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Celiachia News News 13 Protocollo diagnostico per la malattia celiaca Gli anticorpi anti-transglutaminasi nella saliva: un test non invasivo per lo screening della celiachia Epoca di introduzione del glutine e frequenza di celiachia: protocollo di uno studio prospettico multicentrico sui familiari del celiaco

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Celiach

iaNewsNews13

Protocollo diagnostico per la malattia celiaca

Gli anticorpi anti-transglutaminasi nella saliva: un test non

invasivo per lo screening della celiachia

Epoca di introduzione del glutine e frequenza di celiachia:

protocollo di uno studio prospettico multicentrico

sui familiari del celiaco

A cura Consulente Scientifico di Celiachia Notizie

del prof. Carlo Catassi

Questo insertopuò essere utile

al tuo medico

Protocollo diagnostico per la malattia celiaca

a malattia celiaca è un'intolleranza alimentare permanente nei confronti

del glutine, contenuto in alcuni cereali (in particolare frumento, segale, orzo), in gra-do di determinare, in soggetti geneticamen-te predisposti, un danno della mucosa dell'intestino tenue sotto forma di atrofia dei villi, iperplasia delle cripte ed infiltrato

1linfocitario intraepiteliale . Tali alterazioni determinano la comparsa di malassorbi-mento, che può essere manifesto con la tipi-ca diarrea e perdita di peso, subclinico con sintomi atipici (fra cui stipsi e dispepsia) ed extraintestinali (anemia sideropenica o da carenza di acido folico, osteoporosi, polia-bortività) e sempre più spesso del tutto silente sul piano clinico. La dieta senza glu-tine porta alla normalizzazione della muco-sa intestinale consentendo un regolare assorbimento dei nutrienti e la maggior par-te dei celiaci, a patto di osservare stretta-mente tale dieta, possono condurre una vita regolare senza alcun tipo di complicanze. Peraltro, la mancata diagnosi o la diagnosi tardiva espongono i pazienti al rischio di svi-luppare complicanze di vario tipo fra cui patologia autoimmune ed idiopatica a cari-co del sistema nervoso centrale e periferico, dell'apparato cardiocircolatorio, del siste-ma endocrino, del fegato e della cute, non-ché severe alterazioni della parete intesti-nale quali digiunoileite ulcerativa e sprue collagenosica o quadri di scarsa o assente risposta alla dieta (celiachia refrattaria) ed insorgenza di neoplasie, in particolare lin-foma non Hodgkin a livello intestinale e varie forme di eteroplasia epiteliale dell'apparato gastroenterico. Sebbene sia stata inclusa dalla legislazione italiana fra le malattie rare, la celiachia è una malattia molto frequente con una prevalenza negli

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Umberto Volta, Dipartimento Medicina Interna, Cardioangiologia, e Patologia;Policlinico Sant’Orsola Malpighi, Bologna email [email protected]

studi su popolazione generale di 1 caso ogni 2, 3100-150 abitanti , ma purtroppo ancora

poco diagnosticata dal momento che in Ita-lia il numero di casi identificati si aggira sui 50.000 a fronte di una stima almeno 7 volte superiore. Alla luce di questi dati è evidente l'importanza di incrementare il trend dia-gnostico e soprattutto la diagnosi precoce che è in grado di prevenire ogni tipo di com-plicanza.

Predisporre un protocollo diagnostico per la malattia celiaca non è certo un compi-to semplice, proprio perché vi sono diverse opzioni molte delle quali altrettanto valide e la cui scelta ci obbliga a fare comunque alcune rinunce. È d'altra parte indispensabi-le stabilire le linee-guida che ci consentano di poter disporre di un protocollo semplice, basato su pochi test essenziali, un protocol-lo che sia applicabile su tutto il territorio nazionale e che sia al tempo stesso, pur nel-la sua semplicità ed universalità di esecu-zione, in grado di identificare il maggior numero di celiaci riducendo al minimo le mancate diagnosi e soprattutto le diagnosi sbagliate (Tab. 1).

Quest'ultimo fenomeno è andato aumentando negli ultimi tempi con riscon-tro nella pratica clinica di pazienti diagno-sticati come celiaci o sulla base della positi-vità per anticorpi antitransglutaminasi di classe IgG in assenza di deficit di IgA e valo-ri di infiltrato linfocitario pari a 25-30 lin-fociti/100 cellule epiteliali nella mucosa intestinale, o pazienti che presentavano atro-fia di mucosa con presenza di infestazione da giardia (causa a sua volta di mucosa piat-

ta) o, fatto ancora più inspiegabile, positivi-tà per HLA-DQ2 (presente anche nel 30% della popolazione normale non celiaca), negatività per anticorpi anti-tTG e biopsia normale, ma con presunta scarsa tolleranza al glutine sul piano clinico (spesso inqua-drabile nell'ambito di un'allergia al glutine).

È venuto pertanto il momento di dare un taglio netto a questa situazione e di stabilire delle regole fisse.

È possibile individuare 3 diversi percor-si diagnostici a seconda che ci si ritrovi di fronte ad un forte sospetto clinico di celia-chia (malassorbimento franco, caratteriz-zato da significativo calo ponderale, diarrea ed astenia severa), a pazienti con bassa pro-babilità di celiachia (casi mono-paucisintomatici) e a familiari di I° grado di celiaci (Tab.2).

I test da utilizzare per fare diagnosi di celiachia sono i marker anticorpali e la biop-sia intestinale (Tab. 3).

La diagnosi di celiachia dovrebbe sem-pre passare attraverso queste due indagini, perché, se è vero che la biopsia intestinale rimane il “gold standard”, la sierologia è altrettanto importante sia in funzione della conferma diagnostica che del follow-up del

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Criteri del Protocollo Diagnostico

•Semplice (pochi test essenziali)•Applicabile in tutti i centri sul territorio nazionale•In grado di identificare il maggior numero di celiaci (riduzione numero diagnosi mancate) e di evitare le false diagnosi (ancora molto elevate)

Protocollo Diagnostico

• (malassorbimento franco)•Moderata-bassa probabilità di celiachia (casi mono-paucisintomatici)•Familiari di 1° grado di celiaci

Elevato sospetto clinico di celiachia

Tab.1

Tab.2

Tab.3 Test di I° livello

Anticorpi•A. ANTI tTG UMANA IgA (IgG nei deficit di IgA) e non EmA (scarsa riprodu-cibilità per elevata variabilità inter-observer)Biopsia Duodenale •Lesioni tipo 1-3c secondo la classificazio-ne di Marsh, modificata da Oberhuber, da inquadrare nel contesto clinico, anticor-pale e genetico

tenue (Tab.4).

È venuto il momento di applicarla su tut-to il territorio nazionale, considerando anche quei parametri, che pur non essendo diagnostici presi singolarmente, possono in caso di positività sierologica e di quadro cli-nico di malassorbimento conclamato auto-rizzare il sospetto di malattia celiaca. In que-sta ottica acquista naturalmente valore anche la conta dei linfociti intraepiteliali (IEL), il cui livello è da considerarsi patolo-gico quando IEL>40, anche se lavori recen-ti hanno abbassato il cut-off di IEL a

525/100 .L'HLA è un test di secondo livello con fina-lità ben precise, da eseguirsi quando né i test anticorpali né la biopsia intestinale han-no portato ad una diagnosi certa (Tab. 5).

Il presente protocollo ribadisce che: 1) la funzione degli HLA è innanzitutto quella di escludere con elevata probabilità la diagnosi di celiachia quando non vi è pre-senza né di DQ2 né di DQ8 (i casi di celia-chia DQ2, DQ8 negativi sono estremamen-

6te rari ;2) la positività per DQ2 o DQ8 in soggetti definiti a rischio di celiachia (quadro clini-

paziente. La scelta del test anticorpale per il protocollo è il primo punto critico da affrontare. In laboratori di immunologia dedicati all'esecuzione dell'immunofluore-scenza (IFL) la ricerca degli anticorpi antiendomisio (EmA) di classe IgA è sicu-ramente da considerarsi il test di eccellenza per la diagnostica della celiachia. In questi ultimi anni, però, l'esperienza pratica ci ha insegnato che i risultati ottenuti con l'im-piego degli anticorpi anti transglutaminasi umana (anti tTG) di classe IgA sono prati-camente sovrapponibili in termini di sensi-bilità, con un livello di specificità lieve-mente inferiore (dal 2 al 5% di falsi positivi in pazienti con infezioni intestinali in parti-colare giardiasi, malattie infiammatorie cro-niche intestinali, patologia autoimmune). Inoltre, se dobbiamo identificare un test riproducibile su tutto il territorio nazionale in qualsiasi tipologia di laboratorio, la scel-ta è obbligatoriamente quella degli anti tTG, dal momento che la lettura in IFL degli EmA è soggetta ad una forte variabilità inte-robserver con evidenti problemi di attendi-bilità e riproducibilità di risultati. Il test anti-corpale da eseguire è stato pertanto identifi-cato nella ricerca degli anticorpi anti tTG di classe IgA (se i valori delle IgA totali sieri-che sono nella norma) e di classe IgG (in caso di deficit di IgA (IgA sieriche < 5 mg/dl). Inoltre, nei pazienti di età < 2 anni è consigliabile aggiungere alla ricerca degli anti tTG quella degli anticorpi antigliadina (AGA) di classe IgA (se le IgA sieriche sono normali) ed IgG (se le IgA sieriche sono < 5 mg/dl), dal momento che la rispo-sta anticorpale verso la gliadina è la prima a comparire in ordine di tempo dopo l'intro-duzione del glutine. Pertanto, nei bambini piccoli gli AGA presentano una elevata sen-sibilità diagnostica, probabilmente supe-riore a quella degli anti tTG.

Il secondo punto è quello della biopsia intestinale. La classificazione di Marsh,

4modificata da Oberhuber , è accettata ed uti-lizzata universalmente nell'interpretazione delle alterazioni istologiche dell'intestino

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Tab.4 Classificazione istologica dellelesioni intestinali nella celiachia

•Aumento IEL (>40/100 ce) (Tipo 1)•Iperplasia delle cripte (Tipo 2)•Atrofia lieve dei villi (tipo 3a) •Atrofia subtotale dei villi (tipo 3b)•Atrofia totale dei villi (tipo 3c)

IEL: linfociti intraepiteliali, ce: cellule epitelialiClassificazione di Marsh, modificata da Oberhuber,Eur J Gastroenterol Hepatol 1999

Tab.5 Test di II° livello: HLA(dopo anticorpi e/o biopsia non diagnostici)

Test eseguito per escludere celiachia Negatività DQ2/ DQ8 bassissima probabilità di celiachia Positività DQ2 o DQ8nei casi con forte sospetto clinico e nei familiari di 1° grado monitoraggio anticorpale ed eventuale ripetizione biopsia

co suggestivo di malattia) e nei familiari di I grado, ancorchè presenti in alta percentuale nel-la popolazione sana, deve indurci ad un'attenta sorveglianza e monitoraggio di questi sog-

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Se negativi,bassa probabilità

di celiachia^ulteriore ricerca

di altre causedi danno mucosale

Se positivi, CELIACHIAda confermare con GFD e challenge*istologia tipo 1-2monitoraggioe ripetizione biopsia

Biopsia duodenale + IgA sieriche + anti tTG*

Elevato sospetto clinico di celiachia

IgG anti tTG(se deficit di IgA)

IgA anti tTG(se IgA normali)

Sierologia positiva+biopsia normale

Sierologia positiva+biopsia positiva

Sierologia negativa+biopsia positiva

CELIACHIADeterminazione HLA DQ2 DQ8

Esclusione di altrecause di mucosa piatta

Se positivi, monitoraggio anti tTG e ripetere biopsiao trial con GFD per verificare risposta clinico-anticorpale

DeterminazioneHLA DQ2 DQ8

Se negativi,anti tTG

falsi positivi^

Soggetti ad elevato rischio di celiachia (forme di malassorbimento franco con calo ponderale, astenia e diarrea)

Fig. 1

Si procede di pari passo con l'esecuzione della biopsia intestinale e con il dosaggio degli anticorpi anti tTG di classe IgA (se il dosaggio delle IgA totali sieriche risulta nella norma ) o di classe IgG (se è presente deficit di IgA IgA < 5 mg/dl). Nei soggetti di età < 2 anni, come già illustrato, si esegue anche la ricerca degli AGA IgA o IgG (in caso di deficit di IgA). ! Se vi è concordanza fra positività anticorpale e quadro istologico (lesione tipo 1-3c) la dia-

gnosi è di celiachia; ! Se la sierologia è positiva e la biopsia normale, si procede alla determinazione dell'HLA:

1) in caso di DQ2 o DQ8 positività, sono previste due opzioni, che consistono o nel moni-toraggio anticorpale con ripetizione della biopsia duodenale a distanza di tempo o, in qualche raro caso fortemente sintomatico, in un trial con dieta aglutinata (gluten free diet GFD) per valutare l'impatto della GFD sul quadro clinico-anticorpale;2) in caso di DQ2 e DQ8 negativi, gli anti tTG sono verosimilmente da considerarsi falsi positivi, e la diagnosi di celiachia è quasi da escludere anche se è noto dalla letteratura, come già detto, che rari casi di intolleranza al glutine non presentano l'aplotipo DQ2, DQ8;

! Se la sierologia è negativa e la biopsia positiva, la prima cosa da fare è escludere nei limiti del possibile altre cause di atrofia della mucosa intestinale, dopodichè si procede alla ricerca dell'HLA: 1) in caso di positività per DQ2 o DQ8, la diagnosi è di celiachia da confermarsi con un

*Nei soggetti di età < 2 anni ricerca anche di AGAoltre ad anti tTG ^rari casi di celiachia DQ2-DQ8 negativi. Casi particolari discordanti per istologia e sierologiada inviare a Centri di alta specializzazione

Davanti ad un paziente con moderata-bassa probabilità di celiachia (casi mono-paucisintomatici), si esegue la ricerca degli anti tTG IgA (se non deficit IgA) o IgG (se defi-cit IgA), associata alla ricerca degli AGA nei bambini di età < 2 anni. ! Se la sierologia è negativa, si esclude diagnosi di celiachia almeno al momento (è noto

infatti che la malattia celiaca può manifestarsi in qualsiasi momento della vita a seguito di eventi scatenanti, per cui ogni situazione anticorpale è in pratica solo la fotografia del momento).

! Se la sierologia è positiva, si procede alla biopsia duodenale: 1) in caso di istologia positiva (lesione tipo 3a-3c) diagnosi di celiachia; 2) in caso di istologia negativa o tipo 1-2, determinazione HLA: a) se DQ2 o DQ8 sono positivi, monitoraggio e ripetizione biopsia;b) se DQ2 o DQ8 sono negativi, anti-tTG da considerarsi verosimilmente falsi positivi

iter diagnostico completo basato su controlli bioptici dopo dieta aglutinata e dopo chal-lenge con glutine. Nei pazienti HLA DQ2 o DQ8 positivi con lesioni istologiche tipo 1-2 (aumento linfociti intraepiteliali con iperplasia delle cripte), è consigliabile il monitorag-gio clinico-anticorpale del paziente con ripetizione della biopsia duodenale a distanza di tempo. 2) in caso di negatività per DQ2 e DQ8, la diagnosi di celiachia è da escludersi quasi com-pletamente, fermo restando che una piccola parte di celiaci non condivide, come già sotto-lineato, l'aplotipo classico. In questi casi sarà opportuno ricercare nuovamente altre pato-logie in grado di determinare atrofia della mucosa intestinale non-glutine dipendente (giardiasi, enteropatia autoimmune, linfangectasia intestinale, etc..).

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CELIACHIA

Istologia positiva(tipo 3a-3c)

Casi mono-paucisintomatici

IgA sieriche+anti-tTG*

IgG antitTG(se deficit IgA)

IgA anti tTG(se IgA normali)

Diagnosi di celiachia esclusa

Sierologia negativa

Biopsia duodenale

Sierologia positiva

Istologia negativao tipo 1-2

DeterminazioneHLA DQ2 DQ8

Se positivi,monitoraggio anti tTGe ripeterebiopsia

Se negativi,anti tTG

falsi positivi

*Nei casi di età <2anni ricerca AGA oltre agli anti tTG ^rari casi di celiachia DQ2, DQ8 negativi

Soggetti a moderato-basso rischio di celiachia: casi mono-paucisintomatici (Fig. 2)

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Nei familiari di 1° grado si esegue la ricerca degli anti tTG IgA (se non deficit IgA) o IgG (se deficit IgA), associata alla ricerca degli AGA nei bambini di età < 2 anni.

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Familiari di 1° grado

IgA sieriche + anti tTG*

IgG anti tTG(se deficit di IgA)

IgA anti tTG(se IgA normali)

Sierologia negativa Sierologia positiva

Se pos., predisposizionea celiachiaMonitoraggiocon anti tTG

Se negativi,diagnosi di

celiachiaesclusa

Determinazione HLA DQ2 DQ8

Istologia positiva(tipo 3a-3c)

Istologia negativao tipo 1-2

Biopsia duodenale

CELIACHIADeterminazioneHLA DQ2 DQ8

Se positivi e isto normale,monitoraggioSe positivi e tipo 1-2valutare caso per caso

Se negativi, anti tTGfalsi positivi^

Controllo anti tTG

Familiari di 1° grado (Fig. 3)

*Nei soggetti di età < 2 anni ricerca di AGAoltre ad anti tTG ^rari casi di celiachia DQ2, DQ8 negativi

Commento conclusivo applicabile a tutti e tre i livelli del protocollo diagnostico

Quando ci si trova di fronte a casi parti-colari con discordanza fra istologia e siero-

logia sarebbe opportuno sottoporli all'attenzione dei Centri di alta specializza-zione con particolare esperienza nella dia-gnosi di celiachia.

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elevata prevalenza della celiachia nel nostro ed in altri paesi, spesso in

persone senza sintomi riferibili all'apparato gastroenterico o in apparente buona salute, e le complicanze cui possono andare incon-tro i celiaci, se non diagnosticati tempesti-vamente, hanno stimolato la ricerca di esa-mi di laboratorio in grado di individuare i soggetti su cui procedere alla biopsia inte-stinale che, pur essendo un'indagine invasi-va, fornisce un contributo fondamentale al-la diagnosi.

I test sierologici servono a mettere in evidenza alcuni anticorpi che correlano con la presenza della celiachia. In ordine crono-logico, sono stati individuati per primi gli anticorpi anti-gliadina, che sono determi-nati utilizzando un metodo immunoenzi-matico, ma si è visto che la loro positività non vuole necessariamente dire che è pre-sente la celiachia (specificità non molto ele-vata), come anche che questi anticorpi pos-sono mancare in alcuni adolescenti ed adul-ti celiaci (cioè che la loro sensibilità dimi-nuisce con l'aumentare dell'età). Gli anti-corpi anti-endomisio, che sono determinati con un metodo di immunofluorescenza indi-retta, utilizzando sezioni di esofago di scim-mia, sono molto specifici e sensibili, ma, di-versamente dagli anticorpi anti-gliadina, possono essere indosabili nei primi anni di vita, ed in questi casi gli anticorpi anti-gliadina possono ancora rivelarsi utili. Altre problematiche legate all'uso degli anti-corpi anti-endomisio sono rappresentate dalla necessità di sacrificare dei primati per ottenere le sezioni esofagee su cui testare il siero del sospetto celiaco, e dall'osserva-zione che i risultati del test dipendono in lar-ga misura dalle capacità di chi effettua la let-tura al microscopio, sono cioè “operatore-

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Gli anticorpi anti-transglutaminasi nella saliva: un test noninvasivo per lo screening della celiachia

Margherita Bonamico, Claudio Tiberti*Istituto di Clinica Pediatrica, Dipartimento di Scienze Cliniche*- Università di Roma “la Sapienza”e-mail: [email protected]

dipendenti”.Gli ultimi anticorpi, in ordine di tempo,

ad essere individuati sono gli anticorpi anti-transglutaminasi tissutale, un enzima che modifica i peptidi gliadinici rendendoli adatti ad essere presentati da particolari cel-lule della mucosa intestinale (le cellule APC) ai linfociti T che recano gli antigeni di istocompatibilità DQ2/DQ8, innescando così il processo autoimmune che è alla base della celiachia. La prima metodica per de-terminare gli anticorpi anti-transglu-taminasi utilizzava, nel contesto di un meto-do immunoenzimatico, transglutaminasi ot-tenuta da fegato di cavia. Successivamente, la transglutaminasi umana ricombinante, preparata mediante tecniche di ingegneria genetica, ha sostituito la transglutaminasi di cavia ed i test diagnostici attualmente di-sponibili in commercio, di seconda genera-zione, si sono dimostrati più validi trovan-do larga applicazione nella pratica diagno-stica. La sensibilità del test è ulteriormente aumentata utilizzando una transglutamina-si umana ricombinante radiomarcata e so-stituendo al metodo immunoenzimatico una più sensibile metodica radioimmunolo-gica in fase fluida. Il confronto delle diver-se metodiche ha dimostrato come quest'ultima presenti una sensibilità ed una specificità più elevata rispetto alle altre. Tut-tavia tale metodica radioimmunologica è at-tualmente disponibile solo presso alcuni centri di ricerca.

La determinazione dei vari anticorpi cor-relati con la celiachia viene di norma effet-tuata su campioni di sangue, ottenuti me-diante prelievo venoso. Il prelievo è accet-tato senza troppe difficoltà dai genitori per i loro bambini se hanno dei sintomi, dai pa-zienti che stanno male e da chi ha un rischio aumentato per la celiachia, come i parenti dei celiaci, i soggetti con diabete mellito in-sulino-dipendente, con ipertransaminase-mia, con patologie della tiroide, o con sin-dromi cromosomiche, come la sindrome di Down e la sindrome di Turner. Maggiori problemi insorgono allorché si decida di ef-

fettuare uno screening di popolazioni, in particolare in ambito pediatrico.

Nella prima fase dello studio del-l'”iceberg celiaco” effettuato da Carlo Ca-tassi nel 1994, ai bambini era effettuato un prelievo di sangue capillare, su cui erano de-terminati gli anticorpi antigliadina; nei sog-getti positivi si procedeva quindi al prelievo venoso per un ulteriore approfondimento diagnostico. Tuttavia il prelievo capillare, pur essendo più facile da eseguire rispetto a quello venoso, rappresenta una procedura dolorosa e non esente dal pericolo di tra-smissione di germi patogeni. Ecco perché via via che gli anticorpi venivano indivi-duati nel sangue, diversi ricercatori tenta-vano di dosarli anche nella saliva. La saliva è, infatti, un fluido facilmente accessibile, che può essere raccolto anche ripetutamen-te, senza difficoltà, anzi talvolta in età pe-diatrica con una sorta di “entusiasmo”, se si eccettuano i primissimi anni di vita, e senza pericoli per chi raccoglie i campioni. Si può dire che dai 5 anni in su i bambini fornisco-no in pochi minuti la piccola quantità di sali-va necessaria per eseguire un dosaggio anti-corpale.

Gli anticorpi anti-gliadina, i primi anti-corpi correlati alla celiachia ad essere indi-viduati, sono stati testati per primi anche nella saliva, sia di adulti che di bambini, ma i risultati sono stati discordanti e così il test non è entrato nell'uso. Anche gli anticorpi anti-endomisio, dimostratisi nel siero più sensibili e specifici rispetto agli anticorpi anti-gliadina, sono stati ricercati nella sali-va sia di adulti che di bambini, ma anche in questo caso i risultati sono stati poco inco-raggianti. Si è allora tentata la determina-zione degli anticorpi anti-transglutaminasi. Il metodo ELISA, anche utilizzando antige-ne umano ricombinante, non ha confermato sulla saliva i risultati ottenuti sul siero. Così gli autori che hanno messo a punto e appli-cato queste metodiche concludono che la sa-liva non rappresenta un mezzo idoneo per lo screening della celiachia. Esaminando i diversi tentativi appare chiaro che il motivo

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per cui le metodiche utilizzate sinora sono fallite è legato principalmente alla loro bas-sa sensibilità.

La disponibilità presso l'Istituto di Cli-nica Pediatrica ed il Dipartimento di Scien-ze Cliniche del Policlinico Umberto I di Ro-ma di un'ampia casistica di celiaci e della metodica radioimmunologica più sensibile attualmente in uso per individuare gli auto-anticorpi anti-transglutaminasi nel siero ci ha indotto a testare la possibilità di utilizza-re la stessa metodica anche per dosare gli an-ticorpi anti-transglutaminasi nella saliva. Lo studio di oltre un centinaio di campioni di saliva (e dei corrispondenti sieri) raccolti da un gruppo di bambini e di adulti celiaci alla diagnosi, paragonato ad un gruppo di bambini e di adulti non celiaci di controllo, ha mostrato come sulla saliva si potessero ottenere risultati praticamente sovrapponi-bili a quelli ottenuti sul siero. In effetti, solo in un paziente celiaco su 39 abbiamo avuto risultati discordanti, nel senso che gli anti-corpi antitransglutaminasi erano presenti nel siero, ma non nella saliva, mentre tutti i 66 soggetti appartenenti ai gruppi di con-trollo, che erano negativi per gli anticorpi anti-transglutaminasi sul siero, lo erano an-che sulla saliva.

Il nostro studio ha dimostrato quindi che la determinazione di questi anticorpi nella saliva costituisce un metodo non inva-sivo, di facile esecuzione, riproducibile e molto sensibile. Sono queste le caratteristi-che che rendono il test particolarmente adat-to ad uno screening su popolazioni, in parti-colare se questo riguarda soggetti in età pe-diatrica, come i bambini delle scuole ele-mentari, con possibilità di estendere l'indagine anche ai bambini dell'ultimo an-no della scuola materna e ai ragazzini delle scuole medie.

A questo punto potrà interessare cono-scere, anche per valutare la “fattibilità” di questo tipo di indagine, la metodologia con cui si ottiene il campione di saliva. È molto semplice: il paziente, a digiuno, può racco-gliere da solo, semplicemente sputando in

un provettone di plastica, una piccola quan-tità di saliva (quindi niente siringhe, apri-bocca, succo di limone). La provetta con la saliva deve essere conservata immediata-mente in ghiaccio sino all'arrivo del cam-pione in laboratorio, dove sarà effettuato il dosaggio degli anticorpi.

Infine i costi: se ci limitiamo al costo dei reattivi che servono ad effettuare una deter-minazione il costo di una determinazione sa-rà di circa 5 euro. Naturalmente in un pro-getto di screening di popolazioni non po-tranno non essere considerati i costi del per-sonale dedicato e della manutenzione ed uso delle apparecchiature scientifiche.

I risultati della nostra ricerca mostrano come la metodologia sia promettente ed adatta ad un'applicazione in età pediatrica. I nostri ringraziamenti vanno quindi ai bam-bini, celiaci e non, ai loro genitori, ai colle-ghi medici, tecnici di laboratorio e ai para-medici che hanno partecipato con entusia-smo allo studio, fornendoci i loro campioni di saliva e di sangue, rendendo possibile di-mostrare che la saliva può rappresentare un ottimo mezzo di screening per la celiachia.

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on la presente nota presentiamo il protocollo di una indagine multi-

centrica nazionale che sarà avviata nei prossimi mesi. Si tratta di un lavoro “ambi-zioso” nella finalità poiché, come meglio spiegato di seguito, si propone di valutare se è possibile prevenire, almeno in parte, la comparsa della celiachia intervenendo su-gli schemi di alimentazione del lattante. Il protocollo è al momento in corso di valuta-zione da parte del Comitato Etico, per cui potrebbe subire modifiche (che saranno tempestivamente comunicate attraverso questo giornale). Poiché è necessario un campione numeroso di bambini, è auspica-bile una partecipazione “in massa” dei sog-getti che rispondono ai requisiti dell'indagine, cioè dei lattanti che nascono in una famiglia “celiaca”.

La celiachia è una enteropatia immuno-mediata causata dalla ingestione di cereali contenenti glutine (frumento, orzo e segale) nei soggetti geneticamente predisposti. Tra i geni che predispongono alla celiachia, è or-mai ben noto il ruolo primario di alcuni alle-li del sistema maggiore di istocompatibilità (HLA DQ2 e DQ8). La celiachia è una delle malattie permanenti più comuni in assolu-to, presentando una frequenza dello 0.5-1% nella popolazione generale europea. Nei fa-miliari di primo grado di pazienti celiaci, a causa della segregazione familiare dei geni di predisposizione, la frequenza è ben mag-giore e si aggira attorno al 10%.

Nelle forme tipiche la celiachia compa-re nei primi anni di vita, con una sintomato-logia prevalentemente gastrointestinale (diarrea cronica, calo di peso, malnutrizio-ne). La malattia si manifesta gradualmente,

Background

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Epoca di introduzione del glutine e frequenza di celiachia: studio prospettico multicentrico sui familiari del celiaco

Carlo CatassiClinica Pediatrica dell'Università Politecnica delle Marche, Ancona; Center For Celiac Research,University of Maryland, Baltimore (USA)

in genere con una latenza di diversi mesi dal-la introduzione del glutine nella dieta del bambino.

Sebbene sia noto che la presenza del glu-tine nella dieta rappresenta un fattore ne-cessario allo sviluppo della celiachia, non è chiaro quale sia il ruolo patogenetico dell'epoca di introduzione del glutine. In Eu-ropa vi è la diffusa tendenza ad introdurre i primi alimenti contenenti glutine attorno ai 6 mesi, condotta tuttavia non supportata da alcun dato scientifico. Da una parte, dati di natura epidemiologica suggerirebbero che una precoce introduzione del glutine nella dieta del bambino possa aumentare il ri-schio di sviluppo di malattia.

Per contro, è possibile ipotizzare che il ritardo nell'introduzione del glutine abbia solo l'effetto di posticipare la comparsa dei sintomi. Ciò ha portato alcuni a suggerire una precoce introduzione di glutine, ad esempio all'età di 3 mesi, al fine di “slaten-tizzare” la malattia nei soggetti a rischio, an-ticipando il più possibile il trattamento del-la stessa. Infine, uno studio recente avrebbe evidenziato un maggior rischio di celiachia sia nei bambini divezzati precocemente (pri-ma dei 4 mesi), che in quelli divezzati tardi-vamente (dopo l'ottavo mese).

Verificare, in un gruppo di lattanti a ri-schio (familiari di 1° grado di celiaci), se l'epoca di introduzione degli alimenti con-tenenti glutine nella dieta del lattante influ-enzi il rischio di sviluppare la celiachia.

Tutti i nuovi nati, familiari di 1° grado di celiaco (genitore o fratello/sorella) sono soggetti eleggibili per l'arruolamento nello studio.

Studio di intervento multicentrico, pro-spettico e controllato con assegnazione ran-domizzata al gruppo. Dato il numero di casi necessari (si veda il calcolo delle dimensio-

Obiettivo dello studio

Criteri di inclusione

Disegno dello studio

ni del campione) lo studio verrà svolto su tutto il territorio nazionale, con la collabo-razione di centri specialistici regionali, del-la Associazione Italiana Celiachia e della Società Italiana di Gastroenterologia Pe-diatrica.

Dalla nascita ai 4 mesi compiuti lo sche-ma alimentare è lo stesso in tutti i bambini arruolati, cioé allattamento esclusivo, sia es-so materno che artificiale. Al momento del divezzamento (dopo i 4 mesi compiuti) i bambini verranno divisi, mediante rando-mizzazione, in due gruppi caratterizzati da un diverso schema alimentare fino ai 12 me-si, per quanto riguarda l'apporto di cereali:

1) gruppo A. Nei bambini di questo grup-po verranno introdotti farinacei contenenti glutine quali farina lattea, pastina, semoli-no o biscotti;

2) gruppo B. Nei bambini assegnati a questo gruppo verrà mantenuta una alimen-tazione con farinacei non contenenti gluti-ne (a base di riso, mais, tapioca, etc.). Po-tranno essere utilizzati a tal fine i prodotti naturalmente privi di glutine (es. crema di ri-so o riso) o alimenti del commercio attual-mente in uso per i soggetti celiaci, quali pa-stina, farina e biscotti senza glutine. In que-sto gruppo la dieta senza glutine viene con-tinuata fino all'età di 12 mesi compiuti.

La dieta dei gruppi A e B sarà invece la stessa, dai 6 ai 12 mesi, per quanto riguarda l'apporto di altri alimenti quali latte e deri-vati, carne, frutta, verdure, etc. Tutti gli schemi alimentari per l'alimentazione sug-gerita dai 4 ai 6 mesi e quella dei gruppi A e B dai 6 ai 12 mesi verranno standardizzati e forniti come stampati alle famiglie. Dopo i 12 mesi ad entrambi i gruppi verrà suggeri-to uno schema dietetico simile, compren-dente anche i cereali contenenti glutine.

Per ciascun lattante incluso dovrà esse-re compilata una scheda individuale, nella quale verranno riportati i principali dati anamnestici, clinici e sierologici.

L'aderenza al protocollo dietetico dai 6 ai 12 mesi sarà verificata telefonicamente ogni mese mediante uno specifico questio-

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nario (questionario dietetico). I bambini ar-ruolati nel gruppo A, esposti al glutine dall'inizio del divezzamento, potrebbero presentare sintomi suggestivi di celiachia durante il secondo semestre di vita, situa-zione per la quale si rende ovviamente ne-cessaria l'esecuzione delle opportune inda-gini di laboratorio. Se in questi pazienti, a seguito del risultato degli esami, venisse diagnosticata la celiachia, essi saranno av-viati tempestivamente al trattamento con dieta senza glutine (ovviamente con regi-strazione di tali eventi nella scheda indivi-duale di raccolta dei dati).

All'età di 15 mesi, tutti i soggetti arruo-lati verranno sottoposti alla ricerca dei geni di predisposizione alla celiachia (HLA-DQ2 e DQ8) ed al dosaggio dei marcatori sierologici di celiachia (anticorpi antiglia-dina - AGA ed anticorpi antitransglutami-nasi - antitTG) e delle immunoglobuline sie-riche. Tali esami verranno ripetuti all'età di 24 e 36 mesi (possibilmente anche a 5 anni), a parte i casi eventualmente già diagnosti-cati di celiachia. Nei soggetti con anti-tTG positività (o IgG-AGA positività e deficit delle immunoglobuline sieriche di classe A), verrà suggerito, in accordo ai protocolli clinici attualmente vigenti, di confermare la diagnosi di celiachia mediante biopsia inte-stinale. Dopo il primo anno di vita, a tutti i bambini con sintomi fortemente sospetti di celiachia (calo di peso, diarrea cronica, etc), a prescindere dall'esito degli accerta-menti sierologici (se già praticati), verrà suggerito di praticare una biopsia intestina-le per l'accertamento diagnostico definiti-vo.

Quale obiettivo secondario del lavoro, in considerazione della elevata frequenza della associazione tra celiachia e diabete ti-po I, ai tempi sopra indicati (15, 24 e 36 me-si) verranno anche ricercati i marcatori sie-rologici di prediabete (anticorpi anti-GAD, anti IA2 ed anti insula).

1.Prevalenza della celiachia nei due grup-Misure di outcome

pi, rispettivamente all'età di 15, 24, 36 me-si e 5 anni.2.Prevalenza di “sieroconversione celia-ca” (anti-tTG positività) nei due gruppi.3.Prevalenza di “sieroconversione” pre-diabetica nei due gruppi.4.Andamento clinico-auxologico nei due gruppi.5.Effetto del genotipo (ad alto rischio ce-liaco o basso rischio celiaco) sulla preva-lenza della malattia.

Considerando:a) una frequenza attesa di celiachia nei fa-miliari di primo grado pari al 10%b) una differenza minima significativa di prevalenza pari al 5%c) un livello di significatività pari a 0.05d) una potenza dello studio pari allo 0.8%

dovranno essere arruolati 434 bambini in ciascun braccio dello studio.

Dimensioni del campione

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Neonato a rischiofamiliare di celiachia

Dieta senza glutine (GFD)da 0 a 4 mesi

Continua GFDfino a 12 mesi

Glutine introdottoTra i 4 e i 6 mesi

Continua dieta con glutineDopo l’anno

Dieta con glutineDai 12 mm in poi

HLA-DQ2/DQ8 + AGAe TTG a 15 mm

HLA-DQ2/DQ8 + AGAe TTG a 15mm

AGA e TTG a 24 e 36 mesiAGA e TTG a 24 e 36 mesi

Flow-chart del disegno dell'indagine

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I.R

.

Associazione Italiana Celiachia