Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce...

41
Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce con laboratorio (Lezioni dettate dal Prof. Antonino Lo Giudice) 1 Anno Accademico 2009-10 1 Alcune delle figure presenti nel testo sono state tratte da siti web. A tutti gli Autori, anche anonimi, và il mio sentito ringraziamento.

Transcript of Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce...

Page 1: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

Guida al Corso di

Mineralogia e costituenti delle rocce con laboratorio

(Lezioni dettate dal Prof. Antonino Lo Giudice)1

Anno Accademico 2009-10

1 Alcune delle figure presenti nel testo sono state tratte da siti web. A tutti gli Autori, anche

anonimi, và il mio sentito ringraziamento.

Page 2: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24
Page 3: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

Indice Prefazione al corso. Pag. 2 I costituenti delle rocce " 3 Caratteri strutturali e morfologici dei minerali " 5 Considerazioni sui reticoli cristallini " 10 Introduzione strutturale alla cristallografia morfologica " 11 Cristallografia morfologica " 15 Cristallografia strutturale " 23 Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24 La cristallografia X " 33 Applicazioni della cristallografia X " 42 Ottica Cristallografica " 46 Caratteristiche ottiche generali dei minerali " 46 Birifrangenza e segno ottico dei minerali " 52 Le indicatrici ottiche " 54 Definizione e costruzione delle indicatrici ottiche " 54 Forme e geometria delle indicatrici ottiche " 56 Orientazione delle Indicatrici Ottiche nei minerali " 59 Osservazioni ottiche sui minerali " 65 Il Microscopio da mineralogia " 66 I diversi tipi di osservazione al microscopio " 68 Osservazioni a luce parallela (ortoscopica) e ad un solo polaroide " 68 Osservazioni a luce parallela e a due polaroidi (Nicol’s incrociati) " 77

Riflessioni sull’equazione del ritardo e informazioni deducibili dall’osservazione dei colori d’interferenza

" 82

Riflessioni sulle posizioni d’estinzione " 85 I compensatori " 90

Osservazioni a luce convergente (conoscopica) e a due polaroidi (Nicol’s incrociati)

" 95

Figure d’interferenza dei minerali birifrangenti uniassici (dimetrici) " 96 Figure d’interferenza dei minerali birifrangenti biassici (trimetrici) " 100 Determinazione del segno ottico nei minerali uniassici e biassici " 104

Riconoscimento al microscopio delle principali fasi minerali costituenti le rocce " 108 Cristallochimica dei minerali " 128 I minerali e le loro strutture cristalline " 128 Le regole di Pauling " 131 Isomorfismo " 137 I tipi di isomorfismo " 141 Caratteristiche generali della cristallizzazione delle miscele isomorfe " 144 Polimorfismo " 157 I tipi di polimorfismo " 160 Rassegna dei principali minerali costituenti le rocce " 165 I silicati " 165 Nesosilicati " 170 Sorosilicati " 173 Inosilicati " 174 Fillosilicati " 182 Tectosilicati " 190 Carbonati, solfati, fosfati, alogenuri, solfuri, ossidi e idrossidi, elementi

nativi " 200

Appendice " 206 Peso specifico, Densità, Durezza, Suscettività magnetica, Piezoelettricità " 206 Le forme semplici nelle diverse classi dei diversi sistemi " 210 I geminati. Le principali leggi di geminazione nei feldspati " 218

Page 4: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24
Page 5: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 128

Cristallochimica dei minerali

I minerali e le loro strutture cristalline Parlando dello stato solido (stato d’aggregazione della materia in cui si trovano i minerali), abbiamo avuto modo di dire che esso è caratterizzato dall’esistenza di reticoli cristallini dati dalla distribuzione omogenea, periodica, discontinua, tridimensionale della materia che costituisce i minerali. Dal momento che ciascun minerale è caratterizzato da una propria composizione (rappresentata dalla sua formula chimica) appare evidente che la “materia” che si ripete in seno al reticolo cristallino di ciascun minerale è costituita dalle diverse specie di elementi che lo caratterizzano (ad es. per il salgemma – NaCl – il Sodio ed il Cloro). Appare evidente che perché una impalcatura siffatta non “crolli” collassando su se stessa occorre che i vari elementi che costituiscono il minerale ed il suo reticolo siano vicendevolmente legati. Tale legame è di natura chimica e dipende dai tipi di elementi che vengono ad interagire fra loro in seno al reticolo cristallino. Senza voler invadere il campo della “chimica” che studia in dettaglio i diversi tipi di legame, la loro natura e le loro peculiarità120, per la comprensione degli argomenti che ci accingiamo a trattare, sarà utile effettuare qualche breve e semplificato richiamo. La struttura dell’atomo: per i nostri fini sarà sufficiente ricordare che l’atomo, così chiamato perché inizialmente considerato l'unità più piccola ed indivisibile della materia, è la più piccola parte di ogni elemento esistente in natura che ne conserva le caratteristiche chimiche. In particolare, l'atomo è composto da un nucleo carico positivamente e da un numero di elettroni, carichi negativamente, che gli ruotano attorno nei cosiddetti "gusci elettronici". Il nucleo è composto da protoni, che sono particelle cariche positivamente e da neutroni, che sono particelle prive di carica: protoni e neutroni sono detti nucleoni121. Per identificare un atomo si definiscono due quantità: 1. Il Numero di Massa (A) eguale alla somma del numero di neutroni e protoni 2. Il Numero Atomico (Z) eguale al numero dei protoni, che, allo stato neutro, corrisponde al suo

numero di elettroni. Se ad un elettrone viene fornita una adeguata quantità di energia esso passa su un guscio elettronico libero più energetico – l’atomo passa ad uno stato eccitato. Se ad un elettrone viene fornita una quantità di energia adeguata per allontanarlo dal suo guscio elettronico più esterno, l’atomo, privato di un suo elettrone assumerà una carica elettrostatica positiva e diverrà uno ione positivo (catione). L’energia necessaria per estrarre un elettrone dal guscio elettronico più esterno di un atomo si definisce come energia di ionizzazione di quell’atomo. Se un elettrone viene acquisito da un atomo e collocato nel suo guscio elettronico più esterno, esso si lega all’atomo con una energia che viene chiamata affinità elettronica di quell’atomo. L’atomo, a cui è stato aggiunto un elettrone assumerà una carica elettrostatica negativa e diverrà uno ione negativo (anione). Le forze che legano vicendevolmente gli atomi in una struttura cristallina sono di due tipi: forze elettrostatiche e forze di scambio. Le forze elettrostatiche si realizzano quando due atomi diversi (A e B) caratterizzati l’uno da bassa energia di ionizzazione e da bassa affinità elettronica e l’altro da alta energia di ionizzazione e da

120 Lo studente è invitato a rivedere quanto appreso in proposito nel corso di chimica. 121 In proporzione, se il nucleo atomico fosse grande quanto una mela, gli elettroni gli ruoterebbero attorno ad una

distanza pari a circa un chilometro; un nucleone ha massa quasi 1800 volte superiore a quella di un elettrone.

Page 6: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 129

alta affinità elettronica interagendo fra loro si legano l’un l’altro attraverso un legame che viene detto legame ionico. Il legame ionico ha natura elettrostatica e si correla alla forza d’attrazione che esiste fra uno ione positivo ed uno ione negativo122. Le forze di scambio si realizzano quando due atomi eguali o diversi, caratterizzati da una parziale occupazione del livello energetico più elevato da parte degli elettroni, condividendo uno o più di detti elettroni danno luogo ad una configurazione stabile a minore energia. Questo tipo di legame viene detto legame covalente se interessa elementi non metallici, metallico se interessa elementi metallici. Non esiste un limite netto fra legame covalente e legame ionico in quanto anche in quest’ultimo caso si ha una parziale condivisione di elettroni. Pauling nel 1932 introduce il concetto di elettronegatività123 degli elementi e li colloca in una apposita scala che porta il suo nome. Il legame prevalentemente ionico si realizza quando vi è una grande differenza di elettronegatività tra i componenti (il legame ionico è un legame tra ioni di segno opposto, esso si forma in presenza di atomi aventi differenza di elettronegatività superiore al limite convenzionale di 1,9: in queste condizioni, l'atomo più elettronegativo priva l'altro di un elettrone, il primo atomo diventa uno ione con carica negativa, il secondo uno ione con carica positiva). Il legame covalente si realizza quando si ha la condivisione di una coppia di elettroni (detti coppia di legame) in un orbitale esterno che abbraccia due atomi con una differenza di elettronegatività inferiore o pari a 1,9. Ciò avviene perché gli atomi tendono ad assumere il livello energetico minore possibile per mantenere la stabilità della loro configurazione elettronica. Fra elementi non metallici e della stessa specie si realizza sempre un legame covalente che ha carattere direzionale. Raggio Atomico: Se assimiliamo la forma geometrica dell’atomo ad una sfera, il raggio atomico è convenzionalmente la metà della distanza internucleare tra due atomi dello stesso elemento, legati in modo covalente. Esso si misura in picometri (pm: 1 pm = 1x10−12 metri – il diametro di un atomo è compreso circa tra 30 e 600 pm) oppure in Angstrom (1 Å = 1x10-10 metri). Allorché un atomo, perdendo o assumendo uno o più elettroni diviene uno ione, rispettivamente positivo o negativo, esso muta la proprie dimensioni: assimilando ancora la sua forma geometrica ad una sfera, il raggio di detta sfera prende il nome di raggio ionico.

Figura 149

Possiamo intuire che per tutti i cationi (ioni positivi) avremo un numero di protoni maggiore del numero di elettroni e che pertanto detti elettroni saranno attratti maggiormente verso il nucleo di quanto non avvenga per l’atomo: ne consegue che tutti i cationi hanno raggio ionico inferiore al corrispondente raggio atomico. Al contrario per tutti gli anioni (ioni negativi) avremo un numero di protoni minore del numero di elettroni: questi ultimi saranno pertanto attratti verso il nucleo in misura minore di quanto avviene

122 La forza di attrazione (o di repulsione) fra coppie di ioni isolati è espressa dalla legge di Coulomb:

in cui, q1 e q2 sono le cariche degli ioni, r è la distanza fra di loro ed ε è una costante, detta costante dielettrica del mezzo. Nel vuoto, il termine 4πε vale circa 10-10 C2 N-1 m-2 (C, Coulomb; N, Newton). Se q1 e q2 sono di segno opposto F (di segno negativo) sarà una forza attrattiva; se q1 e q2 sono dello stesso segno F (di segno positivo) sarà una forza repulsiva.

123 L'elettronegatività è una misura relativa della capacità di un atomo di attrarre elettroni quando prende parte ad un

legame chimico.

Page 7: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 130

per l’atomo: ne consegue che tutti gli anioni hanno raggio ionico maggiore del corrispondente raggio atomico124 (Figura 149). Se, come detto, assimiliamo la forma di uno ione ad una sfera è importante a questo punto chiedersi cosa “fisicamente” può rappresentare detta sfera tenuto conto anche della struttura dell’atomo e delle proporzioni esistenti fra nucleo e nuvole elettroniche (cfr. nota n. 122). Proviamo a rispondere al quesito che ci siamo posti. Qualsiasi ione, essendo una particella elettrostaticamente carica, definisce un proprio intorno spaziale (campo) entro il quale è capace di far risentire le forze coulombiane che derivano dalla

propria carica125. Se due ioni A+ e B–, di segno opposto, si trovano collocati vicendevolmente in modo che i loro campi si intersechino essi si attrarranno reciprocamente (cfr. nota 124); tale attrazione, che produce l’avvicinamento reciproco dei due ioni, tuttavia, non si esplicherà indefinitamente sino a produrre la loro “sovrapposizione” reciproca, bensì produrrà il loro avvicinamento sino ad una distanza “D” alla quale la forza d’attrazione coulombiana legata alle cariche di segno opposto degli ioni considerati sarà bilanciata dalla forza di repulsione coulombiana che si genera dall’avvicinamento reciproco delle nuvole elettroniche (per entrambi gli ioni cariche negativamente) e dei rispettivi nuclei (per entrambi gli ioni carichi positivamente).

Figura 150

Tale distanza D è una distanza d’equilibrio attrattivo – repulsivo. Se assimiliamo la forma degli ioni (e dei relativi campi) a delle sfere,

diremo che la distanza d’equilibrio attrattivo – repulsivo fra A+ e B– è

la somma dei raggi ionici di A+ e di B–. Cioè: D = rA + rB (dove rA =

raggio ionico dello ione A+ ed rB = raggio ionico dello ione B– – Figura 150).

Se pertanto fra due ioni A+ e B– si instaura un legame (di tipo ionico) essi vengono fra loro a contatto in modo che le sfere che li rappresentano sono fra loro tangenti. Per raggio ionico di uno ione pertanto intenderemo il raggio della superficie sferica su cui si equilibrano le forze attrattivo - repulsive operate dallo ione rispetto ad un altro di segno opposto. Come raggio ionico di riferimento è stato assunto quello dello ione O2– eguale a 140 pm. Mediante l’uso delle tecniche diffrattometriche a raggi X è possibile, risalendo alle strutture cristalline dei minerali, misurare con riferimento all’ossigeno i raggi ionici di tutti gli elementi. Il raggio ionico di un elemento non cambia quando lo ione si lega ad anioni diversi126. Con riferimento al sistema periodico di Mendeleev si osserva che:

- gli elementi appartenenti allo stesso gruppo danno luogo a ioni il cui raggio ionico aumenta al crescere del numero atomico (Li+ < Na+ < K+ < Rb+ < Cs+);

- gli elementi appartenenti allo stesso periodo danno luogo a cationi il cui raggio ionico diminuisce al crescere del numero atomico (Na+ < Mg2+ < Al3+ < Si4+);

124 I cationi approssimano la struttura elettronica del gas nobile che li precede nel sistema periodico di Mendeleev; gli

anioni approssimano la struttura elettronica del gas nobile che li segue nel sistema periodico di Mendeleev. 125 Il campo elettrico generato da uno ione si diffonde uniformemente nello spazio attorno ad esso e pertanto ha forma

sferica. 126 Questa affermazione porta a considerare gli ioni come delle sfere rigide. Ciò non è vero in relazione alle seguenti

considerazioni: 1) il legame ionico puro non esiste; 2) la diversa elettronegatività degli elementi che si legano con legame prevalentemente ionico genera una

deformazione nella geometria dei campi elettrostatici complessivamente generati dalla coppia di ioni che si legano: tale geometria si discosterà dalla geometria delle sfere a contatto tanto più quanto più diminuisce la differenza di elettronegatività degli elementi coinvolti nel legame.

Page 8: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 131

- gli ioni a diversa valenza che fanno riferimento allo stesso elemento (diverso stato di ossidazione) presentano raggi ionici decrescenti al crescere della loro valenza (stato di

ossidazione) – Fe2+ > Fe3+ Le regole di Pauling. L’assunzione teorica della geometria sferica invariante dei campi elettrostatici generati dagli ioni e la constatazione che nella stragrande maggioranza dei minerali il legame chimico intercorrente fra le diverse specie di elementi che lo costituiscono è un legame che può essere assunto quale prevalentemente ionico, sono strumenti estremamente utili per la comprensione delle modalità con cui i diversi costituenti si distribuiscono in modo ordinato, omogeneo, periodico e discontinuo nelle strutture cristalline. In tale assunzione possiamo dire che alle strutture cristalline a legame ionico (prevalentemente ionico) si applicano le regole di Pauling che di seguito riportiamo e commentiamo. Prima regola di Pauling: In una struttura cristallina ionica stabile attorno ad ogni catione si forma un poliedro di coordinazione di anioni. Le distanze catione-anione sono dettate dalla somma dei raggi ionici mentre il numero di coordinazione dipende (è funzione) dal loro rapporto. La prima regola di Pauling sintetizza le relazioni geometriche che tendono a stabilirsi tra cationi e anioni in una struttura stabile, introducendo il concetto di raggio ionico127 e di numero di coordinazione. Dato che del raggio ionico abbiamo già discusso vediamo cosa si intende per numero di coordinazione (N) di uno ione rispetto ad un altro di segno opposto. Se consideriamo un catione inserito in un insieme infinito di anioni fra loro eguali, le forze elettrostatiche generate dal catione faranno si che esso tenderà a farsi circondare dal più alto numero possibile di anioni: potremo avere diverse possibilità:

1. il raggio ionico del catione è molto minore di quello dell’anione: il catione nel circondarsi di anioni non viene a contatto con alcuno di essi (Figura 151a);

2. il raggio ionico del catione è minore di quello dell’anione: il catione nel circondarsi di anioni viene a contatto con ognuno di essi e contemporaneamente gli anioni sono vicendevolmente a contatto (Figura 151b);

3. il raggio ionico del catione è minore di quello dell’anione: il catione nel circondarsi di anioni viene a contatto con ognuno di essi ma contemporaneamente gli anioni non sono vicendevolmente a contatto (Figura 151c)128

a b c

127 Come si potrà facilmente ricavare dalle discussioni che seguiranno, nella prassi corrente si parla di coordinazione dei

cationi con riferito all’anione O2– che è quello più comune nei minerali costituenti le rocce. È chiaro che se l’anione

ha un raggio ionico significativamente diverso rispetto a quello dell’ O2– il suo numero di coordinazione sarà diverso.

Il numero di coordinazione viene di solito indicato fra parentesi quadre: es [6] = numero di coordinazione 6. 128 Non viene presa in considerazione la possibilità che il raggio ionico del catione sia maggiore di quello dell’anione in

quanto non si realizza.

Page 9: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 132

Figura 151c: schematizzazione su due dimensioni delle modalità che presenta un catione di disporsi in seno a degli anioni. Cerchio pieno = catione. Cerchio vuoto = anione.

Con riferimento alla figura 151, che esemplifica una distribuzione planare, se definiamo come numero di coordinazione il numero N di anioni che circonda il catione potremo dire che il catione ha, in tutti i casi esemplificati, numero di coordinazione eguale a 4. Poiché tuttavia la configurazione ottenibile è tanto più stabile quanto più essa approssima la condizione riportata al punto 2 sopra visto (Figura 151b), diremo che per numero di coordinazione di un catione A rispetto ad un anione B intenderemo il numero N di anioni B che circonda il catione in modo che la distanza fra il catione e l’anione sia eguale alla somma dei loro raggi ionici (D1 = 2*(rA + rB) ) e che la distanza fra due anioni contigui coordinanti il catione sia eguale al doppio del raggio ionico dell’anione (D2 = 2*rB). Tale configurazione idealizzata è possibile per un numero limitato e definito di numeri di coordinazione che si realizzano per definiti e determinabili rapporti fra i raggi ionici del catione e dell’anione. I possibili numeri di coordinazione ed i valori dei rapporti fra i raggi ionici del catione e dell’anione che li determinano sono di seguito riportati. N Tipo di coordinazione R = rcatione / ranione Schema della coordinazione

3 Triangolare130 0,155

4 Tetraedrica 0,225

6 Ottaedrica130 0,414

8 Antiprisma129 quadrato 0,645

129 Un antiprisma è un poliedro le cui basi sono due poligoni regolari della stessa grandezza e con n lati, dette basi sono

connesse da 2n triangoli equilateri. Ciascun triangolo connette due vertici di uno dei poligoni regolari con un vertice dell'altro. I due poligoni regolari si collocano nella stessa posizione delle basi di un prisma retto. Nel nostro caso n = 4.

Page 10: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 133

8 Esaedrica (cubica) 130 0,732

12 Cubo-ottaedrica131 1,000

12 Prismatico – esagonale centrato132

1,236

Quelli sopra riportati sono i numeri di coordinazione più comuni che danno luogo, tranne per la coordinazione ad Antiprisma e Prismatico-esagonale, a poliedri di tipo regolare. Esistono tuttavia altri numeri di coordinazione (5, 7, 9, 10, 11) per i quali non si hanno poliedri di coordinazione di tipo regolare: la loro esistenza trova spiegazione nella non rigorosa natura ionica del legame e nella “elasticità” di cui godono tutti i reticoli cristallini.

130 I valori di R possono essere ottenuti da più o meno semplici considerazioni geometriche. Si riportano di seguito

quelle che conducono alla definizione di R per la coordinazione Triangolare, Ottaedrica e Esaedrica.

a

b

c

Figura 152. Nelle trattazioni che seguono Rc = raggio ionico del catione; Ra = raggio ionico dell’anione. a) Coordinazione triangolare: Il catione si trova al centro di un triangolo equilatero che ha i lati eguali a 2Ra. Dal triangolo OBH si ricava BH = OB*cosOBH e sostituendo: Ra = (Rc+Ra)*cos30° da cui Ra = (Rc+Ra)*√3/2; dividendo per Ra si ottiene: 1 = (Rc/Ra+1)*√3/2 da cui: Rc/Ra = (2-√3)/ √3 = 0,155. b) Coordinazione ottaedrica: Il catione si trova al centro di un ottaedro che ha gli spigoli eguali a 2Ra e di cui una qualsiasi sezione equatoriale passante per il centro è un quadrato (ABCD), di lato eguale a 2Ra, al cui centro O è collocato il catione. Dal triangolo OBH si ricava BH = OB*cosOBH e sostituendo: Ra = (Rc+Ra)*cos45° da cui Ra = (Rc+Ra)*√2/2; dividendo per Ra si ottiene: 1 = (Rc/Ra+1)*1/√2 da cui: Rc/Ra =√2 – 1 = 0,414. c) Coordinazione esaedrica: Il catione si trova al centro di un cubo che ha gli spigoli eguali a 2Ra e di cui una qualsiasi sezione equatoriale passante per il centro è un rettangolo (ABCD), il cui lato minore è eguale allo spigolo del cubo (= 2Ra), il lato maggiore è uguale alla diagonale della faccia del cubo (=2Ra*√2) e la cui diagonale è eguale alla diagonale del cubo (= 2Ra*√3). Poiché la diagonale del cubo BD = 2(Rc+Ra) si ha: 2(Rc+Ra) = 2Ra*√3 da cui dividendo per 2Ra si ha Rc/Ra =√3 – 1 = 0,732.

131 Gli anioni si dispongono al centro degli spigoli di un cubo ed il catione al centro del cubo. 132 Il Prisma esagonale che definisce la coordinazione 12 è un prisma equilatero (tutti i suoi spigoli sono eguali a 2Ra.

Page 11: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 134

Figura 153

Se consideriamo adesso un insieme infinito di cationi tutti eguali inserito in un insieme infinito di anioni anche essi tutti eguali, se per tutti i cationi si realizza quanto sopra descritto si ottiene una struttura stabile in cui ogni catione coordina lo stesso numero di anioni (Figura 153). È opportuno ricordare che stante la struttura intima degli ioni ed il significato fisico che abbiamo attribuito alle sfere che li rappresentano, dette sfere non vanno in alcun caso intese come “corpi pieni”: la materia risiede esclusivamente nei nuclei e

negli elettroni. Questa considerazione consente di rappresentare in modo non compatto l’associazione degli ioni che si coordinano fra loro: rappresentando cioè gli ioni come dei punti materiali distanti fra loro di una lunghezza (lunghezza di legame) inversamente proporzionale alla forza colombiana che li lega. Tale modo di rappresentare le strutture le rende più facilmente ispezionabili e comprensibili e pertanto sarà di seguito adottato. Seconda regola di Pauling. In una struttura ionica stabile la forza totale dei legami di valenza che raggiunge un catione da parte di tutti gli anioni coordinati è uguale alla carica del catione; ed analogamente: in una struttura ionica stabile la forza totale dei legami di valenza che raggiunge un anione da parte di tutti gli cationi coordinati è uguale alla carica dell’anione. Con questa regola viene analizzato il bilancio elettrostatico che si realizza in una struttura stabile. Dalla seconda legge di Pauling si desume che ogni catione ripartisce la propria carica elettrostatica (eguale al proprio stato di valenza) fra tutti gli anioni che lo coordinano: se il poliedro di coordinazione è un poliedro regolare tale ripartizione avviene in modo eguale fra tutti gli anioni che lo coordinano. In modo analogo ogni anione ripartirà le proprie cariche fra tutti i cationi che coordina: tale ripartizione avverrà in parti eguali fra i diversi cationi coordinati se essi posseggono lo stesso numero di coordinazione, in parti diverse se presentano numero di coordinazione diverso. Quanto detto viene esemplificato nella Figura 154 in cui viene rappresentata la cella elementare del

salgemma (NaCl) – cfr Fig. 7. Stante le dimensioni dei raggi ionici Na+ assume numero di

coordinazione 6 rispetto a Cl– e parimenti Cl– rispetto a Na+. Nella figura 154 per lo ione Na+ indicato con il numero 1 è indicato il poliedro di coordinazione ottaedrica che gli compete.

Figura 154

Lo ione Na+ ripartirà la sua unica carica ai 6 anioni Cl– che lo circondano in ragione di 1/6 per ciascuno di loro (6*1/6 = 1). In

modo analogo ogni anione Cl– coordinerà 6 cationi Na+ (1, 2, 3, 4, 5, 6 in figura 154) e ripartirà fra essi la sua unica carica in ragione di 1/6 ciascuno (6*1/6 = 1). Ne consegue che ogni vertice di ciascun poliedro di coordinazione è comune a 6 poliedri di coordinazione dello stesso tipo (ad es. il vertice indicato con la lettera A in figura 154 è comune ai due poliedri disegnati relativi ai cationi 1 e 6 ed a quelli, non disegnati, relativi ai cationi 2, 3, 4, 5. Quanto detto ci rende conto della necessaria estensione infinita di una struttura cristallina ideale. Ciò può essere sempre assunto se consideriamo le dimensioni degli ioni in rapporto alle dimensioni di

un cristallo ancorché molto piccolo (se ricordiamo che il raggio ionico di uno ione è dell’ordine del

pm – 1 pm = 10–12m – in uno spazio lineare di 1 µ ( 1 µ = 10–6 m) si susseguono circa 106 ioni). In modo analogo quanto detto ci rende conto del fatto che sulle superfici fisiche che delimitano i minerali risiedono le cariche elettrostatiche non saturate a causa della sua dimensione finita. Alla presenza di queste cariche è legata la maggiore o minore alterabilità dei minerali.

Page 12: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 135

Una ulteriore considerazione da fare attiene al concetto di molecola: in qualsiasi sostanza allo stato solido cristallino la molecola esprime esclusivamente i rapporti stechiometrici che intercorrono fra i diversi elementi che la compongono e conseguentemente ne è esclusiva rappresentazione della composizione. Pertanto in qualsiasi sostanza allo stato solido cristallino alla molecola non corrisponde alcuna entità che abbia realtà fisica – in seno al minerale la molecola non esiste in quanto in seno al reticolo cristallino non esiste alcuna realtà fisica ad essa corrispondente. Terza regola di Pauling. In una struttura ionica stabile la condivisione di spigoli e di facce tra poliedri di coordinazione dello stesso tipo ne diminuisce la stabilità. Questo effetto si accentua per cationi ad alta valenza (carica elettrostatica) e basso numero di coordinazione. Con questa regola vengono analizzate, da un punto di vista qualitativo, le relazioni che, in una struttura stabile, possono realizzarsi fra i diversi poliedri di coordinazione. Possiamo facilmente comprendere che in una struttura cristallina, infinitamente estesa, i poliedri di coordinazione si giustappongono l’un l’altro all’infinito condividendo fra loro alcuni elementi: vertici, spigoli o facce. Così come, definendo il raggio ionico abbiamo parlato di distanze d’equilibrio elettrostatico fra ioni di segno opposto, in modo analogo possiamo porci la domanda di quale sarà il modo di vicendevolmente disporsi dei poliedri in modo che l’intera struttura risulti in equilibrio elettrostatico. È evidente che la massima distanza fra gli elementi omologhi di due poliedri si realizza allorché essi condividono due dei loro vertici: tale distanza diminuisce se essi condividono due dei loro spigoli e diviene minima allorché condividono due delle loro facce.

a b

c

Figura 155. esempio di condivisione di elementi fra poliedri tetraedrici. a) la condivisione di un vertice pone alla massima distanza gli elementi omologhi (cfr. distanza fra i cationi). b) la condivisione di uno spigolo diminuisce la distanza fra elementi omologhi (cfr. distanza fra i cationi). c) la condivisione di una faccia rende minima la distanza fra elementi omologhi (cfr. distanza fra i cationi).

La Figura 155 rende evidente quanto detto con riferimento a poliedri di tipo tetraedrico (numero di coordinazione N = 4). Il progressivo avvicinarsi dei cationi al procedere della condivisione da parte di due poliedri di coordinazione di un vertice, uno spigolo o una faccia fa sì che crescano le forze repulsive fra i suddetti cationi: ciò, a parità di altre condizioni, rende vieppiù instabile la struttura. Quarta regola di Pauling. In una struttura ionica stabile contenente differenti cationi, quelli con alta valenza e basso numero di coordinazione tendono a non condividere fra loro alcun elemento. Quanto espresso è un ovvio corollario della terza regola di Pauling. Riconsiderando infatti la Figura 155 e quanto riportato nella nota 123, possiamo osservare che al crescere della valenza cresce, ovviamente, la carica elettrostatica q dello ione e conseguentemente la forza di repulsione verso uno ione eguale il cui campo interagisce col proprio. Un esempio emblematico di quanto detto viene offerto dai carbonati e dai silicati.

Page 13: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 136

Nei carbonati il catione C4+ coordina 3 anioni O2– (coordinazione triangolare): tali poliedri133 non condividono mai fra loro alcuno dei loro elementi.

Nei silicati il catione Si4+ coordina 4 anioni O2– (coordinazione tetraedrica): tali poliedri tendono a

non condividere alcun loro elemento e in relazione all’eccesso di Si4+ nell’ambiente in cui si formano i silicati la condivisione di elementi fra due tetraedri contigui è limitata esclusivamente ad un vertice (di ciò avremo modo di parlare in seguito a proposito della classificazione strutturale dei silicati. Quinta regola di Pauling. In una struttura ionica stabile contenente differenti cationi il numero di quelli essenzialmente differenti tende a essere piccolo. Questa regola è anche nota come “principio della parsimonia”. Per comprendere la portata della quinta regola di Pauling occorre acquisire correttamente il concetto di “ioni essenzialmente differenti”: due ioni si dicono essenzialmente differenti quando essi occupano posizioni strutturali non equivalenti cioè quando o hanno numero di coordinazione diverso oppure quando, a parità di numero di coordinazione, hanno poliedri di coordinazione diversi. La quinta regola di Pauling pertanto ci dice che se si considera la struttura cristallina di un qualsiasi minerale in essa, in relazione al modo di disporsi degli anioni in presenza dei cationi, si determinano una serie di “siti strutturali cationici a diverso numero di coordinazione”: il numero complessivo di detti siti è infinito, il numero dei loro tipi è limitato a poche unità. Un esempio valga per tutti: se prendiamo in considerazione la Muscovite, di cui si è già detto, essa ha la seguente

composizione KAl2(OH)2[AlSi3O10]134. La disposizione degli anioni O2

– e (OH)– in presenza dei

cationi K+ , Al3+ , Si4+, individua esclusivamente i seguenti 3 tipi di siti strutturali: - sito W a coordinazione [12] (coordinazione prismatico-esagonale centrata), - sito Y a coordinazione [6] (coordinazione ottaedrica), - sito Z a coordinazione [4] (coordinazione tetraedrica).

133 Per la coordinazione triangolare il termine “poliedro” è usato impropriamente dal momento che il “triangolo” è una

figura piana e non un solido. 134 Vedremo in seguito il significato dell’uso delle parentesi quadre nelle formule dei minerali.

Page 14: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 137

Isomorfismo Quanto detto a proposito

- del legame prevalentemente ionico caratterizzante la stragrande maggioranza dei minerali, - dei raggi ionici, - del numero e dei poliedri di coordinazione, - delle regole di Pauling,

ci consente di visualizzare le strutture dei minerali come un impacchettamento di sfere anioniche che determinano nei loro interstizi, più o meno ampi, dei “siti strutturali cationici a diverso numero di coordinazione”. Entro tali siti troveranno collocazione “ioni non essenzialmente differenti” cioè capaci di allocarsi in essi mantenendo stabile la struttura cristallina. In una tale visione la struttura cristallina sarà stabile:

a) se le cariche anioniche vengono completamente saturate dalle cariche cationiche in accordo con quanto sancito dalla seconda regola di Pauling;

b) se i cationi che occupano i diversi siti strutturali obbediscono alla prima regola di Pauling, c) se le tipologie di cationi che occupano i diversi siti strutturali hanno carica e numero di

coordinazione coerenti con quanto sancito dalla terza e quarta regola di Pauling. Le condizioni a), b) e c) devono essere soddisfatte contemporaneamente. Quanto sopra introduce i fondamenti del concetto basilare della cristallochimica dei minerali: “la vicarianza fra gli ioni” Due o più cationi135 si dicono fra loro vicarianti quando hanno lo stesso numero di coordinazione [N] e raggio ionico “simile” 136. Allorché due o più ioni sono fra loro vicarianti possono dar luogo al fenomeno della vicarianza. La vicarianza è quel fenomeno per cui, due o più ioni, fra loro vicarianti, si possono sostituire l’un l’altro in seno ad una struttura cristallina, senza che questa subisca modificazioni che ne compromettano la stabilità. La vicarianza fra due ioni in un determinato sito strutturale, a parità di tolleranza dei loro raggi ionici, è tanto più facile quanto più sono prossime fra loro le rispettive valenze (cariche elettrostatiche).

Nella tabella 3, con riferimento all’anione O2–, che rappresenta l’anione presente nella stragrande

maggioranza dei minerali costituenti le rocce, vengono elencati, per i numeri di coordinazione più comuni, i cationi che più frequentemente possono vicariarsi nei rispettivi siti strutturali cationici; per detti cationi viene anche indicato il relativo raggio ionico137. Considerato quanto sinora discusso possiamo dire che una struttura cristallina (data da una distribuzione omogenea periodica e discontinua di anioni che, in relazione alla tipologia della distribuzione, individua dei siti strutturali cationici, pur essi distribuiti in modo omogeneo periodico e discontinuo) sarà stabile indipendentemente dalle specie cationiche che si collocano nei siti

135 La vicarianza fra gli ioni benché si manifesti in larghissima misura fra i cationi, ha luogo anche fra gli anioni ad

esempio fra: O2–

, (OH)–, Cl

–, F

–; tale vicarianza si esplica se i due anioni hanno raggio ionico molto simile e carica

eguale o diversa per non più di una unità. 136 I raggi ionici di ioni fra loro vicarianti sono “simili” se essi non eccedono, di norma, il 15 – 20% del valore del

raggio ionico dello ione tipo compatibile per quella coordinazione (Rc = Rt ± (0,15 – 0,20)*Rt). Il raggio ionico dello ione tipo compatibile per una data coordinazione si ottiene moltiplicando il raggio ionico dell’anione per il rapporto dei raggi ionici che caratterizza quella coordinazione: ad esempio per la coordinazione ottaedrica – [6] –

rispetto all’anione O2–

il raggio ionico dello ione tipo è: Rt = RO2– * 0,414 = 1.40 * 0,414 = 0.580 (il valore di 0.414

caratterizza il rapporto dei raggi ionici fra catione ed anione per la coordinazione ottaedrica – cfr pag. 132). 137 Raggi ionici da Ahrens (1952)

Page 15: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 138

cationici, purché detti cationi siano, per ciascun sito, fra loro vicarianti e venga rispettato l’equilibrio elettrostatico della struttura (seconda regola di Pauling). Possiamo ancora dire che la struttura cristallina di qualsivoglia sostanza allo stato solido può essere descritta da una formula (formula strutturale) che, con riferimento all’anione (o agli anioni) che la determina, mette in evidenza la natura dei siti strutturali in essa presenti, ed i loro rapporti. Se, analogamente a quanto sopra detto per la Muscovite ( KAl2(OH)2[AlSi3O10] ), consideriamo la forsterite (Mg2[SiO4]) potremo osservare che la sua struttura cristallina, determinata dalla

distribuzione degli anioni O2–, prevede l’esistenza di siti cationici ottaedrici (siti Y a numero di

coordinazione [6] ) e tetraedrici (siti Z a numero di coordinazione [4] ) con rapporto reciproco del tipo Y : Z = 2 : 1. La sua formula strutturale può essere così scritta: Y2ZO4. Tale ragionamento può essere svolto per qualsivoglia minerale e in generale per qualsivoglia sostanza allo stato solido cristallino caratterizzata da legami prevalentemente ionici.

Tabella 3 [N] Coordinazione Raggio ionico del catione tipo Catione Raggio ionico [3] Triangolare 1.400*0,155 = 0,217 C4+ 0,16

Si4+ 0,42

P5+ 0,35

P3+ 0,44 [4] Tetraedrica 1.400*0,225 = 0,315

Al3+ 0,51

Al3+ 0,51

Fe2+ 0,74

Fe3+ 0,64

Mg2+ 0,66

Ti4+ 0,68

[6] Ottaedrica 1.400*0,414 = 0,580

Mn2+ 0,80

Mn2+ 0,80

Na+ 0,97 [8] Antiprisma

Esaedrica

1.400*0,645 = 0,90

1.400*0,732 = 1,025 Ca2+ 0,99

K+ 1,33

Ba2+ 1,34

Rb+ 1,48

K+ 1,33 [12]

Cubo-ottaedrica

Prismatico-esagonale

1.400*1.000 = 1,400

1.400*1,236= 1,734

Cs+ 1,69

Quanto detto è il presupposto di base per comprendere i fondamenti della miscibilità allo stato solido, dell’esistenza delle miscele isomorfe e pertanto l’isomorfismo. Per ben comprendere i concetti di miscibilità allo stato solido e di miscela isomorfa è utile richiamare il concetto di miscela. Diciamo che due o più sostanze (composti o elementi) danno luogo ad una “miscela” quanto ciascuna di esse è intimamente connessa all’altra in modo tale che non è immaginabile di potere

Page 16: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 139

individuare delle superfici fisiche idonee a separarle; viceversa se tali superfici esistono diremo che siamo in presenza di un miscuglio. I seguenti esempi sono utili a chiarire il concetto: acqua ed alcool sono due sostanze (liquidi) che se intimamente connesse danno luogo ad una terza sostanza (liquida) a composizione intermedia138 fra le due e tale che in nessuna sua parte è più possibile distinguere fisicamente l’acqua dall’alcool: siamo in presenza di una miscela fra liquidi. Ossigeno ed azoto sono due sostanze (gassose) che se intimamente connesse danno luogo ad una terza sostanza (gassosa) tale che in nessuna sua parte è più possibile fisicamente distinguere139 l’ossigeno dall’azoto: siamo in presenza di una miscela fra sostanze gassose. Olio ed acqua sono due sostanze che ancorché intimamente connesse danno luogo ad un sistema costituito da goccioline di acqua mescolate a goccioline di olio (emulsione): in tale sistema l’olio è sempre distinguibile e separabile attraverso superfici fisiche (le superfici delle goccioline) dall’acqua: siamo in presenza di un miscuglio fra liquidi. Sono elementi notevoli per una miscela il suo stato d’aggregazione ed i suoi componenti. Le miscele comuni con cui quotidianamente ci confrontiamo sono allo stato liquido o allo stato gassoso e coinvolgono vicendevolmente componenti che in condizioni ambientali si trovano sia allo stato liquido che allo stato gassoso. Come stiamo per vedere esistono in natura anche miscele allo stato solido. Riprendendo adesso quanto già affermato in merito alla stabilità delle struttura cristalline indipendentemente dalle specie cationiche che si collocano nei loro siti cationici, possiamo osservare che data una struttura cristallina, che prevede l’esistenza di determinati siti cationici, nel rispetto delle regole di Pauling, potranno esistere allo stato cristallino tutte quelle sostanze in cui i siti cationici sono occupati da specifici cationi compatibili con quel sito. Se riconsideriamo a questo punto la forsterite (Mg2[SiO4]) e la sua formula strutturale Y2ZO4 (dove Z rappresenta un sito cationico a numero di coordinazione [4] e Y un sito cationico a numero di

coordinazione [6]), visto che il catione Fe2+ presenta anch’esso coordinazione ottaedrica (numero di coordinazione [6] – cfr. Tabella 3), potremo pensare che, allo stato solido cristallino, possa esistere anche un termine la cui composizione sia Fe2[SiO4] e che tale termine presenti la medesima

struttura della forsterite salvo che nei siti ottaedrici invece del catione Mg2+ è presente il catione

Fe2+ (tale termine esiste ed è la fayalite). Se proseguiamo in questo ragionamento possiamo ancora pensare che possano esistere allo stato cristallino anche altre sostanze, la cui formula strutturale sia ancora Y2ZO4, in cui la posizione

strutturale Y (a coordinazione ottaedrica) risulti occupata in parte dal catione Mg2+ e per la restante

parte140 dal catione Fe2+ (ad esempio per il 90% dal catione Mg2+ e per il restante 10% dal catione

Fe2+ )141. Se guardiamo con attenzione alle conseguenze di quanto appena detto possiamo rilevare che una siffatta sostanza allo stato solido cristallino è caratterizzata da:

- una distribuzione ordinata e costante degli anioni,

- una distribuzione ordinata e costante dei cationi Si4+ nei siti cationici Z (posizioni tetraedriche a numero di coordinazione [4]),

138 La composizione della miscela è funzione delle rispettive quantità dei componenti miscelati. 139 Considerata la natura gassosa dei componenti la miscela quest’ultima sarà data da una distribuzione statisticamente

omogenea dei suoi componenti. 140 Lo studente noti che una tale sostanza può esistere allo stato cristallino in quanto rispetta le regole di Pauling. 141 Tali sostanze esistono in natura e danno luogo ai minerali noti sotto la denominazione generica di Olivine.

Page 17: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 140

- una distribuzione ordinata, costante e statisticamente omogenea dei cationi Mg2+ e Fe2+ nei siti cationici Y (posizioni ottaedriche a numero di coordinazione [6]).

In una siffatta situazione, nel solido cristallino ottenuto non esiste alcuna porzione in cui sia possibile isolare, mediante superfici fisiche, parti a specifica composizione forsteritica o fayalitica142. Tale distribuzione della materia è identica a quella che si realizza nelle miscele allo stato liquido o allo stato gassoso fra due componenti fra loro miscibili. In considerazione di quanto detto potremo affermare che il comportamento delle due sostanze allo stato solido (nell’esempio trattato Forsterite – Mg2[SiO4] – e – Fayalite Fe2[SiO4] –) ricalca quello di sostanze allo stato liquido (acqua ed alcool) o allo stato gassoso (ossigeno ed azoto) che, completamente miscibili fra loro, danno luogo a miscele di liquidi o a miscele di gas. Concludiamo quindi che le due sostanze (Forsterite – Mg2[SiO4] – e Fayalite – Fe2[SiO4] – nell’esempio trattato) sono miscibili allo stato solido e, come tali, rappresentano due componenti143 che possono dare luogo ad un numero infinito di sostanze che, allo stato solido, presentano composizioni intermedie fra quelle proprie dei componenti che le generano. Tali miscele sono dette soluzioni solide o miscele isomorfe144. La formula generica di una miscela isomorfa viene scritta indicando, per ciascun sito cationico strutturale, fra parentesi tonda e separati da una virgola gli elementi che con la loro vicarianza determinano l’esistenza della miscela stessa : es. (Mg, Fe)2[SiO4]. Definizione: due o più sostanze possono, allo stato solido, dar luogo a miscele isomorfe145 quando esse presentano contemporaneamente le seguenti caratteristiche:

- analogia di struttura cristallina – descrivibile dalla stessa formula strutturale; - cationi fra loro vicarianti nei siti cationici eguali;

Se, a seguito del contemporaneo verificarsi delle sopra viste condizioni, le due o più sostanze danno realmente luogo a miscele allo stato solido, diremo che esse sono fra loro miscibili allo stato solido e potranno produrre miscele isomorfe (cristalli misti). Definizione: l’isomorfismo è quel fenomeno per cui due o più sostanze, caratterizzate, allo stato solido da analogia di struttura cristallina e, dal punto di vista compositivo, dalla presenza di ioni fra loro vicarianti146, possono dar luogo a miscele allo stato solido (miscele isomorfe – cristalli misti). L’isomorfismo (miscibilità allo stato solido) fra due o più sostanze può realizzarsi sia in tutti i possibili rapporti reciproci fra i componenti che in rapporti reciproci limitati: nel primo caso parleremo di miscibilità totale (o in tutti i rapporti) nel secondo caso di miscibilità parziale ( o

142 Ciò è dovuto alla distribuzione statisticamente omogenea dei cationi Mg2+ e Fe2+ nei siti cationici Y. 143 I componenti che danno luogo alle miscele isomorfe vengono chiamati termini estremi delle miscele o componenti

puri. 144 Lo studente non faccia confusione fra miscele isomorfe e sali doppi. Nelle miscele isomorfe due (o più) ioni diversi

e fra loro vicarianti occupano in modo statisticamente omogeneo posizioni strutturali eguali (es.: (Mg, Fe)2[SiO4]);

nei sali doppi due ioni diversi e fra loro non vicarianti occupano in modo fisicamente omogeneo posizioni strutturali non equivalenti (es.: CaMg[CO3] 2 .

145 Le espressioni Miscele isomorfe, Soluzioni solide, Cristalli misti sono fra loro equivalenti in quanto descrittive del medesimo fenomeno.

146 Gli elementi che danno luogo a ioni fra loro vicarianti vengono anche detti “elementi isomorfogeni”.

Page 18: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 141

limitata – in rapporti limitati)147. In quest’ultimo caso diremo che la miscibilità fra i componenti le diverse miscele isomorfe presenta una lacuna detta “lacuna di miscibilità”. Tutte le miscele isomorfe fra due o più componenti hanno composizione compresa fra quelle relative ai propri componenti: tale composizione può essere espressa dalle percentuali con cui ciascun componente concorre alla miscela. Ad esempio se la sostanza M è data dalla miscela dei componenti A, B e C che concorrono ad essa A per il 20%, B per il 50% e C per il 30%, potremo esprimere quanto detto mediante la scrittura M = A0,2B0,5C0,3. (Si noti che la somma delle percentuali con cui ciascun componente concorre alla composizione della miscela deve essere eguale a 100). Se è nota la composizione di una miscela isomorfa espressa in termine dei propri componenti essa può essere anche espressa mediante una formula che metta in evidenza i rapporti reciproci (le percentuali) con cui ciascun catione vicariante concorre al riempimento dei corrispondenti siti cationici: es. (Mg0,8, Fe0,2)2[SiO4] indicherà la composizione di una olivina in cui la componente forsteritica è presente per l’80% mentre quella fayalitica lo è per il restante 20% – lo studente noti che 0,2 + 0,8 = 1)148. A ciascuna delle infinite miscele isomorfe ottenibili fra due o più componenti, corrispondono proprietà fisiche intermedie fra quelle caratterizzanti i termini estremi che generano la miscela. La variazione di tali proprietà è di tipo continuo. Fra queste proprietà fisiche, il comportamento alla cristallizzazione (o alla fusione), mostrato dalle miscele isomorfe, assume particolare importanza, anche per le implicazioni di tipo petrologico ad esso connesse. La miscibilità allo stato solido è un fenomeno ampiamente diffuso nel mondo dei minerali – potremmo dire che raramente si incontrano minerali che non siano il prodotto della miscibilità fra due o più componenti fra loro isomorfi e che pertanto non siano delle miscele isomorfe. I tipi di isomorfismo. Acquisito il concetto di isomorfismo, possiamo rilevare che la vicarianza, indispensabile perché il fenomeno abbia luogo, può avvenire coinvolgendo diverse tipologie di ioni (ioni a valenza diversa) e diverse tipologie di siti strutturali (posizioni cationiche a diverso numero di coordinazione). In relazione a ciò vengono distinti quattro specie di isomorfismo. Isomorfismo di 1a specie. Diremo che siamo in presenza di isomorfismo di 1a specie quando esso si realizza con la miscibilità fra componenti che presentano vicarianza di cationi con eguale valenza nel medesimo sito strutturale. Il caso delle Olivine già visto in precedenza è un esempio emblematico. Nelle Olivine infatti abbiamo: Componenti Formula strutturale149 Composizione Ioni vicarianti Siti strutturali di vicarianza

Forsterite Y2ZO4 Mg2[SiO4] Mg2+ Y

147 Lo studente faccia caso al fatto che sia nel caso che la miscibilità fra due o più componenti sia totale o che essa sia

parziale il numero delle possibili miscele è infinito. 148 Se non diversamente specificato, i pedici sotto l’indicazione dei cationi vicarianti, fanno normalmente riferimento

alle frazioni molari del corrispondente termine puro (componente). 149 Viene di seguito adottato il seguente simbolismo:

- Z = sito cationico a numero di coordinazione 4 (coordinazione tetraedrica); - Y = sito cationico a numero di coordinazione 6 (coordinazione ottaedrica); - X = sito cationico a numero di coordinazione 8 (esaedrica o ad antiprisma quadrato); - W = sito cationico a numero di coordinazione 12 (cubo-ottaedrica o prismatico esagonale);

Page 19: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 142

Fayalite Y2ZO4 Fe2[SiO4] Fe2+ Y

Si noti come, ovviamente, la vicarianza Mg2+ ↔ Fe2+ assicuri la neutralità elettrostatica della miscela isomorfa. La composizione di una generica Olivina sarà: (Mg, Fe)2[SiO4]. Isomorfismo di 2a specie. Diremo che siamo in presenza di isomorfismo di 2a specie quando esso si realizza con la miscibilità fra componenti che presentano vicarianza di cationi con differente valenza nel medesimo sito strutturale; tale vicarianza impone, per garantire la neutralità elettrostatica della miscela una ulteriore vicarianza dello stesso tipo in un differente sito strutturale. Un esempio di isomorfismo di 2a specie ci viene offerto dai Plagioclasi (miscele isomorfe fra i componenti Albite ed Anortite). Nei Plagioclasi infatti abbiamo: Componenti Formula strutturale Composizione Ioni vicarianti Siti strutturali di vicarianza

Albite W[Z4O8] Na[AlSi3O8] Na+ , Si4+ W e Z

Anortite W[Z4O8] Ca[Al2Si2O8] Ca2+ , Al3+ W e Z

Si noti che Na+ e Ca2+ sono fra loro vicarianti in quanto hanno raggio ionico molto simile (cfr. Tabella 3) e parimenti che se tale vicarianza avvenisse in modo esclusivo la struttura della miscela

non sarebbe elettrostaticamente neutra (per ogni frazione di Na+ vicariata da Ca2+ si ha una eguale

frazione di carica positiva non saturata; viceversa per ogni frazione di Ca2+ vicariata da Na+ si ha una eguale frazione di carica negativa non saturata). Ciò impone che per garantire la neutralità elettrostatica della struttura si abbia, in altro sito, una vicarianza che, coinvolgendo ancora una volta cationi a diversa valenza (carica), riesca a neutralizzare elettrostaticamente la struttura.

Possiamo notare che nei siti strutturali Z nell’albite trovano allocazione ioni Al3+ e Si4+ in rapporto

1 : 3, mentre nell’anortite nei siti strutturali Z trovano allocazione ioni Al3+ e Si4+ in rapporto 2 : 2. Per bilanciare il disequilibrio elettrostatico che si realizza con la vicarianza

Na+ ↔ Ca2+ nel sito strutturale W, occorre che in uno dei siti strutturali Z si realizzi la vicarianza

Si4+ ↔ Al3+. In altre parole il processo di vicarianza coinvolgerà contemporaneamente due distinti

siti strutturali (W e Z) e due coppie di ioni (Na+ e Si4+ da una parte e Ca2+ e Al3+ dall’altra). Si noti

come la doppia vicarianza (Na+ e Si4+) ↔ (Ca2+ e Al3+), che avviene per eguali frazioni, garantisca la neutralità elettrostatica della struttura. La composizione di un generico Plagioclasio sarà: (Nax, Ca1-x)[Al(Six, Al1-x)Si2O8]. Isomorfismo di 3a specie. Diremo che siamo in presenza di isomorfismo di 3a specie quando esso si realizza con la miscibilità fra componenti che presentano vicarianza di cationi con differente valenza nel medesimo sito strutturale e, per garantire la neutralità elettrostatica della miscela, si realizza una parallela vicarianza anionica fra anioni a valenza diversa. Un esempio di isomorfismo di 3a specie ci viene offerto dalle miscele isomorfe fra orneblende e orneblende ossidate (ossi-orneblende). Semplificando la composizione di tali minerali si ha:

Componenti Formula strutturale Composizione150 Ioni

vicarianti Siti

strutturali di 150 Il simbolo □ indica che la corrispondente posizione strutturale (in questo caso la posizione W) è vuota.

Page 20: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 143

vicarianza

orneblende WX2Y5(OH)2 [Z8O22] □Ca2(Mg, Fe2+)5(OH)2

[Si8O22] Fe2+ Y e (OH)

Ossi-orneblenda

WX2Y5 (OH)2 [Z8O22] □Ca2(Mg, Fe2+)4 Fe3+(OH)O

[Si8O22] Fe3+ Y e O2–

Si noti che il processo di ossidazione del Ferro trasforma lo ione Fe2+ in Fe3+mediante la “perdita” di un elettrone nel suo orbitale di valenza: tale processo provoca un disequilibrio elettrostatico nel reticolo cristallino che difetta di una carica negativa. Di converso la “perdita” di un protone

trasforma (OH)– in O2–

, generando un disequilibrio elettrostatico nel reticolo cristallino che denuncia l’eccesso di una carica negativa. La coniugazione bilanciata dei due fenomeni (ossidazione del ferro e riduzione dell’(OH) ) mantiene neutro il reticolo cristallino. In quest’ottica i processi di ossidazione più o meno estesi osservabili nelle orneblende, ed in generale nei minerali ossidrilati, possono essere visti quali il risultato della miscibilità fra termini estremi non ossidati o

massimamente ossidati151. Si noti come la doppia vicarianza (Fe2+ e (OH)– ) ↔ (Fe3+ e O2–

), che avviene per eguali frazioni, garantisca la neutralità elettrostatica della struttura. La composizione di una generica orneblenda ossidata sarà:

□Ca2 (Mg, Fe2+)5-x Fe3+x (OH)2-x[Si8O22+x] con 0 ≤ x ≤ 2

Isomorfismo di 4a specie. Diremo che siamo in presenza di isomorfismo di 4a specie quando esso si realizza con la miscibilità fra componenti che presentano vicarianza di cationi con differente valenza nel medesimo sito strutturale e, per garantire la neutralità elettrostatica della miscela, prevedono il parallelo riempimento (svuotamento) di altre posizioni strutturali (per questo motivo l’isomorfismo di 4° specie viene anche detto “interstiziale”). Le orneblende ci offrono ancora esempi di tale tipo di isomorfismo e semplificandone ancora la composizione si ha:

Componenti Formula strutturale Composizione152 Ioni

vicarianti Siti di

vicarianza

orneblende WX2Y5(OH)2 [Z8O22] □Ca2(Mg, Fe2+)5(OH)2[Si8O22] Ca2+ □ Y e W

Na-orneblenda

WX2Y5 (OH)2 [Z8O22] NaNaCa(Mg, Fe2+)5(OH)2

[Si8O22] Na+ Na+ Y e W

Si noti come nell’orneblenda i due siti strutturali X siano occupati entrambi da Ca2+, mentre il sito

strutturale W è vuoto; nella Na–orneblenda invece i due siti strutturali X sono occupati da Ca2+ e da

Na+, e anche il sito strutturale W è occupato da Na+. Le vicarianze che si realizzano possono essere

pertanto schematizzate nel modo seguente: Na+ Na+ ↔ □ Ca2+. Si noti come la doppia vicarianza

(Na+ e Na+) ↔ (□ e Ca2+), che avviene per eguali frazioni, garantisca la neutralità elettrostatica della struttura. La composizione di una generica miscela fra i suddetti termini sarà: 151 Si noti che il massimo grado di ossidazione possibile comporta la totale trasformazioni in O degli (OH): nel caso

delle orneblende non potranno ossidarsi più di due ioni Fe2+ per unità di formula. Processi di ossidazione più spinta provocano l’instabilità del reticolo cristallino ed il suo collasso con formazione di prodotti di trasformazione.

152 Il simbolo □ indica che la corrispondente posizione strutturale (in questo caso la posizione W) è vuota.

Page 21: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 144

NaxNaxCa2-x(Mg, Fe2+)5(OH)2[Si8O22] Quanto detto sinora ci fa rendere conto di come il giuoco delle vicarianze può rendere anche notevolmente complessa la composizione di un minerale, ma ci fa parimenti rendere conto del fatto che se conosciamo la natura dei siti strutturali presenti nella sua struttura cristallina e l’insieme degli ioni che in detti siti possono vicariarsi (elementi isomorfogeni), potremo sempre prevedere tutte le possibili composizioni che una data specie minerale può assumere. Caratteristiche generali della cristallizzazione delle miscele isomorfe. Per iniziare a trattare delle caratteristiche generali della cristallizzazione delle miscele isomorfe ritengo utile richiamare alcuni concetti basilari. Il processo di cristallizzazione di una sostanza è una trasformazione fisica153 che coinvolge il cambiamento di stato (stato d’aggregazione della materia) della sostanza che passa dallo stato liquido allo stato solido. Il cambiamento inverso è detto processo di fusione. Come ogni cambiamento di stato esso è governato dalle leggi che regolano gli equilibri nei sistemi eterogenei. Si definisce sistema un certo insieme di materia di cui vogliamo esaminare il comportamento fisico, chimico o chimico–fisico. Il resto della materia circostante và sotto la denominazione di ambiente. Viene definita fase una porzione di materia, delimitabile da superfici definibili, che possiede in ogni punto le medesime caratteristiche. Un sistema in cui sia presente una sola fase costituisce un sistema omogeneo. Un sistema in cui siano presenti più fasi omogenee costituisce un sistema eterogeneo. Un sistema, omogeneo o eterogeneo, può essere costituito da una sola sostanza o da più sostanze e i parametri principali che lo definiscono sono: temperatura, pressione, volume e concentrazione. Sono esempi di sistemi omogenei:

a) l’acqua che riempie completamente un recipiente: un solo componente, una sola fase (liquida); b) cristalli di quarzo (SiO2): un solo componente (SiO2), una sola fase solida (il quarzo). c) Miscela di acqua e alcool che riempie completamente un recipiente: due componenti (acqua e

alcool), una sola fase (liquida). d) Aria in un palloncino: molti componenti (azoto, ossigeno, biossido di carbonio, vapore d’acqua,

ecc.), una sola fase (gassosa). Sono esempi di sistemi eterogenei

a) Acqua in un recipiente chiuso non completamente riempito e privo di aria: un solo componente (acqua) e due fasi (liquida + vapore acqueo sovrastante).

b) Soluzione acquosa satura di zucchero (con cristalli di zucchero sul fondo), in un recipiente chiuso non completamente riempito e privo di aria: due componenti (acqua + zucchero) e tre fasi (solida – zucchero + liquida – acqua + gassosa – vapore d’acqua).

c) Una roccia (ad es. un granito): n componenti (quarzo, biotite, feldspato potassico, plagioclasio, n minerali accessori ) e n fasi (solide – quarzo, biotite, feldspato potassico, plagioclasio, n minerali accessori).

L’equilibrio nei sistemi eterogenei – la regola delle fasi.

153 Sono trasformazioni fisiche quelle che un materiale subisce senza che venga alterata la sua natura chimica. Ne è

esempio il cambiamento di stato. Dopo una trasformazione fisica si può ripristinare la situazione di partenza sempre con una trasformazione fisica (reversibilità delle trasformazioni fisiche). Per esempio, da un liquido trasformato in solido si può per riscaldamento di quest'ultimo riottenere il liquido di partenza.

Page 22: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 145

L’equilibrio nei sistemi eterogenei è regolato dalla cosiddetta “ regola delle fasi” (o regola della varianza154 di Gibbs). Considerato che lo stato di equilibrio di un sistema eterogeneo è definito da un numero limitato di parametri (variabili intensive – temperatura, pressione, concentrazione dei componenti) la regola delle fasi viene così enunciata: “In un sistema eterogeneo in equilibrio la sua varianza (gradi di libertà) è eguale al numero di componenti indipendenti del sistema, meno il numero di fasi presenti nel sistema più 2:

(v = C – F + 2). Nel contesto della regola di Gibbs, ricordato che il concetto di fase è già stato richiamato, precisiamo che per componenti indipendenti del sistema si intendono tutte le sostanze necessarie e sufficienti per definire la composizione di tutte le fasi del sistema oggetto di studio e che il numero “2” fa riferimento alle variabili temperatura e pressione che governano l’equilibrio155. Quando v = 2 il sistema è bivariante; quando v = 1 è monovariante e quando v = 0 è invariante. In un sistema bivariante la temperatura e la pressione possono variare in modo fra loro indipendente entro intervalli sufficientemente ampi e l’equilibrio non viene alterato. In un sistema monovariante solo una delle due variabili temperatura e pressione può essere variata in modo indipendente entro intervalli sufficientemente ampi; perché l’equilibrio non venga alterato l’altra variabile deve variare in modo dipendente della prima (T = f(P) oppure P = f(T) ). In un sistema invariante nessuna delle due variabili temperatura e pressione può essere variata senza che l’equilibrio venga alterato. Diagrammi di stato. I diagrammi di stato sono la rappresentazione grafica, generalmente su un piano, delle modificazioni che possono avvenire in un sistema al variare dei parametri intensivi che lo governano. Le due dimensioni cui ci obbliga la rappresentazione piana, fa sì che esse, nei sistemi in cui la composizione delle fasi non cambia al cambiare dei loro equilibri (sistemi a un solo componente), si assumono come rappresentative delle variabili temperatura e pressione. Negli altri casi, se i sistemi vengono considerati isobari (a pressione costante) le due dimensioni variabili del sistema sono la temperatura e la composizione; se viceversa si studiano sistemi isotermi (a temperatura costante) esse sono pressione e composizione. In un diagramma di stato sono individuate:

- delle curve i cui punti con le loro coordinate (T,P – T,c – P,c) rappresentano le condizioni di equilibrio monovariante,

- dei campi, delimitati dalle curve monovarianti, i cui punti con le loro coordinate (T,P – T,c – P,c) rappresentano le condizioni di equilibrio bivariante,

- i punti d’intersezione fra le curve monovarianti che con le loro coordinate (T,P – T,c – P,c) rappresentano le condizioni di equilibrio invariante.

Rappresentazione della composizione di un sistema a più componenti. Sistemi a due componenti. Poiché la composizione di un sistema a due componenti è determinata quando è nota la percentuale x rispetto al totale di uno di essi (la percentuale dell’altro è eguale a 100 – x) la rappresentazione grafica della composizione di un qualsiasi sistema binario (a due componenti) viene fatta

154 Per varianza (gradi di libertà) di un sistema eterogeneo in equilibrio si intende il numero di variabili intensive che

possono essere variate, in modo fra loro indipendente e in intervalli sufficientemente ampi, mantenendo il sistema in equilibrio.

155 Se l’equilibrio viene studiato a pressione costante – isobaro (o a temperatura costante – isotermo) la regola delle fasi diviene: v = C – F + 1: ciò in quanto solo una delle due variabili temperatura o pressione può assumere valori variabili (l’altra assume valore costante).

Page 23: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 146

utilizzando la proprietà di un qualsiasi punto interno ad un segmento di dividere il segmento stesso in due parti la cui somma è il segmento iniziale. Con riferimento alla figura 156, se rappresentiamo la composizione di un sistema con un punto C interno ad un segmento AB i cui estremi rappresentino i componenti del sistema, potremo rilevare che detto punto C determina su AB due segmenti tali che: AC + CB = AB. Dividendo ambi i membri per AB si ha: AC/AB + CB/AB = 1 e quindi moltiplicando per 100 si ha AC/AB*100 + CB/AB*100 = 100.

Figura 156

Ciò ci consente di dire che qualsiasi sistema binario la cui composizione è data da x% del componente A (ed ovviamente 100 – x del componente B) è rappresentabile da un punto C

interno ad un segmento AB i cui estremi, A e B, rappresentano i componenti del sistema (legge della bilancia). Il punto C è tale che la percentuale x del componente B nel sistema C è data da x = AC/AB*100 (per converso la percentuale (100 – x) del componente A in C sarà : (100 – x) = CB/AB*100. Sistemi a tre componenti. La rappresentazione grafica della composizione di un qualsiasi sistema ternario (a tre componenti) viene fatta utilizzando una proprietà di cui gode un qualsiasi punto interno ad un triangolo equilatero e precisamente che la somma delle sue distanze dai lati è eguale all’altezza del triangolo stesso.

Figura 157

Con riferimento alla figura 157, in altre parole se sono a, b e c le distanze del punto X, interno al triangolo ABC, ai suoi lati, rispettivamente BC, AC e AB, sarà : a + b + c = h. Si può infatti osservare che la superficie S del triangolo ABC è eguale alla somma delle superfici S1, S2 e S3 dei tre triangoli AXB, BXC e CXA: cioè S = S1 + S2 + S3. Sostituendo ad S, S1, S2, S3 i propri valori si ha: AB*h/2 = AB* c/2 + BC*a/2 + CA*b/2 cioè: AB*h/2 = AB*(a+ b + c)/2 da cui h = a+ b + c.

In considerazione di ciò e considerato quanto già detto per la rappresentazione delle composizioni dei sistemi binari, potremo dire che un sistema ternario può essere graficamente rappresentato da tutti i punti che appartengono ad un triangolo equilatero:

- i vertici del triangolo rappresentano ciascuno uno dei tre componenti A, B e C del sistema; - i punti giacenti sui lati del triangolo rappresentano miscele (binarie) in cui un componente è

assente ( la sua percentuale è nulla) – ad es. un punto sul lato AB rappresenta una miscela in cui il componente C è assente;

- un punto X interno al triangolo rappresenta la composizione di un sistema ternario in cui è: % A nel sistema = 100*a/h, % B nel sistema = 100*b/h, % C nel sistema = 100*c/h.

Diagrammi di stato descrittivi della cristallizzazione di miscele isomorfe. Tutto quanto sopra richiamato, esaminiamo adesso quanto avviene in un processo di cambiamento di stato (liquido → solido) di un sistema binario (a due componenti) i cui componenti siano completamente miscibili allo stato liquido (è possibile una sola fase liquida con la composizione del sistema) e completamente miscibili allo stato solido (è possibile una sola fase solida data da una miscela isomorfa la cui composizione è eguale a quella del sistema). Se immaginiamo di procedere in una esperienza a pressione costante il processo di solidificazione (cristallizzazione) sarà un processo che, se in equilibrio, sarà caratterizzato da una varianza eguale a

Page 24: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 147

1 (v = C – F + 1 → C = 2, F = 2 e conseguentemente v = 1)156. Ciò vuol dire che durante tutto il processo di cristallizzazione nessuna delle due variabili che esprimono l’equilibrio del sistema (composizione e temperatura) è univocamente determinata ma che una di esse varia in modo indipendente e l’altra indipendenza della prima (cfr. equilibrio monovariante). Per comprendere meglio quanto detto immaginiamo di seguire passo dopo passo il processo di solidificazione in equilibrio di una data sostanza (c) di composizione Lc data dalla miscela allo stato liquido di due componenti A e B in rapporti reciproci x e 100 – x (cfr. Pag. 146).

Figura 158

Possiamo osservare che, se il sistema è allo stato liquido e, con regolarità e continuità, sottraiamo ad esso calore, questo reagisce variando la propria temperatura che gradualmente decresce – la composizione del liquido permane eguale a Lc eguale a quella del sistema (cfr Figura 158). Tale processo continua sino a quanto, nel sistema non compare la prima “particella” di solido: ciò avviene ad una data temperatura che indichiamo con Ti (temperatura d’inizio cristallizzazione). Se con regolarità e continuità si continua a sottrarre calore al sistema, quest’ultimo reagisce variando la propria temperatura che gradualmente decresce seguendo una traiettoria diversa

da quella che era stata seguita durante il progressivo raffreddamento del liquido (cfr. Figura 158). Tale processo continua sino a quanto, nel sistema non scompare l’ultima “gocciolina” di liquido: ciò avviene ad una data temperatura che indichiamo con Tf (temperatura di fine cristallizzazione)157. Possiamo osservare che durante tutto l’intervallo di tempo (t2–t1) in cui si esplica la cristallizzazione del sistema passandosi dalla temperatura Ti alla temperatura Tf in esso si constata la presenza di due fasi (una solida ed una liquida) fra loro in equilibrio (equilibrio bifase solido – liquido). Si può parimenti notare che per tutto l’intervallo temporale di cristallizzazione (t2 – t1) per qualsivoglia temperatura Tx compresa entro l’intervallo di temperatura di cristallizzazione Ti – Tf l’equilibrio bifase solido – liquido si realizza fra due fasi :

- a composizione fra loro differenti, rispettivamente Sx e Lx (Sx ≠ Lx), - differenti dalla composizione del sistema – si ha sempre Lc ≠ Sx ≠ Lx, - le cui composizioni variano al variare della temperatura Tx compresa entro l’intervallo di

cristallizzazione Ti – Tf . Appena il processo di cristallizzazione è ultimato – il liquido non c’è più – al procedere del progressivo raffreddamento del sistema esso muta ancora la propria temperatura con una traiettoria ulteriormente diversa da quella precedente (cfr. Figura 158). Saremo in presenza di un solido a composizione Sc = Lc eguale a quella del sistema esaminato. Dall’esperienza che abbiamo tratteggiato possiamo trarre i seguenti insegnamenti:

- in un sistema binario, a composizione c, posto a cristallizzare la solidificazione si realizza in un intervallo di tempo (cfr. nota n. 158) ed in un intervallo di temperatura158,

156 Se consideriamo un sistema ad un solo componente (ad es. il sistema dell’acqua) a pressione costante il processo di

solidificazione in equilibrio sarà caratterizzato da una varianza nulla – invarianza (v = C – F + 1 → C = 1, F = 2 e conseguentemente v = 0 – una fase solida, ghiaccio, in equilibrio ad una determinata temperatura (temperatura di cristallizzazione) con la fase liquida, acqua).

157 Perché si passi dalla temperatura Ti d’inizio cristallizzazione alla temperatura Tf di fine cristallizzazione intercorre un lasso di tempo t2 – t1 (intervallo temporale di cristallizzazione) che dipende dalla quantità di materia posta a cristallizzare e dalla velocità del raffreddamento a cui, con regolarità, e continuità è sottoposto il sistema.

158 Lo studente ricordi che nei sistemi ad un componente la cristallizzazione avviene in un intervallo di tempo ed in un intervallo di temperatura nullo (a temperatura costante).

Page 25: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 148

- l’intervallo di temperatura Ti – Tf di cristallizzazione dipende dalla composizione c del sistema e varia con essa,

- l’equilibrio bifase che si realizza durante il periodo di cristallizzazione prevede la coesistenza di una fase liquida e di una fase solida caratterizzate da composizioni variabili in funzione di T, fra loro diverse, e diverse dalla composizione del sistema. Appare evidente che dato che al sistema non viene sottratta (o aggiunta) materia la sua composizione globale non cambia: quindi in ogni momento risulta Lc = x*Sx + (100-x)*Lx, dove x e (100 – x) sono rispettivamente le percentuali di solido e di liquido presenti nel sistema alla temperatura Tx.

Se su un diagramma composizione /temperatura (figura 159) per tutte le possibili composizioni che

Figura 159

può assumere un sistema binario A–B, riportiamo le temperature di inizio di cristallizzazione (punti rossi) e di fine cristallizzazione (punti verdi) otteniamo una serie di punti che raccordati fra loro, in modo omologo, disegnano due curve distinte che hanno in comune i loro estremi coincidenti con le temperature di cristallizzazione dei componenti il sistema (cfr. Figura 159 e nota 159). Queste curve prendono il nome di: curva del “liquidus” quella che raccorda tutti i punti di inizio cristallizzazione; di curva del “solidus” quella che raccorda tutti i punti di fine cristallizzazione

per le diverse composizioni del sistema. Il diagramma così ottenuto è il diagramma di fase che descrive la cristallizzazione di un sistema binario capace di dare luogo a liquidi completamente miscibili e a solidi parimenti completamente miscibili fra loro. In tale diagramma la curva del liquidus delimita, al di sopra di essa, un ampio campo in cui giacciono punti che con le loro coordinate (composizione – temperatura) individuano i sistemi caratterizzati dalle composizioni che alle relative temperature si trovano allo stato liquido (campo dei liquidi). Parimenti la curva del solidus delimita, al di sotto di essa, un ampio campo in cui si collocano punti che con le loro coordinate (composizione – temperatura) individuano i sistemi caratterizzati dalle composizioni che alle relative temperature si trovano allo stato solido (campo dei solidi). Le coppie di punti che, alla medesima temperatura, giacciono sulle curve del liquidus e del solidus individuano le composizioni delle coppie solido – liquido che a quella temperatura sono fra loro in equilibrio159 (Sx – Lx in fig. 160). Il diagramma di stato (del tipo di quello visto in figura 159) di un sistema binario che produce soluzioni allo stato liquido e allo stato solido in tutti i rapporti consente, con la sua lettura, di comprendere l’andamento della cristallizzazione di qualsiasi possibile sistema eterogeneo da esso descritto ed i cui caratteri essenziali abbiamo tratteggiato nelle pagine precedenti (cfr. pag. 147 e Fig. 158). Lettura di un diagramma di stato relativo ad un sistema binario in cui i due componenti sono completamente miscibili allo stato liquido e allo stato solido. Facciamo riferimento alla figura 160. Da essa ricaviamo che:

159 Lo studente noti come la composizione di ogni termine della coppia solido – liquido in equilibrio sia determinata

esclusivamente dalla temperatura d’equilibrio e non dalla composizione complessiva del sistema, che, invece, determina esclusivamente le mutue percentuali (x e 100 – x) con cui ciascuna fase concorre alla composizione complessiva del sistema (legge della bilancia).

Page 26: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 149

Figura 160

a) qualsiasi sistema a composizione c sottoposto a raffreddamento varierà, diminuendola, la propria temperatura (il suo punto rappresentativo si sposta lungo la verticale (c = costante, T varia – si abbassa) sino a quando esso non perviene sulla curva del liquidus al punto a cui corrisponde la propria temperatura d’inizio di cristallizzazione Ti;

b) alla temperatura Ti dal liquido a composizione c si segrega il primo germe cristallino che ha composizione Si (cfr. pag 147); poiché tale solido ha composizione diversa da c e precisamente è più arricchito nel componente che cristallizza a temperatura più alta (A – TA), la composizione del liquido cambierà passivamente

arricchendosi nel componente che cristallizza a temperatura più bassa (B – TB); c) a seguito di ciò la temperatura Ti non sarà più eguale a quella d’inizio di cristallizzazione

per detta nuova composizione del liquido; perdurando il raffreddamento del sistema, la temperatura si abbasserà sino a che sarà raggiunta una nuova temperatura Ti d’inizio cristallizzazione (corrispondente a quella della nuova composizione della fase liquida) a cui si

Figura 161. Schematizzazione del processo di cristallizzazione di miscele isomorfe.

I pallini rossi indicano le composizioni L1, L2,…., Ln che progressivamente vengono acquisite dal liquido durante il processo di cristallizzazione. I pallini verdi indicano le composizioni S1, S2,…., Sn che progressivamente vengono acquisite dal solido durante il processo di cristallizzazione. I pallini azzurri indicano le composizioni L2, L3,., Ln che progressivamente vengono acquisite dal liquido per arricchimento passivo nel componente che cristallizza a temperatura più bassa in seguito alla separazione dei solidi a composizione S1, S2,….., Sn, più arricchiti, rispetto alla composizione del sistema, nel componente che cristallizza a temperatura più alta.

separerà un nuovo solido a composizione Si a sua volta diversa da quella del solido precedentemente separatosi160 (la Figura 161 rappresenta, in modo ingigantito, il processo descritto); poiché anche tale solido ha composizione diversa da quella del liquido da cui si segrega e precisamente è più arricchito nel componente che cristallizza a temperatura più alta, la composizione del liquido cambierà nuovamente passivamente arricchendosi nel componente che cristallizza a temperatura più bassa;

d) il processo si ripete in modo identico a quanto indicato al punto c); e) il processo di cristallizzazione, una volta iniziato alla temperatura Ti, procede come descritto

ai punti c) e d), evidenziando una variazione continua delle composizioni delle coppie liquido – solido fra loro in equilibrio; i punti rappresentativi della composizione di tali coppie liquido – solido fra loro in equilibrio, alle diverse temperature decrescenti, evolve lungo le curve rispettivamente del liquidus e del solidus come indicato dalle due frecce riportate in Figura 160;

160 Poiché abbiamo supposto che la cristallizzazione avviene in condizioni d’equilibrio, in ogni momento nel sistema

deve essere presente solo una fase solida: ciò significa che i solidi precedentemente formati (a cristallizzazione precoce) vengono riassorbiti attraverso processi di diffusione solido ↔ liquido che producono la scomparsa della fase solida a cristallizzazione precoce e la sua sostituzione con la fase solida in equilibrio con il liquido.

Page 27: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 150

f) al procedere della cristallizzazione (abbassarsi della temperatura Tx compresa fra Ti e Tf), poiché la composizione globale c del sistema non cambia, cresce la quantità (percentuale) del solido a composizione Sx, mentre, per converso, diminuisce la quantità (percentuale) del liquido a composizione Lx con esso in equilibrio;

g) il processo di cristallizzazione continua sino a quanto si raggiunge la temperatura di fine cristallizzazione Tf ; a tale temperatura nel sistema sarà presente una parte infinitesimale di liquido a composizione Lf da cui si completerà la cristallizzazione del solido a composizione Sf = Sc. A questo punto la fase liquida è esaurita; nel sistema si trova solo la fase solida a composizione Sc eguale quella del sistema iniziale (cfr. nota n. 160).

h) Se il processo di raffreddamento prosegue il sistema sarà caratterizzato da una sola fase (solida) a temperatura vieppiù decrescente ed a composizione costante (Sf = Sc); il punto rappresentativo del sistema migra lungo la verticale da .

Il risultato della cristallizzazione del sistema, come sopra descritto, è la formazione di un cristallo misto omogeneo (miscela isomorfa) – che ha la medesima composizione in tutte le sue parti – la cui composizione è eguale a quella del sistema posto a cristallizzare. La lettura del diagramma di stato sopra visto ci rende conto anche della monovarianza dell’equilibrio di cristallizzazione delle miscele isomorfe. Infatti, come visto, si ricava che fra temperature di cristallizzazione e composizioni delle fasi (solida e liquida) fra loro in equilibrio esiste un legame di interdipendenza: ad una data temperatura esiste una ed una sola coppia solido – liquido le cui composizioni sono fra loro in equilibrio; viceversa per ciascuna coppia solido – liquido le cui composizioni sono fra loro in equilibrio esiste una ed una sola temperatura a cui il suddetto equilibrio sussiste. In altre parole T = f(c) oppure c = f(T) dove T e c sono rispettivamente la temperatura di equilibrio e le composizioni delle fasi in equilibrio; f è una funzione che lega fra loro le variabili c e T. Perché il processo di cristallizzazione di una miscela isomorfa si realizzi secondo le modalità sopra descritte e pertanto produca un cristallo misto omogeneo occorre che si verifichino alcune condizioni a contorno (condizioni ambientali) e precisamente:

1.occorre che il raffreddamento del sistema proceda molto lentamente – in natura tali condizioni si realizzano nei processi di formazione delle rocce magmatiche di tipo plutonico;

2.occorre che durante tutto il processo di cristallizzazione il sistema si mantenga in equilibrio: nel sistema devono essere presenti una sola fase solida a composizione x ed una fase liquida a composizione y fra loro in equilibrio ad ogni temperatura compresa nell’intervallo di cristallizzazione. Perché ciò avvenga occorre che i processi di diffusione solido ↔ liquido abbiano luogo in modo continuo e completo. Quanto sopra è favorito dalle alte temperature e dalla presenza di fasi gassose che consentono: l’omogeneità dei liquidi, il mantenersi costante dei gradienti chimici solido ↔ liquido ed il processo di diffusione solido ↔ liquido – in natura tali condizioni si realizzano nei processi di formazione delle rocce magmatiche di tipo plutonico.

Riprendendo in esame il processo di cristallizzazione di una miscela isomorfa ed in particolare quanto descritto al punto c) e nella nota 161, si rileva che non sempre in natura si verificano le condizioni ambientali per cui si realizza costantemente l’equilibrio bifase solido ↔ liquido. A causa

Page 28: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 151

Figura 162

di ciò può avvenire che fasi solide a cristallizzazione precoce vengano preservate all’interno del sistema e spesso inviluppate da “gusci” a composizione diversa ed in equilibrio con quella del liquido da cui si formano. Se un siffatto processo si estende significativamente abbiamo la formazione di cristalli misti che chiameremo “zonati” dal momento che presentano composizioni omogenee (cristalli misti omogenei) ma fra loro differenti nelle loro differenti “zone”. La Figura 162 mostra un esempio di quanto detto. In essa le zone a

diversa composizione presenti nel minerale (plagioclasio) sono evidenziate dalle diverse proprietà ottiche (posizione d’estinzione) – in natura condizioni tipiche per la formazione di cristalli misti zonati sono presenti in ambiente vulcanico e subvulcanico. È importante rilevare a questo punto che se in un sistema a nota composizione c si realizzano condizioni di cristallizzazione non in equilibrio non è possibile determinarne a priori la temperatura di fine cristallizzazione e la composizione delle diverse fasi che costituiscono i diversi “involucri” dei “cristalli misti zonati” prodotti dalla cristallizzazione non in equilibrio. Potremo solo dire che la cristallizzazione si è protratta al di sotto della temperatura Tf (cfr. Figura 160), senza però poter precisare a priori di quanto quest’ultima sia stata superata. La ragione di quanto affermato appare chiara se riconsideriamo quanto detto a proposito della cristallizzazione in equilibrio delle miscele isomorfe. Se infatti la cristallizzazione avviene in equilibrio, raggiunta la temperatura Tf (cfr. Figura 160), dipendente dalla composizione c del sistema, in equilibrio con l’ultima “porzione” di fuso si ha un solido omogeneo in tutte le sue parti, che, in seguito ai richiamati processi di diffusione solido ↔ liquido, consumando l’ultima porzione di fuso che passa allo stato solido, adeguerà la propria composizione (Sc) rendendola eguale a quella (c) del sistema liquido posto inizialmente a cristallizzare. Appare evidente che essendo il solido così formatosi omogeneo in ogni sua parte e avendo esso composizione Sc, non vi sarà più alcuna parte di liquido e la cristallizzazione ha termine. Se viceversa la cristallizzazione non avviene in condizioni d’equilibrio, raggiunta la temperatura Tf (cfr. Figura 160), dipendente dalla composizione c del sistema, con la “porzione” di fuso presente nel sistema coesiste un solido zonato (non omogeneo) a composizioni diverse nelle sue diverse zone. In assenza dei richiamati completi processi di diffusione solido ↔ liquido, pertanto, ancorché la cristallizzazione producesse un ulteriore involucro a composizione Sc eguale a quella del sistema posto inizialmente a cristallizzare, l’intero insieme cristallizzato non avrebbe la composizione complessiva eguale a Sc: essa, stante le modalità di cristallizzazione, risulta, rispetto a Sc, complessivamente più arricchita nel componente che cristallizza a temperatura più alta. Appare evidente che dopo la cristallizzazione dell’involucro a composizione Sc nel sistema è ancora presente del liquido in quantità e composizione tali che sommato al solido già formato riproduce la composizione del sistema iniziale. Poiché esiste ancora del liquido nel sistema la cristallizzazione procede, a temperature inferiori a Tf (cfr. Figura 160), con la formazione di ulteriori involucri sino a quando tutto il liquido viene esaurito. Si noti che questi ultimi involucri mostreranno rispetto alla composizione del sistema inizialmente posto a cristallizzare, una composizione arricchita nel componente che cristallizza a temperatura più bassa161. La temperatura a cui il processo di cristallizzazione ha termine non è prevedibile a priori: ciò in quanto essa dipende dal disequilibrio verificatosi antecedentemente al raggiungimento della

161 Ciò in quanto la porzione già formatasi ha composizione, rispetto a quella del sistema posto a cristallizzare,

complessivamente più arricchita nel componente che cristallizza a temperatura più alta.

Page 29: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 152

temperatura teorica di fine cristallizzazione (Tf) e da quello che si verifica dopo che detta temperatura viene superata. Certamente potremo dire che dato un sistema binario caratterizzato da miscibilità completa sia allo stato liquido che allo stato solido fra i due componenti, per una qualsiasi composizione del sistema se la cristallizzazione si realizza in condizioni di costante equilibrio sono prevedibili le temperature di inizio e fine cristallizzazione, mentre per un sistema in cui la cristallizzazione non si realizza in condizioni di costante equilibrio, sarà prevedibile la temperatura d’inizio di cristallizzazione ma non quella di fine di cristallizzazione e, del pari, non saranno prevedibili le diverse composizioni delle varie fasi che, in disequilibrio, si sono succedute durante il processo di cristallizzazione (composizione delle zone). Si potrà però certamente dire che mentre le prime fasi a formarsi (nuclei dei cristalli zonati) sono, rispetto alla composizione complessiva del sistema, arricchite nel componente la miscela che cristallizza a temperatura più alta, le fasi di ultima formazione (periferie del cristalli zonati) sono, rispetto alla composizione complessiva del sistema, certamente più ricche del componente che cristallizza a temperatura più bassa. La miscibilità parziale – le lacune di miscibilità. Abbiamo esaminato sinora le modalità di cristallizzazione di miscele appartenenti a sistemi (binari) in cui i componenti sono completamente miscibili fra loro sia allo stato liquido che allo stato solido. Esistono tuttavia casi in cui ad una completa miscibilità allo stato liquido fra i componenti un sistema non corrisponda analoga completa miscibilità allo stato solido. Diremo che ad es. fra i componenti A e B esiste una lacuna di miscibilità (Figura 163) se esiste un intervallo

Figura 163

composizionale (C – D), più o meno ampio, in cui la miscibilità non si realizza: le composizioni corrispondenti agli estremi (C e D) di detto intervallo composizionale delimitano anche gli intervalli di miscibilità del sistema e prendono il nome di “limiti

inferiore e superiore di miscibilità”. Di solito l’ampiezza delle lacune di miscibilità varia con il variare della temperatura nel senso che essa aumenta all’abbassarsi della temperatura d’equilibrio del sistema. Le lacune di miscibilità possono realizzarsi:

1. sia nel campo di stabilità dei solidi (cfr. figura 159) e pertanto al di sotto della curva del solidus (vengono dette lacune subsolidus): in questo caso i sistemi, le cui composizioni si collocano all’interno della lacuna di miscibilità, potranno dare luogo ad una fase solida con la medesima composizione che all’abbassarsi della temperatura diverrà instabile.

2. sia in condizioni di equilibrio bifase solido – liquido (lacune di solidus): in questo caso i sistemi le cui composizioni si collocano all’interno della lacuna di miscibilità non daranno mai luogo ad una fase solida con la medesima composizione.

Esaminiamo il caso delle lacune subsolidus. Nella figura 164 viene rappresentato il diagramma di stato di un generico sistema a due componenti miscibili allo stato solido in tutti i rapporti in condizioni di solidus e miscibili in rapporti limitati in condizioni di subsolidus. Si noti come la miscibilità parziale si manifesta al di sotto di una determinata temperatura (Tm in Figura 164)162; si noti parimenti come l’ampiezza della lacuna di miscibilità (C’ – D’) si amplia al decrescere della temperatura; allorché tale variazione diviene nulla al variare della temperatura l’ampiezza della lacuna raggiunge la sua massima estensione (C – D). 162 Ciò vuol dire che quale che sia la composizione di una miscela isomorfa esiste un intervallo, non nullo, di

temperatura in cui la miscela è stabile.

Page 30: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 153

Una qualsiasi miscela isomorfa la cui composizione M ad una data temperatura (ad es. Tx) si colloca all’interno della lacuna di miscibilità diviene instabile e dà luogo, per smistamento, a due fasi (miscele isomorfe), le cui composizioni sono eguali a quelle che caratterizzano gli estremi della lacuna di miscibilità a quella temperatura (C’ e D’ alla temperatura Tx; C” e D” alla temperatura Ty); le quantità reciproche di dette due fasi sono tali che la loro somma riproduce la composizione del sistema solido (M) di partenza. Lo smistamento è un fenomeno che si realizza allo stato solido attraverso processi di diffusione ionica in seno al reticolo cristallino. Figura 164

Tali processi sono lenti e difficili e come tali notevolmente dipendenti dalla temperatura e dalla cinetica generale del processo. L’abbassamento molto lento della temperatura, mantenendo il reticolo cristallino in condizioni di alta energia, favorisce lo smistamento delle fasi163. Appare evidente che, all’abbassarsi molto lento della temperatura, le composizioni delle fasi smistate da una miscela isomorfa M (cfr. Figura 164) non sono costanti: i loro punti rappresentativi migrano lungo le spalle della curva che raccorda gli estremi della lacuna alle diverse temperature164 (curva del “solvus”). Si noti che la composizione delle coppie di fasi, fra loro in equilibrio, che si ottengono a seguito di smistamento dipendono esclusivamente dalla temperatura d’equilibrazione del sistema; le loro reciproche proporzioni, invece, dipendono dalla composizione della fase M che subisce lo smistamento. A tal proposito potremo dire che, salvo casi di composizioni che si collocano nelle porzioni mediane della lacuna di miscibilità, le due fasi smistate saranno in quantità diverse (legge della bilancia) e pertanto si assisterà all’associazione di due fasi di cui una dominante e l’altra subordinata (ad es. per la miscela M smistata alla temperatura Tx si avrà l’associazione di una fase dominante a composizione D’ con minori porzioni della fase a composizione C’ – cfr. Figura 164). Esaminiamo adesso il caso delle lacune di solidus. In questo caso la parziale immiscibilità fra i componenti si manifesta a qualsivoglia temperatura: pertanto non esiste mai la possibilità d’esistenza di miscele isomorfe la cui composizione si collochi all’interno della lacuna di miscibilità. Il diagramma di stato di un sistema a due componenti che presentano una lacuna di solidus (ciòè la curva del solidus non è continua: presenta una interruzione) può essere, in relazione alle caratteristiche dei componenti A e B, del tipo di quelli rappresentati nella Figura 165.

163 Lo studente noti che il processo di smistamento di un cristallo misto omogeneo produce l’intima associazione di due

fasi omogenee a composizione fra loro diverse. 164 Con riferimento alla figura 164, se la temperatura si abbassa molto lentamente passando da Tx a Ty, la composizione

delle fasi smistate da M evolverà progressivamente e con continuità da C’ – D’ a C” – D”. Le coppie di punti rappresentativi di dette composizione si muovono lungo la curva che esprime l’ampiezza della lacuna di miscibilità alle diverse temperature (curva del “solvus”).

Page 31: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 154

a b Figura 165. a: sistema con punto d’equilibrio invariante (E) di tipo eutettico; b: sistema con punto d’equilibrio

invariante (P) di tipo peritettico. In queste condizioni la cristallizzazione all’equilibrio non sarà sempre descritta da un equilibrio di tipo monovariante come avviene nel caso delle lacune subsolidus, ma il sistema prevede un punto d’equilibrio invariante che, per il comportamento mostrato, può essere assimilato ad un punto eutettico165 (Figura 165a) o ad un punto peritettico166 (Figura 165b). In Figura 165 il significato delle curve d’equilibrio riportate è identico a quanto già discusso nel caso delle lacune di subsolidus. Il prodotto di cristallizzazione di sistemi la cui composizione ricade entro la lacuna del solidus non sarà mai una unica fase solida. In modo analogo a quanto già visto in precedenza l’ampiezza della lacuna del solidus, varia con la temperatura in condizioni di subsolidus; raccordando fra loro i punti rappresentativi degli estremi degli intervalli di immiscibilità si ottengono due curve167 (curve di solvus) le cui coppie di punti rappresentano, per ogni temperatura, gli estremi della lacuna di miscibilità. Se esaminiamo l’andamento della cristallizzazione di una miscela i cui equilibri siano rappresentabili da uno dei due diagrammi di stato visti in Figura 165 possiamo ricavare i seguenti insegnamenti. Sistema con punto d’equilibrio invariante (E) di tipo eutettico. Con riferimento alla Figura 165a possiamo dire:

1. tutti i sistemi le cui composizioni ricadono negli intervalli A–C e D–B, se cristallizzano in condizioni di equilibrio monovariante, ultimato il processo di cristallizzazione possono dare luogo a cristalli misti a composizione eguale a quella del sistema considerato. Le temperature di

165 I punti d’equilibrio eutettico si realizzano nei sistemi in cui i componenti che lo determinano non sono miscibili allo

stato solido. Quando questo equilibrio si realizza dal liquido E (a composizione eutettica) cristallizzano contemporaneamente i componenti il sistema in rapporti reciproci determinati (rapporti eutettici). Lo studente riveda il concetto appreso nel corso di chimica.

166 I punti d’equilibrio peritettico si realizzano nei sistemi in cui i componenti che lo determinano non sono miscibili allo stato solido e danno luogo ad un composto intermedio a fusione incongruente. Quando questo equilibrio si realizza dal liquido P (a composizione peritettica) cristallizza il composto intermedio attraverso la reazione fra il liquido P ed un solido precedentemente formato. Lo studente riveda il concetto appreso nel corso di chimica.

167 Lo studente noti che poiché la curva del solidus è interrotta dalla lacuna di miscibilità, le curve del solvus devono essere distinte ed hanno uno dei loro estremi in ciascuno di detti punti d’interruzione delle curve del solidus. Nel caso delle lacune subsolidus invece la curva di solvus è rappresentata da una curva continua a campana che non incontra la curva del solidus.

Page 32: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 155

inizio e fine cristallizzazione all’equilibrio sono ricavabili analogamente a quanto visto nella trattazione generale.

2. tutti i sistemi le cui composizioni ricadono nell’intervallo C–D, iniziano il processo di cristallizzazione in condizioni monovarianti e lo completano in condizioni invarianti (a temperatura costante) alla temperatura Te; se si ha cristallizzazione in equilibrio, il prodotto finale della cristallizzazione è dato da due solidi (cristalli misti) le cui composizioni sono eguali a quelle che caratterizzano gli estremi C e D della lacuna di miscibilità presente nella curva del solidus. Le quantità reciproche di dette fasi dipendono dalla composizione iniziale del sistema (regola della bilancia). Le temperature di inizio cristallizzazione sono ricavabili analogamente a quanto visto nella trattazione generale.

3. un sistema a composizione E inizia e conclude il processo di cristallizzazione in condizioni invarianti – a temperatura costante T = Te. Dal liquido si ha la contemporanea cristallizzazione di due fasi solide (miscele isomorfe) la cui composizione è eguale rispettivamente a C e D (cristallizzazione di tipo eutettico). I rapporti quantitativi fra dette fasi sono tali che la loro somma riproduce la composizione E del sistema iniziale.

4. tutti i solidi le cui composizioni ricadono negli intervalli A–F e G–B sono stabili a tutte le temperature (non si smistano mai).

5. tutti i solidi le cui composizioni ricadono negli intervalli F–C e D–G non sono stabili a tutte le temperature. Allorché essi superano la temperatura di stabilità della miscela (il loro punto rappresentativo si colloca all’interno dello spazio delimitato dalle curve del solvus) essi divengono instabili e danno luogo a smistamenti. Il prodotto del loro smistamento è dato da due fasi (miscele isomorfe), le cui composizioni sono eguali a quelle che caratterizzano gli estremi della lacuna di miscibilità a quella temperatura e le cui quantità reciproche sono tali che la loro somma riproduce la composizione del sistema solido di partenza (cfr. pag. 153)168.

Sistema con punto d’equilibrio invariante (P) di tipo peritettico. Con riferimento alla Figura 165b possiamo dire:

1.tutti i sistemi le cui composizioni ricadono negli intervalli A–C e P–B, cristallizzano in condizioni di equilibrio monovariante e ultimato il processo di cristallizzazione, possono dare luogo a cristalli misti a composizione eguale a quella del sistema considerato. Le temperature di inizio e fine cristallizzazione all’equilibrio sono ricavabili analogamente a quanto visto nella trattazione generale.

2. tutti i sistemi le cui composizioni ricadono nell’intervallo D–P, iniziano e completano il processo di cristallizzazione in condizioni monovarianti passando per una condizione invariante alla temperatura Tp. Quando il sistema in equilibrio raggiunge la temperatura Tp il liquido ed il solido in esso presenti – di composizione rispettivamente P e C – reagiscono fra loro per formare il solido D (reazione peritettica) e la temperatura rimane costante (equilibrio invariante); tale reazione continua sino a completa consunzione del solido; consumatosi il solido di composizione C la cristallizzazione prosegue, la temperatura torna a decrescere e l’equilibrio ritorna ad essere monovariante: ciò sino ad ultimare il processo. Le temperature di inizio e fine cristallizzazione all’equilibrio sono ricavabili analogamente a quanto visto nella trattazione generale.

3. tutti i sistemi le cui composizioni ricadono nell’intervallo C–D, iniziano il processo di cristallizzazione in condizioni monovarianti e lo completano in condizioni invarianti alla temperatura Tp. Quando il sistema in equilibrio raggiunge la temperatura Tp il liquido ed il solido in esso presenti – di composizione rispettivamente P e C – reagiscono fra loro per

168 Lo studente noti che non esistono solidi (miscele isomorfe) le cui composizioni si collocano nell’intervallo C–D.

Page 33: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 156

formare il solido D (reazione peritettica) e la temperatura rimane costante (equilibrio invariante); il processo continua sino a che il liquido non viene completamente consumato. Il prodotto finale della cristallizzazione è dato da due solidi (cristalli misti) le cui composizioni sono eguali a quelle che caratterizzano gli estremi C e D della lacuna di miscibilità presente nella curva del solidus. Le quantità reciproche di dette fasi dipendono dalla composizione iniziale del sistema (regola della bilancia). Le temperature di inizio cristallizzazione in equilibrio sono ricavabili analogamente a quanto visto nella trattazione generale.

4.tutti i solidi le cui composizioni ricadono negli intervalli A–F e G–B sono stabili a tutte le temperature (non si smistano mai).

5. tutti i solidi le cui composizioni ricadono negli intervalli F–C e D–G non sono stabili a tutte le temperature. Allorché essi superano la temperatura di stabilità della miscela (il loro punto rappresentativo si colloca all’interno dello spazio delimitato dalle curve del solvus) divengono instabili e danno luogo a smistamenti169. Il prodotto del loro smistamento è dato da due fasi (miscele isomorfe), le cui composizioni sono eguali a quelle che caratterizzano gli estremi della lacuna di miscibilità a quella temperatura e le cui quantità reciproche sono tali che la loro somma riproduce la composizione del sistema solido di partenza (cfr. pag. 153)165.

La composizione delle fasi smistate che ritroviamo in una roccia “fotografa” le condizioni termiche e bariche a cui il sistema è stato equilibrato: cioè quella temperatura e quella pressione al di sotto delle quali, vuoi per loro variazioni caratterizzate da elevati gradienti, vuoi per cessata reattività del sistema, l’equilibrio del sistema stesso non è cambiato. Fra gli smistamenti più diffusi nelle rocce ricordiamo quelli che vedono la coesistenza di plagioclasio e feldspato potassico (pertiti ed antipertiti) e quelli che vedono la coesistenza di pirosseno rombico (o pigeonite) con pirosseno augitico – di ciò avremo modo di parlare in seguito.

Figura 166

I diagrammi di stato che abbiamo sinora descritto sono riferiti a sistemi binari e, come si è detto all’inizio, sono tutti considerati in condizioni isobare (pressione costante) – ciò è determinato anche dal fatto che le due dimensioni del piano consentono di rappresentare le due variabili coinvolte (composizione e temperatura). Più complessa è la rappresentazione di sistemi non isobari. Solitamente si preferisce riportare nel medesimo diagramma l’andamento delle curve d’equilibrio alle diverse pressioni170 – ciò consente di estrapolare il comportamento del sistema a pressione variabile (Figura 166). Ulteriormente più complessa è la rappresentazione dei diagrammi di stato per sistemi a tre componenti. Per tale motivo molto diffusi sono i così detti diagrammi di miscibilità fra le fasi che mettono in evidenza, per determinate condizioni di PH2O e di temperatura i

rapporti di miscibilità esistenti fra i differenti componenti il sistema. La figura 167 esemplifica, in modo schematico, quanto detto nel caso dei feldspati –miscele isomorfe ternarie fra i componenti K-feldspato (Or – KAlSi3O8), Albite (Ab – NaAlSi3O8) e Anortite (An – CaAl2Si2O8).

169 Lo studente ricordi che il processo di smistamento non è un cambiamento di fase (esso coinvolge esclusivamente fasi

solide – da una fase solida omogenea se ne formano due pur esse omogenee).

Page 34: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 157

a b Figura 167. Diagramma di miscibilità dei feldspati in condizioni vulcaniche (a) e plutoniche (b)

170 La pressione su un sistema può essere esercitata sia in modo anidro (assenza di fluidi) che in modo idrato (presenza

di fluidi); se non diversamente specificato tali fluidi vengono identificati con H2O e pertanto tale pressione viene

indicata PH2O.

Page 35: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 158

Polimorfismo Nelle discussioni sinora svolte abbiamo sempre supposto che ad ogni sostanza allo stato solido corrisponde un particolare modo di ordinarsi della materia che ne costituisce e caratterizza il reticolo cristallino. Diciamo subito che se quanto detto è vero per gran parte delle sostanze, è pur vero che ne esistono parimenti molte che possono presentare diverse modalità d’ordinamento della materia che le costituisce: in altre parole ciò significa che possono presentare, allo stato solido, diversi reticoli cristallini. Poiché lo stato d’aggregazione della materia per qualsiasi sostanza determina la “fase” in cui essa si trova (fase solida, fase liquida, fase gassosa), la possibilità di avere diversi modi di aggregarsi della stessa materia allo stato solido (diversi reticoli cristallini per la medesima sostanza) ci porta a concludere che per una data sostanza171 possono esistere diverse fasi solide. In termini generici, tali fasi solide vengono indicate con lettere dell’alfabeto greco (α, β, γ, ecc). Per ciascuna sostanza l’insorgenza di una fase solida invece di un’altra è determinata dai parametri che caratterizzano l’ambiente in cui la fase solida si forma e dalla sensibilità che il sistema presenta rispetto a detti parametri. Nella stragrande maggioranza i parametri che determinano l’insorgere di una data fase solida in luogo di un’altra sono la temperatura e la pressione; tuttavia non mangano casi in cui ciò sia fortemente determinato dall’acidità del sistema (pH), dal potenziale di ossidoriduzione (Eh), dalla concentrazione di sostanze terze, ecc. Il fenomeno sopra tratteggiato prende il nome di polimorfismo. Definizione: una sostanza si dice polimorfa quando, allo stato solido, presenta diversi modi d’aggregarsi della materia (diversi reticoli cristallini); a ciascun modo d’aggregarsi della materia corrisponde una fase solida che chiameremo fase polimorfa o modificazione polimorfa. Tutte le diverse fasi polimorfe di una data sostanza hanno sempre la medesima composizione. Poiché abbiamo posto quale attributo essenziale di qualsiasi minerale il suo essere allo stato solido cristallino e pertanto l’essere caratterizzato da un proprio reticolo cristallino, ne segue che, se una sostanza presenta il fenomeno del polimorfismo e dà luogo a solidi naturali (minerali), essa dà luogo a minerali diversi (diverse modificazioni allo stato solido della stessa sostanza → fasi diverse). I seguenti esempi risultano sufficientemente eloquenti:

Sostanza Composizione Modificazioni polimorfe Carbonio C Grafite; Diamante

Zolfo S Zolfo α; Zolfo β

Biossido di silicio SiO2 Quarzo α; Quarzo β; Tridimite α; Tridimite β; Cristobalite α; Cristobalite β; ecc.

Carbonato di calcio CaCO3 Calcite; Aragonite

Silicato d’alluminio Al2SiO5 Cianite, Sillimanite; Andalusite

Feldspato potassico KAlSi3O8 Sanidino Massimo; Microclino Massimo; tutte le infinite modificazioni con strutture variabili fra quelle delle sopra viste fasi.

Abbiamo già detto che per una data sostanza polimorfa l’insorgere di una delle sue modificazioni è governato dalle caratteristiche dell’ambiente in cui la modificazione ha origine (essenzialmente temperatura e pressione); quanto sopra implica ancora un equilibrio fra fasi e pertanto è regolato

171 Parlando di “sostanza”, lo studente ricordi che con tale dizione si identificano indifferentemente sia gli elementi che i

composti a composizione più o meno semplice.

Page 36: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 159

dalla già vista regola di Gibbs. Gli equilibri fra le diverse fasi di una data sostanza potranno, anche in questo caso, essere rappresentati da diagrammi di fase che, ovviamente, stante la natura dell’equilibrio in studio, saranno relativi a sistemi eterogenei ad un solo componente (la sostanza in studio). Nella figura 168 è riportato il diagramma di stato relativo ad una ipotetica sostanza che, oltre alla fase liquida e a quella vapore, presenta due modificazioni di stato solido – la fase α e la fase β.

Figura 168

In essa si evidenziano i campi di stabilità delle diverse fasi (α, β, liquida e vapore) le curve di equilibrio bifase – monovarianti172 (Trasformazione: α ↔ β; Fusione: β → liquido; Vaporizzazione: liquido → vapore; Sublimazione: β → vapore e α → vapore) ed i punti d’equilibrio trifase – invarianti (T – α ↔ β ↔ vapore; F – β ↔ liquido ↔ vapore; C – α ↔ β ↔ liquido). Se immaginiamo di seguire il comportamento del sistema in condizioni isobare (ad es. a P = Px) dall’esame del diagramma di figura 168 possiamo ricavare che al procedere del riscaldamento del sistema esso si manterrà in condizioni di equilibrio monovariante con il solido α sempre più caldo (v173 = c – f + 1 = 1) sino a che esso non raggiunge la temperatura t1 di trasformazione α ↔ β alla pressione Px

(ascissa dell’intersezione dell’isobara Px con la curva di trasformazione); raggiunta tale temperatura si assiste all’equilibrio bifase α – β e la temperatura rimane costante (equilibrio invariante – v174 = c – f+ 1 = 0) sino a che tutta la fase α non si sia trasformata in β; successivamente al procedere del riscaldamento del sistema ritroveremo la fase β sempre più calda (a temperatura sempre più alta175). Analogo comportamento potremo desumere se immaginassimo di raffreddare il sistema in cui è presente la fase β: a β che si raffredda segue l’equilibrio bifase β – α in cui a temperatura costante il solido β si trasforma nel solido α e quindi il solido α sempre più freddo (a temperatura sempre più bassa). Quanto detto ci esprime esclusivamente la possibilità che la trasformazione fra le fasi solide possa, in base allo stato termodinamico del sistema, realizzarsi sia per livelli di energia crescenti (riscaldamento) che per livelli di energia decrescenti. Tuttavia lo stato termodinamico del sistema non è l’unico parametro che influenza la possibilità di reciproca trasformazione fra due modificazioni di stato solido di una sostanza: perché una trasformazione polimorfa avvenga176 è necessario che la sua cinetica (velocità di trasformazione) non sia nulla o trascurabile. Poiché la velocità (v) di una trasformazione dipende dalla differenza ∆T fra la temperatura del sistema e quella a cui si realizza la trasformazione e dalla differenza ∆E177 fra l’energia del sistema e l’energia interna propria della fase che si dovrebbe formare per trasformazione, perché una trasformazione

172 La pendenza delle curve monovarianti al variare della pressione è determinata dalla variazione di volume che viene

coinvolta in ciascun passaggio di fase (principio di Le Chatelier o legge dell'equilibrio mobile). 173 c = 1 ( la sostanza); f = 1 (la fase solida α); 1 in quanto il sistema è isobaro e la sola variabile che interessa il sistema

è la temperatura. 174 f = 2 (la fase solida α e la fase solida β). 175 Non si prosegue nella descrizione dell’esperienza in quanto essa ha già costituito oggetto delle nostre discussioni

(cfr. processi di cristallizzazione e di fusione). 176 Quanto stiamo enunciando è valido per qualsiasi cambiamento di stato. 177 Si ricordi che ∆E = f (T).

Page 37: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 160

avvenga occorre che ∆T e ∆E siano tali che contemporaneamente v ≠ 0 e non trascurabile. La figura 169 rappresenta graficamente quanto stiamo discutendo. Appare evidente che solo nel caso esemplificato in figura 169a la cinetica della trasformazione sarà tale che essa avvenga178. Qualora si realizzassero le condizioni esemplificate in figura 169b la trasformazione non può avere luogo e, benché le variabili termodinamiche (T e P) siano tali da indicare stabile una certa fase, la stessa non è presente nel sistema: ad esempio avremo la fase α in condizioni di stabilità della fase β o viceversa. Diremo che una fase si trova in equilibrio metastabile quando si trova in condizioni termodinamiche di instabilità e la sua cinetica di trasformazione nella fase stabile è nulla179. Un esempio di tale situazione ci è offerto dal sistema del carbonio con le sue modificazioni Grafite e Diamante. La Grafite in condizioni ambientali di bassa pressione e bassa temperatura è la fase stabile del carbonio; il Diamante in tali condizioni non si trasforma in grafite in quanto la sua cinetica di trasformazione è nulla.

a b Figura 169. Rappresentazione della variazione di velocità di trasformazione in funzione di ∆T e ∆E. Nel caso a i massimi di velocità si realizzano per valori di ∆T e ∆E cui competono valori di T pressoché eguali (le due velocità hanno contemporaneamente valori significativamente diversi da 0). Nel caso b i massimi di velocità si realizzano per valori di ∆T e ∆E cui competono valori di T significativamente differenti (le due velocità non hanno mai contemporaneamente valori significativamente diversi da 0). In questo senso si parla anche di trasformazioni polimorfe reversibili o irreversibili in condizioni normali. Diremo che una trasformazione polimorfa è reversibile (α ↔ β ) quando essa presenta cinetica non nulla in entrambe le direzioni; diremo invece che una trasformazione polimorfa è irreversibile quando essa presenta cinetica non nulla solo in una direzione (α → β oppure β → α). I tipi di polimorfismo Oltre che dal punto di vita degli equilibri fra fasi, il polimorfismo può essere trattato ponendo particolare attenzione ai processi di trasformazione reticolare che il suo manifestarsi coinvolge. Tali trasformazioni, che si realizzano attraverso la ridistribuzione spaziale della medesima materia, possono essere classificate nei tipi di seguito descritti. Trasformazioni polimorfe di primo tipo (distorsive o displasive)

178 Quanto discusso ci fa comprendere come qualsiasi cambiamento di stato sia un processo dinamico che produce

l’equilibrio attraverso infiniti momenti di disequilibrio. Ogni disequilibrio – T maggiore o minore di quella di trasformazione – viene ricondotto all’equilibrio attraverso l’assorbimento o la liberazione del calore latente connesso alla trasformazione. Se T fosse staticamente eguale alla temperatura di trasformazione, ∆T e ∆E sarebbero entrambi nulli e parimenti nulla sarebbe la velocità di trasformazione (cfr. Figura 169) – la trasformazione non avviene. Se, durante il processo di trasformazione, non si fornisce (o sottrae) calore al sistema la trasformazione non avviene.

179 L’ossidiana, roccia completamente vetrosa di origine vulcanica, è un esempio di equilibrio metastabile.

Page 38: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 161

Una trasformazione polimorfa si dice distorsiva (o displasiva) allorché la materia nel passaggio da una fase all’altra ridistribuendosi nella nuova struttura cambia leggermente le posizioni geometriche tridimensionali precedentemente occupate. Esempi di tal tipo di trasformazione sono dati dal Fe-α e dal Fe-γ e da due delle fasi della SiO2 (quarzo α e quarzo β).

Il Fe-α e il Fe-γ sono caratterizzati da un reticolo a legame metallico che vede gli atomi di Fe disposti rispettivamente ai nodi di un reticolo cubico a corpo centrato e di un reticolo cubico a facce centrate (figura 170). Dalla Figura 170 si osserva come si può passare dal reticolo del Fe-α a quello del Fe-γ mediante una lieve distorsione del reticolo del primo che veda una sua contrazione nella direzione della diagonale della faccia della cella ed una leggera espansione nella direzione del suo spigolo sinché tali dimensioni divengono eguali (spigolo della cella del reticolo del Fe-γ). Ovviamente la deformazione avviene in senso inverso per il passaggio dal reticolo del Fe-γ al reticolo del Fe-α. Esaminiamo adesso il caso delle modificazioni quarzo α e quarzo β del biossido di silicio. I due minerali cristallizzano il primo nel sistema trigonale, il secondo in quello esagonale; essi sono caratterizzati da reticoli molto simili in cui ciascun tetraedro di coordinazione SiO4 collega i suoi quattro vertici ad altrettanti tetraedri di coordinazione realizzando delle disposizioni elicoidali che, guardate lungo l’asse c del reticolo, presentano simmetria trigonale nel caso del quarzo α e simmetria esagonale nel caso del quarzo β (cfr Figura 171a e b).

a b

c

Figura 171

Appare evidente che una leggera distorsione del reticolo del quarzo α che ne veda aumentare la dimensione lineare come indicato in figura 171c produce l’insorgere della simmetria esagonale propria del quarzo β. Trasformazioni polimorfe di secondo tipo (ricostruttive)

a b Figura 170. Reticolo del Fe-α e del Fe-γ . : a = Fe-α; b = Fe-γ.

Page 39: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 162

Questo tipo di trasformazione si realizza quando gli elementi strutturali del reticolo cristallino di una delle due modificazioni in giuoco vengono riutilizzati con disposizione notevolmente diversa. Un esempio di un tale tipo di trasformazione è quella del quarzo β in cristobalite β (la distribuzione dei tetraedri di coordinazione SiO4 passa da una distribuzione spaziale di tipo esagonale ad una distribuzione di tipo cubico). Nei minerali in cui sono presenti cationi che possono presentare diverso numero di coordinazione, talora detti cationi assumono poliedri di coordinazione diversi nelle diverse modificazioni. Un esempio di un tale tipo di trasformazione è quella che si realizza fra le modificazioni polimorfe calcite ed aragonite del CaCO3 (il calcio assume numero di coordinazione 6 nella calcite e 9 nell’aragonite). Poiché questo tipo di ricostruzione del reticolo cristallino avviene allo stato solido le trasformazioni ricostruttive risultano notevolmente difficoltose e pertanto necessitano di elevate temperature d’attivazione e di tempi estremamente lunghi; le fasi instabili non si trasformano in quelle stabili e pertanto possono essere rinvenute in condizioni di equilibrio metastabile. Nelle figure 172 e 173 sono rispettivamente riportati i campi di stabilità di alcune fasi polimorfe del biossido di silicio (SiO2) e delle fasi del carbonato di calcio (CaCO3).

Figura 172 Figura 173

Trasformazioni polimorfe del terzo tipo (con cambiamento di legame) Un esempio di tale tipo di trasformazione polimorfa è offerto dal sistema del Carbonio (C) con riferimento alle sue modificazioni polimorfe Diamante e Grafite. Le strutture di tutti i polimorfi del Carbonio sono caratterizzate da legami di tipo covalente che nelle diverse fasi prevedono diverse modalità di condivisioni di elettroni (ibridizzazioni). Nel diamante il legame fra gli atomi di carbonio avviene in modo direzionale tridimensionale (ibridizzazione sp3): ogni atomo di carbonio si lega ad altri quattro disposti come ai vertici di un tetraedro condividendo con ognuno di essi una coppia di elettroni (figura 174a). La sua cella elementare ha geometria cubica a facce centrate e contiene al proprio interno 4 atomi di carbonio, disposti, alternativamente, in quattro dei suoi otto ottanti (figura 174b). Nella grafite il legame fra gli atomi di carbonio avviene in modo direzionale bidimensionale (ibridizzazione sp2): ogni atomo di carbonio si lega ad altri tre disposti come ai vertici di un triangolo equilatero condividendo con ognuno di essi una coppia di elettroni in posizione localizzata e con tutti e tre un elettrone in posizione delocalizzata definendo in tal modo

Page 40: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 163

delle disposizioni esagonali distribuite planarmente180 (figura 174c); tale tipo di legame conferisce alla grafite le sue proprietà “metalliche” e la elevata conducibilità elettrica. La sua cella elementare ha geometria esagonale e vede la sovrapposizione di infiniti piani del tipo di quello rappresentato in figura 174c; tali piani, elettrostaticamente neutri sono legati fra loro (figura 174d) da legami residuali (legami di Van der Waals).

a b c d Figura 174

Appare evidente che anche una trasformazione polimorfa di questo tipo risulta difficile e necessita di elevate temperature. Trasformazioni polimorfe del quarto tipo (per politipia) Questo tipo di trasformazioni si realizza fra fasi che presentano strutture planari sostanzialmente elettrostaticamente neutre in cui i vari strati (o piani) sono legati fra loro da legami residuali (cfr. grafite). La sovrapposizione dei diversi piani, infatti, si può realizzare sia in modo che tutti i nodi di un piano si collochino sulla proiezione di un equivalente nodo appartenente al piano immediatamente successivo, o in modo che ciò avvenga dopo n piani (con n ≠1 ). Tutte queste strutture, che sostanzialmente si differenziano per il valore di n prendono il nome di politipi. Sono esempi di polimorfi politipici le diverse fasi del Carbonio nelle varietà grafite, e molti fillosilicati tipo miche, cloriti, montmorilloniti, ecc. Le trasformazioni da un politipo all’altro avvengono con buona facilità. Trasformazioni polimorfe del quinto tipo (per ordine – disordine) Questo tipo di trasformazione si realizza fra fasi le cui strutture, molto simili, si differenziano per il tipo di collocazione che trovano in esse alcuni ioni vicarianti. Se due ioni vicarianti si collocano in modo statisticamente omogeneo in seno alla struttura, tutti i siti strutturali da essi occupati risultano equivalenti (perché occupati con egual probabilità da entrambi gli ioni vicarianti): chiameremo una tale struttura di tipo “disordinato” per evidenziare il fatto che non esiste un ordine di collocazione dei cationi vicarianti. Se, invece, due ioni vicarianti in seno alla struttura si collocano in modo statisticamente omogeneo prediligendo ciascuno di essi un particolare sito strutturale, i siti strutturali da essi occupati risultano non equivalenti (perché occupati con diversa probabilità dagli ioni vicarianti): chiameremo una tale struttura di tipo “ordinato” per evidenziare il fatto che esiste un ordine di collocazione dei cationi vicarianti. Un esempio tipico di trasformazioni di questo genere, oltre che dai feldspati di cui diremo più avanti, ci viene offerto dai pirosseni rombici. I pirosseni rombici sono miscele isomorfe fra il silicato di magnesio (Mg2[SiO3]2 – En: Enstatite) e quello di ferro (Fe2[SiO3]2 – Fs: Ferrosilite): la loro formula strutturale è: Y2[ZO3]2: Y = posizione strutturale ottaedrica (N.C. = 6); Z = posizione strutturale tetraedrica (N.C. = 4). Nei Pirosseni rombici le due posizioni strutturali ottaedriche (Y) non sono perfettamente eguali e vengono distinte

180 Lo studente noti che la disposizione in anelli esagonali degli atomi di carbonio è presente anche nel diamante (cfr.

fig. 174b – atomi contrassegnati in rosso); nel diamante tuttavia detti anelli non hanno distribuzione planare ma ondulata.

Page 41: Guida al Corso di Mineralogia e costituenti delle rocce ...geologiact.urbands.net/appunti/Mineralogia/4 quarta parte.pdf · Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

. 164

in Y1 e Y2 dove la posizione Y1 è leggermente più ampia181 di quella Y2. Poiché lo ione Fe2+ ha un

raggio ionico maggiore di quello dello ione Mg2+ assisteremo al fatto che al crescere della rigidità del reticolo cristallino (abbassarsi della temperatura d’equilibrio del sistema), crescerà la probabilità

di trovare gli ioni Fe2+ collocati nel sito strutturale Y1; parimenti crescerà la probabilità che gli ioni

Mg2+ si collochino nel sito strutturale Y2. Potremo dire pertanto che al diminuire della temperatura del sistema le miscele isomorfe (Mg,Fe)2[SiO3]2 tenderanno sempre più ad “ordinarsi” nel senso

che gli ioni Fe2+ tenderanno a collocarsi nel sito strutturale Y1, mentre gli ioni Mg2+ si collocheranno nel sito strutturale Y2. In un sistema del tipo di quello descritto saranno presenti infinite fasi polimorfe fra loro differenti per il diverso grado di ordinamento strutturale compreso fra il 100% di ordine ed il 100% di disordine. Poiché il processo d’ordinamento coinvolge processi di diffusione ionica intrareticolare, le trasformazioni di questo tipo necessitano di elevate temperature d’equilibrio.

181 Nei pirosseni monoclini questo sito diviene di tipo X (N.C. = 8).