Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia...

25
MASSIMILIANO KOLBE (Zduńska Wola, 8 gennaio 1894 – Auschwitz, 14 agosto 1941). BIOGRAFIA L'infanzia e gli studi Nato con il nome di Raimondo Kolbe, in una famiglia dalle condizioni economiche modeste in una zona polacca sotto il controllo della Russia; padre tedesco, Julius Kolbe, e madre polacca, Maria Dabrowska, aveva quattro fratelli. A tredici anni cominciò a frequentare la scuola media dei francescani a Leopoli. Il 4 settembre 1910 vestì come novizio l'abito francescano assumendo il nome di Massimiliano. L'anno successivo venne inviato a Cracovia e quindi a Roma per continuare gli studi in filosofia e teologia. Nel 1914 professò i voti perpetui. Nel 1917, sulla scia dell'impegno teologico e intellettuale che i francescani avevano speso nei secoli per promuovere il riconoscimento dell'Immacolata Concezione di Maria, fondò assieme ad alcuni confratelli la "Milizia dell'Immacolata". L'obiettivo era dare continuità anche sul fronte esistenziale e pastorale al legame dei Frati Minori Conventuali con Maria, diffondendone nel mondo la devozione, anche attraverso la stampa. Kolbe era infatti consapevole di doversi impegnare in un periodo storico difficile, caratterizzato dall'emergere di ideologie totalitarie e dalle sfide sociali poste dall'industrializzazione, dal materialismo e, appunto, dallo sviluppo dei mass-media. Negli anni vissuti a Roma, Kolbe contrasse la tubercolosi che, tra alti e bassi, lo accompagnò per il resto della vita. Il 28 aprile 1918 venne ordinato sacerdote nella basilica di Sant'Andrea della Valle, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia. Il ritorno in Polonia Nel 1922 uscì il primo numero del Cavaliere dell'Immacolata (Rycerz Niepokalaney), la rivista della Milizia dell'Immacolata, l'associazione fondata da Kolbe a Roma nel 1917. Nel 1927 fondò in Polonia, non lontano da Varsavia, un convento chiamato Niepokalanów, cioè Città di Maria, dotato di una tipografia e di un seminario missionario. Nel convento di Niepokalanów, in Polonia, alla vigilia del 1

Transcript of Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia...

Page 1: Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia. Il ritorno

MASSIMILIANO KOLBE(Zduńska Wola, 8 gennaio 1894 – Auschwitz, 14 agosto 1941).

BIOGRAFIA

L'infanzia e gli studiNato con il nome di Raimondo Kolbe, in una famiglia dalle condizioni economiche modeste in una zona polacca sotto il controllo della Russia; padre tedesco, Julius Kolbe, e madre polacca, Maria Dabrowska, aveva quattro fratelli. A tredici anni cominciò a frequentare la scuola media dei francescani a Leopoli.Il 4 settembre 1910 vestì come novizio l'abito francescano assumendo il nome di Massimiliano. L'anno successivo venne inviato a Cracovia e quindi a Roma per continuare gli studi in filosofia e teologia.Nel 1914 professò i voti perpetui.Nel 1917, sulla scia dell'impegno teologico e intellettuale che i francescani avevano speso nei secoli per promuovere il riconoscimento dell'Immacolata Concezione di Maria, fondò assieme ad alcuni confratelli la "Milizia dell'Immacolata". L'obiettivo era dare continuità anche sul fronte esistenziale e pastorale al legame dei Frati Minori Conventuali con Maria, diffondendone nel mondo la devozione, anche attraverso la stampa. Kolbe era infatti consapevole di doversi impegnare in un periodo storico difficile, caratterizzato dall'emergere di ideologie totalitarie e dalle sfide sociali poste dall'industrializzazione, dal materialismo e, appunto, dallo sviluppo dei mass-media.Negli anni vissuti a Roma, Kolbe contrasse la tubercolosi che, tra alti e bassi, lo accompagnò per il resto della vita. Il 28 aprile 1918 venne ordinato sacerdote nella basilica di Sant'Andrea della Valle, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia.

Il ritorno in PoloniaNel 1922 uscì il primo numero del Cavaliere dell'Immacolata (Rycerz Niepokalaney), la rivista della Milizia dell'Immacolata, l'associazione fondata da Kolbe a Roma nel 1917.Nel 1927 fondò in Polonia, non lontano da Varsavia, un convento chiamato Niepokalanów, cioè Città di Maria, dotato di una tipografia e di un seminario missionario. Nel convento di Niepokalanów, in Polonia, alla vigilia del conflitto mondiale vivevano all'incirca un migliaio di persone tra frati professi, novizi e seminaristi. Era uno dei conventi cattolici più grandi al mondo, ed era quasi una città autonoma. Nei primi anni della guerra offrì riparo a numerosi rifugiati polacchi, compresi molti ebrei.Missionario in Giappone Pur con un fisico indebolito dalla tubercolosi, nel 1930, Kolbe partì come missionario fino a Nagasaki, in Giappone. Qui curò la pubblicazione di una rivista (Mugenzai no Seibo no Kishi) ed edificò un convento che prese il nome di Mugenzai no Sono (Giardino dell'Immacolata).Gli ultimi anni in Polonia

1

Page 2: Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia. Il ritorno

Nel 1936 Kolbe lasciò definitivamente il Giappone, rientrando in Polonia dedicandosi al rafforzamento di Niepokalanow. Gli eventi in Europa però precipitarono. La Polonia venne occupata dai nazisti e Kolbe fu arrestato dalle truppe tedesche il 19 settembre 1939 insieme ad altri 37 confratelli. Dopo quasi tre mesi di prigionia, Kolbe venne liberato l'8 dicembre ad Ostrzeszów.Tornato a Niepokalanów, la trovò bombardata e presto la trasformò in ospedale e asilo per migliaia di profughi. La sua libertà però durò poco. Il 17 febbraio 1941 Kolbe venne nuovamente e definitivamente arrestato dalla Gestapo.La morte ad AuschwitzIl 28 maggio 1941 Kolbe giunse nel campo di concentramento di Auschwitz, dove venne immatricolato con il numero 16670 e addetto a lavori umilianti come il trasporto dei cadaveri. Nonostante fosse vietato, Kolbe in segreto celebrò due volte una messa e continuò il suo impegno come presbitero.Alla fine del mese di luglio dello stesso anno venne trasferito al Blocco 14 e impiegato nei lavori di mietitura. La fuga di uno dei prigionieri causò una rappresaglia da parte dei nazisti, che selezionarono dieci persone della stessa baracca per farle morire nel cosiddetto bunker della fame.Quando uno dei dieci condannati, Franciszek Gajowniczek, scoppiò in lacrime dicendo di avere una famiglia a casa che lo aspettava, Kolbe uscì dalle file dei prigionieri e si offrì di morire al suo posto.Kolbe venne quindi rinchiuso nel bunker del Blocco 11. Dopo due settimane di agonia senza acqua né cibo la maggioranza dei condannati era morta di stenti, ma quattro di loro, tra cui Kolbe, erano ancora vivi e continuavano a pregare e cantare inni a Maria. La calma professata dal sacerdote impressionò le SS addette alla guardia, per le quali assistere a questa agonia si rivelò scioccante. Kolbe e i suoi compagni vennero quindi uccisi il 14 agosto 1941, vigilia della Festa dell'Assunzione di Maria, con una iniezione di acido fenico. Il loro corpo venne cremato il giorno seguente, e le ceneri disperse.Secondo la testimonianza di Franciszek Gajowniczek, ad Hans Bock, delinquente comune, capoblocco dell'infermeria dei detenuti che gli fece l'iniezione mortale nel braccio, Padre Kolbe disse: «Lei non ha capito nulla della vita...» e mentre questi lo guardava con fare interrogativo, soggiunse: «...l'odio non serve a niente... Solo l'amore crea!». Le sue ultime parole, porgendo il braccio, furono: «Ave Maria».L'espressione "Solo l'amore crea" fu ricordata più volte da Paolo VI nel 1971 in occasione della beatificazione di Kolbe.Franciszek Gajowniczek riuscì a sopravvivere ad Auschwitz. Tornato a casa, trovò sua moglie viva, ma i suoi due figli erano rimasti uccisi durante un bombardamento russo. Morì nel 1995.Massimiliano Kolbe santoKolbe fu beatificato il 17 ottobre 1971 da papa Paolo VI e canonizzato il 10 ottobre 1982 da papa Giovanni Paolo II, suo conterraneo. Il giorno della canonizzazione, papa Wojtyła nell'omelia lo definì «santo martire, patrono speciale per i nostri difficili tempi, patrono del nostro difficile secolo» e «martire della carità». Alla cerimonia era presente anche Franciszek Gajowniczek, l'uomo che aveva salvato dalla morte nel campo di concentramento.La Chiesa cattolica celebra la sua memoria nel giorno della sua morte, il 14 agosto.

2

Page 3: Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia. Il ritorno

LE TAPPE DELLA SUA VITA

Massimiliano Maria Kolbe frequenta le scuole primarie e Pabianice, e comincia sin dalla più tenera età a percepire un invito alla vita religiosa, un fortissimo richiamo che lo lega soprattutto alla fede per la Vergine Maria. Nel 1907 entra nel Seminario dei Frati Minori Conventuali di Leopoli, dove capisce che l'ordine che meglio si addice alla sua vocazione è quello fondato da San Francesco d'Assisi.

1. L’apparizione della Vergine MariaFu appunto in questo periodo, fra i sette e i dieci anni d’età, che accadde per Raimondo il fatto più straordinario della sua fanciullezza. E’ un fatto che egli tenne sempre gelosamente segreto dentro di sé e di cui non fece mai parola con nessuno degli amici, prima, e dei confratelli poi. Un fatto che è stato rivelato soltanto alcuni anni dopo la sua morte dall’unica persona che, oltre a lui, ne fosse a conoscenza: Maria Dabrowska, appunto.Di quel tempo un vicino di casa racconterà che “Raimondo era di carattere allegro: era vivace. Mi diceva di essere così pieno di gioia come lo era stato san Francesco, e che avrebbe voluto come san Francesco, conversare con gli uccellini…”.Forse fu per questa inclinazione francescana, o forse più semplicemente perché, fanciullo come tutti i fanciulli, ammirava e invidiava quei compagni che avevano una bestiola qualsiasi, magari un uccellino, cui dedicare le loro attenzioni, e i loro giochi; fatto sta che di nascosto andò a comperare un uovo per portarlo a covare nel pollaio d’una vicina di casa. Avrebbe avuto pure lui il suo uccellino, anche se si sarebbe trattato soltanto di un povero pulcino, d’un uccellino di stirpe plebea, razzolante…Quando Maria Dabrowska lo seppe dalla vicina, lei che misurava il valore d’ogni soldino sulla bilancia del sudore umano, ritenne che Raimondo con quella spesa, avesse passato il segno. La bastonatura fu, quella volta, più energica che mai.Ma non fu tanto il bruciore particolare di quelle solenni legnate che fece più male che mai a Raimondo: fu piuttosto una frase che la madre pronunciò, durante il castigo, con voce profondamente accorata: “Mi dici che cosa avverrà di te, figlio mio?”.Nei giorni successivi Maria Dabrowska notò uno stupefacente cambiamento nel fanciullo. Con molta maggior frequenza che in passato egli entrava dietro la tenda che nascondeva l’altarino di famiglia e rimaneva a lungo, in ginocchio, piangendo, davanti all’immagine della Madonna di Czestochowa; o raggiungeva la chiesa del paese per sostare a lungo, in lacrime, davanti all’altare della Madre di Dio. E ogni volta, sia uscendo dalla Chiesa di Pabianice, sia risbucando dalla tenda dell’altarino, le ricompariva davanti mutato in viso e più buono: tanto buono che a un certo punto Maria Debrowska pensò: “Questo figliolo è malato”. E cominciò a chiedergli cosa mai gli succedesse.Da prima Raimondo cercò di non rispondere, abbassò il capo e stette zitto. Ma la madre conosceva molto bene il suo ragazzo e sapeva quale tasto toccare per vincere ogni sua reticenza.“Senti, Raimondo, - gli disse – tu sai che alla mamma si deve sempre dir tutto. Non vorrai, per caso, essere disubbidiente…”.

3

Page 4: Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia. Il ritorno

Di fronte al richiamo materno all’ubbidienza non c’erano segreti al mondo che avrebbero potuto tenere.Ma il seguito lo lasciamo raccontare a Maria Dabrowska.“Tremante per l’emozione e con le lacrime agli occhi, mi disse: “Dal giorno che mi rimproverasti, mamma, chiedendomi cosa sarebbe mai avvenuto di me, io pregai molto la Madonna perché mi dicesse lei cosa sarebbe stato di me. Un giorno, trovandomi in chiesa e chiedendoglielo ancora, la Madonna mi è apparsa. Teneva fra le mani due corone, una bianca e l’altra rossa. Mi guardava con affetto. Mi chiese se le volevo, quelle due corone. La bianca significava che avrei perseverato nella purezza, la rossa che sarei stato martire. Io risposi che le accettavo tutt’e due. Allora la Madonna mi guardò dolcemente e scomparve”…E che il ragazzo mi abbia detto la verità lo prova la sua trasformazione radicale. Da quel giorno egli non è stato più il ragazzo di prima, e spesso, in seguito, col viso raggiante, mi ha parlato ancora del martirio, come del suo desiderio più ambito. Ed io mi ci preparai, come la Madonna dopo la profezia di Simeone…”.

La vocazione di Massimiliano Kolbe si palesa nella sua fanciullezza con una visione mistica, propria dei santi. Stupiscono la serietà e al contempo innocenza del bimbo, cui viene rivelato un disegno che troverà definizione solo al termine della sua vita. È bello notare lo smarrimento del bimbo di fronte a immagini ancor poco chiare, evocative di un futuro ancor incerto e in erba. Eppure lo smarrimento è vissuto al contempo nella fiducia dell’abbandono.

Sono capace di leggere nella mia vita i segni della volontà di Dio? Sono capace di fidarmi, di abbandonarmi anche quando non è del

tutto chiaro e certo l’esito delle cose?

Il 4 settembre del 1910 comincia il noviziato per entrare nelle fila dei francescani con il nome di Massimiliano. Per completare la sua preparazione religiosa e teologica si trasferisce a Roma, dove rimane dal 1912 al 1919 nel Collegio Serafico Internazionale dell'Ordine Francescano. Emette la professione solenne nel 1914 con il nome di Massimiliano Maria. Continua intanto a studiare e si laurea prima in filosofia nel 1915 e poi in teologia nel 1919. Celebra la prima messa nel 1918 in quella Chiesa romana di S. Andrea delle Fratte, conosciuta per l'apparizione della Vergine Immacolata ad Alfonso Ratisbonne.

2. La crisi vocazionaleProprio alla vigilia del 4 settembre 1910, data fissata per la cerimonia della vestizione, Raimondo piombò improvvisamente in una grave crisi di vocazione. In quelle ore di comprensibile ansia, che precedevano l’addio al mondo, il suo pensiero si concentrò sul giorno in cui, nella piccola chiesa di Pabianice, la Madonna gli era apparsa per offrirgli le due corone, quella bianca e quella rossa. Il tempo, anziché sbiadirla, pareva rendergliela ancor più distinta, la splendida visione indimenticabile.Da allora, ricordò, egli aveva consacrata la sua vita, giorno per giorno, interamente a lei, alla Vergine, alla sua “Mamusia” (Mammina), come teneramente aveva cominciato a chiamar la Madonna, e come sempre la chiamerà fino alla fine, preferendo fra i vari diminutivi di matka (madre),

4

Page 5: Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia. Il ritorno

di cui è ricco in Polonia il vocabolario parlato – mateczna, matuchna, matenka, mamulka, ecc. – quello con cui i bambini piccolissimi usano più spesso chiamare la mamma.Che anche per il futuro dovesse consacrare la sua vita interamente a lei, non esistevano dubbi per Raimondo. Come non dubitava che la corona bianca l’avrebbe potuta avere, con la purezza della propria vita, in ogni campo…Ma su quale campo avrebbe saputo meritarsi la corona rossa?Qui cominciarono le perplessità di Raimondo, e di qui la sua anima s’inoltrò in un labirinto di congetture. Per ottenerla, la corona rossa, occorreva il martirio, era chiaro. Ma altrettanto chiaro gli pareva ora, improvvisamente, che il martirio non l’avrebbe potuto affrontare standosene in un chiostro. Bisognava uscirne fuori, e scendere in battaglia, una santa battaglia certamente, ma pur sempre una battaglia materiale, cruenta, in difesa della sua “Mamusia” e regina.Ecco, ora capiva perché Iddio gli avesse dato un’intelligenza tanto pronta ai problemi della scienza e della tecnica; ora comprendeva le ragioni profonde della sua innata passione per i piani strategici e per lo studio delle manovre tattiche degli eserciti in campo. Ora tutto era limpido nella sua mente, pensò; e l’unica cosa oscura gli parve il fatto di non averlo capito prima.E così si convinse a tal punto d’essere arrivato, sia pure in extremis, a conoscere la direttrice esatta della sua vocazione, che corse dal fratello Francesco e gli presentò tanto eloquentemente la carriera militare come l’unica via da intraprendere per dimostrare con la vita e con la morte la fedeltà più assoluta alla Madonna, che il fratello non solo approvò che lasciasse il collegio, ma si disse pronto egli stesso a seguirlo.Non c’era un minuto da perdere. Dovevano presentarsi subito al padre provinciale e comunicargli che non sarebbero più entrati in noviziato, per questo e questo motivo.Avviatisi per il corridoio, stavano già per raggiungere la cella del superiore, quando il frate portinaio, richiamato dalla campanella, aprì la porta del parlatoio.“Raimondo! Francesco!”.Maria Dabrowska, appena entrata, aveva scorto i suoi figlioli, ed ora correva verso di loro a braccia spalancate.“Grandi notizie, figliolini miei, grandi notizie…”.E raccontò, piangendo di gioia, che anche Giuseppe, il loro fratello più piccolo, aveva deciso di farsi religioso – “francescano come voi” – e che anche Giulio, il papà, era già entrato in convento, a Cracovia – “francescano pure lui” – e che anche lei s’era ormai alloggita in convento “per ora presso le suore benedettine, qui a Leopoli, per essere più vicina a voi; ma poi, quando vi manderanno a Cracovia, presso le suore francescane anch’io!”.Quell’incontro inatteso in un momento tanto delicato ebbe l’effetto d’un fulmine a ciel sereno: cancellò d’un sol tratto ogni traccia di crisi dall’anima di Raimondo, e di riflesso, ogni suggestione da quella di Francesco. E quando, più tardi, la mamma li salutò baciandoli sulle gote, sentirono che una sola cosa dovevano fare subito, ancor prima che il calore di quei baci si spegnesse sui loro volti. E la fecero: entrarono dal padre provinciale a dirgli ch’erano pronti al noviziato.

5

Page 6: Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia. Il ritorno

“Come potrò mai dimenticare il momento in cui io e Francesco, in procinto di presentarci al padre provinciale per dirgli che non volevamo più entrare nell’Ordine, abbiamo udito il campanello del parlatorio? – scriverà nove anni dopo padre Kolbe. – In quel momento critico la provvidenza, nella sua infinita misericordia, per mezzo dell’Immacolata, mi ha mandato la mamma…”.Il giorno dopo, appunto il 4 settembre 1910, di sera, davanti all’altare della Vergine nella cappellina del collegio, Raimondo Kolbe indossava il saio di san Francesco, recingeva i fianchi con una corda e abbandonava il nome di nascita per assumere quello di Massimiliano.

La vita di ciascuno è caratterizzata da momenti di profonda incertezza e tentazione. Accade poi che la Divina Provvidenza orienta il corso della storia, in forme e modalità misteriose, con tempi non prevedibili.È importante esser pronti a cogliere i segni della volontà di Dio sulla nostra vita, per poter continuamente confermare il nostro sì, certi che la ricompensa sarà grande, che ci aspetta il centuplo.

Come vivo i miei momenti di incertezza e di crisi? Che ruolo ha Dio in questi momenti?

3. Le prime difficoltà e l’incontro con un futuro beatoIl noviziato sarebbe durato un anno: un anno per venire a contatto con la Regola e con le Costituzioni dell’Ordine nella loro accezione più piena. Sennonché, già nei primi mesi, quanto più fra’ Massimiliano penetrò lo spirito che il Poverello d’Assisi esigeva dai suoi seguaci, tanto più ebbe l’impressione di non farcela.Si ammalò, in poche parole, di quella malattia ch’è tutt’altro che rara fra i novizi e più tormentosa di quanto si pensi: la malattia che si chiama “scrupolo”, che i superiori ben conoscono, e per la quale ritengono non esistano rimedi teneri o palliativi di ripiego, ma un’unica medicina risolutiva, forte e drastica, denominata “obbedienza”. Questa medicina fu prescritta anche a fra’ Massimiliano Kolbe.Il padre confessore, cui egli aveva aperto le sue pene, dopo averlo esortato a impegnarsi senza titubanze nello spirito del fondatore, rassicurandolo che tutte le difficoltà potevano essere superate, gli consigliò di aprirsi anche al padre maestro dei novizi.Il padre maestro lo ascoltò con grande comprensione e alla fine, come unica risposta, gli ordinò di confidare da quel momento ogni suo intimo pensiero, ogni dubbio pur tenue, ad un compagno di camerata un po’ più anziano di lui e di più solida formazione spirituale e di più vasta esperienza.Fra’ Massimiliano ubbidì al padre maestro, si confidò in tutto e per tutto col compagno che gli era stato indicato, ne seguì ogni consiglio, e la pace parve ritornare nella sua anima.Ma forse la terapia dell’obbedienza non sarebbe stata risolutiva se, mentre si sottoponeva docilmente ad essa, fra’ Massimiliano non avesse potuto godere l’influenza impareggiabile d’una vita santamente vissuta.Conobbe infatti in quell’epoca un religioso, ancor giovanissimo ma già sfiancato dalle privazioni e devastato dalle malattie, eppur straordinariamente lucido d’intelletto e splendente di carità. Si chiamava

6

Page 7: Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia. Il ritorno

padre Venanzio Katarzyniec (e di lui ora è in corso la causa di beatificazione).Nei pochi giorni che sostò, di passaggio, al noviziato di Leopoli, quel frate malato disse a fra’ Massimiliano Kolbe, con la sua sola testimonianza, più di quanto gli avessero mai saputo dire i volumi che aveva letto e le lezioni che aveva ascoltato. Quell’esempio semplice e schivo gli rivelò con estrema chiarezza come fosse possibile unire l’umiltà alle qualità più eccezionali dell’ingegno, l’osservanza rigorosa della Regola alle condizioni di salute più precarie, le sofferenze fisiche al sorriso più aperto.E di fronte a quell’esempio vivente e operante, anche gli esempi degli altri santi persero per fra’ Massimiliano ogni sapore libresco, ogni espressione accademica. Scesero, quei santi, dai troni oleografici sui quali erano stati relegati, inaccessibili e irreali, dall’agiografia di maniera, e riacquistarono un linguaggio vero e persuasivo.Il 5 settembre 1911 fra’ Massimiliano Kolbe faceva la sua professione semplice della Regola di San Francesco d’Assisi e delle Costituzioni dei sette anni, ma già sapeva certissimamente che quei voti temporanei sarebbero sfociati un giorno nei voti perpetui. Padre Venanzio Katarzyniec lo aveva guarito in modo definitivo: ogni sacrificio ormai si tramutava per lui in atto d’amore, e con l’amore – ora l’aveva imparato – avrebbe saputo mantenere ogni promessa.

Quante volte abbiamo momenti di difficoltà e di delusione, in cui non ci sentiamo all’altezza delle aspettative e degli impegni che abbiamo intrapreso; viviamo di disillusioni, attimi in cui non sembra valer la pena continuare a perseverare nei propri obiettivi, quando l’entusiasmo cede il passo alla stanchezza.È in questi momenti che occorre puntare lo sguardo a chi può fornire, con la sua vita concreta, un esempio da imitare e a cui ispirarsi per poter perseverare con fiducia e speranza. È importante rifarsi alla vita dei Santi, non uomini ultraterreni, ma uomini che hanno vissuto e sperimentato le sofferenze e le delusioni di ogni mortale, ma che nonostante tutto hanno trovato una chiave di lettura delle loro difficoltà alla luce dell’affidamento al Signore e nella preghiera. Uomini da estrapolare dalle pagine dei libri, da “carnificare” e rendere reali, veri, profondamente umani. Riconoscere le persone che la vita ci offre di incontrare e scrutare, setacciare coloro i quali possono essere per noi punti di riferimento.

C’è qualche persona che ho conosciuto che vorrei prendere a modello, che considero per me un esempio da imitare?

Ho una guida spirituale o seguo un itinerario di discernimento spirituale? Sento la necessità di avere qualcuno che mi accompagni nel mio cammino di fede?

Padre Kolbe si sente talmente coinvolto nel suo ordine e nella vita della chiesa da desiderare di dar vita ad una pratica di rinnovamento. Guidato dall'enorme fede nella Vergine Immacolata, fonda il 16 ottobre 1917 la Milizia di Maria Immacolata.

7

Page 8: Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia. Il ritorno

La milizia stabilisce la sua sede principale in Polonia dopo che l'arcivescovo di Cracovia concede il consenso a stampare la Pagella di iscrizione e a reclutare fedeli. Continua con la sua opera di reclutamento di fedeli, resa più agevole dalla pubblicazione, a partire dal 1922, della rivista ufficiale della M.I.: "Il Cavaliere dell'Immacolata". La tiratura iniziale è di appena cinquemila copie, che però poi diventeranno addirittura un milione nel 1938.

Le adesioni arrivano numerose, e Massimiliano Maria Kolbe stabilisce nel convento di Grodno il centro editoriale autonomo della sua rivista. Nel 1927 dà vita nei pressi di Varsavia alla costruzione di un convento-città: il Niepokalanow (Città dell'Immacolata). Questa città convento diventa una vera e propria comunità francescana, con un forte impatto vocazionale che si trasforma anche in necessità di evangelizzazione. Padre Massimiliano Kolbe parte così per il Giappone: è il 1930.

Approda a Nagasaki dove costruisce un convento-città con il nome di Giardino dell'Immacolata. I risultati apostolici sono notevoli: si contano infatti moltissime conversioni. Massimiliano comincia a pensare di fondare varie Città dell'Immacolata in giro per il mondo, ma nel 1936 è costretto a ritornare in Polonia. Nel periodo 1936-1939 l'attività della Milizia dell'Immacolata raggiunge il suo culmine e nel 1937 per la ricorrenza ventennale della fondazione dell'ordine viene creata a Roma una Direzione Generale.

4. La fondazione della Milizia dell’Immacolata“Nella sera del 16 ottobre 1917, anticipazione del 17 ottobre, festa di santa Margherita M. Alacoque, fra’ Massimiliano Kolbe ci radunò nella camera attigua a quella del padre rettore e ci lesse, da un piccolo foglio di carta, il programma tracciato da lui solo, che è quello stesso ormai noto e pubblicato nella pagellina d’iscrizione: “La Milizia di Maria Immacolata”. Ci domandò di approvarlo e ci chiese di sottoscriverlo. Il primo a farlo sono stato io, come sacerdote e più anziano. Mi sembra che fra’ Massimiliano lo firmasse per ultimo. Non so se questo foglio si trovi oggi alla sede primitiva della Milizia. Sarebbe molto interessante, perché rivela come fra’ Massimiliano, non curando per niente la forma esterna, ha adoperato l’ottava parte di un foglio di carta per mettere in piedi tanta opera di apostolato e di pietà. Poi dalla camera siamo passati tutti nella cappella del Collegio e, all’insaputa degli altri, io benedissi la medaglia e l’imposi ai primi commilitoni dell’Immacolata, a me stesso e a fra’ Massimiliano. Ciò fatto, furtivamente e silenziosi, ci siamo ritirati ognuno nella propria celletta. Tutto s’è fatto di nascosto. Lo sapeva soltanto il padre rettore, ma non fu presente. Le basi della Milizia dell’Immacolata erano poste”.Questo il racconto di padre Pal, e per quanto riguarda il documento programmatico di fondazione, scritto su un pezzo di carta, lo si è rintracciato fra i manoscritti di Massimiliano Kolbe, che padre Quirico Pignalberi, all’insaputa di tutti, raccolse e conservò presso di sé come preziose reliquie.Il documento, redatto in un latino alla buona, dice: “Milizia dell’Immacolata. Essa schiaccerà il tuo capo – Gen 3,15. Da sola hai vinto ogni eresia in tutto il mondo. I) Fine: Cercare la conversione dei peccatori, degli eretici, degli scismatici, dei giudei, ecc. e specialmente dei massoni; e la santificazione di tutti sotto il patrocinio e mediante la B.V.M. Immacolata. II) Condizioni: 1) Offerta totale di se stesso alla B.V.M.

8

Page 9: Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia. Il ritorno

Immacolata, come strumento nelle sue mani immacolate. 2) Portare la Medaglia Miracolosa. III) Mezzi: 1) Possibilmente una volta al giorno pregare l’Immacolata con la giaculatoria: “O Maria concepita senza peccato, prega per noi che a te ricorriamo, e per tutti quelli che a te non ricorrono, e specialmente per i massoni”. 2) Ogni mezzo legittimo secondo la possibilità dei diversi stati, condizioni, occasioni; ciò viene raccomandato allo zelo e alla prudenza dei singoli, e specialmente la Medaglia Miracolosa”.È indubbiamente un documento commovente e sconcertante insieme. Letto con l’occhio del mondo, scettico e smaliziato, ha perfino il sapore dell’assurdo. Una giaculatoria, una medaglietta…e la conversione di mezza umanità, anzi la sua santificazione! A scorrerlo con quest’animo, può perfino rammentarci certi documenti della nostra fanciullezza, scritti “in chiave” e con poco riguardo della sintassi. Una parola d’ordine, una freccia ed un arco, fatto d’un ramo di nocciolo e mezzo metro di spago…e la conquista dell’orbe terracqueo!...Ma è evidente che l’occhio del mondo, scettico e smaliziato, certe cose non le sa mettere a fuoco, se proprio da quei tre punti-cardine, buttati giù in latinorum dal giovane fra’ Massimiliano Kolbe, doveva prendere l’avvio un vasto movimento d’anime per una crociata in difesa della cristianità, sotto l’insegna dell’Immacolata, e se oggi, in molti paesi, più di tre milioni di affiliati alla Milizia hanno saputo penetrare a tal punto nella comprensione del privilegio e del dogma mariano da considerarlo – come in verità va considerato – l’antidoto specifico ad ogni insidia delle forze palesi ed occulte del male contro la sovranità di Cristo e della sua Chiesa.Eppure i primi passi della crociata furono tutt’altro che entusiasmanti. Dice infatti la relazione di padre Kolbe che “per un anno intero, dopo la prima riunione, la Milizia dell’Immacolata non fece alcun progresso e incontrò tali e tanti ostacoli da scoraggiare gli stessi suoi membri, i quali non osarono più parlarne. Anzi, uno di loro cercò addirittura di persuadere i compagni che era tutto inutile...Eppure, a quell’epoca, tutta l’attività della Milizia dell’Immacolata si limitava unicamente – come annotò lo stesso Kolbe – “a pregare e a distribuire la medaglia miracolosa”; e nella cassa dell’associazione non c’era nemmeno una lira, tanto che non si sarebbero potute acquistare neppur le medagliette per i nuovi associati, se il padre generale non fosse intervenuto personalmente con una piccola somma di denaro.Forse nessuno, neppure Massimiliano, pensava allora che di lì a qualche anno la Milizia avrebbe fondato addirittura delle città, una in Polonia e l’altra in Giappone – e la prima si sarebbe chiamata Niepokalanow, che significa “città dell’Immacolata”, e la seconda Mugenzai No Sono, che più poeticamente vuol dire “giardino dell’Immacolata” – e nessuno poteva immaginare che la stessa Milizia avrebbe invaso la Polonia, il Giappone ed altri Paesi con la sua stampa quotidiana e periodica ad alta tiratura.

Il nome stesso (Milizia) è evocativo dell’impegno e della propensione alla lotta coraggiosa di padre Massimiliano. Può rievocare la nostra realtà associativa dell’azione cattolica, il suo impegno pastorale nelle parrocchie, e più in generale tutte le realtà associative e i movimenti che

9

Page 10: Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia. Il ritorno

propongono dei cammini personali e comunitari di crescita nel pensiero della fede in un mondo secolarizzato e non pensante.L’entusiasmo e la passione del giovane Massimiliano sono certamente esemplari per ciascuno di noi, e devono essere spunto di riflessione sul nostro modo di vivere l’essere azione cattolica.

In che modo metto in pratica l’impegno missionario che mi è affidato nel battesimo?

Come sto testimoniando la mia fede a chi mi sta intorno nella vita quotidiana?

La nuova amministrazione nazista che si è insediata in Polonia è consapevole del carisma e del seguito di fedeli che Massimiliano si è conquistato negli anni e anche della sua affermazione secondo cui gli adepti della Milizia dell'Immacolata sarebbero disposti a donare la vita. Così per poterlo arrestare, la Gestapo lo incrimina con l'inganno. Il 17 febbraio 1941 Massimiliano Kolbe viene rinchiuso nel carcere di Pawiak e il 28 maggio viene trasferito nel campo di concentramento di Auschwitz, dove viene immatricolato con il numero 16670 e costretto a trasportare cadaveri.Pur essendo rinchiuso in questo orribile luogo, continua la sua attività religiosa accettando le sofferenze e perdonando apertamente i propri carnefici. Prende il posto di un altro prigioniero condannato con altri nove uomini per ingiusta rappresaglia e viene rinchiuso in un bunker senza né cibo né acqua. Dopo due settimane di questa tortura, Massimiliano ed altri quattro prigionieri sono ancora vivi. Hanno passato tutti e quindici i giorni a pregare e cantare inni all'Immacolata.

5. Il martirioPer alcuni minuti il Lagerfurhrer Fritsch gustò quel grande silenzio sgomento, poi lo infranse di schianto: “L’evaso non è stato ritrovato. Dieci di voi moriranno nel bunker della fame. La prossima volta toccherà a venti”.La sentenza era stata pronunciata. Ogni prigioniero del blocco 14° si sentì virtualmente condannato. Dalle fonti illividite scorrevano a rigagnoli i freddi sudori della paura.“Testa di mastino” passò in rassegna la prima fila, e fece la sua scelta, poi la seconda, poi la terza, fissando nello sguardo uno ad uno i prigionieri, e di ciascuno assaporando il terrore. Il suo passo scandiva il ritmo lento d’una parata funebre. […] Dopo ogni esame di bocca, Fritsch puntava invariabilmente l’indice verso il numero cucito sulla giacca del prigioniero, a sinistra sul petto. “Questo qui” diceva, e Palitsch aggiungeva il nuovo numero alla lista dei condannati. Uno dopo l’altro, coi volti esangui e gli sguardi smarriti, i prescelti furono strappati dai ranghi, finché il drappello dei morituri fu al completo.Poi il singhiozzare disperato, irrefrenabile, di un padre: “Povera sposa mia, poveri figlioletti miei, addio, addio!...”. Era il sergente Francesco Gajowniczek che piangeva così, le mani avvinghiate alla fronte.Tra le fila dei risparmiati, frattanto, lo sbigottimento aveva lasciato il posto ad un senso di sollievo. Dopo tante ore di tensione angosciosa, nel petto di più d’uno il cuore conosceva addirittura i caldi battiti della gioia.

10

Page 11: Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia. Il ritorno

Eppure lì, tra quelle file di scampati all’agonia lenta del bunker, in quegli istanti di sollievo generale, maturò in un uomo la più inattesa delle decisioni.L’uomo uscì dai ranghi – era il numero 16670 – e con passo deciso si diresse verso il comandante del campo. Come un soffio di vento, un bisbiglio sommesso passò, da un blocco all’altro, per tutte le file del grande quadrato.“Chi è?”.“Che fa?”.“Ma cosa vuole?”.“È impazzito?”.A ricordo dei superstiti più anziani di Auschwitz, nessuno, mai, senza un ordine preciso, aveva osato rompere le file, passare in mezzo ai compagni e soprattutto uscire sullo spiazzo aperto e muovere direttamente verso “Testa di mastino”.L’infrazione alla ferrea disciplina del campo era così clamorosa e incredibile, che avvennero due fatti altrettanto incredibili e clamorosi: il primo fu che nessuna delle numerose guardie che assistevano alla scena, use tutte a premere il grilletto alla prima mossa sospetta, lasciò partire un colpo; il secondo fu che il terribile Lagerfurher Fritsch, vedendo venire verso di lui a passo fermo quell’uomo inerme, fece un balzo all’indietro estraendo fulmineamente dalla fondina la P. 38 dalla lunga canna. “Alt! – urlò con voce strozzata. – Cosa vuole da me questo sporco polacco?”.Lungo le file del grande quadrato passò di nuovo un bisbiglio sommesso.“È padre Kolbe!...”.“Sicuro, è padre Massimilano Kolbe!...”.“È il francescano di Niepokalanow!...”.Il numero 16670 aveva finalmente un nome: padre Massimiliano Kolbe, fondatore di Niepokalanow, la “città dell’Immacolata”. Ma cosa voleva dal purosangue germanico Fritsch quel “porco polacco”?Si tolse il berretto e si pose dignitosamente sull’attenti davanti al comandante del campo. Era calmo e sorridente negli occhi dolci, alto al punto che la magrezza lo faceva allampanato, pallido in volto da parer diafano, la testa leggermente inclinata a sinistra.Disse, quasi sottovoce, in tedesco: “Vorrei morire al posto di uno di quelli”, e fece cenno con la mano verso il gruppo dei dieci condannati al bunker, serrati fra gli sgherri.Nello sguardo invasato di “Testa di mastino” passò l’ombra dello sbalordimento. Sotto la chiarezza di quello sguardo sereno, non trovò che una parola, per formulare una domanda. “Warum?” (“Perché?”).Padre Kolbe comprese subito che un suo atteggiamento eroico, in quel momento, poteva guastare tutto. Meglio facilitare la ritirata del carnefice, che per la prima volta si trovava visibilmente in difficoltà, e spianargli la strada invocando un paragrafo non scritto, ma fondamentale, della legge nazista: i malati e i deboli devono essere liquidati.“Sono vecchio, ormai, e buono a nulla – rispose. La mia vita non può più servire gran che…”.“E per chi vuoi morire?” boccheggiò Fritsch, sempre più interdetto.“Per lui. Ha moglie, lui, e ha bambini…” e indicò col dito, oltre la siepe degli elmetti d’acciaio delle SS, il sergente Francesco Gajiowniczek, ancora singhiozzante, le mani avvinghiate alla fronte.

11

Page 12: Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia. Il ritorno

“Ma tu chi sei?”“Un prete cattolico”.Non disse “un religioso”, non disse “un francescano“, non disse “il fondatore della Milizia dell’Immacolata”. Semplicemente “un prete”. E lo disse per offrire a Fritsch un valido pretesto che giustificasse quel suo ritorno su una decisione già presa.Perché i preti, nella considerazione degli aguzzini di Auschwitz – se “considerazione” conserva ancora un significato, parlando di fatti avvenuti in quell’inferno recinto di filo spinato, – i preti, dicevo, occupavano la penultima bolgia; l’ultima essendo riservata, per diritto di razza, agli ebrei. Ma dopo i “porci ebrei” venivano subito i “porci preti”, die schweinerische Pfaffen, e ad essi erano imposti i lavori più sfibranti, e su di essi cadevano con maggior predilezione i colpi di staffile. Umiliati, calpestati, ridotti a stracci umani, l’odio ideologico li braccava senza tregua come bestie rognose.“È un pfaffe” (un prete), disse con un ghigno livido il Lagerfurher, rivolgendosi a Palitsch. E in quel ghigno padre Kolbe lesse ormai la certezza che la sua richiesta sarebbe stata esaudita.“Accetto”, fu infatti la risposta di Fritsch; e Palitsch tracciò un rigo sul numero 5659 del sergente Gajowniczek , e lo sostituì nella lista col numero 16670 di padre Kolbe.Tutto era a posto. I conti tornavano. Ma il campo pareva impietrito nello stupore. Ad Auschwitz mai si era verificato il caso che un prigioniero avesse offerto la propria vita per un altro prigioniero a lui pressoché sconosciuto.Per la prima volta, nel cupo regno dell’odio era esplosa la luce abbagliante d’un atto d’amore.

Video:http://tvimmacolata.net/index.php?option=com_hwdvideoshare&task=viewvideo&Itemid=1&video_id=450Scena tratta dal film Vita per vita. Padre Kolbe, di K. Zanussi (1991).

“Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.” (Gv 15,13)Se non si trova un motivo per cui si sarebbe disposti a morire, non si trova neppure un motivo per cui si sarebbe disposti a vivere.Il dare la propria vita per l’altro in questa vicenda si palesa nella sua forma più assoluta. Evidentemente si può “dare la vita” anche senza necessariamente morire. Si dà la vita ogniqualvolta agiamo e pensiamo in vista dell’altro, di chi ci è prossimo, nei gesti più semplici e quotidiani. Si dà la vita ad una persona nella misura in cui gli si permette di esistere e di essere se stessa, immagine di Dio, creata a sua somiglianza. Poiché ognuno è se stesso per l’Altro, il sempre oltre e mai altro da lui e da ogni altro.In quest’ottica anche il sacrificio umano è, in fin dei conti, non solo per l’altro bensì anche e soprattutto per l’Altro. “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.” (Mt 25, 40).

Qual è il mio modo di dare la vita per l’altro?

12

Page 13: Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia. Il ritorno

Che cosa mi provoca della scelta radicale di Massimiliano Kolbe?

Il 14 agosto 1941, giorno della vigilia della Festa dell'Assunzione di Maria, padre Massimiliano Maria Kolbe muore ad Auschwitz, ucciso da una iniezione di acido fenico.Papa Paolo VI lo proclama Beato il 17 ottobre 1971; il 10 ottobre 1982 papa Giovanni Paolo II lo proclama santo e martire.

6. Il bunker della fameParecchi anni dopo Bruno Borgoviec, non più interprete-segretario-becchino nei sotterranei del blocco 13° al campo di sterminio di Auschwitz, racconterà i particolari di quella prima settimana della lenta agonia di padre Kolbe e dei suoi compagni.“Dalla cella dov’erano sepolti vivi quegli infelici – dirà – si udivano ogni giorno le preghiere recitate ad alta voce, il rosario e i canti religiosi, ai quali si associavano anche i condannati rinchiusi nelle celle vicine. Io scendevo tutti i giorni nel bunker, perché dovevo assistere alle visite di controllo effettuate dalle guardie, che mi ordinavano di portar via i cadaveri di quelli che avevano finito di patire nel corso della notte. Di nascosto, poi, quando le guardie erano assenti, ci andavo talvolta anche da solo, nel bunker, per parlare con quei miei compatrioti infelici, e per consolarli come potevo. Ogni volta che scendevo lì sotto, le ardenti preghiere e gli inni alla santissima Vergine si diffondevano per tutto il sotterraneo. Era sempre padre Massimiliano Kolbe a incominciare, e tutti gli altri rispondevano…Qualche volta erano così immersi nella preghiera da non accorgersi nemmeno che le guardie avevano già spalancata la porta della loro cella per la solita visita. […] Anche in quei giorni padre Massimiliano Kolbe si comportò eroicamente: nulla chiedeva e di nulla si lamentava. Faceva coraggio agli altri, cercando di persuaderli a sperare che il fuggitivo del blocco 14° sarebbe stato ritrovato ed essi sarebbero stati liberati… Poiché erano ridotti a un’estrema debolezza, ormai recitavano le preghiere sottovoce. Durante ogni visita di controllo, quando già quasi tutti erano distesi sul pavimento, si vedeva padre Massimiliano Kolbe in piedi, oppure in ginocchio in mezzo agli altri, guardare i venuti con occhio sereno. Le guardie sapevano che egli aveva spontaneamente offerta la sua vita per salvare un altro prigioniero, papà di famiglia; sapevano anche che tutti quelli che erano insieme a lui morivano innocenti. Per questo, nutrendo nel fondo del loro animo un sentimento di rispetto per padre Kolbe, li sentii una volta dirsi fra loro: “Der Pfaffer dort ist doch ein ganz anstandiger Mensch. So einen haben wir hier noch nicht gehabt” (“Questo prete è davvero un galantuomo. Finora uno simile, qui, non l’abbiamo mai avuto”).In quei terribili giorni la più parte dei compagni, condannati con lui a scontare, da innocenti, l’evasione d’un prigioniero dal campo di concentramento, erano morti uno dopo l’altro; alla fine ne rimasero soltanto quattro, tra i quali il padre Kolbe.Il dottor Boch, il carnefice in camice bianco, lo scienziato che rispondeva sempre: “Jawohl!” ed eseguiva le sentenze di morte con una siringa di acido fenico, stava per discendere nella cella di padre Massimiliano Kolbe. Era il 14 agosto 1941, la vigilia dell’Assunzione della dolce “Mamusia” immacolata nei cieli della gloria.

13

Page 14: Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia. Il ritorno

Padre Massimiliano Kolbe, ignudo, scheletrico come un crocefisso romanico, sedeva ancora nella posizione degli ultimi tre giorni, il capo leggermente inclinato a sinistra, la soavità d’un sorriso sulle labbra, le braccia abbandonate in grembo, le spalle appoggiate alla parete di fondo. Davanti a lui tre corpi scarnificati dalla fame e dalla sete, distesi sul pavimento privi di sensi, ma ancora vivi. Il dottor Boch mosse, freddo, impassibile, verso i quattro ultimi superstiti della lunga, allucinante agonia. […] Ora toccava a Massimiliano Kolbe, e il boia in camice bianco s’alzò in piedi e si diresse verso di lui. Allora “il padre Kolbe – racconterà Bruno Borgoviec – con la preghiera sulle labbra porse da sé il braccio al carnefice.”Nel corso di un colloquio con don Szweda, che andava raccogliendo ogni brandello di testimonianza sulla vita di padre Kolbe, l’ex segretario-interprete-becchino del bunker della morte dichiarò con maggior precisione di particolari: “Quando aprii la porta di ferro, padre Massimiliano Kolbe non viveva più. La faccia era raggiante in modo insolito. Gli occhi largamente aperti e concentrati in un punto. Tutta la figura come in estasi. Questo spettacolo non lo dimenticherò mai.”E quegli occhi aperti, larghi, concentrati in un punto, e quella figura come in estasi…Chi può toglierci dalla mente che negli ultimi istanti, mentre offriva da solo il braccio all’ago del boia, l’Immacolata, la dolce “Mamusia” non abbia voluto premiare il suo eroe, il suo cavaliere, apparendogli ancora una volta e lasciando impresso, nella fissità di quelle pupille, un anticipo di paradiso?

L’agonia e lo strazio di Padre Kolbe sono rievocativi del Cristo sofferente in croce, spettacolo osceno per tutti, scandalo per i credenti e follia per i non credenti, distanza infinita che lui ha posto tra se stesso e l’idolo. Colpisce senza dubbio la serenità nella fatica disumana con cui padre Kolbe riesce a vivere i propri ultimi giorni, protesi tutti nella preghiera di totale abbandono.La sua testimonianza è una esortazione ad avere speranza in ogni situazione della vita, anche la più terribile e angosciosa. C’è una promessa di felicità, compimento nella vita eterna cui tendiamo, da sempre e per sempre. Veniamo dal Padre, torniamo al Padre, verità più forte della morte.

Sono un uomo/una donna di speranza? Che cosa me lo fa dire? Che cosa attendo? A che cosa tendo?

Questa, a rapidi cenni essenziali, è la storia di colui che un giorno, in un’aula di Niepokalanow, disse ai suoi giovani fratelli: “Esigo che voi siate santi, e grandi santi! Che? Vi meraviglia? Ma la santità, figliolini miei, non è un lusso, è un dovere semplicissimo. È Gesù che lo dice: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei Cieli”. E poi, non crediate che sia una cosa tanto difficile. In fondo è una semplice questione di calcolo. Ve lo dimostro subito, scrivendo su questa lavagna la formula della santità. Vedrete quanto è semplice! Chi mi dà un pezzetto di gesso? Grazie”.E s’avvicinò alla lavagna e scrisse: v=V.“Ecco la formula. Chiara, no? Il v minuscolo è la mia volontà, il V maiuscolo è la volontà di Dio. Quando queste due volontà si scontrano, v’è la croce. Volete

14

Page 15: Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia. Il ritorno

sopprimere la croce? Identificate la vostra volontà con quella di Dio, il quale vuole che siate santi. È semplice, no? Non c’è che da obbedire!”.

BibliografiaLetture tratte da S.C. LORIT, Kolbe. Cronaca degli ultimi giorni, 1969, Città Nuova Editrice, IV ed.

PAROLE SUE

Dov'è la felicitàNella prima pagina del primo numero del Cavaliere dell’Immacolata Massimiliano Kolbe spiega che la finalità del Rycerz Niepokalanej sta nell’aiutare gli uomini a raggiungere la felicità. Nelle pagine 4-5 spiega in che cosa consiste la felicità.«Lo scopo del Rycerz Niepokalanej non è soltanto quello di approfondire e rafforzare la fede, indicare l’autentica via ascetica e presentare ai fedeli la mistica cristiana, ma altresì, in conformità ai principi della Milizia dell’Immacolata, impegnarsi nell’opera di conversione degli acattolici. Il tono della rivista sarà sempre amichevole verso tutti, senza badare alla diversità di fede e di nazionalità. La sua nota caratteristica sarà l’amore, quello insegnato da Cristo. E proprio con questo amore verso le anime smarrite, ma che pure sono alla ricerca della felicità, essa farà di tutto per stigmatizzare la menzogna, per mettere in luce la verità e per indicare la vera strada verso la felicità». (SK 904)«Tutti bramano la felicità e aspirano ad essa, ma pochi la trovano, perché la cercano là dove non esiste.Usciamo per strada. Sull’ampio marciapiede camminano in tutta fretta persone di varia età e condizione, e ognuna mira a qualche scopo, che deve essere una particella della sua felicità. (…) Dovunque volgi lo sguardo, vedi delle persone assetate di felicità. Ma tutti costoro sono sicuri che al termine del loro affannarsi abbracceranno il tesoro tanto bramato?Uno di essi si è prefisso quale scopo di accumulare beni materiali, denaro. Non ha ancora raggiunto la meta dei suoi desideri, perciò continua a darsi da fare. Ma ci arriverà? (…)È forse la gloria che appaga l’uomo? Diamo uno sguardo alle schiere di persone celebri, che occupano posizioni elevate e godono di grande celebrità. Forse che costoro posseggono il talismano della felicità? (…) Neppure qui, dunque, c’è la felicità. Inoltre, ricchezza, piaceri della vita e gloria appartengono piuttosto a eccezioni, mentre ognuno desidera la felicità…Il cuore dell’uomo è troppo grande per poter essere riempito dal denaro, dalla sensualità, oppure dal fumo della gloria, che è illusorio, anche se stordisce. Esso desidera un bene più elevato, senza limiti e che duri eternamente. Ma questo bene è soltanto Dio». (SK 905)

Amore al prossimoVorrei sottolineare che non provo odio per nessuno su questa terra. Per questo ideale io desidero sempre lavorare, soffrire e magari offrire in sacrificio anche la vita. (SK 884)

15

Page 16: Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia. Il ritorno

Noi continuiamo e continueremo a compiere la missione dell’amore verso il prossimo, chiunque egli sia, per addolcire ai sofferenti la loro sorte e per accendere, mediante ciò, i loro cuori di un amore riconoscente verso l’Immacolata, madre che ama tutte le anime sull’intero globo terrestre. (SK 914)

L’essenza dell’amore scambievole non consiste nel fatto che nessuno ci rechi dispiaceri - il che è impossibile tra gli uomini - ma che impariamo a perdonarci l’un l’altro in modo sempre più perfetto, immediatamente e completamente. Allora reciteremo con grande fiducia l’invocazione contenuta nel “Padre Nostro”: « e rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo a i nostri debitori» [Mt 6, 12]. Sarebbe un vero guaio se non avessimo nulla o ben poco da perdonare agli altri. (SK 935)

La religione dell’amoreL’odio divide, separa e distrugge, mentre al contrario l’amore unisce, dà pace ed edifica. Nulla di strano, quindi, che solo l’amore riesca a rendere sempre gli uomini perfetti.Perciò, solamente quella religione che insegna l’amore di Dio e del prossimo può perfezionare gli uomini.La religione di Gesù Cristo è realmente questa religione dell’amore, dell’amore perfetto, e ciò è evidente nelle sante parole di Gesù Cristo.Uno degli apostoli, s. Giovanni, che fu testimone oculare della passione e della morte in croce di Gesù, ci ha lasciato la descrizione delle dolci istruzioni che Egli diede agli apostoli durante l’ultima cena. San Giovanni non solo partecipò a quell’ultima cena, ma, essendo il discepolo prediletto, stava accanto a Gesù e potè comprendere nel modo migliore il significato delle parole di Cristo. Prendiamo alcuni passi del Vangelo scritto dallo stesso Giovanni: «Figlioli, ancora per poco sono con voi…Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri» (Gv 13, 33-34).«Come il Padre mi ha amato, così anch'io ho amato voi; dimorate nel mio amore. Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore; come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e dimoro nel suo amore. Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia completa. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi. Nessuno ha amore più grande di quello di dar la sua vita per i suoi amici. Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando. Io non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo signore; ma vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutte le cose che ho udite dal Padre mio. Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri» (Gv 15,9 – 17).Al termine della cena, Gesù rivolse al padre suo celeste una preghiera, alla fine della quale pronunciò le seguenti parole: «Come tu hai mandato me nel mondo, anch'io ho mandato loro nel mondo. Per loro io santifico me stesso, affinché anch'essi siano santificati nella verità. Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch'essi siano in noi:

16

Page 17: Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia. Il ritorno

affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. Io ho dato loro la gloria che tu hai data a me, affinché siano uno come noi siamo uno; io in loro e tu in me; affinché siano perfetti nell'unità, e affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato, e che li ami come hai amato me. Padre, io voglio che dove sono io, siano con me anche quelli che tu mi hai dati, affinché vedano la mia gloria che tu mi hai data; poiché mi hai amato prima della fondazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato; e io ho fatto loro conoscere il tuo nome, e lo farò conoscere, affinché l'amore del quale tu mi hai amato sia in loro, e io in loro» (Gv 17, 18-26).Risulta evidente, quindi, che Gesù desiderava vivamente che un amore sincero regnasse tra gli uomini.Gli apostoli compresero bene il desiderio di Gesù a questo proposito. E per questo San Pietro scrive in una sua lettera: «Soprattutto conservate tra voi una grande carità, perché la carità copre una moltitudine di peccati» (1 Pt 4,8).Nella sua prima lettera San Giovanni scrive così: «Noi abbiamo conosciuto l'amore che Dio ha per noi, e vi abbiamo creduto. Dio è amore; e chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui». (1 Gv 4,16)È lecito affermare che se questa religione si diffondesse nel mondo intero, esso diventerebbe un paradiso. (SK 1205)

L'obbedienza via più facile verso la santitàL'obbedienza è la via più facile, più breve e più certa verso la santità; anzi l'obbedienza soprannaturale, l'unione della nostra volontà con la volontà divina, costituisce l'essenza stessa della santità, ossia dell'amore perfetto. (SK 428)

Mezzi per l'apostolatoCavaliere, Milizia, battaglia: questi termini hanno un sapore battagliero, poiché si riferiscono alla guerra. Non, però, una guerra che si fa con l’ausilio di carabine, di mitragliatrici, di cannoni, di aerei, di gas asfissianti, tuttavia un’autentica guerra. Qual è la sua tattica?Innanzi tutto la preghiera. Ai cattolici meno istruiti circa l’opera di perfezionamento dell’anima, purtroppo, molto spesso sembra il contrario. Il lavoro, l’azione: ecco, secondo la loro idea il fulcro dell’attività. Ma non è così.La preghiera, soprattutto la preghiera è l’arma efficace nella lotta per la libertà e per la felicità delle anime.E perché? Perché solamente i mezzi soprannaturali conducono a un fine soprannaturale. Il paradiso – vale a dire, se è lecito esprimersi così, la divinizzazione dell’anima – è una realtà soprannaturale nel pieno significato del termine. Di conseguenza, non lo si può raggiungere con forze naturali. Qui è indispensabile anche un mezzo soprannaturale, la grazia divina. E questa la si ottiene con la preghiera umile e fiduciosa. La grazia, solamente la grazia, che illumina l’intelletto e che rafforza la volontà, è la causa della conversione, ossia della liberazione dell’anima dai legami del male.Ma una preghiera elevata a Dio per le mani dell’Immacolata non può rimanere senza effetto, come è detto nell’invocazione di san Bernardo: «Ricordati, o

17

Page 18: Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia. Il ritorno

pietosissima Vergine Maria, che non si è mai udito che alcuno, dopo aver fatto ricorso alla tua protezione, sia stato abbandonato da te». Innanzi tutto, perciò, la preghiera umile, fiduciosa, costante.[…]Infine, l’amore verso il prossimo. Amare il prossimo, ma non per il fatto che esso è «simpatico», utile, ricco, influente o solo perché è riconoscente. Sono motivi troppo meschini, indegni di un milite o di una milite dell’Immacolata. L’amore autentico si eleva al di sopra della creatura e si immerge in Dio: in Lui, e per mezzo di Lui ama tutti, buoni e cattivi, amici e nemici. A tutti tende una mano piena d’amore, per tutti prega, per tutti soffre, a tutti augura il bene, per tutti desidera la felicità, poiché è Dio che lo vuole!… Colui che, con la preghiera all’Immacolata sulle labbra o nel profondo del proprio cuore, purificato dalla sofferenza e infiammato di un ardente fuoco d’amore verso Dio, spinto da questo stesso amore, fa quel che è nelle proprie possibilità per guadagnare il maggior numero di anime a Dio attraverso l’Immacolata, di liberarle dai lacci del male, di renderle felici, costui e solamente costui celebrerà il trionfo. (SK 1075)

Fiducia illimitata nella Misericordia DivinaMa quando un'anima attribuisce a se stessa ciò che è dono divino, può forse Dio ricolmarla di grazie? In tal caso Egli la confermerebbe nella sua opinione falsa ed arrogante. Per sua misericordia, quindi, Egli non concede tale abbondanza di doni e... permette perfino una caduta, affinché l'anima conosca finalmente ciò che ella è da se stessa, affinché non faccia affidamento su di sé, ma si consacri unicamente a Lui con piena fiducia. Ecco il motivo per cui per i santi anche le cadute erano gradini verso la perfezione. Guai, però, all'anima che non accettasse neppure questa estrema medicina e, rimanendo fissa nella propria superbia, affermasse: “Non son capace di correggermi”, poiché Dio è anche giusto ed esigerà che gli si renda stretto conto di ogni grazia concessa. Che cosa bisogna fare, dunque? Consacrarsi totalmente con una fiducia illimitata nelle mani della Misericordia Divina, di cui l'Immacolata è, per volontà di Dio, la personificazione. (SK 1100)

SitografiaQuesti, come altri suoi scritti, si possono trovare in: http://www.kolbemission.org/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/38

LUOGHI

Zduńska Wola, nel voivodato di Łódź (nascita)Pabianice, nel voivodato di Łódź (infanzia e visione di Maria)Leopoli, convento dei frati minori conventuali (noviziato e voti)Roma, Pontificia Università Gregoriana, Collegio Serafico Internazionale e

Pontificia Università San Bonaventura (dottorato, fondazione della Milizia dell’Immacolata)Chiesa di Sant’Andrea della Valle (ordinazione presbiterale), Chiesa di Sant’Andrea delle Fratte (prima messa)

Cracovia, seminario (insegnamento)18

Page 19: Home - Azione Cattolica Milano · Web view, a Roma. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò a Cracovia. Il ritorno

Zakopane e Nieszawa (cure contro la tubercolosi)Grodno (pubblicazione del Rycerz Niepokalanej – Cavaliere dell’Immacolata)Niepokalanów, presso Teresin, vicino a Varsavia (monastero fondato da Kolbe)Shanghai (prima missione di Kolbe in Oriente)Nagasaki, Mugenzai no Sono (convento fondato da Kolbe come Niepokalanów)Distretto di Ernakulam, Kerala (tentativo di fondare un convento in India)Ostrzeszów (prima prigionia dopo l’occupazione tedesca)Varsavia, prigione di Pawiak (imprigionato dalla Gestapo)Auschwitz (prigionia e morte)

19