorite descrizionidei piloti intenti a mitragliare,vilmente e senza rischio, glisventurati naufraghi britannici,invariabilmente mutilati od or-ribilmente piagati.Nessuno pensò, naturalmente,

di verificare certi trascurabili dettagli tipo l’orario dell’attacco ae-reo dei Re 2002 (avvenuto tra le 19.10 e le 19.30, a seconda deirapporti stesi al ritorno) e quello, molto successivo, del tramonto(la nave ospedale era, appunto, illuminata), per tacere del fattoche quel bastimento era stato dato dagli inglesi per silurato eaffondato nel corso della notte tra il 10 e l’11 luglio e che, infine,non ci fu, per fortuna, nessun morto tra i degenti, anche se cinquefuochisti dell’equipaggio risultarono, alla fine, dispersi. Quanto aimitragliamenti nessuna fonte inglese li ha mai menzionati, essen-do quell’ultima pennellata solo un parto dell’incorreggibile (e par-tigiana) italica fantasia.Date queste polemiche, l’azione del colonnello Nobili e dei suoipiloti è rimasta, così, tabù per decenni. Oggi – però - è possibiledare un nome alla nave colpita dal comandante del 5° Stormo. Si

trattava della LST (nave da sbarco carri armati) inglese Misoa, da4.193 tonnellate. Sia la nave sia i danni (non gravi, ma apprezzabilie riparati, nel corso di quello stesso mese di luglio, a Malta) sonoevidenziati in un vecchio articolo di Brian Friend intitolato “Mara-caibo Class Landing Ships of the Royal Navy” e apparso nel 1988sul numero 47 del periodico inglese Warship. Cosa era succes-so? Semplicemente: le 3 unità di quella classe erano delle cister-ne inglesi a chiglia piatta utilizzate sul lago di Maracaibo. Modifi-cate, proprio per via della loro particolare architettura, in navi dasbarco, non avevano brillato, venendo ben presto relegate acompiti ausiliari. Senza babbo né mamma, non erano state inclu-se, dopo la guerra, negli elenchi consueti del naviglio della RoyalNavy ma, non essendo più unità mercantili, erano state parimentidimenticate anche dall’ufficiale British Merchant Vessels Lost orDamaged by Enemy Action during Second World War, pubblicatod’autorità nel 1947. Quanto al Talamba, quell’unità era rimasta vit-tima di un bombardamento aereo notturno eseguito da 48 Ju 88tedeschi del KG 77, i quali sganciarono delle motobombe del tipoFFF (ossia Freri-Fiore-Filpa), causando sia quella perdita sia alcu-ni danni a un’altra nave ospedale inglese, l’Aba.Nessun delitto, quindi, date le caratteristiche (oggi diciamo fireand forget) di quel genere di ordigni, i quali venivano lanciati colparacadute per poi proseguire per conto proprio sotto la spinta diun’elica mossa da un motorino elettrico percorrendo, col timonebloccato, giri sempre più ampi prima di autodistruggersi o diesplodere, nell’immensità del mare, contro qualunque cosa ur-tassero. Et de hoc satis.

Conclusione

Quale è la morale di queste righe? A parer mia una sola. Il colon-nello Nobili, un asso con 9 vittorie confermate, decollò, guidandoi suoi uomini, per svolgere una missione impossibile. Avvistò ilbersaglio, si gettò in picchiata e colpì il nemico, cadendo nell’a-dempimento del proprio dovere. Gli fu conferita una medagliad’argento alla memoria che poteva essere benissimo d’oro, senon fosse stato per una decisione presa dall’allora ministro delladifesa (e denunciata pubblicamente, nel 1954, dal generale Alfre-do Guzzoni, già comandante della VI Armata in Sicilia) volta a le-sinare le decorazioni meritate durante quella disgraziata campa-gna insulare del luglio-agosto 1943. Purtroppo le polemiche, no-stalgiche o campanilistiche, succedutesi tra gli anni Quaranta eCinquanta avevano lasciato il segno e la politica, sempre a cac-cia di voti tramite l’indignato speciale di turno, aveva prevalso -come spesso accade - sul buonsenso.In seguito si è assistito anche a qualcosa di peggio, ma ormai èda decenni che il vento è cambiato. È così possibile salutare inperfetto spirito Interforze, sulle pagine di Marinai d’Italia, il colon-nello torinese Guido Nobili e i suoi uomini. Hanno la capottina del-l’abitacolo aperta e respirano aria pulita. In 9 contro 1.300 navi ecentinaia di aerei non potevano certo vincere una battaglia, nétantomeno una guerra. Hanno ottenuto un successo, e più di que-sto non potevano fare. Questo stesso colpo a segno è stato negato per oltre mezzo se-colo mediante, diciamo così, alcune disinvolte omissioni, ma nonimporta. Il tempo è galantuomo e forse nessuno come i marinaipuò capirli e apprezzarli. Sono decollati, ma mai atterrati. Sonosempre lì, in missione, pronti a tuffarsi e a colpire.

nnn

21Marinai d’Italia Maggio 201920 Marinai d’Italia Maggio 2019

S crivo e pubblico ormai da trent’anni. In questo arco ditempo ho stretto, grazie alle mie ricerche, belle e profon-de amicizie e mi sono fatto, inevitabilmente, qualche ne-

mico. Sono stato accusato, per esempio, di occuparmi di argo-menti di Marina e, pertanto, di essere un nemico dell’Aeronauti-ca. Naturalmente si tratta di una calunnia. Ho avuto l’onore di co-noscere personaggi come il generale Amedeo Guidi, asso dell’a-viazione italiana, e diversi altri esponenti dell’Arma azzurra, alcu-ni dei quali oggi ai vertici di quella Forza Armata e con cui sonoin eccellenti rapporti personali e di collaborazione, ma (si sa) sia-mo il Paese dei Montecchi e dei Capuleti, oltre che di una certaquale faziosità, accademica e no, quindi tiremm innanz.Poiché ho documentato, da oltre un quarto di secolo, quasi 200episodi di navi inglesi, austro-ungariche, francesi e statunitensidate per colpite o affondate da parte italiana e negate dagli av-versari di un tempo (salvo rintracciare i documenti originali checonfermavano la versione della Regia Marina), mi permetto dinarrare la storia, inedita, di un piccolo successo fino ad oggiignorato (anzi negato e calunniato) conseguito, a caro prezzo,dalla Regia Aeronautica. Non servirà certo a far mutare idea a“Lorsignori”, ma si tratta, non di meno, (a parer mio, naturalmen-te) di una vicenda esemplare dal punto di vista del metodo chedovrebbe essere seguito in sede di ricerca storica.

L’azione

I fatti sono, in estrema sintesi, i seguenti. Il 10 luglio 1943, giornodello sbarco angloamericano in Sicilia, si presentarono davantialle coste di quell’isola 2.775 tra navi e mezzi da sbarco. Un “murodi bastimenti”, come scrisse in seguito l’ammiraglio americanoSamuel Eliot Morison, “che niente al mondo avrebbe potutospezzare”. I soliti storici nostrani di maniera, riecheggiando lefonti secondarie inglesi e tedesche postbelliche, hanno feroce-mente criticato, parlando di quel giorno e di quella campagna,l’assenza e l’inefficacia dell’Aeronautica italiana esaltando, percontro, il valore e la mortale efficienza della Luftwaffe, virilmentebattutasi fino all’ultimo contro la soverchiante preponderanza nu-merica anglosassone. La realtà è un po’diversa. Gli sforzi delledue aviazioni dell’Asse furono concentrati infatti, di comune ac-cordo, quel giorno e in seguito, contro lo sbarco statunitense lan-ciato lungo la costa meridionale siciliana, mentre nei confrontidelle forze britanniche si decise di agire solo di notte, una voltaconsiderata la prevalenza - data per scontata, in quella partico-lare area, sin dall’agosto 1942 - dell’Aeronautica inglese, di basea Malta e guidata dai radar. Poiché, però, il comando della VI Ar-mata italiana e le truppe italiane (ovvero la 206ª Divisione costie-ra, disposta in maniera filiforme con un soldato ogni 40 metri con-tro due corpi d’armata britannici dotati di 150 carri armati Sher-man, tutti messi a terra il primo giorno dalle ore 5 del mattino in

poi) sollevarono subito le proprie comprensibili proteste, si deci-se, per mezzogiorno, di tentare, nonostante tutto, qualche azionedi disturbo lungo la costa orientale siciliana.Contro le quasi 1.300 unità navali poste sotto il controllo britannicoe allineate tra Cassibile e la penisola di Pachino, si alzarono per-tanto in volo, nel pomeriggio, mezza dozzina di bimotori Ju 88 e al-trettanti assaltatori monomotori FW 190 tedeschi, tutti diretti versol’area di Pachino. Due bombardieri germanici furono abbattuti

dalla caccia inglese (i piloti britannici ne rivendicarono 6) senzache fosse arrecato alcun danno al nemico. Fu poi la volta, a con-clusione di quella giornata, di 9 assaltatori Re 2002 del 5° Stormo,gettatisi in picchiata, al largo di Capo Passero, su un convoglio in-glese. Uno di quei monomotori incocciò, subito dopo aver sgan-ciato il proprio ordigno da 250 kg appeso sotto il ventre dell’aereo,il cavo del pallone frenato del proprio bersaglio e cadde in mare.Era pilotato dal colonnello Guido Nobili, comandante dello Stor-mo. Gli aviatori italiani apprezzarono che quella nave nemica fos-se stata danneggiata dall’esplosione della bomba, vista cadere inmare a pochi metri dalla poppa del bersaglio. Forse una secondaunità subì la stessa sorte a opera del maggiore Giuseppe Cenni,ma non ci fu certo il tempo per osservare con calma la situazionein quanto 12 caccia Spitfire V del 229 Squadron della Royal AirForce calarono, col favore della quota più alta e della guida cac-cia assicurata da una nave picchetto radar, sui Re 2002, colti a lo-ro volta in fase di risalita e nella stessa condizione delle anitrequando stanno per posarsi sull’acqua spiegando, restando quasiimmobili, le ali. Un bersaglio facile. Furono abbattuti e scompar-vero in mare il tenente Renato Beverina e il maresciallo ZaccariaPerozzi. Fu più fortunato, per quanto ferito, il sergente Luigi Banfi,il quale riuscì a compiere, alla fine, un atterraggio di fortuna aReggio Calabria. I piloti britannici rivendicarono, ancora una vol-ta, 6 vittorie aeree.La guerra dei Re 2002 e dei loro uomini continuò nelle settimaneseguenti. Per quel giorno furono date per danneggiate, nel corsodi quell’azione, due generiche LCT (Landing Craft Tank; diciamomotozattere) avversarie e la cosa finì lì. In seguito i soliti commen-tatori italiani omisero nelle proprie opere (spesso riprese unasull’altra) quell’azione del 5° Stormo e passarono, quarant’anni fa,i due LCT di cui sopra al carniere tedesco al pari, peraltro, di 41 di44 successi in totale, tra affondamenti e danni vari, provocati daaerei nemici e ricordati dagli anglosassoni in occasione dell’inva-sione della Sicilia. Quei 41 colpi a segno attribuiti alla Luftwaffe afronte di 3 soli italiani innescarono – ça va sans dire – le solite

Senza babboné mammaEnrico CernuschiSocio del Gruppo di Pavia

Tarquinia (Viterbo), luglio 1943.Reggiane RE.2002 della 239a squadriglia(102° gruppo, 5° stormo)in trasferimento verso sud percontrastare lo sbarco alleato in Sicilia

Guido Nobili, quarto da sinistra

Un Reggiane RE.2002

Verbigrazia... pensieri in libertà, con licenza de’ Superiori e privilegio

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l’occasione il Tricolore Navale. Questa ultima tratta del percorsoha avuto un alto valore simbolico, ”l’Uomo partito per il Mare ….dal Mare ritorna a casa”. Da qui è proseguita su mezzo del Com-SubIn scortato da Militari che lo ha portato nella Chiesa diSant’Andrea seguito dal corteo formato dalle Autorità, dai Fami-gliari, dalla Rappresentanza Marina Militare, dai membri delleAssociazioni Combattentistiche e d’Arma e tanti cittadini. Nutritala presenza delle Autorità a partire da Eisa Kabashi e Samia

Oshaik rappresentanti della Red Sea Province del Sudan, dallaSen. Roberta Pinotti Ministro della Difesa all’epoca del ritrova-mento, e varie autorità civili e militari. Nutrita la rappresentanzasommergibilistica con l’Amm. Andrea Petroni Comandante deiSommergibili che non è voluto mancare al rientro di “uno deimiei” e una rappresentanza dell’Equipaggio del Smg. Todaro cone della Componente Sommergibili dell’ANMI.La Preghiera del Marinaio ed un breve discorso del Gen. Veltrihanno messo fine alla funzione religiosa. Sul sagrato ha ricevuto il saluto del Picchetto e gli Onori Militari so-lenni tributati che in una giornata plumbea ha assunto un signifi-cato altamente spirituale. Il giorno successivo a Castiglione Fallet-to si è svolto l’atto finale nel Cimitero dove la cassetta avvolta inquesta occasione anche dal Tricolore Navale, è stata posta davan-ti alla tomba della mamma. Sono seguiti gli interventi di altre alteautorità e a conclusione i commenti personali di Ricardo Preve eLuca Ghersi; la cassetta è stata inserita a fianco alla Mamma Fran-cesca Destefanis insieme ad un modellino del R. Smg. Macallè. A tumulazione conclusa, tra lo stupore generale, ci siamo accortiche il 24 novembre è il giorno del Compleanno della mamma; qualeregalo migliore per questa povera donna!!! Avessimo voluto farlocoincidere programmando l’evento non ci saremmo mai riusciti.Desidero ringraziare in primis l’amico/socio Ricardo Preve per laferrea volontà con la quale ha perseguito questo “sogno”, i“miei” Soci del Gruppo di Savona e la Presidenza Nazionaledell’ANMI che ci ha appoggiato e consigliato sempre al meglio. Un doveroso pensiero alla Marina Militare, e un sincero plausoalle Amministrazioni Comunali di Savona e Castiglione Fallettoper la loro incondizionata disponibilità nei nostri confronti, a tuttii cittadini che hanno partecipato in silenzio e commozione ed aglisplendidi abitanti del Paese piemontese che ci hanno accolti co-me in famiglia. Infine un sincero abbraccio alle centinaia di per-sone che ho/abbiamo conosciuto in questi anni che ci hannosempre sostenuto ed incoraggiato condividendo gli stessi idealidi Patria, senso del dovere e solidarietà che sono serviti da sti-molo per non mollare nei momenti di difficoltà e sconforto. Bentornato a casa Carlo, dopo un lungo percorso iniziato troppianni fa! La positiva conclusione della tua vicenda la eleviamo asimbolo di tutti i Marinai che nei Mari e gli Oceani del Mondo, inPace ed in Guerra compiendo sempre il loro dovere, non sonotornati alla Base!Onore a te, Onori a loro.W la Marina Militare W l’Italia

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23Marinai d’Italia Maggio 2019

V enerdì 23 novembre 2018 a Savona si è svolta la Cerimo-nia della “Resa degli Onori” ai resti mortali del MarinaioCarlo Acefalo, Sottocapo Silurista imbarcato sul R. Smg.

Macallè. Il battello entrò in servizio il 1 Marzo 1937 ed andò per-duto per incagliamento e successivo autoaffondamento, ordinatodal Comandante TV Alfredo Morone, il 15 giugno 1940. Il sinistroavvenne sul reef dell’isolotto di Bara Mousa Khebir nel Mar Ros-so (Stato del Sudan a 65 miglia a Sud-Est di Port Sudan) sul qualevenne sbarcato tutto l’equipaggio. Tre Eroici Marinai partironosul battellino d’emergenza in cerca di soccorso percorrendo aremi oltre 180 miglia con minima scorta di viveri ed acqua (GMElio Sandroni, il Sgt. N Reginaldo Torchia ed il Marinaio Paolo Co-stagliola) riuscendo a dare l’allarme. Il R. Smg. Guglielmotti, dopoqualche giorno, trasse tutti in salvo meno il Sottocapo Silurista

22 Marinai d’Italia Maggio 2019

Manifestazioni, Cerimonie e Ricorrenze

L’ultima resa degli Onorial Marinaio Sc. Sil. Carlo Acefalo

Luca Ghersi - Presidente del Gruppo di Savona

Carlo Acefalo cl. 1916 che nel frattempo, su quell’isolotto inospi-tale privo d’acqua ed arso dal sole, sfinito dagli stenti perse la vitae fu sepolto in una tomba scavata nella sabbia dai commilitoni. Il Gruppo ANMI di Savona, grazie alla volontà e caparbietà del So-cio Ricardo Preve a capo della spedizione di ricerca, ha recupe-rato i resti mortali nell’ottobre 2017 consegnandoli all’Autorità delSudan della Red Sea Province. Nell’aprile del 2018 sono stati con-segnati all’Ambasciata d’Italia ed il giorno 8 ottobre sono rientratiin Patria, a cura del Commissariato Generale per le Onoranze aiCaduti, e custoditi temporaneamente alle Fosse Ardeatine. L’atto finale con la “Resa degli Onori Militari Solenni”, che si èsvolto a Savona sotto un cielo plumbeo, è stato molto partecipa-to. La cassetta contenenti i resti mortali del Caduto, arrivati daRoma e custodite la notte precedente all’interno della Caserma“GM Giuseppe Aonzo MOVM” sede del Capitaneria di Porto, so-no giunti dal mare a bordo della motovedetta CP604 e sbarcati sulMolo “Marinai d’Italia” di fronte alla Torre Leon Pancaldo, Sededel Gruppo ANMI “Vanni Folco” sulla quale abbiamo issato per

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feudo nel 1416 a Galeazzo Ponzone. Una tradizione che affonda lesue radici all’epoca dei Ponzone quando i Conti, che dominavanoil feudo dal 1416, fecero arrivare direttamente dalla Toscana i cor-dai per insegnare il mestiere agli abitanti del luogo. Un’arte che persecoli ha rappresentato la principale attività produttiva del luogo. Il periodo tra le due guerre mondiali è documentabile, attraversole testimonianze orali, di un’industria della corda decentrata a do-micilio. Si comperava la canapa a balle a Bologna, Ferrara, Rovigoe la davano al cordaio, che la lavorava (pettinatura, filatura, luci-datura) e riportava al padrone la corda, pagata a cottimo secondoil peso. La canapa veniva data in ragione del numero dei compo-nenti la famiglia: 50, 70, 100 Kg. Le famiglie numerose facevano lacorda grossa, per la Marina, la cui lavorazione richiedeva mag-giore forza fisica. Per far la corda, prima della relativa meccaniz-zazione rappresentata dall’impiego dell’energia elettrica, occor-revano almeno tre persone: il cordaio per filare, una persona pergirare la ruota e un’altra per tenere il gancio. La produzione, che pur con fasi alterne, si mantenne alta per tuttol’Ottocento, cominciò a declinare nel corso del Novecento per ef-fetto della diminuzione della richiesta di prodotto (introduzione eampliamento della navigazione a vapore, concorrenza esercitatada altre fibre naturali meno costose, come il cotone, la iuta, l’a-bacà o canapa di Manila), fino a scomparire a causa di molteplicifattori concorrenti: affermazione delle fibre sintetiche (rayon, ny-lon), basso grado di meccanizzazione della coltura con alto impie-go di manodopera, concorrenza di colture più remunerative comela barbabietola da zucchero o i frutteti specializzati e altre coltureortive. L’introduzione della macchina a vapore, sperimentata consuccesso nella trebbiatura e applicata alle macchine decanapu-latrici, che svolgevano entrambe le operazioni di scavezzatura egramolatura, diede impulso alla ricerca di soluzioni soddisfacenti

per la meccanizzazione di queste fasi lavorative, nel tentativo di ri-durre costi e tempi di lavorazione. Quello della canapa era un set-tore florido fino agli anni 50 del secolo scorso, questo grazie allagrande versatilità del prodotto utilizzato per realizzare carta, tes-suti, oli e cosmetici poi caduto nell’oblio a causa della concorren-za di materiali alternativi e della messa al bando della piantina ma-dre della marijuana. La canapa coltivata e lavorata in Italia era suddivisa in parti uguali50% per uso navale e 50% per uso agricolo.Paesi come la Cina che vanta ben novantamila ettari di terrenodedicati a questa pianta, quasi gli stessi vantanti dall’Italia solocent'anni fa, che ora primeggiano per quantità di coltivazione. LaFrancia non ha mai smesso di coltivare canapa. L’Italia ha riabili-tato solo nel 1998, la coltivazione delle piante a basso tenore di"Thc" (la sostanza responsabile degli effetti stupefacenti). Oggi laproduzione è ancora molto arretrata. Mancano i macchinari e so-prattutto mancano i centri di prima trasformazione. Ma da qual-che anno un gruppo di agricoltori-sperimentatori ha ripreso laproduzione. Oggi, timidamente, si è arrivati a 400 ettari coltivati acanapa in tutta Italia e solo nel 2015 la vendita del raccolto ha fat-turato seicentomila euro. Sono numeri in crescita, incoraggiantima pur sempre bassi rispetto a quelli dei concorrenti stranieri. Lapiccola comunità di questa frazione di Scandolara Ravara non haceduto ad avventate espansioni urbanistiche e nuove edificazioni,ma si è concentrata sulla protezione dell’esistente. Oggi si vienequi per fare l’elogio della ruralità, della vita di campagna; per gliorizzonti aperti, cascine, profumo di fiori e scorrere di acque, e tut-to parla del fiume Po. Il “Museo dei Cordai” costituisce una novità,nasce col preciso intento di costituire la memoria storica di un fe-nomeno sociale che ha caratterizzato questo borgo per almenodue secoli, legato all’attività della fabbricazione della corda, cheha assunto un forte rilievo fino a coinvolgere buona parte degliabitanti. Nel Museo si trova raccolta una rassegna completa degliattrezzi usati nelle diverse epoche per la fabbricazione della cor-da, e un vasto campionario di corde e di manufatti, da quelle usateper i finimenti dei cavalli ai cordami più pesanti, destinati ai lavoriagricoli o alla marineria.

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25Marinai d’Italia Maggio 201924 Marinai d’Italia Maggio 2019

Cultura marinara

C astelponzone, un antico borgo dove si fabbricavano cordeper le varie Marine militari europee, tra cui quella degli zar.Gli anziani del borgo ricordano di una commessa da parte

della Marina imperiale russa per delle corde tra cui una da 4 quin-tali lunga 120 metri, e che per costruirle si misero inseme 12 cor-dai. Nel 1700 la Marina inglese auspicava l'acquisto di canapadall'Italia, allora seconda produttrice in Europa dopo la Russia, maprima per la qualità della fibra. Castelponzone è stato un centro ri-nomatissimo per la produzione di funi, in paese sono state realiz-zate corde che sono poi partite alla volta di Russia, Francia, Spa-gna, e Germania. Sono ricordi tramandati vocalmente da padre infiglio, da cordaio a cordaio. Nei campi veniva seminata e raccoltala canapa che poi serviva a realizzare le corde attraverso un pro-cedimento complesso che coinvolgeva adulti e bambini.

Una corda tesa tra la terra e il fiume, potremmo definire così Ca-stelponzone, infatti un nodo di corda è il suo simbolo. Oggi frazionedel comune di Scandolara Ravara in provincia di Cremona. Que-st'antico borgo senza più mura, che sorge sonnacchioso nella pla-cida campagna cremonese cercando di salvare la memoria delpassato, quando fiorenti erano i commerci e numerosi i cordai. Lafiliera agricola-artigianale teneva insieme il lavoro della terra, le fu-ni prodotte dalla canapa, le botteghe ed i commerci. Il cuore di tut-to erano sempre la campagna e il Po, che un tempo scorreva a so-lo pochi chilometri dall’abitato. Un antichissimo borgo fortificatoche lega già agli inizi del trecento, il suo nome alla famiglia Ponzo-ne, quando Ponzino Ponzone lo acquista e lo fortifica ricostruendouna rocca preesistente. Il borgo assume però importanza quandoil duca di Milano Filippo Maria Visconti (1392-1447) lo concede in

Un paese di cordaiMario Veronesi - Socio del Gruppo di Pavia

Castelponzone (CR)

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programmata per il 2 agosto contro Pola,con l’aeronave comandata dal capitano dicorvetta Giulio Valli e con l’equipaggio for-mato, oltre che dal tenente di vascello DeBei, dai sottotenenti di vascello Arrigo Ostie Angelo Varoli-Piazza e dal motorista Ar-mando Novello. Il cattivo tempo costrinseperò il dirigibile al rientro con una naviga-zione agevolata dalla presenza di silurantiitaliane lungo la rotta di avvicinamento, ne-cessarie come punti di riferimento e pereventuali interventi di soccorso in mare. La successiva azione è stata una missionedi bombardamento sulla stazione silurantie sui cantieri di Lussinpiccolo. La sera del3 settembre l’M. 6 partendo da Jesi rag-giungeva alle 22 l’obiettivo centrando lebombe (600 chili di esplosivo) specialmen-te sul cantiere “Premuda” e sulla banchinadella capitaneria, bersagli chiaramente in-dividuati, e rientrava senza subire alcunareazione nemica. Così la ricorda Giulio Vallinelle sue memorie: “Partimmo in una bellaserata senza luce il 2 settembre1. Giun-gemmo sulle vicinanze dell’arcipelago a2.000 metri di quota: riconobbi i particolaridella terra e li feci riconoscere agli altri uf-ficiali (si parlava spesso di bombardamentiaerei inesatti) e sganciammo le bombe conla massima esattezza possibile. Erano cir-ca le dieci di sera, di domenica. Si conta-rono tutti gli scoppi, segno che essi eranoavvenuti su terra e avevano perfino illumi-nato il ventre del pallone. La città si spensee si notò qualche scoppio contraereo nellenostre vicinanze. Facemmo una bella evo-luzione e dirigemmo verso casa frenandola salita dovuta all’alleggerimento per lebombe gettate”.

Alla fine del successivo mese di ottobrel’M.6, sempre con Giulio Valli come co-mandante e Carlo De Bei come secondo,compiva un’ardita incursione su Sebenicoavendo come obiettivo il porto ed i piro-scafi del “Lloyd Austriaco” concentrati

nel la-go di Proklyan. Partiti alle 16 del 31ottobre da Jesi, il dirigibile compiva in cin-que ore la traversata dell’Adriatico rag-giungendo alle 21 Sebenico. La missione fucondotta a termine in modo perfetto lan-ciando sugli obiettivi 660 chili di esplosivo. Ma lasciamo nuovamente la parola a Giu-lio Valli: “La traversata fu lunga e compli-cata dal vento di bora che spirava ad altaquota, sì che mentre eravamo in attesadella terra di prua, scorgemmo sotto di noiuno scoglietto isolato che non poteva es-sere che Pomo. Rettificai la rotta; poco do-po avvistammo Spalato, Traù, l’isola di Zuri,e dirigemmo sull’obiettivo. Le bombe cad-dero sulla sponda del canale di accesso alporto e sulle navi e qualche colpo contrae-reo ci salutò. Ma avevamo appena ultima-to il getto che, con un colpo secco, uno deimotori piantò. Diminuita la velocità la ma-novra dinamica per regolare la quota re-sultò complicata, ma la situazione fu domi-nata. Dall’altra riva dell’Adriatico a quel-l’altezza si vedeva il faro di Ancona accesoper noi e fu di buon augurio. Il ritorno fu unpo’ lungo, ma con la quota più bassa sievitò la corrente aerea della bora. Avvi-stammo una delle torpediniere2 che eranodislocate lungo la nostra rotta; le segna-lammo che eravamo in avaria e che ciscortasse. Ma tutto finì bene compreso ilgrido vittorioso del personale di manovra”. Per queste due operazioni Carlo De Beisarà decorato con la medaglia d’argento alvalor militare. Una seconda medaglia d’ar-gento la meriterà due anni più tardi, quan-do gli fu affidato il comando del dirigibileM.15, di base a Grottaglie, ceduto alla Re-gia Marina dall’Esercito nel maggio 1918.

Una prima missione contro il porto di Du-razzo, guidata da De Bei, ebbe luogo nellanotte sul 2 agosto, mentre quelle succes-sive si svolsero il 6 e il 16 agosto, tutte ca-ratterizzate da successo: altre tre missionicontro obiettivi in territorio albanese e ilporto di San Giovanni di Medua ebberoluogo nel mese di settembre 1918. Questa la motivazione della decorazione:“Quale comandante di aeronave prepara-va ed eseguiva sei successive importantimissioni di bombardamento nonostante leavverse condizioni atmosferiche, com-piendo una media di volo di 11 ore e 450 Kmdi percorso sul mare. Durante tali missionidava prova di grande perizia, spirito guer-resco e calma, riuscendo sempre e nono-stante l’intenso fuoco nemico, a ritornareall’aeroscalo dopo aver completamenteespletato il suo compito” (Durazzo, 1-7agosto; Ragozina, 4-13 settembre 1918). All’ammiraglio Carlo De Bei è intitolata lasezione ANMI di Chioggia.

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27Marinai d’Italia Maggio 2019

P renderemo oggi le mosse da que-sta cartolina della R. Nave Etna ri-salente all’estate del 1908, quando

l’unità era impiegata come nave scuola pergli allievi dell’Accademia Navale. L’importanza dell’Etna come nave scuolaappare evidente se si considera che tuttele unità precedentemente impiegate era-no dotate di apparato velico per la pro-pulsione. Quando nel 1901 la Marina degli Stati Unitiprese la decisione di impiegare come na-ve scuola una corazzata di tipo non recen-te e adatta a navigare solo a vapore, si aprìun dibattito, in tutte le principali marine, sultipo di unità più idonea alla formazione deigiovani ufficiali. Alcuni sostenevano la teo-ria che le campagne dovessero esseresvolte su torpediniere o cacciatorpedinie-re. L’ammiraglio Giovanni Bettolo, alloracomandante dell’Accademia Navale, in-tervenne nella questione dell’educazionee dell’istruzione necessaria agli allievi os-servando che le campagne svolte sopra lesiluranti avrebbero avuto il grave inconve-niente di non permettere, per il particolareambiente, un adeguato e regolato sviluppodi gran parte delle istruzioni di carattereteorico-pratico da svolgere a bordo e chequindi le soluzioni potevano essere o quel-la in uso nella Marina inglese di imbarcaregli allievi, al termine dei corsi a terra, peruna campagna molto lunga in mari lontani,essendo in tal caso possibile impartireun’adeguata istruzione anche impiegandonavi con propulsione solo a vapore, oppurequella di intercalare, in linea con la nostratradizione, i periodi di istruzione a terra,con campagne brevi: così facendo la navi-gazione a vela era ritenuta necessaria. Un contributo di pensiero venne nel 1904dall’allora capitano di fregata Paolo Thaondi Revel, che comandava il Vespucci, e cheal termine della campagna, nel riferire sul-la traversata dell’Atlantico e l’approdo aBaltimora e a New York avvenuto tra lenebbie e i ghiacci, metteva in evidenza l’u-tilità della navigazione fatta quasi total-mente a vela, d’inverno e con tempo nonfavorevole, ma invitava a considerare se

non fosse opportuno, per una più efficaceistruzione degli allievi, far compiere partedella navigazione su navi più moderne. Laproposta fu attuata tre anni dopo e, dal 1907al 1914, la campagna annuale fu svolta ap-punto sull’Etna, esclusivamente adatta anavigare a vapore (dal 1911 è stata impie-gata come nave scuola anche la R.N. FlavioGioia e dal 1913 l’Amerigo Vespucci ). L’Etnaera un incrociatore protetto, costrui-to nei cantieri di Castellammare, entrato inservizio nel 1887. Aveva come sue princi-pali caratteristiche la protezione cellulareideata qualche anno prima da BenedettoBrin, una leggera corazzatura orizzontale(ossia dei ponti), un forte armamento eun’elevata velocità. Le unità di questo tipofu-rono tuttavia rapidamente superate, dalpunto di vista tecnico, dall’evoluzione delle

artiglierie e dall’affermarsi degli incrocia-tori corazzati, più adeguati alle esigenzebelliche, ma trovarono comunque idoneo elungo impiego nel servizio oltremare. Come ormai sapete, a noi curiosi piace ca-pire se la cartolina può dirci qualcosa dipiù. E allora proviamo a vedere il retro. La firma è dell’allievo De Bei. Carlo De Beinasce a Chioggia il 7 febbraio 1888 ed en-tra in Accademia nel 1906 conseguendola nomina a guardiamarina nel novembredel 1909. Durante la prima guerra mondiale si distin-guerà come comandante in seconda e suc-cessivamente comandante di dirigibili. Lotroviamo per la prima volta nell’equipaggiodel dirigibile M.6, appena consegnato allaMarina ed in servizio dal luglio 1916 nellabase di Jesi. La sua prima azione era stata

26 Marinai d’Italia Maggio 2019

Testimonianze

Le cartolineraccontano...Roberto Liberi Socio del Gruppo di Livorno

Note

(1) Valli riporta la data del 2 settembre, ma era sicura-mente il 3. Lui stesso ricorda subito dopo che eradomenica sera, il che conferma la data del 3.

(2) Erano i cc.tt. Carabiniere, Alpino e Fuciliere.

Bibliografia

• La Marina Italiana nella grande guerra – Volume III– Ufficio Storico della R. Marina – Vallecchi – 1938• Le Medaglie d’argento al valor militare – UfficioStorico della Narina Militare – 1999 • Giulio Valli –Tra mare e cielo - Vita di un uomo fortunato –Fondazione della Cassa di Risparmio di Terni eNarni – 2004 • AA.VV. – Navi scuola a Livorno -L’Accademia Navale e la cantieristica livornese –Sillabe – 2007 • Michele Cosentino – “I dirigibili dellaR. Marina” in Rivista Marittima – Novembre 2015

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Duncan), Olanda (il cacciatorpediniere lanciamissili Evertsen), StatiUniti (il cacciatorpediniere lanciamissili Bainbridge). Da rilevareche la partecipazione della Marina degli Stati Uniti è stata imprezio-sita dalla presenza, seppur non direttamente nel teatro dell’eserci-tazione, della portaerei Abraham Lincoln, accompagnata dalleunità di scorta e, probabilmente, da un sottomarino a propulsionenucleare. L‘edizione 2019 della “Mare Aperto” è stata incentrata suoperazioni di embargo e assalto anfibio, senza peraltro tralasciarele tradizionali attività belliche in ambiente marittimo, vale a dire di-fesa contraerei, lotta alle minacce subacquee, contrasto antinavee contromisure mine: sono state trattate anche tematiche relativoal contrasto di traffici illeciti, alla gestioni di crisi con minacce con-venzionali e asimmetriche e di emergenze a bordo di unità navali.Lo scopo dell’esercitazione “Mare Aperto 2019” è stato il migliora-mento dei livelli di efficacia e prontezza operativa e del processod’integrazione interforze, interagenzie e internazionale, sempre piùnecessario e indispensabile per assicurare la difesa degli interessidell’Italia, rafforzando in particolar modo la sorveglianza marittimanel Mediterraneo. Infine, va ricordato che anche l’edizione 2019dell’esercitazione “Mare Aperto” ha visto la partecipazione di stu-denti - circa 50 - provenienti dall’università degli studi Aldo Moro diBari, dall’università di Genova, dall’università la Sapienza di Roma,dall’università Ca’ Foscari di Venezia e dalla Libera Università Inter-nazionale degli Studi Sociali (LUISS) Guido Carli di Roma. Studentie docenti, nell’ottica dell’interscambio culturale con le eccellenzedel mondo accademico, sono stati coinvolti attivamente all’internodei nuclei di pianificazione, nei ruoli di consulenti politici e legali,addetti alla pubblica informazione, nonché nei settori dell’ingegne-ria, della geologia e della geofisica marina.La Marina Militare ha anche partecipato - con la fregata Carlo Ber-gamini - all’importante esercitazione “Formidable Shield 2019”,

guidata dagli Stati Uniti e svoltasi al largo delle isole Ebridi, anordovest della Scozia, dal 7 al 18 maggio. L’esercitazione sisvolge a cadenza biennale e il suo obiettivo è quello di incre-mentare il livello di interoperabilità fra le Marine e le forze mili-tari della NATO nel delicato settore della difesa antimissili e an-tiaerei; a tal scopo, durante l’esercitazione le unità navali hannofatto uso di missili di vario tipo. Oltre al Bergamini, la “FormidableShield 2019” ha visto la partecipazione di cacciatorpedinierelanciamissili e fregate di Stati Uniti, Gran Bretagna, Olanda,Francia, Norvegia e Canada.A Messina, l’11 maggio ha avuto luogo il varo del pattugliatore ve-loce Tullio Tedeschi, secondo e ultimo esemplare - il primo è statobattezzato Angelo Cabrini - di unità concepite per equipaggiare ilComando Subacquei e Incursori di strumenti moderni. Con una lun-ghezza di 44 metri e un dislocamento di 190 tonnellate, le due unitàhanno un equipaggio formato da 27 effettivi, compreso un team dioperatori delle forze speciali; le dotazioni di bordo comprendono unmezzo veloce Zodiac Hurricane 733, operato da un sistema integra-to di lancio e recupero.Il 25 maggio 2019 sarà invece ricordato per molto tempo come unadata importante per la Marina Militare perché a Castellammare diStabia ha avuto luogo il varo di quella che fino a questo momentorimane la più grande unità navale militare costruita per la Marinaitaliana dopo la conclusione della seconda guerra mondiale. Sitratta del Trieste, un’unità d’assalto anfibio che nella terminologiaanglosassone è denominata “Landing Helicopter Dock”, cioè unanave concepita ed equipaggiata con un ponte di volo e con un ba-cino allagabile per poter eseguire operazioni d’assalto anfibio siatramite mezzi da sbarco tradizionali, sia tramite elicotteri. Al varodell’unità, avvenuto negli stabilimenti Fincantieri e nella splendidacornice del Golfo di Napoli, ha partecipato il Capo di Stato Mag-giore della Marina Militare, ammiraglio di squadra Valter Girardel-li. Il Trieste ha una lunghezza massima superiore ai 230 metri esarà larga 36 metri e si presenta come una portaerei, caratteriz-zata però da due isole separate: sul ponte di volo sono state rica-vate 9 piazzole per il decollo e l’appontaggio degli elicotteri che,assieme agli spazi interni, permettono il trasporto a terra e in piùfasi di circa 600 uomini: sotto al ponte di volo è presente un hangarper il ricovero degli elicotteri, un’operazione che avviene attraver-so due ascensori da 210 mq di superficie e una portata di 40 ton-nellate. Fin dalla fase preliminare del progetto, il Trieste è statoconcepito come un’unità navale flessibile e modulare, facilmentericonfigurabile in modo da esprimere diverse potenzialità secondoil criterio dell’adattabilità intrinseca allo svolgimento di missionitradizionalmente svolte da differenti tipologie di piattaforme. Da ricordare infine che il 16 aprile, la Marina Militare si è arricchi-ta di una nuova fregata: si tratta dell’Antonio Marceglia, ottavaunità della classe “Carlo Bergamini” realizzata da Fincantierinell’ambito del programma di cooperazione italo-francese notocome FREMM. Di base alla Spezia, la fregata è stata assegnata al-la Prima Divisione Navale della Squadra Navale e ha iniziato lasua vita operativa con un intenso periodo di addestramento che leconsentirà di essere “pronta al combattimento”. E bene rammen-tare che per amor di precisione l’acronimo FREMM - fregate mul-timissione, applicabile sia alla lingua italiana sia a quella francese- non si riferisce alla classe delle unità costruite per la Marina Mi-litare e per quella francese, ma al programma di cooperazione bi-nazionale nel suo complesso.

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29Marinai d’Italia Maggio 2019

E cominciamo proprio raccontando che la fregata Carlo Mar-gottini, impegnata già da marzo nell’oceano Indiano nelleoperazioni di contrasto alla pirateria, ha raggiunto un tra-

guardo simbolico, un momento significativo nella vita di ciascunmarinaio; l’unità è in azione sotto la bandiera dell’Unione Europeae la sua zona operativa è prevalentemente il Golfo di Aden, inqua-drata nell’operazione che va sotto il nome di Atalanta e che ormaii nostri lettori conoscono. Va comunque ricordato che il Margottini,così come altre navi della Marina Militare e di altre forze navali eu-ropee, sono ancora chiamate a contrastate la pirateria marittima,che in quelle zone di mare continua a rappresentare una minacciaper la libertà di navigazione del traffico mercantile e in particolare,per il trasporto degli aiuti umanitari del World Food Programmedelle Nazioni Unite. Ai primi di aprile, il Margottini ha iniziato a pat-tugliare una zona marittima che ha portato l’unità verso sudest,raggiungendo l’Equatore, superando la latitudine di 00°00’ e facen-do così ingresso nell’emisfero australe. In omaggio alla tradizionemarinara, è noto che il passaggio dell’Equatore rappresenta sim-bolicamente un traguardo da raggiungere per i marinai ed è unmomento di aggregazione e condivisione di cui beneficiano, anchecon riti goliardici, tutti i membri dell’equipaggio. Per svolgere que-sta e altre missioni importanti nel grande teatro marittimo medio-rientale e africano, il Margottini era partito dalla Spezia il 15 gen-naio ed è possibile che quando queste note saranno lette l’unitàsarà rientrata in Italia. Dal 29 aprile al 10 maggio 2019, la Squadra Navale della Marina Mi-litare è stata impegnata in quella che è probabilmente l’esercitazione

più importante svolta con periodicità regolare. Si tratta dell’eserci-tazione “Mare Aperto 2019”, svoltasi nel Mediterraneo centrale emeridionale a cura di numerose unità navali italiane e di altre Na-zioni, e con la partecipazione di naviglio e reparti della Guardia Co-stiera, dell’Aeronautica Militare, dell’Esercito Italiano e della Guar-dia di Finanza, nonché di Canada, Francia, Olanda, Portogallo, Spa-gna, Gran Bretagna e Stati Uniti. In totale, l’esercitazione “MareAperto 2019” ha visto all’opera 40 unità navali di superficie, 5 sotto-marini, 30 velivoli ad ala fissa e rotante italiani ed esteri, oltre a unaforza da sbarco composta da 400 Fucilieri di Marina della BrigataMarina San Marco, una aliquota di militari del reggimento lagunari“Serenissima” dell’Esercito Italiano e 180 Fucilieri di Marina del“Tercio de Armada” spagnolo. In particolare, le unità della MarinaMilitare erano la portaerei leggera Giuseppe Garibaldi (nel ruolo dinave ammiraglia e con un nucleo di velivolo imbarcati AV-8B Har-rier II Plus e di elicotteri MH-101), il sottomarino Scirè, i due incro-ciatori lanciamissili Caio Duilioe Andrea Doria, quattro fregate clas-se “Bergamini” (Carabiniere, Alpino, Luigi Rizzo e Martinengo), duefregate classe “Maestrale” (Zeffiro e Grecale, quest’ultima usatacome nave comando cacciamine), i pattugliatore Comandante Fo-scari e Cassiopea, i cacciamine Vieste, Termoli e Alghero, i riforni-tori di squadra Etna e Stromboli, l’unità d’assalto anfibio San Gior-gio, le unità idroceanografiche Galatea e Magnaghi e la nave ci-sterna ausiliaria Tirso.Le unità navali estere erano invece le seguenti: Spagna (la fregataNumancia, l’unità d’assalto anfibio Galicia e il rifornitore di squa-dra Cantabria), Gran Bretagna (il cacciatorpediniere lanciamissili

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La portaerei leggeraGiuseppe Garibaldi,

con i velivoliHarrier II Plus durante

l’esercitazione“Mare Aperto 2019”

(Foto G. Arra)

Il varo del pattugliatore veloce Tullio Tedeschi,svoltosi a Messina l’11 maggio 2019 (Foto IMMSI)

Marine Militari nel Mondo

Panoramica navaleMichele Cosentino - Consigliere Nazionale Lazio Settentrionale

Il sottomarino Scirè e il suo comandanterendono gli onori durantela “Mare Aperto 2019”

(Foto G. Arra)

Parlando di Marine militari, in questo numero del Giornale vogliamo esulare dallo schema adottato nei numeri precedentie concentrarci sull’Europa e in particolare sull’Italia: l’ultimo periodo è stato infatti denso di eventi significativi

per la Marina Militare, per i suoi uomini, le sue donne e per tutti i suoi mezzi, all’opera dentro e fuori dal Mediterraneo...

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cavalli che era a bordo della nave scuoladei marinaretti di Venezia ed il batiscafoda ricerca e ricognizione già appartenutoalla ditta CAM.Tra gli oggetti rurali un tornio artigianalecompletamente in legno, ingegnosi ap-parecchi per l’imbottigliamento, l’impa-sto delle farine, l’apertura di bottiglie,aratri ed erpici non motorizzati e centi-naia di piccoli oggetti di uso quotidiano.Il tutto contornato da grandi quadri adolio che raccontano l’evoluzione dellastoria marittima del porto di Venezia de-gli ultimi 80 anni.Per questa singolare raccolta il capita-no Falconi ha coniato un titolo azzecca-tissimo: “Laboratorio didattico e museomarittimo Falconi d’arte, ambiente, ve-nezianità e marineria”… un po’ lungo ma

molto esaustivo circa la natura del luogo.Gli amici veneziani e soprattutto il gruppoANMI di Venezia di cui il capitano è statosocio per moltissimi anni, gli hanno sugge-rito un nome stringato ma significativo:“Museo Falconi”. Ed è con questo nomeche il 22 maggio si procederà all’inaugu-razione ufficiale del piccolo museo allapresenza di autorità militari e civili locali,durante la quale il gruppo ANMI di Vene-zia consegnerà a Ferruccio Falconi unamedaglia d’oro con annessa pergamenacome riconoscimento al merito della sualunga e proficua attività a favore dellamarittimità veneziana, insomma una spe-cie di Oscar alla carriera.Il museo è visitabile gratuitamente (pre-vio appuntamento) e si auspica un grandeafflusso soprattutto di scolaresche alle

quali potranno essere mostrati gli oggettidella vita dei loro nonni e padri in modoche non vada perduta la memoria diun’importante parte della storia del Ve-neto e di Venezia.

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92 anni suonati e molto ben por-tati, una feconda favella, unentusiasmo inarrestabile, una

vita dedicata al mare, all’ambiente ed aVenezia.È il capitano Ferruccio Falconi, mitica figu-ra di uomo di mare, per decenni pilota diporto e presidente di associazioni legatealla marittimità della città, fondatore dellaCAM, l’azienda di famiglia che si occupa dilavori e bonifiche subacquee, oggi gestitadai figli Nicola ed Andrea che ne hannoseguito con successo le orme.Nel suo curriculum vitae una grandequantità di attività professionali da guin-nes dei primati come l’incredibile quan-tità di pilotaggi (oltre 12.000). Per non par-lare poi dell’attività editoriale di scrittoredi cose marinare e venete con una dozzi-na di libri pubblicati e del suo prorompen-te attivismo a favore della salvaguardiadell’ambiente con particolare riguardo al-la marittimità della laguna veneta. Manon solo marinaio: per un certo numero dianni è stato contemporaneamente anchecontadino con un vasto podere nellecampagne venete nel quale ha coltivatola passione familiare dei suoi avi, coltiva-tori e contadini di origine toscana.Ebbene, fedele al concetto che lo scopofondamentale dei “grandi vecchi” è quello

di trasferire le loro conoscenze ed espe-rienze alle generazioni successive, il Co-mandante Falconi ha recentemente ri-strutturato due appartamenti di sua pro-prietà situati al Lido di Venezia e li ha riem-piti di cimeli, oggetti, ricordi, apparecchi

tecnici, strumenti di lavoro, attrezzature emolto altro di ciò che aveva gelosamenteconservato o appositamente acquistatonell’arco di tutta la vita.Una raccolta che racconta contempora-neamente la storia marinara e quella ru-rale delle genti venete a partire dagli inizidel secolo scorso fino ad oggi. Tutti og-getti autentici e, malgrado la venerandaetà, quasi tutti funzionanti e, quello cherisulta più affascinante per i visitatori,“accarezzabili”.Tra le varie curiosità nautiche un rarissi-mo (e forse unico) electric-ship-log o sol-cometro elettrico, uno dei primi “pesci”con sonar a scansione laterale, caschi dapalombaro italiani ed americani, le elichedel motoscafo da corsa di Casiraghi, ilmotore Ansaldo 6 cilindri in linea da 180

30 Marinai d’Italia Maggio 2019

Cultura marinara

Il Museo “Ferruccio Falconi”Arte, ambiente, venezianità e marineriaRudy Guastadisegni - Presidente del Gruppo di Venezia

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Uno di noi

CannoniereCarmine De DominicisGiuseppe Nappo e Giovanni Terranova

“Preferisco guardare in faccia la morteche vivere segnato dal disonore della diserzione”

E ra la fine di giugno del 1943, quando Carmine pronunziòquella frase profetica alla mamma Anna Longo. Con gli an-glo-americani già sbarcati in Sicilia ebbe modo di ripeterla

a quanti consigliavano di nascondersi attendendo l’evolversi deglieventi. Il fornaio di Pastena era un ragazzo responsabile, serio,scrupoloso, solo qualche mese prima aveva lasciato la panetteriadello zio per rispondere alla chiamata di leva nella Regia Marina;inquadrato al CEMM di Taranto, aveva fatto il corso da Cannonie-re. Terminato l’addestramento ricevette una breve licenza da tra-scorrere tra i suoi familiari. Rispettoso al giuramento prestato allaRegia Marina, trascorsi quei pochi giorni tra i parenti, in una na-zione squassata dalla guerra, con la città di Salerno sconvolta daibombardamenti aerei, con la sua famiglia costretta dagli eventi arifugiarsi tra le colline di Giffoni, non tentennò e fece rientro rego-larmente alla base CEMM di Taranto; appena giunto gli fu indicatodi recarsi alla base navale della Maddalena. Lì sull’isola non sisottrasse ai comandi e non lesinò il suo impegno militare.Intanto il quadro bellico mutava repentinamente. La Maddalenadivenne il crocevia nevralgico e tragico che travolse tante esi-stenze. L’otto settembre ci fu l’armistizio con gli anglo-americani econtestualmente, come concordato con gli Alleati, la flotta dellaRegia Marina, con la corazzata Roma dell’ammiraglio Bergamini,mosse dalle basi dell’alto Tirreno e fece rotta verso la base sarda.Al contempo la stessa base maddalenina veniva, di fatto, primapresidiata, poi occupata militarmente dalle truppe tedesche intransito verso la Corsica. La mattina del 9 settembre gli alti ufficialidell’ammiragliato furono tenuti in stato di arresto. Riuscendo soloa comunicare con la flotta il nuovo stato delle cose.La squadra navale italiana, in fase di avvicinamento alla base do-vette cambiare rotta subendo poi l’attacco di bombardieri tede-schi che affondarono la corazzata Roma in quello stesso tragicopomeriggio.Nella base della Regia Marina, i vertici in isolamento ed interrottala linea di comando, grazie ad un gruppetto di ardimentosi ufficialisi riuscì ad articolare un’azione militare atta a “reagire” alla pre-potenza degli occupanti e tesa a liberare la Palazzina Comandodell’Ammiragliato. Tra gli ideatori la rivolta lo stesso Comandantede La Maddalena, Capitano di Vascello Carlo Avegno, gli ufficialidi collegamento Marina- Esercito, Ten. Col. Vittorio Rota, il Mag-giore Renato Barsotti del 391°battaglione costiero che si posero alcomando delle batterie costiere, il sottotenente di fanteria RinaldoVeronesi. Questi ufficiali, aggregando anche il personale civiledella base, utilizzati come portaordini e messaggeri occasionali,riuscirono a raggruppare sotto i loro ordini un congruo numero dimarinai, militari dell’esercito, il reparto di Carabinieri della stazio-ne Marina, arrivando a guidare alcune centinaia di uomini. Il com-posito gruppo, la mattina del 13 settembre, sorretto dalle bordate

delle batterie costiere, fu fatto uscire da caserme e arsenale perattaccare l’edificio comando dove erano tenuti prigionieri gli altiufficiali dell’Ammiragliato. A La Maddalena i combattimenti si svi-lupparono per l’intera mattinata, agli attaccanti riuscì la cattura didecine di tedeschi reclusi nell’arsenale. Alle 17,30 i tedeschi chie-sero una tregua, impegnandosi a liberare gli alti ufficiali loro pri-gionieri. Una tregua, e una liberazione degli alti ufficiali, che ven-tiquattro italiani e otto tedeschi non videro, caduti nel violentocombattimento. Nel corso degli articolati scontri di quella giornatasi conteranno anche quarantasei italiani e ventiquattro tedeschiferiti. Con tale reazione le Forze Italiane ripresero la propria auto-nomia operativa nella base navale. Due dei principali promotori eanimatori della reazione, Carlo Avegno e Rinaldo Veronesi furonotra gli italiani caduti. In quell’infausto 13 settembre, alle ore 12 cir-ca, cadde anche il Cannoniere Carmine De Dominicis, ferito alpetto in combattimento in un’azione militare particolarmente effi-cace. Carmine non aveva compiuto vent’anni e aveva trascorsosolo 215 giorni con il “camisaccio” sulla pelle, eppure aveva sa-puto testimoniare - senza se e senza ma- cosa intende un salerni-tano per “Giurare Fedeltà!”.Carmine De Dominicis come tanti altri caduti nell’azione di rivoltacontro i tedeschi venne seppellito nel cimitero de La Maddalena.In seguito i resti vennero traslati nel Sacrario della Marina Milita-re. Lì, nell’Ossario, Carmine oggi riposa vicino al pluridecoratoCarlo Avegno e tra gli altri medagliati alla memoria per l’azione del13 settembre 1943. Essi ricorderanno a chi ha cuore che a LaMaddalena una parte degli uomini in armi decise di vivere lo stes-so ideale di Carmine: “Preferisco mettere in conto la morte per laPatria a una vita futura segnata dall’ombra del disonore”.Per quella pagina gloriosa di storia italica, Carmine De Dominicisfu uno dei decorati, venendo insignito nel 1949 dalla Marina Mili-tare della Medaglia di Bronzo al Valor Militare alla memoria.

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Carmine De Dominicis Cannoniere P.M., classe 1923 (La Maddalena, 13 settembre 1943)

(D.P. 12 maggio 1949) D.V.M. 140 “alla memoria”

Capo arma di una mitragliera posta a difesa di una batteria, duranteun violento bombardamento della batteria stessa da parte dei tede-schi rimaneva calmo al proprio posto infondendo nei compagni se-renità e coraggio. Colpito gravemente dallo scoppio di una granatadirompente, conscio della prossima fine, noncurante di sé stessocontinuava ad infondere energia ai propri compagni. Esempio di de-dizione al dovere fino al supremo sacrificio.

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