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GUERRA NUCLEARE IN ITALIA Possibili sviluppi, effetti, difesa e sopravvivenza Alex Lombardi

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GUERRA

NUCLEARE IN

ITALIA

Possibili sviluppi, effetti, difesa

e sopravvivenza

Alex Lombardi

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INDICE

Pag. 3 1 - Ipotesi di attacco nucleare

Pag. 6 2 - Scenario esempio: attacco terroristico nucleare

Pag. 8 3 - Scenario esempio: attacco strategico sull’Italia, bersagli

strategici

Pag. 10 4 - Effetti del bombardamento (alta o bassa quota, al suolo,

sotterranea/sottomarina)

Pag. 10 5- Area dell’esplosione, Titan II da 50 Mton, esplosione a bassa

quota

Pag. 14 6 - Area del fall-out, Titan II da 50 Mton

Pag. 16 7 - Protezione dal fall-out

Pag. 16 8 - Comportamento consigliato in caso di bombardamento

atomico

Pag. 17 9 - Il periodo post-nucleare

Pag. 18 10 - Incidente nucleare nelle centrali svizzere, francesi o slovene

Pag. 22 11 - Radiazioni ionizzanti: patologia umana

Pag. 24 12 - Altre considerazioni riguardo la fauna

Pag. 25 13 - Conclusioni

Pag. 26 14 – Considerazioni sugli sviluppi post-bellici

Pag. 26 15 - Situazione post-nucleare

Pag. 29 16 – Organizzazione per il ripristino post-bellico

Pag. 29 A – Trasporti, comunicazioni e logistica

Pag. 30 B - Sanità

Pag. 30 C – Gli armamenti

Pag. 32 D - Il lavoro

Pag. 32 E - L’organizzazione a livello di autonomia famigliare (aree rurali)

Pag. 34 F – Le aziende agricole

Pag. 34 G - Atteggiamento da tenere durante l’emergenza

Pag. 35 H - Il ritorno alla normalità

Pag. 36 I - I materiali necessari all’autarchia alimentare

Pag. 37 J - Testi scritti importanti

Pag. 38 K - Difendere la cultura e la storia

Pag. 39 17 – Teoria riguardo “L’inverno nucleare”

Pag. 40 18 - Allegato 1: la tuta NBC civile, classe III

Pag. 45 19 – Allegato 2: Strutture di difesa civile

Pag. 45 A - Bunker civili

Pag. 45 B - Stanze blindate o caveau

Pag. 46 C - Panic-room

Questo testo è un approfondimento del capitolo “N” del titolo “Analisi degli scenari critici” © 2014

Calamèo. Copyright immagini cit. © 2011 Caosfera edizioni “Manuale NBC”, A. Lombardi.

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1- Ipotesi di attacco nucleare

Innanzi tutto sono da definire tre tipi diversi di attacco nucleare:

- attacco strategico

- attacco tattico

- attacco terroristico

Il primo si riferisce, con una definizione semplicistica, ad un attacco diretto ad una o

più nazioni al fine di arrecare un danno tale da impedire ritorsioni future. Un attacco

strategico è quindi verosimilmente stabilito in base ad equazioni matematiche,

coivolgendo in egual misura bersagli militari e civili. Un attacco tattico, invece, è

definito tale qualora gli obiettivi siano determinati in base a bersagli e movimenti

militari nemici. Infine un attacco terroristico nucleare trova il proprio scopo non tanto

nel danno materiale inflitto o nella sua importanza tattico/strategica, bensì

nell’indirizzamento emotivo dell’opinione pubblica: sia provocando paura

dell’attaccante, o al contrario motivando all’attacco verso altri presunti colpevoli.

Pensare ad una guerra nucleare strategica al giorno d’oggi é anacronistico, eppure gli

arsenali di tutte le Potenze nucleari stanno crescendo invece di diminuire, quindi

l’argomento verrá affrontato. Se consideriamo una guerra nucleare, attualmente

l’Italia fa parte della NATO, pertanto sarebbe da escludere un attacco americano o

dei suoi alleati. Una ipotesi di guerra strategica al giorno d’oggi potrebbe avere come

protagonisti i due principali schieramenti contrapposti: la NATO appunto, che tutti

conosciamo, e il BRICS. Il BRICS è una associazione economica e al momento non

militare, anche se riunisce tre tra le principali potenze nucleari al di fuori della NATO

(il BRICS è acronimo di Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa). In un discorso

teorico è possibile supporre che in caso di guerra mondiale gli interessi economici

influiscano notevolmente sulle alleanze e sulle strategie militari, ma in fondo solo

questo potrebbe fare identificare i suddetti Paesi come nemico quando, in realtà, le

relazioni diplomatiche attuali non lasciano presagire nessuna ostilità.

A fine esemplificativo, sono riportati alcuni valori riguardo i due ipotetici

schieramenti (2014):

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UNITA’ NATO BRICS

Portaerei (tonnellaggio) 1105300 226800

SSBN 26 21

SSN 66 28

Incrociatori 22 5

Cacciatorpediniere 98 51

Fregate 94 22

Aerei da guerra (operativi) 5685 4746

Carri da battaglia 12692 31412

Testate nucleari attive 2554 1960

Investimento (US $ bln) 1014 308

Militari effettivi 3479000 4767000

Importante sottolineare che per svolgere un attacco strategico efficace la nazione

attaccante debba possedere la cosiddetta triade nucleare, ovvero mezzi ed armi atti ad

un attacco simultaneo per terra, cielo e mare. Al giorno d’oggi, solo Cina, Russia e

Stati Uniti possiedono una triade nucleare completa.

Infine si può supporre che una guerra strategica possa evolvere o prodursi in modo

imprevedibile e le conseguenze locali siano indipendenti da alleanze precedenti o di

fatto: ad esempio, pur dichiarandosi “amici” proprio gli alleati hanno compiuto i

bombardamenti piú pesanti sull’Italia (perché erano comunque presenti truppe

nemiche sul nostro territorio). Di certo durante la guerra fredda gli americani avevano

considerato, in caso d’invasione, di bombardare a tappeto il Veneto per impedire

un’eventuale avanzata sovietica. Tutte queste ipotesi sembrano ormai superate, peró é

chiaro che non si possa mai predire cosa potrebbe verificarsi durante una guerra

nucleare e se, in una seconda fase, anche tra Stati Uniti ed Europa vi possano essere

ostilità. A livello teorico potremmo essere colpiti dalla Russia o dagli Stati Uniti, cosí

come dalla Francia o dalla Gran Bretagna. Anche la Cina sarebbe in grado di colpirci,

e siamo a tiro utile degli MRBM (missili balistici a medio raggio) israeliani, molto

probabilmente di quelli iraniani (se e quando l’Iran risulterà di essere in possesso di

armi nucleari, o ne avranno già prodotto in quantità tale da mettere il mondo davanti

al fatto compiuto, come è stato per Israele). La Corea del Nord non avendo ICBM

(missili intercontinentali) non riuscirebbe ad attaccarci, e cosí nemmeno il Pakistan o

l’India: sempre che non abbiano la possibilitá di produrre ed arrivare ad inviare

sottomarini nucleari nel Mediterraneo, o che sviluppino la tecnologia necessaria per

costruire ICBM. Oltre la capacitá peró si dovrebbe pensare al movente: al momento

non pare possano esserci ragioni plausibili per cui si debba pensare ad attacchi del

genere.

Riguardo la possibilità di attacchi terroristici nucleari: sempre teoricamente, in questo

caso potrebbero essere utilizzati ordigni del tipo SADM (special atomic demolition

monition, bombe di dimensioni estremamente ridotte: le più piccole che conosciamo

misurano appena 27 cm di diametro per una lunghezza di 40 cm; con una potenza

nominale fino a 1 kton). C’è da dire che un ordigno nucleare di cosí piccole

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dimensioni richiede per la sua fabbricazione una tecnologia forse posseduta da tre-

cinque Paesi in tutto il mondo. Oltre a questo, se venisse scoperta la bomba prima

dell’esplosione non vi sarebbe nessuna pietá per il Paese che risultasse l’abbia

venduta a questi “terroristi”: rischiando cosí una rappresaglia durissima, rispetto al

relativamente piccolo danno inferto al nemico o al profitto ricavato. Un’arma

nucleare potrebbe essere facilmente scoperta anche a grande distanza, risulterebbe

persino identificabile (teoricamente, anche se difficilmente) da una ricerca satellitare.

SADM potrebbero piú facilmente essere usati da servizi segreti: contro al nemico, in

caso di un attacco molto focalizzato; o contro il proprio Paese facendo ricadere la

colpa su altri, qualora si voglia ottenere un forte appoggio della popolazione in vista

di un attacco giá pianificato. Si chiama “strategia incidente Gleiwitz” o anche “falsa

bandiera”. A Gleiwitz infatti i tedeschi, travestiti da polacchi, si sono auto-attaccati

per avere il pretesto di invadere la Polonia e cosí fare iniziare la Seconda Guerra

mondiale. Ora, questa ipotesi potrebbe sembrare al limite del complottismo, ma

proprio nello studio di un’eventualità di guerra nucleare non può essere tralasciata.

Fino ad oggi si sono verificati in guerra due soli attacchi nucleari, e non abbiamo

storicamente alcun precedente di guerra nucleare, pertanto, lo studio si basa su

semplici teorie, le quali, tutte, dovrebbero essere considerate. Partendo dalla teoria

del pazzo ovvero allo fare credere diplomaticamente che il leader di una nazione sia

davvero determinato ad usare ordigni bellici anche per primo (il caso di Nixon)

oppure, ritornando al discorso di un attacco terroristico, il potere fornire il pretesto

(previsto nell’ordinamento di alcuni Paesi) per potere organizzare un attacco di

rappresaglia dopo un primo attacco, ovvero in questo caso si tratterebbe ufficialmente

di una reazione difensiva. L’eventuale interesse nel creare una situazione simile sta

nell’effetto sorpresa sul nemico, e sulla possibilità di pianificare un attacco in forze

che darebbe un vantaggio di svariati megatoni di potenza al Paese attaccante.

Si spera queste cose non accadano mai: una guerra nucleare globale porterebbe

probabilmente l’emisfero nord a condizioni di radioattività tali da lasciare pochissime

speranze di sopravvivenza, oltre agli isotopi e al cambiamento climatico che

renderebbero il mondo un posto non piú molto ospitale. Ovviamente è uno scenario

limite, le possibilità reali che accada sono proporzionali al buonsenso (o alla pazzia)

dei governanti. Per quanto riguarda organizzazioni criminali e terroristiche, invece, la

possibilità di un eventuale attacco è solo determinata dalla difficoltà di reperibilità di

detti ordigni, in quanto di certo non mancherebbe la volontà di utilizzarli. Bersagli

plausibili potrebbero essere punti di prestigio (ovvero piazze di città importanti,

monumenti nazionali, sedi religiose e politiche); oppure punti sensibili (ovvero

bersagli dove l’esplosione potrebbe causare danni secondari più gravi: dighe, centrali

nucleari ed elettriche, raffinerie e poli chimici, ma anche esplosioni nel sottosuolo o

sommerse che implicherebbero una grave ricaduta radioattiva in località densamente

abitate). Infine un attacco terroristico nucleare potrebbe essere svolto con bombe

sporche ma in questo caso si tratterebbe di un’arma più simile negli effetti ad

un’arma chimica, poiché l’esplosione sarebbe determinata dal solo esplosivo

convenzionale e il materiale radioattivo avrebbe la sola funzione di contaminante.

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2 – Scenario esempio: attacco terroristico nucleare

La seguente tabella riporta i principali bersagli sensibili (S) e di prestigio (P) in Italia.

Oltre ai bersagli primari sono stati presi in esame: aereoporti con traffico > 1mln,

dighe ad arco-gravità, bacini idrici importanti con sbarramento artificiale, stazioni

ferroviarie con traffico > 50 mln, centrali elettriche con produzione > 2000 MW,

raffinerie con produzione/lavorazione > 8 mln. Ton, città con metropolitana

sotterranea e principali città per affluenza turistica.

Localizzazione Bersaglio Tipo Obiettivo Danni

collaterali

Area colpita

Alaco (VV) Diga S Demolizione

diga

Inondazione,

contaminazione

acque

Comuni

limitrofi

Augusta (SR) Raffineria S Esplosione e

incendio

Avvelenamento

dell’aria

Comuni

limitrofi

Bergamo (BG) Aereoporto S Distruzione

aereoporto

Traffico aereo Orio al Serio

Bissina (TN) Diga S Demolizione

diga

Inondazione,

contaminazione

acque

Comuni

limitrofi

Bologna C.le

(BO)

Stazione

FFS

S/P Esplosione

urbana

Traffico

ferroviario

Città di

Bologna

Casteldoria

(SS)

Diga S Demolizione

diga

Inondazione,

contaminazione

acque

Comuni

limitrofi

Catania (CT) Metropolit

ana

S Esplosione

sotterranea

Ricaduta

radioattiva

Città di

Catania

E. d’Arborea

(OR)

Diga S Demolizione

diga

Inondazione,

contaminazione

acque

Comuni

limitrofi

Firenze S.M.N.

(FI)

Stazione

FFS

S/P Esplosione

urbana

Traffico

ferroviario

Città di

Firenze

Gannano (MT) Diga S Demolizione

diga

Inondazione,

contaminazione

acque

Comuni

limitrofi

Milano (MI) Aereoporto S Distruzione

aereoporto

Traffico aereo Linate

Milano (MI) Aereoporto S Distruzione

aereoporto

Traffico aereo Somma

Lombardo

(Malpensa)

Milano C.le

(MI)

Stazione

FFS

S/P Esplosione

urbana

Traffico

ferroviario

Città di

Milano

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Milano (MI) Duomo P Distruzione

duomo

- Città di

Milano

Milano (MI) Metropolit

ana

S Esplosione

sotterranea

Ricaduta

radioattiva

Città di

Milano

Milazzo (ME) Raffineria S Esplosione e

incendio

Avvelenamento

dell’aria

Comuni

limitrofi

Montalto di

Castro (VT)

Centrale

termoelettr

ica

S Esplosione

centrale

Black out,

avvelenamento

dell’aria

Comuni

limitrofi

Muzzone (SS) Diga S Demolizione

diga

Inondazione,

contaminazione

acque

Comuni

limitrofi

Napoli C.le

(NA)

Stazione

FFS

S/P Esplosione

urbana

Traffico

ferroviario

Città di

Napoli

Napoli (NA) Metropolit

ana

S Esplosione

sotterranea

Ricaduta

radioattiva

Città di

Napoli

Pietra d.

Petrusillo (PZ)

Diga S Demolizione

diga

Inondazione,

contaminazione

acque

Comuni

limitrofi

Pisa (PI) P.za

Miracoli

P Distruzione

duomo e torre

- Città di Pisa

P.to Tolle (RO) Centrale

termoelettr

ica

S Esplosione

centrale

Black out,

avvelenamento

dell’aria

Comuni

limitrofi

Priolo (SR) Raffineria S Esplosione e

incendio

Avvelenamento

dell’aria

Comuni

limitrofi

Ridracoli (FC) Diga S Demolizione

diga

Inondazione,

contaminazione

acque

Comuni

limitrofi

Roma (RM) Aereoporto S Distruzione

aereoporto

Traffico aereo Fiumicino

Roma Termini

(RM)

Stazione

FFS

S Esplosione

urbana

Traffico

ferroviario

Città di Roma

Roma

Tiburtina (RM)

Stazione

FFS

S Esplosione

urbana

Traffico

ferroviario

Città di Roma

Roma (RM) Metropolit

ana

S Esplosione

sotterranea

Ricaduta

radioattiva

Città di Roma

Roma (RM) Palazzo

Chigi

P Distruzione sede

del governo

Paralisi

temporanea

dell’esecutivo

Città di Roma

Roma (RM) Palazzo

Madama

P Distruzione sede

del senato

- Città di Roma

Roma (RM) Montecitor P Distruzione sede - Città di Roma

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io camera dei

deputati

Sannazzaro

(PV)

Raffineria S Esplosione e

incendio

Avvelenamento

dell’aria

Comuni

limitrofi

Sarroch (CA) Raffineria S Esplosione e

incendio

Avvelenamento

dell’aria

Comuni

limitrofi

Sauris (UD) Diga S Demolizione

diga

Inondazione,

contaminazione

acque

Comuni

limitrofi

Tessera (VE) Aereoporto S Distruzione

aereoporto

Traffico aereo Favaro Veneto

Torino Porta

Nuova (TO)

Stazione

FFS

S/P Esplosione

urbana

Traffico

ferroviario

Comuni

limitrofi

Trecate (NO) Raffineria S Esplosione e

incendio

Avvelenamento

dell’aria

Comuni

limitrofi

Tuturano (BR) Centrale

termoelettr

ica

S Esplosione

centrale

Black out,

avvelenamento

dell’aria

Comuni

limitrofi

Venezia (VE) P.za S.

Marco

P Distruzione

basilica e

campanile

- Città di

Venezia

Estero (CDV) Città del

Vaticano

P Distruzione sede

pontificia

- Città di Roma

Estero (F-CH-

D-A-SLO)

Centrali

nucleari

S Esplosione

centrali nucleari

Black out,

ricaduta

radioattiva

Nord Italia

3- Scenario esempio: attacco strategico sull’Italia, bersagli strategici

Riguardo una ipotesi di attacco strategico, possiamo ipotizzarne effetti e sviluppi in

base agli studi svolti durante la guerra fredda.

Prendiamo come esempio un arsenale strategico di una potenza nucleare (USA,1983):

- 1000 Minuteman: ICBM da 5-15 Mton1

- 43 Titan: ICBM da 20-50 Mton

- 241 B-52G/H model bombers: 482 bombe

- 56 FB-111 bombers: 112 bombe

1 Mton, o megatone, indica la potenza in esplosivo convenzionale equivalente. 1 Mton equivale a 1 milione di tonnellate

di tritolo. Per rendere l’idea, la bomba di Hiroshima era 4000 volte meno potente di una moderna testata atomica. Test

nucleari confermano che l’onda d’urto di un ordigno da 50 Mton attraversa tre volte l’intera superficie del pianeta. La

totalità dell’esplosivo utilizzato nella II guerra mondiale ammonta a 10 Mton.

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- 496 sottomarini SSBN classe Poseidon: portata media 10 Polaris A-3 da 3 MTon

- 72 sottomarini SSBN classe Trident: portata media 16 Polaris A-3

Efficienza: I silos di Titan e Minuteman sono completamente vulnerabili a un attacco

da ICBM, B-52 e FB-111 da oltre 20 anni “non sarebbero in grado di penetrare le

difese aeree russe” e sono usati per altri scopi, gli SSBN sarebbero in grado di

lanciare tutti i missili solo qualora non venissero intercettati.

Una stima pessimistica di missili sul bersaglio è la seguente:

- 500 Minuteman da 5 Mton

- 22 Titan da 20-50 Mton

- ca 3000 Polaris A-3 da 3 Mton

Comunque una potenza di fuoco di oltre 12000 megatoni (garantiti sui bersagli).

Si può così simulare cosa accadrebbe in caso di conflitto tra l’Italia e una potenza

nucleare che ordinasse un attacco strategico contro la nostra nazione.

ICBM, MRBM = missili balistici intercontinentali e a medio raggio;

SSBN = sottomarini nucleari strategici.

La potenza nominale delle testate é del tutto indicativa.

Elenco bersagli (simulazione di attacco strategico)

- Aeroporto militare di Rimini: Polaris A-3,esplosione a bassa quota

- Base NATO di Aviano: Titan II, esplosione a bassa quota

- Vicenza: Polaris A-3, esplosione ad alta quota

- Taranto: Polaris A-3, esplosione in mare

- Aeroporto militare di Sigonella: Polaris A-3, esplosione a bassa quota

- Base NATO Trapani-Birgi: Polaris A-3, esplosione a bassa quota

- Base NATO Comiso-Ragusa: Polaris A-3, esplosione a bassa quota

- Porto di Trieste-Monfalcone: Minuteman, esplosione in mare

- Golfo di Napoli: Minuteman, esplosione in mare

- Roma: Minuteman, esplosione ad alta quota

- Golfo della Spezia: Minuteman,esplosione in mare

- Alessandria: Titan II, esplosione ad alta quota

Il tipo d’esplosione e di arma utilizzata, nonché la localizzazione dei bersagli

strategici sono stati scelti in base a calcoli automatici teoricamente simili ai

programmi di lancio strategici (statunitensi) di inizio anni ’80.

Nota: attualmente in Italia sono dislocate 90 (o 70) testate nucleari USA tipo B61 da

50 chilotoni: 50 ad Aviano e 40 a Ghedi Torre. Altre fonti citano differenze di poche

decine di unità, e una potenza massima di 0.3 Mton (cadauna).

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4- Effetti del bombardamento (alta o bassa quota, al suolo,

sotterranea/sottomarina)

Una esplosione ad alta quota ha la maggiore estensione totale, seppure una zona di

distruzione non molto estesa, un picco di radioattività immediato e una scarsa

ricaduta radioattiva seguente. Questo tipo di esplosione può riferirsi ad un attacco

contro satelliti o ad un uso come “bomba elettromagnetica” ovvero al fine di rendere

inutilizzabili i principali componenti elettronici. Dal suolo parrebbe visibile come

una stella molto vicina, quasi equiparabile a un piccolo sole.

Una esplosione a bassa quota (la più efficace contro bersagli civili estesi e

probabilmente definibile come “tipica” in caso di bombardamento strategico) risulta

l’ottimizzazione dell’effetto meccanico (zona di distruzione) in rapporto alla potenza

nominale della testata. La radioattività residua nella zona d’esplosione è massima, la

ricaduta radioattiva invece è trascurabile paragonata ad esplosioni al suolo, seppure

letale a decine di chilometri di distanza sottovento all’esplosione. Lo scoppio prende

forma di fungo, con stelo più sottile in modo proporzionale all’altezza

dell’esplosione.

Una esplosione in superficie causa una radioattività immediata inferiore alle

precedenti, l’effetto meccanico è focalizzato in un’area più ridotta dove si forma

addirittura un cratere a volte del diametro di chilometri, il fungo derivante è più basso

e tozzo e alla sua base si estende la nube di detriti e polveri derivante dall’onda

d’urto. La ricaduta radioattiva è maggiore e più pericolosa. Questo tipo di esplosione

è in grado di danneggiare gravemente silos missilistici e rifugi antiatomici, basi

militari, strutture fortificate, infine i bunker civili non sono in grado di supportare gli

effetti dello scoppio.

Infine una esplosione sottomarina (o sotterranea) ha per scopo la distruzione di

bersagli sotto la superficie, oppure l’ottimizzazione dell’effetto di fall-out. La

ricaduta radioattiva infatti è massima e potrebbe essere letale a centinaia di chilometri

dallo scoppio (sottovento). Esplosioni sottomarine potrebbero essere indirizzate

principalmente contro flotte e porti, la radioattività anche residua in loco arriva ai

livelli massimi. Esplosioni sotterranee e/o sottomarine potrebbero essere anche

preferite in quanto il vettore potrebbe essere occultato, non riconosciuto, o la bomba

potrebbe essere posizionata tempo prima dello scoppio. L’effetto visibile non ha

forma di fungo ma potrebbe apparire come una notevole esplosione convenzionale.

5- Area dell’esplosione, Titan II da 50 Mton, esplosione a bassa quota

- Fascia 1 (raggio = circa 10 km) area dell’esplosione: tutte le persone allo scoperto,

in veicoli, in edifici in muratura ecc. vengono disintegrati all’istante. Sollevamenti e

abbassamenti del suolo a onde; vengono raggiunte pressioni fino a 500 atm. e

temperature di alcuni milioni di gradi. Persone in edifici in cemento armato e bunker

civili talvolta possono sopravvivere, tuttavia l’innalzamento della temperatura e le

radiazioni possono provocare ustioni e ulcerazioni incurabili.

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- Fascia 2 (raggio = 35-40 km) area dell’onda d’urto: gli effetti in quest’area sono

simili a un terremoto di intensità X-XI scala Mercalli. Pochi edifici superstiti, ponti

danneggiati, condutture e cavi fuori uso, vetri esplosi, vento fino a 400 km/h di

temperatura oltre i 250°C. Persone all’aperto e in edifici poco resistenti vengono

carbonizzate, chi si trova in edifici resistenti può sopravvivere, anche se con il rischio

di ustioni e ulcerazioni che possono portare alla morte in alcuni giorni. La carta, le

plastiche, i capelli e i vestiti in condizioni di buona visibilità si incendiano

istantaneamente, presenza di numerosi incendi di edifici e boschi.

- Fascia 3 (raggio = 50-70 km) area di prossimità: intensità simile al grado VII-VIII

scala Mercalli: crepe nei muri,crollo di camini ed intonaci. Il fungo atomico è

visibile, osservare l’esplosione da questa distanza porta alla cecità. All’interno di

edifici in muratura le persone non hanno conseguenze derivanti dall’esplosione, le

radiazioni sono ancora elevate ma non letali. Oltre a questa distanza possono trovarsi

apparecchiature elettroniche non colpite dall’impulso elettromagnetico

dell’esplosione atomica.

- Fascia 4 (fino 75-80 km) area di sicurezza: l’esplosione atomica è visibile ma le

radiazioni sono limitate. All’aperto è possibile osservare l’esplosione con occhiali

protettivi. Le abitazioni non subiscono danni ad esclusione dei vetri. Questa area

delimita una ricaduta locale in genere inferiore ai 3000r.

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Immagine 1: Tipologie di rifugi interni

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Immagine 2: L’Italia colpita da un bombardamento nucleare strategico:

blu = fascia 1,

azzurro = fascia 2,

giallo = fascia 3,

la linea rossa delimita la fascia 4.

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6 - Area del fall-out, Titan II da 50 Mton

Il fall-out è la ricaduta radioattiva, ovvero il pulviscolo portato in alto dal fungo

durante l’esplosione (10-20 km di quota) e che ricade al suolo sotto forma di polvere,

neve o pioggia. La ricaduta comunque varia dalla direzione del vento, dalle

condizioni metereologiche, dal clima e dalla latitudine. Le radiazioni emanate dal

fall-out non possono essere viste o percepite e non hanno odore.

Queste radiazioni vengono misurate in rad, la radiazione x in roentgen = r. Per

esempio, la radiazione esistente in natura varia da 0,1 a 0,2r , considerando 0,5r come

un livello di sicurezza. Un’esposizione di 100r induce nella persona irradiata

leucemia o cancro osseo, che possono rivelarsi dopo diversi anni; ma con una

probabilità 10 volte maggiore rispetto a una persona non irradiata. Per una

esposizione totale di 450r si ha una mortalità del 50% (D.L. 50).

L’area di fall-out per una Titan è di circa 22000 chilometri quadrati, con vento a 20

km/h.

Nella direzione del vento vi è una ricaduta di 100r a 280 km dal punto dell’esplosione

18 ore dopo; la stessa quantità di roentgen vi è a 30 km in un’altra direzione.

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Immagine 3: ricaduta locale. Il diagramma a sinistra riporta le linee di ugual dose in

r per le radiazioni emesse dalle precipitazioni radioattive delle prime 36 ore dopo

un’esplosione termonucleare in mare da diversi MTon; i tre a destra danno le stesse

informazioni per la ricaduta dopo un’esplosione in superficie.

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7 - Protezione dal fall-out

La formula matematica che esprime il decadimento locale è che all’aumentare di 7

volte del tempo la radiazione diminuisce di 10 volte. Inoltre, la radiazione gamma è

assorbita al 50% da 9 mm di piombo; o 5 cm di cemento o 6,3 cm di terra, legno,

carne o acqua.

Esempio di diversi tipi di protezione, distanze diverse:

Rad esterni 3000 1000 300 100

sopravento 5 km 10 km 20 km 30 km

sottovento 50 km 80 km 220 km 280 km

Casa in

muratura, 30cm

97r 34r 7r 5r

Casa con muri

in sasso, 50 cm

16r 7r 4r 1r

Edificio in

cemento armato

6r 2r 1r 0.5r

Seminterrati e

cantine

3r 1r 0.3r 0.2r

Bunker civili,

1mt profondità

1r 0.3r 0.2r 0.2r

È quindi intuibile l’assoluta importanza di rimanere al chiuso e di non esporsi in

nessun modo al fall-out, addirittura si potrebbe sopravvivere all’interno di un grande

edificio anche con 3000r esterni e a soli 35km dall’esplosione senza subire un grave

irraggiamento purché l’edificio sia in buono stato e non ci si debba mai recare

all’esterno.

La durata del pericolo da radiazione locale varia, ma in circa quindici giorni il

decadimento del miscuglio dei prodotti di fissione dovrebbe portare a una attività

inferiore ai 3r, dove vi era una attività di 3000r nelle prime 24h.

La ricaduta troposferica e stratosferica, invece, ha durata massima di circa un mese,

infatti, in questo periodo praticamente tutta l’aria troposferica passa qualche ora in

una nube. Permane, invece, il rischio di avvelenamento da isotopi.

8 - Comportamento consigliato in caso di bombardamento atomico

- Se si ha il tempo per prepararsi, scegliere uno spazio il più lontano possibile dai

muri esterni e dal tetto della casa. Meglio una cantina o un seminterrato, altrimenti

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una stanza centrale al piano terra.

- Riempire di sacchi di terra o sabbia le finestre, il camino e le altre aperture, così

anche il pavimento del piano superiore. Sono validi anche mattoni, cemento, legna,

libri e mobili.

- Al centro della stanza prescelta improvvisare un rifugio interno tipo “appoggiato”,

“tavolo” o “armadio”. Qui vi si dovrà rimanere continuamente per almeno 15 giorni.

Per i servizi igienici saranno necessari secchi da vernice o preferibilmente un WC

chimico. In questa situazione, l’assorbimento di radiazioni dovrebbe essere limitato

entro i 10r anche con 3000r esterni, a patto che non si esca mai da questa stanza.

- Immagazzinare in questa stanza quanta più acqua e cibo è possibile, e una radio a

transistor: quando ricomincerà a funzionare significherà una diminuzione notevole

delle radiazioni, inoltre potrà informare sulle condizioni locali.

- Fornirsi di un kit di sopravvivenza: fornellino e bombole di GPL, armi, torce

elettriche, candele, stivali di gomma, tute NBC, ipoclorito di sodio, medicinali.

- Le bombe cadranno sui bersagli ogni 10 secondi, la durata del conflitto durante

l’attacco e la prima rappresaglia è di circa 25-45 minuti.

9 - Il periodo post-nucleare

Passati 15 (o meglio 30) giorni si potrà uscire per brevi periodi dal rifugio. È

importante, a questo punto, venire a conoscenza di dove si trovano le aree più

contaminate e dove sono cadute le bombe.

La ricaduta stratosferica è limitata a circa 10 gradi di latitudine, e le perturbazioni si

spostano generalmente da ovest verso est. Pertanto, in caso di attacco termonucleare

strategico diretto all’Italia, ci si dovrebbe portare a diverse centinaia di km: la Libia al

di sotto del 30° parallelo e la Norvegia sarebbero le aree più vicine non direttamente

coinvolte (sempre che l’attacco sia stato singolo e focalizzato sull’Italia).

Proprio per questo, siccome sarebbero più elevate le probabilità di non potere essere

evacuati, analizziamo il comportamento migliore da tenere al fine di sopravvivere

contaminandosi il meno possibile.

Di indubbia importanza è l’essere a conoscenza delle previsioni meteorologiche delle

48 ore successive al bombardamento, per evitare di rimanere in zone colpite da

precipitazioni contaminate, e nel contempo per evitare di essere sorpresi dal fall-out

allo scoperto. A questo punto si potranno tracciare in una mappa le aree non colpite

dal fall-out tra quelle considerate in fascia 4 da esplosioni nucleari, verranno poi

privilegiate le zone rurali, di montagna, vicino a corsi d’acqua con bacino idrico privo

di aree contaminate.

Bisognerà, infatti, evitare le città, anche perché l’elevato numero dei morti in

putrefazione, la scarsità di igiene e la difficile reperibilità di acqua pulita porteranno

presto a conseguenze di rischio biologico, trattate in seguito. Le città possono avere il

vantaggio di una difesa militare, di reperibilità di cibo e di medicinali, ma essendo

più densamente abitate possono essere molto pericolose non solo per le malattie

infettive, ma anche per lo stato panico e caos che si creerebbe (sciacallaggii, bande

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armate, sbando delle stesse forze armate) e che porterebbe molto probabilmente a una

forte repressione o addirittura alla legge marziale.

La reperibilità di cibo e di acqua è il problema più serio per i primi mesi, a cui si

potrebbe ovviare in una simile emergenza rifornendosi da negozi, supermercati,

aziende conserviere e casearie, magazzini e consorzi agrari. Questo sicuramente

risulterebbe più facile in piccoli paesi piuttosto che in grossi centri. Possibilmente,

poi, non si dovrebbero assumere cibi freschi fino all’inverno successivo per evitare

una contaminazione da isotopi. Passato il primo inverno, ci si potrà cibare di prodotti

agricoli, presenti in grande quantità nel nostro territorio e che sarebbero certamente

trascurati, oltre a poter coltivare un appezzamento di terreno, qualora si riuscissero a

reperire le sementi.

L’allevamento e la caccia dovrebbero essere limitate alle sole generazioni successive

agli animali presenti nel periodo di maggiore radioattività, dovrebbero essere poi

scartate le ossa, le interiora e il fegato in quanto vi si potrebbero trovare tracce dei

prodotti di fissione. Per lo stesso motivo si dovrà evitare il consumo di latte per

almeno un anno.

10 - Incidente nucleare nelle centrali svizzere, francesi o slovene

È un’evenienza più probabile di un bombardamento, che potrebbe accadere sia per

cause accidentali sia per cause dolose (ad esempio un attentato terroristico),

comunque di più facile gestione da parte del Governo in quanto non sarebbe un

fenomeno globale, ovvero la contaminazione proverrebbe da un’unica, o poche,

località.

Un incidente catastrofico (di classe equiparabile a Chernobyl) potrebbe portare a una

contaminazione locale, stratosferica e troposferica simile all’effetto di un potente

ordigno bellico (o addirittura superiore, per quanto riguarda la ricaduta radioattiva),

ma almeno per quanto riguarda l’Italia non ci sarebbero vittime derivanti

dall’esplosione, né danni alle infrastrutture, per questo si può presupporre che il

sistema statale potrebbe mantenere l’efficienza per rispondere al disastro.

Ci sarebbero probabilmente zone gravemente colpite dal fall-out e ipoteticamente

fino a decine di migliaia di morti, ma in diverse zone si potrebbe avere il tempo di

evacuare, dato che una perturbazione che viaggia a 50 km/h impiegherebbe circa 7

ore dalla frontiera francese a Bologna, per esempio. Ulteriori aree ad ipotetico rischio

sono le zone di Aviano (PN) e Ghedi Torre (BS) per le testate nucleari ivi presenti:

vorrei ricordare che anche se in Italia non abbiamo centrali nucleari operative, nei

bunker di dette basi vi è una potenza nucleare che varia dai 3.5 ai 32 Mton.

Il comportamento da adottare segue gli stessi principi già trattati, in questa evenienza

sarebbe però più facile conoscere le aree contaminate e lo svolgimento degli eventi

perché sicuramente in primo piano in tutti i mass-media.

Per chi si trova in zona a rischio:

- Ricordarsi, se si è in una zona ove è impossibile evacuare, di approntare un rifugio

come già trattato;

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- Non uscire mai, per nessun motivo, per almeno 15gg;

- Quando si esce, meglio con tuta NBC, evacuare: in caso di incidente nucleare

oltralpe, a sud degli Appennini e a est di Perugia la contaminazione dovrebbe essere

molto bassa;

- È preferibile non mangiare, piuttosto che ingerire cibi freschi contaminati, inoltre

controllare sempre, anche in seguito, di cibarsi con prodotti confezionati prima

dell’incidente. In questi casi i governi potrebbero essere costretti, per riportare a

condizioni di normalità le aree disagiate, ad alzare i livelli limite di contaminanti e a

riavviare le produzioni troppo presto.

In ogni caso non può essere prevista la strategia adottata dai governi in tale

evenienza, in questa sede analizzeremo i comportamenti migliori per uscire da simili

situazioni assorbendo le minori radiazioni possibili, ovvero:

- Non esporsi alla pioggia o alla neve durante i primi 3-4 mesi.

- Non cibarsi di prodotti agricoli fino alla stagione successiva, eliminare ogni animale

da ingrasso vivo al momento dell’incidente. Cercare di raccogliere frutta e verdura

per portarli all’interno come scorte, prima del fall-out.

- Prestare particolare attenzione anche all’acqua come al cibo. Bere solo acqua

confezionata prima dell’incidente. A tale scopo è consigliato, prima del fall-out, di

riempire ogni contenitore a disposizione di acqua, sfruttando anche l’acqua

dell’acquedotto, e di portarlo in una stanza sicura.

- Le scorte di cibo e acqua dovranno essere portate nel rifugio interno, scorte stoccate

in altre stanze potranno essere utilizzate dopo minimo 15 giorni.

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Immagine 4: I reattori nucleari operativi in Europa, ad agosto 2009

REATTORI OPERATIVI PIÙ VICINI ALL’ITALIA, DISTANZA DA BOLOGNA

TRICASTIN (F): 4 Reattori - Km 526,4 Ovest

CRUAS (F): 4 Reattori - Km 520,7 Ovest

PHENIX (F): 1 Reattore - Km 511,4 Ovest-nord-ovest

SAINT-ALBAN (F): 2 Reattori - Km 525,2 Nord-ovest

BUGEY (F): 4 Reattori - Km 492,8 Nord-ovest

FESSENHEIM (F): 2 Reattori - Km 468,3 Nord-nord-ovest

GOESGEN (CH): 1 Reattore - Km 367,2 Nord-nord-ovest

BEZNAU (CH): 2 Reattori - Km 374,1 Nord-nord-ovest

LEIBSTADT (CH): 1 Reattore - Km 409,9 Nord-nord-ovest

MUEHLEBERG (CH): 1 Reattore - Km 444,7 Nord-nord-ovest

GUNDRENMINGEN (D): 2 Reattori - Km 457,1 Nord

ISAR (D): 2 Reattori - Km 476,8 Nord

NECKAR (D): 2 Reattori - Km 549,4 Nord

KRSKO (SLO): 1 Reattore - Km 362,8 Est-nord-est

NOTA: Sono stati presi in esame solo i reattori operativi a Agosto 2009, nel raggio di

550 km da Bologna.

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Immagine 5: zone di contaminazione da incidente nucleare in Francia o Svizzera

In azzurro: contaminazione max fino a 1500r.

In giallo: contaminazione max fino a 450r.

la linea rossa indica il limite dei 100r massimi.

È consigliabile, finita l’emergenza, trasferirsi oltre questa linea. La ricaduta è stata

calcolata da un ipotetico incidente di classe 7 (fusione del nocciolo) nelle centrali

vicine alla frontiera italiana, con vento in direzione dell’Italia.

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Immagine 6: La zona contaminata di Chernobyl.

I dati relativi alla contaminazione di quest’area mostrano che i livelli più elevati di

radioattività, in alcune direzioni, vengono registrati fino a una distanza di quasi 260

km dal reattore.

Tuttavia la contaminazione derivante da un fall-out è solo parzialmente prevedibile,

in quanto fortemente influenzata dai fattori climatici del momento, e ha una copertura

sul territorio detta a macchie di leopardo. L’unico tipo di previsione (quasi) sicura di

un’ipotetica contaminazione viene effettuata utilizzando i dati di contaminazione

massima registrati nel punto più distante dal punto zero. In base a questi semplici

calcoli è stata creata l’immagine 5.

11 - Radiazioni ionizzanti: patologia umana

Quanto si dirà per l’uomo vale anche per tutti gli altri mammiferi. Saranno descritti

brevemente: gli effetti da irradiazione acuta e cronica su alcuni organi e tessuti, le

alterazioni indotte nell’embrione, la sindrome da irradiazione acuta generalizzata, le

alterazioni dovute a irradiazione totale subacuta e cronica, le conseguenze

dell’intossicazione radioattiva, le alterazioni di tipo neoplastico, le implicazioni

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genetiche dell’irradiazione delle ghiandole sessuali.

- Cute e annessi. L’irradiazione della cute al di sopra del valore soglia (dose eritema)

produce la comparsa di un arrossamento della stessa. Un fugace arrossamento può

comparire dopo qualche ora, ma l’eritema da radiazione X, gamma appare dopo 7-12

giorni e permane a lungo. Per dosi più elevate compaiono anche vescicole e, in

seguito, anche ulcerazioni necrotiche difficili da guarire e che lasciano cicatrici che in

seguito possono degenerare in tumori.

Peli e capelli nell’area irradiata cominciano a cadere dopo circa 7 giorni e dopo

qualche tempo ricrescono, normali nell’uomo, depigmentati negli animali. La dose

eritema si aggira sui 500r. L’irradiazione cronica della cute per esposizione frequente

a piccole dosi di radiazione porta a alterazioni della pigmentazione e dell’elasticità

della cute con l’apparizione di fini grovigli di capillari iniettati di sangue. La cute

diviene arida per distruzione delle ghiandole sebacee, in seguito compaiono ragadi e

ulcerazioni dolorose; le unghie si fanno fragili e deformi.

Col tempo l’obliterazione dei vasi cutanei può dar luogo a gravi fenomeni necrotici e

spesso a degenerazione carcinomatosa.

- Apparato digerente. La massima sensibilità si osserva nella mucosa gastrica e più

ancora nei villi del duodeno e del tenue. Possono formarsi ulcere, ma se non

insorgono complicazioni necrotiche e infettive la riparazione dell’epitelio è di solito

rapida. Le ghiandole salivari hanno media sensibilità, molto resistenti sono fegato e

pancreas.

- Gonadi. Nell’adulto l’irradiazione di 100 roentgen porta a sterilità, che sopravviene

dopo qualche tempo e che cessa dopo diversi mesi o qualche anno, la fertilità riappare

più tardi nella donna.

- Utero. È abbastanza resistente alle radiazioni, tuttavia dosi di 15 rad portano spesso

alla morte del feto, o alla nascita di un feto deforme destinato a breve vita o con una

alta probabilità di una insorgenza di leucemia nella prima infanzia.

- Organi emopoietici. L’irradiazione del timo, delle linfoghiandole, della milza e del

midollo porta alla distruzione delle cellule emopoietiche, così che linfociti, monociti,

granulociti, emazie e piastrine scompaiono gradualmente portando spesso a diverse

forme di leucemie.

- Irradiazione acuta generalizzata (male da raggi). È causata da un’irradiazione totale

superiore ai 150r, dopo la quale è avvertibile un sapore metallico: la soglia per la

mortalità si aggira sui 250r; la dose semiletale sui 450r, che risultano letali nel lungo

periodo al 95% degli irradiati. Dopo una dose semiletale, trascorse 12-24h,

incominciano i primi sintomi, che consistono in malessere, ipotensione, cefalea,

vomito, diarrea. Per i 7-10 giorni successivi il soggetto si sente bene, in seguito le

condizioni si aggravano rapidamente: febbre, eccitazione o depressione psichica,

vomito, diarrea, ulcerazioni e piccole chiazze emorragiche cutanee e mucose,

emorragie gastriche, renali e intestinali. La morte sopravviene dopo 4-6 settimane per

setticemia. La terapia è difficile e di esito incerto. Le trasfusioni di midollo portano a

reazioni immunitarie gravi, possono essere utili iniezioni e creme antibiotiche,

sulfamidici, chemioterapici e antinfiammatori.

Vi è la seria probabilità per i sopravvissuti che compaia dopo qualche anno una

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leucemia o più tardivamente una neoplasia. Infine, va ricordato che nei sopravvissuti

le mutazioni indotte nelle cellule sessuali possono essere causa di alterazioni sia nella

prole diretta sia nella successiva discendenza.

- Irradiazione cronica. Se la dose di radiazione semiletale (450r) anziché in una sola

volta viene erogata nel corso di qualche giorno (in caso di fall-out, ad esempio),

l’effetto risultante è meno grave, e non si osservano reazioni acute come il male da

raggi. 10r al giorno porterebbero alla morte in pochi mesi, 1r al giorno produrrebbe il

quadro di un lento avvelenamento cronico. La ricaduta radioattiva passerebbe da

3000r a 0,3r in circa 100 giorni, quindi anche se si potesse uscire dal rifugio senza

gravi rischi dopo un mese, si dovrebbe farlo con tute NBC e per il minor tempo

possibile.

Anche per l’irradiazione cronica sono da temere l’insorgenza di leucemie e neoplasie,

nonché un danno alla prole diretta e lontana. Per evitare un’irradiazione cronica, si

dovrebbero assorbire un massimo di 0,5r al giorno, durante il fall-out.

- Intossicazione radioattiva. Trattasi di intossicazione fisica data dall’ingestione e

dall’inalazione di sostanze radioattive. Se il radioisotopo è stato ingerito in forma

insolubile, verrà eliminato con le feci, altrimenti entrerà in circolo e verrà espulso con

le urine. Alcuni radioisotopi però sono assunti in forme assimilabili dai tessuti,e qui si

fissano dando origine a forme diverse di tumori e leucemie che si manifestano dopo

5-10 anni. Per questo si devono escludere alimenti freschi entro il primo anno dopo

l’esplosione, le verdure e il latte sono gli alimenti più pericolosi.

Per ridurre la fissazione dei radioisotopi è consigliabile bere acqua con carbonati di

calcio, anni fa i russi erano poi convinti fosse utile anche bere vino rosso.

- Conseguenze genetiche. Sono indotte già da dosi di pochi rad, l’esposizione per

diversi giorni a dosi di 1r raddoppierebbe le probabilità di avere una discendenza

malforme; le condizioni ritornerebbero alla normalità solo dopo alcune generazioni.

12 - Altre considerazioni riguardo la fauna

Mammiferi e uccelli sono le specie più sensibili alle radiazioni. Anfibi e pesci hanno

una dose letale che si aggira al doppio (800-1500r).

Gli insetti sono i più resistenti, per esempio la vespa Habobracon resiste a 180000r.

Per questo una guerra nucleare produrrebbe un notevole cambiamento della fauna

locale nelle aree contaminate, a cui ci si dovrebbe poi adattare in seguito, soprattutto

per quanto riguarda l’alimentazione, cioè integrando nella dieta gli insetti. Problemi

seri si osserverebbero poi a lungo in agricoltura, dove sempre gli insetti si

rivelerebbero sicuramente un problema più grave di quello attuale anche a causa di

una notevole diminuzione dei loro predatori.

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13 - Conclusioni2

Un incidente nucleare di classe 7 (il più distruttivo) nelle centrali oltralpe porterebbe

in Italia alla seguente situazione:

- poche decine o fino a poche migliaia di morti nelle quattro settimane successive,

numero che comunque potrebbe sensibilmente variare in base al tipo di incidente;

- un numero approssimativo di 450.000 morti nei 94 anni seguenti, dovute a tumori e

leucemie; e un aumento del 2,5% dei nati malformi in questo periodo;

- diverse aree contaminate e che necessitano di chiusura per i 20 anni seguenti, a una

distanza massima di circa 260 km dal reattore.

- in caso di fusione del nocciolo, il reattore deve essere messo in sicurezza e

controllato per almeno 150 anni, a causa del pericolo che possa sprofondare e

raggiungere una falda acquifera causando una seconda esplosione.

Una stima più complicata riguarda i danni dovuti a un bombardamento strategico:

- circa 7 - 14 milioni di morti nella prime 6 ore dal bombardamento;

- circa 10 - 20 milioni di morti nelle 4 settimane successive, dovute a: male da raggi,

setticemie, malattie infettive, disidratazione;

- tutto il territorio nazionale contaminato, seppure in misura diversa;

- circa 1.5 - 3 milioni di morti nei 5 anni successivi, dovuti a tumori e leucemie;

- circa 2.5 - 5 milioni di morti nei 90 anni seguenti, dovuti a tumori e leucemie;

- assenza di energia elettrica, acqua e gas; vie di comunicazione e reti telefoniche

interrotte per un periodo indeterminato: questo porterà a focolai di epidemie, morti

derivanti da freddo, fame e sete;

speranza di vita abbassata a 45 anni, aumento del 1000% dei nati malformi;

- l’Italia arriverebbe a toccare il picco minimo di 6 - 14 milioni di abitanti, prima di

riprendere una crescita demografica;

Occorrerebbero 4 generazioni per ritornare ai livelli odierni di speranza di vita, e un

tempo indeterminato per arrivare al numero attuale di popolazione (periodo di

recupero).

Qualora ci si trovasse in un’area non direttamente coinvolta dall’esplosione, e

seguendo le norme prescritte in questo manuale, si verrebbe contaminati nella

peggiore delle ipotesi da un massimo di 90 rad, dose comunque elevata e che

porterebbe a sterilità temporanea, oltre che a un elevato aumento del rischio di

contrarre leucemie e tumori; ma che tuttavia permetterebbe la sopravvivenza e,

rapportato alla popolazione nazionale, aumenterebbe il numero dei sopravvissuti e

diminuirebbe la durata del “periodo di recupero”.

2 I calcoli sono stati effettuati dai dati sulle popolazioni di Chernobyl e Hiroshima, variandoli in base alla densità di

popolazione, al numero di abitanti, alla quantità di rad previsti nelle diverse zone e considerando un abbassamento del

tenore di vita a paese del terzo mondo (in questo ho utilizzato i dati relativi a Chernobyl unitamente ai dati statistici di

alcuni Paesi africani). Ovviamente questi dati non hanno alcun valore scientifico, sono solo una stima.

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14 – Considerazioni sugli sviluppi post-bellici

Alcuni stati, tra cui anche la Svizzera, promuovono tuttora piani di formazione per

civili, e hanno reparti operativi NBC sempre pronti in caso di pericolo nucleare: a

differenza di noi, loro sono molto preparati qualora si verificasse questa malaugurata

evenienza. Ovvero, anche noi abbiamo reparti militari NBC e nuclei NBCR in quasi

tutte le caserme principali dei Vigili del Fuoco, ma non siamo assolutamente in grado

di rispondere ad un evento critico NBC di portata nazionale: quindi queste situazioni

degenererebbero in scenari critici, in Italia, mentre in Svizzera molto probabilmente

no. Tutti sono preparati, “luoghi sicuri” di rifugio sono organizzati per tutti come lo

sono le scorte di beni necessari, l’esercito è formato anche da gran parte di civili che

prenderebbero servizio immediatamente durante l’emergenza: il “ridotto svizzero” è

vero che sia praticamente impenetrabile e in grado di affrontare qualsiasi tipo

d’evento. Non dimentichiamo che il suolo elvetico non vede una guerra da oltre 150

anni, e di certo non grazie al fatto che sia dichiaratamente neutrale: Belgio e Olanda,

pur facendo la stessa cosa, hanno subìto diverse invasioni, e così si potrebbe dire di

molti altri Paesi europei. Nemmeno possiamo dire che la Svizzera sia un Paese

povero e che non abbia mai destato interesse per le ricchezze da lei possedute.

Perché non ci troviamo oggi nella stessa loro situazione, è un discorso politico e

strategico: in primo luogo molti Paesi europei aderenti alla NATO hanno forze

armate costituite da specialisti e non vi è più il servizio di leva. La popolazione non è

addestrata e non sa maneggiare armi, quindi. L’esercito, ben preparato e limitato,

interviene in effetti solo come vassallo degli Stati Uniti, o della NATO, o in qualche

missione ONU; e non avrebbe una minima capacità di risposta in caso di scenario

critico all’interno del Paese se non supportato dagli alleati. In secondo luogo la

popolazione stessa non avrebbe autonomia per quanto riguarda beni essenziali e

ordine, se in caso di criticità non ricevesse in breve tempo i soccorsi necessari. Credo

che dovremmo essere pronti ad organizzarci in modo completamente diverso: segue

l’analisi sulla eventuale organizzazione civile in caso di scenario post-nucleare.

15 - Situazione post-nucleare

Dopo cento giorni la contaminazione ambientale è molto bassa e si può uscire dal

bunker. Ma che mondo troviamo fuori?

Innanzi tutto, la situazione sarebbe totalmente diversa se si fosse trattato di un singolo

attacco, rispetto a un conflitto mondiale.

Nel primo caso, come già accennato si sarebbe trattato molto probabilmente di un

SADM, ovvero di un ordigno trasportabile, tipo zaino, della potenza di pochi

chilotoni; fatto brillare verosimilmente in una capitale o in una grande città.

Questo tipo di ordigno interessa molto i gruppi terroristici, ma anche i governi

potrebbero farne uso, data la sua discrezione e la possibilità di fare ricadere la colpa

su altri. I danni sarebbero però molto limitati e ripristinati in fretta dal resto del paese,

non colpito. Anche se fosse organizzato un massiccio attacco, in più città, la

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dimensione ridotta degli ordigni non destabilizzerebbe comunque una intera nazione:

si tratterebbe più che altro di attacchi atti a demoralizzare un popolo, oltre a

comunque ingenti quantità di vittime.

Diversa la situazione in caso di attacco strategico: un paese in possesso di armi

atomiche, qualora lanciasse un attacco, lo farebbe quando certamente in grado di

colpire gravemente il paese nemico. Questo è il succo stesso del termine “strategico”:

sarebbe tutto ridotto a un insieme di cifre, dove civili, infrastrutture, città, militari,

insomma tutta la nazione verrebbe ridotta a formule matematiche e numeri, e

l’obiettivo da raggiungere “X” equivarrebbe a un danno tale da impedire ulteriori atti

ostili.

Inizio e fine della guerra mondiale. Proprio per questo gli arsenali nucleari hanno

garantito la stabilità mondiale e su larga scala la pace a partire da Hiroshima.

Perché una guerra nucleare sarebbe quasi certamente una guerra mondiale. Faccio un

esempio: se ci fossero ostilità tra Cina e Stati Uniti, entrambi dai satelliti sarebbero in

grado di capire quando i silos dei missili, o i sommergibili nucleari, stiano per

lanciare. Ma a chi? E i francesi, e i russi, in possesso delle stesse informazioni, cosa

farebbero? Si farebbero trovare a impreparati, o preventivamente si preparerebbero

pure loro al lancio? Risulta così che una guerra nucleare possa essere (molto

probabilmente nella seconda parte del conflitto) “tutti contro tutti”. Chi vorrebbe

rischiare di avere anche solo un alleato non coinvolto, quando il proprio Paese è stato

distrutto? Se ci si mettesse nei panni degli americani, sarebbe vantaggioso trovarsi

con l’Europa indenne dopo un conflitto, mentre si è stati rasi a suolo?

Più verosimilmente, se davvero un paese decidesse di lanciare in massa i propri

missili nucleari, le probabilità che le altre potenze attacchino è davvero un rischio

elevato. E il mondo di oggi dovrebbe essere concepito strategicamente in cinque

blocchi principali: l’Unione Europea, la Cina, gli USA, la Russia, e la nuova potenza

rappresentata da Iran e paesi islamici. Altra opzione è un blocco antagonista alla

NATO, come già trattato in precedenza. In ogni caso il “club del nucleare”

ufficialmente è formato da: USA, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna, Pakistan,

India e Israele, con le nuove entrate in scena da parte di Iran e Corea del Nord

ultimamente molto presi dai loro progressi nei rispettivi programmi nucleari. Infine

Paesi Bassi, Belgio, Germania e Italia hanno sul proprio territorio ordigni nucleari in

effetti in mano agli americani (nuclear sharing).

In un conflitto moderno, poi, si deve aggiungere che molte esplosioni avverrebbero

fuori dall’atmosfera. Proprio così: i satelliti sono un pericoloso nemico, il primo da

eliminare.

Niente fungo atomico: da terra si vedrebbero come stelle molto luminose,

trasformarsi in anelli di luce. Questi esperimenti sono stati interrotti negli anni ’60,

perché fortunatamente abbiamo capito quanto stavamo danneggiando la nostra

magnetosfera. Ma in guerra, tutto questo passerebbe in secondo piano. Così non solo

si verrebbe colpiti da violente radiazioni ad alta velocità (perché l’esplosione sarebbe

nel vuoto), ma si dovrebbe pure fare i conti, in futuro, con lo scudo elettromagnetico

planetario gravemente colpito e ricco di voragini, con le conseguenze che ne

deriverebbero.

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Ora, passiamo a vedere come si vivrebbe.

Nelle città, pestilenze, epidemie e acque putride darebbero il colpo di grazia ai pochi

sopravvissuti. I più fortunati, forse, verrebbero uccisi dai vicini di casa per un pezzo

di pane o un bicchiere d’acqua.

L’esercito sarebbe sicuramente allo sbando: un attacco strategico è calcolato per

provocare l’armistizio immediatamente, a fine attacco. Nessun servizio, vie principali

interrotte. Forse le prefetture delle aree meno colpite potrebbero riorganizzare un

minimo di polizia e una mera produzione agricola di sussistenza. L’unico vantaggio è

dato dal fatto che, diminuendo la produzione, poca gente dovrebbe essere sfamata. I

centri urbani avrebbero già avuto le perdite più pesanti nel primo dopoguerra, invece,

nelle aree poco colpite la probabilità di riavviare un minimo le produzioni delle

industrie leggere sono elevate. L’industria pesante, al contrario, trovandosi spesso tra

i bersagli strategici, non avrebbe possibilità di riavviarsi in fretta.

In Italia mancano poi le materie prime e il petrolio: quindi sarebbe difficile produrre

nuovamente e velocemente i macchinari necessari alle fabbriche leggere. Così ciò che

è rimasto funzionante diverrebbe estremamente prezioso.

Se si vuole immaginare un mondo di questo tipo, sarebbe sufficiente guardare un

documentario sulla vita in un paese del terzo mondo.

Ipotesi comunque rosea, se si pensa alla ricaduta radioattiva a seguito di un conflitto

mondiale. E si dovrebbe comunque fare i conti con gli isotopi che, fissandosi negli

alimenti e poi nell’organismo, continuerebbero a causare tumori e leucemie in

maniera spropositata per molti anni.

C’è un fattore sociale importante da valutare: i sopravvissuti sarebbero pochi, gli

spostamenti difficili e il DNA compromesso.

In questo tipo di scenario, per quanto possa sembrare astruso, la monogamia

dovrebbe essere abbandonata per il bene dei nostri stessi geni.

Ad esempio un villaggio con venti coppie, avrebbe in poche generazioni seri

problemi di consanguineità, ovvero un ulteriore indebolimento genetico. Se, invece,

le coppie si scambiassero, la generazione successiva sarebbe composta da fratellastri,

con quindi meno geni in comune. E nelle generazioni future, un matrimonio tra

cugini ad esempio avrebbe la metà delle probabilità di consanguineità. Questo per noi

è sicuramente aberrante moralmente, ma è dimostrato non solo da esperimenti su

animali, si può osservare tra gli abitanti di alcune isole ed è confermato dall’usanza di

alcune tribù esquimesi che chiedono all’ospite forestiero di giacere con le proprie

femmine. Anche per i Neanderthal, che socialmente vivevano in gruppi molto isolati

tra loro, era consuetudine rubare le femmine ad altri gruppi.

Il rafforzamento dei geni è una legge della natura.

In ultimo, come già detto, si deve pensare al fatto che gli insetti sono gli animali più

resistenti alle radiazioni. E si troverebbero a riprodursi e moltiplicarsi, privi o quasi di

predatori e di trattamenti insetticidi. Sciami di locuste e cavallette, mosche e

quant’altro invaderebbero anche le nostre terre, spesso rovinando i raccolti. Unica

soluzione, quindi, è di considerare che sono ricchi di proteine, e in uno scenario

critico di questo tipo è certo debbano divenire un alimento principale.

Altro animale causa di problemi è il ratto. Veicolo di malattie e sabotatore di

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provviste, si farebbe scudo dalle radiazioni rimanendo nel suo habitat sotterraneo, tra

cunicoli e fognature. E senza più l’uomo a causare problemi, troverebbe sfogo in

un’esplosione demografica che compenserebbe i danni delle radiazioni. Questo

mammifero sopravvissuto ai dinosauri è quello con le più alte capacità di

sopravvivenza e adattamento, che veicolerebbe diversi parassiti e malattie, e la cui

lotta risulterebbe allo stesso tempo difficile e molto importante.

16 – Organizzazione per il ripristino post-bellico

Verrà qui illustrata l’organizzazione teorica che dovrebbe essere susseguita in ambito

rurale e urbano durante uno scenario critico. Nelle aree densamente abitate infatti uno

scenario critico dovrebbe essere affrontato in modo totalmente diverso.

Il fine ultimo è la sopravvivenza: sopravvivere è sia un dovere nei confronti della

nostra specie sia nei confronti della nostra civiltà. Salvare la propria famiglia

dovrebbe essere la priorità assoluta per tutti.

Le situazioni trattate, però, ci porterebbero a dover affrontare quanto non saremo mai

abbastanza preparati ad affrontare. La vita stessa avrebbe un valore diverso, la morte

sarebbe molto più comune, insomma in uno scenario critico ci troveremmo nelle

condizioni in cui ci si trovava alcune centinaia di anni fa, socialmente e

psicologicamente.

L’unica soluzione sarebbe mantenere sempre la razionalità, e agire in modo

matematico pensando sempre e solo alle probabilità di sopravvivenza, in tutto ciò che

si fa. Si dovrebbe creare una routine giornaliera, scandita regolarmente, e che

impegni quanto più tempo possibile; allo stesso tempo si dovrebbe cercare di

svolgere attività fisica, almeno mezz’ora al giorno. Durante la quarantena il rischio

maggiore in un rifugio è dato dagli attacchi di panico.

Si pensi di vivere due mesi al silenzio e al semibuio pensando a ciò che accade

all’esterno: nessuno sa esattamente cosa farebbe. Per questo i bunker migliori hanno

l’entrata temporizzata: non devono esistere ripensamenti, e comunque uscendo si

rischierebbe solo di morire. Se non si è soli si deve aiutare, anche con la violenza, chi

è colto da un attacco di panico. Ma soprattutto, non ci si deve assolutamente lasciare

morire.

Un’ultima nota. Ansiolitici e psicofarmaci in generale sarebbero da evitare e da usare

solo in casi estremi: primo perché potrebbero servire come anestetici; secondo perché

abbassano lo stato di vigilanza, indispensabile in queste situazioni.

A – Trasporti, comunicazioni e logistica

Le comunicazioni a sistema tradizionale (trasporti a motore, radio UHF, radiotelefoni

VHF, cellulari e internet) sono utilissimi in tutti i casi escluso quello di una tempesta

elettromagnetica. Importante sarebbe avere la possibilità di comunicare via radio. Le

scorte di cibo in una organizzazione NBC si basano su una durata di 2-3 mesi

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procapite, ma in alcuni scenari critici potrebbe non essere sufficiente. Ci si deve

basare invece sulla possibilità di organizzare una autarchia alimentare simile al

ripristino dopo un conflitto atomico esteso. Per questo dovrebbero essere stoccate le

sementi di ortaggi, ma soprattutto si dovrebbero avere un numero minimo di 8-10

galline e altrettanti conigli a persona. E non si potrebbero utilizzare sementi ibride,

poiché la risemina diverrebbe sempre più difficoltosa e meno produttiva. Ogni area

dovrebbe basarsi sulle produzioni tipiche e tradizionali.

Per una unità famigliare che vive in campagna è un facile obiettivo, e il cibo di questi

animali è facilmente reperibile (e poi sarebbe l’attività principale della giornata, non

avendo altro da fare); animali più grandi potrebbero risultare problematici (bovini e

suini necessitano di molto cibo; e dopo la macellazione, peraltro difficoltosa senza

strutture, si avrebbe il problema dello stoccaggio della carne). Gli ovini, per chi ne

avesse la possibilità, risulterebbero un buon allevamento: di piccole dimensioni, con

un buon livello di riproduzione, fornirebbero anche il latte.

L’attività venatoria sarebbe importante, quindi dovrebbero essere stoccate munizioni

nei limiti di legge e apparati per la ricarica delle cartucce.

Per quanto riguarda l’acqua, sarebbe preferibile stabilirsi vicino a torrenti. Questa

andrebbe bollita, quindi è importante avere in casa un camino o una stufa a legna,

anche per la cottura dei cibi e per il riscaldamento.

Importante poi se si è a grande distanza dal mare, stoccare grandi quantità di sale

marino: non è deperibile e costa poco, ma in situazioni simili diviene indispensabile.

B - Sanità

È importante avere frequentato almeno i corsi indirizzati al personale non sanitario

(118 o croce rossa) ed essere in possesso di una cassetta di pronto soccorso, oltre ad

avere una cassetta medica per il rischio batteriologico (vedi voce “B” del manuale

NBC). Qualora si decida di preparare e detenere una valigetta medica, è

indispensabile avere un inventario e controllare le scadenze. I farmaci indicati

dovrebbero inoltre essere conservati in luogo non accessibile ai bambini. È pure utile

avere un manuale di medicina, in casi estremi occorrerebbero attrezzi per operazioni

cerusiche, ovvero chirurgiche “artigianali”: coltelli nuovi e ben affilati, serie di clamp

per arterie, un divaricatore e una sega possibilmente nuova.

C - Gli armamenti

In condizioni come quelle in cui ci si troverebbe durante una situazione critica, è

sempre meglio essere armati. Questo discorso non è violento, ma semplicemente

realistico, pensando che ci si potrebbe vedere costretti a difendere la propria famiglia

senza la possibilità di aiuti esterni. Un porto d’armi per uso sportivo è alla portata di

tutti (purchè incensurati) e permette l’acquisto di 3 armi comuni (pistole), 6 sportive e

armi da caccia in numero illimitato. Le armi da guerra ex ordinanza, riomologate da

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un banco di prova come semplici armi semiautomatiche, sono considerate dalla legge

armi da caccia o sportive, pur essendo palesemente armi d’assalto (M-16, AK-47

ecc…). Ogni persona può poi detenere 1000 o 1500 cartucce di cui 200 da pistola.3

Così una piccola comunità isolata può avere più armi (e migliori) e più munizioni

della stazione Carabinieri del proprio comune, e potrebbe costituire un rischio per le

altre comunità o agire nell’interesse della popolazione. Questa situazione non

riguarda solo le aree rurali d’Italia, ma in pratica quasi tutte le campagne del mondo

industrializzato. In Europa, in questo senso; Francia, Germania, Italia, Romania,

Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Spagna e Portogallo si trovano in

situazioni molto simili.

Pertanto, se l’evoluzione della calamità portasse ad una situazione critica, è

facilmente intuibile l’importanza dell’essere armati e pronti a difendersi. Ma allo

stesso tempo, non si può sapere se tutte le persone in possesso di armi si comportino

allo stesso modo.

Chi detiene armi illegalmente (e queste sono moltissime in tutto il mondo,

indipendentemente dalle leggi dei singoli Paesi) si sta già comportando in modo

criminoso indipendentemente dalla situazione.

Vorrei invece parlare di chi le detiene legalmente.

Se si è in possesso di un’autorizzazione (porto d’armi: sia questo sportivo, per la

caccia o per la difesa) significa che si ha un diritto riconosciuto, ovvero quello di

acquistare e detenere armi e munizioni. Questo però implica che, in uno scenario

critico, queste persone siano di gran lunga avvantaggiate rispetto al resto della

popolazione, anzi, in situazioni critiche possono essere competitive con la polizia

stessa. La cosa non è validamente analizzata da nessuno, se non (ovviamente) dalla

Svizzera: infatti ai cittadini elvetici è addirittura concesso di detenere nella propria

abitazione anche armi d’ordinanza, da guerra, proprio perché i cittadini in caso di

necessità sono precettabili. Volendo rendere il sistema simile, sarebbe molto facile e

utile in casi d’emergenza. Ad esempio chi ha un’autorizzazione a detenere armi, per

ottenerla o mantenerla, potrebbe dovere compiere un giuramento simile a quello che

le guardie giurate in Italia già fanno. Perché in questo modo qualora abusassero

(anche in caso di estrema necessità) dell’arma che sono autorizzati a detenere,

potrebbero essere puniti con aggravanti molto pesanti. Non sto parlando di chi si

vedrebbe costretto a difendere la propria famiglia o i propri beni: parlo di chi, anche

per necessità, si vedrebbe costretto ad attaccare altre persone, o a rubare per sfamare

la propria famiglia. Invece non può essere consentito, perché onde evitare uno

scenario critico la cosa più importante è proprio cercare di mantenere l’ordine.

Così, ragionando sullo stesso principio, potrebbe essere anche utile stabilire che chi è

in possesso di armi da fuoco sia tenuto a possedere nella sua abitazione tutto ciò che

il suo nucleo famigliare necessita per un determinato periodo, ad esempio 15 giorni.

E allo stesso modo, lo Stato dovrebbe dare a queste persone la relativa responsabilità

3 Controllare il T.U.L.P.S. : non ci soffermeremo qui sulle leggi in materia di armi e munizioni; consiglio a tutti i

detentori di armi di informarsi in modo approfondito sulla legislazione vigente. A tal proposito consiglio la lettura del

manuale “Come detenere armi in Italia” e di consultare la sezione “armi” sul sito internet della Polizia di Stato.

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in questa tipologia di eventi, come negli Stati Uniti accade per la Guardia Nazionale.

Organizzando appositi turni di guardia e utilizzando un sistema di comunicazioni

fondato su staffette e razzi di segnalazione, potrebbero essere controllate e protette

aree molto ampie, in modo nettamente migliore a quello che i militari potrebbero.

Altri vantaggi a sostegno di queste tesi, la conoscenza del territorio da parte degli

abitanti, la fiducia in loro da parte della popolazione, l’immediatezza della risposta a

livello locale, il fatto che potrebbero sostentarsi autonomamente. Mantenendo infine

l’ordine a livello locale, lasciando così alle autorità tempo ed energie per

concentrarsi riguardo le zone urbane. A volte, in alcuni tipi di scenario, anche i

militari possono rimanere abbandonati a loro stessi, rischiando così di poter essere

soggetti ad atteggiamenti di brigantaggio. Un ordine del tipo sopra descritto

renderebbe questo più difficile, ed anzi porterebbe a una più efficace sintonia tra

autorità militari, popolazione e Stato.

D - Il lavoro

Come già accennato, le attività lavorative sarebbero totalmente diverse da quelle

attuali, e ci si dovrà preparare a compierle per un tempo indeterminato: la raccolta di

erba e cibo per gli animali; la macellazione degli stessi; lo stoccaggio dell’acqua; il

lavaggio dei panni in fiumi e fontane con la cenere; la caccia; l’organizzazione di un

servizio di guardia; la preparazione all’automedicazione; lo stoccaggio della legna;

l’agricoltura con mezzi manuali: tutto questo per tutta la durata dello scenario critico.

Chi ne avesse la possibilità si dovrebbe organizzare per potere produrre salumi e

latticini con attrezzature manuali. In questo contesto, è facile intuire che una

comunità rurale avrebbe molti meno problemi di una urbana. Una comunità cittadina

o di un’area densamente abitata, dovrebbe avere un programma basato

verosimilmente sull’evacuazione di molti, verso le aree rurali dove ci sarebbe

necessità e possibilità di lavoro.

Nelle città, durante una situazione critica, qualora non si possa organizzare

efficacemente la ridistribuzione della popolazione, il numero degli abitanti

risulterebbe essere inversamente proporzionale alle possibilità di sopravvivere: fatto

dovuto sia per quanto riguarda l’igiene e la proliferazione delle malattie, sia per

quanto riguarda sicurezza personale, reperibilità di cibo e acqua. Per questo proprio

nelle aree urbane non deve essere perso il controllo da parte dello Stato, e qui devono

essere indirizzati tutti gli aiuti possibili.

E - L’organizzazione a livello di autonomia famigliare (aree rurali)

1) L’allevamento: come già detto, è preferenziale l’allevamento di animali di stazza

ridotta: pollame e conigli (ma anche le cavie). Per i polli, il possesso di 9 femmine e

un maschio pro-capite garantirebbero per l’alimentazione umana uno-due uova al

giorno, inoltre si potrà avere modo di aumentare il numero dei capi lasciando ad

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alcune femmine la possibilità di figliare. I conigli si riproducono molto rapidamente:

lasciando in vita le femmine i maschi potranno essere macellati, salvo uno-due

maschi riproduttori. 8 coniglie e 2 conigli in breve tempo si riproducono in modo tale

da poterne macellare uno a settimana. Un allevamento famigliare di questo tipo

garantirebbe oltre 400 calorie giornaliere (media settimanale) ad ogni membro della

famiglia. Chi avesse il vantaggio di possedere suini e bovini dovrebbe attrezzarsi per

potere macellare e produrre salumi e formaggi in proprio.

2) L’agricoltura: i cereali, come ad esempio il grano, hanno un’ottima resa, sono

ricchi di carboidrati e sono indispensabili per il nostro tipo di alimentazione (pane,

pasta). Ma la raccolta manuale non si effettua ormai da un secolo, i mulini ormai sono

tutti dipendenti dall’elettricità, e produrre farine in casa è un po’ complesso. Si opterà

quindi per la produzione di mais: ottima resa, ciclo breve, pannocchie facili da

raccogliere e da stoccare; macinandolo poi si ottiene facilmente una farina grezza.

Ortaggi consigliati sono: patate, fagioli, piselli, aglio, cipolle e in genere quelli

essiccabili. Le scorte devono essere stoccate in ambiente asciutto e inaccessibile ai

topi, deve inoltre essere calcolata una parte di produzione per l’alimentazione

animale invernale e un’altra per la semina successiva. Zone montane possono trarre

vantaggio dalla produzione di farina di castagne.

In ogni caso, si dovrebbe cercare di coltivare ogni appezzamento di terreno a

disposizione.

3) Produzioni casearie e conserviere: cimentarsi nella produzione di formaggi e

salumi, se non lo si ha mai fatto e non se ne possiede l’attrezzatura, è sconsigliato. Se

un prodotto diviene avariato è uno spreco di cibo, o ancor peggio ci si può

intossicare.

Più facile la produzione artigianale di conserve (passata di pomodori, marmellate,

sottaceti, salamoie di olive e cetrioli in agrodolce) in base alla tradizione della zona e

alle piantagioni presenti. Dove si trovano vigne può venire prodotto il vino e, se si

possiede un distillatore, alcool etilico alimentare. Questo potrebbe essere

vantaggiosamente utilizzato nella preparazione di frutta sotto spirito. Queste conserve

saranno un prezioso apporto di calorie durante il periodo invernale.

4) L’attività venatoria: la caccia, nelle campagne, darà un supplemento di proteine

che potrebbe essere di vitale importanza, soprattutto nei periodi di scarso raccolto.

Va considerato che le munizioni sono molto preziose: la detenzione, come già detto,

non può superare le 1500 unità pro-capite (per i muniti di licenza). Se si pensa alla

ricarica, poi, si deve pensare al fatto che si possono ricaricare tante cartucce per

quanti inneschi si possiedono; dopodiché, se non si ha la possibilità di trovarne altri,

le armi divengono inutili.

Inoltre le armi potrebbero essere necessarie a scopo difensivo, uno spreco di

munizioni è impensabile. Analizzando la situazione, consiglierei quindi di dare la

caccia ad animali di grosse dimensioni (cinghiali, cervi, daini, caprioli, lepri e

fagiani) piuttosto che ai piccoli uccelli. Infatti una cartuccia che abbatte un daino ci

porterà diversi chili di cibo, nel caso degli uccelli a volte la preda è più leggera della

munizione stessa. Privilegerei i fucili calibro 12, adatti a tutti i tipi di caccia, con

un’ampia varietà di munizionamenti diversi (dalla palla per il cinghiale ai pallini per

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gli uccelli) e validi anche come arma da difesa, oltre che la ricarica è facile e non

necessita di scorte di proiettili, ma solo una quantità di pallini, polvere e inneschi.

Però, ai fini del risparmio di munizioni, per la caccia agli ungulati è preferibile una

carabina da selezione di grosso calibro, con ottica.

Stimando una precisione del 50% e un abbattimento a settimana, si avrebbero

munizioni per oltre 14 anni.

5) Le scorte: oltre agli alimenti per i primi due mesi, i medicinali, le munizioni e i

disinfettanti; per un’organizzazione famigliare che punti all’autarchia alimentare per

10 anni occorrono: 50 kg di sale marino (chi abita sulla costa può ricavarlo per

evaporazione dell’acqua marina); attrezzature agricole manuali (zappe, badili,

vanghe, falci ecc.); sementi per la prima semina (50 kg di mais e varie buste di

sementi per ortaggi); un distillatore; una pentola molto grande per la preparazione

delle conserve; vari vasi di vetro; scorte di fiammiferi, accendini e candele; diversi

contenitori per lo stoccaggio delle granaglie; una considerevole scorta di carta;

recipienti ermetici per lo stoccaggio dell’acqua potabile (e per la raccolta dell’acqua

piovana se si vive in una zona lontana da fonti idriche); minimo 50 litri di cloro

(ipoclorito di sodio) per la clorazione dell’acqua potabile.

F – Le aziende agricole

A queste, in condizioni di scenario critico, dovrebbe essere data grande importanza:

da loro infatti dipenderà la sopravvivenza di gran parte della popolazione.

Dovrebbero avere la possibilità di richiedere mano d’opera in base alle esigenze

sicuramente superiori durante situazioni critiche, e verosimilmente le prefetture

dovrebbero organizzare l’avacuazione di forza lavoro verso di esse. Molti campi, ora

utilizzati come frutteti, forse dovrebbero essere trasformati in colture di sussistenza,

principalmente cerealicole; e anche gli allevamenti dovrebbero poter disporre di più

mano d’opera al fine di mantenere in vita e produttivi gli animali. Se non ci fosse la

possibilità di utilizzare l’energia e i trasporti non fossero operativi, molti animali

dovrebbero tornare ad essere usati per il lavoro e la trazione: risulta quindi che le

aziende agricole siano in questi tipi di emergenza i siti più importanti.

G - Atteggiamento da tenere durante l’emergenza

È solo questione di fortuna trovarsi in un’area dove è possibile sopravvivere (e se

questo non è possibile, è inutile parlarne in quanto si sarebbe morti in breve tempo).

Come abbiamo visto però la durata di uno scenario critico dipende soprattutto da

quanto si è preparati, e da come viene affrontata la cosa nell’immediatezza.

L’organizzazione pacifica di ricostituzione della comunità locale affronterebbe i

problemi più gravi durante il periodo iniziale, e verrebbero superati solo qualora si

fosse in grado di produrre generi alimentari sufficienti per tutti i membri. Pertanto

l’attività lavorativa dovrebbe essere riavviata il prima possibile, permettendo così

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anche una ripresa economica a livello locale basata sul baratto, qualora la valuta

corrente abbia perso totalmente di valore a causa degli eventi.

È altresì importante che nessuno degeneri in sciacallaggii e briganterie. La ricchezza

in queste situazioni sarebbe molto relativa, e così anche l’ordine costituito. Creare

situazioni di odio tra le comunità vicine potrebbe portare a spargimenti di sangue

inutili e controproducenti, mettendo forse a rischio entrambe le comunità in conflitto.

Lo stato dovrebbe mantenere nella sua polizia la forza per rispondere alle situazioni

più gravi, e perseguire questo obiettivo in certe situazioni implica il coinvolgimento

della popolazione stessa.

H - Il ritorno alla normalità

Molti studiosi hanno stabilito che, dopo catastrofi simili a quelle trattate, il ritorno a

condizioni stabili e il ripristino dell’ordine e dei servizi si abbia dopo un periodo

massimo di dieci anni circa. Ovviamente, se il fenomeno ha avuto portata globale,

alcune zone potrebbero recuperare prima di altre, e la situazione sarebbe molto più

complessa rispetto a un evento che colpisca solo alcune regioni che sarebbero aiutate

e controllate dai governi dei Paesi non colpiti.

È poi da valutare il fatto che in tali situazioni la condizione geopolitica cambierebbe,

forse a vantaggio delle nazioni meno colpite. Potrebbe accadere che un Paese

industrializzato decada a condizioni da terzo mondo, e un Paese attualmente in via di

sviluppo possa divenire un leader a livello mondiale. Ma questo non si può prevedere.

L’unica cosa certa, invece, è che se vi fosse una mortalità a livello globale superiore

all’80%, il recupero della nostra civiltà sarebbe in serio pericolo. Pur non rischiando

l’estinzione, rischieremmo di perdere molte delle conoscenze acquisite. Questo

perché oggi la nostra società è basata su una elevatissima specializzazione; e

necessita di molti individui con competenze diverse (ingegneri, medici, tecnici ecc.),

di tecnologie, e di una grande forza lavoro per sopravvivere. Oltre al fatto che tali

individui dovrebbero lavorare per la propria sussistenza, abbandonando per la

sopravvivenza l’impiego precedente.

Una soluzione potrebbe essere di dare la possibilità a questi individui di lavorare per

il ripristino, venendo “mantenuti” dagli altri che dovrebbero lavorare per procurare

cibo e beni di prima necessità per tutti. Per questo si dovrebbe pensare al lungo

periodo avendo quanti più figli possibile. Ora pensiamo ai figli come una spesa nel

bilancio famigliare, ma in passato, e in queste condizioni, non sarebbe così.

Sarebbero, invece, presto nuova forza lavoro, portando a un recupero più rapido e a

un maggior benessere per tutti. Questo appare avvenga fisiologicamente alla fine di

scenari critici: sia dopo pestilenze che dopo guerre, il tasso di crescità è sempre

superiore.

I - I materiali necessari all’autarchia alimentare

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L’inventario qui sotto si riferisce a chi, comunque, abiti in campagna ed abbia la

possibilità e la voglia di organizzarsi in questo senso. Darò per scontate molte cose,

ad esempio: si sarà già in possesso di attrezzi agricoli manuali, o perlomeno da

giardinaggio; si dovrebbe avere, se non una stufa a legna, almeno un camino; ma

soprattutto lo spazio necessario per alcuni piccoli animali domestici e almeno un orto.

Sarebbe importante avere anche canne e attrezzature per la pesca.

Ho riportato anche i costi: questi sono indicativi per la mia zona (la provincia di

Ravenna), e ho riportato i prezzi più economici. Il tutto per due persone.

- Porto di fucile uso sportivo, due fucili calibro 12 e 1000 cartucce.

Costo: circa 1000 euro.

- Valigetta medica e cassetta di primo soccorso (vedi cap.”B”).

Costo: circa 300 euro.

- Due maschere facciali, due paia stivali, 6 filtri ABEK+P, 6 tute Tyvek classe III.

Costo: circa 300 euro.

- 15 litri ipoclorito di sodio, 5 litri ammoniaca, 2 litri formaldeide, nebulizzatore.

Costo: circa 50 euro.

- Scorta detergenti per igiene personale, lamette, spazzolini ecc.

Costo: circa 100 euro.

- Scorta alimenti in scatola (scadenza media dopo 4 anni), 50 kg sale marino per 2

persone per 2 mesi: almeno 80 kg.

Costo: circa 200 euro.

- 120 litri acqua minerale, 120 litri acqua potabile in taniche.

Costo: circa 70 euro.

- Scorta batterie, torce elettriche, radio a transistor, 2 lpd (Walkie-talkie).

Costo: circa 80 euro.

- Insetticidi, repellenti per insetti, topicidi.

Costo: circa 50 euro.

- Sementi varie da orto, 1 sacco di mais, alcuni barili vuoti.

Costo: circa 50 euro.

Riguardo le spese inerenti i materiali vorrei aggiungere che non si deve pensare alla

spesa affrontata come un fondo perduto.

I generi alimentari, ad esempio, possono essere sostituiti regolarmente con un

anticipo sulla data di scadenza ed utilizzati normalmente in cucina.

Lo stesso discorso vale per i farmaci generici e l’acqua; le munizioni, invece, se

conservate al riparo dall’umidità, sono funzionali anche dopo 50 anni.

Infine, lo spazio necessario a queste scorte non sarebbe un grave problema: un paio di

scaffalature potrebbero contenere gran parte di quanto indicato.

È ovvio che, oltre a quanto già considerato necessario, o indispensabile, si abbia

bisogno di tutte quelle cose che crediamo siano banali nella vita di tutti i giorni, ma

che in caso di emergenza potrebbero risultare indispensabili. E forse non si potrebbe

avere il modo di cercarle quando è già troppo tardi. Lamette da barba, accendini,

saponette, coperte, carta, assorbenti igienici, sacchi in nylon ecc… sarebbero cose

molto preziose in questi casi. E ovviamente si dovrebbe già esserne in possesso,

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quando costretti a entrare nel rifugio. Anche stando barricati in una semplice stanza

di un appartamento ci si potrebbe salvare: si deve essere pronti a non dovere uscire

mai, però, durante la quarantena.

È anche inutile dire che si dovrebbe essere in possesso di alimenti a lunga scadenza,

sufficienti per l’alimentazione dei membri della famiglia per la durata di questo

periodo. E i vestiti, almeno cinque cambi completi, dovrebbero essere usati a

rotazione portandoli un solo giorno, e lavandoli a secco con pulenti a base di

tensioattivi non ionici ed etanolo (tipo Febreze).

Detto questo, è consigliabile avere un WC chimico e grandi contenitori ermetici per

lo stoccaggio dei rifiuti organici: questa banalità è invece il più grande problema del

vivere in uno spazio ristretto per lungo tempo. Consiglio l’acquisto di prodotti per

WC nautici, a base di formaldeide, che impediscono la fermentazione e ne

permettono la conservazione per lunghi periodi senza problemi.

Per gli abitanti in zone urbane: oltre a quanto scritto sopra, consiglio l’acquisto di

materiali da campeggio e attrezzi da campo (suppellettili, badili pieghevoli, tende

igloo, lampade a gas ecc.). In certe situazioni la sopravvivenza in città è impossibile.

Un’eventuale evacuazione dovrebbe essere organizzata dal governo, e quindi dalle

prefetture. E sarebbe di importanza vitale per la sopravvivenza. L’esodo dalle città

dovrebbe essere in direzione delle zone rurali ed al limite anche dei parchi alpini ed

appenninici. Qui infatti come già detto vi sarebbe carenza di mano d’opera per le aree

coltivate. Una piccola parte di popolazione potrebbe poi rimanere in città: soprattutto

coloro i quali hanno una specializzazione e risultano importanti per la ricostruzione.

La distribuzione degli altri, invece, è materia delicata e complessa. Si dovrebbe

evitare una densità troppo elevata nelle aree rurali, che potrebbe portare a disordini,

ed evitare uno sfruttamento eccessivo delle aree boschive onde evitare l’esaurimento

delle risorse. Le comunità in riva a mari e laghi potrebbero riorganizzare la pesca

d’altura e costiera.

J - Testi scritti importanti

Negli scenari critici, molte volte potrebbe essere di importanza vitale avere almeno

una minima competenza in diversi campi, cito alcuni testi utili e di facile reperibilità:

- manuale di primo soccorso;

- manuale di medicina e/o farmacia;

- manuale chirurgico per medici da campo (utili i testi della Seconda Guerra

Mondiale che trattano di amputazioni, estrazione di proiettili e operazioni chirurgiche

svolte da personale non qualificato);

- manuali di sopravvivenza;

- manuale NBC militare o “manuale del combattente”;

- testi di elettrotecnica e meccanica (scuole IPSIA/ITIS);

- testi di termotecnica;

- testo didattico: Guida alle analisi di laboratorio (scuole ITIS/IPAA);

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- manuale per fuochini (conoscenza base degli esplosivi);

- testi riguardanti la ricarica delle munizioni;

- testo didattico: Industrie agrarie e agroalimentari (scuole ITAS);

- testo di cucina: Frutta e verdura sotto vetro;

- testi tecnici riguardanti la produzione casearia artigianale, se svolta;

- testi tecnici riguardanti la produzione di salumi artigianale, se svolta;

- testo didattico: Zootecnia e zoognostica (scuole ITAS).

Questi testi farebbero di certo parte di quella che potrebbe senz’altro essere una

“biblioteca da salvare”. Oltre ai libri citati, ritengo molto importanti anche i dizionari

di lingue straniere e tutti i testi scolastici.

Merita di essere letto, e potrebbe risultare utile negli scenari descritti, il testo La

scienza in cucina e l’arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi. Questo libro, scritto

nella seconda metà dell’Ottocento, insegna non solo la preparazione di ricette

tradizionali e tipiche, ma fornisce anche le dovute indicazioni al fine di cucinare

senza fare uso di elettrodomestici e prodotti industriali (cosa ovvia, pensando alla sua

datazione). Altra nota di merito a questo testo è la sua scientificità: cioè fornisce

anche istruzioni riguardanti le norme d’igiene in una cucina dell’epoca, e queste

potrebbero ritenersi ancora valide, soprattutto nell’ipotesi di una momentanea carenza

di tecnologia.

K - Difendere la cultura e la storia

Quanto indicato sopra è certamente tutto ciò che possiamo fare per tutelare noi stessi

e la nostra famiglia. Non dobbiamo dimenticare, però, che anche difendere la

conoscenza significa proteggere le generazioni future.

Qualora ci si trovi in uno degli scenari descritti infatti si dovrebbe pensare alla

trasmissione della cultura come una priorità assoluta: meglio avere freddo e non

soddisfare qualche bisogno, quindi, piuttosto che utilizzare dei libri. O se pensiamo

che nel Medioevo si arrivò a usare il Colosseo come fosse una cava di pietre,

capiamo quanto la Storia rischi di perdere testimonianze importanti durante i periodi

difficili.

Certamente, da persone comuni sopravvissute a un cataclisma, potremmo fare molto

poco: sarebbe sufficiente tutelare ciò che si trova vicino alla nostra dimora, e nelle

nostre possibilità dovremmo difendere ciò che sarebbe rimasto.

Ciò che oggi è protetto come “patrimonio dell’umanità” sarebbe indifeso in questi

scenari, dovremmo quindi pensarci noi. La natura avrebbe modo di evolversi

autonomamente come ha sempre fatto, non dimentichiamo, invece, che quanto ha

fatto l’umanità esisterà solo fin quando l’uomo sarà presente su questo pianeta. E chi

vivrà in futuro, avrà diritto di conoscere le proprie origini.

17 – Teoria riguardo “L’inverno nucleare”

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Questa teoria è stata sviluppata pensando alle eventuali conseguenze di un conflitto

nucleare globale, ma teoricamente potrebbe anche essere causato da una eruzione

vulcanica grave o dall’impatto di un meteorite con la terra. Si tratta di un inverno

provocato dall’oscuramento del sole dovuto alle polveri presenti nell’atmosfera e

nella stratosfera ed aggravato dalle radiazioni persistenti. Sicuramente l’emisfero

colpito si troverebbe in una situazione molto grave e senza precedenti nella storia

dell’uomo; tuttavia tale evento necessiterebbe della detonazione contemporanea di

diverse migliaia di testate nucleari, in varie località e molte delle quali all’esterno

dell’atmosfera.

Un conflitto USA/URSS infatti avrebbe avuto le più gravi ripercussioni nell’emisfero

nord e, a causa della separazione delle correnti e delle perturbazioni tra i due

emisferi, il lato sud del globo sarebbe quasi rimasto illeso. L’Europa, invece, in

questo caso si sarebbe trovata in una delle peggiori situazioni ipotizzabili per quanto

riguarda i livelli di contaminazione.

Nel caso dell’impatto di un grosso meteorite, le radiazioni non costituirebbero un

grave pericolo (ovvero non sarebbero il principale fattore di rischio) e, se la

luminosità fosse sufficiente alla fotosintesi clorofilliana di piante e alghe, la vita a

livello globale correrebbe rischi molto più limitati.

Un’ultima ipotesi riguarda le eruzioni vulcaniche: in questo caso lo svilupparsi di un

“inverno nucleare” a livello esteso è impossibile. Simulazioni di eruzioni VEI-8

parlano di potenze comprese tra i due e i venti megatoni. E se anche si

raggiungessero potenze di 200 MTon (200 milioni di tonnellate di tritolo equivalenti),

non sarebbero sufficienti a cambiare il clima in modo così radicale. Test nucleari non

hanno provocato conseguenze di rilievo per il clima pur superando nell’insieme tali

potenze. Basti pensare che il mondo in cui viviamo è stato vittima di 2053 esplosioni

nucleari ufficialmente dichiarate (due in guerra e 2051 durante test effettuati da USA,

URSS, Gran Bretagna, Francia, Cina, India e Pakistan; nel periodo tra il 1945 e il

1998). L’esplosione nucleare più poderosa è stata la detonazione della bomba Tsar

russa, da sola addirittura 56 Mton. Detonazioni nel sottosuolo, esplosioni in quota e

sommerse, forniscono un’ampia documentazione e pertanto il margine di errore è

molto basso (alcuni scienziati, infatti, hanno sminuito il termine in “autunno

nucleare”).

Infine può essere citata l’eventuale esplosione della caldera di Yellowstone,

trovandosi su un filone di uranio e pericolosa anche per le radiazioni: anche in questo

caso però il rischio per l’Europa meridionale e orientale è di livello molto basso e di

certo non porterebbe a conseguenze globali di rilievo.

18 - Allegato 1: la tuta NBC civile, classe III

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È costituita da:

- maschera facciale con filtro

- indumento protettivo categoria III

- guanti in gomma a norma NBC

- stivali in gomma o calzari a norma NBC

La maschera facciale è un apparecchio di protezione delle vie respiratorie (APVR),

cioè un dispositivo individuale che le protegge in caso di atmosfera inquinata da

contaminanti depurando l’aria inspirata, che deve comunque contenere più del 17%

di ossigeno ed essere a temperatura inferiore a 60°C. La maschera è formata da una

bardatura con cinghie regolabili, un visore in metacrilato, un bocchettone a madrevite

che incorpora una valvola di inalazione; all’interno è collocata una mascherina oro-

nasale munita di due valvole di ingresso dell’aria, che si chiudono automaticamente

all’espirazione, con la funzione di evitare l’appannamento del visore. L’aria espirata

si scarica dal facciale attraverso una o due valvole di esalazione poste generalmente

sulla parte inferiore della maschera.

Il filtro serve a trattenere, per azione fisica o chimica, i gas e i vapori nocivi dell’aria

inalata. Vengono classificati in:

- monovalenti (proteggono da un solo gas)

- polivalenti (proteggono da più gas)

- universali (proteggono da qualsiasi gas)

I diversi tipi di filtri, a seconda dei tossici alla cui protezione sono destinati, sono

suddivisi in serie contraddistinte da una lettera maiuscola e da una determinata

colorazione dell’involucro. Qualora il filtro assicuri anche una protezione dalle

polveri e dagli aerosol, il filtro è contrassegnato da una “f” minuscola e la colorazione

dell’involucro è attraversata da una fascia bianca.

Immagine 7: maschera facciale Drager® con filtro combinato ABEK Drager® e

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filtro di scorta AP Spasciani™.

Immagine 8: Tuta NBC Tyvek® Pro-tech® della Du Pont® e guanti per rischio NBC

della Ansell-Edmont®.

- TABELLA DELLE LETTERE E DELLE COLORAZIONI DEI FILTRI –

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A questi filtri specifici sono da aggiungere:

- filtro Vf per fumi e gas d’incendio (bianco-rosso)

- filtro U universale (rosso con fascia bianca)

- filtro P antipolvere (bianco)

Una ulteriore classificazione è data da un numero, per i filtri antipolvere indica:

1: bassa efficienza, TLV > 10 mg/m3 per particelle di elevata granulometria;

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2: media efficienza, TLV < 10 mg/ m3 per particelle a media granulometria;

3: alta efficienza, per particelle di qualsiasi granulometria

Nei filtri antigas, invece, il numero indica:

1: piccola capacità, concentrazione del gas fino a 1000 ppm

2: media capacità, concentrazione del gas fino a 5000 ppm

3: grande capacità, concentrazione del gas fino a 10000 ppm

I filtri mantengono la loro capacità filtrante (indice TLV-TWA) alla massima

concentrazione di soglia ammissibile su un tempo di esposizione pari a 8 ore

giornaliere per 40 ore settimanali; l’indice TLV-STEL indica la concentrazione di

soglia ammissibile per un tempo di esposizione di 15 minuti, l’indice TLV-C indica

la concentrazione immediatamente pericolosa per la vita.

Comunque, i vigili del fuoco utilizzano filtri universali o Vf, negli interventi quasi

sempre gli autorespiratori a circuito aperto (ARAC); i nuclei NBC, invece, hanno in

dotazione maschere con filtro combinato in genere A2 B2 E2 K1, adatti a gas

organici e inorganici, anidride solforosa e ammoniaca. In caso di necessità, infatti,

questo tipo di filtro è molto resistente e alcuni gas hanno la capacità di forare i filtri

semplici (di tipo A o universali); in caso di attacco chimico quindi si ha il tempo di

sostituire il filtro con uno più adatto anche solo dopo un certo periodo di tempo.

Inoltre il filtro è preferibile all’ARAC poiché non necessita di un quantitativo di

bombole di ricambio e comunque all’aria aperta non ci si troverebbe mai in

condizioni di scarsità di ossigeno come capita invece negli incendi.

Un filtro ottimale, invece, per le sostanze batteriologiche e per i gas (non corrosivi) in

guerra è un Af2 P3 di media capacità per gas organici e ad alta efficienza per le

particelle. I militari NBC, oltre a queste dotazioni, hanno la disponibilità di

autorespiratori a ossigeno (ARO) per le situazioni più critiche e in spazi chiusi

fortemente contaminati.

Tutti i filtri non hanno una durata stabilita, comunque in genere è necessario

sostituirli quando si presentano i primi sintomi fisici del passaggio del gas

(lacrimazione, fatica a respirare, irritazione ecc.), dopo un intervento in area colpita

da fall-out radioattivo o dopo un uso in area con la presenza di gas o vapori

fortemente acidi. I filtri per gas privi di odore, poi, emanano un certo odore quando

iniziano a perdere di efficacia.

Dopo un intervento in area a rischio biologico, invece, è sufficiente lavare

esternamente il filtro con disinfettante, e può essere riutilizzato (unica eccezione

qualora la contaminazione sia da antrace, in questo caso il filtro è da sostituire).

La tuta NBC è un indumento di protezione individuale, di almeno categoria III,

protegge da polveri, aerosol, liquidi e vapori. Un valido modello, molto comune e di

facile reperibilità, è il Tyvek® pro-tech® della Du Pont®.

Questa tuta è conforme agli standard europei per gli indumenti di protezione chimica,

protegge contro la contaminazione di: particelle radioattive, agenti biologici, polveri

e spray. Offre una protezione del 92,7% contro gli aerosol, e del 99,18% contro i gas.

È elettrostatica e a limitata tenuta di schizzi di liquidi, garantendo comunque una

protezione per 8 ore da tutte le sostanze ad esclusione dell’acido solforico (140

minuti), nitrico (80 minuti), idrocloridrico (30 minuti).

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Il tessuto Tyvek® è infiammabile e fonde a 135°C. I guanti in gomma sono conformi

agli standard europei per i rischi N, B e C e sono comunque più resistenti della tuta.

Questi materiali, le maschere e i filtri antigas sono facilmente reperibili nei negozi di

antinfortunistica e antincendio, ma anche nei consorzi agrari.

Come indossare la tuta NBC:

- indossare prima la tuta poi gli stivali o i calzari, poi passare la tuta all’esterno degli

stivali ed eventualmente fissarla ad essi con nastro isolante all’altezza delle caviglie;

- indossare la maschera, con l’indice e il pollice distendere i due tiranti guanciali della

bardatura, appoggiare il mento nell’apposito incavo della maschera e tirare

simmetricamente prima i tiranti guanciali, quindi i tiranti temporali. Con la maschera

indossata, accostare il palmo della mano al raccordo del filtro chiudendolo

completamente e inspirare creando una depressione all’interno della maschera.

Trattenendo il respiro non si devono avvertire perdite verso l’esterno, quindi avvitare

con cura il filtro;

- indossare il cappuccio sovrapponendolo ai bordi della maschera, eventualmente

fissare il colletto con nastro isolante;

- alzarsi le maniche, indossare i guanti, portare i polsini sopra i guanti ed

eventualmente fissare con nastro isolante.

Togliersi la tuta:

- per prima cosa, effettuare un lavaggio accurato con acqua e ipoclorito al 5% (per

contaminanti di tipo B), con acqua e bicarbonati di calcio e sodio (per i contaminanti

di tipo N e C), nebulizzando tutte le superfici della tuta e la maschera, lavare

accuratamente guanti e stivali;

togliere il nastro isolante, quindi togliersi la tuta rovesciandola “come un calzino”,

non toccando cioè le parti esterne, poi togliersi gli stivali ed infine i guanti;

- disinfettare ulteriormente la maschera dentro e fuori e gli stivali.

L’utente è l’unico in grado di giudicare se si può riutilizzare una tuta o un filtro,

tenendo conto delle loro caratteristiche protettive, del tipo di rischio e dell’intensità

della contaminazione.

Si ricorda che comunque una tuta NBC protegge dalla contaminazione da parte di

particelle radioattive, ma non è efficace contro le radiazioni ionizzanti.

Altri indumenti protettivi: in condizioni di particolare contaminazione può essere

utile indossare, sopra la tuta NBC, una tuta in gomma. Questo indumento

impermeabile servirebbe a proteggere soprattutto da strappi, lacerazioni, fori e da una

contaminazione diretta eccessiva. Può essere utilizzato più volte, l’importante è

considerare sempre che è potenzialmente contaminato anche all’interno, quindi

quando lo si indossa e lo si toglie si deve già essere muniti della tuta NBC; dopo ogni

uso è importante decontaminarlo dentro e fuori.

Sotto la tuta NBC invece è consigliabile indossare indumenti di tessuto resistente e

non infiammabile (jeans, cotone), se vi è il rischio di incendio è preferibile una tuta

ignifuga.

Nota importante: le istruzioni riguardanti “come indossare la tuta” indicano la

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procedura migliore qualora si abbia il tempo di prepararsi: ad esempio prima di uscire

dal rifugio. In caso di emergenza, indossare subito la maschera e la tuta solo in

seguito.

19 – Allegato 2: Strutture di difesa civile

A - Bunker civili

Un bunker, detto anche rifugio antiaereo o rifugio antiatomico, è una costruzione

difensiva interrata o seminterrata atta a difendere da bombardamenti e radiazioni.

In Italia i bunker civili sono estremamente rari: in Svizzera, invece, la loro

costruzione è incentivata dal governo, la manutenzione è detassata e, qualora non si

sia provvisti di rifugio, si è tenuti a pagare un contributo per il rifugio pubblico di

competenza.

Un bunker civile dovrebbe avere queste caratteristiche: autonomia (per la capacità di

persone indicata) di almeno 40 giorni; profondità o spessore superiore di almeno un

metro; uscita secondaria d’emergenza; schermatura antiradiazioni al piombo in caso

di costruzione seminterrata; sistema di ricircolo dell’aria con filtraggio e impianti

ausiliari autonomi.

L’omologazione varia in base alla resistenza all’onda d’urto di un ordigno nucleare:

in genere è indicativa sui 35 km, ovvero sarà efficace ad una distanza minima di 35

km da un’esplosione nucleare da 20 Mton. Ad una distanza inferiore infatti anche il

rifugio potrebbe essere coinvolto dall’onda d’urto, oltre ai raggi gamma e

all’innalzamento della temperatura che potrebbe causare la morte degli ospiti.

Il bunker comunque risulta la difesa più efficace dal fall-out e da qualsiasi ricaduta

radioattiva, oltre a essere certamente un posto sicuro in caso di guerra bio-chimica o

in caso di uragano. Il costo di questi fabbricati varia e parte da circa 25.000 Euro.

Ma, come qualsiasi cosa, ha i suoi difetti. Ad esempio un bunker in un’area soggetta

ad allagamenti è fortemente sconsigliato: rimanere sotto terra quando si ha sopra la

testa anche solo un metro d’acqua è una situazione a dir poco critica. Le tubazioni e i

filtri si riempirebbero e rimarrebbero bloccati, sarebbe impossibile aprire la porta e in

questo caso si potrebbe sopravvivere solo per quanta aria c’è all’interno. Per questo

motivo trovo nell’attuale propaganda delle aziende costruttrici, riguardo alle ipotesi

catastrofiste del 2012, una sorta di pubblicità ingannevole.

Oltre alle inondazioni sono poi da valutare i rischi legati a fenomeni sociali: un

bunker se localizzato è facilmente espugnabile e difficile da difendere dall’interno.

B - Stanze blindate o caveau

Queste strutture sono all’interno di fabbricati semplici, costruite secondo specifiche

antieffrazione e antiscasso, atte alla custodia di armi, apparati di videosorveglianza,

valuta o preziosi in genere. La localizzazione favorita è al piano terra o al semi-

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interrato, le caratteristiche specifiche sono: infissi blindati di grande resistenza, muri

rinforzati con kevlar o pannelli d’acciaio, eventuale protezione anti-incendio a base di

isolanti termici e materiali ignifughi.

L’entrata, in genere, è di misura ridotta e camuffata, ovvero dietro uno specchio o un

quadro; o in alcuni casi addirittura a scomparsa e protetta da mobili girevoli. Queste

stanze sono però in genere di misura ridotta e non sono concepite per ospitare

persone: offrirebbero comunque la difesa migliore da rischi sociali, oltre ad essere un

valido rifugio per tutti i fenomeni naturali. Per la protezione NBC, dette stanze

dovrebbero essere trasformate in panic-room e gli infissi dovrebbero essere a tenuta

stagna. La protezione dalle radiazioni dipende poi dallo spessore dei muri, del

soffitto, e dalla distanza dall’esterno. Il costo minimo è approssimabile in 5000 Euro.

Immagine 9: Dispositivo antiscasso/antisfondamento e porta da caveau. Gentile

concessione by Pierrebi®, Mariano Comense (CO). Ringrazio il sig. Pozzi Eugenio

per l’immagine e il disegno.

C - Panic-room

Trattasi di stanza blindata atta ad ospitare persone in condizioni d’emergenza. Questo

tipo di rifugio detto “stanza antipanico” è di concezione moderna ed è ormai

abbastanza comune negli edifici di lusso americani. Anche in Italia recentemente

alcune ditte operano nel settore e alcune ville sono provviste di questo tipo di rifugio.

Le caratteristiche di sicurezza sono varie, a partire da una semplice stanza con porta

blindata fino ad arrivare a veri e propri caveau attrezzati per ospitare persone.

Storicamente forse la panic-room più famosa fu quella che ospitò la famiglia di Anna

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Frank. E come la storia dimostra, una panic-room è molto più efficace se nascosta e

difficilmente identificabile dall’esterno. I posti migliori dove costruirne una sono:

soffitte, cantine, intercapedini nei muri o stanze prive di finestre con entrata occultata.

In base alla localizzazione una panic-room può fornire protezione da fenomeni

diversi. Qualora questo rifugio abbia un impianto di ventilazione con filtri e

un’alimentazione elettrica autonoma (ad esempio con pannelli fotovoltaici), sarà

sufficiente montare una porta a tenuta stagna e diverrà così un valido rifugio contro il

rischio bio-chimico.

Un’ulteriore sicurezza sarà data da eventuali impianti di telecamere a circuito chiuso

o da spioncini mimetizzati; che permetteranno all’utente di controllare la situazione

all’esterno stando al sicuro, e di intervenire in caso di necessità nel migliore dei modi.

Qualora non si intervenga nei muri sconsiglio porte eccessivamente resistenti, perché

sarebbe inutile: eventuali malintenzionati potrebbero accedere con facilità attraverso

la parete invece di cimentarsi contro una porta blindata. Personalmente ritengo

sufficiente una porta che fornisca una protezione equilibrata a un muro di 30 cm:

avremmo infatti tempo sufficiente per chiamare i soccorsi o per prepararci alla difesa.

In una stanza di un edificio normale ritengo una panic-room valida se risponde ai

seguenti parametri:

- muri perimetrali di 30 cm;

- assenza di finestre ed entrata occultata;

- sistema d’aerazione con filtro e ventilazione autoalimentata;

- sistemi di comunicazione all’interno;

Porta rispondente ai seguenti requisiti:

- sicurezza anti-effrazione UNI 1627: classe 4,

- sicurezza anti-proiettile UNI 9187: classe C,

- a tenuta stagna, e con chiusura manuale dall’interno.

All’interno della panic-room dovrebbero poi essere stoccati i materiali elencati in

seguito. Questa tipologia di rifugio protegge discretamente da fenomeni naturali, oltre

ad essere estremamente valida contro pericoli sociali e di origine bio-chimica.

Protegge dalla contaminazione da particelle radioattive; per quanto riguarda fall-out e

radiazioni limitatamente alla protezione fornita dallo spessore di pareti e soffitto.

Il suo costo è vario, una panic-room approntata artigianalmente ha un costo che non

supera i 1000 Euro, mano d’opera esclusa.