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GUIDA ALL’ALLENAMENTO DEL CICLISTA
è un progetto di Bikenomist srl.Via Pietro Giannone, 6 20154 Milanowww.bikenomist.com
Bikenomist srl, Bikeitalia e gli autori non sono responsabili per i
risultati ottenuti seguendo le indicazioni del presente testo.
Si consiglia di effettuare una visita medica prima di intraprendere
un percorso di allenamento e di farsi seguire da un allenatore
laureato in Scienze Motorie
Ognuno si allena e alimenta sotto la propria ed esclusiva
responsabilità.
Autori: Paolo Gaffurini PhD - Omar Gatti
Photo Credit : Unsplash
Pubblicazione 2019
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INDICE
CAPITOLO 1
Le parole chiave dell’allenamento del ciclista--------5
CAPITOLO 2
La visita medico sportiva -----------------------------10
CAPITOLO 3
Concetti base dell’allenamento del ciclista----------14
CAPITOLO 4
Allenarsi con la potenza------------------------------21
CAPITOLO 5
Allenare la resistenza nel ciclismo-------------------28
CAPITOLO 6
La flessibilità muscolare e la mobilità articolare-----37
CAPITOLO 7
Il sovrallenamento------------------------------------41
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Le parole chiave dell’allenamento del ciclista
Iniziamo analizzando le parole chiave dell’allenamento, ovvero i concetti
che ogni ciclista deve conoscere.
Allenamento
Attività motoria finalizzata al raggiungimento della massima forma fisica
dell’atleta per l’esecuzione di una prestazione
Forma fisica
Stato di benessere psico-fisico dell’atleta ottimale per lo svolgimento di
una prestazione sportiva
Stress
Risposta non specifica del corpo imposta da un elemento esterno, detto
stressor, e che obbliga l’organismo a un adattamento. L’allenamento è
uno stressor che deve forzare l’organismo a un adattamento migliorativo.
Carico
Quantità di lavoro al quale si sottopone l’atleta, che stressa l’organismo.
Compensazione
Tempo necessario per l’organismo per assorbire il carico e sviluppare
modifiche strutturali per supportare altri cicli di stress. L’allenamento
deve essere un continuo susseguirsi calcolato di carico e
compensazione.
Eterocronismo
Tempistica totalmente individuale dell’organismo per adattarsi a un
determinato carico allenante.
Capitolo 1
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Contrazione muscolare
Capacità delle miofibrille muscolari di scivolare le une sulle altre e di
generare una tensione. I muscoli sono infatti formati da numerosi
sarcomeri, che sono l’unità contrattile principale. Il sarcomero si divide in
due filamenti: sottili (formati da actina, troponina e tropomiosina) e spessi
(formati da miosina). Quando arriva l’impulso elettrico dal cervello
(ovvero il comando di contrazione volontaria, detto potenziale d’azione),
si crea una complessa reazione chimica dove gli ioni calcio si legano ai
filamenti di troponina e tropomiosina, lasciando così lo spazio alla
miosina di sollevarsi e legarsi all’actina, creando il colpo di forza e quindi
la contrazione.
Tutto questo avviene con consumo di energia, sotto forma di ATP
(adenosinatrifosfato), la “moneta” energetica delle cellule. L’ATP si
idrolizza, dividendosi in fosfato e ADP, con una reazione detta
esoergonica, ovvero che rilascia energia, producendo anche calore.
Il consumo di ATP è elevato e quindi richiede di essere rigenerato a
partire dai nutrienti ingeriti. I carboidrati e i grassi sono i principali nutrienti
energetici, che vengono demoliti attraverso procedimenti chiamati
glicolisi (per i carboidrati) e beta-ossidazione (per i grassi), per creare
nuovo ATP.
ATP
Adenosinatrisfofato, ovvero la molecola energetica delle cellule per
produrre le trasformazioni chimiche necessarie alla sopravvivenza
(omeostasi) o alla contrazione muscolare.
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Tipologie di lavoro muscolare
1. Anaerobica alattacida (sotto gli 8 secondi): contrazione massimale
sostenuta da consumo di ATP
2. Anaerobica lattacida (tra i 9 e i 2 minuti): contrazione sostenuta da
consumo di ATP e Fosfocreatina (CP), con accumulo di lattato
3. Aerobica (oltre i 2 minuti): contrazione in presenza di ossigeno
sostenuta dal consumo di glicogeno e grassi.
Fosfocreatina
Molecola energetica “di sostegno” all’ATP, che si consuma durante la
contrazione anaerobica lattacida.
Fibre muscolari
Le fibre muscolari si dividono in ST (rosse, a contrazione lenta e
prettamente aerobiche) e FT (bianche, a contrazione veloce e
anaerobiche). Queste ultime generano forza istantanea ma si stancano
presto, le prime invece generano meno forza ma hanno un’elevata
resistenza. Le fibre ST inoltre hanno una maggiore percentuale di
mitocondri e quindi riescono a produrre più ATP. I mitocondri delle fibre
ST inoltre sono in grado di utilizzare il lattato prodotto dalle cellule delle
fibre FT direttamente, grazie a un trasportatore biochimico, senza che il
lattato debba essere trasportato al fegato per essere trasformato in
piruvato con il ciclo di Cori.
Soglia anaerobica
Intensità di lavoro (può essere espressa in varie unità di misura) oltre la
quale si verifica uno squilibrio tra lattato smaltito e prodotto, con una
prevalenza di quest’ultimo, provocandone quindi l’accumulo.
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Lattato
Prodotto ultimo della glicolisi in condizioni anaerobiche. In condizioni
aerobiche il prodotto finale della glicolisi è il piriuvato, che poi migra nei
mitocondri per realizzare il ciclo di Krebs e la fosforilazione ossidativa. In
soglia anaerobica il piruvato si trasforma in acido lattico, ovvero lattato
legato a una molecola di idrogeno (H+), che permane nel citosol
cellulare, per poi passare nel torrente ematico come lattato.
Capacità condizionali
Sono capacità fisiche che possono subire un condizionamento
(allenamento). Le capacità condizionali di base sono la forza, la
resistenza e la velocità.
Frequenza cardiaca
Numero di battiti compiuti dal cuore in un minuto. Il cuore è un organo
cavo diviso in 4 parti: due atri (destro e sinistro) e due ventricoli (destro e
sinistro). L’atrio destro riceve il sangue venoso dal circolo sistemico. Il
ventricolo destro invia il sangue ai polmoni per l’ossigenazione. L’atrio
sinistro riceve il sangue ossigenato dai polmoni e il ventricolo sinistro lo
immette nel circolo sistemico. Un battito del cuore è dato una serie di
contrazioni, detto ciclo cardiaco di sistole e diastole. La frequenza
cardiaca a riposo indica il numero di battiti del cuore a riposo. Per i
sedentari è di circa 70 bpm. Con l’allenamento si riduce notevolmente.
Pressione arteriosa
Forza con la quale il sangue spinge sulle pareti delle arterie per
raggiungere la periferia del corpo. Si rileva con uno sfigmomanometro e
si valuta sia quella sistolica che diastolica. L’OMS definisce salutari
pressioni sistoliche di 120 mmHG e diastoliche di 80 mmHG.
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La visita medico sportiva
Il primo passo per l'utilizzo della bici per il miglioramento della propria
salute è quello di effettuare una visita medica, per avere un nulla osta
alla pratica.
Ci si può rivolgere al proprio medico di base ma la soluzione migliore è
quella di effettuare un test da sforzo presso un centro di Medicina
Sportiva e ottenere un certificato di idoneità alla pratica non agonistica. Il
costo varia da centro a centro ma di solito ha un costo compreso tra i 50
e i 100 euro.
La legge italiana impone a “chiunque pratichi sport agonistico di
sottoporsi a una visita medica per l’accertamento dell’idoneità”. La visita
medica è dunque obbligatoria per tutte le competizioni agonistiche
mentre per le attività ricreative o ludico-motorie (comprese le palestre) è
stata sostituita da un certificato di buona salute, che può essere prodotto
dal medico di famiglia.
Anche nel ciclismo è obbligatoria ed è a pagamento per i maggiorenni e
gratuita per i minorenni. La richiesta della visita medica può essere fatta
solo dalla società di appartenenza dell’atleta. Un ciclista che non sia
iscritto presso una società sportiva ciclistica non può effettuare la
visita medica sportiva agonistica ma può optare per quella non
agonistica. Quindi è obbligatorio per prima cosa tesserarsi e poi far
compilare il modulo alla società e solo allora prenotare una visita presso
un centro medico sportivo.
Capitolo 2
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La visita d’idoneità sportiva per il ciclismo è definita per legge e prevede
una serie di passaggi:
● Anamnesi: Il medico raccoglie tutti i dati dell’atleta, comprese le
patologie famigliari, lo storico di infortuni e patologie, eventuali
operazioni chirurgiche o ricoveri e se l’atleta fuma o beve alcolici
con regolarità;
● Prima valutazione: Il medico poi valuta il ciclista, con una breve
visita posturale, una visita all’apparato genitale (se il ciclista è
uomo) e la rilevazione della pressione arteriosa e della frequenza
cardiaca a riposo;
● Individuazione BMI: si determina poi l’indice di massa corporea,
per capire se il ciclista è normopeso oppure in condizioni di
sottopeso o sovrappeso;
● Valutazioni approfondite: si effettua poi una spirometria, che serve
a calcolare l’efficienza dei polmoni e dei parametri vitali come la
capacità polmonare, il flusso d’aria e il volume residuo che rimane
nei polmoni dopo un’espirazione forzata. Si effettua poi un test
delle urine e una valutazione delle capacità visive sia con tavola
ottoptica luminosa che con le tavole di Hishiara (per valutare un
eventuale daltonismo).;
● Test da sforzo: il ciclista si sottopone poi a un test da sforzo. Si
applicano gli elettrodi per effettuare un elettrocardiogramma
(prima lo si effettua a riposo). Il test può essere effettuato su un
cicloergometro (di solito per atleti che hanno superato i 40 anni) o
con un gradone da salire e scendere. E’ obbligatorio che il ciclista
effettui 90 ascensioni in 3 minuti. Si effettua poi un ECG durante e
dopo sforzo.
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● Calcolo dell’IRI (indice rapido di idoneità): Il medico moltiplica la
durata dell’esercizio in secondi per 100 e poi divide il tutto per le
pulsazioni dal secondo 60 al 90 moltiplicate per 5,5. Da qui si ha
un’indicazione immediata dell’idoneità allo sforzo; In caso di
problemi si possono svolgere esami approfonditi come ulteriori
ECG, holter cardiaci, ecocolordoppler cardiaci ecc..
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Concetti base dell’allenamento del ciclista
Resistenza e soglia anaerobica
Spesso, soprattutto tra gli amatori, si sentono termini come “soglia
lattacida”, “soglia anaerobica”, “lavoro aerobico”, “consumo di ossigeno”. A
cosa si riferiscono e perché è importante conoscerli?.
Energia del ciclista
Tutto parte dalla biochimica del ciclista, cioè da come l’organismo che
sta pedalando crea la propria energia sfruttando i nutrienti stoccati o
integrati con l’alimentazione. I muscoli, per lavorare sotto sforzo,
utilizzando l’ATP (adenosina trifosfato), una molecola che viene scissa (in
ADP e Fosfato) con liberazione di energia, che viene poi utilizzata per
protrarre lo sforzo nel tempo. Per ogni chilogrammo di muscolo sono
presenti in media 2,5 g di ATP.
Quando però l’ATP all’interno delle cellule sta per terminare, deve essere
“creato da zero”, attraverso la sua sintesi. Per farlo l’organismo utilizza in
primis i carboidrati (soprattutto il glicogeno stoccato nei muscoli e nel
fegato), gli acidi grassi del tessuto adiposo e poi, quando lo sforzo si
prolunga eccessivamente, le proteine. Quest’ultimo caso è molto
pericoloso, poiché è un processo catabolico, dove il muscolo per
lavorare “consuma” sé stesso.
Il glicogeno viene scisso all’interno della cellula in molecole più semplici
di glucosio.
Capitolo 3
14
Quest’ultimo, con un processo detto glicolisi, viene ulteriormente scisso,
trasformandosi in piruvato. Piruvato che, all’interno di organelli specifici
chiamati mitocondri, viene trasformato in ATP grazie all’utilizzo
dell’ossigeno. Questo complesso processo permette di sintetizzare
nuovo ATP per fornire energia muscolare.
Il glicogeno è il “combustibile” più efficiente, poiché con 1 g di
glicogeno si ottengono 967 g di ATP, mentre utilizzando 1 g di acidi grassi
se ne producono 831, il 13% in meno. Questa è la teoria biochimica di
come i nostri muscoli, mentre pedaliamo, producono energia. Manca
però un elemento fondamentale: l’ossigeno.
Ruolo dell’ossigeno
La presenza di ossigeno è fondamentale per determinare una efficiente
sintesi dell’ATP. Infatti è grazie alla reazione con l’ossigeno (detta
ossidazione), che il piruvato viene convertito in ATP. Per cui si parla di
reazione aerobica se questa avviene con presenza di ossigeno e
anaerobica se avviene in sua assenza.
L’ossigeno viene introdotto nell’organismo attraverso la respirazione.
Negli alveoli polmonari avviene poi il passaggio dell’ossigeno
dall’apparato respiratorio al sangue, che lo trasporta alle cellule grazie ai
globuli rossi e all’emoglobina.
La quantità di ossigeno che un atleta può utilizzare (che viene definita
VO2max) è strettamente legata al livello di produzione di ATP: ogni
litro di ossigeno utilizzato dal nostro organismo permette la sintesi di
161.61 g di prezioso ATP. Quindi, il lavoro in soglia aerobica, anaerobica e
l’accumulo del lattato dipendono tutti dal volume di ossigeno che il
nostro corpo è in grado di introdurre e utilizzare sotto sforzo.
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Quando l’ossigeno scarseggia, le cellule devono trovare una via
alternativa per la sintesi dell’ATP. Il piruvato “ristagna” nella cellula
invece di essere sintetizzato nei mitocondri. Qui si lega all’idrogeno
formando il lattato. Quest’ultimo si accumula nella cellula, soffocandola e
rallentando i processi vitali: è il lavoro anaerobico. Uno sforzo anaerobico
è molto meno efficiente di uno aerobico, poiché in presenza di ossigeno
la glicolisi produce 39 molecole di ATP da 1 di glucosio, mentre in
assenza di ossigeno ne produce solo 3.
Terminologia
Vediamo di trasportare il tutto nella realtà di tutti i giorni e di chiarire i
concetti più diffusi:
Potenza aerobica
Identifica la massima quantità di ATP che il nostro organismo può
sintetizzare e dipende dal volume di ossigeno trasportato dal sangue.
Maggiore sarà l’ossigenazione dei tessuti e più elevate le molecole di
ATP sintetizzate e quindi più alta l’energia a disposizione dei muscoli per
lo sopportare lunghi sforzi.
Resistenza aerobica
E’ la capacità dell’organismo di protrarre sforzi prolungati in presenza di
ossigeno, con l’utilizzo del glicogeno (e degli acidi grassi in caso di
mancanza del primo) come fonte per la sintesi dell’ATP. Maggiore è la
resistenza aerobica e più elevate sono le caratteristiche di endurance
dell’atleta.
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Soglia anaerobica
E’ l’intensità di lavoro in cui l’ossigeno presente nel sangue dell’atleta non
è più sufficiente a soddisfare la richiesta per la sintesi dell’ATP e quindi le
cellule cominciano a lavorare in anaerobiosi (assenza di ossigeno). La
soglia anaerobica dipende dal volume di ossigeno che un atleta può
trasportare nel sangue e utilizzare in modo da evitare di innescare i
processi anaerobici.
Resistenza anaerobica
Indica la capacità dell’atleta di protrarre sforzi in soglia anaerobica,
ovvero la quantità massima di lattato che può accumularsi nelle cellule
senza che si debba smettere di pedalare per insorgenza di fatica o
crampi.
Allenamento specifico
La resistenza aerobica ed anaerobica si possono allenare, effettuando
sedute specifiche:
● Lunghi: ritmo basso ma grande volume di lavoro, migliorano
soprattutto la resistenza aerobica;
● Intervalli: sessioni a ritmo medio della durata di 2-5 min,
intervallate da recuperi parziali. Aiutano ad innalzare la soglia
anaerobica, permettendo una migliore gestione dell’ossigeno;
● Ripetute: scatti brevi (max 2 minuti) intervallati da recuperi totali (il
cuore torna ai battuti quasi a riposo). Lavorano molto sulla
resistenza anaerobica, abituando l’organismo a sforzi con accumuli
notevoli di lattato;
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Questo tipo di allenamenti verranno trattati più avanti nell’ebook.
Solo con un piano di allenamento pensato e studiato a dovere si potrà
lavorare con beneficio su tutte e tre le diverse condizioni di sforzo. In
questo caso, come sempre, l’improvvisazione è solo deleteria.
VO2 max
Il consumo di ossigeno indica la quantità di ossigeno (appunto) che il
nostro organismo consuma in una determinata situazione. Avremo un
VO2 a riposo, se lo misuriamo mentre stiamo sdraiati o seduti in modo
molto comodo, avendo cura di rilassare i muscoli, anche posturali ed
avendo una respirazione regolare. Avremo un VO2 massimo, se lo
misuriamo durante uno sforzo fisico (aerobico) estremamente intenso.
Intenso a tal punto da non essere sostenibile e che ci impone di cessare
l’attività che stiamo svolgendo.
Il consumo di ossigeno è un parametro importante, per determinare il
livello di allenamento dell’atleta negli sport aerobici (il ciclismo lo è, al
pari della corsa di resistenza, dello sci di fondo, del canottaggio ecc).
Avrebbe poco senso eseguire un test del consumo di ossigeno su un
sollevatore di pesi, il quale svolge un esercizio prettamente anaerobico.
Un errore è quello di ritenere che il VO2 o il VO2max siano correlati con la
capacità dei polmoni di captare e assorbire ossigeno; non è così! Il
consumo di ossigeno è molto più legato alle fibre muscolari, alla loro
composizione ed allenamento e la spiegazione è estremamente facile.
Immaginiamo un ciclista che esegua un test incrementale su una
bicicletta e che abbia un determinato VO2max; successivamente lo
stesso ciclista eseguirà un ulteriore test usando un ergometro per le
braccia.
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Il suo consumo di ossigeno sarà, con una certezza assoluta, inferiore nel
test eseguito con gli arti superiori; eppure il ciclista è lo stesso, il suo
livello di allenamento non è cambiato nel giro di poche ore.
Un altro errore tipico è quello di considerare il valore di consumo di
ossigeno in termini assoluti senza normalizzarlo. E’ fondamentale infatti,
per conoscere quale atleta sia più allenato, confrontare il consumo di
ossigeno dopo averlo “scalato” a quella che è la massa corporea di un
individuo. Per fare un esempio è probabile che un ciclista maschio
velocista di 84 kg abbia un valore assoluto di VO2 maggiore di una donna
ciclista scalatrice di 53 kg. Normalizzando il valore alla massa corporea
potremmo però scoprire che la donna ha un VO2max/kg maggiore del
velocista, dovuto alla composizione delle sue fibre muscolari,
particolarmente specializzate nel protrarre e sostenere a lungo un
esercizio a livelli massimali.
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Allenarsi con la potenza
Per moltissimo tempo, gli unici strumenti a disposizione del ciclista per la
valutazione del proprio allenamento attraverso dei dati sono stati il
contachilometri e, più tardi, il cardiofrequenzimetro; l’introduzione dei
GPS ha permesso poi di mettere in correlazione i dati raccolti da questi
strumenti con le caratteristiche del percorso svolto. Così l’osservazione
del profilo cardiaco è diventata sempre più centrale nei programmi di
allenamento. Negli ultimi anni però ci si è resi conto dei limiti della
frequenza cardiaca presa come dato di riferimento, e di come questa
possa spesso essere fuorviante: basti pensare a come la risposta del
cuore sia facilmente alterata da fattori esterni (quali temperature elevate,
stress psicologico, assunzione di caffeina) pur percorrendo lo stesso
tratto di strada, alla stessa velocità. Ai ciclisti serviva un dato che fosse
oggettivo, e soprattutto confrontabile nel tempo. Questo dato è la
potenza, ovvero l’effettiva forza esercitata sui pedali dal ciclista, messa in
relazione con la velocità della pedalata (cadenza).
Per effettuare la misurazione della potenza occorre dotarsi di un
apposito sensore, comunemente chiamato Power Meter. Tra le varie
proposte il nostro consiglio è di optare per i misuratori di potenza su
pedale, poiché consentono una misurazione della potenza dove questa
viene effettivamente applicata; inoltre, generalmente i Power Meter su
pedale non presentano problemi di compatibilità con le altre
componenti della bici, sono decisamente più facili da installare e si
possono spostare da una bici all’altra ma non sono la soluzione più
precisa per il ciclista esigente.
Capitolo 4
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Vantaggi dell’allenamento con la potenza
Agli inizi dello studio e l’applicazione della metodologia di allenamento
della potenza, le misurazioni erano possibili solo in laboratorio con
tecnologie e strumenti molto costosi e poco pratici. Lo sviluppo
tecnologico ha consentito di creare strumenti pratici e installabili
direttamente sulle biciclette. In questo modo si è arrivati a misurare la
potenza durante la pedalata “vera”, su percorsi abituali e non in
condizioni da laboratorio, consentendo ai ciclisti di applicare i concetti
della potenza all’allenamento direttamente su strada; e di sfruttare così
tutti i vantaggi che solo dati oggettivi e ripetibili possono dare.
Valutazione oggettiva delle proprie prestazioni
Come già detto in precedenza, a differenza di altri strumenti
comunemente usati nel ciclismo, un Power Meter permette di contare su
misurazioni oggettive di ciò che determina realmente i risultati ottenuti in
bici, e quindi di valutare con più precisione il proprio stato di allenamento.
Inoltre, soprattutto il ciclista meno evoluto potrà riscontrare e correggere
errori fatti in passato, cioè accorgersi che determinate intensità di lavoro
che credeva fossero allenanti sono invece inefficaci, o addirittura
controproducenti.
Dati in tempo reale
I dati relativi alla potenza – riportati in watt (W) – sono consultabili sul
ciclocomputer o smartphone sin dalla prima pedalata, senza tempi di
latenza o periodi di “assestamento” come invece accade con un
cardiofrequenzimetro. Questo vuol dire che il ciclista può valutare in
modo affidabile le proprie prestazioni anche su periodi di tempo
brevissimi (es. una serie di sprint o allenamenti intervallati).
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Registrazione automatica delle uscite
Un misuratore di potenza registra e raccoglie automaticamente tutti i dati
raccolti durante gli allenamenti o le gare (generalmente in dei file .fit.).
In questo modo si crea un vero e proprio diario delle uscite, consultabile
a posteriori in qualsiasi momento attraverso i software dedicati. Questi
dati potranno servire per analisi e statistiche utili a seguire la propria
evoluzione atletica, tanto a breve quanto a lungo termine (es. intera
stagione ciclista); inoltre, questi file sono facilmente condivisibili con
chiunque, anche con un allenatore, il quale potrà facilmente monitorare
l’andamento del proprio atleta, anche a distanza.
Maggior focus nell’allenamento
Il Power Meter può rappresentare un fortissimo strumento motivazionale.
Durante una ripetuta nella quale bisogna mantenere una certa potenza, il
ciclista che vede calare la sua prestazione saprebbe di dover spingere
maggiormente perché il suo sforzo non è in linea con quanto richiesto e
con le attese. Ai ciclisti con poco tempo a disposizione per gli
allenamenti, il Power Meter garantisce uscite in bicicletta ottimizzate,
evitando così di perdere tempo pedalando senza un obiettivo preciso e
sicuro, come avviene invece nell’allenamento “a sensazione”. Quando ci
si allena ad alti livelli, come noto, i dettagli diventano fondamentali per
fare la differenza. L’aerodinamica e la posizione in sella sono due dei
fattori principali che determinano la prestazione e possono essere
valutati, in modo indiretto, con il Power Meter. Esistono studi scientifici
che mostrano come, con accorgimenti aerodinamici e di postura, il
ciclista possa esprimere fino a 30 watt in più durante un allenamento o
una gara. Questo guadagno rappresenta un’enormità se trasferito su un
ciclista già allenato e se confrontato con il guadagno che egli potrebbe
ottenere con un lungo programma di allenamento.
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Con il Power Meter è possibile, come in parte già spiegato, eseguire ogni
allenamento, gara e corsa a cronometro focalizzando l’attenzione sui
valori di riferimento stabiliti durante i test, senza correre il rischio di
strafare e rischiare quindi di incorrere in una situazione di
sovrallenamento (overtraining). L’adrenalina e la competizione spesso
alterano le percezioni che abbiamo del nostro corpo, spingendoci a fare
sforzi che poi si dimostrano essere al di là delle nostre capacità. Per
qualche corridore potrebbe apparire meno divertente, ma in una gara
con molti ciclisti sapere se andare a inseguire l’avversario che scatta
oppure proseguire con il proprio ritmo, sicuri e certi di quanto si sta
facendo, può fare la differenza tra terminare la gara avendo dato il
massimo e “scoppiare” a metà compromettendo il resto della
competizione. In ultima battuta, grazie al Power Meter, molti ciclisti
semi-professionisti hanno eliminato i costi dovuti alle numerose
valutazioni e test di allenamento cui dovevano sottoporsi
mensilmente nei laboratori di Medicina dello Sport. Il Power Meter
permette di individuare quali aspetti della propria performance siano più
carenti (o migliori) per intervenire in modo mirato. Come diceva Seneca,
“non esiste vento a favore per il marinaio che non sa dove andare” e la
stessa cosa vale per il ciclista che non ha idea dei propri punti deboli e di
forza e degli obiettivi che vuole raggiungere.
Lavorare meglio anche sui rulli
Uno dei problemi maggiori per il ciclista è la gestione della “pausa”
invernale. Il maltempo, lo smog (in aumento negli ultimi tempi), il buio e il
pericolo di muoversi su strade congestionate, sono problemi da non
sottovalutare. Molti usano quindi i rulli da interno per simulare le uscite.
Pur essendo poco gradito, l’allenamento indoor offre la possibilità di
pedalare in un ambiente controllato, senza vento, traffico, salite, discese,
buche da evitare e quant’altro.
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Con l’ausilio del Power Meter il ciclista può quindi mettere tutta
l’attenzione sui valori di potenza sprigionati, massimizzando gli
allenamenti e rimanendo estremamente focalizzato sugli obiettivi posti
dal proprio allenatore/preparatore. I dati raccolti in condizioni indoor poi,
sono molto più “puliti” rispetto a quelli sulla strada, dando così un quadro
più chiaro del livello di forma. Anche la simulazione di percorsi
prestabiliti, offerta dai moderni rulli, può essere sfruttata per migliorare
ognuno degli aspetti (salita, piano, falsopiano, scatti) che si
presenterebbero durante l’allenamento outdoor. L’importante, in questo
caso, è essere dotati di un Power Meter in grado di comunicare (con un
protocollo ANT+ e/o Bluetooth) sia con i ciclomulini moderni che con i
sistemi di allenamento indoor, come Zwift e Trainerroad. Se avete
intenzione di passare molto tempo sui rulli usando un sensore di
potenza, controllate prima dell’acquisto che questa opzione sia
disponibile.
Analisi del bilanciamento tra gambe
Un misuratore di potenza dotato di doppio sensore permette di
osservare anche la percentuale di spinta delle due gambe
(bilanciamento di potenza), e quindi monitorare e correggere eventuali
scompensi tra lato destro e sinistro. La differenza di spinta può dipendere
da vari fattori: capacità di coordinazione neuronale degli impulsi, tono
muscolare, assetto biomeccanico, eventuali compensi a livello posturale
(come una rotazione di bacino). E’ possibile, grazie al Power Meter,
valutare se una diversa impostazione biomeccanica o un allenamento
mirato possa condurre ad un bilanciamento della spinta tra destra e
sinistra.
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Valutazione della rotondità di pedalata
Oltre alla spinta in senso puro, un altro aspetto è fondamentale per
determinare l’efficienza di pedalata, ovvero la rotondità di pedalata.
Entrambe le gambe devono spingere in un arco che va dai 20° ai 145°,
con un picco intorno ai 90° (pedivella orizzontale). E’ importante che
entrambe le gambe attivino e terminino la fase di spinta in modo
sincrono e che il momento di massima spinta (il power peak) sia
anch’esso sincronizzato. E’ così possibile migliorare non solo la potenza
ma anche il gesto motorio, con un innalzamento dell’efficienza generale
(si mantiene un’andatura per più tempo a parità di impegno metabolico).
Valutazione oggettiva della risposta cardiaca
Con il Power Meter si riesce a dare un nuovo significato al valore di
frequenza cardiaca capendo come, in alcune giornate, un battito
cardiaco più alto del solito sia associato magari ad un calo di rendimento
a causa di eccessiva stanchezza o cattivo stato di forma. Incrociando i
dati di frequenza cardiaca con quelli di potenza, è possibile quindi
monitorare il proprio stato di forma perché ogni allenamento si trasforma
anche in una sorta di test e di auto valutazione. In altre parole, un
misuratore di potenza diventa utile anche per capire gli adattamenti
(positivi o negativi) indotti da un certo ciclo di allenamenti o da nuove
strategie alimentari inserite nel proprio stile di vita.
Valutazione rendimento in gara
Anche le gare acquistano maggiore significato. Durante una
competizione si è soliti dare il 110% di quel che si possiede e con il Power
Meter ci si può rendere conto di quale sia precisamente lo scarto tra
l’intensità di allenamento e quella massima reale, che è specifica di ogni
ciclista. Si può anche riuscire a capire in quale parte della gara si sono
consumate inutilmente energie, senza poi averne per i momenti più
importanti della competizione.
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Allenare la resistenza nel ciclismo
La resistenza è la capacità di “lavorare” posticipando l’insorgenza
della fatica. E’ relativa al tipo di sforzo e non può essere assoluta ed è’ la
prima capacità da sviluppare.
Dipende dal sistema cardiovascolare/polmonare (cuore, polmoni,
sangue, vasi) Può essere sviluppata anche con altri sport (corsa,
ciclocross nel periodo invernale), poi deve diventare specifica.
A parte situazioni particolari (scatti e ripidi), nel ciclismo vi è una
maggiore necessità di resistenza di lunga durata (RLD), poiché le uscite
durano ben più di 8 minuti.
Per un ulteriore chiarimento, è bene quindi suddividere la resistenza di
lunga durata in tre sottocategorie:
● RLD I: con sforzi inferiori a 30 minuti, dove l’energia proviene
dall’utilizzo degli zuccheri;
● RLD II: con sforzi compresi tra i 30 e i 90 minuti. In questo caso la
fonte di energia sono zuccheri e glucidi;
● RLD III: con uscite più lunghe di 90 minuti, nelle quali l’energia
viene fornita dal metabolismo dei grassi;
Comprendere quale tipo di resistenza di lunga durata è fondamentale,
poiché ogni tipologia utilizza una diversa quantità di fibre muscolari.
Infatti queste ultime si dividono in fibre a contrazione lenta (ST) e a
contrazione veloce (FT). Le prime migliorano l’economia del movimento,
poiché consumano meno energia e consentono una migliore
eliminazione del lattato, dato che sono più capillarizzate.
Capitolo 5
28
Di contro le fibre FT consentono di sprigionare maggiore potenza.
Inserire nel proprio piano di allenamento delle sessioni votate al
miglioramento della resistenza di lunga durata può avere ripercussioni
positive sull’organismo e sulla prestazione in sella:
● Rende la fitness più stabile e meno soggetta a cali di forma;
● Incrementa le prestazioni globali;
● Aumenta la rapidità di reazione;
● Accelera il recupero dopo uno sforzo;
● Aumenta la resilienza e la tolleranza allo sforzo;
● Riduce il rischio di infortuni
● Aumenta la forza di volontà;
● Migliora la gestione del controllo del sistema nervoso
Un corretto allenamento alla resistenza infatti migliora la
capillarizzazione, la dimensione del cuore e la capacità dell’organismo di
stoccare riserve di glicogeno.
Allenamento per la resistenza di lunga durata
Vi sono due diversi approcci per allenare la resistenza di lunga durata nel
ciclismo:
● Metodo del carico prolungato estensivo
● Metodo del carico prolungato intensivo.
Vediamoli nel dettaglio:
29
Carico prolungato estensivo
Si tratta di uscite a intensità bassa e volume molto alto. E’ il principio del
base training, cioè di uscite lunghe ma tranquille. Fanno parte di questo
tipo di allenamento i lunghi e i lunghissimi, dove ciò che conta sono i
chilometri accumulati e non l’intensità o i dislivelli. Questo tipo di
allenamento migliora la ventilazione, aumenta la gittata cardiaca e
rafforza la resistenza mentale. Inoltre consente di migliorare l’utilizzo dei
grassi e di mantenere le riserve di glicogeno. Un allenamento troppo
focalizzato sul metodo del carico prolungato estensivo può comportare
però una scarsa resistenza ai cambi di ritmo, agli scatti e a situazioni
che richiedano forza esplosiva oltre che ad un rischio di stagnazione
della forma.
Carico prolungato intensivo
E’ un metodo di allenamento alla resistenza dove l’intensità è alta e il
volume ridotto, per cui si lavora in soglia anaerobica. Un allenamento di
questo tipo è più stancante e difficile da sopportare rispetto al
precedente ma permette di migliorare la propria soglia anaerobica anche
del 10-15%. Uno degli esempi è l’allenamento in salita. L’efficacia di
questo tipo di allenamento è stata comprovata dai risultati nel campo
dell’atletica conseguiti dai corridori africani, che si allenano molto usando
questo metodo. Lo svantaggio di questo tipo di allenamento, se non
gestito al meglio, è di incappare nel sovrallenamento, poiché si tratta di
sessioni molto dure, per cui non andrebbero effettuati più di due
allenamenti del genere a settimana;
Saper combinare al meglio le due tipologie di allenamento alla
resistenza è fondamentale per migliorare le prestazioni. La gestione dei
due metodi deve essere pianificata con calma a inizio anno, quando è
tempo di disegnare il proprio piano di allenamento.
30
Le tipologie di allenamento della resistenza
L’allenamento con gli intervalli
In questa tipologia di allenamento vi è una continua alternanza tra
lavoro e recupero. In sostanza si effettua un gesto atletico (uno scatto,
una salita, un determinato percorso ad anello), dopodiché si effettua una
pausa attiva e si riparte nuovamente. Il numero delle serie varia in base
agli obiettivi dell’allenamento, all’intensità e alla durata dell’esercizio.
L’allenamento a intervalli può essere intensivo o estensivo. Nel primo
caso lavoreremo sopra la soglia anaerobica, effettuando esercizi veloci e
molto intensi mentre nel secondo caso lavoreremo in soglia aerobica,
con esercizi più leggeri ma con durata più prolungata
.
Questo tipo di sessioni permette di allenare la resistenza muscolare e si
pone come una variante del (solitamente) monotono allenamento di
fondo, fatto di lunghi e lunghissimi e di chilometri inanellati per costruire
la resistenza di base.
Nell’allenamento a intervalli (a differenza delle ripetute) la pausa deve
essere attiva, per cui bisogna sempre pedalare, utilizzando una
frequenza più elevata e un rapporto più agile per ossigenare i tessuti e
consentire la deplezione del lattato formatosi durante l’esercizio.
A livello fisiologico, un allenamento a intervalli offre notevoli vantaggi:
● Una maggiore capillarizzazione dei tessuti, che consente una
deplezione più rapida del lattato;
● Un maggior consumo di ossigeno, che permette di ossigenare
maggiormente i tessuti e innalzare la propria soglia anaerobica;
31
● Un miglior metabolismo muscolare, che si traduce in un gesto
atletico meno faticoso, poiché diventa più economico a livello di
energia spesa;
● Il cuore subisce delle vere e proprie modifiche, con conseguente
ipertrofia del miocardio (cioè della sua stessa struttura) e un
ingrossamento delle cavità cardiache, che riescono a “pompare”
più sangue a ogni singolo battito;
● Anche a livello psicologico si hanno dei benefici, che si traducono
in: un incremento della forza di volontà, dovuto all’intensità di
questo allenamento (maggiore di quella richiesta da lunghi e
lunghissimi), che richiede motivazione e spinta per poterlo
concludere;
● Infine anche la capacità di adattamento alle situazioni di fatica e
di stress psicofisico migliora;
Come abbiamo detto l’allenamento a intervalli lavora sulla resistenza di
base, per cui può essere utilizzato per rendere meno monotono e più
vario l’allenamento, intercalandolo alle classiche uscite di fondo.
32
Come allenarsi con gli intervalli
Come già visto, questo tipo di allenamento mantiene i sistemi
cardiovascolare e muscolare sempre attivi, poiché anche nelle fasi di
recupero l’organismo viene mantenuto quasi a regime. Quindi il lavoro
del cuore e dei polmoni è sempre molto elevato e ciò permette di
stressarlo in modo che attui delle modifiche positive alla propria struttura
e funzionalità. Anche il sistema nervoso centrale, che deve gestire il
carico di lavoro continuativo, attua delle modificazioni per riuscire a
superare la sensazione di fatica che emerge durante questo tipo di
allenamenti, detta anche “affaticamento centrale”.
Vi sono molte schede e tipologie di allenamento a intervalli disponibili
online. Quella che sentiamo di consigliarvi è la seguente:
● 4 intervalli da 4 minuti ciascuno al 90% della propria FCmax
● Una pausa attiva di 8 minuti tra ogni intervallo, con una frequenza
cardiaca pari al 70% della propria Fc max
Si tratta di un allenamento molto intenso, che quindi non va mai preso
con leggerezza. Meglio approcciare l’allenamento a intervalli con calma
e sempre dopo aver chiesto il parere del proprio medico curante o
sportivo.
L’allenamento con le ripetute
Con il termine ripetuta s’intende uno sforzo breve e molto intenso, che
viene riproposto più volte di seguito, inframezzato da una pausa. Si tratta
di un allenamento molto stressante, poiché lo sforzo, anche se di breve
durata, arriva a livelli massimali (90-95% della propria frequenza cardiaca
massima).
33
La filosofia è molto simile a quella dell’allenamento con gli intervalli ma
con una sostanziale differenza. Se infatti negli intervalli la pausa deve
essere attiva, quindi pedalando con una frequenza alta e un rapporto
agile, nelle ripetute invece la pausa è più lunga e deve riportare
l’organismo al punto di partenza. In sostanza il cuore e i polmoni
devono ritornare in una condizione vicina a quella di riposo, per essere
poi nuovamente stressati dalla ripetuta successiva.
Quindi la sequenza della ripetuta è: scatto – recupero completo dallo
sforzo – scatto.
Effetti fisiologici delle ripetute
Un allenamento così intenso come quello delle ripetute ha l’obiettivo di
allenare la resistenza allo sforzo e alla fatica, soprattutto la resistenza
specifica alla velocità. Si tratta della resistenza a sforzi brevi ma di
intensità molto alta, come possono essere scatti o ripidi. Inoltre è
pensato per apportare sensibili modificazioni alle dimensioni del cuore
(ipertrofia del miocardio), dell’apparato respiratorio, migliorare la gittata
cardiaca (maggior volume di sangue a ogni battito) e incrementare la
forza di volontà.
Infatti, durante una sessione di ripetute, il cuore, i polmoni e il sistema
nervoso centrale ritornano alle condizioni di riposo dopo ogni scatto e
questo li obbliga a “ripartire da capo” per supportare l’organismo a ogni
nuova ripetizione. Questo li costringe ad attuare gli adattamenti
necessari già durante l’allenamento, come una sorta di
supercompensazione (che solitamente avviene nel periodo di riposo
successivo all’allenamento) tra uno scatto e l’altro.
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E’ per questo motivo che l’allenamento con le ripetute è molto
stressante, poiché obbliga l’organismo ad attuare modificazioni già
durante la sessione stessa, con una notevole ricaduta in termini di fatica.
A chi serve allenarsi con le ripetute
Questo tipo di allenamento non è per tutti. Innanzitutto, data la sua
intensità, non è indicato ad amatori che non siano interessati alla
performance o non abbiano il desiderio di gareggiare. Inoltre andrebbe
sempre effettuato dopo controllo e nulla osta del proprio medico curante
o sportivo.
Dato che l’allenamento con le ripetute tende a migliorare la resistenza a
stimoli brevi e molto intensi, è più indicato per quelle discipline
esplosive, dove vi sono notevoli cambi di ritmo, pendenze e il livello
d’intensità è più alto. Offre maggiori benefici per chi partecipa alle
criterium, chi fa cross-country in mtb o ciclocross.
Come allenarsi con le ripetute
Data la sua intensità, questo tipo di sessioni non andrebbe effettuato più
di una volta a settimana e sempre con un successivo giorno di riposo.
Uno schema per allenarsi con le ripetute è il seguente:
● 20 minuti di riscaldamento;
● Scatto al 90%-95% della propria FC massima per almeno 30
secondi – 1 minuto;
● Pausa dai 2 ai 4 minuti, pedalando a bassa intensità;
● Effettuare dalle 5 alle 10 ripetizioni;
● 10 minuti di defaticamento, pedalando ad alta frequenza e rapporto
agile, per facilitare l’assorbimento dell’acido lattico;
35
36
La flessibilità muscolare e mobilità articolare
La questione della validità dello stretching nel ciclismo (e nello sport in
generale) è stata dibattuta più volte ed è oggetto di teorie soggettive. C’è
chi lo fa prima di andare in bici, chi dopo, chi in altri momenti e chi non lo
fa per niente. E’ importante fare stretching nel ciclismo e, soprattutto, è
utile?
Ciclismo e flessibilità
Il ciclismo è uno sport globale, che interessa e fa lavorare in modo
dinamico tutti i distretti corporei. L'equazione bici=gambe è ormai
superata e frutto di una fisiologia del ciclista ancora poco approfondita.
Se da un lato i muscoli delle gambe lavorano in modo dinamico, con
estensioni e flessioni continue che permettono di imprimere potenza sui
pedali, la parte superiore del corpo lavora per stabilizzare il busto ed
evitare che si muova sotto i colpi potenti espressi dai muscoli della
coscia. Quindi possiamo vedere che il distretto dei muscoli inferiori ha un
compito di generazione di forza mentre quello superiore di
stabilizzazione. Per poter esprimere la massima forza possibile sui pedali
abbiamo bisogno che i muscoli siano flessibili e che possano subire un
elevato numero di cicli di flessione ed estensione senza accumulare
fatica né accorciarsi. Più siamo flessibili e meglio riusciamo a far girare le
gambe.
Capitolo 6
37
I muscoli della parte superiore invece lavorano in contrazione isometrica,
cioè sono contratti ma non avvicinano o allontanano i capi articolari. Una
contrazione di questo genere, protratta per tutta la durata dell’uscita,
porta all’accorciamento della lunghezza del ventre muscolare e a una
riduzione della sua flessibilità. Quindi è evidente quello che possiamo
indicare come “il paradosso del ciclismo“: per andare in bici servono
muscoli flessibili ed elastici ma la pratica stessa della bici tende ad
accorciare i muscoli, diminuendone la flessibilità.
Stretching e rilassamento dei muscoli
Lo stretching (statico o dinamico) è un’attività che mette in tensione i
muscoli, adottando posizioni che ne comportano l’allungamento. La
conseguenza dello stretching è il rilassamento muscolare, indotto da
quello che tecnicamente viene definito “riflesso inverso da stiramento”.
Per descriverlo dobbiamo partire da un concetto base: il nostro
organismo è programmato per sopravvivere e il nostro cervello non ci
obbligherà mai a fare qualcosa che ci arrechi danno.
Per questo nel nostro corpo sono disseminati numerosi recettori che
inviano segnali di allarme se il carico o la posizione dei nostri segmenti
varia in modo pericoloso. Uno di questi è l’organo tendineo del Golgi,
posizionato all’interno dei tendini e che invia segnali continui per
descrivere lo stato di tensione dei muscoli. Quando la tensione
muscolare di allungamento è eccessiva, l’organo del Golgi invia un
segnale utile a limitare l’allungamento. Lo stretching, mantenuto dai 10 ai
60 secondi, obbliga il muscolo in una condizione di allungamento che
supera la soglia controllata dagli organi tendinei del Golgi che, per un
riflesso inverso, smettono di inviare il segnale. La conseguenza è il
rilassamento del muscolo, che si può allungare e quindi migliorare la
propria elasticità.
38
Quando e come fare stretching
Quindi fare stretching è essenziale per i ciclisti, poiché andare in bici
accorcia le leve e vi è bisogno di un programma di allungamento per
riportare i muscoli alla lunghezza ottimale.
Quando bisogna quindi fare stretching? Vediamo una panoramica:
Prima dell’uscita
Una sessione di stretching effettuata prima di uno sforzo è
controproducente all’espressione di forza rapida ed esplosiva e può
essere dannosa per chi, come chi pratica XC o ciclocross, deve effettuare
una sessione breve e molto intensa;
Dopo l’uscita
Una sessione di stretching statico effettuata dopo l’uscita in bici è
controproducente perché comporta una compressione dei vasi
sanguigni e quindi mancato flusso, utile all’eliminazione dei cataboliti. E’
quindi meglio prevedere degli esercizi dinamici di defaticamento;
In altri momenti
Inserire una sessione di stretching in un momento diverso dall’uscita in
bici permette di lavorare su più gruppi muscolari e dedicare più tempo
agli esercizi. L’importante è non sovraccaricare ulteriormente la
muscolatura e non avvertire dolore. La soluzione ideale è utilizzare
esercizi statici e dinamici, per migliorare l’impatto generale. Il solo
stretching statico non è funzionale a un miglioramento sistematico della
flessibilità muscolare.
39
40
Il sovrallenamento
Allenarsi in modo costante è uno dei segreti per ottenere picchi di forma
fisica e prestazioni in sella correlate. Questo però non significa che ci si
debba allenare in modo ininterrotto, senza mai staccare e soprattutto
andando in panico se non si può pedalare. L’allenamento infatti deve
essere un continuo ciclo di sforzo-riposo-adattamento. Il problema è che
molti ciclisti sono terrorizzati dall’idea di perdere la forma raggiunta
anche solo perdendo un’uscita e così l’allenamento diventa
ossessivo-compulsivo.
Convinzioni errate dell’atleta ossessivo
La convinzione dell’atleta ossessionato dall’allenamento è che sia
importante passare il maggior tempo possibile sui pedali, macinando
chilometri su chilometri, senza dare peso ai segnali che il corpo manda.
Di solito effettua uscite lunghe a velocità bassa, convinto di “fare fiato” in
vista delle competizioni estive. Se capita che un giorno non possa
allenarsi per vari motivi, diventa nervoso e si convince di perdere forma
fisica e capacità di stare in sella.
In realtà questa convinzione è totalmente errata, poiché numerosi studi
scientifici hanno dimostrato che un significativo calo della forma fisica
s’innesca solo dopo due settimane di totale inattività. Questo fenomeno
viene definito “detraining”. Un solo giorno passato a riposare non può
compromettere la forma fisica acquisita, anzi non può fare che bene,
permettendo di attuare il meccanismo della supercompensazione.
Capitolo 7
41
Errori del ciclista ossessionato
Quali sono gli errori più comuni che possono far innescare il vortice
dell’allenamento ossessivo-compulsivo? Eccone alcuni:
● Monotonia dell’allenamento: molti ciclisti sono convinti che
allenarsi in bici significhi solo passare tempo in sella, senza mai
variare. Per poco tempo o per molte ore di fila non importa, ciò che
è importante è pedalare sempre, senza mai staccare. In realtà uno
dei metodi migliori per ottenere in tempi più brevi un’efficiente
forma fisica è appunto variare l’allenamento . “I golfisti si allenano
colpendo delle palle, i nuotatori usano le palette, i calciatori tirano
slitte con pesi, altri usano mezzi speciali per allenarsi. I ciclisti
pedalano e basta”, è una frase di Mike Kolin (preparatore atletico)
che ben rappresenta la situazione
● Eccesso di ore in sella: per l’atleta ossessionato non conta la
qualità e l’impatto dell’allenamento sul suo corpo bensì solo il
tempo passato a pedalare e i chilometri macinati. A ogni uscita
cercano di aggiungere una salita, una decina di chilometri, trenta
minuti in più rispetto all’allenamento precedente. Come invece
dimostrato dagli studi dei ricercatori sulla periodizzazione,
l’incremento del carico non deve essere continuo e senza stacchi,
bensì deve essere diviso in microcicli dove l’aumento è graduale,
alternati ad altri dove il carico diminuisce, per permettere al corpo
di riprendersi dalla fatica.
42
● Allenamento senza un piano: il ciclista compulsivo solitamente è
quello che non ha bisogno di piani di allenamento né di preparatori
atletici o di consigli. Per lui l’importante è pedalare, per mantenere
la forma fisica (un’ossessione che uno psicologo dello sport
statunitense ha definito come “nevrosi da sempre in forma”). In
realtà non è fisiologicamente possibile restare in forma per tutto il
tempo, bensì la massima capacità di prestazione è fluttuante e
presenta dei picchi durante la stagione. L’obiettivo del piano di
allenamento è fare in modo che i picchi di forma corrispondano alle
gare più importanti.
● Ossessione per i numeri: cadenza di pedalata, pendenza, watt,
frequenza cardiaca, chilometri, VAM, peso, battiti a riposo. Il ciclista
compulsivo non è ossessionato solo verso l’allenamento ma anche
verso i dati che raccoglie. Cardiofrequenzimetro, sensore di
potenza, sensore di cadenza, contachilometri e gps sono strumenti
che devono essere funzionali all’allenamento, per valutare
miglioramenti o regressioni ma bisogna stare molto attenti a non
ossessionarsi con i numeri e non andare in crisi se nell’ultima uscita
si “sono spinti” 20 watt in meno della precedente.
● Riposo inadeguato: l’allenamento, per essere funzionale, deve
prevedere cicli di sforzo e di riposo. E’ infatti durante la fase
successiva allo stress indotto dall’allenamento che il corpo effettua
gli adattamenti necessari al miglioramento. Nell’allenamento lo
stressor è lo sforzo a cui sottoponiamo l’organismo, che comporterà
una rottura dell’equilibrio e una reazione di adattamento del corpo.
43
Conseguenze del sovrallenamento
Come ben sappiamo a ogni azione corrisponde una reazione uguale e
contraria e quindi anche l’allenamento ossessivo avrà sicuramente delle
ripercussioni sullo stato di forma fisica e sulla vita dell’atleta:
● Perdita di motivazione;
● Sovrallenamento;
● Calo di peso corporeo;
● Stanchezza cronica;
● Fratture da stress;
● Aumento dei battiti del cuore a riposo;
● Malattie più frequenti (ad esempio raffreddori);
Sono tutti risvolti poco piacevoli di un approccio al ciclismo “morboso”,
che non ha alcuna logica ed è figlio di metodologie di allenamento ormai
sorpassate, che non tengono conto delle innovazioni avvenute negli
ultimi decenni.
Nessun ciclista può autonomamente valutare il proprio stato di forma;
servono strumenti adatti e specifici che aiutino, giorno dopo giorno, a
monitorare la salute della persona, ma che siano validati e certi dei
risultati prodotti. Unendo l’uso di questi strumenti e la supervisione di
un preparatore atletico qualificato, è praticamente certo che
qualunque ciclista possa allenarsi in sicurezza senza mettere a
repentaglio la propria salute.
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Corso allenamento ottimale per il ciclismo
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ciclismo”, con Paolo Gaffurini PhD.
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Il programma del corso è il seguente:
Anatomia del ciclista e dinamica di pedalata
● I muscoli del ciclista
● Contrazione muscolare
● Dinamica della pedalata e attivazione dei muscoli
L’allenamento nel ciclismo
● Le basi dell’allenamento ciclistico
● I falsi miti dell’allenamento in bici
● La valutazione del ciclista (test incrementali, VO2max, valutazioni
posturali, valutazione dell’efficienza in pedalata)
● Le sessioni di allenamento
• Allenare la resistenza
● I lunghi, gli intervalli, le ripetute, le SFR: a ogni sessione il giusto
obiettivo
● Allenamento indoor vs all’aperto
● Stretching: gli esercizi, come organizzare una seduta, quando farlo
La periodizzazione dell’allenamento
● I principi della periodizzazione nel ciclismo
● I concetti di volume, intensità e carico di allenamento
● Il diario di allenamento
● Descrizione del microciclo, mesociclo e macrociclo di preparazione
● Creare un piano di allenamento
● Definire gli obiettivi
● Calcolare il monte ore annuale
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Corso allenamento ottimale per il ciclismo
● La creazione dei mesocicli
● La definizione dei microcicli per ogni periodo dell’anno
● Le fasi dell’anno e l’allenamento dedicato
● Preparare le competizioni
● Strumenti e software per creare un piano di allenamento
Gli strumenti del ciclista
● L’uso del cardiofrequenzimetro in allenamento
● Le soglie di lavoro
● L’uso del Power Meter
● I protocolli di lavoro con il Power Meter
Overtraining e recupero
● La supercompensazione
● Overreaching e overtraining
● L’importanza del recupero
● Strumenti e tecniche per il recupero ottimale
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ciclismo”
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Chi è Bikeitalia
Bikeitalia.it (con un milione di visite/mese)
è il sito di ciclismo più letto in Italia.
Trattiamo ciclismo urbano, cicloturismo e
tecnica della bicicletta.
Il team di ricerca che fa capo all’attività di
formazione è composto da professionisti
qualificati nel campo della biomeccanica,
fisioterapia, scienze motorie, podologia,
nutrizione, meccanica, chinesiologia.
Realizziamo corsi di formazione sulla
biomeccanica del ciclismo di livello base,
avanzato, specialistico e privato.
Il nostro obiettivo è creare la nuova
generazione di professionisti della bicicletta.
50
Gli autori
PhD in “Sport Science and Human Movement” conseguito presso
l’Università degli Studi di Verona; Tecnico ed esperto di Analisi del
Movimento ed Elettromiografia di Superficie; Docente presso
l’Università di Medicina di Brescia per il Corso di Laurea Triennale di
Scienze Motorie e per il Corso di Laurea Magistrale di Scienze
Motorie Adattate; Relatore del corso di “Biomeccanica
specialistica” e di “Allenamento ottimale del ciclista” per Bikeitalia.
Paolo Gaffurini PhD
Direttore della scuola di formazione di Bikeitalia.
Laureato in scienze motorie, è attualmente iscritto al corso magistrale
in scienze motorie preventive e adattate.
Specializzato in biomeccanica e bikefitting, è biomeccanico certificato
di Livello 2 presso l’international Bike Fitting Insitute. Ha studiato
“Preparaciòn atletica y fisica” presso l’accademia degli sport di Alto
Rendimento (Spagna). E’ operatore certificato Kinesio Taping e ha
studiato Functional Movement Screening presso FMS (USA). Su
Bikeitalia.it ha pubblicato più di 400 articoli a carattere tecnico sul
mondo della bicicletta .
Omar Gatti
51
Note
Bikenomist srl, Bikeitalia e gli autori non
sono responsabili per i risultati ottenuti
seguendo le indicazioni del presente
testo.
Si consiglia di effettuare una visita medica di
idoneità sportiva prima di cominciare ad
allenarsi e di farsi seguire da un preparatore
fidato.
Ognuno si allena sotto la propria ed
esclusiva responsabilità
52
L’allenamento del ciclista è spesso
basato su falsi miti, esperienze e
tecniche che hanno poco o nulla di
scientifico.
Con questo ebook gli autori
vogliono offrire delle basi
introduttive ai concetti principali
dell’allenamento nel ciclismo,
affinché il ciclista possa affrontare la
propria preparazione con
cognizione di causa e con basi
scientifiche.
“La conoscenza non diminuisce se condivisa”