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Celiachia News News 16 Gli anticorpi anti-actina nella malattia celiaca: un nuovo studio La malattia celiaca e le patologie neuropsichiatriche Rischio di autoimmunità correlata alla celiachia ed epoca di introduzione del glutine nella dieta di lattanti ad elevato rischio di malattia Risk of celiac disease autoimmunity and timing of gluten introduction in the diet of infants at increased risk of disease

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Celiach

iaNewsNews16

Gli anticorpi anti-actina nella malattia celiaca: un nuovo studio

La malattia celiaca e le patologie neuropsichiatriche

Rischio di autoimmunità correlata alla celiachia ed epoca di

introduzione del glutine nella dieta di lattanti ad elevato rischio di

malattiaRisk of celiac disease autoimmunity and

timing of gluten introduction in the diet of infants at increased

risk of disease

a Malattia Celiaca (MC) ha un'alta prevalenza nella popolazione gene-

rale (frequenza riportata negli USA e in Eu-1 - 4ropa intorno a 1:100 e 1:250) , motivo per

il quale è raccomandato un largo uso delle metodiche sierologiche per la sua diagnosi 5, 6. Infatti, sia il dosaggio degli anticorpi an-ti-endomisio (EmA) che degli anticorpi an-ti-transglutaminasi (anti-tTG) hanno un ele-vato valore predittivo nella diagnosi di ce-

7-9liachia e la positività di questi test indica la necessità di eseguire una biopsia intesti-nale per valutare lo stato della mucosa duo-denale, accertare la possibile atrofia dei vil-li e conseguentemente confermare la dia-gnosi di MC. Nonostante la loro accuratez-za diagnostica, è stato più volte evidenziato come né gli EMA nè gli anti-tTG siano cor-relati con il grado di severità del danno dei

10-13villi intestinali . In altre parole, non sem-bra che nei pazienti con danno intestinale lieve (per es. una atrofia dei villi parziale) vi siano valori di anti-tTG più bassi che nei pa-zienti con danno intestinale più severo (atrofia totale dei villi). Dunque né gli anti-tTG, né gli EmA possono essere indicativi della gravità delle lesioni intestinali del ce-liaco.

Recentemente, tuttavia, la presenza nei sieri dei pazienti celiaci di un altro auto-anticorpo, l'anti-Actina (AAA), è stato indi-cato come marker diretto di atrofia severa

14dei villi intestinali . Gli studi effettuati a ri-guardo sembrano indicare che, nella MC, questi anticorpi (dosati con una tecnica di immunofluorescenza, IF), contribuiscano al danno citoscheletrico dei villi ed alla pato-

15genesi delle lesioni intestinali . Il nostro gruppo ha pubblicato uno stu-

dio, volto a valutare la relazione tra la pre-senza nel siero degli AAA e la severità del

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3Celiachia news 16

Gli anticorpi anti-actina nella malattia celiaca: un nuovo studio

Antonio Carroccio, Giuseppe Pirrone, Giuseppe Iacono, Lidia Di Prima e Ignazio BruscaDivisione di Medicina Interna, Università di Palermo, Divisione di Pedatria, Ospedale “Di Cristina” di Palermo, Laboratorio Centralizzato, Osp “Buccheri La Ferla” di Palermo

epatite autoimmune (10), lupus eritemato-so sistemico (4), malattia di Sjogren (3), cir-rosi biliare primitiva (2), malattia di Crohn (4), intolleranza alimentare (3), enteropatia autoimmune (1), sprue refrattaria (1).

Gli anticorpi IgA anti-actina (IgA AAA) valutati con la tecnica di IF sono risultati po-sitivi in 54 dei 58 pazienti con MC in fase florida (93%); soltanto tre bambini ed un adulto sono risultati negativi. Il titolo (cioè il livello degli anticorpi nel sangue) per la positività degli IgA AAA è stato classificato tra 1:20 e 1:640, con una mediana di 1:80. Gli IgA AAA valutati con la metodica ELISA sono risultati positivi in 51 dei 58 pa-zienti celiaci (86%); gli stessi quattro pa-zienti negativi alla determinazione median-te tecnica di IF sono risultati negativi anche con tecnica ELISA ed altri tre bambini MC sono risultati negativi. Dunque, benché la metodica di IF abbia dimostrato una più fre-quente positività, anche quella ELISA ha da-to risultati positivi nella maggior parte dei pazienti; non differenze statisticamente si-gnificative sono state osservate per quanto riguarda la differenza nella frequenza di po-sitività tra IF ed ELISA. La correlazione tra i risultati degli AAA ottenuti con IF ed ELISA era elevata; in altre parole, in ogni paziente con MC il dosaggio degli AAA con il metodo IF dava un risultato di gran-dezza simile a quello che si otteneva con la

Risultati

danno della mucosa intestinale nei pazienti celiaci; tale studio si proponeva inoltre di comparare la metodica in immunofluore-scenza (IF) con una nuova metodica ELISA per la determinazione degli AAA. Quest'ultima metodica, infatti, offrirebbe, rispetto all'immunofluorescenza, una mag-giore riproducibilità ed una minore dipen-denza dall'operatore. Nell'esposizione che segue riportiamo i risultati ottenuti nel sud-detto studio.

Sono stati arruolati nello studio un tota-le di 150 soggetti, di cui 58 celiaci, la cui dia-gnosi era stata posta per la presenza di uno o più dei seguenti quadri clinici: diarrea cro-nica (28), anemia (25), ritardo della crescita o calo ponderale (18), dolore addominale (8), osteoporosi (6), familiarità di primo gra-do per MC (5). In tutti i pazienti, la diagnosi di MC era basata sulla positività del siero per gli EMA e gli anti-tTG, associata ad una evidenza di danno intestinale (rapporto fra altezza dei villi e profondità delle cripte < 3); in ogni caso, dopo l'avvio della dieta pri-va di glutine, si assisteva alla scomparsa dei sintomi ed alla negativizzazione degli EMA e degli anti-tTG.

Lo studio prevedeva l'inclusione di un gruppo di controllo formato da soggetti esenti da patologie gastroenterologiche: so-no stati così arruolati 64 pazienti, di cui 34 adulti (15 M e 19 F, età media 35 anni, range 18 - 56 anni) in occasione del prelievo ema-tico per sospetta ipercolesterolemia e 30 bambini (14 M e 16 F, età media 3 anni, ran-ge 1 - 12 anni) con episodi ricorrenti di fa-ringo - tonsillite. Nessuno di questi soggetti di controllo presentava sintomi o segni di la-boratorio suggestivi di MC e tutti erano ne-gativi per EMA e anti-tTG. Sono stati inol-tre arruolati 28 soggetti adulti, affetti da pa-tologie su base autoimmune o di tipo gastro intestinale diverse dalla MC; questi hanno rappresentato i “controlli malati” per il do-saggio degli AAA. Le principali patologie da cui erano affetti questi pazienti erano:

Pazienti e metodi

4 Celiachia news 16

00,40,81,21,6

22,42,83,23,6

4

0 160 320 480 640

IgA AAA (titolo)

IgA

AA

A(D

O)

Figura 1. Correlazione tra i valori individuali di IgA AAA mediante IF (asse delle ascisse) ed ELISA (asse delle ordinate).

di proteine che solitamente sono nascoste e/o considerate da non “aggredire”. Tra que-ste proteine vi è l'actina, la quale ha un ruolo importante nella struttura dei microvilli in-testinali. Una volta che l'actina è esposta al sistema immunitario, si formano gli AAA, venendosi cosi ad innescare un processo che contribuisce al danno della mucosa inte-stinale. Comunque, l'importanza clinica e la possibile utilità degli AAA nell'iter dia-gnostico della MC non sono ancora chiare. È stato ipotizzato che il dosaggio degli AAA potrebbe dare un'indicazione sulla se-

14verità del danno di mucosa , ma tale aspet-to non è ancora confortato da sufficienti in-dagini.

Nel nostro studio abbiamo analizzato la correlazione tra il comportamento degli AAA e la severità delle lesioni della muco-sa intestinale; inoltre, abbiamo voluto valu-tare l'accuratezza della nuova tecnica ELISA per la determinazione degli AAA e, successivamente, confrontare tali risultati

con la tecnica tradizionale di IF precedente-14mente descritta . I risultati ottenuti hanno

mostrato che, nei celiaci, gli AAA correlano con la gravità del danno dei villi intestinali; infatti, gli AAA determinati con tecnica ELISA sono risultati positivi in 51 dei 58 pa-zienti con MC esaminati (86%) e tutti i pa-zienti con un danno severo della mucosa in-testinale sono altresì risultati positivi per gli AAA. Soltanto 7 celiaci, peraltro tutti con

tecnica ELISA (fig 1). Quest'ultima, inoltre, ha mostrato

5Celiachia news 16

0 10 20 30 40 50 60

Celiaci Controlli sani Pazienti non celiaci

4,2

00,20,40,60,8

11,21,41,61,8

22,22,42,62,8

33,23,43,63,8

4

Figura 2. Valori individuali degli IgA AAA saggiati tramite ELISA in 58 celiaci non trattati, in 64 controlli sani ed in 28 pazienti con malattie autoimmuni o gastrointestinali diverse dalla MC (“controlli malati”). La linea orizzontale indica il limite normale.

0

0,4

0,8

1,2

1,6

2

2,4

2,8

3,2

3,6

4

0 1 2 3

Rapporto villo/cripta

IgA

AA

A(O

D)

Figura 3. Correlazione tra i valori di AAA ottenuti in ELISA ed il rapporto villo/cripta in 58 celiaci non trattati.

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quadro istologico di lieve atrofia dei villi, sono risultati negativi per gli AAA. Un'altra

6 Celiachia news 16

markers for coeliac disease: is it time to change? Dig Liver Dis 2001; 33: 426 - 31.

7Celiachia news 16

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La malattia celiaca e le patologie neuropsichiatriche

a malattia celiaca (MC), inizialmen-te descritta come una enteropatia glu-

tine-dipendente, è attualmente riconosciuta come una malattia autoimmune sistemica multiorgano con prevalenti manifestazioni

1extraintestinali . Diverse condizioni neuro-psichiatriche quali l'atassia cerebellare, l'epilessia e la neuropatia periferica, veni-vano storicamente descritte come compli-canza di una MC già diagnosticata. Tuttavia studi più recenti hanno evidenziato che un ampio spettro di manifestazioni cliniche e di segni neurologici coinvolge sia il sistema nervoso centrale (SNC) che periferico con una temporalità spesso indipendente dalla durata di malattia e dal suo grado di coin-volgimento del tratto gastroenterico, tanto da poter costituire manifestazioni di esor-dio extraintestinali della reazione avversa

2, 3al glutine . L'esatta prevalenza delle mani-festazioni neurologiche associate alla MC è difficile da stimare; i dati relativi a tale asso-ciazione emergono per lo più da osserva-zioni aneddotiche, mentre pochi sono gli studi condotti su casistiche numericamente importanti. Da analisi di prevalenza in grup-pi selezionati di soggetti afferenti a centri terziari di riferimento emerge che, in me-dia, il 10% dei pazienti celiaci sviluppa una

4, 5complicanza neurologica . La natura di questa associazione non è completamente definita; inizialmente descritte come se-condarie al malassorbimento di alcune vita-mine ed oligoelementi, nella genesi delle manifestazioni neurologiche ampio spazio è attualmente riconosciuto ad un meccani-

5, 6smo autoimmune . In questo articolo illustriamo i principa-

li quadri neuro-psichiatrici associati alla MC, riportando i risultati di una esperienza personale nel caso della cefalea.

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Celiachia news 16 9

Anna Maria Magistà, Elena Lionetti, Teresa Francavilla*, Angela De Canio, Gilda Leone, Stefania Fico, Luciano Cavallo e Ruggiero Francavilla.Dipartimento di Biomedicina dell'Età Evolutiva e *Clinica Neurologica I - Università degli studi di Bari

Sindromi cerebellari ed atassicheL'atassia cerebellare rappresenta stori-

camente uno dei primi esempi di manifesta-zioni neurologiche riportate in pazienti con MC. Nel 1966, Cooke e Smith descriveva-no un gruppo di 16 pazienti celiaci con una varietà di reperti neurologici tra i quali il più frequente era rappresentato da una atas-sia sensoriale, espressione di un danno alle colonne dorsali del midollo spinale, asso-ciata in alcuni casi a segni di disfunzione ce-

7rebellare . Più recentemente il quadro ha as-sunto una identità precipua al punto da par-

8lare di "atassia da glutine" . Nei casi ripor-tati viene descritta una atassia dell'andatura e degli arti, la cui gravità sembra essere cor-relata alla durata di malattia, in assenza di tremore e di altri segni extrapiramidali; il quadro è prevalentemente associato a segni di coinvolgimento neuropatico documenta-bile elettrofisiologicamente e ad atrofia ce-rebellare. Il danno sembra essere l'espressione di un'infiltrazione linfocitica del cervelletto, dei cordoni posteriori del mi-dollo e dei nervi periferici, reperti per i qua-li è stato ipotizzato un meccanismo immu-nomediato. L'associazione tra la MC e l'atassia cerebellare idiopatica presenta una tale caratterizzazione epidemiologica e fi-siopatogenetica da giustificare attualmente lo screening per la celiachia in questi sog-getti. Rimane invece controversa l'ipotesi che l'ipersensibilità al glutine, condizione caratterizzata dalla presenza di alti livelli sierici di anticorpi anti-gliadina (AGA) in assenza di un danno intestinale, possa con-siderarsi la causa di una degenerazione cere-bellare o semplicemente un suo epifenome-

5, 6, 9, 10no . È stato infatti dimostrato che gli AGA (di classe IgG) si legano ad epitopi presenti sulle cellule di Purkinje, potendo pertanto intervenire nella patogenesi del danno cellulare, ipotesi suffragata dal ri-scontro di alti livelli di AGA in soggetti con altri disordini neurodegenerativi quali l'atassia spinocerebellare ereditaria e la co-rea di Huntington. Controversi restano gli

effetti della dieta priva di glutine (Gluten Free Diet, GFD) sulla evoluzione dell'atassia.

Studi epidemiologici riportano, rispetto ai controlli sani, una maggiore prevalenza

%di epilessia (3.5 - 5.5 ) in pazienti con MC e di celiachia in soggetti epilettici (0.8-2.5%) 11 - 13. L'epilessia ed altre manifestazioni neu-rologiche convulsive in soggetti celiaci sto-ricamente vengono inquadrate come una en-tità sindromica se associate alla presenza di calcificazioni occipitali radiologicamente identiche a quelle riscontrate nella sindro-me di Sturge-Weber, per quanto tale reperto non sia sempre documentabile. Nei casi de-scritti, si tratta di crisi a semeiologia focale con manifestazioni cliniche localizzate a li-

14vello occipitale, farmacoresistenti . Data la maggiore prevalenza in alcune etnie qua-li l'italo-spanica, nella patogenesi della sin-drome si ritiene che intervengano fattori ge-netici ed ambientali e, tra questi ultimi, l'assunzione di glutine in soggetti genetica-mente predisposti. La formazione delle cal-cificazioni potrebbe essere secondaria ad un processo immunologico mediato da cito-chine secrete dai linfociti T attivati, mentre altre ipotesi richiamano a bassi livelli di fo-lati, dovuti ad un malassorbimento e ad una tossicità da silicio. Resta non definita la cau-sa della localizzazione preferenziale delle lesioni a livello occipitale. Alcuni studi avrebbero documentato che una GFD con-tribuisce alla completa remissione delle cri-si anche dopo sospensione della terapia an-tiepilettica, con una probabilità di risposta inversamente proporzionale alla durata dell'epilessia prima della diagnosi e all'età

14, 15all'inizio della restrizione dietetica .

Ampiamente descritta in pazienti con MC, è più frequentemente distale, simme-trica e di tipo sensoriale per quanto siano sta-te riportate associazioni con neuropatie

Epilessia

Neuropatia periferica

Celiachia news 1612

esclusivamente motorie, autonomiche, mo-toneuriti multiple e quadri simili alla sin-

7, 16drome di Guillan-Barrè . Tradizional-mente veniva descritta come una compli-canza naturale della celiachia in quanto ma-lattia da malassorbimento e quindi espres-sione di una sofferenza del nervo periferico di tipo carenziale (vitamina B12, folati, vita-mina E); in realtà, tale meccanismo patoge-netico è stato recentemente ridimensionato ipotizzando invece una genesi immunolo-gica dato il riscontro di anticorpi anti-gangliosidi diretti contro le cellule di Schwann, i nodi di Ranvier e gli assoni dei

16nervi periferici . Risultati contrastanti so-no disponibili relativamente alla sua evolu-zione in corso di GFD.

Per quanto siano scarsi i dati epidemio-logici relativi a questa associazione, in un recente studio condotto su di una popola-zione pediatrica la cefalea costituisce il di-sturbo neurologico più frequentemente as-sociato alla MC (29.7% dei celiaci vs 8.1%

3dei controlli sani) . Un dato simile emerge da una esperienza recentemente condotta presso il nostro Centro. Nello studio sono stati arruolati 275 pazienti pediatrici [88 ma-schi (32.5%); età media 8.4 anni (range: 3.2 - 18 anni)] con diagnosi di MC formulata da almeno 12 mesi, seguiti per il follow-up presso l'ambulatorio di Gastroenterologia ed Epatologia pediatrica del nostro Diparti-mento nel periodo tra gennaio 2004 e gen-naio 2005. Ai pazienti e ai loro genitori è sta-to somministrato un questionario validato per la definizione del tipo, caratteristiche e severità della cefalea; la sintomatologia è stata indagata prima della diagnosi di MC e in corso di GFD. Della popolazione in stu-dio, 106 pazienti riferivano una storia di ce-falea, dato significativamente superiore ri-spetto ad un gruppo controllo omogeneo per età e sesso (39.1% vs 10.8%; p < 0.001). Il quadro più frequentemente riscontrato era quello di una emicrania (52.8%), segui-to dalla cefalgia (32.1%) e da forme miste

Cefalea

(15.1%). La durata media del singolo episo-dio era inferiore a 30 minuti in 26 pazienti (24.5%), compreso tra 30 minuti e 4 ore in 50 (47.2%), tra 4 e 24 ore in 16 (15.1 %) e su-periore a 24 ore in 9 (8.5%). La cefalea era intermittente in 41 pazienti (38.7 %) e con-tinua in 58 (54.7%). Le crisi erano di inten-sità prevalentemente moderata (45 pazien-ti, 42.4%) e, meno frequentemente, lieve (30 pazienti, 28.3%) o severa (25 pazienti, 23.6%). Un fattore scatenante era identifi-cabile in 65 casi (61.3%) e, tra i più fre-quenti, venivano riportati stress psico-fisico, assenza di riposo e ciclo mestruale; un'aura veniva riferita da 38 pazienti (35.8%). Una familiarità per cefalea era pre-sente nel 30% dei casi. La GFD, corretta-mente seguita da almeno 12 mesi, compor-tava una completa remissione della sinto-matologia nel 25% dei casi, mentre un mi-glioramento riguardo alla frequenza degli episodi e/o alla loro intensità era presente nel 50%. Nella esperienza riportata in lette-ratura la cefalea sembrerebbe prevalere nel-le forme clinicamente silenti o con esordio tardivo della MC. Sulla base di questo dato, pertanto, nella genesi del disturbo un ruolo non andrebbe riconosciuto al malassorbi-mento quanto a meccanismi autoimmunita-ri ed infiammatori. È stata infatti recente-mente descritta la possibilità che gli attac-chi cefalgici siano secondari ad un processo autoimmune diretto contro strutture vasco-lari e mediato da anticorpi di classe IgA pre-

17senti nel siero di soggetti celiaci . La GFD, sopprimendo il processo autoimmune e per-tanto regolarizzando il flusso sanguigno, po-trebbe indurre un miglioramento sintoma-tologico, come mostrato con l'uso della SPECT, in particolare in pazienti celiaci

18con emicrania preceduta da aura .

Risale agli anni '50 la descrizione di una potenziale associazione tra MC e depres-sione, confermata da osservazioni succes-sive che riportano nel soggetto celiaco un di-

Altre associazioni neuro-psichiatri-che

Celiachia news 16 13

stinto "stato psico-vegetativo" di esauri-mento con l'aspetto di un quadro depressi-vo. Sintomi comunemente descritti nei ce-liaci comprendono apatia, ansia eccessiva

19, 20ed irritabilità , disturbi questi che po-trebbero essere la causa di una riduzione sia della qualità della vita che della compliance al trattamento dietetico. Tra i meccanismi patogenetici verosimilmente coinvolti ri-cordiamo l'associazione con altre malattie autoimmuni (tireopatie), il malassorbimen-to con deficit di nutrienti (vitamina B6 e trip-tofano) e la riduzione dei livelli sierici di triptofano e di altri precursori di monoam-mine, oltre che dei livelli liquorali di neuro-trasmettitori riscontrate in soggetti geneti-camente predisposti alla MC in corso di as-sunzione di glutine. Questi dati sembrereb-bero confermati dalla maggiore severità del quadro in soggetti con MC misconosciuta o in pazienti scarsamente complianti alla GFD. Restano comunque controversi i dati relativi agli effetti della restrizione dietetica sul quadro neuro-psichiatrico; non è infatti da trascurare la possibilità che la depressio-ne ed i disturbi di ansia si instaurino secon-dariamente, potendo essere scatenati dalla reazione emotiva ai sintomi della malattia e alle limitazioni imposte dalla GFD che spes-so influenzano negativamente la qualità del-la vita di questi pazienti. Complessa rimane l'associazione proposta tra MC ed autismo. Al pari della schizofrenia, l'ipotesi di un co-involgimento della celiachia in queste con-dizioni era prevalentemente basato sul ruo-lo potenziale di alcuni peptidi (gliadina, ß-lactoglobulina, caseina), derivati da una ab-norme permeabilità intestinale e/o dal defi-

21cit di una peptidasi . Tali peptidi agirebbe-ro sul SNC sia direttamente, come esorfine, che indirettamente, inducendo una reazione immunologica con conseguente inibizione della maturazione delle strutture encefali-che. Le ipotesi sono comunque supportate da scarse evidenze, così come controverso rimane l'effetto della dieta sull'evoluzione clinica. Disturbi dell'apprendimento e sin-drome da deficit di attenzione iperattività

(ADHD) sono stati recentemente descritti 3in associazione alla MC . Sembrerebbero

interessare in egual misura soggetti con MC ad esordio precoce e tardivo, indipendente-mente dal sesso ed associarsi prevalente-mente ad altri disturbi neurologici. Resta tuttora da chiarire se gli effetti cumulativi di fattori nutrizionali, immunologici o infiam-matori possano svolgere un ruolo nel com-promettere le facoltà cognitive o tale com-promissione sia invece dovuta ad effetti non specifici di una malattia cronica.

Un ampio spettro di manifestazioni neu-ro-psichiatriche è stato descritto come po-tenzialmente associato alla MC per quanto, allo stato attuale delle conoscenze, non pos-sano essere formulati dati conclusivi a cau-sa dell'eterogeneità delle popolazioni stu-diate, dell'inconsistenza dei reperti patolo-gici e dell'assenza di adeguati dati control-lo. Pazienti con disfunzioni neurologiche al-trimenti inspiegabili costituiscono comun-que una popolazione che potenzialmente potrebbe beneficiare dello screening siero-logico mentre, nei casi di celiachia neo-diagnosticata, una attenta ricerca delle alte-razioni neurologiche dovrebbe costituire un aspetto importante della valutazione cli-nica sistematica iniziale. Ulteriori studi sa-ranno necessari per valutare gli effetti della GFD su questi disordini e per investigare i complessi meccanismi patogenetici alla ba-se del coinvolgimento neurologico associa-to alla celiachia.

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Considerazioni conclusive

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li Autori di questo lavoro hanno volu-to indagare se l'epoca di esposizione

al glutine nella alimentazione del lattante sia associata allo sviluppo di autoimmunità correlata alla malattia celiaca (MC). Si è trattato di una indagine prospettica condot-ta a Denver (Colorado, USA) nel periodo 1994 - 2004 e che ha riguardato 1560 bam-bini a rischio elevato di celiachia o di diabe-te di tipo 1 (1307 seguiti fin dalla nascita perché con storia familiare di diabete tipo 1 individuata ai controlli e mediante scree-ning HLA e 253 seguiti dal 2° al 3° anno di vita). La definizione di soggetto a rischio di-pendeva dall'essere portatore degli aplotipi HLA DR3 o DR4 oppure familiare di pri-mo grado di un soggetto con diabete di tipo 1. Una parte di questi bambini sono stati in-dividuati attraverso uno screening genetico nell'ambito dello studio cosiddetto DAISY (Studio della Autoimmunità correlata al Diabete nell'Età Giovanile).

L'interesse primario dello studio è stato quello di valutare, dal momento della intro-duzione degli alimenti contenenti glutine nella dieta, il tempo di sviluppo della auto-immunità correlata alla MC, definita come positività per gli anticorpi anti-transglu-taminasi (anti-tTG) a due visite successive oppure positività isolata per gli anti-tTG e quadro istologico compatibile con una MC. Quale obiettivo secondario gli Autori han-no selezionato i casi di autoimmunità celia-ca includendo solamente quei bambini con biopsia positiva per celiachia (quadro pari o superiore a 2, secondo la classificazione di Marsh).

I risultati emersi dallo studio hanno evi-denziato lo sviluppo di una autoimmunità correlata a MC in 51 bambini; in particola-re, nei soggetti geneticamente predisposti,

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G

Rischio di autoimmunità correlata alla celiachia ed epoca di introduzionedel glutine nella dieta di lattanti ad elevato rischio di malattiaRisk of celiac disease autoimmunity and timing of gluten introduction in the diet of infants at increased risk of disease

JM Norris, K Barriga, EJ Hoffenberg, et al. JAMA 2005; 293: 2343 - 51.

dalla

letteratura

internazionale

dalla

letteratura

internazionale

l'esposizione al glutine durante i primi 3 me-si di vita determinava un rischio di svilup-pare una autoimmunità correlata alla MC di cinque volte superiore rispetto a coloro che avevano introdotto il glutine tra il 4° ed il 6° mese di vita. Tale rischio era invece aumen-tato soltanto marginalmente nei bambini non esposti al glutine fino all'età di 7 mesi od oltre, se confrontati con quei coetanei in cui l'introduzione era avvenuta da 4 a 6 me-si. Considerando soltanto i 25 soggetti con celiachia comprovata da biopsia ed autoim-munità ad essa correlata, è stato osservato che l'introduzione di glutine nel primo tri-mestre oppure al 7° mese o oltre si associa-va ad un aumento significativo del rischio di autoimmunità di celiachia rispetto ad una esposizione avvenuta a 4 - 6 mesi. Sulla ba-se di quanto sopra, dunque, gli Autori con-cludono che l'epoca di introduzione del glu-tine nell'alimentazione del lattante può in-fluenzare la comparsa di autoimmunità di MC nei soggetti a rischio elevato per tale af-fezione e, in particolare, che esiste un perio-do finestra di esposizione al glutine prima e dopo il quale sembra esserci, negli indivi-dui geneticamente predisposti, un aumen-tato rischio della suddetta autoimmunità ce-liaca.

Commento

Gli Autori di questo studio pongono al-la ribalta una tematica divenuta negli ulti-mi tempi particolarmente cara sia agli esperti del settore che, soprattutto, alle fa-miglie dei celiaci, ovvero se esista e quale sia l'epoca migliore e più “sicura” per in-trodurre gli alimenti contenenti glutine nel-la alimentazione del lattante, specie in quel-li a rischio (in quanto familiari di celiaci).

Alcuni studi, soprattutto quelli condotti in Svezia, hanno evidenziato un effetto “pro-tettivo” dell'allattamento materno sullo svi-luppo della MC, ovvero una maggiore inci-denza di celiachia nei bambini non alimen-tati al seno o per un breve periodo rispetto ai coetanei non celiaci. Lo stesso gruppo di

ricercatori ha altresì osservato che l'introduzione del glutine quando l'allattamento materno è già stato sospeso si associa ad una aumentata incidenza di ce-liachia. Sebbene tali evidenze suggerisca-no un possibile ruolo importante della ali-mentazione infantile nella eziologia della MC, tuttavia alcuni limiti nel disegno di queste indagini e la presenza di bias di sele-zione non hanno consentito fino ad ora di giungere a conclusioni definitive e genera-lizzabili.

Il riscontro di una correlazione positiva tra una precoce introduzione di glutine (pri-mi 3 mesi di vita) e lo sviluppo di celiachia nei soggetti predisposti si può facilmente spiegare per l'esistenza, in tale epoca della vita, di una certa immaturità della funzione barriera della mucosa intestinale, con con-seguente passaggio di gliadina anche in pic-cole quantità. Meno chiaro è invece il moti-vo per cui l'esposizione al glutine tardiva (al 7° mese o anche oltre) si associ anch'es-sa allo sviluppo di celiachia. È verosimile pensare che, nei bambini più grandi, il glu-tine venga introdotto in quantità e frequen-za superiori, con conseguente maggiore di-sponibilità di gliadina in grado di attraver-sare la mucosa intestinale e quindi di atti-vare la cascata di eventi responsabili poi delle alterazioni istologiche. È tuttavia ne-cessario precisare che, quanto osservato dagli Autori americani, non è estensibile ad altri Paesi dove i tempi e le modalità per il divezzamento possono essere differenti.

Il ruolo della alimentazione durante il primo anno di vita quale fattore ambientale potenzialmente in grado di influenzare lo sviluppo della celiachia è divenuto ormai argomento sul quale si sta focalizzando l'interesse scientifico. A questo proposito, è attualmente in corso in Italia (in collabora-zione con i vari centri specialistici, la Asso-ciazione Italiana Celiachia che sta in parte finanziando lo studio e la Società Italiana di Gastroenterologia e Nutrizione Pediatri-ca) una indagine multicentrica, prospettica e controllata volta a verificare, in un grup-

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po di lattanti a rischio (familiari di primo grado di soggetti celiaci), se l'epoca di in-troduzione degli alimenti contenenti gluti-ne nella dieta del lattante influenzi il ri-schio di sviluppare la celiachia.

Il disegno dello studio prevede, dopo il 4° mese e previa randomizzazione, la sud-divisione dei lattanti arruolati in due grup-pi in relazione al tipo di divezzamento:

1) gruppo A con glutine; 2) gruppo B con alimenti privi di glutine

fino all'età di 12 mesi compiuti. A partire dal primo anno di vita, en-

trambi i gruppi seguono uno schema diete-tico simile, comprendente anche i cereali contenenti glutine. All'età di 15 mesi, tutti i soggetti arruolati eseguono un prelievo ematico per la ricerca dei geni di predispo-sizione per la celiachia (HLA-DQ2 e DQ8), il dosaggio dei marcatori sierologici di ce-liachia (anticorpi antigliadina AGA-IgG ed IgA ed anticorpi antitransglutaminasi anti-tTG di classe A) e delle immunoglobu-line sieriche. I soggetti con anti-tTG positi-vità (o IgG-AGA positività e deficit delle im-munoglobuline sieriche di classe A) sono in-vitati a sottoporsi alla biopsia intestinale per confermare la diagnosi di celiachia.

Dato il notevole interesse che tale argo-mento ha suscitato sia nel mondo scientifi-co che “laico”, lo studio consentirà sicura-mente di ottenere informazioni sufficiente-mente esaustive sul possibile ruolo della ali-mentazione nei familiari di primo grado dei celiaci presenti nel nostro Paese.

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A cura Consulente Scientifico di Celiachia Notizie

del prof. Carlo Catassi

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Associazione Italiana Celiachia