(Gv 20,1-18) la trasmissione della fede in gesù cristo, oggi · COLLANA 5.MAGISTERO DEL VESCOVO...
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collana
magistero del vescovo5.
“Ho visto il signore!”(Gv 20,1-18)
la trasmissione della fede in gesù cristo, oggi
+ andrea Bruno mazzocato vescovo
4,00 Euro
La meditazione suLL’esperienza pasquaLe di maria di magdaLa, che annuncia ai discepoLi di aver visto e incontrato gesù risorto, ci aiuta a rispondere ad una precisa missione deL signore. a noi, infatti, «gesù affida iL compito di trasmettere La nostra fede in Lui e ripete iL suo co-mando: “andate ancora e annunciate iL vangeLo ad ogni uomo. cercate Le condizioni e Le forme che oggi possono far risuonare in modo fedeLe e convincente La mia paroLa”» (n. 2).
ci rendiamo conto che La chiesa «avrà un futuro se saprà trasmet-tere La propria esperienza di fede ai ragazzi che crescono e a queLLi che non hanno mai conosciuto iL vangeLo o Lo hanno abbandonato» (n. 1).
collana magistero del vescovo
1 - Il vizio e la virtù nella vita cristiana
2 - Il pane disceso dal cielo
3 - “Date e vi sarà dato”
4 - Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo
5 - “Ho visto il Signore!”
COLLANA
MAGISTERO DEL VESCOVO5.
“HO VISTO IL SIGNORE!”(Gv 20,1-18)
La trasmissione della fede in Gesù Cristo, oggi
+ ANDREA BRUNO MAZZOCATO VESCOVO
AUTORE: Andrea Bruno Mazzocato, vescovo
TITOLO: “Ho visto il Signore!”. La trasmissione della fede in Gesù Cristo, oggi
COLLANA: Magistero del Vescovo - 5
FORMATO: 13 x 21 cm
PAGINE: 80
ISBN: 88-88533-86-9
© 2006 Editrice San Liberale
Opera San Pio X - Diocesi di Treviso
Via Longhin 7 - 31100 Treviso
Telefono 0422 576850 - Fax 0422 576992
E-mail: edit. sanliberale@diocesitv. it
5
I.
INTRODUZIONE OBBEDIENTI A UNA ISPIRAZIONE
DELLO SPIRITO DI GESÙ
Care sorelle e cari fratelli nel Signore,
1. Gesù ha promesso: «Lo Spirito di veri-
tà vi guiderà alla verità tutta intera… per-
ché prenderà del mio e ve lo annunzierà»
(Gv 16,13-14). Non solo dunque Egli ci è
vicino, ma guida con sicurezza i disce-
poli che credono in Lui. La sua guida si
chiama Spirito Santo, il quale fa capire la
parola e la volontà di Gesù alla Chiesa di
ogni tempo.
Noi ci fidiamo della promessa di Gesù
e crediamo che la nostra Chiesa di Trevi-
so è guidata dal Buon Pastore, anche se le
difficoltà e gli ostacoli che stiamo incon-
trando ci sembrano, a volte, molto difficili
da superare.
Un segno che il Signore Gesù sta ac-
canto a noi è il tema pastorale sul quale ci
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siamo incamminati recentemente. Il tema,
come ormai sapete, è La trasmissione del-
la fede in Gesù Cristo, oggi e posso dire
che ci è stato suggerito dallo Spirito Santo,
il quale ci ha dato anche la convinzione e
il coraggio di sceglierlo per il cammino di
tutta la Diocesi nei prossimi anni. Alla lu-
ce dello Spirito di Gesù, infatti, abbiamo
capito, con la necessaria chiarezza, che
la trasmissione della fede è la più grande
speranza e, insieme, la più forte preoccu-
pazione che portiamo nel cuore.
Ci rendiamo conto che la nostra Chie-
sa avrà un futuro se saprà trasmettere la
propria esperienza di fede ai ragazzi che
crescono e a quelli che non hanno mai co-
nosciuto il Vangelo o lo hanno abbandona-
to. Abbiamo anche capito che solo così le
nostre comunità diventeranno missiona-
rie, come chiedeva il Sinodo diocesano del
2000 e come chiedono i recenti documenti
della Chiesa italiana.
Gesù ci ha illuminato con il suo Spi-
rito: tocca a noi rispondergli e obbedire
all’ispirazione che ci è stata donata per
grazia.
7
Come obbedire
all’ispirazione dello Spirito?
2. Chi sono coloro che sono chiamati per
primi ad obbedire a ciò che lo Spirito sta
dicendo alla nostra Chiesa?
Sono prima di tutto io, come Vescovo,
e con me siete voi, cari sacerdoti, perché
assieme abbiamo la responsabilità di esse-
re pastori buoni che guidano la Chiesa dio-
cesana in questi anni secondo la Volontà
di Gesù. Penso, poi, a voi diaconi che con-
dividete con noi l’ordine sacro; a voi con-
sacrate/i che per vocazione testimoniate la
bellezza del Vangelo senza compromessi.
Penso, ancora, a voi sorelle e fratelli lai-
ci, a voi sposi che sentite nel cuore l’amore
per la Chiesa e vi impegnate in modi vari
sia nella vostra fede che nel servizio alle
comunità cristiane in cui vivete.
I primi chiamati a obbedire all’ispira-
zione dello Spirito siamo dunque noi, che
ci consideriamo anche come “i vicini” alla
Chiesa, coloro che ne fanno parte in modo
più cosciente ed impegnato. A noi, prima
di tutti, Gesù affida il compito di trasmet-
8
tere la nostra fede in Lui e ripete il suo co-
mando: “Andate ancora ed annunciate il
Vangelo ad ogni uomo. Cercate le condi-
zioni e le forme che oggi possono far risuo-
nare in modo fedele e convincente la mia
Parola”. Prima di inviarci, però, Gesù ci
dà, come agli apostoli, un altro comando:
“Riunitevi in preghiera e invocate il dono
dello Spirito Santo”.
Siamo chiamati perciò ad obbedire
ad ambedue i comandi del Signore: men-
tre guardiamo verso tante sorelle e fratel-
li a cui desideriamo trasmettere la nostra
esperienza di fede, non possiamo perdere
di vista noi stessi e la condizione della no-
stra vita cristiana e spirituale. Considerar-
si a posto per vedere subito che cosa fare
nei confronti dei lontani, sarebbe una peri-
colosa presunzione. Obbedendo al coman-
do di Gesù, ci riuniremo allora in preghie-
ra per ascoltare la sua Parola e invocare la
luce del suo Santo Spirito.
Poi, con tanta umiltà, potremo offri-
re quel Vangelo, che abbiamo meditato,
e l’esperienza di fede, che ha suscitato in
noi, ad altri fratelli.
9
Conoscere il Vangelo che annunciamo
3. Un’importante condizione da tener ben
presente per obbedire al comando di Ge-
sù: “Andate e annunciate il mio Vangelo
oggi, a nome della Chiesa” è conoscere
approfonditamente il Vangelo che Gesù ci
manda ad annunciare. Possiamo garantire
di avere questa conoscenza? Possediamo
con sufficiente chiarezza i contenuti fon-
damentali della nostra fede? Forse dobbia-
mo anche chiederci quale significato dia-
mo alla stessa parola Vangelo e se siamo
tutti d’accordo su tale significato.
Il termine Vangelo (di origine greca)
significa Lieto annuncio. È la bella notizia
di salvezza che Gesù ha portato tra gli uo-
mini e che la Chiesa trasmette, generazio-
ne dopo generazione, attraverso i suoi testi
interpretati dal suo Magistero. Il Vangelo
di Gesù, quindi, è contenuto nei libri ispi-
rati della Scrittura, da comprendere alla
luce del Credo che recitiamo ogni dome-
nica e del Catechismo della Chiesa Catto-
lica che ci è stato messo recentemente tra
le mani.
10
Con questo significato userò anch’io
la parola Vangelo.
Se vogliamo essere onesti, non dobbia-
mo, forse, dare per scontata la conoscenza
del Vangelo in tutti i suoi contenuti.
4. L’ignoranza su verità importanti della
nostra fede è creata anche dalla contem-
poranea mentalità soggettivistica, entrata
pure nella Chiesa. Non sono rari i battez-
zati che, tranquillamente, danno impor-
tanza a quelle verità rivelate da Gesù che
a loro interessano, senza preoccuparsi se
ne dimenticano altre ugualmente o più
importanti.
Papa Benedetto XVI, nella recente
Giornata mondiale della gioventù a Colo-
nia, ha messo in guardia i giovani, ma non
solo, da una religione fai da te che ognu-
no, sia personalmente che in gruppo, si
costruisce secondo i propri bisogni e inte-
ressi. Dobbiamo essere coscienti che, se-
guendo questa strada, corriamo un gra-
ve rischio per la fede: il rischio di perde-
re di vista Gesù Cristo. Nel quarto seco-
lo s. Atanasio, rivolgendosi contro l’eretico
11
Ario che negava verità fondamentali del
Vangelo, esclamava: “Ario, mi ha rubato il
mio Signore!”.
Oggi, nel clima di relativismo in cui
viviamo è possibile che dei cristiani o, a
volte, delle comunità cristiane perdano di
vista il vero Gesù, dimenticando contenuti
fondamentali del Vangelo. Di conseguen-
za non annunzieranno e non testimonie-
ranno l’autentica esperienza di fede cri-
stiana e non condurranno gli uomini, che
li ascoltano, al vero incontro con la perso-
na vivente di Gesù e dentro la vera Chiesa.
Possono diventare guide cieche e, quindi,
pericolose (Mt 15,4).
È questa una delle cause del pullu-
lare oggi di tanti gruppi o sette religiose
che, magari, conservano qualche riferi-
mento al Vangelo, ma che non accetta-
no di essere guidati dal Magistero della
Chiesa né sul piano della fede né sul pia-
no della morale.
Anche la nostra Chiesa diocesana è
messa alla prova da simili aggregazioni
religiose o pseudoreligiose, spesso, non
più cristiane.
12
Le condizioni per conoscere il Vangelo
5. Per essere dei buoni missionari che “an-
nunciano il Vangelo di Gesù e trasmettono
la fede in Lui” nei nostri paesi, è necessario
che per primi conosciamo il lieto annuncio
in tutta la sua originalità. Ma come arriva-
re alla conoscenza autentica del Vangelo?
A questo punto può servire un’altra fonda-
mentale precisazione per evitare confusio-
ni che circolano facilmente.
A volte il Cristianesimo è presentato
quale religione del Libro, perché si fonda
sulla Sacra Scrittura, come l’Ebraismo si
fonda sull’Antico Testamento e l’Islami-
smo sul Corano. Ora, per la fede cristiana
la Sacra Scrittura è certamente fondamen-
tale. Per vivere da cristiani, però, non è
sufficiente leggere e conoscere i contenuti
di un Libro sacro.
La differenza del Cristianesimo dal-
l’Islamismo, dal Buddismo e da altre reli-
gioni non sta nel fatto che ha avuto un suo
maestro, che si chiamava Gesù, il quale
ha insegnato verità nuove su Dio, sull’uo-
mo, sul senso della vita e del mondo. Cer-
13
tamente ha insegnato queste nuove veri-
tà, ma la differenza è ben più radicale: al
centro del Cristianesimo non c’è un Libro
sacro, quanto piuttosto una persona, Ge-
sù, il Figlio di Dio. I cristiani non si riuni-
scono alla domenica solo per essere istrui-
ti su una dottrina, ma per incontrare og-
gi, a duemila anni dalla sua Incarnazione,
Gesù vivente e presente nella sua Parola e
nel suo Corpo e Sangue, nell’Eucaristia.
Per la Chiesa, allora, trasmettere la
propria fede significa sì istruire nella co-
noscenza di un Libro sacro scritto nel pas-
sato, ma soprattutto sperimentare la comu-
nione con Gesù di cui essa vive; significa
offrire ad altre donne e uomini la possibi-
lità reale di incontrare Gesù vivente, esse-
re accolti dal suo amore, per Lui entrare in
comunione con Dio Padre e trovare la Vita
vera e la speranza che non delude.
6. Voi capite, allora, che per poter umil-
mente trasmettere la nostra esperienza di
fede, ad esempio, ai nostri figli, non basta
essere maestri che insegnano; è necessa-
rio essere testimoni che donano quel Gesù
14
col quale sono in comunione e che sta al
centro della loro esistenza. I libri si cono-
scono leggendoli; le persone si conoscono
entrando in un rapporto di interesse e di
amore con loro.
Non posso garantire ad altri di cono-
scere Gesù e il suo Vangelo, se personal-
mente non mi sono compromesso con Lui,
non gli ho aperto il cuore, non ho accet-
tato che Lui sia il protagonista della mia
vita e che trasformi, con l’azione del suo
Spirito Santo, la mia mentalità nella sua,
i miei sentimenti secondo il suo Cuore, le
schiavitù dei miei vizi secondo la libertà
del suo amore. Se viviamo in comunione
personale con Gesù e lasciamo che la sua
esperienza umana diventi la nostra, allo-
ra possiamo dire di conoscerlo e poter an-
nunciarlo agli altri.
Ma per quali vie possiamo arrivare a
incontrare realmente Gesù?
Nella Chiesa i libri ispirati, e compre-
si alla luce del Magistero, ci fanno cono-
scere con verità chi è Gesù, ci rivelano la
sua esperienza vissuta tra noi, ci mostrano
come si vive un rapporto di fede con Lui.
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Per capire la Sacra Scrittura, proprio per-
ché è libro ispirato da Dio, non basta leg-
gerla e studiarla; è necessario meditarla in
preghiera invocando su di noi la luce dello
Spirito Santo, desiderare di farla diventare
vita nostra, completare l’ascolto della Pa-
rola di Dio con l’incontro con Gesù nell’Eu-
caristia e negli altri sacramenti.
Se procediamo su questa strada, un
po’ alla volta lo Spirito Santo ci fa entrare
nel cuore vivo del Vangelo, nel Cuore di
Gesù, e ci rivela che proprio Lui è la Lieta
Notizia da trasmettere con gioia ad altre
persone che amiamo.
7. Ho voluto ricordare in questi primi pun-
ti alcune condizioni indispensabili per riu-
scire a trasmettere, secondo l’ispirazione
dello Spirito, la nostra fede in Gesù ai no-
stri figli, alle persone che sono in ricerca
e disorientate, a sorelle e fratelli che non
conoscono il Vangelo. Forse la mia rifles-
sione è stata molto stringata, ma non vole-
vo dilungarmi troppo: mi premeva solo ri-
chiamare alcuni impegni ai quali non pos-
siamo sottrarci.
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Cercheremo di aiutarci tutti (Vesco-
vo, sacerdoti, diaconi, consacrate/i, laici
sensibili e impegnati nelle nostre comuni-
tà, associazioni e movimenti) a rispettare
queste condizioni; specialmente a metter-
ci per primi in discussione.
L’analisi della situazione e la pro-
grammazione pastorale per il futuro do-
vranno perciò essere precedute dall’ascol-
to e dalla meditazione della Parola di Dio,
dall’invocazione dello Spirito di verità, de-
siderosi e disponibili insieme a purificare
la nostra fede da compromessi nei quali
possiamo essere caduti sia personalmente
che come Chiesa, in modo da convertirci
per primi al Vangelo che desideriamo te-
stimoniare.
Continuando, ora la mia lettera, de-
sidero offrire un contributo, come Pasto-
re della Chiesa diocesana, all’ascolto per-
sonale e comunitario della Parola di Dio.
Sono degli spunti per meditare un testo
del vangelo di Giovanni (20,1-18) che ve-
de protagonista principale Maria Madda-
lena e ci rivela come Gesù abbia guidato
questa donna alla vera fede in Lui, fino a
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renderla prima annunciatrice della sua Ri-
surrezione.
Maria Maddalena diventi, così, una
sorella esemplare, una compagna del no-
stro cammino diocesano, e ci mostri le
condizioni per poter anche noi correre e
annunciare, con la sua stessa gioia: “Ho
visto il Signore!” e parlare della nostra fe-
de in Lui.
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II.
UNA DONNA, MARIA MADDALENA, MODELLO
DELLA CHIESA MISSIONARIA
Dal vangelo di Giovanni.
Nel giorno dopo il sabato, Maria di
Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino,
quand’era ancora buio, e vide che la pietra
era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora
e andò da Simon Pietro e dall’altro disce-
polo, quello che Gesù amava, e disse loro:
«Hanno portato via il Signore dal sepolcro e
non sappiamo dove l’hanno posto!».
Uscì allora Simon Pietro insieme al-
l’altro discepolo, e si recarono al sepolcro.
Correvano insieme tutti e due, ma l’altro
discepolo corse più veloce di Pietro e giun-
se per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le
bende per terra, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro
che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide
le bende per terra, e il sudario, che gli era
stato posto sul capo, non per terra con le
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bende, ma piegato in un luogo a parte. Al-
lora entrò anche l’altro discepolo, che era
giunto per primo al sepolcro, e vide e cre-
dette. Non avevano infatti ancora compre-
so la Scrittura, che egli cioè doveva risusci-
tare dai morti.
I discepoli intanto se ne tornarono di
nuovo a casa.
Maria invece stava all’esterno vicino
al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva,
si chinò verso il sepolcro e vide due ange-
li in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte
del capo e l’altro dei piedi, dove era sta-
to posto il corpo di Gesù. Ed essi le disse-
ro: «Donna, perché piangi?». Rispose loro:
«Hanno portato via il mio Signore e non so
dove lo hanno posto».
Detto questo, si voltò indietro e vide
Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva
che era Gesù. Le disse Gesù: «Donna, per-
ché piangi? Chi cerchi?». Essa, pensando
che fosse il custode del giardino, gli disse:
«Signore, se l’hai portato via tu, dimmi do-
ve lo hai posto e io andrò a prenderlo».
Gesù le disse: «Maria!». Essa allora,
voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico:
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«Rabbunì!», che significa: Maestro! Gesù
le disse: «Non mi trattenere, perché non
sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei
fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e
Padre vostro, Dio mio e Dio vostro».
Maria di Màgdala andò subito ad an-
nunziare ai discepoli: «Ho visto il Signore»
e anche ciò che le aveva detto.
8. La protagonista principale del brano
evangelico che meditiamo è Maria, del
paese di Màgdala, o Maddalena. Tutti e
quattro gli evangelisti danno importanza
a questa donna che seguì Gesù fino alla
fine, lungo la via crucis, sotto la croce, al-
la deposizione del corpo del Maestro nel
sepolcro. A lei per prima, Gesù risorto ap-
parve il mattino di Pasqua.
Spinta dal suo amore appassionato
per il Signore Gesù, che l’aveva strappata
da una situazione di fallimento e di pecca-
to, Maria è la discepola fedele che segue
il Maestro sempre, anche nei momenti di
buio della morte in croce e della tomba. E
dopo tre giorni, ritrova Gesù risorto, vin-
citore del male e della morte, il quale la
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manda ad annunciare a tutti: “Ho visto il
Signore!”.
Evidentemente nella prima comunità
cristiana Maria Maddalena era un punto
di riferimento fondamentale; non certo nel
modo con cui è stata presentata da una re-
cente pubblicazione di grande impatto po-
polare, ma di totale inattendibilità.
La vera grandezza della Maddalena
sta nella sua fede in Gesù e nella storia del
suo rapporto personale con Lui, un esem-
pio per ogni altro discepolo del Signore di
tutte le epoche.
Il carisma della donna
9. Sorprendentemente per la mentalità del
tempo, Gesù risorto si rivela per primo ad
una donna e la invia perché sia testimone
degna di fede, in grado di annunciare con
sicurezza: “Io ho visto il Signore risorto da
morte”.
Se guardiamo concretamente alle no-
stre comunità cristiane, possiamo ricono-
scere con gioia che molte donne giovani,
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adulte e anziane rivelano una più profon-
da sensibilità spirituale.
In questi decenni la donna ha vissu-
to profondi cambiamenti nel suo ruolo so-
ciale, nel modo di cercare la propria rea-
lizzazione, nelle espressioni della propria
femminilità. Non possiamo, tuttavia, non
rilevare che frequentemente le donne non
sono rispettate nella loro dignità ed esse
stesse non sanno più rispettarla e valoriz-
zarla.
Fortunatamente, anche tra noi, mol-
te donne si rivelano capaci di vivere un
rapporto personale con Gesù intenso, ge-
neroso e anche coraggioso; proprio come
Maria Maddalena. C’è un carisma fem-
minile, nell’esperienza di fede, che è una
ricchezza per la nostra Chiesa. Penso alle
mamme, alle mogli, alle fidanzate, alle ca-
techiste e animatrici, alle insegnanti, alle
operatrici del mondo della sanità, dell’as-
sistenza, del volontariato, del lavoro, alle
tante donne consacrate.
Il loro contributo alla trasmissione del-
la fede sarà decisivo. La loro profondità di
esperienza spirituale può rendere fecon-
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do il grembo della nostra madre Chiesa
per generare nuovi credenti e rigenerare
quanti hanno affievolito la fede e l’impe-
gno nella vita cristiana.
La Maddalena modello
per la fede di ogni discepolo
10. Per tutti noi, poi, l’esperienza di in-
contro con Gesù risorto vissuta da Maria
Maddalena diventa di fatto un modello di
riferimento. Così ce la presenta l’evangeli-
sta Giovanni.
Gesù guida la Maddalena in un ve-
ro e proprio cammino della fede con tap-
pe successive che in parte ella condivide
anche con Pietro e Giovanni, chiamati da
lei stessa al sepolcro del Signore, e in par-
te percorre da sola. Questo cammino, vis-
suto durante il giorno di Pasqua, inizia nel
pianto e nella notte presso la tomba vuo-
ta di Gesù e si conclude con la corsa fino
alla casa dove erano raccolti gli apostoli,
annunciando con gioia piena: “Ho visto il
Signore!”.
24
Ripercorriamo ora, con Maria di Ma-
gdala, il suo cammino di fede, meditando
attentamente tutte le parole del brano di
Giovanni.
Guardiamo a lei come ad un model-
lo vero, perché i passi di fede da lei vis-
suti sono quelli sui quali Gesù conduce
ogni battezzato che si lascia guidare dal-
lo Spirito Santo. Sui suoi passi dovremmo
riconoscere i nostri già compiuti, o intuire
quelli che ancora non abbiamo fatto, ma
che ci stanno davanti.
Il commento che proporrò vuol aiuta-
re ad illuminare quale possa essere un au-
tentico cammino di fede oggi per noi cri-
stiani della Diocesi di Treviso, alla luce di
quello percorso dalla Maddalena.
Da lei possiamo imparare ad aver fede
e a camminare nella fede: quanto ne ab-
biamo bisogno tutti di questi tempi!
Mi soffermerò solo su alcuni aspet-
ti principali del brano evangelico, che è
di straordinaria ricchezza. La meditazio-
ne personale o comunitaria sarà occasio-
ne per coglierne anche altri, alla luce dello
Spirito di Gesù.
25
III.
IN PIANTO PRESSO IL SEPOLCRO VUOTO.
L’ASSENZA DEL SIGNORE
La Domenica:
il nuovo giorno della settimana
11. Maria di Magdala, dopo aver assistito
alla morte di Gesù in croce, attende che
sia terminato il riposo obbligatorio del sa-
bato e, appena spuntato il primo giorno
della settimana, si muove subito da casa e
va da sola al sepolcro di Gesù.
Iniziava un giorno che avrebbe cam-
biato il senso del tempo e della storia del-
l’umanità. Non sarebbe più stato chiama-
to “primo giorno della settimana”, ma sa-
rebbe diventato la domenica, il dies Domi-
ni, il giorno della risurrezione del Signore,
la Pasqua, il giorno nel quale i cristiani si
riuniscono per celebrare l’Eucaristia e ri-
vivono ogni settimana l’incontro con Gesù
risorto e vivente in mezzo a loro.
26
Maria, per prima, vive il giorno del Si-
gnore, perché durante quelle ore ella in-
contra Gesù risorto, impara a vivere la fe-
de e la sua vita ne esce totalmente trasfor-
mata.
L’amore per Gesù
guida la Maddalena al sepolcro
12. Gesù, abbandonate le bende funebri
che lo avvolgevano ed uscito dal sepolcro,
la attende. E Maria Maddalena è puntuale
all’appuntamento, anche se non era prepa-
rata a quell’incontro con Gesù. Era prepa-
rata, infatti, a ritrovare il cadavere del suo
Maestro steso sulla pietra di marmo della
tomba e non all’appuntamento con Gesù
risorto, un’esperienza totalmente nuova,
che superava ogni suo desiderio, attesa e
immaginazione. Farà, così, molta fatica a
riconoscere che Gesù risorto è lì con lei,
non gli bastano più gli occhi del corpo e
l’affetto del cuore. Ha invece bisogno di
una luce, della luce della fede che solo il
Maestro stesso poteva donarle.
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Anche se è nell’oscurità e non può ca-
pire, Maria giunge lo stesso puntuale al-
l’incontro con Gesù. Che cosa la conduce
lì? E’ l’amore per Gesù che l’aveva conqui-
stata.
Era stato lui per primo ad amarla, con
cuore umano pieno di compassione, quan-
do l’aveva incontrata, rovinata e disperata
per i suoi peccati. Le aveva comunicato il
perdono di Dio ed aveva cambiato il suo
cuore. Maddalena, allora, aveva deciso di
seguire Gesù, perché in lui e nelle sue pa-
role aveva trovato il senso della vita e una
speranza nuova da sempre cercata. Il rap-
porto di amore con il Maestro era diven-
tato il centro della sua esistenza, il tesoro
unico che dava valore a tutto.
Questo amore l’ha portata a non ab-
bandonare mai Gesù; neppure quando
deve recarsi, con l’animo straziato, sot-
to la sua croce o quando aiuta a deporlo
esanime nella tomba. Lo stesso amore la
guida il mattino di Pasqua a quella tom-
ba, perché lì era il posto per il suo amore
fedele, anche se umanamente non c’era
speranza.
28
Questa è la grandezza del cuore e
della fede di Maria Maddalena: resta fe-
delmente orientata verso Gesù anche nel
buio, senza certezze umane... e davan-
ti trova solo una tomba inspiegabilmente
vuota.
La tomba vuota e il buio della fede
13. È il momento più difficile della vita e
della fede di Maria, perché si è creato in lei
un vuoto che nessuno può colmare. È so-
la sia fisicamente (Giovanni non nomina la
presenza di altre donne, come fanno gli al-
tri evangelisti) ed è sola specialmente nel
cuore per l’assenza del suo Signore. Non
potrà più incontrarlo in nessun modo per-
ché, come dice agli angeli che stanno den-
tro il sepolcro vuoto: “Hanno portato via il
mio Signore e non so dove l’hanno posto”.
Glielo avevano portato via sulla cro-
ce, dove lo aveva visto distrutto da una
cattiveria cieca che si era scagliata contro
l’amore da Gesù vissuto e predicato. Ora,
davanti al sepolcro vuoto, pensa solo che
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questa cattiveria le abbia portato via an-
che il corpo di Gesù crocifisso. È l’unica
spiegazione che Maria riesce a darsi den-
tro l’amara solitudine vissuta nel pianto.
Gesù aveva trasmesso una grande spe-
ranza a lei e a tante altre persone, quan-
do predicava che con lui era giunto il Re-
gno di Dio promesso dai profeti (Mc 1,15);
il Regno che offriva giustizia agli oppressi,
perdono ai peccatori, gioia nel cuore de-
gli afflitti (Lc 4,16-20). Aveva anche con-
fermato, con segni convincenti, che la sua
parola era degna di fiducia piena: da Lui
usciva una potenza divina che liberava
dal male fisico i malati, dalla disperazione
del cuore i peccatori, dal dominio del ma-
ligno gli indemoniati (Lc 4,36;5,17).
Ma sulla croce Gesù si era scontrato
con una potenza maligna in apparenza più
forte di Lui, sempre pronto nel rispondere
al male solo con l’amore e il perdono. Sulla
croce la Maddalena aveva visto Gesù de-
bole nel suo amore, portato via dalla mal-
vagità degli uomini e ridotto a essere uno
sconfitto tra gli sconfitti dentro una tomba.
Non bastava: ora qualcuno ha fatto sparire
30
il corpo del Crocifisso e per Maria l’unica
spiegazione della tomba vuota è che qual-
cuno con il corpo abbia voluto far sparire
ogni traccia di lui.
14. Maria Maddalena è veramente sola
nel vuoto che le ha lasciato l’assenza del
suo Signore. Piange per il dolore e il diso-
rientamento che avverte dentro di sé; ri-
mane, però, accanto al sepolcro. Pietro e
Giovanni, dopo aver visto la situazione,
tornano a casa con l’impressione che lì non
c’era più nulla da capire e da fare.
Maria invece rimane in attesa, an-
che se non sa che cosa aspettare. Al mas-
simo cerca qualche notizia del corpo di
Gesù, perché la speranza più grande che
può coltivare è quella di riavere quel cor-
po crocifisso per restargli vicina con il suo
affetto, come facciamo con una persona
amata che non c’è più. Rimane nel giardi-
no, adiacente al Calvario, perché quello è
il posto ultimo nel quale è stata con Gesù e
il suo amore fedele per lui la tiene lì, oltre
ogni speranza umana.
Vive la notte della fede e rimane.
31
Vivere la fede
in una società che ha negato Dio...
15. Maria Maddalena ci mostra che la fe-
de non è mai un’esperienza facile e il Si-
gnore non si incontra se si è mossi solo da
un interesse o da un sentimento superfi-
ciale. Anche per noi, cristiani del 2000, la
fede ha le sue fatiche e le sue notti oscu-
re. Non possiamo pensare di riconoscere
la presenza di Gesù risorto nella nostra vi-
ta quando vogliamo e con sicurezza qua-
si toccarla con mano. Il nostro rapporto di
fede con il Signore si confronta con una
mentalità diffusa che cerca un senso alla
vita come se Dio non ci fosse.
Quante persone oggi hanno ormai il
cuore muto che non sa più esprimere una
parola di preghiera! E hanno l’impressio-
ne che pregare sia inviare parole e senti-
menti verso il vuoto che non risponde. Un
tentativo senza senso, senza risultati con-
creti; al massimo un momento di consola-
zione emotiva.
Esiste realmente solo quello che l’uo-
mo fa e sperimenta, perché l’uomo ormai
32
è solo al mondo e deve arrangiarsi con le
proprie forze, che riesca o meno.
16. Nei decenni passati, sotto l’euforia dei
progressi della scienza, l’uomo occidentale
ha vissuto un’illusione di potenza. Ha so-
gnato di poter, con le sue capacità, trasfor-
mare la natura, vincere le malattie, crearsi
la felicità. È arrivato a dichiarare la morte
di Dio, ora visto come un mito creato dagli
uomini del passato per trovare consolazio-
ne di fronte alle difficoltà della vita.
Negli anni più recenti il clima è cam-
biato. La scienza e la tecnica ci hanno di-
silluso circa le loro possibilità di assicurare
la vita felice e non riusciamo più a fidarci
ciecamente del progresso.
Dalla fede in Dio si era dunque passa-
ti alla fiducia cieca sul potere del progres-
so scientifico, ma attualmente l’esperien-
za dell’inquinamento della natura, il ter-
rore per l’uso indiscriminato dell’energia
atomica, le inquietudini nei confronti del-
le biotecnologie... creano più angosce che
sicurezze. Gli uomini si sentono più fragili
e più soli nella vita; non sembra, però, che
33
riescano a recedere dalla loro grave illu-
sione e ritrovare la fede in Dio.
Rimane, piuttosto, un senso ango-
sciante di vuoto, il vuoto lasciato da quel
Dio che gli uomini moderni hanno voluto
eliminare.
17. Noi cristiani siamo chiamati a vivere
la nostra fede in Gesù dentro questo clima
di assenza di Dio. Dobbiamo dire anche di
più. Tutti noi, me compreso, siamo mem-
bri di questa società e ci portiamo dentro i
suoi interrogativi, le sue angosce di fronte
all’insicurezza per il futuro, la difficoltà a
trovare un senso all’esistenza.
La fatica a credere, magari del figlio
adolescente o della figlia giovane che ab-
biamo in casa, non possiamo non sentirla
anche dentro di noi. I dubbi o, peggio, l’in-
differenza verso Dio e la fede che ci mani-
festa il collega di lavoro o il compagno di
studi entrano anche dentro di noi.
La nostra ricerca di fede deve allora
trovare convinzioni sia per noi che per lo-
ro; dobbiamo dare ragione sia a noi che
a loro, come scrive s. Pietro, della fede e
34
della speranza che poniamo in Gesù Cri-
sto (1Pt 3,15).
18. In questo modo il Signore ci invita ad
essere veramente vicini e solidali con i fra-
telli che hanno perso la fede o non l’han-
no mai avuta; che vivono la tentazione che
Dio non abbia nessun senso.
È la solidarietà vissuta da alcuni santi
moderni facendo propria la notte della fe-
de, calata dall’ateismo tra gli uomini. Ricor-
do tra gli altri la grande mistica s. Teresa
di Lisieux la quale, poco più che ventenne,
si sentì chiamata a “sedersi alla mensa dei
peccatori” per essere solidale con loro. Ed
era la mensa dei peccatori che negavano
Dio o vivevano nella piena indifferenza.
Il nostro non è un tempo in cui possia-
mo dare per scontata la nostra fede come
un possesso sicuro e tranquillo. Davanti
al sepolcro la Maddalena vive nel pianto
un senso pesante di vuoto perché il suo Si-
gnore sembrava completamente e definiti-
vamente sparito. Ci è sorella nelle fatiche
della fede dentro una società disorientata,
dentro il vuoto creato dall’assenza di Dio.
35
...fedeli nell’attesa
19. Maria, però, è di esempio anche per-
ché ci mostra quale sia la condizione in-
teriore per arrivare all’appuntamento con
Gesù nei momenti di dubbio o di oscurità.
Ella rimane in attesa, pur se quel sepolcro
vuoto sembra dirle che ormai Gesù è finito
e non tornerà più.
E l’attesa sarà riempita dalla presen-
za di Gesù quando Egli deciderà di rive-
larsi. La sostiene l’esperienza intensa di
amore vissuta con il suo Signore, espe-
rienza che non poteva rinnegare e dimen-
ticare. Sa che niente e nessuno potrà da-
re un senso più grande alla sua vita e un
amore più profondo di quello ricevuto dal
Maestro. Perciò non abbandona il sepolcro
per cercare risposte altrove: le aveva già
sperimentate e sapeva che erano deluden-
ti. Resta in attesa con una scelta di fedeltà
estrema.
Anche per noi ci sono i momenti della
prova, quando Gesù sembra assente dalla
nostra vita, la preghiera risuona vuota, la
fede crea in noi più dubbi che entusiasmo.
36
Quello è il momento della fedeltà che ci
tiene vigili nell’attesa del Signore.
La fedeltà trova il suo sostegno nella
memoria delle esperienze fatte, dei mo-
menti in cui Gesù si è rivelato presente a
noi, del cammino di rinnovamento profon-
do che ci ha fatto fare la fede in lui, del-
le occasioni in cui la sua Parola ha toccato
nel profondo il nostro cuore, come nessun
altra parola.
Riconosciamo che Gesù è entrato nel-
la nostra vita e l’ha segnata per sempre.
Sappiamo che nessuno può donarci quel-
la pienezza di vita e quella speranza che
lui, con il suo Spirito, ha messo nel nostro
cuore.
Per questo nel momento in cui la fede
è più faticosa e lui sembra assente, rima-
niamo fedeli alla preghiera, all’Eucaristia.
Rimaniamo fiduciosi nell’attesa che si ri-
veli ancora.
Si rivelerà certamente in modo nuo-
vo, in un modo che noi non possiamo im-
maginare, come successe con la Maddale-
na: cercava un corpo crocifisso, mentre era
cercata da Gesù risorto.
37
La tentazione dell’idolatria
20. La nostra fedeltà a Gesù, anche da-
vanti al sepolcro vuoto, può essere infiac-
chita dalle tentazioni che bisogna saper
riconoscere e sconfiggere. La più diffusa
oggi è la tentazione dell’idolatria, pronta
a sostituire la ricerca del Signore con la ri-
cerca di altre cose che riempiano la mente
e il cuore. Tanta gente sembra non avver-
tire con sofferenza il vuoto e l’assenza di
Dio, sembra vivere bene lo stesso, perché
riempie la propria vita dei falsi idoli offer-
ti dalla società dei consumi a piene ma-
ni, con la promessa di una felicità che sta
sempre più in là.
Anche per noi la tentazione dell’ido-
latria è sempre in agguato. Il primo passo
per superarla giorno dopo giorno è quello
di smascherarla in ogni sua forma.
21. Faccio degli esempi in proposito. Quan-
do la preghiera diventa difficile e arida
siamo tentati di evitare la solitudine spiri-
tuale, riempiendo ogni spazio con cose da
fare, da vedere, da sentire. Il nostro cuore
38
aveva scoperto grazie a Gesù dei desideri
profondi, ma nel momento in cui cala l’en-
tusiasmo siamo tentati di inquinare que-
sti desideri occupando il nostro cuore con
soddisfazioni più piccole e più facili, che si
possono comprare a buon mercato.
Altre volte ci gettiamo nell’attivismo
(magari anche a servizio della parrocchia,
dell’associazione, del movimento) per ve-
dere risultati palpabili, che ci diano delle
sicurezze che sono come dei surrogati alla
fatica della fede. Questa ricerca di sicurez-
za può essere vissuta sia dal singolo che
dalle nostre comunità.
La vita di una comunità ha necessi-
tà di una seria programmazione e organiz-
zazione come la vita di ogni famiglia. A
volte, però, un eccesso di iniziative può
essere di fatto ispirato più dal bisogno di
vedere risultati che dal desiderio di ser-
vire alla fede delle persone e di tutta la
comunità
Anche altri idoli possiamo trovare nel-
la nostra vita; essi ci ingombrano e non la-
sciano più spazio a Dio dentro di noi. L’ido-
latria è il pericolo più grave per la fede; per
39
questo i profeti si sono scagliati con violen-
za contro di essa (Is 2,8; 44,9; 45,16). Dio è
geloso degli idoli, perché gli portano via il
cuore dei credenti (Sal 77,58; Is 42,8).
40
IV.
UNA FEDE DEBOLE CHE NON CAMBIA LA VITA
Il segno delle bende e del sudario
22. Maria di Magdala, visto il sepolcro
vuoto, va a chiamare Pietro e Giovanni.
Quest’ultimo racconta, da teste oculare,
l’episodio nel suo vangelo e si definisce “il
discepolo che Gesù amava”. Sono i due di-
scepoli che Gesù stesso aveva privilegia-
to sugli altri e che, quindi, li rappresen-
tano. Assieme a Maria guardano con at-
tenzione dentro il sepolcro e si accorgono
che non è completamente vuoto. Gesù non
c’è, ma ha lasciato come delle tracce, dei
segni che fanno intuire la straordinarietà
di un avvenimento, umanamente incom-
prensibile e certamente avvenuto dentro
quella tomba.
Il primo segno sono le bende, che av-
volgevano il corpo di Gesù morto, e il su-
dario, che ne copriva il volto. Non sono
41
spariti come sarebbe successo se il corpo
di Gesù fosse stato portato via. I tre vedono
le bende afflosciate e il sudario posto da
una parte; era come se il Signore li avesse
abbandonati uscendo con il suo corpo dal-
l’involucro che lo avvolgeva.
23. Giovanni riassume in due verbi l’espe-
rienza vissuta quando entrò nel sepolcro
dopo Pietro: “vide e credette”. Vide come
erano poste le bende e il sudario e si acce-
se nella sua mente come una luce nuova.
Intuì che, se essi non trovavano più nella
tomba il corpo crocifisso del Maestro, non
era perché qualcuno l’aveva portato via.
Era avvenuto, invece, un fatto grande e
misterioso che aveva per protagonista Ge-
sù stesso.
“Vide e credette”: inizia un nuovo
cammino di fede per Giovanni, Pietro e la
Maddalena. Hanno davanti dei segni la-
sciati loro da Gesù per aiutarli a credere
che Lui non è più morto tra i morti, pro-
prio perché ha abbandonato le bende fu-
nebri che lo avvolgevano e il sepolcro in
cui era stato deposto. Il loro cammino di fe-
42
de inizia davanti a dei segni umanamente
inspiegabili che li stupiscono. La fede esce
dalla notte ed essi cominciano a intravede-
re che Dio si è reso presente nel sepolcro di
Gesù con un intervento straordinario.
Giovanni, però, aggiunge un’annota-
zione altrettanto importante: “Non aveva-
no ancora compreso la Scrittura, che egli
cioè doveva risuscitare dai morti”. Sono
stupiti perché percepiscono la presenza
del divino. Non hanno, però, ancora com-
preso quale sia l’azione di salvezza com-
piuta da Dio; non hanno capito che Gesù,
fedele alle promesse fatte, il terzo giorno
era davvero risuscitato dai morti.
Hanno ancora una fede troppo debole;
è come una luce troppo fioca per ricono-
scere la presenza di Gesù risorto e seguir-
lo mettendo a sua disposizione tutta la loro
vita; come farà alla fine la Maddalena.
Di conseguenza Pietro e Giovanni,
pur pieni di meraviglia, fanno ritorno a ca-
sa. Tornano alla vita di prima. Con quel-
la debole fede non sarebbero mai diven-
tati apostoli e annunciatori del Vangelo di
Gesù.
43
Il segno degli angeli
24. Ritornati a casa i due discepoli, Maria
resta sola e le viene dato un secondo se-
gno. Si china ancora verso il sepolcro e ve-
de due angeli che stanno seduti alla testa
e ai piedi della pietra in cui era stato posto
il corpo di Gesù. Al posto del cadavere del
suo Signore ci sono due messaggeri di Dio
che l’interrogano: “Perché piangi?”. Qua-
si a dirle: questo non è più un luogo per
piangere, perché non è più il luogo della
morte e della dissoluzione, ma è il luogo
della vita e della potenza di Dio. Anche
questo segno divino straordinario, però,
non è sufficiente per risvegliare in Maria
la fede necessaria per riconoscere la pre-
senza di Gesù risorto accanto a lei.
Si volge, infatti, verso Gesù e i suoi oc-
chi non lo riconoscono. Vive una situazione
che possiamo veramente definire parados-
sale: piange di dolore e di desiderio, per-
ché le manca il suo Signore, e lo confonde
banalmente con un custode del giardino.
È l’identica esperienza che vissero tut-
ti coloro che incontrarono Gesù risorto: i
44
due discepoli di Emmaus lo scambiaro-
no per un anonimo viandante che casual-
mente faceva la stessa strada (Lc 24,15-
16), gli undici pensarono a un fantasma
(Lc 24,37).
25. Quando si incontra una persona che
si conosce bene, si è sicuri di riconoscerla.
Gesù risorto, invece, è realmente presente
con il suo corpo che la Maddalena abbrac-
cia, ma non le bastano gli occhi per rico-
noscerlo e neppure il ricordo e l’affetto ver-
so di lui. Maria ha bisogno di occhi nuovi,
gli occhi della fede; e sono occhi che le do-
nerà Gesù stesso per grazia. Egli si fa rico-
noscere e incontrare solo dai discepoli che
hanno il dono della fede; gli altri confon-
deranno per altro la sua presenza.
Gesù pone alla Maddalena una do-
manda fondamentale: “Che cerchi in la-
crime?”. E lei risponde: “Cerco il corpo
del mio Signore e sono pronta ad andare
a prenderlo dovunque sia”. Fin là può ar-
rivare la sua ricerca: cercare il corpo del-
l’amico morto, pronta a qualunque sacrifi-
cio per trovarlo. Pur davanti a degli angeli
45
che le parlano, la sua fede è ancora trop-
po debole, come quella dei due discepoli.
Cerca Gesù, ma nella direzione sbagliata;
cerca sempre rivolta al passato, al Maestro
e Signore che ha ascoltato, stimato e ama-
to e che è stato ucciso e sepolto. Lo cerca
tra i morti.
Il passo verso Gesù risorto è oltre le
capacità del suo cuore e della sua fede di
quel momento. Ha bisogno di una fede più
grande.
Un segno di fede debole:
l’interesse per Gesù del passato
26. Anche noi possiamo fermarci alla fede
debole di Pietro, Giovanni e la Maddalena;
una fede che non ci porta all’incontro per-
sonale con Gesù risorto e che non ha la for-
za di cambiare la nostra vita. È un inizio di
fede, ma non è sufficiente per vivere un ve-
ro rapporto con il Signore Gesù e per diven-
tare suoi testimoni. Questa fede, che chia-
mo debole, è presente anche oggi in molti
cristiani e, forse, a volte anche in noi.
46
Ne ricordo due manifestazioni.
È fede debole quella che ci fa sentire
un reale interesse per Gesù. Spontanea-
mente, però, lo consideriamo un uomo del
passato, vissuto e morto duemila anni fa.
Di fatto lo mettiamo accanto ad altri gran-
di uomini per i quali nutriamo interesse e
ammirazione, ma che oggi non possiamo
incontrare personalmente, proprio perché
sono del passato. Per la Maddalena, Gesù
era ormai del passato, come lo è ogni mor-
to. Sperava, con tanto affetto, di onorare il
suo corpo e di conservare nel cuore il ri-
cordo degli incontri vissuti, dell’amore ri-
cevuto, delle parole ascoltate.
Non è difficile trovare cristiani che, di
fatto, conservano un profondo entusiasmo
per Gesù, per il grande messaggio che ci
ha lasciato nel Vangelo e per il suo straor-
dinario esempio di vita da imitare. Di lui,
però, possiamo incontrare oggi solo il mes-
saggio e l’esempio; non la persona. Restia-
mo, quindi, soli nella vita come si sentiva
sola la Maddalena, perché Gesù non era
più presente e non poteva affidarsi a un
rapporto vivo di amore con Lui.
47
Forse per diversi cristiani l’afferma-
zione del Credo “Il terzo giorno è risusci-
tato dai morti” non dice nulla. Non crea
interesse perché, come Maria, pensano al
Gesù del passato e non sanno come rico-
noscerlo oggi, vivente e presente dentro
gli avvenimenti di ogni giorno. Non sanno
come incontrarlo personalmente.
Un altro segno di fede debole:
la ricerca di segni straordinari
27. Fede debole è anche quella che cerca
segni e manifestazioni di Dio straordinari,
tanto da colpire le emozioni e la mente. Es-
se possono essere anche molto intense, ma
non cambiano la vita.
Oggi, nel vuoto lasciato dalla perdita
della fede in Dio, molte persone cercano
segni miracolosi che facciano quasi tocca-
re la presenza del Mistero di Dio. Si fa an-
che molta strada per raggiungere un certo
luogo in cui si dice avvengano fatti straor-
dinari o si possa incontrare una certa per-
sona che sembra avere poteri sovrumani.
48
Pure i mezzi di comunicazione s’interessa-
no di tali eventi che colpiscono la fanta-
sia e le emozioni e, di conseguenza, fanno
spettacolo, siano essi presunte apparizioni
o eventi miracolosi o forme paranormali e
magiche di contatto con il divino e con il
demoniaco.
Questo tipo di interesse rivela che
l’uomo del progresso tecnico e scientifico
ha mantenuto in sé un bisogno insoppri-
mibile del divino. Cerca, però, Dio dentro
un segno straordinario che lo entusiasmi e
lo emozioni, in modo da avere l’impressio-
ne di aver toccato sensibilmente il divino.
Spesso si passa da un’esperienza al-
l’altra, da un fatto miracoloso all’altro, da
una persona carismatica all’altra per pro-
vare qualcosa di particolare, di più intenso
e, quindi, più convincente. E più ci si sente
coinvolti nella mente, nelle emozioni e nei
sentimenti e più sembra di aver “sentito”
la presenza di Dio.
Ora, non escludiamo che in certi mo-
menti Gesù ci dia anche dei segni partico-
lari e delle esperienze sensibili della sua
presenza, ma se aspettiamo solo quei mo-
49
menti, se vogliamo sentire il Signore con
le nostre emozioni, la nostra fede è troppo
debole. Più che credere cerchiamo di sen-
tire Dio.
Finita l’esperienza torniamo a casa co-
me fecero Pietro e Giovanni. Magari rac-
contiamo anche quanto abbiamo vissuto e
provato, ma poi tutto torna come prima. È
un rapporto con il Signore ad intermitten-
za che non cambia la nostra vita.
28. Questa ricerca di esperienze straor-
dinarie e di manifestazioni miracolose di
Dio può essere vissuta sia personalmente
che comunitariamente.
Forse anche la pastorale delle parroc-
chie può a volte essere tentata di nutrire
una fede debole. Il fatto che le persone mo-
strino interesse per iniziative ed esperien-
ze di forte coinvolgimento dell’immagina-
zione e delle emozioni, può spingere a non
verificare le esperienze proposte dal pun-
to di vista della fede. Si verifica il livello
di gradimento soggettivo dei partecipanti
e meno il livello di crescita nella fede che
l’esperienza stessa ha favorito. Non sem-
50
pre il forte consenso è prova della quali-
tà dell’iniziativa spirituale vissuta. I pas-
saggi verso una vita spirituale matura, sia
personale che comunitaria, possono anche
avere momenti di impopolarità.
Al termine del suo discorso sul do-
no dell’Eucaristia, Gesù vide allontanarsi
quasi tutti gli ascoltatori, delusi di quan-
to avevano udito. Era un discorso “troppo
duro” perché chiedeva, appunto, il passo
della fede (Gv 6,60).
51
V.
LA FEDE CHE PORTA ALL’INCONTRO CON GESÙ RISORTO
E A DIVENTARE SUOI TESTIMONI
29. Dopo aver invitato Maria Maddalena
a chiedersi chi stava cercando e aver vi-
sto che essa cercava ancora un morto tra i
morti, Gesù risorto decide farsi riconosce-
re dalla discepola che con amore e fede era
rimasta in attesa. Si rivela a lei e la intro-
duce in un rapporto di comunione radical-
mente nuovo, nel quale Maria non poteva
entrare se non per dono di Gesù stesso.
San Giovanni usa poche parole per
descrivere come Gesù risorto si fa ricono-
scere dalla Maddalena e ne trasforma to-
talmente il cuore e la vita. Sono le poche
parole necessarie anche per scoprire come
noi possiamo rivivere l’esperienza di quel-
la donna credente e come Gesù risorto può
realmente entrare nel nostro cuore e ren-
derci credenti in Lui. Sono veramente pa-
role ispirate dallo Spirito Santo. Per questo
52
dobbiamo pregare lo Spirito perché, men-
tre le leggiamo e rileggiamo, ci faccia pe-
netrare nel loro significato profondo.
Da parte mia cercherò di facilitare la
nostra meditazione con qualche parola di
commento.
Il “nuovo” dialogo
tra Gesù risorto e Maria...
30. Gesù aveva già avviato il dialogo con
la Maddalena chiedendole perché pian-
geva e chi stava cercando in quel giardi-
no fatto per i sepolcri. Ora, però, il dialo-
go cambia tono. Improvvisamente la chia-
ma per nome: “Maria!”. Maria è come ri-
svegliata dalla Voce del Signore; si volta
verso di Lui e risponde con tutto il cuore e
con tutto la sua voce: “Rabbunì. Mio caro
Maestro”.
Non era un dialogo nuovo perché, ne-
gli anni in cui aveva seguito il Maestro,
tante volte Maria si era sentita chiamare
per nome da Gesù, cominciando dal gior-
no in cui l’aveva risvegliata dalla sua con-
53
dizione disperata di peccato e le aveva do-
nato il suo perdono e la speranza di poter
vivere e amare. E tante volte ella aveva ri-
sposto con il cuore carico di affetto ricono-
scente: “Rabbunì. Mio caro Maestro!”.
Quando sente il suo nome pronunciato
da quella voce, ritrova il suo Gesù; è pro-
prio lui che le parla come negli anni della
vita terrena.
Immediatamente svanisce il buio e
la solitudine del cuore: il Signore non l’ha
abbandonata. Neppure la crudele morte in
croce ha sconfitto il suo amore fedele. E’
vivo ed è tornato a cercarla e a riaprire il
dialogo con lei.
... risveglia la Maddalena dalla morte
31. La Maddalena ritrova il suo dialogo
con il Maestro ma, insieme, si trova coin-
volta in un dialogo completamente nuovo,
che le cambia definitivamente la vita. Sì, la
voce che pronuncia il suo nome ha il tono
familiare da lei conservato nel cuore, pe-
rò ha la potenza, la tenerezza, la sorpren-
54
dente freschezza della voce di Dio. Nel suo
nome pronunciato da Gesù risorto ricono-
sce la voce di colui che l’ha chiamata, con
amore eterno, alla vita e ora la risveglia
dalla morte per invitarla ad entrare in rap-
porto con lui, nell’intimità di un amore che
ha vinto ogni paura di morte.
Maria era con gli occhi e i pensieri ri-
volti verso il sepolcro e unico desiderio era
trovare il cadavere del Maestro da adagia-
re nuovamente dentro la tomba e lì finiva
ogni sua speranza. Sarebbe rimasta an-
che lei, col suo cuore, dentro quella tomba.
Quando sente il suo nome pronunciato da
Gesù risorto, si volta di colpo verso di Lui
per rispondergli. Sembra strano che Gio-
vanni dica che si è voltata, perché di fat-
to stava già guardando Gesù, anche se lo
confondeva col custode del giardino.
In quel momento Maria non rivolge
solo il viso verso Gesù: chiamata per nome
da quella voce unica rivolge verso il Risor-
to tutta la sua vita, i suoi pensieri e i suoi
sentimenti. Vive la vera conversione, dalla
morte alla vita. Tutto cambia di senso e di
prospettiva.
55
Davanti non c’è più il sepolcro senza
speranza, sia per Gesù che per lei. Ora da-
vanti c’è Gesù, il vivente risorto da quel
sepolcro, che la invita ad entrare nel suo
abbraccio di amore e a vivere con lui per
l’eternità.
Il giardino della nuova creazione
32. Cambia completamente di significato
anche il luogo in cui si trova. Giovanni lo
chiama “giardino”.
Era il giardino dei sepolcri, curato con de-
licatezza come facciamo noi nei nostri ci-
miteri. Ora è diventato il giardino della
vita.
C’era già stato un primo giardino del-
la vita, nel quale Dio aveva chiamato per
nome Adamo soffiando in lui il suo spirito
vitale. Quel giardino, però, era stato rovi-
nato dall’uomo caduto nella tentazione e
nel peccato, per cui con il giardino aveva
rovinato la vita ricevuta da Dio, riempien-
do la terra di tombe (e come continua que-
sta rovina!).
56
Ora Gesù risorto crea un nuovo giar-
dino della vita, nel quale ha sconfitto il
male e la morte e nel quale accoglie anche
Maria Maddalena, chiamandola per nome
con amore personale e infinito, risveglian-
dola ad una speranza inattesa e inimma-
ginabile.
San Paolo definisce Gesù risorto: “Il
Primogenito di coloro che risuscitano dai
morti” (Col 1,18). E il Risorto cerca Maria
per renderla partecipe della sua Vita nuo-
va, della comunione con il suo amore fede-
le e potente che non teme più la malvagità
del mondo e la morte.
Nel giardino della nuova creazione,
grazie a Gesù risorto, c’è posto per Maria
e per tutti gli altri discepoli che sapranno
entrarvi grazie alla fede.
La Parola di Gesù
risveglia Maria alla fede...
33. Maria si risveglia e riconosce Gesù nel
momento in cui sente la sua Voce, ascolta
la sua Parola. Senza quella Parola i suoi
57
occhi sarebbero rimasti incapaci di vede-
re, la sua mente di capire, il suo cuore di
aprirsi a tanto amore.
Vivono la stessa esperienza i due di-
scepoli di Emmaus (Lc 24,13-34). Se Maria
confonde Gesù risorto con il giardiniere,
essi lo confondono, come già detto, con un
anonimo compagno di viaggio. Ma quan-
do cominciano ad ascoltarlo, cambia com-
pletamente il loro cuore. Comincia ad in-
fiammarsi, perché quella Parola risuona in
loro con una forza di convinzione unica e
li trasforma. Vedono quello che prima non
vedevano e capiscono ciò che restava loro
oscuro.
L’incontro con Gesù risorto è per Ma-
ria, e per ogni altro discepolo, un dono to-
talmente gratuito: è solo grazia. Pur con
tutto il suo desiderio e il suo pianto, Mad-
dalena era incapace di arrivare a Gesù e
di riconoscerlo presente accanto a lei.
È Gesù che fa il primo passo e le fa
giungere la sua Parola. Non solo, ma le
cambia anche la mente e il cuore per cui
lei si trova capace di riconoscere quella
Parola unica, di accoglierla e di risponde-
58
re non tanto con la voce, quanto con tutto
il suo cuore.
... grazie all’opera dello Spirito Santo
34. Questa grazia che Gesù fa a Maria
ha un nome: è lo Spirito Santo. Egli l’ave-
va promesso ai suoi durante l’ultima cena:
«Lo Spirito di Verità vi guiderà alla Verità
tutta intera, perché non parlerà da sé, ma
dirà tutto ciò che ha udito... prenderà del
mio e ve lo annunzierà» (Gv 16,13-14). Ge-
sù avvolge Maria con il suo Santo Spirito,
come lo soffierà sui discepoli, quando an-
drà ad incontrarli poco dopo nel cenacolo
(Gv 20,22-23).
Mentre fa giungere agli orecchi della
Maddalena la sua voce, entra nel suo cuo-
re con il suo Spirito e la rende capace di
riconoscere quella voce come la Parola del
Figlio di Dio rivolta personalmente a lei e
la convince ad affidarsi e a rispondere. In
altri termini, lo Spirito Santo crea in Maria
la vera fede. È con gli occhi della fede che
riconosce Gesù risorto e con l’amore gene-
59
rato dalla fede risponde legando per sem-
pre a lui la sua vita e ogni sua speranza.
Senza la grazia dello Spirito San-
to, Maria sarebbe rimasta come cieca e
avrebbe continuato a confondere Gesù ri-
sorto con il giardiniere. Lui era lì, ma lei
avrebbe continuato a cercare il suo corpo
tra i morti e avrebbe pianto tutta la vita
senza speranza.
Il nuovo rapporto nella fede con Gesù
35. Appena ha riconosciuto Gesù, Maria
vuol aggrapparsi a lui: è il gesto dell’amo-
re, ma è anche il desiderio di tenersi stret-
ta al suo Signore per non perdere più il
contatto con lui.
Gesù, però, interviene deciso e le dà
un ordine che per lei è un nuovo e decisi-
vo passo nel suo cammino di fede: “Non
mi trattenere... ma va’ dai miei fratelli e di’
loro: Io salgo dal Padre mio e Padre vostro,
Dio mio e Dio vostro”.
Le insegna, cioè, che deve cambiare il
suo modo di vivere il rapporto con lui. Ne-
60
gli anni della vita terrena il rapporto era
sensibile; ora deve imparare il rapporto
basato sulla fede. Non deve pretendere di
trattenere Gesù risorto, quasi fosse un og-
getto da avere con sicurezza davanti agli
occhi e tra le mani. Gesù deve continuare
il suo cammino di vittoria sulla morte che
va dal sepolcro, lasciato vuoto, alla comu-
nione eterna con il Padre: “Salgo al Padre
mio”. È un cammino che Egli fa per primo,
ma che apre anche a Maria e a tutti gli al-
tri discepoli, che chiama con lo splendido
titolo di fratelli: “Salgo al Padre mio e Pa-
dre vostro”.
Con la sua risurrezione Gesù dà inizio
ad una nuova famiglia di fratelli: è stata,
è e sarà la sua Chiesa. Il suo progetto di
salvezza, per il quale si è fatto uomo come
noi, è quello di condurre tutti i fratelli fino
al Padre suo, perché diventi anche il Padre
loro. Egli ha a cuore quei discepoli che ave-
va chiamato e realizza la promessa fatta lo-
ro: «Io vado a prepararvi un posto; quando
sarò andato e vi avrò preparato un posto,
ritornerò e vi prenderò con me perché dove
sono io siate anche voi» (Gv 14,2-3).
61
Anche per Maria Maddalena e per i
discepoli ormai la meta ultima a cui giun-
gere non sarà la dissoluzione in un sepol-
cro, ma la vita di comunione eterna tra
tanti fratelli, con Gesù e con il Padre.
Gesù va avanti e chiede anche alla
Maddalena di non fermarsi e di non ag-
grapparsi; ma di camminare con Lui, di
collaborare alla sua opera di salvezza di-
ventando la prima missionaria della bella
e grande notizia che le era stata rivelata
nel giardino del sepolcro: “Ho visto il Si-
gnore!”.
36. Il rapporto di Maria con Gesù non sarà
più com’era prima della sua morte in cro-
ce: allora poteva decidere anche da sé di
incontrare il Maestro, quando voleva; ba-
stava che lo cercasse nel luogo in cui Egli
fisicamente si trovava.
Il rapporto con Gesù risorto è, invece,
rapporto nella fede. Per tentare di descri-
verlo un po’, lo definisco come rapporto di
presenza e assenza insieme. Non dipende
più da Maria incontrare Gesù, ma da Lui
e dalla sua iniziativa. A lei è chiesto di af-
62
fidarsi totalmente nella più piena fiducia,
appunto nella fede.
Non può pretendere di vederlo e sen-
tirlo quando e come vuole lei, pur essendo
Egli sempre presente a lei. Si fa riconosce-
re, nei modi che Egli decide per grazia.
Maria è stata confermata nella presen-
za di Gesù vivente; ma non può trattenerlo
né tra le sue mani, né tra i suoi pensieri,
né tra i sentimenti del suo cuore. Gesù è
più grande e, pur essendo con lei, è sem-
pre più avanti e l’attende presso il Padre.
Dall’esperienza di Gesù
alla missione di testimoniarlo
37. Come segno della sua fede in Lui, Ge-
sù chiede alla Maddalena di donare tutta
la sua vita per collaborare all’annuncio del
Vangelo. Quale segno più grande di fede
che quello di dare tutta la vita per annun-
ciare che Gesù è il Signore risorto e per
far conoscere tutto ciò che Lui ha detto!
Ormai scopo e senso della vita di Maria
è collaborare con Gesù risorto e con il suo
63
Santo Spirito per diffondere tra i fratelli la
speranza aperta dalla sua morte in croce e
dalla sua risurrezione.
Vive per Gesù e per diffondere il suo
Vangelo di salvezza; vive di fede in Lui
tanto forte da consacrargli tutta la vita.
Non ha più bisogno di toccare con le ma-
ni e con gli occhi o di capire con i pensie-
ri. Non ha più bisogno di trattenere Gesù,
perché crede in Lui.
La fede, dono dello Spirito Santo, con-
vince la sua mente e il suo cuore e per cui
la Maddalena può dire di sapere con cer-
tezza che Gesù risorto è l’unica affidabile
speranza per l’uomo peccatore e mortale.
Il rapporto con lui è il centro vitale di tutta
la sua esistenza. Vive ciò che Paolo scrive-
rà qualche anno dopo: «Questa vita nel-
la carne, io la vivo nella fede del Figlio di
Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso
per me» (Gal 2,20).
La vita di Maria Maddalena ormai non
è più sua: è del Signore e non ha più paura
di perderla. Ella è proprietà di Gesù che la
manda a donare la propria vita, la propria
fede, la propria esperienza ai fratelli. Ad
64
essi può dire: “Ho visto il Signore!”. Non
va a dire: ho sentito parlare del Signore,
l’ho conosciuto in passato, ho letto di lui.
Non racconta una notizia sentita, annun-
cia la sua esperienza vissuta; e l’annuncia
con la sicurezza del testimone: “Io ho visto
il Signore!”.
E vi aggiunge “tutto ciò che il Signore
le ha detto”; tutte le parole di Gesù, tutto
il suo Vangelo. Ora Maria ha capito che
quanto Gesù aveva predicato e mostrato
era la verità ed era la verità anche tutto
quanto i profeti avevano preannunciato,
come Gesù stesso spiegherà ai due disce-
poli di Emmaus. E porta questa verità ai
fratelli.
Il cuore della fede cristiana:
Gesù Crocifisso e Risorto
38. Care sorelle e cari fratelli, ho cerca-
to di fare un breve commento alle parole
densissime con cui s. Giovanni racconta il
dialogo decisivo tra Gesù risorto e la Mad-
dalena, dialogo che accende in lei la vera
65
fede e la rende testimone e prima annun-
ciatrice del Vangelo.
Al di là del mio commento, possia-
mo penetrare nel significato del brano di
s. Giovanni nella misura in cui abbiamo
avuto la grazia di vivere, almeno un po’,
in prima persona l’esperienza della Mad-
dalena. Sono certo che molti di voi hanno
avuto questa grazia e, meditando il brano
evangelico, entreranno nel suo significato
profondo e scopriranno meglio che cosa si-
gnifichi che la nostra fede è esperienza di
un rapporto personale con Gesù crocifis-
so e risorto. Senza questa esperienza, che
possiamo vivere solo per grazia dello Spi-
rito Santo, non ci si può considerare vera-
mente cristiani.
Diceva Paolo ai Corinzi: «Se Cristo
non è risuscitato, allora è vana la nostra
predicazione ed è vana la vostra fede… Se
noi abbiamo avuto speranza in Cristo sol-
tanto in questa vita, siamo da compiangere
più di tutti gli uomini» (1Cor 15,14-19). Se
non viviamo l’esperienza di incontro nella
fede con Gesù che ha vinto la morte ed è
risorto, restiamo come Maria davanti alla
66
tomba, a cercare il corpo certo di un gran-
de profeta, ma sconfitto dalla malvagità e
dalla forza distruttrice della morte.
Il nostro cristianesimo non avrà mai la
forza di andare ai fratelli per annunciare
la speranza: “Ho visto e incontrato il Si-
gnore!”.
L’incontro con Gesù risorto
nell’Eucaristia
39. Pensavo di fare degli esempi di come
possiamo crescere nella fede e fare la stes-
sa esperienza di Gesù, il vivente, che fece
la Maddalena. Preferisco accennare solo
all’esempio più grande e, insieme, più fa-
miliare: l’esperienza dell’incontro con Ge-
sù nell’Eucaristia.
Come, infatti, ci insegnano i due di-
scepoli di Emmaus, è proprio quando vi-
viamo l’Eucaristia che Gesù Vivente ci
invita alla comunione con Lui e gli occhi
della nostra fede possono riconoscerlo pre-
sente nella nostra vita sia personale che
comunitaria.
67
L’ascolto della sua voce
40. È nella celebrazione eucaristica che
Gesù fa sentire la sua voce unica e la sua
Parola inconfondibile. Ci parla come parlò
alla Maddalena e ai due di Emmaus.
Le letture della Sacra Scrittura che
ascoltiamo possono entrare, attraverso le
orecchie, dentro i nostri pensieri e illumi-
narli con intuizioni che ci sorprendono.
Possono entrare nel cuore e farlo ardere di
sentimenti e desideri per Gesù e per i fra-
telli che non conoscevamo. Le letture sono
proclamate dalla parola umana del lettore,
ma in noi – come nella Maddalena – agi-
sce Gesù stesso con il suo Spirito. Quelle
parole umane diventano in noi la sua voce
viva e convincente. Non abbiamo davanti
un libro su cui pensare, ma avvertiamo in-
vece la Parola forte e viva di Gesù che sta
parlando proprio a me in quel momento.
Se accogliamo, nella S. Messa, la Pa-
rola di Dio con fede e attenzione, essa pe-
netra in noi come il seme della famosa
parabola (Mt 12,3-23). Un po’ alla volta i
nostri pensieri diventano secondo i pen-
68
sieri di Gesù e il nostro cuore arriva a co-
noscere i suoi sentimenti e i suoi desideri
profondi. Ci troviamo trasformati secondo
Gesù come fece esperienza Paolo: «Non
son più io che vivo, ma Cristo vive in me»
(Gal 2,20).
Possiamo allora testimoniare anche
noi ai fratelli che Gesù vivente ci ha par-
lato e noi lo abbiamo ascoltato e ci ha tra-
sformato.
La comunione
con il suo Corpo e Sangue
41. L’ascolto della Parola di Gesù, durante
la celebrazione della s. Messa, rafforza la
nostra fede per vivere l’incontro più totale
e personale: la comunione fisica con il suo
Corpo e il suo Sangue.
Quando il celebrante fa, “in memoria
di Gesù”, i gesti e le parole che lui fece
nell’ultima cena, è il Risorto che si fa real-
mente presente tra noi, i suoi fratelli.
Si fa presente con il suo Corpo e il suo
Sangue donati con amore supremo sulla
69
croce, ed è ora vivente in mezzo a noi. E’
lo stesso Gesù che Maddalena riconobbe
e che Tommaso toccò, prima di cadere ai
suoi piedi e gridare: «Signore mio e Dio
mio» (Gv 20,24-28).
Non solo si fa presente, ma possiamo
accoglierlo in noi, come il nostro Cibo, nel-
la più totale comunione con lui che coinvol-
ge il nostro corpo, sensi, mente e cuore.
Ci riempie della sua vita per cui ormai
non abbiamo più paura di alcun male, di
alcun pericolo, neppure della morte fisica.
Risorgeremo con lui.
Nella presenza-assenza della fede
42. Viviamo l’incontro con Gesù risorto
nell’Eucaristia nella fede e grazie alla fede
che lo Spirito Santo alimenta in noi. Senza
la luce della fede i sensi, i pensieri e i sen-
timenti ci ingannano: vediamo e sentiamo
solo un frammento di pane e di vino quasi
insignificante.
Cadiamo nello stesso inganno in cui
cadeva la Maddalena, che confondeva
70
Gesù con un giardiniere o, come i due di-
scepoli di Emmaus, con un anonimo vian-
dante.
È un incontro vissuto, come già nota-
vo, nella presenza-assenza. Gesù risorto
è presente, ci trasforma con la sua Parola,
entra in noi con il suo Corpo e il suo Spiri-
to. Non possiamo, però, trattenerlo dentro
i nostri sensi e pensieri, come Maria vole-
va trattenerlo appena lo aveva riconosciu-
to. Possiamo solo abbandonarci a lui nella
fede e col cuore riconoscente e disponibi-
le, perché diventi lui il protagonista della
nostra vita.
Dall’Eucaristia nasce la Chiesa
43. La comunione con Gesù risorto, man-
giando il suo Corpo e il suo Sangue, è
esperienza di incontro profondamente
personale, nel quale mai avremmo finito
di abbandonarci. Non è, però, esperienza
individuale. Nella comunione con Gesù ri-
troviamo tutte le sorelle e i fratelli che vi-
vono l’identica comunione.
71
Mangiando l’unico Corpo di Gesù ar-
riviamo a formare un corpo solo. Alla co-
munione con Gesù nell’Eucaristia ci pre-
sentiamo divisi, non solo perché siamo
tante persone diverse, ma perché ci divi-
de il peccato. Nell’unico Corpo di Gesù,
con cui facciamo comunione, ci ritroviamo
uniti non per merito nostro, ma perché sia-
mo fusi dall’amore di Gesù, dal suo Spirito
di carità.
L’anno dell’Eucaristia, che abbiamo
da poco concluso ha ricordato una verità
fondamentale: la Chiesa nasce dall’Euca-
ristia. È come dire che la Chiesa nasce da
Gesù, dal suo Corpo che ha donato sulla
croce e lo fa nostro cibo nella mensa eu-
caristica.
Anche le nostre comunità cristiane si
rinnoveranno profondamente e saranno in
grado di testimoniare il Signore se porte-
remo l’Eucaristia al cuore della vita comu-
nitaria e parrocchiale. Vivendo assieme la
celebrazione eucaristica potremo darci re-
ciproca testimonianza della nostra fede e
potremo portare questa testimonianza nel
mondo.
72
Testimoni del Regno di Dio
44. Gesù dà anche a noi la gioia di poter
andare e portare un annuncio grande ai
fratelli: “Abbiamo incontrato il Signore.
Conosciamo le sue Parole e possiamo tra-
smetterle anche a voi”.
Dall’Eucaristia ci invia nelle strade
della vita per annunciare che abbiamo sco-
perto la speranza che non delude e la Pa-
rola del Signore che dà senso alla vita di
ogni uomo e di tutta la società. Ci coinvol-
ge nella sua opera di realizzazione del Re-
gno di Dio che egli ha introdotto nel mon-
do e che sconvolge ogni sapienza e poten-
za umana, perché parte dai poveri, libera
del male i peccatori, vince la morte contro
cui si infrange ogni potenza umana. Noi
diventiamo il pugno di lievito che ha la
forza di fermentare una grande quantità
di pasta. Spesso i problemi in cui si dibatte
l’umanità ci possono sembrare esorbitanti
per le nostre forze. Noi, però, siamo l’unico
Corpo di Cristo, formato dalla comunione
con lui nell’Eucaristia, per cui portiamo lui
dentro la storia umana.
73
Il suo Corpo ha vinto la morte contro
ogni possibile attesa umana e la potenza
della sua risurrezione trasformerà alla fine
tutta l’umanità nel Regno di Dio. Non sul-
le nostre forze, ma su questa speranza che
alimentiamo continuamente nell’Eucari-
stia, andiamo e portiamo con la vita e con
la parola la testimonianza del Vangelo.
L’incontro con lui, vissuto specialmen-
te nell’Eucaristia, ci lega per sempre a lui
e al Vangelo; ci rende prima di tutto suoi
testimoni in qualunque situazione di vita
ci troviamo.
74
CONCLUSIONE
45. Care sorelle e cari fratelli, se percor-
reremo personalmente e comunitariamen-
te quel cammino di fede su cui Gesù ha
condotto Maria Maddalena, potremo esse-
re nelle condizioni di realizzare il nostro
programma pastorale: Trasmettere la fede
in Gesù Cristo, oggi.
Come dicevo all’inizio della mia lette-
ra, non possiamo trasmettere la nostra fe-
de senza coinvolgerci totalmente, conver-
tendoci dalla nostra poca fede e chieden-
do allo Spirito Santo la grazia di fare espe-
rienza di credere in Gesù ed entrare in un
rapporto vivo di amore con Lui.
La nostra fede non è un insieme di ve-
rità che un maestro può insegnare in modo
distaccato, ma è la nostra vita. Anzi è l’in-
contro vivo con Gesù che diventa la nostra
vita per cui non possiamo che trasmetterla
con la vita.
Il Vangelo non è un gran libro edifi-
cante che possiamo semplicemente legge-
75
re ad altri. È la voce viva di Gesù risorto
che ci parla in modo sempre nuovo e per-
sonale: solo se l’accogliamo e ci lascia-
mo trasformare, possiamo dire di capire il
Vangelo e poter trasmetterlo agli altri.
Lo Spirito Santo “accenda i nostri sen-
si della sua luce divina e infonda il suo
amore nei nostri cuori” per diventare in
questo modo Chiesa missionaria che tra-
smette la sua fede oggi.
E interceda per noi s. Maria Madda-
lena.
+ Andrea Bruno Mazzocato
Vescovo
Treviso, 30 gennaio 2006
76
PREGHIERA DEL VESCOVO PER IL TEMA PASTORALE
Gesù, Signore e fratello nostro,
Autore e Perfezionatore della fede,
ti preghiamo: aumenta la nostra fede.
Il tuo Santo Spirito,
che ha cambiato il cuore
di Maria Maddalena,
ci doni il desiderio fedele
di cercarti e attenderti
anche quando in noi è “notte”
e viviamo la tua assenza.
Concedi al nostro cuore
gli occhi della fede,
perché ti riconosciamo
presente e vivo
quando ci raccogli
alla Mensa Eucaristica
per condividere la tua Parola
e il tuo Corpo,
Pane di vita eterna.
77
Condotti dalla tua Grazia,
sapremo andare
presso i fratelli e le sorelle
che non ti conoscono
o ti hanno smarrito
e annunziare loro:
“Ho visto il Signore!”
e le tue Parole di salvezza.
Lo Spirito della Vita, Signore,
renda feconda la nostra Chiesa;
le nostre comunità cristiane,
come grembo accogliente,
abbiano la consolazione spirituale
di generare e rigenerare
figli di Dio Padre,
per mezzo tuo, Signore Gesù,
morto e risorto per ciascuno di noi.
Amen.
78
INDICE
I. Introduzione
OBBEDIENTI A UNA ISPIRAZIONE DELLO SPIRITO DI GESÙ .............................. 5
Come obbedire all’ispirazione dello Spirito?
Conoscere il Vangelo che annunciamo
Le condizioni per conoscere il Vangelo
II. UNA DONNA, MARIA MADDALENA, MODELLO DELLA CHIESA MISSIONARIA .........18
Il carisma della donna
La Maddalena modello per la fede di ogni discepolo
III. IN PIANTO PRESSO IL SEPOLCRO VUOTO. L’ASSENZA DEL SIGNORE ........................... 25
La Domenica: il nuovo giorno della settimana
L’amore per Gesù guida la Maddalena al se-polcro
La tomba vuota e il buio della fede
Vivere la fede in una società che ha negato Dio...
... fedeli nell’attesa
La tentazione dell’idolatria
IV. UNA FEDE DEBOLE CHE NON CAMBIA LA VITA ......................... 40
Il segno delle bende e del sudario
Il segno degli angeli
79
Un segno di fede debole: l’interesse per Ge-sù del passato
Un altro segno di fede debole: la ricerca di segni straordinari
V. LA FEDE CHE PORTA ALL’INCONTRO CON GESÙ RISORTO E A DIVENTARE SUOI TESTIMONI ..................51
Il “nuovo” dialogo tra Gesù risorto e Ma-ria...
... risveglia la Maddalena dalla morte
Il giardino della nuova creazione
La Parola di Gesù risveglia Maria alla fede...
... grazie all’opera dello Spirito Santo
Il nuovo rapporto nella fede con Gesù
Dall’esperienza di Gesù alla missione di te-stimoniarlo
Il cuore della fede cristiana: Gesù Crocifisso e Risorto
L’incontro con Gesù risorto nell’Eucaristia
L’ascolto della sua voce
La comunione con il suo Corpo e Sangue
Nella presenza-assenza della fede
Dall’Eucaristia nasce la fede
Testimoni del Regno di Dio
CONCLUSIONE .................................................51
Preghiera del Vescovo per il tema pastorale .....76