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GRUPPO NATURALISTICO DELLA BRIANZA Associazione per la difesa della Natura in Lombardia 22035 Canzo Periodico trimestrale Anno XLV N. 2 aprile - maggio - giugno 2008 Poste Italiane S.p.A. Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (convertito in legge 27/02/04 - N. 46) Art. 1 Comma 2 - DCB COMO

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GRUPPONATURALISTICODELLA BRIANZAAssociazione per la difesadella Natura in Lombardia22035 Canzo

Periodico trimestraleAnno XLV N. 2

aprile - maggio - giugno 2008

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n una grande città il paesaggio è dato principalmente dalle costruzioni e dalla rete di stra-de e viali, animati dalle persone in transito e dai mezzi di trasporto.

Piccoli mutamenti avvengono di continuo, ma ci sono dei momenti, nella storia di una città,in cui la modifica riguarda intere zone e diventa quindi sostanziale.Così è per Milano; subitodopo la guerra la ricostru-zione è avvenuta in modorapido e a volte disordina-to: la necessità di sgom-brare rapidamente lemacerie ha creato una col-linetta che non esistevaprima e che ora fa partedel paesaggio.Ora, anche in previsionedell’Expo 2015, sono già inatto modifiche di interiquartieri, come è il caso diPorta Nuova, Porta Gari-baldi e l’Isola. Ma i proget-ti hanno seguito criterinuovi, primo fra tutti la“sostenibilità”.

“Si definisce sostenibile quella forma di sviluppo (economico, delle città, delle comunità…)che garantisce i bisogni delle generazioni attuali, senza compromettere la possibilità che legenerazioni future riescano a soddisfare i propri, preservando la qualità e la quantità delpatrimonio e delle risorse naturali”

ONU, Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo ( 1987 )

Così la progettazione architettonica è stata improntata al- contenimento dei consumi energetici- l’impiego di energie rinnovabili (energia solare e acqua di falda)- l’uso di materiali a bassa emissione- riciclo dei materiali utilizzati nei cantieri e l’adozione di procedure per la raccolta differen-ziata dei rifiuti.

Infine e non di poco conto, la linea avveniristica dei nuovi palazzi che sorgeranno dovrebbedare piacere per la loro leggerezza e il facile inserimento nel contesto urbano.

Ai posteri l’ardua sentenza!!

Il paesaggio urbano

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EDITORIALENATURAE CIVILTÀANNO XLV - N. 2APRILE MAGGIOGIUGNO 2008

Periodico del GruppoNaturalistico della Brianza,inviato gratuitamente ai soci

REDAZIONESilvia Fasana (Direttore Responsabile)

[email protected] Pozzi

[email protected] DI REDAZIONE

Iole Celani AgratiMaria Luisa Righi Balini

Segreteria rivista 031 26 26 01Spediz. in abbonamento postale

Registrazione del Tribunaledi Como n. 170 del 3 marzo 1967

Progettazione grafica,fotocomposizione e stampa:GRAFICAMARELLI snc

Via L. Da Vinci, 28-22100 ComoGli autori sono direttamenteresponsabili delle opinioniespresse nei loro articoli

Il presente periodico è stampatosu carta tipo ECF (senza cloro)

GRUPPO NATURALISTICODELLA BRIANZA ONLUS

Associazione per la difesa dellaNatura in Lombardia

Iscritta al Registro RegionaleLombardo del Volontariato22035 CANZO (Co)Casella Postale n. 28

Tel. e Fax 031 68 18 21e-mail: [email protected]

www.grupponaturalisticobrianza.itC.F. 82005080138PRESIDENTE

Cesare E. Del CornoPRESIDENTE ONORARIO

Stefano FedeliVICE PRESIDENTIMiranda SalinelliAlberto PozziGiorgio FerreroTESORIEREEle Ronzoni

Segreteria Soci 039 20 25 839Aderente alla Federazione

Italiana Pro NaturaQUOTE DI ISCRIZIONE

da versare sul C/C Postalen. 18854224 intestato al

Gruppo Naturalistico della BrianzaSocio EuroOrdinario 25,00Giovani (fino a 20 anni) 15,00Familiare (senza rivista) 10,00Sostenitore 40,00Benemerito 80,00Adesione speciale GEV 10,00Socia Vitalizio 200,00

In copertina:Il Cosia nel suo tratto superiore(Foto: “La Citta Possibile Como”)

Il nostro sito:www.grupponaturalisticobrianza.itVi invitiamo a visitarlo e a farlo conoscere

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er chi vive a Como, il Cosia è un tor-rente quasi sconosciuto, o comunque

non è di certo l’immagine di una bellezzadella natura. Le profonde trasformazioniche hanno coinvolto il nostro territorio, ein particolare le aree urbane, hanno porta-to alla regimazione del suo corso e ad unsuo utilizzo come recapito di scarichi civilie industriali. Le acque del torrente, soprat-tutto in passato, hanno assunto le colora-zioni e gli odori più diversi (valeva il vec-chio adagio “Se vuoi sapere i colori chel’anno prossimo andranno di moda, guardale acque del Cosia”), mentre nella parte ter-minale sono state convogliate in tunnelsotterranei.Ma basta allontanarsi, anche di poco, dalcentro urbano per avere una sorpresa ina-spettata. Se ci portiamo alla periferia est diComo, dopo aver percorso poche curvelungo la via Pannilani, sembra di entrare inun mondo diverso. Il torrente con le suecascatelle, le forre, i famosi “bottini” (ovve-ro le “marmitte dei giganti”) scorre traboschi umidi, campi coltivati, cascine. Que-sto è uno di quei luoghi “della memoria”,dove si possono ancora respirare atmosfe-re “di una volta”, inconsuete per una peri-feria urbana.La sensibilità verso quest’area sta crescen-do: i Comuni e le Circoscrizioni, la Comu-nità Montana Triangolo Lariano, la Provin-cia di Como, Associazioni ed Istituti scola-stici stanno promuovendo diverse iniziati-ve a vario livello finalizzate allo studio, alla

tutela ed al rilancio dell’intera valle delCosia.L’architetto Giuseppe Reynaud, referentede “La Città Possibile Como”, ci raccontacome la sua Associazione si stia occupan-do concretamente di questi luoghi da oltre10 anni: «Il nostro impegno per la valle delCosia è nato nel 1994. Questo territoriopresenta notevoli valori paesaggistici,naturalistici, geologici, storici e culturali,che meritano di essere riscoperti. Inoltre lasua facile accessibilità, il suo potenzialeruolo di collegamento nel sistema delleAree Protette della cintura urbana e la forte

Presto un nuovo Parcoper la Valle del Cosia

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UOMO E NATURA: INCONTRI E SCONTRI

Sabato 10 maggio, nell’ambito degli “Incontri Lariani”, il Gruppo Naturalistico della Brianza ha orga-nizzato una visita guidata alla Valle del Cosia, alla periferia orientale di Como. Già nel febbraio 2003,grazie alla disponibilità del Dott. Giacomo Tettamanti, Tecnico Ambientale del Comune di Tavernerio,abbiamo pubblicato un numero di Natura e Civiltà sulla Valle del Cosia e sul progetto di tutela dell’areanei comuni di Como e Tavernerio con la costituzione di un Parco Locale di Interesse Sovracomunale.

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pressione insediativa sulle aree ancoralibere, ci hanno spinto ad interessarci dellasua tutela e valorizzazione. In questo sensoci siamo inizialmente occupati della suaporzione più prossima alla città, quella piùfacilmente aggredibile, compresa tra iComuni di Como e Tavernerio, recuperandoil tratto tra Camnago Volta e Solzago dellaex linea tranviaria Como-Lecco (dismessanegli anni ’50), per renderlo fruibile comepercorso ciclo-pedonale nel verde». Lungoquesto sentiero, accessibile anche ai disa-bili, su progetto dei tecnici dell’Associazio-ne, è stato realizzato nel 2002 un nuovoponte pedonale, sui resti dell’antico “Pontedei Bottini”, grazie ad un accordo di Pro-gramma tra i due Comuni interessati e “LaCittà Possibile Como” ed all’intervento dialcuni sponsor privati.Inoltre l’Associazione, con il Comune diTavernerio e i locali volontari anticendiostanno costruendo una sinergia per recu-perare anche l’antico ponte in pietra, oggipericolante, che attraversa la valle di Pon-zate. L’obiettivo, oltre alla valorizzazionedell’aspetto storico (si tratta forse del piùantico ponte di Tavernerio), permetterà diconnettere ad uso ciclopedonale il sentieroche proviene dalle colme alla rete dei sen-tieri di fondo valle.Sottolinea Giuseppe Reynaud: «Per lanostra attività abbiamo puntato sul coin-volgimento delle realtà sociali interessate:singoli cittadini, scuole, associazioni, attra-verso iniziative di comunicazione, sensibi-lizzazione e confronto. In questo modovogliamo rendere le popolazioni locali par-tecipi e protagoniste degli interventi sulloro territorio». Per quanto riguarda gli Isti-tuti scolastici «Nell’anno scolastico 2006-2007 e 2007-2008, con la collaborazionedell’Istituto professionale agro-ambientale“S. Vincenzo” di Albese con Cassano, graziealla disponibilità della Coordinatrice Prof.ssa Rosella Spinelli e dei docenti Proff.Ismaele Pozzoli, Fabio Montagna e Valenti-na Baruffini, abbiamo messo a punto unprogramma didattico con la precisa finalitàdi riqualificare alcune aree strategiche, sti-molando nei ragazzi una riflessione con-creta sul loro territorio per favorirne il radi-camento e il senso di appartenenza». Dalprogetto è nata una convenzione con il

Settore Parchi e Giardini del Comune diComo ed i ragazzi, guidati dai loro docen-ti, hanno realizzato gli interventi indivi-duati. Si è proceduto al recupero e allamessa in sicurezza del sentiero che condu-ce alla spettacolare “Cascata dei bottini”,attraverso opere di ingegneria naturalisti-ca e al mantenimento del sentiero di colle-gamento tra la via Pannilani a CamnagoVolta e il lavatoio di Lora, tracciato riaper-to durante il Campo di Volontariato pro-mosso da Città Possibile e Legambiente -Como nel giugno 2005. Particolarmenteinteressante è stato il recupero ambientaledi una balza di terreno situata tra la Pas-seggiata Voltiana e il Cimitero di Camnago.Fino ai primi anni Sessanta quest’area eradi proprietà dell’Ente Fanciullezza Abban-donata di Milano, che vi mandava i bambi-ni in villeggiatura e faceva coltivare la terradai contadini locali. Qui, dopo la bonificadella flora infestante, i ragazzi dell’Istituto“S. Vincenzo” hanno proceduto al ricono-scimento e alla catalogazione delle colturepreesistenti, oltre alla ripiantumazione difilari di delle varietà locali di vite. Nel mag-gio di quest’anno i lavori fatti nella Valledel Cosia sono stati al centro del tradizio-nale convegno “Filo Verde 6”, dal titolo“Sulla linea del Tram: tra Como e Lecco,cento anni di storia locale”, in cui è stato

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anche presentato un libro curato daidocenti e dagli studenti dell’Istituto (vediarticolo a pag. 8).La scuola secondaria di primo grado diTavernerio sta inoltre impostando un per-corso didattico per realizzare la segnaleti-ca e i pannelli informativi da parte deiragazzi; alcune classi di un’altra scuola, la“Giacomo Leopardi” di Como nell’annoscolastico 2005-2006 avevano invece par-tecipato al grande progetto di educazioneambientale transfrontaliero lanciato dalWWF “Kids for the Alps”, “Bambini per leAlpi” - “Dai vita al tuo fiume”, proprio conuno studio sui diversi aspetti ambientali eculturali del Cosia.Continua Reynaud: «Proprio ascoltando idesideri e i sogni delle persone della zona, cisiamo resi conto che la naturale evoluzionedi questi nostri progetti sarebbe la creazio-ne di un Parco Locale di Interesse Sovraco-munale (PLIS) tra i Comuni di Tavernerio edi Como, e, perché no, anche di Albese conCassano ed Albavilla, in cui scorre il primotratto del torrente Cosia. Il PLIS della Valledel Cosia vuole essere un parco estensivo,che preveda modalità leggere di gestione evalorizzazione del territorio: non grandiopere, ma interventi mirati inseriti in unchiaro e coerente disegno complessivo. Ilriconoscimento della valle del Cosia comePLIS consentirebbe di accedere a fondi

regionali e di partecipare a bandi nazionalied europei, rendendo possibili interventiquali la riqualificazione del sistema delleacque, la salvaguardia delle aree ancoranaturali e la connessione della rete ecologi-ca, il ripristino della rete dei sentieri, il recu-pero di antichi monumenti della storia ecultura locale. Inoltre, sarebbe possibileindividuare modalità di sostegno delle atti-vità agricole residuali che, indirizzate versoforme di gestione compatibili con il parco,possano trarre nuove occasioni di sviluppo,nel rispetto della tradizione del passato.Qualche passo in tal senso è già stato fattoalcuni anni fa dal Comune di Taverneriocon la realizzazione di uno studio floristico– vegetazionale ed un’analisi della qualitàambientale dell’area, lavoro che ha fornitole basi per la stesura di un “Progetto di fat-tibilità” per un’area protetta. L’istituzionedel Parco è inoltre già prevista nel Piano diAzione di Agenda 21 approvato dal Comu-ne di Como nel 2005.Ma si deve fare presto,perché nonostante questi importantisegnali positivi nel frattempo la forte pres-sione insediativa sull’area sta snaturando-ne i caratteri peculiari».Un contributo importante alla costituzionedell’Area Protetta potrà essere dato dallavoro dell’architetto Eleonora Spreafico, lacui tesi di laurea in Architettura del Pae-saggio (relatore il Prof. Darko Pandakovic)ha riguardato proprio l’ipotesi di un ParcoLocale di Interesse Sovracomunale lungol’intera valle del Cosia, anche se gli inter-

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venti proposti sono concentrati sulla partebassa del territorio. Sostiene EleonoraSpreafico: «Sono convinta che la custodiadi questo patrimonio naturale e culturalesia doverosa, per poter offrire alle giovanigenerazioni la possibilità di conoscere ilproprio passato, la propria storia, le proprietradizioni, in una parola, le proprie radici.Non una tutela fine a se stessa, ma per unrecupero della memoria e di un rinnovatorapporto uomo-natura, più sereno, rilassa-to, piacevole». Gli interventi proposti nellatesi sono volti da un lato alla conservazio-ne e alla valorizzazione degli ambientinaturali, seminaturali e degli elementi delpaesaggio agricolo presenti, dall’altro allacreazione ed al recupero di strutture cheincrementino la fruibilità del territorio. Unposto di primaria importanza nel progettodi Eleonora Spreafico occupa il recupero edil ripristino della rete degli antichi percorsiesistenti, oltre al completamento del trac-ciato pedonale lungo il corso del torrenteCosia. È stata prevista, tra l’altro, anche lacreazione di appositi percorsi naturalisticiper far conoscere le caratteristiche dellazona.Un’ipotesi di lavoro molto interessanteriguarda anche la creazione di particolariaree da destinare alle coltivazioni storiche,liberando dalla vegetazione infestanteparte dei terrazzamenti e ciglionamenti untempo adibiti alle coltivazioni di frumento,granoturco, ortaggi, erbe officinali, viti“maritate” ai gelsi e agli alberi da frutto,per darle in uso a privati, in modo da potercontinuare la tradizione agricola per cuiera famosa la bassa Valle del Cosia. Da quiinfatti tradizionalmente proveniva la mag-gior parte della frutta e della verdura cheriforniva il mercato di Como, in particolarevaleriana, cicoria, susine, ciliege ed amare-ne. Dall’uva, poi, veniva ricavato il “chiaret-to”, un vino rosso dal gusto fresco ed unpo’asprigno. Interventi di natura più squi-sitamente edilizia potranno riguardareinvece il recupero e la manutenzione dialcune cascine rurali, da destinare a strut-ture polivalenti di supporto alle attivitàdivulgative e didattiche del parco, nonchéa ristoro ed accoglienza dei visitatori.Punto qualificante dell’offerta culturaledell’intera valle sarà la creazione di un

Museo di archeologia agraria presso il vec-chio mulino Beretta (detto mulino “mae-stro”) a Camnago Volta, attivo fino aglianni ‘80 per la macinatura delle granaglie,dopo averlo sottoposto ad un accuratorestauro conservativo.In questo senso era già inteso il “Progettodi recupero, valorizzazione del mulino“maestro” nella valle del Cosia”, presentatonel 2004 dall’Associazione “La Città Possi-bile Como” ad uno specifico bando dellaFondazione Comunità Comasca Onlus,purtroppo senza esito favorevole.In attesa di nuove opportunità di finanzia-mento, l’associazione, grazie all’appassio-nato contributo del Sig. Giuseppe Muscio-nico, erede dell’ultimo mugnaio, ha colto lacoincidenza con varie manifestazioni loca-li come occasione per l’apertura al pubbli-co della struttura. L’ultima è stata la recen-te giornata “Per corti e cascine” promossadalla Confederazione Italiana Agricoltoricon il patrocinio della Regione Lombardia -Settore Agricoltura, che ha riscosso unnotevole successo di pubblico. Nell’occa-sione è stato esposto un tabellone infor-mativo sui mulini della valle, redatto anchegrazie al contributo della Dott.ssa AzzurraPatti recentemente laureatasi presso lafacoltà di Beni Culturali dell’Università del-l’Insubria, proprio con una tesi sui mulinidella valle del Cosia.

(Foto “La CittàPossibile Como” )

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e immaginiamo Como come un orga-nismo vivente, le colline boscose della

“Spina Verde” sono ormai considerate datutti come il suo “polmone verde”, che for-nisce al centro urbano una ventata di ossi-geno e la possibilità di un rilassante con-tatto con la natura. Non così noto però èl’altro “polmone verde” della città, forseaddirittura assai più sorprendente: la valledel torrente Cosia.Il torrente Cosia nasce da numerose sor-genti situate alle pendici meridionali delmonte Bolettone, e si getta nel lago diComo. Dal punto di vista geologico, la suavalle è scavata entro formazioni rocciosesedimentarie di origine marina risalenti alGiurassico, in alcune delle quali – come ilRosso Ammonitico – si possono rinvenirefossili di antichi molluschi marini. In tempigeologici più recenti, durante l’era Quater-naria, la zona è stata modellata dall’azionedei ghiacciai e soprattutto dello stessoCosia, che ha inciso e plasmato la valle incui scorre. In particolare, nell’area sotto-stante il paese di Tavernerio, il torrente hascavato forre profonde fino a 20 metri,imponenti e scenografiche; sulle ripidescarpate è ancora possibile leggere le trac-ce lasciate dal corso d’acqua, che in epochepassate scorreva a quote più elevate del-l’attuale. Un’altra forma di erosione visibi-le lungo il corso del Cosia è quella delle“marmitte dei giganti”, chiamate local-mente “bottini”, ovvero cavità profonde elevigate, dovute all’erosione meccanicaesercitata sulle rocce calcaree del letto deltorrente dal moto rotatorio vorticoso disabbie e ghiaie trasportate dalla corrente.Nella valle del Cosia, nonostante una cre-scente pressione antropica soprattuttonella sua parte terminale, sono ancora pre-senti diversi ambienti naturali ancora ben

conservati, tipici delle pendici meridionalidel Triangolo Lariano. Il mosaico verde vadai boschi termofili a Roverella (Quercuspubescens), Carpino nero (Ostrya carpi-nifolia) ed Orniello (Fraxinus ornus), apertie luminosi, caratteristici delle stazioni benesposte a sud; ai boschi freschi e ombrosia Carpino bianco (Carpinus betulus) e Fras-sino maggiore (Fraxinus excelsior), accom-pagnati dal Tiglio (Tilia platyphyllos) e dal-l’Acero di monte (Acer pseudoplatanus);alle formazioni a Castagno (Castanea sati-va) o a Pino silvestre (Pinus sylvestris),favorite dall’uomo; alle ombrose faggete

Il torrente Cosiae la sua valle

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IL NOSTRO TERRITORIO

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dominate dal Faggio (Fagus sylvatica),caratteristiche delle quote superiori agli800 metri. Ad altitudini ancora maggioritroviamo invece ampie praterie, ricavatenei secoli dall’uomo per assicurare fieno albestiame e ravvivate da colorate fiorituredi Narcisi (Narcissus poeticus, N. radiiflo-rus), Campanule (Campanula sp), Gigli sel-vatici (Lilium croceum, Lilium martagon);con l’abbandono dell’attività pastoralequesti spazi tendono ad essere gradual-mente riconquistati da boscaglie pionieredi Betulle (Betula pendula) e Nocciolo(Corylus avellana), preludio ad un prossi-mo ritorno della faggeta.Lungo il corso del torrente è ancora possi-bile leggere la storia di un rapporto trauomo e natura che per secoli si è mante-nuto equilibrato e discreto: i terrazzamen-ti, i campi coltivati, i filari di gelsi, le casci-ne, i nuclei rurali ancora ben conservaticome quello di Campora, l’antico mulinoBeretta a Navedano, accanto ai ricordilegati ad Alessandro Volta (la tomba, laresidenza estiva a Campora), alle splendideresidenze nobiliari di Albese con Cassanocon i lussureggianti parchi (Villa Odescal-chi-Greppi, attualmente Villa Santa Chiara,Villa Bassi Roncaldier - ora Villa S. Bene-detto, Villa Ida Parravicini di Persia), alletestimonianze della fede come il piccologioiello romanico di S. Pietro a Cassano o

la Chiesetta di S. Fereolo a Tavernerio,segno di un culto antico e molto radicatosul territorio. La festa di questo santo,invocato contro le malattie, viene solenne-mente celebrata la prima domenica dopoPentecoste, ed è accompagnata da unafiera tradizionale, di grande richiamo. SanFereolo, in realtà era un centurione roma-no di Vienne, che morì martire sulle rive delRodano a motivo della sua fede cristiana,vittima della persecuzione di Diocleziano.Ma la tradizione popolare ha voluto “rivisi-tare” la sua figura, trasportandolo sullerive del Cosia e vedendo in lui un feroceladrone che, con la sua banda, derubava euccideva barbaramente i poveri viandanti.Un bel giorno, però Fereolo si pentì dei suoipeccati e decise di cambiare vita, di vestir-si di sacco e di ritirarsi in un povera capan-na sulle rive del torrente, in penitenza. Icompagni, allibiti dal cambiamento delloro capo, decisero di sbarazzarsi di lui e louccisero, gettando il suo corpo nel torren-te. Il popolo non solo gli perdonò i suoitrascorsi, ma lo venerò come santo ed edi-ficò sul luogo del “martirio” una chiesettaa lui dedicata, su un ponte sopra il Tisone,affluente del Cosia. Dalla roccia di unadelle spalle del ponte sgorga uno zampillodi acqua, a cui sono stati attribuiti potericurativi contro le affezioni della pelle.

(Foto “La CittàPossibile Como” )

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abato 31 maggio, presso la sala dellaCircoscrizione 4 a Camnago Volta, si è

tenuto “Filo verde 6”, il tradizionale appun-tamento annuale dedicato alla natura ed alterritorio organizzato dall’Istituto profes-sionale Agro-Ambientale “San Vincenzo” diAlbese con Cassano, in collaborazione con“La Città Possibile Como” e con il patroci-nio della Provincia di Como, Assessoratoall’Agricoltura, della Circoscrizione 4 diCamnago Volta e del Comune di Albese conCassano.Il convegno di quest’anno, dal titolo “Sullalinea del tram tra Como e Lecco”, ha pro-posto una ricerca svolta dai docenti e daglistudenti dell’Istituto su cento anni di storialocale lungo la linea un tempo percorsa daltram che collegava Como con Lecco. L’Isti-tuto, aderendo al programma nazionale“Scuole aperte” per l’anno scolastico2007/2008 e al progetto “La Catena Ecoso-lidale” promosso dalla Cooperativa Sociale“Biosfera” e sostenuto dalla FondazioneCARIPLO, ha voluto unire l’opportunità diapprofondire la cultura e lo studio dellastoria locale ad un progetto già in corso divalorizzazione della qualità e delle poten-zialità di fruizione pubblica della valle deltorrente Cosia. Questo progetto, avviatonel 2006 con una convenzione con il Set-tore Parchi e Giardini del Comune di Comoe con la collaborazione dell’Associazione“La Città Possibile Como”, ha visto la realiz-zazione di una serie di interventi su alcunearee della valle (vedi pag. 2 e seg.). Da que-sti due progetti è nata un’interessantepubblicazione, il cui argomento è l’evolu-zione economica, sociale e paesaggisticadel nostro territorio, con un’attenzioneparticolare - come è connotazione dell’Isti-tuto - all’agricoltura: la sua presenza untempo massiccia, seguita dal declino e dal-

l’affermarsi dell’industria e del terziario.«Il convegno e il libro – ha spiegato la Coor-dinatrice didattica dell’Istituto Agro –Ambientale, Rosella Spinelli - intendonoporre l’attenzione su quelle solide radici sucui si è costruita la nostra identità e ilnostro presente e al tempo stesso lancia uninvito a cercare di essere oggi “buoni semi-natori” perché le generazioni future possa-no ancora fare raccolti abbondanti».Per informazioni: Istituto ProfessionaleAgro - Ambientale “San Vincenzo”, Albesecon Cassano, tel. 031.426341.

Dal volume “Sulla linea del tram Como-Lecco. Cento anni di storia locale ai piedidel Triangolo Lariano” riportiamo nellepagine che seguono un bel contributo sulpaesaggio come luogo della memoria diIsmaele Pozzoli.

“Filo Verde 6”: “Sulla linea deltram tra Como e Lecco”

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CONVEGNI

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hiunque può riconoscere gli elementifondamentali che caratterizzano il

territorio dell’alta Brianza tra Como eLecco e convenire che, su larga scala, quasinulla è cambiato rispetto al passato. È suf-ficiente recarsi al Bolettone e guardareoltre la stretta cerchia di agglomeratiurbani e vie di comunicazione per accor-gersi che le Grigne, i Corni di Canzo, poi ilResegone seguito dal monte Barro sonosempre là sullo sfondo, i terrazzi moreniciormai densamente abitati e poco avanti ilaghi d’Annone, di Pusiano e d’Alseriocompongono ancora un diadema di “pietrepreziose” in testa alla Brianza e in tuttoquesto tempo non si sono spostati un cen-timetro dal punto dove l’ultima discesa deighiacciai li ha sospinti ormai molti millen-ni fa. Dietro ad essi la pianura, giù sino aMilano. Ricordo quando, da bambino,spesso il mio babbo mi portava su questecreste e mi esortava a cercare sullo sfondo,lungo la direzione indicata dal suo braccio,il luccichio della Madonnina del Domm.Non so se fosse una scusa per spronarmi aguardare intorno o lo smog che già offu-scava l’aria ma, personalmente, non l’homai intravista se non con la fantasia chemi faceva esclamare: “eccola là!”Ma se per innamorarsi del nostro paesag-

gio può bastare anche solo un timidosguardo e per descriverlo occorre osservar-lo con attenzione, per capirlo e compren-derne i mutamenti la vista non basta, sideve necessariamente conoscerne la storia,sovrapponendo le immagini del presentecon quelle che riaffiorano nei ricordi.Memorie a tratti vive e colorate o, il piùdelle volte, ricordi in bianco e nero con icontorni ormai confusi, dei quali riconoscibene la realtà dei luoghi, ma dove le perso-ne che li popolano hanno in alcune voltinoti, in altre fisionomie vagamente fami-liari o qualche volta solo nomi in epitaffisbiaditi.Il paesaggio è soprattutto questo: un gran-de contenitore che racchiude in sé levicende e i drammi delle persone che nelterritorio vivono e che contribuiscono acaratterizzarlo nelle forme. Un contenitoreche esiste solo in virtù di una società chelo plasma in continuazione e che, comeuna scenografia teatrale, è in grado di rac-contare la storia degli uomini-attori, anchequando sono già scesi dal palco e il siparioè ormai calato.La descrizione che segue è quindi fruttopiù del contributo datoci da memorie sto-riche dei luoghi che da ricerche analitichedi dati. Ricerche che risultano essere trop-

Il paesaggio lariano

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UOMO E NATURA: INCONTRI E SCONTRI

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pe volte sterili tabelle piuttosto che stru-mento per risvegliare in noi un sentimentodi sana nostalgia per il paesaggio passatoche, lungi dall’essere un rimpianto per ciòche non esiste più, diviene invece una spe-ranza per il futuro.

Dal ritmico zoccolaredi cavalli al fragore

del traffico motorizzato

All’inizio del 1900 il paesaggio vissutocompreso tra Como e Lecco doveva di fattopresentarsi molto simile a quello che avevacaratterizzato il secolo precedente. I colle-gamenti tra le due città non erano certoagevoli, con strade per lo più in terra bat-tuta e linee ferroviarie che si dirigevano inmodo preferenziale nella direzione di Mila-no. Prima ancora che la linea tranviariacollegasse i due futuri capoluoghi di pro-vincia, ad esempio, il treno aveva già unitoErba e Milano da più di venti anni. Forseanche in questo è da ricercare la leggeradiffidenza che persiste ancora oggi traalcuni “comaschi” e “lecchesi”.Un ambiente completamente dominatodalla componente naturale, dominato cioèdalla vegetazione potenziale dell’areabriantea, non si trovava facilmente. La

grande crescita demografica iniziata nellaseconda metà del XIX secolo, unita al cro-nico fabbisogno energetico del capitalismolombardo (per lo più soddisfatto da legna-me e carbone di origine vegetale) avevainfatti spinto la popolazione ad un usosempre più intenso del territorio rurale emontano, determinando un forte disbo-scamento delle pendici e contribuendo aconformare l’ambiente circostante i villag-gi sino almeno al secondo dopoguerra,periodo dopo il quale la tendenza cominciòad invertirsi sino alla realtà dei nostri gior-ni.La conformazione geografica del territorioaveva quindi permesso l’accrescersi di untessuto capace di fungere da collegamen-to tra il mondo della pianura e quello dellamontagna, tramite la formazione di untessuto urbano nel quale la rete di grandi emedie imprese, già prospere all’inizio delsecolo, era intimamente connessa ad unambiente ancora profondamente rurale eagricolo, il quale risultava tuttavia ingenti-lito dal fiorire di ville e giardini nobili.Si può dire anzi che le diverse realtà vives-sero in una sorta di simbiosi, trovandosostentamento l’una dall’altra.Quella parte di mondo agricolo protesoverso i monti si occupava di rifornire lapianura dei suoi prodotti.

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Non vi era lembo di territorio abbandona-to. Laddove l’acclività dei versanti si man-teneva dolce, ecco che facevano la lorocomparsa i ronchi, cioè dei terrazzamentipiuttosto profondi frutto dell’antica e pro-verbiale “ignorante saggezza contadina”.Questi permettevano la coltivazione dicereali, ortaggi, patate e foraggi nella partecentrale della piana e contemporaneamen-te, in prossimità della scarpata, il manteni-mento di filari di vite, sovente maritati apiante di muron (gelsi) o alberi da frutto divarietà locali. I vitigni erano per la maggiorparte costituiti dalla varietà clinton (dalsapore molto aspro), dalla francesina (alcontrario della precedente molto dolce) oaltre uve americane, le quali avevano sosti-tuito da poco tempo gli antichi vitigni col-piti dalla fillossera. I gelsi, molto numerosiin tutta la Brianza, erano necessari all’alle-vamento del baco da seta, che iniziato nelSettecento, continuava a contribuire albilancio famigliare. Molte piante quindiavevano ben più di cento anni e possede-vano un aspetto del tronco piuttosto mae-stoso, che contrastava con la snellezza deirami al di sopra della capitozzatura.A quote più elevate, le colline erano luogodi alpeggio e pascolo in alcune parti o pratida sfalcio in altre. Qui, sin dalle prime ore

delle mattinate estive, si tagliava il pratoutilizzando la ranza e, nei punti più ripidied in prossimità delle rocce, il scighezz.Contemporaneamente si provvedeva amantenere in efficienza la rete di sentieri emulattiere, in prossimità delle quali il fieno(costituito da erba molto profumata) veni-va portato a mezzo di grosse gerle (capie).Qui veniva successivamente caricato sulledare (carri agricoli di piccola taglia, conge-niali agli stretti percorsi delle mulattieremontane) e portato a valle dopo averopportunamente levato le ruote posteriori,così da frenarne il grosso carico.Il lavoro sui monti continuava anchedurante l’inverno, momento ideale per iltaglio dei pochi boschi ancora sfruttabili(relegati nelle zone impervie) e la puliziadell’alveo dei torrenti ed impluvi principali.La legna, ovviamente, veniva destinata soloin minima parte al riscaldamento ed alfunzionamento delle cucine nelle abitazio-ni contadine e, molto più spesso, vendutaalle famiglie nobili o alle industrie biso-gnose di energia. Il mantenimento in effi-cienza del reticolo idrografico serviva inve-ce a scongiurare frane e smottamenti cau-sati dal disboscamento, ma nello stessotempo permetteva una adeguata portata aicorsi di pianura dove l’acqua costituiva

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forza motrice dei numerosi mulini, opifici emagli.Nella maggior parte dei centri abitatipedemontani, il paesaggio costruito simanteneva in equilibrio con l’ambiente cir-costante, essendo per lo più costituito dacascine, piccoli agglomerati o borghi piùestesi, intervallati sempre e comunque daampi prati e campi.I diversi edifici ancor oggi presenti, manmano che la geomorfologia cambia da pia-neggiante a collinare, abbandonano leforme e le dimensioni della classica casci-na lombarda, per assumere forme piutto-sto irregolari in spazi contenuti. Le diverserealtà si adattano alle caratteristiche parti-colari della morfologia del territorio, for-mando comunque aggregati quasi sempredotati di corte interna. Differentementedalle corti di pianura, i campi coltivati sitrovavano quasi sempre lontano dalla abi-tazione principale, questo determinò lanecessità di realizzare diversi depositi perattrezzi in vicinanza dei campi (casott),dapprima realizzati in legno e successiva-mente in muratura. Man mano che il tes-suto urbano andava crescendo, finiva perfagocitare le strutture più vicine, altre

sono ancora visibili nei pochi prati rimastiin prossimità dei centri abitati.Solamente le strade più antiche all’internodel nucleo abitato erano, a volte, in acciot-tolato, mentre la maggior parte del sistemaviabilistico si manteneva, come già detto inprecedenza, in terra battuta, decisamentepolverosa, ma moderatamente dolorosaper gli animali che tiravano i carri. Non viera bisogno di grandi strade alberate oparchi pubblici, ma in diversi luoghi sorge-vano esemplari, a volte maestosi, di specieornamentali, a corredo di quella rete diville e giardini all’italiana cui si è accenna-to in precedenza. Una di queste piante eral’ippocastano, che ai tempi non avevagrandi problemi fitosanitari, come quellioggi causati dalla Cameraria. Un tempo,con il sopraggiungere delle calde giornateprimaverili di aprile e maggio, quando l’ip-pocastano iniziava a mettere i primi tenerigermogli, attorno alle piante si radunava-no moltissimi maggiolini (venivano allorachiamati garzelle). Era normale vedere iragazzi arrampicarsi sulle piante per cattu-rarli, un po’ per gioco, un po’ per portarli alComune che provvedeva alla loro distru-zione pagandoli a peso. I maggiolini infat-ti, dopo essere stati sull’ippocastano, pas-savano a rodere le foglie del gelso,rischiando di causare difficoltà all’alleva-mento dei bachi (solo l’interesse dell’uomosi opponeva a quella che poteva essereconsiderata a tutti gli effetti un esempio dilotta biologica…).Poco fuori dal borgo, l’ambiente rurale tor-nava predominante mentre la pianura ini-ziava a delinearsi.Il terreno costituiva una risorsa estrema-mente preziosa, così che era difficile trova-re ampi spazi costruiti. Le industrie presen-ti sorgevano in corrispondenza dei torren-ti, laddove era più congeniale l’utilizzo del-l’acqua ma senza sottrarre suolo preziosoalle coltivazioni ed ai prati che, a differen-za di quelli montani, erano condotti soven-te a marcita lombarda, potendo usufruiredell’acqua delle rogge che si allontanavanodai mulini e che per questo motivo spessovenivano dette molinara.Questa era pure una zona ricca di fontani-li, ossia di acque sorgive caratterizzate dauna temperatura costante superiore a

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quella esterna invernale, ideale quindi perla conduzione di prati marcitoi. Proprio latemperatura dell’acqua permetteva la risa-lita da questi canali e campi, nelle mattina-te autunno-invernali, di dense nebbie chepotevano quasi essere tagliate con unalama, mentre la figura scura del camparocon il suo tabarro sulle spalle percorreva lapianura.Lungo quelle stesse rogge, dalle acquedecisamente pulite i giovani erano solitiandare a catturare gamberi di fiume e lerane, le quali, con il loro gracidare, caratte-rizzavano decisamente alcuni tratti del ter-ritorio.Nel 1912 viene inaugurata la linea del tramche da Como portava ad Erba e, successi-vamente al 1926, fino a Lecco.Il paesaggio di questi anni, per noi dellenuove generazioni, è immaginato spessonel colore seppia di vecchie cartoline con-servate nel cassapanca e ormai quasidimenticate. È nello stesso tempo lamemoria di un paesaggio dove immaginoche le parole d’ordine potessero esseretranquillità e lentezza. Termini non usaticertamente in senso dispregiativo, tutt’al-tro. Lentezza di una società che si muovecon i mezzi dell’epoca: prevalentemente apiedi per le vie sterrate dei villaggi, i carritrainati dai buoi o dai cavalli, il tram che

permetteva di raggiungere Como da Erbain più di un’ora o il treno a vapore, cheimmagino non poteva accorciare di moltoi tempi di percorrenza. Con il metro di giu-dizio che siamo soliti utilizzare oggipotremmo valutare questi lunghi tempicome morti e buttati al vento. Reputoinvece abbiano costituito delle prezioseoccasioni di conoscenza dell’ambiente cir-costante. Quelle occasioni che permetteva-no a tutti di conoscersi meglio ed avererapporti sinceri e spontanei; occasioni percoltivare un contatto profondo con il pae-saggio stesso, con i piccoli particolari ditutti i giorni, con i colori, i profumi, i sapo-ri, i costumi della gente, i lavori perduticome l’ombrellaio, l’arrotino, lo stracciaiocon i loro richiami per le vie del paese.Nel secondo dopoguerra, qualcosa cambia.I trasporti cambiano radicalmente velocitàe con essi la società.Inizia la ripresa economica e con essa ildrastico cambiamento del tessuto socialerimasto immutato per secoli. Inizia un pro-cesso che strapperà l’uomo dalla terra checon così tanta cura aveva gestito e gover-nato. Uno strappo che dura persino ainostri giorni e che ha contribuito a creareferite troppo dolorose per essere ricompo-ste.L’industria assorbe la maggior parte della

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forza lavoro, cominciando dalla più giova-ne, lasciando solo le vecchie generazioniormai stanche a lavorare i campi, che ven-gono progressivamente abbandonati aldegrado o alla colonizzazione di speciepioniere infestanti.Anche i terrazzamenti che con così tantafatica furono costruiti vengono dimentica-ti, lasciando che i rovi soffochino lenta-mente, ma inesorabilmente le vecchievarietà di frutta ed i vigneti, preparando ilsuolo ad accogliere nuovamente il bosco.Allo stesso modo, il bosco si è espanso inmaniera incontrollata sui prati e pascoli dialta montagna, evolvendosi in intricateselve oscure caratterizzate dall’assenza diqualsiasi forma di governo, contribuendoad aumentare il rischio relativo al dissestoidrogeologico.Nel 1956 il tram compie la sua ultimacorsa. L’ironia della sorte vuole che sia unagiornata di maggio, proprio il mese in cuiera stato inaugurato 44 anni prima.Costa troppo, è lento, è poco moderno.La nuova era ha bisogno di nuove vie enuovi spazi. Vengono quindi relegate astrade di secondo piano quelle vie dicomunicazione sulle quali l’uomo si èmosso per così lungo tempo e progettate erealizzate altre, più comode, più scorrevoli,capaci di “tagliare” dal tragitto i centri abi-tati, capaci di sopportare un traffico veico-

lare sempre più intenso e veloce.Le strade rappresentano il nuovo elementoaccentratore nello sviluppo del paesaggioantropico. I processi di cambiamentodeterminano una rapida omogeneizzazio-ne dell’ambiente costruito, portando tra-sformazioni che compromettono tutto ilpatrimonio paesistico del territorio. Il pae-saggio comincia a delinearsi quindi comecomposto da un numero imprecisato ditessere ambientali estremamente simili traloro, in cui si perde ogni traccia del territo-rio vissuto, cioè della memoria storica dellapopolazione.Il tessuto urbano ed industriale si decon-centra sempre più lungo le vie di comuni-cazione di importanza provinciale ed inter-provinciale, sottraendo o, meglio, “sac-cheggiando” quegli immensi spazi di pia-nura che da sempre l’uomo aveva trattatocon quasi religioso rispetto. Inizia a deli-nearsi una nuova tipologia di insediamen-to, quella chiamata della “città diffusa”,nella quale certamente sopravvivono areeverdi, accerchiate ed isolate tuttavia da undisordinato succedersi di strutture contra-stanti tra loro ed altre volte terribilmenteuguali. Gli interventi di ristrutturazionedegli edifici esistenti hanno spesso portatoad un cambio drastico della tipologiacostruttiva e morfologica originaria. Lenuove costruzioni diffusesi dagli anni cin-

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quanta in poi hanno preso spunto dai peg-giori caratteri della periferia metropolita-na, con una proliferazione, sino agli anni’70, di condomini ad alta densità fondiaria,che hanno progressivamente unito gliinsediamenti originari. Anche le nuovetendenze costruttive, pur abbassandonotevolmente (almeno sulla carta) la den-sità fondiaria, tendono a creare un sistemadi edifici privo di struttura organica che innulla tiene conto del contesto preesistente.Negli ultimi cinquanta anni poi, l’abbando-no del territorio da parte delle grandi indu-strie, spostatesi in luoghi più centralirispetto alle nuove vie di comunicazione oa causa di economie di scala relative aiprocessi produttivi, ha determinato unatrasformazione del territorio in funzionedelle piccole e medie industrie. Questo haportato alla cronica ricerca di aree a favo-re di piani di lottizzazione con destinazio-ne produttiva, intasando progressivamentele aree pianeggianti di fondovalle ancoralibere dal cemento.Ciò che ci rimane dunque è questo: il pae-saggio che tutti possiamo osservare anchesolo seduti sul paglione del Bolettone, unavolta abbassato lo sguardo dalle Grigne,dai Corni, dal Barro, che sono sempre là,dove il Signore li ha collocati per farci van-tare ancora una volta di essere brianzoli,consapevoli tuttavia che tutta la nostra

ricchezza non basterà a ridarci l’immaginedel tempo svanito.Questo rammarico non deve tuttaviatogliere luce alla speranza, con la qualesalirò ancora al Bolettone ad indicare conla mano in direzione della tanto agognataMadonnina del Domm, che chissà, forse ungiorno il mio Lorenzo scorgerà.

Ismaele Pozzoli

Testo e immagini tratte da: “Sulla linea deltram Como-Lecco. Cento anni di storialocale ai piedi del Triangolo Lariano”, Istitu-to Agro Ambientale “S. Vincenzo” di Albesecon Cassano, 2008.

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na bellissima notizia per il nostro ter-ritorio ed il suo ambiente naturale.

L’Ente indipendente ICILA ha certificato loscorso mese di aprile una superficieboschiva di 1.869,17 ettari gestita dal Con-sorzio Forestale Lario Intelvese secondo lo“Schema di Gestione Forestale SostenibilePEFC”.Il patrimonio agro-silvo-pastorale in que-stione ricade nei seguenti Comuni dellaComunità Montana Lario Intelvese: Blessa-gno, Casasco, Cerano, Cernobbio, Colonno,Dizzasco, Laino, Lenno, Mezzegra, Moltra-sio, Pellio, Pigra, Ramponio Verna, SalaComacina, San Fedele Intelvi, Schignano,Carate Urio, Claino con Osteno e Ossuccio.La “certificazione della gestione forestale”è una procedura di verifica riconosciuta daparte di un organismo indipendente, al ter-mine della quale viene rilasciato un atte-stato che garantisce il rispetto di determi-nati requisiti di “sostenibilità” delle attivitàdi gestione forestale in un certo territorio.Quest’ultima viene intesa come “la gestio-ne e l’uso delle foreste e del territorio fore-stale inmodo tale damantenere la loro bio-diversità, la produttività, la capacità di rin-novazione, la vitalità e il loro potenziale disoddisfare, ora ed in futuro, rilevanti fun-zioni ecologiche, economiche e sociali alivello locale, nazionale e globale e a nondeterminare danno ad altri ecosistemi”.Dal luglio 1998 le organizzazioni di pro-prietari e di industrie forestali di alcuniPaesi europei si sono impegnate a predi-sporre un quadro di riferimento della cer-tificazione della gestione forestale, ricono-

scendo che la continua riduzione dellerisorse forestali mondiali richiede una seriedi sforzi per la promozione di pratiche digestione forestale sostenibile. Da questoimpegno è nato il PEFC (Programma per ilriconoscimento di schemi nazionali di Cer-tificazione Forestale), iniziativa volontariaper la promozione di una gestione foresta-le economicamente valida, ambientalmen-te appropriata e ricca di benefici sociali,basata sulla definizione di severi criteri e diindicatori della “gestione forestale sosteni-bile”, ovvero di parametri quantitativi(misurabili) e qualitativi (descrittivi) che,periodicamente misurati o osservati daEnti di certificazione indipendenti, permet-tano di valutare appunto la sostenibilitàdei sistemi di gestione forestale.L’iniziativa, che rappresenta un’esperienzapilota nel territorio lariano, è stata finan-ziata dalla Provincia di Como e dal Consor-zio Forestale nell’ambito del “Grande Pro-getto di Montagna per le Prealpi Coma-sche”, promosso dalla Direzione GeneraleAgricoltura della Regione Lombardia, perstimolare e sostenere interventi strutturaliper lo sviluppo e la salvaguardia delle areemontane.Il Presidente del Consorzio Forestale PaoloLanfranconi, insieme al Presidente dellaComunità Montana Oscar Gandola eall’Assessore Provinciale alle Foreste, IvanoPolledrotti, evidenziano come questoimportante riconoscimento sia il giustopremio per chi ha intrapreso con successoun lavoro fondamentale ed insostituibileper conservare e valorizzare il bellissimo

Certificazione della gestioneforestale sostenibileper la Valle Intelvi

U

UOMO E NATURA: INCONTRI E SCONTRI

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patrimonio forestale della Valle Intelvi.Ricordiamo che, nella primavera del 2002,la Comunità Montana di S. Fedele Intelvi èstata uno dei principali soci fondatori delConsorzio Forestale Lario Intelvese, unaparticolare forma di associazionismo traEnti Pubblici e privati con lo scopo di tute-lare e valorizzare il patrimonio silvo-pasto-rale del territorio. Tra le finalità del Con-sorzio, assumono particolare rilievo la con-servazione, la difesa e lo sviluppo delle

risorse forestali, agricole e zootecniche, ilpotenziamento dell’alpicoltura, la prote-zione dell’ambiente naturale ed il migliora-mento dell’assetto idrogeologico dei terre-ni mediante l’esecuzione di interventi disistemazione idraulico-forestale.Per informazioni: Consorzio Forestale LarioIntelvese, Via Roma 9, San Fedele Intelvi;tel. e fax 031.830528; e-mail: [email protected]

Silvia Fasana

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arliamo ancora di acqua, ma stavoltadelle vie d’acqua dei fiumi e canali, una

volta decisivi per la vita economica di unaregione, ed ora abbandonati. La Lombardia,ricca di acque correnti, rientra nel progettoeuropeo denominato “VEV”: Voies d’Eauvivantes, Canaux Historiques (vie d’acquaviventi, canali storici) approvato il 5 marzo1998 nell’ambito del programma “Terra”. Ilprogetto comprende 13 regioni europee inrappresentanza di 5 stati; l’Italia vi partecipacol progetto di cui sopra che prevede la rea-lizzazione di una serie di studi e di ricerche suicanali di Leonardo da Vinci e sui fiumi cana-lizzati (Adda, Naviglio di Paterno, Navigliodella Martesana, Naviglio Pavese, fiume Po) iquali rappresentano la linea navigabile dallago di Como al mare. All’interno del progettosono nati organismi locali e territoriali: il Con-sorzio dell’Adda, che dovrebbe ricondurre alripristino delle conche per la navigazione diOlginate, il Consorzio di bonifica Villoresi, ilConsorzio per il Parco Regionale Adda Nord,tutti operanti nella propria zona a favore delripristino delle idrovie. Il sogno milanese diavere un proprio sbocco al mare attraverso unsistema di canali artificiali è antico, data dalmedioevo ed anche da prima: si pensi che giànel II secolo dopo Cristo i milanesi derivaronodei canali per la navigazione dai corsi d’acquaminori: Severo, Nirone, Vettabia. Dal 1482Leonardo da Vinci dimorò a Milano dove restòper 25 anni; fu alloggiato per qualche temponella Villa Melzi d’Eril a Vaprio d’Adda il che loportò ad occuparsi a fondo del sistema diidrovie già realizzato e a studiare il Naviglio diPaderno. Durante il suo soggiorno Leonardodisegnò il traghetto di Vaprio, gemello diquello di Imbersago tuttora esistente, colquale si riusciva a permettere l’attraversa-mento del fiume sfruttando unicamente l’e-nergia della corrente idrica. Allora le mercivenivano trasportate con barconi lungo ifiumi e i canali oppure con carri trainati da

cavalli; Milano era collegata al lago di Comoattraverso il Naviglio della Martesana fino aTrezzo; si risaliva poi il corso dell’Adda pergiungere a Cornate. Qui le merci dovevanoessere scaricate dai barconi e trasportate concarri fino a Brivio dove potevano riprendere lavia d’acqua ed entrare nel lago di Como. Pereliminare questa strettoia costituita dallerapide, che rendevano difficili i trasporti daMilano al lago, Ludovico il Moro pensò di affi-dare a Leonardo il progetto di un canale che,superate le rapide, consentisse l’intera navi-gabilità del fiume. Leonardo disegnò un trac-ciato (ripreso dai suoi successori) che preve-deva una grande diga di 30 metri di altezza incorrispondenza dei Tre Corni di Paterno e unlungo canale navigabile parallelo al fiume escavato in galleria. Con il passaggio del mila-nese al governo spagnolo, l’idea del Navigliodi Paderno venne abbandonata ma venne poiripresa dal governo austriaco e portata acompimento grazie ad un decreto dell’impe-ratrice Maria Teresa. Vennero realizzate 6conche di navigazione di altezza variabile trai 3 e i 6 metri per un dislivello totale di m26.40. Questo impianto è quello che si può

Salviamo l’Adda di Leonardo

P

UOMO E NATURA: INCONTRI E SCONTRI

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vedere ancor oggi , a parte alcune modificheavvenute quando sono state inserite le cen-trali idroelettriche. Fu inaugurato l’11 ottobre1777 alla presenza dell’arciduca Ferdinando. IlNaviglio di Paterno fu navigato fino alla metàdell’800, poi l’avvento della ferrovia gli tolseimportanza. Comunque continuò a funziona-re fino al 1930, anno in cui non interessò piùné commercialmente né turisticamente. Con-tinuò la manutenzione affidata ai proprietaridelle centrali idroelettriche della zona. Quan-do nel 1963 fu nazionalizzata l’energia elettri-ca, il canale non ebbe più alcuna opera dimanutenzione e cominciò il degrado da cui ilprogetto potrebbe risollevarlo. Quando Leo-nardo fu a Vaprio, nella villa Melzi d’Eril, fuincantato anche dalla bellezza del paesaggiocircostante l’Adda: boschi, anfratti, colline,colori mutevoli del cielo compaiono in moltisuoi quadri e sono i paesaggi lombardi. Matutto è interessante intorno a queste rive:abbiamo un serie di castelli medievali e rina-scimentali: Trezzo, Brivio, Cassano; moltiponti: importanti e caratteristici quelli diPaderno e Trezzo, notevoli testimonianze diarcheologia industriale costituite dalle primecentrali elettriche e dagli impianti delle cen-trali vere e proprie. Il Ponte di Paderno, conuna campata elegante ed armoniosa, scavalcala valle ad una altezza di 80 metri sul fiume.Nacque nel 1889 su progetto dell’ingegneresvizzero Rothlisberger e rappresentava allorail trionfo del ferro nelle costruzioni, coevodella torre Eiffel. Non meno caratteristica lastoria dei ponti di Trezzo: per lunghi periodi sitraversò il fiume solo con traghetti poi nel1167 ci fu in ponte di barche e in seguito, ametà del ‘200, un ponte in muratura di pie-trame, distrutto attorno al 1320. Un altomanufatto costruito verso il 1370 da BarnaboVisconti fu distrutto nel 1416. Come maidistruzioni così frequenti? Per l’antica abitu-dine di distruggere i ponti in caso di guerra,perché facilitavano le incursioni del nemico.Si distruggevano e poi, finita la guerra diturno, si ripristinavano. L’ultimo ponte diTrezzo in acciaio (finalmente) fu costruito nel1866 e demolito nel 1952 perché non era piùstabile. Ancora una volta ricostruito nel 1953,si spera che duri…Alla fine dell’800 risalgono le prime applica-zioni pratiche dell’elettricità e ai primi annidel ‘900 l’incremento delle applicazioni tecno-

logiche; le industrie furono così liberate dallacondizione, fino ad allora indispensabile, deldover essere vicine alla sorgente di energiapoiché l’energia elettrica poteva essere tra-sportata a distanza. Fu infatti nel 1888 che losvizzero Federico Wyttenbach acquistò alcunimulini ad acqua nel comune di Paterno e fecedomanda all’ufficio del genio civile di Milanoper la sostituzione delle due antiche ruote dilegno con altre di ferro che, collegate condinamo generatrici potessero fornire energiaad un suo impianto posto sull’altopiano diPaterno. Fu la prima applicazione in Italia delprincipio di trasmissione dell’energia median-te l’elettricità. Pare che la prima centralinaelettrica sia stata costruita di fianco alla chie-sa in corrispondenza delle opere di presa del-l’attuale impianto. L’impianto idroelettricovero e proprio entrò in funzione nel 1898:vennero azionati i primi tre gruppi e l’energiaelettrica lungo un elettrodotto di 32 km arrivòalla centrale termica di porta Volta. Nel 1884era nata, ad opera di Giuseppe Colombo, lasocietà Edison. L’ingegnere sponsorizzò contutte le sue forze l’impianto di Paderno perchéaveva capito che la via dello sviluppo per l’I-talia, povera di materie prime, passava per l’u-tilizzo delle risorse idrauliche. Suoi collabora-tori furono Carlo Esterle e Angelo Bertini,rispettivamente direttore tecnico e ammini-stratore delegato della società, ai quali furonopoi intitolate le due centrali più importanti.Altrettanto decisiva fu la commercializzazio-ne dell’energia elettrica in Milano. L’opera dipersuasione degli industriali (diffidenti perchésembrava loro di perdere autonomia se aves-sero acquistato energia da terzi) fu affidata aEttore Conti. Alla fine gli industriali cedettero:l’impianto di Paderno cominciò a funzionare apieno ritmo e ancora oggi continua a dareenergia. Se andremo lungo l’Adda, fermiamo-ci ancora ad ammirare il traghetto di Imber-sago: ci sembrerà di tornare nel secolo deci-moquinto quando vedremo una barca solcare,oggi come allora, il fiume grazie alla forzadell’acqua che, con una spinta continua tra-sversale lungo i fianchi del natante, lo sospin-ge verso l’altra riva. Inviamo allora un pensie-ro reverente a quei lontani antenati, ideatoridel metodo dinamico semplice ma efficaceche suscitò l’ammirazione di Leonardo e chefu da lui preso a modello.

Jole Agrati

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È stata recentemente pubblicata la nuova Legge Regionale 31 marzo 2008 n. 10, “Disposizioni per la tutela ela conservazione della piccola fauna, della flora e della vegetazione”, che abroga e sostituisce la vecchiaLegge Regionale n. 33 del 1977 “Provvedimenti in materia di tutela ambientale ed ecologica”.La nuova normativa risponde alle attuali esigenze di tutela diffusa della biodiversità, indipendentemente daiterritori inclusi o meno nelle aree protette.La Legge Regionale n. 10/2008 introduce inoltre un aspetto di assoluta novità nel contesto della normativa diconservazione, ovvero prende in considerazione le liste nere di specie alloctone invasive e dannose alla soprav-vivenza delle specie nostrane, indicando modalità di contenimento e regolamentando l'utilizzo sul territoriolombardo.La Legge, inoltre, in linea con le indicazioni e gli elenchi della Direttiva del Consiglio della Comunità European.43/92/CEE del 21 maggio 1992, relativa alla “Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della florae della fauna selvatiche” (nota come “Direttiva Habitat”), contempla sostanzialmente tutte le specie di faunanon omeoterma, vertebrata ed invertebrata, e tutte le specie vegetali non forestali, discipli-nandone la raccolta per le specie consentite, ed individuando appositi elen-chi di specie protette e particolarmente protette. Insieme alle specie ven-gono tutelati anche i loro ambienti di vita, con particolare riferimento agliambienti acquatici ed altri peculiari.Per motivi di carattere normativo, al fine di non dover modifcare la leggeogniqualvolta si rendesse necessario aggiornare gli elenchi con l'inserimen-to o l'eliminazione di determinate specie, la legge prevede che gli stessi elen-

chi vengano approvati con atto separato di Giunta regionale e quindi piùfacilmente aggiornabili. Al fine di una adeguata informa-

tiva generale la Regione provvederà inoltrea predisporre e divulgare a breve un opusco-lo con gli elenchi delle specie protette e con i conte-nuti essenziali della nuova norma.

Una nuova legge regionale per laprotezione di flora e fauna

NOVITÀ LEGISLATIVE PER L’AMBIENTE

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La Finanziaria 2008 (Legge 244/2007) da un punto di vista ambientale si può considerare una proroga di quella pre-cedente, infatti, ad eccezione di alcune novità di seguito descritte vengono riproposte le manovre introdotte lo scor-so anno in materia di riduzione dei consumi energetici e di incremento dell’impiego di fonti rinnovabili di energia.Sviluppo delle fonti rinnovabiliI Comuni, a partire da gennaio 2009, avranno la possibilità di ridurre l’ICI al di sotto del 4 per mille per quelle abita-zioni che hanno installato tecnologie rinnovabili (Art. 1, comma 6) per la produzione di energia elettrica o termica.Tale agevolazione avrà una durata minima di tre anni per gli impianti solari termici e 5 per gli altri, costituendo cosìun incentivo significativo per i cittadini che intendono impiegare fonti rinnovabili di energia.Inoltre dal 2009 i Regolamenti edilizi dei Comuni dovranno prevedere un incremento dell’obbligo di installazione difonti rinnovabili per le nuove costruzioni, da 0,2 a 1 kW per le utenze domestiche e a 5 kW per i fabbricati industrialicon un estensione superiore ai 100mq (Art. 1, comma 289).Incentivazione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili (Art. 2, commi 143 – 153)Viene rivisto, pur assicurandone la continuità, il regime di incentivazione delle fonti rinnovabili. Fatta esclusione perla fonte solare fotovoltaica, per la quale il regime di incentivazione rimane regolato dal DM 19 febbraio 2007, pertutte le altre fonti rinnovabili la Finanziaria 2008 prevede una maggiore sicurezza di conseguire tempestivamente leincentivazioni e, in particolare per i piccoli produttori, la garanzia dell’entità delle incentivazioni stesse attraverso ilmeccanismo del “Conto energia”.Le tariffe sono in generale incrementate, sia attraverso una rivalutazione dei Certificati Verdi, variabile secondo laspecifica fonte rinnovabile, sia attraverso il prolungamento a 15 anni del periodo di attribuzione dei Certificati Verdi,così come dalla fissazione agli stessi 15 anni del periodo di attribuzione delle tariffe incentivanti per gli impiantiammessi a godere del “Conto energia”.Riqualificazione energetica degli edificiSono stati prorogati (Art. 2, commi 20 - 24) gli incentivi fiscali che prevedono la detrazione Irpef del 55%, fino adun massimo di 100.000 euro) per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2010 a favore di opere di riqualificazioneenergetica degli edifici (interventi su strutture opache verticali, orizzontali e serramenti, installazione di pannellisolari per la produzione di acqua calda, sostituzione di impianti di climatizzazione invernale), nonché per la sostitu-zione di impianti di climatizzazione invernale non a condensazione, sostenute entro il 31 dicembre 2009.È prevista (Art. 1, comma 286) infine la detrazione del 55% delle spese sostenute, fino ad un massimo di 30.000 Euro,per la sostituzione degli impianti di riscaldamento con l’installazione di pompe di calore o pompe geotermiche abassa entalpia (tecnologia rinnovabile per la produzione di calore e raffrescamento ancora poco conosciuta e utiliz-zata a livello domestico).Tali detrazioni potranno essere ripartite da tre fino a dieci anni, consentendo così un più conveniente accesso daparte dei lavoratori dipendenti e di tutti coloro che non possono fruire di ingenti crediti d’imposta.Certificazione energetica (art. 1, comma 288)Dal 2009 il rilascio del permesso di costruire sarà subordinato alla certificazione energetica dell’edificio e al posses-so di caratteristiche strutturali dell’immobile finalizzate al risparmio idrico e al reimpiego delle acque meteoriche.Elettrodomestici (Art. 2, commi 162 – 163)Dal 1 Gennaio 2010 sarà vietata la vendita di elettrodomestici poco efficienti, cioè tutti quegli elettrodomestici infe-riori alla classe A e di motori elettrici appartenenti alla classe 3 per gli interni degli appartamenti.Dal Gennaio 2011 saranno vietate anche le lampadine a incandescenza e tutti quegli apparecchi elettronici privi diun dispositivo per interrompere il collegamento con la rete elettrica.

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Novità dalla Finanziaria 2008per l’ambiente

NOVITÀ LEGISLATIVE PER L’AMBIENTE

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l Ciclamino (Cyclamen purpurascens), l’e-legante pianta del sottobosco dal grade-

vole e delicato profumo, appartiene allafamiglia delle Primulacee. Presenta untubero sotterraneo globoso, tossico per gliuomini allo stato crudo, ma gradito aimaiali, tanto che la pianta è conosciutaanche con il nome di “Pan porcino”. Lefoglie, portate da un lungo picciolo, sonotutte basali, sempreverdi, carnose. La loroforma è ovato-cordata, con margineseghettato; la pagina inferiore è di coloreporporino, quella superiore è invece verdecon screziature biancastre. I fiori, di uncaratteristico colore rosa scuro (colorciclamino, appunto), sono solitari, penduli,con cinque lobi corollini tipicamente rove-sciati all’indietro. La fioritura avviene dagiugno ad ottobre circa. Dopo la feconda-zione ad opera degli insetti, i peduncolifiorali tendono ad avvolgersi a spirale su séstessi, ripiegandosi verso il terreno, perpermettere ai semi contenuti nel frutto(una capsula) di svilupparsi nel suolo. Ilnome Ciclamino si riferisce proprio a que-sta curiosa peculiarità, in quanto deriva daltermine greco “cyclos”, che significaappunto cerchio.È diffuso nell’Europa centrale e meridiona-le; cresce nei boschi ombrosi misti dilatifoglie, su suoli calcarei, ricchi di humus,dalla pianura fino a circa 1900 m di altitu-dine.I profumatissimi ciclamini dei boschi euro-pei non possono però adattarsi a vivere trale mura domestiche; quelli che rallegranole nostre case appartengono alla speciepersicum e sono originari della zona che vadal mar Egeo fino alla Persia. Questa specieha fiori più grandi, dai colori che varianodal bianco al rosa, dal rosso al lilla, dal cre-misi al porporino e fioriscono in inverno. IlCiclamino cresce bene in ombra omezz’ombra; per godere a lungo della suasplendida fioritura è opportuno porre i vasi

all’esterno, ritirandoli durante la notte se sitemono gelate, perché questa pianta nontollera il caldo secco delle case. Le annaf-fiature devono essere frequenti; è meglioperò versare regolarmente poca acqua nelsottovaso, evitando i ristagni, per non pro-vocare marcescenze alle foglie e al tubero.Il Ciclamino ama infatti un terreno fresco,ma solo leggermente umido e ben drenato.A fine fioritura, è opportuno sospendereper circa un mese le annaffiature, quindisostituire il terreno, ricominciare a dareacqua regolarmente e fornire un concimericco di potassio circa una volta al mese.Durante l’estate i vasi stanno bene all’a-perto, rigorosamente all’ombra, in unambiente ricco di umidità diffusa.Plinio il Vecchio, il grande naturalista vis-suto nel I sec. d.C., nella sua “NaturalisHistoria” riporta che il Ciclamino venivaanche chiamato “amuleto”, in quanto,secondo una credenza allora diffusa, “làdove è stato piantato non possono piùrecare danno i filtri malefici” e pertantoraccomandava di coltivarlo sempre in tuttii giardini e negli orti intorno alle case.Nel terzo secolo Teofrasto riferiva che ilCiclamino veniva usato per eccitare l’amo-re e la sensualità e per facilitare il concepi-mento, associando la forma del fiore e ilsignificato etimologico del nome all’uterofemminile. Nel Medioevo si riteneva chequesta pianta fosse efficace come potentecontro-veleno per i morsi dei serpenti. Nellinguaggio dei fiori, però, il Ciclaminoassume il significato di Diffidenza, proprioperché nonostante la sua bellezza e i suoipresunti poteri magici, il suo tubero è vele-noso.

Il Ciclamino

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FLORA SPONTANEA PROTETTA

(foto C. Muzio)

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Chiodi di garofano, cardamomo,anice stellato

CONOSCIAMO LE SPEZIE

CHIODI DI GAROFANO Molto conosciuti sono i chiodi di garofano, così detti per la lorocaratteristica forma; essi provengono da una pianta originaria delle Molucche e coltivata anche in India, Malai-sia e Madagascar. Si tratta della Eugenia caryophyllata (fam. Mirtacee), albero alto fino a 20 m, con foglie pun-teggiate, opposte, ovali e persistenti. I fiori, bianchi, sono riuniti in infiorescenze e il frutto è una bacca allun-gata. I chiodi di garofano sono i fiori appena in boccio che vengono raccolti ed essiccati al sole.Sono spiccatamente aromatizzati e possono servire per profumare ambienti. Pare che un’arancia totalmentericoperta di chiodi infilzati tenga lontano le tarme. Ma il loro principale uso è in cucina, per preparare carni eselvaggina (marinatura, stufati e salmì) dei quali aiutano la conservazione, inoltre per il brodo di carne e ilcourt-bouillon. Pestati nel mortaio possono essere una componente del curry. Si usano anche nel vin brulé, neicocktail di frutta e per i sottaceti.Hanno pure azione analgesica contro cefalee e mal di denti (strofinarli sulle gengive).

CARDAMOMO È il nome comune di una pianta erbacea,Elettaria cardamomum (fam. Zingiberacee), così detta dai monti Cardamo-mi posti tra la Cambogia e la Thailandia. Originaria delle foreste dell’Indiameridionale e dello Sri Lanka, si coltiva in quelle regioni ed anche in Gua-temala. Se ne utilizzano come spezia i frutti lunghi 8-16 mm contenenti15-20 semi neri molto aromatici. I frutti sono verdastri e si raccolgonoprima della maturazione affinché non si aprano nella successiva essicca-zione cui vengono sottoposti. Sono messi in vendita così, ma talora ven-gono sbiancati artificialmente, e allora sono migliori, più pregiati e piùcostosi.Usi: per aromatizzare deliziosamente salse, pane, biscotti, dolci (panpepa-

to), in confetteria e per profumare il tè in India e il caffè nei paesi arabi. Il cardamomo è anche un componen-te del currry.I semi contengono un olio volatile formato da varie sostanze come cineolo, terpineolo, limonene e altri.Proprietà: digestive e carminative.

ANICE STELLATO Una Magnoliacea originaria delVietnam, coltivata anche in Cina e in India, si chiama Illicium verum eproduce dei frutti a forma di stella le cui braccia sono otto guscetti, cia-scuno contenente un piccolo seme. Sono quindi graziose stelline a ottopunte con spiccato profumo e sapore di anice, dovuto ad olii essenzia-li. Pestate nel mortaio sono un componente di una miscela asiaticadetta “cinque aromi”. Questo anice è usato in occidente per liquori dige-stivi e aperitivi (il francese Pastis).Si può fare un decotto con alcune di queste stelle poste in 200 ml diacqua, fatta poi bollire per 6-8 minuti; togliere dal fuoco, lasciare a mollo per altri 10 minuti poi filtrare. Siottiene una bevanda digestiva con effetto calmante sui dolori intestinali. L’anice stellato si può aggiungereanche a cocktail, aspic di frutta o a dessert al cioccolato. È reperibile nei supermercati.

Maria Luisa Righi

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l Parco della Val Sanagra, una delle “ulti-me nate” tra le Aree Protette della Provin-

cia di Como si presenta al pubblico con unabella cartina escursionistica. Questa pubbli-cazione, fortemente voluta dai Comuni diGrandola ed Uniti e Menaggio e dal Comita-to di Gestione del Parco, si propone di forni-re un utile strumento per favorire la cono-scenza delle bellezze paesaggistiche, natu-rali ed etnografiche della Valle, stimolandocosì una rivalutazione turistica ed ambien-tale dell’intero territorio.La cartina, curata dal naturalista AttilioSelva di Grandola ed Uniti (nostro apprez-zato collaboratore, che tra l’altro ha curatoper noi Natura e Civiltà n.3 –2004) è statarealizzata con il contributo della Provinciadi Como, Assessorato alla Cultura e dellaRegione Lombardia, Direzione GeneraleCulture, Identità ed Autonomie. In essasono riportati i principali sentieri dell’area;un’apposita tabella in calce ne illustra perciascuno il punto di partenza e di arrivo, ildislivello, i tempi di percorrenza ed il tipodi interesse (paesaggistico, naturalistico,geologico, floristico, botanico, faunistico,etnografico, romantico e sportivo).Questa splendida vallata del Lario Occiden-tale incastonata nel cuore delle AlpiLepontine, presenta infatti moltissimimotivi di attrazione, suggeriti e illustraticon belle immagini sul retro della cartina.La Val Sanagra si presenta al visitatorecome un ambiente ancora ben conservato,costituito da un variegato mosaico diboschi, praterie, alpeggi, scavato dal tor-rente omonimo e modellato dai ghiacciaidurante l’ultima glaciazione. L’urbanizza-zione contenuta, l’ambiente selvaggio, lapresenza di fenomeni geologici particolari,di specie animali e vegetale rare o addirit-tura esclusive di questo territorio, fannodella Val Sanagra uno dei territori naurali-sticamente più interessanti dell’ambito

lariano. La valle racchiude alsuo interno le rocce più anti-che della provincia di Como eaddirittura tra le più vecchied’Italia. Si tratta di formazionia carbone fossile, attribuite alPeriodo Carbonifero dell’EraPrimaria, circa 310 milioni dianni fa, nelle quali sono con-servati numerosi resti fossili diantichissime Felci e primor-diali piante a seme. In altrerocce della valle, relativamen-te più “giovani” (siamo “solo” a circa 200milioni di anni fa!) sono stati ritrovati pre-ziosi fossili di pesci che popolavano unantico bacino marino, presente nellanostra zona nella successiva Era Mesozoi-ca. Dal punto di vista botanico, il clima,mitigato dalla presenza del Lario e delCeresio, le differenti tipologie di rocce e diesposizione, generano condizioni che per-mettono l’insediamento di un ricco e varie-gato patrimonio floristico, costituito daspecie tipicamente alpine come i rododen-dri, specie mediterranee come l’Erica arbo-rea, specie endemiche, ovvero caratteristi-che di un territorio molto ristretto, come ilRaponzolo chiomoso, la Campanula del-l’Arciduca e l’Euforbia insubrica e speciemolto rare, come la Viola pennata. Unambiente così ricco e diversificato favori-sce la presenza di molti animali quali gliungulati (Cervi, Camosci e Caprioli), ilTasso, la Martora, la Faina e la Volpe; tra gliUccelli, si possono avvistare l’Aquila reale,l’Astore, il Falco pecchiaiolo, il Gallo forcel-lo e il Francolino di monte. In Val Sanagrasono ancora presenti le testimonianze diun rapporto uomo-ambiente sempremolto discreto e rispettoso: alpeggi, muli-ni, fornaci di argilla, crotti, torri e cappellevotive, segni visibili di fede e devozionedegli abitanti.

Il Parco della Val Sanagra

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PUBBLICAZIONI

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Per proteggere e tutelare questo importan-te patrimonio naturale ed umano, nel giu-gno 2005 le Amministrazioni Comunali diGrandola ed Uniti e di Menaggio hannoconcretizzato l’istituzione di un ParcoLocale di Interesse Sovracomunale lungo lavallata. Un campione della ricchezza geo-logica, paleontologica, botanica, zoologica,culturale ed etnografica del territorio èconservato nel “Museo Etnografico e natu-ralistico della Val Sanagra” (presso la sette-centesca Villa Camozzi), di proprietà delComune di Grandola ed Uniti. Il Museo èstato ideato e voluto dall’Associazione

“Storia, Natura e Vita” con l’obiettivo dicreare una memoria storica e naturalisticadel passato e si propone di rappresentareun centro didattico e di riferimento pertutta la zona.

Per informazioni: Comune di Grandola edUniti, piazza Camozzi 2, Frazione Codogna,Grandola ed Uniti; tel. 0344. 32115; fax0344.30247; e-mail: [email protected]. Comune di Menaggio,Via Luisardi 26, Menaggio; tel. 0344.36411;fax 0344.31728; sito internet:www.comune.menaggio.co.it

Un Triangolo da scoprirena interessante occasione per cono-scere il territorio del Triangolo Lariano

e le sue bellezze naturalistiche. È stato pre-sentato venerdì 4 luglio presso la SalaAssemblea della Comunità Montana Trian-golo Lariano di Canzo “Un triangolo dascoprire”, l’ultima pubblicazione turistico-divulgativa della Comunità Montana. Sitratta di tre raccoglitori tematici conte-nenti in totale tredici pieghevoli sulle areedi importanza naturalistica del territorio.“Un Triangolo azzurro” (Aree Umide),con “Tra i monti, un lago - Il lago del Segri-no”, “Nella conca verdeggiante - Il laghet-to di Crezzo”, “Là dove nasce il fiume - Lasorgente del Lambro” e “Dove il tempo si èfermato - Il torrente Cosia e la sua valle”;“Un Triangolo di pietra” (Aree di interes-se geologico) con “Un tuffo nella storiageologica del Triangolo Lariano - I Corni diCanzo e la Val Ravella”, “La muraglia di pie-tra - Il Sasso Malascarpa”, “Il rifugio del-l’orso - Il Buco del Piombo”, “Un monu-mento della natura - I Funghi di Rezzago”,“Le “rocce trovatelle” di Torno - I massierratici e gli avelli”; “Un Triangolo verde”(Prati e pascoli) con “Il giardino della regi-na - Il Pian del Tivano”, “Come tetto, il cielo- Il Monte S. Primo”, “La montagna incan-tata - Il Monte Cornizzolo”, “I cavalli diEugenio - L’Alpe del Viceré”. Uno stile sem-plice, una grafica accattivante, immaginie cartine sono le caratteristiche di questa

opera, che è un ampliamento e rifacimen-to di alcune precedenti pubblicazioni del-l’Ente Montano di Canzo. I testi sono acura di Silvia Fasana, con la collaborazionedelle Guardie Ecologiche Volontarie chehanno scelto e curato i percorsi escursioni-stici proposti per ogni località.«Questa opera – hanno dichiarato il Presi-dente Vittorio Molteni e l’assessore all’Eco-logia Marcello Molteni - è nata con loscopo di far conoscere zone e aspetti diver-si del Triangolo Lariano, dalle zone umide,alle aree di importanza geologica, alle areeverdi a pascolo. Un’opera che vuole con-durre il visitatore ad apprezzare la bellezzae la complessità della natura e delle sueinterazioni con l’uomo, che da tempi remo-ti ha abitato questa area. La conoscenzaperò non deve essere fine a se stessa. Cono-scere qualcosa porta ad amarlo, e amarlosignifica proteggerlo. Una più profondaconsapevolezza di quantoabbiamo accanto ci potràsensibilizzare maggiormen-te alla sua conservazione».Per informazioni: Comu-nità Montana TriangoloLariano, via VittorioVeneto 16, Canzo; tel.031.672000 (interno 3);e-mail: [email protected];sito internet:www.cmtl.it.

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uscita di aprile è stata di molto gradi-mento, sia per la giornata soleggiata

e la temperatura mite, sia per le localitàvisitate. Ne riferiamo brevemente le tappe.1) Il ponte di barche sul fiume Oglio,l’unico rimasto perché gli altri ponti suifiumi lombardi sono stati sostituiti damanufatti in muratura (ferro e cemento) osolo in ferro se molto trafficati e percorsida mezzi pesanti. Eravamo presso Torredell’Oglio, non lontano dalla confluenzadel fiume con il Po. Il ponte è formato da10 chiatte che sostengono assi di legno elimitato da parapetti. Chiuso al traffico perdiverso tempo è stato ristrutturato recen-temente e rimesso in funzione.2) Revere (prov. di Mantova). Cittadi-na posta vicino a un ponte sul Po di fron-te ad Ostiglia a valle della confluenza delMincio col Po. Vi abbiamo visitato il Palaz-zo ducale fatto costruire per volere diLudovico II Gonzaga dall’architetto tosca-no del ’400 Luca Fancelli, trasformandouna precedente roccaforte conquistata aimodenesi, della quale resta la poderosatorre antistante il palazzo. Si ottenne unadimora residenziale; recentemente restau-rata ora è sede del Museo del Po che rac-coglie un vasto materiale sulla storia delpadre dei fiumi della Pianura Padana, comereperti archeologici, barche, attrezzi per lapesca, uccelli e altri animali imbalsamati,foto dell’ultima guerra quando sia Revereche Ostiglia furono semidistrutte dai bom-bardamenti per la loro posizione strategi-ca. Molto interessanti le testimonianze suimulini che macinavano granaglie sfruttan-do l’energia della corrente del fiume (erano300 nel XIX sec.). Il materiale esposto è unrichiamo a rammentare la vita contadinaormai scomparsa, che si svolgeva intornoalle acque. A questo proposito abbiamo

ricordato il famosoromanzo “Il mulino delPo” di Riccardo Bacchelli,grande epopea popolare,da cui si sprigiona il gustodi una civiltà di altritempi.3) Il pranzo si è svol-to in una trattoria sull’ar-gine del Po presso unmulino, l’unico ancorafunzionante. All’apertosotto una tettoia abbiamoassaporato piatti tipicigustosi, offerti con ospitale semplicità. Ilmomento del pranzo è occasione, oltre chedi ristoro, anche di affiatamento tra i socitra i quali si rafforzano vincoli di solida-rietà.4) Riserva naturale delle Paludi diOstiglia, gestita dalla LIPU presso il confinecon il Veneto. Alcune zone allagate, residuidelle paludi un tempo estese e poi bonifi-cate per ottenere zone agricole, la Riservaospita molti uccelli stanziali e di passo.Purtroppo data l’ora tarda non abbiamopotuto farne tutto il percorso, ma solo unassaggio allietato dal canto dei volatili.Il paesaggio osservato durante il viaggioera molto bello, perché tutta la parte dellabassa Lombardia compresa tra i fiumiAdda, Oglio e Mincio che si avvicinano alPo, loro termine, è ricca di acque, quindi leterre coltivate sono arricchite da moltialberi ed arbusti che ne danno una visionemossa e dolcemente rilassante.Questa relazione ha lo scopo di invitarealtri soci a partecipare alle nostre uscite,specialmente quelli che sono soli e chepotrebbero passare una giornata diversadalle altre.

M. L. Righi

Revere e il Mulino del Po

RICORDIAMO LE NOSTRE USCITE SUL TERRITORIO

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l 22 febbraio scorso un gruppo di nostrisoci ha compiuto un’uscita in una traver-

sa di via Stelvio curiosando qua e là efacendo delle scoperte di cui la più interes-sante è stata il Museo della Macchina dascrivere, in via Menabrea 10, un museo chemancava tra quelli della città e che è unicoin Lombardia. Ma ecco che dal 18 novem-bre 2007 questa lacuna viene colmata gra-zie all’attività del rag. Umberto Di Donatoche da sé, pur con l’aiuto di vari donatori,ha messo in piedi con una passione duratatutta la vita, una vistosa collezione privatadi macchine da scrivere, di cui 500, lustra-te e perfettamente funzionanti, sono visi-bili al pubblico.Numerosi sono stati i visitatori, provenien-ti anche dall’estero, e varie le scolaresche.La raccolta spazia dalla prima epoca finoquasi ai giorni nostri, così che il pubblicopuò ammirare l’evoluzione di questo stru-mento, deliziandosi della spiegazione del

sig. Di Donato che entusiasta ed orgoglio-so mostra i suoi esemplari e ne illustra lecaratteristiche principali. Egli raccontaanche che la storia comincia nel 1867quando l’americano Cristopher NathanSholes brevettò la prima macchina da scri-vere; poco dopo questo modello fu prodot-to dalla Remington che fabbricava macchi-ne da cucire. Ecco perché, come questeultime, le prime Remington erano nere edecorate con dorature. Successivamente inItalia la produzione cominciò nel 1908 conCamillo Olivetti e nella collezione nonmanca la famosa “Olivetti lettera 22” cheera il tipo usato con tenace attaccamentoda Indro Montanelli.La raccolta è importante perché alcuniesemplari sono rari, oppure provengonodall’estero; una scrive persino in cinese!Ora noi sappiamo che la macchina da scri-vere è andata in pensione con la diffusio-ne del computer e qualcuno durante lavisita avrà certo pensato alla propria mac-china di una volta ormai nascosta enegletta in un angolo della casa. Però nelsuo tempo, specie dagli anni ’30 è stataimportante in tutti gli uffici e le impreseaccelerando e facilitando le comunicazioni.Ha avuto influenza anche nell’emancipa-zione della donna perché a un certomomento si resero indispensabili le datti-lografe che furono un aiuto prezioso nelmondo del lavoro.L’aver radunato questi cimeli in un museoè lodevole perché esso è un pezzo delnostro passato e aiuta conservarne lamemoria ora che il progresso tecnologicodi cui l’uomo è stato capace nell’arco dicirca un secolo ha cambiato molte cose.

Maria Luisa Righi(con la collaborazione di Miranda Salinelli)

Il Museo della macchinada scrivere

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USCITA DI “MILANO: COME FUNZIONA LA CITTÀ”

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LA NOSTRA ATTIVITÀ

Il Gruppo protagonistadel lago salvato

Nello scorso mese di settembre il Consorzio Parco Lago Segrino, con il patrocinio della Regione Lombar-dia, della Provincia di Como, della Comunità Montana Triangolo Lariano e dei Comuni di Canzo, Eupilio,Longone al Segrino, nell’ambito della “Festa del Lago 2008”, ha organizzato organizza una due-giorni difesta intitolata “Passioni, un viaggio attraverso i protagonisti del Lago salvato”, con momenti di intrat-tenimento, serate musicali, visite guidate e incontri per promuovere la conoscenza delle bellezze natu-rali e della storia di questo lago.«Il primo appuntamento ha avuto luogo sabato 6 settembre alle ore 21.00 presso il Teatro Sociale diCanzo. Molti ospiti e importanti relatori sono intervenuti sul palco per raccontare le loro esperienze e le“passioni” che li legano al Lago Segrino. Il dottor Francesco Acerbi, già redattore del piano territoriale,coordinatore dell’equipe scientifica e progettista ha ricordato gli interventi che negli anni ’80 hanno per-messo il risanamento del lago sottolineando come l’approccio metodologico stabilito nella conoscenzascientifica, e successivamente nella pianificazione ed azione, abbia dato i risultati attesi. Sono poi inter-venuti gli altri professori del Comitato Tecnico Scientifico, il geologo Pierluigi Vercesi, che ha illustrato lascoperta del “geotopo del Cornizzolo” e il biologo Carlo Andreis il quale ha ricordato la passione riferitaal proprio lavoro sul Segrino. Successivamente hanno portato le loro esperienze e testimonianze EmilioMagni, Antonio Corti e Cesare Del Corno che hanno ricordato la fondamentale figura di Achermann, giàpresidente del Gruppo Naturalistico della Brianza e uno dei primi ed illuminati artefici delle battagliemosse per la salvezza del lago, unitamente alla solidarietà e l’impegno dei giovani di Canzo, dei pesca-tori e dei comuni rivieraschi. Altre testimonianze sono state date da Pierfranco Mastalli e Edo Bricchet-ti, rispettivamente ideatore e progettista dell’Ecomuseo del Distretto dei Monti e dei Laghi Briantei,Alberto Capitanio, progettista della ciclovia dei laghi, Marco Castelletti, architetto del Lido Aquilegia, Ste-fano Valli, assessore al territorio e parchi della Provincia di Como, Giorgio Casati e Emiliano Ronzoni pre-sidenti dei Parchi Valle Lambro e Spina Verde e Achille Mojoli, assessore al Turismo della Provincia diComo. Tiziano Corti ha scandito gli interventi con letture di sue poesie e dell’Airoldi assieme alle note jazzdonate dal gruppo Evolution. Nel finale l’esibizione degli Amici in Banda di Canzo ha coronato la stu-penda e riuscita serata piena di tante emozioni e suggestive rappresentazioni. Domenica mattina, nono-stante il brutto tempo, si è svolto il percorso guidato intorno al lago con le guide naturaliste, Silvia eMauro, affiancate dalla guida culturale M.Orsola Castelnuovo, per conoscere e scoprire la natura, la sto-ria, la letteratura e le peculiarità del lago Segrino. Il pomeriggio è stato dedicato alle famiglie con unlaboratorio di creatività, organizzato in collaborazione con il C.R.E.A. di Como, che ha coinvolto numero-si bambini. Durante la serata, al Lido Aquilegia, Sandro Bajini ha dato voce alle poesie di Carlo Porta,accompagnate dalle note dei brani musicali brianzoli di Francesco Magni mentre la “Lucia” del Parco(barca tipica dei laghi lariani e briantei con le proprie luminarie) ha sfidato con temerarietà le poderoseonde del lago causate dal forte vento. La serata è stata organizzata in collaborazione con la casa editri-ce Hoepli e l’associazione culturale Brianze mentre La “Passione” per il Segrino e il suo territorio è statacantata, descritta e raccontata nelle narrazioni e, contemporaneamente, vissuta da tutti gli intervenutialle manifestazioni organizzate, ai quali è rivolto un sentito GRAZIE. E questo è il segno del risultato rag-giunto!»

Il Presidente del Parco Lago SegrinoRoberto Vignarca

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Campagna iscrizioni 2008al Gruppo Naturalistico della Brianza

Qui allegato troverete il modulo di Conto Corrente postale da utilizzare per iscriversi o perrinnovare l’iscrizione al nostro Gruppo per il 2008. Come vedete, nonostante gli aumentaticosti di gestione dell’Associazione, le quote sono rimaste invariate. Abbiamo aggiunto laquota per soci vitalizi, come altre associazioni fanno, e che qualcuno dei nostri ha gradito.

Socio ordinario 25 €Socio giovane (fino a 20 anni) 15 €Socio familiare (se convivente) 10 €Socio sostenitore 40 €Socio benemerito da 80 €Adesione speciale G.E.V. 10 €Socio Vitalizio 200 €

e come sempreFAI DI UN TUO AMICO UN NUOVO SOCIO

I soci presentatori verranno premiati con un minerale da collezione o con un libro sulla Natura.

SommarioEditoriale - Il paesaggio urbano ..................................................................................................... 29Presto un nuovo Parco per la Valle del Cosia ........................................................................... 30Il torrente Cosia e la sua valle .......................................................................................................... 34“Filo Verde 6”: “Sulla linea del tram tra Como e Lecco” ....................................................... 36Il paesaggio lariano - Ismaele Pozzoli ......................................................................................... 37Certificazione della gestione forestale sostenibileper la Valle Intelvi - Silvia Fasana.................................................................................................. 44Salviamo l’Adda di Leonardo - Jole Agrati ................................................................................. 46Una nuova legge regionale per la protezione di flora e fauna ......................................... 48Novità dalla Finanziaria 2008 per l’ambiente .......................................................................... 49Il Ciclamino .............................................................................................................................................. 50Chiodi di garofano, cardamomo, anice stellato - Maria Luisa Righi .............................. 51Il Parco della Val Sanagra .................................................................................................................. 52Un Triangolo da scoprire .................................................................................................................. 53Revere e il Mulino del Po - Maria Luisa Righi .......................................................................... 54Il Museo della macchina da scrivere - Maria Luisa Righi ................................................... 55La nostra attività: Avviso importante - Cesare Del Corno ................................................... 56Le nostre iniziative ....................................................................................................... terza copertina

ANNO XLV - N. 2APRILE-MAGGIO-GIUGNO 2008

La Redazione ringrazia tutti coloro che hanno collaborato a questo numero di “Natura e Civiltà”,ed in particolare il Prof. Ismaele Pozzoli e la Prof.ssa Rosella Spinelli Colombo dell’IstitutoProfessionale Agro-Ambientale “S. Vincenzo” di Albese con Cassano.

Ricordiamo che ai sensi della legge 196/03 le informazioni fornite sono raccolte e trattate per le sole attività del Gruppo Naturalistico dellaBrianza – ONLUS. In ogni momento potrete rivolgervi al GNB Onlus per consultare, modificare, oppure opporvi al trattamento dei dati.

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LE NOSTRE INIZIATIVE

Milano: come funziona la cittàCon lo spirito di sempre e con lo scopo di far emergere gli aspetti positivi della vita in città continuano gli incontridel ciclo “Milano: come funziona la città”; in dettaglio ne daremo notizia mediante il “Foglio Notizie”.

Riteniamo importanti questi incontri perché sono occasione per stare insieme; così si tiene saldo il sottile ma robu-sto filo che unisce i soci del Gruppo Naturalistico della Brianza.

Iole (02.3554502) oppure Riccardo (02.6464912) sono sempre disponibili per maggiori informazioni; un appello par-ticolare a coloro che non sono ancora intervenuti ai nostri incontri: fatevi sentire e partecipate; sentirete di far partedi una grande famiglia!

Incontri lariani

Gli “Incontri Lariani” non vogliono semplicemente presentarci isole felici sopravvissute allo scempio del territorio,senza la speranza di un riscatto; essi si propongono invece di farci gustare la bellezza dei luoghi che visiteremo nel-l’incontro con le persone che di questa bellezza si sono fatti interpreti e custodi.Partecipare è importante, purché ci solleciti e sostenga nell’impegno a diventare promotori di bellezza nei luoghi incui viviamo.

Tutte le informazioni sui prossimi “Incontri Lariani” saranno fornite di volta in volta sul “Foglio Notizie” e per telefo-no a chi ne faccia richiesta. Per informazioni: Sbezzi 031.28.16.88.Per prenotazioni ed informazioni: Guidetti 02.6192916 e Rossi 031.608020.

.Umberto Guzzi

Ricordiamo i prossimi appuntamenti:

� Fine settembre – inizio ottobre CASTAGNATA: È ancora tutta da “imbastire”, e ciò dipende soprattuttodall’andamento climatico stagionale.

� Data da destinarsi PRANZO SOCIALE: Come al solito messo in calendario, ma ancora da organizzare, pre-sumibilmente in novembre..

N.B. Le date saranno comunque rese note in tempo utile tramite il “Foglio notizie”.Per informazioni: Giorgio Ferrero (039.2025839) ogni giorno, escluso sabato e festivi, dalle ore 19.00 alle ore 20.00.

Le nostre uscite sul territorioa cura di Giorgio Ferrero

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Se vuoi costruire una navenon devi per prima cosa affaticarti a chiamare la gentea raccogliere la legna e a preparare gli attrezzinon distribuire i compiti, non organizzare il lavoro.

Ma invece prima risveglia negli uominila nostalgia del mare lontano e sconfinato.

Appena si sarà risvegliata in loro questa setesi metteranno subito al lavoro percostruire la nave.

(Antoine De Saint-Exupéry)

Foto

M.C

orradi