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Hegel e il mondo romano
Facoltà di Filosofia, Lettere, Scienze umanistiche e Studi Orientali
Corso di laurea in Filosofia
Cattedra di Filosofia e scienze storico-sociali
Alessandro Armari
1386987
Relatore
Guido Coccoli
A/A 2012/2013
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INTRODUZIONE
Il mondo romano di certo non è passato alla storia come la sezione più celebre della
Fenomenologia dello Spirito, né è stato oggetto di studi approfonditi, e sicuramente non
era molto amato neanche dallo stesso Hegel. La sua collocazione temporale,
immediatamente successiva alla Bella Eticità, e il ruolo «culturale» svolto all'interno
della storia dello Spirito, quello cioè di aver infranto la dimensione idilliaca propria del
mondo greco, ne hanno irremovibilmente pregiudicato la critica.
La romanità è sempre apparsa, in linea di massima, come fase di mero
deterioramento dell'elevatissimo contenuto spirituale conquistato dai greci, come il
momento di distensione interposto tra le due vette raggiunte dall'umanità, l'età classica e
l'età moderna: l'impero romano viene additato come fautore della scissione tra
singolarità e sostanza, le quali convivevano in una perfetta unità solamente nella Bella
Eticità. Sarà compito delle popolazioni germaniche rimediare all'onta romana e
ricostituire, migliorandola, l'armonia tra l'uomo e la totalità.
Tuttavia sarebbe del tutto ingiusto limitarsi a definire il mondo romano come
momento di pura negatività culturale; confrontando i testi della Fenomenologia dello
Spirito e delle Lezioni sulla Filosofia della Storia cercheremo di far emergere quello
che è stato l'indiscutibile merito dello spirito romano e il dono da esso perpetuato,
attraverso il proprio sacrificio, alla storia dello Spirito. La romanità ha sì infranto l'unità
individuo-pòlis, che per Hegel rappresenta uno dei massimi momenti dell'evoluzione
umana, ma ha permesso all'elemento individuale, alla persona singola, all'uomo, di
potersi conoscere come «essenza in sé e per sé essente»1, come entità capace di esistere
anche al di fuori di una comunità a lui precedente e di poter fabbricare da sé i propri
valori etici senza dover far suoi artificialmente quelli collettivamente condivisi. 1 G.W.F. Hegel, Fenomenologia dello Spirito (1807), a cura di Enrico de Negri, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 2008, p. 37
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La romanità ha immolato la propria esistenza per la salvezza futura perché ha
introdotto, pur non essendo pronta a supportarne l'enorme «peso culturale», un aspetto
cruciale e necessario nel dipanarsi delle vicende storiche: l'individualità, come croce e
delizia, causa del male e fonte di massima gloria per quel popolo che, lontanissimo
dallo splendore e dalla fama raggiunti dalla Bella Eticità, ha, per primo, donato
all'uomo, in forma germinale ed incompleta, quella che si rivelerà essere il picco
massimo raggiunto dall'umanità al termine della Storia dello Spirito: la Libertà
Assoluta.
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LO STATO DI DIRITTO NELLA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO
1.1 L'introduzione della soggettività al tramonto della storia greca
Nella Fenomenologia dello Spirito la nascita della Commedia rappresenta per Hegel
la morte dello spirito della Bella Eticità, del mondo greco.
L'attore comico gioca con i contenuti politico-etici propri della tragedia, ironizza
sulla loro pretesa di avere un valore universale assoluto -«vuol essere qualcosa di
giusto»1-, scherza, facendo cadere quella maschera, oramai priva di ogni contenuto, che
era stata indossata dalle grandi personalità tragiche, tutte portatrici degli altissimi ideali
sui quali si era edificata la Bella Eticità.
Nella Nuvole Aristofane2 mostra come l'argomentazione filosofica-razionale, di
matrice socratica, sia stata capace di palesare «l'unilateralità e la conseguente
inadeguatezza a porsi come valore assoluto2» di quegli ideali.
Svuotati di ogni contenuto, i valori verranno nuovamente «riempiti» da quell'unica
autorità che ora ne viene considerata all'altezza: l'autocoscienza, , sciolti i legami che la
legavano alla sostanza collettiva, la quale divenuta essenza a sé stante, pone da sé e per
sé i nuovi contenuti etici, e li riconosce come prodotto della propria individualità: «Il
singolo Sé è la forza negativa, mediante la quale dileguano gli dei nonché i loro
1 G.W.F. Hegel, Fenomenologia dello Spirito (1807), cit., p.249 2 Il testo, di forte stampo conservatore, presenta Socrate in maniera antitetica rispetto alla visione apologetica di Platone. L'ateniese viene descritto come un vecchio dalla bassa coscienza civile-etica, attaccato più al denaro che alla salute pubblica. 2 Guido Coccoli, Arte, religione, sapere un commento alla «religione artistica» nella Fenomenologia dello spirito di Hegel , Stamen, Roma, 2008, cit., p.105