HA COSTRUITO IL FUTUROE GIOCA PER PASSIONE

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allegato 5 al n° 10 - 24 OTTOBRE 2012 - DISTRIBUZIONE GRATUITA Alessandro Marro, ragazzo del Sud che sognava di imitare Maradona di Santino Smedili Fu nel 1984 che Diego Armando Maratona fu presentato uffi- cialmente allo Stadio San Paolo di Napoli, mandando in visibilio 70 mila persone che aspettavano, assieme al campione argenti- no, la riscossa della squadra partenopea. In quel lontano 1984 nasceva anche Alessando Marro, figlio di avellinesi trapiantati a Milano. Cosa lega Maratona a Marro lo abbiamo scoperto solo dopo aver potuto parlare con Alessandro, incontrato nel risto- rante che egli stesso gestisce a Rozzano, immediata periferia di Milano, cittadina che dai 2700 abitanti registrati al Censimento del 1951, quindi prima del miracolo economico e del fenomeno dell’emigrazione, supererà i 30 mila abitanti avvicinandosi ai 40 mila nei decenni successivi. Alessandro Marro ha 28 anni, ed è stata una promessa del mondo del calcio. Singolare la sua sto- ria, poiché è stato proprio lui ad accorgersi che avrebbe potuto raggiungere traguardi più prestigiosi solo se si fosse legato a doppio filo con chi, nel calcio e nelle società sportive, conta di più… A nulla vale la classe quando chi comanda ti mette da parte. Alessandro inizia a tirare calci ad un pallone da bambino: aveva solo 6 anni, ed un fiuto innato per la rete! A 13 anni ha la possibilità di lasciare Rozzano, dove gioca decine e decine di partite, segnando centinaia di reti (stiamo parlando di un ragaz- zo…) per approdare all’Atalanta. Lì sarebbe stato mantenuto a scuola, e avrebbe potuto coronare un sogno. Ma come si fa a lasciare la famiglia, a soli 13 anni, per andare da estraneo in una grande città? C’è tanta perplessità nei suoi genitori, meri- dionali che vedono nel piccolo Alessandro il nuovo Maradona, al punto che il numero che lui porta sulla maglietta è proprio il 10! No, non se la sentono, e anche la giovane promessa del calcio rinuncia, forse a malincuore. Ancora oggi, a soli 28 anni, attribuisce a quell’esitazione la sua permanenza nelle serie inferiori, piuttosto che il salto di qualità in quelle nelle quali a- vrebbero militato poi tanti altri ragazzi che, in Lombardia, tirano calci ad un pallone ed hanno maggiori possibilità di essere sco- perti dai tanti talent scout che girano i campi. Ci fa un nome: Piovaccari, suo coetaneo, cresciuto nella Pro Patria e capocan- noniere della Serie B nel 2010/11. Una strada lunga, ma non in salita, quella che percorre Alessandro Marro, passato dalle rap- presentative giovanili, anche con quella della sua regione, a formazioni di assoluto rispetto, ricoprendo il ruolo di trequartista e ispirandosi sempre al suo mito, quel Diego Armando Marado- na che tanto ha dato alla città di Napoli e a tutti i napoletani sparsi in Italia e nel mondo! Segna decine di reti, anno dopo anno, ben 81 in cinque stagioni. Prima di fermarsi perchè si accorge che deve pensare al suo futuro. Quale potrebbe essere il futuro di un ragazzo che corre dietro un pallone nei campi erbosi della sua regione? No, siamo fuori strada, ci dice con un sorriso che tradisce le sue origini meridionali, che ti riempie di gioia. E ci dichiara apertamente che non avrebbe potuto fare troppa strada, nonostante tutto: pochi legami con chi conta ve- ramente, e il rischio di finire i suoi anni in panchina, senza poter avere la soddisfazione di esibirsi nei suoi traversoni, di gonfiare la rete con i suoi tiri, di esultare con i compagni. Non ha tutti i torti, e guardandoci attorno ci rendiamo conto che tutto il mondo è paese. Comunque non decide di smettere, la passione per il calcio è troppo grande: ma la convinzione che deve essere lui stesso protagonista del suo futuro, nonostante la giovane età, si fa largo prepotentemente, al punto che, nel giro di pochi mesi, decide di investire in una attività che dovrà essere per lui e per altre famiglie una fonte di guadagno… (segue a pag. 2)

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Alessandro Marro, ragazzo del Sud che sognava di imitare Maradona

di Santino Smedili

Fu nel 1984 che Diego Armando Maratona fu presentato uffi-cialmente allo Stadio San Paolo di Napoli, mandando in visibilio 70 mila persone che aspettavano, assieme al campione argenti-no, la riscossa della squadra partenopea. In quel lontano 1984 nasceva anche Alessando Marro, figlio di avellinesi trapiantati a Milano. Cosa lega Maratona a Marro lo abbiamo scoperto solo dopo aver potuto parlare con Alessandro, incontrato nel risto-rante che egli stesso gestisce a Rozzano, immediata periferia di Milano, cittadina che dai 2700 abitanti registrati al Censimento del 1951, quindi prima del miracolo economico e del fenomeno dell’emigrazione, supererà i 30 mila abitanti avvicinandosi ai 40 mila nei decenni successivi. Alessandro Marro ha 28 anni, ed è stata una promessa del mondo del calcio. Singolare la sua sto-ria, poiché è stato proprio lui ad accorgersi che avrebbe potuto raggiungere traguardi più prestigiosi solo se si fosse legato a doppio filo con chi, nel calcio e nelle società sportive, conta di più… A nulla vale la classe quando chi comanda ti mette da parte. Alessandro inizia a tirare calci ad un pallone da bambino: aveva solo 6 anni, ed un fiuto innato per la rete! A 13 anni ha la possibilità di lasciare Rozzano, dove gioca decine e decine di partite, segnando centinaia di reti (stiamo parlando di un ragaz-zo…) per approdare all’Atalanta. Lì sarebbe stato mantenuto a scuola, e avrebbe potuto coronare un sogno. Ma come si fa a lasciare la famiglia, a soli 13 anni, per andare da estraneo in una grande città? C’è tanta perplessità nei suoi genitori, meri-dionali che vedono nel piccolo Alessandro il nuovo Maradona, al punto che il numero che lui porta sulla maglietta è proprio il 10! No, non se la sentono, e anche la giovane promessa del calcio rinuncia, forse a malincuore. Ancora oggi, a soli 28 anni,

attribuisce a quell’esitazione la sua permanenza nelle serie inferiori, piuttosto che il salto di qualità in quelle nelle quali a-vrebbero militato poi tanti altri ragazzi che, in Lombardia, tirano calci ad un pallone ed hanno maggiori possibilità di essere sco-perti dai tanti talent scout che girano i campi. Ci fa un nome: Piovaccari, suo coetaneo, cresciuto nella Pro Patria e capocan-noniere della Serie B nel 2010/11. Una strada lunga, ma non in salita, quella che percorre Alessandro Marro, passato dalle rap-presentative giovanili, anche con quella della sua regione, a formazioni di assoluto rispetto, ricoprendo il ruolo di trequartista e ispirandosi sempre al suo mito, quel Diego Armando Marado-na che tanto ha dato alla città di Napoli e a tutti i napoletani sparsi in Italia e nel mondo! Segna decine di reti, anno dopo anno, ben 81 in cinque stagioni. Prima di fermarsi perchè si accorge che deve pensare al suo futuro. Quale potrebbe essere il futuro di un ragazzo che corre dietro un pallone nei campi erbosi della sua regione? No, siamo fuori strada, ci dice con un sorriso che tradisce le sue origini meridionali, che ti riempie di gioia. E ci dichiara apertamente che non avrebbe potuto fare troppa strada, nonostante tutto: pochi legami con chi conta ve-ramente, e il rischio di finire i suoi anni in panchina, senza poter avere la soddisfazione di esibirsi nei suoi traversoni, di gonfiare la rete con i suoi tiri, di esultare con i compagni. Non ha tutti i torti, e guardandoci attorno ci rendiamo conto che tutto il mondo è paese. Comunque non decide di smettere, la passione per il calcio è troppo grande: ma la convinzione che deve essere lui stesso protagonista del suo futuro, nonostante la giovane età, si fa largo prepotentemente, al punto che, nel giro di pochi mesi, decide di investire in una attività che dovrà essere per lui e per altre famiglie una fonte di guadagno… (segue a pag. 2)

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HA COSTRUITO IL FUTURO E GIOCA PER PASSIONE! di Santino Smedili

Nasce così il Ristorante MARRO, pro-prio come nel logo che viene riprodotto a fianco, in cui a lavorare ci sono 12 persone. Una squadra di calcio con una riserva, gli faccio notare! Sorride, per-ché non ci aveva ancora pensato. Un ristorante che è diventato un punto di riferimento per centinaia di persone di Rozzano e dell’immenso interland mila-nese, con prezzi concordati a pranzo per un menù turistico di 10 euro, pro-prio per venire incontro alle esigenze

dell’alto numero di operai della zona, e non solo. Con dieci euro a Milazzo non mangi neanche una pizza, mi viene da pensare, ed è la verità! Ma la sera il divertimento è assicurato, ed anche il menù si arricchisce di portate. Poi c’è il sabato, con i giovani che affollano il locale, fino a tarda ora, mentre la domenica il piatto forte è garantito da decine di giovani in tuta, provenienti da diversi centri della Lombardia: sono i giocatori delle squadre di calcio che non possono tradire Alessandro Marro e la sua squadra di 12 elementi, tutti efficienti e puntuali! E’ l’unico giorno in cui anche lui si siede a tavola con i suoi compagni per il consueto pranzo, prima di allontanarsi per un nuovo incontro di calcio. Smette i panni del “principale”, mentre gli altri avventori lo guardano, curiosi. Vorrebbero saperne di più… “Ma quello non è il titolare?”, chiede qualcuno al cameriere… “Sì, ma anche lui gioca a palla. Lo dovreste vedere. E’ bravissimo!”. La curiosità di saperne di più ti stuzzica. Ed allora ti fai raccontare la sua storia, cercando di stare attento ai particolari. E immagi-ni questo ragazzo correre sui prati erbosi, e lo rivedi bambino, dribblare tanti suoi coetanei e cercare di superare l’estremo difensore, proteso nel vano tentativo di fermare il pallone che si insaccava, fra le urla di gioia di tanti napoletani emigrati al Nord, che rivedevano in lui, lontano dal San Paolo ma in una città in cui loro stessi erano tanti, un erede del grande Diego Armando Maradona, che aveva strabiliato i 70 mila dello stadio quel lontano 5 luglio del 1984, ed aveva segnato la riscossa di una città del profondo Sud con il primo attesissimo scudetto! Domani sarà qui Alessandro, mi dice la sorella, oggi è andato per la sua partita. “Lo dovrebbe veder giocare, aggiunge. Ma perché lo cerca? Un’intervista? Per un giornale del Sud? Ma è magnifico, sarà contento… Domani, senz’altro. Appena rientra glielo anticipo!”

Già, un giornale del Sud. Siamo noi! TERMINAL sbarca a Milano, per incon-trare casualmente un ragazzo di periferia, che ha la passione del calcio ma ha pensato al suo futuro, e ha stabilito che sarebbe stato giusto concretizza-re per garantire ad altri un futuro, prima del giorno fatidico della decisione di appendere le scarpe al chiodo! No, meglio approfittare. L’intraprendenza dei meridionali, la simpatia, il coraggio, la decisione di far presto, la collaborazio-ne di chi accetta di lavorare al suo fianco, e poi la popolarità, l’affetto dei suoi conterranei e quello di tanti giovani di Milano e dintorni, e la solidarietà di tante squadre di calcio che ogni domenica affollano il locale, prima di scen-dere in campo! Ecco, in breve, la storia di un ragazzo come tanti altri, che ha scritto con le sue scelte la sua carriera. Un ragazzo del Sud, perché si sente profondamente del Sud nonostante la registrazione anagrafica, che ha per tutti i suoi clienti un sorriso! Una stretta di mano, un abbraccio, un saluto e via, prima di darsi l’appuntamento al giorno successivo o alla settimana do-po, o a chissà quando! La gioia di averlo conosciuto, di aver sentito la sua storia, e il calore di un ambiente familiare… Uscendo, contenti, abbiamo avuto la certezza di avere assistito ad un incontro della nostra squadra, piut-tosto che essere stati in un ristorante! L’ultima stretta di mano suggella la vittoria… alla cassa c’è lui, Alessandro. Autore ancora una volta della rete della vittoria!

Dedicato a tutti quei milazzesi che pensano che senza i Lo Monaco non si possa fare calcio! Do-menica scende al Grotta di Polifemo una squadra della provincia di Ferrara: la Giacomense. Si tratta di una società calcistica di Masi San Giacomo, frazione di Masi Torello (FE). La Giacomense rap-presenta nel panorama calcistico il più piccolo paese in assoluto di tutto il calcio professionistico italiano. E’ famosa per il settore giovanile, che conta ben 10 squadre: dalla scuola calcio fino alla Berretti. La politica giovanile messa in campo in questi ultimi anni ha fatto sì che la dirigenza della Lega Pro la porti ad esempio a livello nazionale come una società piccola possa far calcio con buoni risultati e costi minimi in un mondo, quello del calcio, che ogni giorno diventa sempre più difficile e problematico. Quest’anno si è affidata alle cure di Fabio Gallo, 42 ani, ex giocatore eclet-tico dell’Atalanta, dove ha ricoperto vari ruoli. Do-po aver allenato le giovanili dell’Atalanta (prima gli Allievi e poi la Primavera) ha accettato la panchina della Giacomense, che rappresenta la sua prima panchina tra i Pro. Ama giocare con un insolito schema del 4-3-1-2. Il gioiello di casa è il portiere De Marco Turac, 20 anni, proveniente dall’Ales-sandria, reduce da un’ottima prestazione nella gara di domenica scorsa persa con il Bassano per 1 a 0 e il “vecchio” Massimiliano Verricchio di 36 anni, che finora ha realizzato ben 6 reti, che lo pongono al secondo posto nella classifica dei can-nonieri dietro a Virdis, che appare irraggiungibile con i suoi 12 centri finora realizzati. La Giacomen-se indossa i colori bianco- rossi a strisce ed occu-pa attualmente la quart’ultima posizione con 7 punti. Una partita quindi da vincere per la nostra squadra.

I PROSSIMI AVVERSARI: GIACOMENSE di Attilio Andriolo

Albergo, ristorante, terrazza panoramica, garage custodito

Via dei Mille, tel. 090/9286784

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VUOI FARE SOLDI NEL CALCIO? VIENI A MILAZZO, T’INSEGNERO’ COME SI FA...

Non è facile parlare del Milazzo questa settimana. Innanzi tutto perché la sconfitta rimediata in terra romagnola ci ha depresso avendo sancito l’ultimo posto in classifica dei nostri ragazzi, anche se in condominio con il Casale ed il Fano, mentre la quo-ta salvezza è distante quattro punti, quanti ne mancano per agguantare il Santarcangelo e la Giacomense, che scenderà al Grotta di Polifemo domenica prossima. Bisogna comunque sot-tolineare che, se il Casale e il Fano non avessero avuto inflitti 5 punti l’uno ed 1 punto l’altro di penalizzazione, il Milazzo si sa-rebbe ritrovato da solo a chiudere la classifica. La posizione dei mamertini non sarebbe comunque da considerare drammatica, se i problemi societari non pesassero come un macigno sul rendimento della squadra. Ecco il problema vero ed insormon-tabile, che il Milazzo si troverà ad affrontare e cercare di risolve-re al più presto, se vuole continuare a nutrire speranze di sal-vezza. Vediamo di fare il punto. La società sembrerebbe salda-mente nelle mani della vecchia gestione, che in realtà l’aveva mollata al gruppo Peditto quest’estate solo a parole, ma in con-creto ne ha sempre conservato la responsabilità legale ed am-ministrativa. Come tutti sanno ormai i vecchi proprietari stanno lì a contare i giorni che li separano dalla scadenza fissata dalla Lega pro per fare cassa, come si suol dire. A nessuno di noi è dato sapere di quale cifra si tratti. Ma un fatto è certo: se non recupereranno queste somme, non venderanno a chicchessia la società. In attesa di questo evento dovranno gestire le uscite che, così come si presentano adesso, sono talmente onerose da compromettere una fetta delle somme provenienti dalla Lega Pro. Hanno così messo mano al monte ingaggi di alcuni gioca-tori, proponendo il minimo contrattuale o la rescissione consen-suale. Naturalmente nessuno di questi giocatori, convintisi a scendere in Sicilia proprio in virtù dei lauti guadagni, accetterà la riduzione della paga, per cui dopo la rescissione del contratto abbandonerà la nostra città in cerca di fortuna da qualche altra parte. Il Milazzo verrà così modellato senza colpo ferire in una squadra che i proprietari hanno sempre sognato. In altri termini le cosiddette aquile rossoblu diventerebbero spiumati aquilotti ovvero ragazzi del ’92, ’93,’94 pronti ad infarcire per nove undi-cesimi la squadra mamertina. I risultati? Quelli verranno dopo. Inizialmente saranno sonore scoppole, ma i rimborsi, che arri-veranno per il cosiddetto “minutaggio”, serviranno ad asciugare le lacrime e saranno notevoli, se non raddoppiati, rispetto a quelli di quest’anno. E’ possibile che tutto ciò accada? Sì è la risposta, ma occorrerà che il Milazzo si salvi! Voi ci credereste? Penso di no, ma il gruppo dirigente presuntuosamente lo pensa e vorrebbe che tutti noi lo ringraziassimo pubblicamente per questo. I ragazzi, tutti ’92,’93 e’94, per un pugno di euro affron-tano trasferte massacranti con un pullman di provenienza paler-mitana (l’anno scorso veniva invece da Catania, chissà perché) con un panino da addentare e poi andare a dormire in una pen-sione a tre letti per camera. Così si risparmia, dicono fra di loro i vecchi dirigenti, mentre si fanno i conti dei soldi che stanno gua-dagnando con quei ragazzotti. La prossima trasferta a Venezia la faranno con il pullman dei polacchi o dei rumeni! Loro pertanto sono condannati a vincere per mantenere la cate-goria, mentre noi siamo autorizzati a non condividere il loro modo di fare calcio. Non ci resta che piangere? Beh, no. Anche se non cederanno la squadra facilmente, facciamo loro almeno capire che non sono ben accetti in una città che hanno offeso ripetutamente senza mai scusarsi o pensare di farlo. Dopo aver chiuso i loro affari, per favore, facciano le valigie e se ne vada-no. Gliene saremo grati e riconoscenti per sempre! E’ sempre meglio ripartire da zero, pur di fare calcio, ed in questi mesi ci siamo resi conto che se gli altri sport cosiddetti minori hanno mostrato una certa “antipatia” per chi ha fatto incetta, negli anni, di contributi istituzionali (quando ci sono stati, e sono stati tan-ti…) e di attenzioni politiche, oltre che di impianti sportivi, avran-no avuto le loro buone ragioni. Per cui possiamo giustificare la mancanza di quella solidarietà che accomuna chi pratica uno sport, se l’unico obiettivo è quello di fare cassa… Serafino Del Monte

Prima ancora che un match valevole per il campionato Lega Pro di Seconda Divisione, la partita tra Vallée D’Aoste e Mon-za si può identificare come l’incontro tra vecchi amici: ovvero quando il calcio mette di fronte allenatori e giocatori prove-nienti dallo stesso ambiente. Mister Zichella tecnico dei val-dostani e Antonino Asta coach del Monza a confronto, dopo essere stati per anni nel Settore Giovanile del Torino e aver prodotto un lavoro professionalmente impeccabile. Tuttavia, l’altisonante punteggio di 5 a 0 con il quale il Monza ha battu-to il Vallée D’Aoste tra le sue mura, non si può minimizzare come la vittoria di un tecnico sull’altro ma, più correttamen-te, analizzarla come la vittoria di una squadra che aveva più motivazioni e rabbia in corpo, rispetto a chi invece sta andan-do alla deriva. Come si sa, il Monza non attraversa un periodo societario in grado di soddisfare le esigenze della squadra. Stipendi non pagati e altre carenze economiche hanno creato allarme nel clan monzese che, invece, per ben figurare e mettere in mostra tutte le capacità tecniche e atletiche della squadra stessa, avrebbe bisogno di maggiore tranquillità e armonia. E’ l’eterno problema legato a società di calcio in difficoltà finanziarie, dove il lavoro del tecnico che fa da col-lante tra lo spogliatoio e l’ambiente esterno, si presenta co-me strenua “lotta” quotidiana nell’ambito degli allenamenti. E, mentre crescono le difficoltà di mantenere all’interno del gruppo un ambiente sereno che tutt’intorno non c’è, ecco che la domenica, durante la partita, i ragazzi sfoderano una prestazione che ha più il sapore della rabbia e la delusione accumulata durante la settimana, piuttosto che l’effettiva motivazione tecnica, tattica e atletica evidenziata dal con-fronto con l’avversario di turno. L’altisonante vittoria del Monza in terra aostana si può dunque riassumere in questa maniera. Una prestazione che ha colto forse di sorpresa l’av-versario che, comunque, avrebbe anche avuto buoni motivi per non incappare in questa figuraccia. Le cronache prove-nienti dal settore del campionato di Lega Pro, ci informano sulla delicatezza del momento per il Vallée D’Aoste, la cui società sta pensando seriamente di avvicendare mister Zichel-la sulla panchina aostana per dare una scossa positiva alla squadra. E’ l’ennesima riprova che a pagare sono sempre gli allenatori, anche quando, analizzando bene le capacità tecni-che della squadra stessa, non sempre si scoprono colpe ogget-tive da parte dell’allenatore. Vedremo cosa capiterà nelle prossime ore. Intanto, per effetto di quel crudele ma legitti-mo pensiero che spesso ricorre nel calcio (ma anche nella vita) quando le cose vanno bene a te e non all’altro, Antonino Asta, anche se dispiaciuto vivamente per la situazione che coinvolge il suo collega e amico Zichella, si gode la vittoria dei suoi ragazzi e la speranza concreta di risalire la classifica in posizioni più consone alle reali capacità del Monza. “I miei ragazzi” dice orgoglioso mister Asta, “hanno fatto vedere di essere prima uomini e poi calciatori. Abbiamo dimostrato quantità ma anche qualità. Siamo stati umili e vogliosi, in fondo affrontare una squadra come il Vallée D’Aoste sul proprio campo non è cosa da poco. Con questa rabbia ago-nistica, espressa oggi in campo oggi, avremmo potuto bat-tere chiunque”. Appunto, mister Asta, è proprio quello che abbiamo sostenuto noi in questa nostra analisi calcistica, do-ve rileviamo l’importanza delle motivazioni psicologiche e caratteriali della squadra, che sono spesso la soluzione ideale a ogni tipo di problema legato al pallone e, non solo. Salvino Cavallaro

Antonino ASTA: “Oggi il mio MONZA avrebbe potuto battere chiunque

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SPECIALE BASKET: VITTORIA IN TRASFERTA

Vince la sua prima gara in trasferta l'ASD Il Minibasket Milazzo, sul difficile campo del Cus Palermo, con il punteggio di 79 a 75. I ma-mertini a parte il primo quarto equilibrato, rimangono in testa per tutta la gara accumulando anche un vantaggio di 15 punti. I loca-li però sospinti dal tifo amico riuscivano a rintuzzare punto su pun-to e negli ultimi minuti, complici la stanchezza, l'uscita per falli di Cassisi ed alcune decisioni avverse, si riportavano sotto fino a meno 1. Capitano Coppolino, sia pure acciaccato, guidava i com-pagni a non disunirsi e a concretizzare alcuni canestri risultati alla fine decisivi. La squadra ha patito anche le assenza di Scilipoti e Giorgianni, e la cattiva condizione del duo Cassisi - Coppolino, ma comunque ha ribadito la sua forza d'urto in attacco specialmente con Peppe Barbera, mentre ancora in difesa bisogna registrare qualcosa. Domenica a S. Filippo del Mela si aspetta la squadra di Canicattì in un incontro in cui lo staff tecnico spera di riavere la squadra al completo.

Questo lo scorer dei mamertini : Aspa, Cassisi 14, Barbera 27, Coppolino 11, La Spada 1, Maio, Russo, Amato 10, Colosi 2, Ita-liano 14, Foti, Campo. All.re Messina

Nella prima giornata del campionato Under 19, il primo torneo giovanile iniziato nella provincia di Messina, si registra una netta vittoria dell'Asd Il Minibasket Milazzo contro l'Alias Bar-cellona. Gli atleti guidati in panchina da Nello Principato han-no battuto i cugini di Barcellona con il punteggio di 82-52, mostrando sin dall'inizio un ottimo gioco basato sul contro-piede e su un'attenta ed arcigna difesa. Tutti gli uomini a re-ferto sono stati impiegati e tutti sono andati a segno tra le fila mamertine. Da sottolineare la performance del capitano Chri-stian Italiano autore di 29 punti. Adesso i mamertini saranno impegnati nel secondo turno in casa della Nuova Agatirno Capo d'Orlando guidati da coach Renato Franza mercoledì 24 ottobre. Nel dettaglio i punti: Milazzo: Campo 2, Foti 13, Gitto 3, Italiano 29, Malta 4, Mammina 13, Mancuso 7, Russo 3, Sco-laro 4, Sindoni 7, Milioti 1.

Un buon inizio di stagione quindi in attesa che parta anche il cam-pionato Under 17 di eccellenza ma sempre all'atavica ricerca di sponsor o amici in grado di fornire ossigeno alle esigue casse so-ciali.

TERMINAL - Periodico d’informazione, statistiche, sati-ra, politica, attualità - Iscritto al n° 65 del 5/11/2008 - Registro stampa del Tribunale di Barcello-na PdG

Allegato 5 al n° 10 - 24 OTTOBRE 2012 - [email protected] www.terminalmilazzo.com Editore Ass. Provinciale Statistici della Provincia di Messina, Via S. Giovanni, 42 – Milazzo Tel. 090-/9223565 [email protected] ; Dir. Responsabile Alessandra FORMICA, [email protected] Stampa Tipografia L’Artigiana s.n.c., Via Nazionale – Giammoro

Ci sono storie legate al calcio che non finiscono davvero mai di stupire. Spesso ci lamentiamo per le ingiustizie legate a un mondo stratosfericamente ricco e al contempo corrotto e corruttibile. Ma la globalizzazione del mondo contemporane-o, con il suo repentino cambiar delle regole e delle leggi che di solito ci fanno cadere in uno stato confusionale, spesso ci fa dimenticare che anche certe passioni non sono più vivibili in maniera solare, serena e gioiosa. C’è sempre qualcosa che ne deturpa l’attimo, che è sfuggente e non sai mai se, nel bene e nel male, possa ripresentarsi un’altra volta. Ave-vamo appena narrato la bellissima storia di Vincenzo, il tifo-so juventino che, partito dalla Sicilia per assistere alla partita Juventus – Napoli, ha vissuto “ingenue” e profonde emozio-ni nel ripercorrere la storia della sua squadra del cuore, rivi-sitata all’interno dello Juventus Museum di Torino. Ebbene, tutti sanno cosa è successo nel frattempo all’esterno dello Juventus Stadium. Un collega di RAI REGIONE PIEMON-TE, nell’intervistare un tifoso juventino si è lasciato andare in un commento ingiurioso e inqualificabile rivolto ai napoleta-ni. Una frase irriguardosa, offensiva, gratuita, di cui tutti so-no a conoscenza e che non vogliamo ripetere per non asse-condare certa aberrante cultura della stupidità. Che la socie-tà contemporanea sia caduta ormai nella voragine della mancanza di valori è un fatto innegabile, che il calcio sia sempre sotto l’occhio del ciclone per fatti e misfatti che non finiscono mai di stupire e indignare, è altrettanto chiaro, ma, onestamente, a tutto c’è un limite. Nel nostro mestiere di giornalisti ci sono regole che vanno rispettate in maniera attenta, responsabile, costante e rigorosa, senza mai perde-re di vista l’importanza assoluta dell’etica e della deontologia che ne fanno la vera professione. Senza volere impartire lezioni a nessuno ma con l’apporto benevolo della riflessio-ne, desideriamo soffermarci su quante volte la penna e/o la parola sono scivolate via superficialmente senza prima pen-sare ciò che si scrive e/o si dice. E’ vero che sbagliare è umano, tuttavia, pensiamo che la leggerezza con la quale troppe volte si manifestino pubblicamente determinati con-cetti, non ammette scuse. Pensiamo che nel nostro mestiere sia di vitale importanza non alimentare mai certe forme di razzismo che già, attraverso il calcio, nel passato sono stati resi evidenti in maniera subdola, strisciante e pericolosa. Deve cambiare la cultura della sconfitta, dell’arroganza di vincere a tutti i costi, della prepotenza, della sopraffazione e del maligno pensiero recondito che alimenta l’odio tra razze, storie e culture diverse. In questo nostro Paese dalle mille sfaccettature e contrarietà senza fine, noi giornalisti abbia-mo il dovere etico di essere messaggeri del bene e non aiz-zare gli animi verso il male che, inesorabilmente, mette i popoli gli uni contro gli altri. E’ vero che in questo nostro mondo del pallone, i cui iperbolici interessi non ammettono più il pensiero romantico del passato, debba essere visto in maniera più realistica, tuttavia, siamo convinti che oggi, an-cor più di ieri, si debba dare attraverso la corretta informa-zione, un messaggio di pace e mai di “guerra”. E poi, chi può dire per assurdo che una regione o una popolazione è più o meno civile di altre, nonostante la sua storia, la cultura, il modus vivendi, solo perché la propria squadra di calcio ha vinto di più rispetto a un’altra? Per favore, abbandoniamo questi pensieri insolenti e di basso profilo. Con la nostra penna e/o con la nostra parola, contribuiamo in maniera favorevole a costruire un mondo migliore, dentro e fuori uno stadio di calcio. Salvino Cavallaro

NOI GIORNALISTI, RESPONSABILI DI QUEL CHE DICIAMO