Hegel
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Hegel
La presentazione è una libera rielaborazione dei capitoli su Hegel dei testi di Brandolini, Debernardi, Leggero, Simposio vol 2, Laterza e di Sacchetto, Desideri, Petterlini, L'esperienza del pensiero vol 4, Loescher.
Chi desiderasse la versione stampabile può richiederla a [email protected]
Hegel elabora una riflessione filosofica in relazione agli avvenimenti storici, essendo pienamente convinto che ogni filosofia è l'espressione concettuale del proprio tempo ed ha come scopo ultimo lo scoprire qual è la ragione profonda della propria epoca.
Dice Hegel: Noi dobbiamo cercare nella storia universale il fine ultimo del mondo, e non una forma particolare dello spirito soggettivo o del sentimento; dobbiamo coglierlo mediante la ragione che non può prendere interesse ad alcun fine particolare finito, ma soltanto al fine assoluto [...] dobbiamo portare nella storia la fede e il pensiero che il mondo della volontà non si rimette nelle mani del caso. Che negli avvenimenti dei popoli domini uno scopo finale, che nella storia universale vi sia una ragione.
La ragione, quindi, per Hegel, domina la storia, ma lo fa di nascosto, almeno rispetto alla capacità di comprensione degli uomini. La filosofia può tuttavia disvelare ciò che rimane nascosto e cioè che la storia ha uno scopo ed è guidata verso di esso dalla ragione: lo scopo della storia è quindi razionale come la forza che la indirizza.
Il senso nascosto dei fatti è in ultima analisi lo svolgersi stesso della ragione e del progresso e questo svolgersi è la storia stessa del mondo.
Ma, se la filosofia è l'unico modo per scoprire la razionalità profonda della storia, come può la filosofia stessa comprendere pienamente il reale? Per Hegel la filosofia deve realizzare una mediazione tra la realtà attuale e lo scopo finale della storia, tra finito e infinito.
Hegel in un primo tempo riconosceva nell'amore cristiano il modo per riunificare l'uomo e la divinità, superando la scissione Dio-uomo, propria dell'ebraismo.Presto però abbandona tale posizione e, osservando che arte e religione sono momenti subordinati rispetto alla filosofia, arriva a concludere che la religione propone in modo semplificato i contenuti della filosofia.
Anche il modo greco ha tentato, secondo Hegel, di realizzare la mediazione tra finito e infinito; nella polis era possibile realizzare questa mediazione in quanto il singolo era parte di una totalità: lo stato.
Tuttavia proprio l'attenzione al suo tempo e la difficoltà di operare tra spinte opposte e discordanti, come dimostrava la difficoltà di governare la bestia selvaggia dell'economia, convincono Hegel a cercare un'altra soluzione: la realtà come processo dinamico in cui le opposizioni vengono superate dalla stesso processo storico di costituzione del reale che le aveva poste.
Le opposizioni osservate nella realtà vanno ricondotte alla totalità che le comprende e non considerate come momenti separati e opposti, e in questa separazione e opposizione cristallizzate.
Così l'assolutismo di Luigi XVI e la rivoluzione del 1789 solo se presi per se stessi possono apparire contraddittori e non momenti necessari di un più ampio processo.
Bisogna invece dare della realtà una lettura che ricomponga le contraddizioni e realizzi la sintesi tra gli opposti, ovvero li riconduca in una prospettiva che assume sia la loro separazione che la loro ricomposizione. Per ottenere tale risultato è necessario ricorrere alla dialettica, a quello strumento che operando col togliere per conservare supera progressivamente ogni limitazione e contraddizione ricomponendole nel tutto.
La filosofia quindi non irrigdisce il reale in un concetto astratto scisso dalla totalità e invece ogni momento del reale è un momento di un più ampio processo concettuale. E' la dialettica che esprime tale processo, dialettica che in Hegel significa contrapposizione, intesa come elemento fondamentale della realtà e del pensiero.
Se noi assumiamo come esempio l'esistenza di una qualsiasi cosa, una mela piuttosto che l'Ancien regime, possiamo ben esprimere il carattere della dialettica hegeliana. Infatti la cosa in questione, considerata in sé è il primo momento del movimento dialettico: è la tesi, è la cosa in quanto esiste qui ed ora. Se però un soggetto si rapporta alla cosa, questa non cambia nelle sue caratteristiche, non viene considerata per ciò che è in sé, ma per come appare ad un altro, ovvero il soggetto che la considera: il soggetto considera la cosa per sé, ovvero il momento dell'antitesi.
Tesi ed antitesi sono la negazione parziale l'una dell'altra: esse si implicano e sono indissolubilmente legate nella loro relazione: senza il fiore non c'è il frutto, che, quando esiste, nega l'esistenza del fiore.
Pur essenziali, tesi ed antitesi sono due momenti parziali ed astratti: il momento della sintesi è quello totale, concreto della verità. Solo nella sintesi la cosa è considerata in sè e per sé, ovvero la considerazione scientifica dell'oggetto in tutti i suoi aspetti e non solo quale esso è in sé o quale appare ad un soggetto.
Tesi, antitesi e sintesi, ovvero in sé – per sé – in sé e per sé, rappresentano, nella riflessione, il movimento del reale che, nella sua processualità, ci porta a cogliere in ultimo la verità assoluta.
Dal punto di vista conoscitivo, la facoltà umana che si arresta al livello dell'antitesi, cogliendo solo opposizioni inconciliabili e contraddizioni, è l'intelletto, che avverte le differenze senza cogliere la totalità. La ragione, invece, opera a livello di sintesi e sa elevarsi al di sopra della reciproca esclusione dei contrari, cogliendone l'unità.
Dice Hegel: Il vero è il divenire di se stesso, il vincolo che presuppone e ha all'inizio la propria fine come proprio scopo, e che solo mediante l'attuazione e mediante la propria fine è effettuale. Il vero è l'intero.Ma l'intero è soltanto l'essenza che si completa mediante il suo sviluppo. Dell'Assoluto si deve dire che esso è essenzialmente risultato, che solo alla fine è ciò che è in verità; e proprio in ciò consiste la sua natura, nell'essere effettualità, soggetto o svolgimento di se stesso.
Applicando lo schema dialettico al reale nel suo complesso abbiamo: la natura, intesa come esistenza materiale, quale tesi; l'idea, ovvero l'immaterialità del pensiero come antitesi; lo spirito, inteso come ragione che si esplica interamente nella realtà in quanto natura e che è divenuta pienamente cosciente di sé in quanto idea. La ragione in quanto spirito è natura ed idea e le implica in una sintesi che le supera e le comprende.
Anche lo spirito sottostà al movimento dialettico. E' spirito soggettivo in quanto singolo uomo; è spirito oggettivo in quanto rappresenta le istituzioni realizzate dall'uomo; è spirito assoluto in quanto l'idea ritorna in se stessa dopo essersi alienata nella natura, cioè dopo essersi trasformata in qualcosa diverso da sé.
Nei termini fin qui considerati, la prospettiva del movimento è quella umana e storica. Detto altrimenti, l'emersione dalla natura dello spirito umano. Se però si considerano i tre momenti in modo assoluto, si può rappresentare lo schema dialettico nella triade idea natura spirito. L'idea si aliena nella natura, tesi antitesi, per riemergere come spirito, sintesi. Lo spirito è insomma il ritorno dell'idea in se stessa attraverso la trasformazione in ciò che è diverso da sé.
Il processo dialettico dello spirito è un movimento circolare, fisico e metafisico: l'idea precede la natura, la ordina, la determina e si fa essa stessa natura dando origine allo spirito. Questo movimento circolare assume che il vero è l'intero e che quindi la verità può essere raggiunta solo considerando la realtà nel suo complesso.
Per Hegel la filosofia serve a scandagliare il reale, il reale che risulta da un processo di per se stesso razionale. Siamo di fronte ad un processo circolare, nel quale la realtà è l'attuazione del pensiero astratto, l'idea che si fa prima natura inconsapevole e poi ritorna su di sé, raggiungendo la consapevolezza di sé come spirito.
Hegel può quindi affermare Ciò che è razionale è reale e ciò che è reale è razionale e quindi identificare logica e metafisica affermando che La logica coincide con la metafisica, con la scienza delle cose date in pensieri, i quali pensieri perciò appunto sono stati considerati come esprimenti l'essenza delle cose.
Nella Fenomenologia dello spirito Hegel tratta dell'emergere dell'idea come spirito dalla natura, rappresentando il processo dialettico, idea natura spirito, dal momento in cui l'essere vivente prende coscienza di sé.
Certezza sensibile Spirito verso l'eticitàCoscienza Percezione Spirito Spirito che si è estraniato da sé (Cultura)
Intelletto Spirito che è certo di sé (la moralità)
Dialettica servo padrone (indipendenza dipendenza Religione naturale
Autocoscienza .dell'autocoscienza) Religione Religione dell'arteStoicismo Scetticismo Coscienza infelice Religione rivelata (Cristianesimo)(liberazione dell'autocoscienza)
Ragione osservativaAttuazione dell'autocoscienza razionale
Ragione (mediante se stessa) Rappresenta la totalità dei momenti L'individualità che è reale in sé e per sé Sapere .nella loro sinteticità.
Assoluto Nella sezione sul sapere assoluto tutte le precedenti tappe e figure ritornano
Struttura della Fenomenologia dello spirito
Nelle sezioni iniziali della Fenomenologia, Hegel, riferendosi a coscienza e ad autocoscienza, dimostra che lo spirito nasce a causa del desiderio, che, al contrario di quelli elementari e naturali, allontana dalla natura e determina il primo manifestarsi della dimensione dello spirito: il desiderio di essere riconosciuti come autocoscienza.
Un'autocoscienza non può riconoscere e convalidare da sé la propria esistenza spirituale: solo l'incontro con un'altra autocoscienza, anch'essa desiderosa di riconoscimento, lo rende possibile.
Siamo di fronte al momento storico non definito, quando gli uomini si sono incontrati e riconosciuti come uomini, come autocoscienze cioè: solo attraverso il reciproco rispecchiamento ogni essere umano si riconosce. Ma questo incontro – riconoscimento è pericoloso e può comportare la perdita della vita.
Dice Hegel: Il rapporto tra le due autocoscienze, dunque, si determina come un dar prova di sé, a se stesso e all'altro mediante la lotta per la vita e per la morte. La necessità di questa lotta risiede nel fatto che ciascuna autocoscienza deve elevare a verità, nell'altro e in se stessa, la propria certezza di esser per sé. Ed è soltanto rischiando la vita che si mette alla prova la libertà; solo così si dimostra che l'essenza dell'autocoscienza non è nell'essere.
In questi termini filosofici, Hegel rappresenta l'emergere delle società schiavili e dà luogo a quella che è universalmente nota come la dialettica servo – padrone.
Il signore, pur vincendo lo scontro con il servo, dipende dal lavoro di questi ed il servo, proprio per tale motivo, può affermare la propria forza ed affrancarsi dal rapporto di servaggio. Il servo scopre, infatti, che col lavoro nega la natura, in quanto nega al mondo materiale la sua esistenza separata e non si limita soltanto a consumarlo e a dissiparlo. Umanizza quindi la natura e così il lavoro fa sì che l'autocoscienza (il servo) si riconosca nell'oggettività del mondo umanizzato.
Dice Hegel: In realtà, la coscienza giunge a se stessa mediante il lavoro. Nel momento corrispondente al desiderio nella coscienza del signore, sembrava che alla coscienza servile spettasse il lato del rapporto inessenziale verso la cosa, poiché in tale rapporto la coscienza mantiene la propria autonomia. Il desiderio si è riservato la pura negazione dell'oggetto, e quindi l'integrità del sentimento di sé. Tuttavia, mancandogli il lato oggettivo, cioè la sussistenza, questo appagamento è anch'esso soltanto un dileguare. Il lavoro, invece, è desiderio tenuto a freno, è un dileguare trattenuto, e ciò significa: il lavoro forma, coltiva.
Stoicismo e scetticismo sono le conseguenze della scoperta della negazione che l'uomo esercita sulla natura. Lo stoicismo esprime il tentativo dell'uomo di ignorare la natura, esprimendo la propria autosufficienza. Lo scetticismo è invece la negazione dell'oggettività della natura.
Si giunge così alla Coscienza infelice che è tale perché non sa di essere tutta la realtà e che quindi viene a trovarsi scissa in un mondo conflittuale: più tenta di elevarsi a Dio con l'ascesi, più si trova da sola davanti all'Assoluto.
Con la coscienza infelice si conclude la sezione della Fenomenologia dedicata all'autocoscienza ed inizia la parte dedicata alla ragione.
La ragione tenta di costruire l'universale morale, in modo da dare alle azioni del soggetto non una realtà limitata, ma una realtà più ampia. In questa sua attività la ragione fallisce: solo lo spirito oggettivo può realizzare l'universalizzazione dell'agire umano. Per Hegel, infatti, la verità è accessibile soltanto dalla prospettiva dello svolgersi degli eventi nella loro interezza. La stessa verità del singolo individuo deriva da un processo più ampio, che lo tracsende e nel contempo lo include.
Ciò avviene, appunto, quando lo spirito oggettivo si manifesta come moralità e ciò avviene all'interno della famiglia e della comunità. Ogni comunità si dà delle leggi che possono entrare in conflitto con le leggi umane dei sentimenti e degli affetti. Tale conflitto è rappresentato da Antigone e la la situazione di contrasto tra la legge della città (Creonte) e la legge dei sentimenti (Antigone) è superata con la costituzione dello Stato e l'istituzione dell'uguaglianza giuridica.
Hegel analizza il concetto di Stato partendo dall'impero romano, per poi passare all'assolutismo francese del XVII secolo e quindi all'Illuminismo come critica dello Stato stesso, critica che sfocia nella libertà del terrore giacobino. L'analisi è conclusa con la critica del formalismo della legge morale kantiana: per Kant la libertà vuole essere legge morale universale, ma questo è impossibile perché il singolo non può universalizzarsi. Per Hegel questo è l'atteggiamento dell'anima bella che teme la macchia, che giudica e non agisce.
La Fenomenologia si chiude con la religione come forma di educazione dei popoli. Da qui si passa al sapere assoluto.
La filosofia di Hegel è sapere assoluto perché permette di comprendere la totalità e di interpretarla in quanto essa riguarda la totalità: come storia in quanto realizzarsi della ragione; come origine e conclusione della storia perché nell'origine e nella conclusione sono date le motivazioni di ciò che nella storia accade; come soggetto umano che è parte della ragione che incarna; come natura che è il sostrato amorfo da cui lo spirito si sviluppa. Il campo di indagine è quindi il tutto.
In modo analogo la storia della filosofia è un tutto organico. Dice Hegel: La storia della filosofia mostra, nelle varie filosofie apparentemente diverse, da un lato che esse sono soltanto un'unica filosofia a diversi gradi di elaborazione, dall'altro che i principi particolari, ciascuno dei quali faceva da fondamento a un sistema, sono soltanto rami di un unico medesimo tutto. La filosofia cronologicamente ultima è il risultato di tutte le precedenti e deve perciò contenere i principi di tutte.
La filosofia è quindi la forma perfetta del sapere perché spiega le varie strutture della realtà e indica il senso dei fatti storici. In tal modo si costituisce un sistema che dà un'immagine totale e coerente del reale.
Nel sistema la disposizione delle parti non è più processuale come nella Fenomenologia, ma logica. Le parti che scandiscono il sistema (Logica, Filosofia della natura, Filosofia dello spirito) non sono più figure storiche in successione, ma evidenziano una dimensione strutturale.
Dice Hegel: Come di una filosofia non può darsi una rappresentazione generale preliminare, perché solo il tutto della scienza è la rappresentazione dell'Idea, così anche la sua partizione non può essere compresa se non mediante l'Idea: la partizione è qui , come l'Idea da cui si desume qualcosa di anticipato. Ora l'Idea si dimostra essere il pensiero identico senz'altro con se stesso, e questo insieme, come l'attività che si pone di fronte a sé a fin di esser per sé, ed in quest'altro da sé giungere soltanto a sé. Onde la scienza si divide in tre parti:La Logica, la scienza dell'Idea in sé e per sé;La Filosofia della Natura, come la scienza dell'Idea nel suo alienarsi da sé;La Filosofia dello Spirito, come la scienza dell'Idea, che dal suo alienamento ritorna in sé.
Il sistema filosofico hegeliano si basa quindi dialetticamente sulla triade:
idea ( in sé – logica )natura ( per sé - filosofia della natura)
spirito ( in sé e per sé - filosofia dello spirito )
Ognuno di questi elementi si suddivide in una triade successiva ed ognuna di queste suddivisioni in un ulteriore momento triadico. Vediamo alcuni esempi: nella prima parte della Logica, Hegel pone alcune determinazioni astratte, partendo dalla categoria di essere la cui antitesi è il nulla e la cui sintesi è il divenire. Altro esempio si ha a livello di natura che si articola in meccanica, fisica e organica. A livello di organica emerge la vita animale e quindi l'uomo. In tal modo la filosofia assume anche un ruolo preminente nell'indagine naturalistico – scientifica.
Più interessante è il movimento triadico dello spirito che si articola ulteriormente in momenti successivi:SPIRITO SOGGETTIVO: antropologia – fenomenologia - psicologia
SPIRITO OGGETTIVO: diritto – moralità - eticitàSPIRITO ASSOLUTO: arte – religione -filosofia
Lo spirito soggettivo è il momento della soggettività individuale chiusa in se stessa. Lo spirito oggettivo è la libertà dello spirito oggettivato in istituzioni sociali concrete. Lo spirito individuale, soggettivo, viene indagato e compreso con l'antropologia, la fenomenologia e la psicologia. La relazione fra i vari individui determina la vita sociale che è concretizzata dallo spirito oggettivo, ovvero una forma più alta della ragione, in quanto, come sostiene Hegel, ciò che è più generale è più vero di ciò che è particolare: l'unione degli spiriti oggettivi è più “vera” dei singoli. Lo spirito assoluto è lo spirito in quanto perfetta conoscenza di sé: è coscienza, e ha dimensione autentica, o coincidenza con se stesso, nella forma più elevata della coscienza, la conoscenza.
Diritto, moralità ed eticità indagano lo spirito oggettivo. Il diritto è una costrizione in quanto prevede sanzioni e punizioni. La moralità, antitetica al diritto, è subordinazione volontaria della volontà al dovere. L'eticità è la sintesi tra questi due momenti. Essa viene definita come obbedienza alle leggi dello Stato senza costrizione, perché esse sono interiorizzate dal cittadino e corrispondono alla sua più profonda spiritualità.
Dice Hegel: Il bene, che qui è fine universale, non deve restare semplicemente nel mio interno, ma anche realizzarsi [...] la moralità ed il momento precedente del diritto sono due astrazioni, la cui verità è solamente l'eticità
In questa prospettiva lo Stato è la massima manifestazione dialettica dello spirito oggettivo e lo stato prussiano è la sua concretizzazione.
Idea Natura Spirito
Soggettivo Oggettivo Assoluto
Diritto Moralità Eticità
Famiglia Società civile Stato
Famiglia, Società civile e Stato sono già tre momenti dell'eticità e sono uno rispetto all'altro un universale in rapporto ad un particolare. La famiglia è un legame personale, fisico e spirituale; con la famiglia si manifesta il problema del lavoro e dell'incontro con altre famiglie nella società civile.
La società civile trova, in particolare, nel lavoro, inteso come esteriorizzarsi dell'idea nella natura, la sua più solida manifestazione, mentre è solo con lo Stato che le singole volontà individuali si definiscono in quanto volontà universale: lo Stato è espressione dello spirito, precede e persiste al momento della sua creazione e, soprattutto, non sono i cittadini a costituire lo Stato, ma lo Stato a determinare i cittadini.
Dice Hegel: Lo Stato è il luogo nel quale ha luogo la prodigiosa unione dell'autonomia della individualità e della sostanzialità universale. Il diritto dello Stato è quindi più alto degli alti gradi: è la libertà nella sua concreta formazione, la quale cede, ancora, soltanto alla suprema assoluta verità dello Spirito universale. Lo Stato, in quanto è la realtà della volontà sostanziale, è il razionale in sé e per sé. Quest'unità sostanziale è fine a se stessa, assoluto, immoto, nel quale la libertà giunge al suo diritto supremo, così come questo scopo finale ha il più alto diritto, di fronte ai singoli, il cui dovere supremo è di essere componenti dello Stato.
A partire dalla realizzazione dello Stato, passando per l'arte, la religione e la filosofia si completa il processo dialettico dello Spirito che si realizza come Spirito Assoluto, come spirito infinito che riassume in sé ogni realtà concreta. Ma né l'arte né la religione esprimono lo spirito in modo autentico; solo la filosofia, che è sistema, può esprimere compiutamente lo Spirito Assoluto in quanto processo storicamente realizzantesi.
L'arte esprime lo spirito nella forma dell'intuizione sensibile. Suo primo momento è l'arte simbolica cui segue l'arte classica, con il pieno adeguamento della forma al contenuto. Il processo dell'arte si conclude con l'arte romantica, ovvero cristiana, nella quale si avverte l'inadeguatezza di ogni forma sensibile, rispetto alla quale il contenuto è sempre sovrabbondante. Questa incapacità dell'arte ad esprimere l'Assoluto determina la morte dell'arte.
A sua volta, la religione coglie la realtà dello spirito con la rappresentazione, intermedia fra l'intuizione sensibile e il concetto. La religione presenta anch'essa uno svolgimento storico che culmina nel cristianesimo, religione che con la trinità prefigura la dialettica e che nella persona di Cristo ha unificato finito ed infinito, umano e divino.
D'altra parte la religione non può spiegare razionalmente tutte le sue figure, quindi solamente la filosofia può esprimere pienamente l'Assoluto attraverso i concetti. La filosofia hegeliana si pone, infine, come pieno e perfetto compimento della storia del pensiero filosofico, quindi come sapere assoluto.
Dal punto di vista del sapere assoluto la storia appare nella sua verità: ogni stato è un assoluto che si contrappone ad altri assoluti e non può subire volontà ad esso esterne. La contrapposizione, anche violenta, tra gli stati è l'attuarsi della storia del mondo, ovvero l'affermazione costante della ragione. In ogni conflitto, infatti, ha la meglio il popolo che più incarna la ragione.
Dice Hegel: La Ragione domina il Mondo e dunque anche nella storia universale le cose sono andate razionalmente. Questo convincimento e riconoscimento è un presupposto, riguardo la storia come tale.
a cura di Pietro Volpones – dicembre 2006