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La nuova ecologia / MAGGIO 2010 72 di Elisa Palagi Da Cipsi e ChiAma l’Africa arriva la proposta di un Nobel per la pace collettivo, da assegnare nel 2011 a tutte le donne africane. Per valorizzare il loro impegno quotidiano a favore di una società più giusta onna, di nome, Africana, di cognome. Un Nobel per la pace alla Donna Africana per riconoscere a tutte le appartenenti alla categoria il giusto valore, quasi fossero uniche come un individuo e salde come un’istituzione. Questa figura racchiude in sé tante storie, spesso segnate da terribili violenze ma anche da costanza, idee, spunti per ripartire, ricchezza interiore. «Da sempre la donna africana subisce sopraffazioni e vive nella fatica totale, ma rimane una fonte di energia e di sogni – afferma Angela Spencer, presidente dell’associazione Donne capoverdiane in Italia, originaria di Capo Verde – Le donne in Africa ricoprono un ruolo di primo piano nella gestione dell’economia, domestica e non solo, nella formazione, nell’educazione sanitaria, nella definizione di forme di sviluppo sociale, nella politica, nel mantenimento della pace». D culture NON SOLO MICROCREDITO Tradizionalmente si occupano del commercio, tanto che l’antropologo Marco Aime ha definito i mercati africani come spazi esclusivamen- te femminili, ma anche di agri- coltura e lavorazione di prodotti agricoli. Grazie alle donne sono nate migliaia di piccole imprese con il sistema del microcredito, ed è possibile portare avanti le battaglie contro le pratiche tradi- zionali dell’infibulazione e della mutilazione genitale o contro la diffusione dell’Hiv e della mala- ria. Il loro lavoro appare enor- me se si pensa alle condizioni di vita in cui si trovano ad operare: malnutrizione, guerre, maschili- smo, scarsità di acqua, malattie. «Nemmeno sognare a volte è L’AFRICA CHE CAMMINA

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La nuova ecologia / maggio 201072 maggio 2010 / La nuova ecologia

di Elisa Palagi

Da Cipsi e Chiama l’africa arriva la proposta di un Nobel per la pace collettivo, da assegnare nel 2011 a tutte le donne africane. Per valorizzare il loro impegno quotidiano a favore di una società più giusta

onna, di nome, Africana, di cognome. Un Nobel per la pace alla Donna Africana per riconoscere a tutte le appartenenti alla categoria il giusto valore, quasi fossero uniche come un individuo e salde come un’istituzione. Questa figura racchiude in sé tante storie, spesso segnate da terribili violenze ma anche da costanza, idee, spunti per ripartire, ricchezza interiore. «Da sempre la donna africana subisce sopraffazioni e vive

nella fatica totale, ma rimane una fonte di energia e di sogni – afferma Angela Spencer, presidente dell’associazione Donne capoverdiane in Italia, originaria di Capo Verde – Le donne in Africa ricoprono un ruolo di primo piano nella gestione dell’economia, domestica e non solo, nella formazione, nell’educazione sanitaria, nella definizione di forme di sviluppo sociale, nella politica, nel mantenimento della pace».

D

culture

non solo microcreDito Tradizionalmente si occupano del commercio, tanto che l’antropologo Marco Aime ha definito i mercati africani come spazi esclusivamen-te femminili, ma anche di agri-coltura e lavorazione di prodotti agricoli. Grazie alle donne sono nate migliaia di piccole imprese con il sistema del microcredito, ed è possibile portare avanti le battaglie contro le pratiche tradi-zionali dell’infibulazione e della mutilazione genitale o contro la diffusione dell’Hiv e della mala-ria. Il loro lavoro appare enor-me se si pensa alle condizioni di vita in cui si trovano ad operare: malnutrizione, guerre, maschili-smo, scarsità di acqua, malattie. «Nemmeno sognare a volte è

l’africa che cammina

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sta muovendo per raggiungere il numero più alto possibile di soste-nitori, obiettivo almeno 2 milioni di firme, persone comuni in tutti i continenti, ma anche parlamen-tari, nobel per la pace degli anni passati. Dall’Italia è già arrivato il sostegno di diversi politici di tutti gli schieramenti, oltre che di alcune regioni, province e comu-ni. Occasione di sensibilizzazione sarà il seminario internazionale

permesso, se ne prova vergogna, tanto sfiancante è il lavoro quoti-diano, ma nonostante il corpo di-sastrato, i pesi da portare, i piedi lacerati, resta viva la dignità e la speranza che i figli abbiano un ruolo determinante nel costruire una società più giusta», continua Angela Spencer. continente in pieDiLa campagna Noppaw (Nobel pe-ace prize for american women) nasce nel periodo di natale del-lo scorso anno, in un quartiere popolare di Dakar durante un seminario internazionale dal ti-tolo Nuovo patto di solidarietà tra Europa e Africa, su iniziativa del Cipsi, coordinamento di 48 asso-ciazioni di solidarietà internazio-nale, e ChiAma l’Africa. «L’idea è scaturita dall’esperienza di tanti gruppi che guardano la cultura profonda dell’Africa, lavorando a progetti non solo di sviluppo, ma di conoscenza – racconta Eugenio Melandri, direttore della rivista del Cipsi Solidarietà internazio-nale – in modo graduale, entran-do in contatto con l’Africa che non sta seduta ma è in piedi, cammi-na e guarda avanti, ci siamo resi conto che il primo soggetto di que-sto continente che avanza sono le donne, non solo le grandi donne dei vertici internazionali, ma quelle feriali, quotidiane». Il logo dell’iniziativa è composto da una donna che cammina e lascia le sue tracce trasportando sul capo l’Africa intera, con lo stesso gesto con cui ogni giorno tante madri mogli e figlie portano un cesto di ortaggi o un catino d’acqua.

un premio inusualeLa proposta di Noppaw è inusua-le, il premio è andato più volte a organizzazioni, come Medici senza frontiere nel 1999 o la Campagna per il bando delle mine antiuomo nel 1997, ma per la prima volta sarebbe assegnato a un gruppo di persone così vasto e formalmente non aderente ad alcuna associa-zione. Il comitato promotore si

ariana Chiesa è argentina, nipote di migranti spagnoli e vive e lavora oggi in italia.

E’ un’illustratrice, attraverso il suo tratto delicato e intelligente, cerca di raccontare la “solita” storia delle migrazioni. Perché le migrazioni si assomigliano tutte, anche se ce ne siamo dimenticati. Migrando è un libro bifronte che si può leggere da un verso o dall’altro: le due storie si uniscono al centro del libro, per chi pensa che i mari uniscano e non dividano. Non c’è testo, solo disegno per far sì che sia comprensibile ad una prima occhiata in qualsiasi paese. Per ora è stato pubblicato in italia, in Francia e in Portogallo, edito da orecchio acerbo, in collaborazione con amnesty international.Sono quindi due migrazioni ad essere raccontate attraverso le immagini. Quella dei bastimenti carichi di europei verso

le americhe. E siamo qui ai primi del Novecento con le valigie di cartone e la paura, in navi cariche di italiani, spagnoli, irlandesi, tedeschi, polacchi e francesi. Si gira il libro e si racconta la migrazione di oggi, dove carrette del mare solcano il nostro mar mediterraneo piene di africani che

cercano di raggiungere le coste europee. «La via delle immagini può essere, a volte, e non solo per i più piccoli, la strada più efficace - spiega Christine Weise presidente della sezione italiana di amnesty intenational - Questo libro, silenzioso ed eloquente, ne è una gradita testimonianza. abbiamo davvero bisogno, oggi più che mai, di molto colore e di molta fantasia per impedire a questo nostro mondo di farsi

grigio, come i muri, come il filo spinato, come il ferro dei cannoni...Questa piccola, creazione può aiutarci a guardare al futuro con la voglia di capire di più e con la voglia di sentirci tutti più vicini, figli e naviganti di uno stesso grande mare» .(Rossella Reali)

orecchio acerbo, dai 6 anni in su, pp. 68, 2010, euro 13

libri bifronteMigrando è venduto in collaborazione con Amnesty international

Portano sulle spalle i pesi e le spe-ranze dell’Africa, previsto a Dakar dal 21 al 26 settembre, per appro-fondire al femminile i temi della democrazia, delle trasformazioni sociali, della previsione dei con-flitti, della gestione ambientale, aperto a tutti. Le diverse iniziative di Noppaw, da monitorare sul sito, si concluderanno l’8 marzo 2011, data simbolica che coincide più o meno col termine per la presen-tazione della candidatura.

«La vita, che in Africa è ce-lebrata in continuazione, è retta dalle donne in tutti i suoi aspetti, dal sostentamento della famiglia alla tutela della salute e dell’edu-cazione, all’impegno concreto per la pace» conclude Eugenio Melandri, richiamando alla men-te un episodio vissuto anni fa in Congo, quando le donne scesero in piazza a mammelle scoperte gridando «non vogliamo più nu-trire figli per la guerra».i www.noppaw.org

angela spencer, presidente dell’associazione Donne capoverdiane in italia

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