HIRAM 1 09 - Grande Oriente d'Italia - Sito Ufficiale · monografia, dedica-ta ai legami tra...

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HIRAM Rivista del Grande Oriente d’Italia n. 1/2009 EDITORIALE Esoterismo e rigore iniziatico 3 Antonio Panaino Cagliostro 7 Giuseppe Abramo La misura della felicità 27 Salvatore Sansone Centralità dell’Uomo. Considerazioni sul “Bisogno di Religione” 33 Pietro F. Bayeli La malattia come processo di iniziazione 45 Good Fellow Sulla Tradizione 55 Giuseppe Cacopardi L’incubo di Darwin 59 Paolo Delaini La simbologia del ponte 65 Roland Füstös e Dirk Röhring Frammenti di storia dei diritti umani 69 Giovanni Greco A margine dei convegni svoltisi nel 2007 su Giosue Carducci 79 Antonius Inganben Filofascismo e Antifascismo nelle Logge. Ricognizione su un caso minore 93 Luca Irwin Fragale Alessandro Tasca di Cutò 99 Anna Maria Corradini SEGNALAZIONI EDITORIALI 103 RECENSIONI 108

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HIRAM

Rivista del Grande Oriente d’Italian. 1/2009

• EDITORIALE

Esoterismo e rigore iniziatico 3Antonio Panaino

Cagliostro 7Giuseppe Abramo

La misura della felicità 27Salvatore Sansone

Centralità dell’Uomo. Considerazioni sul “Bisogno di Religione” 33Pietro F. Bayeli

La malattia come processo di iniziazione 45Good Fellow

Sulla Tradizione 55Giuseppe Cacopardi

L’incubo di Darwin 59Paolo Delaini

La simbologia del ponte 65Roland Füstös e Dirk Röhring

Frammenti di storia dei diritti umani 69Giovanni Greco

A margine dei convegni svoltisi nel 2007 su Giosue Carducci 79Antonius Inganben

Filofascismo e Antifascismo nelle Logge. Ricognizione su un caso minore 93Luca Irwin Fragale

Alessandro Tasca di Cutò 99Anna Maria Corradini

• SEGNALAZIONI EDITORIALI 103• RECENSIONI 108

HIRAM, 1/2009Direttore: Gustavo RaffiDirettore Scientifico: Antonio PanainoCondirettori: Antonio Panaino, Vinicio SerinoVicedirettore: Francesco LicchielloDirettore Responsabile: Giovanni LaniComitato Direttivo: Gustavo Raffi, Antonio Panaino, Morris Ghezzi, Giuseppe Schiavone, Vinicio Serino, Claudio Bon-vecchio, Gianfranco De Santis

Comitato Scientifico:Presidente: Orazio Catarsini (Univ. di Messina)Giuseppe Abramo (Saggista) - Corrado Balacco Gabrieli (Univ. di Roma “La Sapienza”) - Pietro Battaglini (Univ. di Napoli) - PietroBayeli (Univ. di Siena) - Eugenio Boccardo (Univ. Pop. di Torino) - Eugenio Bonvicini (Saggista) - Giuseppe Cacopardi (Saggista)- Giovanni Carli Ballola (Univ. di Lecce) - Paolo Chiozzi (Univ. di Firenze) - Augusto Comba (Saggista) - Franco Cuomo (Giorna-lista) - Massimo Curini (Univ. di Perugia) - Domenico Devoti (Univ. di Torino) - Ernesto D’Ippolito (Giurista) - Santi Fedele(Univ. di Messina) - Bernardino Fioravanti (Bibliotecario del G.O.I.) - Paolo Gastaldi (Univ. di Pavia) - Santo Giammanco (Univ. di Palermo) - Vittorio Gnocchini (Archivio del G.O.I.) - Giovanni Greco (Univ. di Bologna) - Giovanni Guanti (Conservatorio Musicale di Alessandria) - Felice Israel (Univ. di Genova) - Giuseppe Lombardo (Univ. di Messina) - † PaoloLucarelli (Saggista) - Pietro Mander (Univ. di Napoli L’Orientale) - Alessandro Meluzzi (Univ. di Siena) - Claudio Modiano (Univ.di Firenze) - Massimo Morigi (Univ. di Bologna) - Gianfranco Morrone (Univ. di Bologna) - Moreno Neri (Saggista) - MaurizioNicosia (Accademia di Belle Arti, Urbino) - Marco Novarino (Univ. di Torino) - Mario Olivieri (Univ. per stranieri di Perugia) - Mas-simo Papi (Univ. di Firenze) - Carlo Paredi (Saggista) - Bent Parodi (Giornalista) - Claudio Pietroletti (Medico dello sport) - ItaloPiva (Univ. di Siena) - Gianni Puglisi (IULM) - Mauro Reginato (Univ. di Torino) - Giancarlo Rinaldi (Univ. di Napoli L’Orientale)- Carmelo Romeo (Univ. di Messina) - Claudio Saporetti (Univ. di Pisa) - Alfredo Scanzani (Giornalista) - Michele Schiavone (Univ.di Genova) - Giancarlo Seri (Saggista) - Nicola Sgrò (Musicologo) - Giuseppe Spinetti (Psichiatra) - Ferdinando Testa (Psi-coanalista) - Gianni Tibaldi (Univ. di Padova f.r.) - Vittorio Vanni (Saggista)

Collaboratori esterni:Giuseppe Cognetti (Univ. di Siena) - Domenico A. Conci (Univ. di Siena) - Fulvio Conti (Univ. di Firenze) - Carlo Cresti (Univ. diFirenze) - Michele C. Del Re (Univ. di Camerino) - Rosario Esposito (Saggista) - Giorgio Galli (Univ. di Milano) - Umberto Gori(Univ. di Firenze) - Giorgio Israel (Giornalista) - Ida Li Vigni (Saggista) - Michele Marsonet (Univ. di Genova) - Aldo A. Mola (Univ.di Milano) - Sergio Moravia (Univ. di Firenze) - Paolo A. Rossi (Univ. di Genova) - Marina Maymone Siniscalchi (Univ. di Roma“La Sapienza”) - Enrica Tedeschi (Univ. di Roma “La Sapienza”)

Corrispondenti esteri:John Hamil (Inghilterra) - August C.’T. Hart (Olanda) - Claudiu Ionescu (Romania) - Marco Pasqualetti (Repubblica Ceca) - Rudolph Pohl(Austria) - Orazio Shaub (Svizzera) - Wilem Van Der Heen (Olanda) - Tamas’s Vida (Ungheria) - Friedrich von Botticher (Germania)

Comitato di Redazione: Guglielmo Adilardi, Cristiano Bartolena, Giovanni Bartolini, Giovanni Cecconi, †Guido D’Andrea, OttavioGallego, Gonario GuaitiniComitato dei Garanti: Giuseppe Capruzzi, † Massimo Della Campa, Angelo Scrimieri, Pier Luigi Tenti

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* Gli articoli riflettono il pensiero dei singoli Autori e non il punto di vista ufficiale del G.O.I.

HIRAM viene diffusa in Internet sul sito del G.O.I.:

www.grandeoriente.it

EDITORIALE

Esoterismo e rigore iniziatico

di Antonio PanainoDirettore di Hiram

The present article simply and briefly enters the subject of Esotericism and its intrin-sical links with the Masonic tradition, so underlying the importance of the correctinner (i.e. spiritual) disposition in the actual practice of the ritual works. In fact, with-out any deep individual participation to the rituals, without any self-preparation to theconstruction of the temple, without the due attention to the responsability assumed byany brother entering the lodge, the esoteric dimension risks to remain only an empty,more or less pseudo-intellectual, concept. On the contrary, the Esoteric experience isthe living centre of our work, and it can be felt only thanks to our common care.

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IIl richiamo continuo alla dimensioneiniziatica ed ovviamente esotericacostituisce una doverosa costante

nell’ambito della tradizione massonica,che si trova chiamata, per sua intrinsecavocazione, a custodirne l’ininterrottatrasmissione ricevuta dalle generazioniprecedenti a favore di quelle successive.Tale compito non può, però, esaurirsi inuna manifestazione di principio, ma devedeclinarsi in una prassi ed in una testimo-nianza, innanzitutto individuale, e, perquanto concerne l’Ordine, collettiva.

Non si dà, di fatto, esperienza massoni-ca senza impegno esoterico. Ma la com-plessità e la potenziale ambiguità delladimensione esoterica necessitano di uncostante raffinamento e di una riflessioneininterrotta, la quale deve essere patrimo-nio condiviso della Comunione nella suatotalità. Per evitare fraintendimenti, quan-do mi riferisco ad una potenziale ambigui-tà, non intendo fare riferimenti a fatti con-tingenti, ma al problema più generaledegli -ismi, che inevitabilmente si innesta-no intorno alla nebulosa esoterica, giacché

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la Massoneria non è l’unica associazioneche si richiama a tale categoria. Esistono,infatti, altre realtà esoteriche, alcune dinatura strettamen-te religiosa o asso-ciativa, associa-zioni teosofiche,circoli teurgici, edmolto altro anco-ra. Talune reti,sebbene diversedalla nostra, rac-colgono e indiriz-zano esigenze edinteressi profon-di, altre ci lascia-no perplessi e, purrichiamandosi all’esoterismo, ci vedono adistanze da parallasse astronomico. Perquesta ragione, fare di tanto in tanto ilpunto sull’esoterismo è, anche in sede, percosì dire, ufficiale, una necessità ed undovere. Ribadire che l’esoterismo massoni-co non è una religione che riveli segretisalvifici e sacramentali, né una dottrina dicarattere teologico, e neppure una formaistituzionalizzata di magismo o, peggioancora, di stregoneria, di teurgia politico-sociale volta, attraverso mezzi occulti, allaricerca dei metalli e del potere ad essi con-nesso, non è un distinguo affatto banale.Questa necessità ci appare ancor piùimportante nel momento in cui registria-mo nella società civile europea un fermen-to che lascia emergere una crescenteattenzione verso i temi dell’esoterismo, iquali, finalmente usciti dai retrobottegadelle librerie, entrano solennemente dallaporta principale con risultati editoriali tali

da testimoniare un livello di attenzionealtissimo per rigore e serietà, non soltantoscientifica, ma anche per apertura menta-

le. Il fatto, ad esempio,che una recentemonografia, dedica-ta ai legami tra Filo-sofia e Libera Mura-toria (Philosophies etidéologies maçonni-ques, Dossier éditépar J. Ch. Lemaire etL. Nefontaine, LaPensée et les Hom-mes, 51e année, n°66, Bruxelles 2007)insista sul fatto che la

ricerca esoterica intorno agli interrogativicentrali dell’esperienza e dell’esistenzaumana fatta propria dalla tradizione mas-sonica sia di per se stessa intrisa di ele-menti di carattere filosofico, sottolineaesplicitamente le responsabilità (in sensopropositivo e costruttivo) del percorso cheabbiamo intrapreso (“Que la franc-maçon-nerie présente une dimension philosophi-que semble être une évidence. Après tout,elle est communément définie comme«association philosophique». L’initiationqu’elle porte en elle-même, avec sa pré-tention à la connaissance de soi, est denature philosophique”; p. 7, dall’articolointroduttivo di Nefontaine, Peut-on parlerde philosophies et d’idéologies maçonniques?).Allo stesso modo, la scelta di grandi edito-ri nazionali, come nel caso significativo diEinaudi, di dedicare un volume degli Anna-li (n° 21) della Storia d’Italia, prima a La Mas-soneria (Torino 2006) e, quindi, anche a L’E-

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• 5 •Esoterismo e rigore iniziatico, A. Panaino

soterismo (attualmente in corso di prepara-zione), entrambi a cura di Gian Mario Caz-zaniga, indica che la temperatura è radi-calmente cambiata eche, oggettivamente, lasensibilità del mondocosiddetto “profano” harotto un serie di tabù edi preconcetti e si inter-roga seriamente sul sen-so e sulla scopo di talerealtà.

In uno scenario sif-fatto, il ruolo della Mas-soneria e in particolaredi tutti i Massoni assumeuna centralità ed unaresponsabilità enormi.Di fatto, il richiamo all’e-soterismo non può limi-tarsi all’uso di una paro-la, la quale può restare lettera morta, seb-bene pronunciata di continuo – anzi, quan-do la si usa troppo, spesso si corre il rischiodi non dire nulla di veramente importante–, ma deve trovare stimoli e incoraggia-menti tali da favorirne la più ampia condi-visione iniziatica. Per quanto ogni espe-rienza esoterica resti, in gran parte, perso-nale, è altresì indubbio che essa si traducaanche in momenti collettivi e che il cam-mino massonico si presenti come bifronte,individuale (ma non individualista) e col-lettivo, altrimenti ci limiteremmo alleliturgie rituali senza mai parlare di simbo-li, di rituali e, segnatamente, del loro signi-ficato. La scelta di dedicare la parte centra-le delle nostre tornate di loggia ad unaincessante riflessione, stimolata dalle tavo-

le di volta in volta proposte, sottolinea cosìl’importanza di tale momento collettivo,che dovrebbe, quasi alchemicamente, tra-

smutare in concetti,sempre rivedibili edoggetto di libero esa-me, il pensiero esote-rico a cui il rito ciavrebbe dovuto predi-sporre interiormente.

Non credo, allora,che esistano ricetteparticolarmente com-plesse, se si tiene con-to del fatto che nes-sun esoterismo mas-sonico è veramenteesperibile senza lacura della ritualità e lameditazione indivi-duale e collettiva sulla

sua stessa messa in atto. Senza il linguag-gio del rito e la sua attenta pratica, ovverosenza la parteciazione attiva (si può anchedormicchiare in loggia o assistere da spet-tatore), ogni elucubrazione sull’esoterismoresta puro esercizio intellettuale. Il primocompito esoterico si esegue a partire dallecose solo apparentemente più semplici,purché siano adempiute con purezza d’a-nimo, con la predisposizione sincera e par-tecipe diretta allo scopo che ci è prefissi,ossia quello del perfezionamento interiore.Lavorare nei tre gradi, riflettere sul lorosignificato, interrogarsi da soli e con glialtri sulla loro armonia e sul loro senso.Può essere molto più carico di afflato eso-terico un quarto d’ora di silienzio, al fine dilasciar parlare le voci interiori troppo

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spesso inascoltate, che la scopiazzatura diuna tavola raccolta sul web, ma mai fattapropria, mai veramente offerta alla comu-nità rituale come un dono della propriariflessione, del proprio pensiero.

Qui si apre allora il veroproblema. o come svrebbe-ro detto gli antichi hic Rho-dus, hic salta. La massoneriasimbolica, di fatto filosofica,ha trasmutato la simbologiaoperativa in uno strumentodi riflessione, di ricerca;senza la riflessione, senza laricerca, in primis quella inte-riore, si rischia di fare dellasottocultura o dell’eserciziopara- o pseudo-intellettualeda dopolavoro. Ciò nontoglie che, arrivati ad un certo punto, l’in-teresse esoterico necessiti anche di stru-menti conoscitivi, di cultura (anche profa-na), di conoscenza oggettiva o se si prefe-risce tecnica, ma anche tali competenze,prive di disposizione interiore restano soloesperienze intellettuali, non esoteriche.

Come nel caso del simbolo, anche inquesto frangente ci dobbiamo muovere tradue metà separate, l’una bisognosa dell’al-tra. Il sapere muratorio non è tale senza lapredisposizione del cuore, senza buon sen-

so, senza l’attentapesatura di ciòche si dona ai fra-telli. Insomma,per restare trasquadra e com-passo non basta enon serve richia-marsi a paroleall ’esoterismo,come se qualcunodall’alto dovessefarlo discendere

alla stregua di unangelo liberatore e illuminatore. Bisognapraticarlo a partire dai fondamentali, per ilpiacere di crescere insieme, ciascuno nellasua libertà interiore, ciascuno nell’infinitapotenzialità del contributo unico che puòarrecare ai fratelli. Il resto dovrebbe esse-re rimasto nella sala dei passi perduti.

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Cagliostro

di Giuseppe AbramoGran Segretario del Grande Oriente d’Italia

(Palazzo Giustiniani)

Giuseppe Balsamo, better known under the name of Alessandro Count Cagliostro, wasan adventurer, an impostor, a charlatan. What we can say for certain is, that also ifmany are the opinions about this, just a few are those, where the interpretation of thispersonage are not party ones. For all, it is sufficient a careful reading of the so-called“basic” sources about the history of this personage: monsignor Barberi’s Compendio,and a manuscript bought by the Italian State in 1885 for the National Library “VittorioEmanuele”, in Rome (Ms. Fondo Vittorio Emanuele 245).Really, in this study, we do not want to throw light on Cagliostro, or on Balsamo, on theirtheological inquietudes, or on the first’s or the other’s pressing inclination for mystery,but, apart from some questions, or a certain intellectual curiosity towards the author ofthe System of Egyptian Freemasonry, in the “sea of papers” concerning this perso-nage, some important and wonderful pages ascribed to him provoke a particular inter-est. Infact, from those pages arise – without any incertitude, and also for some not par-ty critics – a conscience, and a knowledge that prove the initiatory dignity of the personwho wrote them, and demonstrate that a charlatan only difficultly could have simula-ted such a competence, without betraying or contradicting himself. These pages, in apamphlet that was circulating in Paris in 1786, when Cagliostro was involved in the“affaire” of the “Queen’s Necklace”, reported by Marc Haven in his work (Le MaitreInconnu), and also in the introduction to the Ritual of Egyptian Freemasonry, areknown as The Cagliostro’s Creed.The revelation of the esoteric and masonic meaning of this document, much owes toArturo Reghini, who translated it and commented upon it (Ignis – Rivista di studiiniziatici – 1925). This document is now proposed again, to the study and research notonly for “cultural and profane” reasons.

BALSAMO Giuseppe - Avventuriero meglio conosciuto sotto il nome di “Alessandro,conte di S. Germano”, detto “Cagliostro”.

CAGLIOSTRO Alessandro, conte - Avventuriero, il suo vero nome era “Giuseppe Bal-samo” (Palermo 1743 - S. Leo 1795); a 15 anni prese l’abito dei Confratelli della Carità aCaltagirone; ben presto fuggì a Palermo e di là a Roma, ove sposò nel 1768 Lorenza Feli-ciani. Dopo avventurose peregrinazioni in varie città d’Italia e d’Europa, fu a Parigi, ovefra l’altro introdusse la Massoneria di Rito Egiziano (da lui inventata). Coinvolto nell’af-fare della collana della regina, dovette lasciare Parigi, e dopo molte avventure, si fermò aRoma, dove per i suoi tentativi di organizzazione massonica venne arrestato (27/12/1789)e chiuso nella fortezza di San Leo.

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Il compilatore del Compendio, mons.Marcello Barberi (Pro-curatore Fiscale gene-rale del Governoammesso già d’ordineal giuramento delsegreto del S. Uffiziosin dall’11 gennaio1790) durante il proces-so a Cagliostro fu assi-stente dell’Abate Giu-seppe Lelli, uno deisostituti della Cancelle-ria del Tribunale del S.Uffizio, e provvide agliinterrogatori e alla rac-colta delle “prove”contro “l’inquisito”.

Quando Cagliostrovenne condannato, ilBarberi si accinse allacompilazione della suaopera con uno scopoprecipuo e dichiaratosin dalla prefazione:Intendiamo parlare dellavita di Giuseppe Balsamo,

conosciuto al mondo sotto la denominazione diConte Alessandro di Cagliostro. A dir tutto indue parole: Costui è stato un IMPOSTOREFAMOSO. Queste parole sono sottolineatenel testo, che poi è lo svolgimento del pro-gramma denigratorio.

D’altra parte nel processo, gli stessidifensori di Cagliostro (Conte Gaetano Ber-nardini, Avvocato dei Rei della Sacra Inqui-sizione a cui venne aggiunto mons. CarloLuigi Costantini, Avvocato dei Poveri pertutti gli altri Tribunali di Roma), per difen-dere il loro assistito dalla grave accusa di

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1 - Appunti biografici e fonti

LLe citazioni soprariportate sono duevoci del Dizionario

Enciclopedico Treccani, cherispecchiano l’opinione cor-rente nella cultura profanache vuole vedere Cagliostrocome un avventuriero, unimpostore, un ciarlatano.

Non voglio entrare nelmerito del problema, ma unacosa è certa: molte sono lefonti su Cagliostro, ma sonopoche quelle in cui l’interpre-tazione del personaggio nonsia partigiana.

Tuttavia, almeno duesono le fonti che restano fon-damentali nella storia diCagliostro.

Nel 1791 venne pubblica-to dalla Stamperia dellaReverenda Camera Apostoli-ca un “Compendio” della vita di Balsamo ilcui titolo esatto è Compendio della vita e del-le gesta di Giuseppe Balsamo denominato ilconte di Cagliostro, che si è estratto dal Proces-so contro di lui formato in Roma l’anno 1790 eche può servire di scorta per conoscere l’indoledella setta de’ Liberi Muratori.

Il “Compendio”, purtroppo per la veri-tà e per la storia, è stata la fonte più impor-tante, se non unica, di notizie intorno aCagliostro; l’opera base, in particolare pertutte le innumerevoli altre che hannotestimoniato all’insegna della più o menodichiarata faziosità.

Antiporta del volume Compendio della vita edelle gesta di Giuseppe Balsamo denominato il Con-te Cagliostro, Roma, 1791 (collezione privata)

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appartenere alla Massoneria e d’averla dif-fusa anche negli Stati Pontifici, nonché dicredenze e pratiche eretiche, magiche esuperstizione sostennero, sostanzialmen-te, la tesi che Caglio-stro fosse soltanto unimbroglione.

Nel 1885 lo Statoitaliano acquistò perla Biblioteca Naziona-le “Vittorio Emanue-le” di Roma, un mano-scritto (Ms. FondoVittorio Emanuele245), compilato nel1790, forse ad uso del-lo stesso Tribunale delS. Uffizio, che noncontiene i veri e pro-pri atti processuali(verbali, interrogato-ri, ecc.), ma l’essen-ziale di quanto eraemerso dall’istrutto-ria, nonché le perizie,l’accusa, le difese e mol-ti documenti di grandeinteresse.

Per quanto ci risulta, il manoscritto nonè stato mai pubblicato, e per quanto possasembrare strano non è stato consultato —o lo è stato molto sommariamente — dastorici e biografi, poiché, da sempre, è sta-ta accreditata l’ipotesi che esso sostanzial-mente confermi quanto riportato nel Com-pendio, considerato anche che il Barberi,nel redigere la sua opera, ha sicuramenteadoperato le carte contenute nel mano-scritto, tanto è vero che nel suo libro si tro-vano pagine intere del manoscritto stesso.

Ma io credo che chiunque avesse con-frontato le pagine delle due opere, avrebbepotuto con facilità rilevare che molto erastato taciuto, sviato, falsato, inventato

secondo l’opportunitàdella tesi che si volevadimostrare.

Infatti — indipen-dentemente dal Barbe-ri il quale, in fondo,difendeva il suo opera-to come inquisitore —dal manoscritto risultacon quale preconcettaostilità e con qualedeterminato propositovenne condotto il pro-cesso. In verità, la sortedell’inquisito era giàdecisa prima del pro-cesso, nel quale fu tra-scinato non per ciò cheaveva fatto, ma per ciòche rappresentava.

La Chiesa, infatti,anche per effetto delminaccioso svolgersi del-la Rivoluzione francese

era più che preoccupata per l’azione dellaMassoneria in generale e della MassoneriaEgiziana di Cagliostro in particolare.

Occorreva pertanto dare un esempio dirigore inesorabile, non solo condannandouno dei capi della Massoneria, celebratocome un mago famoso da re, principi eimperatori, ma occorreva anche distrug-gerne il prestigio e l’ascendente.

Poco male se il fine giustificò i mezzi. Eche i mezzi non furono sempre correttirisulta anche da una annotazione di pugno

Decreto di condanna al carcere perpetuo diGiuseppe Balsamo (7 aprile 1791) (collezione privata)

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di mons. Costantini, uno dei difensori diCagliostro, riportata dal manoscritto cita-to (nota 22, pag. 752):

Il fisco vuole Cagliostroeretico, anzi eresiarca e poisostiene (e noi crediamoche dica bene) che eglinulla credesse del suo libroe delle sue imposture. Feli-ce chi sa conciliare il fiscocol fisco. Ciò che non si cre-de non è eresia, perché l’e-resia è un ERRORE, unaFALSA OPINIONE venuta,creduta e infusa nell’IN-TELLETTO, benché cono-sciuta CONTRARIA alladottrina cattolica.

Senza voler qui rifareil processo o giudicare del-la sua costituzionalità giuri-dica o morale, un fatto è cer-to: i giudici credettero o fecero finta di cre-dere alle cose più assurde come quella chel’inquisito fosse il fomentatore della rivo-luzione francese, che volesse abbattere laChiesa romana ed erigere sulle sue maceriequella Massonica-Egiziana. Inoltre chiara-mente, dagli atti si evince che l’unico testi-mone fu quello a carico (la moglie Lorenza)e che non fu minimamente verificato ilfondamento delle sue asserzioni, divenuteimportanti capi d’accusa e non fu citatoalcun teste che avrebbe potuto migliorarela posizione dell’accusato; né tanto menosi pensò a un confronto con i cosiddetti“parenti” siciliani, al fine di stabilire laverità sull’identità. Infine, come se nonbastasse, i giudici si arrogarono competen-

ze a loro estranee, giudicando delitti che —se commessi — erano stati perpetrati fuori

dai territori pontifici.Ciò premesso c’è da

osservare che la Chiesaavvertiva in Cagliostro unpericolo, quindi non si trat-tava solo di processarlo perun reato di lesa religione,ma agiva soprattutto sottola spinta di un’ineluttabilenecessità politica. In con-clusione dunque, lo con-dannò, lo denigrò, ma agivaperfettamente in linea conil suo punto di vista.

Oggi, certamente, non èpiù possibile conseguire leprove storiche degli avve-nimenti e delle circostanzeche li determinarono; oggisi può dire che è vero tuttoe il contrario di tutto ciò

che si è detto di Cagliostro (guarigionimiracolose, profezie, imbrogli, esorcismi,superstizioni, idolatrie), sicché penso cheper una valutazione attendibile della suavita, del suo operato e del suo pensiero,oggi non resterebbe che consultare i docu-menti sequestrati dal Sant’Uffizio e gelosa-mente, troppo gelosamente, custoditi dalVaticano.

Non per questo però gran parte degliscrittori che si sono occupati di Cagliostroavrebbero dovuto condividere un’opinioneartatamente creata, storicamente anchefalsa, e che in definitiva poneva, o mirava aporre, in secondo piano, o in luce negativao addirittura ignorava, nel personaggio,ogni aspetto esoterico e iniziatico.

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Incisione tratta dal volume Il conte diCagliostro ed il frate Lorenzo Galganelli,Milano, 1850 (collezione privata)

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Gli studiosi di questo personaggio pos-sono tranquillamente dividersi in sosteni-tori e detrattori, comunque tanto gli uniche gli altri concor-dano nel riconoscereche chiunque fossel’uomo passato allastoria come il ConteAlessandro Caglio-stro di S. Germano,egli aveva possibilitàeccezionali che gliconsentivano dimuoversi in un oriz-zonte proibito a granparte degli esseriumani. Di queste dotiCagliostro darà dimostrazioni sbalorditive.

Come non abbiamo voluto rifare il pro-cesso a Cagliostro, così non intendiamoriscrivere la sua vita; ci accontentiamo del-le citazioni del Dizionario Treccani innanziriportate, sottolineando semplicementeche esse danno per certa l’identità di Bal-samo e di Cagliostro che nessuno ha maidimostrato e limitandoci a suggerire agliAutori delle voci del Dizionario di aggiunge-re qualche notizia in più su un avvenimen-to decisivo della sua vita: la sua iniziazionemassonica. Infatti, il 12 aprile 1777 venneammesso alla “Loggia della Speranza”numero 289, appartenente all’Obbedienzadell’“Alta Osservanza”. La cerimonia ebbeluogo alla Taverna Reale, a Gerard Streetnel quartiere di Soho a Londra.

In virtù di questa dignità, Cagliostro —come è storicamente provato — è entrato afar parte di sodalizi che già vantavanosecoli di storia e che esercitavano una cer-

ta influenza sulla vita dell’epoca. È statoCavaliere di Malta, Rosa-Croce, Gran Mae-stro della Stretta Osservanza Templare,

membro di club aristocrati-ci, corrispondente di acca-demie scientifiche. Conquesti biglietti da visita èpassato di corte in corte, dipalazzo in palazzo, ricevutocon tutti gli onori. È statoospite del re Federico diPrussia, del re Stanislao diPolonia, di Caterina di Rus-sia, del principe di Brun-swick, del conte di Saint-Germain, dei circoli esoteri-

ci più famosi di Europa: gliEletti Cohen, gli Invisibili della Chiesa Sco-nosciuta, i discepoli di Swedenborg e diRobert Fludd.

A Lipsia, durante un banchetto offertoin suo onore dall’alta nobiltà tedesca,incontra padre Pernety, il famoso benedet-tino francese che ha dovuto abbandonareil suo forno di alchimista nella Rue Saint-Benoit di Parigi, sotto accusa di stregone-ria. Padre Pernety ha istituito un nuovorito massonico ispirandosi alla tradizionecabalistica, a Tritemius, a Swedenborg, adAdam Weishaupt (fondatore degli Illumi-nati e alle cui idee attingerà un po’ tutta laMassoneria a sfondo magico-spiritualista).Padre Pernety consacra i suoi adepti dicen-do di iniziarli alla Scienza che è la prima e piùantica di tutte le scienze, che emana dallaNatura o meglio che è la stessa Natura, profes-sata nell’arte e fondata sull’esperienza.

Cagliostro subisce profondamente ilfascino di queste teorie che gli consentonodi riunire in una sola filosofia le sue

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inquietudini teologiche e la sua prepoten-te vocazione per il mistero: nasce così ilsuo famoso Rito massonicoEgiziano, sul quale mi cor-re l’obbligo di qualchemodesta informazione.

2 - Il sistema della Masso-neria Egiziana

Il sistema della Masso-neria Egiziana è contenutonel “Rituale” il cui testooriginale, curato da MarcHaven e Daniel Nazir è sta-to pubblicato a Nizza nel1948 (Editions des CahiersAstrologiques).

In realtà sembra che il manoscritto ori-ginale (donato alla loggia “SaggezzaTrionfante”) sia andato perduto e cheHaven ne abbia rintracciato alcuni branitrascritti da un lionese, un certo Romand.Delle due copie storicamente accertateuna è andata perduta e un’altra ci è perve-nuta, non sappiamo con quali interpola-zioni ed errori.

Inoltre fra i numerosi documenti,sequestrati a Cagliostro all’epoca del suoarresto ad opera dell’Inquisizione, vi eraanche un “Rituale” (forse originale e infrancese) che, insieme al resto fu bruciatocoram plaudente populo in Piazza dellaMinerva, a Roma. Il S. Uffizio ebbe peròcura di farne fare la traduzione italiana —come si rileva dal Ms. 245 — e che forse esi-ste ancora sigillata negli archivi vaticani,insieme alla documentazione originale del

processo. Il Ms. 245 ne contiene numerosipassi e un accurato sommario.

Il rito Egiziano — nelledue versioni maschile efemminile — si inserisce inquella visione della inizia-zione — peraltro, anchemassonica — la cui ideamotrice è la realizzazionedei “piccoli misteri”, attra-verso i quali, l’uomo, “cadu-to”, “degenerato”, ritorna alsuo stato “umano”, alla suanatura di Uomo degno diquesto nome.

La “realizzazione”,secondo Cagliostro, avveniva

in tre tappe (apprendista, compagno emaestro), nelle quali sostanzialmente siperveniva alla conoscenza di sé, alla cogni-zione della materia di cui si compone l’uni-verso, nonché alla completa padronanzadel proprio spirito e del proprio corpo, conla capacità di dominare le reazioni, le pas-sioni e di controllare i piaceri e i doloriconquistando così la tranquillità interioree la immobilità esteriore.

Tutti gli adepti erano tenuti all’osser-vanza di sei comandamenti (amore di Dio,rispetto del sovrano, della religione e dellalegge, l’amore del prossimo, la fedeltà e ladevozione all’Ordine e la totale sottomis-sione alle regole del rito) nonché all’obbe-dienza di tre imperativi (la tolleranza, rispet-tosa dell’universalità di tutte le religioni, delladignità umana e del desiderio del bene sottotutti i cieli; il segreto, forza della meditazione insilenzio, chiave di ogni azione iniziatica, legge

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degli antichi misteri; il rispetto della natura,immensa verità degli alchimisti, i quali sannoche in essa è celato il segreto della creazione diDio.

A questa fase iniziale,seguiva poi una nuova“realizzazione” che nonsi effettuava più nellaloggia, (essendo necessa-rio un apposito fabbrica-to) e che, possiamo dire,portava alla realizzazio-ne dei “grandi misteri” ecioè quelli della rigene-razione spirituale e dellarigenerazione fisica (ledue famose quarantene).

La prima quarantenaper diventare moralmen-te perfetto impone al candidato di ritirarsisu una montagna cui darà il nome di Sinaio di Sion, dove deve innalzare un padiglio-ne di tre piani ciascuno con una camera.Vengono quindi date le misure e il tipo diarredo dell’edificio e finalmente 13 maestrisi chiudono nel padiglione senza poter piùuscire per lo spazio di 40 giorni. Ogni gior-no sei ore sono dedicate alla meditazione,tre alla preghiera e alle offerte divine,nove alla consacrazione degli strumenti ealla confezione della cosiddetta carta ver-gine. Nelle restanti sei ore si riposa. Altrentesimo giorno il candidato riceve dagliAngeli una speciale parola d’ordine e unospeciale sigillo, contenente il fuoco sacro.La prova volge al termine lasciando il can-didato stesso perfettamente saggio.

La seconda quarantena per ringiovani-re e diventare fisicamente perfetto ha ini-

zio nel plenilunio di maggio. Il candidato siritira in campagna con un assistente e sisottopone alla dieta prescritta (pane, erba,

insalata, lassativi e acquapiovana). Dopo sedicigiorni si fa fare un salassoe ingoia la sera e la matti-na un grano di materiaprima. Il giorno dopoaumenta la dose di due ecosì quello successivo,fino al trentaduesimogiorno, quando al tramon-to subisce un altro salasso.L’indomani si corica eingerisce un grano dimateria prima, quella concui Dio ha comunicato la

vita ad Adamo.Dopodichè comincia a sudare ed eva-

cuare, quindi spossato sviene. Tornato insé cambia letto e si rifocilla con un consu-mato di manzo ed erbe refrigeranti. Ilgiorno dopo ingoia un altro grano dimateria prima sciolta in una tazza di bro-do. Ricomincia a sudare ed evacuare. Aquesto punto l’assale una gagliarda febbreche gli farà perdere la pelle e cadere icapelli e i denti.

Nel trentacinquesimo giorno, se l’am-malato è in forze fa un bagno tiepido. L’in-domani scioglie in un bicchiere di vinovecchio e generoso l’ultimo grano di mate-ria prima e si addormenta, ed è allora cherinasce il pelo e la pelle e cominciano arigermogliare i denti. Nel trentottesimogiorno fa un altro bagno in acqua ordinariainzuppata di Nitro, dopo il quale cominciaa vestirsi e a passeggiare per la stanza. Nel

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trentanovesimo giorno prende dieci goccedel Balsamo del Gran Maestro in due cuc-chiai di vino rosso e finalmente nel qua-rantesimo giorno abbandonerà la casa rin-giovanito e ricreatoperfettamente.

Non possiamoseguire passo pas-so quel tanto oquel poco cheabbiamo del Ritua-le delle quarante-ne, anche perchénon siamo propriosicuri di avere tuttele chiavi per andare di là da una semplicelettura e di un appropriato commento.

Lo studio che ci è sembrato più inte-ressante è quello del Righini, che partedai documenti riportati nel Manoscritto245, il che gli permette la comparazionecon l’interpretazione e i commenti degliInquisitori.

La chiave di lettura proposta è quellaermetica ed è proprio l’ermetismo che (aproposito dell’alimentazione prescrittanelle quarantene) parla di acqua pluvialis,di rugiada che emana dall’Albero della Vitae resuscita i morti nella tradizione cabali-stica. Ma spesso ci troviamo di fronte a dif-ficoltà interpretative di non poco conto eche poi in fondo sono le stesse che ognitesto ermetico ci propone anche se talorail simbolismo è trasparente ed in linea conla tradizione.

Così, ad esempio la linea è ortodossa difronte alla scelta temporale delle quaran-tene. Si ripete quella di Mosè sul Sinai, di

Gesù nel deserto, di Lucio nell’Asino d’oro(come preparazione all’iniziazione d’Osiri-de), del trattato alchimistico De alchimiadialoghi del 1548 (ove nella proposizione n.

74 si parla di unanigredo di 40 giorniper preparare l’appa-rizione del bianco edel rosso), delle con-suetudini cristiane (laQuaresima che prece-de la Pasqua di resur-rezione), del Rama-dan, del Corano che alpari dell’Esodo parla

del “ritiro” di Mosè.Il numero 40 è spesso associato alla rige-

nerazione tanto nella tradizione ebraico-cristiana che in quella pagana ed ermetica.Il periodo della rigenerazione umanarichiede 40 giorni come quello della gene-razione fisica 40 settimane (10 mesi lunari).

Questi 40 giorni naturalmente non van-no intesi alla lettera, ma il simbolismo èparticolarmente importante.

Ciò detto resta sempre da comprenderee precisare che cosa è la “carta vergine”, la“materia prima”, con la quale ci si alimen-ta nelle diete delle quarantene e tante altresituazioni e termini che ricorrono nel pro-cesso iniziatico del sistema che, secondo ilsuo Autore, conduce all’immortalità.

Restano comunque le perplessità anchedel Gentile che giustamente osserva che“alla lettera la rigenerazione — promessaattraverso il ritiro di quaranta giorni per ilrifacimento del corpo ed altrettanti per lasublimazione dello spirito — ha qualchenota di strano e sotto certi aspetti di maca-

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bro” e forse qui sta pensando alla cadutadei capelli, dei denti e ad altri particolarimomenti “depurativi e rigenerativi”.

Non avendo lapossibilità di anda-re oltre, a conclu-sione delle rifles-sioni sul sistemaproposto da Caglio-stro, è forse utile eopportuno limitar-si a porre le basi diuna speculazioneche mira a trovaresoluzioni a quello che sembra essere il pro-blema più importante da risolvere: come sideve intendere l’immortalità alla quale siriferisce l’Autore del sistema?

È logico che, parlando d’immortalità laprima cosa che si presenta alla nostramente è la permanenza dell’individualitàumana (la coscienza dell’uomo che al piùse ne va in Paradiso o nei campi elisi o indimore olimpiche o valhalliche ad adorareil Signore da cui si sente distinto). È chiaroquindi che quando Cagliostro e il Sant’Uf-fizio parlavano d’immortalità, usavano unlinguaggio diverso.

Ma se l’“immortalità”, di cui parlaCagliostro, fa riferimento a piani e livelliiniziatici, come meglio vedremo in seguitonella lettura del suo Credo, ebbene, il riferi-mento non è all’immortalità come viene disolito concepita, ma ad una vera immorta-lità in cui si attua l’identificazione con dioe solo allora, infatti, si potrà dire Ego sumqui sum, cioè solo allora si è pervenuti aquello stato che ci è noto con la parola

“indiamento” che è lo stato al quale tendela via iniziatica, che — come già detto —nulla altro è se non “raggiungere durante

la nostra permanenzanel mondo fisico laconoscenza diretta, l’e-sperienza del trascen-dente”, la cognitio deiesperimentalis di Tom-maso d’Aquino, cioèuna conoscenza speri-mentale di Dio attra-verso una esperienzaviva, precisa e fonda-

mentale che pone l’esserein contatto immediato con Dio.

A questo punto forse possiamo conclu-dere che se è esatta l’interpretazione diCagliostro che abbiamo cercato fin qui eche cercheremo ancora meglio di insegui-re nelle parole, nei suggerimenti e neicommenti del Credo, è giusto pensare cheCagliostro — o chiunque abbia scritto quel-la pagina — non era lontano da quellavisione della Massoneria intesa come unascuola illuminativa che attraverso il simbolo, ilmito ed il rito, cioè attraverso i “supporti” pro-venenti dall’insegnamento tradizionale svilup-pa quell’intelligenza intuitiva che permette dicomprendere e forse anche di immedesimarsinella vita nascosta della realtà metafisica, neltrascendente che è in noi, come in ogni particel-la del mondo che ci circonda.

3 - Il “credo” di Cagliostro

Fatte queste premesse vorrei salva-guardare, in ognuno, la piena capacità di

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trarre le proprie conclusioni, senza sotto-lineare notizie o ricorrere ad espedientiper amor di tesi. Infatti,al riguardo mi sembraestremamente impor-tante quanto diceva il Fr.Gentile, secondo il qualel’autentico “mistero” diCagliostro non è tantonel personaggio storicoquanto nell’immagineche ciascuno di noi por-ta dentro. Pertanto, per-ché questa immaginenon sia condizionata, ho,fin qui, cercato di man-tenere la ricerca in ter-mini di razionalità e diinformazione, per quanto possibile obietti-va. Ma poiché Cagliostro è “inafferrabile” e(continuando a citar Gentile) “quando cre-diamo di averlo afferrato e di poterlocostringere a dirci finalmente chi è e checos’è, egli ci è già sguizzato via comeun’anguilla e ci troviamo a mani vuote”,non mi resta altro che suggerire di utiliz-zare come strumento di giudizio quantoCagliostro stesso dice di sé in alcuneimportanti e magnifiche pagine nelle qua-li emerge — a giudizio di critici non faziosi— una coscienza e una conoscenza checomprovano l’elevatezza iniziatica di chi leha scritte e che nessun ciarlatano puòsimulare senza tradirsi e contraddirsi.

Queste pagine sono contenute in unopuscolo che circolava a Parigi nel 1786,quando Cagliostro venne coinvolto nell’af-fare della “Collana della Regina” e sonoriportate da Marc Haven nella sua opera

(Le Maitre Inconnu) ed anche nell’introdu-zione del Rituale della Massoneria Egiziana.

La rivelazione del signifi-cato esoterico e massonicodel documento deve moltoad un Fratello: Arturo Righi-ni (Ignis - Rivista di studi inizia-tici, 1925) che lo tradusse e locommentò, precisando che ivari passi del contestoappaiono rivolti a dei LiberiMuratori praticanti i gradi“scozzesi”.

Non mi resta che riporta-re il documento, cercando diriassumere il commento delRighini.

1Non sono di alcun epoca, né di alcun luo-

go; al di fuori del tempo e dello spazio il mioessere spirituale vive la sua eterna esistenza, ese immergendomi nel mio pensiero risalgo ilcorso delle età, se distendo il mio spirito versoun modo di esistenza lontano da quello che voipercepite, divengo colui che desidero. Parteci-pando coscientemente all’essere assoluto,regolo la mia azione secondo l’ambiente chemi circonda. Il mio nome è quello della miafunzione, perché sono libero; il mio paese èquello in cui fisso momentaneamente i passi.Datatevi, se lo volete, da ieri, rialzandovi conl’aiuto degli anni vissuti da antenati che vifurono estranei; o da domani, per l’orgoglioillusorio di una grandezza che non sarà mai lavostra.

Sin dall’inizio Cagliostro afferma la suaindipendenza, dal tempo e dallo spazio,per separarsi in modo netto e categorico

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dal modo d’essere proprio dei mortali e sidichiara cosciente della e nella sua parteci-pazione all’essere assoluto. Come questi,quindi, è al di fuori del tempo e dello spa-zio. Perciò i singolimomenti e luoghi sonoper lui equivalenti,sono parimenti e dipen-de da lui divenire coluiche desidera in un datomomento e luogo.Cagliostro vive la suaeterna esistenza spiri-tuale ed è libero perchéè cosciente di esserecolui che è. Ego sum quisum è l’affermazione chepuò essere fatta solo da colui che ha realiz-zato l’immortalità spirituale e fisica (rag-giunta attraverso le due quarantene).

Questo brano, a mio modo di vedere, èdi particolare importanza perché “costrin-ge” ad affrontare il problema del tempo edello spazio in relazione alla coscienza del-l’iniziato. Ritengo infatti che la chiaravisione di questi limiti della condizione edella coscienza umana sia essenziale adogni sviluppo iniziatico.

Sostanzialmente si tratta di capire e didimostrare che il tempo e lo spazio esisto-no fin quando non vengono scardinati dal-la condizione umana di coscienza o permezzo della morte fisica o per mezzo diquella iniziatica. Tempo e spazio esistononella mente umana e non è la coscienzaumana che esiste, in uno spazio e in untempo concepiti ed esistenti come assolutied indipendenti dalla vita del singolo.

Capisco che il problema non è facile, ma

non è nemmeno “trascendentale”. Permeglio spiegarmi, forse non è superfluofare qualche esempio, magari andando adattingere ad esperienze scientifiche, che,

spesso, sono di granlunga inferiori a quelleiniziatiche.

Mi riferisco ad unsingolare esperimento(che ho citato anche inaltre occasioni), e chefu effettuato qualcheanno fa, intorno aglianni Settanta: su duejet supersonici si mise-ro alcuni orologi ato-

mici, cioè di massima pre-cisione, più esatti del movimento di unpianeta, e i due jet, lanciati ad eguale velo-cità furono fatti girare intorno al mondo insenso contrario. Quando tornarono allabase gli orologi che si trovavano su unapparecchio segnavano un orario diversoda quelli che si trovavano sull’altro, eppu-re erano stati perfettamente sincronizzatiin partenza. La spiegazione scientifica l’a-veva già data Einstein il quale con la suateoria della relatività ha infranto determi-nati confini del normale e del possibile.Infatti fino a lui si era certi che il tempoavesse sempre lo stesso ritmo, anche se gliorologi andavano avanti o indietro. Dopodi lui la misura del tempo è diventata rela-tiva, in quanto secondo la sua teoria il tem-po si misura a seconda di come ci si muoveperché non è un valore assoluto.

Alla scienza l’esperimento citato hadimostrato la fondatezza della teoria diEinstein, ma a noi che cosa può insegnare?

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Se su quegli orologi in movimento iltempo è trascorso in modo diverso, è evi-dente che tempo e spazionon sono concetti separati,ma in rapporto fra loro.Quindi eventi separati neltempo possono trovarepunti di incontro nello spa-zio, e viceversa (e, in que-sta sede, oggi, senza aprireun altro capitolo, sommes-samente suggerisco di pen-sare alle profezie, allevisioni, alle trasmissionimedianiche di Cagliostro, enon solo).

Vi è quindi un mondodove le cose non accadono seguendo unalogica del prima o del dopo. Vale a dire chele cose succedono in una sorta di “tempospaziale continuo”, dove il prima e il dopo,la causa e l’effetto non sono fra loro sepa-rati, ma fanno parte dello stesso quadro,dello stesso insieme.

Questo mondo è quello che vive con-cretamente e realmente nella mente dell’i-niziato, che non è di alcun epoca né dialcun luogo e il cui essere spirituale vive lasua eterna esistenza fuori del tempo e del-lo spazio.

Torniamo, ora, allo scritto di Cagliostro.

2Non ho che un padre: varie circostanze

della mia vita mi hanno fatto supporre a que-sto proposito delle grandi commoventi verità;ma i misteri di questa origine e i rapporti chemi uniscono a questo padre incognito sono erestano i miei segreti; che coloro che sarannochiamati a divinarli, a intravederli, come io ho

fatto mi comprendano e mi approvino. Quan-to al luogo, all’ora, dove il mio corpo materia-

le, circa quaranta anni fa, si è for-mato sopra questa terra; quan-to alla famiglia che ho sceltoper questo, voglio ignorarli; nonvoglio ricordarmi del passatoper non aumentare le responsa-bilità già pesanti di coloro chemi hanno conosciuto perché èscritto: “tu non farai cadere ilcieco”. Io non sono nato dallacarne né dalla volontà dell’uo-mo: io sono nato dallo spirito.

Il mio nome, quello che miappartiene e che da me provie-ne, quello che ho scelto percomparire in mezzo a voi, ecco

quello che io reclamo. Quello concui mi si chiamò alla mia nascita, quello chemi è stato dato nella mia giovinezza, quellisotto i quali in altri tempi e luoghi, fui cono-sciuto, li ho lasciati, come avrei lasciato deivestiti non più di moda e ormai inutili.

In questo passo non particolarmentecomplesso, Cagliostro allude — come com-menta il Reghini — ad un genitore che evi-dentemente non è il padre del suo corpo.Si potrebbe pensare che si riferisca ad unpadre che lo aveva spiritualmente forma-to, e su questo torneremo in seguito ma, almomento, in mancanza di ulteriori ele-menti è meglio non formulare altre suppo-sizioni. Tuttavia Reghini ritiene cheCagliostro, con questo padre incognitoalluda addirittura all’essere assoluto o adun “capo della gerarchia spirituale dellaterra”. Il Gentile a riguardo opportuna-mente osserva che: Siamo nell’ambito diquell’atmosfera penetrata dai veri e presuntimessaggi ed ordini dei Superiori Incogniti, pro-

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pria dell’epoca di Cagliostro ed anche vicini alconcetto del Re del Mondo.

In conclusione questo passonel suo complesso sembrariferirsi alla rigenerazionespirituale delle “quarante-ne” più che semplicementealla nascita iniziatica o comevorrebbe il Reghini ad unascelta di incarnazione quan-do pensa ad una nascita fisi-ca intesa come “incorpora-zione” avvenuta in mododiverso dal solito, poiché,non è per un caso nè per unalegge che egli è nato dove ènato; egli ha scelto la suafamiglia.

Un’ultima, breve osservazione va fattasul punto dove l’Autore parla del nomecon il quale vuole essere chiamato o dovemi sembra abbastanza evidente il riferi-mento a un nome non anagrafico, ma ini-ziatico.

3Eccomi: sono nobile e viaggiatore; io parlo

e la vostra anima freme riconoscendo anticheparole; una voce, che era in voi, e che si erataciuta da bel lungo tempo, risponde all’appel-lo della mia; io agisco e la pace torna nei vostricuori, la salute nei vostri corpi, la speranza e ilcoraggio nelle vostre anime. Tutti gli uominisono miei fratelli; tutti i paesi mi sono cari; lipercorro perché dappertutto lo Spirito possadiscendere e trovare un cammino verso di voi.Ai re, di cui rispetto la potenza, non chiedo chel’ospitalità sopra le loro terre e quando mi èaccordata, passo, facendo intorno a me il mag-gior bene possibile; ma non faccio che passare.Non sono un nobile viaggiatore?

Non credo che ci si debba particolar-mente applicare nella interpretazione di

quanto precede, che, a mioavviso, non è altro cheuna chiara ed esplicitadichiarazione di “fede”massonica, di parole rivol-te da un Fratello a Fratelli.

4Come il vento del Sud,

come la rifulgente luce delMezzogiorno che caratteriz-za la piena conoscenza dellecose e la comunione attivacon Dio, io vengo verso ilNord, verso la bruma e ilfreddo, abbandonando dap-

pertutto sul mio passaggioalcune particelle di me stesso, prodigandomi,diminuendomi ad ogni stazione, ma lascian-dovi un po’ di chiarezza, un po’ di calore, unpoco di forza, sino a che in fine io sia arresta-to e fissato definitivamente al termine dellamia carriera, all’ora in cui la rosa fiorirà sullamia croce. Io sono Cagliostro.

L’Autore sembra tornare con insisten-za sul simbolismo massonico: e infatti è amezzogiorno che in Loggia siedono i Mae-stri ed è a mezzogiorno che il sole, simbo-lo della divinità, risplende con il massimofulgore.

Tutto il suo peregrinare dal nord al sud,con dispendio di energia e distribuzione diforze, giunge al termine quando, in Roma,fece fiorire la rosa ermetica sopra la crocecristiana.

Per una migliore cognizione del testo,non credo superflua una brevissima lettu-ra del simbolismo proposto.

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La più importante componente delRosacrucianesimo è senza dubbio l’ermeti-smo, al quale si affiancanoelementi del cristianesimo(sia pure come punto dipartenza per una interpre-tazione esoterica) e la let-teratura dei Fedeli d’Amo-re e delle tradizioni trova-doriche romantiche, dovela rosa aveva assunto unaparticolare importanza.

Inoltre dal punto divista spirituale “Rosacro-ce” è un titolo che contrad-distingue uno stato dicoscienza o di realizzazio-ne interiore. Infatti, nelsimbolismo universale piùche cristiano, la croce raffigura l’incontrodell’alto (la verticale) con lo stato terreno(l’orizzontale). Tale incontro in genere eper i più, si risolve nella cosiddetta “cadu-ta” o per dirla con gli gnostici, nella “cro-cifissione dell’uomo trascendente nellamateria”. Per l’iniziato invece significa ilpieno possesso delle possibilità della con-dizione umana, la quale ne risulta trasfor-mata tanto che lo sviluppo può essere con-cepito come una espansione, un’apertura,un “fiorire” come appunto è indicato dallarosa che si dischiude esattamente al centrodell’intersezione dell’asse verticale conquello orizzontale, e che pertanto diventasimbolo di completezza, di raggiungimen-to del fine, e quindi di perfezione.

Inoltre la rosa è anche simbolo dellatransizione o del passaggio necessario allaperfezione: nella Divina Commedia, Dante

giunge al Paradiso attraverso la “RosaMistica”; Apuleio fa recuperare le fattezze

umane al protagonistadell’Asino d’Oro, facendoglimangiare delle rose e nelRoman de la Rose a questofiore viene attribuito ilsignificato di veicolo e finedella trascendenza mercèil potere santificante del-l’amore.

Infatti a tale riguardova precisato che l’amoreessendo unione, quindiannullamento di dualismo,di separazione, di ritornoall’androgino primordialeè un modo di pervenire al

“centro”. Lo stesso atto fisi-co dell’amore esprime il desiderio di“morire” di “dissolversi” nell’oggetto deldesiderio. Simbolo di questo volersi trasfe-rire nel “centro” è ancora la Rosa e nell’E-stremo Oriente il fior di loto.

5Perché vi occorre qualche cosa di più? Se

voi foste degli infanti di Dio, se la vostra ani-ma non fosse così vana e così curiosa, avrestedi già compreso! Ma avete bisogno di partico-lari, di segni e di parabole: ebbene ascoltate!Risaliamo ben lontano nel passato perché lovolete.

Ogni luce viene dall’Oriente; ogni inizia-zione dall’Egitto; io ho avuto tre anni comevoi, poi sette anni, poi l’età d’uomo e, a partireda questa età, non ho più contato. Tre sette-nari d’anni fanno ventuno anni e realizzano lapienezza dell’organismo umano.

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Anche nel simbolismo massonico laluce viene dall’Oriente, come a questo sim-bolismo appartiene tutto ildiscorso delle età rituali.Tre anni dell’Apprendista,sette del Maestro, l’etàd’uomo, trentatré del 18°grado (Rosa-Croce), unsecolo e più del 30° grado(Cavaliere Kadosch) chedice anche a propositodella sua età non conto più,ed infine, secondo alcunirituali, sembra che il tri-plo di sette sia l’età delCavaliere Eletto dei IX.

6Nella mia prima infanzia

sotto la legge di rigore e di giustizia ho soffer-to in esilio, come Israele fra le nazioni stranie-re. Ma come Israele aveva con sé la presenzadi Dio, come un Metraton lo vegliava nelle suevie, così pure un angelo possente vegliavasopra di me, dirigeva i miei atti, illuminava lamia anima, sviluppando le forze latenti in me.Egli era il mio maestro e la mia guida. La miaragione si formava e si precisava; mi interro-gavo, mi studiavo e prendevo coscienza di tut-to quello che mi circondava; ho fatto dei viag-gi, parecchi viaggi tanto intorno alla cameradelle mie riflessioni che nei tempi e nelle quat-tro parti del mondo; ma quando volli penetra-re l’origine del mio essere e salire verso Dio inuno slancio dell’anima mia, allora la miaragione taceva impotente e mi lasciava inbalia delle mie congetture. Un amore che miattirava in una maniera impulsiva verso ognicreatura, un’ambizione irresistibile, un senti-mento profondo dei miei diritti ad ogni cosadalla terra al cielo, mi spingevano e gettavanoverso la vita, e l’esperienza progressiva delle

mie forze, della loro sfera di azione, del lorogiuoco e dei loro limiti, fu la lotta che dovetti

sostenere contro le potenze delmondo; fui abbandonato etentato nel deserto; ho lotta-to con l’angelo come Giacob-be, con gli uomini e con idemoni, e questi, vinti, mihanno appreso i segreti checoncernono l’impero delletenebre perché non potessimai smarrirmi in alcuna del-le vie dalle quali non si torna.

Nella condizione attua-tasi in virtù della legge “dirigore e di giustizia”, sem-bra manifestarsi una chia-

ve di lettura.È noto che “il re di giustizia”, dall’eter-

no sacerdozio è per la tradizione ebraicaMelchisedek, re di Salem (pace) prete di El-Eloim, l’Altissimo, addirittura superiore adAbramo, che da lui ricevette la benedizio-ne e al cui ordine appartiene anche Gesùdel quale appunto si dice “prete secondol’ordine di Melchisedek”.

Ciò premesso, Reghini tende ad identi-ficare in questa figura il padre “unico eincognito” a cui allude Cagliostro e quindiaggiunge: Se Cagliostro afferma qui la suaappartenenza e dipendenza a questo stessoordine di Melchisedek, egli non fa che afferma-re la propria regolarità iniziatica e, sono forsequesti in parte, i segreti ed i rapporti che lo uni-scono al suo padre unico.

Inoltre, la spada e la bilancia (rigore egiustizia) compaiono nelle iconografie cri-stiane nelle mani dell’Arcangelo Michele.Cabalisticamente la connessione verbale

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tra Michael, Maleak (angelo) e Melek (re)conferma il riferimento a Melchisedek.Infine Cagliostro, essen-do sottoposto a legge dirigore e di giustizia, èassistito da un angelo,che paragona al Metra-ton, alla presenza diDio. Nel Metraton si col-legano la Shekinah “lapresenza reale delladivinità”.

Con questi riferi-menti le parole diCagliostro sembranoacquistare un sensoabbastanza preciso, tut-tavia, quell’espressione “legge di rigore edi giustizia” lascia la porta aperta versoulteriori speculazioni.

Infatti, la condizione che si attua in vir-tù della legge “di rigore e di giustizia”, amio modo di vedere indica un preciso per-corso per un cammino iniziatico, per unprogressivo e dinamico sviluppo verso lalegge Universale d’Evoluzione e d’Amore,verso la conoscenza diretta e l’esperienzadella Verità.

Per raggiungere lo scopo è necessariotrasformare il divenire miserevole dell’Uo-mo in attualità d’esistenza eroica scopren-do innanzi tutto se stessi e costituendosiper compiere “il lavoro”.

E qui, per meglio rendere il mio pensie-ro, mi rifaccio ad un simbolismo che siricollega ad antichi rituali che dicono chetre Fratelli formano una Loggia semplice,cinque una Loggia giusta e sette una Log-

gia giusta e perfetta. Analogamente treFratelli dirigono una Loggia, cinque la illu-

minano e sette la rendonogiusta e perfetta.

Ciò significa che la Loggiasemplice caratterizzata dalTRE è l’uomo pensante costi-tuito da una componentefisica, una animica ed unaspirituale. Tale Loggia, o taleuomo, il che è lo stesso, èrappresentabile con untriangolo ed è retta dal Sole,dalla Luna e da Mercurio(cioè l’uomo non esiste senzaun principio positivo, unonegativo ed uno equilibran-te, il che vale come dire sen-

za Fuoco Acqua ed Aria).L’Uomo e quindi la Loggia prende

coscienza di sé quando alle componentisuddette (Sole, Luna, Mercurio) si aggiun-gono la Forza e la Bellezza. Ciò significaconoscere la legge binaria con tutte leimplicazioni e derivazioni. Tale Loggia èrappresentabile con una stella a cinquepunte ed è retta anche da Venere e Marte.

Infine, l’Uomo, padrone della leggebinaria, raggiunto l’equilibrio fra le oppo-ste polarità, acquisisce la Maestria ed è ingrado di applicare GIUSTIZIA e RIGORE,esercitando il suo libero arbitrio. Tale Log-gia è rappresentabile con una stella a settepunte ed è retta oltre che da Sole, Luna,Mercurio, Venere, Marte, anche da Giove(Giustizia) e da Saturno (Rigore).

Ebbene tutto il travaglio che Cagliostroha innanzi illustrato, a me sembra ricon-ducibile allo sforzo di chi lavora alla costi-

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tuzione di sé ed in sé dell’Essere, per rea-lizzare quella espansione di coscienzadestinata a rendere reali i vari gradi di ini-ziazione virtuale e in definitiva per rag-giungere, durante il tem-po della presenza nelmondo fisico, la cono-scenza diretta, l’esperien-za del trascendente.

Per concludere questalunga parentesi nella let-tura del testo, dobbiamofare un’ultima osservazio-ne sulla manifesta allusio-ne ai viaggi simbolici del-le cerimonie iniziatiche,nonché alle quattro partidel mondo, cioè i quattropunti cardinali che corrispondono ai quat-tro lati del Tempio.

Infine il deserto, al quale allude l’Auto-re sembra un chiaro richiamo al senso disolitudine spirituale, di squallore e diabbandono che investe e opprime coluiche perde la speranza dell’altezza e che èterrorizzato dall’esaltante ma pericolosaesperienza del VITRIOL. In questo stato didesolata disperazione — concludiamo conil Reghini — non vi è più nessuna ragionené superiore né umana per attenersi aduna condotta piuttosto che ad un’altra. Mauna volta raggiunto lo scopo, l’uomo nonpuò più essere tentato, perché raggiunta laperfezione morale (prima quarantena)conosce il bene e il male e perciò non puòpiù smarrirsi nelle vie da cui non si ritornache conducono tra “la perduta gente” enelle “diserte spiagge” dantesche.

7Un giorno — dopo quanti viaggi ed anni!

— il Cielo esaudì i miei sforzi: si ricordò del suoservitore e, rivestito di abiti nuziali, ebbi la

grazia di essere ammesso comeMosè dinanzi all’Eterno. Daallora ricevetti come unnome nuovo, una missioneunica. Libero e padrone dellavita, non pensai più che adimpiegarla per l’opera di Dio.Sapevo che Egli confermereb-be i miei atti e le mia parole,come io confermerei il suonome e il suo regno sopra laterra. Vi sono degli esseri chenon hanno più angeli custodi:io fui uno di questi.

Ecco la mia infanzia, lamia gioventù quale il vostro

spirito inquieto e desideroso diparole la reclama; ma che sia durata per più omeno anni, che si sia svolta nel paese deivostri padri o in altre contrade, che vi impor-ta? Non sono un uomo libero? Giudicate i mieicostumi, vale a dire le mie azioni; dite se sonobuone, se ne avete viste di più possenti, e, allo-ra, non vi occupate della mia nazionalità, delmio rango e della mia religione.

Se proseguendo il corso felice dei suoiviaggi, qualcuno di voi perviene un giorno atoccare quelle terre d’Oriente che mi hannoveduto nascere, che ei solamente si ricordi dime, che pronunci il mio nome, ed i servitori dimio padre apriranno dinanzi a lui le porte del-la città santa. Allora egli ritorni a dire ai suoifratelli se ho abusato tra voi di un prestigiomenzognero, se ho preso nelle vostre dimorequalche cosa che non mi apparteneva.

Finalmente dopo tanti viaggi ed anni —del cui simbolismo ormai ci è chiara la tra-sparenza — gli sforzi fanno raggiungere la

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meta. Ecco l’abito nuziale, per le “mistichenozze” del linguaggio ermetico e cabalisti-co, e secondo il costumeiniziatico l’abbandono delnome secolare e, senzapiù angeli custodi, unanuova nascita glorificata espiritualizzata dalla Gran-de Opera.

4 – Il Sigillo del Serpente

A questo punto, lo spa-zio che ci è stato concessonon ci consentirebbe diandare oltre, ma parlandodi Cagliostro come si fa adignorare il famoso “Sigillo del Serpente”che molti considerano “la sua firma esote-rica”, il simbolo nel quale, insieme al “cre-do” ha condensato tutta la sua conoscenza.

Quindi, quasi come una appendice dichiusura, o di “sigillo” solo qualche anno-tazione, come dire, “a piè di pagina”.

Il simbolo è costituito da un serpenteritto sulla coda, con una mela in bocca, tra-fitto da parte a parte da una freccia inmodo da sembrare una “S”, mentre la frec-cia forma una “I”. Dunque il monogramma“SI” che sta per Superieur Inconnu (“supe-riore sconosciuto”).

In tale sigillo si può vedere innanzi-tutto il numero 8, ritenuto il simbolo del-l’equilibrio cosmico e ancora la perfezio-ne che precede la resurrezione. Senzadire che numericamente l’8 rappresental’infinito.

Qualcuno nel Sigillo o nel serpente havisto un riferimento alla simbologia egizia.

Se la tesi è sostenibile, rife-rendoci a Cagliostro puòservire a spiegare la suaprofessione di guaritore,poiché nell’antico Egitto ilSerpente era il dio dellaguarigione, secondo il prin-cipio che il veleno annulla ilveleno, ma anche presso iGreci troviamo due serpentiattorcigliati al caduceo diEsculapio, dio della medici-na; un serpente compareancora sullo scudo di Athe-na e nel Partendone.

In verità sono molte leinterpretazioni date a questo simbolo cheriassumono sfaccettature molto correlatedi quel mondo particolare del personaggioche lo aveva chiamato a raffigurare forseuna o tutte le interpretazioni che seguono:

La realizzazione iniziatica: il serpente, for-ma terrena e involuta, conquista il fruttodella conoscenza e quindi muore, rina-scendo a nuova vita più evoluta.

Il Male, con la fatidica mela di Adamo edEva nelle fauci mentre la freccia qui diven-ta lo sguardo divino che lo trafigge.

La corrente astrale, una sorta di rete invi-sibile presente in tutto l’universo, trafittada una volontà capace di dominarla.

I quattro elementi, la terra rappresentatada un piccolo lembo di spiaggia, l’acquadall’onda marina, l’aria del cielo nuvolosodel paesaggio, il fuoco del serpente dallaforma sinuosa, il cui profilo si innalza inmezzo ai flutti.

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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Carpi, P. (1997) Cagliostro il maestro sconosciuto, Roma.Gentile, C. (1997) Il mistero di Cagliostro e il sistema egiziano, Foggia.Gervaso,R. (2002) Il Grande Mago. Vita morte e miracoli del conte di Cagliostro, Milano.Haven, M. (2004) Il maestro sconosciuto: Cagliostro, Bologna.Maruzzi, P. (1993) Il Vangelo di Cagliostro, Roma.Photiades, C. (2005) Le vite del Conte di Cagliostro, Palermo.

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La materia nella sua faticosa ascesa ver-so l’integrale purezza,che passa dalla formacompatta e solida (laterra) alla forma liquida(acqua), poi allo statogassoso (aria) ed allostato raggiante (fuoco).

Simbolo strettamentealchemico. In tal caso ilSerpente è l’ideale rap-presentazione del prin-cipio alchemico pri-mordiale, detto anche “mercurio iniziale”,che è scorrevole come l’acqua e come que-

sta serpeggia. La freccia assume qui il ruo-lo dell’agente maschio

che penetra la mate-ria greve e femmina.

Forse, infine, conil serpente e la frec-cia Cagliostro havoluto simboleggiarenel suo sigillo nientealtro che il maschio ela femmina cheinsieme all’acquamagica formano i tre

grandi protagonisti della Grande Operaalchemica.

pone un orizzonte nuovo: quello della suaconsiderazione tra i parametri tecnici enon, per “misurare” la qualità della vita.

Quello della felicità non è più solo unconcetto sentimentale ma diventa un con-creto indice che concorre alla valutazionedel nostro benessere.

La misura della felicità.Sulla nuova esigenza di inserire la felicità

tra i misuratori del nostro benessere

di Salvatore SansoneAvvocato

Welfare and happiness are not only a matter of feelings, but also concrete parametersto evaluate our life. Where there are not strong principles, our satisfaction is the mainsense for everything.To be happy we need to build social ties, friendship, solidarity in order to help eachother. Everyone has to carve in its native culture in order to recover the lost sense ofthings and life itself.

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Il PIL comprende l’inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette, le ambulanze per sgom-brare le nostre autostrade dalle carneficine del fine settimana. […] Cresce con la produzione dinapalm, missili e testate nucleari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qua-lità della loro educazione e della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza dellanostra poesia e la solidità dei valori familiari. […] Non misura né la nostra arguzia né il nostrocoraggio né la nostra saggezza né la nostra conoscenza né la nostra compassione. Misura tutto,eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta.

Robert Kennedy, 1968

QQuale che sia il nostro concetto difelicità, o meglio quale che sia ilmodo in cui la percepiamo e rite-

niamo di essere felici traducendola in unacondizione dello spirito per conquisteemozionali ovvero in una condizione digioia per conquiste materiali, oggi si pro-

Nel loro rigore accademico le scienzeeconomiche non comprendono concettiquali felicità, relazioni amicali, rapportiaffettivi, dono, gratuità, qualità della vita.

Accade ora che semprepiù economisti si occupi-no di felicità ovvero diqueste condizioni senti-mentali; in verità si trattadi un fenomeno molto piùampio che non si limita alsolo campo dell’economia.

L’informazione e lacomunicazione puntanosui social network, sullecommunity che dialogano,si consigliano, si citano, producono notiziee valori. E ancora la rivoluzione della rete,dei “blog” e del “web” non sono altro chel’altra faccia dello stesso cambiamento masul fronte della comunicazione.

Il marketing segue la stessa sorte.Qualcuno entusiasticamente parla di

un’aria nuova, di una nuova sensibilità peruna serie di condizioni che inesorabilmen-te crescono recuperando nuove dimensio-ni e ponendo la necessità di una interdisci-plinarietà complessa.

Ma la sensazione è invero quella che iltema della felicità “parametro” sia, nellasua valenza metaforica, al contrario, latestimonianza della diffusa influenza rela-tivistica del pensiero debole.

In assenza di forti principi fondanti è lanostra soddisfazione che offre un sensoalle cose.

Il Prof. De Rita, sociologo e segretariogenerale del Censis, parla di “declino delconflitto”; in un editoriale della fine dinovembre sul Corriere della Sera, De Rita

sostiene che viviamo in una società dovevince il pragmatismo del quotidiano e nonun’idea di futuro migliore attraverso spin-te ideali fondate su emozioni forti: è l’epo-

ca del “mellifluo con-senso”. E condividen-do sul punto le acuteriflessioni del Prof.Natalino Irti, conclu-de come non sia più iltempo della rappre-sentanza di interessie bisogni collettivi,ma di “rappresentati-vità esistenziale”, di

messa in comune diemozioni e sentimenti individuali coltiva-ti nella dimensione dell’esistenza, senzapassioni e spessori di essenza.

Rifugiandosi nella ricerca della felicesoddisfazione dei nostri bisogni, intesi nelsenso più ampio e anche più nobile del ter-mine, tentiamo di riequilibrare il sensoperduto delle cose e della vita.

Ecco allora la domanda: come si misuraoggi il nostro vero benessere?

Sul presupposto di premessa, il PIL(Prodotto Interno Lordo) non può più esse-re considerato un misuratore adeguatodello sviluppo.

Elaborato negli anni Trenta dall’econo-mista statunitense Simon Kuznets, premioNobel per l’Economia, il PIL rappresenta ilvalore complessivo di beni e servizi pro-dotti in uno specifico ambito territoriale(un Paese, una regione, una città o il mon-do intero) in un certo intervallo di tempo(solitamente un anno) e destinati a usifinali.

Il tema di riflessione è che la ricchezza

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di una nazione non possa essere rappre-sentata unicamente dai valori delle produ-zioni di beni e servizi ricompresi nel PIL.

La somma di questi valori prende inconsiderazione soltanto le transazioni cheavvengono nei mercati formali non tenen-do in alcun contobeni che pur avendocertamente un altovalore, per es. eticoo comunque nonstrettamente eco-nomico, contribui-scono sicuramentealla ricchezza.

Il volontariato, labeneficenza, la soli-darietà non sonoricompresi tra i parametri di valutazioneeppure hanno un “valore” che certamen-te contribuisce alla ricchezza di un paese.

Molti studiosi e ricercatori, supportatida importanti organizzazioni internazio-nali quali l’OCSE e l’Unione Europea, stan-no indirizzando i propri sforzi intellettua-li nella elaborazione di un indice alternati-vo al PIL: le proposte sono varie, moltoserie e interessanti.

Tra gli elementi da prendere in esamein questi nuovi indicatori di “ricchezza” ènecessario inserire valori nuovi non esclu-sivamente tecnico-economici quali l’accu-mulo a lungo termine di ricchezza (natura-le, economica e sociale), la soddisfazionepersonale nel lavoro e nella famiglia, ilivelli di aspettativa di vita, di istruzione,l’impatto negativo dell’inquinamento, ildegrado delle risorse e molti altri.

Un Programma delle Nazioni Unite perlo Sviluppo, a partire dal 1993 propone

come indice l’Human Development Index(HDI) che pone alla base della misurazioneun sistema di molteplici variabili: l’esisten-za di uno stato di diritto, la tutela del patri-monio ambientale, il funzionamento disistemi diffusi socio-sanitario e di educa-

zione, la realizzazionedi effettive opportuni-tà di sviluppo econo-mico a livello locale.

Esiste poi il GenuineProgress Indicator (GPI),Indicatore del Progres-so “Reale” o effettivoche dal 1995 si ponel’obiettivo di calcolareil differenziale di quali-

tà della vita distinguen-do tra spese di valore positivo (che aumen-tano il benessere, come quelle per il lavorodomestico o i servizi del volontariato) enegativo (come i costi da sostenere per lalotta alla criminalità, contro l’inquinamen-to o per gli incidenti stradali).

Nel 1999, la Banca Mondiale ha varato ilGenuine Savings Index (GSI) che misura lavariazione netta di valore del capitale diun Paese partendo dal PIL, aggiungendo lespese di scolarizzazione e sottraendovi icosti relativi alla distruzione di risorsenaturali.

L’Università di Yale, propone l’Environ-mental Sustainability and Performance Inde-xes; la Sustainable Society Foundation ilSustainable Society Index – SSI.

E ancora, non meno importanti, l’HappyPlanet Index - HPI, Indice di Felicità del Pia-neta, che mette in relazione le risorse uti-lizzate da un dato Paese con l’improntaecologica, l’aspettativa di vita e la felicità

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dei suoi abitanti, e il PIQ - Prodotto Internodi Qualità, che indica in termini monetariquale parte di PIL sia collegata a produzio-ni di qualità.

Esistono poi due curiosimisuratori che, basandosisul potere di acquisto dellevalute nazionali, sono uti-lizzati dagli interpreti divarie discipline per condur-re indagini e valutazioni:l’indice “Big Mac” e l’indice“Kalashnikov”. Il primo siottiene dividendo il costoin valuta locale del famosopanino in una nazione, peril costo nella valuta localedi un’altra nazione (entrambein rapporto al dollaro statunitense); il valo-re ottenuto viene confrontato con il tassodi cambio ufficiale per capire se la monetasia o meno sottovalutata. Il secondo offre,invece, lo stato dei diritti umani nel mon-do osservando il prezzo a cui viene vendu-to il fucile Kalashnikov: a un basso costocorrisponde una maggiore violazione deidiritti umani.

E ancora il sovrano del Bhutan nel1972 ha adottato l’indice della FelicitàInterna Lorda, o Gross National Happiness -GNH, per valutare il livello di sviluppo delsuo Paese. Con questa modalità vengonomessi a sistema lo sviluppo umano, lagovernance, la crescita equilibrata, il patri-monio culturale e la conservazione dellerisorse naturali.

Il Bhutan, in questi trent’anni, ha com-piuto progressi notevoli (diffusione dell’e-lettricità, creazione di un capillare sistemasanitario ed educativo in tutti i villaggi,

aumento dell’aspettativa di vita da 46 a 66anni), la sua popolazione ha guadagnatosicuramente in felicità.

Ma non solo l’economiaparla di felicità; anche lapolitica comincia a cam-biare.

Negli ultimi anni gover-nanti e politici nei loro dis-corsi non disdegnano rife-rimenti romantici al dirit-to alla “felicità”. Basti pen-sare ai discorsi di Obamadurante le primarie negliStati Uniti (il Paese del“diritto alla ricerca dellafelicità”). Il presidente

francese Nicolas Sarkozy, asua volta, ha chiamato Amartya Sen eJoseph Stiglitz, premi Nobel per l’Econo-mia, perché propongano nuovi e più ade-guati strumenti di misura della crescita.Tony Blair quand’era ancora primo mini-stro, nel 1999 sosteneva che l’avanzamen-to di un Paese andava misurato non solocon il PIL ma anche in termini di qualitàdella vita, sviluppo sostenibile, soddisfa-zione personale.

Le teorie e i dibattiti su una “economiadella felicità” sono in costante crescita.

Recentemente il giornalista e studiosoLuca De Biase ha affrontato il tema in uninteressante libro pubblicato da Feltrinel-li: Economia della felicità.

De Biase evidenzia quanto sia impor-tante questa “umanizzazione” della visua-le economica: quanto le variabili umanecome intuizione, sentimenti e preconcettipossano influire e determinare il compor-tamento economico delle persone.

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Significativo sul punto il cosiddetto“paradosso della felicità” elaborato dall’e-conomista statunitense Richard Easterlin.

Aumentando il redditopro capite, dapprima l’indi-ce di felicità aumenta, maoltre una certa soglia ulte-riori aumenti di reddito lofanno diminuire. Tuttibanalmente possiamo pen-sare che col crescere dellaricchezza la gente possaessere più felice. InveceEasterlin ha dimostratocon dati statistici che non èvero e che oltre un certo punto si sta peg-gio anziché stare meglio. Subentrano lepreoccupazioni del “troppo”: troppo lavo-ro, troppo poco tempo per sé, troppostress negativo etc.

Riflettendo c’è ragione per allarmarsiperché questo paradosso toglie legittima-zione sociale all’economia. La domanda è:Che senso ha lavorare di più per stare peggio?

E ovviamente le risposte sono diverse.Così come non sono univoche le diagnosisui livelli di felicità, sui sistemi per misu-rarli. Il sociologo olandese Ruut Veenho-ven insegna all’Università “Erasmus” diRotterdam “Condizioni sociali per la felici-tà umana” e cura una banca dati mondialesul tema, che dà origine a una classificaannuale dei Paesi più e meno felici.

Egli spiega che sebbene sia fortementeaumentato l’interesse degli economisti ver-so la felicità quale nuovo parametro daintrodurre per valutare il benessere effetti-vo, il loro approccio tende a concentrarsi dipiù sul rapporto tra felicità e variabili eco-nomiche come guadagno e occupazione.

Invero la felicità cui si riferiscono poli-tici ed economisti riguarda la soddisfazio-ne sociale, lo stato di benessere del cittadi-

no legato a condizioniquali ambiente, lavoroo equità e non la ricer-ca individuale dellapropria felicità, chepuò consistere in unamore, avere un figlio,professare una fede.

Ma è possibile esse-re felici se la società incui viviamo condizio-

na in noi comporta-menti, desideri e persino sentimenti?

Padre Gianpaolo Salvini, direttore dellarivista dei Gesuiti Civiltà cattolica, nel mag-gio 2006 ha pubblicato un articolo intitola-to Il malessere nella società del benessere nelquale sintetizza la diagnosi delle nostreinsoddisfazioni.

Dipendono dal fatto che, in base all’aria cherespiriamo, tutti noi puntiamo la nostra riusci-ta sul conto in banca, sulla bella casa, sull’auto-mobile, su sicurezze date da beni e servizi mate-riali. Mentre la felicità viene soprattutto daibeni relazionali, cioè da quei rapporti gratifi-canti con gli altri che non sono oggetto di mer-cato. Si parla dei rapporti interpersonali ispira-ti a quello che chiameremmo amore, o per lomeno alla simpatia, a un’intesa vicendevole.Cosa potrebbe fare la politica? Come sempre,quando si entra in ciò che è gratuito e persona-le, c’è una sfera nella quale l’ente pubblico nonarriva; però certamente può mostrare, attra-verso modelli culturali e stili di vita che di soli-to non ci si realizza solo col conto in banca o la

ricchezza accumulata, ma soprattutto nel met-tersi in rapporto con gli altri e anche nel sacri-ficarsi per gli altri.

È una prospettiva chedà una speranza.

I “beni relazionali”dei quali parla il diretto-re di Civiltà cattolica, eche non sono conteggiatinel PIL, rappresentanociò che oggi si ritiene disacrificare nella follecorsa alla “malata” pre-tesa di successo sociale.

Il problema quindinon si risolve perfezio-nando il mercato come sostengono i liberi-sti o eliminando le diseguaglianze comesostengono i neo socialisti diminuendo ibeni privati a vantaggio di quelli pubblici.

Per essere più felici occorre ridarevalore effettivo ai legami sociali e allerelazioni con finalità fraterne, di aiuto, disolidarietà, di amicizia: dobbiamo rendereun valore la “reciprocità” che è la tradu-zione in ambito economico del principiodi fraternità.

La reciprocità è il legame tra le personedal quale nasce quel bene relazionale checi garantisce la gioia di vivere.

La sfida allora diventa quella di incide-re culturalmente per rendere tutto questonon semplicemente una speranza ma un

programma da met-tere in atto attra-verso una “inge-gnerizzazione” del-la “reciprocità” atutti i livelli. I poli-tici dovrebberofavorire a livellolegislativo il ritro-vamento dei legamisociali con incenti-vazioni nel cosid-detto “terzo setto-

re” come cooperati-ve sociali, consumo critico, finanza etica,commercio equo solidale, banco alimenta-re, banche del tempo: tutte espressionidella società civile che cresce.

Lo Stato dovrebbe creare strumentianche finanziari che favoriscano questeespressioni.

Se la modernità con i suoi disvalori ten-de a cancellare dalla nostra cultura il prin-cipio di reciprocità, lo sforzo deve esserequello di recuperarne il valore come sensodel nostro impegno.

Forse è da questa speranza che dobbia-mo ripartire per il recupero dei valori.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

De Biase, L. (2007) Economia della Felicità, Feltrinelli, Milano.Salvini, G. (2006) Il malessere nella società del benessere, La Civiltà Cattolica, 20 maggio.Measuring and Fostering the Progress of Societies, in www.oecd.org/forummondialocde/istanbulBeyond GDP - Measuring Progress, true Wealth, and the Well-being of Nations, in www.beyond-

gdp.eu.

Centralità dell’Uomo.Considerazioni sul “Bisogno di Religione”Relatività umana, assolutismo ideologico

di Pietro F. BayeliUniversità di Siena

There are men who believe in their own capabilities and men who believe in God.In both cases they believe because they are able to think.Centrality of man and of his thought.The human consciousness of our relativity and of our imperfections takes man to searchfor universal values and for an utopic perfection.

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Uomo: meraviglia e imperfezione dellanatura

AAi nostri occhi di esseri umani lasublimazione del più elevato emigliore risultato derivante dal-

l’equilibrio delle forze antagoniste dellaNatura è l’Uomo, espressione fisica e psichi-ca altamente complessa e sofisticata,eppure relativamente imperfetta.

Nel guardarsi intorno, nel misurarsi colmondo esterno, delle cose, degli esseriviventi, dei propri simili, nel valutarsiall’interno nell’intimità del proprio essere,nelle profondità della propria coscienza,questo Uomo ha scoperto la variabilità, la

mutevolezza, la relatività di molti raffronti,di molti valori.

Modelli di perfezioneNasce qui l’intima necessità di un mini-

mo comune denominatore, l’esigenza diun modello di confronto assoluto, immutabi-le, limpido, condivisibile da tutti, quindiperfetto. L’impossibilità di trovare questaperfezione nella intrinseca mutevolezzadel mondo esterno, nella variabilità e sin-golarità dei sentimenti umani, nella plura-lità e nella relatività delle situazioni e deirapporti, ha imposto l’esigenza, l’obbligoconnaturato di una proiezione esterna, tra-

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scendentale, infinita, metafisica, utopica,addirittura sacrale, perfino divina.

Umane realizzazioni: Stato, ChiesaL’uomo ha sempre avuto

la percezione della relativi-tà, della brevità e caducitàdella propria vita su questaterra, in questo mondo rea-le. È per questo che su di unsottofondo etico e morale,sulla base di principi, dirit-ti, doveri e valori fonda-mentali, ha cercato, cerca ecercherà laiche realizzazionistatutarie concrete, pragma-tiche, anche se temporaneee relative, di libertà, ugua-glianza, fratellanza, giustizia e verità.

Per le aspettative spirituali, legate alsentimento e alla speranza di una perfe-zione che non può essere di questa terra,ma trascendentale o divina, l’uomo ha rea-lizzato una ideologia religiosa capace di for-nirgli quell’amore, quella fede in un affidodolce e paterno contro le asperità dellapropria vita, capace di offrirgli, oltre lapropria morte, la speranza di una memo-ria, capace infine di credere nel sogno diuna sopravvivenza divina nella felicitàeterna.

Il bisogno di religione nasce nella mente enell’animo dell’uomo da un primordiale,reverenziale timore delle forze della natu-ra, dalla paura dell’ignoto, dalla coerentepresa di coscienza della brevità, caducità,relatività della propria vita, dalla pauradella morte, dalle aspirazioni e dalle aspet-tative di una esistenza migliore, dalla uto-

pia di una perfezione extra-umana, extra-terrena, trascendentale, metafisica, divina,apportatrice di una felicità eterna.

Nel trascorrere dei secoli e delle civiltàquesto atavico bisogno si èampliato, fortificato, miglio-rato, perfezionato. Nel tem-po antico, nel bacino medi-terraneo, i traguardi umanisi concretizzavano civil-mente nei tre strati socialidi schiavo, plebeo e patrizio,mentre i sentimenti sfuma-vano nel politeismo e nellamitologia. Ma la formulazio-ne ideologica di Dei troppoumanizzati nelle loro virtù enei loro difetti, discutibili e

perfino contraddittori, inca-paci di infondere luminose speranze in unoscuro futuro, in un mondo buio senzaprospettive, hanno condotto a una religio-ne sclerotizzata fatta facilmente e rapida-mente a pezzi dal nascente razionalismofilosofico.

La rivoluzione cristianaIn questo quadro si inserisce la epocale

rivoluzione del cristianesimo con la diffusionedei Vangeli: un lento e difficile mutamen-to societario, uno stato civile ideologizzatosulla fratellanza se non proprio sulla ugua-glianza, ancora discriminata per censo,una religione monoteista protesa alla sco-perta di valori e diritti fondamentali qualiamore, libertà, verità, vita, morte, famiglia,perfezione, il tutto capace di infonderesperanze per mete e traguardi non soloreali e concreti ma anche spirituali, non

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solo per il presente ma anche e soprattut-to per il futuro.

Questa rivoluzione culturale, sociale,politica, religiosa del cristianesimo non hasolo cambiato la vita della società del tem-po ma ha agito anche nella intimità delpensiero, costruendo unmondo trascendente,metafisico, teologiconel quale si racchiudo-no tutte le meraviglio-se utopie dell’uomo,tutte le speranze di unavita perfetta, gioiosa,amorevole, senza i con-trappunti dolorosi delrelativismo di una vitaterrena.

Nasce così la neces-sità di un affido a Dioper i credenti, di unasacralità per gli osser-vanti, di un pacchetto di astratte assoluteverità per i non credenti, i non religiosi, gliagnostici, gli atei, e infine l’impellenza diuna etica e di una morale, comuni e valideper tutti.

Questo imperativo, questo sentimentoè stato percepito in modo così forte, vio-lento ed è così profondo e radicato daesprimersi in una richiesta di religiositàfino alla costruzione di una Istituzione Eccle-siale, e di manifestarsi nella più fredda elogica razionalità di una etica laica, agno-stica, perfino atea, fino alla costituzione diuno Stato Sociale, le cui basi sicuramentepoggiano sul reciproco bisogno e l’interdi-pendenza tra gli uomini, possibilmenteimbevuti di etica e di moralità.

ChiesaLa missione religiosa della Gerarchia

Ecclesiale assume una duplice direttiva,quella concreta di un valido volontariato equella spirituale filosofico-teologica.

Un concreto volontariato espresso nel-la protezione dei deboli,nella dolcezza verso gliacrimoniosi, nelle affet-tuosità per gli sconsola-ti, nell’aiuto ai bisogno-si, nell’accompagna-mento agli invalidi, nel-l’offerta di una sicurezzaai dubbiosi, nell’infon-dere una speranza uma-na e terrena a tutti.

L’altra grande mis-sione della GerarchiaEcclesiastica è quellaspirituale connotata di

profonde venature filoso-fiche e, per chi lo desidera, teologiche.Ecco allora l’offerta di un modello di perfe-zione divina verso cui spingere, indirizza-re questa umanità in ansiosa, costantericerca di una gioia, di una felicità, di unamore, singoli e comuni. La religione rap-presenta una virtù morale, una promessateologica di una società giusta, nella proie-zione e nella aspirazione di un modello diregno perfetto, trascendentale, metafisico,divino.

La Chiesa non deve esprimere opinionio direttive di carattere tecnico su questio-ni politiche, ma deve illuminare sotto ilprofilo etico-religioso. La Chiesa, le suestrutture, i suoi uomini, le sue donne, nel-la coscienza di un relativismo umano e ter-

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reno valido pure per loro, hanno l’obbligodi un comportamento etico-morale esem-plare, hanno l’onere di offrire un modellodi perfezione divinasu cui traguardarsi,hanno infine l’impe-gno di una sacralità edi una promessa teo-logica di vita eterna,di amore, di verità, difelicità per tutti colo-ro che risultano affa-scinati dalla fede diuna speranza divina.

StatoQuesti principi, fedelmente applicati,

non si oppongono alla concezione di unoStato Laico che deve anzi creare il climaaffinché ciascuno possa liberamente vive-re e manifestarsi in ciò che crede. Crederee sperare nella affermazione sempre piùampia e profonda dei diritti e dei valorifondamentali, universali, eterni di amore,libertà e dignità della persona. Credere esperare nel rispetto della procreazione,della vita e della morte, nel diritto natura-le alla aggregazione familiare, comunita-ria, nazionale, internazionale. Credere esperare nella ricerca della verità e dellaperfezione. Tutto questo è un vasto terre-no di coltura e di cultura per uno stessouomo, per tanti uomini laici e religiosi.Stato e Chiesa, espressione laica e religiosadello stesso uomo, devono necessariamen-te collaborare perché entrambe poggianosugli stessi diritti e valori fondamentali; ilpunto di confine che le separa rappresentaanche la connessione tra la sfera tempora-

le e spirituale di ciascun uomo e di entram-be le umane istituzioni. La dimensionepubblica della fede non deve ostacolare la

laicità e l’autonomia del-la politica così come lafilosofia di una demo-crazia liberale deveaprirsi alla libertà difede e di pensiero.

Ermeneutica mentaleDi solito vengono

posti in contrapposizio-ne, in contrasto, relativismo e universalità,ragione e fede, pragmatismo e utopia, il cuidualismo è motivo di continuo bilancia-mento, cioè di movimento, quindi di vita.Si tratta di concetti nati dalla mente di unostesso uomo, di più uomini, concetti chepossono subire devianze e contrapposizio-ni secondo l’origine, il carattere, la storia,l’ambiente dei singoli individui o dellamassa di individui. L’errore sta nel con-trapporre ciò che una stessa mente ha parto-rito e non cogliere invece i punti di contat-to, di fusione e completezza tra relativi-smo, ragione, pragmatismo da una parte,universalità, fede e utopia dall’altra. Ciòche è pragmatico, concreto, reale, logiconon può non tenere conto del relativismoimposto dal tempo e dallo spazio. Nellostesso tempo, proprio per la loro relatività,individualità e storicità, gli uomini neces-sitano di un modello inamovibile, univer-sale, eterno, perfetto, trascendente, utopi-co a cui ispirarsi, da cui trarre vigore eriproporsi per riadattarsi alla mutevolezzadei tempi, dell’ambiente e della propriaumana natura.

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Il principio è universale, eterno, utopi-co, l’applicazione del principio, pur ispi-randosi a questi inossidabili valori, si deveper buon senso, razionalità elogica adattare ai momentistorici, alla filosofia, alcostume del tempo e delluogo, alla mutevolezza e alprogredire del pensiero edei sentimenti dell’uomo.Ad esempio dalla applica-zione naturale della leggedel più forte, alla afferma-zione ragionata dei dirittidell’uomo, dal fanatismodelle proprie idee al logicorelativismo del pensiero altrui, dalla orgo-gliosa supremazia del genere umano almeditato rapporto col mondo animale,vegetale, minerale, nella coscienza di unecosistema che ci circonda e di cui faccia-mo parte indissolubile. Nell’immediatosono principi mutevoli come la mente cheli partorisce ma che, in una proiezionemetafisica si liberano della precarietàumana e acquisiscono quello splendore,eternità, immanenza che solo i valori uto-pici possono avere.

Anche scienza e fede, abitualmente rite-nuti opposti, conflittuali, nascono da unparto della mente umana, spesso dellostesso uomo. È infatti la mente dell’uomoche partorisce la propria razionalità, maanche la trascendenza, il rigore logico e ilcredo religioso, la ragione e la spiritualità.

La comune nascita ne impedisce unconfine netto, un limite demarcato, men-tre favorisce invece una sovrapposizioneche spesso crea confusione, invasione dicampo, contrapposizione soprattutto fra

coloro che vivono questo dualismo conmentalità estrema, fondamentale, integra-le, fanatica, ottusa. Non considerare con

ragionevole pacatezza, buonsenso, apertura mentale idue estremi del pensieroumano comporta quellesterili contrapposizionitra laicità e religiosità chesono invece la miscellaneae l’intima essenza dell’ani-mo umano. Scienza e fede,naturalismo e religionedevono essere vissuti nel-la loro realtà e interezza,

consci del loro unico partodalla mente umana, consapevoli delle loropossibili devianze (Dea Ragione, Inquisi-zione), certi e riconoscenti del reciprocodono di moderazione, di illuminata com-penetrazione intellettuale tra trascendenzareligiosa spirituale e rigore logico razionale.Concetti fondanti di Amore e Speranza dal-la religione, di Libertà e Uguaglianza dauna laica razionalità devono reciproca-mente fondersi per completarsi e realiz-zarsi in un risultato unico e splendidocome unica, splendida e complessa è statal’ermeneutica mentale che li ha partoritiquale sublimato essenziale dell’uomo.

Uomo: corpo, anima, menteUna verità vera, una certezza certa, una

realtà reale di questo nostro mondo, diquesta nostra vita è la presenza dell’uomo, èl’esistenza di una sua personalità. Animalità esentimentalismo, materialismo e ideali-smo, realtà e utopia si mescolano nellapersonalità umana in dosi e percentuali

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estremamente variabili. Ecco uomini chetraggono soddisfazione e completamentodel proprio Io nella viscera-lità delle proprie fisiologi-che funzioni (mangiare,dormire, defecare, copula-re), perfettamente inca-stonati nel regno animaleda cui traggono semplici ebasilari sensazioni diaffetto e di amore, di ira edi odio. Ecco uomini, inve-ce, la cui elevazione spiri-tuale rifugge dalle neces-sità terrene, che vengonolimitate alla mera incomben-za di una semplice sopravvivenza. L’e-spressione del proprio essere, in questiuomini, si appaga nella maturazione, nellacompiutezza dei propri pensieri, nella infi-nita ricerca della verità nelle sue formerelative e assolute. Infinite quindi sono lesfaccettature della personalità umana chevanno dalle sensazioni del corpo, ai sentimen-ti dell’animo, al raziocinio della mente, in unventaglio quanto mai ampio e dispiegatotra questi umani estremi di concretezza,spiritualità, pensiero. Estremi che, inquanto tali e isolati, sono del tutto negati-vi, essendo l’equilibrio, la moderazione, lacentralità, il giusto punto d’incontro tracorpo, anima e psiche, tra fisiologia, spiri-tualità e raziocinio.

Storia dell’uomo: corsi e ricorsiMa l’uomo nasce animale, oggi come

nella notte dei tempi, ai primordi dellaciviltà, all’età della pietra, e si maturaintellettualmente nel trascorrere dell’arco

della propria vita, così come si è maturatonei millenni, nelle ere trascorse, e tra-

smette le sue conoscenze, ipropri stati di avanza-mento ai suoi contempo-ranei, alle generazionisuccessive. L’uomo hamutato la qualità dellavita, ha ampliato le con-quiste della scienza, hamodificato i particolaridella storia senza tuttaviariuscire ad alterarne icorsi e i ricorsi, perchéquesti sono legati e deter-

minati dalla intima immuta-bile essenza umana. Questa infatti è rima-sta immobile nel tempo essendo l’uomoora, come allora, un miscuglio di imperativenecessità fisiologiche, di sentimenti buoni,cattivi, indifferenti, di desideri controllatie irrazionali, di aspettative realistiche eillusorie. L’uomo, oggi come allora, è unamiscellanea di tutto questo, per cui è erra-to e incompleto volerlo circoscriveresecondo Thomas Hobbes a un Homo HominiLupus, oppure, secondo Jean Jacques Rous-seau, a un essere buono e gentile per nasci-ta, ma mutato nel crescere da fattori ester-ni. Il lupo e l’angelo, ferocia e bontà, egoi-smo e altruismo sono insiti nella naturadell’uomo, sono fattori legati alla propriacostituzione genotipica, modulati, modifi-cati, esaltati dall’ambiente esterno. Geno-tipo e fenotipo, condizionano l’esplosionedei sentimenti, buoni, cattivi o indifferen-ti che siano. Ciò porterebbe a pensare chela razionalità potrebbe rappresentare l’e-qualizzatore di un giusto e bilanciato com-portamento. Ma anche questo è relativa-

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mente vero. L’esempio più classico è rap-presentato nell’epoca dell’Illuminismo,dalla esplosione del razionale, sino alla esalta-zione furibonda della Dea Ragione che unfanatico Robespierre por-tò alla conclusione di unasanguinosa ghigliottina dicui egli stesso fu boia evittima. Ma il passaggiodalla razionalità spintaalla ideologia più fanatica,attraverso un delirio luci-do, al prezzo di milioni dimorti, lo si è pagatodurante il XX secolo, nelperiodo degli idealismi:socialismo, fascismo, nazi-smo, comunismo.

Questo stesso uomo imbevuto dal biso-gno di spiritualità, di valori costanti ecomuni, bisognoso di rifugio dalle asperitàdella vita, ha creato la religione, una utopi-ca spiritualità di perfezione di cui sente lacarenza e il desiderio. Ma anche questa esi-genza spirituale si è sviluppata nello spazioe nel tempo in un zigzagante tracciato,percorso dagli umani errori del fondamenta-lismo, del fanatismo, del massimalismoquali gli eccessi della Inquisizione, dellecondanne al rogo per blasfemia ed empie-tà, del potere temporale dei papi, del dog-matismo.

I Valori: relativi e assolutiDobbiamo allora privarci degli ideali-

smi, delle ideologie? No, certo, dobbiamoessere ricchi di ideali, di idee, di fantasia,quali spinte al futuro, ma devono esserecostantemente mitigate, equilibrate dai

sentimenti e dalla razionalità o, più sem-plicemente, dal buon senso.

In questo continuo, mutevole gioco disentimenti, di sensazioni, nella relatività

dei singoli momentideterminati dal conver-gere di diversi e mutevo-li fattori, esistono tutta-via valori che il buon sen-so o più profondamentel’intima essenza dell’ani-ma umana sente comeveri, immutabili, univer-sali: la Perfezione, l’Amore,la Verità.

Sono questi i valori acui tende l’uomo sia con il

proprio corpo, attraverso le sue necessitàfisiche, la sua ricerca di beni materiali, ilraggiungimento di uno stato di benessere,sia con lo spirito nelle sue espressioni psi-chiche costruite ed espresse nelle applica-zioni geometriche e matematiche, stori-che, letterarie, artistiche, filosofiche, mito-logiche, scientifiche, razionali, religiose, difede.

Perfezione, Verità, Amore: valori asso-luti, splendidi, punti di riferimento, traguardiirrinunciabili per una profonda e connatu-rata esigenza della natura umana.

Questi tre valori, per assumere caratte-ristiche di immutabilità, universalità, asso-lutismo e trasparenza, per liberarli da unmero relativismo, devono essere obbliga-toriamente proiettati in uno spazio meta-fisico, su di un modello, un riferimento tra-scendentale, fuori dalla natura umana, dal-le sue imperfezioni e dalle sue caratteristi-che squisitamente relativistiche. Infatti ilrelativismo è una chiara presa di coscienza

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della nostra vita, che, nei pensieri e nelleazioni, è concretamente condizionata dauna miriade di fattori, ponde-rabili e imponderabili, cherendono vario e mutevolenello spazio e nel tempo ogninostra convinzione. Ciò cheoggi o ieri poteva apparireabnorme, dissacrante, inde-cente, indecoroso, oggi odomani potrà sembrare indif-ferente, oppure etico, buono,valido e perfino giusto e utile.Il relativista è consapevole diuna Perfezione, di una Veritàe di un Amore in divenire, inmovimento, a più facce, perquesto mutevoli e imperfette come viva emutevole è la vita, ma lo stesso uomo èanche obbligato ad ammettere la grandeforza dell’inconscio, a riconoscere il pote-re dei sentimenti e dell’intelletto, adabbracciare la spiritualità dell’anima. Ed èin questa sfera, in questa seconda compo-nente umana che Perfezione, Verità eAmore divengono valori fondamentali,assoluti, eterni, perfino sacri. Quindi ilrelativismo è una concreta necessità del-l’uomo che si completa e si compie para-dossalmente nel confronto di un sistemaassoluto, ideologico e spirituale, di riferi-mento. L’esistenza di una Perfezione, diuna Verità e di un Amore assoluti, maicompletamente raggiungibili, conferisco-no senso e direzione al processo illimitatodella conoscenza che è un processo infini-to di acquisizioni parziali e provvisorie,imperfetto e sostituibile, nel quadro di unainnata tendenza al perfezionamento.

Un concreto relativismo e un assoluto tra-scendente sono quindi le due profonde inscindi-

bili, originarie esigenze del-l’uomo.

Ogni uomo percorre lapropria vita con uno sco-po, una meta, un traguar-do, una speranza che glisono propri ma che posso-no mutare di volta in voltaa seconda delle necessità,dei desideri, delle opportu-nità. Sono queste le con-crete cose di tutti i giorni,piccole o grandi che siano,ma importanti per quel-

l’uomo, in quel momento.Ogni uomo ha un insopprimibile biso-

gno di mete luminose, di principi immuta-bili, di valori assoluti che, per la relativitàdel proprio essere e dell’ambiente che locirconda, non riesce a trovare in sé stesso,tanto meno negli altri. Da qui la necessitàdi una esaltazione dello spirito, di unaricerca insistente e costante, incompiuta evana, per tutta la vita, da qui il desiderio, lasperanza di una perfezione, di una verità,di un amore, di una felicità così grandi edeterni che solo una dimensione metafisicae trascendentale possono ospitare.

Concretezza e spiritualità, pragmati-smo e idealismo, raziocinio e fede, laicità ereligiosità fanno parte di un solo uomo, diuna unica entità che risulta impossibiledividere. È sciocco separare materialismoda idealismo, porli in contrapposizione: ècome se ognuno di noi si ribellasse allapropria metà parte. È vero che vi sonouomini sbilanciati verso l’una o l’altra

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sponda, ma sono delle varianti umane cherientrano nel variegato arcobaleno di que-sta umanità che si snocciola tra relativi-smo e universalità, tra visceralità e psiche,tra concretezza eutopia, tra laicità ereligiosità, tra Stato eChiesa. L’errore stanella mancanza diquell’equilibrio che ilcomplesso di razio-nalità e di sentimen-ti, miscelati in giustamisura, dovrebberodare.

Da quando esistel’uomo esistono leaggregazioni familiari,tribali, politiche, statali; da quando esistel’uomo imperativa è stata, è e sarà semprela ricerca di beni comuni come amore,verità, perfezione, senza i quali manca l’o-rientamento, la meta, il punto di riferi-mento, il modello su cui parametrarsi eunirsi.

Ma anche stregoni, sciamani, sacerdoti,clero, chiese, religioni, nascono con lacomparsa dell’uomo, di esso sono espres-sione, di esso sono inconciliabile anelito diricerca, di aspirazione, di utopia. I duemilaanni del Cristianesimo, ininterrotti, nono-stante l’alternarsi di fasi buie ed illumina-te, maturati, cresciuti e coltivati dall’uomo,stanno a indicare l’insopprimibile bisognoumano di valori universali e di strutture aessi dedicate. Pur nella umana imperfezio-ne l’adempimento sacerdotale costante-mente rammenta la retta via, la meta lumi-nosa, la perfezione trascendentale.

Dio e GesùL’essenza sublimata del pensiero del-

l’uomo è Dio. Tale sublimazione trascen-dentale avviene attraver-

so un percorso umanorappresentato, imper-sonato da Gesù Cristo.La figura di Gesù, stori-ca o fideistica che sia,risulta di fondamentaleimportanza nella ricer-ca umana della spiri-tualità, della trascen-denza. Egli rappresentail perno di congiunzio-ne tra l’umano e il divi-no che rende continuo

e organico il pensiero dell’uomo nellaricerca di una perfetta deità. L’accosta-mento Uomo-Dio non poteva avvenire cheattraverso l’Uomo Gesù: Figlio dell’Uomo,Figlio di Dio.

Sappiamo certamente ben poco diGesù, tuttavia la sua figura risulta storica-mente sensata, convincente e fondamen-tale per una visione di fede. Lo studio criti-co della figura di Gesù rimane indispensa-bile nella sua razionalità e pone le basi dialcune certezze e di molte probabilità checomunque tendono a concretizzare e arealizzare l’oggetto del nostro pensiero: ilCristo, il Messia, il Figlio dell’Uomo. Da qui,da questo punto fermo, da questa realtàstorica la traslazione spirituale, utopisticadi una perfezione trascendentale, di unaverità vera, di un amore senza confini radi-cati profondamente nel nostro pensiero,nei nostri sentimenti più intimi. Da qui lanecessità, l’obbligo spontaneo, naturale,

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connaturato, di una figura di riferimentoperfetta nella sua luminosità, infinita nellasua grandiosità, ma ancheamorevole per il nostro sub-conscio bambino, al puntotale da averci, Lui, Dio,Padre, cercato, avvicinatocon l’interposizione di unasua emanazione, di unfiglio, di un nostro fratello,di un uomo, di Gesù.

Storia e teologiaDalla figura di questo

Gesù emerge anche l’eterna,umana contrapposizione tracritica storica e teologia, tra razionalità efede. Necessita tuttavia un superamento diquesto contrasto che da qualunque partelo si guardi (storia e ragione, teologia efede) finisce univocamente per essereviziato dal dogma della razionalità, daldogma della fede. Mente e spirito nasconocon l’uomo, sono l’uomo, muoiono conesso. Perché quindi contrapporre questedue facce di una stessa medaglia, essendosolo posizioni estreme, preconcette, quasiun rifiuto della metà di se stesso, quandoinvece dovrebbero essere vissute in ungiusto equilibrio, in una comprensione del-le differenze caratteriali dell’individuo,anche nello stesso individuo, ora pragma-tico, realista, concreto fino al materiali-smo, ora idealista, spirituale, mistico finoalla beatitudine. Da tutto questo nasce lalaicità e la religiosità dell’uomo, meglio,degli uomini, di tutti gli uomini. Laicità ereligiosità sono soltanto due delle poliedri-che sfaccettature della coscienza dell’uo-

mo. La propensione per l’una o per l’altracostituiscono gli estremi della personalità

umana. L’equilibrio dientrambe indica lapresa di coscienza trascienza e fede. Lapresa di coscienza traragione e sentimentoconduce nella razio-nalità della prima allaacquisizione dellaseconda, quindi nellacostatazione di unafredda logica la con-divisione del bisogno

di un sentimento e diuna utopia di bontà e di perfezione chesolo un elevato pensiero filosofico o unafideistica religione possono offrire.

ConclusioniCi sono uomini che credono in se stessi,

ci sono uomini che credono in Dio. In entrambe i casi ci sono uomini che

credono, perché pensano: centralità del-l’uomo e del suo pensiero.

Dall’umano pensiero occidentale scaturi-scono ragione, laicità, raziocinio concre-tizzati in una democrazia liberale sublimatanelle tre virtù legali dei diritti umani, deidoveri umani, della dignità dell’uomo.

Dall’umano pensiero occidentale scatu-riscono anche, sentimento, religiosità, spi-ritualità concretizzati in una chiesa cristia-na sublimata nelle tre virtù teologali dellafede, della speranza, della carità, colonneportanti dell’utopico, perfetto, eterno, sta-tico regno di Dio.

L’equilibrio tra queste due parti della

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mente dell’uomo è rappresentato dall’u-mano pensiero massonico che, con la suaricerca delle tre virtù filosofiche della aspira-zione, a perfezione e libertà, della umanasperanza di felicità,dell’amore, germoglia-to da uguaglianza,fratellanza, tolleran-za, aspira al regno del-l’uomo, pur nella con-sapevolezza della suaimperfezione, mute-volezza, relatività, manella speranza di unprogressivo dinamicoavvicinamento all’in-finita utopia di unregno di Dio.

Tra la concretezza di uno stato laico direlativa democrazia liberale e la spiritualità diuna chiesa cristiana, cattolica, monarchica,dogmatica, si interpone l’equità di una filo-sofia massonica consapevole di un’etica lai-ca, partecipe di una morale cristiana, intri-sa di scientifica razionalità, protesa a unmodello di perfezione trascendentale cuiispirarsi, anche religiosamente.

È qui la grandezza dell’umano pensieromassonico, nel libero, ecumenico accogli-mento di tutti quegli uomini, credenti ono, che abbiano principi, valori, diritti,doveri rispondenti a un’etica fondamenta-le, universale.

È qui una limitazione dell’istituto eccle-siale che, pur nella grandezza di quei valo-ri spirituali da essa affermati, esercita unaaccoglienza ecumenica tesa al proseliti-smo, all’indottrinamento teologico, al dog-matismo.

Da questa posizione massonica equilibratae intermedia è possibile riconoscere il rela-tivismo etico di uno stato laico, di unademocrazia liberale. Ugualmente da que-

sta posizione massoni-ca si confermano gliinsegnamenti di unamorale comune illimi-tata, assoluta, immu-tabile del magisteroecclesiale. Entrambirisultano comunquecomplementari al per-seguimento del benecomune, della felicità,attraverso l’osservan-za di valori irrinuncia-

bili, attraverso l’affermazione dei dirittiumani e il sostegno della dignità dell’uo-mo, tutti principi fondanti dell’istitutomassonico.

È da questo incrocio dialogico massonicoche si diparte una svolta democratica laicae liberale tesa al conseguimento di interes-si individuali, seppure nel rispetto dellelibertà di tutti, protesa all’applicazione deidiritti soggettivi e collettivi, pubblicamen-te regolamentati e controllati.

È da questo incrocio dialogico massoni-co che si diparte l’altra svolta, quella dellachiesa che postula valori assoluti, perfetti,immutabili, sottratti al pubblico dibattito,quale splendente meta, quale divinomodello di riferimento.

Alla democrazia e alla libertà non bastala cultura del relativismo, necessita un tra-guardo più alto, una utopia di valori inos-sidabili, intangibili, che un sentimentofideistico nelle istituzioni ecclesiali può

tarismo, se gli orizzonti s’innalzano allaricerca filosofica della mente e dello spiri-to l’uomo si eleva alla purezza del pensieromassonico, alla libertà di una scelta, anchedivinatoria.

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anche fornire, ma che solo la filosofica razio-nale spiritualità della libera istituzione masso-nica può assicurare.

Se gli orizzonti sono solo terrestri l’uo-mo tende ad abbruttirsi in un cupo totali-

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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Gennaio.

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La malattia come processo di iniziazione1

di Good Fellow

The Author describes the changes provided from an heavy disease affecting him sinceseven years. He identifies in this process a help to reach an esoteric knowledge throughexperiences he should have never lived when engaged in active life.The Author tells about some of these experiences: the ideas to which have given birth,but more the changes of his soul. His soul, free from everyday troubles, is quietly walk-ing toward life end. This end is percieved as the arrival point.

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QQuando nel 2004 fu pubblicato illibro citato io avevo cinquan-tanove anni ed ero da tre anni

nel carosello di interventi e chemioterapieper un tumore all’intestino che avevaprodotto metastasi ossee. Mi riconobbipienamente nella frase di Terzani anche sepiù che felice mi sentivo libero e sereno,aperto a una nuova fase della vita: quella

conclusiva. La fine della partita si avvici-nava, bisognava giocare bene le ultimecarte.

Ero libero da obblighi connessi al mioruolo sociale. La commissione medica miaveva dichiarato invalido totale perma-nente. Questo mi espelleva dal lavoro. Ini-zialmente ho vissuto un senso di emargi-nazione e di vuoto, ma nel 2004 era già ini-

Col cancro mi ero conquistato il diritto di non sentirmi più in dovere di nulla, di non avere più sensidi colpa. Finalmente ero libero. Totalmente libero. Parrà strano, e a volte pareva stranissimo anche a me,ma ero felice.

Tiziano Terzani, Un altro giro di giostra

1 Con il termine “iniziazione” intendo l’accesso a conoscenze che non sono raggiungibili dallapura ragione e che modificano la persona che ha compiuto questo percorso.

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ziata la rinascita a una nuova dimensionedi vita. Il processo di iniziazione, spessocorrelato da una simultanea morte e rina-scita, aveva avutoper me tempidilatati. Morteera stata la ces-sazione di pro-getti e la previ-sione di pochianni pieni di nul-la. La rinascitaera l’acquisizio-ne della consape-volezza di unanuova dimensio-ne in cui il ruolo era sostituito da un’iden-tità, il lavoro dalla ricerca, la competizionetrasformata in collaborazione solidale.

Durante gli otto interventi che avevanoscandito i primi diciotto mesi di malattia,ho avuto due esperienze di coma. Quandosono ritornato non ricordavo né visioni, nétunnel con in fondo una luce, né altre sen-sazioni straordinarie che spesso vengonoraccontate da chi esce dal coma; questiepisodi di morte temporanea, non sonostati significativi nel mio processo di ini-ziazione: è però certo che queste esperien-ze hanno consolidato in me una grandeserenità nei confronti della morte.

Morte che nella mia percezione attualeè il compimento della vita: la conclusionedi un percorso che spero di vivere con luci-dità e serenità. Non ho idee su quello chepuò aspettarci oltre il cancello, cionono-stante percepisco il decesso come fine diun esilio, fine della separazione dall’animadi questo mondo in cui gli uomini vivono

come esseri privilegiati, ma separati, invirtù della razionalità; forse ritorneremoad essere polvere e niente altro ma questa

è comunque unadimensione di unità,di appartenenza, diannullamento nel-l’infinito.

La consapevolez-za di una nuovadimensione è stataprodotta da ricerchefatte con la lettura ditesti pertinenti neicampi della filosofia,della psicologia, del-

l’esoterismo. Ma molto più importante diquesto lavoro razionale sono stati eventiche ho vissuto con grande libertà in virtùdella malattia: molte cose che non avreimai sperimentato nella mia vita “attiva”hanno trovato spazio e sono diventate laparte più importante del percorso.

Questo percorso è stato preceduto dauna scelta fatta nel periodo in cui venivosottoposto a continui interventi chirurgi-ci, fra un intervento e l’altro ho vissuto insolitudine, abbandonando la mia famiglia eritirandomi in una casa in campagna:anche il deserto è parte di un percorso diiniziazione. Nel deserto si impara a viverenella solitudine riducendo all’essenziale gliatti della vita, questo aiuta a comprenderequante cose superflue costellano la nostraesistenza allontanandoci da noi stessi; inquei giorni ho capito che nella mia vita c’e-ra spazio solo per l’essenziale e l’effimero,le attività semplicemente utili dovevanooccupare il minor spazio possibile.

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• 47 •La malattia come processo di iniziazione, Good Fellow

Essenziale è in primo luogo essere ingrado di dare e ricevere amore. Molte altrecose sono essenziali, e credo che ciascunodebba individuare leproprie: personal-mente posso dire chel’esperienza artisticain molte sue forme èper me essenziale.Ho però il dubbio chel’amore inteso insenso lato come sen-timento con cui ci sipuò accostare allavita e al mondo possacomprendere tuttociò che è essenziale.Così ad esempio lacarta internazionaledei diritti dell’uomoderiva da un amoreche si estende dal-l’individuo all’uma-nità. L’effimero è ciòche ci offre gioia, pia-cere, godimento. Effimero è anche tuttociò che passa rapidamente senza fare dan-ni. C’è curiosamente una esperienza chemostra come siano contigui i due spazi:andare a vedere una mostra d’arte puòsemplicemente dare piacere effimero, mase si incontra la bellezza ineffabile di un’o-pera d’arte, che riconosciamo non con l’in-telligenza ma con lo spirito, quella perce-zione diviene un fatto essenziale della

nostra vita. L’utile è tutto il resto, e nonmerita più attenzione nella mia vita, inaltre situazioni può risultare inevitabile

dare attenzione anche aquesto, ma sono convintoche se ne dia sempre trop-pa a danno della nostracrescita interiore.

Poi la mia famiglia miha inseguito in campagnae questo debbo dire che èstato essenziale, ma, debboammettere, anche utile.

Le esperienze più rile-vanti del percorso diacquisizione di una nuovaidentità sono state deiseminari condotti da unopsicoterapeuta nord euro-peo che nel suo percorso distudi ha lavorato conWatzlawick2 a Palo Alto eha viaggiato studiando iriti sacri di popolazioni“primitive”.

I seminari, a cui si accede solo per coop-tazione, si svolgono nel nord della Breta-gna e in Austria. Le tecniche rituali deiseminari, che fanno largo uso della musicaalternando sapientemente ritmi e melodie,di tecniche di respirazione e di meditazio-ne, favoriscono un viaggio nel nostro ioprofondo e nel contempo aumentano l’em-patia verso chi effettua insieme a noi que-sto viaggio.

2 Watzlawick P., Weakland J.H., Fischr R. (1974) Change: la formazione e soluzione dei problemi, Edi-tore Astrolabio, Roma.

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Il percorso inizia con alcune promesseritualmente profferite da tutti i parteci-panti: la più significativa è quella relativaall’impegno a non rivelareciò che accade nel corsodell’esperienza, quella chepuò apparire inconsueta èindividuabile nell’impe-gno a non avere rapportisessuali nei giorni che sitrascorrono insieme. Inrealtà queste promessenon hanno nulla di strano:si creano situazioni digrande confidenza, aper-tura, tenerezza, che i par-tecipanti possono viverecon la sicurezza che ciòche diranno non verràrivelato ad altri e che latenerezza non verrà inte-sa come approccio sessua-le. Queste promesse gene-rano un clima che in ter-mini profani può esserechiamato complicità, ma che all’internodel seminario divengono la base di unacondivisione della sacralità del rito.

Alle esperienze partecipano venti/ven-ticinque persone sorrette da cinque/seiassistenti che coadiuvano il terapeu-ta/sciamano.

Ho vissuto un discreto numero di que-sti eventi sia come partecipante che comeassistente (il ruolo di assistente viene con-sentito a coloro che hanno partecipato aun adeguato numero di esperienze e sonopronti ad accompagnare i partecipanti nelviaggio).

Ritengo che queste pratiche mi abbianoaiutato ad aprire il cuore e la mente adimensioni che non avevo precedente-

mente esplorato.Il cambiamento più

banale ma anche piùfacilmente individuabi-le, è il fatto che le pri-me volte era centrale ilbisogno di riconosci-mento e accoglienza,bisogno che è gradual-mente scomparso pro-ducendo nel contempoun senso di apparte-nenza che generava lanecessità interiore diaccogliere gli altri erenderli partecipi delpercorso: si supera lacentralità delle esigen-ze individuali pervederle soddisfatte nel-la partecipazione alrito. Si percepisce di

appartenere a una dimensione che tra-scende l’individualità e si scopre una gran-de armonia nel mondo.

In queste esperienze ho anche cono-sciuto una nuova dimensione di amore:intensa quanto gli innamoramenti giova-nili, ma del tutto priva di desideri di pos-sesso.

Questi seminari possono essere consi-derati un processo di iniziazione: il poteredetenuto dal terapeuta si trasferisce in unaqualche misura nei partecipanti cooptati alruolo di assistente; in effetti è quasi magi-ca la sensazione che si prova in questo ruo-

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lo, le risposte ai quesiti o dubbi dei parteci-panti vengono spontanee dall’interno dinoi stessi e dinorma corri-spondono pie-namente aibisogni di chirichiede, spes-so in modoassai più pro-fondo di quan-to percepitodall’assistentestesso. Questosi comprendenei processi di condivisione che accompa-gnano le fasi del rito: è in quella sede che siscopre quanto centrate e pertinenti sianoper i partecipanti le risposte ricevute.

I seminari generano una piccola comu-nità internazionale denominata “net”.Queste esperienze hanno destato in meuna serie di modificazioni della mia identi-tà e della mia percezione della realtà chegiudico tutte positive.

Alla fine del percorso nel “cerchio fina-le” ciascuno dice che cosa porta via con sè.Credo di poter chiarire quali emozionisuscitino questi riti riportando di seguitola conclusione di un partecipante cheesprime sentimenti che ho spesso anche iocondiviso.

Desidero ringraziare tutti. Quando fac-cio una esperienza ricevo grandi doni.

La sera dell’arrivo, durante il primorituale con la musi-ca, mi sentivo cosìsolo che pensavonon sarei riuscitoad uscire dal mioguscio: non è statocosì, ho comunica-to intensamentecon tutti voi, miavete dato molto.

Pensavo la pri-ma sera al difficilerapporto che ho

avuto con miamadre: pensavo che lo avrei dovuto rivisita-re durante il percorso. Non ho ritrovato miamadre, ma tante madri che sono nello stessotempo sorelle, figlie, compagne. L’esperienzaè per me un moto del cuore, della pancia edell’intelletto che si armonizzano e fannoscaturire una sorgente di pace e di amore.

Questo non nasce da me ma da tutti voi,o forse da Dio, anche se io non so cosa sia Dio:forse è il cuore di tutti noi. Ancora grazie.

Queste pratiche hanno altresì generatoin me curiosità rispetto ad altri rituali chepossono indurre stati alterati di percezio-ne consentendo il raggiungimento di illu-minazione e creatività. I testi3 citati in notasono, fra i tanti disponibili, quelli che misono sembrati più seri e attendibili.

3 Hofmann, A. (1995) I misteri di Eleusi, Stampa Alternativa, Viterbo (rintracciabile sul Web); Hof-mann, A. (2005) LSD. Il mio bambino difficile. Riflessioni su droghe sacre, misticismo e scienza, Apogeo, Milano;Huxley, A. (2002) Le porte della percezione - Paradiso e Inferno, Mondadori, Milano; Huxley, Wasson, Graves(1999) L’esperienza dell’estasi, Nautilus, Torino; Junger, E. (2006) Avvicinamenti. Droghe ed ebbrezza, Guan-da, Milano.

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Ma ancora una volta non sono state leletture a consentire “viaggi solitari” mal’acquisizione di tecnichedi respirazione (rebir-thing) e di meditazione.

Rispetto alle droghe iocondivido pienamentequanto dice Junger neltesto citato:

[…] Egli tiene il piace-re in pugno - non tantoper ragioni di disciplina,quanto per il piacerestesso. C’erano vecchicinesi che, in manieraanaloga, di tanto in tan-to si concedevano unapipa di oppio – e forse sene incontrano ancora. Ècome se, dopo un pranzodi più portate, non ci silimitasse a uscire in terrazza o nel par-co, ma si dilatassero un po’ le riserve deltempo e dello spazio, e quindi del possi-bile. È qualcosa che dà più di quantonon faccia il mangiare e il bere, piùanche del vino e del buon sigaro; è qual-cosa che porta più lontano.

A questo riguardo, a partire da unacerta età, all’incirca dall’età della pen-sione, non dovrebbero più esserci limi-tazioni – giacché per colui che si avvici-na all’illimitato, dovrebbero esserciconfini vasti. Non tutti a quell’etàriescono a costruire come il vecchioFaust; ma ognuno è libero di far proget-ti d’infinito.

Questo vale soprattutto per quelperiodo in cui l’ultima linea rerum si fapiù vicina e più determinata. Ci sonovecchi vignaioli che vivono per mesi e

anni di solo pane e vino. Konrad Weiss liha celebrati.

È naturale che al soffe-rente, il cui orologio starapidamente esaurendo lacarica, sia attenuato ildolore; ma non è suffi-ciente. Dovremmo portareancora una volta presso ilsuo letto solitario la pie-nezza del mondo. L’oradella morte richiede, piùche narcotici, doni cheestendano e affinino lacoscienza. […]

Ma gli orizzonti posso-no essere allargati anchesenza assumere “farmaci”impegnando mente e cor-po in un processo di libera-zione dai vincoli del quoti-

diano. I viaggi che si intra-prendono sono ricchi di intuizioni, perce-zioni, donano talora istanti di infinito.

Durante un “viaggio” una volta hoscritto:

Percepisco questo stato come paradiso:la solitudine non angoscia, si percepiscecome parte del paradiso, la solitudine è unmodo di comunicazione con tutto il mondo.Nella solitudine si percepisce l’amore dellepersone e per le persone con intensità parti-colare.

Niente di particolare, ma da un puntodi vista personale è stata una scoperta pro-fonda del significato dell’ascetismo. Forsenon a caso nasceva da una prolungatameditazione trascendentale.

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Di recente una “respirazione continua”ha prodotto questo pensiero:

Una “buona mor-te” è nella visione cat-tolica una morte “ingrazia di dio” e nonsarebbe del tuttoinaccettabile questadefinizione se non fos-se legata alla dimen-sione del peccato dacui occorre liberarsitramite la confessioneper raggiungere lagrazia stessa (il con-trollo sui fedeli, basedel potere, si attuatramite la confessio-ne). Nella mia visionebuona morte è quellache sopraggiunge in una persona serena inpace con sé e con gli altri uomini, una mortein cui l’uomo non sia sopraffatto dal dolore eaccetti con fiducia e speranza, ancorché pri-vo di aspettative, la conclusione della vita.

Non credo valga la pena dilungarsi suquesti pensieri, mi sembra invece necessa-rio dire che sono convinto che qualsiasiviaggio che conduca a una stato alterato dicoscienza dovrebbe essere preceduto dauna chiara definizione della intenzioneche guida il viaggio stesso. Ho letto in mol-ti testi che è l’intenzione che guida il viag-gio e ne definisce i limiti: la mia esperien-za conferma questo.

Infine debbo menzionare la curiositàindotta da questo percorso sui temi dellospirito, del sacro, della divinità. Anche se

proprio nel per-corso che ho citatosi trovano forse leuniche vere rispo-ste a questi temi.La curiosità attie-ne al razionale,per la conoscenzaci si deve espande-re oltre questadimensione.

Ho fatto alcuneletture o riletture.Lo studio è iniziatocon i Dialoghi diPlatone, dove ho

ritrovato le fonda-menta del pensiero occidentale, ma nonciò che stavo cercando.

Mi sono quindi rivolto a testi più attua-li, più vicini al nostro sentire, e in questi hotrovato disseminati qua e là pensieri chesono pietre della costruzione della miavisione dell’uomo.

Mi sono stati maestri C.G. Jung, G. Vat-timo, E. Severino,4 unitamente ad altrimeno rigorosi, ma non per questo menostimolanti (mi riferisco agli scritti dei cosìdetti “Illuminati”); anche se il rigore logi-co è minore, spesso ciò che manca inrazionalità è compensato da intuizioniilluminanti.

4 Jung, C.G. (1998) Ricordi, Sogni, Riflessioni, Rizzoli, Milano; Vattimo, G. (1999) Credere di crede-re, Garzanti, Milano; Severino, E. (2006) Il muro di pietra. Sul tramonto della tradizione filosofica, Rizzoli,Milano.

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Tutto questo ha sedimentato in mealcune convinzioni e molti dubbi.5

Partirò da dubbi eincertezze che sono inprimo luogo lessicali:non ho chiarezzarispetto a vocabolicome cuore, anima,spirito, natura, mondo,ecc. che sono a miogiudizio utilizzati consignificati non univoci.

L’unica definizionedi “anima” e “spirito”che mi è sembratachiara è quella data daMancuso nel testo checito in nota6 che così sipuò riassumere: l’ani-ma è parte di tutti gliesseri viventi e puòessere identificata conl’energia che la fisica quantistica ha rivela-to essere alla base della materia, lo spiritoè invece peculiarità dell’uomo e non in vir-tù della sua mente ma di quella indefinibi-le capacità di apprezzare la bellezza delmondo e percepirne l’armonia.

Non mi riferirò a queste dotte defini-zioni: anima è per me quella parte dellamia identità che non è riconducibile al cor-po e al pensiero: l’emotività mi sembraun’espressione dell’anima; ma forse sipotrebbe ricomprendere anche la fantasia,

la capacità di immaginare cose che nonhanno un corrispettivo nella realtà che

esploriamo razional-mente. Al limiteanche l’umorismo èterreno dell’anima.

Le categorie freu-diane dell’io, dell’in-conscio e del super iomi sono abbastanzachiare ma mi appaio-no inadeguate allaricerca di una rispo-sta a temi che sfuggo-no all’analisi raziona-le. Più adatte miappaiono le categoriedi Young: la sua indi-viduazione di unaparte conscia checonvive con l’ombra(che assomiglia all’in-

conscio di Freud, ma ha dimensioni piùampie attingendo anche all’inconscio col-lettivo), il Sè, congiunzione dell’io conscioe della sua ombra, si avvicina a ciò che iochiamo anima, ma che forse meglio sareb-be definire l’identità piena di un essereumano.

L’imprecisione lessicale è nemica dellachiarezza del pensiero, l’inadeguatezza dellinguaggio è però forse inevitabile se sitrattano temi che non appartengono pie-namente al campo del razionale.

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5 Dalai Lama (2001) L’arte della felicità, Mondadori, Milano; Dethlefsen, T. (2001) Il destino comescelta, Mediterranee, Roma; Weiss, B. (1998) Molte vite, molti maestri, Mondadori, Milano; Zhuang-zi, 1982,Biblioteca Adelphi 121, Milano.6 Mancuso, V. (2007) L’anima e il suo destino, Raffaello Cortina Editore, Milano.

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• 53 •La malattia come processo di iniziazione, Good Fellow

Appartiene al razionale il mio rifiutodella chiesa cattolica che ritengo l’espres-sione di un potere che tende al controllodegli uomini mortifican-do la coscienza individua-le e il diritto-dovere diogni uomo di cercare laparte “divina” della suanatura.

Quanto al Cristianesi-mo sono convinto che siauno dei possibili percorsidi ricerca della divinità. Ilmessaggio cristiano hafortemente segnato lacultura degli ultimi mil-lenni in Occidente: credoperò alla relatività di que-sto messaggio conside-rando che altri percorsisono stati esplorati dalleculture orientali anche in questi ultimisecoli. Se poi si osservano le religioni delpassato vediamo che altre concezioni deldivino sono state possibili ed è curiosonotare le similitudini di antiche religioniorientali con il messaggio cristiano.7

Sono altresì convinto che tutte le reli-gioni abbiano come loro obiettivo il gover-no e il controllo dei fedeli e non la “salvez-za” degli uomini che alle stesse aderiscono:questo è tanto più vero quanto più unareligione genera una comunità strutturatain cui la casta sacerdotale detiene ipoteticipoteri di origine divina, non concessi aicomuni fedeli.

La ricerca della libertà da queste costri-zioni induce, credo frequentemente, adavvantaggiare esclusivamente la ragione

togliendo voce a emozioni efantasie: agnosticismo eateismo mi sembrano piùindotti dal bisogno di difen-dersi dai dogmi delle reli-gioni, che da una ricercanella quale abbiano spaziotutte le componenti dellanostra identità.

Sento in maniera pro-fonda che la morte è un attodella vita così come lanascita e sono fiducioso chesarà per me meno dolorosadella nascita stessa.

Ho in testa idee pocochiare che pescano qua e là.

Ma c’è qualcosa nel cuore chemi è molto chiaro: una pace e una serenitàche non conoscevo. L’impressione di ama-re di più, e di essere colmato da molto piùamore di quello che percepivo in passato.Gioca a favore di questa leggerezza la pau-ra e il senso di inadeguatezza con cui hofino a ieri convissuto: ora mi sento del tut-to libero.

Lasciando a margine la razionalità, mirendo conto che sempre più di frequentela mia fantasia corre verso ipotesi di vitefuture nelle quali immagino di poter faretesoro delle conoscenze acquisite in questavita: questo si può attribuire a un incon-scio profondo desiderio di immortalità.

7 Guénon, R. (1977) Il re del mondo, Adelphi, Milano; Guénon, R. (1982) Simboli dell’arte sacra, Adel-phi, Milano.

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Non credo a vite future, l’anima però cercauno spazio in cui anela sopravvivere dopoaver lasciato questo corpo.

La solitudine è la condi-zione in cui ogni uomo nascee muore, e in cui vive granparte della sua vita: la fusio-ne con un altro avviene talo-ra nella condivisione di unaemozione profonda, nellacondivisione di un orgasmoo di un dolore. A mio giudi-zio, la solitudine si superaquando si esce dalla esclusi-va percezione di se stessi perfare posto ad altri esseriumani nel nostro cuore.

Sono convinto che l’uomoabbia in sè qualcosa di sacro, che possiamochiamare spirito.

È lo spirito che permette all’uomo di

percepire: l’arte come espressione del sub-lime che a un tempo gli appartiene e lo tra-

scende, l’amore incondi-zionato che non chiedeneanche di essere corri-sposto, la speranza nellapossibilità che qualcosa loattenda dopo la morte.

Spero di aver datoun’idea sufficientementechiara del processo che lamalattia ha reso per mepossibile. A questo pro-cesso attribuisco un parti-colare valore: mi ha per-messo di “crescere”anche in età molto matu-ra, mi ha donato momenti

molto belli consentendomi di vivere conmaggiore pienezza la vita e rapporti uma-ni molto intensi.

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Sulla Tradizione

di Giuseppe CacopardiSaggista

The Author examines a text about the concept of “Tradition” in the framework of theMasonic history and emphasizes its symbolic and secular meanings and ritual impli-cations.

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IIl tono perentorio di qualche opi-nione, un giudizio ispirato “a”oppure “da” culture orientali che

l’oratore predilige, apoditticamentedefinendo “cosiddetta” la nostra civiltà,infine il ricordo di due esoteristi cata-strofici, il tutto pubblicato sulla rivista dinoti costruttori, i massoni del G.O.I.1, con-sigliava di non esporsi con opinioni diverseal pericolo di interferire e involontaria-mente ferire col dissenso. Ma a me, uno fragli uomini del dubbio (come il G.M.definisce i massoni), due frasi non pote-vano non suscitarne qualcuno.

La prima frase: “In quanto […] ‘nonumana’, la Tradizione […] deve proveniredall’alto, dal mondo divino”. E il primodubbio: qualcosa che proviene dall’alto, dal

mondo divino, presuppone, pretende,implica o no la “Rivelazione” o l’“Illumina-zione”? E non anche ‘qualcuno’ cui essevengano donate svelandogliele e “conse-gnandogliele”? Mi pare che tra noi, adeptidi un Ordine Iniziatico Tradizionale, di“Rivelazione” finora non si era parlato nésentito; di Illuminazione sì, ma dal basso,fra noi e senza profeti. Che non vuol direche la rivelazione non sia avvenuta. E laconsegna?

La seconda frase: “La Tradizione è per-duta, ovvero la Parola è smarrita, la Parolaoriginaria che si identifica con il Mythos[…]”. E il secondo dubbio: ma la Tradizione(sempre con la T maiuscola, ci è racco-mandato) muratoria c’è ancora? È quellache conosciamo e seguiamo, o ne usurpia-

1 Hiram 3/2008, pp. 61-67.

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mo il nome e lo deturpiamo con l’aggettivoqualificativo; oppure è una tradizione“sostituita”, falsa?

Poiché non temo lecatastrofi filosofico-lette-rarie, mi provo a capovol-gere la cosa portandola“dall’alto, dal mondo divi-no” sulla Terra, il luogoproprio dei costruttori diopere murarie profane esacre stabili, queste sì, conscientifica certezza limita-ta dai dati della meccani-ca; niente togliendo a chipare intento a distruggerepropositi e speranze, difatto preparando il terre-no su cui altri costruiran-no fiduciosi nella propriaciviltà occidentale, criti-cata ossia in crisi da sem-pre, come le passate e lefuture.

La Tradizione pare svolgersi con l’itercircolare della “(rivelazione), consegna,trasmissione orale e scritta, ricezione,accoglimento”; similmente, la Massoneriaha ereditato documenti concreti da cuiprovengono le regole e gli strumenti concui lavoriamo, che spesso ignoriamo e defi-niamo “consuetudine”. Dai documentiprendo qualcosa a cominciare dal 24 giu-gno 1717.

Abbiamo le quattro logge di operativi edi “accettati” anche non speculativi fonda-tori della G.L. di Londra; gli Antichi Doveriche ci collegano con la memoria al PoemaRegius e agli altri manoscritti con le regole

dei collegi, corporazioni, associazioni diliberi muratori, di muratori, di posatori dimattoni, scalpellini, artigiani del legno; i

rituali con le istruzioni pergli apprendisti compagnid’arte e maestri e le cerimo-nie di iniziazione, passaggio,elevazione; principalmente,abbiamo oggetti e strumentidell’Arte: pietre grezze esquadrate, maglietto e scal-pello, filo a piombo, livella,squadra, compasso, regolo,tavola di tracciamento, sisa-ro, matita e gesso, dai posa-tori la cazzuola, e altro anco-ra adoperato per simboli:non è sufficiente e significa-tivo tutto ciò come nostraTradizione vera e propriaanche se soltanto umana enon mitologica? Forse non ci

colleghiamo ad essa, “in sensomagico o teurgico” se si vuole e piace; maanche con la mente, col pensiero, l’imma-ginazione, il desiderio, la volontà, o invo-lontariamente “compiendo gesti e pronun-ciando parole” come tanti massoni in quel-lo e altri momenti ogni volta che, con ilcompasso e la squadra sul Libro della SacraLegge, un Maestro Venerabile apre i lavori,inizia profani, istruisce i Fratelli col lumedella propria Scienza muratoria invocan-dosi Sapienza, Forza e Bellezza, ossia “faesoterismo” col simbolismo?

(Per inciso, simbolismo senza implica-zioni trascendenti, nostro, tipico e tradi-zionale, legato concettualmente ai datiempirici prima e ai principi scientifici poi

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• 57 •Sulla Tradizione, G. Cacopardi

di statica e dinamica delle costruzioni tra-sferiti al piano morale; e metodologica-mente al principio del-l’uso non impropriodegli strumenti del-l’Arte Muratoria inse-gnato con la leggendadel terzo grado, “nonuccidere e distruggerecon strumenti ricevutiper costruire, adopera-ti invece come armid’offesa dai Compagniribelli”, anche esso tra-sferito al piano opera-tivo nelle attività edu-cative, sociali, profes-sionali, produttive).

Anche il suddettopuò essere metafisica? Non so.

L’oratore afferma: “L’esoterismo – èbene precisarlo con forza – non è di destrané di sinistra: esso semplicemente è, al disopra delle parti: il suo spazio privilegiatoè quello della metafisica, la sua essenzaequivale alla nozione di Tradizione”.Tenendo per me un sentimento contrad-dittorio di invidia e ammirazione per tan-ta certezza, la cui essenza sono incapace didire se equivalga alla nozione di Verità,continuo a restare a terra, sul terreno del-la Tradizione muratoria; e rammento cheessa costodisce un preciso, operativomodello di esoterismo: così, nel RitualeEmulation, è detta l’istruzione che il M.V.uscente comunica al M.V. Eletto e suo suc-cessore, installandolo alla presenza soltan-to di almeno sette ex Maestri Installati.Questo modello, largamente ignorato in

Italia, è senza enfasi degno dell’originale,quello “riservato ai geometri”: infatti il M.

Eletto che all’elevazioneaveva ricevuto squadra,compasso, sisaro, matitae tavola di tracciamento;che da sorvegliantte ave-va adoperato filo a piom-bo e livella; adesso, pergovernare la loggia rice-ve il grembiule – che daquel giorno indosseràper la restante vitamuratoria – con tre livel-le, nella tradizione ingle-se rappresentando anchetre coppie di angoli retti,e anche il collare dellafunzione pro tempore col

gioiello, la squadra da disegno. Installatosi,consegnerà al predecessore il collare dellafunzione col gioiello di ex Maestro Instal-lato recante la tradizionale dimostrazionegeometrica: è uno dei “geometri” che“conosce l’esoterismo”.

Vale come Tradizione ciò che hodescritto pur se terrena? Possiamo agget-tivarla anche come “spirituale”, “metafisi-ca”, cui penso per rispetto del “divino” dicui non so dire poiché “non conosco” ciò dicui vorrei dire.

Quanto all’esoterismo che non è né didestra né di sinistra (come il pensiero?)concordo con riserva di reciprocità, ossiache sono gli adepti o gli ispirati a collocar-visi: è accaduto con Hegel, alle cui dottrinesullo Spirito e sullo Stato sono addebitatigli opposti totalitarismi e dittature delsecolo scorso; confliggenti con la libertà e

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la dignità umana, le ferirono con censuradel pensiero e roghi di libri, razzismo,xenofobia e intolleranzadei diversi giunte fino aicampi di concentramentoe sterminio, alla persecu-zione e assassinio deimassoni in quanto mas-soni: di ciò forse ci sidovrebbe rammentare inprecise occasioni.

Per miei limiti horifiutato i cosiddetti “eso-terismi”, quelli che pos-sono indurre fuori strada,la strada della libertà, delrispetto, dell’uguaglianzadi tutto il genere umano, della fraternità,della tolleranza, del riconoscimento deldiritto di tutti a un lavoro ben retribuito daespletare senza paura e senza bisogno.

Certamente non basta che io mi dicamassone tradizionale, è necessario che melo riconoscano i Fratelli: a loro offro ciòche mi viene pubblicato e su cui torno conmonotonia sui rituali, la necessità e profi-cuità di lavorare nei tre gradi, la conoscen-za non soltanto storica, la chiarezza, since-rità e lealtà nei propositi; e aggiungo, perrispetto della Tradizione, l’invito a evitaredi farsi una personale Massoneria: va benequella che ci è stata trasmessa e consegna-ta per trasmetterrla a nostra volta inden-ne, dovremmo soltanto conoscerla meglioe adottarla.

Per finire, ripeto a me stesso che sullaTradizione, umana o rivelata che sia, han-

no messo mano uomini che, avutala conse-gnata, l’hanno trascritta come l’hanno

compresa, l’hanno accoltae poi trasmessa o tràdita,talvolta volontariamentetalaltra no. Infatti dice reDavid (Salmo 62,12): “unacosa ha detto Dio, due neho udite […]”; benchénella posteriore Sapienza(20, 11) si legga che Dioha “disposto tutto conmisura, numero e peso”.Come dire che avvici-nandosi al sacro, al divi-no e accoglierlo inter-pretandolo, talora lo si

può dissacrare attribuendo a dio (come ilredattore della Sapienza, di cultura greca)azioni compiute con le stesse parole chePlatone, cinque secoli avanti, aveva pensa-to per i suoi discepoli: “[…] una consistenell’uguaglianza di misura, di peso e dinumero” (Leggi VI, 757). Ugualmente sipotrebbe dire della moderna esegesi, cheinterpreta l’episodio della torre di Babelecome rifiuto di Dio del pensiero unico escelta della pluralità: parrebbe l’espedien-te di attribuirre a qualche personaggiopensieri che l’ortodossia non potrebbe tol-lerare da comuni mortali.

Forse è meno da “libertino irreligioso”dubitare che credere nel divino facendoloa propria immagine e somiglianza, cata-strofe della Tradizione biblica, una delleradici che portano la civiltà occidentalecon la sua religione e la sua cultura.

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L’incubo di Darwin

di Paolo DelainiFarmacista

Breastfeeding is an art which requires support and assistance. Like many other prac-tices involving the body, that we carry inscribed in our genetic inheritance, breastfeed-ing needs support within a social context. Over the course of time, Italian society seemsto have lost regard for natural practices and instead has chosen anomalous behavioursas normal.

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QQuello che colpisce, entrando nel-la stanza, è l’immagine, agrandezza naturale, di due uomi-

ni seduti. Avvicinandosi agli schermi, dovel’immagine viene proiettata, ci si accorgeche le due figure non sono immobili, comein un quadro. Una serie di piccole, quasiimpercettibili, vibrazioni le rende vive,come in attesa di qualcosa. Sono due uomi-ni ripresi mentre attendono qualcuno, oqualcosa. Sono uomini che aspettano. Pre-mendo un pulsante, posto vicino alloschermo, una delle due figure comincia adanimarsi. Racconta l’evoluzionismo secon-do Darwin. Parla con voce sicura, di chi hala consapevolezza di abitare in un edificio,quello della scienza, costruito a passi lentima fatti di certezze conquistate una aduna. Non è questo un edificio in cui siascoltano favole o, anche piacevoli, illu-sioni. Non è un antidepressivo, la scienza.Ma quando esci dalla sua porta puoiguardare e capire la realtà per com’è.

Quando finisce di parlare, resta attento,in ascolto. Premendo l’altro pulsante siascolta una storia diversa. È anche questaprospettiva, quella del creazionismo, rac-contata in modo intelligente, evitando gliinciampi o le contraddizioni che il terrenodella fede potrebbe presentare a chi visitale sale di un Museo di Storia Naturale. Nonc’è conflitto tra i due. Solo la volontà diesporre e ascoltare nello stesso tempo duepunti di vista diversi.

Appassionato da questa idea mediaticadi grande effetto, mi siedo sulla panca cheil Museo ha predisposto di fronte a questainstallazione e mi godo lo spettacolo. E,vicino a me, Elisa fa la cosa più naturaleper una madre che porta su di sé una bam-bina di pochi mesi: comincia ad allattarecon gesti naturalmente discreti. Sopra dinoi campeggiano enormi fotografie discimpanzé che si accoppiano. Nelle techedel Museo è in mostra la storia del-l’evoluzionismo. Sono felice.

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Ma, come sempre, dura poco. In pochi istanti, in uno dei più noti

musei di Storia Naturale del nord-Italia,succede un putiferio. La primainserviente arriva comeun’arpia. Con tono decisoinvita Elisa a spostarsi dallasala del Museo. Non si puòallattare lì. Non sa nem-meno lei cosa sta dicendoma qualcosa l’ha spinta adagire con decisione in difesadel Museo e contro un peri-colo per il decoro dell’isti-tuzione. Inventa una regolae ha perfino dei suggeri-menti. Suggerisce di recarsiad allattare in bagno. Elisa,sconcertata, le spiega che il bagno è certoil posto meno indicato per quella pratica,da luogo poco igienico qual è, come puòospitare la pratica più salubre per un bam-bino? Associare il latte materno a un gabi-netto è cosa curiosa. Come si dovessenascondere, l’allattamento, in un ghettoper giunta. Elisa spiega anche, con calma,che non c’è nulla di male nell’allattare inpubblico, nulla che possa turbare i fre-quentatori del museo. Nulla da fare. Cispostiamo in un’altra sala del museo alpiano superiore. Nella sala proiettano unfilm sull’Evoluzionismo, le luci sono bassee non c’è nessuno. Appena la bimba che hafame si attacca al seno un’altrainserviente, che non sapeva nulla di quan-to accaduto prima al piano inferiore, arri-va e spegne le luci. Sapete perché? Perchéquello che stavamo facendo, dice, è un’in-decenza!

A questo punto mi incazzo.

Quello che segue, se non fosse per l’at-mosfera grottesca che la situazione avevaormai assunto, sarebbe risultato perfino

comico. Chiamo il personale araccolta, affermando a granvoce che: primo, era succes-so un fatto gravissimo cheledeva la figura stessa delnaturalista inglese con labarba che la mostra celebra-va (vero); secondo, cheascoltassero bene quello cheavevo da dire altrimenti ilgiorno dopo si sarebberoritrovati tutti in prima pagi-na sui giornali (falso, ma digrande effetto); terzo, cheuna donna che allatta un

bambino è un patrimonio dell’Umanità enon è possibile allontanarla in malo mododa un luogo istituzionale come quello(vero). Quella dei giornali deve aver fun-zionato meglio delle altre perché, quandomi calmo, mi accorgo che alcuni degliinservienti tengono la mano sul petto percoprire il cartellino con il proprio nome.Un ragazzo giovane, che lavora per lacooperativa che ha in gestione la sorve-glianza delle sale, sbotta contro i colleghi.Dice, rivolto ai suoi, che è un’assurdità allon-tanare una donna che allatta da una mostradove le sale sono tappezzate da gigantografie discimpanzé che si accoppiano! Tutti guardanoin alto le foto, poi guardano noi e capiscodal loro sguardo che gli scimpanzé che siaccoppiano fanno parte dell’arredamento,sono tappezzeria, fiction, mentre noi siamovisitatori e … non si sa mai, visto quello cheabbiamo già fatto, che ci venisse voglia diaccoppiarci pure noi!

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• 61 •L’incubo di Darwin, P. Delaini

Usciamo dal museo con strette di manoe sorrisi nervosi del responsabile del per-sonale: il museo ostenta la recente acqui-sizione del “marchio family”che prevede tra le altre inizia-tive il rispetto di alcune lineeguida che vanno in direzioneben diversa dai fatti accaduti.Guardo Elisa e ho già capitoche non ha sotterrato l’asciadi guerra. Lettera al diret-tore? Lettere al direttore! Pri-ma però assumo informazionisul direttore del museo dauno specialista, un amicoentomologo. Il direttore sidimostra persona intelligentee capace di girare a buon finela vicenda: oggi, a un anno didistanza da quanto accaduto, il museodispone perfino di una stanza per allattare.

Il risultato è buono, ma sa di conso-lazione. Se ritornassi oggi in quel museo,in compagnia di una madre che allatta,sono certo che gli inservienti ci chiedereb-bero, con la stessa fermezza di allora, dispostarci subito nella stanza allattamento.Certo, un posto è meglio che niente. Ma sitratta sempre di un ghetto, per quantofunzionale e attrezzato, dove allontanaregli ultimi appassionati di una pratica ormaiinvisibile. Resta da capire cos’è che da fa-stidio, cosa ha destato scalpore o imbaraz-zo laddove per secoli si è vista bellezza earmonia. Cosa ha reso provocatorio ungesto che per due millenni ha trovato pos-to nelle immagini sacre, negli edifici di cul-to, ovunque si volesse rappresentare l’ideadi serenità?

Faccio al lettore una proposta. Lo invi-to a lasciarsi condurre in un breve viaggionel corso del quale l’allattamento materno

diventi il filo conduttore maanche una sorta di metro divalutazione di quello che stasuccedendo alla nostra soci-età che sembra camminare aritroso, sul sentiero dellascienza, con gli occhi ben-dati. Un termometro per mi-surare, a distanza di quasidue secoli dalla sua scoperta,la nostra comprensione del-l’Evoluzionismo che ha aper-to una nuova era e spalanca-to nuovi orizzonti sulla sogliadei quali la nostra societàsembra aggirarsi con aria

indecisa alternando atteggiamenti diritrosia alla semplice indifferenza.

Alle origini di una perdita d’identitàTempo fa mi aveva colpito un fatto

avvenuto in una libreria di una città ita-liana. Un ragazzo era stato allontanato daun inserviente della libreria con l’insolitaaccusa di leggere i libri. Si trattava di uncliente abituale che indugiava troppo sullepagine dei volumi in vendita, senza con-cludere poi quella evidente passione conl’acquisto dei volumi. Questo episodioforse nasconde un malessere profondo. Seun inserviente non capisce che per unalibreria divenire anche un luogo di letturaè un privilegio, una crescita, una trasfor-mazione in qualcosa di più perfetto, allorasignifica che qualcosa sta cambiando, cheil nostro livello di percezione della realtà è

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estremamente limitato dall’applicazione dischemi sempre più rigidi. Una società checomunica in questo modo potrebbeidentificare come pericolose eallarmanti cose belle epiacevoli, mentre pericoli veripotrebbero essere normalizzatie identificati come avvenimen-ti naturali.

Vi siete mai chiesti cosa suc-cede in una società che nonriconosce più come propriefunzioni che da millenni fannoparte di essa? Cosa accadequando una pratica che haaccompagnato, passo passo, ilcammino evolutivo della nostraspecie, diventa un gesto versocui manifestiamo indifferenza?L’evoluzione ha reso perfettonutrimento il latte materno e ha costruitointorno all’allattamento un momentoimportante d’intesa tra madre e bambino.Ma si tratta di un rapporto delicato,costruito su funzioni regolate dallasecrezione ormonale e pertanto sempre arischio di essere ostacolate dal rompersi diquesto equilibrio che ha bisogno di tempoe serenità per compiere il suo corso.

Come altre funzioni che il nostro corpoporta inscritte nel suo patrimonio geneticoanche l’allattamento è un’arte. Come tuttele arti va custodita e sostenuta. Soprattuttoha bisogno di qualcuno che la tramandi.Per secoli il compito del sostegno di questapratica è passato da madre a figlia, da sorel-la a sorella, da donna a donna attraverso glianelli di una catena che non poteva fer-marsi perché era fonte di vita.

Immaginate cosa succede se una prati-ca che è stata per migliaia di anni un atto

pubblico, un gesto cu-stodito e difeso dallecomunità di tutti itempi e i luoghi, quan-do diventa un fattoprivato, si esclude allosguardo della gente, sinasconde. La non con-divisione di una prati-ca come questa, il fattodi non vedere piùscene di allattamento,di non parlarne, portale nuove generazioniverso un atteggiamen-to di distacco. Possia-mo allora chiamare

questo fenomeno perdi-ta dell’identità di genere perché una donnanon riconosce più come proprie funzioniche le appartengono da sempre. Se in unafamiglia una generazione non ha esperien-za di una pratica come questa e non ha maivisto scene di allattamento, facilmentequesta pratica si interromperà. Ma chi haconsegnato al privato un gesto pubblicoche ha sempre portato gioia, aiuto sponta-neo e buoni auspici? Non è affare privatol’allattamento, come non lo è la maternità.Se qualcuno mette al mondo un figlioquesta cosa riguarda tutta la società e conessa va condivisa. Proprio come in unalibreria, vedere leggere invita a leggere,discutere, insomma alla comunicazione,così vedere allattare aiuta a ricordarcicome siamo fatti e quali gesti meravigliosiil nostro corpo possa compiere.

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• 63 •L’incubo di Darwin, P. Delaini

Modelli fasulliQualche giorno fa stavo guardando un

programma in TV. Mi ha colpitocome il linguaggio delle imma-gini utilizzi sempre di più, percomunicare delle idee chetrasmettano immediatamente illoro significato. C’è fretta diarrivare al bersaglio, allo spetta-tore. Per esprimere il concettodi maternità, ad esempio, è piùimmediato riprendere un’at-trice con bimbo e biberon inmano, magari con la stessaespressione sorridente che han-no le madri sulle confezioni dellatte in polvere che si vende neinegozi. La scena così è pulita,l’idea passa alla velocità del lampo. La sce-na naturale, quella che riprenderebbe unamadre che allatta, richiede spazio, unaposizione e tempi che non sono quellirichiesti dalla sceneggiatura, la confusionedelle cose tutte in giro, e forse non ver-rebbe neanche compresa. Il problema èche il pubblico che guarda questo spetta-colo vive costruendo il suo immaginarioconoscitivo proprio a partire da questeimmagini. Lo spettatore di oggi comunicapoco, non esce per incontrare educatoriesperti, si confronta troppo poco con for-matori o docenti che diano informazioni diqualità. Alcuni di questi spettatori potreb-bero desiderare di assomigliare ai perso-naggi che vedono nei loro programmipreferiti. Così facendo vorrebbero com-portarsi come loro, anche se si tratta dimodelli artificiali e resi fasulli dalle esigen-ze del mondo delle immagini. Molte donne

oggi cominciano a identificare questescene come momenti di felicità edesiderando assomigliare a questi modelli

sono felici quando si verifi-cano situazioni simili aquelle che hanno visto.

Ci vuole così poco adinterrompere una catenache da secoli sostieneun’arte inscritta nel corpodi una madre? Si, soprat-tutto se ad ostacolarla sononuovi modelli di riferimen-to che viaggiano attraversoi mezzi delle immagini chehanno sostituito il linguag-gio parlato e l’ascolto del-l’esperienza degli altri.

L’incubo di DarwinLa settimana scorsa ho accompagnato

mia figlia, una bambina di sette anni, dalmedico. Si trattava solo di un controllo, maserviva l’opinione di uno specialista. Nellostudio del medico, nell’ospedale piùimportante della mia città, c’era una foto atutta parete. La foto ritraeva alcuni bimbivestiti con abiti e cappelli in stile babbonatale e felicemente intenti a succhiare lat-te artificiale da vistosi biberon. Sotto l’im-magine campeggiava il marchio di unagrossa industria che produce sostituti dellatte materno.

Il medico, un endocrinologo, sorrideva.Io non sorridevo affatto.

Quando, negli anni Cinquanta, il latte inpolvere arrivò nelle nostre case venne pre-sentato come uno dei simboli della moder-nità. Studiato come surrogato del latte

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materno divenne, nelle attente mani del-l’industria, una fonte di fatturati altissimi.In poco tempo il latte artifi-ciale venne promosso attra-verso un nuovo genere diinformazione-pubblicitaria,medica, nutrizionale fatta dimartellanti visite negli studimedici, regali promozionali,sponsorizzazioni. Il fenome-no oggi come ieri nonrisparmia certo le farmacie.Questi spazi sono diventatiluoghi gremiti di immaginidi mamme che sorridonoaccanto a sostituti del lattematerno oppure tettarelle ebiberon. Sugli scaffali, paretiintere di latti di formula, campagne pro-mozionali, omaggi e inviti all’acquisto deisostituti del latte materno. L’industria hascoperto che la madre che ha appena par-torito è facile bersaglio di qualunque pub-blicità. A questo mercato si sono prestatimolti operatori sanitari inconsapevolistrumenti di marketing di basso profilo.

Nelle comunità rurali di tutto il mondo,nei paesi dove l’acqua può essere fonte diinfezioni e veicolo di malattie, l’arrivo deisostituti del latte materno, facilitato dal-l’assenza di regole del mercato, ha avutoeffetti disastrosi. Il nuovo alimento, seviene preparato con acque inquinate,come lo sono in quei paesi, può portare il

lattante a contrarre gastroenteriti daglieffetti mortali. Il percorso evolutivo della

nostra specie non aveva maiincontrato una novità diquesto tipo: che un alimentosicuro e unico come il lattematerno venisse sostituitocon uno a rischio.

Questo atteggiamento didisponibilità alla sostituzionedi importanti funzioni delnostro corpo che sono ilrisultato di un lungo cammi-no evolutivo, sembra esten-dersi con tempi e modidiversi a vari aspetti dellanostra esistenza, portandocon sé una sola conseguenza,

la perdita di qualcosa di prezioso per lanostra vita.

L’incubo di Darwin è allora questo: unasocietà che non si riconosce più per quelloche è, un organismo che, come malato diuna malattia autoimmune, si rivolta con-tro le funzioni proprie della propria specie.

La tutela e il sostegno dell’allattamen-to al seno, la conservazione della propriaidentità di genere, il giusto rispetto deimodelli di riferimento, sono valoripreziosi che dobbiamo difendere dalle sot-toculture che dominano le regole del com-mercio e che sembrano accelerare queiprocessi che ci portano a perdere lamemoria di chi siamo.

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La simbologia del ponte

di Roland Füstös e Dirk Röhring

This talk was performed in honour of the 30th anniversary of the only Italian lodge work-ing in German language and ritual on Italian territory, named “Franz von Gumer”.Our intention is to build new bridges (lat. pons). The freemason is a constructor of“pontes”, recording the ancient roman pontifex. The Art is to use ritual and sound ofwords, creating new contact points between all freemasons living in different placesspread all over the universe.Wherever the ritual builds a new bridge, a new place of spiritual growth will be bornand help mankind to find new spiritual strength.

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FFinché saremo dominati dalla fre-nesia di produrre, non saremo ingrado di individuare la via che

conduce all’origine. La Libera Muratoria ciindica chiaramente un percorso che portanella direzione di una serenità in un Orien-te dove splende il nostro sole spirituale euna luce immortale illumina l’oscurità.Coloro che siedono all’Oriente conoscono

la via, sono loro gli artefici del ponte, essiindicano la strada (lat. anche pons) a dispo-sizione di chiunque sia alla ricerca di unpercorso che porti al G.A.D.U. Il ritualecostituisce un ponte con l’Oriente, esatta-mente come un “pontifex” dell’anticaRoma. Un ponte tra due mondi. Anche ilsommo poeta Dante nel suo viaggio nel-l’inferno supera un ponte sospeso sopra un

Un vento caldo sospinge la sabbia.Oltre il ponte nell’eternità,

ieri e oggi si fondono,alla fine di spazio e tempo.

Quali sono i tuoi sogni?Trova la tua via!

Attraversa l’oscurità.Liberati dal mare del tempo.

Osserva quel chiarore a oriente,costruito con pietre d’amore,

sorto dalla veritá,conduce alla luce,

il ponte.

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orrido malvagio, solamente la grazia di-vina che accompagna il suo maestro con-sente che sia risparmiato dai demoni.

Sono pochi i maestri con la grazia diconoscere la via ver-so il paradiso, versoil sole. La LiberaMuratoria li acco-glie da sempre, sonocoloro che hannolevigato la loro pie-tra, che agisconosempre con squadrae compasso, chehanno interiorizza-to in modo assolutoil rituale e sono ingrado di realizzareil ponte rituale espirituale verso iltrascendente.

Il maestro mas-sone utilizza simbolie parole secondo un modello di alternanza;il suono della lingua provoca delle modu-lazioni diverse che, a seconda di come la silascia fluttuare nello spazio, sono in gradodi modificare l’energia all’interno del tem-pio. Tale modulazione diviene così un ele-mento fondamentale del rituale, assoluta-mente indipendente dalla lingua usata.

Il ponte per noi rappresenta il simbolodella comunicazione cercata, voluta inquanto costruita artificialmente laddovel’artificio sta a significare la volontarietà, ilviaggio ricercato, il mezzo per il supera-mento dell’ostacolo, ciò che consente lacontinuazione del cammino e quindi la

ricerca, la conoscenza, l’apertura verso losconosciuto e, insieme, la disposizione alasciarsi conoscere; ma nello stesso tempo,vediamo nel ponte la creazione di un nuo-

vo luogo dato dall’in-terazione di esso conuno spazio generico,secondo il concettoheiddeggeriano: unponte non viene postoin un luogo preesisten-te: quel luogo non esi-ste prima del ponte.Esistono forse numero-si spazi lungo il fiume,ma solo uno di loro,grazie al ponte diventaluogo.

Dividere dagliostacoli e nello stes-so tempo inglobarliponendo in comuni-cazione volontaria-

mente, artificialmenteciò che altrimenti non lo potrebbe essere,diventare un sistema dinamico acquistan-do significato dall’interazione con chi ilponte lo usa e connotando al tempo stessoun ambiente senza il quale non avrebbenemmeno senso di esistere sono contrad-dizioni che spiegano il significato e la sim-bologia del ponte.

Il movimento che noi associamo al pon-te è infinito e contingente, pur trattandosievidentemente di un oggetto immobile,esso rappresenta il movimento di chi lopercorre, diventando il simbolo dellacomunicazione, è un movimento infinito

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• 67 •La simbologia del ponte, R. Füstös e D. Röhring

dato dalla circostanza precisa in cui ci sitrova e dalla necessità di proseguire ilviaggio in una direzione piuttosto che inun’altra o dallavolontà di scegliereuna di tali direzio-ni; e sarà dalla scel-ta compiuta, dallavolontarietà delladistesa di un ponteche si percorreràuna via diversa daogni altra in unistante preciso checondizionerà lastoria unica di cia-scun viaggiatore,mai uguale ad alcun’altra né mai uguale ase stessa e dove gli artefici di tale storiasaranno in egual misura il viaggiatore etutto ciò che sta al di fuori di esso: scrive

Kafka, nel racconto Il ponte, che nell’identi-ficarsi dell’uomo nel ponte, o viceversa: erorigido e freddo, ero un ponte, stavo sopra un

abisso. Di qua avevo lepunte dei piedi, di làavevo confitto le mani,e mi tenevo rabbiosa-mente aggrappato all’-argilla friabile. Il crol-lo avviene proprioquando il ponte cedealla paura umana e sivolta, quando cedealla tentazione dimuoversi. Il ponterappresenta questapossibilità di movi-

mento contingente, di cambio di direzione,di scoperta, di reazione e adattamento equindi di decisione, di possibilità concretadi operare una scelta.

Fornitore del Grande Oriente d’Italia

Via dei Tessitori n° 2159100 Prato (PO)

tel. 0574 815468 fax 0574 661631Part. IVA 01598450979

Frammenti di storia dei diritti umani

di Giovanni GrecoUniversità di Bologna

The present article has been delivered during the conference about Constitution andhuman rights held in Bologna (Dec. 6, 2008).What remains is that working on human rights means to encourage the harmonicdevelopment of our personality, to respect ourselves, to live in dignity and selfconfi-dence, to spread into society an absolute respect toward the others.

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BBen pochi secoli sono stati crudelicome il Ventesimo: basti solopensare agli orrori indicibili

cagionati dai governi autoritari e totalitari,i quali, in nome di princìpi infondati quan-to alieni da ogni diritto, hanno calpestato eannichilito la dignità e l’esistenza di unnovero immane di persone innocenti.

Qualche tempo fa, Ernest Gombrich,rimeditando il contenuto di un suo fortu-nato libro, riteneva, non senza amarezza esdegno, che la “vera nuova epoca” iniziòquando i pensieri dell’uomo si staccarono

dalla brutalità dei tempi precedenti e leidee e gli ideali dell’Illuminismo settecen-tesco divennero così comuni che, da allorain poi, si ritennero una cosa naturale.

Quando lo scrissi – sostiene Gombrich –mi sembrava davvero impensabile che qualcu-no si sarebbe mai potuto abbassare a persegui-tare persone di fede diversa, a ottenere confes-sioni con la tortura o con il ricatto e a negare idiritti umani. Ma ciò che allora mi sembravaimpensabile è accaduto.

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Anche nel Novecento italiano spiccanole due terribili guerre mondiali che ci fan-no ritornare nellamente le affilate eartiglianti parole diCéline, il quale cosìdipingeva la guerrae certi soldati appa-rentemente irrefre-nabili nella lorofoga devastante:Con elmetti, senzaelmetti, con cavalli,senza cavalli, su moto,in auto, urlanti, fischianti, sparacchianti, cospi-ranti, volanti, scavanti, defilanti, caracollanti,spetazzanti, schiacciati pancia a terra, perdistruggere tutto, tutto quel che respira, piùarrabbiati dei cani, in adorazione della lororabbia.

In questo quadro educare ai dirittiumani vuol dire favorire lo sviluppo armo-nico della personalità degli individui,conoscere i diritti umani vuol dire innan-zitutto rispettare noi stessi, vivere condignità e autostima, diffondere nella socie-tà un’assoluta considerazione per gli altri.Un modo per difendere i diritti umani èalzarsi e parlare, è alzarsi e combattereperché vengano rispettati, senza attende-re che sia sempre qualche altro a fare qual-cosa.

Il diffondersi dei diritti umani, dappri-ma lento e circoscritto alle élites emergen-ti di pochi stati, è diventato sempre piùveloce e ricopre oggi, almeno formalmen-te, quasi tutti gli stati della terra. L’intui-zione basilare su cui si fondano è che ogni

persona ha in quanto tale una intrinseca eautonoma dignità che gli conferisce dei

diritti e dei doverinella relazione congli altri, perchéogni giorno ognu-no di noi tesse edisfa la tela dellasua dignità.

La cultura uma-nistica è quella chepiù di altre stimolala funzione educa-

tiva fra gli uomini:seicento anni fa Coluccio Salutati scrivevache, nel concetto latino di humanitas, sisomma tutto ciò che è degno dell’uomo elo rende civile, innalzandolo al di sopradella barbarie e alimentando di continuo ilterreno dove trovano spazio le domandepiù profonde che agitano l’animo umano.

L’etica della comprensione costituisceun’esigenza chiave dei nostri tempi che sicaratterizzano per una sorta di incom-prensione generalizzata: viviamo in unmondo d’incomprensione tra stranieri, maanche fra membri di una stessa società, diuna stessa famiglia, tra genitori e figli. C’ècomprensione umana quando sentiamo econcepiamo gli uomini come soggetti; essaci rende aperti alle loro sofferenze e alleloro gioie. È a partire dalla comprensioneche si può lottare contro l’odio e l’esclusio-ne. Non casualmente – sosteneva Lamennais– il grido degli esclusi, dei poveri arriva sino aDio, ma spesso non arriva sino all’orecchio del-l’uomo.

I diritti umani vengono qui assunti noncome dato assoluto, ma come prodotto sto-

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• 71 •Frammenti di storia dei diritti umani, G. Greco

rico e ciò significa cercarne le origini e ifondamenti nelle condizioni sociali e cul-turali della loro afferma-zione. Prima di diventa-re norme giuridiche idiritti si sono manife-stati come espressionedi bisogni socialmenteorganizzati, che il dirit-to ha recepito ma haanche contribuito a ren-dere consapevoli. Glisviluppi storici dei dirit-ti, sia sul piano istitu-zionale, sia su quelloteorico, sono inestrica-bilmente legati ai cam-biamenti politici, eco-nomici, culturali, all’af-fermazione di nuovisoggetti sociali. Ancoraun altro punto è quello rela-tivo ai diritti delle donne, tant’è che, comeè scritto nella Dichiarazione delle NazioniUnite di Pechino del 1995: “I diritti delledonne sono diritti umani”. Questa frasecondensa un percorso di secoli, che va dal-l’esclusione delle donne dai diritti dell’uo-mo alla loro estensione formale, dall’impe-gno contro la discriminazione all’afferma-zione dei diritti specifici delle donne. Dirit-ti in senso morale e diritti in senso giuri-dico sono dunque concetti distinti ma cor-relati: in generale un diritto giuridicoincorpora un diritto morale che ne costi-tuisce l’origine e il fondamento. L’aspira-zione di chi sostiene un diritto morale èsolitamente quella di trasformarlo in undiritto giuridico.

Oggi i diritti umani vengono considera-ti come un tutt’uno, ma la loro affermazio-

ne storica ha compiuto un cam-mino che viene da molto lon-tano, partendo dalle richiestedi libertà di coloro che inten-devano combattere il dogmati-smo delle chiese e l’autoritari-smo degli stati.

Dell’antichità va ricordatoil ruolo degli Stoici che insiste-vano sulla comune natura ditutti gli uomini in quanto esse-ri dotati di ragione ed elabora-rono princìpi finalizzati allaprassi diretta, fortificando unostretto rapporto fra filosofia edottrina politica. Nel suo Declementia Seneca, rivolgendosiall’imperatore, sosteneva chela vera grandezza non risiede-

va nell’uso sfrenato del potere, manella cura del bene della comunità basan-dosi sull’intima convinzione dell’affinità ditutti gli uomini. Importante anche il ruolodegli Esseni che furono i primi a condan-nare la schiavitù: i Manoscritti del MarMorto, redatti in greco, aramaico, ebraico,siriano, arabo racchiudono prodigiosi teso-ri di etica.

Aristotele considerò il “diritto confor-me a natura” come parte del diritto validoper la società politica greca, un dirittofiglio degli usi, dei costumi e delle consue-tudini.

Le prime manifestazioni per la libertàreligiosa, per la libertà di coscienza sonoriconducibili alle eresie medievali, forma-tesi all’interno di gruppi minoritari, forte-

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mente repressi dalla Chiesa cattolica chenon accettava nulla che potesse mettere indiscussione il suo poterespirituale e politico e idogmi del papato. Dob-biamo alla Riforma pro-testante la capacità dispezzare quel dominiocon l’affermazione diquei valori di libertàindividuale che conflui-ranno poi nei dirittidell’uomo.

La lotta contro l’au-toritarismo dei sovraniinvece si tradusse nellacapacità di conquistarespazi di libertà perso-nale, proprio nella fasein cui si va alla costruzio-ne dello stato moderno con l’indebolimen-to delle classi aristocratiche.

In quel contesto taluni documenti mol-to significativi appartengono alla storiadell’Inghilterra, figli della secolare con-trapposizione fra monarchia e aristocrazia,cattolicesimo e protestantesimo, chiesaanglicana e movimenti puritani, aristocra-tici e ceti produttivi sino ad arrivare allapiena affermazione della borghesia.

Nel 1258 proprio qui a Bologna vieneredatto l’atto di affrancamento dei servidella gleba del comune di Bologna, dettoLiber Paradisus, che restituì la libertà a cir-ca seimila persone: testo non casualmentedonato in questa circostanza.

Il diritto naturale ha una storia antica,da Aristotele nell’Etica Nicomachea al Trac-tatus de tirannia di Bartolo da Sassoferrato

che ampliò il catalogo delle richieste civili,criticando l’atteggiamento dei tiranni e

rivendicando le libertà dicoscienza e d’associazio-ne. Poi all’interno delladottrina teologico-politicacristiana Tommaso d’A-quino distingue fra la leg-ge divina e la legge natu-rale, mentre Ugo Grozio,considerato il padre delmoderno diritto naturale,nel suo De iure belli ac pacisattribuisce alla ragionedell’uomo la nascita dellenuove norme. Per Hobbesgli uomini nello stato dinatura sono portatori diillimitata libertà, avendo

accesso a ogni diritto, men-tre per Locke i diritti appartengono all’uo-mo per natura, sono di ogni singolo indivi-duo per il solo fatto di essere uomini e inquanto naturali non sono cedibili a nessu-no e sostanzialmente inalienabili. Dal Sei-cento all’Ottocento i rapporti internazio-nali erano sostanzialmente fra entità digoverno, per dirla con Cassese, “ognunasovrana su un territorio e sulla popolazio-ne stanziata in quel territorio”.

Nel 1731 Giambattista Vico nel suo Suldiritto naturale delle genti sosteneva che ilsistema giuridico internazionale è un dirit-to utilizzato dai vincitori che così “regola-no il cieco furore delle armi e la sfrenatainsolenza delle vittorie”.

Nel Settecento il lessico dei diritti eraormai consolidato e i filosofi illuministi,sotto l’ombrello della ragione, divennero

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• 73 •Frammenti di storia dei diritti umani, G. Greco

interpreti e divulgatori di un nuovo corsodella storia dell’umanità contro le ingiusti-zie e le storture del-l’Ancien Régime.Sono le teorie su cuisi fonda principal-mente la Dichiara-zione dei diritti del-l’uomo e del cittadinoche è espressione diuna visione dell’uo-mo e della politica,idea di tolleranzacompresa, testimo-niata ad altissimolivello da Voltaire.La Dichiarazione san-civa l’uguaglianza di tutti davanti alla leg-ge, la libertà di stampa, di pensiero, di reli-gione, il diritto alla proprietà privata, lapartecipazione, attraverso rappresentantiscelti, nella creazione delle leggi. Senzadimenticare Rousseau che, fra l’altro, vedela proprietà privata come un istituto lega-to alla società e alle leggi civili. Per quantoconcerne l’Illuminismo italiano è noto ilgrande rilievo dell’opera di Cesare Becca-ria, ma anche di quella di Pietro Verri(Osservazioni sulla tortura) con argomentitutt’ora insuperabili contro la pena di mor-te e la tortura.

Negli ultimi decenni del Settecento l’in-dipendenza americana rappresentò un’ul-teriore svolta decisiva. Le carte nordame-ricane infatti rappresentano le primemanifestazioni storiche del costituzionali-smo moderno con la prima Costituzione chevenne emanata nel 1776 in Virginia, checostituirà il modello per le Dichiarazioni

successive, seguita a ruota da altri statisino alla Costituzione degli Stati Uniti del

1787 che si fondava sulgodimento della vita,della libertà, median-te l’acquisto e il pos-sesso della proprietàper perseguire felici-tà e sicurezza.

La Dichiarazionedei diritti dell’uomo edel cittadino del 1789,esaltata da Kantcome evidente mani-festazione del pro-gresso, segna inveceper l’intera nazione

francese la rottura con il vecchio ordine el’inizio di uno nuovo, determinando uncambiamento radicale nei rapporti fra sta-to e cittadino, avendo alla base di tutto l’u-niversalismo, il razionalismo e l’individua-lismo espressi in modo particolare dallaclasse borghese che si andava affermandosempre di più dal punto di vista sociale edeconomico.

Inoltre Kant considerava immorale edisonorevole punire il reo con pene di-sumane perché Caino va rispettato nellasua dignità, malgrado egli stesso l’abbiacalpestata. Lo stilema kantiano fa venire inmente le memorabili parole pronunciateda Nelson Mandela nella sua Autobiografia:l’oppressore deve essere liberato come l’oppres-so. Un uomo che sottrae a un altro la sua liber-tà è prigioniero dell’odio, è serrato dietro lesbarre del pregiudizio e della pochezza menta-le. Sia l’oppresso che l’oppressore sono privatidella loro umanità.

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Nel corso del Diciottesimo secolocominciano ad apparire anche i diritti del-le donne sino ad allora, sinanco nei casimeno infelici, obnu-bilati per la “natu-rale” diversità e ilportatore di dirittiera per eccellenzal’individuo di sessomaschile. Nel pen-siero degli illumini-sti erano affiorateistanze di ugua-glianza dei sessi, comenel caso di Condorcet che intendevagarantire l’accesso alla vita pubblica, l’i-struzione, la parità giuridica in famiglia.Ma fu in particolare nella Dichiarazione deidiritti della donna e della cittadina che la DeGourges, madre del femminismo europeo,denuncia la falsa universalità della Dichia-razione dei diritti dell’uomo e del cittadino,auspicando una società senza patriarcato,anticipando le rivendicazioni femminiliotto-novecentesche. Ricordo che quandomorì la straordinaria Mary Wollstonecraft,scrittrice anticonformista, critica contro ilsistema educativo dell’epoca, il reverendoPolwhele accolse la sua morte per parto,nel 1797, come “un meritato castigo divi-no”. Desidero non dimenticare altresì l’e-semplare storia dedicata da Dacia Marainialla Lunga vita di Marianna Ucrìa, sicilianadel Settecento, sordomuta per un terribiletrauma infantile, che impara a leggere escrivere e attraverso la scrittura riesce arompere il proprio silenzio, non solo quel-lo fisico, ma quello forse più duro a cui ledonne per secoli sono state assoggettate,

quello dei sentimenti, quello dell’anima.Successivamente sia Taylor che Millsostengono che non è sufficiente l’ugua-

glianza nominale– perché il più for-te è sempre ingrado di risolle-varsi – ma invoca-no la scelta liberadi maternità, didivorzio, e soprat-tutto la necessitàdi non dipendere

più materialmentedagli uomini. Nel nostro paese solo nel1919 le donne italiane ottennero l’emanci-pazione giuridica, con l’abolizione dell’ob-bligo dell’autorizzazione maritale sullagestione dei propri beni. Da allora passigiganteschi sono stati compiuti, ma anco-ra nell’attualità permangono profonde di-scriminazioni nei confronti delle donne,fra i tanti, sia nelle gerarchie della Chiesadi Roma che nella più importante comu-nione latomistica internazionale.

Nell’Ottocento va sottolineata l’impor-tanza della Dichiarazione dei diritti fonda-mentali del 1848 che sancisce in Germania idiritti di libertà e di cittadinanza per tutti itedeschi, così come merita di essere segna-lato lo Statuto albertino, sempre del 1848,che dispone l’uguaglianza di fronte allalegge di tutti i “regnicoli”.

Negli stati europei ottocenteschi la for-mazione dei diritti è connessa ai bisognidelle masse operaie e contadine e in parti-colare per le donne avviene quasi prima ilriconoscimento dei diritti sociali rispetto aquelli politici e civili.

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Di gran rilievo, nella prima parte delNovecento, i Quattordici punti di Wilson(1918) e i quattro pilastridelle libertà enunciatidalla Carta atlantica diRoosvelt e Churchill del1941.

Un dissidio moltoforte si registrò, dopola prima guerra mon-diale, fra la Germania eil resto della comunitàinternazionale perchéla Germania sostenevache la sovranità nazio-nale non tolleravaalcuna ingerenza inter-nazionale sugli affari interni dei singolipaesi. La rottura su questo e altri nodiproblematici farà da sottofondo allo scop-pio della guerra.

È in questo contesto che s’inserisce contutto il suo altissimo valore la Dichiarazioneuniversale dei diritti dell’uomo, adottata da 48Stati nel 1948 presso l’Assemblea generaledelle Nazioni Unite e che approfondiremonella relazione seguente.

La Dichiarazione universale è un docu-mento storico prodotto sull’onda dell’in-dignazione per le atrocità commesse nellaseconda guerra mondiale e fa parte deidocumenti di base delle Nazioni Uniteinsieme al suo Statuto steso nel 1945. LaDichiarazione dei diritti dell’uomo è un codi-ce etico di importanza storica fondamen-tale: è il primo documento a sancire uni-versalmente i diritti che spettano all’esse-re umano.

La Dichiarazione universale dei diritti del-l’uomo del 1948 è senza dubbio uno dei

documenti fondamen-tali nell’affermazio-ne dei diritti umani ecostituisce l’orizzon-te ideale della Cartadei diritti fondamenta-li dell’Unione euro-pea, confluita poi nel2004 nella Costituzio-ne europea. E dal 1gennaio 1948 entròin vigore la Costitu-zione italiana.

I diritti umani sonodavvero universali?, si chiede acutamenteSabino Cassese. Certo che no, l’universali-tà è ancora mille miglia lontana, uscendoda pochi anni dal secolo, il Novecento, con-siderato il secolo dei genocidi per eccellen-za. Per la Cina popolare, per esempio, idiritti umani esistono solo nella società enello stato, essi non preesistono allo stato,ma così come possono essere dallo statoaccordati, per motivi particolari, lo statopuò limitarli o sopprimerli.

Nella concezione buddhista la libertàconsiste nella capacità di armonizzare l’a-gire dell’individuo con quello del leaderche ha i poteri e l’autorità del pater familias,mentre nel sistema etico-religioso indianoogni membro della comunità deve avere lacapacità di saper accettare senza ribellionela condizione della sua casta.

Nel sistema confuciano, nello scenariogiapponese ad esempio, il ruolo fonda-mentale è quello del capofamiglia al quale

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va rispetto assoluto e pari pari lo stessometro è utilizzato nei confronti delle auto-rità istituzionali con spa-zio contenuto per i dirittiumani.

Nella tradizione isla-mica la persona è liberase conduce la propria vitain ottemperanza alla sha-ria, la legge islamica, sen-za dire dei rapportiuomo-donna posti su pia-ni profondamente diver-si. E oggi proprio a causadel terrorismo islamico checalpesta ogni tipo di diritto umano, l’Occi-dente trema perché il timore non è piùrivolto verso un nemico lontano che puòarrivare, verso i barbari, verso i Longobar-di, verso i Saraceni, verso i Turchi, versoun avversario che si può monitorare vigi-lando un confine, presidiando un torrioneo stando di vedetta su una torre costiera,agendo come il tenente Drogo che difendela fortezza Bastiani dall’arrivo dei tartari,perché forse, come in quel caso, i tartarinon arriveranno mai, perché sono già arri-vati, sono fra noi e noi non sappiamo anco-ra chi sono e quando agiranno. E questepersone si celano fra diversi milioni diuomini: due milioni di cittadini musulma-ni in Gran Bretagna, uno in Italia, tre inGermania, sei in Francia, dove a fronte del-la stragrande maggioranza di famiglie per-bene, che ne pagheranno duramente leconseguenze, si occultano centinaia di per-sone-canaglia: mai come oggi le personeche hanno la capacità di agire hanno anchela responsabilità di agire.

Gli storici non han da essere professoridi morale, ma devono esprimere la condi-

zione umana conuna specialeattenzione peròalla distinzionefra bene e maleoperando all’in-terno dell’offici-na delle emo-zioni. Metterein fila i fatti, lecifre, le date, glieventi, i dati è

importante, masono le emozioni che fanno la storia. Eccoperché noi dobbiamo recuperare i partico-lari, i dettagli, sinanco le piccole cose vereche restituiscono il senso delle grandi tra-gedie. Sono così persuaso che in tal modosi possa incidere anche sull’educazione allalegalità, sull’autoformazione delle coscien-ze, contribuendo a farle meno disattente aimali e alle sventure che abitano e percor-rono il tetro incipit del terzo millennio. Unpercorso necessario perché, finché i leoninon avranno i loro storici, le storie di cac-cia continueranno altrimenti a magnifica-re il cacciatore.

Ancora nell’attualità, in varie parti delmondo, numerosi fondamentalismi palesiod occulti propongono pacchetti chiusi disopravvivenza, kit preconfezionati di veri-tà inamovibili, in nome dei quali negareaddirittura dignità a chi appare diverso.Contestualmente, da secoli, esistono realtàcome quella latomistica che mettono insie-me uomini differenti non solo per censo eper religione, ma soprattutto per idee e

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• 77 •Frammenti di storia dei diritti umani, G. Greco

formazione pur tuttavia tutti uniti dalcomune desiderio di cercare proprio talediversità nell’altrocome occasione indi-spensabile di cresci-ta, di confronto, disuperamento delledistanze.

Per quanto con-cerne l’Italia, la poli-tica culturale dellanostra società nonmarca, di norma, ilraggiungimento dimete ideali: è ammi-nistrazione, è prati-ca quotidiana, tuttosembra tendere adivenir negoziatofra le varie compo-nenti e troppo spes-so mancano idealità,tensioni e passioniautentiche.

In un paese che è al punto di una evi-dente putrefazione morale, la vera casta èla nostra indifferenza.

Di frequente le istituzioni sono statecapaci di presidiare il nulla: in ogni paeseche si rispetti c’è una cultura che definisceuna politica, che determina un’economia,e questo raramente è accaduto nel nostropaese. Una politica culturale spesso senzadignità, senza intelligenza, senza radiciculturali, ridotta a pura tecnica del potere.Si è giunti al punto che molti non rispon-dono più di niente, la responsabilità perso-nale, a volte, sembra abolita, i furbi, gli

accomodanti, gli opportunisti, i reticenti,gli indecisi rendono la vita più difficile a

chi fa il proprio doveree la gente avvertesempre di più lanecessità di ricono-scersi nei simboli enei valori essenzialidella storia degliuomini e delle donne.Tanti italiani si giudi-cano assai accattivan-ti ma per certi versiestranei ai valori e airitmi moderni. Que-sto convincimentotanto diffuso da esse-re diventato uno ste-reotipo deve cadere:noi italiani infattinon siamo solo un’ar-mata brancaleone, unpopolo di cialtroni, iguitti del calcio milio-

nario, ma pure personefatte di fil di ferro che, in nome degli inte-ressi culturali e politici della nazione, avolte si rigenerano, a volte rinascono. Gliideali sono un po’ come le stelle, forseirraggiungibili, ma capaci di determinareuna rotta.

Così, in una fase politica in cui talunidanno la sensazione di essere lì per preser-vare la democrazia, non per praticarla, for-se si è ancora alla ricerca di una nuovaBetsy Ross – la sartina che cucì la bandieraamericana con tredici stelle per il genera-le Washington – per realizzare la “nostra”bandiera.

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Bisogna tentare di ridare respiro a nuo-ve e più forti e autentiche tensioni morali,ora sostanzialmente addormentate da unasorta di edonismo di massa e rese inoffen-sive da potenti ammortizzatori socialisapientemente progettati. Il senso più altodella riflessione sui diritti umani credorisieda soprattutto nel fatto che non sitratta solo di conservare il passato, maprincipalmente di realizzarne le sue spe-ranze. E l’unico modo di valorizzare il pas-sato è quello di saper essere innovatori,

cercando d’immettere il ricordo e le imma-gini dell’antico entro un circuito di stimo-li e di pensieri rinnovato.

Alle volte l’antica pittura su tela, invec-chiando, si fa trasparente. Quando questoaccade è possibile vedere le linee originalidi certi quadri: sotto un vestito di donnatrapelerà un albero, una barca non navigapiù in mare aperto. Ora la pittura è invec-chiata e noi volevamo vedere che cosa c’e-ra per noi una volta, che cosa c’è per noiadesso.

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A margine dei convegni svoltisi nel 2007 su Giosue Carducci

di Antonius Inganben

Giosue Carducci, among the most important Italian modern poets, born in 1835, with hislife and his work, has covered the sixty years of the Italian Risorgimento and has beenbystander of the politic Italian transformation from a lot of small states to the kingdomwith Roma city capital.Youthful attended the Catholic schools, but, arrived in the Bologna University, was cap-tured by new Hugo, Sue, Guerrazzi, Mazzini, and mostly Voltaire revolutionary theoriesand was also seduced by Freemasonry, becoming socialist, anticlerical and atheist.That new adopted mental position is reflected above all in his poetic work arrived to thepoint to write “Dio”, as “dio” i.e., with the small letter. During the years of the old age, he started to reflect over his life signification and slow-ly ripening the not easy return journey to the Christianity; somebody on the basis of do-cuments and according to the witness of the daughter Tittì, to the Catholicism, becauseCarducci, in Courmayeur, had some colloquies with the abbot Pierre Chanuc rector ofthe friary narrow to the refuge of the Piccolo San Bernardo.Nobody has direct knowledge of this situation, but the indirect testimonies are sup-ported by blessed don Orione and the Tittì daughter, while for some scholars the matteris still open.

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AAbocce ferme, ora del Carducci neparlo anch’io, piaccia, o non piac-cia, ad esempio, a chi, comuni-

candogli la mia intenzione di prepararequalcosa sul Poeta da portare a un conve-gno, mi lanciò contro un no che pareva unmacigno di Polifemo; i miei impegni dilavoro mi avevano già impedito di ter-minare convenientemente il contributo, maglielo comunicai ugualmente per vedere lasua, peraltro prevedibile, reazione: ebbene?

tunc ac nunc quoque: un grande senso dipietà per uno che, se il niente fosse unadisciplina, potrebbe essere candidabile alpremio Nobel.

Passando quindi ad altro tema, ridottaall’osso, la Massoneria ci insegna, per gra-di, a non aver paura della morte, concretaentità che suscita il massimo della paura,ma la sua attenuazione fino alla sua totaleeliminazione è processo lento, un incede-re per ignes, con possibilità di errori, ed è

NONNULLA PASSIM PROLEGOMENA AD REM

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contestualmente un percorso concludibilesolo a termine di ricerca assidua, sistema-tica, snervante, per analizzareogni concetto, per soppesarlo,definirlo, confrontarlo, misu-rarlo, senza poter utilizzaresottomultipli comuni e canoni-ci in quanto sconosciuti in sedeiniziale, potrebbero emergereverso la fine: in ultima analisi ilproblema escatologico assillal’uomo fino al suo ultimo istan-te di vita, anzi, più la vita pro-cede, più assillanti si fanno iquesiti.

Quindi, a termine dellaricerca, ovviamente tesa allascoperta della verità, ed effettuata nel cli-ma della massima libertà assicurata dallastessa Istituzione, il giudizio personale sulrisultato, sulla sua validità, sulla sua credi-bilità, sulla sua possibilità di accadimento,sul peso da conferirgli, e da ultimo: l’inevi-tabile, intimo, confronto con quanto si eraritenuto responso corretto fino a quelmomento sui famosi tre quesiti che conti-nuamente ci martellano.

Non si può escludere che per qualcunole conclusioni siano devastanti per il suoprecedente pensiero, ma certamentesempre emerge concreto un grande sen-so di serenità.

Quale terzo elemento interessante que-sto contributo: la mia attività non mi con-sente di leggere i giornali come vorrei: perme leggere significa partire dalla primariga sopra l’intestazione fino all’ultimaparola posta in fondo all’ultima pagina,non trascurando alcuna inserzione pubbli-citaria, perché non si ha idea di quanto si

possa apprendere con tale metodologia dilettura; chiaramente l’operazione compor-

ta dedicarvi tre o più ore, maappare con chiarezza il rea-le quadro della società checi circonda.

In un quotidiano che hoarchiviato, infatti, mi è capi-tato sotto gli occhi un picco-lo inserto che parlava diCarducci, dei suoi ultimianni di vita, dei suoi incon-tri con un mondo non mas-sonico, di una sua palinodiae un probabile suo ritornonell’alveo del pensiero cri-stiano, con il rigetto di certi

atteggiamenti di sprezzo e offensivi controla Divinità: poco più di due mezze colonnenelle quali il giornalista saggiamente dice-va di raccontare qualcosa di sentito daaltri, di non poter quindi esprimere con-clusioni, ma per dovere di cronaca, vistooltretutto il tema, limitarsi a raccontarequanto venuto a sua conoscenza.

Come è mia abitudine, ho ritagliato l’ar-ticolo e l’ho messo via, ma il tarlo dellacuriosità ormai mi era entrato nel cervelloe di conseguenza, utilizzando quantoappreso nei primi tre anni di professione,ho iniziato la mia ricerca, tanto più che sitrattava di un Poeta, per me, sommo.

Ultimo argomento, ma stiamo entrandosempre più in medias res, nel corso del pas-sato 2007, per commemorare il Carducciabbiamo assistito a una vera e propriainflazione di tavole, rotonde, a ferro dicavallo, poligonali, ad libitum, di congressi,di riunioni, tutti rigurgitanti di incom-mensurabile quantità di “tavole” tale da

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ricoprire, ad abundantiam, il Tavoliere del-le Puglie e tutte tese alla celebrazione mas-sonica di questo Poeta italiano,massone, che ha accompagnatoil curriculum scolastico dimigliaia di studenti e ha costi-tuito uno dei pilastri della pre-parazione umanistica di quelliruotanti attorno alla mia gene-razione.

Setacciando però il tutto, misembra di poter concludere,senza tema di smentita, che diCarducci massone ho letto esentito alquanto pochino, per-ché non basta che una Loggia, oun Oriente, organizzino qualco-sa nella fattispecie, e qualcuno vi recitiqualche poesia particolare a sfondo anti-clericale, che è poi una sola quella alla qua-le credono di riferirsi i Massoni, del nostroPoeta per conferire il marchio massonico aquesto qualcosa, non stancandomi di sot-tolineare il “credono di riferirsi”.

Ho letto i resoconti di questi convegni;di alcuni ho potuto accedere agli atti efrancamente mi ritengo fortunato di nonesservi stato presente: ho potuto parteci-pare a uno solo, ma non so se avrei resisti-to ad un secondo: sbrodolanti retoriche diovvietà, condite, e in eccesso, con insensa-te apodittiche illazioni su questo, o suquello che pensava il Poeta, irrorazione diaria fritta, valanghe di stantie celebrazionihanno riempito, presieduto e trionfato inogni incontro, con la conclusione finale dicondurmi a odiare il sale che piovigginasugli irti colli, la nonna marciatrice chenello zaino infila varie paia di scarponi,numerosi fiaschi e un imbuto, il letto che

scricchiola, seppur ritenga gradevole il suoscricchiolio se generato nel corso di un

piacevole congresso, ilmonarca che al crepu-scolo si masturba, ilSatana che invece difare il suo dovere di per-vagare in mundo ad perdi-tionem animarum, si faabbindolare dal pro-gresso e in spregio almarxista tanto depreca-to culto della personali-tà, se ne fa eleggeremotore primo, obnubi-lando ulteriormente ilcervello di chi in esso

aveva già indescrivibile e gordiana confu-sione e potremmo sollazzarci ancora d’al-tro; ritengo però che in omaggio alla sag-gezza che apre la porta al giusto equilibrio,quanto esposto sia sufficiente a chiarire ilmio pensiero nel merito.

Il Poeta dell’Europa

Parliamo di un tema a me assai caro eper di più trattato proprio nel corso dellaprima decade di questo millennio, ma, senella rosa di tutti i blateranti professori ditrombone che, dall’alto dei loro scranni,hanno riversato sugli ascoltatori logorroi-ci torrenti in piena di ovvio, di arcinoto, dirisaputo, uno solo si fosse degnato di farcinotare che se gli stati di questa nostraEuropa in fase di realizzazione, non silegheranno tra loro semplicemente, ma,irreversibilmente, si integreranno cemen-tandosi, ciò sarà dovuto in larga misura alnostro Carducci e non ai banchieri, visto

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essere Lui, in tempi non sospetti, il veroprecursore dell’unità europea, l’operatorecerto, che invece di utilizzare l’euro, enti-tà artificiale, per legare tradi loro gli stati, coartando,ma non annullando la loronaturale tendenza centri-fuga, ne provoca l’integra-zione reciproca facendoresuscitare nell’anima ditutti i cittadini, senzadistinzione di nazione, ilsenso della comune identi-tà nazionale, direttamentederivata da comune radiceculturale, tale da tendereal comune intento euro-peo di considerarsi unainscindibile unità.

Questo è il Carducci chenessuno mi pare abbia tratta-to e messo in luce nell’anno 2007 nel pienodell’attività per la realizzazione dell’Euro-pa; è questo Carducci che simile a fiumecarsico ci fa riapparire la primitiva maiesausta concezione Dantesca, fatta propriapiù tardi dal Petrarca e finalmente divenu-ta realtà con il suo possente contributo, diultimo precursore.

È questo Carducci che inizialmentesedotto dalle idee illuministe, ne diviene iltogato propagandista, ma non appena siaccorge che sono un niente, o quasi, risul-tato dalla distillazione di un nulla, le rifiu-ta per riscoprire il suo congenito e genui-no codice genetico, con profonde radiciromantiche, per riattivare il senso dellaantica grandezza e della comune origineeroica tra gli europei impressa nei loro

cuori e nella loro tradizione; è questo Car-ducci che, traboccante di cultura europea,scrive poesia sovranazionale, non tradu-

cendo la nazionale, maricreandola ex novo ed èquesto Carducci cheadditando un percorsosimile a quello che ritro-viamo in Ad Galatas, fariscoprire agli europei lacomune radice culturale,la analoga elaborazionedelle idee, il comuneintento finale, inducen-doli a concludere che tut-ti gli scopi prefissi si pos-sono raggiungere prima emeglio, operando ideal-mente uniti.

Non racconto inoltrenemmeno storie, né credo

di uscire dal seminato, se dico che gli euro-pei hanno sempre avuto impresso nel loroDNA il senso della comune origine e appar-tenenza culturale, senza quasi renderseneconto; la storiografia araba che ruotaattorno alla battaglia di Poitiers, ma biso-gna leggerla, non ci parla di esercito fran-cese, o tedesco, o cattolico romano, ma diesercito europeo; e siamo nel 732, quasi1300 anni fa.

Per giustizia e fedeltà di cronaca debbodire che un solo relatore, a seguito del mioinput, avrebbe voluto almeno accennare alCarducci poeta europeo, ma, temendo cheil tema, molto appassionante per lui, gliprendesse la mano, con la conseguenza disaccheggiare oltremisura il tempo conces-so agli altri relatori, se ne astenne.

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Massone – Ateo – Anticlericale

Se passiamo ora al Carduccipoeta massone e anticlericale, ilminimo che si può fare è quellodi morire dal ridere, o sghignaz-zare, quia alterum non datur.

Basta infatti chiedere a unmassone qualunque, pescato trai 19000 che il nostro G.M. ci diceche siamo, per sentirci rispon-dere, ah!.. l’ode a Satana.., ma que-sto anticlericale, massone, nonchép. Ch., non sa che chi veramentecomprese ed esaltò proprio aquel tempo il Poeta, oggi tuttine sono capaci, ma allora, quan-do la folgore dell’anticlericale Carduccisolcava già nel firmamento della letteratu-ra, non fu un massone, ma un prete edesattamente il beato don Orione, che, pro-prio leggendo l’ode a Satana, intravista lafiamma divina che promanava dalla poesiadel nostro Fratello, ne divenne un alfiere estabilì che nell’antologia di letteratura ita-liana usata nelle scuole della sua Congre-gazione vi comparissero almeno due suepoesie.

Di questa sua ammirazione per il Poetaè rimasto famoso e ce ne fa memoria il suoalunno Taverna, tanto da valer la pena dicitare lo scritto:

[…] una volta don Orione ci commentòl’inno “A Satana” di Carducci: fece un com-mento estetico così bello che mi fece grandeimpressione: parlava del progresso scientifi-co, non dette peso all’intenzione anticristiana. Era l’anno che facevo 5 ginnasiale (1899 –1900).

Che il nostro Poeta fosse all’apice dellaconsiderazione dell’oggi beato don Orione,

lo leggiamo, oltre che dallatestimonianza del suoallievo Taverna anchedagli atti del processo dellasua beatificazione: vediinfatti l’accusa ad opponen-dum del defensor fidei, ilcosiddetto avvocato deldiavolo, per le riserve sol-levate circa la patenteammirazione del futuroBeato per il nostro Poeta,tentando di sollevare nellacorte il dubbio che lo stes-

so avesse, seppur minima-mente, aderito a queste idee e roba delgenere.

Ma che il nostro Poeta, quando ci simetteva faceva sul serio, lo possiamo leg-gere non dall’Inno a Satana nel quale qual-cuno mi dovrebbe spiegare dove si troval’anticlericalismo e l’ateismo, e sul qualetornerò tra poco, ma da altre ben più fortipoesie, quali ad esempio nella ode In unachiesa gotica del 1876, nella quale il Poetanon solo disprezza Dio, ma scaglia un ter-ribile insulto a Gesù Cristo:

[…] io non Dio chieggovi steli marmorei,[…] addio semitico nume. Continua, nei tuoimisteri la morte domina dei tuoi templi il soleescludono. Cruciato martire tu cruci gli uomi-ni, tu di tristizia l’aer contamini. […]

E non so se si può dire qualcosa di peg-gio, ma il nostro Poeta, non so se peggio,certo conferma e ribadisce il suo pensierodi lì a poco tempo nell’ode Alle fonti del Cli-

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tumno prendendo in esame la grandezza diRoma, che:

[…] più non trionfa,poi che un galileo di ros-se chiome il Campidoglioascese, gittolle in brac-cio una sua croce, e dis-se, portala e servi. […]

E da ultimo, nell’o-de alla città di Ferrara,l’invettiva contro ilPapa e il Vaticano:

[…] sii maledetta o vecchia vaticana lupacruenta/ maledetta da Dante, maledetta pe’lTasso,

Ma c’è ancora altro: non possiamo sot-tacere:

[…] per le stragi di Perugia, […] a GiuseppeGaribaldi e quanto scritto su Aspromonte,Mentana, Villa Glori, la guerra del 1866 […]

Ci corre ora l’obbligo, per meglio inqua-drare il personaggio e il suo contesto, col-locarci idealmente più o meno negli anni1866-1868, quando inizia a lavorare la Log-gia Felsinea da lui costituita; il ’67 è l’annoin cui rifiuta la nomina all’Università diNapoli ritenendola una punizione ed èl’anno nel corso del quale avvengono i fat-ti di Aspromonte, di villa Glori, di Mentanache celebra nei Giambi ed Epodi, né è teneronel trattare la III guerra di indipendenzaappena terminata e già nota per Custoza eLissa; e ancora, quasi a cavallo di quell’an-no, include nella memoria l’esecuzione deipatrioti Monti e Tognetti, nonché il prece-

dente supplizio di Cesare Locatelli, 1861,ingiustamente accusato di reato non com-messo, rammentando che si tratta di ese-

cuzioni che seppur ese-guite dal braccio secola-re, erano comandate dalVaticano e nei giorni incui avvenivano, si dove-va tenere esposto il SSSacramento nelle chiese.

A questo punto emer-ge un personale ricordo:quando il mio professore

di italiano, don GiulioPodestà, in terza liceo ci declamava amemoria Alle fonti del Clitumno, nel momen-to cruciale della poesia […] e corri, corri, cor-ri|! Con la scure corri e co’ dardi, con la clava el’asta […], batteva il pugno onomatopeica-mente sulla cattedra e gli apparivano d’in-canto le lacrime agli occhi; a termine cidiceva sorridendo, a proposito del Galileodi rosse chiome, “eh beh, qui il Carducci èstato un po’ birichino”, ma tutto termina-va lì ed ho di proposito utilizzato l’imper-fetto per significare che ciò non avvenneuna sola volta nel corso dell’anno, perchéCarducci era autore che nella scuola catto-lica si desiderava venisse studiato alla per-fezione. Riprenderemo i temi ora trattatipiù avanti, poiché ora ci interessa delinea-re il nostro Poeta collocandolo nella vitapratica.

Le fasi più significative della vita

Nasce da padre socialista, e socialistaper davvero se leggiamo che dovetteandarsene da Bolgheri, Castagneto, Laiati-co, per rifugiarsi infine a Firenze e che

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contro le finestre della casa furono sparatidei colpi di fucile da caccia.

Frequenta frattanto ilginnasio e il liceo pressoscuole degli Scolopi dovepiù che apprenderlo, sottoil prof. Barsottini, si impa-dronisce del latino, eapprende la fisica niente-meno che dal più che famo-so francescano padre Euge-nio Barsanti, che gli scolpi-rà nell’animo impressioniindimenticabili chiaramen-te e prepotentemente riaffio-ranti nell’Ode a Satana e di essa ode anchenon poco ispiratrici.

A 13 anni, siamo nel 1848, da quelragazzo sgorga il poeta che scrive unsonetto che, guarda caso! è dedicato a Dio;si ripeterà nel 1852 con un analogo sonet-to, e ciò sarà ricordato dal Poeta nellaavanzata vecchiaia.

Rifuggo dall’esegesi, perché non miinteressa: il Ragazzo celebra la trinità diDio quale fonte della vita e della bontà,non tralasciando un accenno alla Madre,suo certo sostegno nel momento della con-trizione, tale da evitargli di precipitare inrovina; spera inoltre che nel momento del-la sua morte, la sua anima possa ritornarenel seno del suo Creatore.

Intanto lo stesso ragazzo cresce, studia,si laurea, si sposa, genera vari figli tra iquali Libertà, la famosa Tittì, e a 25 anni,nel 1860, arriva insegnante all’Università,a Bologna, dove l’aria era impregnata diGoethe, di Schiller, di V. Hugo, di Byron, diE. Sue, di F.D. Guerrazzi, di G. Mazzini, diPrudhon, ma soprattutto di Voltaire.

Matura così nuove idee che costituiran-no il basamento della sua nuova formazio-

ne umanistica; dimentican-do i suoi vecchi insegnan-ti con i loro insegnamenti,diviene propugnatore diidee democratico – repub-blicane – socialiste, pole-mizza da par suo, conestremo calore, contromoderati e clericali, si ini-mica, e non poco, anchel’establishement; con l’ami-co, il celebre fisico-mate-

matico Cremona entra nellaLoggia “Galvani”, per uscirne di lì a poco incompagnia di altri confratelli e fondare laLoggia “Felsinea” dalla quale poi saràespulso nel 1866, con motu proprio del G.M.Frapolli, per evitare l’ulteriore aggravarsidi una crisi già arrivata al calor rosso tra ilPoeta e il Rito Scozzese, accusato non tan-to di essere poco ateo, ma soprattutto diessere assai poco anticlericale.

Vari epigoni di questi confratelli suoicompagni di cordata sono ancora viventi ealcuni di loro adornano le colonne dinostre Logge. Inizia la sua vita pubblica,mentre in quella privata viene colpitonegli affetti più cari, e con l’insegnamento,la sua poetica raggiunge traguardi presti-giosi, la sua fama supera il confine regio-nale e nazionale, è amato e idolatrato daisuoi studenti, tra i quali non possiamo nonmenzionare Giovanni Pascoli, che qui mipiace ricordare come meno noto vincitoreassoluto del certamen latinitatis. È abbastan-za lecito supporre che parte del suo livorecontro religione e fede sia conseguenzadelle disgrazie che hanno funestato la sua

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vita: da qui una certa comprensione, giàaccennata nei suoi riguardi, del mondocattolico, che rilevavaconcreta analogiacon quanto già acca-duto a un potente,Giobbe, colpito nellasalute, nei suoi affet-ti, nei suoi beni dalla“sfortuna” tanto dascagliare contro Diobestemmie tremendee tutto ciò a perfettaconoscenza del Poetache oltretutto amavasopra ogni altro autore: Goethe.

Inizia frattanto a rendersi conto che leteorie illuministe sono inconsistenti ecarenti di spessore, e alquanto basate suchiacchiere e quindi non conducono adalcunché di concreto, per cui si risveglianel suo animo, l’idea solo assopita, ma con-genita, di tornare a raggiungere un tempoeroico, coltivabile facilmente nell’humusromantico che frattanto si era esplicitato eaveva iniziato alla grande la sua strada.

È favorito in ciò dalla sua buona cono-scenza della lingua e della letteratura fran-cese, ma soprattutto dalla straordinariaconoscenza di quella tedesca, tanto dapescarvi varie poesie da poter tradurre initaliano; ci si accorge però subito che taletraduzione è, per così dire, un fatto acci-dentale, poiché l’opera poetica di Heine,Hugo, Klopstok, Quinay, Platen, Goethe,Schiller, Thierry, è rigenerata, rivissuta edotata di nuova anima al punto di apparireopera genuina con un solo debole legameombelicale alla sua origine.

Non può rendersi conto, perchéalquanto prematuro, ma così facendo, uni-

tamente con la sua poesiapiù elevata, Odi Barbare,Rime e Ritmi, sta iniziandola costruzione, proiettatasul secolo successivo giàalle porte, dell’Europa,della già definita Europadalla comune origine cul-turale.

Purtroppo né i capipolitici, né gli esponentidella cultura, né il mondo

universitario, si rendonoconto del fenomeno che cresce, tanto che,prima di capirlo, sacrificano, tramite duespaventose guerre totali, milioni di giova-ni in pieno fiore, sulla Marna, a Verdun, sulMonte Grappa, sul Piave, sul Sabotino, a ElAlamein, a Smolensk, sul Don, a Stalingra-do, nel Mediterraneo e in Atlantico; è unelenco spaventoso ed evitabile, ma unnome me ne richiama altri e non possoastenermi dal citarli.

Viene ripescato alla Massoneria dalG.M. Lemmi suo grande amico e ammirato-re, che lo riporta nell’abito della Famigliaforzatamente lasciata molti anni prima,inserendolo nella Propaganda 2 della qua-le era anche il M.V.

È intanto invecchiato, è divenuto unaistituzione nazionale, mentre stannoemergendo le nuove idee nel campo politi-co e culturale, vede crescere attorno a luila schiera dei suoi allievi che frattanto sisono fatti strada e ambiscono, quali alfieridi questo nuovo clima, vi naturali, a meteprestigiose, obnubilando, seppur parzial-

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mente, ma fatalmente, la sua immaginedivenuta sacerdotale, se non quasi cariati-de di riferimento, inizia adessere colpito da una paresi albraccio destro che lo condur-rà a non poter più scrivere,con il debilitante disagio psi-cologico che ciò gli provoca.

Declino e inizio della palinodia

Trasferendoci ora agli anniNovanta, lasciato l’insegna-mento, ridotti al minimo i suoiviaggi per tenere conferenze presso acca-demie, università, circoli culturali, nel cor-so di lunghe pause di silenzio, inizia a fareil bilancio della sua vita, domandandosi, elo asserisco assiomaticamente con assolu-ta certezza, perché mi rifiuto di offendere,e volgarmente, una mente così eccelsa,rifiutandomi di accettare che non possaessersi posta la domanda su: “cosa ci fossedietro l’angolo”, e, nella ipotesi nonrespingibile aprioristicamente che ci fossequalcosa, esaminare se, per caso, potesseessere, lui, presentabile, certamente con leattenuanti, ad un certo tribunale nel qualenon valgono le testimonianze, né certe prosalute sua patrocinia redatte da logorroiciavvocati, né dubbi artatamente instillati daloro nel Giudice, aut similia.

Si pone altresì la domanda se ci possaessere qualcuno in grado di aiutarlo inquesta ricerca, con una straordinaria pali-nodia; ripercorre idealmente la sua vitainiziando anche ad “ammorbidirsi” neiriguardi dei suoi rapporti con la Divinità,con la quale riprende un colloquio interio-

re interrotto da oltre mezzo secolo, purrimanendo il fiero anticlericale della prima

ora; in sostanza ritie-ne di poter separaree discernere il suoanticlericalismo dal-la possibilità di col-loquiare con la Divi-nità stessa.

Deduciamo que-sto status dai suoiscritti poetici edepistolari, nonché

dalle testimonianze di coloro che gli furo-no sempre vicini, tra i quali la sua figliaLibertà, la famosa Tittì.

Già da qualche tempo aveva iniziato ascrivere Dio con la “d” maiuscola, si erainterrogato nell’intimo, sul suo rapportocon la Madonna, concludendo che lei nongli poteva voler male, perché lui, non solocomprendeva quali dovevano essere state le suesofferenze, ma non l’aveva nemmeno maioffesa con i suoi scritti, anzi, per la preci-sione, l’aveva sempre trattata bene.

A questo proposito e a questo punto, cicorre l’obbligo di far presente che per scri-vere tutta la sua opera poetica il Poeta hautilizzato 98.986 vocaboli e in essa il termi-ne Dio compare 110 volte, delle quali 22con la “d” minuscola e distribuito, 37 voltein Juvenilia, 18 volte in Rime Nuove, 16 voltein Giambi ed Epodi, 12 volte nelle Odi Barba-re, 11 volte in Rime e Ritmi, 10 volte in LeviaGravia, 4 volte nell’Intermezzo, 1 volta nel-l’Inno a Satana, 1 volta nella Canzone diLegnano.

A quanto sopra si aggiunga la testimo-

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nianza di chi rammenta che nel corso del-le sue passeggiate, in agro felsineo, passandodavanti a un tempietto dellaVergine Immacolata si sco-priva devotamente il capo.

Gli martella poi nelcapo, senza concederglitregua, una delle piùmisteriose frasi evangeli-che, e precisamente […] senon diverrete piccoli comequesti pargoli non potretearrivare a comprendere ilregno dei cieli […], e pertan-to ragionando sotto questanuova disposizione, scrivepoesie assai ispirate, ad esempio: la Chiesadi Polenta, devolvendo il ricavato dalla ven-dita dell’ode, stralciata dalla collezione, alrestauro della stessa chiesetta.

Si rende anche conto, a un certomomento, di aver superato il limite delnon ritorno dopo aver intrapreso un duroe impervio cammino, identico a quellodescritto magistralmente dal nostro gran-de padre spirituale, Giordano Bruno, nelsuo meraviglioso sonetto Alle soglie dell’infi-nito: procedendo tra le difficoltà dell’im-pervio sentiero, superati i banchi di nebbiae le cortine di nuvole, può, sempre salen-do, uscire finalmente alla luce e arrivarealla cima del monte, per contemplare l’O-limpe Jovem.

Ancora nihil novi sub soli, perché simil-mente a quanto accaduto al nostro Poeta,la medesima lacerante problematica già sipresentò al nostro patriarca Abramo,padrone e capitano di una industria assaiprosperosa, ricco sfondato, stimato e invi-diato rampollo di famiglia bene; a un certo

momento una voce dal suo più profondointimo, gli urla “lek lekhà” cioè “vai a cer-

care te stesso”, e pertanto ilquesito se ci sia un qualcosae come, dietro l’angolo:pianta in asso tutto e decidedi andare a vedere se ci sia,per eventualmente cono-scerlo, questo qualcosa.

Utilizzando il linguaggioche più ci è famigliare pos-siamo sintetizzare questostatus in quello della costru-zione, da parte del Massone,

del proprio tempio interiore,imitando Abramo che si pone in camminocompiendo vari viaggi; similmente anche ilMassone compie vari viaggi e al termine diognuno di essi incrementa la sua purifica-zione per arrivare a determinare, ma iodico confezionare, la sua ultima parola dipasso, quella dell’ultimo viaggio, e pareg-giare così il conto; e sia ben chiaro! quellaparola deve essere quella giusta, perchédall’altra parte il Copritore, a mezzo diaco-ni o meno, deve poter far comunicare alSupremo Maestro che tutto è giusto e per-fetto, tale da far sì che Questo consenta l’a-pertura di quella certa porta.

Certamente la sua conversione, possoaccettare di attenuarne la pienezza delsignificato, trasformandola in palinodia,non è del tipo “im blitz tun” come per altreconversioni, o presunte tali, che la lettera-tura ci ha scodellato; quella del nostro Poe-ta non è assolutamente una redemptio inarticulo mortis, simile a quella ben nota diGuttuso o Malaparte, o altri che non mi

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interessa qui nominare; inizia da lontano esi snoda nel tempo, per generare convin-zione, innescata, forse, dalla proposizionepelagiana del: non pareo Deo sed assentior, exanimo illum non qua necesse, assentior.

È in questo periodo,1892, che scrive di suopugno, sotto una imma-gine del Cristo di MonteVerde:

Le braccia di pietà che almondo apristi / sacroSignor, da l’albero fatale /piegale a noi che, peccatori etristi / teco aspiriamo al seco-lo immortale.

Potremmo citare ancora altri saggi, maho la ragionevole certezza che il passaggiodal suo anticlericalismo verso la concretacredenza, sia stato proprio innescato dallaproposizione pelagiana, certezza ricavabi-le da una lettera del 1894 al prof. Tedeschi,che recita: a Dio voglio credere sempre più. IlCristianesimo voglio intenderlo storicamente.Al Cattolicesimo sento impossibile avvicinarmicon intelletto d’amore, ma rispetto i cattolicibuoni, laddove questo stato d’animo è spie-gabile da varie circostanze che possiamosintetizzare nel fatto di non essere ancoracompletata la sua conversione, il rimanerelegato alla iniziale negazione della divinitàdi Gesù Cristo, né essersi ancora totalmen-te liberato da un certo materialismo stori-co di ben nota provenienza, nel constataredi essere immerso in un certo mondo cleri-cale italiano; tutto ciò rafforza la sua ideaanticlericale, idea che peraltro non abban-donerà mai totalmente fino all’ultimo gior-no di vita, quando farà scrivere sul Secolo il

suo testamento spirituale sull’anticlerica-lismo, con ogni probabilità temperato, manon del tutto cancellato probabilmenteneppure nel corso dei colloqui, come oravedremo, con l’abate Chanoux.

Siamo già tra il1906 e il 1907, cioèa un passo dallasua scomparsa e fascrivere: né preci dicardinali, né comizidi popolo. Io sonoqual fui nel 1867 etale aspetto, immu-

tato ed imperturbato,la grande ora, laddove abbiamo già fattocenno al periodo di persecuzioni vaticanedi patrioti e post terza guerra di indipen-denza.

Dirò inoltre che questo nostro Fratellosi recò più volte a Courmayeur, l’ultima nel1895, e lì ebbe modo di conoscere l’abatedon Pietro Chanoux, cappellano e rettoredel convento posto al rifugio del PiccoloSan Bernardo, con il quale iniziò una seriedi colloqui il contenuto dei quali è facile daimmaginare.

Sappiamo da varie testimonianze, unaaddirittura della sua Tittì, che il primo diquesti colloqui fu preceduto da una notta-ta di notevole nervosismo, marcata insta-bilità psicofisica e apprensione; ci diconoinfatti le cronache che il Poeta, dopo unanotte insonne, il giorno successivo, atten-dendo l’ora del colloquio, passeggiò avantie indietro con grande nervosismo nel salo-ne prima di poter essere ricevuto, ma uscìdai colloqui sempre più sollevato nello spi-rito. Per cui tutto ciò troverebbe preciso

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riscontro, in vari accadimenti similari, nonescluso quello manzoniano, solo apparen-temente fantastico.

Proprio perché sono Massone e quindime ne infischio dellecertezze, desidero cor-reggere, o perfezionare,il concetto espressosopra dal predicativo“sua conversione”; devoancora una volta ripete-re che nihil novi sub soli:venuto infatti a cono-scenza dell’esistenza diquesti colloqui, ancoraprima di apprenderlo dallatestimonianza di chi allora era presente,ero più che certo che, mutatis mutandis,l’incontro del nostro Poeta con l’abateChanoux aveva ricalcato quello tra l’Inno-minato e il cardinale Federico.

L’abate che conosceva assai bene l’ope-ra del poeta, gli avrà certamente fattoosservare che la sua rinascita al cristiane-simo era idea già ben attecchita nel suoanimo, ma probabilmente nel marasmadelle altre che turbinavano nella sua men-te, unitamente alla confusione spirituale,classica di simili contesti, non aveva anco-ra trovato lo zipolo dal quale scaturire.

È logico inoltre pensare che l’Abate,spiccatamente saggio conoscitore di uomi-ni, su tutto ciò che concretamente, avevacondotto il Poeta a maturare il suo anticle-ricalismo e l’anticristianesimo certamenteesposto a livello di obiezione colloquiale,abbia di proposito evitato una diatriba didubbio risultato con la massima probabili-tà di sortire proprio l’effetto contrario alle

reciproche aspettative; non solo non loavrà minimamente rimproverato, ma loavrà per certo invitato a far decantare edemergere ciò che chiaramente intravede-

va ormai nato e in cresci-ta, lasciando poi che auto-nomamente scaturisse ladecisione giusta, certa,inappellabile; è fattoperaltro ben noto che finoalla fine il Signore Iddiolascia crescere assiemegrano e loglio.

Non ripeterò quantoebbe a scrivere suor Lui-

gia Tincani, figlia del Carlofamoso latinista grecista amico del Poeta evice presidente del consiglio scolasticocostituito con lui da altri 14 membri, tuttimassoni, ma ho inteso citare questa sor-gente di notizie perché in essa viene ripor-tato un colloquio tra suo Padre e il Poeta,incontrato seduto proprio davanti allalibreria Zanichelli, colloquio dal qualeemerge il fatto sensazionale e precisamen-te: il Poeta aveva cambiato idea sulla divi-nità di Gesù Cristo, riconoscendola.

Ci viene ancora raccontato che ricevet-te i sacramenti da parte di un prete cheriuscì a eludere la guardia dei massoni, fat-to questo che, se accertato, non deporreb-be certo bene nei riguardi della Istituzioneche in toto orbe predica la più ampia libertàdi pensiero!

Il sonno e la conclusione

In ogni caso essendo io uomo di pace egeloso della libertà di pensiero di ogni sin-

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golo mio simile, meditando, e non poco,sulla chiusa da inserire per concluderequesto contributo, ho sceltouna lettera del 1905, più omeno due anni prima di mori-re, scritta dal Poeta all’amicodel cuore Giuseppe Chiarini:

[…] ora, tanto nel fisico comenel morale, sono proprio affranto:la macchina è forte e potente, mala malattia ha ripetuto i colpi esempre li rinnova. Sarà quel cheDio vuole…

E qui c’è la vera e autenti-ca chiusa, poiché coloro chehanno descritto la conversione,potenziale, o certa, del Poeta hanno,secondo me, commesso l’errore di descri-verla con un trionfalismo dal quale lui eradistante anni luce.

Un personaggio di questo calibro nonpuò, e io dico, non deve, divenire exemplumnec fictum nec certum, utilizzabile da unqualunque conte Attilio di turno, per pren-dere per il bavero suo cugino Rodrigo.

E tutto sommato poi, né dal Vangelo, néda Ezechiele, mi risulta che le pecore espri-mano contentezza quando una di loro,perduta, viene ritrovata dal pastore e

ricondotta nell’ovile. Certamente il pasto-re brinda alla fortuna che lo ha assistito

nella ricerca, ma nulla esclu-de che non pensi a macellar-la e farla arrosto per man-giarsela in compagnia, esempre nell’indifferenzatotale delle compagne.

Non conosciamo quindiné il soggetto dei pensieridel Poeta pensoso, né la loroarticolazione, né la conclu-sione, perché sepolta nellasua mente e con lui sigillatain pace; credo sia quasi sacri-lego tentare oggi di ridestarecerte atmosfere o investiga-

re in certi contesti: almeno perme, che ho amato questo Poeta, necessita ilsilenzio protettore dei suoi ultimi pensieri.

Tutto può essere, o essergli accaduto econ ogni più rosea e ragionevole proiezio-ne, in pace, si sia incamminato verso l’o-ceano della serenità.

Posso solo ipotizzare con buona proba-bilità di certezza, che un latinista del suostampo abbia proferito ancora una volta,perché conosceva l’Autore e la sua operaalla perfezione, inquietum est cor meum,donec requiescat in te, e così io posso aggiun-gere, stat hic orationis consummatio meae.

Filofascismo e Antifascismo nelle Logge.Ricognizione su un caso minore

di Luca Irwin FragaleGiurista

The main relations between Freemasonry and Fascism have been widely examined allaround the world. Yet, the real nature of freemasons participation in the political his-tory of the fascist period is still obscure. A double character can be observed among Ital-ian lodges: on the one hand an explicitly fascist spirit during the rise of totalitarianism;on the other hand an opposite soul that is concerned with the care for civil rights, free-dom of thought and expression, and the battle against ecclesiastic dictatorial drift. Fas-cism used old powers (including Freemasonry as well) to rise, while Nationalism andLiberalism slowly pushed the Institution out of law.Minor and local relations are less considered: here there is an example of a small city inSouthern Italy. Before, during and in the early post-war period, administrative powerschanged political colour rather than their Masonic identity.

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ÈÈ esatto affermare che la direzionedel partito fascista – forte dellesue organizzazioni di massa – ha

assunto il potere esecutivo col consenso econ l’aiuto di classi superiori tradizionali, eche non si è comportata come un merostrumento delle classi superiori – né, d’al-tra parte, come il loro padrone assoluto –ma piuttosto come un socio nell’ambito diun’alleanza. Ma bisogna tenere presenteche, con l’assunzione del potere esecutivo,non tutto l’apparato esecutivo è diventatoun organo del partito fascista.

È anche vero che le classi sociali supe-riori hanno lasciato cadere i loro rappre-

sentanti politici, hanno accettato lo scio-glimento dei partiti borghesi e hanno affi-dato il governo alla dirigenza fascista; mal’apparato amministrativo, la magistratu-ra e le forze armate sono stati incorporatinel regime fascista pressappoco nello sta-to in cui erano prima, e qui le posizioni piùimportanti erano occupate da rappresen-tanti delle vecchie classi superiori.

Non è quindi esatto affermare che leclassi superiori abbiano ceduto tutto ilpotere politico al partito fascista, in quan-to esse hanno mantenuto delle basi e deipunti d’appoggio nell’apparato esecutivo.1

Il potere speciale delle classi superiori e il

1 Kühnl, Due forme, pp. 213-214.

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potere politico del partito fascista non era-no due campi nettamente separati, ma sisovrapponevano. Così,durante il regimefascista si sono costi-tuite delle forme chesi possono considera-re come tentativi ospunti embrionali diun dominio economi-co-politico comune:esse hanno trovatoespressione in unafusione parziale deivecchi ceti dirigenti coi quadri dirigentidel partito fascista in una nuova élitedominante.

La struttura di potere dello stato fasci-sta è un sistema abbastanza complesso, dicui si possono scorgere tuttavia chiara-mente le linee fondamentali. Essa poggiasu un’alleanza fra i quadri dirigenti delpartito fascista – che assumono il comandodell’apparato esecutivo – e i gruppi diri-genti delle vecchie classi superiori nell’e-conomia, nelle forze armate e nell’appara-to statale, che riconoscono la pretesa didirezione politica del partito fascista ericevono in cambio la garanzia della loroposizione economica e sociale.2

Non basta – si diceva – affermare che laMassoneria italiana contasse tra gli affilia-ti un alto numero di dirigenti fascisti, poi-ché molto più cospicuo era in essa il nume-ro di antifascisti militanti. Addossare aifascisti massoni il crollo della liberal-

democrazia è spesso strumentale a dimi-nuire le responsabilità in capo ai veri tito-

lari del potere – politico,economico, sindacale – dinon aver saputo governa-re, e ad accollarle a capriespiatori di comodo.

Nel 1921 alcuni elemen-ti di Palazzo Giustiniani,fedeli a un’interpretazionerigida degli “immortaliprincipi” e al metodo libe-raldemocratico, manifesta-

rono il loro disappunto perla linea filofascista del Grande Oriente. Laduplice manovra innestata sul “patto dipacificazione” era indiscutibilmente falli-ta, e nel fascismo – nonostante la composi-zione fortemente massonica del vertice – ilcapo carismatico, di fatto, restava Mussoli-ni. Inoltre, in sede parlamentare si eraavviato un processo di riaggregazione del-le disperse forze democratiche, che potevafar sperare in una soluzione non extrapar-lamentare della crisi dello Stato liberale.3

Dopo il 1921, Palazzo Giustiniani entra incontraddizione con la politica filoecclesia-stica di Mussolini, ma d’altra parte non è ingrado di radicalizzare il partito, a causadella dichiarazione di incompatibilità, etende quindi a favorire le correnti di dissi-denza moderata, non avendo niente daperdere da un eventuale scioglimento del-l’organismo che l’ha messa al bando; men-tre Piazza del Gesù è piuttosto favorevolealla dissidenza estremista, poiché non ha

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2 Kühnl, Due forme, pp. 217-218.3 Vannoni, Massoneria, p. 63.

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subìto il trauma dell’incompatibilità e puòseguire in modo lineare la sua politica disostegno alla rivoluzio-ne fascista, conser-vando il ruolo di pro-pellente ideologico eassicurando nel con-tempo l’accettazionedel nuovo corso filoec-clesiastico presso ifedeli del duce.4 Dallepagine di un suo cele-bre saggio, Vannoniaggiunge pure una piùilluminante conside-razione: Il fascismo pro-priamente inteso, ilfascismo movimento, […]non è antimassonico.Poiché la sua sostanzaideologica si nutre di valenze gnostiche, di cuila massoneria è centro irradiante, l’antimasso-nismo non può costituirvisi se non come feno-meno personale e morale, privo cioè di identitàpolitica, oppure come momento del più vastoantimassonismo intrasettario […]. Ciò che vi èdi propriamente antimassonico nel Pnf è porta-to da due correnti che nascono al di fuori delfascismo in senso stretto. La corrente nazionali-sta e quella del gruppo liberista […]”.5

Accadeva così che – mentre in molticollegi del centro-sud le logge rimanevanosu posizioni a-fasciste o antifasciste e aTreviso, a Torre Annunziata e a Rogliano si

deliberasse di sostenere i socialisti – inaltri Orienti alcuni singoli Fratelli dichia-

rassero che ormai solo ilfascismo costituiva lapiù sicura riserva del-l’interventismo e delpatriottismo.6

L ’at teggiamentomassonico antifascista,almeno in Lombardia,rispondeva anche aduna logica di ricerca delconsenso condotta intre direzioni: le ForzeArmate, la Monarchia ela Chiesa ambrosianadavanti alla quale,compiacenti, ci si vole-va presentare – insiemead altri provvedimenti

come l’aver rimesso il crocifisso nelle scuo-le e aver ripristinato l’insegnamento dellareligione – quali alleati di fronte al comu-ne nemico Satana.7

Proprio a Rogliano – in provincia diCosenza – si consumerà invece la dura bat-taglia elettorale tra le fazioni dei Quintieri,proprietari terrieri, e dei Clausi Schettini,fascisti prima, democristiani dopo, masempre – e forse soltanto – massoni, legatialla borghesia cosentina e in particolare aquelle sue espressioni massoniche protrat-tesi fino al secondo dopoguerra, allorquan-do, entrate in crisi, portarono alla vittoria

4 Vannoni, Massoneria, pp. 218-219.5 Vannoni, Massoneria, p. 193.6 Cfr. Mola, Storia, p. 501.7 Così vuole Viviani, Storia, p. 172.

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elettorale della Democrazia Cristiana: ilclero assunse allora nella vita politica delpaese un’autorità che bensuperava i confini dellasua missione spirituale(le interferenze ecclesia-stiche si spinsero addirit-tura alla censura teatra-le).8 Accadeva così cheCosenza abbandonasseper tempi prolungati leamministrazioni illumi-nate di un tempo, soven-te dirette da massoni(sebbene aderenti allepiù disparate concezionipolitiche): Arnaldo ClausiSchettini, di area demo-cristiana, divenne sindacodi Cosenza mentre suo padre Vittorio – expodestà di Rogliano, assieme al 33° Giovan-ni Domanico – già nel 1904 sostenne l’asce-sa elettorale di Luigi Fera, che determinògli insuccessi dei Quintieri e, in una volta,della linea più conservatrice e cattolica.9 Il31 ottobre 1920 la maggioranza era poipassata a una lista di unione democratica:massoni, radicali, liberali, combattenti, allamaniera bloccarda d’anteguerra. Il capoli-sta Mario Mari si preoccupò delle primemisure igieniche contro alcune epidemie:di contro, si registrò un tendenziale disin-teressamento verso i problemi dei prezzi e

della scarsa qualità degli alimenti di primanecessità (fu quasi pubblica sommossa

all’indomani della promul-gazione del decreto d’al-lontanamento di suini epollame dalle case delcentro storico).10

Dal 24 dicembre 1926podestà fu TommasoArnoni, il quale ebbe adinteressarsi della costru-zione di scuole, acquedot-ti ed ospedali, ma pure diprocedere lungo il solcodi un profondo carrieri-smo fascista sino a diven-tare senatore del Regno,nel 1939, e poi Ministro

dei lavori pubblici. Così fualmeno impossibilitato a conservare glialtri incarichi, in base alla legge fascista sulcumulo delle cariche pubbliche.11 E, infine,nel succedersi della carica podestarile, il 2marzo 1939 fu la volta dell’ex massoneEttore Gullo, “assenteista nella professionemedica ma non in qualche loggia clande-stina, se è vero che l’ufficio politico inve-stigativo gli contestava, nel 1940, contatticon la Massoneria”.12

Del resto, che a Cosenza fosse attivauna Massoneria coperta e clandestinaall’indomani della legge del 1925 – e primadella rinascita degli anni Cinquanta – si

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8 Vedi Corigliano, Cosenza, p. 64.9 Cfr. Falbo, Fascismo, p. 35.

10 Cfr. Stancati, Cosenza, pp. 60-76.11 Cfr. ibidem.12 Cfr. ibidem.

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può intuire anche da alcuni rarinumeri del foglio satirico LaVespa, dove più volte si fa riferi-mento a massoni – attivi sia inquanto tali, sia in campo politi-co locale e quindi “profano” – diillustre esperienza.13 E in unverbale di ripresa dei “lavori”,del 1943, si legge: è necessario,intanto, […] combattere ogni atti-vità estremistica ed impedire il

dilagarsi del Partito DemocraticoCristiano, che vorrebbe ripeterela nefasta attività del PartitoPopolare14, a dimostrazione delfatto che non sono per nullarari i documenti che soccor-rono alla testimonianza dicome la rinascita massonicacosentina sia stata ben preco-ce, oltre che particolarmenteagguerrita.

13 Cfr. I martiri del ’44, ne La Vespa, Cosenza, a. I, n. XXII, 3 agosto 1944, p. 1; Il vespaio, ne La Vespa,Cosenza, a. I, n. XIV, 9 marzo 1944, p. 2.; Le nostre rivelazioni sulla Massoneria di Rito Scozzese Antico e Accet-tato, ne La Vespa, Cosenza, a. I, n. XV, 23 maggio 1944, p. 3.14 Verbale di ripresa dei lavori, sottoscritto dai Fratelli di Cosenza, 11 dicembre 1943, in Loizzo, Con-fessioni, p. XIV.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ESSENZIALI

Corigliano, F. (1994) Cosenza dal 1930 al 1950. Memorie di vita quotidiana. Personaggi ed avveni-menti, Cosenza.

Falbo, L. (1995) Fascismo e antifascismo in Calabria. Il caso di Rogliano, Cosenza.Kühnl, R. (1976) Due forme di dominio borghese: liberalismo e fascismo, Milano.Loizzo, E. (2000) Confessioni di un Gran Maestro, a cura di Kostner F., Mendicino.Mola, A.A. (2001) Storia della Massoneria italiana. Dalle origini ai giorni nostri, IV edizione,

Milano.Stancati, E. (2002) Cosenza e i suoi quartieri. I luoghi della nostra storia, n. 4, Cosenza.Vannoni, G. (1979) Massoneria, fascismo e Chiesa cattolica, Bari, 1979.La Vespa, periodico della opinione pubblica, Cosenza, a. I, n. XXII, 3 agosto 1944; n. XIV, 9 mar-

zo 1944, n. XV, 23 maggio 1944.Viviani, A. (s.d.) Storia della massoneria lombarda dalle origini al 1962, Foggia.

PROMOZIONE

AGENDA

MASSONICA

Alessandro Tasca di Cutò

di Anna Maria CorradiniGiornalista

The Author speaks about the character of Alessandro Tasca, the “Red Prince”, aprominent figure of Mason in the first half of the XXth century Italy, of his Sicily andof his family and ideals.

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AAlessandro Tasca di Cutò fu unadelle figure più rappresentativee meno conosciute in Sicilia tra

la fine dell’Ottocento e il primo trentenniodel secolo scorso.

Figlio di Giovanna Filangieri di Cutò e diLucio Tasca Lanza d’Almerita, unico figliomaschio di una numerosa prole di cinquesorelle, ereditò il titolo di principe dallamadre, che annoverava tra i suoi ascen-denti dei vicerè, mentre il titolo paterno diConte di Almerita era di recente acquisi-zione. Appartenne a una stirpe di nobililetterati: la sorella Beatrice coltissima,amante della musica, dell’arte e della lette-ratura, fu la madre di Giuseppe Tomasi diLampedusa, autore del Gattopardo, un’altra,Teresa, la madre dei fratelli Piccolo, Lucio,poeta e fine letterato, Casimiro, pittore efotografo, Agata Giovanna, botanica.

Da giovane trascorse una vita brillantee frivola, al centro del mondo dorato del-l’aristocrazia siciliana, viaggiando in lungoe in largo per l’Europa, con lunghi soggior-ni a Parigi.

Attento comunque ai cambiamentisociali, ai rapidi sviluppi politici e cultura-li della sua epoca, fu presto interessato aiproblemi del proletariato e della classeoperaia. Abbracciò la causa socialista,seguendo le idee e le iniziative di Napoleo-ne Colajanni, leader del partito, parteci-pando attivamente alla formazione deifasci dei lavoratori. Dilapidò l’immensopatrimonio di famiglia per aiutare la causapolitica, ma non furono estranei al disfaci-mento dei beni, anche le donne e il viziodel gioco. Sposò una nobile polacca, chia-mata affettuosamente Ama, da cui ebbe ifigli Alessandro Junior e Gioia.

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All’insaputa della famiglia svendette ilpalazzo di Santa Margherita Belice, ampia-mente descritto nel romanzodi Tomasi di Lampedusa,come dimora amata deiricordi d’infanzia. Gran par-te dei suoi averi servirono afinanziare quotidiani eperiodici, come anche adaiutare molti delle classisociali più indigenti. Ales-sandro Tasca aderì conentusiasmo alle idee sociali-ste, con la grande convinzionedi portare avanti il programma di Marx suun piano squisitamente politico, e noncome si era fatto con i fasci, che avevanofavorito solo l’aspetto economico. Dallepagine del suo giornale Gibus egli ribadì inmolti articoli la supremazia dell’ideologiapolitica del partito, rispetto alla strettaorganizzazione operaia. In un articolo delmarzo 1893, in occasione delle agitazioniper le convenzioni marittime, egli scrive-va:

Quella di oggi è stata una bella giornataper le nostre idee. Noi siamo lieti di poterloaffermare […] Ben altre vittorie avremo aregistrare in un’epoca non molto lontana,quando a tutti sarà comune il grido da oggiaudacemente lanciato di ‘Viva il Socialismo!’

Negli ultimi anni del secolo XIX Tascafondò il settimanale La Battaglia, che eradestinato a essere l’organo ufficiale delpartito socialista a Palermo. Egli non silimitò a finanziare il giornale, ma anche lasezione del partito. La fortuna per la rapi-da ascesa politica, il suo spirito battagliero

che trapelava dalle pagine del suo giorna-le, non gli valsero certo molte simpatie;

egli sferzava, condan-nava, si poneva adifesa della moralitàpubblica, accusando einvestendo anchepersonaggi in vista.Anch’egli fu al centrodi polemiche peralcuni fatti cheriguardavano presun-ti brogli elettorali,

alleanze poco chiare conavversari politici, favoritismi da parte diIgnazio Florio. Tutto fu comunque smenti-to dalla direzione centrale del partito.

La sera del 5 marzo 1902, mentre Ales-sandro Tasca passava in carrozza, fu arre-stato nell’affollata via Maqueda per la que-rela dell’ex-sindaco Paternò di Sessa cheera stato attaccato da Tasca nelle paginedel giornale ripetutamente, con l’accusa dicorruzione e sperpero di pubblico denaro,mentre era in carica come primo cittadino.Paternò l’aveva denunciato per diffama-zione, ottenendo, dopo un lungo processo,la condanna a undici mesi di prigione. Laforma plateale dell’arresto era stata con-gegnata per screditare maggiormente lafigura del principe di Cutò. Manifestazionidi solidarietà si levarono dal mondo politi-co, intellettuale, studentesco. Fu anchedeputato in Parlamento per due legislatu-re, battendosi per la questione meridiona-le, per l’affermazione dei diritto dei lavo-ratori del Sud, sempre comunque piuttostoemarginato per il suo spirito ribelle e con-trocorrente.

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Auspicava un’unità italiana compattalontana da idee federalistiche, propugnatedallo stesso Colajanni, e da una tendenzadiffusa del partito stesso chepropugnava un’autonomiadella Sicilia per amministraremeglio una realtà sociale,economica, culturale e stori-ca diversa da quella del Nord.Ridotto in miseria, trascorsegli ultimi anni della sua vitatra difficoltà economichedisperate. Aiutato dalle sorel-le Beatrice e Teresa, che glipagavano l’affitto di tristi eumide stanze della periferiapalermitana e gli passavano dei sostenta-menti per i bisogni più urgenti. Spesso isuoi amici, “i compagni”, come egli li chia-mava, che avevano beneficiato della suagenerosità, lo assistevano con beni in natu-ra, secondo le loro possibilità finanziarie,come ad esempio il sarto, l’oste, il panet-tiere, il calzolaio.

Si riportano due delle tante lettereinviate alla sorella Teresa e ai cugini Picco-lo, dalle quali traspare la sua triste condi-zione:

Palermo 19 ottobre, 1933Mia cara Teresa,Grazie infinite per l’invio dell’assegno di

85 lire. Ho pagato lire cinquanta per l’abitoche ho avuto consegnato e che ho indossato.Con le altre 35 lire ho comprato un paio discarpe ottime, un vero prezzo di favore fat-tomi da un mio antico “compagno”. Quandoritornerai ti farò vedere in che stato si eranoridotte le mie calzature, malgrado fossero

state risarcite un paio di volte. Rincasavoqualche volta con le calze bagnate [...] Hopensato quello che mi hai detto nei riguardi

della mia inuti-le intelligen-za. Tempoaddietro nelmettere unpo’ di ordinetra le miecarte, ho tro-vato alcunid o c u m e n t iriguardo lamia collabo-razione alGiornale di

Sicilia. Sonoarrivato a liquidare dalle 350 alle 400 lire almese. Dato il valore del denaro di oggi, sitratta di emolumenti che potrebbero calco-larsi a non meno di quattro volte il valore diallora e cioè dalle 1500 lire in su al mese.Ebbene, nelle condizioni attuali, ancor quan-do io volessi collaborare nei giornali, ancheal di fuori della politica, non lo potrei fare.Oggi tutto è previsto: occorre appartenere aisindacati giornalistici ortodossi, bisognaessere tesserati e così via dicendo... Questa èla verità e qualsiasi escamotage in proposi-to sarebbe scoperta e punita. Io sono assaiinfelice di essere di peso, ed ho la sensazionedi essere un’altra calamità alle tante che visono capitate addosso in questi ultimi tempi.Tra giorni riprenderò a prendere qualchepasto da Beatrice e da Villarosa. Tutto som-mato il mio maggior peccato resta semprequello di non saper porre la parola fine allamia inutile esistenza.

Baci tanti alla mia bella e buona Teresa ea tutti i suoi.

Alessandro

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Palermo 10 maggio 1934Mio caro Casimiro,Ti prego, ti scongiuro, di darmi

una qualsiasi risposta. Io non vichiedo più nulla. Voi tutti avete fat-to tanto per me in questi ultimi spa-ventevoli anni della mia vita. Ionon vi chiedo più nulla. Vorrei sol-tanto sapere se volete ancora conti-nuare a pagare il fìtto della miastanza [...] Prima di mettermi arifare la questua con tutti i mieiamici (come feci per rinnovare... ilmio guardaroba) desidererei da voiuna risposta, anche negativa, perquel che riguarda la sola stanza, in 100 liremensili [...] Non ne posso più! Non ne possopiù! Se avessi saputo di dover trascorrere inqueste condizioni gli ultimi anni della miavita, mi sarei certamente soppresso. Ma il peg-gio è che più si è vecchi, e più si è vili ed attac-cati alla vita.

Scusami, scusatemi tutti, tanto, tanto.Alessandro

Le sue scelte lo portarono alla totaleemarginazione e isolamento. Spirito libe-ro, massone convinto, antifascista, si rifiu-tò sempre di aderire al partito fascistacome avevano fatto molti altri aristocrati-ci e appartenenti al ceto della borghesiaabbiente.

Morì solo e di stenti nel 1943, assistitoda anonimi amici, di fronte all’indifferen-

za generale daparte di quellidel suo ceto.Per i suoi tra-scorsi politiciegli fu ricordatocome il “Princi-pe Rosso”, erabattutosi per idiritti dei piùdeboli, degli

indigenti, deglioperai. Fino all’ultimo non perse mai la suaironia e il suo sarcasmo graffiante.

Notizia della sua scomparsa fu comuni-cata da Giuseppe Tomasi di Lampedusa allazia Teresa in una lettera da lui inviata il 3dicembre 1943:

Carissima zia,approfitto della cortesia del barone Capo-

ne, che ritorna a Sant’Agata per farti averequesta mia. Essa ne contiene un’altra indiriz-zata a mamà che ti prego di farle pervenireperché ne ignoro l’indirizzo esatto. Qualchegiorno fa ti ho indirizzato per posta un’altralettera, che non so se ti sia pervenuta. Essaconteneva la triste notizia dello zio Alessandroavvenuta il 17 scorso […]

BIBLIOGRAFIA

Cancila, O. (1988) Palermo, Laterza, Bari.Corradini, A.M. (2007) Alessandro Tasca, in Il Pitrè. Quaderni del Museo Etnografico Siciliano,

VIII-30. Correnti, S. (1999) Storia della Sicilia, Newton & Compton, Roma.Mack Smith, D. (1970) Storia della Sicilia medievale e moderna, Laterza, Bari.Parodi di Belsito, B. (2004) Raniero il principe mago, Fondazione Famiglia Piccolo di

Calanovella, Capo d’Orlando.

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Una rielaborazione del pensiero del “Gran Maestro dellaPrimavera”. Un viaggio attraverso l’esoterismo, la peda-gogia del dialogo, il Grande Architetto dell’Universo, gli uni-versi della laicità, l’eterno conflitto fra scienza e fede, ilsacrosanto diritto alla ricerca della felicità, non senza pro-fili critici e spunti propositivi per il più immediato e con-creto presente. Questo libro vuole raccontare la Massoneria attraverso la Gran Maes-tranza di Gustavo Raffi. Uno strumento che si propone di far comprendere anche ainon addetti ai lavori un mondo che ai più è ignoto, diviso com’è fra leggenda e disin-formazione. Un tentativo di offrire ai lettori il pensiero autentico del Gran Maestro.Un percorso per far uscire la Massoneria dal museo di Madame Tussauds e renderlaun corpo vivente nella società, “contemporanea alla posterità”. Un contributoaffinché la Libera Muratoria sia giudicata per ciò che realmente è e non per ciò che isuoi detrattori o i suoi laudatores la dipingono.

SSeeggnnaallaazziioonnii eeddiittoorriiaallii

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PAOLO GAMBIIl Gran Maestro Gustavo Raffi raccontaPresentazione di Massimo Teodori, contributi di ThomasJackson, Ferdinando Cordova, Alberto Melloni, Carlo RicottiGangemi Editore, Roma, 2008, pp. 111, € 18,00

ERRATA CORRIGECon riferimento al volume La collezione massonica del Museo di Stato di Storia delle Religioni (SanPietroburgo, 2006), segnalato in Hiram 4/2008, riportiamo la seguente rettifica: la “legge diAugusto I” va corretta con “l’editto di Alessandro I Romanov”. Si tratta di un ukaz imperiale delprimo agosto 1822 dal titolo “Sulla eliminazione delle logge massoniche e di tutte le associazionisegrete”. Per approfondimenti sul tema si veda l’articolo “Guerra e pace: tracce di storia della

Massoneria russa”, il Laboratorio n. 78, 2007, pp. 9-12.

Lo scopo di queste pagine è pienamente riassunto nel titolo, misono cioè proposto di analizzare il concetto di coup d’Etat, la suaelaborazione teorica, la sua applicazione storica nonché le impli-canze riconducibili a tale nozione come processo di “normaliz-zazione” di un principio anomico in seno alla cultura politica

francese nell’età di Richelieu. A ciò mi sono limitato senza propormi di ricostruire,attraverso questo specifico, la storia delle istituzioni o quella del diritto o, tantomeno, di elaborare un disegno della personalità del Cardinale e della storia del regnodi Luigi XIII.Questi contesti generali sono tuttavia più volte evocati e, per ribadire i limiti temati-ci di questo saggio, si è adottato una distinzione nell’apparato critico: le note testualidanno contezza esclusivamente delle opere letterarie e dei documenti citati, mentreper il più vasto panorama storico e culturale si rinvia alla bibliografia critica che con-clude il volume.

SEGNALAZIONI EDITORIALI• 104 •

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FABIO MARTELLIEstetica del colpo di stato. Teologia e politica nella Francia di RichelieuPrefazione di Paolo ProdiMimesis Edizioni, Milano, 2008, pp. 518, € 25,00

Questo catalogo, che prende inizio dalla sapiente Autobio-grafia di Antonio Basoli, è in sostanza uno spartito perun’“opera” a più voci e in molti atti. Bisogna ascoltare gli

autori e gli interpreti, i docenti dell’Accademia, i protagonisti del difficile compito difar girare le ruote delle arti e del costume culturale. Essi hanno assunto la figura di Anto-nio Basoli come un autoritratto desiderato e affettuoso. […] La sua è infatti la sola Bolognaappassionata se non romantica che conosciamo: è uno spazio anche di temperamen-to urbano e di un nuovo carico di esistenza d’una comunità non avventurosa che talo-ra si ammanta degli ultimi segreti. Parliamo assai più delle acquetinte che non deidipinti, spesso inclinati al piacere della piccola memoria scenografica ovvero deco-rativa, e un poco partecipi dei valori d’una futura cartolina illustrata. […]

A CURA DI FABIA FARNETI ED ELEONORA FRATTAROLO, COORDINAMENTO DIANDREA EMILIANIAntonio Basoli, 1774-1848. Ornatista, Scenografo, Pittore di paesag-gio. Il viaggiatore che resta a casaAccademia Clementina, Accademia di Belle Arti di Bologna,Minerva Edizioni, Bologna, 2008, pp. 302, € 35,00

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L’esperienza della Repubblica Romana, la sua caduta,equiparabile a un martirio, il salvataggio di Garibaldi,la trasformazione di quelle vicende in mito atto ad ali-mentare una speranza di riscatto sociale e moralesono diventati il simbolo di una emancipazione possibile. Quelle memorie scolpite nelmarmo e nella pietra, purtroppo a volte conservate con poco rispetto, in abbandonoo nascoste dalla vegetazione, ancora ci parlano di quegli episodi e degli uomini chene furono protagonisti. Lo sviluppo moderno, che tutto consuma in fretta, non deve farci dimenticare il pas-sato, che solo apparentemente vive nelle nostalgiche rievocazioni, ma è pur sempreparte della nostra storia.

JADER GHIRARDELLI E MAURIZIO MARIViaggio fotografico nelle epigrafi della trafila garibaldinaPrefazione di Sauro MattarelliCooperativa Pensiero e Azione (RA) e Società Conser-vatrice Capanno Garibaldi (RA), Ravenna, 2008, pp. 93

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Il processo di modernizzazione del Giappone, che ha avutoinizio solo nella seconda metà del XIX secolo, è stato plasmatoda una classe dirigente giovane ma radicata nella tradizione. Laconsapevolezza che le relazioni tra le nazioni erano, in quellafase storica, essenzialmente regolate da rapporti di forza, fu labase del programma “Paese forte, esercito ricco” fatto propriodall’oligarchia dominante.I pilastri per conseguire l’obiettivo di far rientrare il Giapponenel “club” delle grandi potenze, furono l’industrializzazione e la costruzione di unforte apparato bellico. Lo sforzo per modificare la società giapponese, fino ad alloradi stampo agrario e feudale, fu enorme. Era necessario creare, praticamente dal nulla, una nuova identità nazionale, basatasu un imponente apparato centrale, al cui vertice fu collocato l’imperatore.Il culto imperiale e la conseguente imposizione dello shintoismo di stato furono glielementi centrali di questa costruzione. Per parafrasare un motto assai noto, doven-do “fare i giapponesi dopo aver fatto il Giappone”, la diffusione e il controllo dei mo-derni mezzi di comunicazione di massa assunsero una importanza cruciale.

MARCO DEL BENEMass media e consenso nel Giappone prebellicoMimesis Edizioni, Milano, 2008, pp.273, € 20

“E il cosmo delle terre e dei cieli brucerà in quell’incendio comecera nel fuoco e AÚz e AÚwarzog, Ahrimen e i demoni mille equattrocento anni si tormenteranno, si contorceranno e sof-friranno. E la forza e l’energia di quella luce e bellezza degli dèiche è nel cosmo dei cieli e delle terre e che AÚz e i demoni han-no colpito ed estenuato, con quel fuoco ne uscirà, diverrà pura,ascenderà al Sole e alla Luna e diverrà dio nella forma di

Ohrmezdbay”. Così scrive Mani nello ∏˝buhrag˝n, il trattato che compone per spie-gare la propria dottrina e che è una delle pochissime opere che di lui ci sono rimaste.La fine dell’universo che vi disegna è degna di un grande pittore barocco. Nella co-smogonia e nella mitologia manichea Materia e Luce lottano sempre, coinvolgendo ilmondo e l’uomo in un turbinio di aria, vento, fuoco, fumo, melma; di firmamenti eterre; di arconti e personificazioni; di grida e bagliori. L’eterna lotta fra bene e maleè il ritmo stesso dell’universo. Vi sono tre tempi e tre creazioni. Il Padre dellaGrandezza e il Re delle Tenebre, la Madre della Vita e l’Uomo Primordiale, l’Amicodelle Luci e il Grande Architetto, lo Spirito e le Vergini.Mani si ritiene, dopo Buddha, Zoroastro e Gesù, l’ultimo inviato del Dio della Verità.Ma si proclama anche “apostolo di Gesù Cristo”, e richiama come anticipazioni pro-fetiche della sua le rivelazioni di Adamo, Seth e Sem, e il rapimento di Paolo al terzoCielo. Così il Manicheismo appare come nuova, originale sintesi gnostica di motiviprovenienti dalle fedi e dalle mitologie che lo precedono. Forse per questo la religionedi Mani, considerata pericolosissima eresia da tutte le altre e perseguitata dal poterepolitico nella stessa Persia in cui nasce, possiede un fascino e un’attrazione partico-lari, e si diffonde con una rapidità e una forza straordinarie in occidente e oriente. Neè adepto, a lungo, sant’Agostino, ma i suoi seguaci sciamano ben presto in tutta l’AsiaCentrale e si spingono fino in Cina. La Fondazione Valla, che prosegue con questo terzo volume la pubblicazione della piùvasta raccolta al mondo di testi relativi al Manicheismo, presenta qui, infatti, docu-menti medio-iranici (persiani, partici, sogdiani), nonché antico-turchi e cinesi: trattida fonti come il Libro dei Giganti, il Sermone della Luce-Nous e l’affascinante Rotolo diPechino.

SEGNALAZIONI EDITORIALI• 106 •

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A CURA DI GHERARDO GNOLIIl Manicheismo. Il mito e la dottrina.Mondadori, Scrittori Greci e Latini, Milano, 2008, pp. 534, € 27

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Editoriali e commentiUna profezia che si avvera, di Pietro CarusoL’eredità laica di Garibaldi, di Dino MengozziSaggi e interventiPrimo RisorgimentoMazzini e i Doveri dell’uomo, di Milena BiancoL’idea dell’Italia (1815-1861), Tavola rotonda con S. Cingari, V. DeCesaris, F. ProiettiSecondo RisorgimentoGaribaldi per Carducci, Carducci per Garibaldi, Convegno di GenovaIl Garibaldi di Carducci, di Marco VegliaGaribaldinismo, di Roberto BalzaniElio Vittorini e la ricerca degli altri doveri, di Mario ProliTerzo RisorgimentoIl forte apache del municipalismo, di Gilberto MuraroLaicus - Miserie e grandezze di una minoranza, Convegno di Rimini, interventi di: F. Fer-raresi, F. Cammarano, M. Ghezzi, L. Platania, S. Bonella, A. Carioti, M. Panarari, R.BalzaniStudi RepubblicaniLa revisione della spesa pubblica. Rapporto 2008, di Gilberto MuraroFormazione scolastica, Cesare G. CecioniIdee e considerazioni afferenti la democrazia economica, di Roberto CaccianiLa casta privilegiata dei politici in Italia, di Domenico MirriLa storia. Meditazioni di un filosofo tedesco in questi tempi di guerre di religione, di KarlheinzDeschnerIntervista sull’autonomia, di Vincenzo BonmassarIl matrimonio attraverso i secoli, di Gian Franco FontanaCultura e SocietàCristiani e Musulmani in Europa. Quale possibile condivisione?, di Maroun LahhamUn vestito griffato Garibaldi, di Dino MengozziL’Illuminismo e i suoi critici, Dialogo con S. Mattarelli e D. BolognesiLibri, Cultura e SocietàFra gli scaffali, a cura di Alessio Sfienti

IL PENSIERO MAZZINIANO - DEMOCRAZIA IN AZIONEAssociazione Mazziniana Italiana o.n.l.u.s. Anno LXIII, numero 2,Maggio-Agosto 2008

Il successo delle opere di Irène Mainguy, anche nel nostroPaese, è espresso dalla rapidità con cui l’intera trilogia deisuoi volumi - Simbolica massonica del terzo millennio, 2001 (ed.it. 2004); Simbolica dei gradi di perfezione e degli ordini di sag-

gezza, 2003 (ed. it. 2007); Simbolica dei capitoli nella Massoneria, 2005 (ed. it. 2007) - è sta-ta edita in Italia, costituendo una prima guida sicura nel complesso mondo del sim-bolismo massonico. In questa nuova opera, Irène Mainguy riprende il suo viaggio par-tendo da una prospettiva differente: quella del “mestiere e della sua glorificazione”.

Per restituire vitalità agli antichi simboli, l’Autrice va alla riscoperta degli utensiliartigiani della Massoneria operativa (crafts), suggerendo ai massoni contemporaneiun metodo per riappropriarsi dei loro significati e acquisire una maggiore consape-volezza del concetto di secolare e ininterrotta tradizione massonica. Attraverso que-sto volume, inoltre, Irène Mainguy è in grado di far comprendere a un pubblico piùvasto cosa possa voler dire il semplice gesto di indossare un grembiule che nella tra-dizione artigiana esprimeva la consapevolezza di iniziare un lavoro.

Lo studio iconografico sugli utensili, portato avanti da Irène Mainguy, ha messo inluce un patrimonio simbolico di grande rilievo; molte sono state le fonti consultate,tra queste ricordiamo i volumi di emblematica, dal Cinquecento fino al Settecento -quali L’Emblème di Andrea Alciato (Emblemata, 1549), L’Iconologia di Cesare Ripa (1618)e La Symbolographia di Jacobus Boschius (1702) -, le fonti massoniche derivanti da ope-re a stampa e dai grembiuli fino ad arrivare ai gettoni di presenza rituali utilizzati nel-le Logge come salario simbolico dei partecipanti ai lavori.

La ricerca, d’indubbia originalità, dimostra come nella Massoneria sia confluito unlinguaggio emblematico rinascimentale ispirato dall’antichità, grande filone dell’e-soterismo occidentale.

RReecceennssiioonnii

IRÈNE MAINGUYSimbolica degli utensili e glorificazione del mestierePrefazione di Bernardino FioravantiEdizioni Mediterranee, marzo 2009, pp. 288, 17 ill., 8 tavolefuori testo, € 24,50

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Recensione di Bernardino Fioravanti Bibliotecario del Grande Oriente d’Italia

Il viaggio simbolico attraverso gli utensili si articola nelle tre tappe fondamentalidi apprendista, compagno d’arte e maestro in cui si approfondiscono, grado per gra-do, gli strumenti utilizzati, sino a rilevarne il loro duplice significato “costruttivo” o“distruttivo” se si abbandonano le regole e lo scopo per cui sono stati creati che èquello di costruire.

Anche in quest’opera, Irène Mainguy presenta un lavoro particolarmente attentoall’esame delle fonti della Massoneria nella storia dei diversi Paesi, continuando adavere un respiro internazionale, come attestato dalla presentazione dell’edizionefrancese redatta da Roland Martin Hanke, Presidente del Museo tedesco della Masso-neria a Bayreuth in Germania e Consigliere per gli affari culturali della Gran LoggiaA.F.A.M della Germania. Ma è soprattutto la chiave di lettura proposta, attraverso ilsimbolo essenziale dell’utensile, ad avvicinare uomini di diverse tradizioni allo stes-so linguaggio universale, quello della costruzione.

Il pregio del testo intitolato Forme e correnti dell’esoterismooccidentale, curato dal professor Alessandro Grossato, è quel-lo di aver riunito intorno al tema dell’esoterismo occiden-tale i massimi esperti a livello internazionale del settore. Glistudi raccolti in questo quinto volume della Collana Virida-rium edito dalla casa editrice Medusa di Milano, riportano ilcontenuto delle relazioni presentate al primo Convegno,organizzato in Italia dallo stesso Grossato, sulla storia e le dottrine dell’esoterismooccidentale, svoltosi dal 29 al 30 ottobre 2007 presso la sede della Fondazione “Gior-gio Cini” di Venezia. Sarebbe, tuttavia, fuorviante considerare la presente come lasemplice riproduzione degli atti di un convegno, poiché conclusi i lavori dello stesso,alcuni studiosi hanno intrecciato un fitto dialogo su importanti questioni di ordineteorico-metodologico; basti ricordare lo scambio epistolare tra Antoine Faivre e Wou-ter J. Hanegraaff. Questi stimoli reciproci hanno portato altri relatori a ripensare oaddirittura a riscrivere i propri interventi, come nel caso di Mino Gabriele, che ha tra-sformato il suo saggio in una pregevole riflessione sulle “tracce silenziose”, in parti-colare iconografiche, dell’esoterismo occidentale.

È altresì utile ricordare che la storia dell’esoterismo occidentale aveva avuto, finoal convegno veneziano, poche occasioni di essere dibattuta a questo livello. Dal pun-

Forme e correnti dell’esoterismo occidentaleA cura di Alessandro Grossato, Medusa, Milano, pp. 228, € 34

Recensione a cura del Servizio Biblioteca del Grande Oriente d’Italia

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to di vista accademico si tratta di una disciplina per la quale poche Università al mon-do hanno istituito delle cattedre, e all’interno della quale si è giunti a dare una prima,seppure provvisoria, definizione teorica dell’esoterismo occidentale quale oggetto distudio secondo il metodo storico, solo sedici anni fa, grazie alla formulazione avan-zata da Antoine Faivre. In tal senso questo volume e il dibattito che lo ha precedutonon solo mette in luce come sul piano teorico esistano delle significative differenzetra le posizioni espresse da Faivre e quelle avanzate da Hanegraaff o da Pasi, ma cer-ca anche di proporre alcune necessarie integrazioni e modifiche.

Forme e correnti dell’esoterismo occidentale è un volume dedicato alla storia e alle dot-trine dell’esoterismo, dalle sue origini antiche e medievali fino ai nostri giorni. Lun-go questo percorso e, alla luce delle scoperte più recenti, vengono in parte analizza-te le derivazioni, le migrazioni e le trasformazioni di questo complesso, e ancora trop-po poco noto aspetto della cultura europea. Compresi alcuni esempi inediti dell’im-portante contributo dato dalle correnti esoteriche all’arte visiva e musicale dell’Oc-cidente. Particolare attenzione è dedicata al fenomeno, storicamente cruciale, dellacomplessa interazione fra la religiosità esoterica occidentale e i processi di moder-nizzazione che segnano l’epoca del Rinascimento e della Riforma. Infine, vengonoesaminate alcune delle correnti esoteriche contemporanee che, a partire dal XVIIIsecolo, si collocano più o meno nel solco delle precedenti.

Il volume è suddiviso in quattordici capitoli, il primo dei quali (Il posto dell’esoteri-smo nella storia della cultura occidentale) è stato scritto da Alessandro Grossato, ideato-re e promotore del Convegno, e curatore di questo lavoro, che introduce il volume,riassumendo i passaggi storici e culturali che hanno condotto alla nascita dello stu-dio universitario dell’esoterismo. A seguire i contributi di Antoine Faivre (La parola“esoterismo” e i suoi usi: presentazione di bouquets variopinti di significati), decano deglistudiosi europei dell’esoterismo occidentale, che ci fornisce la sua definizione scien-tifica di esoterismo; di Mino Gabriele (Tracce di silenzio) che interpreta le tracce silen-ziose, e in un certo senso essoteriche, lasciate dall’esoterismo occidentale nel corsodei secoli: allegorie, frammenti simbolici, signa, verba e imagines; di Kocku von Stuc-krad (La sapienza oltre la dimostrazione: la conoscenza esperenziale dalla Tarda Antichità alXIII secolo in una prospettiva interreligiosa) che affronta il tema della concezione esote-rica della sapienza, quale è stata concepita in Occidente dalla Tarda Antichità fino alXIII secolo; di Francesco Zambon (L’interpretazione esoterica della messa nei romanzimedioevali del Graal) che esamina la continuità dottrinale e di temi simbolici, che daiprimi Padri della Chiesa arriva fino ai romanzi medievali del Graal; di Nicholas Goo-drick-Clarke (Raimondo Lullo e il nuovo ordine mondiale: evangelismo esoterico e filosofiamilitante) che propone nuove interpretazioni sulla biografia spirituale del francesca-no spagnolo Raimondo Lullo, all’incrocio tra esoterismo cristiano, ebraico e islamico;di Jean-Pierre Brach (Le correnti aritmologiche del Rinascimento, ovvero come l’esoterismoentra nella matematica) che ci presenta l’aritmologia rinascimentale; di Moshé Idel (La

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La “fortuna” storiografica di un personaggio è indubbia-mente legata all’importanza e al ruolo che ha svolto nell’ar-co della sua vita. Non è però detto che un personaggio cheabbia avuto un posto da protagonista in vita conservi dopola morte la stessa posizione presso gli storici. I motivi pos-sono essere i più diversi. Mi limiterò a ricordare il più appa-rentemente banale: i documenti. Coloro che hanno lasciatouna ricca documentazione che li riguardi hanno molte più probabilità di essere stu-diati e ricordati di quanto non capiti a coloro le cui carte sono andate smarrite.

È questo il caso del sardo Giorgio Asproni che per molto temporale ha quotidiana-mente fermato sulla carta i suoi pensieri e le sue considerazioni sul mondo politicodel suo tempo. Oggi il suo Diario politico è una fonte imprescindibile per gli storici.

Questo volume, curato dall’Associazione culturale “Giorgio Asproni”, raccoglie irisultati del Convegno di studi su Giorgio Asproni. Una rivisitazione nei luoghi della sua for-mazione e del suo lascito politico, che si è svolto in due sezioni e circostanze diverse, aBitti il 10 novembre e a Cagliari l’11 novembre del 2006.

Kabbalah in Italia nel XVI secolo: alcune nuove prospettive) che documenta l’influenza del-la Kabbalah ebraica in Italia nel XVI secolo; di Wouter J. Hanegraaff (La nascita dell’e-soterismo dallo spirito del Protestantesimo) che sviluppa la sua interessante ipotesi sullanascita dell’esoterismo moderno dallo spirito del Protestantesimo; di Joscelyn God-win (Keplero e Kircher sull’Armonia delle sfere) che si sofferma sul rapporto simbolico traastronomia e musica nell’opera di Keplero e Kircher; di Agostino De Rosa (L’Apocalis-se dell’Ottica: le anamorfosi gemelle di Enmmanuel Maignan e di Jean François Nicéron a Tri-nità dei Monti, Roma) che mette in luce l’influenza dell’esoterismo nelle arti figurative;di Jean-Pierre Laurant (L’esoterismo come un vero cristianesimo, una tematica per eccellen-za del XIX secolo) che riassume un capitolo poco noto della storia intellettuale dell’Ot-tocento europeo; di Hans Thomas Hakl (Adonismo – L’adorazione di Adone e Didone. Lastoria intrigante di un culto magico-pagano del XX secolo in Austria, Germania e Cecoslovac-chia) che descrive la singolare figura novecentesca di Franz Sättler e, infine, di Mar-co Pasi (Il problema della definizione dell’esoterismo: analisi critica e proposte per la ricercafutura) che riprende, da diverse angolature, il problema della definizione teorica del-l’esoterismo.

Giorgio Asproni. Un leader sardo nel Risorgimento italianoQuaderni di Agorà 5, a cura di Luigi Polo Friz e Tito Orrù,AM&D Edizioni, Cagliari, 2008.

Recensione di Anna Maria Isastia

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Nel corso dei lavori sono stati affrontati temi di grande interesse, che si possonoordinare in due ambiti fondamentali: uno riguarda l’ambiente della Barbagia e di Bit-ti innanzitutto, dove si nutre e si sviluppa la prima formazione umana e culturale diAsproni.

Nell’altro ambito si collocano ricerche specifiche sull’opera e sulla personalità del-l’autore. L’eredità politica e morale dell’autore è stata vagliata nelle sue complesseimplicazioni, e da un’altra angolazione sono illustrati i rapporti tra politica e religio-ne (Corona Corrias e Turtas), con il mondo dell’arte (Albergoni), la centralità dell’i-deale repubblicano (Lotti); nonché l’adesione di Asproni alla Massoneria italiana (PoloFriz), negli anni che seguono l’unificazione d’Italia, con i riflessi che si ebbero in Sar-degna. E ancora è stata messa in rilievo la forte incidenza della tradizione repubbli-cana nell’ambiente nuorese, documentata dalla toponomastica urbana che vede stra-de, piazze, vicoli intestati a Mazzini, Garibaldi, Brofferio, Rosolino Pilo, all’Aspro-monte, ai Fratelli Bandiera, a G.B. Tuveri, a Brusco Onnis e ad altri.

Con ricchezza di particolari sono stati analizzati i rapporti, talvolta polemici, diAsproni con le grandi figure come Garibaldi, Mazzini e Cattaneo, con i quali condivi-se idee, progetti, interventi, portati avanti con fatica e non senza contrasti nelle fasicomplesse del processo unitario, che ha visto anche la rinunzia a ideali profonda-mente sentiti, come l’ideale repubblicano: basta ricordare per questo aspetto la vicen-da di Garibaldi.

Con alcuni di essi condivise il suo interesse per la Sardegna, grazie a una impor-tante opera di persuasione e di coinvolgimento.

La vasta rete di relazioni condiziona la sua vita pubblica e privata, lo porta a com-promettersi, senza cautele, nel vivo delle questioni “grandi” e “piccole”, dalla politi-ca nazionale e internazionale a quella locale, di Nuoro in particolare. Nell’aula parla-mentare la voce di Asproni risuona alta quando rivendica il diritto all’istruzione, ainfrastrutture moderne, o denuncia la pressione intollerabile del fisco, gli abusi, lemalversazioni, la mano pesante della giustizia.

Il pensiero politico di Asproni è caratterizzato da un’apertura italiana ed europeae da una fedeltà costante all’ideale repubblicano (in una visione sua propria e attua-lissima, dice Lotti), evolve da una posizione di “rigoroso unitarismo (in cui però èsempre presente l’idea della ‘specificità’ della Sardegna e della Sicilia) a un autono-mismo di tipo federale” (Brigaglia); l’attività politica è sempre improntata a unacoscienza alta dell’impegno, costante e puntiglioso (come risulta dalla straordinariadocumentazione che emerge dal Diario), nel dibattito che riguarda tutti i probleminell’aula parlamentare (Corte Enna). In linea con la severa lezione dei suoi amatiautori, non va dimenticata la sua azione, non meno puntigliosa, di controllo e didenunzia delle inefficienze e delle distorsioni della vita parlamentare: ed è senzaappello il giudizio su quanti si dimostravano rivolti più all’interesse personale che albene comune.

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