GRAZIELLA FAVARO Centro COME, Milano Italiano L2 “su ... · Insegnare e imparare l’italiano...

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GRAZIELLA F AVARO Centro COME, Milano Italiano L2 “su misura”. Le biografie degli apprendenti e le scelte didattiche Tragitti diversi Alcune importanti peculiarità connotano il percorso di insegnamento/apprendi- mento dell’italiano L2 da parte degli alunni stranieri e ne fanno un compito innovativo e oggi sempre più diffuso nella scuola italiana, che si discosta sia da quello di una lingua materna, sia da quello di una lingua straniera. Esso rappresenta un campo di intervento didattico specifico - quanto a tempi, metodi, bisogni, modalità di valutazione - e tuttavia destinato a risolversi e ad esaurirsi nel tempo, allorquando gli apprendenti saranno di- ventati sufficientemente italofoni e in grado di seguire le attività didattiche comuni. La capacità di coniugare l’unità con la diversità, dare risposta ai bisogni specifici e a quelli connessi all’apprendimento comune, individuare i traguardi propri di una comunica- zione informale, autentica, “riuscita” e quelli propri dell’acquisizione curricolare co- mune ai pari: sono alcune delle sfide che si pongono oggi ai docenti che operano nelle classi eterogenee per lingua e cultura d’origine. Accanto a queste sfide - che costitui- scono la specificità di questo nuovo compito delicato e complesso - vi sono altre carat- teristiche che lo rendono singolare. Prima fra tutte, l’importante variabilità dei cammini di apprendimento. Tra i principali elementi di difficoltà nella gestione didattica del processo di appren- dimento è da ricordare l’intrinseca variabilità dello stesso, causata da fattori interni all’apprendente ed esterni ad esso, e tale da prendere le forme, da un lato, dell’in- controllabilità di un processo imprevedibile nella sua individualità, dall’altro quello della creatività nell’elaborazione delle strade e dei prodotti dell’apprendimento (Ve- dovelli 2002). Insegnare e imparare l’italiano come seconda lingua in situazione di migrazione si- gnifica infatti avere a che fare e gestire la diversità dei tragitti e delle storie che connota fortemente il processo di acquisizione (Balboni 2002) . Vediamo alcuni aspetti della variabilità. - Le biografie degli apprendimenti sono estremamente variegate per luogo di na- scita, provenienza, età al momento dell’arrivo, situazione famigliare e condizioni di vita, modalità di inserimento scolastico, aspettative e motivazioni rispetto alla nuova lingua... Accanto a bambini nati in Italia e che sono italiani de facto, se non ancora di diritto, vi sono ragazze e ragazzi che hanno condotto parte della loro vita altrove e che hanno vis- suto direttamente il viaggio di migrazione e le “fratture” emotive e affettive che esso ha comportato. 111

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GRAZIELLA FAVARO

Centro COME, Milano

Italiano L2 “su misura”.Le biografie degli apprendenti e le scelte didattiche

Tragitti diversi

Alcune importanti peculiarità connotano il percorso di insegnamento/apprendi-mento dell’italiano L2 da parte degli alunni stranieri e ne fanno un compito innovativoe oggi sempre più diffuso nella scuola italiana, che si discosta sia da quello di una linguamaterna, sia da quello di una lingua straniera. Esso rappresenta un campo di interventodidattico specifico - quanto a tempi, metodi, bisogni, modalità di valutazione - e tuttaviadestinato a risolversi e ad esaurirsi nel tempo, allorquando gli apprendenti saranno di-ventati sufficientemente italofoni e in grado di seguire le attività didattiche comuni. Lacapacità di coniugare l’unità con la diversità, dare risposta ai bisogni specifici e a quelliconnessi all’apprendimento comune, individuare i traguardi propri di una comunica-zione informale, autentica, “riuscita” e quelli propri dell’acquisizione curricolare co-mune ai pari: sono alcune delle sfide che si pongono oggi ai docenti che operano nelleclassi eterogenee per lingua e cultura d’origine. Accanto a queste sfide - che costitui-scono la specificità di questo nuovo compito delicato e complesso - vi sono altre carat-teristiche che lo rendono singolare. Prima fra tutte, l’importante variabilità dei camminidi apprendimento.

Tra i principali elementi di difficoltà nella gestione didattica del processo di appren-dimento è da ricordare l’intrinseca variabilità dello stesso, causata da fattori interniall’apprendente ed esterni ad esso, e tale da prendere le forme, da un lato, dell’in-controllabilità di un processo imprevedibile nella sua individualità, dall’altro quellodella creatività nell’elaborazione delle strade e dei prodotti dell’apprendimento (Ve-dovelli 2002).

Insegnare e imparare l’italiano come seconda lingua in situazione di migrazione si-gnifica infatti avere a che fare e gestire la diversità dei tragitti e delle storie che connotafortemente il processo di acquisizione (Balboni 2002) .

Vediamo alcuni aspetti della variabilità.- Le biografie degli apprendimenti sono estremamente variegate per luogo di na-

scita, provenienza, età al momento dell’arrivo, situazione famigliare e condizioni di vita,modalità di inserimento scolastico, aspettative e motivazioni rispetto alla nuova lingua...Accanto a bambini nati in Italia e che sono italiani de facto, se non ancora di diritto, visono ragazze e ragazzi che hanno condotto parte della loro vita altrove e che hanno vis-suto direttamente il viaggio di migrazione e le “fratture” emotive e affettive che esso hacomportato.

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- Le situazioni linguistiche sono anch’esse multiformi: vi sono minori monolinguiin L1 che conoscono il codice di origine solo orale; ragazzi invece bilingui (una linguaorale e famigliare e una lingua scritta, nazionale e di scolarità); altri ancora che hannoappreso una lingua straniera nel Paese d’origine. E inoltre, vi sono bambini e ragazzi chepadroneggiano una L1 tipologicamente vicina all’italiano e che, in genere, presentanouna modalità di acquisizione più rapida, e altri che invece portano con sé una linguamaterna tipologicamente distante e che possono richiedere tempi protratti e input miratopiù graduale e accessibile.

- I bisogni di apprendimento possono essere più o meno complessi. Per i bambinipiù piccoli, dare due nomi alle cose assume le caratteristiche di un percorso ludico, spon-taneo e “impensato” e l’acquisizione del nuovo codice avviene soprattutto facendo e gio-cando. Per i ragazzi più grandi, i compiti metalinguistici si intrecciano da subito con lesfide degli apprendimenti comuni e la L2, oltre ad essere lingua di comunicazione, di-venta da subito anche lingua veicolare, attraverso la quale vengono trasmessi concetti,idee, astrazioni, contenuti. Prevale dunque, in questo caso, la dimensione cognitiva suquella linguistico-comunicativa; si impone la necessità di cogliere il contenuto specifico,insieme a quella di adeguare la forma al bisogno comunicativo immediato.

- I tempi di apprendimento. Importanti variabilità si registrano di conseguenzaanche nei tempi dell’apprendimento. A fronte di significative ricorrenze che si possonoosservare nelle modalità di passaggio attraverso i diversi stadi interlinguistici (Pallotti1998), i ritmi e le strategie di apprendimento sono estremamente diversi e riguardano,ad esempio, la durata della fase di silenzio iniziale (da pochi giorni a qualche mese); ilmomento in cui si inaugura la partecipazione agli scambi tra pari; la rapidità di acqui-sizione delle tecniche di lettura/scrittura; l’avvento di una partecipazione attiva e auto-noma ai momenti degli apprendimenti comuni...

- Il contesto di apprendimento della L2. A questo proposito, la situazione italianaè caratterizzata da differenze importanti da città a città, e talvolta da scuola a scuola. Visono aree e regioni in cui importante è lo sforzo per assicurare agli apprendenti non ita-lofoni alcune opportunità specifiche comuni a tutti (moduli di italiano L2 nella fase di ac-coglienza, definiti nella durata, nell’impostazione metodologica e nella scansione degliobiettivi), assegnati a docenti competenti. Ma sono molte di più le situazioni in cui glialunni di recente immigrazione si trovano di fatto “immersi” nell’italiano senza potercontare su attenzioni specifiche, quantomeno nella prima fase. A questa sorta di “loca-lizzazione” e discrezionalità rispetto ai diritti linguistici e alla disparità di condizioni dipartenza, corrispondono naturalmente esiti comunicativi (e scolastici, in generale) diversie differenziati (a proposito di risultati scolastici degli alunni stranieri, si veda la recentericerca sugli esiti scolastici degli alunni stranieri condotta dal MPI 2006).

Riepilogando dunque: “Nello sviluppo dell’interlingua, la variabilità formale ètanto notevole da esserne una delle caratteristiche più salienti. Ne distinguiamo diversitipi, adattando uno schema di Ellis, 1994” (Bettoni 2002):

evolutiva intersoggettiva sistematica contesto sociale

variabilità contesto psicologico

sincronica intrasoggettiva libera contesto linguistico

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Insegnare e imparare l’italiano seconda lingua nell’attuale situazione educativa escolastica assume, per tutti questi motivi, le caratteristiche di un viaggio segnato da moltevariabili, che hanno certamente a che fare con la fisionomia del viaggiatore, la sua cartad’identità e il “bagaglio” che porta con sé, ma che hanno a che fare anche con la meta, piùo meno distante, remota, impervia; con le tappe del cammino, le possibili acquisizioni/con-quiste o, viceversa, gli inciampi e gli scacchi; con le guide più o meno esperte e consape-voli che accompagnano il tragitto.

Vediamo alcune delle caratteristiche salienti delle situazioni scolastiche multicul-turali e plurilingui in cui oggi i docenti si trovano ad operare (Tabella 1, da: MPI 2006).

Tabella 1. Il mondo a scuola: alcuni dati

- Caratteristiche dei minori stranieri presenti in Italia: 48% nati qui

52% ricongiunti

- Alunni stranieri frequentanti la scuola italiana:

Anno scolastico 2005-2006: 430.000

Anno scolastico 2006/2007: 506.000

- Incidenza percentuale media: 5,6%

- Nuovi inserimenti annui: 70.000 circa

- Nazionalità presenti: 191

- Graduatoria delle nazionalità:

1. Albania 16,34

2. Marocco 14,01 46%

3. Romania 12,44

4. Cina 5,22

5. Jugoslavia 3,30

6. Ecuador 3,24

7. Tunisia 2,76

8. Filippine 2,63

9. Perù 2,61

10. Macedonia 2,56

- Aree di insediamento: 66,0% Nord (Est + Ovest)

24,2% Centro

9,8% Sud e isole

2. L’insegnante “equilibrista”: gestire l’eterogeneità

I ritratti dei bambini e dei ragazzi che apprendono l’italiano a seguito del percorsodi migrazione ci rimandano dunque storie personali, alfabeti e accenti, riuscite scolastiche,capacità di movimento sullo spazio linguistico del luogo d’accoglienza molto differenti.

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E di conseguenza, la gestione di questa importante variabilità diventa compito cruciale ecentrale da parte di chi insegna. Il docente di italiano L2 e il docente tout court della classemulticulturale e plurilingue si trovano ad agire sempre di più come “equilibristi”. Devonoinfatti gestire la diffusa e consueta eterogeneità del gruppo classe italofono e la variabilitàconnessa ai differenti cammini degli alunni non italofoni. Si trovano inoltre a dover con-tinuamente decostruire e smontare acquisizioni e stereotipi appena delineati, che nonhanno così modo (per certi versi, fortunatamente) di sedimentarsi. Ci si è appena fatti unacerta idea, sulla base di un’esperienza di inserimento limitata, delle modalità di acquisi-zione dell’italiano L2 da parte di apprendimenti sinofoni o arabofoni, ad esempio, ed eccoche un nuovo alunno dello stesso gruppo linguistico viene a smentire, con le sue perfor-mance, le fragili rappresentazioni da poco elaborate. E tuttavia, anche questi parziali “an-coraggi” - stereotipi provvisori e in movimento, da smontare all’occorrenza - hannoinizialmente il compito di fare da “bussola”, addomesticare un po’ la realtà sconosciutache diventa così meno estranea e che appare più gestibile.

Alle prese con le urgenze dettate dalla necessità di sviluppare in fretta la lingua delcontatto e della comunicazione, e nello stesso tempo quella astratta e dello studio, mossidall’impellenza di coinvolgere i nuovi arrivati nei momenti comuni delle attività e deicontenuti curricolari, gli insegnanti hanno spesso difficoltà a comporre questo sguardobi/pluridirezionale, dipanando i tempi diversi, gli obiettivi mirati, gli input adeguati, icompiti di apprendimento personalizzati. Compiti che, per risultare “sostenibili”, devonoessere calibrati, graduali; non devono penalizzare l’alunno straniero, da un lato, proponen-dogli attività troppo facili, non stimolanti, dettate da una sorta di iper-protettività che nonesige ma neppure riconosce, ma che, dall’altro lato, non lo pongano di fronte a ostacoliinsormontabili, che possono produrre ripiego e de-motivazione (Cummins 1989; Bettoni2002). Comporre questo sguardo “strabico” in una visione larga, riconoscendo ciò che èproprio di un cammino specifico (l’apprendimento della L2 per la comunicazione inter-personale) e accompagnando poi lo studente non italofono nel percorso comune - con at-tenzione, gradualità e molteplici forme di facilitazione - richiede consapevolezza, ampiadisponibilità di materiali e strumenti mirati e un atteggiamento di base basato sulla fiduciae la comprensione del compito che viene richiesto.

Richiede anche l’adozione di una didattica fortemente generativa. Dall’idea di untragitto lineare, che procede senza salti e senza scosse verso obiettivi pre-stabiliti (spesso,per gli alunni stranieri, i mortificanti “obiettivi minimi” che suonano quasi come “defi-nitivi”), si deve passare all’insegnamento di indici linguistici (o di contenuto, per le disci-pline) che costituiscano le basi, gli ancoraggi, le fondamenta di un apprendimento che sifa e si compone in maniera inedita, talvolta imprevista e sorprendente. I contenuti chevengono proposti diventano così una sorta di “trampolino” da cui ripartire, un copioneaperto sul quale possono trovare posto col tempo i contenuti e i concetti che l’allievo avevagià appreso in L1 (attraverso il riconoscimento e l’attivazione di un processo di transfer dicompetenze) e via via, grazie a modalità dense e ridondanti di facilitazione - anche i nuovicontenuti direttamente appresi in L2. Non sempre infatti la L1 presenta usi e caratteristicheproprie solo di un “codice ristretto”, limitato nei temi e negli interlocutori. In molti casi, iragazzi stranieri hanno già imparato a usare la loro lingua di origine per usi più complessi,per astrarre, definire, riflettere sulla lingua. E la capacità di usare la L1 per compiti linguisticie comunicativi articolati rappresenta un’importante chance, una base di partenza che puòrendere il viaggio nell’italiano L2 meno ostacolato e più proficuo.

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Messi oggi di fronte a situazioni di insegnamento che si presentano sempre più etero-genee e che cambiano molto in fretta, i docenti possono talvolta correre il rischio di enfatizzarei modi e gli strumenti del controllo, anche per avere l’impressione di gestire meglio i passaggi.L’enfasi, ad esempio, che si coglie nelle scuole, sul tema della valutazione degli alunni stranierine è un chiaro esempio. Come valutare? Che cosa valutare?A quali parametri riferirsi? L’ansiavalutativa esprime la difficoltà a gestire la variabilità delle situazioni, la necessità di definireun cammino e un traguardo ai quali riferirsi. Ma talvolta dare tempo e darsi tempo risultanoscelte più efficaci rispetto a rigide definizioni di standard prestabiliti che comprimono i tragittiindividuali e non permettono ai singoli apprendenti di trovare il proprio ritmo. Soprattutto nelleclassi della scuola secondaria, il tema dell’apprendimento della L2 diventa cruciale ai fini del-l’inserimento positivo e di una storia di buona integrazione. Ed è da questo ordine di scuolache provengono oggi le domande più pressanti di elaborazione di “modelli” e di strumenti.

3. Gli adolescenti stranieri sulla scena educativa: soprattutto al Nord, soprat-tutto nei professionali

L’arrivo consistente di ragazze e ragazzi stranieri ultraquattordicenni si è verificato so-prattutto negli ultimi 2/3 anni e sta rapidamente modificando la fisionomia degli istituti sco-lastici e, in particolare, di quelli professionali. A fronte di un incremento medio percentualedegli alunni stranieri che si attesta su valori attorno al 17,5% annuo, si assiste a una vera e pro-pria “esplosione” delle presenze nella scuola superiore, che ha registrato un incremento per-centuale pari a +72,5% dal 2004/2005 al 2006/2007: nell’anno scolastico 2004/2005 eranoinfatti 59.600 circa e sono saliti a 102.829 circa due anni dopo.A livello nazionale, l’incidenzapercentuale degli studenti stranieri nella scuola superiore è del 3,1%, ma il dato totale è pocosignificativo. I ragazzi e le ragazze di altra nazionalità si concentrano infatti solo in determinatearee del Paese e in una certa tipologia di scuole. Ad esempio, negli istituti professionali delNord-est rappresentano l’11,4% (il 17,8% al primo anno); nei professionali del Nord-ovestsono il 10,5% (15,7% al primo anno) e nelle stesse scuole del Centro sono l’8,5% (il 13,1%al primo anno). Nel Sud e nelle isole a stento raggiungono, sempre negli istituti professionali,l’1%.A livello nazionale, la loro incidenza percentuale per tipo di scuola è la seguente:

- Istituti professionali: 7.5%- Istituti tecnici: 4.1%- Istituti d’arte e licei artistici: 2.9%- ex Istituti e scuole magistrali: 2.4%- Licei linguistici: 2.3%- Licei scientifici: 1.7%- Licei classici: 1.2%

Come si vede, l’inserimento è disomogeneo, tanto più se si considera che nelle primeclassi degli istituti professionali, la percentuale a livello nazionale è superiore al 9%. La pre-senza degli studenti stranieri è quindi fortemente diversificata, quanto a aree di insediamentoe a tipo di scuola frequentata e presenta situazioni di concentrazione in determinate provincee negli istituti professionali.Trova posto negli istituti professionali ben il 40,6%dei ragazzi stra-nieri che prosegue gli studi (i ragazzi italiani che li frequentano rappresentano invece il 20,6%).

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Anche le appartenenze nazionali sono, come abbiamo già visto, molto varie. Se osserviamo icontesti di provenienza, vediamo infatti che la graduatoria dei continenti degli alunni stranieriin generale colloca al primo posto l’Europa non UE, seguita daAfrica,Asia eAmerica; mentrela graduatoria relativa all’istruzione superiore pone al primo posto l’America, seguita da Europanon UE, Asia e Africa, all’ultimo posto. Rispetto agli altri ordini di scuola, vi è dunque unasovra-rappresentazione degli alunni latinoamericani (peruviani ed ecuadoriani soprattutto) euna sotto-rappresentazione degli alunni africani (nord-africani, in particolare).

Gli esiti scolasticiL’osservazione degli esiti scolastici mostra come sia costante il minor successo

scolastico degli alunni stranieri, rispetto agli italiani, e come il divario aumenti nei diversiordini di scuola. I minori stranieri passano da un tasso di promozione del 96,7% nellascuola primaria a un tasso di promozione dell’89,8% nella secondaria di I grado. Ma nellascuola secondaria di II grado, il divario tra i due gruppi si fa più importante e la differenzasale a -12,8 punti percentuali (vedi grafico 1).

Grafico 1. Tasso di promozione, per ordine di scuola

Ragazze e ragazzi che hanno dunque un tasso di promozione decisamente inferiore e cheentrano nell’istruzione superiore in situazione di svantaggio, dal momento che il 72,6% deglistudenti stranieri inseriti nella scuola secondaria non è alla pari con i compagni e viene inseritoin una classe inferiore a quella prevista dall’età anagrafica di uno, due o più anni (negli istitutiprofessionali è in situazione di “ritardo” il 79,8% degli stranieri) (vedi grafico 2).

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Grafico 2. Alunni con “ritardo scolastico”, per classe d’inserimento

In questa situazione di inserimento che desta preoccupazione, quali sono gli stu-denti stranieri più “vulnerabili”? Da alcune ricerche condotte a livello locale (CentroCOME - Provincia di Milano, 2006; Provincia di Arezzo - UCODEP, in Luatti 2003)emerge che sono maggiormente penalizzati:- coloro che arrivano ad anno scolastico già iniziato;- i maschi più delle femmine;- coloro che provengono dai contesti africano e asiatico, più che dall’America latinae dall’Europa dell’Est.

Il dato linguistico e la padronanza di una lingua neolatina hanno dunque un’impor-tanza centrale, dal momento che segnano e orientano fin dall’inizio le modalità e dell’in-serimento e i percorsi scolastici.

4. L’italiano L2 lingua veicolare

Il problema dell’apprendimento dell’italiano seconda lingua è dunque al centrodelle preoccupazioni e delle attenzioni dei docenti delle scuole secondarie. Le difficoltàlinguistiche si presentano con due modalità diverse: vi sono le necessità immediate legateall’iniziale situazione di non italofonia (l’italiano per comunicare) e vi sono i problemiconnessi alla lingua dello studio, che permangono a lungo e incidono pesantemente sul-l’apprendimento in generale. Anche gli studenti presenti a scuola da qualche tempo e chehanno una sufficiente fluenza nell’italiano per comunicare sembrano manifestare difficoltàimportanti nelle competenze di lettura/comprensione e scrittura di testi a carattere disci-plinare. Se osserviamo le valutazioni espresse dai docenti che sono coinvolti nel progetto“Non uno di meno” (Centro COME – Provincia di Milano, 2006) a proposito del livello

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di competenza in italiano L2 dei ragazzi coinvolti, il divario è indicato in maniera chiara1.

Tabella 2. Competenza in L2 e valutazione dei docenti

Italiano per comunicare % Italiano per studiare %

Orale Scritto Orale Scritto

Insufficiente 10 50 41 90

Sufficiente 12 22 19 10

Medio 48 28 30 /

Buono 30 / 10 /

A fronte di una competenza orale nella lingua contestualizzata e “concreta” cheevolve in maniera veloce e che ottiene valutazioni positive, permangono a lungo le diffi-coltà legate agli usi della lingua più astratti e decontestualizzati. Ma sono queste abilitàche possono permettere a ragazzi di seguire gli apprendimenti comuni e che devono quindiessere sostenute da dispositivi e strumenti efficaci di aiuto e facilitazione. È soprattuttol’impatto con la lingua scritta a rappresentare una difficoltà che persiste nel tempo e chesi ritrova anche in apprendenti presenti in Italia da tempo. Scrivere in L2 richiede infattila capacità di tenere sotto controllo, ad un tempo, indici linguistici diversi: fonologico/or-tografici, lessicali, morfologici, sintattici, testuali. Produrre testi scritti nella seconda lin-gua significa attivare al tempo stesso un rapporto con la L2 di familiarità e di distanza.La familiarità e la frequentazione della L2 permettono una conoscenza globale e analitica,l’acquisizione via via più ampia di significati e sfumature che si sviluppano attraverso laconsuetudine a leggere testi con registri e stili diversi e che consentono di riconoscerli, ap-prezzarli, comprenderne gli usi e i contenuti. La distanza tra l’apprendista scrittore di L2e il testo in elaborazione consente, dall’altro lato, di considerarlo “di per sé”, autonomo,capace di veicolare un messaggio senza contare su segni e segnali non verbali e paralin-guistici. Le produzioni dei ragazzi stranieri (non solo le loro, in realtà) sono invece quasisempre una trascrizione dell’orale e risentono dunque delle difficoltà fonologiche, le esi-tazioni e le omissioni, le incertezze e gli impliciti propri di chi non riesce ancora a produrreun testo scritto che sia di per sé trasparente.

5. Il mondo della L2, il mondo della L1

Le ragazze e i ragazzi stranieri inseriti nella scuola secondaria sono per la stra-grande maggioranza nati all’estero e arrivati in Italia in tempi più o meno recenti. Questasituazione - definita da alcuni quella di una generazione “in bilico”, o “generazione 1,5”,a metà strada tra i genitori (la prima generazione) e i bambini nati in Italia (la cosiddettaseconda generazione) si connota per essere bilingue. Le forme del bilinguismo sono na-turalmente diverse e anche in questo caso la caratteristica della variabilità è facilmente do-cumentabile. Vi sono infatti coloro che:

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1 L’osservazione è stata compiuta sui 203 frequentanti i corsi di italiano L2 promossi dal progetto “Non uno dimeno” e inseriti nei primi anni delle scuole superiori. Le modalità di valutazione utilizzate sono quelle in usofra i docenti che si rifanno al Quadro comune europeo di riferimento per le lingue.

- conoscono la L1 solo oralmente;- hanno imparato anche a leggere e scrivere in L1;- hanno compiuto gran parte della loro scolarità in L1;- usano un codice orale per la comunicazione (dialetto) e una lingua nazionale per la scolarità;- hanno appreso anche una lingua straniera.

Riguardo al rapporto, funzionale e temporale, tra l’uso di L1 e di L2 in con-testi diversi, emergono inoltre tra i ragazzi stranieri tendenze piuttosto nette e interes-santi. La prima prevede una chiara separazione funzionale ed affettiva fra i due codici:la lingua d’origine si parla con i genitori e con le persone della generazione degli adulti;la L2 è, per la maggioranza, la lingua della comunicazione tra pari, dei rapporti oriz-zontali, anche in contesto famigliare, con i fratelli e le sorelle. Emerge anche una di-versità di comportamento nell’uso della lingua materna a seconda della provenienzageografica: gli allievi ispanofoni (arrivati più di recente e in età più elevata); arabofonie sinofoni tendono a usarla maggiormente in famiglia e anche nei rapporti interperso-nali con altri connazionali; mentre i ragazzi che provengono dall’Europa dell’Est ten-dono a ridurne l’uso anche in famiglia. In tutti i casi, gli usi della L1 tendono aimpoverirsi, sia rispetto al tempo che ad essa viene riservato, sia rispetto ai temi e airegistri di conversazione: nella situazione di migrazione, rischia infatti di ridursi a uncodice ristretto, riservato solo a pochi e prevedibili scambi intrafamigliari. Sulla basedel tempo che viene dedicato all’una e all’altra lingua in una giornata/tipo, la situazionerilevata fra un campione di ragazzi stranieri inseriti nel progetto “Non uno di meno”(Centro COME e Provincia di Milano) è la seguente (Tab. 3 e Grafico 3) :

Tabella 3. Uso quotidiano della L1 e della L2

Numero Tempo di uso della L1 e della L2

56 Orientati verso la L2

Più della metà usa la L1 in maniera ridotta, quanto a tempo e densità

degli scambi. In particolare: 12 la praticano solo nel 10% del tempo, a

fronte di un 90% di scambi in L2; 20 la usano per scambi sporadici, a

favore di un uso massiccio dell’italiano; 24 dedicano alla L1 il 30% del

loro tempo comunicativo e nel 70% usano la L2.

32 Uso “bilanciato” di L1 e L2

Un terzo dei ragazzi intervistati (32 su 100) presenta una situazione in

cui vi è un uso abbastanza bilanciato dei due codici e che vede una ripar-

tizione omogenea del tempo dedicato alle due lingue, che va dal 40% al 60%.

12 Orientati verso la L1

Solo nel caso di 12 apprendenti vi è uso preponderante della L1 e nel 70%

del tempo e degli scambi comunicativi si colloca al centro la lingua d’origine.

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Grafico 3. Usi dell’italiano e della L1

La lingua materna si presenta quindi come il codice che ha a che fare con:– la casa e le relazioni famigliari e comunitarie, soprattutto in senso verticale;– il passato, la propria storia, i luoghi lasciati nel Paese d’origine, i ricordi e lamemoria;– gli “oggetti interni”, oltre che materiali, che definiscono la propria biografia condotta

altrove e che è possibile dire solo in L1;– le ferite della migrazione che, con il tempo diventano cicatrici, ma che possono

riattivarsi e riacutizzarsi, quando le relazioni con i pari si impoveriscono;– un futuro possibile nel paese d’origine, ma solo in pochissimi casi;– le competenze di uso della lingua scritta che in Italia non sono quasi mai riconosciute.

Una lingua dunque che, fuori dalle mura della casa e dei circoli comunitari, hapoche occasioni di visibilità, riconoscimento e che tende quindi a colorarsi per alcuni deivissuti di svalorizzazione e di nostalgia. Una lingua che invece potrebbe costituire unachance e un punto di forza, dal momento che molti ne padroneggiano anche gli usi scrittied espressivi.

6. Un sillabo “ibrido”

Abbiamo visto che il viaggio dentro l’italiano L2 si presenta come un’avventuraaffascinante e complessa soggetta a importanti variabilità. Dalla parte di chi insegna, si-gnifica prestare attenzione a due rotte diverse: costruire le basi specifiche dalla L2 (lessico,strutture, capacità comunicative) nel tempo dell’intervento mirato, avendo la consapevo-lezza che si tratta di una fase in transizione che evolve più o meno velocemente verso lasituazione degli apprendimenti comuni. E dunque che, alla prima rotta, va affiancato piut-tosto precocemente un altro cammino, quello della facilitazione linguistica riferita ai con-tenuti di studio curricolari. Ma ogni apprendente segue ritmi diversi e spesso imprevedibili:alcuni “bruciano le tappe” e mal sopportano gli interventi “specifici” e i moduli organiz-

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zati per stranieri; altri invece, inseriti nello stesso periodo, procedono più lentamente e ri-chiedono tempi più dilatati. Serve allora una sorta di sillabo “ibrido” (Nunan 1988) di co-pione largo per poter costruire un percorso di italiano L2 su misura, dal momento che:

Il punto di partenza per la costruzione di un curricolo centrato sul discente è un’analisidei suoi bisogni comunicativi e delle sue caratteristiche di apprendente. Tale analisiconterrà dati biografici, indicazioni di esperienze di apprendimento linguistico prece-denti, di preferenze quanto ad attività di apprendimento, di aspettative relative ai risultatidel corso; indicazioni relative agli stili, o modi di apprendere (Ciliberti 2000).

“Sillabo ibrido” che tuttavia non significa bricolage linguistico, casualità dellescelte, improvvisazione delle proposte. Anzi, più la situazione di apprendimento si pre-senta variegata e plurale, maggiore è la necessità di poter contare su riferimenti chiari,bussole definite di orientamento, direzioni verso le quali tendere. Con tempi e ritmi di-versi, impacci e conquiste da risolvere e accompagnare caso per caso.

Seguendo i diversi tragitti di apprendimento dell’italiano L2, possiamo tuttavia os-servare che gli apprendenti stranieri inseriti nella scuola attraversano tutti tre diverse fasi.

a) La fase iniziale dell’apprendimento dell’ italiano L2 per comunicareCorrispondente grosso modo, per la rilevazione iniziale e per la definizione degli

obiettivi, alla descrizione dei livelli A1 e A2 del Quadro comune europeo di riferimentoper le lingue (Consiglio d’Europa, 2002), è la fase alla quale i docenti prestano attualmentepiù attenzione perché si caratterizza per i bisogni urgenti e immediati di comunicazione.Ha a che fare con l’intervento specifico (il cosiddetto laboratorio di italiano L2), intensivoe con orario “a scalare”, più denso nei primi due/tre mesi, più diluito in seguito. Gli obiet-tivi privilegiati di questa fase riguardano soprattutto:

– lo sviluppo delle capacità di ascolto e comprensione dei messaggi orali;– l’acquisizione del lessico fondamentale della lingua italiana

(le circa 2000 parole più usate);– l’acquisizione e la riflessione sulle strutture grammaticali di base;– il consolidamento delle capacità tecniche di lettura/scrittura in L2.In questi ultimi tempi, i materiali e gli strumenti prodotti e disponibili sono suffi-

cientemente adeguati, anche se mancano testi specifici per adolescenti/giovani e strumentiche favoriscano anche le modalità di auto-apprendimento.

b) La fase “ponte” di accesso all’italiano dello studioÈ questa forse la fase più delicata e complessa, alla quale dedicare attenzioni im-

portanti, consolidando gli strumenti e i materiali didattici e affinando le modalità di in-tervento di tipo linguistico. Se nella prima fase, il posto centrale era dedicato ad attivarel’uso autonomo della L2 per comunicare, qui gli obiettivi sono duplici: da un lato, rinfor-zare e sostenere l’apprendimento della L2 come lingua di contatto e, nello stesso tempo,fornire all’apprendente competenze cognitive e metacognitive efficaci per poter parteci-pare all’apprendimento comune. Usare la lingua per studiare significa imparare a conte-stualizzare e decontestualizzare, definire, connettere, spiegare, esplicitare... Un camminolungo e difficile che deve avere la caratteristica centrale di essere aperto, generativo, ca-pace di dare l’avvio a successivi passi in autonomia: a partire dai contenuti di base di un

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determinato argomento disciplinare, l’allievo straniero deve essere indirizzato a ampliareil lessico di riferimento, allargare i concetti, stabilire connessioni…. In questa fase, l’enfasiè dunque sulla lingua scritta, sulla capacità di comprendere testi diversi (informativi, espo-sitivi, regolativi…), pianificare esposizioni orali attorno a un contenuto dato, integrare lacomunicazione orale con supporti visivi e multimediali... Non si tratta quindi e solo diagire sui testi comuni di studio per farne dei materiali semplificati e più sostenibili (puòtuttavia essere utile anche questo), ma di agire sull’apprendente, accompagnandolo conchiavi di lettura ed attrezzi efficaci nel suo cammino dentro la lingua dello studio (Grassiet alii 2003), dal momento che:

gli usi tecnico-specialistici di una lingua richiedono il controllo attento dell’intro-duzione dei termini specialistici, l’educazione al discorso scientifico, la precisionenell’esplicitazione dei tratti semantici, il sistematico controllo della comprensione.Tutto ciò consente di assumere come un’occasione importante di educazione lin-guistica la comunicazione nei settori disciplinari, coinvolgendo in tale azione anchei docenti delle materie diverse dall’italiano (Vedovelli 2002).

In altre parole, l’allievo non italofono impara l’italiano per studiare, ma imparal’italiano anche studiando, accompagnato in questo cammino da tutti i docenti che di-ventano “facilitatori” di apprendimento e che possono contare oggi su strumenti da spe-rimentare, quali: brevi glossari plurilingui che contengono termini/chiave relativi allamicrolingua delle varie discipline; testi “semplificati” che propongono i contenuti comunicon un linguaggio più accessibile; percorsi/tipo di sviluppo delle abilità di scrittura e dilettura/comprensione di testi narrativi (a questo proposito si veda la bibliografia/sitografiadell’italiano L2 per lo studio su: www.centrocome.it).

c) La fase degli apprendimenti comuniL’italiano L2 resta in questa fase sullo sfondo e fornisce ai docenti di classe chiavi

interpretative per cogliere le difficoltà che possono permanere e per intervenire su di esse.Ma le modalità di mediazione didattica e di facilitazione messe in atto per tutta la classee per gestire la sua irriducibile eterogeneità possono essere efficaci anche per gli alunnistranieri. Anzi, il loro punto di vista diverso su un tema geografico, storico, economico...e la loro capacità metalinguistica, che nel frattempo si è affinata, dal momento che abitanole due lingue e portano con sé altri riferimenti culturali, potranno essere potenti occasionidi sguardo interculturale per tutti.

Riferimenti bibliografici

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Vedovelli, Massimo (2002). Guida all’italiano per stranieri. La prospettiva del Quadrocomune europeo per le lingue. Roma: Carocci.

Riassunto

L’apprendimento e l’insegnamento dell’italiano come seconda lingua hanno le caratteristichedi un percorso ad un tempo specifico e in transizione. Specifico perché si discosta sia dal camminodell’acquisizione della lingua materna, sia da quello di una lingua straniera. In transizione perché èun compito temporaneo, dal momento che gli apprendenti – inseriti nella classi ordinarie – devonoin tempi rapidi accostarsi ai contenuti del curricolo comune. Un altro elemento che connota questotema è la grande variabilità dei cammini di apprendimento. Gli alunni stranieri sono infatti fra loroestremamente diversi per: storia di migrazione; biografia linguistica; età al momento dell’arrivo; bi-sogni e tempi di apprendimento. L’insegnante si trova quindi sempre più a gestire classi e gruppi for-temente eterogenei e a muoversi come un equilibrista per promuovere – grazie a un “sillabo ibrido”– l’apprendimento dell’italiano L2 per comunicare e della lingua veicolare e dello studio. Il contributosi sofferma in particolare sulla situazione degli adolescenti stranieri neoarrivati e sulle tre fasi che essiattraversano nell’apprendimento dell’italiano L2 “su misura” .

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