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Corso di Laurea Specialistica Quinquennale in Architettura U.E. IL RUOLO DELL'ARCHITETTURA ALL'INTERNO DELL'AZIONE UMANITARIA NEI VARI STADI DELLE EMERGENZE COMPLESSE Tesi di Laurea di LORENZO LA FAUCI Relatore prof. FRANCESCO KARRER A.A. 2006-2007

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Il ruolo dell'Architettura all'interno dell'azione umanitaria nei vari stadi delle emergenze complesse.

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Corso di Laurea Specialistica Quinquennale in Architettura U.E.

IL RUOLO DELL'ARCHITETTURA ALL'INTERNO DELL'AZIONE UMANITARIA

NEI VARI STADI DELLE EMERGENZE COMPLESSE

Tesi di Laurea di

LORENZO LA FAUCI

Relatore prof.

FRANCESCO KARRER

A.A. 2006-2007

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Premessa

La presente tesi, di natura teorico-applicativa, mira a definire il ruolo di architettura e urbanistica all'interno dell'azione umanitaria, nel caso specifico delle emergenze complesse.

Il lavoro è diviso in due parti:

Cooperazione – Analisi del contesto problematico e dell’intera cornice umanitaria di emergenza.

Danni allo Spazio – Sviluppo del contesto specifico e modalità d’intervento negli ambiti d'interesse; formulazione di un punto di vista architettonico e urbanistico sul fenomeno delle emergenze complesse.

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Introduzione........................................................................................................................................1

Contesto Globale – Cooperazione

1. Emergenze Complesse

1.1. Disastri..............................................................................................................................3− Definizione− Pericolo− Vulnerabilità

1.2. Emergenze Complesse......................................................................................................5− Analisi− Indicatori di emergenza− Impedimenti alla risposta

2. Leggi e Fonti

2.1. Diritto Internazionale Umanitario....................................................................................10− Principi− Strumenti− Trattati

2.2. Diritti Umani....................................................................................................................132.3. Legge sui Rifugiati...........................................................................................................14

− Statuto UNHCR− Strumenti internazionali− Strumenti regionali

2.4. Millenium Development Goals........................................................................................16− Rapporti 2005

2.5. Agenda 21........................................................................................................................19− Insediamenti umani

3. L’Azione Umanitaria nelle Emergenze Complesse

3.1. ONU.................................................................................................................................20− Organi, fondi, programmi, agenzie

3.2. Rapporti con i militari......................................................................................................233.3 Cronologia e competenze..................................................................................................25

− Ruoli, funzioni, obiettivi− Strategie− Evoluzione

3.4 Rapporti con i donatori.....................................................................................................29− Responsabilità − Problemi− Monitoraggio e valutazione

3.5 Scrivere una proposta di progetto.....................................................................................30− Valutazione− Sviluppo del progetto− Implementazione− Monitoraggio

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Contesto Specifico – Danni Allo Spazio

Inserimento dell’Architettura nella Pianificazione Globale.........................................................33

4. Pre-Disastro: Prevenzione, Allerta e Allarme

4.1. Programmi di riduzione dei rischi – Principi e applicazioni...........................................34− Disastri e sviluppo− Riduzione dei rischi− Strumenti per la programmazione

4.2. Preparazione all’emergenza e sistema di allarme............................................................38− Disastri: cause ed effetti− Emergenza come ciclo− Pianificare la prevenzione

4.3. Controllo sugli standards.................................................................................................43− Sphere Project− Altri strumenti

5. Post-Disastro: Assistenza e Riabilitazione

5.1. Sheltering.........................................................................................................................48− Campi− Pianificazione− Costruzione

5.2 Tende...............................................................................................................................53− Utilizzo− Pianificare una risposta− Clima− Logistica− Alternativa alle tende− Adattamenti− Danni comuni

5.3. Pianificazione di insediamenti di emergenza Protection Based......................................67− Assistenza− Pianificazione fisica per una comunità− Rifugi comunitari

5.4. Organizzazione delle risorse idriche................................................................................73− Rifornimento idrico− Linee guida

5.5. Malattie infettive nelle emergenze complesse: controllo................................................78− Fattori di rischio− Interventi post-disastro e in zone di guerra− Sorveglianza− Cronologia

Conclusione: Cedere la Gestione dello Spazio...............................................................................87

Allegati

Bibliografia

Ringraziamenti

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Introduzione

Il panorama umanitario sta cambiando rapidamente, la domanda di professionalità e responsabilità cresce, i professionisti lavorano in situazioni sempre più complesse, che richiedono un approccio multidisciplinare comprensivo di logistica, management, salute, psicologia, scienze sociali, antropologia, ingegneria, comunicazione, agricoltura, ambiente, educazione, diritto internazionale, sicurezza, media, politica, economia... Gli interventi umanitari nelle emergenze complesse coinvolgono spesso architetti e urbanisti che, a differenza di altri professionisti, non hanno un paradigma globale - ideologico, istituzionale, analitico e tecnico - entro cui operare; la loro posizione è invece maggiormente definita e rappresentata nell’ambito delle attività legate allo sviluppo, spesso caratterizzate da tempi e modi politici.

L’emergenza complessa è una crisi umanitaria che necessita di una risposta internazionale in quanto colpisce comunità rimaste senza protezione per la fragilità o l'assenza di istituzioni economiche, politiche e sociali. L'azione umanitaria di emergenza si configura quindi come una risposta civile a un fallimento politico.

Il lavoro si colloca nell’ambito tematico dei disastri ambientali e affronta il caso delle emergenze complesse confrontandosi con la prevenzione e con l’assistenza post-disastro, da gestire nei tempi dell’emergenza-uomo. I disastri ambientali di origine sia umana che naturale, conseguenza di uno sfruttamento di risorse insostenibile, stanno crescendo in numero, frequenza e intensità nei paesi a basso come ad alto sviluppo. Le aree geografiche sono tutte potenzialmente esposte ai disastri ma la gravità dei danni che rischiano di subire dipende dal loro differente livello di vulnerabilità. La riflessione sul ciclo delle emergenze ha teso a concentrarsi sugli immediati pre e post disastro, momenti in cui le comunità hanno il massimo bisogno di protezione. E’ risultato necessario riflettere su una pratica multidisciplinare di architettura e urbanistica, che estendesse strumenti e metodi utilizzati in contesti di povertà urbana alle emergenze complesse, evidenziando i nessi tra habitat umano, azione umanitaria e sviluppo comunitario. Il carattere quasi-urbano di molti campi di rifugiati e profughi richiama una naturale connessione tra insediamenti umani e umanitari, come la condizione di questi ultimi spesso ricorda la povertà di certe periferie urbane.

L’inserimento nella pianificazione globale ha comportato una selezione di ambiti di intervento entro cui distinguere le caratteristiche e le competenze specifiche di architettura e urbanistica da quelle comuni alle altre discipline. E’ stato inoltre importante condurre uno studio comparativo sulle strategie utilizzate in diverse condizioni culturali, ambientali, economiche e politiche, cercando i problemi e le soluzioni comuni ai diversi contesti, nell’intenzione di sviluppare metodi e tecniche pratiche innovative, da confrontare con il cambiamento e con la prolungata incertezza intrinseca alla pratica. L’intero elaborato mira a definire la prestazione che l'architettura deve fornire in termini tecnici, economici, istituzionali e sociali nell’ambito degli interventi umanitari di emergenza per ridurre i rischi, salvaguardare la salute delle comunità come degli operatori umanitari, generare introiti ed aiutare le comunità a ricostruirsi, cedendo infine loro la gestione del proprio spazio.

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Sri-Lanka 2004, New Orleans 2005I disastri ambientali crescono di numero, frequenza e intensità

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Sezione a carattere introduttivo, che descrive il contesto problematico della tesi. In primo luogo vengono definiti e analizzati i concetti di disastro ed emergenza complessa, poi l'apparato legislativo, i principi d'intervento e infine vengono presentati gli attori e le dinamiche dell'azione umanitaria, completando il quadro entro cui, nella sezione successiva, verrà delineato il ruolo dell'architettura.

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1. Emergenze Complesse e Disastri

1.1. Disastri

Definizione • Il realizzarsi di una minaccia potenziale e il danno che ne risulta• Di origine sia umana che naturale (Allegato II; A01-28)• Grave impatto sulle comunità (Allegato III; F01)• Rapido insorgere di eventi che provocano o minacciano di provocare morti, feriti e danni• Richiede una risposta multi-agenzia e comunitaria significativa e coordinata

Equazione di base:

PERICOLO (fenomeni e rischio) * VULNERABILITA’ = DISASTRO (impatto)

FENOMENI * VULNERABILITA’ = IMPATTO

• Siccità• Eruzioni vulcaniche• Inondazioni• Terremoti• Cicloni

• Umana• Economica• Sociale• Ecologica• Politica • Legale

Settore politico

Popolazione colpita

Settore SettoreEconomico Sociale

Pericolo (Allegato I; M01)● Minaccia a cose e persone● Evento estremo che incide sull’ambiente naturale o antropico ● Può colpire la vita, la proprietà o le attività umane

Tipi di pericolo:

• Geologico: terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche…• Climatico: cicloni tropicali, inondazioni, siccità• Ambientale: inquinamento, deforestazione, desertificazione• Epidemico• Incidenti industriali

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Banche, Nepal 2006 Nairobi, Kenya 2006 Tochigi, Giappone 2003

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Vulnerabilità (Allegato I; M02, M10-13)• Posizione svantaggiata nella gestione di una crisi a livello

1. Fisico: grado di povertà e/o progressiva perdita del benessere2. Organizzativo: come la società è organizzata, conflitti interni e loro conduzione3. Psicologico: come le persone e la società si percepiscono, capacità di influenzare il

loro ambiente• Prodotta da varie forme di privazioni sociali ed economiche agenti simultaneamente• Riscontrabile nel livello di salute e mortalità• Processo dinamico• I più a rischio sono: bambini, anziani, donne in gravidanza, malati cronici

Esempio – Applicazione dell’equazione ad una situazione di siccità

FENOMENO * VULNERABILITA’ = IMPATTO

Assenza di pioggia * erosione precedente, assenza di riserve idriche = assenza di acqua utilizzabile

assenza di acqua utilizzabile * raccolti sensibili alla mancanza d’acqua, monocoltura = riduzione della produzione agricola

riduzione della produzione agricola * gruppi socioeconomici vulnerabili = diminuzione dell’accesso alle risorse alimentari

diminuzione dell’accesso alle risorse alimentari * gruppi socioeconomici vulnerabili la cui nutrizione è a rischio = migrazione

migrazione verso città e campi profughi * gruppi a rischio nutrizionale e vulnerabili alle malattie infettive = malnutrizione, aumenta l’incidenza delle malattie infettive

malnutrizione * malattie infettive = MORTE

Problemi correlati:

• Preparazione inadeguata• Debole capacità istituzionale• Collaborazione inadeguata• Diminuzione di informazioni sistematiche e attendibili sulla salute pubblica

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Maslakh, Afghanistan 2002A seguito della siccità nelle province di Ghor, Badghis, Farrah e Faryab la popolazione del campo di Maslakh, il più grande della provincia di Heart è cresciuta costantemente incrementando il rischio di malnutrizione e malattie infettive

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1.2 Emergenze Complesse

Analisi Disastro

EventoAmpia distruzione e sofferenzaCatastrofeCalamitàTragediaCataclisma

Emergenza Complessa

• Crisi umanitaria• Totale o considerevole interruzione

dell’autorità per guerra civile o aggressione esterna

• Bisogno di una risposta internazionale

L’emergenza è uno stato in cui le procedure normali sono sospese e sono prese misure straordinarie per evitare l’impatto di un fenomeno sulla popolazione. Un’emergenza mal gestita diventa un disastro. (Allegato I; M04) Secondo la definizione dello IASC (Inter Agency Standing Committee) del dicembre 1994 un’emergenza complessa può essere caratterizzata da:

• Totale o considerevole interruzione dell’autorità• Conflitto civile interno o aggressione esterna• Alto numero di perdite civili• Movimento forzato di umani (persone assediate o rapidamente sfollate in alto numero)• Sofferenza umana di grandi proporzioni• Richiede una risposta internazionale

L’emergenza complessa combina un conflitto interno con spostamenti della popolazione su larga scala, carestia di massa o carenza di cibo, istituzioni economiche, politiche e sociali fragili o assenti. Spesso le emergenze complesse sono esacerbate da disastri naturali e reti di trasporto inadeguate. Una situazione del genere richiede un alto grado di supporto politico esterno per permettere la risposta umanitaria, incluso l’accesso negoziato alle popolazioni colpite.(Allegato VII, 14)

COLLASSOMACROECONOMICO

DETERIORAMENTO DELL’AUTORITA’ POLITICA

EPIDEMIEEMERGENZA COMPLESSA

CONFLITTO INTERNO

INSICUREZZAALIMENTARE

Punti chiave:

• L’emergenza complessa è un fenomeno che traumatizza le persone e l’ambiente• Colpisce direttamente i più vulnerabili• C’è una completa mancanza di risorse locali per fronteggiare i problemi causati dal disastro• Gli effetti del disastro sono spesso massimizzati dalla politicizzazione della crisi

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MOVIMENTIPOPOLAZIONE

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Esempio - Le guerre civili (Allegato I, M03) dovute a un conflitto interno di origine etnica o religiosa sono emergenze complesse causate dall’uomo e producono:

• Incremento degli sfollati (IDPs, Internally Displaced Persons)• Le ONG che assistono la popolazione e i civili non sono al sicuro• Le vittime sono donne e bambini• Il cibo è estorto ai civili• I civili sono usati come scudo umano• Confusione dei ruoli tra settore militare e umanitario

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Kondoz, Afghanistan 2002Ventitrè anni di guerra civile hanno inflitto gravi danni alle infrastrutture fisiche e sociali dell’Afghanistan. La nazione non è in grado né di garantire ai propri cittadini sufficiente sicurezza e protezione, né di fornire loro servizi sociali di base, come educazione e sanità. Senza un aiuto esterno la popolazione non è in grado di iniziare un processo di sviluppo e ricostruzione sostenibile.

Angola 2002In luglio il Coordinatore Umanitario ONU Erick de Mul dichiara che il pericolo di mine, i ponti abbattuti e le strade in cattivo stato rendono le operazioni umanitarie in Angola “un incubo logistico”.

Colombia 2002Con il collasso dei negoziati di pace tra governo e ribelli FARC i conflitti interni hanno avuto un’escalation drammatica. Su uno sfondo di povertà diffusa e servizi pubblici indeboliti la guerra colpisce i civili nelle aree sia urbane che rurali. Nel solo biennio 2000-2002 circa un milione di colombiani sono rimasti sfollati, riversandosi nei centri urbani per sfuggire alla crescente ondata di violenza nelle campagne. Nelle aree rurali gli uffici postali sono stati abbandonati, i servizi ospedalieri divenuti sporadici, alcune malattie debellate sono ricomparse e sono stati registrati casi di malaria.

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Indicatori di emergenza

L’emergenza può insorgere con un grande afflusso di rifugiati, la cui vita è visibilmente minacciata, ma molto più spesso il suo inizio non è così drammatico o ovvio. Nel 2004 Kofi Annan ha affermato che, per via delle guerre in Afghanistan e Iraq sono state dimenticate 21 crisi, che colpiscono oltre 45.000.000 di persone. La situazione richiederà una risposta straordinaria e lo sviluppo di misure eccezionali; durante un’emergenza vanno considerati tutti gli aspetti di una società. Raccogliere informazioni su queste cause implicite è importante per la prevenzione di un disastro, la preparazione, pianificazione, allarme, risposta, ripresa e riabilitazione. Ci sono alcuni indicatori che mostrano se si è o meno di fronte a un’emergenza complessa.

Gli indicatori più importanti sono:

• Tasso di mortalità – eccessiva perdita di vite• Tasso di malattia – crescente incidenza di patologie

Indicatore Livelli di emergenzaTasso di Mortalità > 2 su 10.000 al giornoStato Nutrizionale dei Bambini > 10% con rapporto peso-altezza < 80%Cibo < 2.100 calorie a persona al giornoQuantità d’Acqua < 10 litri a persona al giornoQualità dell’Acqua > 25 % persone con diarreaSpazio sul Sito < 30 mq a persona, giardini non inclusiSpazio di Rifugio < 3.5 mq a persona

Altri indicatori critici meno quantificabili:

• Minacce fisiche• Standard di diritti umani• Minaccia di refoulement (ritorno forzato dei rifugiati)

I fattori che incrementano il rischio di malattia e morte sono:

• Ambiente non familiare• Povertà\ Insicurezza• Sovrappopolazione• Qualità e quantità di acqua inadeguata• Scarsa pulizia dell’ambiente• Rifugi inadeguati• Inadeguato rifornimento di cibo

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Impedimenti alla risposta (Allegato I; M01-13)

• Mancanza dei fondi necessari a costituire un’adeguata capacità di risposta• Basso livello di preparazione all’emergenza dello staff, professionisti ed esperti• Scarsa capacità di far mantenere lo staff• Utilizzo di tecnologie adeguate (registrazione, monitoraggio, violazioni, inventario…)• Nessuna coordinazione, molta competizione, si perde di vista l’obiettivo• Poche risorse a supporto della ricostruzione fisica o risanamento sociale• Capacità locale di affrontare qualunque problema indebolita• Possibile perpetuarsi dell’economia di guerra• Nessuna distinzione tra civili e combattenti• Nessuna sicurezza per gli umanitari• Mancanza di significato dei principi tradizionali: neutralità e imparzialità• Crescente coinvolgimento dell’apparato militare come attore umanitario• Mancanza di comprensione di una prospettiva a lungo termine del conflitto e della soluzione• Mancanza di comprensione delle dinamiche sociali, politiche e religiose• Mancanza di partecipazione delle comunità colpite a partire dall’inizio

In cifre:

1997 40 emergenze complesse• 13.000.000 di rifugiati• 20.000.000 di sfollati (IDPs)• 68.000 civili morti• Migliaia di feriti• Impossibile quantificare gli affamati• Assenza di servizi sanitari ed istruzione nei campi di rifugiati

1998• 400 disastri naturali• 90.000 morti• 5.000.000 di IDPs• 144.000.000 le persone colpite• Danni alla proprietà stimati per 70.000.000.000 $• La comunità di donatori governativi ha elargito 3.000.000.000 $ per la risposta

all’emergenza

2003• 651 disastri• 76.806 persone uccise dai disastri• 254.745 persone colpite dai disastri• 55.954.000.000 $ di danni• 11.100.000 rifugiati• 23.900.000 IDPs

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In termini di vittime, a partire dalla Seconda Guerra Mondiale i valori massimi si hanno:

Cause artificiali

• Guerre: 60.000.000 – Seconda Guerra Mondiale (1937 – 1945)• Genocidi: 12.000.000 – campi di concentramento nazisti• Terrorismo: 2.992 – attacchi dell’11 settembre 2001 a New York

Cause naturali

• Terremoti: 41.000 – terremoto a Bam, Iran 2003• Condizione metereologiche estreme: ondata di caldo in Europa nel 2003• Uragani e cicloni: 3.037 – uragano Jeanne, Haiti 2004• Tsunami: 310.000 – terremoto e tsunami in Indonesia, India, Sri Lanka, Tailandia,

Somalia… 2004• Eruzioni vulcaniche: 245 – Nyiragongo, Congo 2002• Malattie: 300.000.000 – varicella nel 20° secolo• Carestie: 1.500.000 – siccità in India (1965 – ’67)

Tra il 1994 e il 2003 le morti dovute a disastri naturali sono state causate da:

• 48 % Siccità e carestie• 16 % Terremoti• 16 % Inondazioni• 10 % Uragani e cicloni• 8 % Temperature estreme• 2 % Altro

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Bam, Iran 2003Il 26/12 un terremoto di magnitudo 6,5 Richter ha provocato 41.000 morti, 30.000 feriti e 75.000 senza tetto su una popolazione di circa 100.000 abitanti. Ospedali e servizi distrutti.

Kakuma, Kenya 2003Campo abitato da rifugiati sudanesi e somali, per un totale di quasi 90,000 persone. Il WFP nel 2003 ha fatto appello ai donatori per richiedere altri fondi, ma l'insorgere di carestie in Angola, Congo ed Etiopia ha deviato i finanziamenti.

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2. Leggi e Fonti

2.1. Diritto Internazionale Umanitario IHL, International Humanitarian Law

Principi

Umanità, universalità, imparzialità, neutralità

Negoziato costante

• Codifica• Ratifica• Applicabilità• Implementazione/messa in opera

Fonti culturali

• Spiritualità\filosofia: Buddismo, Taoismo, Ebraismo, Cristianesimo, Islamismo; Rousseau, Dunant, Martens

• Etnica: Usanze africane, antica Grecia, Manu• Cavalleria: Bushido giapponese, cavalleria europea

La didattica della catastrofe

Le 4 Convenzioni di Ginevra e i protocolli aggiuntivi sono stati formulati in seguito a tragedie di guerra:

• Convenzione 1: Solferino – Feriti e malati• Convenzione 2: Tsushima – Naufraghi• Convenzione 3: Prima Guerra Mondiale – Prigionieri di Guerra (POWs)• Convenzione 4: Seconda Guerra Mondiale – Civili• Protocolli aggiuntivi I e II: Vietnam – Civili

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Definizione

Regole e principi che limitano la violenza nei conflitti armati con l’obiettivo di salvaguardare la vita e la dignità delle persone che non partecipano o non partecipano più direttamente alle ostilità: civili, feriti, malati, prigionieri di guerra. La IHL protegge inoltre gli oggetti necessari alla sopravvivenza della popolazione civile, il personale e il materiale delle organizzazioni umanitarie.

Documento originale della Prima Convenzione di Ginevra, 1864

● Rafforzamento/sanzioni● Riparazione, ricostruzione, pace● Sicurezza nazionale e internazionale

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Strumenti

Trattati

• Convenzioni di Ginevra: Prima Convenzione 1864, 4 Convenzioni 1949, 2 Protocolli aggiuntivi 1977 - Umanità in guerra: proteggere le persone che non prendono (più) parte ai conflitti

• Sinonimi: Legge di Guerra, Legge sui Conflitti Armati, Diritti Umani nei Conflitti Armati• Fonti: Tutte le civiltà, accordi bilaterali, trattati multilaterali• Trattati: Le 4 Convenzioni di Ginevra del 1949, rispettivamente su malati/feriti, naufraghi,

prigionieri di guerra e civili• Conflitti Interni: Comune Art.3 (1949), Protocollo Aggiuntivo II (1977)

Essenziali: Comune Art.3 (1949) e Protocollo II (1977)Diritti Umani Inderogabili, che proibiscono tortura ed esecuzioni sommarieValori locali.

Comune Art.3 (Ginevra, 1949)

“In caso di conflitto armato non di carattere internazionale avente luogo nei territori delle Alte Parti Contraenti, ogni Parte è obbligata ad applicare, come minimo le seguenti condizioni:

1 Le persone che non prendono parte alle ostilità, inclusi i membri delle forze armate che hanno deposto le armi e quelli che si sono ritirati dai combattimenti per malattia, ferite, detenzione o qualunque altra causa, dovranno essere trattati umanamente in qualunque circostanza, senza distinzione di razza, colore, religione, fede, sesso, nascita, censo o altri criteri simili. Per questo i seguenti atti sono e devono restare proibiti in qualunque luogo e momento, in rispetto alle succitate persone:• Violenza alla vita e alla persona, in particolare omicidi , mutilazioni e tortura• Prendere ostaggi• Oltraggi alla dignità personale, in particolare trattamenti umilianti e degradanti• L’emissione di sentenze e la messa in opera di esecuzioni senza previo giudizio

pronunciato da una corte regolarmente costituita che possa offrire tutte le garanzie giuridiche considerate indispensabili dai popoli civili

2 I feriti e i malati dovranno essere raccolti e curati

Un organismo umanitario imparziale come il Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) può offrire i suoi servizi alle Parti in conflitto. Le Parti del conflitto dovrebbero inoltre tentare di rafforzare, tramite accordi speciali, tutte o parte delle altre disposizioni della presente Convenzione.L’applicazione delle suddette disposizioni non influirà sullo stato legale delle Parti in conflitto.”

Riferimenti

• Statuto dell’ONU, capp. 6, 7, 8, riguardanti rispettivamente il supporto alla pace, l’uso di forze militari e gli accordi regionali

• Legge Umanitaria Internazionale (IHL), Diritti Umani (HR), Legge sui Rifugiati (RL)• Leggi domestiche, Codici di condotta• Costumi locali, Valori individuali

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Obiettivi

Ambito materiale: Quando Conflitti armati

• Conflitti armati internazionali1 Conflitti armati tra stati indipendenti

Art. 2, comune a tutte le Convenzioni (1949)Art. 1 del Protocollo Aggiuntivo I (1977)

2 Guerre di liberazione nazionale (lotte per l’Auto-Determinazione)Art. 1, par. 4, Protocollo Aggiuntivo I (1977)

• Conflitti armati non-internazionali1 Guerre civili

Art. 1, Protocollo Aggiuntivo II (1977)2 Conflitti armati non-internazionali

Art. 3, comune a tutte le Convenzioni (1949)Martens Clause – ICJ Nicaragua (1986)

Ambito personale: Chi Persone protette dalle Convenzioni

• Membri delle Forze Armate (Combattenti)1 Prima Convenzione: Feriti e Malati2 Seconda Convenzione: Naufraghi3 Terza Convenzione: Prigionieri di Guerra

• Civili1 Quarta Convenzione: internati e territori occupati2 Protocolli Aggiuntivi (1977): tutti i civili

Ambito temporale: Per quanto tempo Inizio e fine del bisogno di protezione

• Inizio dell’applicazione1. Conflitti Armati Internazionali

- Violenza armata tra due Stati Parte della Convenzione- Occupazione armata, anche senza resistenza armata

2. Conflitti Armati Non-Internazionali- Violenza che raggiunge il livello di conflitto armato (Comune Art. 3, 1949)- Conflitto che incontra le condizioni dell’Art. 1 del Protocollo I (1977)

• Fine dell’applicazione1 Effettiva cessazione delle ostilità, occupazione. Rilascio/rimpatrio di prigionieri di

guerra e internati2 La violenza non raggiunge più i livelli dell’Art. 3 o dell’Art. 1 del Protocollo II

(Allegato V; L01-03)

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2.2. Dichiarazione Universale dei Diritti Umaniadottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.

Preambolo

Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;

Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti dell'uomo hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità e che l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell'uomo;

Considerato che è indispensabile che i diritti dell'uomo siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione;

Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni;

Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nell'eguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà;

Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l'osservanza universale dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;

Considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni...

(Allegato V; L04)

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Assemblea Generale dell'ONU 10/12/'48

“...l’Assemblea Generale proclama la presente Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.”

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2.3. Legge sui Rifugiati, Refugee Law

UNHCR Strumenti Internazionali Strumenti Regionali1950 – Statuto dell’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (UNHCR)

• 2 funzioni1. Protezione

Internazionale2. Soluzioni:

- Rimpatrio volontario

- Integrazione locale

- Insediamento in un’altra nazione

• Definizione: fondato timore di persecuzione

• Comitato Esecutivo

Risoluzioni ONU

Più ampia definizione di vittime della violenza

1951 – Convenzione Relativa alla Condizione dei Rifugiati

• Preambolo – contesto diritti umani

• Definizione – fondato timore di persecuzione (Art. 1)

• Non-refoulement (Art. 33)• Diritti ed Obblighi

1967 – Protocollo

Rimozione della linea del cambiamento di data

1969 – Convenzione OAU (Organizzazione dell’Unità Africana)

Definizione più ampia – aggressione straniera, eventi che disturbano seriamente l’ordine pubblico

1984 – Dichiarazione di Cartagena

• Definizione più ampia – violenza generalizzata e violazioni dei diritti umani

• Stato di protezione temporanea in Europa

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Un rifugiato è una persona che:

…per un fondato timore di essere perseguitato per ragioni di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un particolare gruppo sociale od opinione politica è fuori dalla propria nazione di appartenenza e non può o, per via del suddetto timore non vuole usufruire della protezione di tale nazione…Dalla Convenzione Relativa alla Condizione dei Rifugiati del 1951

Alto Commissariato ONU per i Rifugiati - logo

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In base al mandato UNHCR:

• Il ruolo principale dell’UNHCR nel perseguire la protezione internazionale è di assicurare che gli stati siano coscienti e facciano fede ai loro obblighi di protezione dei rifugiati e delle persone in cerca di asilo.

• Ai rifugiati è richiesto il rispetto delle leggi e dei regolamenti delle nazioni ospiti.

• I rifugiati hanno diritto ad un asilo sicuro che vada oltre la semplice protezione fisica. I rifugiati dovrebbero ricevere almeno gli stessi diritti ed aiuto di base di qualunque altro straniero che sia legalmente residente, inclusa libertà di pensiero, di movimento e libertà da tortura e trattamenti degradanti. Diritti economici e sociali dovrebbero essere ugualmente applicabili. I rifugiati dovrebbero avere accesso a cure mediche, istruzione e all’occupazione.

• Quando non sono immediatamente disponibili risorse governative il UNHCR ed altre organizzazioni internazionali forniscono assistenza finanziaria e materiale, sforzandosi di assicurare che i rifugiati si rendano autosufficienti nel minor tempo possibile.

• I governi stabiliscono la condizione legale delle persone in base al loro sistema legislativo, il UNHCR offre supporto per documentare l’eventuale persecuzione e stabilire la condizione dei migranti. Il Manuale di Procedure e Criteri per la Determinazione della Condizione dei Rifugiati è una raccolta di linee guida che interpreta la convenzione del 1951.

• Il rimpatrio volontario è la soluzione a lungo termine preferita per la maggioranza dei rifugiati ma, se la minaccia di persecuzione continua l’insediamento in una terza nazione potrebbe essere l’unica soluzione possibile.

• Nel caso di un esodo di massa la condizione di rifugiati viene applicata all’intero gruppo ed è determinata prima facie

• I rifugiati sono civili, militari e criminali di guerra sono esclusi dal mandato.

(Allegato I; M05-09, Allegato III; F02)

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Rwanda 1998Assistenza a 30.000 rifugiati tutsi prima del loro ritorno in Congo

Amboko, Chad 2005Il campo ospita 24.000 rifugiati della Repubblica Centro Africana, è usato anche come centro di transito per ex rifugiati del Chad in fase di ritorno

Betel, Chad 2005Circa 3.000 rifugiati centro africani in un campo improvvisato attendono di essere trasferiti in uno esistente

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2.4. Obiettivi del Millennio per lo Sviluppo MDGs

La Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, firmata nel settembre del 2000, impegna gli stati a:

1. Sradicare la povertà estrema e la fame

• Ridurre della metà la percentuale di popolazione che vive con meno di un dollaro al giorno • Ridurre della metà la percentuale di popolazione che soffre la fame

2. Ottenere l'educazione primaria universale

• Assicurare che tutti i ragazzi, sia maschi che femmine, possano terminare un ciclo completo di scuola primaria

3. Promuovere la parità dei sessi e l'autonomia delle donne

• Eliminare la disparità dei sessi nell'insegnamento primario e secondario preferibilmente per il 2005, e per tutti i livelli di insegnamento entro il 2015

4. Ridurre la mortalità infantile

• Ridurre di due terzi la mortalità dei bambini al di sotto dei cinque anni

5. Migliorare la salute materna

• Ridurre di tre quarti il tasso di mortalità materna

6. Combattere l'HIV/AIDS, la malaria ed altre malattie

• Bloccare la propagazione dell' HIV/AIDS e cominciare a invertirne la tendenza attuale • Bloccare l'incidenza della malaria e di altre malattie importanti e cominciare a invertirne la

tendenza attuale

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Gli Obiettivi del Millennio per lo Sviluppo (Millennium Development Goals o MDG) delle Nazioni Unite sono otto obiettivi che tutti i 191 stati membri dell'ONU si sono impegnati a raggiungere per l'anno 2015. (Allegato I; M02, M012)

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7. Garantire la sostenibilità ambientale

• Integrare i principi di sviluppo sostenibile nelle politiche e nei programmi dei paesi; invertire la tendenza attuale nella perdita di risorse ambientali

• Ridurre della metà la percentuale di popolazione senza un accesso sostenibile all'acqua potabile.

• Ottenere un miglioramento significativo della vita di almeno 100 milioni di abitanti degli slum, entro l'anno

8. Sviluppare una partecipazione mondiale per lo sviluppo

• Sviluppare al massimo un sistema commerciale e finanziario che sia fondato su regole, prevedibile e non discriminatorio. Esso deve includere l'impegno in favore di una buona gestione, dello sviluppo e della riduzione della povertà nazionale e internazionale

• Rivolgersi ai bisogni speciali dei paesi meno sviluppati. Questo include l'ammissione senza tasse e vincoli di quantità per le esportazioni di questi paesi, potenziamento dei programmi di alleggerimento dei debiti per i paesi poveri fortemente indebitati, cancellazione del debito bilaterale ufficiale, e una più generosa assistenza ufficiale allo sviluppo per quei paesi impegnati nella riduzione della povertà

• Rivolgersi ai bisogni speciali degli Stati senza accesso al mare e dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo

• Occuparsi in maniera globale del problema del debito dei paesi in via di sviluppo attraverso misure nazionali ed internazionali per rendere tale debito sostenibile nel lungo termine

• In cooperazione con i paesi in via di sviluppo, creare degli impieghi rispettabili e produttivi per i giovani

• In cooperazione con le aziende farmaceutiche, rendere le medicine essenziali disponibili ed economicamente accessibili nei paesi in via di sviluppo

• In cooperazione con il settore privato, rendere disponibili i benefici delle nuove tecnologie, specialmente quelle dell'informazione e della comunicazione

Rapporti 2005

Millenium Project Report, gennaio 2005

• L’Africa sub-sahariana continua a retrocedere• L’Asia orientale cresce ma il miglioramento è solo finanziario• Medio Oriente: nessun progresso nella riduzione della povertà• Africa del Nord: alta disoccupazione giovanile• America Latina: deterioramento ambientale

Raccomandazioni:• Strategie di riduzione della povertà• Nazioni “fast track”• Azioni di rapido successo• I donatori dovrebbero raggiungere lo 0.7 % ODA (Official Development Assistance) per il

2015 (infrastrutture)• Le nazioni ricche dovrebbero aprire il mercato• Alleviare il debito• Il mercato da solo non basta

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Rapporto ONU sull’ambiente, marzo 2005

• Il deteriorarsi degli ecosistemi potrebbe aumentare considerevolmente durante la prima metà del secolo e impedire il raggiungimento dei MDG

• Ogni anno 15 milioni di ettari di foreste sono distrutti, principalmente nei paesi in via di sviluppo

Commissione Africa, marzo 2005

• Il rapporto raccomanda di raddoppiare gli aiuti all’Africa, cancellare i debiti invalidanti, riformare le regole di commercio ingiuste e limitando il commercio di armi

• La commissione ha richiesto 25.000.000.000 $ annui extra per l’Africa entro il 2010 prevedendo di aver bisogno dello stesso incremento per il 2015

Rapporto della Banca Mondiale, Aprile 2005

• Il progresso è stato più lento e iniquo del previsto e molto al di sotto delle richieste. A solo un decennio di distanza dal 2015 gli obiettivi dei MDG risultano improbabili

Summit G8 Gleneagles, luglio 2005

• Le nazioni del G8 aumenteranno insieme gli aiuti ai paesi in via di sviluppo di circa 50 miliardi di dollari all’anno per il 2010 di cui la metà saranno destinati all’Africa

• 1.5 miliardi di dollari annui aggiuntivi verranno investiti nella lotta alla malaria• Debito alleviato per HICP

World Summit, settembre 2005

• MDG: Il documento non riesce a fare una reale revisione del progresso. Non c’è senso di urgenza, nessuna ricognizione dell’obiettivo che è già stato mancato, nessun avvertimento che, se l’attuale tendenza continua gli obiettivi verranno raggiunti in tempi 10 volte maggiori

• Aiuti: Il testo è un passo indietro rispetto al Consenso di Monterrey del 2002. I governi non hanno fatto sforzi congiunti per destinare lo 0.7 % del prodotto interno lordo ad aiuti per l’estero

• Commercio: Il testo è più debole dell’accordo di Doha del 2001. Sostiene la liberalizzazione del commercio e non fa menzione dell’eliminazione dei sussidi o del potere delle nazioni povere di decidere il ritmo e la scala dell’apertura dei loro mercati

• Armi piccole: Il testo non include nuovi controlli su armi leggere ma ripete gli accordi del 2001

Critiche agli Obiettivi del Millennio per lo Sviluppo

• Semplicistici e troppo quantitativi• Obiettivi modesti• Niente riguardante gli stati crollati• Nessun vero cambiamento strutturale• Niente su diritti civili e politici

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2.5. Agenda 21

Insediamenti umani (Allegato III; F01-03)

Capitolo 7; Promuovere lo sviluppo sostenibile per gli insediamenti umani

7.1 […] Le condizioni degli insediamenti umani in molte parti del mondo, specialmente nei paesi in via di sviluppo, si stanno deteriorando, principalmente come risultato dei bassi livelli d’investimento nel settore dovuti alla globale mancanza di risorse. […]

7.2 […] le attività di cooperazione tecnica nel settore degli insediamenti umani genera considerevoli fonti d’investimento per il settore pubblico e privato. […]

7.3 […] L’assistenza esterna aiuterà a generare le risorse interne necessarie a migliorare gli ambienti lavorativi e di vita per tutte le persone […]. Allo stesso tempo le implicazioni ambientali dello sviluppo urbano dovrebbero essere riconosciute e indirizzate in modo integrato da tutte le nazioni, dando un’alta priorità ai bisogni dei poveri urbani e rurali, i disoccupati e il numero crescente di persone senza nessun tipo d’introito.

Oggetto: insediamenti umani

7.4 Migliorare la qualità sociale, economica ed ambientale degli insediamenti umani e gli ambienti abitativi e lavorativi di tutte le persone […]. Tale miglioramento dovrebbe essere basato su attività di cooperazione tecnica, partnership di settori pubblico, privato e comunitario e partecipazione dei gruppi della comunità nel processo decisionale. […]

7.5 Le aree del programma incluse in questo capitolo sono:

• Fornire un adeguato rifugio a tutti• Migliorare la gestione degli insediamenti umani• Promuovere un sostenibile utilizzo, pianificazione e gestione del territorio• Promuovere il rifornimento integrato di infrastrutture ambientali (acqua, drenaggio,

rifiuti…)• Promuovere sistemi di trasporto ed energie sostenibili negli insediamenti umani• Promuovere la pianificazione e la gestione di insediamenti umani nelle aree propense al

disastro• Promuovere la costruzione sostenibile di attività industriali• Promuovere lo sviluppo di risorse umane e costruzione della capacità per lo sviluppo

degli insediamenti umani.[…]

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Agenda 21 è un ampio piano d’azione che deve essere applicato globalmente, a livello nazionale e locale da organizzazioni ONU, governi e gruppi maggiori ovunque ci sia un impatto umano sull’ambiente. La piena implementazione di Agenda 21, il Programma per l’Ulteriore Implementazione di Agenda 21 e i Commitments ai principi di Rio sono stati fortemente riaffermati nella Conferenza Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile (WSSD) tenuta a Johannesburg nel 2002.

Agenda 21 logo

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3. L’Azione Umanitaria nelle Emergenze Complesse

3.1. Organizzazione Nazioni Unite

Organi, fondi, programmi, agenzie

Obiettivi dell’ONU:

• Mantenere la pace e la sicurezza internazionali• Sviluppare relazioni amichevoli tra le nazioni• Cooperare alla soluzione di problemi economici, sociali, culturali ed umanitari

internazionali, ed alla promozione del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali• Armonizzare le azioni delle nazioni nell’ottenere i suddetti risultati.

.I sei organi principali dell’ONU:

1. Assemblea Generale (GA, General Assembly)• Organo deliberativo principale• Comprende tutti gli stati membri

2. Consiglio di Sicurezza (SC, Security Council)• 15 stati membri: 5 permanenti, 10 eletti dalla GA con mandati biennali• 1 membro\1 voto: per le questioni procedurali servono minimo 9 voti, per quelle

considerevoli 9 voti inclusi tutti i 5 membri permanenti, per il veto serve l’unanimità3. Consiglio Economico e Sociale

• Coordina il lavoro economico e sociale dell’ONU• 54 membri eletti per 3 anni• Semplice voto di maggioranza in sessioni di 5 settimane

4. Consiglio dei Fiduciari• I 5 membri permanenti• Per evitare l’autogoverno i territori sono sottoposti all’intera organizzazione

5. Corte di Giustizia Internazionale (ICJ, International Court of Justice)• Si occupa delle dispute legali tra gli stati e dà consigli ad ONU e agenzie• 15 giudici• Incarichi di 9 anni

6. Segretariato• Lavoro quotidiano dell’Organizzazione• Capitanato dal Segretario Generale, incaricato dall’Assemblea• Mandato rinnovabile quinquennale• 8600 impiegati• Sedi a New York, Vienna, Ginevra e Nairobi.

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La carta dell’ONU:

• La UN Charter è lo strumento costitutivo delle Nazioni Unite, che stabilisce i diritti e gli obblighi degli stati membri, definendo organi e procedure dell’Organizzazione

• “Noi […] Nazioni Unite abbiamo stabilito di salvare le generazioni a venire dal flagello della guerra”.

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Famiglia di organizzazioni ONU:

• Segretariato ONU• Programmi, fondi e agenzie ONU, con i loro organismi di governo, piani finanziari,

standards e linee guida.

Programmi e fondi ONU:

• UNHCR• WFP• UNRWA• UN HABITAT• UNDP• UNIFEM• UNICEF• UNEP• UNV

Dipartimenti e uffici:

• OSG, ufficio del segretario generale• DPKO, dipartimento del peacekeeping• OCHA, ufficio per la coordinazione degli affari umanitari• UNDSS, dipartimento di sicurezza e protezione

Agenzie specializzate:

• FAO• UNESCO• WHO• ILO• WBG• IMF

Altri enti:

• OHCHR• UNOPS• UNAIDS

Corpi sussidiari:

• ICTFY 1993• ICTRW 1994• UNVIC• PKO

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Monickers dei principali programmi, dipartimenti e agenzie ONU.

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ECOSOC, commissioni su:

• Diritti umani• Sviluppo sostenibile• Condizione delle donne

ICC, Corte Criminale Internazionale:

• Statuto di Roma della ICC, adottato nel luglio 1998• 120 voti a favore, 7 contrari, 21 astenuti.

ERC e OCHA: UNGA Res 46/182 (1991)

• Nasce il coordinamento per l’assistenza di emergenza (ERC, Emergency Relief Coordinator), fonde l’attenzione a disastri naturali ed emergenze complesse

• Viene fondato il comitato inter-agenzia (IASC, Inter Agency Standing Committee)• CAP e CERF fondati come strumenti• Viene fondata subito dopo la DHA, dal 1998 OCHA, con un mandato espanso per includere

la coordinazione della risposta umanitaria, sviluppo delle politiche e pressione umanitaria.

Ruolo del ERC:

• Sviluppo delle politiche e coordinazione a supporto del Segretariato Generale• Assicura che tutte le faccende umanitarie siano adeguatamente indirizzate, incluse quelle

non comprese nei mandati delle agenzie, come la protezione e l’assistenza degli IDPs• Pressione sugli organi politici, di solito il Consiglio di Sicurezza• Coordinazione della risposta umanitaria di emergenza, assicurando che si disponga un

adeguato meccanismo di risposta attraverso consultazioni IASC sul campo.

ERC\OCHA, strumenti e servizi d’emergenza:

• UNDAC, United Nations Disaster Assessment and Coordination team - Squadra ONU di Coordinazione e Valutazione di Disastri

- Team di scorta di professionisti della gestione di disastri- Supporto a UNCT/RC/HC, governo ospite, SAR > coordinazione, valutazione- 142 missioni dal 1993

• INSARAG- Network inter-governativo sotto l’ONU- Si occupa di ricerca urbana e soccorso (USAR) ed altri problemi legati alla risposta

ai disastri- Standards e metodologie

• MCDU, Unità di Difesa Civile e Militare- Controllo sugli assetti di difesa civili e militari se e quando richiesto da determinate

agenzie umanitarie- Addestramento, dispiegamento- Mantenere il registro centrale ONU, un archivio di risorse governative non-

commerciali ed altre risorse che potrebbe essere disponibile per utilizzi umanitari• Unità Logistica di Supporto, collegata a Brindisi.

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Strumenti di informazione ERC/OCHA:

• Reliefweb• IRIN• HIC• GIST• Early Warning

CAP/CHAP, Consolidated Appeals Process

Per il 2006 sono stati ritenuti necessari 4.700.000.000 $ per 18 programmi di assistenza a 31 milioni di persone in 26 nazioni. 5 appelli improvvisi nel 2005, estesi al 2006 hanno reso necessari altri 766.000.000 $.

3.2. Rapporti con i Militari

Azione umanitaria e Forze Armate

• L’azione umanitaria è un’attività civile indipendente che, in caso di necessità può lavorare a fianco di forze armate ma non sotto la loro autorità né sotto la stessa autorità

• Bisogna evitare le ambiguità come i tentativi di legittimare interventi militari con intenti umanitari

• Il tipo di conflitti esplosi dopo la fine della Guerra Fredda ha aumentato il bisogno di sicurezza dell’azione umanitaria

• La coordinazione tra azione umanitaria e forze armate va usata come ultima risorsa• E’ pericoloso per gli umanitari essere confusi con i militari: le popolazioni potrebbero

averne una percezione negativa• Militarizzare le attività umanitarie significa avvicinarle alla politica limitandone libertà,

imparzialità, indipendenza e neutralità• Una coordinazione è spesso necessaria per motivi di sicurezza, per la condivisione di

informazioni riguardo campi minati, zone a rischio etc. Per il mantenimento del cessate-il-fuoco, forze di interposizione, scorta di convogli etc.

• Nel caso in cui le ONG non siano in grado di intervenire tempestivamente i militari possono assumere responsabilità umanitarie, ma solo occasionalmente, per interventi specifici, a certe condizioni e per un periodo di tempo ben definito.

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Nelle emergenze complesse la presenza di conflitti interni o esterni richiede dialogo e interazione tra attori civili e militari, per promuovere e proteggere principi umanitari, evitare la competizione e minimizzare l’inconsistenza. La confusione di ruoli sul campo, l’abuso di linguaggio e strategie umanitarie per scopi militari rende necessaria una definizione del rapporto tra militari e umanitari.

Iraq 2006 Operazione di sminamento,

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Politica e azione umanitaria

• Intervenire per alleviare le sofferenze causate da un fallimento politico è possibile solo se le attività umanitarie rimangono libere da influenze politiche, in un raggio d’azione assicurato dalla politica stessa

• A tale proposito è stata creata la Legge Umanitaria Internazionale, ma la sua efficacia è spesso minata dalla militarizzazione delle attività umanitarie

• L’azione Umanitaria non è la soluzione finale ai conflitti: può solo assumersi le proprie responsabilità ed indurre gli altri attori ad assumersi le proprie

• Gli interessi di politica e azione umanitaria possono in certi casi convergere, ma con una differente concezione di spazio e tempo: la politica è concepita a lungo termine, mentre l’azione umanitaria agisce a breve termine, per gruppi e obiettivi limitati, assumendosi una responsabilità universale

• L’azione umanitaria non ha responsabilità politiche, ha solo le proprie, che non sono solo tecniche o teoriche: l’intenzione morale va confrontata con i risultati effettivi

• L’azione umanitaria non può sostituire quella politica.

Militari e politica

I militari sul campo eseguono ordini di origine politica:• I soldati sono lo strato più basso del Livello Tattico, quello in cui l’azione ha luogo• Prima c’è il Livello Operazionale. A tale livello vengono pianificate, condotte e sostenute le

operazioni per il raggiungimento di obiettivi strategici• Oltre, al Livello Strategico si pianifica l’utilizzo di forze armate per il raggiungimento di

obiettivi politici. Il livello strategico è controllato dal Primo Ministro e dal Gabinetto.

I militari portano quindi la politica di un governo sul campo.

In sintesi

La discontinuità tra azione umanitaria e forze armate sta nella diversa relazione con la politica: ai vertici di ogni azione militare c’è il Primo Ministro di un Paese, mentre la risposta umanitaria è mossa da una richiesta di assistenza proveniente dal basso, dalle vittime di un fallimento politico.I militari possono avere responsabilità umanitarie e può essere necessario il loro coinvolgimento - occasionale, eccezionale, dai limiti ben definiti - in interventi umanitari, ma restano uno strumento politico e l’azione umanitaria è, per definizione indipendente dalla politica.

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Srebrenica, Bosnia-Erzegovina 1995La città costituiva un'area di sicurezza controllata dalla Forza di Protezione ONU, venne occupata e le truppe serbo-bosniache deportarono la popolazione, uccidendo circa 7.800 uomini e ragazzi. I caschi blu olandesi non intervennero in quanto le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza fino a quel momento votate, non li autorizzavano ad agire. Il tipo di conflitti esplosi dopo la Guerra Fredda mette maggiormente a rischio civili e umanitari.

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3.3. Attori e Ambizioni nelle Crisi Umanitarie e nei Conflitti Armati

Ruolo, funzione, obiettivi

Strategie Evoluzione dal 1992

Governo della nazione in conflitto, se presente

Consolidare l’autorità post-coloniale, fondare i regimi successivi che detengono il potere

Fondare uno stato con un unico partito; favoritismi etnici o religiosi; costruire una forza militare per il controllo interno; monopolizzare le risorse naturali; manipolare le elezioni

Crescente domanda di democratizzazione e responsabilità; crescenti investimenti esteri; crescenti entrate per beni come petrolio, legname etc. ; coinvolgimento nella politica economica internazionale

Forze ribelli o fazioni combattenti

Difendere interessi etnici o tribali, spesso a ridosso di confini nazionali arbitrari; rappresentano le convinzioni religiose

Scommessa sulle elezioni, agitazione politica; sfruttamento di risorse per acquisto armi; destabilizzazione armata; economia di guerra

I fondi provenienti dai poteri maggiori nelle guerre di procura sono stati sostituiti da quelli degli stati confinanti e da commerci lucrosi incluso il traffico di droga

Popolazione locale, spesso divisa in diversi gruppi etnici o religiosi

Sopravvivenza, identità, dignità

Tentare di tenersi fuori dai conflitti; migrazione; supporto ad una delle fazioni

Passaggio da vittime accidentali a bersagli scelti; crescente esposizione a violenza etnica

Stati confinanti

Perseguono obiettivi politici, economici, territoriali, di sicurezza e possono avere inclinazioni umanitarie

Armare e finanziare una delle parti in lotta; intervento militare; ricevere o respingere i flussi di rifugiati; fornire o rifiutare aiuti umanitari

La potenza e il controllo dei poteri maggiori diminuisce; i rimasugli di diritti umani e legge umanitaria si sono persi col tempo; politica estera locale e indipendente

ONG per la soluzione di conflitti

Ricerca del dialogo e di interessi comuni alle parti in conflitto

Mediazione; rinforzo delle “voci di mezzo”; ricerca di partners civili che possano fornire un’alternativa agli estremisti violenti; testimoniare violazioni ai diritti umani

Passaggio dalla compassione ad un approccio basato sui diritti, inclusi i concetti di sicurezza umana

ONG di assistenza umanitaria

Forniscono assistenza imparziale e indipendente per alleviare le sofferenze

Cercare di mantenersi lontani da interventi politici; rifiutare la convergenza come modello di interventi umanitari integrati

L’indipendenza non è più data per scontata; crescenti problemi di sicurezza; la mobilitazione delle risorse diventa più sensibile politicamente

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Ruolo, funzione, obiettivi

Strategie Evoluzione dal 1992

ONG per lo sviluppo

Creare le condizioni per uno sviluppo sostenibile

Identificare e costruire capacità locale; rafforzare la società civile dove non esistano strutture governative credibili

Dilemma: accettare denaro governativo? Crescenti problemi di sicurezza; crescente coinvolgimento con il settore privato

Governi donatori

Progettare o proteggere interessi politici, inclusi quelli sulle ex-colonie e sulle aree ricche di risorse; inseguire il potenziale economico dei futuri mercati e manodopera a basso costo; rispondere alla pubblica opinione nell’affrontare sofferenze su larga scala; implementare politiche inclusive, basate sui diritti, che riflettano i valori nazionali

Mantenere una presenza bilaterale ad alta visibilità; fornire aiuto e assistenza attraverso canali multilaterali mantenendone il controllo; evitare un intervento militare diretto nei processi di pace finanziando truppe provenienti da nazioni povere; attrarre i media per un “responso domestico”; supportare le ONG per scavalcare i governi locali e ridurre i costi

Crescente attenzione pubblica alle crisi per via della più veloce ed ampia copertura mediatica; maggiore pressione all’azione dalle emergenze complesse; passaggio da assistenza a soccorso; crescente pressione ad allocare assistenza per ragioni politiche più che per i bisogni; esecuzione meno diretta

Governi che intervengono

Condurre interventi militari fuori dagli accordi internazionali per ragioni umanitarie o di sicurezza nazionale

Cercare di ottenere l’approvazione internazionale in modo retroattivo; insistere sulla natura temporanea dell’intervento

Crescenti sforzi tra gli specialisti in diritto internazionale per sviluppare proposte per una definizione accettabile di “interventi umanitari” ed adeguati criteri esecutivi

Media Informare il pubblico; influenzare l’opinione pubblica e, di conseguenza il processo politico; competere per visibilità, pubblicità etc.

Sviluppare un’ampia presenza in zone di crisi utilizzando la capacità locale; utilizzare tecnologie avanzate per ridurre i costi e aumentare la copertura; connettere il pubblico alle zone in conflitto “sentimentalizzando” le storie e mettendo così in secondo piano il contesto politico ed economico

L’evoluzione tecnologica permette un rapido resoconto mediatico; l’utilizzo di “ganci” locali assicura una presenza permanente e un maggior accesso alle fonti; la minore sicurezza nelle zone di conflitto rende difficile la scelta dei giornalisti e l’organizzazione delle notizie

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Ruolo, funzione, obiettivi

Strategie Evoluzione dal 1992

Consiglio di Sicurezza ONU

Mantenere pace e sicurezza internazionali

Attendere finché il conflitto è diventato ingestibile, o investire un minimo nella prevenzione; ritrosia nel rafforzamento della pace e utilizzo di delegati (ad esempio truppe ECOMOG o UK) quando inevitabile; allocare risorse sulla base di pressioni politiche piuttosto che sui bisogni; attesa dei donatori tradizionali per supportare gli aspetti socio-economici del costruire la pace, evitando che gli oneri ricadano su tutti gli stati membri; affidarsi sulle nazioni povere per fornire truppe per le missioni di pace

L’incapacità degli stati membri dell’ONU ad accordarsi sulla riforma del Consiglio di Sicurezza gli ha fatto perdere di credibilità ed efficacia; la crescente affermazione di organizzazioni regionali come Unione Europea e Unione Africana tende a decentralizzare il mantenimento della sicurezza

Dipartimento ONU per le Operazioni di Pace (DPKO)

Pianificare ed implementare tutte le operazioni di pace con una componente militare approvata dal Consiglio di Sicurezza

Costruire capacità mobilitando contributi volontari per supportare il bilancio di base; utilizzare il più possibile il personale ONU esistente preso dal Segretariato insieme a fondi, programmi e agenzie per la mancanza di una struttura continua di carriera; affidarsi al comune sistema ONU di struttura a coordinatore residente per supportare le componenti economiche, politiche e umanitarie nelle operazioni di pace; affidarsi a fondi volontari fuori bilancio per finanziare tutte le componenti del piano di pace che non sono finanziate dal Consiglio di Sicurezza

La dimensione e l’ambito delle operazioni di pace ONU è prima aumentata, poi drammaticamente contratta; rapporto Brahimi (2000); confrontarsi con progetti multi-dimensionali crea nuovi obiettivi; il reclutamento di truppe ben organizzate da nazioni militarmente forti crea grandi problemi logistici e influisce negativamente sulla credibilità sul campo

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Ruolo, funzione, obiettivi

Strategie Evoluzione dal 1992

Ufficio ONU per la Coordinazione degli Affari Umanitari (OCHA)

Assicurare la coordinazione tra gli attori ONU e le ONG chiave a livello nazionale; sostenere le vittime delle crisi umanitarie; mobilitare le risorse per conto dell’intero sistema ONU tramite appelli consolidati e conferenze di donatori

Utilizzare la persuasione per ottenere collaborazione dalle agenzie ONU che non fanno riferimento al Consiglio di Sicurezza; utilizzare i media per fare pressione sui governi affinché contribuiscano generosamente agli appelli; affidarsi ad una potenziata coordinazione inter-agenzia sul campo per assicurare che i programmi umanitari siano attuati correttamente

OCHA è stato creato nel 1997 dal precedente Dipartimento per gli Affari Umanitari, che era stato spogliato di tutte le responsabilità operative per evitare la competizione con le agenzie ONU sul campo; l’OCHA non ha un mandato di assistenza post-bellica, tende ad intervenire quando si prospetta un passaggio da assistenza a sviluppo

Programmi e agenzie ONU di assistenza e sviluppo (UNDP, UNICEF, UNHCR, WFP, UNFPA, FAO, ILO etc.)

Mandati per ruoli specifici durante o dopo i conflitti, con il UNHCR come la presenza prominente prima della pace

Tentare di mantenere una presenza finché possibile per supportare gli sforzi umanitari; mentre il UNHCR si occupa di rifugiati, il resto delle agenzie fornisce assistenza ai profughi e ad altri gruppi vulnerabili, facendo affidamento sul coordinatore residente per stabilire le priorità e distribuire i compiti

Allontanamento dalla tradizionale cooperazione allo sviluppo, verso l’assistenza da una parte, e, dall’altra la costruzione di capacità multi-settoriale insieme al rafforzamento delle strutture governative; il ruolo del UNHCR è stato ridotto nel tempo per ragioni di fondi e sicurezza.

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Sarajevo, Bosnia Erzegovina 1991-'95I conflitti che hanno portato alla disgregazione della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia sono stati causati da nazionalismi, ambizioni personali dei leader politici, motivazioni economiche e dai frequenti attriti tra le fasce urbane e rurali. I crimini perpetrati durante tali conflitti hanno reso necessario un nuovo approccio alla protezione dei civili in zone di guerra

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3.4. Rapporti con i donatori

Responsabilità e problemi

Interazione con i donatori

• Crescente diversità tra i donatorio Governi bilaterali (USAID, DFID, Australia…)o Organizzazioni multilaterali (UN, EU, WB, RB…)o Supporto pubblico diretto (ONG, chiese…)o Settore privato\corporazioni

• Realtào Tutti vogliono visibilitào Crescente numero di ONG: competizione per spazio, visibilità, coordinazioneo L’assistenza umanitaria è sempre più legata alla Politica Esterao Legami con l’economia

• Perché servono i donatorio Finanziamenti e supporto: denaro e logisticao Riferimento progressio Assistenza nella richiesta di cambiamentoo Visibilità

• Componentio Costi-benefici, efficacia dei costio Impatto misurabile anche empiricamenteo Sostenibilità, formazione, strategie di uscitao Trasparenzao Informazioni, report, documentazione

• Problemi tra donatori ed ONGo Assistenza pilotatao Scarsa attenzione alla prevenzione: è difficile da rendere visibileo Le mega-emergenze assorbono molti fondio Le realtà politiche spesso impediscono di arrivare dove c’è maggior bisogno

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Il settore no-profit, con i suoi 1.000 miliardi di dollari di fatturato globale potrebbe essere riconosciuto come l’ottava potenza economica mondiale.

Nel grafico: contributo dei donatori DAC (Development Assistance Committee) 1970-2003

(Allegato VI; T07)

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Monitoraggio e valutazione: strumenti

• ANALP: Active Learning Network for Accountability and Performance in Humanitarian Action

• DAC: Development Assistance Committee, guida OECD per la valutazione dell’assistenza umanitaria nelle emergenze complesse

• Norme e standards dei Gruppi di Valutazione ONU

3.5 Scrivere una proposta di progetto

Ciclo del progetto

Valutazione Sviluppo del progetto Implementazione Monitoraggio

Fase di valutazione

Raccolta di datiContatti con i beneficiariContatti con le autorità

FattibilitàMappa delle necessitàAnalisi della formazione e delle discontinuitàSostenibilitàStrategie di uscita

PRIORITA’Nota concettuale/Sviluppo della proposta di progetto

Nota concettuale

• Deve essere basata sull’idea di fondo del progetto• Non è un sommario o un progetto sviluppato• Deve dare le informazioni necessarie alla valutazione dell’idea• Fa riferimento ai criteri generali stabiliti con il donatore

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I donatori da una proposta vogliono:

• Chiarezza• Responsabilità• Concretezza• Impatto chiaro e misurabile

Sri Lanka 2005Global Crossroad, intervento di sheltering

Page 36: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

Proposta di progetto

E’ costituita da:• Sezione narrativa – concisa, chiara e consistente• Sezione finanziaria• Cornice Logica

Approccio della cornice logica

• Fase analiticao Analisi degli azionistio Analisi del problemao Analisi oggettivao Analisi strategica

Descrizione Indicatori misurabili

Mezzi di verifica

Rischi e premesse

Obiettivo generale

Il problema che il progetto contribuisce a risolvere

Metodi di misurazione quantitativi o metodi di giudizio qualitativi per il raggiungimento degli obiettivi nei tempi stabiliti

Metodi costi-benefici e fonti per quantificare o valutare gli indicatori

Fattori esterni necessari per il sostegno a lungo termine

Obiettivo specifico

Impatto immediato sull’area di progetto

Idem Idem Condizioni interne necessarie se l’obiettivo specifico del progetto è quello di contribuire al raggiungimento dell’obiettivo generale

Risultati traguardati (Outputs)

Risultati necessari al raggiungimento dell’obiettivo specifico

Idem Idem Fattori fuori il controllo del progetto che, se presenti potrebbero ostacolare il progresso del progetto

Attività Attività necessarie al raggiungimento dei risultati traguardati

Inputs: sommario budget del progetto

Rapporti finanziari come stabilito negli accordi

Fattori fuori il controllo del progetto che, se presenti potrebbero ostacolare il progresso delle attività

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• Fase di pianificazioneo Sviluppo della matrice della Cornice Logicao Programmazione delle attivitào Programmazione delle risorse

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Obiettivi e outputs

Gli obiettivi generali e specifici, le attività, gli outputs etc. per essere d’impatto devono essere:

• Specifici• Misurabili• Raggiungibili• Rilevanti• Definiti nei tempi

Contenuti di una proposta di progetto

• Database• Una cornice logica• Il project rationale• Accordi per la gestione del progetto• Analisi di rischi e compiti• Budget• Annessi (piani di lavoro, Gantt, visibilità, richieste dei donatori…)

Basic data sheet

• Nome dell’agenzia e contatti• Nome e localizzazione del progetto• Costo del progetto• Dettagli di pagamento• Problema che si sta affrontando• Sommario del progetto

Project rationale

• Il background del progetto e l’approccio adottato• Il background dell’agenzia• Come l’agenzia è arrivata ad essere coinvolta nella situazione• Esperienze dell’organizzazione nei settori o nelle regioni coinvolte• Coinvolgimento dell’agenzia in iniziative per qualità e standard

Budget

• Costi generali• Costi di gestione – di solito entro il 7-8 % del costo totale, l’ONU ha tetti più alti• Costi di sicurezza

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Page 38: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

Inserimento dell’Architettura nella pianificazione globale

Competenze specifiche dell’Architettura

• Edilizia, sheltering e insediamenti• Antropologia dello sheltering• Pianificazione per rifugiati/migranti involontari• Progettazione di insediamenti sostenibili• Pianificazione urbana e sviluppo• Politica del territorio• Infrastrutture e impianti• Tecnologie costruttive appropriate• Job creation

Caratteristiche e competenze comuni

• Rispetto per la diversità socioculturale• Comprensione interdisciplinare• Organizzazione del lavoro di gruppo• Leadership, flessibilità, autotutela• Valutaz. etica, responsabilità personale• Trattativa e partecipazione• Coordinazione e responsabilità• Presentazione e comunicazione• Stesura di rapporti e proposte

Dopo aver localizzato e analizzato gli ambiti attinenti all'architettura, vi si pianificano strategie d'intervento, attraverso l'applicazione di metodi e tecniche architettoniche alla pratica umanitaria, nelle emergenze complesse.

Page 39: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

4. Pre-Disastro: Prevenzione, Allerta e Allarme

4.1. Principi e applicazioni dei Programmi di riduzione dei rischi (Disaster Risk Reduction)

Perché c’è bisogno di un nuovo approccio

• Aumento della frequenza e della severità dei disastri• Aumento delle perdite economiche annuali

‘60s: 76.000.000.000 U.S. $ > ‘90s: 660.000.000.000 U.S. $• Tra il 1990 e il 1998 il 97% delle morti per disastri ha avuto luogo nei PVS• I disastri hanno un impatto diretto sulla povertà• Alti costi di risposta al disastro, fondi sottratti allo sviluppo

Disastri e sviluppo

I PVS e i paesi ad alto sviluppo hanno un’esposizione simile al rischio di disastri ma un differente impatto umano: tra le fasce a rischio si ha mediamente il 53% di morti all’anno nei PVS contro l’1,8% dei paesi ad alto sviluppo. (Allegato I; M01-03, M10-13)

Impatto dei disastri sugli MDGs (Millenium Development Goals)

MDG Impatto diretto Impatto indiretto# 1 Estirpare l’estrema fame e povertà

Danni ad abitazioni, infrastrutture di servizio, riserve, risorse produttive e perdite umane = riduzione del sostentamento

- Impatti macroeconomici negativi

- Vendita forzata delle risorse produttive

# 2 Raggiungere l’Educazione Primaria universale

- Danni alle infrastrutture dell’educazione

- Lo spostamento della popolazione colpisce l’istruzione

- Aumento della richiesta di lavoro minorile

- I ridotti sforzi familiari rendono l’istruzione meno accessibile

# 3 Promuovere l’uguaglianza tra i sessi e potenziare le donne

Le donne spesso sostengono il peso maggiore nelle strategie di gestione dello sconvolgimento

Aumento di stupri e violenza domestica

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Meulaboh, Indonesia 2004 New Orleans, Louisiana 2005 I disastri naturali crescono in frequenza, numero e violenza, minacciando ogni area geografica

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Riduzione dei rischi (Allegato VI; T01)

• Il rischio è una minaccia per vite umane, proprietà ed eredità culturali, in un’area esposta a determinati pericoli

• Approccio proattivo - Rischio = (Pericolo * Vulnerabilità)/Capacità• Indirizzare i fattori impliciti di rischio per tutto il ciclo del disastro, in tempi “normali” e di

emergenza• Una riuscita riduzione del rischio di disastro è solidamente radicata nel corretto governo che

supporta sistemi nazionali focalizzati sulla riduzione di rischi in tutti i settori e a tutti i livelli• Considerare come lo sviluppo e l’azione umanitaria possano influenzare in modo positivo o

negativo i livelli di rischio• Fattori determinanti nella percezione del rischio: spazio, tempo, tipo di rischio, osservatore

Vulnerabilità e capacità – matrice

Vulnerabilità CapacitàFisico\materiale Quali risorse produttive, competenze e pericoli esistono?Sociale\organizzativoCome sono relazionate ed organizzate le persone?Motivazione\attitudineCome la comunità considera la sua abilità nel creare un cambiamento?

Punti d’ingresso del programma di riduzione dei rischi

PRIMASostenibilità prevenzione, mitigazione, allerta

DURANTEEfficacia, proprietà, lezioni imparate risposta, soccorso

DOPORischio di disastro ridotto ripresa, riabilitazione, ricostruzione

- Valutazione dei rischi- Sistema di allarme- Approcci multisettoriali- Costruzione della capacità- Rafforzamento istituzionale- Pressione- Sviluppo della conoscenza- Coinvolgimento della comunità- Comunicazione efficace con la base, decentramento

- Allerta ed evacuazione- Valutazione dei danni- Analisi dei bisogni- Operazioni di emergenza efficaci (appropriate e sincronizzate)- Appropriata fornitura di aiuti- Sheltering- Meccanismi di coordinazione rafforzati- Evacuazione e applicazione delle lezioni imparate- Approccio consultativoSostentamento

- Valutazione dei rischi- Sviluppo delle strategie di ripresa, progetti e politiche che riflettano le considerazioni dei programmi di riduzione dei rischi- Restaurazione dei servizi critici nel contesto dei DRR- Attività di ricostruzione- Aumento della consapevolezza- Ripristino del sostentamento- Coinvolgimento della comunità- Sviluppo in corso- Valutare e applicare lezioni imparate- Ricostruire rafforzando

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Conferenza Mondiale sulla Riduzione dei Disastri e la Cornice d’Azione di Hyogo

Riduzione dei rischi, cambio d’approccio

REATTIVO PROATTIVOPrima degli anni ‘90

Difesa di civili, organizzazioni di assistenza, preparazione per la risposta al disastro, attenzione a scienza e tecnologia

Durante gli anni ‘90

Disastro come ciclo, mitigazione delle conseguenze, riparazione di hardware e tecnologia, pratica adeguata

Anni 2000

Grandi disastri, grande enfasi sull’approccio allo sviluppo ed effetti sul rischio di disastri

Cornice d’Azione di Hyogo 2005-2015

Obiettivi strategici

• Integrazione dei programmi di riduzione di rischi nelle politiche di sviluppo sostenibile• Sviluppo e rafforzamento di istituzioni, meccanismi e capacità per la resilienza al pericolo• Incorporazione sistematica dell’approccio di riduzione dei rischi nell’implementazione di

allerta all’emergenza, risposta e ripresa

Aree di priorità

• Assicurare che la riduzione del rischio di disastri sia una priorità locale e nazionale con una solida base istituzionale per l’implementazione

• Identificare, valutare e monitorare i rischi di disastro e potenziare il sistema di allarme• Utilizzare conoscenza, innovazione ed educazione per costruire una cultura della sicurezza e

della resilienza a tutti i livelli• Ridurre i fattori di rischio impliciti• Rafforzare l’allerta al disastro per una risposta efficace a tutti i livelli.

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Melaboh – Sumatra, Indonesia 2004Esempio di calamità naturale su paese a basso sviluppo.

Page 42: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

Strumenti per la programmazione

Processo di attività per il controllo comunitario sui disastri (CBDP)#1Formare le squadre CBDP a livello PCRevisione dei dati secondariOsservazione diretta

#2Interviste semi-strutturateValutare le informazioni e definire i punti chiavePrimo incontro con i leaders delle comunità

#3Primo incarico con i leaders e piano d’azione di baseIdentificazione dei volontari CBDP tramite i leadersAddestramento dei volontari

#4 Mappa dello spazio“ pericoli\rischi“ capacità di risorse

#5Transect walkCalendario stagionaleProfilo storico e visualizzazione

#6Valutare rischi e pericoli per le famiglieRischi e pericoli per il vicinatoControllo di problemi e rischi, analisi dei principali risultati

#7Piano di disastro per la comunitàAllarme e informazione per la comunitàPiano di risposta comunitario

#8Rete istituzionale socialeValutazione della capacità di organizzazione della popolazioneAnalisi dei problemi basata sulle scoperte

#9Stabilire la priorità dei problemiCapire la realtàPotenziali soluzioni ai problemi

#10Visione futuraPiano di sviluppo comunitarioApprovazione del piano da parte di autorità locali

#11Proposte di progettoAnalisi delle informazioniValutazione e controllo

#12Collegamenti con altriSupporto paritario alla comunitàValutazione e controllo

Strumenti di livello nazionale• Integrazione dei Programmi di Riduzione dei Rischi nella cornice ONU (UNCCA, UNDAF)• Integrazione dei Programmi dcome tematica trasversale in tutte le aree degli MDG• Istruzioni per l’integrazione dei Programmi di Riduzione dei Rischi nei PRS• Standards Spere

Prossime sfide:• Corretta pratica per abbandonare i progetti pilota• Partecipazione significativa dei governi• Dimostrare l’effettività dei costi• Creare incentivi.

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Dadaab, Kenya 2006Complesso di 3 campi per 160.000 rifugiati. Le forti piogge hanno spazzato via parti della strada Garissa-Dadaab, unica connessione con Nairobi. Migliaia di rifugiati sono stati reinsediati ad Hagadera, il campo, tra i tre, situato più in alto.

Page 43: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

4.2. Emergency Preparedness e sistema di allarme

Disastri: cause ed effetti

• Cause naturali (Allegato II; A01-18)

1. Improvvise- Terremoti (Kobe, Armenia…)- Tsunami (Giappone, Indonesia…)- Tempeste, uragani, cicloni (America Centrale)- Inondazioni (Europa Occidentale)- Frane (Ecuador)- Eruzioni vulcaniche (Pinatubo, Rabaul)- Epidemie (ebola)

2. Lente- Cambiamenti climatici (aumento\diminuzione della temperatura)- Desertificazione (Sahel)- Siccità- Epidemie (AIDS)

• Cause artificiali (uomo) (Allegato II; A19-28)

1. Ambientali- Cambiamenti climatici (effetto serra)- Perdita della biodiversità- Deforestazione- Essiccazione- Crescita incontrollata delle megalopoli (Cairo, Città del Messico)

2. Tecnologiche- Chimiche (India)- Nucleari (Chernobyl)- Fuoriuscita di petrolio (Alaska, Siberia)- Crollo di dighe

3. Conflittuali- Guerre- Difese strutturali- Terrorismo

L’interazione tra i suddetti gruppi di cause è caratteristica delle emergenze complesse.

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Goma, Congo (DRC) 2002Mentre in Congo è in corso da anni una sanguinosa guerra civile, la città di Goma viene investita da un fiume di lava. Molti abitanti cercano rifugio in Rwanda, paese ancora parzialmente ostile al Congo.(Allegato III; F01)

Page 44: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

Effetti economici e sociali immediati dei disastri naturali

Tipo di disastro

Effetti

Terremoto Ciclone Inondazione Tsunami Eruzionivulcaniche

Incendi Siccità\carestia

Migrazioni temporanee e permanenti

X X X X

Difficoltà mediche e sanitarie

X X X X X X

Perdita di abitazioni e suppellettili

X X X X X X

Perdita della produzione industriale

X X X X X X

Perdita dell’attività commerciale

X X X X X X

Perdita della produzione agricola

X X X X X X

Danni alle infrastrutture X X X X X XDisordini a mercato e distribuzione

X X X X

Interruzione dei sistemi di trasporto

X X X X X

Difficoltà di accesso e movimento

X X X X X X

Interruzione delle telecomunicazioni

X X X X X X

Danni a linee di luce, acqua e gas X X X X X XDegrado ambientale X X X X XSospensione di servizi sociali X X X X X X X

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Page 45: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

Fattori umani: percezione e resilienza

Va considerata la percezione del rischio da parte di popolazione, politici, esperti etc. La resilienza è la capacità che individui e comunità hanno sviluppato nella loro cultura, di mantenere certe strutture e funzioni nonostante forti agenti di disturbo. Si include la capacità di tornare ad un equilibrio stabile dopo un disastro.

Dalla fatalità alla sicurezza

E’ necessaria una politica che mitighi (prontezza e prevenzione) il rischio di disastro naturale

Domande fondamentali:

• Qual è l’obiettivo, salvare vite, beni o entrambi?• Qual è il livello nelle priorità politiche?• Quale parte delle risorse nazionali può essere investita?• Quale prezzo la società è pronta a pagare oggi per proteggere le generazioni future?

Emergenza come ciclo

▼▼▼▼▼▼▼ Mitigazione Intervento Ripresa

Uso del territorio

Misure strutturali

Prevenzione

Prontezza

Soccorso

Assistenza

Riabilitazione

RicostruzionePrevenzione del disastro Limitazione delle conseguenze

(Soccorso ed Emergenza Protezione della popolazione)

Valutazione del disastroLezioni imparate

Prevenzione: tutte le misure prese per ridurre le dimensioni di un potenziale disastro

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BASE PER LA PREVENZIONE DEL DISASTRO

▼ PREVENZIONE ◄ RICOSTRUZIONE ◄ RIABILITAZIONE

PRONTEZZA ► DISASTRO ► ASSISTENZA ▲

Taiz, YemenProgetto di Sviluppo Municipale e prevenzione dal rischio di inondazioni.

Page 46: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

Pianificare la prevenzione

“Attività volte a minimizzare la perdita di vite e i danni, ad organizzare la temporanea rimozione di persone e beni da una località minacciata ed a facilitare soccorsi, assistenza e riabilitazione effettivi e duraturi” (UN-DHA, 1992)

La prontezza può essere sviluppata al livello governativo, comunitario o, meglio entrambi.

Prontezza e scale temporali

I rischi naturali possono essere divisi in due classi, che necessitano di due tipi di azione:

Classe di rischio AzioneAd insorgenza rapida, generalmente senza riconoscibili preavvisi (terremoti, inondazioni improvvise, alcune eruzioni vulcaniche…)

Responso immediato ad una situazione che richiede il soccorso e l’evacuazione della popolazione il più velocemente possibile con tutti i mezzi immediatamente disponibili

Ad insorgenza lenta, che permettono un allarme (uragani, frane, siccità…)

Responso per fasi ad una crisi che si sviluppa gradualmente, durante la quale ci si può aspettare di avere avvisaglie degli eventi potenzialmente pericolosi molte ore prima che accadano.

Elementi base di un piano di prontezza

• Identificazione di zone a rischio• Censo della popolazione (giorno, notte, lavorativi, festivi), inventario della proprietà• Identificazione di punti di transito sicuro e zone di rifugio• Identificazione di percorsi di evacuazione• Mezzi di trasporto, controllo del traffico• Sistemazione in zone di rifugio• Salvataggio, primo soccorso e servizi ospedalieri• Sicurezza nelle zone evacuate

I piani vanno revisionati ad intervalli regolari di due-tre anni. I cambiamenti potrebbero essere necessari come risultato di:

• Il progresso della conoscenza scientifica dei rischi naturali può rendere necessaria una ridefinizione delle zone di rischio

• Cambiamenti nei modelli d’insediamento, nel sistema stradale, nelle reti di comunicazione ed altre infrastrutture tecniche, che modifichino le procedure di allarme ed evacuazione in caso di emergenza

• Cambiamenti nella struttura amministrativa del governo nazionale o locale

I piani devono essere revisionati dopo ogni allerta o disastro, alla luce dell’esperienza pratica guadagnata. Questo implica l’esistenza di un’organizzazione permanente all’interno del governo nazionale o locale con la responsabilità di preparare ed eseguire piani d’emergenza per potenziali cause di disastro naturale o artificiale. Il governo ha la responsabilità di attivare le procedure di emergenza e di formulare e comunicare gli avvisi pubblici.

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United Nation Office for Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA)

INSARAG (International Search And Rescue Advisory Group): network informale di organizzazioni di risposta al disastro con particolare attenzione al “cerca e soccorri” urbano. Fondata nel 1991 a seguito delle iniziative delle squadre SAR (Search And Rescue) internazionali che avevano operato nel terremoto del 1988, per facilitare la partecipazione internazionale l’INSARAG è inserita nelle Nazioni Unite.

FCSU (Field Coordination Support Unit), inclusa nel DRB (Disaster Response Branch) dell’OCHA nelle funzioni di Ginevra come segretariato dell’INSARAG

UNDAC (United Nation Disaster Assessment): squadra di professionisti nella gestione di disastri nominati e finanziati dai governi membri, OCHA, UNDP ed altre agenzie quali UNICEF, WHO, WFP… Su richiesta delle nazioni colpite da disastro le squadre UNDAC possono essere impiegate in poche ore per fornire una rapida valutazione dei bisogni prioritari e per supportare le autorità nazionali e il coordinatore ONU locale per organizzare l’assistenza internazionale sul posto.

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Personale INSARAG cataloga gli edifici distrutti dallo tsunami.

Ispezione UNDAC dopo lo tsunami del 2004 in Indonesia.

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4.3. Controllo sugli standards: Sphere e altri strumenti

Sphere

Consultazione estensiva

Hanno partecipato alla consultazione:

• 4000+ persone• 400 organizzazioni• 80 nazioni da tutto il mondo

1997 – Consultazione iniziale2000 – Pubblicazione manuale2004 – Edizione revisionata

Obiettivi di Sphere:

• Aprire un dibattito su standards di assistenza universali• Raggiungere un consenso su standard tecnici e indicatori• Ottenere l’unanimità sui principi chiave e sulle azioni

Per mettere in atto principi e valori sono necessari degli strumenti

- Introduzione: Cos’è Sphere?- Codice di Condotta- Lo Statuto Umanitario

Struttura dell’edizione 2004 del manuale SPHERE

Standards comuni a tutti gli ambitiFornitura d’acqua, sanità, promozione dell’igieneRifugi, insediamenti e articoli non-alimentariSicurezza alimentare, aiuti alimentari e nutrizioneSanità

Ogni capitolo include:

• Standards minimi• Indicatori chiave• Note guida

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Il manuale Sphere è una serie di linee guida che aiuta le agenzie di soccorso ad essere più responsabili e professionali. Dopo che una valutazione multi-donatore avvenuta nel 1994 dopo il Rwanda aveva stabilito che c’erano state morti non necessarie, l’attenzione delle ONG per la qualità e la responsabilità è andata crescendo. La pratica storica non era più sufficiente per i seguenti motivi:

• Crescente complessità dei disastri• Mutevole natura della comunità umanitaria e crescente

diversità• Crescente numero di attori con differenti criteri di

successo

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Statuto Umanitario: Sezioni

• Dichiarazione dei principi umanitari• Descrizione di ruoli, compiti e responsabilità• Ammissione che la responsabilità principale sia verso chi si cerca di assistere

Statuto Umanitario: Principi

• Diritto ad una vita dignitosa- Dichiarazione Universale dei Diritti Umani- Patti civili, politici, economici e sociali- Convenzioni di Ginevra- Convenzione Contro la Tortura- Diritti dei Bambini

• Distinzione tra Combattenti e Non-Combattenti- Convenzioni di Ginevra- Diritti dei Bambini

• Principio di Non-Ostruzione- Convenzione sullo Stato dei Rifugiati- Convenzione Contro la Tortura- Diritti dei Bambini

Ruoli e Responsabilità

• Ruoli: Fornire assistenza umanitaria• Responsabilità: Minimizzare gli effetti negativi degli interventi

Gli 8 Standards Comuni

• Partecipazione: La popolazione colpita dal disastro partecipa attivamente alla definizione, progettazione, implementazione, controllo e valutazione dei programmi di assistenza

• Valutazione iniziale: Comprensione, analisi• Risposta: Quando le autorità sono incapaci e i bisogni non sono soddisfatti• Obiettivi: Basati sulla vulnerabilità• Controllo• Valutazione• Competenze e responsabilità dei cooperanti• Supervisione, direzione e supporto del personale

Standards Minimi

Livello minimo di un servizio da fornire nell’assistenza umanitaria, si tratta di standards qualitativi

Esempio: Fornitura d’acqua, standard n°1Accesso e quantità d’acqua: ogni persona abbia un sicuro ed equo accesso ad una sufficiente quantità d’acqua per bere, cucinare e per l’igiene domestica e personale.

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Page 50: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

Indicatori Chiave

Segnali che mostrano se uno standard è stato raggiunto. Forniscono un modo di misurare e comunicare sia l’impatto che il risultato dei programmi, processi e metodi utilizzati.

Esempio: Fornitura d’acqua, indicatori chiaveDisponibilità media di acqua per bere, cucinare e per l’igiene domestica e personale pari a 15 litri d’acqua a persona al giorno.

Note Guida

Diffondono conoscenze, chiarificano aree controverse ed aiutano ad utilizzare gli indicatori in modo appropriato al contesto.

Esempio: Fornitura d’acqua, note guida• Il bisogno d’acqua per usi domestici può variare in base a fattori culturali, climatici etc.• Selezione della sorgente d’acqua• Massimo numero di persone per ogni sorgente d’acqua• Durata della fila per il rifornimento

In sintesi:

Statuto Umanitario: fornisce la cornice per convertire l’apprezzamento dei diritti in azioneStandards Minimi: forniscono gli standards a cui aspirare e che permettono la pianificazioneIndicatori Chiave: definiscono i segnali per stabilire se gli standards sono stati raggiuntiNote Guida: contengono le informazioni necessarie ad applicare gli indicatori al contesto

Critiche a SPHERE

• Spere è troppo focalizzato su obiettivi tecnici e ignora altri aspetti che la presenza umanitaria può avere

• Gli aspetti più difficili da quantizzare, come la salute mentale, l’educazione e la protezione dei civili sono lasciati fuori

• E’ impossibile reperire standards universali, in quanto ogni disastro è diverso dall’altro, e l’assistenza deve essere specifica in base ad ogni situazione

• Se gli standards sono troppo rigidi i donatori potrebbero rifiutare finanziamenti a progetti che prendono posizioni indipendenti

• Spere potrebbe essere utilizzato per legittimare interventi da parte di attori inappropriati• Utilizzo di un linguaggio aziendale: azionisti, clienti, beneficiari etc.• Controversia Anglo-Francese (COMPAS Qualité), visione Nord-Sud

In conclusione, perché serve SPHERE

• Le crisi umanitarie continuano• C’è una crescita caotica di organizzazioni umanitarie e piani• Ci sono pressioni da e sugli umanitari per definire, coordinare e descrivere l’assistenza

umanitaria• I donatori vogliono impatti misurabili e proposte di progetto attendibili

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Page 51: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

Altri strumenti

Manuale UNHCR

Manuale REDR

Cataloghi Croce Rossa (ICRC)

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Organizzato in 4 sezioni più appendici

• Mandato UNHCR e risposta all’emergenza• Direzione di emergenza• Assistenza ai rifugiati, tutti gli aspetti (salute, logistica etc.)• Amministrazione e staff• Appendici:

- Risorse per la risposta all’emergenza- Lista di controllo per l’amministrazione dell’emergenza- Strumenti per raggiungere gli standards

Approccio ingegneristico, basato sugli standards UNHCR e Sphere

• Sicurezza personale• Valutazione e pianificazione• Logistica• Telecomunicazioni• Salute ambientale• Sanità ambientale• Fornitura d’acqua• Centrali elettriche• Strade• Veicoli• Rifugi

Volume 1:

• Amministrazione• Ingegneria• Edilizia• Trasporti• Radio e telecomunicazioni• Riabilitazione economica• Acqua e sanità

Page 52: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

Shelter Project

Pubblicazioni su insediamenti transitori per sfollati, logistica, tende etc.

Pubblicazioni HPN (Humanitarian Practice Network)

HPN produce tre tipi di pubblicazioni specializzate per la comunità umanitaria:

● Humanitarian Exchange Magazine - Trimestrale di politica e pratica umanitaria● Network Papers - 4 uscite annuali di 12-15.000 parole su esperienze specifiche sul campo● Good Practice Review – Periodico di pratica umanitaria

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Page 53: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

5. Post-Disastro: Assistenza e Riabilitazione

5.1. Sheltering

Shelter, rifugio: struttura che fornisce privacy e protezione dal pericolo

Lo shelter e le leggi internazionali

• Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, 1948: “Chiunque ha diritto ad uno standard di vita adeguato, per la salute ed il benessere suo e della sua famiglia, incluso cibo, abiti, alloggio e cure mediche […] in circostanze oltre il suo controllo”

• Convenzione sullo Stato dei Rifugiati, 1951: “Per quanto riguarda la casa, gli stati contraenti […] dovranno accordare ai rifugiati che stanno legalmente nel loro territorio il più favorevole possibile [...]” (Allegato I; M05-09)

“La maggior parte delle operazioni per i rifugiati durano più del previsto” dal Manuale UNHCR

Tre categorie insediative

• Dispersione locale Famiglie ospiti, comunità locale• Dispersione di massa edifici pubblici, magazzini• Campi

Dispersione localeVantaggi Svantaggi

• Veloce da implementare• Costi contenuti• Promuove l’autosoccorso e

l’indipendenza• Minor impatto sull’ambiente

• Famiglie ospiti sovraccaricate• Difficoltà a distinguere gli ospiti dai

rifugiati in fase di registrazione• Protezione: potrebbe essere difficile

rilevare abusiDispersione di massa

Vantaggi Svantaggi• Veloce da implementare• Acqua e servizi igienici solitamente

disponibili

• Affollamento• Servizi sovraccarichi• Mancanza di privacy• Edifici non disponibili per il loro

utilizzo originarioCampi

Vantaggi Svantaggi• Servono un’ampia popolazione in modo

centralizzato ed efficiente• Economia della scala• Popolazione facilmente identificabile• Facilità di comunicazione• Semplice pressione• Rimpatrio più facile da organizzare

• Creano una popolazione dipendente dagli aiuti, con scarsa possibilità di lavoro o autonomia

• Maggiori rischi per la salute della popolazione

• Danno ambientale• Difficoltà di protezione• Abusi da parte degli esclusi dallo status

di rifugiati

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Page 54: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

Campi (Allegato III; F02-03)

1. Scelta del sito2. Sopralluogo3. Pianificazione del sito4. Preparazione del sito5. Costruzione degli shelters

Criteri per la selezione del sito

1. Acqua2. Spazio3. Sicurezza e Protezione4. Accessibilità5. Topografia6. Rischi per la salute di origine ambientale7. Popolazione locale

Acqua

• 1 fonte d’acqua ogni 250 persone• 1 latrina ogni 20 persone• Distanza max da fonte d’acqua: 150 m• Distanza dalle latrine: 30 m

Spazio

• 3.5 mq a persona di spazio di shelter• 30 mq a persona sul campo includendo strade, mercati, shelters etc.• 45 mq a persona se si include anche la terra per attività agricole e bestiame• Distanza minima tra gli shelters: 2 m• Un campo per 20.000 persone ha bisogno di 1 kmq di spazio• Campi per più di 20.000 persone vanno evitati

Sicurezza e protezione

• Distanza dal confine ragionevole• Area lontana da una zona di guerra• Area priva di mine• Evitare territori notoriamente banditi

Rischi per la salute di origine ambientale (Allegato VII; R05)

• L’area dovrebbe essere libera dai maggiori pericoli ambientali, tipo malaria, tsetse etc.• Evitare le aree che generano vettori o trattare il problema• Eccessiva polvere• Inondazioni improvvise• Inquinamento industriale• Clima molto diverso da quello d’origine

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Page 55: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

Accessibilità

• Strade d’arrivo accessibili con ogni clima• Strade interne praticabili con ogni clima• Prossimità ai servizi locali

Topografia

• In altro, rispetto alle zone soggette a inondazione• Terreno preferibilmente con 3 % di pendenza• Suolo che permetta un rapido assorbimento dell’acqua• La sabbia è molto assorbente ma poco stabile• Disponibilità di carburante per cucinare, attenzione alla deforestazione• La vegetazione fornisce ombra ed evita polvere ed erosione• Proprietà del terreno• L’ONU non acquista mai un terreno per insediamenti di rifugiati

Popolazione locale (Allegato VII; R11)

• Rispettare la comunità locale e i loro diritti legali, culturali e del territorio• Valutare il loro standard economico e rispondere coerentemente

Scelte di pianificazione errate mettono in serio pericolo la comunità assistita.(Allegato VII; R17)

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Byumba, Rwanda 1999I rifugiati erano soliti vendere le aste in alluminio delle tende per poi ricavarne di nuove dagli alberi contribuendo ad una già critica deforestazione. Prototipi di tende con tubi in cartone

Confine Thailandia-Burma, 2006Per cercare i materiali necessari alla costruzione e riparazione di case i rifugiati si allontanano dal campo esponendosi al rischio di arresti e violenze

Page 56: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

Pianificazione (Allegati VII; R04)

Scelta del sito

Dopo una serie di sopralluoghi si valutano le scelte potenziali per poi operare la scelta finale

Il progetto

• Strade e barriere frangifuoco, gli shelters arretrati di 7m• Dotazione di acqua e latrine• Servizi sanitarie, ospedale, farmacia, posta• Servizi nutrizionali• Magazzino e siti di distribuzione• Aree amministrative, centri di ricezione• Mercato, scuola, luoghi d’incontro, cimiteri• Shelters

Sviluppare il profilo di una comunità

Famiglia 1 famiglia 4-6 personeComunità 16 famiglie 80 personeBlocco 16 comunità 1.250Settore 4 blocchi 5.000Campo 4 settori 20.000

Servizi (Allegato VII; R15-17)

• 1 latrina per famiglia 6 persone• 1 rubinetto d’acqua per comunità 80 persone• 1 scuola per settore 5.000 persone• 1 centro per la salute per 20.000 persone• 1 mercato per campo 20.000 persone• 1 centro per la nutrizione 20.000 persone• 4 siti di distribuzione per campo 20.000 persone• 1 ospedale 200.000 persone

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Pakistan 2005La città di Islamabad ha messo a disposizione l'area e alcune opere infrastrutturali (cisterne e sistema di filtraggio per l'acqua, luce elettrica per le aree comuni, cucine, squadre antincendio etc,) per l'allestimento del campo

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Costruzione di shelters (Allegato IV; TN01-18)

Lo shelter (rifugio) è una casa, e deve fornire:

• Protezione dagli elementi• Spazio sicuro per vivere e conservare beni• Privacy• Sicurezza emotiva

Tipi di shelters

• Culturalmente e socialmente accettabili• Unità familiari• Costruiti localmente con materiali locali (Allegato VII; R12-13)• Tende, fogli di plastica, blocchi di cemento, mattoni, fango, prefabbricati, legno, stecchi

E’ necessaria sensibilità culturale e l’impiego di tecnologie e materiali locali. (Allegato VII; R18)

Categorie di distruzione

Importanti da individuare per:

• Standardizzare l’intervento• Ottimizzare la logistica• Dare un efficace supporto ad ogni famiglia

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Rawalakot (Kashmir), Pakistan 2005Earthquake Rehabilitation and Winter Survival Shelter Programme del KEF

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5.2. Tende

Utilizzo

Le tende sono rifugi portatili, costituiti da struttura + copertura, che soddisfano solo alcuni bisogni. Le persone che vivono nelle tende devono avere accesso ad adeguate risorse non-alimentari, all’acqua ed alle strutture sanitarie. Il rifugio offerto da una tenda include l’area intorno ad essa, i canali di drenaggio e lo spazio necessario a far giocare i bambini. (Allegato IV; TN01-18)

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Priorità

Nel fornire riparo alle persone l’esigenza primaria è quella di mantenere lo spazio nelle immediate vicinanze del corpo ad una temperatura confortevole, asciutta e riparata. Letti e vestiti sono elementi critici, le tende forniscono uno spazio chiuso e riscaldabile.

Tipi di tende

Pakistan 2005Diversi tipi di tenda unifamiliare utilizzati dopo il terremoto in interventi UNHCR e SOS Children

(Allegato VI; T03-06)

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Pianificare una risposta

Scegliere di distribuire le tende

Le tende sono un possibile rifugio di emergenza in quanto possono creare rapidamente riparo per chi ne ha bisogno, che si tratti o meno di sfollati. Una volta scelta la strategia d’insediamento, prima di distribuire le tende vanno considerate alcune opzioni:

Considerazioni sulla distribuzione delle tende

Se si sceglie di distribuire le tende bisogna considerare:

• Fasce vulnerabili della popolazioneLa decisione di utilizzare tende dovrebbe coinvolgere le persone maggiormente vulnerabili, come gli anziani e le minoranze etniche. La maggior parte delle persone non è abituata a vivere nelle tende.

• Provenienza etnica e popolazione ospiteDistribuire oggetti di valore come le tende può causare disuguaglianza e risentimento.

• Il bisogno di rifugio cambia col tempo• Clima e condizioni atmosferiche• Politica

La decisione di usare tende è spesso presa da autorità o da organizzazioni di supporto. L’utilizzo delle tende implica che l’insediamento sia temporaneo.

• PartecipazioneSe possibile coinvolgere le persone nella decisione su come si debba fornire rifugio.

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Gli edifici esistenti possono essere adattati o riparati rapidamente?Sfollati: valutare comunità ospiteNon sfollati: valutare il supporto alla ricostruzione

Ci sono alternative alle tende?Rifugi costruiti localmente potrebbero avere costi simili alle tende, con materiali che potrebbero favorire la ricostruzione a lungo termine

Le persone possono occupare la sistemazione esistente?In certi casi le tende possono fornire spazio aggiuntivo

Le tende esistenti hanno bisogno di essere sostituite?Oppure: le tende possono essere fornite in tempo?Le comunità potrebbero costruire rifugi prima della distribuzione delle tende

Si considera la distribuzione delle tende

NO

NO

NO

SI

Si considera di fornire strumenti, supporto e materiali

SI

SI

Fornire supporto appropriato

SI

SI

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Selezione del sito e pianificazione

Il sito in cui posizionare le tende va scelto con cura: sceglierne uno sbagliato può creare maggiori problemi. Dove possibile si dovrebbero evitare le tendopoli ma, se si sceglie di allestire un campo, nella scelta del sito dovrebbero essere sempre coinvolti degli specialisti.

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Pianificare un sito implica averne un progetto chiaro, per ridurre rischi specifici. Spostare una comunità dopo l’insediamento è particolarmente difficile.

Radunare le tende in gruppi è preferibile al disporle in lunghe file, in quanto ricreano una condizione più simile ai villaggi in cui le comunità erano solite vivere. Si deve aver cura di assicurare privacy, accesso ad acqua e a strutture sanitarie e si deve prestare particolare attenzione a come posizionare gruppi vulnerabili come malati o minoranze.

Trincomalee, Sri Lanka 2002Inondazione nel campo di Alles Garden, colpite oltre cinquanta famiglie di ex-rifugiati di ritorno da Vanni e in attesa di reinsediamento

Kalongo, Uganda 2004Dopo i numerosi attacchi della LRA su Pader la popolazione nel campo di Kalongo è aumentata progressivamente innalzando il rischio di HIV/AIDS

Gli indici di Sphere stabiliscono quante tende si possono disporre, invitando a garantire:

• Min. 45 mq a persona per l’intero sito, includendo strade e strutture varie

• Min. 3.5 mq a persona di spazio coperto, fino ai 4.5 mq consigliati per climi freddi

• Una tenda familiare standard di 16 mq per max. 4 persone.

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Montare le tende

Fosse di drenaggio

Invitare le comunità a scavare fosse di drenaggio intorno alle tende per evitare allagamenti a seguito di piogge. Le fosse vanno convogliate in una soluzione di drenaggio per l’intero sito, e la loro profondità dipende da:

• Attesa quantità di pioggia• Tipo di terreno e la sua capacità di assorbimento• Pendenza del sito

In circostanze estreme le fosse potrebbero arrivare ad una profondità di 50 cm. Fosse così profonde potrebbero essere instabili ed avere bisogno di essere riempite di pietre per prevenire collassi, incidenti, accumulo di acqua stagnante e di rifiuti.

In luoghi esposti a forti venti l’orientamento delle tende dovrebbe essere tale da non esporre i loro ingressi ai venti principali.

Le tende non dovrebbero essere posizionate sotto palme o alberi morti, per evitare che la caduta di rami o noci di cocco ferisca qualcuno. Posizionare le tende vicino ad alberi sani protegge invece le tende da sole e vento.

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Drenaggio: suolo piatto

Non posizionare le tende in aree propense all’alluvione. Spere suggerisce una pendenza del terreno compresa tra l’1% e il 6%, per minori pendenze potrebbe non esserci adeguato drenaggio

Drenaggio: pendio scosceso

Pericolo di frane, sarà necessario scavare per livellare il terreno su cui posizionare le tende

Tagliafuoco e spaziatura

Le tende dovrebbero stare ad una distanza pari a 2.5 volte la loro altezza, con tagliafuoco regolari tra blocchi di tende. Le funi di montaggio possono ampliare di molto lo spazio occupato dalle tende.

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Clima

Generale

Le tende servono a proteggere dagli estremi del clima, considerando che potrebbero esserci notevoli sbalzi climatici tra giorno e notte e col cambio di stagione. Le persone sono più vulnerabili durante i momenti di maggiore caldo o freddo, i cambiamenti stagionali dovrebbero essere accompagnati da aggiornamenti e interventi secondari come stufe, coperte e rivestimenti per le tende.

Clima caldo-secco

La funzione della tenda in climi caldi e secchi è di fornire riparo dal sole e di essere ventilata per il raffrescamento. In ambienti desertici e sulle alture la notte potrebbe essere freddo e potrebbero essere necessarie tende invernali, chiuse a polvere e vento.

Clima caldo-umido

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La priorità è mantenere l’aria nei pressi del corpo ad una temperatura confortevole. Il movimento dell’aria è controllato da vestiti e giacigli adeguati; una tenda può avere anche bisogno di una stufa, carburante e pavimentazione per mantenere l’aria in cui le persone vivono e respirano ad una temperatura confortevole.

Nei climi caldi il modo più efficace di tenere freschi gli occupanti delle tende è quello di utilizzare un telo esterno, separato dall’estradosso della tenda in modo da creare una camera d’aria ventilata.

E’ bene che le tende siano provviste di cavi per tenere aperte le porte e i lati sollevati.

Spesso si creano spazi esterni coperti per fornire ombra, o si ricorre ad alberi e vegetazione.

In climi caldi e umidi la tenda deve fornire ombra, essere ventilata ed avere un adeguato drenaggio. In tali climi i teli di cotone sono particolarmente propensi a marcire, devono ricevere un apposito trattamento in stabilimento che potrebbe decadere nell’arco di 6 mesi.

Trincomalee, Sri Lanka 2005Campo IDP su Nilaveli Road

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Climi freddi

Nel caso di climi freddi sarebbe preferibile evitare le tende in quanto sono difficili da mantenere calde e perdono calore facilmente. Il freddo più intenso si ha solitamente prima dell’alba.

Nel posizionare le tende vanno tenute in considerazione le variazioni climatiche locali come i venti incanalati tra le montagne o la schermatura dai raggi solari nelle valli profonde o sotto le rupi. Le porte vanno orientate in modo da evitare i venti prevalenti.

La chiave per mantenere calde le tende è evitare le correnti riducendo infiltrazioni e perdite di calore. Le correnti disperdono l’aria calda, aumentano l’evaporazione e devono essere bloccate costruendo muri, posizionando le tende in fosse scavate nel terreno, chiudendo le aperture ma garantendo comunque un ricambio d’aria per evitare che gli occupanti vengano soffocati o avvelenati dalle stufe. Nei climi freddi serve più cibo, le razioni devono essere aumentate in quanto si bruciano più calorie. La perdita di energie per l’eccessivo tremore può condurre le persone malnutrite alla morte.

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Fornitura di baseUna tenda invernale ha bisogno di un rivestimento esterno, di un telo di cotone e del foro per il comignolo della stufa. Ci si deve accertare che gli occupanti abbiano accesso a vestiti, coperte, stufe e carburante adeguati e che siano separati dal suolo da letti o materassi.

Pakistan 2005Con l'arrivo dell'inverno circa 100.000 persone hanno lasciato campi e villaggi d'alta quota e sono scese a valle, congestionando i campi situati a quote inferiori

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Logistica

Approvvigionamento (Allegato VII; R15-17)

Prima di fornire le tende consultare gli uffici centrali in quanto le tende sono frequentemente oggetto di particolari accordi con produttori specifici. Le tende sono inoltre costose, rispetto ad altri articoli di assistenza familiare e potrebbero avere lunghi tempi di distribuzione.

Deposito

Le tende in tela sono difficili da conservare in quanto tendono a marcire e molte agenzie tendono a fornirle solo quando è necessario. Ciò va bilanciato con i tempi di produzione, che potrebbero essere lunghi, specialmente nel caso di emergenze su larga scala.

A causa degli alti costi di trasporto aereo spesso, specie per le emergenze ad impatto lento si ricorre allo stoccaggio locale pre-posizionamento delle tende.

Trasporto (Allegato VII; R03, R06)

Le tende standard sono pesanti (70-100 kg) rispetto ad altri articoli di assistenza, e ciò ne rende costoso il trasporto. E’ in corso una ricerca volta alla produzione di tende più leggere, da usare nella prima fase delle emergenze.

Il trasporto aereo è spesso la soluzione più veloce ma anche la più dispendiosa, e può costare quanto le tende stesse.

Il trasporto su strada è comunque necessario per una parte o per la totalità del viaggio, va prestata attenzione al numero di veicoli necessario alla distribuzione.

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Le tende dovrebbero essere:

• Protette da sole, pioggia e parassiti• Sollevate da terra, asciutte e ventilate• Impilate per essere facilmente

contate, ad almeno 50 cm dai muri• Controllate regolarmente perché non

siano umide o marce

Il trasporto su nave è frequentemente il metodo più economico di trasportare le tende su lunghe distanze, ma può essere soggetto a ritardi ed è quindi consigliabile nel caso di pre-posizionamento o di sostituzione delle tende esistenti.

Isole Solomon 2007Un'imbarcazione consegna le tende Shelterbox Canada alle vittime di terremoto e tsunami

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Distribuzione

Può essere necessario un trasporto locale delle tende dal punto di distribuzione e, una volta distribuite si deve considerare che i più deboli potrebbero non riuscire a trasportarle, potrebbero essere troppo grandi per essere caricate su di un mulo e richiedere almeno due adulti in salute per spostarle per brevi distanze.

E’ necessario formare una squadra di montaggio, gestita da membri della comunità per erigere delle tende-esempio con i rispettivi canali di drenaggio. Questo servirà ad assicurare che le tende siano erette correttamente, che le comunità partecipino al montaggio, che i più deboli ricevano supporto e, in alcune circostanze che delle squadre montino tutte le tende delle famiglie.

Le tende dovrebbero essere distribuite con gli attrezzi necessari al montaggio:

• Un grosso maglio per tenda• Una vanga o una pala ogni 20 tende, di più se il terreno è duro e il tempo limitato• Una zappa ogni 20 tende, di più se il terreno è duro e il tempo limitato• Tende di riserva in caso di domanda crescente o in caso di danneggiamento.

Alternativa alle tende

Teli in plastica, pali e cavi

Descrizione:La distribuzione di teli in plastica è una delle parti più comuni in caso di approvvigionamento di rifugi di emergenza. Fornire dei pali insieme ai teli riduce significativamente il danno ambientale locale perché evita che vengano abbattuti alberi per produrne; distribuire funi, chiodi e altre giunture permetterà di fissare i teli in maniera più stabile e durevole, in modo da estenderne l’utilizzo. Con i materiali di base i membri della comunità assistita produrranno le strutture a cui più sono abituati. Fogli di metallo sono un’alternativa più durevole e costosa ai teli in plastica e necessitano di maggiore abilità, nel montaggio.

Materiali:• Fogli di plastica o metallo• Pali di legno o metallo• Cavi resistenti ai raggi UV, chiodi

(I fogli in plastica se inchiodati direttamente si strappano)

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Le tende, come rifugio non sono l’unica struttura di emergenza possibile. A seconda delle condizioni locali si possono costruire ripari temporanei a partire da edifici danneggiati o con materiali disponibili localmente come teli di plastica, pali di legno e cavi. Un’attività del genere può coinvolgere più attivamente una comunità e può fornire materiali che, rispetto alle tende abbiano una vita più lunga, siano reperibili più facilmente e a costi minori.

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Teli in plastica, pali e cavi

Vantaggi• Velocità di risposta• Se i materiali sono di qualità saranno

utili per anni e potranno essere riadattati dalle persone per ricostruire le proprie case

Svantaggi• Si deve considerare il livello di abilità

delle fasce vulnerabili della popolazione• Specialmente in climi estremi le tende

risultano più complete (un foglio di plastica di 5 x 4 m equivale a circa ¼ del necessario per una tenda invernale)

• Conseguenze su ambiente e mercato locale

Rifugio tradizionale

Descrizione:Rifugi costruiti localmente utilizzando tecnologie, materiali e tradizioni costruttive locali. Possono variare da strutture erette velocemente con bastoni e foglie ad altre più solide in terra e cemento. Tali rifugi possono essere migliorati in seguito, come passo verso la ricostruzione e l’edilizia permanente. Case durevoli costruite localmente sono spesso più economiche delle tende.

Materiali:Stecche intrecciate, semplice terra pressata, fogli in plastica, foglie, fogli di metallo vecchio, paglia, mattoni di paglia e fango…

Vantaggi• Costi ridotti, anche nel trasporto• Compatibilità culturale• Facilità di manutenzione• Contributo all’economia locale• Maggior valore a lungo termine• Base per la futura ricostruzione

Svantaggi• Tempi di costruzione maggiori• Insostenibilità politica• Danni ambientali• Tensione tra sfollati e comunità ospite

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Strutture a tunnel

Descrizione:Struttura a forma di tunnel, in alternativa si possono utilizzare anche tunnel agricoli. Per il montaggio, una volta srotolato il foglio in plastica si intreccia un cavo sulla striscia di rinforzo ad ogni estremità, si posiziona il foglio sul cerchio finale, poi si tira il cavo e si fissa ai paletti laterali.

Materiali per una tenda di 3.6 x 3.6 m:Si suppone di utilizzare un foglio di plastica standard UNHCR con le bande di rinforzo, tagliato da un rotolo. Per ogni singolo rifugio occorrono:

• 3 x 6 m x (63 mm di diametro esterno) tubi idraulici in polietilene di media densità (MDPE)• 3 x 3.6 m x 12 mm barre di ferro per struttura orizzontale• 6 x 0.5 m x 12 mm barre di ferro da fissare a terra• 1 x 7 m x 4 m foglio di plastica come tetto• 2 x 2 m x 2 m fogli di plastica come porte• 32 m di cavi divisi in 4 tratti da 7 m per le estremità ed il fissaggio

Vantaggi:• Tempi di gestione ridotti• Costruzione sul posto

Svantaggi:• I tubi MDPE sono spesso di difficile

reperibilità, nella quantità e qualità necessaria

• Scarse alternative ai tubi MDPE.

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Islamabad, Pakistan 2005Dopo il terremoto in Kashmir il UNHCR ha distribuito circa 21.000 tende, 115,000 fogli in plastica, 850.000 coperte, 38,000 materassi e 25,000 stufe

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Adattamenti

Le modifiche fatte dalle persone (e come promuoverle)

Mantenere, modificare, adattare, migliorare le tende con materiali localmente disponibili. Se la comunità fa maggiori modifiche alle tende si devono considerare soluzioni più appropriate, per il futuro. Le persone adatteranno i rifugi alle proprie esigenze, per supportare questi cambiamenti è consigliabile:

• Tenere un deposito di tende e pezzi di ricambio• Fornire macchine da cucire per le riparazioni, e saldatrici per i pali• Rendere disponibili vanghe ed altri attrezzi

Costruire muretti può migliorare la vita nelle tende, riducendone l’umidità interna. L’utilizzo delle tende, comunque potrebbe essere dovuto a ragioni politiche o di utilizzo del territorio. In certe circostanze costruire muri di fango o pietra significa creare strutture tendenzialmente permanenti, con diverse conseguenze politiche.

Alcuni adattamenti potrebbero avere un impatto significativo sull’ambiente locale, provocando fenomeni di erosione o deforestazione. La semplice distribuzione di pali spesso riduce il problema.

Estensioni

Le tende familiari standard di 4 x 4 m hanno lati bassi, è possibile stare in piedi al centro ma, per il resto c’è poco spazio. Le tende, inoltre sono spesso montate con i cavi troppo vicini, riducendo ulteriormente lo spazio. Utilizzare pali laterali aumenta l’altezza interna.

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Unire le tende per ottenere strutture più ampie è una scelta frequente e agli occupanti dovrebbe essere permesso, anche se sono necessari materiali aggiuntivi come dei teli in plastica per impermeabilizzare i punti di congiunzione. Alcuni tipi di tenda supportano specificatamente questa possibilità.

L’utilizzo di teli come estensione crea spazi più ampi ma di un solo strato, con probabili problemi dovuti a pioggia, scarsa ventilazione ed estremi climatici.

In caso di climi caldi è frequente la costruzione di aree ombreggiate esterne, spesso in paglia, di fronte alle tende, talvolta utilizzata per conservare il mangime per gli animali nella stagione secca. Iniziative del genere sono da incoraggiare se la raccolta di pali e paglia non minaccia l’ambiente locale.

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Utilizzare bastoni e pali per puntellare i lati delle tende è utile per ampliarne lo spazio interno e renderle più stabili. E’ preferibile che i pali siano posizionati all’esterno per evitare che la tenda venga forata.

In aree non soggette ad alluvioni si può scavare l’interno della tenda per creare più spazio e limitare le correnti.

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Gli occupanti potrebbero decidere di costruire una struttura interna per sorreggere la tela della tenda. Ciò va incoraggiato in quanto permette alle persone di produrre le strutture a cui sono più abituati, ma potrebbe creare problemi di disboscamento nel caso di campi particolarmente ampi.

La costruzione di muri di fango fornisce isolamento dalle correnti, stabilità strutturale e massa termica, rendendo il rifugio più caldo in inverno e più fresco in estate. Col tempo i muri potrebbero crescere, si potrebbe costruire un tetto, ma se il campo inizia a sembrare permanente potrebbero sorgere problemi politici.

In climi freddi si devono bloccare le correnti con coperte o altro materiale disponibile, da applicare su porte o aperture, considerando che la ventilazione è comunque necessaria, specie in presenza di fuoco o stufe.

Per evitare che il tessuto della tenda sbatta spesso si ferma l’esterno della tenda con dei cavi, ma è una pratica da evitare, in quanto riduce lo spazio interno e sforza il tessuto. Si dovrebbero incoraggiare gli occupanti a montare le tende adeguatamente, con le aperture orientate lontano dai venti prevalenti.

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Stufe (Allegato VII; T07-10)

Quando cucina e riscaldamento hanno luogo nelle tende ci sono rischi d’incendio, malattie respiratorie, infezioni oculari causate dal fumo; sono necessarie stufe efficienti, con tiraggio adeguato, che brucino carburante appropriato. In climi più caldi sono preferibili cucine comunitarie.

Pavimenti e materassi

In climi secchi molte case utilizzano tradizionalmente pavimenti in terra, spesso fatti con misture di creta e sterco. In ambienti umidi devono essere coperti da uno strato impermeabile e dovrebbero essere distribuiti materiali adatti.

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Quando il carburante è bruciato all’interno le tende dovrebbero essere provviste di una stufa con comignolo.

Una stufa appropriata dovrebbe:• Ridurre significativamente il consumo di carburante, riducendo

quindi il danno ambientale, i tempi di raccolta e i rischi di attrito con la popolazione ospite

• Ridurre i rischi causati dal fumo di legna in ambiente chiuso• Servire come cucina oltre che come riscaldamento

Le stufe nelle tende sono pericolose, per prevenire incendi:• Le stufe devono stare lontane dalle tende• I comignoli devono avere dei cappucci per evitare la fuoriuscita di

scintille che potrebbero poi cadere sulla tenda

I comignoli, nell’attraversare la tenda passano attraverso un piatto di metallo o di fibrocemento. Un’alternativa è avvolgere il comignolo in una rete da pollaio.

Pavimenti, letti e materassi evitano che chi dorme per terra perda calore ed aiutano a mantenere la tenda calda e asciutta. Spesso materassi e pavimentazioni sono ignorate perché costose e scomode da trasportare ma, soprattutto in climi freddi sono particolarmente importanti.

Di solito i pavimenti delle tende sono prodotti con i limitati materiali disponibili. Alcune tende sono distribuiti con un foglio in plastica da terra, su cui vengono messe coperte, sacchi e altri materiali per evitare il contatto con l’umidità del terreno.

In alcuni posti si può ipotizzare l’utilizzo di pavimenti rialzati in legno, 1 cm di spazio vuoto fornisce un apprezzabile isolamento. Si deve tuttavia fare attenzione che la raccolta di legname non produca danni all’ambiente.

Materassi e letti rialzati in polistirolo espanso sono utili a mantenere gli occupanti staccati dal suolo di giorno come di notte.

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Danni comuni

Le tende sono danneggiate da sole, usura, putrefazione, errato utilizzo etc. Per prevenire danni:• Prestare attenzione alla qualità nell’acquisto• Immagazzinare le tende con cura e per il minor periodo di tempo possibile• Montare le tende correttamente• Minimizzare il numero delle volte in cui le tende vengono mosse• Tende di riserva nel caso le altre si danneggino in magazzino, nel trasporto o nell’utilizzo.

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• I perni della tenda si rompono di solito alle giunture o alle estremità, se ciò accade:− Riparazione temporanea con fascette, barre di metallo o cavi− Le giunture e le aste curvate permanentemente potrebbero non essere riparabili e dover

essere sostituite.• I tiranti e gli attacchi si danneggiano se si strappa un cavo, se la tenda non è

adeguatamente fissata al suolo o se la tenda si strappa dove sono attaccati i cavi.• Se la tenda si strappa nei punti di attacco dei tiranti, lì va rinforzata con un chiodo ed un

nastro o corda robusta.• I tiranti saltano o si consumano in quanto i cavi si consumano al sole nell’arco di sei

mesi, quelli di cotone marciscono. Vanno usati cavi neri o UV-Stabili.• I perni non tengono in terreni morbidi o sabbiosi, o possono piegarsi se il terreno è troppo

duro. Provare a fissarli per terra prima di seppellirli o coprirli di pietre.• Spesso le porte delle tende si strappano, di solito per la rottura di una cerniera, del velcro

consumato o delle asole che si rompono. Se si utilizzano corde per chiudere le porte, in condizioni di freddo estremo potrebbero congelarsi impedendo l’apertura delle porte. Il modo migliore per chiudere la porta di una tenda è quello di utilizzare lacci o interruttori con la tela sovrapposta.

In presenza di infiltrazioni d’acqua:• Non tenere le tende in magazzino troppo a lungo, in caso di

pioggia potrebbero restringersi creando falle• Evitare che qualunque cosa tocchi la tela delle tende. Quando

i materiali toccano la tenda interna, anche le tende nuove fallano, perché l’acqua viene assorbita dalle tele stesse

• Possono essere distribuiti teli in plastica e cavi. Si dovrebbe cercare di creare uno spazio ventilato tra la tenda e il nuovo telo. Il modo migliore per fissare un telo in plastica è quello di legare una pietra dentro il telo stesso come in figura.

Se il tessuto si strappa e marcisce, facendo entrare acqua ed uscire aria calda. In tal caso:

• Sostituire le sezioni danneggiate e rattoppare gli strappi per evitare che si allarghino

• Utilizzare pali per ridurre lo stress sui tessuti• Evitare che la tenda sia soggetta alle continue scosse del

vento tenendo in adeguata tensione i cavi• Evitare bastoni affilati che potrebbero forare una tenda• Nel montaggio tenere ben tesa la tela, senza tirare

eccessivamente i cavi: da asciutti cavi e tela si restringono.

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5.3. Pianificazione di insediamenti di emergenza Protection Based

Mandato dell’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (UNHCR)

Fornire protezione internazionale e cercare soluzioni durevoli per i rifugiati.(Allegato I; M05-09)

Chi sono i rifugiati:

Persone che, per un fondato timore di persecuzioni per ragioni di razza, religione, nazionalità, appartenenza a determinati gruppi sociali o politici, sono fuori dalla propria nazione, non possono tornare o temono di farlo. (Allegato VI; T02)

Assistenza

Nel cercare soluzioni durevoli, oltre alla protezione internazionale, l’UNHCR fornisce assistenza alle persone in questione per soddisfare i loro bisogni di base.

Tipi di assistenza

• Emergenza• Cura e mantenimento

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Germania 1953Campo di rifugiati provenienti dall'Est Europeo dopo la Seconda Guerra Mondiale

India 1971Circa 10 milioni di rifugiati bengalesi sono stati accolti in 800 campi. La maggior parte di loro è stata rimpatriata nell'arco di un anno

Soluzioni durevoli

• Insediamento locale• Rimpatrio• Reinsediamento

Zaire (ora DRC) 1994200.000 rifugiati provenienti dal Rwanda sono insediati nel campo Kibumba, Goma

Tindouf, Algeria 1998Campo Dakhla per rifugiati Sahrawi

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Interventi UNHCR

Ogni situazione richiede un diverso tipo di intervento\approccio (Allegato III; F01-02)

• Nelle emergenze è principalmente salvare vite• Cura e mantenimento: assistenza a medio termine fino a raggiungere una soluzione durevole• Per le soluzioni durevoli si cerca la permanenza

Interventi di sostentamento alla vita

Fornitura di:• Cibo• Acqua• Riparo

Interventi successivi

Fornitura di:• Suppellettili• Equipaggiamento sanitario• Servizi sanitari

Seguiti da

• Servizi educativi• Servizi comunitari• Attività che generino profitto

Come procedere:

Selezione del sito

• Potenziali beneficiari• Ubicazione• Caratteristiche di base del sito• Punti complementari e di supporto• Osservazioni, raccomandazioni• Proposte per i passi successivi

Pianificazione fisica

Il concetto del Protection-Based Physical Planning ha preso in considerazione l’attenzione alla protezione di donne, bambini, anziani etc. nella pianificazione dei campi di rifugiati. Incorporare la protezione nella pianificazione fisica è coerente col mandato dell’UNHCR, lo sostiene e lo rafforza. L’includere il PBPP porta avanti l’unificazione del mandato di protezione dell’UNHCR con i bisogni basilari di sopravvivenza. Facendo questo l’UNHCR ha un ruolo primario come agenzia che non solo protegge legalmente i rifugiati ma protegge anche la loro incolumità andando incontro ai loro bisogni basilari di sopravvivenza come stabilito dalla Dichiarazione dei Diritti umani.

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Brazda, Kosovo 2000Sistema di rifornimento idrico installato da OXFAM nel campo di Stankovac

Bor, Sudan 2005Ex rifugiati in una struttura ospedaliera UNHCR in attesa di attivazione

Peralya, Sri Lanka 2005Scuola gratuita in uno dei campi allestiti tra le macerie, a nord di Galle

Hagadera, Kenya 1999Settori e blocchi circondati da siepi e percorsi entro cui i rifugiati somali e bantu hanno costruito capanne e latrine in base alle loro tradizioni

Page 74: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

Allocazione dell’area

Bisogna prima di tutto garantire che nel campo una quantità minima di spazio (30-45 mq a persona) sia disponibile e distribuita ad ogni famiglia.

Processo

Ogni parte, inclusi i rifugiati, specialmente le donne sono consultati e i loro problemi incorporati

Pianificazione fisica per una comunità (Allegato VII; R01-02)

La variazione nel numero dei rifugi in una comunità è relativa alla topografia del territorio e al fatto che alcune aree non siano disponibili.

Esempio: disposizione dei rifugi per moduli a “U” da 10-20 famiglie.

La disposizione

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12 rifugi, 2 gruppi di latrine

Comunità Aperta

Oltre ai rifugi sono necessari:• Latrine• Acqua• Docce• Lavanderia• Raccolta rifiuti

Ogni famiglia ha a disposizione: Area comune di fronte al rifugio, da gestire e condividere col resto della comunità

Area privata sul retro per cucinare, conservare cibi, legname, lavare stoviglie e vestiti

Page 75: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

Moduli affiancati

Ogni due gruppi di rifugi, dalla parte opposta rispetto alle latrine sta una pompa d’acqua. Disposizione a ridosso di arteria carrabile

Controllo reciproco: se una famiglia è afflitta da un problema legato all’emergenza la comunità sarà rapidamente informata in quanto ogni movimento inusuale può essere facilmente notato

Ambiente, un aspetto: nel processo di sgombero del sito ci si deve assicurare che gli alberi non vengano abbattuti. Si avrà un villaggio ombreggiato, nella salvaguardia delle risorse naturali

Partecipazione dei beneficiari: la disposizione proposta dovrebbe essere condivisa con i beneficiari, il cui punto di vista va preso in forte considerazione.

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Per garantire un minimo di privacy, sebbene le famiglie condividano lo stesso spazio comune

• Gli ingressi dei rifugi non si fronteggiano.

• I rifugi non si bloccano la visuale a vicenda

• I rifugi non sono disposti testa-coda come negli accampamenti militari.

Visibilità: i moduli sono disposti in modo tale che gli umanitari siano visibili, quando entrano nell’area. I rifugi e le famiglie sono in vista, nessuno è nascosto

Senso di vicinanza: dove la topografia del sito lo permette le aree private di ogni “U” sono tenute adiacenti, in modo che ogni famiglia, in particolare le donne si sentano più vicine l’un l’altra mentre cucinano o fanno faccende domestiche

Latrine

Farachana, Sudan 2006Arrivo di un convoglio di rifugiati sudanesi da Wandalou, sul confine, ad un'area più sicura del Chad. I campi sul confine rischiano attacchi aerei da parte del governo sudanese, impegnato nella repressione delle forze ribelli

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Rifugi comunitari

Si tratta di rifugi in grado di accogliere più di una famiglia

Esempio: Banda Aceh, a nord dell’isola di Sumatra, Indonesia 2005, dopo terremoto e maremoto

Disegno originario di una “caserma” per 100 persone

Disegno di una caserma raccomandato dall’UNHCR:

Planimetria modificata con 8 ingressi:

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Il lungo e buio corridoio centrale rende pericoloso l’accesso e il transito di donne e bambini.

Al corridoio centrale ne vengono sostituiti 2 laterali con più ingressi, i muri divisori sono alti 2 m.

A seguito delle raccomandazioni dell’UNHCR il dipartimento Pekerjaan Umum ha proposto una disposizione con 8 ingressi e verande laterali, a palafitta.

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Oltre alle raccomandazioni dell’UNHCR è stato proposto un approccio alla pianificazione fisica dei siti basato sulla protezione (Protection Based Physical Planning), in cui sono presi in considerazione la visibilità reciproca, gli interessi di donne e bambini e altri fattori come igiene, privacy etc. Questo è stato accettato dalle autorità locali e implementati per i siti ancora da costruire. (Allegato VII; R15-17)

Planimetria del sito raccomandata da UNHCR

Piano per il sito modificato dalle autorità locali in base alle raccomandazioni UNHCR

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Concetti di pianificazione discussi e condivisi con il dipartimento per le opere pubbliche per considerazioni e adattamenti

Pianificazione scorretta di un campo● Le tende e i rifugi si nascondono a vicenda● Le latrine sono disposte tutte sullo stesso lato● Lunghi corridoi tra i rifugiScarsa privacy● Scarsa visibilità reciproca e con gli

umanitari

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5.4. Organizzazione delle Risorse Idriche (UNHCR)

L’acqua in relazione a:

• Cibo e nutrizioneo L’acqua è una alimento a tutti gli effettio Acqua per cucinareo Acqua per ortio Perdita di calorie durante la raccolta d’acquao Diarrea, batteri, malnutrizione

• Salute (Allegato III; F03)o La quantità è l’aspetto più importante per l’igieneo La qualità è particolarmente importante specialmente per i bambinio Degrado ambientale e impatto sulla salute in caso di errata gestione dell’acquao I rifugiati affetti da HIV/AIDS necessitano di un’adeguata qualità d’acqua con

accesso migliorato • Igiene

o Un adeguato meccanismo di smaltimento e controllo è essenziale per interrompere il ciclo della trasmissione di malattie

o Drenaggio e controlli per combattere la malariao Lavaggio delle mani ed altre attività igienicheo Un inadeguato sistema igienico provoca danni ambientali, inquinamento delle falde

acquifere e degrado del territorio• Educazione:

o L’utilizzo dei bambini per la raccolta dell’acqua influisce sull’istruzioneo Malattie causate dall’acqua infetta tengono lontani i bambini dalla scuolao Nelle scuole vanno forniti adeguati servizi igienici, separando maschi e femmineo Il curriculum include l’igieneo L’educazione è un potente strumento per mantenere viva l’attenzione ad acqua e

igiene nel rimpatrio

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Darfur - Sudan 2004 (Allegato I; M14)Code per il rifornimento idrico nel campo di Abu Shouk, che ospita circa 660 famiglie e 100,000 IDPs

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Rifornimento idrico – costruzione e gestione

Sorgenti d’acqua Tipo ProblemiAcqua di superficie Fiumi, laghi, stagni Protezione, qualitàAcqua sotterranea Sorgenti, buche, pozzi Raccolta, energia, equipaggiamento, protezioneAcqua meteorica Pioggia Disinfezione, deposito, disponibilitàAcqua salata Mare Non potabileAcqua trasportata Trasporto con cisterne Costi alti, sicurezza

Componenti tipici di un sistema di rifornimento idrico

1. Combinazione di strutture per:• Estrazione dalla sorgente e protezione• Purificazione e trattamento• Trasporto al campo• Raccolta e deposito, trattamento, calibrazione del sistema di rifornimento…• Distribuzione (inclusi rubinetti)• Smaltimento delle acque di scarto

2. Piano di sviluppo• Analisi della sorgente – qualità, quantità, variazioni stagionali, diritti sulle acque,

sensibilità ambientale• Analisi della richiesta d’acqua – inclusi animali, fattori culturali e stagionali• Tecnologia appropriata e compatibile agli utenti finali• Rintracciare materiali ed expertise• Sostenibilità, affidabilità operazionale ed efficacia dei costi• Pianificazione partecipativa

3. Costruzione• Controllo della qualità in base a standards e specifiche tecniche• Monitoraggio del progresso• Gestione della logistica• Coordinazione tra gli attori• Delegazione del progetto

4. Gestione dell’operazione• Squadre di personale competente ed addestrato con arnesi e ricambi• Raggruppamento di utenti per sesso • Piano di riparazione e mantenimento.

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Budaburam, Ghana 2005Rifornimento idrico d'emergenza in un campo di rifugiati liberiani con colera endemico

Kurdamir, Azerbaijan 2006Depuratore idrico per la comunità di Sighirli, progetto di miglioramento igienico

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Accesso ad acqua pulita

In un campo di rifugiati l’accesso all’acqua pulita è anche una questione di come quest’ultima è fornita. Ciò è importante quanto la stessa disponibilità dell’acqua.

• Adeguatezza ed equità nella distribuzione: Rifornimento sufficiente ai bisogni primari di ogni persona in tutto il campo, incluse scuole e strutture sanitarie

• Accettabilità e sicurezza dell’acqua fornita: Acqua potabile ed accettabile in termini di vista, gusto e odore. La qualità dell’acqua va monitorata costantemente per evitare contaminazione; messa in atto dei piani di sicurezza idrica

• Costo sociale sugli utenti: Servizi situati centralmente e non troppo lontano dalle residenze, con tempi di attesa minimi ed uno schema sicuro e adatto agli utenti

• Sicurezza fisica degli utenti: Servizi situati in luoghi sicuri, i tempi e la durata della distribuzione vanno pianificati in base alle esigenze ed ai costumi degli utenti e limitati alle ore diurne

• Affidabilità del rifornimento: E’ necessaria una continua manutenzione del sistema di rifornimento idrico e delle strutture di deposito a livello familiare e comunitario in caso di interruzioni

• Problemi e pericoli ambientali: Utilizzo sostenibile delle sorgenti d’acqua, gestione delle acque di scarto, drenaggio migliorato in caso di piogge per evitare rischi legati all’acqua

• Efficienza del rifornimento: Evitare sprechi d’acqua durante i rifornimenti ed altre perdite• Partecipazione degli attori: I rifugiati ed altri settori (salute, pianificazione etc.) devono

essere coinvolti nella gestione e nello sviluppo del sistema di rifornimento idrico come nel mantenere un buon rapporto con la comunità ospite.

Linee guida

L’acqua in un campo di rifugiati

• 1 moderatore di igiene ogni 500 rifugiati• 1 test di qualità minimo per 5.000 beneficiari al mese, se le ispezioni sanitarie rilevano uno

scarso rischio• Le scuole primarie devono stare a meno di 100 m dalle sorgenti d’acqua• Acqua necessaria all’Amministrazione del Campo: 5 litri per visitatore• Sorgenti d’acqua a meno di 200 m dalle residenze in una posizione sicura• Contenuto fecale coliforme ammissibile: 0/100 mg di acqua trattata• Acqua necessaria ai centri della nutrizione: 20/30 litri a persona• Acqua necessaria alle scuole: 3 litri a studente• Contenitori d’acqua per nuclei di 5 persone:

o 1 x 20 litrio 2 x 10 litrio 2 x 5 litri

• Acqua necessaria agli ambulatori: 5 litri per visitatore• Assicurare l’equilibrio tra i sessi nelle commissioni per l’acqua• Una fonte comune ogni 200 rifugiati• Acqua necessaria per strutture ospedaliere: min. 40/60 litri a paziente• Residuo di cloro in acqua disinfettata max. 0.2/0.5 mg per litro• 1 rubinetto ogni 80/100 rifugiati

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Promuovere la coesione della comunità tramite la pianificazione del campo

• Nessun ingresso si affaccia direttamente nella tenda del vicino• Area comune per incontri, giochi di bambini e verde• Alta visibilità per famiglie e operatori umanitari• Facile accesso ai punti d’acqua e alle latrine entro i blocchi della comunità.

La sorveglianza sulla qualità dell’acqua è fondamentale per un adeguato rifornimento

• Controlli regolari + valutazione visiva dei rischi• La valutazione visiva dei rischi è parte integrante dell’analisi qualitativa• Tale insegnamento è utile anche per i rifugiati che si risistemeranno• Visite regolari a tutte le sorgenti d’acqua (min. 1 ogni 5.000 utenti al mese)• Meccanismo di risposta sul posto per avere un adeguato sistema di allarme

Punti da considerare

• Carico sociale della raccolta d’acqua – In un campo di rifugiati in Uganda il 42% dei bambini in età scolare ha dovuto interrompere la scuola per raccogliere l’acqua. Le donne che raccolgono l’acqua potrebbero partecipare ad attività più produttive

• Carico ambientale della raccolta d’acqua – La prolungata erogazione di grandi volumi d’acqua nei campi di rifugiati può provocare il deterioramento della qualità e dei livelli d’acqua e minaccia il rifornimento d’acqua a valle

• Carico fisico della raccolta d’acqua – Trasportare 80 lt d’acqua per 200 m dalla fonte al rifugio fa spendere ad una persona circa 1/6 della propria razione energetica standard di 2.100 kcal al giorno

• Carico chimico delle fosse biologiche sul terreno – 10.000 rifugiati che usano le latrine depositano ogni anno 20 tonnellate metriche di cloruro e oltre 25 tonnellate metriche di azoto che potrebbero provocare una contaminazione delle falde acquifere a lungo termine.

Fornitura e consumo: oltre i numeri:

• Le medie calcolate sono solo indicazioni, devono essere controllate più a fondo• Se la fornitura corrisponde agli standards, va considerato anche il consumo• Il consumo d’acqua va valutato, potrebbe esserci bisogno di mobilitatori comunitari e

promotori dell’igiene.

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L’acqua in un esempio di pianificazione protection based per un campo di rifugiati

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Acqua: confronto tra linee guida UNHCR e Sphere

Parametri Descrizione dello standard UNHCR Sphere Project1 Bisogni

primari per salute e benessere

Quantità media giornaliera di acqua disponibile a persona

> 20 litri > 15 litri

Contenitori d’acqua per famiglie di 5 persone

• 1 x 20 lt • 2 x 10 lt • 2 x 5 lt

2 x 10-20 lt + recipienti domestici

2 Mitigare il carico sociale, assicurare equità, sicurezza degli utenti, evitare conflitti

Distanza dal rifugio più lontano alla fonte d’acqua

< 200 m < 500 m

Numero di persone per ogni fonte d’acqua

• 80/100 per rubinetto

• 200/300 per pompa a mano

• 250 per rubinetto

• 500 per pompa a mano

• 400 per pozzo

Ore di distribuzione richieste in un giorno per fornire 15 lt d’acqua a persona ogni giorno

3.75 ore 9.3 ore

Tempi d’attesa alle sorgenti d’acqua Controllati indirettamente da altri standards

< 15 min.

3 Prevenzione dei rischi per la salute, qualità affidabile

Numero degli organismi fecali coliformi nei punti di distribuzione

0 in 100 ml di acqua trattata

0 in 100 ml di acqua trattata

Residuo di cloro in acqua disinfettata 0.2 – 0.5 mg per litro

0.5 mg per litro

Gli standards UNHCR fanno riferimento a campi di rifugiati.

Consigli della Sezione di Supporto Tecnico UNHCR

1. Se in un insediamento spontaneo la quantità acqua erogata dalle sorgenti locali è ampiamente al di sotto del previsto (15 lt al giorno a persona) vanno cercate altre sorgenti nelle vicinanze

2. Nel fornire acqua ai rifugiati per usi domestici è importante fornire di base acqua potabile e adatta ai bisogni della casa

3. Nel fornire acqua è importante la conservazione e chi organizza l’operazione4. Il costo sociale della raccolta d’acqua è principalmente la perdita di altre opportunità5. La mancanza di un adeguato e sicuro rifornimento d’acqua comporta una scarsa igiene

ambientali con ripercussioni sulla salute dell’intero campo, incremento di malattie e mortalità nella popolazione, frequenti tafferugli tra le persone che raccolgono l’acqua e violazione di uno dei diritti umani dei rifugiati

6. Non si può istituire asilo per i rifugiati in un’area affetta da acuta scarsità d’acqua7. Il momento ideale per la distribuzione e la raccolta d’acqua è il mattino presto e la sera8. L’efficacia di un’operazione e della gestione di un sistema di rifornimento idrico in un campo

di rifugiati dipende dalla creazione di comitati con ruoli e responsabilità chiari9. E’ sconsigliato l’utilizzo di taniche eccessivamente grandi10. Nel caso in cui la comunità ospite chieda l’estensione della rete di rifornimento idrico dal

campo, si deve riferire tale richiesta all’autorità governativa.

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5.5. Malattie Infettive nelle Emergenze Complesse: Controllo

Fattori di rischio (Allegato I; M01-12)

Contesto mutevole in luoghi affetti da conflitti

• 40.000.000 di rifugiati e sfollati globalmente• 120.000.000 di persone in stato di emergenza complessa (es. Congo, Afghanistan)• Lo scenario non è più soltanto il campo profughi• Popolazione spesso dispersa• Ampia distruzione delle infrastrutture (es. Timor Est, Kosovo)• Emergenze croniche con conflitti in corso, lunghi tempi di riabilitazione• Crescente numero di attori coinvolti nel campo della salute

Zone affette da conflitti e malattie infettive

• Le malattie infettive e la malnutrizione sono le maggiori cause di morte zone di guerra• Tra rifugiati e sfollati il tasso di mortalità è di molto superiore ai livelli di guardia• Oltre il 75 % di queste morti è dovuto a malattie infettive

Maggiori cause di malattie infettive in zone di guerra

Massima incidenza sui bambini• Infezioni respiratorie acute (ARI) • Malaria endemica• Morbillo• Diarrea• TB e HIV/AIDS

La minaccia costituita dalle malattie infettive in zone di guerra (Allegato III; F03)

• Maggiore incidenza di patologie endemiche, alto tasso di malattie e mortalità • Maggiore rischio di epidemie – oltre il 65 % delle esplosioni epidemiche di importanza

internazionale capitano in zone di guerra – trasferimento della popolazione, sovraffollamento, malnutrizione, mancanza di acqua e igiene (es. colera, morbillo)

• Maggiore durata delle epidemie – ritardo nel rilevamento, scarso accesso a cure mediche• Gli sforzi per sconfiggere alcune malattie sono minacciati (es. polio)• Rapido sviluppo di resistenza ai farmaci (es. dissenteria epidemica, TB)• Le malattie nascenti sono la minaccia più grande (es. ebola, marburg)

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Peshawar, Pakistan 2001Il sovraffollamento acuto, le limitate strutture igienico-sanitarie, la mancanza d'acqua, l'assenza di tagliafuoco e il crescente caldo estivo, favorendo il propagarsi di malattie infettive quali morbillo, meningite e tubercolosi, hanno reso il campo profughi di Jalozai un “cimitero vivente” a rischio costante di epidemie

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Potenziali fattori di rischioAmbiente Comunità ospite

• Perdita del rifugio• Insediamenti temporanei: scarsa

ventilazione e sovraffollamento• Acqua assente o contaminata• Sanità inadeguata• Sospensione del servizio pubblico (es.

elettricità, acqua, fognature)• Maggiore esposizione ai vettori di

malattie (es. zanzare, pulci)• Sistemi di sorveglianza e risposta

poveri• Il conflitto in corso impedisce il

controllo

• Livelli di immunità relativamente bassi• Alta proporzione di categorie vulnerabili:

bambini, anziani, donne incinte etc.• Alti livelli di malnutrizione• Bassi livelli di copertura delle

vaccinazioni• Sieropositivi HIV• Agenti nascosti di malattie croniche

1. Presenza nell’area affetta2. Virulenza3. Patogenicità4. Resistenza ai farmaci5. Robustezza

Fattori di rischio di infezioni specifiche

ARI – Rifugi inadeguati, sovrappopolazione, scarsa ventilazione, cucina al chiuso, scarsi servizi sanitari, malnutrizione, scarsa igiene personale, bambini fino ad 1 anno, climi freddi, scarso stato di immunità al morbillo.Malattie diarroiche – Sovrappopolazione, qualità e quantità d’acqua inadeguate, scarsa igiene personale, sapone insufficiente, scarsa sanità, inadeguati strumenti per cucina e lavaggi.Morbillo – Tasso di vaccinazione < 80 %Malaria – Movimenti da aree a bassa endemicità ad aree iperendemiche (es. dal Rwanda alla Tanzania), acqua stagnante, esposizione alle zanzare, inadeguati servizi sanitari, inondazioniMeningite – Stagione secca, sovraffollamento, alto tasso di ARI, fascia della meningiteTubercolosi – Alto tasso di sieropositivi HIV, sovraffollamento, malnutrizione

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In Asia, Africa e America del sud ogni anno circa 5.000.000 di bambini muoiono di diarrea, causata da acqua sporca e scarsa igiene

El Geneina, Sudan 2005Più di 70.000 persone sono morte, nei campi di rifugiati per malattie legate all'assenza di igiene e sanità

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Interventi post-disastro e in zone di guerra

Malaria Interventi chiaveLa malaria uccide oltre 1.000.000 di persone l’anno, principalmente bambini piccoli.

La gran parte delle morti per malaria ha luogo nell’Africa sub-sahariana, dove essa è la causa del 20 % delle morti infantili.

Il 30 % delle morti per malaria ha luogo nei paesi in stato di emergenza complessa.

Sorveglianza: Rete di sorveglianza, comunicazioni, trasporti, epidemiologiDiagnosi rapida e corretta: Ricerca di cure mediche, algoritmi diagnostici, equipaggiamento di laboratorio, RDT, accesso ai serviziGestione del caso: Protocolli standard di trattamento, farmaci efficaciControllo del vettore: Zanzariere da letto con insetticida, controllo ambientale, sprayProtezione personale contro le punture: Reti trattate con insetticida, tende e fogli di plastica, altri materiali trattati, coperte con insetticida, repellenti personali e zampironiTrattamento preventivo intermittente: Dosi curative di antimalarici per donne incinte.

Infezioni Respiratorie Acute (ARI) Interventi chiaveInfezione dei tratti respiratori

Il 25-30 % delle morti sotto ai 5 anni è dovuta ad infezioni del tratto respiratorio inferiore.

Polmonite: una rapida diagnosi e trattamento sono fondamentali per ridurre la mortalità.

Diagnosi precoce e trattamento con antibiotici Prevenzione del sovraffollamentoMigliorare la ventilazione nei rifugiMigliorare la nutrizionePrevenire la mancanza di vitamina AMigliorare le pratiche di allattamento al senoPrevenire il raffreddamento degli infanti.

Malattie Diarroiche Interventi chiaveOgni anno le malattie diarroiche mietono circa 2.000.000 di vittime tra i bambini sotto i 5 anni.

Ogni anno si ammalano circa 1.500.000.000 di bambini sotto i 5 anni.

Il problema è maggiore in aree dove la sanità è povera, l’igiene è inadeguata e l’acqua potabile non è sicura.

Gestione del caso: Diagnosi precoce e trattamento reidratante con fluidi assunti per via orale o intravenosa ed eventuali antibioticiSistema di sorveglianza sensibile per rilevamento precoce e prontezza ad una risposta rapida in caso di epidemieAcqua potabile sicuraSmaltimento sicuro di liquamiSicurezza alimentareEducazione alla saluteIgiene personale, lavaggio delle maniIgiene ambientale.

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Brazda, Kosovo 1999 L'ambulatorio di MSF riceve 300-400 visite al giorno: molte malattie croniche, diarree e infezioni delle prime vie respiratorie. Tra l'8 e il 27 aprile ci sono stati due casi sospetti di meningite, e sette casi di diarrea emorragica. Nessun caso di colera o morbillo. A metà aprile è iniziato un programma psicologico per affrontare i numerosi casi di traumi. Sono stati formati 15 volontari locali che lavorano con due psicologi, impegnati in 50 visite al giorno.

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Interventi comuni di controllo delle malattie infettive nelle emergenze

Priorità:• Cure mediche e chirurgiche di emergenza• Assicurare acqua sicura e adeguata igiene/sanità• Provvista di cibo sicuro• Fornitura di rifugi con pianificazione del sito• Immunizzazione• Accesso a servizi sanitari primari e secondari – trattamento dei casi• Sorveglianza e controllo delle malattie e delle esplosioni epidemiche• Educazione alla salute, mobilitazione sociale• Controllo del vettore• Igiene ambientale, smaltimento dei rifiuti

Impedimenti al controllo delle malattie infettive in zone di guerra

• Governo instabile o assente, mancanza di strutture sanitarie• Povertà e infrastrutture distrutte• Mancanza di stime attendibili sulla popolazione• Collasso dei servizi sanitari e programmi di controllo e prevenzione di malattie infettive• Strumenti di laboratorio limitati• Mancanza di personale adeguato ed addestrato• Agenzie molteplici e scarsamente coordinate• Inadeguati sistemi di consultazione• Difficoltà logistiche e di trasporto di farmaci, equipaggiamento, personale e campioni• I conflitti in corso limitano l’accesso ai servizi.

Lavorare con le ONG

• Le ONG sono il maggiore fornitore di servizi sanitari• WHO: Facilitando le attività legate alle malattie infettive il World Health Organization ha

un ruolo chiave nel supportare MOH e UN• Gli interventi-chiave contro le malattie infettive possono comprendere la ricostruzione di

strutture sanitarie, antibiotici, antimalarici, letti…• E’ opportuno un continuo addestramento delle ONG per assicurare la capacità di controllo

sulle malattie infettive• Strategie a lungo termine – Il ruolo del WHO nell’assicurare la sostenibilità degli

investimenti sulla salute dopo che la risposta internazionale finisce.

Malattie infettive dopo i disastri

Dipendono da:• Tipo di disastro• Area geografica• Livello di sviluppo della regione colpita dal disastro• Aumento di malattie epidemiche (es. colera, dissenteria baccillaria, meningite) o endemiche • I disastri naturali raramente causano epidemie su larga scala salvo che non ci sia

sovraffollamento o trasferimento della popolazione.

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Fattori di rischio dopo i disastri

• Patogeni presenti nell’area• I cambi ambientali possono far aumentare i siti che generano vettori (es. zanzare, topi)• Perdita di erogazione di acqua, sanità ed energia (malattie portate dall’acqua)• Sovraffollamento• Scarsità di cibo, malnutrizione, stato della salute• Danni o distruzione dei servizi sanitari

Tipi di malattie

• Malattie portate dall’acqua (es. dissenteria, colera, tifo, epatite A ed E, leptospirosi)• Malattie portate da vettori (es. malaria, WNF, dengue, tifo)• Malattie portate dal cibo (es. colera, dissenteria, tifo, epatiti)• Malattie dovute al sovraffollamento (es. morbillo, meningite, influenza, polmonite + le altre)• Tetano dopo le ferite

Cadaveri

• Non ci sono prove che i cadaveri costituiscano un rischio di epidemie dopo disastri naturali• La maggior parte degli agenti non sopravvive a lungo nel corpo umano dopo la morte• E’ più facile che siano i sopravvissuti ad essere sorgente di infezioni acute• Alcuni casi hanno bisogno di precauzioni specifiche, come le morti per colera o per febbri

emorragiche

Strategia del WHO per il controllo delle malattie infettive nelle emergenze umanitarie

• “Programma per il Controllo delle Malattie Infettive nelle Emergenze Umanitarie”, con base nel Gruppo Malattie Infettive (CDS) al WHO/HQ

• Il programma fornisce supporto tecnico e operativo per il controllo delle malattie infettive nelle emergenze complesse e nei disastri naturali a vari dipartimenti WHO, autorità nazionali, donatori, ONG e istituzioni internazionali

• Coordinazione tecnica di un gruppo di lavoro trasversale al WHO, il Gruppo di Lavoro per le Malattie Infettive nelle Emergenze (CD-WGE), che riunisce esperti di diverse malattie provenienti da diverse aree

• Supporto tecnico

Analisi della situazione, standards, linee guida, strumenti di controllo nuovi e

semplificati

Supporto tecnico e operazionale sul campo

Communicable Disease Working Group on Emergencies

CD-WGE

Costruzione della capacità di risposta, formazione

Rafforzamento di associazioni e reti internazionali e locali.

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Page 88: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

Sorveglianza

Cos’è la sorveglianza

• Processo continuo e sistematico di raccolta, analisi e utilizzo di dati sulla salute• “Occhi e orecchie della salute pubblica”• Alla sorveglianza va affiancata la risposta• Il WHO coordina la sorveglianza all’interno del gruppo per la salute• La sorveglianza non previene le malattie, le rileva soltanto• Controllo e risposta possono prevenire l’insorgere di nuovi casi• L’impatto è spesso difficile da quantificare

Fattori di rischio

• L’emergenza danneggia i servizi essenziali• Sovraffollamento, igiene e nutrizione povere• L’emergenza favorisce la trasmissione

Procedura

• Valutazione dei rischi per definire le minacce di malattie infettive• Moduli di sorveglianza per stilare la relazione• Distribuzione dei moduli ai collaboratori, consegna settimanale

- Allerta immediata per malattie prioritarie• Analisi e resoconto settimanale• Risposta coordinata se necessario.

In sintesi

• I campi di migranti interni sono particolarmente a rischio di trasmissione patogena enterica• Condizioni igienico-sanitarie inadeguate sono comuni• Rispondere rapidamente ed efficacemente è estremamente costoso• La pianificazione e il pre-posizionamento sono fondamentali• La distruzione delle infrastrutture essenziali facilita le epidemie• La sorveglianza è un metodo per rilevare esplosioni di epidemie• In caso di epidemia è necessaria un’ampia partecipazione di tutti i collaboratori

Mutamenti nell'esplosione di epidemie: allerta e risposta

Maggiori occasioni per l’esplosione di epidemie• Sviluppo di viaggi e commercio• Malattie animali passano agli umani• Urbanizzazione, povertà, degrado ambientale• Crisi di rifugiati e movimenti di popolazione

Minore capacità di risposta• Resistenza agli antibiotici• Collasso delle infrastrutture per la sanità pubblica.

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Page 89: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

Obiettivi futuri

• Migliorare la prontezza rinforzando la sorveglianza• Allerta molteplice• Rilievo e risposta a rischi conosciuti come all’inaspettato• Operazioni di allerta e risposta all’interno del WHO• Approccio multidisciplinare

Rete Globale di Allerta e Risposta all’Esplosione di Epidemie (GOARN)

• Nessuna istituzione è in grado di fronteggiare da sola l’esplosione di un’epidemia• WHO e GOARN mettono insieme le risorse dei collaboratori• Fondato nel 2000 da più di 130 istituzioni nel mondo• Rete multidisciplinare focalizzata su un rapido efficace supporto tecnico sul campo

- Epidemiologia- Laboratorio- Direzione clinica- Controllo infettivo- Mobilizzazione sociale- Antropologia medica- Comunicazione- Logistica- …

Cronologia

Allerta

Verifica

Valutazione dei rischi

Risposta sul campo

Epidemiologia Gestione del caso Mobilitazione sociale LogisticaSorveglianza Controllo infezioni ComunicazioneLaboratorio Sicurezza

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Fonti formali: MoH, uffici nazionali e regionali WHO

Fonti informali: media, ONG etc.

Fonti ufficiali: WHO, MoH… Fonti non ufficiali: ONG, WHO…Criteri di intervento:

• Alto tasso di malattie e mortalità

• Cause sconosciute• Potenziale espansione• Interferenze con viaggi e

commercio• Assistenza• Possibilità di spargimento

internazionale

GOARN, Rete Globale per Allerta e Risposta all’Esplosione

Page 90: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

Organizzazione generale della risposta alle epidemie

Mobilitazione socialeEducazione alla salute

Posters, radioComunità

Antropologia medicaGuaritori tradizionali

Gestione del caso Controllo dell’infezioneBarriera infermieristica

PPE (Equipaggiamento Protettivo Personale)Squadra di seppellimento

Cura del paziente

Coordinazione

LogisticaComunicazione

SicurezzaMateriale

StradePoliziaRadio

PersonaleVeicoli

EpidemiologiaSorveglianzaLaboratorio

Gestione dei datiRapportiDiagnosi

Raccolta di esempiReperimento del caso

Reperimento di contatti

Epidemiologia

• Sorveglianzao Identificazione dei casio Reperimento dei contatti

• Descrizione di luogo, ora, personao Gestione dei datio Strumenti GIS

• Per orientare le misure di controllo e stimare la loro efficacia

Laboratorio

• Laboratorio da campo e/o di riferimento• Diagnosi e diagnosi differenziale• Trasporto del campione• Esposizione del personale agli agenti patogeni

Gestione del caso e controllo dell’infezione

• Per ridurre le perdite e prevenire un’ulteriore espansione• Strutture sanitarie come potenziale sorgente di infezione• Esposizione del personale agli agenti patogeni• Equipaggiamento protettivo personale (PPE)• Isolamento, barriera infermieristica• Funerali

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MEDIA

Page 91: HUMARCH - Humanitarian Architecture - ITA

Mobilitazione sociale e antropologia medica

Serve a migliorare l’adesione alle misure di controllo, e dovrebbe essere tra le più rapide risposte all’esplosione

Obiettivi Strategia● Percezione della comunità● Voci circolanti● Credibilità della squadra, specie dei

volontari

● Combinazione● Mobilitazione comunitaria● Pubblicità● Uniformi

Logistica, comunicazione

• Supporta tutte le altre attività• I bisogni logistici si adattano alla situazione di emergenza• Materiali tecnologici• Dure condizioni lavorative e di vita

Sicurezza

• Priorità che condiziona le decisioni successive• Aderenza della squadra alle regole della sicurezza• Situazioni di conflitto con combattenti poco identificabili• Presenza militare.

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Media

• Presenza• Necessità• Specialisti

Mansehra, Kashmir 2005Ospedale da campo MSF, costituito da 9 tende gonfiabili, da adibire a principale centro ortopedico di riferimento per i feriti del distrettoL'ospedale ha 4 sale operatorie, un' unità di cura intensiva, una sala d'emergenza e 5 reparti con una capacità di 120 persone

Hikkaduwa, Sri Lanka 2005Dopo lo tsunami, per la mancanza di acqua pulita è stata necessaria una vasta campagna antimalarica

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L'obiettivo ultimo di ogni intervento umanitario è quello di favorire l'autonomia della comunità assistita e diminuirne la vulnerabilità, nella coscienza che un'adeguata gestione dell'emergenza possa evitare disastri. Il compito di architettura e urbanistica nell'azione umanitaria è principalmente quello di prevenire, minimizzare e riparare i danni che i disastri possono arrecare allo spazio fisico, collettivo e familiare di una comunità, supportando inoltre la risoluzione di problemi legati a salute, sicurezza, risorse idriche, logistica... Il contributo che architettura e urbanistica possono dare in fase di assistenza e riabilitazione, prima della cessione finale dello spazio, è necessario per condurre ad una ricostruzione fisica più sicura e sostenibile, con un effettivo vantaggio nello sviluppo delle strutture sanitarie, sociali ed economiche dopo il disastro. Una ricostruzione che sia già prevenzione e protezione.

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ALLEGATI

Allegato I: Mappe

Allegato II: Immagini aeree e satellitari

Allegato III: Foto

Allegato IV: Tende

Allegato V: Leggi

Allegato VI: Tabelle

Allegato VII: Reports fotografici

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Allegato I – Mappe

M01 - Rischi mortali per la popolazione

M02 - Benessere individuale

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M03 - Rischio di guerre civili

M04 - Emergenze Complesse 1996

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M05 - Migranti involontari

M06 - Profughi e rifugiati

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M07 - L'Autostrada dei Rifugiati

M08 - Ex rifugiati - returnees

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M09 - Sfollati

M10 - La criminalità organizzata prolunga il disastro

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M11 - Livello di sicurezza

M12 - Livello di sviluppo

M13 - Livello di democrazia

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M14 - Punti di rifornimento idrico nel campo di Abu Shouk, Darfur 2006

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M15 - Rimpatrio di rifugiati, Sudan 2006

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M16 – Corridoi di rimpatrio, Sudan 2006

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M17 – Mappa delle operazioni di rientro, Sudan 2005

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M18 - Ritorno e reintegro dei rifugiati - stazioni e varchi di confine, Sudan 2005

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M19 - Ritorno e reintegro dei rifugiati – Great Equatoria, Sudan 2005

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M20 - Terremoto, Pakistan 2005

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M21 - Campi di rifugiati al confine con l'Afghanistan, Pakistan 2005

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M22 – Tsunami, Indonesia 2004

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M23 – Divisioni territoriali colpite, Indonesia 2004

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M24 – Assistenza UNHCR, Indonesia 2005

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M25 – Morti per distretto, Indonesia 2005

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M26 – Case distrutte e danneggiate, Indonesia 2005

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M27 – Persone danneggiate, Indonesia 2005

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Allegato II – Immagini aeree e satellitari

A01 – Banda Aceh, Costa Nord pre-tsunami, Indonesia 2004

A02 - Banda Aceh, Costa Nord post-tsunami, Indonesia 2004

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A03 – Kalutara, Sri Lanka 2004

A04 – Kalutara - risacca pre-tsunami, Sri Lanka 2004

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A05 – Kalutara - impatto dello tsunami, Sri Lanka 2004

A06 – Kalutara - risacca post-tsunami, Sri Lanka 2004

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A07 – Gleebruk pre-tsunami , Indonesia 2004

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A08 - Gleebruk post-tsunami , Indonesia 2004

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A09 – Banda Aceh pre-tsunami, Indonesia 2004

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A10 – Banda Aceh post-tsunami, Indonesia 2004

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A11 – New Orleans pre-Katrina, Louisiana 2005

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A12 - New Orleans post-Katrina, Louisiana 2005

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A13 - Henderson Point Bay St Louis pre-Katrina, Louisiana 2005

A14 - Henderson Point Bay St Louis post-Katrina, Louisiana 2005

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A15 - New Orleans pre-Katrina, Louisiana 2005

A16 - New Orleans post-Katrina, Louisiana 2005

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A17 – Dauphin Island prima e dopo uragani Lili, Ivan e Katrina Alabama 2001 – 2004 – 2005

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A18 – Isole Chandeleur pre e post-Katrina, Louisiana 2001 e 2005

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A19 - Haret Hreik prima dei bombardamenti, Libano 2006

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A20 - Haret Hreik dopo i bombardamenti, Libano 2006

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A21 – Bir Kedouas prima degli attacchi Janjawid, Chad 2004

A22 – Bir Kedouas dopo gli attacchi Janjawid, Chad 2006

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A23 – Porta Farm prima di essere rasa al suolo, Zimbabwe 2002

A24 – Porta Farm dopo l'operazione Murambatsvina, Zimbabwe 2006

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A25 – Grozny dopo i bombardamenti, Repubblica Cecena 1999

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A26 – Gazzah prima delle demolizioni di massa, Palestina 2004

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A27 – Gazzah dopo le demolizioni di massa, Palestina 2005

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A28 – Baghdad, Iraq 2003

A29 – Baghdad, Iraq

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Allegato III – Foto

F01 - Danni allo spazio

Beirut, Libano 2007

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Kobe, Giappone 1995

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Aceh, Indonesia 2004

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New Orleans, LA 2005

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Rafah, Palestina 2006

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Baghdad, Iraq 2006

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Goma, Congo DRC 2002

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Gatumba, Burundi 2004

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Kokoba, Darfur 2004

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Taiwan 1999

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Sarajevo e Vulkovar, Bosnia Erzegovina 1992

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F02 – Campi

Bourj Al-Barajneh, Libano 2006

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Bella, Ingushetia 2000

Maslakh, Afghanistan 2002

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Karala, India 2004

Siberut, Indonesia 2001

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Abu Shouk, Sudan 2004

Buduburam, Ghana 2006

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Gerihun?, Sierra Leone 2002

Kakuma, Kenya 2002

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F003 – Acqua e servizi sanitari

Insediamento spontaneo a Durban, Repubblica Sudafricana 2000

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Sovraccarico delle fogne di Durban, Repubblica Sudafricana 2000

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Campo di rifugiati liberiani a Buduburam, Ghana 2003

Fiume vicino Lhok Nga, Indonesia 2004

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Pozzo a Farchana, Darfur 2004

Scavo di 5 m per latrine nel campo di Kebkabyia, Darfur 2004

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Rifornimento idrico giornaliero in campo profughi, Indonesia 2005

Serbatoio idrico ad Habila, Sudan 2007

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Allegato IV – Tende

TN01 - UNHCR LWET (Light Weight Emergency Tent)

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TN02 - IFRC LWET

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TN03 - LWWT – Light Weight Winter Tent

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TN04 - LWAST - Light Weight All Season Tent

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TN05 - Refugee Ridge Tent - Single fly, single fold

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TN06 - Refugee Ridge Tent - Single fly, double fold

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TN07 - UNHCR Ridge Type - Double fly, single fold

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TN08 - ICRC/IFRC Ridge Type - Double fly, double fold

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TN09 - UNHCR Standard Version Center Pole Tent - Double fly, double fold

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TN10 - Extreme Winter Climate - Double fly, single fold, double wall

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TN11 - UNHCR Frame Tent - Double fly, double fold

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TN12 - Multipurpose Frame Type Tent - Single fly, single fold, connectable

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TN13 - Hip Ended - Center Pole Tent - Single fly, double fold

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TN14 - South African Tent - Single fly, single fold

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TN15 - Round Family Tent - Single fly, single fold

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TN16 - Round Family Tent - Single fly, single fold

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TN17 - Bath Tent - Single Fly, Single Fold

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TN18 – OXFAM Emergency Family Shelter System – Istruzioni di montaggio

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Allegato V - Leggi

L01 - Le quattro Convenzioni di Ginevra, 12 agosto 1949

Condizioni generali, conferenza di 190 stati

Art. 1 – Responsabilità CollettivaArt. 2 – Ambito Materiale dell’ApplicazioneArt. 3 – Conflitti Armati Non-Internazionali (“Accordi Speciali”)Art. 4 – Applicazione Tramite Analogia (Poteri Neutrali)Art. 5 – Fine dell’ApplicabilitàArt. 6 – Accordi SpecialiArt. 7 – Inalienabilità dei DirittiArt. 8 – Poteri di SalvaguardiaArt. 9 – Diritto d’Iniziativa della Croce RossaArt. 10 – Sostituzione dei Poteri di SalvaguardiaArt. 11 – Uffici Competenti

Prima Convenzione di Ginevra: Feriti e malati

Art. 12 – Protezione e Cura (Fondamentale)Art. 13 – Ambiti Personali dell’Applicazione (“Persone Protette”)Art. 18 – Ruolo della PopolazioneArtt. 19-23 – Unità Mediche – FondazioniArtt. 24-32 – Edifici e MaterialiArtt. 35-37 – Trasporti MediciArtt. 38-44 – Emblema Distintivo, la Croce RossaArtt. 45-48 – Implementazione della ConvenzioneArt. 46 – Proibizione delle RitorsioniArtt. 49-51 – Repressione di Abusi e Infrazioni

Seconda Convenzione di Ginevra: Naufraghi

Art. 12 – Protezione e Cura (Fondamentale)Art. 13 – Ambiti Personali dell’Applicazione (“Persone Protette”)Artt. 19-23 – Unità Mediche – FondazioniArt. 20 – Navi OspedaleArtt. 24-32 – Personale MedicoArtt. 35-37 – Trasporti MediciArtt. 38-44 – Emblema Distintivo, la Croce RossaArtt. 45-48 – Implementazione della ConvenzioneArt. 46 – Proibizione delle RitorsioniArtt. 49-51 – Repressione di Abusi e Infrazioni

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Terza Convenzione di Ginevra: Prigionieri di guerra

Art. 4 – Ambiti Personali dell’Applicazione (“Persone Protette”)Artt. 12-16 – Protezione GeneraleArt. 13 – Trattamento Umano (Fondamentale)Artt. 17-108 – Prigionia

I. Inizio della Prigionia – II. Internamento – III. Lavori Forzati – IV. Risorse Finanziarie dei Prigionieri di Guerra – V. Relazioni con l’Esterno – VI. Relazioni con le Autorità

Artt. 109-121 – Fine della PrigioniaI.Rimpatrio e Sistemazione in Paesi Neutrali di Feriti, Malati e Prigionieri di Guerra – II. Rilascio e Rimpatrio di Prigionieri di Guerra alla Fine delle Ostilità – III. Morte dei Prigionieri di Guerra.

Artt. 126-143 – Implementazione, Messa in OperaArt. 126 – Visite della Croce RossaAnnessi: I. Accordo Tipo – Rimpatrio

I. Regolamentazione – Commissioni Mediche Miste

Quarta Convenzione di Ginevra: Civili

Artt. 13-26 – Protezione Generale della Popolazione CivileArt. 23 – Consegna delle Forniture Mediche, CiboArtt. 27-141 – Stato/Trattamento delle Persone Protette, Art. 27 – Trattamento – Osservaz. generaliI.Condizioni Comuni ai Territori delle Parti in Conflitto ed ai Territori Occupati – II. Alieni nel Territorio di una Parte in Conflitto – III. Territori Occupati – IV. Detenuti – V. Agenzia di Informazioni e Tracciato Centrale, Artt. 142-149 – Implementazione, Art. 143 – Visite

L02 - Protocolli Aggiuntivi I & II (1977)

Protocollo I – Conflitti Armati Internazionali, 8 giugno 1977

• Conferenza di 160 Stati• Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra• Protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali• 102 Articoli

- Campo d’applicazione (Art. 1)- Mezzi e Metodi della Guerra (Art. 35)- Stato di Combattenti e Prigionieri di Guerra (Art. 44 Guerriglia, Art. 47

Mercenari)- Protezione della popolazione civile dalle ostilità (Artt. 48-79)

Protocollo II – Conflitti Armati Non-Internazionali, 8 giugno 1977

• Conferenza di 153 Stati• Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra• Protezione delle vittime dei conflitti armati non-internazionali• 28 Articoli

- Campo d’applicazione (Art. 1)- Trattamento Umano (Artt. 4-6)- Feriti (Artt. 7-12)- Popolazione Civile (Artt. 13-18)

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L03 - Altre leggi e trattati

Legge di Hague (1899-1954)

Regolamenta i conflitti armati, l’uso della forza, l’apertura delle ostilità, diritti e doveri dei combattenti e dei poteri neutrali.

• 1907 – IV Convenzione di Hague: Convenzione sul Rispetto delle Leggi e dei Costumi della Guerra su Terra

• 1925 – Protocollo di Ginevra sulla Convenzione di Hague: Protocollo sulla Proibizione dell’uso in Guerra di Gas Asfissianti, Velenosi o Altri Gas, e della Guerra Batteriologica

• 1954 – Convenzione di Hague per la Protezione della Proprietà Culturale in Caso di Conflitto Armato (UNESCO).

Legge di New York

• Convenzione sulla Proibizioni o Restrizioni sull’Uso di Alcune Armi Convenzionali che Possono Essere Considerate Eccessivamente Dannose o Dagli Effetti Indiscriminati. Ginevra, 10 ottobre 1980

• Protocollo I su Frammenti non-Distaccabili• Protocollo II su Proibizioni e Restrizioni sull’Uso di Mine, Trappole Esplosive ed Altri

Dispositivi• Protocollo III su Proibizioni e Restrizioni sull’Uso di Armi Incendiarie• Protocollo IV su Armi Laser Accecanti (1995).

Trattato di Ottawa, 1997

Convenzione sulla Proibizione di Uso, Stoccaggio, Produzione e Trasferimento di Mine Anti-Uomo e sulla loro Distruzione.

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L04 - Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

Articolo 1Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Articolo 21) Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.

2) Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico internazionale del paese o del territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.

Articolo 3Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Articolo 4Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.Articolo 5Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizioni crudeli, inumane o degradanti.

Articolo 6Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.

Articolo 7Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.

Articolo 8Ogni individuo ha diritto ad un'effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.

Articolo 9Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

Articolo 10Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri nonché della fondatezza di ogni accusa penale gli venga rivolta.

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Articolo 111) Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa.

2) Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetuato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà deI pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.

Articolo 12Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesioni del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.

Articolo 131) Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.

2) Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornarvi

Articolo 141) Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.

2) Questo diritto non potrà essere invocato qualora l'individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.

Articolo 15Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza. 2) Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.

Articolo 161) Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento.

2) Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.

3) La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.

Articolo 171) Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri.

2) Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.

Articolo 18Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.

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Articolo 19Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Articolo 201) Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.

2) Nessuno può essere costretto a far parte di un'associazione.

Articolo 211) Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.

2) Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese.

3) La volontà popolare è il fondamento dell'autorità del governo; tale volontà deve sere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.

Articolo 22Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l'organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.

Articolo 231) Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.

2) Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.

3) Ogni lavoratore ha diritto ad una remunerazione soddisfacente che assicuri a lui e alla sua famiglia un'esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, da altri mezzi di protezione sociale.

4) Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.

Articolo 24Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.

Articolo 251) Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.

2) La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.

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Articolo 261) Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L'istruzione elementare deve essere obbligatoria. L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.2) L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.

3) I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.

Articolo 271) Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.

2) Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.

Articolo 28Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.

Articolo 291) Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.

2) Nell'esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.

3) Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e i principi delle Nazioni Unite.

Articolo 30Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuni dei diritti e delle libertà in essa enunciati.

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Allegato VI – Tabelle

T01 – Riduzione dei Rischi di Disastro – Good Practice Review #9 Marzo 2004

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T02 – Stato dei Rifugiati 2006 - Pubblicazione UNHCR

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T03 – Tipi di tende familiari

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T04 – Standards e indicatori logistici, fisici e sociali (OCHA)

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T05 - Confronto tra tende esistenti e prototipi

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T06 - Confronto tra i vari modelli di tenda

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Tende in cotone

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Confronto tra i teli delle tende

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T07 – Bilanci e piani finanziari

Bilancio COOPI 2005

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Bilancio generale InterSOS 2001

Bilancio InterSOS 2005

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Allegato VII – Reports fotografici

R01 - Missione HIC al campo profughi di Conneh - Kakata, Liberia 2003

Edificio amministrativo del campo

Latrine

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Bambini assistono ad un incontro

Chiesa e disabili

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Capanna familiare

Vista sul campo

Strada di accesso al campo

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Campanile improvvisato

Centro di reperimento ICRC-LFRC

Latrine nel settore amministrativo

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Ricostruzione latrine

Costruzione latrine

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Centro medico della Croce Rossa liberiana

Piazza all'ingresso del campo

Costruzione di nuove capanne

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Una delle 6 pompe d'acqua manuali

Zona di nuova espansione del campo

Vista del campo dal centro

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R02 - Campi HIC a Totota, nella contea di Bong, Liberia 2003

Ispettori UNHCR e HIC cercano di stabilire i confini del campo

Capanne di fango unifamiliari, il tetto è costituito da foglie di palma coperte da un telo

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Fondazioni per latrine

Ingresso del campo E.J. Yancey

Riunione con la direzione del campo Maimu 1

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Pompa idraulica manuale nel campo Maimu 3

Tubatura nel campo Maimu 3

Centro di reperimento

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Due file di shelters

Pozzo profondo molti metri

Vista sull'area di futura espansione

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R03 – HIC in Harper Town, Liberia 2003

Harper Port I

Banchina di Harper Port I

Harper Town

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Harper Town

Harper Town

Scarico veicoli ONU e ONG

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Campo di transito UNHCR fuori dalla città di Pleebo

Confine tra Costa d'Avorio e Liberia

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R04 – HIC e Progetto Nazionale Mappatura Villaggi, Liberia 2004

Incontro con i capi-clan

Margibi Workshop

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Bensonville Workshop

Esempio di piccolo villaggio

Rete stradale rudimentale

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Un villaggio più ampio

Cittadina vista da uno shuttle

Vista aerea di città

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R05 - Trasferimento di rifugiati UNHCR dopo le alluvioni di Dadaab, Kenya '06

Le alluvioni hanno colpito circa 100.000 rifugiati, principalmente nel campo Ifo. La strada che congiunge Dadaab al resto del Paese è stata interrotta dalle piogge, bloccando la fornitura di aiuti via terra. Per mettere al sicuro i rifugiati è stato necessario reinsediarli nel campo di Hagadera, situato a quota maggiore.

Il carburante per veicoli e generatori è stato portato con un ponte aereo

Dopo lo straripamento delle latrine i rifugiati si ritraggono dal terreno acquitrinoso

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Lo stato nutrizionale dei rifugiati peggiora

Le alluvioni improvvise hanno causato un innalzamento d'acqua di mezzo metro l'ora

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La distribuzione del cibo viene spostata nel mercato

L'area per la distribuzione del cibo allagata

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R06 - Lancio di aiuti UNHCR dopo le alluvioni di Dadaab, Kenya 2006

Dadaab è un complesso di 3 campi che ospita circa 160.000 rifugiati, prevalentemente somali. Le alluvioni hanno isolato la zona rendendo impossibile l'accesso su strada. Nell'operazione sono stati reinsediati circa 14.000 rifugiati.

C-130 americani lanciano oltre 200 tonnellate di fogli in plastica, zanzariere, coperte...

Dopo le inondazioni nessuna strada conduce al campo di Dadaab

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Solco lasciato dai lanci senza paracadute

Aiuti UNHCR caricati su un camion della Croce Rossa

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Raccolta delle zanzariere lanciate, prevedendo l'avvicinarsi della stagione malarica

Camion della Croce Rossa diretto al campo Ifo 2, la distribuzione si protrarrà per una settimana

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Dopo le alluvioni molte famiglie si sono spostate a quote più alte

Distribuzione dei teli in plastica

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R07 - Affrontare l'inverno dopo il terremoto (UNHCR), Pakistan 2005

Nonostante l'inverno sia stato meno freddo del previsto, i sopravvissuti hanno comunque dovuto affrontare temperature particolarmente basse, forti piogge, frane etc. Nella provincia nord-ovest sono state installate tende comunitarie riscaldate, mentre in Kashmir, per una questione di spazio si è optato per tende unifamiliari dotate di stufa.

Chikar, vicino Muzaffarabad in Kashmir

Sopravvissuti nel campo Thori

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Lo staff UNHCR spiega come installare stufe a cherosene

Un rifugiato afghano insegna a costruire una cappa con mattoni e creta

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Rifiniture di un focolare afghano

Sopravvissuti nel campo di Bella Noor Shah ricevono le forniture UNHCR

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R08 - Primo responso UNHCR, Pakistan 2005

Nel rispondere all'emergenza post-disastro l'UNHCR ha esaurito in pochi giorni le riserve locali di aiuti, per poi attingere ai magazzini sparsi nel mondo tramite ponti aerei.

Muzafarrabad dopo il terremoto

Il crollo del ponte ha isolato Muzafarrabad dalle aree circostanti

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Casa distrutta nel distretto di Mansehra

Moschea distrutta

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Il principale bazaar di Balakot distrutto dal terremoto

Scuola distrutta, nel crollo sono morti 45 bambini

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R09 - Portare gli aiuti UNHCR prima dell'inverno, Pakistan 2005

Il problema più grande è stato quello di portare gli articoli di emergenza UNHCR nelle aree più remote della provincia, prima della stagione invernale. Entro novembre sono state consegnate 240 tonnellate di tende, coperte, stufe e cucine.

Un elicottero porta generi di soccorso nella valle Leepa

Sopravvissuti nel campo Batagram I, nella provincia nord-occidentale

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Scuola elementare improvvisate nel campo di Jalalabad, in Muzaffarabad

Una squadra mobile costruisce latrine nel campo di Ghazikot, vicino Mansehra

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Rifornimento d'acqua nel campo di Garri Gabib Ullah, vicino Balakot

Riunione dei funzionari pakistani per la pianificazione del sito

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Costruzione di una cucina comunitaria nel campo di Bassian, vicino Balakot

Pronto soccorso a Garri Gabib Ullah

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Danni a Balkot

Volontari pakistani montano le oltre 500 tende UNHCR in un campo vicino Muzaffarabad

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R10 - Lotta contro il clima (UNHCR), Pakistan 2005

Con l'avvicinarsi dell'inverno gli interventi umanitari nell'area sono stati velocizzati ed è stata necessaria una coordinazione con le forze aeree Nato per il trasporto degli aiuti da Iskenderun, Copenhagen, Dubai e Jordan.

Danni a Balkot

Tende e coperte organizzate per il trasporto a Incirlik, Turchia

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Carico in partenza

Dopo essere stati raccolti a Islamabad gli aiuti verranno distribuiti alle comunità

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Campo di Balkot

Arrivo degli aiuti in un insediamento spontaneo

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Distribuzione delle forniture

Campo di Bassian, 2.100 persone stanno in un campo di 400 tende

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R11 - Gli aiuti UNHCR iniziano ad arrivare, Pakistan 2005

L'UNHCR di solito non si occupa dei disastri naturali ma, date le proporzioni dei danni e la presenza di 887.000 rifugiati afghani nell'area ha dovuto intervenire rapidamente unendosi ad altre iniziative ONU.

Mattoni di fango per la ricostruzione delle case a Barary

Insediamento improvvisato sulla strada a Balakot

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Circa 30 famiglie per un totale di 150 persone provenienti dal villaggio di Boli vivono lungo il fiume, a Balakot. Gli insediamenti situati lungo i fiumi rischiano di contaminare quelli a valle

Magazzino in Afghanistan, gli aiuti raccolti prima della consegna

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R12 - Il primo rimpatrio ufficiale di rifugiati UNHCR, Sudan 2005

Dopo 21 anni di guerra civile molti rifugiati sudanesi sono tornati dall'esilio. Il primo ritorno ufficialmente assistito dall'UNHCR è stato quello di un gruppo dal campo di Kakuma, in Kenya. La sfida è quella di coniugare l'assistenza agli ex rifugiati con quella alle comunità locali.

Il Sudan del sud è grande quanto Francia e Germaniaed ha soli 14 km di strada asfaltata

Ex rifugiati di ritorno dal Kenya alla periferia di Bor

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Nonostante l'assenza di servizi di base molti rifugiati sono rientrati spontaneamente

Scuola elementare a Yei

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R13 - Preparazione al ritorno dei rifugiati UNHCR, Sudan 2005

Dopo la fine della guerra civile il Sudan si trova ad avere 4.000.000 di profughi e circa 500.000 rifugiati di ritorno. Varie agenzie hanno organizzato la ricostruzione di infrastrutture distrutte e la costruzione di strutture mai esistite, avviando programmi di autosostentamento.

Lezioni di falegnameria al Vocational Training Center

Fori di proiettile sulla facciata di una scuola

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Lo sminamento è essenziale per il rimpatrio dei rifugiati

UNHCR finanzia progetti a beneficio degli ex rifugiati e delle comunità già presenti

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Scuola

Costruzione di una scuola secondaria a Yari

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Scuola a Yei

Corso di costruzioni del Vocational Training Center, produzione di mattoni

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R14 - Le immediate conseguenze dello tsunami (UNHCR), Sri Lanka 2005

Dopo lo tsunami in Sri Lanka circa 890.000 persone sono rimaste sfollate, tra cui quelle che già lo erano a causa dei conflitti a nord. Prima dello tsunami UNHCR ha assistito circa 390.000 persone disperse dalla guerra. Per far fronte all'emergenza è stato necessario espandere la capacità logistica e la capienza dei magazzini.

L'onda ha spinto le imbarcazioni da pesca lontano, nell'entroterra

Edifici distrutti nel distretto di Point Pedro

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L'onda ha abbattuto gli alberi, facendoli cadere sulle case

Carico di aiuti di base destinati al distretto di Trincomalee

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Raccolta di mattonelle da un edificio distrtutto

Galle, Sri Lanka del sud

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I sopravvissuti ricevono il necessario per lavare gli indumenti

Clinica mobile

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R15 - Fine del programma UNHCR post-tsunami, Sri Lanka 2005

In un anno UNHCR ha coordinato la costruzione di circa 60.000 shelters a Jaffna ed Ampara, scaduto il mandato il controllo del settore è stato affidato al governo dello Sri Lanka. UNHCR resta presente nell'area per assistere ex rifugiati e IDPs.

Pozzo idrico a Nathampiron, Jaffna

Shelters per profughi di guerra colpiti dallo tsunami

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Il campo UNHCR di Manatkadu ospita 210 famiglie

Shelters provvisori

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R17 – Ricostruzione UNHCR post-tsunami in Aceh, Indonesia 2005

UNHCR ha assistito circa 100.000 sopravvissuti allo tsunami nella provincia di Banda Aceh in due tempi: operazioni di emergenza per i primi 3 mesi, ritiro e poi assistenza alla ricostruzione di case, scuole, centri comunitari etc.

Le prime case costruite sulla costa ovest di Aceh

Edilizia abitativa nel villaggio di Keude Krueng Sabee

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Tagaule, uno dei tre villaggi sommersi sull'isola di Nias

Bozihona, villaggio colpito da un terremoto post-tsunami

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Verifica della proprietà di ogni singola porzione di territorio prima della costruzione

Raccolta di legname a Tagaula

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Centro comunitario a Padang Datar, nel distretto di Krueng Sabee

Ultimazione di una delle case-modello Keude Krueng Sabee

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R16 - Sviluppo dopo lo tsunami (UNHCR), Somalia 2005

L'intervento ONU/UNHCR ha portato assistenza ai 45.000 somali che vivevano sui 650 km di costa tra Hafun e Garaad, nell'area conosciuta come Putland. Ad un anno di distanza altri partners stanno investendo in progetti di sviluppo che comprendono la costruzione di scuole, strutture sanitarie, strade etc.

800 edifici distrutti ad Hafun, costruita alcuni metri sotto il livello del mare

Insediamenti di emergenza improvvisati a quota leggermente più alta

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Le macerie di una moschea

Pescatori tentano di recuperare una rete sepolta sotto 1 m di sabbia

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Costruzione di un centro di risorse per donne tramite un'ONG somala

Gli aiuti UNHCR provengono dai magazzini di Nairobi

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UNHCR ha fornito pentole, coperte, utensili, materassi etc.

I centri per donne potrebbero diventare strutture di riferimento per tutta la costa

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R18 – Job Creation Program nel distretto di Al Shekan, Iraq 2004

Il Job Creation Team del COOPI si occupa di finanziare iniziative utili alle comunità assistite, per dare lavoro alla popolazione locale. Spesso si tratta di iniziative modeste, da gestire con un bilancio in cui prevalgano i costi di manodopera, per incoraggiare gli sfollati ad acquisire la gestione del proprio spazio.

L'area prima dell'intervento

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Sgombero e pulizia del sito

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Area ricreativa prima e durante i lavori

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R17 – Report CMAQ,: case di zinco nel campo di Burj el-Shemali, Libano 2005

Circa 20.000 rifugiati palestinesi vivono a Burj el-Shemali, uno dei più poveri campi del Libano

Le strutture improvvisate di zinco sono in pessime condizioni, senza fondazioni né acqua

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La maggior parte delle strutture in zinco sono state costruite dalla popolazione locale durante la guerra civile che aveva distrutto vaste aree del campo

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Durante la stagione delle piogge la maggior parte delle coperture di zinco crollano

Nel campo si trovano anche strutture costruite secondo metodi tradizionali

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Interno di una delle case di zinco alluvionate ad ogni stagione delle piogge

Il centro di Beit Atfal al-Sumoud è l'unico luogo sicuro per l'infanzia

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Il degrado del campo

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RINGRAZIAMENTI

Valeria FabbroniRoger Mburente

Larry HollingworthKevin M. CahillTalal Al Bayati

Joyce KagoRené De Vries

Brendan H. CahillCarlos E. Mejia

Ghassem Fardanesh

prof. Francesco Karrer

Amici, colleghi e musicisti

La mia famiglia

I miei genitori

Vorrei infine dedicare il mio lavoro a tutte le vittime civili di guerre e disastri,e a tutti gli amici umanitari attualmente impegnati nelle emergenze complesse.

Bam, Iran 2004