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LA NGèGN PICCOLA ANTOLOGIA PERSONALE (E PARZIALE) POESIE INSERITE IN ORDINE SPARSO E PER I MOTIVI PIU’ DISPARATI (MI PIACCIONO, MI PIACCIONO MOLTO, MI FANNO PENSARE A QUALCUNO, EVOCANO UN RICORDO SCOLASTICO, ECC.)

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LA NGèGN

PICCOLA ANTOLOGIA PERSONALE (E PARZIALE)

POESIE INSERITE IN ORDINE SPARSO

E PER I MOTIVI PIU’ DISPARATI

(MI PIACCIONO, MI PIACCIONO MOLTO, MI FANNO PENSARE A QUALCUNO, EVOCANO UN

RICORDO SCOLASTICO, ECC.)

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ANACREONTE

Canute sono ormai

le tempie, bianco il capo

la giovinezza ridente

non è più con me

e vecchi sono i denti.

Della tenera vita

non più molto mi resta.

E io gemo per questo

per paura dell’Ade.

Dell’Ade infatti è orribile

il baratro, e ad esso è grave

la discesa; ed è vero,

per chi sia disceso

risalire non è possibile

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GIACOMO LEOPARDI

L'infinito

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,

e questa siepe, che da tanta parte

dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interminati

spazi di là da quella, e sovrumani

silenzi, e profondissima quïete

io nel pensier mi fingo, ove per poco

il cor non si spaura. E come il vento

odo stormir tra queste piante, io quello

infinito silenzio a questa voce

vo comparando: e mi sovvien l’eterno,

e le morte stagioni, e la presente

e viva, e il suon di lei. Così tra questa

immensità s’annega il pensier mio:

e il naufragar m’è dolce in questo mare.

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JOHAN WOLFGANG GOETHE

Ein Gleiches

Über allen Gipfeln

Ist Ruh,

In allen Wipfeln

Spürest du

Kaum einen Hauch;

Die Vögelein schweigen im Walde.

Warte nur, balde

Ruhest du auch.

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GIUSEPPE GIUSTI

Il poeta e gli eroi da poltrona

Poeta:

Eroi, eroi,

che fate voi?

Eroi:

Ponziamo il poi.

Poeta:

(Meglio per noi!)

O del presente

che avete in mente?

Eroi:

Un tutto e un niente.

Poeta:

(Precisamente).

Che brava gente!

Dite, o l'Italia?

Eroi:

L'abbiamo a balia.

Poeta:

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Balia pretesca,

liberalesca,

nostra o tedesca?

Eroi:

Vattel'a pesca.

Poeta:

Lo so (sta fresca!).

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FERNANDO PESSOA

Ho pena delle stelle

Ho pena delle stelle

che brillano da tanto tempo,

da tanto tempo...

Ho pena delle stelle.

Non ci sarà una stanchezza

delle cose,

di tutte le cose,

come delle gambe o di un braccio?

Una stanchezza di esistere,

di essere,

solo di essere,

l'essere triste lume o un sorriso...

Non ci sarà dunque,

per le cose che sono,

non la morte, bensì

un'altra specie di fine,

o una grande ragione:

qualcosa così, come un perdono?

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EDUARDO DE FILIPPO

‘O rraù

'O rraù ca me piace a me

m' 'o ffaceva sulo mammà.

A che m'aggio spusato a te,

ne parlammo pè ne parlà.

Io nun sogno difficultuso;

ma luvàmell''a miezo st'uso.

Sì, va buono: cumme vuò tu.

Mò ce avèssem' appiccecà?

Tu che dice? Chest'è rraù?

E io m'a 'o mmagno pè m' 'o mangià...

M' 'a faje dicere na parola?

Chesta è carne c' 'a pummarola.

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PAOLO CONTE

Canzone anfibia (unica poesia scritta da P.C.)

Piove sull’Aurelia

acqua del cielo di settembre 1950.

E passa sull’Aurelia

nella pioggia

un’Aurelia grigia

1950.

Da un palazzotto 1950

sto guardando quei due grigi

Aurelia, una bionda, sporgendosi in fuori

così si sciacquano

in un’acqua non di mare e non di terra

queste tre Aurelie

tra dalie e camelie 1950,

quanta bell’acqua.

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MONTALE

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato

l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco

lo dichiari e risplenda come un croco

perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l'uomo che se ne va sicuro,

agli altri ed a se stesso amico,

e l'ombra sua non cura che la canicola

stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,

sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.

Codesto solo oggi possiamo dirti,

ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

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GIUSEPPE GIOACCHINO BELLI

La bbona famijja

Mi' nonna, a un'or de notte che viè ttata

Se leva da filà, povera vecchia,

Attizza un carboncello, ciapparecchia,

E maggnamo du' fronne d'inzalata.

Quarche vorta se famo una frittata,

Che ssi la metti ar lume ce se specchia

Come fussi a ttraverzo d'un'orecchia:

Quattro noce, e la cena è terminata.

Poi ner mentre ch'io, tata e Crementina

Seguitamo un par d'ora de sgoccetto,

Lei sparecchia e arissetta la cucina.

E appena visto er fonno ar bucaletto,

'Na pisciatina, 'na sarvereggina,

E, in zanta pace, ce n'annamo a letto.

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GIORGIO CAPRONI

Il gibbone

No, non è questo il mio

paese. Qua

- fra tanta gente che viene,

tanta gente che va -

io sono lontano e solo

(straniero) come

l'angelo in chiesa dove

non c'è Dio. Come,

allo zoo, il gibbone.

Nell'ossa ho un'altra città

che ni strugge. E' là.

L'ho perduta. Città

grigia di giorno e, a notte,

tutta una scintillazione

di lumi - un lume

per ogni vivo, come,

qui al cimitero, un lume,

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per ogni morto. Città

cui nulla, nemmeno la morte

- mai, - mi ricondurrà.

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ALDO PALAZZESCHI

La passeggiata

Andiamo?

Andiamo pure.

All'arte del ricamo,

fabbrica passamanerie,

ordinazioni, forniture.

Sorelle Purtarè.

Alla città di Parigi.

Modes, nouveautè

Benedetto Paradiso

successore di Michele Salvato,

gabinetto fondato nell'anno 1843.

avviso importante alle signore !

La beltà del viso,

seno d'avorio,

pelle di velluto.

Grandi tumulti a Montecitorio.

Il presidente pronunciò fiere parole.

tumulto a sinistra, tumulto a destra.

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Il gran Sultano di Turchia ti aspetta.

La pasticca di Re Sole.

Si getta dalla finestra per amore.

Insuperabile sapone alla violetta.

Orologeria di precisione.

93

Lotteria del milione.

Antica trattoria "La pace",

con giardino,

fiaschetteria,

mescita di vino.

Loffredo e Rondinella

primaria casa di stoffe,

panni, lane e flanella.

Oggetti d'arte,

quadri, antichità,

26

26 A.

Corso Napoleone Bonaparte.

Cartoleria del progresso.

Si cercano abili lavoranti sarte.

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Anemia !

Fallimento!

Grande liquidazione!

Ribassi del 90%

Libero ingresso.

Hotel Risorgimento

e d'Ungheria.

Lastrucci e Garfagnoni,

impianti moderni di riscaldamento:

caloriferi, termosifoni.

Via Fratelli Bandiera

già via del Crocefisso.

Saldo

fine stagione,

prezzo fisso.

Occasione, occasione!

Diodato Postiglione

scatole per tutti gli usi di cartone.

Inaudita crudeltà!

Cioccolato Talmone.

Il più ricercato biscotto.

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Duretto e Tenerini

via della Carità.

2. 17. 40. 25. 88.

Cinematografo Splendor,

il ventre di Berlino,

viaggio nel Giappone,

l'onomastico di Stefanino.

Attrazione ! Attrazione!

Cerotto Manganello,

infallibile contro i reumatismi,

l'ultima scoperta della scienza !

L'Addolorata al Fiumicello,

associazione di beneficenza.

Luigi Cacace

deposito di lampadine.

Legna, carbone, brace,

segatura,

grandi e piccole fascine,

fascinotti,

forme, pine.

Professor Nicola Frescura:

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state all?erta giovinotti !

Camicie su misura.

Fratelli Buffi,

lubrificanti per macchine e stantuffi.

Il mondo in miniatura.

Lavanderia,

Fumista,

Tipografia,

Parrucchiere,

Fioraio,

Libreria,

Modista.

Elettricità e cancelleria.

L'amor patrio

antico caffè.

Affittasi quartiere,

rivolgersi al portiere

dalle 2 alle 3.

Adamo Sensi

studio d'avvocato,

dottoressa in medicina

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primo piano,

Antico forno,

Rosticcere e friggitore.

Utensili per cucina,

Ferrarecce.

Mesticatore.

Teatro Comunale

Manon di Massenet,

gran serata in onore

di Michelina Proches.

Politeama Manzoni,

il teatro dei cani,

ultima matinée.

Si fanno riparazioni in caloches.

Cordonnier.

Deposito di legnami.

Teatro Goldoni

i figli di nessuno,

serata popolare.

Tutti dai fratelli Bocconi !

Non ve la lasciate scappare !

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Bar la stella polare.

Assunta Chiodaroli

levatrice,

Parisina Sudori

rammendatrice.

L'arte di non far figlioli.

Gabriele Pagnotta

strumenti musicali.

Narciso Gonfalone

tessuti di seta e di cotone.

Ulderigo Bizzarro

fabbricante di confetti per nozze.

Giacinto Pupi,

tinozze e semicupi.

Pasquale Bottega fu Pietro,

calzature...

Torniamo indietro?

Torniamo pure.

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GIACOMO LEOPARDI

La sera del dì di festa

Dolce e chiara è la notte e senza vento,

E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti

Posa la luna, e di lontan rivela

Serena ogni montagna. O donna mia,

Già tace ogni sentiero, e pei balconi

Rara traluce la notturna lampa:

Tu dormi, che t'accolse agevol sonno

Nelle tue chete stanze; e non ti morde

Cura nessuna; e già non sai nè pensi

Quanta piaga m'apristi in mezzo al petto.

Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno

Appare in vista, a salutar m'affaccio,

E l'antica natura onnipossente,

Che mi fece all'affanno. A te la speme

Nego, mi disse, anche la speme; e d'altro

Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.

Questo dì fu solenne: or da' trastulli

Prendi riposo; e forse ti rimembra

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In sogno a quanti oggi piacesti, e quanti

Piacquero a te: non io, non già, ch'io speri,

Al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo

Quanto a viver mi resti, e qui per terra

Mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi

In così verde etate! Ahi, per la via

Odo non lunge il solitario canto

Dell'artigian, che riede a tarda notte,

Dopo i sollazzi, al suo povero ostello;

E fieramente mi si stringe il core,

A pensar come tutto al mondo passa,

E quasi orma non lascia. Ecco è fuggito

Il dì festivo, ed al festivo il giorno

Volgar succede, e se ne porta il tempo

Ogni umano accidente. Or dov'è il suono

Di que' popoli antichi? or dov'è il grido

De' nostri avi famosi, e il grande impero

Di quella Roma, e l'armi, e il fragorio

Che n'andò per la terra e l'oceano?

Tutto è pace e silenzio, e tutto posa

Il mondo, e più di lor non si ragiona.

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Nella mia prima età, quando s'aspetta

Bramosamente il dì festivo, or poscia

Ch'egli era spento, io doloroso, in veglia,

Premea le piume; ed alla tarda notte

Un canto che s'udia per li sentieri

Lontanando morire a poco a poco,

Già similmente mi stringeva il core.

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AUGUSTO VON PLATEN

La tomba nel busento

Cupi a notte canti suonano

Da Cosenza su ’l Busento,

Cupo il fiume gli rimormora

Dal suo gorgo sonnolento.

Su e giù pe ’l fiume passano

E ripassano ombre lente:

Alarico i Goti piangono,

Il gran morto di lor gente.

Ahi sì presto e da la patria

Così lungi avrà il riposo,

Mentre ancor bionda per gli omeri

Va la chioma al poderoso!

Del Busento ecco si schierano

Su le sponde i Goti a pruova,

E dal corso usato il piegano

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Dischiudendo una via nuova.

Dove l’onde pria muggivano,

Cavan, cavano la terra;

E profondo il corpo calano,

A cavallo, armato in guerra.

Lui di terra anche ricoprono

E gli arnesi d’òr lucenti:

De l’eroe crescan su l’umida

Fossa l’erbe de i torrenti!

Poi, ridotto a i noti tramiti,

Il Busento lasciò l’onde

Per l’antico letto valide

Spumeggiar tra le due sponde.

Cantò allora un coro d’uomini:

“Dormi, o re, ne la tua gloria!

Man romana mai non víoli

La tua tomba e la memoria!”

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Cantò, e lungo il canto udivasi

Per le schiere gote errare:

Recal tu, Busento rapido,

Recal tu da mare a mare.

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CESARE PASCARELLA

Er cortello

Ar mio, sopra la lama ch'e' rintorta

C'e' stampata 'na lettra cor un fiore;

Me lo diede Ninetta che m'e' morta,

Quanno che me ce messi a fa' l'amore.

E quanno la baciai la prima vorta,

Me disse: - Si m'avrai da da' er dolore

De dimme che de me nun te n'importa,

Prima de dillo sfonnemece er core. -

E da quer di' che j'arde el lanternino

Davanti a la crocetta ar camposanto,

Lo porto addosso come un abitino.

E si la festa vado a fa' bisboccia,

Si be' che ci abbi' tanti amichi accanto,

Er mejo amico mio ce l'ho in saccoccia.

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FRANCESCO PETRARCA

Chiare, fresche e dolci acque,

ove le belle membra

pose colei che sola a me par donna;

gentil ramo ove piacque

(con sospir' mi rimembra)

a lei di fare al bel fianco colonna;

erba e fior' che la gonna

leggiadra ricoverse

co l'angelico seno;

aere sacro, sereno,

ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse:

date udïenza insieme

a le dolenti mie parole estreme.

S'egli è pur mio destino

e 'l cielo in ciò s'adopra,

ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda,

qualche gratia il meschino

corpo fra voi ricopra,

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e torni l'alma al proprio albergo ignuda.

La morte fia men cruda

se questa spene porto

a quel dubbioso passo:

ché lo spirito lasso

non poria mai in piú riposato porto

né in piú tranquilla fossa

fuggir la carne travagliata e l'ossa.

Tempo verrà ancor forse

ch'a l'usato soggiorno

torni la fera bella e mansüeta,

e là 'v'ella mi scorse

nel benedetto giorno,

volga la vista disïosa e lieta,

cercandomi; e, o pietà!,

già terra in fra le pietre

vedendo, Amor l'inspiri

in guisa che sospiri

sí dolcemente che mercé m'impetre,

e faccia forza al cielo,

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asciugandosi gli occhi col bel velo.

Da' be' rami scendea

(dolce ne la memoria)

una pioggia di fior' sovra 'l suo grembo;

ed ella si sedea

umile in tanta gloria,

coverta già de l'amoroso nembo.

Qual fior cadea sul lembo,

qual su le treccie bionde,

ch'oro forbito e perle

eran quel dí a vederle;

qual si posava in terra, e qual su l'onde;

qual con un vago errore

girando parea dir: - Qui regna Amore. -

Quante volte diss'io

allor pien di spavento:

Costei per fermo nacque in paradiso.

Cosí carco d'oblio

il divin portamento

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e 'l volto e le parole e 'l dolce riso

m'aveano, e sí diviso

da l'imagine vera,

ch'i' dicea sospirando:

Qui come venn'io, o quando?;

credendo d'esser in ciel, non là dov'era.

Da indi in qua mi piace

quest'erba sí, ch'altrove non ò pace.

Se tu avessi ornamenti quant'ài voglia,

poresti arditamente

uscir del bosco, et gir in fra la gente.

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DINO CAMPANA

L’INVETRIATA

La sera fumosa d'estate

Dall'alta invetriata mesce chiarori nell'ombra

E mi lascia nel cuore un suggello ardente.

Ma chi ha (sul terrazzo sul fiume si accende una lampada) chi ha

A la Madonnina del Ponte chi è chi è che ha acceso la lampada? - c'è

Nella stanza un odor di putredine: c'è

Nella stanza una piaga rossa languente.

Le stelle sono bottoni di madreperla e la sera si veste di velluto:

E tremola la sera fatua: è fatua la sera e tremola ma c'è

Nel cuore della sera c'è,

Sempre una piaga rossa languente.

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FRANCESCO BERNI

SONETTO CONTRA LI PRETI

Godete, preti, poi che ’l vostro Cristo

v’ama cotanto, ch’ei, se più s’offende,

più da turchi e concilii vi difende

e più felice fa quel ch’è più tristo.

Ben verrà tempo ch’ogni vostro acquisto,

che così bruttamente oggi si spende,

vi leverà; ché Dio ferirvi intende

col fùlgor che non sia sentito o visto.

Credete voi, però, Sardanapali,

potervi far or femine or mariti,

e la chiesa or spelonca et or taverna?

E far mille altri, ch’io non vo’ dir, mali,

e saziar tanti e sí strani appetiti,

e non far ira alla bontà superna?

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GABRIELE D’ANNUNZIO

La sera fiesolana

Fresche le mie parole ne la sera

ti sien come il fruscìo che fan le foglie

del gelso ne la man di chi le coglie

silenzioso e ancor s'attarda a l'opra lenta

su l'alta scala che s'annera

contro il fusto che s'inargenta

con le sue rame spoglie

mentre la Luna è prossima a le soglie

cerule e par che innanzi a sè distenda un velo

ove il nostro sogno giace

e par che la campagna già si senta

da lei sommersa nel notturno gelo

e da lei beva la sperata pace

senza vederla.

Laudata sii pel tuo viso di perla,

o Sera, e pe'; tuoi grandi umidi occhi ove si tace

l'acqua del cielo!

Dolci le mie parole ne la sera

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ti sien come la pioggia che bruiva

tepida e fuggitiva,

commiato lacrimoso de la primavera,

su i gelsi e su gli olmi e su le viti

e su i pinidai novelli rosei diti

che giocano con l'aura che si perde,

e su 'l grano che non è biondo ancora

e non è verde,

e su 'l fieno che già patì la falce

e trascolora,

e su gli olivi, su i fratelli olivi

che fan di santità pallidi i clivi

e sorridenti.

Laudata sii per le tue vesti aulenti,

o Sera, e pel cinto che ti cinge come il salce

il fien che odora!

Io ti dirò verso quali reami

d'amor ci chiami il fiume, le cui fonti

eterne a l'ombra de gli antichi rami

parlano nel mistero sacro dei monti;

e ti dirò per qual segreto

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le colline su i limpidi orizzonti

s'incurvino come labbra che un divieto

chiuda, e perchè la volontà di dire

le faccia belle

oltre ogni uman desire

e nel silenzio lor sempre novelle

consolatrici, sì che pare

che ogni sera l'anima le possa amare

d'amor più forte.

Laudata sii per la tua pura morte,

o Sera, e per l'attesa che in te fa palpitare

le prime stelle!

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SALVATORE QUASIMODO

Ed è subito sera

Ognuno sta solo sul cuor della terra

trafitto da un raggio di sole:

ed è subito sera.

GINO PATRONI

Mensa popolare

Una

zuppa

di

verdura

ed

è

subito

pera.

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DANTE ALIGHIERI

Tanto gentil e tanto onesta pare

la donna mia quand'ella altrui saluta,

ch'ogne lingua deven tremando muta,

e li occhi no l'ardiscon di guardare.

Ella si va, sentendosi laudare,

benignamente d'umilta' vestuta;

e par che sia una cosa venuta

da cielo in terra a miracol mostrare.

Mostrasi si' piacente a chi la mira,

che da' per li occhi una dolcezza al core,

che 'ntender non la puo' chi no la prova;

e par che de la sua labbia si mova

uno spirito soave pien d'amore,

che va dicendo a l'anima: Sospira.

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GESUALDO BUFALINO

Canzonetta

di Charles Trenet

Stasera

percuote il vento le porte

e mi ripete le morte

felicità che non son più.

Io siedo

davanti al fuoco languente

rimescolando le spente

grigie braci di gioventù.

Di voi che resta, antichi amori,

giorni di festa, teneri ardori?

Solo una mesta foto ingiallita

Fra le mie dita…

Di voi che resta, sguardi innocenti,

lacrime, risa e giuramenti?

Solo, sepolto in un cassetto,

qualche biglietto…

Sere d’aprile, sogni incantati,

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capelli al vento, baci rubati,

che resta dunque di tutto ciò?

Ditemi un po’…

Rivedo un viso, mormoro un nome,

ma non ricordo quando né come…

penso a un villaggio dove non so

se tornerò.

Bisbigli,

stupore d’essere in due

mano con mano nel buio,

felici senza perché…

Violette

fra due pagine di libro,

il cui profumo c’inebria,

un’ombra sola siete, ahimè!

Di voi che resta, antichi amori,

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GIORGIO CAPRONI

Il bicchiere

… l’uomo che nel buio è solo

a bere: che non ha

nessuno, nell’oscurità,

cui accostare il bicchiere…

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GHIORGOS SEFERIS

La nostra terra

La nostra terra è chiusa, tutta monti

che hanno per tetto il basso cielo giorno e notte.

Non abbiamo fiumi, non abbiamo pozzi non abbiamo sorgenti,

solo poche cisterne, e queste vuote, che risuonano e che veneriamo.

Suono stagnante e sordo, uguale alla nostra solitudine

uguale al nostro amore, uguale ai nostri corpi.

Ci stupiamo di aver potuto una volta costruire

case capanne e ovili.

E le nozze nostre, le fresche ghirlande e le dita

diventano enigmi inspiegabili alla nostra anima.

Come sono nati come si son fatti forti i nostri figli?

La nostra terra è chiusa. La chiudono

due cupe Simplegadi. Nei porti

la domenica quando scendiamo a respirare

vediamo rischiarati al tramonto

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rottami di viaggi mai portati a termine

corpi che non sanno più come amare.

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VINCENZO CARDARELLI

Ajace

Sempre obliasti, Ajace Telamonio,

ogni prudenza in guerra, ogni preghiera.

Mai non pensasti ad invocar l'aiuto

d'una benigna Dea

che ingigantir potesse le tue forse

o sottrati sollecita al nemico.

Non avevi una madre

da impietosir l'Olimpo al tuo destino,

discretissimo eroe.

E a te non fu dato

compiere imprese stupende e gratuite,

atterrar Marte od Ettore,

o d'Afrodite il mignolo ferire,

bensì il combattimento orrido, immane,

fra soverchianti avversari,

in giorni che non s'ama ricordare.

Ogni volte che Giove era crucciato

contro gli Achei,

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a te scendere in campo,

degna prole di Sisifo,

rampollo di Titani.

Quando Marte furioso conduceva

le falangi troiane

ad incendiar le navi,

tu le salvasti e Teucro.

Eri la gran riserva

nel pericolo estremo,

la resistenza, il muro, la fortezza.

Ti accoglieva ogni sera

la disadorna tenda

senza profumi

nè amorose schiave.

Là, presso il mare,

dormivi un sonno animalmente duro.

Primo fra i tuoi,

fra quanti eroi convennero sotto Ilio

non secondo a nessuno.

Ma veramente solo

ed unico tu fosti

Page 46: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

nella sventura.

Nessun Dio ti protesse,

niuna gloria t'arrise incontrastata,

ti fu solo di scorta il tuo valore,

o fante antico.

E i Greci ti negarono quel premio

a cui tu ambivi:

l'armi d'Achille. Un maestro d'inganni

te le strappò. Ma in mare

costui le perse. E il flutto pietoso,

il mutevole flutto, più sagace

dell'umano giudizio, più costante

della fortuna,

sul tuo tumulo alfine le depose.

Pace all'anima tua

infera, Ajace.

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JORGE LUIS BORGES

A Carlo XII

Vichingo delle steppe, Carlo dodici

di Svezia, tu che seguisti il cammino

dal Settentrione al Sud del tuo divino

predecessore Odino, fu una festa

per te quello che muove la memoria

degli uomini al canto, la battaglia

mortale, il crepitio della mitraglia,

la salda spada e la sanguinosa gloria.

Tu sapesti che vincere o essere vinto

sono facce di un Caso indifferente,

che non c'è altra virtù che essere arditi

e che alla fine c’è il marmo e l'oblio.

Ardi glaciale, più solo del deserto;

anima senza amici e già sei morto.

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CESARE PASCARELLA

La serenata

I.

Fu l'antra notte. Stavo p'annà' a letto

Quanno, ched'è?, te sento 'na bussata.

Chi è?... Me fa: — Viè' giù, ché so' Ninetto,

Sbrighete, ch'ho da fatte un'imbasciata. —

Scegno,... j'apro... me fa, dice: — Righetto!

Avemo d'annà' a fà 'na serenata.

Nasce da qui fin qui — Si' benedetto;

Ma, dico, a st'ora qui? Co' sta nottata?

Dice: — Er restante de la compagnia

Ce sta a aspettacce avanti a l'orzarolo,

Ar vicolo der Pino... tira via! —

Zompo su a casa, stacco er mandolino,

Pîo er cortello, la pippa, er farajolo,

Page 49: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

E annamo, assieme, ar vicolo der Pino.

II.

Ar vicolo der Pino, sur cantone,

Trovamo Peppe Cianca cor fischietto,

Sciabighella che armava er calascione,

E Schizzo che portava l'orghenetto.

Dar cichettaro, lì, sott'ar lampione,

Prima se sciroppassimo er cichetto,

E dopo, annamo dritti p'er Biscione,

Piazza San Carlo, traversamo Ghetto...

Sotto er Moro sentimo le campane

De San Francesco batte' er matutino.

Pioviccicava. Nun passava un cane.

Paremio 'na patuja de sordati.

Arfine, ar vicoletto der Rampino,

Nino se ferma — È qui? — Semo 'rivati.

Page 50: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

III.

Lì proprio dove c'è la Madonnella,

Che la notte j'accenneno er lumino,

Io, Peppe Cianca, Schizzo e Sciabighella

Se mettessimo drento a un portoncino.

Lui tirò un bacio su a 'na finestrella,

E incominciò a cantà': — «Fiore de spino

Più furgida tu sei più d'una stella,

Più candida tu sei d'un ginsurmino».

Nun aveva finito er ritornello,

Quanno sentimo un fischio in fonno ar vicolo.

Sangue de Dio! Qui nasce 'no sfragello!

Sortimo fora e je se famo accosto;

Ma Ninetto ce fa: — Nun c'è pericolo,

Fermi, ragazzi!... Be' che famo? Ar posto!

Page 51: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

IV.

Intanto fra la nebbia, solo solo,

Veniva avanti un omo incappottato,

Nino se pianta sotto ar lumicciolo,

E, ridenno, je fa: — Ben'arrivato!

L'antro zitto. Se leva er farajolo,

L'intorcina e lo butta sur serciato;

Dopo, striscianno sotto ar muricciolo,

Je va addosso, e l'agguanta, qui, ar costato.

Quanto se vedde luccicà' un cortello,

Strillò: — Madonna mia,... mamma,... Ninetta... —

Zittete, ché me pare de vedello!

Fece du' passi, s'acchiappò a 'na stanga

De 'na ferrata sotto a 'na scaletta,

E cascò morto giù drent'a la fanga.

V.

Page 52: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Hai visto Schizzo!... Frulla l'orghenetto,

Zompa sur morto cór cortello in mano,

Se mette a fugge' giù p'er vicoletto,

E vedemo sparillo da lontano.

Noi j'annamo vicino, poveretto!

L'arzamo su, de peso, dar pantano

De sangue che j'usciva qui dar petto;

Ancora rifiatava! Piano piano

Riaperse l'occhi e, co' la bocca storta,

Ce fa: — Bussate un tòcco a quer portone,

Ché vojo rivedella un'antra vorta...

E mentre stava a dà' l'urtimo tratto,

Sentimo Schizzo urlà' giù dar cantone:

— Squajateve, regazzi, ché l'ho fatto!

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RUDYARD KIPLING

Se…

Se riuscirai a non perdere la testa quando tutti

la perdono intorno a te, dandone a te la colpa;

se riuscirai ad aver fede in te quando tutti dubitano,

e mettendo in conto anche il loro dubitare;

se riuscirai ad attendere senza stancarti nell'attesa,

se, calunniato, non perderai tempo con le calunnie,

o se, odiato, non ti farai prendere dall'odio,

senza apparir però troppo buono o troppo saggio;

se riuscirai a sognare senza che il sogno sia il padrone;

se riuscirai a pensare senza che pensare sia il tuo scopo,

se riuscirai ad affrontare il successo e l'insuccesso

trattando quei due impostori allo stesso modo

se riuscirai ad ascoltare la verità da espressa

distorta da furfanti per intrappolarvi gli ingenui,

o a veder crollare le cose per cui dai la tua vita

Page 54: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

e a chinarti per rimetterle insieme con mezzi di ripiego;

se riuscirai ad ammucchiare tutte le tue vincite

e a giocartele in un sol colpo a testa-e-croce,

a perdere e a ricominciar tutto daccapo,

senza mai fiatare e dir nulla delle perdite;

se riuscirai a costringere cuore, nervi e muscoli,

benché sfiniti da un pezzo, a servire ai tuoi scopi,

e a tener duro quando niente più resta in te

tranne la volontà che ingiunge: "tieni duro!";

se riuscirai a parlare alle folle serbando le tue virtù,

o a passeggiar coi Re e non perdere il tuo fare ordinario;

se né i nemici o i cari amici riusciranno a colpirti,

se tutti contano per te, ma nessuno mai troppo;

se riuscirai a riempire l'attimo inesorabile

e a dar valore ad ognuno dei suoi sessanta secondi,

il mondo sarà tuo allora, con quanto contiene,

Page 55: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

e - quel che è più, tu sarai un Uomo, ragazzo mio!

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EZRA POUND

(Haiku)

Petali cadono nella vasca,

petali di rosa color arancio.

L’ocra che si stringe alla pietra.

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KOSTANTINOS KAVAFIS

I Barbari

«Sull'agora, qui in folla chi attendiamo?»

«I barbari che devono arrivare»

«E perché i senatori non si muovono?

Cha aspettano essi per legiferare?»

«E' perché devono giungere, oggi, i Barbari.

perché dettare leggi? Appena giunti,

i Barbari, sarà compito loro »

«Perché l'Imperatore s'è levato

di buon ora ed è fermo sull'ingresso

con la corona in testa?»

«E' che i Barbari devono arrivare

e anche l'Imperatore sta ad attenderli

per riceverne il Duce; e tiene in mano

Page 58: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

tanto di pergamena con la quale

offre titoli e onori»

«E perché mai

sono usciti i due consoli e i pretori

in toghe rosse e ricamate? e portano

anelli tempestati di smeraldi,

braccialetti e ametiste? »

«E' che vengono i Barbari e che queste

cose li sbalordiscono»

«E perché

gli oratori non sono qui, come d'uso,

a parlare, ad esprimere pareri?»

«E' che giungono i Barbari, e non vogliono

sentire tante chiacchiere»

«E perché sono tutti nervosi? ( I volti intorno

si fanno gravi ). Perché piazze e strade

Page 59: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

si vuotano ed ognuno torna a casa?»

«E' che fa buio e i Barbari non vengono,

e chi arriva di là dalla frontiera

dice che non ce n'è neppure l'ombra»

«E ora che faremo senza Barbari?

( Era una soluzione come un'altra,

dopo tutto... )».

Traduzione di Eugenio Montale

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HUGO VON HOFMANNSHTAL

I due

Lei reggeva la coppa in mano

- il suo mento e la bocca erano all’altezza dell’orlo -,

leggero e sicuro era il suo passo,

nessuna goccia sgorgava fuori dalla coppa.

Leggera e ferma era anche la mano di lui:

montava un giovane cavallo,

e con gesto noncurante

lo costringeva a star fermo benché vibrasse tutto.

Eppure, quando dalla mano di lei

la leggera coppa dovette prendere,

ciò fu troppo difficile per entrambi;

poiché entrambi tremavano così tanto

che le mani non si incontrarono

e scuro vino corse per terra.

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GUILLAUME APOLLINAIRE

I colchici

Il prato è velenoso ma bello in autunno

Le mucche pascolandovi

Lente vi s'avvelenano

Vi fiorisce colore d'occhiaia e di lillà

Il colchico I tuoi occhi sono come quel fiore

Violastri come il livido che li cerchia e l'autunno

E lenta la mia vita per loro s'avvelena

Arrivano fracassoni da scuola i ragazzini

Incasaccati di panno e suonando l'armonica

Colgono le freddoline che sono come madri

Figlie delle loro figlie e color delle palpebre

Che batti come i fiori batte il vento demente

Il mandriano canta dolcissimamente

Mentre per sempre il prato mal fiorito da autunno

Abbandonan muggendo le mucche lentamente

Page 62: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ALDO PALAZZESCHI

Sole

Vorrei girar la Spagna

sotto un ombrello rosso.

vorrei girar l'Italia

sotto un ombrello verde.

Con una barchettina,

sotto un ombrello azzurro,

vorrei passare il mare;

giungere al Partenone

sotto un ombrello rosa

cadente di viole.

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TILUSSA

Er reggistratore de cassa (parla un commesso)

Anticamente, quarche sordarello

su quello che spenneva l'avventore

se poteva rubbà, senza er timore

ch'er padrone scoprisse er macchiavello.

Ma adesso, addio! Co' 'sto reggistratore,

appena l'apri, sono er campanello

che te segna debbotto tutto quello

che levi e metti drento ar tiratore.

Così che rubbi? Cavoli! Der resto

c'è er gusto che la sera torni a casa

convinto d'esse stato un omo onesto:

e nun t'accorghi ch'er galantomismo

dipenne da la macchina e se basa

tutto su le virtù der meccanismo.

Page 64: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

GUIDO GOZZANO

Ketty

I.

Supini al rezzo ritmico del panka.

Sull'altana di cedro, il giorno muore,

giunge dal Tempio un canto or mesto or gaio,

giungono aromi dalla jungla in fiore.

Bel fiore del carbone e dell'acciaio

Miss Ketty fuma e zufola giuliva

altoriversa nella sedia a sdraio.

Sputa. Nell'arco della sua saliva

m'irroro di freschezza: ha puri i denti,

pura la bocca, pura la genciva.

Cerulo-bionda, le mammelle assenti,

ma forte come un giovinetto forte,

Page 65: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

vergine folle da gli error prudenti,

ma signora di sé della sua sorte

sola giunse a Ceylon da Baltimora

dove un cugino le sarà consorte.

Ma prima delle nozze, in tempo ancora

esplora il mondo ignoto che le avanza

e qualche amico esplora che l'esplora.

Error prudenti e senza rimembranza:

Ketty zufola e fuma. La virile

franchezza, l'inurbana tracotanza

attira il mio latin sangue gentile.

II.

Non tocca il sole le pagode snelle

che la notte precipita. Le chiome

Page 66: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

delle palme s'ingemmano di stelle.

Ora di sogno! E Ketty sogna: "...or come

vivete, se non ricco, al tempo nostro?

È quotato in Italia il vostro nome?

Da noi procaccia dollari l'inchiostro..."

"Oro ed alloro!..." - "Dite e traducete

il più bel verso d'un poeta vostro..."

Dico e la bocca stridula ripete

in italo-britanno il grido immenso:

"Due cose belle ha il mon... Perché ridete?".

"Non rido. Oimè! Non rido. A tutto penso

che ci dissero ieri i mendicanti

sul grande amore e sul nessun compenso.

(Voi non udiste, Voi tra i marmi santi

irridevate i budda millenari,

molestavate i chela e gli elefanti.)

Page 67: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Vive in Italia, ignota ai vostri pari,

una casta felice d'infelici

come quei monni astratti e solitari.

Sui venti giri non degli edifici

vostri s'accampa quella fede viva,

non su gazzette, come i dentifrici;

sete di lucro, gara fuggitiva,

elogio insulso, ghigno degli stolti

più non attinge la beata riva;

l'arte è paga di sé, preclusa ai molti,

a quegli data che di lei si muore..."

Ma intender non mi può, benché m'ascolti,

la figlia della cifra e del clamore.

III.

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Intender non mi può. Tacitamente

il braccio ignudo premo come zona

ristoratrice, sulla fronte ardente.

Gelido è il braccio ch'ella m'abbandona

come cosa non sua. Come una cosa

non sua concede l'agile persona...

- "O yes! Ricerco, aduno senza posa

capelli illustri in ordinate carte:

l'Illustrious lòchs collection più famosa.

Ciocche illustri in scienza in guerra in arte

corredate di firma o documento,

dalla Patti, a Marconi, a Buonaparte...

(mordicchio il braccio, con martirio lento

dal polso percorrendolo all'ascella

a tratti brevi, come uno stromento)

Page 69: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

e voi potrete assai giovarmi nella

Italia vostra, per commendatizie..."

- "Dischiomerò per Voi l'Italia bella!"

"Manca D'Annunzio tra le mie primizie;

vane l'offerte furono e gl'inviti

per tre capelli della sua calvizie..."

- "Vi prometto sin d'ora i peli ambiti;

completeremo il codice ammirando:

a maggior gloria degli Stati Uniti..."

L'attiro a me (l'audacia superando

per cui va celebrato un cantarino

napolitano, dagli Stati in bando...)

Imperterrita indulge al resupino,

al temerario - o Numi! - che l'esplora

tesse gli elogi di quel suo cugino,

ma sui confini ben contesi ancora

Page 70: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ben si difende con le mani tozze,

al pugilato esperte... In Baltimora

il cugino l'attende a giuste nozze.

Page 71: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

DANTE ALIGHIERI

Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io

fossimo presi per incantamento,

e messi in un vasel ch'ad ogni vento

per mare andasse al voler vostro e mio.

sì che fortuna od altro tempo rio

non ci potesse dare impedimento,

anzi, vivendo sempre in un talento,

di stare insieme crescesse 'l disio.

E monna Vanna e monna Lagia poi

con quella ch'è sul numer de le trenta

con noi ponesse il buono incantatore:

e quivi ragionar sempre d'amore,

e ciascuna di lor fosse contenta,

sì come i' credo che saremmo noi.

Page 72: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

VINCENZO CARDARELLI

Passato

I ricordi, queste ombre troppo lunghe

del nostro breve corpo,

questo strascico di morte

che noi lasciamo vivendo

i lugubri e durevoli ricordi,

eccoli già apparire:

melanconici e muti

fantasmi agitati da un vento funebre.

E tu non sei più che un ricordo.

Sei trapassata nella mia memoria.

Ora sì, posso dire che

che m'appartieni

e qualche cosa fra di noi è accaduto

irrevocabilmente.

Tutto finì, così rapito!

Precipitoso e lieve

il tempo ci raggiunse.

Di fuggevoli istanti ordì una storia

Page 73: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ben chiusa e triste.

Dovevamo saperlo che l'amore

brucia la vita e fa volare il tempo.

Page 74: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

JORGE LUIS BORGES

Le cose

Le monete, il bastone, il portachiavi,

la pronta serratura, i tardi appunti

che non potranno leggere i miei scarsi

giorni, le carte da giunco e gli scacchi,

un libro e tra le pagine appassita

la viola, monumento d'una sera

di certo inobliabile e obliata,

il rosso specchio a occidente in cui arde

illusoria un'aurora. Quante cose,

atlanti, lime, soglie, coppe, chiodi,

ci servono come taciti schiavi,

senza sguardo, stranamente segrete!

Dureranno piú in là del nostro oblio;

non sapran mai che ce ne siamo andati.

Page 75: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

THOMAS HARDY

Vecchia panchina

Il suo verde d'un tempo si logora, volge al blu.

Le sue solide gambe cedono sempre più.

Presto s'incurverà senz'avvedersene,

presto s'affonderà senz'avevdersene.

A notte, quando i più accesi fiori si fanno neri,

ritornano coloro che vi stettero a sedere;

e qui vengono in molti e vi si posano.

E la panchina non sarà stroncata,

né questi sentiranno gelo o acquate,

perché sono leggeri come l'aria

di lassù, perché sono fatti d'aria!

Traduzione di Eugenio Montale

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PAUL VERLAINE

da Romanze senza parole

Piange nel mio cuore

Compe piove sulla città.

Cos'è questo languore

Che penetra il mio cuore?

O dolce brusio della pioggia

A terra e sopra i tetti!

Per un cuore che si annoia

Oh il canto della pioggia!

Piange senza ragione

In questo cuore che si accora.

Cosa! Nessun tradimento?

Questo dolore è senza ragione.

E' certo la peggiore pena

Di non sapere perchè

Senza amore e senza odio

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Il mio cuore ha tanta pena.

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STéPHANE MALLARMé

Brezza Marina

La carne è triste, ahimè ! E ho letto tutti i libri.

Fuggire! laggiù fuggire! Sento che gli uccelli sono ebbri

Di essere tra loscura schiuma ed i cieli!

Niente, né gli antichi giardini riflessi dagli occhi

Tratterà questo cuore che nel mare si immerge

O notti! né la luce deserta della mia lampada

Sul foglio vuoto che il candore difende,

E né la giovane donna che allatta il suo bambino.

Partirò! Vascello che fai dondolare lalberatura

Leva lancora verso un luogo esotico!

Una Noia, delusa da speranze crudeli,

Crede ancora alladdio supremo dei fazzoletti!

E, forse, gli alberi, che attirano i temporali

Sono quelli che un vento inclina sui naufraghi

Persi, senza alberi, senza alberi, né piccole isole verdi&

Ma ascolta, o cuore mio, il canto dei marinai!

Page 79: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

CAMILLO SBARBARO

Padre, se anche tu non fossi il mio

Padre se anche fossi a me un estraneo,

per te stesso egualmente t'amerei.

Ché mi ricordo d'un mattin d'inverno

Che la prima viola sull'opposto

Muro scopristi dalla tua finestra

E ce ne desti la novella allegro.

Poi la scala di legno tolta in spalla

Di casa uscisti e l'appoggiasti al muro.

Noi piccoli stavamo alla finestra.

E di quell'altra volta mi ricordo

Che la sorella mia piccola ancora

Per la casa inseguivi minacciando

(la caparbia aveva fatto non so che).

Ma raggiuntala che strillava forte

Dalla paura ti mancava il cuore:

ché avevi visto te inseguir la tua

piccola figlia, e tutta spaventata

Page 80: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

tu vacillante l'attiravi al petto,

e con carezze dentro le tue braccia

l'avviluppavi come per difenderla

da quel cattivo che eri il tu di prima.

Padre, se anche tu non fossi il mio

Padre, se anche fossi a me un estraneo,

fra tutti quanti gli uomini già tanto

pel tuo cuore fanciullo t'amerei.

Page 81: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

JORGE LUIS BORGES

I giusti

Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva [Voltaire.

Chi è contento che sulla terra esista la musica.

Chi scopre con piacere una etimologia.

Due impiegati che in un caffè del sud giocano in [silenzio agli scacchi.

Il ceramista che premedita un colore e una forma.

Il tipografo che compone bene questa pagina che [forse non gli piace.

Una donna e un uomo che leggono le terzine finali [di un certo canto.

Chi accarezza un animale addormentato.

Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli [hanno fatto.

Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.

Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.

Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il [mondo.

Page 82: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

OSCAR WILDE

da Ballata del carcere di Reading

Non portava più la giubba rossa

Perchè rossi sono il sangue e il vino,

E sangue e vino aveva sulle mani

Quando lo trovarono col corpo

Della donna che amava

Uccisa nel suo letto

Camminava tra gli altri carcerati

Con la misera divisa grigia

E in testa il berretto a visiera;

Sembrava leggero il passo, allegro,

Ma non avevo mai visto nessuno

Scrutare così ansioso il nuovo giorno.

Non avevo mai visto nessuno

Con tanta ansia negli occhi

Fissare un pezzetto di azzurro

- In prigione si chiama cielo -

Page 83: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

E nubi leggere vaganti

Sospinte da vele d'argento

Camminavo con altre anime in pena

All'interno di un cerchio diverso,

Mi chiedevo cosa avesse fatto

Quell'uomo, cosa da niente o grave,

Quando qualcuno disse alle mie spalle

<<Quello>>

Cristo santo! Le mura stesse del carcere

Parvero d'improvviso vacillare

E il cielo sopra divenne

Un casco rovente di acciaio.

Per quanto anch'io fossi anima in pena

La mia pena smisi di sentire

Pensavo soltanto all'ossessione

Che gli affrettava il passo,

Alla ragione di quel suo sguardo

Fisso con ansia nella luce:

Page 84: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Quell'uomo chi amava aveva ucciso,

Per questo doveva morire.

***

Eppure ognuno uccide la cosa che ama,

Tutti lo devono sapere,

C'è chi lo fa con uno sguardo

E chi con lusinghe,

Il codardo può farlo con un bacio,

Chi ha coraggio usa la spada!

Molti uccidono l'amore da giovani,

Altri nella vecchiaia.

C'è chi strangola con mani di lussuria

E chi con quelle dell'oro:

I più pietosi usano il coltello

Perchè i morti subito si freddano.

C'è chi ama troppo poco e chi troppo a lungo,

Certi vendono, altri comprano.

Page 85: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

C'è chi compie l'atto tra le lacrime

E chi senza un sospiro.

Perchè ciascuno uccide l'oggetto del suo amore,

Ma non tutti ne muoiono.

Non tutti muoiono una morte vergognosa

In un giorno oscuro di infamia,

Non tutti trovano un capestro intorno al collo

E un cappuccio sul viso

Né sprofondano sotto il pavimento

Dentro uno spazio vuoto.

Non tutti siedono tra uomini muti

Che giorno e notte lo sorvegliano,

Lo sorvegliano se cerca di piangere

E quando tenta di pregare,

Lo sorvegliano perché non sottragga

Al carcere la sua preda.

Non tutti all'alba si destano

Per ritrovarsi tra gente orribile,

Page 86: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Il cappellano tremante in veste bianca,

Il magistrato cupo di durezza

E il direttore in nero.

Con le facce gialle del Giudizio.

Non tutti debbono levarsi

Per indossare l'ultima divisa

Mentre un medico osserva con disgusto

Ogni sussulto e annota

Reggendo l'orologio: il ticchettio

Come tremendi colpi di martello.

Non tutti provano la sete maledetta

Che la gola insabbia

Prima che dalla porta imbottita

Compaia il boia in guanti da lavoro

E leghi il corpo in tre giri di corda,

Che quella gola non abbia più sete.

Non tutti chinano la testa

Mentre si legge l'ufficio dei defunti

Page 87: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Né, mentre l'angoscia suggerisce

Che ancora si è tra i vivi,

Incrociano la propria bara

Nel tragitto verso il padiglione.

Non tutti fissano l'aria

Da un piccolo tetto di vetro,

Né pregano con labbra di sabbia

Che quell'angoscia finisca,

Né sentono sopra la guancia

Tremare il bacio di Caifa.

Page 88: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ARTHUR RIMBAUD

Alla musica Piazza della Stazione, a Charleville.

Sulla piazza divisa in striminzite aiuole,

«square» dove tutto è corretto, alberi e fiori,

gli asmatici borghesi soffocati dall'afa

portano il giovedì sera le loro sciocche gelosie.

- L'orchestra militare, nel mezzo del giardino,

dondola i suoi cheppì nel Valzer dei Pifferi:

- intorno, in prima fila, si pavoneggia il ganimede;

il notaio pende dai suoi sbrelocchi cifrati:

i possidenti con gli occhialini sottolineano le stecche:

i tronfi burocrati trascinano le loro grasse signore;

accanto a loro vanno, guide compiacenti

dame tutte in ghingheri che sembrano réclames;

sulle panchine verdi, droghieri in pensione

Page 89: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

smuovono la ghiaia col bastoncino in mano,

seriosamente discutendo i trattati

tabaccano dall'argento, e riprendono: «Insomma...»

Schiacciando sulla panca il suo grosso culone,

un borghese con i bottoni chiari, la trippa fiamminga

fuma una pipa donde traboccano fili

di tabacco - non lo sa? è di contrabbando!...-

Lungo le aiuole verdi i ragazzacci ridacchiano;

e resi sentimentali dal canto dei tromboni

molto ingenuamente le reclute, con una rosa in bocca,

carezzano i neonati per adescare le servette...

- Io, io seguo, scamiciato come uno studente,

sotto i verdi castagni le guardinghe ragazzine:

sono dritte e sagge; e voltano ridendo

verso di me i loro occhiacci maliziosi.

Page 90: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Io sto zitto, muto: guardo solamente la bianca

carne dei loro colli ricamati di folli ciocche:

seguo, sotto il corsetto e i delicati ornamenti

il dorso divino dopo la curva delle spalle.

Ben presto ho scovato lo stivaletto, la calza...

- Arso da una dolce febbre, ricostruisco i corpi.

Mi trovano assai strano e parlottano...

- E io sento i baci salirmi alle labbra...

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CHARLES BAUDELAIRE

L’albatro

Spesso, per divertirsi, gli uomini dell’equipaggio

catturano degli albatri, vasti uccelli di mare

che seguono, indolenti compagni di viaggio

la nave che scivola sopra i baratri amari.

L’hanno appena posati sulle assi della tolda

e quei re dell’azzurro, resi maldestri e turpi

lasciano penosamente le grandi ali bianche

trascinarsi come dei remi ai loro fianchi.

Il viaggiatore alato, come è sinistro e fiacco!

Lui, poco fa così bello, come è comico, laido!

Uno gli tormenta il becco con la pipa,

l’altro zoppica e imita l’invalido che volava.

Il Poeta assomiglia al principe delle nuvole

che ha casa nella tempesta e ride dell’arciere;

esiliato sulla terra in mezzo agli urli, allo scherno,

Page 92: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

le ali di gigante gli impediscono di andare.

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EDGAR ALLAN POE

Il corvo

Era una cupa mezzanotte e mentre stanco meditavo

Su bizzarri volumi di un sapere remoto,

Mentre, il capo reclino mi ero quasi assopito,

D’improvviso udii bussare leggermente alla porta.

“C’è qualcuno” mi dissi “che bussa alla mia porta.

Solo questo e niente più”.

Ah, ricordo chiaramente quel dicembre desolato,

Delle braci morenti scorgevo i fantasmi al suolo.

Bramavo il giorno e invano scorgevo i fantasmi al suolo.

Un sollievo al dolore per la perduta Lenore,

La cara radiosa fanciulla che gli angeli chiamano Lenore

E che nessuno, qui, chiamerà mai più.

Page 94: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

E al serico, triste, incerto fruscio delle purpuree tende

Rabbrividivo, colmo di assurdi tremori inauditi,

Sebbene ripetessi, per acquietare i battiti del cuore:

“È qualcuno alla porta, che chiede di entrare.

Qualcuno attardato, che mi chiede di entrare.

Ecco è questo e nulla più”.

Poi mi feci coraggio e senza più esitare

“Signore, ” dissi “o Signora, vi prego, perdonatemi,

Ma ero un po’ assopito e il vostro lieve tocco,

Il vostro così debole bussare mi ha fatto dubitare

Di avervi veramente udito”. Qui spalancai la porta:

C’erano solo tenebre e nulla più.

Nelle tenebre a lungo, gli occhi fissi in profondo,

Stupefatto, impaurito sognai sogni che mai

Si era osato sognare: ma nessuno violò

Quel silenzio e soltanto una voce, la mia,

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Bisbigliò la parola “Lenore” e un eco rispose: “Lenore”.

Solo questo e nulla più.

Rientrai nella mia stanza, l’anima che bruciava.

Ma ben presto, di nuovo, si udì battere fuori,

E più forte di prima. “Certo, ” dissi “è qualcosa

Proprio alla mia finestra: esplorerò il mistero,

Renderò pace al cuore, esplorerò il mistero.

Ma è solo il vento, nulla più”.

Allora spalancai le imposte e sbattendo le ali

Entrò un Corvo maestoso dei santi tempi antichi

Che non fece un inchino, né si fermò un istante.

Ecco aria di dama o di gran gentiluomo

Si appollaiò su un busto di Pallade sulla porta.

Si posò, si sedette, e nulla più.

Poi quell’uccello d’ebano, col suo austero decoro,

Indusse ad un sorriso le mie fantasie meste,

“Benché” dissi “rasata sia la tua cresta, un vile

Page 96: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Non sei, orrido, antico Corvo venuto da notturne rive

Qual è il tuo nome nobile sulle plutonie rive?”.

Disse il Corvo: “Mai più”.

Provai grande stupore a parole tanto chiare

Dette da un goffo uccello, benché di poco senso.

Certo, si converrà, giammai uomo poté vedere

Uccello o altro animale posarsi sulla sua porta:

Uccello o altro animale su un busto in una stanza.

Con un nome così: “Mai più”.

Ma quel Corvo posato solitario sul placido busto,

Come se tutta l’anima versasse in quelle parole,

Altro non disse, immobile, senza agitare piuma,

Finché non mormorai: “Altri amici di già sono volati via:

Lui se ne andrà domani, volando con le mie speranze”.

Allora disse il Corvo: “Mai più”.

Page 97: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Trasalii al silenzio interrotto da un dire tanto esatto,

“Parole” mi dissi “che sono la sola sua scorta sottratta

A un padrone braccato dal Disastro, perseguitato

Finché un solo ritornello non ebbero i suoi canti,

“Mai, mai più”.

Rasserenando ancora il Corvo le mie fantasie,

Sospinsi verso di lui, verso quel busto e la porta,

Una poltrona dove affondai tra fantasie diverse,

Pensando cosa mai l’infausto uccello del tempo antico,

Cosa mai quel sinistro, infausto e torvo animale antico

Potesse voler dire gracchiando “Mai più”.

Sedevo in congetture senza dire parola

All’uccello i cui occhi di fuoco mi ardevano in cuore;

Cercavo di capire, chino il capo sul velluto

Dei cuscini dove assidua la lampada occhieggiava,

Page 98: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Sul viola del velluto dove la lampada luceva

E che purtroppo Lei non premerà mai più.

Parve più densa l’aria, profumata da un occulto

Turibolo, oscillato da leggeri serafini

Tintinnanti sul tappeto. “Infelice”, esclamai “Dio ti manda

Un nepente dagli angeli a lenire il ricordo di Lei,

Dunque bevilo e dimentica la perduta tua Lenore!”

Disse il Corvo: “Mai più”.

Profeta, figlio del male e tuttavia profeta, se uccello

Tu sei o demonio, se il Maligno” io dissi “ti manda

O la tempesta, desolato ma indomito su una deserta landa

Incantata, in questa casa inseguita dall’Orrore,

Io ti imploro, c’è balsamo, dimmi, un balsamo in Galaad?”

Disse il Corvo: “Mai più”.

Profeta, figlio del male e tuttavia profeta, se uccello

Tu sei o demonio, per il Cielo che si china su noi,

Page 99: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Per il Dio che entrambi adoriamo, di’ a quest’anima afflitta

Se nell’Eden lontano riavrà quella santa fanciulla,

La rara raggiante fanciulla che gli angeli chiamano Lenore”.

Disse il Corvo: “Mai più”.

“Siano queste parole d’addio”, alzandomi gridai

“Uccello o creatura del male, ritorna alla tempesta,

Alle plutonie rive e non lasciare una sola piuma in segno

Della tua menzogna. Intatta lascia la mia solitudine,

Togli il becco dal mio cuore e la tua figura dalla porta”.

Disse il Corvo: “Mai più”.

E quel Corvo senza un volo siede ancora, siede ancora

Sul pallido busto di Pallade sulla mia porta.

E sembrano i suoi occhi quelli di un diavolo sognante

Page 100: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

E la luce della lampada getta a terra la sua ombra.

E l’anima mia dall’ombra che galleggia sul pavimento

Non si solleverà mai più.

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ROBERT BURNS

John Anderson, mio caro, John

John Anderson, mio caro, John,

quando ci siamo conosciuti

i tuoi capelli erano corvini

morbida la tua fronte

e ora la tua fronte è rugosa, John,

i tuoi capelli di neve

ma sia benedetto il tuo bianco

capo, John Anderson, mio caro.

John Anderson, mio caro, John,

l’abbiamo risalita insieme la collina

e molti bei giorni, John, molti

insieme li abbiamo passati

ora a passi incerti dobbiamo

ridiscenderla, John, ma andremo

giù tenendoci per mano

e al fondo dormiremo insieme

John Anderson, mio caro.

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WILLIAM SHAKESPEARE

Spesso, a lusingar vette, vidi splendere

sovranamente l’occhio del mattino,

e baciar d’oro verdi prati, accendere

pallidi rivi d’alchimie divine.

Poi vili fumi alzarsi, intorbidata

d’un tratto quella celestiale fronte,

e fuggendo a occidente il desolato

mondo, l’astro celare il viso e l’onta.

Anch’io sul far del giorno ebbi il mio sole

e il suo trionfo mi brillò sul ciglio:

ma, ahimè, poté restarvi un’ora sola,

rapito dalle nubi in cui s’impiglia.

Pur non ne ho sdegno: bene può un terrestre

sole abbuiarsi, se è così il celeste.

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LORENZO DE’ MEDICI

dai Canti carnascialeschi

Quant’è bella giovinezza

che si fugge tuttavia!

Chi vuol esser lieto, sia:

del doman non c’è certezza.

Quest’è Bacco e Arianna

belli, e l’un dell’altro ardenti:

perché ‘l tempo fugge e inganna,

sempre insieme stan contenti.

Queste ninfe ed altre genti

sono allegre tuttavia.

Chi vuol esser lieto, sia:

del doman non c’è certezza.

Questi lieti satiretti,

delle ninfe innamorati,

per caverne e per boschetti

han lor posto cento agguati;

or da Bacco riscaldati,

ballon, salton tuttavia.

Page 104: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Chi vuol esser lieto, sia:

del doman non c’è certezza.

Queste ninfe anche hanno caro

da lor esser ingannate:

non può fare a Amor riparo,

se non gente rozze e ingrate:

ora insieme mescolate

suonon, canton tuttavia.

Chi vuol esser lieto, sia:

del doman non c’è certezza.

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TRILUSSA

A Lina

Lina, te credi, perché m'hai piantato,

che me suicìdi e te ciariccomanni?

Nun te ce sta' a pijà 'st'affanni,

ché nu' lo fo' 'sto passo disperato.

Io nun m'ammazzo manco se me scanni:

doppo anneressi a di' p'er vicinato

che p'er grugnetto tuo ce s'è ammazzto

un giovenotto de ventiquattr'anni!

Così diventeressi interessante

a la barba d'un povero regazzo,

e te ritroveressi un antro amante...

Ma co' me nun se fanno cert'affari!

Piuttosto dò a d'intenne che m'ammazzo

per causa de dissesti finanziari.

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FRANCESCO BERNI

Sonetto contra la moglie

Cancheri e beccafichi magri arrosto,

e magnar carne salsa senza bere;

essere stracco e non poter sedere;

aver il fuoco appresso e ’l vin discosto;

riscuoter a bell’agio e pagar tosto,

e dar ad altri per dover avere;

esser ad una festa e non vedere,

e de gennar sudar come di agosto;

aver un sassolin nella scarpetta

et una pulce drento ad una calza,

che vadi in su in giù per istaffetta;

una mano imbrattata ed una netta;

una gamba calzata ed una scalza;

esser fatto aspettar ed aver fretta:

chi più n’ha più ne metta

e conti tutti i dispetti e le doglie,

ché la peggior di tutte è l’aver moglie.

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GABRIELE D’ANNUNZIO

L’ulivo

Laudato sia l'ulivo nel mattino!

Una ghirlanda semplice, una bianca

tunica, una preghiera armoniosa

a noi son festa.

Chiaro leggero è l'arbore nell'aria

E perché l'imo cor la sua bellezza

ci tocchi, tu non sai, noi non sappiamo,

non sa l'ulivo.

Esili foglie, magri rami, cavo

tronco, distorte barbe, piccol frutto,

ecco, e un nume ineffabile risplende

nel suo pallore!

O sorella, comandano gli Ellèni

quando piantar vuolsi l'ulivo, o côrre,

che 'l facciano i fanciulli della terra

Page 108: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

vergini e mondi,

imperocché la castitate sia

prelata di quell'arbore palladio

e assai gli noccia mano impura e tristo

alito il perda.

Tu nel tuo sonno hai valicato l'acque

lustrali, inceduto hai su l'asfodelo

senza piegarlo; e degna al casto ulivo

ora t'appressi.

Biancovestita come la Vittoria,

alto raccolta intorno al capo il crine,

premendo con piede àlacre la gleba,

a lui t'appressi.

L'aura move la tunica fluente

che numerosa ferve, come schiume

su la marina cui l'ulivo arride

senza vederla.

Page 109: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Nuda le braccia come la Vittoria,

sul flessibile sandalo ti levi

a giugnere il men folto ramoscello

per la ghirlanda.

Tenue serto a noi,di poca fronda,

è bastevole: tal che d'alcun peso

non gravi i bei pensieri mattutini

e d'alcuna ombra.

O dolce Luce, gioventù dell'aria,

giustizia incorruttibile, divina

nudità delle cose, o Animatrice,

in noi discendi!

Tocca l'anima nostra come tocchi

il casto ulivo in tutte le sue foglie;

e non sia parte in lei che tu non veda,

Onniveggente!

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GIORGIO CAPRONI

Ritorno

Sono tornato là

dove non ero mai stato.

Nulla, da come non fu, è mutato.

Sul tavolo (sull'incerato

a quadretti) ammezzato

ho ritrovato il bicchiere

mai riempito. Tutto

è ancora rimasto quale

mai l'avevo lasciato.

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MARCHESE DI CACCAVONE

'A cunfessione 'e Taniello

Taniello, ch’ave scrupolo,

mo che se vo’ nzurà,

piglia e da Fra Liborio

va pe se cunfessà.

- Patre, - le dice, - io roseco

e pe niente me ‘mpesto;

ma po’ dico ‘o rusario,

e chello va pe’ chesto...

Patre, ‘ncuollo a li femmene

campo e ‘ncoppo a o’ burdello;

ma sento messe a prereche

e chesto va pe’ chello.

Jastemmo, arrobbo... ‘O prossimo

spoglio e lle dongo ‘o riesto;

ma po’ faccio ‘a lemmosena...

Page 112: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

e chello va pe’ chesto.

- E mo, Patre, sentitela

st’urdema cannunata:

‘a sora vosta, Briggeta,

me l’aggio ‘nzapunata... –

Se vota Fra Liborio:

— Guagli, tu si’ Taniello?

Io me ‘nzapono a mammeta,

e chesto va pe’ chello!

Page 113: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ALDO FABRIZI

La dieta

Doppo che ho rinnegato Pasta e pane,

so' dieci giorni che nun calo, eppure

resisto, soffro e seguito le cure...

me pare un anno e so' du' settimane.

Nemmanco dormo più, le notti sane,

pe' damme er conciabbocca a le torture,

le passo a immaginà le svojature

co' la lingua de fòra come un cane.

Ma vale poi la pena de soffrì

lontano da 'na tavola e 'na sedia

pensanno che se deve da morì?

Nun è pe' fà er fanatico romano;

però de fronte a 'sto campà d'inedia,

mejo morì co' la forchetta in mano!

Page 114: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

LANGSTON HUGHES

Jim Crow

Dov’è il posto per Jim Crow

sui cavalli di questa giostra?

Vuoi sapere, signore,

perché ho tanta voglia

di andare a cavallo?

Io vengo dal Sud,

dove al negro e al bianco

- giù nel Sud -

non è permesso di sedere fianco a fianco.

Giù, nel Sud, il treno

ha un vagone a parte

per Jim Crow.

E nell’autobus,

ci mettono dietro, nell’autobus.

Page 115: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Ma la giostra è rotonda

e non possono mettermi dietro:

dov’è il cavallo

per una ragazzina che è negra?

Page 116: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

LAO TSU

Veder lontano

Senza uscir dalla porta

si può sapere il mondo.

senza guardare fuor della finestra

conoscere si può le vie del cielo

più lontano si va men s’apprende

per questo l’uomo saggio

non cammina ed arriva

non riguarda e sa il nome delle cose

non agisce e pur compie.

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SALVATORE DI GIACOMO

Marzo

Marzo: nu poco chiove

e n’ato ppoco stracqua:

torna a chiòvere, schiove,

ride ‘o sole cu ll’acqua.

Mo nu cielo celeste,

mo n’aria cupa e nera:

mo d’ ’o vierno ‘e tempeste,

mo n’aria ‘e primmavera.

N’auciello freddigliuso

aspetta ch’esce ‘o sole:

ncopp’ ’o turreno nfuso

suspireno ‘e vviole.

Catarì!…Che buo’ cchiù?

Ntiénneme, core mio!

Marzo, tu ‘o ssaie, si’ tu,

Page 118: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

e st’ auciello songo io.

Page 119: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

MARZIALE

Il colmo della brevità

Che son lunghi i miei carmi tu, Veloce, rilevi.

Tu non ne scrivi punti: perciò sono più brevi.

Page 120: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

EUGENIO MONTALE

Forse un mattino andando in un'aria di vetro,

arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:

il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro

di me, con un terrore di ubriaco.

Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto

alberi case colli per l'inganno consueto.

Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto

tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

Page 121: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

VIRGILIO GIOTTI

I veci che ‘speta la morte

I la 'speta sentai su le porte

de le cesete svode d'i paesi;

davanti, sui mureti,

5 co' fra i labri la pipa.

E par ch'i vardi el fumo,

par ch'i fissi el ziel bianco inuvolado

col sol che va e che vien,

ch'i vardi in giro le campagne e, sotto,

10 i copi e le stradete del paese.

Le pipe se ghe studa;

ma lori istesso i le tien 'vanti in boca.

Pipe,

che le xe squasi de butarle via,

15 meze rote, brusade,

che le ciama altre nove:

ma za

le bastarà.

Se senti el fabro del paese bàter,

Page 122: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

20 in ostaria ch'i ciàcola,

un contadin che zapa là vizin,

e el rugna

e el se canta qualcossa fra de sé

ch'el sa lu' solo;

25 e po' ogni tanto un sparo,

in quel bianchiz smorto de tuto,

un tiro solo, forte.

I veci che 'speta la morte.

I la speta sentai ne le corte,

30 de fora de le case, in strada,

sentai su 'na carega bassa,

co' le man sui zenoci.

I fiori che zoga 'ntorno.

I zoga coi careti,

35 i zoga còrerse drio,

i ziga, i urla

che no' i ghe ne pol più:

e quei più pici i ghe vien fina 'dosso,

Page 123: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

tra le gambe;

40 i li sburta,

i ghe sburta la sedia,

i ghe porta la tera e i sassi

fin sui zenoci e su le man.

Passa la gente,

45 passa i cari de corsa con un strèpito,

pieni, stivai de òmini e de muli

che torna de lavor:

e tra de lori ghe xe un per de fie

mate bacanone,

50 che in mezo a quei scassoni

le ridi e ridi;

e le ga el rosso del tramonto in fronte.

I veci che 'speta la morte.

I la 'speta a marina sui muci

55 tondi de corde;

ne le ombre d' i casoti,

cuciai par tera,

Page 124: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

in tre, in quattro insieme.

Ma ziti.

60 I se regala qualche cica

vanzada d' i zigàri de la festa,

o ciolta su, pian pian, par tera,

con un dolor de schena:

i se regala un fulminante

65 dovù zercar tre ore,

con quele man che trema,

pai scarselini del gilè.

A qualchidun ghe vigniria, sì,

de parlare qualche volta;

70 ma quel che ge vien su,

che lu' el volaria dir,

lo sa anca l'altro,

lo sa anca staltro e staltro.

Nel porto, in fondo, xe 'na confusion,

75 un sussuro lontan,

forte che se lo senti istesso.

I vaporeti parti

e riva drïo man.

Page 125: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

I ciapa el largo, i va via pieni neri;

80 i riva driti, i se gira, i se 'costa,

i sbarca in tera

muci de gente

che se disperdi sùbito.

Resta solo el careto de naranze,

85 un per de muli

che i se remena tuto el dopopranzo

l' 'torno,

e el scricolar sul sol del ponte.

I veci che 'speta la morte.

90 I la 'speta sentai su le porte

dei boteghini scuri in zitavècia;

nei pìcoli cafè, sentai de fora,

co' davanti do soldi

de àqua col mistrà;

95 e i legi el foglio le ore co' le ore.

In strada,

ch'el sol la tàia in due,

Page 126: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ghe xe un va e vien contìnuo,

un mòverse, nel sol ne l'ombra,

100 de musi, de colori.

I legi el foglio:

ma tte robe xe

che ghe interessa poco;

ma come mi i lo legi,

105 quando che 'speto su 'na cantonada

la mia putela,

che tiro fora el foglio

par far qualcossa,

ma che lèger, credo de lèger,

110 ma go el pensier invezi a tuto altro;

e un caminar, 'na vose,

che me par de sintir,

me fermo e 'scolto.

Page 127: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

EDGAR LEE MASTERS

La collina

Dove sono Elmer, Herman, Bert, Tom e Charley,

l’abulico, l’atletico, il buffone, l’ubriacone, il rissoso?

Tutti, tutti, dormono sulla collina.

Uno trapassò in una febbre,

uno fu arso nella miniera,

uno fu ucciso in rissa,

uno morì in prigione,

uno cadde da un ponte lavorando per i suoi cari -

tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina.

Dove sono Ella, Kate, Mag, Edith e Lizzie,

la tenera, la semplice, la vociona, l’orgogliosa, la felice?

Tutte, tutte, dormono sulla collina.

Una morì di un parto illecito,

Page 128: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

una di amore contrastato,

una sotto le mani di un bruto in un bordello,

una di orgoglio spezzato, mentre anelava al suo ideale,

una inseguendo la vita, lontano, in Londra e Parigi,

ma fu riportata nel piccolo spazio con Ella, con Kate, con Mag -

tutte, tutte dormono, dormono, dormono sulla collina.

Dove sono zio Isaac e la zia Emily,

e il vecchio Towny Kincaid e Sevigne Houghton,

e il maggiore Walker che aveva conosciuto

uomini venerabili della Rivoluzione?

Tutti, tutti, dormono sulla collina.

Li riportarono, figlioli morti, dalla guerra,

e figlie infrante dalla vita,

e i loro bimbi orfani, piangenti -

tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina.

Page 129: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Dov’è quel vecchio suonatore Jones

che giocò con la vita per tutti i novant'anni,

fronteggiando il nevischio a petto nudo,

bevendo, facendo chiasso, non pensando né a moglie né a parenti,

né al denaro, né all’amore, né al cielo?

Eccolo! Ciancia delle fritture di tanti anni fa,

delle corse di tanti anni fa nel Boschetto di Clary,

di ciò che Abe Lincoln

disse una volta a Springfield.

Page 130: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

JEAN-ARTHUR RIMBAUD

Bimbi attoniti

Neri, sopra la neve, nella bruma,

davanti allo spiraglio che s’alluma,

i culi a giro-tondo,

cinque bimbi – miseria – ginocchioni

ammirano il fornaio fare i buoni

tòcchi di pane biondo.

Guardano il braccio bianco andare intorno

nell’impasto; le fàuci aperte, il forno

attende rosso vivo.

Ascoltano la pasta che si cuoce,

mentre il grasso fornaio dà la voce

ad un vecchio motivo.

Incantàti. Non uno mai s’è mosso.

Alita lo spiraglio un fiato rosso

Page 131: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

e caldo come un seno.

E quando, nella bruma, mezzanotte

Scocca, e crocchianti e sode le pagnotte

Riversa il forno pieno,

quando le profumate croste d’oro

sotto i travi fumosi fanno coro

coi grilli nei crepacci;

e l’ampia bocca un àlito di vita

spande, - sèntono l’anima rapita

nei pochi cenci diacci.

Ricorre ai bimbi nelle vene un fiotto

vivo, a quei Cristi abbrividenti sotto

la sferza, tutta brina;

incollano le facce bianco-rosa

all’inferriata, cantano qualcosa

d’indistinto in sordina:

Page 132: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

una preghiera con le labbra smorte,

protesi a quel miraggio con sì forte

slancio, che nell’istante

si schiàntano le cinque braghe in fila,

e le camicie lacere staffila

il vento sibilante.

Page 133: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

RAINER MARIA RILKE

La pantera

Il difilar dei ferri entro la gabbia,

il suo sguardo accecò. Più non ravvisa.

Moltiplica le sbarre, a cento, a mille:

ma, dietro quelle sbarre, è il vuoto, il nulla.

Nel flessuoso molleggiar dei passi

grevi tornanti entro il racchiuso giro,

par che l’Impeto danzi attorno a un centro,

ove una enorme Volontà vien meno.

Solo, a volte, su l’arida pupilla,

tacito, un velo si solleva; e irrompe

una imagine in essa; e via balena

lungo il silenzio delle membra tese,

per smorzarsi, veloce, in fondo al cuore.

Page 134: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

KONSTANTINOS KAVAFIS

I troiani

Sono gli sforzi miei come gli sforzi

dei Troiani: un’impresa ci riesce,

prendiamo il sopravvento, e cominciamo

ad avere coraggio e a sperar bene.

Ma sempre vien qualcosa che ci arresta:

Achille sul fossato avanti a noi

esce, e con grandi grida ci terrifica.

Sono gli sforzi nostri come quelli

dei Troiani: pensiamo che l’ardire

e la decisione muteranno

la sorte che precipita. E stiam fuori,

per affrontar la lotta. Ma allorquando

giunge il momento critico, l’audacia

e la fermezza nostra se ne vanno.

Page 135: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Si turba il nostro spirito, vaneggia:

e noi facciamo il giro delle mura,

cercando di salvarci con la fuga.

Pur la caduta nostra è certa. Sulle

mura già il lutto cominciò…

Amaro

per noi versa, con Priamo, ecuba il pianto.

Page 136: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

KONSTANTINOS PALMAS

Dinanzi alla finestra

Davanti è la finestra, là nel fondo

il cielo, solo il cielo, e nulla più;

e in mezzo, tutto fasciato di cielo,

alto snello un cipresso; e nulla più.

E sia sereno il cielo oppur sia scuro,

gioia d’azzurro, èmpito di tempesta,

calmo ed egual sempre il cipresso oscilla,

splendido e disperato. E nulla più

Page 137: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

SALVATORE DI GIACOMO

Pianefforte ‘e notte

Nu pianefforte 'e notte

sona luntanamente,

e 'a museca se sente

pe ll'aria suspirà.

È ll'una: dorme 'o vico

ncopp' a nonna nonna

'e nu mutivo antico

'e tanto tiempo fa.

Dio, quanta stelle 'n cielo!

Che luna! e c'aria doce!

Quanto na della voce

vurria sentì cantà!

Ma sulitario e lento

more 'o mutivo antico;

se fa cchiù cupo 'o vico

dint'a ll'oscurità..

Page 138: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Ll'anema mia surtanto

rummane a sta fenesta.

Aspetta ancora. E resta,

ncantannese, a pensà.

Page 139: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

MARZIALE

Tu solo hai campagne, tu solo hai quattrini,

o Candido, e gli ori e i vasi più fini,

tu solo ti bevi i Massicci vini,

tu solo ci hai cuore, tu solo ci hai testa,

tu solo ci hai tutto – e chi lo contesta?:

soltanto in comune tua moglie ci resta.

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TRILUSSA

L’onestà de mi’ nonna

Quanno che nonna mia pijò marito

nun fece mica come tante e tante

che doppo un po' se troveno l'amante...

Lei, in cinquant'anni, nu' l'ha mai tradito!

Dice che un giorno un vecchio impreciuttito

che je voleva fa' lo spasimante

je disse: - V'arigalo 'sto brillante

se venite a pijavvelo in un sito. -

Un'antra, ar posto suo, come succede,

j'avrebbe detto subbito: - So' pronta.

Ma nonna, ch'era onesta, nun ciagnede;

anzi je disse: - Stattene lontano... -

Tanto ch'adesso, quanno l'aricconta,

ancora ce se mozzica le mano!

Page 141: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

EMILY DICKINSON

Se non dovessi vivere

Se non dovessi vivere

quando vengono i pettirossi,

date a uno di essi

una briciola in memoria.

Se non potessi ringraziarvi,

essendomi appena addormentata,

pensate che tenterò di farlo

con le mie labbra di granito.

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EDWARD ESTLIN CUMMINGS

Due XI

La mia cara vecchia eccetera

zia lucia durante l'ultima

guerra poteva dirvi

e quel che è più importante

dirvi esattamente

per cosa tutti stavano

combattendo,

mia sorella

isabella creava centinaia

(e centinaia) di calzini per non

parlare delle camice

scaldaorecchie e antipulci

eccetera stringipolsi eccetera,

Page 143: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

mia madre sperava che

io morissi eccetera

coraggiosamente è naturale

mio padre usava

diventare rauco parlando

di come era un privilegio

e se solo potesse mentre io

stesso eccetera giacevo

tranquillamente

nel fango profondo e

eccetera

(sognando,

e

eccetera, del

Tuo sorriso

occhi ginocchia e del tuo

Page 144: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Eccetera).

Page 145: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

VINCENZO CARDARELLI

Attesa

Oggi che t'aspettavo non sei venuta.

E la tua assenza so quel che mi dice,

la tua assenza che tumultuava,

nel vuoto che hai lasciato,

come una stella.

Dice che non vuoi amarmi.

Quale un estivo temporale

S'annuncia e poi s'allontana,

così ti sei negata alla mia sete.

L'amore, sul nascere, ha di

questi improvvisi pentimenti.

Silenziosamente ci siamo intesi.

Amore, Amore, come sempre,

vorrei coprirti di fiori e d'insulti.

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TRILUSSA

Er Porco e er Somaro

Una matina un povero Somaro

Ner vede un Porco amico annà ar macello,

Sbottò in un pianto e disse: - Addio, fratello,

Nun ce vedremo più nun c'è riparo!

- Bisogna esse' filosofo,bisogna:

- Je disse er Porco - via nun fa' lo scemo,

Chè forse un giorno ce ritroveremo

In quarche mortatella de Bologna!

Page 147: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

VALERY LARBAUD

Nel piccolo bar

Nel piccolo bar chiaro dai mobili cerati,

avevamo sorbito bevande inglesi, a lungo;

tepida intimità, le cortine tirate.

Fuori, il vento del mare: e tremavan le sedie.

Stanza da fumatori, parea, di nave e treno.

Avevo il cuore stretto come quando si viaggia;

ero tutto commosso, ero dolce e distante;

ero come un fanciullo pieno d’angoscia e savio.

Eppure, intorno a noi tutto era così calmo!

La gente presso il banco, si facea confidenze.

Oh come si è piccini, oh come si è in ginocchio,

certe sere, sentendovi sì vicine, onde immense!

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JULES SUPERVIELLE

Preghiera all’ignoto

Ecco che mi sorprendo a rivolgerti la parola,

Mio Dio, io che ancora non so se esisti

E non comprendo la lingua delle tue chiese bisbiglianti.

Guardo gli altari, la volta della tua dimora,

Come chi dica semplicemente: ecco il legno, la pietra,

Ecco le colonne romane.

A questo santo manca il naso.

E dentro come fuori, c’è l’angoscia umana.

Abbasso gli occhi senza potermi inginocchiare durante la messa,

Come se lasciassi passare il temporale sulla mia testa.

E non posso impedirmi di pensare a tutt’altra cosa.

Ahimè! Avrò passato la mia vita a pensare a un’altra cosa.

Quest’altra cosa, sono sempre io.

Page 149: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

È forse il mio vero io.

È là che mi rifugio.

È la che forse tu sei.

Non avrei vissuto che in queste lontananze attraenti.

Il momento presente è un regalo del quale non ho saputo approfittare.

Non ne conosco bene l’uso.

Lo giro in ogni senso,

Senza saper avviare il suo complicato meccanismo.

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JACQUES PRéVERT

Colazione del mattino

Egli ha versato il caffè

Nella tazza

Egli ha versato il latte

Nella tazza di caffè

Egli ha messo lo zucchero

Nel caffelatte

Con il cucchiaio

Ha mescolato

Egli ha bevuto il caffelatte

E ha posato la tazza

Senza parlarmi

Ha acceso

Una sigaretta

Ha fatto dei cerchi

Con il fumo

Ha messo la cenere

Nella ceneriera

Senza parlarmi

Page 151: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Senza guardarmi

S’è alzato

Ha messo

Il cappello in testa

Ha messo

l’impermeabile

Perché pioveva

Ed è andato via

Sotto la pioggia

Senza una parola

Senza uno sguardo

E io ho preso

La testa tra le mani

E ho pianto.

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ANTONIO MACHADO

Esperienza

Ho percorso strade su strade,

ho tracciato nuovi sentieri:

per cento mari ho salpato:

a cento approdi son giunto:

e in ogni paese ho veduto

carovane di tristezza:

superbi e malinconici

beoni dall'ombra nera:

e pedantoni in vetrina,

che guardano e tacciano e pensano:

che sanno, perché non bevono

il vino delle taverne.

Pessima gente, che appesta

la terra dove cammina.

E in ogni paese, ho veduto,

v'e' gente che danza e che giuoca

fin quando si può, poi lavora

i quattro suoi palmi di terra.

Page 153: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Se giungono a nuovi paesi,

non chiedono mai dove sono;

se vanno in viaggio, li vedi

sul dorso a decrepite mule;

e non conoscono fretta

, neppure nei giorni di festa;

e bevono vino, se han vino:

se non han vino, acqua fresca.

Buona gente, gente che vive,

che lavora, che soffre, che sogna;

che infine, in un dì come tanti,

vanno a dormire sotterra.

Page 154: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ALDO PALAZZESCHI

Il passo delle Nazarene

Nazarene bianche, Nazarene nere.

Del fiume alle rive

si guardan da tanto i conventi,

si guardan con occhio di vecchia amicizia

le piccole torri, una bianca e una nera,

le suore s' incontran la sera,

la sera al crepuscolo.

Due volte s' incontran, le bianche e le nere,

sul ponte, sul ponte che unisce i conventi,

li unisce da tanto per vecchia amicizia,

le piccole torri si guardan ridenti

una bianca e una nera,

le suore s' incontran la sera,

la sera al crepuscolo.

Le piccole chiese al crepuscolo s' aprono,

ne sortono leste le suore ed infilano il ponte,

nel mezzo s' incontran, s' inchinano,

le bianche e le nere,

Page 155: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

si recan l' un l' altre alla piccola chiesa al saluto;

vi fanno una breve preghiera

e leste rinfilano il ponte.

Di nuovo s' incontran, s' inchinan le file

una bianca e una nera,

le suore s' incontran la sera,

la sera, la sera al crepuscolo.

Page 156: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ROCCO GALDIERI

Pènzame, guappo

Guappo, ca t’appresiente cu’ ‘sta catena d’oro.

Guappo, ca tu m’accide? Che mme ne ‘mporta? [Moro.

Si ‘a miette sotto chiave… ‘Nu mese… e ce [scummetto

ca moro ‘o stesso. Guappo, pirciò… si vuò, [t’aspetto.

N’amminaccià; ma famme chiammà pe’ quacche [amico

Fidato ‹‹ Don Gennaro ve vò! Sta for’ ‘o vico. ››

Zompo addò staie. Te parlo comm’ ‘a perzona [cara;

e te dico a tte ‹‹ So’ pronto… Guappo, sì guappo? E [spara! ››

Zitto, comme mme cuoglie, vattenne muro muro…

E si nun moro subbeto, còccate… e sta’ sicuro:

Nun pparlo a ‘e Pellerine. Moro, senza dì niente.

Si avesse dì quaccosa, dicesse sulamente

Page 157: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Però, quanno so’ muorto… pènzame. ‘O munno [avota…

e tu sarraie felice tennenola vicino!

Ma… quanno, dinto ‘o vierno… dopp’ ‘o bicchiere [‘e vino,

primma ‘e luvare ‘a tavula, tagliate ‘nu mellone…

ch’esce zucuso ‘e zuccaro… Sì ‘ncaso maie [t’adduone

ch’essa… se mette a chiagnere… nun farle ‘o [musso stuorto…

Pènzame! ‘sti mellune…saie chi ‘appennette? ‘O [muorto!

Page 158: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

JORGE GUILLéN

Albero autunnale

Già matura

a foglia pel sereno suo distacco

discende

nel cielo sempre verde dello stagno.

In calmo

languore della fine, l’autunno s’immedesima.

Dolcissima

la foglia s’abbandona al puro gelo.

Sott’acqua

con incessanti foglie va l’’albero al suo dio.

Page 159: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

GERARDO DIEGO

Gli anni perduti

E la tua infanzia, dimmi, dove sta la tua infanzia?

Perché io la voglio.

Le acque che bevesti,

i fiori che calpestasti,

le trecce che annodasti,

i sorrisi che perdesti.

Come è possibile che non fossero miei?

Dimmelo, sono triste.

Quindici anni soltanto tuoi, e mai miei.

Non mi celare la tua infanzia.

Chiedi a Dio che rifaccia il tempo:

tornerà la tua infanzia e giocheremo.

Page 160: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ALCEO DI MITILENE

La conchiglia marina

O conchiglia marina, figlia

della pietra e del mare biancheggiante,

tu meravigli la mente dei fanciulli.

Page 161: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

EZRA POUND

[…]

Le donne da cercare o da fuggire, le donne come ossessione. Ma anche le donne come Personae (titolo del suo secondo libro di versi), cioè le maschere tragiche che agli antichi attori consentivano di evocare gli dei e gli eroi. A una di queste è dedicato uno dei due canti scritti in italiano, il 73°, composto di getto e quasi in trance, sulla cadenza degli stilnovisti, intitolato Corrispondenza repubblicana (l’agenzia di stampa della Rsi) ma dedicato al Guido Cavalcanti che gli appare in sogno. La protagonistaè ‹‹ una contadinella un po’ tozza ma bella ›› stuprata a Rimini dagli alleati, che si vendica guidandoli in un campo minato per ucciderli saltando in aria con loro:

‹‹ All’inferno ‘l nemico

furon venti morti

morta la ragazza

fra quella canaglia… ››.

L’immolazione diventa una rapsodia e un’apologia:

Page 162: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

‹‹ Morir per la patria

nella Romagna!

Morti non morti son’

Che bell’inverno!

Nel settentrion rinasce la patria

Ma che ragazza!

che ragazze

che ragazzi

portan’ il nero ››.

Poteva essere magnificata e vezzeggiata questa romagnola kamikaze che muore non solo per il suo onore di donna, ma anche per quello del nero che porta? Certamente no. E difatti, fino agli anni 70, il Canto LXXIII è puntualmente scomparso da tutte le edizioni poundiane pubblicate all’estero.

Page 163: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

CARL SANDBURG

Il rapido

Io vado in rapido, uno dei treni scelti

della nazione.

A rotta di collo per la prateria nella bruma azzurrina

e nell’aria scura corrono quindici vagoni tutti acciaio con mille viaggiatori.

(Tutti i vagoni finiranno in ruggine e rottami, tutti gli uomini

e le donne che ridono nei vagoni-ristorante e nei vagoni-letto

finiranno in cenere.)

Chiedo ad un uomo dello scompartimento fumatori dove stia andando,

e lui risponde: “A Omaha”.

Page 164: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

dalle SENTENZE INDIANE (inizio era volgare)

L’uom che in questo viver vano

cerca la felicità,

come il bambinello fa

che si succia il dito invano:

succia, succia, si dibatte,

vien saliva e non il latte.

Page 165: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

TAO CH’IEN

I cinque figli

Ciocche bianche mi coprono le tempie;

son rugoso e appassito senza scampo.

Ho cinque figli, è vero;

ma tutti odian la carta ed il pennello.

Ha diciott’anni A-shu;

per la pigrizia è proprio impareggiabile.

A-suan fa quel che può:

ma in verità detesta le Arti Belle.

Jun-tuan ha tredici anni,

ma non distingue ancora sei da sette.

Nel nono anno Tung Tzu

non pensa che alle noci ed alle pere.

Se il ciel così mi tratta,

che posso far se non empir la coppa?

Page 166: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

TRILUSSA

L’ape, er baco, lo scorpione

Un'Ape, ne l'uscì dall'osteria

con un Baco da seta e 'no Scorpione,

je disse - Grazzie de la compagnia:

spero de rivedevve a casa mia

in un'antra occasione.

Io, però, nun ricevo che a la sera

perché lavoro e tutta la giornata

fabbrico er miele e fabbrico la cera.

- Pur'io fatico e filo Dio sa quanto,

- fece er Baco da seta - e nun me resta

libbera che la festa...

- Su la tabbella der portone mio

- je disse lo Scorpione - ce sta scritto:

"Cammera del Lavoro". Lì sto io.

Per me qualunque giorno è indiferente,

so' pronto a fa' bisboccia a qualunqu'ora:

venite puro su libberamente...

- E voi che fate? - Gnente,

Page 167: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ma organizzo la gente che lavora.

Page 168: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

PO CHU

Sulla mia calvizie

All’alba sospiravo

vedendo i miei capelli che cadevano,

a sera sospiravo

vedendo i miei capelli che cadevano,

e paventavo il giorno

quando l’ultima ciocca

se ne sarebbe andata.

Son tutti andati – e non m’importa nulla!

Il tedioso pettine

è messo via per sempre;

è terminato il faticoso compito

di lavare e asciugare.

Ma la cosa più bella:

nell’aria calda e umida

non aver più quel nodo

che pesa sulla testa.

Ripongo il polveroso casco a cono,

e mi sciolgo la frangia del colletto.

Page 169: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

In un vaso d’argento

serbo un rivolo freddo:

sul mio capo pelato

lo faccio sgocciolare col cucchiaio.

Come uno battezzato

dall’acqua della Regola di Budda

accolgo questa fresca

e detergente gioia.

Ora so perché il prete

in cerca di riposo

per liberarsi il cuore

prima si rade il capo.

Page 170: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

FRIEDRICH HOERDERLIN

‹‹ Tedium vitae ››

Ahi del mondo già goduta già goduta ho la [dolcezza…

Quanto tempo quanto tempo che fuggì la [giovinezza!

Ahi che Aprile Maggio e Luglio son lontani laggiù…

È finito è finito: e non bramo e non amo viver più.

Page 171: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

LEONARDO SINISGALLI

A mio padre

L’uomo che torna solo

A tarda sera dalla vigna

Scuote le rape nella vasca

Sbuca dal viottolo con la paglia

Macchiata di verderame.

L’uomo che porta così fresco

Terriccio sulle scarpe, odore

Di fresca sera nei vestiti

Si ferma a una fonte, parla

Con un ortolano che sradica i finocchi.

E’ un uomo, un piccolo uomo

Ch’io guardo di lontano.

E’ un punto vivo all’orizzonte.

Forse la sua pupilla

Si accende questa sera

Accanto alla peschiera

Dove si asciuga la fronte.

Page 172: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

EDWARD ESTLIN CUMMINGS

O dolce spontanea terra

O dolce spontanea

terra quante volte

ti hanno

rimbambite

dita di

perversi filosofi pizzicato

e

scavato

in te

, il pollice sfacciato

della scienza pungolato

la tua

bellezza .quante

volte ti hanno religioni preso

sulle ginocchia ossute

Page 173: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

stringendoti e

sbertucciando per farti concepire

dei

(ma

fedele

all’incomparabile

letto della morte

tuo ritmico

amante

tu hai risposto

loro solo con

primavera)

Page 174: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

RAINER MARIA RILKE

Annunciazione

(Le parole dell'Angelo)

Tu non sei più vicina a Dio

di noi; siamo lontani

tutti. Ma tu hai stupende

benedette le mani.

Nascono chiare a te dal manto,

luminoso contorno:

Io sono la rugiada, il giorno,

ma tu, tu sei la pianta.

Sono stanco ora, la strada è lunga,

perdonami, ho scordato

quello che il Grande alto sul sole

e sul trono gemmato,

manda a te, meditante

(mi ha vinto la vertigine).

Vedi: io sono l'origine,

ma tu, tu sei la pianta.

Ho steso ora le ali, sono

Page 175: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

nella casa modesta

immenso; quasi manca lo spazio

alla mia grande veste.

Pur non mai fosti tanto sola,

vedi: appena mi senti;

nel bosco io sono un mite vento,

ma tu, tu sei la pianta.

Page 176: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

SAFFO

Mi pare simile a un dio

l'uomo che ti siede accanto

e ti ascolta così, mentre parli

con lieve sussurro e ridi amabile:

questo mi stringe il cuore nel petto!

Basta che ti getti uno sguardo

e subito la voce mi manca

la lingua si spezza, subito

un fuoco sottile mi scivola

sotto la pelle,

lo sguardo s'offusca, rombano le oreccchie,

un freddo sudore mi cola, utta

mi scuote un tremito,

e più verde dell'erba divento

e poco manca che muoia.

Ma bisogna che tutto sopporti...

Page 177: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

CHARLES BUKOWSKI

Un cavallo da 340 dollari

e una puttanada cento

non vi venga l' idea che io sono un poeta; mi trovate

mezzo sbronzo all' ippodromo ogni giorno

a puntare su quarter, trottatori e purosangue,

ma fatevelo dire, là ci sono delle donne

che seguono i quattrini, e qualche volta

quando guardi queste puttane queste puttane da cento dollari

qualche volta ti domandi se la natura non ha scherzato

a regalare tanto petto e tanto culo e la maniera

in cui sta tutto insieme, tu guardi e guardi e

e guardi e non ci credi; ci sono le donne qualsiasi

e poi c'è qualcos'altro che ti fa venir voglia

di sfondare quadri e spaccare dischi di Beethoven

Page 178: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

sul coperchio del cesso; in ogni modo, la stagione

si trascinava e i pezzi grossi restavano in bolletta,

tutti i non professionisti, i produttori, gli operatori,

gli spacciatori di marijuana, i pellicciai, gli stessi

proprietari, e 'sto giorno correva Saint Louis:

un cavallo che rompeva quando l' arrivo era serrato

correva a testa bassa, era brutto e cattivo

dato 35 a 1, e io puntai un deca su di lui.

il guidatore lo spinse al largo

lo portò allo steccato dove sarebbe stato solo

anche se doveva fare il quadruplo di strada,

e fu così che fece

tutta la gara contro lo steccato

correndo per due miglia anziché una

e vinse come se avesse il diavolo alle calcagna

e non era nemmeno stanco,

e la bionda più grossa di tutte

Page 179: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

tutta culo e tette, praticamente nient'altro

venne con me a riscuotere.

quella notte non riuscii a distruggerla

anche se le molle sprizzavano scintille

che rimbalzavano sui muri.

più tardi là seduta in sottoveste

bevendo Old Grandad

disse

come mai un tipo come te

vive in una stamberga come questa?

e io dissi

sono un poeta

e lei buttò indietro la testa e rise.

tu? tu... un poeta?

proprio così, dissi, proprio così.

ma mi piaceva ancora, sì, mi piaceva,

Page 180: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

e tante grazie a un brutto cavallo

che ha scritto questa poesia.

Page 181: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

JORGE LUIS BORGES

La Recoleta

Persuasi di caducità

da tante nobili certezze della polvere,

indugiamo e abbassiamo la voce

tra il lento susseguirsi delle tombe

la cui retorica di marmo e d’ombra

promette e prefigura l’augurabile

dignità di essere morti.

Sono belli i sepolcri,

il nudo latino e le congiunte date fatali,

il fiore accanto al marmo

e le piazzette fresche come patios

e i molti ieri della storia

oggi arrestata e unica.

Confondiamo quella pace con la morte,

pensiamo di anelare la nostra fine

ed aneliamo sonno e indifferenza.

Vibrante nelle spade e nell’ardore

e assopita nell’edera,

Page 182: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

solo la vita esiste.

Sono due forme di spazio e tempo

sono strumenti magici dell’anima,

e quando questa si spegnerà,

si spegneranno insieme spazio, tempo e

morte,

come al cessare della luce

si estingue il simulacro degli specchi

che l’imbrunire aveva quasi spento.

Ombra benevola degli alberi,

vento di uccelli che sui rami ondeggia,

anima che si dissolve in altre anime,

sarebbe un miracolo se smettessero di esistere,

miracolo incomprensibile,

anche se il suo ripetersi illusorio

macchia di orrore i nostri giorni.

Queste cose pensai alle Recoleta

nel luogo delle mie ceneri.

Page 183: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

VIRGILIO GIOTTI

Figura de putela

Davanti una vetrina,

che se spècia i colori

ciari de la matina,

‘na garzona ghe xe, col scatolon

sul brazzo, co la fronte sul lastron.

Sun na gamba sola

la sta; e el pie de l’altra,

lassada cascar mola,

la lo nina. Le scarpe che la ga

xe quele che la mistra ghe ga dà.

Dal viso solo un poco

se ghe vedi, un rosseto;

‘na rècia, el colo, un fioco.

Sora el covèrcio, bela, xe una man

de pìcia, là pozada, una sua man.

Page 184: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Un pitor, co’l ga ciolta

zo ‘na figura, altro

no’l fa. Cussì stavolta

fazzo anca mi. Meto ancora un fiatin

de rosa su le calze, un cincinin

quel nastro d’i cavei

fazzo ancora più scuro;

e meto zo i penei.

Altro de far, altro no’ go de dir:

che ben che vòio, ‘nidun pol capir.

La lasso parlar ela;

che sola la ve conti

quel che la varda in quela

vetrina, quel che la pensa, ormai là

ferma par sempre, quel che in cuor la ga.

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CHARLES BAUDELAIRE

La sera

Complice dei ribaldi, ecco già la leggiadra

sera a passi di lupo giunge, come una ladra;

lento si chiude il cielo, come una grande alcova,

e una belva si muove nell'uomo, avida e nuova.

O dolce sera, premio di chi, senza mentire,

le affaticate braccia guardandosi, può dire:

<< Oggi s'è lavorato >>, tu che sai consolare

l'anime tribolate dalle pene più amare,

lo studioso ostinato che già reclina il ciglio,

l'operaio che curvo ritorna al suo giaciglio!

Pesantemente, intanto, nell'aria orde di neri

demoni si risvegliano a guisa di banchieri,

e su imposte e tettoie ciecamente s'avventano.

Nelle vie, fra le luci che la bora tormenta,

s'accende il Meretricio, e si scava, alla pari

d'un formicaio, mille labirinti e ripari,

aprendosi dovunque qualche varco nascosto,

come avanza nell'ombra furtivo un avamposto,

Page 186: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

e nel grembo di fango delle città malsane

di soppiatto movendosi, come il verme nel pane.

Qua e là le cucine s'odono ora ansare,

e muggire i teatri, e le orchestre russare;

ora, in combutta, mettono bari e sgualdrine il piede

nei locali ove il gioco le sue gioie concede,

mentre i ladri, che posa non hanno né pietà,

vanno anch'essi al lavoro, e piano piano già

forzano gli usci e vuotano le casseforti infrante,

per vivere qualche giorno e vestire l'amante.

Chiuditi in te in questo solenne attimo, o mia

anima; ignora l'urlo che sale dalla via.

Questa è l'ora che accresce gli spasimi del male,

e di sospiri e aneliti riempie l'ospedale,

quando il comune abisso ad uno ad uno inghiotte

i morenti, abbrancati dalla squallida Notte.

- Mai più per loro, a sera, l'odorosa pietanza,

né, accanto al fuoco, un viso di donna, in una stanza...

Page 187: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Del resto, i più non hanno nemmeno conosciuto

il bene d'una casa, non hanno mai vissuto!

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GUIDO GOZZANO

Cocotte

I.

Ho rivisto il giardino, il giardinetto

contiguo, le palme del viale,

la cancellata rozza dalla quale

mi protese la mano ed il confetto...

II.

«Piccolino, che fai solo soletto?»

«Sto giocando al Diluvio Universale.»

Accennai gli stromenti, le bizzarre

cose che modellavo nella sabbia,

ed ella si chinò come chi abbia

fretta d'un bacio e fretta di ritrarre

la bocca, e mi baciò di tra le sbarre

Page 189: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

come si bacia un uccellino in gabbia.

Sempre ch'io viva rivedrò l'incanto

di quel suo volto tra le sbarre quadre!

La nuca mi serrò con mani ladre;

ed io stupivo di vedermi accanto

al viso, quella bocca tanto, tanto

diversa dalla bocca di mia Madre!

«Piccolino, ti piaccio che mi guardi?

Sei qui pei bagni? Ed affittate là?»

«Sì... vedi la mia mamma e il mio Papà?»

Subito mi lasciò, con negli sguardi

un vano sogno (ricordai più tardi)

un vano sogno di maternità...

«Una cocotte!...»

«Che vuol dire, mammina?»

«Vuol dire una cattiva signorina:

non bisogna parlare alla vicina!»

Co-co-tte... La strana voce parigina

Page 190: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

dava alla mia fantasia bambina

un senso buffo d'ovo e di gallina...

Pensavo deità favoleggiate:

i naviganti e l'Isole Felici...

Co-co-tte... le fate intese a malefici

con cibi e con bevande affatturate...

Fate saranno, chi sa quali fate,

e in chi sa quali tenebrosi offici!

III.

Un giorno - giorni dopo - mi chiamò

tra le sbarre fiorite di verbene:

«O piccolino, non mi vuoi più bene!...»

«È vero che tu sei una cocotte?»

Perdutamente rise... E mi baciò

con le pupille di tristezza piene.

Page 191: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

IV.

Tra le gioie defunte e i disinganni,

dopo vent'anni, oggi si ravviva

il tuo sorriso... Dove sei, cattiva

Signorina? Sei viva? Come inganni

(meglio per te non essere più viva!)

la discesa terribile degli anni?

Oimè! Da che non giova il tuo belletto

e il cosmetico già fa mala prova

l'ultimo amante disertò l'alcova...

Uno, sol uno: il piccolo folletto

che donasti d'un bacio e d'un confetto,

dopo vent'anni, oggi ti ritrova

in sogno, e t'ama, in sogno, e dice: T'amo!

Da quel mattino dell'infanzia pura

forse ho amato te sola, o creatura!

Forse ho amato te sola! E ti richiamo!

Se leggi questi versi di richiamo

Page 192: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ritorna a chi t'aspetta, o creatura!

Vieni! Che importa se non sei più quella

che mi baciò quattrenne? Oggi t'agogno,

o vestita di tempo! Oggi ho bisogno

del tuo passato! Ti rifarò bella

come Carlotta, come Graziella,

come tutte le donne del mio sogno!

Il mio sogno è nutrito d'abbandono,

di rimpianto. Non amo che le rose

che non colsi. Non amo che le cose

che potevano essere e non sono

state... Vedo la case, ecco le rose

del bel giardino di vent'anni or sono!

Oltre le sbarre il tuo giardino intatto

fra gli eucalipti liguri si spazia...

Vieni! T'accoglierà l'anima sazia.

Fa ch'io riveda il tuo volto disfatto;

ti bacierò; rifiorirà, nell'atto,

Page 193: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

sulla tua bocca l'ultima tua grazia.

Vieni! Sarà come se a me, per mano,

tu riportassi me stesso d'allora.

Il bimbo parlerà con la Signora.

Risorgeremo dal tempo lontano.

Vieni! Sarà come se a te, per mano,

io riportassi te, giovine ancora.

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ROCCO GALDIERI

Dummeneca

I’ mò, trasenno p’ ‘a porta, aggiu sentuto

ll’addore d’ ‘o rraù.

Perciò... Stateve bona ! ... Ve saluto...

Me ne vaco, gnorsì... Ca si m’assetto

nun me ne vaco cchiù...

E succede c’aspetto

ca ve mettite a ttavula... E nu sta...

Cchiù ccerto ‘e che so maccarune ‘e zita.

L’aggiu ‘ntiso ‘e spezzà,

trasenno ‘a porta. E’ ‘overo? E s’è capita

tutt’ ‘a cucina d’ogge: so’ brasciole,

so’ sfilatore ‘annecchia.

Niente cunzerva: tutte pummarole

passate pe’ ssetaccio...

E v’è rimasta pure ‘na pellecchia

‘ncopp’ ‘o vraccio...

Pare ‘na macchia ‘e sango...

Permettete? V’ ‘a levo! Comm’è fina,

Page 195: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

sta pelle vosta... e comme è avvellutata:

mme sciulia sotto ‘e ddete...

E parite cchiù bella, stammatina.

‘O ffuoco, comme fusse... v’ha appezzata.

State cchiù culurita...

Cchiù ccerto e’ che so’ mmaccarune ‘e zita...

Ma i’ mme ne vaco... Addio! Ca si m’assetto

nun me ne vaco cchiù...

E succede c’aspetto...

ca ve mettite a ttavula... p’avé

‘nu vaso c’ ‘o sapore ‘e ‘stu rraù!

Page 196: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

KONSTANTINOS KAVAFIS

Tomba di Iasìs

Iasìs qui giace. In questa gran città

e febo rinomato per beltà.

Sapienti m’ammirarono, e parimenti il popolo

Più semplice. Godevo e degli uni e dell’altro.

Ma infine, a furia d’essere creduto Erme e [Narcisso,

gli abusi mi consunsero, m’uccisero. Viandante,

se tu sei d’Alessandria, non mi condannerai. Tu sai [la foga

di questa vita: e quale ardore, e quale voluttà.

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VINCENZO CARDARELLI

Alla deriva

La vita io l’ho castigata vivendola.

Fin dove il cuore mi resse

arditamente mi spinsi.

Ora la mia giornata non è più

che uno sterile avvicendarsi

di rovinose abitudini

e vorrei evadere dal nero cerchio.

Quando all’alba mi riduco,

un estro mi piglia, una smania

di non dormire.

E sogno partenze assurde,

liberazioni impossibili.

Oimè. Tutto il mio chiuso

e cocente rimorso

Page 198: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

altro sfogo non ha

fuor che il sonno, se viene.

Invano, invano lotto

per possedere i giorni

che mi travolgono rumorosi.

Io annego nel tempo.

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RUDYARD KIPLING

O madre mia

Se morissi impiccato sopra il colle,

o madre mia,

io bene so chi sempre mi amerebbe,

o madre mia!

Se morissi gettato in fondo al mare,

o madre mia,

io bene so chi sempre piangerebbe,

o madre mia!

E se l'anima mia fosse dannata,

so chi, pregando, allor mi salverebbe,

o madre mia!

Page 200: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ALDO FABRIZI

Minestra a li cento sapori

I

Pe’ fa’ ‘sta cosa ch’è tra le più jotte,

nun c’è bisogno d’esse inquatrinato:

basta lottà listesso a un pensionato

che tira avanti co’ le scarpe rotte.

Eccheve qua la prima de le lotte:

sabbato a giorno er pasto và scartato,

la sera, dopo ave’ ridiggiunato,

ce stà er problema d’affrontà la notte.

Pe’ nun da’ sfogo a li sbadijamenti

bisogna inturcinasse un fasciatore

intorno ar muso, come a un mar de denti.

Mannati giù sonniferi e carmanti

co’ la speranza de dormi’ un par d’ore,

consijo de prega’ madonne e santi.

Page 201: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ALDO FABRIZI

Minestra a li cento sapori

II

Er giorno doppo, gnente colazione:

all’una s’empie d’acqua un recipiente,

pe’ mettece ar momento ch’è bollente,

la Pasta, con amore e devozzione.

Scolata poco e messa ner piattone,

per accondilla serve poco e gnente,

un pizzico de pepe solamente,

come si fosse na’ benedizione.

Tanti lettori se domanderanno:

‹‹ E li cento sapori? Questo è uno!

L’antri 99, indove stanno? ››.

‹‹ L’antri 99, gente mia,

vengheno da la fame der diggiuno,

ch’è er mejo accondimento che ce sia. ››

Page 202: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

CORRADO GOVONI

La trombettina

Ecco che cosa resta

di tutta la magia della fiera:

quella trombettina,

di latta azzurra e verde,

che suona una bambina

camminando, scalza, per i campi.

Ma, in quella nota sforzata,

ci son dentro i pagliacci bianchi e rossi;

c'è la banda d'oro rumoroso,

la giostra coi cavalli, l'organo, i lumini.

Come, nel sgocciolare della gronda,

c'è tutto lo spavento della bufera,

la bellezza dei lampi e dell'arcobaleno;

nell'umido cerino d'una lucciola

che si sfa su una foglia di brughiera,

tutta la meraviglia della primavera.

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ALCEO DI MITILENE

Invito a bere

Perché aspettare le lucerne? Il giorno

sta per finire. Su, beviamo! Prendi

amico, i vasi grandi variegati!

Il figlio di Semele e Giove, Bacco,

diede vino ai mortali, oblio dei mali;

versa una parte d’acqua e due di vino

fino sull’orlo del bicchiere, e un altro

bicchiere segua il primo, e dopo un altro…

Page 204: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

VLADIMIR MAJAKOVSKIJ

Congedo

In auto,

cambiato l'ultimo franco.

"A che ora parte il treno per Marsiglia?"

Parigi

fugge

accompagnandomi

in tutta

la sua bellezza impossibile.

Sali

agli occhi,

fanghiglia del distacco,

schianta

il mio cuore

con la sentimentalità!

Io vorrei

vivere

e morire a Parigi,

se non ci fosse

Page 205: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

la terra che ha nome

Moskvà

Page 206: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

WILLIAM BUTLER YEATS

La ruota

Tutto l’inverno invochiamo primavera,

E in primavera invochiamo l’estate,

E quando le siepi stracolme risuonano,

Giuriamo che meglio di tutti e’ l’inverno;

Dopo di che non c’e’ niente di buono

Perché la primavera non e’ ancora tornata-

E non sappiamo che a turbarci il sangue

E’ soltanto il suo anelito alla tomba

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ORAZIO

L’ode del carpe diem (I 11)

Tu non chiedere – non è lecito

saperlo – quale fine hanno assegnato

a me, quale a te, gli dèi. Non provarci,

Leuconoe, con i dadi babilonesi.

Meglio, ciò che sarà, prenderlo

come viene! Sia che Giove ci abbia assegnato

più inverni, sia che per ultimo ci dia

questo che ora sfianca il mare Tirreno

sugli scogli in schiume, sii saggia: filtra

il vino e taglia la speranza in misure

piccole. Mentre parliamo il tempo

invidioso va via: afferralo, l’oggi,

e credi nel domani il meno possibile.

………………

Page 208: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi

finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios

temptaris numeros. ut melius, quidquid erit, pati.

seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,

quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare

Tyrrhenum: sapias, vina liques, et spatio brevi

spem longam reseces. dum loquimur, fugerit invida

aetas: carpe diem quam minimum credula postero.

Page 209: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

JORGE LUIS BERGES

Rione riconquistato

Nessuno vide la bellezza delle strade

fin quando spaventoso in fragore

si abbatté il cielo verdastro

in un rovescio di acqua e di ombra.

Il temporale fu unanime

e detestabile agli sguardi fu il mondo,

ma quando un arco benedisse

coi colori del perdono la sera,

e un odore di terra bagnata

rianimò i giardini,

uscimmo a camminare per le strade

come su un ricuperato possedimento,

e nei vetri ci furono generosità di sole

e nelle foglie lucenti

disse la sua tremula immortalità l'estate.

Page 210: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

TRILUSSA

Er leone riconoscente

Ner deserto dell' Africa, un Leone

che j' era entrato un ago drento ar piede,

chiamò un Tenente pe' l' operazzione.

- Bravo! - je disse doppo - Io t' aringrazzio:

vedrai che te sarò riconoscente

d' avemme libberato da 'sto strazio;

qual'è er pensiere tuo? d' esse promosso?

Embè, s' io posso te darò 'na mano... -

E in quela notte istessa

mantenne la promessa

più mejo d' un cristiano;

ritornò dar Tenente e disse: - Amico,

la promozzione è certa, e te lo dico

perchè me so magnato er Capitano.

Page 211: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

CHARLES BUKOWSKI

essi, tutti lo sanno

chiedete ai pittori da marciapiede di Parigi

chiedete al sole su un cane addormentato

chiedete ai 3 porcellini

chiedete al giornalaio

chiedete alla musica di Donizetti

chiedete al barbiere

chiedete all'assassino

chiedete all'uomo appoggiato al muro

chiedete al predicatore

chiedete all'ebanista

chiedete al borsaiolo o al prestatore

su pegno o al soffiatore di vetro

o al venditore di letame

o al dentista

chiedete al rivoluzionario

chiedete all'uomo che ficca la testa

nelle fauci d'un leone

chiedete all'uomo che sgancerà la prossima

Page 212: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

bomba atomica

chiedete all'uomo che si crede Cristo

chiedete alla cutrettola che la sera torna

al nido

chiedete al guardone

chiedete all'uomo che muore di cancro

chiedete all'uomo che ha bisogno d'un bagno

chiedete all'uomo con una gamba sola

chiedete al cieco

chiedete all'uomo che parla bleso

chiedete al mangiatore d'oppio

chiedete al chirurgo tremante

chiedete alle foglie sulle quali camminate

chiedete a uno stupratore o al bigliettario

di un tram o a un vecchio

che strappa le erbacce nel giardino

chiedete a una sanguisuga

chiedete a un domatore di pulci

chiedete a un mangiatore di fuoco

chiedete all'uomo più miserabile che riuscite

a trovare nel suo più miserabile

Page 213: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

momento

chiedete a un maestro di judo

chiedete a un guidatore di elefanti

chiedete a un lebbroso, un ergastolano, un tisico

chiedete a un professore di storia

chiedete all'uomo che non si pulisce mai

le unghie

chiedete a un pagliaccio o alla prima faccia che vedete

chiedete chiedete chiedete e

tutti vi diranno:

una moglie brontolona affacciata alla ringhiera

è più di quanto un uomo possa sopportare.

Page 214: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

JACQUES PRéVERT

Quadretto familiare

La madre fa la maglia

il figlio fa la guerra

la madre trova naturale tutto ciò

e quanto al padre cosa fa il padre?

Fa affari

sua moglie fa la maglia

suo figlio fa la guerra

e lui fa affari

il padre trova naturale tutto ciò

e il figlio il figlio

che gliene pare al figlio?

non gliene pare assolutamente niente al figlio

Il figlio sua madre fa la maglia suo padre gli affari e lui la guerra

quando avrà finito la guerra

farà affari con suo padre

la guerra continua la madre continua a fare la maglia

Page 215: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

il padre continua a fare affari

il figlio viene ammazzato e non continua più

il padre e la madre vanno al cimitero

il padre e la madre trovano assolutamente naturale tutto ciò

la vita continua la vita con la maglia la guerra gli affari

gli affari la guerra la maglia la guerra

gli affari gli affari e gli affari

la vita con dentro il cimitero.

Page 216: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

EDOARDO NICOLARDI

‘ O trammo ‘e Puceriale

Stanno, ‘o carcere e ‘o Campusanto,

quase a’ stessa lucalità.

Chillo ca more nu poco ogne ttanto

chillo ca more pe’ ll’eternità, llà va!

E stu trammo ‘e Puceriale

ca porta ‘a folla d’ ‘e pariente.

N’ato nun ce ne sta ca è tale e quale

e ca purtasse chesta stessa ggente.

Addora ‘e sciure e ‘e cucenato,

sente ‘e caruofane e ‘o rraù...

Chesta, porta ‘o mmagnà p’ ‘o carcerato,

chella, na rosa a chi nun ce sta cchiù.

Ce sta a signora e ‘a sié maesta;

‘o galantommo e ‘o malandrino...

Ll’acrisante e ‘a zuppiera cu ‘a menesta,

‘a tuberosa e o’ perettiello ‘e vino...

‘A mercante, ch’allucca e spicca

ca ll’avvucato è nu chiachiello;

Page 217: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ma a ccosto ch’adda vennere ‘a puteca,

Marciano adda difennere all’appello!

‘A chiazzera ca pe’ nu niente

fa n’assuocio cu ‘o cunduttore...

E ‘o prutettore ca già ammola ‘e diente

e guarda stuorto, e caccia ‘o pietto ‘nfore...

Nnante ‘o carcere, fremma ‘o trammo,

e ‘sti femmene cu ‘e mappate

scenneno scacatianno... “E gghiesce.. E ghiammo..

E votta ‘e mmane... ‘Ve site nchiummate?”

E accussì restano sultanto

tutte chille vestute a llutto...

Na figliulella s’asciutto ‘o chianto...

E na mamma ca chiagne a ciglio asciutto.

Mo se sente sultanto ‘addore

d’ ‘e caruofene e ll’ati sciure...

Chi parla cchiù? Chi ‘o mette cchiù a rummore?

Poc’ato, e ‘o trammo se sbavanta pure..

Ma mt’ ‘o trammo, rrobba caduta,

Page 218: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ce rummane sempe quaccosa.

‘Nterra na mela, ‘na spica arrustuta...

Llà ncoppa nu caruofeno o ‘na rosa

Page 219: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

VINCENZO CARDARELLI

Spiragli

Che cosa mi colpisce ormai!

Un velo d'ombra di mare

sui monti lontani,

un lembo di nuvola tutelare.

Ma basta levare la testa.

Le cose non stanno che a ricordare.

Piano piano i minuti vissuti,

fedelmente li ritroveremo.

Coraggio, guardiamo.

Page 220: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

GIOVANNI PAPINI

Il contadino

Io ti rispetto e ti vo' tanto bene

o contadino sudicio e strappato

quando, chinate sotto il sol le sirène,

seghi il tuo grano o falci in furia il prato,

o quando son le giornate serene

tu vanghi e zappi senza pigliar fiato

e tardi, a notte, distendi le rene

e godi e dormi colla donna a lato.

Di tutto si rallegra e si contenta

e, sorridendo, il duro pane inghiotte

che con la dura terra l’imparenta.

Di grazie e di bei modi se n’infotte

ma con ugual vigore egli sementa

messi di giorno e popoli di notte.

Page 221: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

VIRGILIO GIOTTI

Piova

Spiovazza. Ombrele negre,

drite, storte, le cori

le scampa. Soto i àlbori,

nel sguaz, xe pien de fiori.

Xe alegro 'sto slavazzo.

Vien l'istà. E altri istai

se svea in mi pa' un àtimo,

ùmidi, verdi… andai!

'N omo se ga fermado

soto un'ombrela sbusa.

El varda i fioi che sguazza

nel ziel de 'na calusa.

Nota: (calusa = pozzanghera)

Page 222: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

GABRIELE D’ANNUNZIO

Stabat nuda Aestas

Primamente intravidi il suo piè stretto

scorrere su er gli aghi arsi dei pini

ove estuava l'aere con grande

tremito, quasi bianca vampa effusa.

Le cicale si tacquero. Più rochi

si fecero i ruscelli. Copiosa

la resina gemette giù pe'fusti.

Riconobbi il colùbro dal sentore.

Nel bosco degli ulivi la raggiunsi.

Page 223: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Scorsi l'ombre cerulee dei rami

su la schiena falcata, e i capei fulvi

nell'argento pallàdio trasvolare

senza suono. Più lunghi nella stoppia,

l'allodola balzò dal solco raso,

la chiamò, la chiamò per nome in cielo.

Allora anch'io per nome la chiamai.

Tra i leandri la vidi che si volse.

Come in bronzea mèsse nel falasco

entrò, che richiudeasi strepitoso.

Più lungi, verso il lido, tra la paglia

marina il piede le si tolse in fallo.

Distesa cadde tra le sabbie e l'acque.

Il ponente schiumò nei sui capegli.

Immensa apparve , immensa nudità.

Page 224: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

LEONARDO SINISGALLI

Monete rosse

I fanciulli battono le monete rosse

contro il muro. (Cadono distanti

per terra con dolce rumore.) Gridano

a squarciagola in un fuoco di guerra.

Si scambiano motti superbi

e dolcissime ingiurie. La sera

incendia le fronti, infuria i capelli.

Sulle selci calda è come sangue.

Il piazzale torna calmo.

Una moneta battuta si posa

vicino all'altra alla misura di un palmo.

Il fanciullo preme sulla terra

la sua mano vittoriosa.

Page 225: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ANTONIO DE CURTIS in arte Totò

‘A cunzegna

'A sera quanno 'o sole se nne trase

e dà 'a cunzegna a luna p' 'a nuttata,

lle dice dinto 'a recchia - ‹‹ I' vaco 'a casa:

t'arraccumanno tutt' 'e nnammurate ››.

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CESARE PASCARELLA

La scoperta dell’america

I

Ma che dichi? Ma leva mano, leva!

Ma prima assai che lui l'avesse trovo,

Ma sai da quanto tempo lo sapeva

Che ar monno c'era pure er monno novo!

E siccome la gente ce rideva,

Lui sai che fece un giorno? Prese un ovo,

E lì in presenza a chi nun ce credeva,

Je fece, dice: - Adesso ve lo provo.

E lì davanti a tutti, zitto zitto,

Prese quell'ovo e senza complimenti,

Pàffete! je lo fece regge dritto.

Eh! Ner vedé quell'ovo dritto in piede,

Pure li più contrari più scontenti,

Eh, sammarco! ce cominciorno a crede.

Page 227: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

II

Ce cominciorno a crede, sissignora;

Ma, ar solito, a sto porco de paese

Si vòrse trovà appoggio pe le spese

De la Scoperta, je tocco a annà fora.

E siccome a quer tempo lì d'allora

Regnava un re de Spagna portoghese,

Agnede in Portogallo e lì je chiese

De poteje parlà p'un quarto d'ora.

Je fece 'na parlata un po' generica,

E poi je disse: - Io avrebbe l'intenzione,

Si lei m'ajuta, de scoprì l'America.

- Eh, fece er re, ched'era un omo esperto,

Si, v'ajuto... Ma, no pe fa eccezione,

Ma st'America c'è? Ne séte certo?

Page 228: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

III

- Ah! fece lui, me faccio maravija

Ch'un omo come lei pò dubitallo!

Allora lei vor dì che lei mi pija

Per uno che viè qui per imbrojallo!

Nonsignora, maestà. Lei si consija

Co' qualunque sia ar caso de spiegallo,

E lei vedrà ch'er monno arissomija,

Come lei me l'insegna, a un portogallo.

E basta avecce un filo de capoccia

Pe capì che, dovunque parte taja,

Lei trova tanto sugo e tanta coccia.

E er monno che cos'è? Lo stesso affare.

Lei vadi indove vò, che non si sbaja,

Lei trova tanta terra e tanto mare.

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IV

Je capacita sto ragionamento?

- Sicuro, fece er re, me piace assai

E, vede, je dirò che st'argomento

Ancora nu' l'avevo inteso mai.

Però, dice, riguardo ar compimento

De l'impresa, siccome... casomai...

- Ma 'bbi pazienza, fermete un momento...

Ma ste fregnacce tu come le sai?

Eh, le so perché ci ho bona memoria.

- Già! Te ce sei trovato! - Che significa?

Le so perchè l'ho lette ne la storia.

- Ne la storia romana? - È naturale.

Ne la storia più granne e più magnifica,

Che sarebbe er gran libro universale.

Page 230: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

V

Ché l'antri libri, no pe dinne male,

Nun contrasto, saranno cose bone,

Ma all'urtimo sò tutti tale e quale:

Legghi, legghi, e che legghi? un'invenzione.

Ma invece co' la storia universale

Nun ci hai da facce manco er paragone,

Ché lì ce trovi scritto er naturale

De li fatti de tutte le persone.

Vedi noi? Mò noi stamo a fà bardoria:

Nun ce se pensa e stamo all'osteria...

Ma invece stamo tutti ne la storia.

E per questo m'ha sempre soddisfatto,

Perché in qualunque storia ch'uno pïa,

Tu nun legghi 'na storia; legghi un fatto.

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VI

Basta, dunque, pe fà breve er discorso,

Va be', je fece er re, quer ch'ho promesso

Lo mantengo; ma, dice, ve confesso,

Che io nun ce vorrebbe avé rimorso;

Per cui, st'affare qui ha da fà er suo corso:

Perch'io, si governassi da me stesso,

Che c'entra? ve direbbe: annate adesso...

- Ma allora, fece lui, co' chi ho discorso?

Ma voi chi sete? er re o un particolare?

- Pe esse re so re, nun c'è quistione;

Ma mica posso fà quer che me pare.

Vor dì che voi portate li registri

De le spese, l'esatta relazione,

Che ve farò parlà co li ministri.

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VII

E li ministri de qualunque Stato

So' stati sempre tutti de 'na setta!

Irre orre... te porteno in barchetta,

E te fanno contento e cojonato.

E così lui: ce se trovò incastrato

A doveje pe forza daje retta,

Je fecero la solita scoletta,

Da Erode lo mannaveno a Pilato.

E invece de venì a 'na decisione,

- Sa? je fecero, senza complimenti

Qui bisogna formà 'na commissione.

Lei j'annerà a spiegà de che se tratta,

E, dice, quanno loro so' contenti,

Ritorni pure che la cosa è fatta.

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VIII

Eh, giacchè ho fatto trenta, fece quello,

Be', dice, che vòi fà? famo trentuno.

Ci agnede, e se trovò in mezzo a un riduno

De gente che Dio sàrvete, fratello!

Lo teneveno lì come er zimbello!

L'interrogorno tutti, uno per uno,

E poi fecero, dice: - Sarv'ognuno,

Ma questo s'è svortato de cervello.

Lui parlava, ma manco lo sentiveno;

E più lui s'ammazzava pe scoprilla

E più quell'antri je la ricopriveno.

Ma lì, secondo me, ne li segreti

De quer complotto lì, ma manco a dilla,

C'era sotto la mano de li preti.

Page 234: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

IX

Ché mettetelo in testa ch'er pretaccio

È stato sempre lui, sempre lo stesso!

Er prete? È stato sempre quell'omaccio

Nimico de la patria e der progresso.

E in quelli tempi, poi, si un poveraccio

Se fosse, Dio ne scampi, compromesso,

Lo schiaffaveno sotto catenaccio,

E quer che'era successo era successo.

E si poi j'inventavi un'invenzione,

Te daveno, percristo, la tortura

Ner tribunale de l'inquisizione.

E 'na vorta lì dentro, sarv'ognuno,

La potevi tené più che sicura

Da fà la fine de Giordano Bruno.

Page 235: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

X

Lui, defatti, se mésse in diffidenza;

E fece: dice, qui p'er vicinato

Se sente un po' de puzza d'abbruciato...

Ma fresca! dice, qui ce vo' prudenza.

Defatti tornò su da su' eccellenza,

Je fece: - Be', cos'hanno combinato?

- Eh, dice, sa? l'affare è un po' impicciato,

Ripassi un'antra vorta, abbia pazienza.

Ma lui pensò: ma qui giocamo a palla!

Ma qui me vonno mette ner canestro!

Ma sai che nova c'è? Mejo a piantalla!

La voleva piantà. Ma 'na matina,

Ma indovinece un po'? Nun je viè l'estro

De volè annà a parlà co' la regina?

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XI

E lì defatti, come se trovorno

Assieme, lui je fece: -Sa?, mi pare

Che, dice, è mejo a dì le cose chiare:

Tanti galli a cantà 'n se fa mai giorno.

Ce vado, ce ripasso, ce ritorno,

Je dico: dunque, be' de quell'affare?

Quale? dice, quer gran viaggio di mare?

Potrebbe ripassare un antro giorno?

Ma che crede che ce n'ho fatti pochi

De 'sti viaggi? Percui, dico, che famo?

Dico, sacra maestà, famo li giochi?

Dunque lo dica pure a suo marito,

Si me ce vò mannà che combinamo,

Si no vado a provà in quarch'antro sito.

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XII

Ché qui fra re, ministri, baricelli,

Sapienti... dice, è inutile a parlanne,

Percui, sa, me ridia li giocarelli,

Che fo tela! - Ma me scusi le domanne,

Fece lei, lei che vò - Tre navicelli.

- E ognuno, putacaso, quanto granne?

- Eh, fece lui, sur genere de quelli

Che porteno er marsala a Ripa granne.

- Va bene, fece lei, vi sia concesso. -

Capischi si com'è? Je venne bene,

Che je li fece dà quer giorno stesso.

E lui, sortito appena da Palazzo,

Prese l'omini, sciorse le catene,

E agnede in arto mare com'un razzo.

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XIII

Passa un giorno... due... tre... 'na settimana...

Passa un mese che già staveno a mollo...

Guarda... riguarda... Hai voja a slungà er collo,

L'America era sempre più lontana.

E 'gni tanto veniva 'na buriana:

Lampi, furmini, giù a rotta de collo,

Da dì: qui se va tutti a scapicollo.

E dopo? Dopo 'na giornata sana

De tempesta, schiariva a poco a poco,

L'aria scottava che pareva un forno,

A respirà se respirava er foco,

E come che riarzaveno la testa,

Quelli, avanti! Passava un antro giorno,

Patapùnfete! giù, n'antra tempesta.

Page 239: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XIV

E l'hai da sentì dì da chi c'è stato

Si ched'è la tempesta! So' momenti,

Che, caro amico, quanno che li senti,

Rimani a bocca aperta senza fiato.

Ché lì, quanno che er mare s'è infuriato,

Tramezzo a la battaja de li venti,

Si lui te pò agguantà li bastimenti

Te li spacca accusì, com'un granato.

Eh!, cor mare ce s'ha da rugà poco...

Già, poi, dico, non serve a dubitallo,

Ma l'acqua è peggio, assai peggio der foco.

Perché cor foco tu, si te ce sforzi

Co' le pompe, ce 'rivi tu a smorzallo;

Ma l'acqua, dimme un po', co' che la smorzi?

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XV

Eppure er mare... er mare, quann'è bello,

Che vedi quel'azzurro der turchino,

Che te ce sdraji longo lì vicino,

Te s'apre er core come 'no sportello.

Che dilizia! Sentì quer ventarello

Salato, quer freschetto fino fino

Dell'onne, che le move er ponentino,

Che pare stieno a fà nisconnarello!

Eppure... sotto a tutto quer celeste,

Ma, dico, dimme un po', chi lo direbbe

Che ce cóveno sotto le tempeste?

Cusì uno, finché non ce s'avvezza,

Che te credi che lui ce penserebbe

Si fino a dove arriva la grannezza?

Page 241: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XVI

Ché lì mica te giova esse sapiente;

Nun giova avecce testa o ritintiva,

Cor mare, si nun ci hai immaginativa,

Te l'immagini sempre diferente.

Ché lì tu hai da rifrette co' la mente,

Che quello che tu vedi da la riva,

Lontano, insin che l'occhio te ci arriva,

Pare chissà che cosa, e invece è gnente.

Ché lì pòi camminà quanto te pare:

Più cammini e più trovi l'infinito,

Più giri e più ricaschi in arto mare.

Séguiti a camminà mijara d'ora...

Dove c'è er cèlo te pare finito,

Invece arrivi lì... comincia allora!

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XVII

E figurete quelli che ce staveno,

Figurete che straccio d'allegria!

Avanti! Sempre avanti! ...Tribolaveno:

E l'America? Si! Vattela a pïa!

E poi, co' tante bocche che magnaveno,

Magna, magna, se sa, per quanto sia,

Le proviste più stava e più calaveno.

Per cui, qui, dice, è mejo a venì via.

E defatti, capischi, un po' per vorta

Cominciaveno a dì: - Ma dove annamo?

Ma s'accidente qui, dove ce porta? -

E abbotta abbotta; arfine venne er giorno

Che fecero: - Percristo, ma che famo? -

J'agnedero davanti, e je parlorno.

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XVIII

- Eh... je fecero, dice, ce dispiace;

Ce dispiace de dijelo davanti,

Ma qui, chi più chi meno, a tutti quanti

'Sta buggiarata qui poco ce piace.

Così lei pure, fatevi capace,

Qui nun ce so' né angeli né santi,

Qui 'gni giorno de più che se va avanti

Se va da la padella ne la brace.

«Avanti, avanti!» So' parole belle;

Ma qui, non ce so' tanti sagramenti,

Caro lei, qui se tratta de la pelle!

Già, speramo che lei sia persuasa;

Si no, dice, nun facci complimenti,

Vadi pure... Ma noi tornamo a casa.

Page 244: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XIX

- Eh, fece lui, si avevio st'intenzione,

Potevio fà de meno de fà er viaggio!

Rifrèttece ar momento de l'ingaggio,

No mo' che stamo qui in agitazione.

Che nun se sa? Quanno ch'uno s'espone,

Ha da stà cor vantaggio e lo svantaggio...

Armeno accusì fa chi ci ha coraggio. -

Eh, je lo disse bene, e co' ragione;

Perché quann'uno, caro mio, se vanta

D'esse un omo d'onore, quanno ha dato

La parola, dev'esse sacrosanta.

E sia longa la strada, o brutta o bella,

Magara Cristo ha da morì ammazzato,

Ma la parola sua dev'esse quella.

Page 245: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XX

Ma d'antra parte, quelli ciurcinati,

Pure loro bisogna compatilli:

Lì, soli, in mezzo ar mare, abbandonati,

Se dice presto, rimané tranquilli!

Capisco, dichi tu: ce séte annati,

Dunque è inutile a fà tutti 'sti strilli:

Ma, dimme un po', dov'ereno 'rivati?

Che faceveno lì? Qui sta er busilli.

E 'gni giorno era come er giorno appresso:

Oggi era brutto... Speravi domani...

Te svejavi domani, era lo stesso.

E senza mai sapé dov'uno annasse!

Cristogesumaria! Manco li cani!

Dev'esse stato un gran brutto trovasse!

Page 246: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XXI

E io ne la mia piccola ignoranza

Me c'investo. Fa tutto quer cammino:

Arrivà in arto mare: arrivà insino...

Insino... a quela straccio de distanza,

E védete la morte in lontananza;

Volé vive, e sentitte lì vicino,

Ne l'orecchie, la voce der destino

Che te dice: lassate 'gni speranza!

Ma pensa quer che deve avé sofferto

Quell'omo, immassimato in quer pensiero,

De dì: - La terra c'è... Si...! Ne sò certo...-

E lì, sur punto d'essece arrivato,

Esse certo, percristo, ch'era vero,

E dové dì: va be', me sò sbajato.

Page 247: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XXII

Ma lui che, quanto sia, già c'era avvezzo

A parlà pe convince le persone,

Je fece, dice: - Annamo co' le bone,

Venite qua, spaccamo er male in mezzo.

È vero, si, se tribola da un pezzo;

Percui, per arisorve sta quistione

Non c'è antro che fà 'na convenzione

Che a me me pare sia l'unico mezzo;

Che noi p'antri du' giorni annamo avanti,

E poi si proprio proprio nun c'è gnente

Se ritrocede indietro tutti quanti.

Ve capacita? Quelli ce pensorno;

Be', dice, sò du' giorni solamente...

Be', je fecero: annamo! e seguitorno

Page 248: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XXIII

Ma lui, capischi, lui la pensò fina!

Lui s'era fatto già l'esperimenti,

E dar modo ch'agiveno li venti,

Lui capì che la terra era vicina;

Percui, lui fece: intanto se cammina,

Be', dunque, dice, fàmoli contenti,

Ché tanto qui se tratta de momenti...

Defatti, come venne la matina,

Terra... Terra...! Percristo!... E tutti quanti

Ridevano, piagneveno, zompaveno...

Terra... Terra...! Percristo!... Avanti... Avanti!

E lì, a li gran pericoli passati

Chi ce pensava più? S'abbraccicaveno,

Se baciaveno... E c'ereno arrivati!

Page 249: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XXIV

- Oh! Mo' che grazziaddio semo 'rivati,

A Bracioletta! portece da beve...

...Dì un po', quanti n'avevi già portati?

- Sette... e tre... - fanno dieci. A Nino, beve!

Bevéte, sora Pia, questo è Frascati,

Come vié se ne va. Ch'è roba greve?

...Dunque... Dunque dov'erimo restati?

- Che gnente ce voressivo ribeve?

- Oh, mo' nun comincià che nun hai voja.

Domani?... Ma de che?! Daje stasera,

Te possin'ammazzatte, sei 'n gran boja!

Eh, già, si tu facevi l'avocato,

Sai quanti ne finiveno in galera!

Dunque, sbrighete, sù, fatte escì er fiato.

Page 250: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XXV

Dunque come finì? - Finì benone!

Finì che quanno tutto era finito,

Se cominciò a formà come un partito,

Che je voleva fà l'opposizione.

Je diceveno: Si, avete ragione,

Nun c'è gnente che dì, séte istruito,

È l'America, si, nun c'è quistione,

Ma poi, si invece fosse un antro sito? -

Ma lui li mésse co' le spalle ar muro:

Je fece, dice: Ah si? Ne dubitate?

Me dispiace, ma io ne sò sicuro.

Vor dì che poi, si voi nun ce credete,

Domani presto, ar primo che incontrate

Annàtejelo a dì, che sentirete.

Page 251: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XXVI

E quelli puntuali! Appena giorno,

Che ce se cominciava appena a vede,

Se n'agnedero, e come che sbarcorno

Nun sapeveno dove mette er piede.

Defatti, appena scenti se trovorno

Davanti a 'na foresta da nun crede,

Dove che malappena che c'entrorno,

Che vòi vedé, percristo, lo stravede!

Te basta a dì che lì in quella foresta,

Capischi? Le piantine de cicoria

Je 'rivaveno qui, sopra la testa.

Eh, quelli, già, se sa, sò siti barberi:

Ma tu, invece de ride, pïa la storia

E poi tu viemme a dì si che sò l'arberi.

Page 252: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XXVII

Ché lì l'arberi, amico, o callo o gelo,

Be', quelli da li secoli passati,

Da che Domineddio ce l'ha piantati

Sò rimasti così, quest'è vangelo.

E lì, cammini sempre in mezzo a un velo

D'un ciafrujo de rami, intorcinati

Co' l'antri rami, che te sò 'rivati

Che le punte, perdio, sfonneno er cèlo.

E l'erba? Sta intrecciata così stretta

Che 'na persona, lì, si vò annà avanti,

Bisogna che la rompe co' l'accetta.

E poi che rompi? Si!... Ne rompi un metro;

Ma all'urtimo bisogna che la pianti,

Ché lì fai un passo avanti e cento addietro.

Page 253: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XXVIII

Ma poi nun serve a dille tutte quante!

La gran difficortà de quella sérva

È che tu, framezzo a quelle piante,

Tu 'gni passo che fai, trovi 'na berva.

E li, capischi, ce ne trovi tante

Come stassero drento a 'na riserva;

E ce bazzica puro l'eliofante,

Che sarebbe er Purcin de la Minerva.

Eh, p'annà lì bisogna èssece pratico,

Perché poi, quanno meno te l'aspetti,

C'è er caso d'incontrà l'omo servatico.

E quello è peggio assai de li leoni;

E quello te se magna a cinichetti,

Te se magna co' tutti li carzoni.

Page 254: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XXIX

- E quelli? - Quelli? Je successe questa:

Che mentre, lì, framezzo ar villutello

Cusì arto, p'entrà ne la foresta

Rompeveno li rami cor cortello,

Veddero un fregno buffo, co' la testa

Dipinta come fosse un giocarello,

Vestito mezzo ignudo, co' 'na cresta

Tutta formata de penne d'ucello.

Se fermorno. Se fecero coraggio...

- A quell'omo! je fecero, chi séte?

- E, fece, chi ho da esse? Sò un servaggio.

E voi antri quaggiù chi ve ce manna?

- Ah, je fecero, voi lo saperete

Quando vedremo er re che ve commanna.

Page 255: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XXX

E quello, allora, je fece er piacere

De portalli dar re, ch'era un surtano,

Vestito tutto d'oro: co' 'n cimiere

De penne che pareva un musurmano.

E quelli allora, co' bone maniere,

Dice: - Sa? Noi venimo da lontano,

Per cui, dice, voressimo sapere

Si lei siete o nun siete americano.

- Che dite? fece lui, de dove semo?

Semo de qui, ma come sò chiamati

'Sti posti, fece, noi nu' lo sapemo. -

Ma vedi si in che modo procedeveno!

Te basta a dì che lì c'ereno nati

Ne l'America, e manco lo sapeveno.

Page 256: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XXXI

E figurete allora tutti quelli!

Ner védeli così senza malizia,

Je cominciorno a dì: - Famo amicizia...

Viva la libertà... Semo fratelli...

E intanto l'antri su li navicelli,

Ch'aveveno sentito la notizia,

Capirno che la cosa era propizia,

Sbarcorno tutti giù da li vascelli.

E quelli je sbatteveno le mano:

E quell'antri, lo sai come succede?

Je daveno la guazza, e a mano a mano

Che veddero che quelli ci abboccaveno,

Che agiveno co' tutta bona fede,

Figurete si come li trattaveno!

Page 257: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XXXII

Li trattaveno come ragazzini;

Pijaveno du' pezzi de specchietti,

'Na manciata de puje, du' pezzetti

De vetro, un astuccetto de cerini...

Je diceveno: - Eh? Quanto sò carini!

- Voler controcambiare vostri oggetti? -

E tutti quanti queli poveretti

Je daveno le spille e l'orecchini.

Figurete! Ce fecero la mozza:

E lì le ceste d'oro, così arte,

Le portaveno via co' la barozza.

Eh, me fai ride! Come je le daveno?

Quanno me dichi che da quele parte

Lì li quatrini nu' li carcolaveno!

Page 258: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XXXIII

Perché er servaggio, lui, core mio bello,

Nun ci ha quatrini; e manco je dispiace:

Ché lì er commercio è come un girarello,

Capischi si comè? Fatte capace:

Io sò 'n servaggio, e me serve un cappello:

Io ci ho 'n abito e so che a te te piace,

Io te dò questo, adesso damme quello,

Sbarattamo la roba e semo pace.

E così pe li generi più fini,

E così pe la roba signorile;

Ma loro nun ce l'hanno li quatrini.

Invece noi che semo una famija

De 'na razza de gente più civile,

Ce l'avemo... e er Governo se li pija.

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XXXIV

Ma lì nun ce sò tasse e le persone

T'agischeno secondo er naturale:

Lì nun ce trovi tante distinzione,

'Gni servaggio che vedi è un omo uguale.

Che dichi? che nun ci hanno l'istruzione?

Ma intanto sò de core e sò reale;

E tu finché lo tratti co' le bone

Nun c'è caso che lui te facci male.

Vor dì che si ce fai la conoscenza

Che quelli te spalancheno le braccia,

Be' tu nun j'hai da fà 'na prepotenza.

Si quello te viè a fatte le carezze

E invece tu je dài li carci in faccia,

Se sa, quello risponne co' le frezze.

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XXXV

E così finì lì; che venne er giorno

Che quelli cominciorno a annà in gattaccia:

E quell'antri je diedero la caccia,

E venne er giorno che ce l'acchiapporno.

E allora, se capisce, cominciorno

Le lite, e dopo venne er vortafaccia:

Quelli je seguitorno a ride in faccia;

Ma quell'antri, lo sai?, je la cantorno.

Dice: lassamo perde le servagge,

Si no, dice, mannaggia la miseria,

'Na vorta o l'antra qui nasce 'na stragge!

Ma quelli... quelli, invece seguitaveno,

E allora diventò 'na cosa seria,

Perché le donne, poi, quelle ce staveno.

Page 261: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XXXVI

Eh, er bianco, già, laggiù ce fa furore!

E dice che, si lui ce l'incoraggia,

Bisogna vede lei come ce sgaggia,

Quanno ce se pò mette a fà l'amore.

Che dichi? La quistione der colore?

Be' vedi: er bianco, lui, si 'na servaggia,

Capischi, si Dio liberi l'assaggia,

Nun te lo lassa più, fino che more.

E mica ce sarebbe tanto male;

La gran dificortà è che ci ha er difetto

De nasce co' quer porco naturale,

Che come vede l'erba ce s'intrufola,

E quanno viè la notte che va a letto,

Puzza un po' de l'odore de la bufola.

Page 262: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XXXVII

Però, capischi, o bufola o vaccina,

Da quele parti lì, si ci hai famija,

Quanno che puta caso ci hai 'na fija

Trovi subito chi se la combina.

Qui, invece, tu pòi avecce 'na regina,

Che ha tempo, ha voja a fà l'occhi de trija,

Ché prima de trovà chi se la pija,

N'ha da attastanne armeno 'na ventina.

Lì, invece, pe sposassele, le pregheno:

Mica è come ne l'epoca presente,

Che vedi le regazze che se spregheno.

Perché lì li servaggi, o belli o brutti,

Appena che l'età je l'acconsente,

Da quele parte lì sposeno tutti.

Page 263: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XXXVIII

Ma perché? Perché lì nun c'è impostura,

Ché lì, quanno er servaggio è innamorato,

Che lui decide de cambià de stato,

Lo cambia co' la legge de natura.

Invece qui... le carte, la scrittura,

Er municipio, er sindico, er curato...,

Er matrimonio l'hanno congegnato

Che quanno lo vòi fà mette pavura.

E dove lassi poi l'antri pasticci

Der notaro? La dote, er patrimonio...

Si invece nun ce fossero st'impicci

Che te credi che ce se penserebbe?

Si ar monno nun ce fosse er matrimonio,

Ma sai si quanta gente sposerebbe!

Page 264: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XXXIX

Basta, dunque laggiù finiva male,

Quelli je seguitaveno a dà sotto,

Seguitorno le lite, è naturale,

Cominciava a volà quarche cazzotto.

Poi le cose arivorno a un punto tale,

Che lesto e presto fecero un complotto:

- E qui, prima che schioppa er temporale,

Qui, dice, è mejo assai de fà fagotto. -

Defatti, senza tanti complimenti,

S'agguantorno più roba che poteveno,

La caricorno su li bastimenti,

Spalancorno le vele in faccia ar vento;

Ormai tanto la strada la sapeveno,

E ritornorno a casa in d'un momento.

Page 265: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XL

E quello che successe ner ritorno,

Per quanto ch'uno ci ha immaginazione,

Come ce vòi arivà co' la ragione,

A capì quer che fu quanno sbarcorno?

Ma figurete un po' come restorno

Tutte quele mijara de persone,

Quanno veddero quela processione

De tutto quanto quello che portorno!

Servaggi incatenati, pappagalli,

Scimmie africane, leoni, liofanti,

Pezzi d'oro accusì, che pe portalli

L'aveveno da mette sur carretto;

Le perle, li rubini, li brillanti

Li portaveno drento ar fazzoletto.

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XLI

E lui fu accorto peggio d'un sovrano!

Li re, l'imperatori, le regine,

Te dico, je baciaveno le mano:

Le feste nun aveveno mai fine.

E da pertuttoquanto er monno sano,

Fino ar fine de l'urtimo confine,

Onori... feste... E dopo, piano piano

Cominciorno li triboli e le spine.

Ché l'invidiosi che, percristo, viveno

De veleno, ner vede uno ch'arriva

A fà quello che loro nun ci arriveno,

Je cominciorno come li serpenti,

Mentre che lui nemmanco li capiva,

A intorcinallo ne li tradimenti.

Page 267: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XLII

E lui, quello ch'aveva superato,

Ridenno, li più boja tradimenti

Der mare, de la terra, de li venti,

Coll'omo ce rimase massacrato.

E lui, quello ch'aveva straportato

Li sacchi pieni d'oro a bastimenti,

Fu ridotto a girà pe li conventi,

Cor fijo in braccio, come un affamato!

Er re (che lo ripossino ammazzallo

Dove sta) dopo tanto e tanto bene

Ch'aveva ricevuto, pe straziallo,

Co' l'antri boja ce faceva a gara.

E dopo aveje messo le catene,

Voleva fallo chiude a la Longara.

Page 268: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XLIII

Ma come? Dopo tanto e tanto bene,

M'avressi da bacià dove cammino,

E invece? Me fai mette le catene?

Me tratti come fossi un assassino?

E tu sei Gasperone... Spadolino...

E che ci avrai, percristo, ne le vene?

Er sangue de le tigre? de le jene!

E che ci avrai ner core? Er travertino?

Ma come?! Dopo tutto quer ch'ho fatto,

Che t'ho scoperto un monno e te l'ho dato,

Mo' me voi fà passà pure pe matto?

Ma sarai matto tu, brutto impostore,

Vassallo, porco, vile, scellerato;

Viè de fora, che me te magno er core!

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XLIV

Cusì j'avrebbe detto a quel'ingrato.

Invece quello, quello ch'era un santo,

Rimase fermo lì, cor core sfranto,

Senz'uno che l'avesse consolato.

E quelli che je s'erano rubato

La scoperta, l'onori, tutto quanto,

Nun je diedero pace, insino a tanto

Che loro non lo veddero schiantato.

Eh, l'omo, tra le granfie der destino,

Diventa tale e quale a un giocarello

Che te capita in mano a un ragazzino:

Che pò esse er più bello che ce sia,

Quando che ci ha giocato un tantinello,

Che fa?, lo rompe, e poi lo butta via.

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XLV

E poi semo sur solito argomento,

Ch'hai voja a fà, ma l'omo è sempre quello!

Ponno mutà li tempi, ma er cervello

De l'omaccio ci ha sempre un sentimento.

Ma guarda! Si c'è un omo de talento,

Quanno ch'è vivo, invece de tenello

Su l'artare, lo porteno ar macello,

Dopo more, e je fanno er monumento.

Ma quanno è vivo nu' lo fate piagne,

E nun je fate inacidije er core,

E lassate li sassi a le montagne.

Tanto la cosa è chiara e manifesta:

Che er monumento serve per chi more?

Ma er monumento serve per chi resta.

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XLVI

Basta, adesso bevémese un goccetto

Ché questo ce rimette in allegria.

Ah, questo te ne pòi scolà un carretto

Ché questo mica dice la bucìa.

- E poi der resto, già, l'ho sempre detto

Che ar monno, se nun ci hai filosofia,

La vita, te lo pòi tenello stretto,

La vita che diventa? Un'angonìa.

Ah, er monno, se capisce, er monno è brutto.

Bévete 'n'antro goccio. Bè che fai?

Vacce piano, nun te lo beve tutto.

Ma piuttosto de beve a 'sta maniera;

Ma dico, dimme un po', ma tu lo sai,

Si lui, Colombo, proprio de dov'era?

Page 272: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XLVII

- De dov'era? Lo vedi com'è er monno?

Quann'era vivo, ch'era un disgraziato,

Se pò dì che nessuno ci ha badato,

E mo' che nun c'è più, tutti lo vonno.

Nun fa gnente? Ma intanto te risponno.

Li Francesi ci aveveno provato:

E si loro nun se lo sò rubato,

È proprio, caro mio, perché nun ponno.

Eh, quelli, già, sò sempre d'un paese!

E tutto, poi, perché? Pe la gran boria

De poté dì che quello era francese.

Ma la storia de tutto er monno sano...

Eh, la storia, percristo, è sempre storia!

Cristofero Colombo era italiano.

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XLVIII

E l'italiano è stato sempre quello!

E si viè 'n forestiere da lontano,

Sibbè ch'ha visto tutto er monno sano

Si arriva qui s'ha da cavà er cappello.

Qui Tasso, Metastasio, Raffaello,

Fontan de Trevi, er Pincio, er Laterano,

La Rotonna, San Pietro in Vaticano,

Michelangelo, er Dante, Machiavello...

Ma poi nun serve mo' che t'incomincio

A dilli tutti, tu, si te l'aggusti

Tutti st'omini qui, vattene ar Pincio.

E lì, mica hai da fà tanti misteri:

Ché quelli busti, prima d'esse busti,

Sò stati tutti quanti òmini veri.

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XLIX

E che òmini! Sopra ar naturale.

Che er monno ce l'invidia e ce l'ammira!

E l'italiano ci ha quer naturale

Che er talentaccio suo se lo rigira.

Pe 'n'ipotise; vede uno che tira

Su 'na làmpena? Fà mente locale

E te dice: sapé, la terra gira.

Ce ripensa e te scopre er canocchiale.

E quell'antro? Te vede 'na ranocchia

Ch'era morta; la tocca co' 'n zeppetto

E s'accorge che move le ginocchia.

Che fa? Te ce congegna un meccanismo;

A un antro nu' j'avrebbe fatto effetto,

L'italiano t'inventa er letricismo.

Page 275: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

L

Cusì Colombo. Lui cor suo volere,

Seppe convince l'ignoranza artrui.

E come ce 'rivò! Cor suo pensiere!

Ècchela si com'è... Dunque, percui

Risemo sempre lì... Famme er piacere:

Lui perchè la scoprì? Perché era lui.

Si invece fosse stato un forestiere

Che ce scopriva? Li mortacci sui!

Quello invece t'inventa l'incredibile:

Che si poi quello avesse avuto appoggi,

Ma quello avrebbe fatto l'impossibile.

Si ci aveva l'ordegni de marina

Che se troveno adesso ar giorno d'oggi,

Ma quello ne scopriva 'na ventina!

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LEONARDO SINISGALLI

Eri dritta e felice

Eri dritta e felice

sulla porta che il vento

apriva alla campagna.

Intrisa di luce

stavi ferma nel giorno,

al tempo delle vespe d’oro

quando al sambuco

si fanno dolci le midolla.

Allora s’andava scalzi

per i fossi, si misurava l’ardore

del sole dalle impronte

lasciate sui sassi.

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GIUSEPPE GIOACCHINO BELLI

Er bello è cquer che ppiasce

A llui je piasce quella e sse la fotte.

Lo sputà ssu li gusti è da granelli.

Nun ze paga pe vvede le marmotte?

Tante teste, se sa, ttanti scervelli.

Quanno sortanto li gruggnetti bbelli

trovassino marito, bbona notte.

Disce il proverbio: Si ttutti l’uscelli

conoscessino er grano, addio paggnotte.

È ttanta bbuggiarona vostra fijja,

eppuro, eccolo llí, ggià ss’è ttrovato

er ziconno cojjon che sse la pijja.

Questo sia pe nnun detto. Io v’ho pportato

sto paragone cqua, ssora Scescijja,

pe spiegà ccome er monno è acconcertato.

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KONSTANTINOS KAVAFIS

Una notte

La camera era povera e triviale,

nascosta sull’equivoca taverna.

Dalla finestra si vedeva il vicolo

sudicio e angusto. Dabbasso

provenivano voci di operai

che giocavano a carte e facevano baldoria.

E lì, sull’infinito e sordido giaciglio,

ebbi il corpo d’amore, ebbi le labbra

sensuali e rosate dell’ebbrezza –

rosate di una tale ebbrezza, che anche adesso

che scrivo, dopo tanti anni!,

nella mia casa solitaria, m’ubriaco ancora.

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EDWARD THOMAS

Adlerstrop

Si, mi ricordo di Adlerstrop, del nome,

perché in un caldo pomeriggio il treno

diretto vi fece una sosta imprevista.

S’era agli ultimi giorni di un bel giugno.

Un fischio, poi qualcuno si schiarì

la gola. Ma nessuno se ne andò

dalla nuda piattaforma, nessuno

salì, e fu solo Adlerstrop: un nome,

e salici e tanta erba profonda

e la regina dei prati e i covoni

di fieno così fermi e solitari

come le nubi alte nel cielo estivo.

Per un istante cantò vicinissimo

un merlo e gli risposero indistinti

più e più lontano poi tutti gli uccelli

Page 280: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

delle terre di Oxford e di Gloster.

Page 281: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

JEAN-ARTHUR RIMBAUD

Romanzo

I

Non si è molto seri a diciassette anni.

- Una bella sera, stufo di birre e di limonate,

di caffè chiassosi dalle luci scintillanti!

- Si va tra i tigli verdi della passeggiata.

I tigli sanno di buono nelle belle sere di giugno!

L’aria è talvolta così dolce, che lo sguardo s’arresta;

il vento carico di suoni, - la città non è lontana, -

ha profumi di vigna e profumi di birra…

II

- Ecco che intravedi uno straccetto

d’azzurro cupo, incorniciato da un rametto,

punto da una cattiva stella, che si fonde

con dei dolci brividi, piccola e tutta bianca…

Notte di giugno! Diciassette anni! – Ci si lascia inebriare.

La linfa è champagne e vi va alla testa…

Page 282: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Si divaga; si sente un bacio sulle labbra

Che là palpita, come una piccola bestia…

III

Il cuore pazzo Robinson attraverso i romanzi,

- Fino a che, nel chiarore di un pallido riverbero,

passa una signorina dai vezzi affascinanti,

sotto l’ombra del colletto terribile di suo padre…

IV

Tu sei innamorato. Cotto fino ad agosto.

Tu sei innamorato. – I tuoi sonetti la fanno ridere.

Tutti i tuoi amici se ne vanno, tu non hai buon gusto.

- Poi, l’adorata, una sera, s’è degnata di scriverti!…

- Quella sera,… - tu torni nei caffè chiassosi,

tu ordini delle birre o della limonata…

Non si è molto seri a diciassette anni.

E con i verdi tigli della passeggiata.

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JORGE LUIS BORGES

Il Sud

Da uno dei tuoi cortili aver guardato

le antiche stelle,

dal sedile in

ombra aver guardato

quelle luci disperse

che la mia ignoranza non ha imparato a nominare

né a ordinare in costellazioni,

aver sentito il cerchio dell’acqua

nella segreta cisterna,

l’odore del gelsomino e della madreselva,

il silenzio dell’uccello addormentato,

l’arco dell’androne, l’umidità

- tali cose, forse, sono la poesia.

Page 284: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

SAFFO

La sera

O sera, tu raccogli le cose

che si spersero al sole,

riporti l’agnello, il capretto,

riporti il bambino alla mamma…

Page 285: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

TRILUSSA

Er porco

Un vecchio Porco disse a certe Vacche:

- la vojo fa' finita

de fa' 'sta porca vita.

Me vojo mette er fracche,

le scarpe co' lo scrocchio,

un fiore, un vetro all'occhio,

e annammene in città,

indove c'è la gente più pulita

che bazzica la bona società. –

Fu un detto e un fatto, e quela sera istessa

agnede a pijà er tè da 'na contessa:

s'intrufolò framezzo a le signore,

disse quarche parola de francese,

sonò, cantò, ballò, fece l'amore.

Ma doppo du' o tre giorni

er vecchio porco ritornò ar paese.

Che? - fecero le Vacche - già ritorni?

Dunque la società poco te piace...

Page 286: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

No - disse er Porco - so' minchionerie!

Io ce starebbe bene: me dispiace

che ce se fanno troppe porcherie...

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LI PO

In montagna un giorno d’estate

Agito lievemente un bianco ventaglio di piuma,

seduto colla camicia aperta in un verde bosco.

Mi tolgo il berretto e l’appendo ad una pietra

[sporgente;

Il vento dei pini piove aghi sulla mia testa nuda.

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CHARLES BUKOWSKI

Le 3,16 e mezzo…

dovrei essere un grande poeta

e il pomeriggio casco dal sonno

so che la morte mi viene addosso

come un toro gigantesco

e il pomeriggio casco dal sonno

so di guerre e di uomini che si battono nell’arena

apprezzo la buona cucina, il vino e le donne

e il pomeriggio casco dal sonno

so cos’è l’amore di una donna

e il pomeriggio casco dal sonno,

mi piego al sole dietro una tenda gialla

mi chiedo dove sono finite le mosche dell’estate

ricordo la morte sanguinosa di Hemingway

e il pomeriggio casco dal sonno.

Un giorno non cascherò dal sonno, il pomeriggio,

un giorno scriverò una poesia che di quelle colline laggiù

Page 289: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

farà vulcani

ma ora casco dal sonno, il pomeriggio,

e qualcuno mi chiede: “ Bukowski, che ore sono?”

e io dico: “le 3,16 e mezzo”.

Mi sento in colpa, mi sento odioso, inutile,

pazzo, mi sento

cascare dal sonno il pomeriggio,

bombardano le chiese, okay, va bene,

nel parco i bimbi cavalcano i ponies, okay, va bene,

le biblioteche sono piene di libri di scienza,

una gran musica aspetta dentro la radio vicina

e il pomeriggio io casco dal sonno,

ho in mente questa tomba che dice:

ah, gli altri facciano pure, vincano pure,

lasciatemi dormire,

la saggezza è nelle tenebre,

vado dove sono andate le mosche dell’estate,

acchiappatemi se vi riesce.

Page 290: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

UMBERTO SABA

Tre vie

C’è a Trieste una via dove mi specchio

nei lunghi giorni di chiusa tristezza;

si chiama Via del Lazzaretto Vecchio.

Tra case come ospizi antiche uguali,

ha una nota, una sola, d’allegrezza;

il mare in fondo alle sue laterali.

Odorata di droghe e di catrame

dai magazzini desolati a fronte,

fa commercio di reti, di cordame

per le navi: un negozio ha per insegna

una bandiera; nell’interno, volte

contro il passante, che raro le degna

d’uno sguardo, coi volti esangui e proni

sui colori di tutte le nazioni,

le lavoranti scontano la pena

della vita: innocenti prigioniere

cuciono tetre le allegre bandiere.

Page 291: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

A Trieste ove son tristezze molte,

e bellezze di cielo e di contrada,

c’è un’erta che si chiama Via del Monte.

Incomincia con una sinagoga,

e termina ad un chiostro; a mezza strada

ha una cappella; indi la nera foga

della vita scoprire puoi da un prato,

e il mare con le navi e il promontorio,

e la folla e le tende del mercato.

Pure, a fianco dell’erta, è un camposanto

abbandonato, ove nessun mortorio

entra, non si sotterra più, per quanto

io mi ricordi: il vecchio cimitero

degli ebrei, così caro al mio pensiero,

se vi penso ai miei vecchi, dopo tanto

penare e mercatare, là sepolti,

simili tutti d’animo e di volti.

Via del Monte è la via dei santi affetti,

ma la via della gioia e dell’amore

è sempre Via Domenico Rossetti.

Page 292: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Questa verde contrada suburbana,

che perde dì per dì del suo colore,

che è sempre più città, meno campagna,

serba il fascino ancora dei suoi belli

anni, delle sue prime ville, sperse,

dei suoi radi filari d’alberelli.

Chi la passeggia in queste ultime sere

d’estate, quando tutte sono aperte

le finestre, e ciascuna è un belvedere,

dove agucchiando o leggendo si aspetta,

pensa che forse qui la sua diletta

rifiorirebbe all’antico piacere

di vivere, di amare lui, lui solo;

e a più rosea salute il suo figliolo.

Page 293: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ARDENGO SOFFICI

Trottoir

Elle a marché

Sous nos yeux

Presque gênée

De sa beauté.

Page 294: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ALDO PALAZZESCHI

L’indifferente

Io sono tuo padre.

Ah, sì?...

Io sono tua madre.

Ah, sì?...

Questo è tuo fratello.

Ah, sì?...

Quella è tua sorella.

Ah, sì?...

Page 295: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

MICHELE GALDIERI

Scirocco

Nun se respira. 'N'afa che se taglia.

Nu cielo ‘e chiummo. Nun se move foglia

‘a pece ‘ncoppa ‘all’asteco se squaglia…

‘mbrugliata s’è a matassa e nun se sbroglia…

Senza ‘na lira dint’ ‘o portafoglio…

Mm’ ‘o voglio arricurdà ‘stu mese ‘e luglio!

Madonna! E cumm’è triste ‘sta campana!

S’è mmisa dint’ ‘e rrecchie ‘a stammatina!

Tu staje luntana…

Tu staje luntana…

e mm’he lassato sulo… cu’ ‘stu figlio,

cu’ ‘stu scirocco e ‘o bbene ca te voglio!

Mm’ ‘o voglio arricurdà ‘stu mese ‘e luglio!

‘O ninno coce. Smania. ‘A freva saglie…

Page 296: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

E si muresse?... Forse… sarria meglio!

È meglio che campà ‘mmiez’a ‘sti ‘mbruoglie

si vene ‘a Morte e a tutt’e dduje ce piglia!

Sott’ ‘o tturreno, almeno… nun se squaglia!

Mm’ ‘o voglio arricurdà ‘stu mese ‘e luglio!

Madonna! E cumm’è triste ‘sta campana…

Sarrà passata ‘a Morte, ccà vicina…

Ma ccà nun vene…

No ccà nun vene!

Nun vene pecché ‘a chiammo, pecché ‘a voglio…

Comme nun vene ‘a mamma ‘e chistu figlio!

Mm’ ‘o voglio arricurdà ‘stu mese ‘e luglio!

Page 297: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

LUCIANO FOLGORE

Porta verniciata di fresco

Freschezza di una tinta verde

(E tu, porta, che la senti

con la resina dentro in pieno odore).

Primavera della vernice

(e potremmo anche avviarci

per un paese di pini

e d'altre aromatiche piante

con un bel mare a maggese

in fondo).

Ma c'è un sole che ci ferma

a mezza strada,

invischiando la maraviglia nostra

fra le pagliuche d'oro

del tuo colore fresco.

Porta lasciata sola

Page 298: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

in questo muro di cinta.

perduta forse;

premuta forse

non so da quanti cespugli in amore:

Ronzano due calabroni

e una goccia più verde

cammina lungo la serratura,

lentissimamente.

Nella strada nessuno.

Soltanto un poco di senso d'infanzia

per cinque dita di bimbo

impresse nel fresco della vernice.

E la guarda strano il mandarino,

che si spenzola

pesantemente dal muro,

nel desiderio di gocciarsi

vicino alla porta.

Chissà?

Cerca una mano che colga

la sua maturità,

più che due stille di resina

Page 299: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

sparpagliate

in una primavera di tinta.

Ma...

Page 300: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

GIUSEPPE GIOACCHINO BELLI

Il saggio del marchesino Eufemio

A dì trenta settembre il marchesino,

D'alto ingegno perché d'alto lignaggio,

Diè nel castello avito il suo gran saggio

Di toscan, di francese e di latino.

Ritto all'ombra feudal d'un baldacchino,

Con ferma voce e signoril coraggio,

Senza libri provò che paggio e maggio

Scrivonsi con due g come cugino.

Quinci, passando al gallico idïoma,

Fe' noto che jambon vuol dir prosciutto,

E Rome è una città simile a Roma.

E finalmente il marchesino Eufemio,

Latinizzando esercito distrutto,

Disse exercitus lardi, ed ebbe il premio.

Page 301: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

GIUSEPPE UNGARETTI

Fratelli

( Mariano, 15 luglio 1916 )

Di che reggimento siete

fratelli

Parola tremante

nella notte

foglia appena nata

nell’aria spasimante

involontaria rivolta

dell’uomo presente alla sua

fragilità

Fratelli

Page 302: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ALCEO DI MITILENE

Canicola

La gola irriga con il vino; l’astro

il giro compie, la stagione è greve,

avvampano le cose nel calore.

Risuona la cicala da le fronde…

Fiorisce il cardo. Ed ora son le donne

più ardenti, ed ora gli uomini più fiacchi,

poiché testa e ginocchia Sirio spossa

bruciando…

Page 303: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

PIERO JAHIER

Vogliono sempre impedirmi di esser triste

Vogliono sempre impedirmi di esser triste;

ma se è la mia sola gioia esser triste:

cresce solo piangendo

questa gemma d'albero che volete asciugare.

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ASCLEPIADE

Corri Demetrio, va' in piazza: là chiedi ad Aminta [tre rombi

piccoli, e chiedi pure dieci naselli. Prendi

anche (ma contali bene tu stesso) dei gamberi, [fanne

dodici paia e poi torna da me. Passando

chiedi a Tabùrio sei belle corone di rose; poi dalla

strada, ma non fermarti, chiama la mia ragazza.

Didima con le sue grazie m'ha preso: a vederla sì [bella,

povero me, mi struggo come la cera al fuoco.

"Ella è sì bruna!". Che importa? pur nera è la brace [ma quando

uno l'accende, splende come purpurea rosa.

Page 305: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

THOMAS HARDY

Bellezze di un tempo

Queste signore della Fiera, anziane, con i labbri [appassiti,

le guance rilassate,

sono quelle che amammo negli anni fuggiti,

le care, le adorate?

Sono queste le giovani cose seriche e rubiconde

cui ci votammo, e giurammo,

nelle feste d’ estate, nascosti sulle sponde

del Froom e di Budmouth?

Ricorderanno esse le gaie note che s’ intrecciava

là sull’ erba abbracciati,

sinchè la luna sul prato irradiava

splendore di broccati?

Oh, esse hanno scordato, scordato, non sanno

quello che già furono,

Page 306: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

o la memoria le trasfigurerebbe, mostrandole

belle come già furono.

Page 307: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

VINCENZO CARDARELLI

Estiva

Distesa estate,

stagione dei densi climi

dei grandi mattini,

dell'albe senza rumore

ci si risveglia come in un acquario

dei giorni identici,astrali,

stagione la meno dolente

d'oscuramenti e di crisi,

felicità degli spazi,

nessuna promessa terrena

può dare pace al mio cuore

quanto la certezza di sole

che dal tuo cielo trabocca;

stagione estrema,che cadi,

prostrata in riposi enormi;

dai oro ai più vasti sogni,

stagione che porti la luce

a distendere il tempo

Page 308: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

di là dai confini del giorno,

e sembri mettere a volte

nell'ordine che procede

qualche cadenza dell'indugio eterno.

E ora, in queste mattine

così stanche

che ho smesso di chiedere e di sperare,

e tutto il giardino è per me,

per il mio male sontuosamente,

penso agli amici che mai più rivedrò,

alle cose care che sono state,

alle amanti rifiutate,

ai miei giorni di sole…

Page 309: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

GABRIELE D’ANNUNZIO

La pioggia nel pineto

Taci. Su le soglie

del bosco non odo

parole che dici

umane; ma odo

parole più nuove

che parlano gocciole e foglie

lontane.

Ascolta. Piove

dalle nuvole sparse.

Piove su le tamerici

salmastre ed arse,

piove sui pini

scagliosi ed irti,

piove su i mirti

divini,

su le ginestre fulgenti

di fiori accolti,

su i ginepri folti

Page 310: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

di coccole aulenti,

piove su i nostri volti

silvani,

piove su le nostre mani

ignude,

su i nostri vestimenti

leggeri,

su i freschi pensieri

che l'anima schiude

novella,

su la favola bella

che ieri

t'illuse, che oggi m'illude,

o Ermione.

Odi? La pioggia cade

su la solitaria

verdura

con un crepitio che dura

e varia nell'aria secondo le fronde

più rade, men rade.

Page 311: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Ascolta. Risponde

al pianto il canto

delle cicale

che il pianto australe

non impaura,

né il ciel cinerino.

E il pino

ha un suono, e il mirto

altro suono, e il ginepro

altro ancora, stromenti

diversi

sotto innumerevoli dita.

E immensi

noi siam nello spirito

silvestre,

d'arborea vita viventi;

e il tuo volto ebro

è molle di pioggia

come una foglia,

e le tue chiome

auliscono come

Page 312: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

le chiare ginestre,

o creatura terrestre

che hai nome

Ermione.

Ascolta, Ascolta. L'accordo

delle aeree cicale

a poco a poco

più sordo

si fa sotto il pianto

che cresce;

ma un canto vi si mesce

più roco

che di laggiù sale,

dall'umida ombra remota.

Più sordo e più fioco

s'allenta, si spegne.

Sola una nota

ancor trema, si spegne,

risorge, trema, si spegne.

Non s'ode su tutta la fronda

Page 313: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

crosciare

l'argentea pioggia

che monda,

il croscio che varia

secondo la fronda

più folta, men folta.

Ascolta.

La figlia dell'aria

è muta: ma la figlia

del limo lontana,

la rana,

canta nell'ombra più fonda,

chi sa dove, chi sa dove!

E piove su le tue ciglia,

Ermione.

Piove su le tue ciglia nere

sì che par tu pianga

ma di piacere; non bianca

ma quasi fatta virente,

par da scorza tu esca.

Page 314: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

E tutta la vita è in noi fresca

aulente,

il cuor nel petto è come pesca

intatta,

tra le palpebre gli occhi

son come polle tra l'erbe,

i denti negli alveoli

son come mandorle acerbe.

E andiam di fratta in fratta,

or congiunti or disciolti

( e il verde vigor rude

ci allaccia i melleoli

c'intrica i ginocchi)

chi sa dove, chi sa dove!

E piove su i nostri volti

silvani,

piove su le nostre mani

ignude,

su i nostri vestimenti

leggeri,

Page 315: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

su i freschi pensieri

che l'anima schiude

novella,

su la favola bella

che ieri

m'illuse, che oggi t'illude,

o Ermione.

Page 316: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ATTILIO BERTOLUCCI

I pescatori

Avete visto due fratelli, l’uno

di quindici l'altro di dieci anni, lungo

il fiume, intento il primo a pesca,

il secondo a servire con pazienza

e gioia? Il sole pomeridiano colora

i visi così simili e diversi

come una foglia a un’altra foglia nella

pianta, una viola a un’altra viola in terra.

Oh, se durasse eternamente questa

mattina che li svela e li nasconde

come erra la corrente tranquilla,

e li congiunge sempre se un silenzio

troppo dura fra loro e li opprime

così da cercarsi a una voce e trovarsi,

Page 317: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

intatte membra, intatti cuori, rami

che la pianta trattiene strettamente.

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JORGE LUIS BORGES

Il truco

Quaranta carte da gioco hanno preso il posto della [vita.

talismani brillantemente colorate di cartone,

ci fanno dimentico dei nostri destini

e una creazione più gradevoli

i popoli le ore rubate

con la malizia teatrale

di una mitologia fatta in casa.

Alla frontiera della carta- tavolo

la vita degli altri viene negato l'ingresso.

All'interno si trova un altro paese:

exploit di rivendicazione e di sfida,

l'autorità del Asso di Spade,

onnipotente come don Juan Manuel,

. e il 7 di Denari tintinnanti sua speranza

esitazioni recalcitrante

mantenere interrompendo le parole,

e come tutte le decisioni possibili

Page 319: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

venire ancora e ancora,

gli uomini che giocano stasera

ripetere i trucchi antichi:

tutto ciò fa rivivere un po ', molto poco,

le generazioni dei padri

che hanno lasciato in eredità le ore di inattività di [Buenos Buenos

le stesse rime, le stesse bugie e diavolerie.

(Tradotto dallo spagnolo da Dick Barnes e Robert Mezey)

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GIUSEPPE UNGARETTI

Soldati

Bosco di Courton luglio 1918

Si sta come

d’autunno

sugli alberi

le foglie

Page 321: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

EUGENIO MONTALE

Meriggiare pallido e assorto

presso un rovente muro d’orto,

ascoltare tra i pruni e gli sterpi

schiocchi di merli, frusci di serpi.

Nelle crepe del suolo o su la veccia

spiar le file di rosse formiche

ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano

a sommo di minuscole biche.

Osservare tra frondi il palpitare

lontano di scaglie di mare

mentre si levano tremuli scricchi

di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia

sentire con triste meraviglia

com’è tutta la vita e il suo travaglio

in questo seguitare una muraglia

Page 322: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

Page 323: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

TRILUSSA

La violetta e la farfalla

Una vorta, ‘na Farfalla

mezza nera e mezza gialla,

se posò su la Viola

senza manco salutalla,

senza dije ‘na parola.

La Viola, dispiacente

d’esse tanto trascurata,

je lo disse chiaramente:

- Quanto sei maleducata!

M’hai pijato gnente gnente

Per un piede d’insalata?

Io so’ er fiore più grazzioso,

più odoroso de ‘sto monno,

so’ ciumaca e nun ce poso,

so’ carina e m’annisconno.

Nun m’importa de ‘sta accanto

a l’ortica e a la cicoria:

nun me preme, io nun ciò boria:

Page 324: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

so’ modesta e me ne vanto!

Se so’ fresca, per un sòrdo

vado in mano a le signore;

appassita, so’ un ricordo;

secca, curo er raffreddore…

Prima o poi so’ sempre quella,

sempre bella, sempre bona:

piacio all’ommini e a le donne,

a qualunque sia persona.

Tu, d’artronne, sei ‘na bestia,

nun capischi certe cose… -

La Farfalla j’arispose:

- Accidenti, che modestia!

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ARTHUR RIMBAUD

Al Cabaret-Vert

le cinque di sera

Da otto giorni straziavo le scarpe

per le strade sassose. Arrivo a Charleroi.

– Al Cabaret-Vert: chiedo tartine

imburrate e prosciutto freddo a metà.

Sotto il tavolo verde, beato, distendo

le gambe: contemplo ingenue scenette

sulla tappezzeria. – E quale delizia, quando,

occhio vivo, enormi tette, la ragazza

– Non sarà un bacio a spaventarla, quella lì! –

sorride portando tartine imburrate,

il prosciutto tiepido, su un piatto colorato,

prosciutto rosa e bianco che uno spicchio d’aglio

profuma, – e mi colma il gran boccale, mentre

al raggio d’un sole attardato si dora la schiuma.

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LUCA POSTIGLIONE

Ll’ata notte

Ll'ata notte, for' 'a loggia,

m'aggarbavo nu percuoco,

felle felle, dint 'o vino;

e senteva sparà 'o ffuoco,

mo luntano, mo vicino.

Steva llà, cu ‘a giarra mmano,

e penzavo a tutt’ ‘e ccose

ca sta vita hanno ‘ntricciata.

(Vranche ‘e prete preziose

me pareva ogne granato…)

E bevevo. E riflettevo:

“Chistu vino e chistu frutto,

chesto e chello ca t’attocca…

E che fa? Sta bene. È tutto…

si stu vino è doce mmocca”.

Page 327: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

E mettette a’a giarra ‘nterra.

Me susette cu na pena,

na stracquezza int’ ‘e ddenocchie.

Me senteva chell’arena

che fa ‘o suonno dint’all’uocchie…

Aspettaie n’ata granata

Salutaie: – Felice notte… –

chi sa a chi dint’ ‘a nuttata…

Page 328: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

GIOSUE CARDUCCI

San Martino

La nebbia a gl'irti colli

piovigginando sale,

e sotto il maestrale

urla e biancheggia il mar;

ma per le vie del borgo

dal ribollir de' tini

va l'aspro odor de i vini

l'anime a rallegrar.

Gira su' ceppi accesi

lo spiedo scoppiettando:

sta il cacciator fischiando

sull'uscio a rimirar

tra le rossastre nubi

stormi d'uccelli neri,

com'esuli pensieri,

Page 329: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

nel vespero migrar.

Page 330: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ALDO PALAZZESCHI

Disappetenza

Vorrei mangiare sotto una cupola.

Com’è immondo mangiare in un qualunque [restaurant.

Mangiare e veder mangiare.

Una sala da pranzo cattedrale!

Ma è incomodo mangiare colla gente a pregare.

Mangiare e sentir borbottare.

C’è da vomitare.

Mangiare… senza tanto pensare.

Mangiare e non ci badare.

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UMBERTO SABA

Caffè Tergeste

Caffè Tergeste, ai tuoi tavoli bianchi

ripete l’ubbriaco il suo delirio;

ed io ci scrivo i miei piu allegri canti.

Caffè di ladri, di baldracche covo,

io soffersi ai tuoi tavoli il martirio,

lo soffersi a formarmi un cuore nuovo.

Pensavo: Quando bene avrò goduto

la morte, il nulla che in lei mi predico,

che mi ripagherà d’esser vissuto?

Di vantarmi magnanimo non oso;

ma, se il nascere è un fallo, io al mio nemico

sarei, per maggior colpa, più pietoso.

Caffè di plebe, dove un dì celavo

la mia faccia, con gioia oggi ti guardo.

E tu concili l’ítalo e lo slavo,

A tarda notte, lungo il tuo bigliardo.

Page 332: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

MARCELLO MARCHESI

A l’unico amico

Vieni a trovarmi

se puoi

tra un taxi e una telefonata

un contratto

e un’arrabbiatura.

Tra un giornale e una preghiera

tra un film e un aperitivo

vieni a trovarmi

finché son vivo

una mattina

una sera

scambiamoci un sacco

d’idee sbagliate.

Invecchiamo un’ora insieme.

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LIBERO BOVIO

‘O zio ‘e ll’America

Zi’ Andrea? Ma che pazziate? Quanno more

se cagna tutto nzieme ‘a stella mia,

a Dio piacenno, pozzo fa’ ‘o signore,

me levo ‘a dinto a ’sta pezzentaria…

Me lassa duie palazze, nu vapore,

tre pare ‘e scarpe, tutta ‘argenteria,

nu bacarino c’ ‘o cammenatore,

‘o tubo, ‘a sciassa, ‘e guante e ‘a biancaria.

………………………………………………….

E aspettavo.

E, aspettanno, m’è arrivata

‘na lettera pesante comme a cche,

cu ‘na ddiece ‘e meloppa sigillata.

“Caro nipote stono per morire,

e ‘ncopp’ ‘o munno tengo sulo a tte….

Pe’ carità, mànname ciento lire”!

Page 334: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

LIBERO BOVIO

Està

(Nun voglio fa’ niente!)

Che sole, che sole,

che sole cucente!

E chi vò fa’ niente?

E chi pò fa’ niente?

Che bella canzone

ca sona ’o pianino…

Mò ’nzerro ’o balcone

pe’ nun ’a sentì.

Che bella figliola,

ca passa p’’o vico…

Mò a chiammo e lle dico:

«Volete salì?»

No, no… cu stu sole,

stu sole cucente,

nun voglio fa’ niente!

Ma dint’’a cuntrora

che caldo se sente!…

Page 335: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

E chi vò fa’ niente?

E chi po’ fa’ niente?

Mò piglio e me spoglio,

me ’nfilo ’int’’o lietto,

me leggo nu foglio,

me metto a fumà…

ma ’a cammera ’e lietto

sta troppo luntano…

cchiù meglio ’o divano…

nu passo, e sto llà…

Ah, dint’’a cuntrora

Che caldo se sente…

Nun voglio fa’ niente!…

Che luna, che luna,

che luna lucente!

E chi vò fa’ niente?

E chi po’ fa’ niente?…

Mò arrivo a’ Turretta,

po’ torno p’’a villa…

Va bbuo’, nun da’ retta…

me scóccio ’e vestì…

Page 336: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Che bella canzone

tenevo p’’e mmane…

mò veco dimane

si ’a pozzo fenì…

pecchè cu sta luna,

sta luna lucente,

nun voglio fa’ niente!

Page 337: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

DINO CAMPANA

La petite promenade du poète

Me ne vado per le strade

strette oscure e misteriose

vedo dietro le vetrate

affacciarsi Gemme e Rose.

Dalle scale misteriose

c'è chi scende brancolando

dietro i vetri rilucenti

stan le ciane commentando.

..................................

La stradina è solitaria

non c'è un cane; qualche stella

nella notte sopra i tetti:

e la notte mi par bella.

E cammino poveretto

nella notte fantasiosa

pur mi sento nella bocca

Page 338: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

la saliva disgustosa. Via dal tanfo

via dal tanfo e per le strade

e cammina e via cammina,

già le case son più rade.

Trovo l'erba: mi ci stendo

a conciarmi come un cane:

Da lontano un ubriaco

canta amore alle persiane.

Page 339: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

GIACOMO LEOPARDI

Il sabato del villaggio

La donzelletta vien dalla campagna

in sul calar del sole,

col suo fascio dell'erba; e reca in mano

un mazzolin di rose e viole,

onde, siccome suole, ornare ella si appresta

dimani, al dí di festa, il petto e il crine.

Siede con le vicine

su la scala a filar la vecchierella,

incontro là dove si perde il giorno;

e novellando vien del suo buon tempo,

quando ai dí della festa ella si ornava,

ed ancor sana e snella

solea danzar la sera intra di quei

ch'ebbe compagni nell'età piú bella.

Già tutta l'aria imbruna,

torna azzurro il sereno, e tornan l'ombre

giú da' colli e da' tetti,

al biancheggiar della recente luna.

Page 340: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Or la squilla dà segno

della festa che viene;

ed a quel suon diresti

che il cor si riconforta.

I fanciulli gridando

su la piazzuola in frotta,

e qua e là saltando,

fanno un lieto romore;

e intanto riede alla sua parca mensa,

fischiando, il zappatore,

e seco pensa al dí del suo riposo.

Poi quando intorno è spenta ogni altra face,

e tutto l'altro tace,

odi il martel picchiare, odi la sega

del legnaiuol, che veglia

nella chiusa bottega alla lucerna,

e s'affretta, e s'adopra

di fornir l'opra anzi al chiarir dell'alba.

Questo di sette è il più gradito giorno,

Page 341: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

pien di speme e di gioia:

diman tristezza e noia

recheran l'ore, ed al travaglio usato

ciascuno in suo pensier farà ritorno.

Garzoncello scherzoso,

cotesta età fiorita

è come un giorno d'allegrezza pieno,

giorno chiaro, sereno,

che precorre alla festa di tua vita.

Godi, fanciullo mio; stato soave,

stagion lieta è cotesta.

Altro dirti non vo'; ma la tua festa

ch'anco tardi a venir non ti sia grave.

Page 342: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

EDGAR LEE MASTERS

Sonia la russa

Io, nata a Weimar

di madre francese e padre tedesco,

un professore illustrissimo,

orfana a quattordici anni,

divenni ballerina, ero conosciuta come Sonia la russa,

su e giù per i boulevards di Parigi,

dapprima l’amante di numerosi duchi e conti,

e più tardi di artisti poveri e di poeti.

All’età di quarant’anni, passée, puntai su New York

e sulla nave incontrai il vecchio Patrick Hummer,

rubicondo e gagliardo a dispetto dei suoi sessant’anni

passati,

stava tornando a casa dopo aver venduto

un carico di bestiame nella città tedesca di Amburgo.

Lui mi portò a Spoon River e ci siamo vissuti

Page 343: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

vent’anni – ci hanno sempre creduti sposati!

La quercia qui accanto a me

è il rifugio preferito delle gazze bianche e blu

che cicalano e cicalano tutto il giorno.

E perché no? perfino la mia polvere ride

pensando a quella cosa piena di humour

chiamata vita.

Page 344: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

CORRADO GOVONI

Dolce, la sera, quando le campane

cessan di piovere sulla città

la loro torrenziale avemaria,

andar vagabondando soli e puri

nei quartieri più poveri ed oscuri !

Sembran le trombe d' oro dei soldati

soffiare dalle squallide caserme

il vetro iridescente del crepuscolo;

nelle deserte vie, contro le case,

stendono i rami pallidi i fanali «

in lunghe file come alberi insonni ;

gettan da muro a muro larghe scie

come scialbi traguardi d' ubbriachi :

sono meravigliosi ragni accesi

aggrappati con tutte le lor zampe

ai cenci sporchi di vecchia dell'ombra.

Negli armadi imporriti ai crocevia,

una Madonna di chincaglieria

sull' altarino come uno sgabello

Page 345: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

piange divinamente con il mazzo

di coltelli d'argento sopra il cuore,

o si disgrega in preda ai tarli un Cristo

incartapccorito come un rettile :

s' afflosciano dei fiori in un bicchiere

come spugne imbevute di veleno.

Dove le nostre scarpe ci conducono ?

Qua una gran casa di sepolte vive ;

là una fabbrica cupa sempre aperta

dove donne si strascican furtive

nella complice notte a deporre una

elemosina tetra di bambini.

Poi il cancello d' una beccheria

triste, sfarzosamente illuminata,

dove sparati pendon dal soffitto

imbottiti di gialla stearina

dei buoi interi sgocciolando sangue

sul pavimento, dal collo reciso ;

i soliti giardini delle scuole,

pisciatoi, umidi confessionali....

Nella chiusa fucina solitario

Page 346: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

batte il fabbro ferraio sull' incude,

sulla suola inzuppata il ciabattino

in un atrio, col lume sul deschetto.

Fermandosi a spiar dalle finestre

si vede della gente andar a letto,

levarsi con un senso di sollievo

gli abiti tristi, entrar sotto i lenzuoli

come in una incantata e dolce culla

che tosto celere li condurrà

nei giardini dei sogni e delle stelle

nel paese fantastico del nulla;

si vedon nelle povere cucine

famiglie mute intorno a bianche tavole

su cui nei lievi paralumi a fiori

come tra abbarbaglianti riflettori

a gambe ignude danzano le lampade

simili a verdi rosee ballerine.

Page 347: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

LEONARDO SINISGALLI

Muore il ragazzo un poco

Muore il ragazzo un poco

ogni giorno per giuoco.

Per giuoco morde invano

il cavo della mano.

Trascorre le vacanze ebbro

tra i maceri cespi di papaveri

steso sul letto per noia

e diletto a guardare le travi.

Ma lo stornano ombre

solitarie nel cielo della stanza,

labili ombre passeggere

sul soffitto. E l’ariete

che batte ostinato le corna

a capofitto nella quiete.

Page 348: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

CHARLES BUKOWSKI

I vecchi film

erano i migliori, la Legione S. francese

ogni uomo con una zoccola e gli arabi che venivano all’attacco

su bianchi cavallini da parata, e il Sergente che teneva

il forte raddrizzando i morti finché non arrivavano i rinforzi.

E quelli coi ragazzi che volavano qua e là sugli spad pieni

di tiranti e una bionda plat. che sembrava il simbolo

di tutto. Forse era solo perché ero bambino

o forse non è più la stessa cosa. Tutti i piani,

i cauti patrioti i segnalatori d’incursioni aeree, le sigarette per farsi una scopata, e persino il nemico pareva che giocasse.

O la volta che trovarono l’infermiera giapponese nel cratere della granata

Page 349: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

che era stata colpita al petto e voleva un po’ di sulfamidici

e uno dei ragazzi disse: “Ehi, credete che possiamo chiavarla

prima che muoia?”.

Page 350: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ARDENGO SOFFICI

Firenze

A Firenze in Via Tornabuoni

Una fuciacca di cielo è tesa

Sui fili

Del telefono 8-85

L’altro emisfero si rinfresca

Da Doney e Nipoti

Con una penna di paradiso

Al cappello

E fra le trine un profumo

Di Floride e Splendid Hotel.

Un vecchio affogato nella primavera

Trascina un paniere d’iride sul marciapiede

Lungo le vetrine infuocate

Di cravatte di fogli da mille e di liquori

“Due soldi il mazzo le violette

I narcisi e gli anemoni”.

Page 351: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

La collina di San Miniato

Sciacqua nell’Arno i suoi ori di Bisanzio

I suoi cipressi

E le ville

Il Ponte vecchio incrostato di gemme

I campanili

I tea rooms

Coll’acqua verde

Partono fra due argini felici di sole.

Non si può vivere in questa pace

D’azzurri viali

Dove non c’è che un tranvai

Ogni venti minuti

Candele steariche e buste fiorite

Nelle vetrine

E visi di spose e di bimbi

Soffocati di calda noia

Alle finestre

Spalancate sul nulla di mezzogiorno.

Page 352: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Un affisso delle Folies bergère

O dello Splendor

È più emozionante

Di tutta la storia

Rassegata in fronte alle torri

E alle cupole senza dio né colombe

(I piccioni del Duomo

Li mangia il Priore

Della Misericordia).

La notte si scrive col fuoco

Sui muri del Centro

A nuova vita restituito

Nomi e orari

Attimi vibrati nell’eternità

Come questa sigaretta che accendo

In un caffè d’Europa

La Rosa

Il 6 marzo 1915.

Su tutte le case degli stranieri

Page 353: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

C’è l’appiggionasi

Le Family pensions

Non hanno più amori

Dietro le bianche cortine

Non più yes da oui ja

Non c’è più un fiaccheraio al passo per le Cascine

Non più serenate di parrucchieri

Il lume di luna è tutto alla guerra.

Non ci siam più che noi a cantare

Di disperazione.

Per i vicoli morti

Oltr’Arno

A San Frediano

Al Canto alla Briga

Si cammina sulle immondezze

Sui gatti assassinati

E i capelli

Accanto alle porte inchiodate dei bordelli

Page 354: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Appena un lampione e qualche stella appesa a [rami in amore

Ci fan ricordare che la vita

Ricomincia tutte le mattine.

Voglio scurdarme ‘o cielo

Tutte ‘e canzone e ‘o mare.

Nelle botteghe fuori la legge

La teppa ride e bestemmia

In chiave d’organino e di coltello

Confitta nel fumo

E nell’afrore del vino bianco e nero

La prostituzione

Imbelletta le cantonate

Sul fondo di vecchie reclame

Ogni donna è un fiore

Caduto da questi giardini sepolti di tenebra

Inzuppato di menta glaciale

E impolverato di minio

Come l’aurora.

Page 355: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

A Firenze Per tutte le vie

A tutte le ore

S’incrociano le avventure del mondo

Il “Messaggiero” di Roma arrivato ora

Ed il vento

Che batte l’occhio giallo dell’orologio della stazione

Entrano dalle persiane aperte

E gonfiano tutti gli hangars multicolori

Della poesia.

Page 356: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

GIUSEPPE UNGARETTI

San Martino del Carso

Di queste case

non è rimasto

che qualche

brandello di muro

Di tanti

che mi corrispondevano

non è rimasto

neppure tanto

Ma nel cuore

nessuna croce manca

E’ il mio cuore

il paese più straziato

Valloncello dell’Albero Isolato 27 agosto 1916

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GIUSEPPE GIUSTI

Teoria del quieto vivere

Che le cose del mondo vanno prese

a un tanto la calata io l'ho sentito

dire più e più volte al mio paese.

Chi fa così non perde l'appetito,

dorme sonni tranquilli e nella bara

scivola grasso, fresco e colorito.

Ma io questa tal vita, anima cara,

a dirtela, fin qui non l'ho imparata.

So che vivendo a vivere s'impara,

ma sento che la testa ossificata

non è capace di capacitarsi

della gran teoria soprallodata.

L'animo, poveretto, è di sì scarsi,

di sì deboli numeri, che in fondo

sarìa prima disposto a ripiegarsi

che a sforzarsi a voler esser giocondo,

quando le cose gli vanno attraverso,

quando vede attraverso andare il mondo.

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In questo legno non c'è via né verso

di tagliarci uno scettico: d'un saio

voler fare un mantello è tempo perso.

E di me voler fare o Tizio o Caio,

levarmi dal mio passo naturale

è come pestar l'acqua nel mortaio.

Così son nato e resterò tal quale.

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GABRIELE D’ANNUNZIO

La sabbia del tempo

Come scorrea la calda sabbia lieve

Per entro il cavo della mano in ozio,

Il cor sentì che il giorno era più breve.

E un'ansia repentina il cor m'assalse

Per l'appressar dell'umido equinozio

Che offusca l'oro delle piagge salse.

Alla sabbia del Tempo urna la mano

Era, clessidra il cor mio palpitante,

L'ombra crescente d'ogni stelo vano

Quasi ombra d'ago in tacito quadrante.

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CHARLES BAUDELAIRE

L’uomo e il mare

Uomo libero, sempre avrai caro il mare!

È il tuo specchio: tu contempli la tua anima

nelle sue onde che all’infinito si accavallano

e il tuo spirito non ha baratri meno amari.

Ti piace tuffarti in grembo alla tua immagine;

la stringi con gli sguardi, le braccia, e il tuo cuore

si distrae qualche volta dal suo proprio rumore

al suono di questo lamento indomabile e selvaggio.

Siete tutti e due tenebrosi e discreti:

uomo, nessuno ha sondato il fondo dei tuoi abissi;

mare, nessuno conosce le tue intime ricchezze

tanto siete gelosi dei vostri segreti.

Eppure, ecco che da secoli innumerevoli

voi vi combattete senza pietà né rimorso

talmente li amate, il massacro e la morte,

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o lottatori eterni, o fratelli implacabili.

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JORGE LUIS BORGES

Un patio

Con la sera

si stancano i due o tre colori del patio.

Questa notte la luna, il chiaro cerchio,

non domina il suo spazio,

Patio, cielo incanalato.

Il patio è il declivio

sul quale straripa il cielo nella casa.

Serena

l’eternità attende al crocevia delle stelle.

È bello vivere con l’amicizia oscura

di un atrio, di una pergola e di una cisterna.

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GABRIELE D’ANNUNZIO

I pastori

Settembre, andiamo. E' tempo di migrare.

Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori

lascian gli stazzi e vanno verso il mare:

scendono all'Adriatico selvaggio

che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti

alpestri, che sapor d'acqua natía

rimanga ne' cuori esuli a conforto,

che lungo illuda la lor sete in via.

Rinnovato hanno verga d'avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano,

quasi per un erbal fiume silente,

su le vestigia degli antichi padri.

O voce di colui che primamente

conosce il tremolar della marina!

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Ora lungh'esso il litoral cammina

la greggia. Senza mutamento è l'aria.

il sole imbionda sì la viva lana

che quasi dalla sabbia non divaria.

Isciacquío, calpestío, dolci romori.

Ah perché non son io cò miei pastori?

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GIORGIO CAPRONI

Il fischio

(parla il guardacaccia)

Non credo che questo sia

il fischio del bracconiere.

C’è troppa nebbia. Comunque

(qui son le carte) finite

voi la partita. Io

(potete continuare a bere

anche per me) conosco,

né posso esimermi, quello

ch’è il mio preciso dovere.

Qualsiasi richiamo nel bosco

oda insolito, uccello

o altro agente che sia,

devo andare a vedere.

Porgetemi per cortesia,

è lì a quel chiodo, il fucile

ed il mio cartucciere.

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Intanto (scusate: ci vuole,

col freddo che m’aspetta)

lasciate ch’io mi versi ancora

– ultimo – quest’altro bicchiere.

Nel vino, a saper ben vedere,

c’è scienza – c’è illuminazione.

Ma voi, senza una ragione

al mondo, voi perché ora

ch’io sono pronto, e il cuore

già ho fatto allegro, ancora

voi mi state a guardare

a quel modo, quasi

con l’aria di chi sospetta

qualcosa, né si vuol pronunciare?

Vi vedo, o mi sbaglio, tremare,

agli angoli, la bocca?

Amici, posso anche sbagliare;

ma questo, comunque, vi dico,

e una volta per tutte:

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temere fuori il nemico

(vi ripeto: il fucile)

è cosa, prima ancora che vile,

a parer mio troppo sciocca.

Porgetemi anche le cartucce

e rimettetevi a bere.

Dovreste almeno sapere

che quando s’è avuto una piuma

sul cappello, e in sorte

stivali e gabbana verde,

per non dir altro si perde

il tempo, pensando alla Morte.

Vedete, una volta vivevo

sul mare. Stavo a Livorno.

Che città! Dal Forno

Mascagni fino ai Quattro Mori,

un vento profondo sbiancava

le piazze, mentre vibrava

nei vetri la sirena

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marittima dei vapori.

Uscivo di rado. Fuori,

rammento circolava

un’aria che mi sgomentava

di solitudine. Eppure,

sapeste come si popolava

quel vento, e che figliole

passavano, tra sassaiole

fitte di ragazzacci

aizzati, che si sgolavano,

per troppo amore, in ingiurie.

Traetene la conclusione

che più v’aggada. Io…

Non so se voi crediate in Dio

o ad altro. Per conto mio

– occhio! la stufa fuma,

e può annerirvi la piuma

annerendo la stanza –

tutto ciò ha un’importanza

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relativa. Piuttosto

(ne parleremo insieme,

qui, al mio rientro)

ficcatevi bene in testa

quanto ancora vi dico:

che vale temere il nemico

fuori, quand’è già dentro?

Il guardacaccia, caccia

od è cacciato. Questa

è una norma sicura.

Al diavolo perciò la paura,

giacché non serve. Tanto,

in tutti noi non resta

– sola – che la certezza

già da tempo in me sorta:

chi fabbrica una fortezza

intorno a sé, s’illude

quanto, ogni notte, chi chiude

a doppia mandata la porta.

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Lasciatemi perciò uscire.

Questo, io vi volevo dire.

Per quanto siano bui

gli alberi, non corre un rischio

più grande di chi resta, colui

che va a rispondere a un fischio.

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ANTONIO DE CURTIS (Totò)

Felicità

Felicità!

Vurria sapè chd’è, chesta parola,

vurria sapè che vvo’ significà.

Sarrà gnuranza ‘a mia, mancanza ‘e scola,

ma chi ll’ha ntiso maje annummenà.

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DINO CAMPANA

Montagna – La chimera

Tu tra le rocce il tuo pallido

Viso traente sorriso

Da lontananze ignote:

Tu ne la china eburnea

Fronte fulgente, o giovane

Suora della Gioconda:

(Tu de le Primavere

Spente, per i tuoi mitici pallori

O Regina, o Regina adolescente)…

Oh! per il tuo ignoto poema

Di voluttà e di Dolore

Musica fanciulla esangue,

Segnato di linea di sangue

Nel cerchio delle labbra sinuose

Regina de la melodia.

Oh! invano per vergine capo

Reclino io poeta notturno

Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo

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Io fiso al tuo dolce mistero

Io fiso al tuo divenir taciturno

Oggi una fiamma pallida

Entro i capelli viventi

Sul Suo profondo pallore

O Estate che ardi nei cieli

Tu accendi per suo corpo eburneo:

A la regina dei sogni che appare nei vaghi suoi veli.

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TRILUSSA

Er sonatore ambulante

Ogni tanto veniva in trattoria

pe' sonà quer violino strappacore,

e quanno nun raschiava er ‹‹ trovatore ››

martirizzava la ‹‹ cavalleria ››.

Successe che una sera, un'avventore,

je disse: - Basta, co’ ‘sta zinfonia!

perché c'hai rotto l'anima! Va via!

Sempre una lagna! Brutto scocciatore! -

Ner senti' 'ste parole, er violinista,

radica vera de baron futtuto,

J'incominciò a sonà l'inno fascista.

Allora l'avventore, rassegnato,

arzò la mano in segno de saluto,

ma sottovoce disse: - M'hai fregato!

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JEAN-ARTHUR RIMBAUD

Il soldato dormente

Un brolo dove un rivo, cantando, si dispera

e spruzzi e lembi argentei all' erba, folle, adduce.

Luccica il sole a piombo dalla montagna fiera,

tutta la valle schiuma d' un brulichio di luce.

Un giovane soldato, a bocca aperta, giace

supino, e con il capo sfiora un cespuglio azzurro;

lo sovrasta una nube. Sul verde letto in pace

dorme: su lui la luce piove senza sussurro.

I piedi fra i giaggioli, nè triste nè felice,

sorride come un bimbo malato, e si riposa.

Tu cullalo, Natura: egli ha freddo, egli è stanco.

Non ai tepidi effluvii freme la sua narice.

Dorme al sole. Una mano, bianca, sul petto posa

tranquillo. Ed ha due squarci sanguinosi nel fianco.

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JACQUES PRéVERT

Dalla fioraia

Un uomo entra dalla fioraia

e sceglie dei fiori

la fioraia incarta i fiori

l'uomo mette la mano in tasca

per cercare i soldi

i soldi per pagare i fiori

ma nello stesso tempo mette

improvvisamente

la mano sul cuore

e cade.

E mentre cade

le monete rotolano per terra

e poi i fiori cadono

insieme all'uomo

insieme alle monete

e la fioraia rimane là

con le monete che rotolano

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con i fiori che si sciupano

con l'uomo che muore

evidentemente tutto questo è molto triste

e bisogna che ella faccia qualcosa

la fioraia

ma non sa cosa fare

non sa

da che parte cominciare.

Vi sono tante cose da fare

con quest'uomo che muore

questi fiori che si sciupano

e queste monete

queste monete che rotolano

che non la smettono di rotolare.

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CAMILLO SBARBARO

Il canto degli ubriachi

Piccolo quando un canto d’ubriachi

giungevami all’ orecchio nella notte

d’impeto su dai libri mi levavo.

Dimentico di lor, la chiusa stanza

all’ aria della notte spalancavo

e mi sporgevo fuor della finestra

a bere il canto come un vino forte.

Con che occhi voltandomi guardavo

la chiusa stanza e dopo lei la casa

dove già tutti i lumi erano spenti!

Più d’una volta sulla fredda ardesia

al vento che passava nei capelli

alla pioggia che m’inzuppava il viso

io piansi delle lacrime insensate.

Adesso quell’inganno anche è caduto.

Ora so quanto amara sia la bocca

che canta spalancata verso il cielo.

Pur se ancora mi desta dal mio sonno

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quel canto d’ubriachi per la via

ad ascoltar mi levo con sospeso

dall’improvvisa commozione il fiato,

e vado ancora a mettere la faccia

nel vento che i capelli mi scompigli.

Rinnovare vorrei l’amara ebrezza

e quel sottile brivido pel corpo,

e il ben perduto cui non credo più

piangere come allora…

Ma non m’escono

che scarse sciocche lacrime dagli occhi.

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ALDO PALAZZESCHI

Gigino Siccoli, Jean Polverini Badel, Enzo Tolù, Carmine Lazzarini

– Tu vieni, Gigino, stasera da Lice Puda?

– Sì.

– Tu vieni, Jean, stasera da Lice Puda ?

– Sì.

– Tu vieni, Enzo, stasera da Lice Puda?

– Sì.

– Ti vieni, Carmine, stasera da Lice Puda?

– No.

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ANITE

Alla cavalletta, usignolo dei campi

e alla cicala amante delle querce

Mirò eresse una tomba comune

versando lacrime di bambina.

Ade inesorabile

tutti e due le portò via i suoi

giocattoli.

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GIUSEPPE GIOACCHINO BELLI

La vita dell’omo

Nove mesi a la puzza: poi in fassciola

tra sbasciucchi, lattime e llagrimoni:

poi p’er laccio, in ner crino, e in vesticciola,

cor torcolo e l’imbraghe pe ccarzoni.

Poi comincia er tormento de la scola,

l’abbeccè, le frustate, li ggeloni,

la rosalía, la cacca a la ssediola,

e un po’ de scarlattina e vvormijjoni.

Poi viè ll’arte, er diggiuno, la fatica,

la piggione, le carcere, er governo,

lo spedale, li debbiti, la fica,

er zol d’istate, la neve d’inverno...

E pper urtimo, Iddio sce bbenedica,

viè la Morte, e ffinissce co l’inferno.

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GIOVANNI PAPINI

Incontadinamento

Oggi sono alla bona ed alla mano

e mando a farsi fottere i pensieri.

Entra in cucina, amico paesano,

dammi que’ tu’ ditoni forti e neri.

Questo è un fiasco di vin di Carmignano,

ecco il pane col cacio, ecco i bicchieri,

e questo qui gli è un sigaro toscano

di quelli asciutti e scuri, di que’ veri.

E’ si sta tanto meglio intorno al fòco

a parlar del cognato e della zia

o del piovano che s’è dato al giòco

o di quella ragazza che andò via

che diventar nervoso, giallo e ròco

con una sbornia di filosofia!

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LUCIANO FOLGORE

Sveglia Sentinella

Sentinella notturna

lassù

taciturna

sopra la roccia scabra.

Vent'anni,

viso bianco,

occhi di fanciullo febbrile,

e la mano che stringe

il fucile;

e il pensiero che si perde

nell'immensità della notte.

Stanchezza di piombo

per tutte le membra

dopo un giorno di lotte.

Il sonno è d'intorno

morbidamente muto

come un tentatore velluto

che accarezza le palpebre.

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Passano lembi di visione

dinanzi alle pupille

pesanti,

figure oscillanti,

profili sonnolenti,

tormenti di visi

che non si definiscono

mai.

Ecco i velari del sogno!

Troppo dolce dormire

anche su letti di pietra!

Gambe che s'abbandonano

sotto fardelli di torpore...

ma uno stormire d'abeti,

ma un fresco di vento

che palpita fra due'

capelli biondi,

snebbia un istante

la pesantezza accasciante

e un brivido di volontà

ridà

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la rigidità

alla sagoma snella

di questa sentinella

della Patria.

Il nemico è là dietro.

Bisogna guardare,

bisogna ascoltare,

lucidamente.

Ma ancora il fumo del sonno

che monta.

Stelle filanti nei cieli,

veli di verde lontano,

pensieri e frammenti:

sua madre che veglia...

il pozzo

un singhiozzo...

quel compagno caduto...

con una palla in fronte...

due bimbi in un cortile

del paese...

un vaso di maggiorana...

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e lei... lontana...

vestita di bianco...

fresca come una fontana...

Oh, finalmente!

Scalpiccii

rotolii di sassi

parole sconnesse;

bisbigli:

un altro prende il tuo posto

e tu che discendi a dormire

con un saluto all'Italia

laggiù

dietro quei monti di fresco

e di blu.

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VINCENZO CARDARELLI

Autunno

Autunno. Già lo sentimmo venire

nel vento d'agosto,

nelle piogge di settembre

torrenziali e piangenti,

e un brivido percorse la terra

che ora, nuda e triste,

accoglie un sole smarrito.

Ora passa e declina,

in quest'autunno che incede

con lentezza indicibile,

il miglior tempo della nostra vita

e lungamente ci dice addio.

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VIRGILIO GIOTTI

Con Bolàffio

Mi e Bolàffio, de fazza

un de l'altro, col bianco

de la tovàia in mezo,

su i goti e el fiasco in fianco,

parlemo insieme.

Bolàffio de 'na piazza

de Gorìzia el me conta,

ch'el voria piturarla:

'na granda piazza sconta,

che nissun passa.

Do tre casete atorno

rosa, un fiatin de muro,

un pissador de fero

vècio stravècio, e el scuro

de do alboroni.

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Xe squasi mezogiorno.

E un omo, vignù fora

de là, se giusta pian

pian, e el se incanta sora

pensier. Bolàffio,

in 'sta su piazza bela,

noi, poeti e pitori,

stemo ben. La xe fata

pròpio pai nostri cuori,

caro Bolàffio.

In quel bel sol, in quela

pase, se ga incontrado

i nostri veci cuori;

là i se ga saludado

stassera alegri.

Page 391: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ANACREONTE

Il mese di Poseidone

eccolo, viene, e le nuvole

sono gonfie di pioggia e cupe

feroci le tempeste

strepitano.

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LODOVICO ARIOSTO

Satira 111

In casa mia mi sa meglio una rapa,

ch’io cuoca, e cotta su ‘n stecco me inforco

e mondo, e spargo poi di aceto e sapa,

che a l’altrui mensa tordo, starna o porco

selvaggio; e così sotto una vil coltre,

come di seta o d’oro, ben mi corco.

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PAUL VERLAINE

Motivo dimenticato

Piove su tutte le strade

e piove nel fondo al mio cuore:

non so, non so da dove

giunge questo languore.

Sonoro bruir della piova

per le zolle, sopra le ardesie;

a un cuor che dolce s'accora

oh dolce bruir della piova!

Questo pianger da dove mi viene?

Inganno? E quale? Nessuno.

Eppure nel cuore che geme

da dove, da dove mi viene?

E come duole un dolore

senza radice alcuna.

Odio non c'è, non c'è amore:

e tanta è la pena del cuore.

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ERNESTO MUROLO

L’ardito

Trent’anne: nu gigante. S’ha spusata

a Clementina Dolge, na nchiastella

tutt’uocchie, bionda, pallida, sciupata,

c’ ‘o guarda e ‘o fa tremmà;

ca quanno ha ditta na parola, è chella,

e si penza a na cosa, ‘a dice e ‘a fa.

Isso s’è fatto ‹‹ ardito ››. Ha cumbattuto

cu’ ‘e mbomme n’ha scannate, ‘a ch’è partuto,

nisciuno ‘o ppo’ sapé.

Ma si sponta ‘a licenza, che ll’attocca,

fra ‘o zecchinetto, ll’annese e ll’amice,

nfuscato e lusingato, si ce ‘o ddice,

s’arrevota ‘o ‹‹ Cafè ››!...

E ‘a licenza è venuta. E p’ ‘o quartiere

l’hanno visto turnà cchiù guappo e bello.

Clementì, (s’è avutato ‘o cantiniere)

Page 395: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

mo nun o fa’ nquartà,

ca mariteto ammarcia c’ ‘o curtiello!...

Essa ha reduto e l’ha tenuto mente

cu n’aria calma, fredda ‘ndifferente,

cumme si avesse ditto: – E… ch’aggi’ ‘a fa’?... –

(Uommene, nuie che simmo?...) Stammatina

na cummarella d’isso l’ha truvato

mucchio mucchio, assettato ‘int’ ‘a cucina,

ca sfucava a ffumà

ca ll’ha ditto ‹‹ bonnì ›› tutto ngrugnato,

tutto sceppato ‘nfaccia… e cu nu muorzo

can un era nu muorzo ‘e cane corzo…

E ‘a gatta dint’ ‘a casa nun ce sta.

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ATTILIO BERTOLUCCI

Gli anni

Le mattine dei nostri anni perduti,

i tavolini nell'ombra soleggiata dell'autunno,

i compagni che andavano e tornavano, i compagni

che non tornarono più, ho pensato ad essi lietamente.

Perchè questo giorno di settembre splende

così incantevole nelle vetrine in ore

simili a quelle d'allora, quelle d'allora

scorrono ormai in un pacifico tempo,

la folla è uguale sui marciapiedi dorati,

solo il grigio e il lilla

si mutano in verde e rosso per la moda,

il passo è quello lento e gaio della provincia.

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JORGE LUIS BORGES

Afterglow

Sempre è commovente il tramonto

per indigente o sgargiante che sia,

ma più commovente ancora

è quel brillìo disperato e finale

che arrugginisce la pianura

quando il sole ultimo si è sprofondato.

Ci duole sostenere quella luce tesa e diversa,

quella allucinazione che impone allo spazio

l'unanime paura dell'ombra

e che cessa di colpo

quando notiamo la sua falsità,

come cessano i sogni

quando sappiamo di sognare.

Page 398: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

TU FU

L’aquilone si porta via il mio tetto

Durante l’ottava luna l’autunno s’avanza,

Mugola l’aquilone

E si porta via dal mio tetto tre strati di paglia

Che passa volando il fiume e si sparge ovunque.

Parte s’impiglia in mezzo ai rami degli alberi,

E parte già galleggia annegata nell’acqua.

I ragazzi del borgo approfittano

Della mia debolezza senile,

Acchiappan la paglia e la portano

Nel bosco degli alti bambù.

Li chiamo e li richiamo

Finché mi si secca la gola.

Testardi, non m’odono ed io

Rientro malinconico e stanco.

Ed ora il vento rallenta

Ma le nuvole si anneriscono;

Il cielo autunnale di piombo

Page 399: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Si perde dentro alle tenebre.

Le vecchie coperte son gelide come il ferro;

Entrando nel letto i miei ragazzi le strappano.

Il tetto è bucato; non c’è piú luogo all’asciutto;

La pioggia non cessa, sottile come tanti fili.

In questi tempi torbidi dormo di rado;

Questa notte lunga appare interminabile.

Perché non si può costruire un enorme edificio

Per alloggiare e mantener soddisfatti

I letterati dell’Universo intero?

Che questo edificio sia solido come montagna

Contro la pioggia ed il vento!

Pensando che il sogno s’avvera mi sento felice

Anche col tetto in rovina e morendo di freddo.

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Rainer Maria Rilke

Herbstag

Herr, es ist Zeit. Der Sommer war sehr groß.

Leg deinen Schatten auf die Sonnenuhren,

und auf den Fluren lass die Winde los.

Befiehl den letzten Früchten, voll zu sein;

gib ihnen noch zwei südlichere Tage,

dränge sie zur Vollendung hin, und jage

die letzte Süße in den schweren Wein.

Wer jetzt kein Haus hat, baut sich keines mehr.

Wer jetzt allein ist, wird es lange bleiben,

wird wachen, lesen, lange Briefe schreiben

und wird in den Alleen hin und her

unruhig wandern, wenn die Blätter treiben.

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FRANCESCO D’ASSISI

Altissimu, onnipotente bon Signore,

tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne [benedictione.

Ad Te solo, Altissimo, se konfano,

et nullu homo ène dignu te mentovare.

Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature,

spetialmente messor lo frate Sole,

lo qual è iorno, et allumini noi per lui.

Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:

de Te, Altissimo, porta significatione.

Laudato si', mi Siignore, per sora Luna e le stelle:

in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.

Laudato si', mi' Signore, per frate Vento

et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,

per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento.

Page 402: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Laudato si', mi Signore, per sor'Acqua.

la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

Laudato si', mi Signore, per frate Focu,

per lo quale ennallumini la nocte:

ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.

Laudato si', mi Signore, per sora nostra matre [terra,

la quale ne sustenta et governa,

et produce diversi fructi con coloriti fior et herba.

Laudato si', mi Signore, per quelli che perdonano [per lo Tuo amore

et sostengono infermitate et tribulatione.

Beati quelli ke 'l sosterranno in pace,

ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.

Page 403: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Laudato si' mi Signore, per sora nostra Morte [corporale,

da la quale nullu homo vivente pò skappare:

guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;

beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime [voluntati,

ka la morte secunda no 'l farrà male.

Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate

e serviateli cum grande humilitate.

Page 404: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

DINO CAMPANA

Buenos Aires

Il bastimento avanza lentamente

Nel grigio del mattino tra la nebbia

Sull'acqua gialla d'un mare fluviale

Appare la città grigia e velata.

Si entra in un porto strano. Gli emigranti

Impazzano e inferocian accalcandosi

Nell'aspra ebbrezza d'imminente lotta.

Da un gruppo d'italiani ch'è vestito

In un modo ridicolo alla moda

Bonearense si gettano arance

Ai paesani stralunati e urlanti.

Un ragazzo dal porto leggerissimo

Prole di libertà, pronto allo slancio

Li guarda colle mani nella fascia

Variopinta ed accenna ad un saluto.

Ma ringhiano feroci gli italiani.

Page 405: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

KONSTANTINOS KAVAFIS

Itaca

Allorchè in viaggio ti metti per Itaca

prega che lungo sia il cammino, pieno

di conoscenze e pieno di avventure.

Non temere i Listrigoni e i Ciclopi,

non temere l’irato Poseidone,

sulla tua strada non li icontrerai,

se eletto resta il tuo pensiero e un’alta

commozione ti tocchi corpo e mente.

I listrigoni e i Ciclopi e il feroce

Poseidone tu non incontrerai,

se non li porti dentro la tua anima

e questa non li drizza innanzi a te.

Prega che lungo sia il tuo cammino,

che molti siano i mattini estivi

in cui con allegria e gioia tu entri

in porti mai veduti prima d’ora,

fermandoti ai negozi dei Fenici

Page 406: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

per comprare le belle mercanzie,

ambre, ebani, coralli e madreperle,

essenze d’ogni sorta voluttuose

e, quanto puoi, profuumi deliziosi;

nelle molte citta d’Egitto andrai

per imparar dai dotti tante cose.

Ma in mente devi avere sempre Itaca,

che là tu raggiunga è il tuo destino.

Ma non per nulla affretta questo viaggio.

Meglio che duri numerosi anni

E vecchio già tu approderai all’isola,

ricco del tuo guadagno sulla via

non aspettando da Itaca ricchezze.

Ti ha dato, Itaca, questo bel viaggio.

Senza di lei non ti saresti avviato.

Essa altre cose non ha più da darti.

Non ti ha ingannato, se la trovi povera.

Con l’esperienza ti sei fatto saggio

Page 407: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

e ora sai cosa Itaca significhi.

Page 408: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

TRILUSSA

Er baco da seta

Un povero Ragno

parlanno cor Baco

je disse: - Compagno,

sei matto o imbriaco?

Perché, scusa er termine,

sei tanto minchione

da crede’ a un padrone

che vive sur vermine?

Nun sai che li fiocchi

che fai te li cambia

co’ tanti bajocchi?

Che mentre tu sudi

magnano la foja

quer boja guadambia

mijara de scudi?

Bisogna aprì’ l’occhi

chè ormai la questione

se basa sur detto

Page 409: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Né Dio , né padrone!

- Stà in guardia, fratello!

Stà in guardia da quello!

- Strillò un Bagarozzo

che usciva da un pozzo.

Che quela carogna

t’imbroja e nun vede

che invece bisogna

ridatte la fede!

Sortanto cor crede’

che c’è un Padreterno,

che c’è un Paradiso,

ch’esiste un Inferno,

sortanto co’ questo

io credo che presto

ciavremo un Governo

più bono e più onesto!

- Va via! disse er Ragno -

se no me te magno!

- Te strozzo! Te sfagno! -

Strillò er Bagarozzo

Page 410: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

- Vijacco! Scagnozzo!

- Buffone! - Compagno!...

Er Baco, scocciato,

ner vedè in pericolo

la casa e la seta

ch’aveva filato,

- Qua, - disse l’affare

comincia a imbrojasse:

è mejo a fa’ sciopero

è mejo a squajasse;

fintanto che sento

che tira ‘sto vento,

starò co’ la lega

der chi se ne frega.

E chiuse bottega.

1906

Page 411: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

GIORGIO CAPRONI

senza titolo

… l’uomo che se ne va

e non si volta: che sa

d’aver più conoscenze

ormai di là che di qua …

Page 412: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

CHARLES BUKOWSKI

Il topo

con un pugno, all'età di 16 anni e 1/2,

misi mio padre fuori combattimento,

un bastardo crudele e leccato con l'alito cattivo

e non tornai più a casa per un po', solo ogni tanto

per cercare di scucire un dollaro

alla cara mammina.

era il 1937 a Los Angeles ed era una Vienna

d'inferno.

stavo con questi ragazzi più grandi

ma anche per loro era la stessa cosa:

tirare, in genere, il fiato coi denti

e rapinare stazioni di servizio dove non c'era

il becco di un quattrino, e tra noi qualche fortunato

lavorava a mezza giornata come fattorino

Page 413: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

della Western Union.

dormivamo in camere d'affitto che non erano affittate -

e bevevamo birra e vino

con gli scuri accostati

stando zitti zitti

e poi svegliando l'intero caseggiato

con una rissa

rompendo specchi, sedie e lampadari

e poi correndo giù per le scale

un momento prima che arrivasse la polizia

alcuni di noialtri soldati del futuro

correndo per le strade vuote e affamate e per i vicoli

di Los Angeles

e più tardi

ritrovandoci tutti

nella stanza di Pete

un bugigattolo in un sottoscala, stavamo là,

ammucchiati là dentro

Page 414: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

senza donne

senza sigarette

senza niente da bere,

mentre i ricchi smanacciavano le loro

favorite e le ragazze li lasciavano fare,

le stesse ragazze che sputavano sulla nostra ombra quando

passavano.

era una Vienna

d'inferno.

3 di noi in quel sottoscala

furono uccisi nella Seconda Guerra.

un altro adesso è il manager

di una fabbrica di materassi.

e io? io ho 30 anni di più,

la città s'è ingrandita di 4 o 5 volte

ma non è meno marcia di prima

Page 415: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

e le ragazze continuano a sputare

sulla mia ombra, si prepara un'altra guerra per un'altra

ragione, e oggi non riesco a trovare lavoro

per lo stesso motivo per cui non ci riuscivo allora;

non so niente, non so fare

niente.

donne? be', solo le vecchie bussano alla mia porta

dopo mezzanotte. io non riesco a dormire e loro vedono la luce accesa

e s'incuriosiscono.

le vecchie. i mariti non le vogliono più,

i figli se ne sono andati, e se mi mostrano due gambe ancora

buone (le gambe sono le ultime a morire)

io ci vado

a letto.

Page 416: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

così le vecchie si danno da fare e io fumo le loro sigarette

mentre loro

parlano parlano parlano

e poi si torna a letto

e sono io che mi do da fare

e loro sono felici

e parlano

finché spunta il sole,

poi

si dorme.

è una Parigi

d'inferno.

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CESARE PASCARELLA

Villa Gloria

1886

A Benedetto Cairoli

I.

A Terni, dove fu l'appuntamento,

Righetto ce schierò in d'una pianura,

E lì ce disse: — Er vostro sentimento

Lo conosco e nun c'è d'avé pavura;

Però, dice, compagni!, v'arimmento

Che st'impresa de noi nun è sicura,

E Roma la vedremo p'un momento

Pe' cascà' morti giù sott'a le mura.

Pe' questo, prima de pijà er fucile,

Si quarcuno de voi nun se la sente

Lo dica e sorta fora da le file.

Dice: non c'è gnisuno che la pianta? —

E siccome gnisuno disse gnente,

Dopo pranzo partissimo in settanta.

Page 418: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

II.

E marciassimo fino a la matina

Der giorno appresso. Tutta la nottata!

A l'arba poi, fu fatta 'na fermata

Su l'erba zuppa fracica de brina.

Traversassimo un fiume de rapina,

Lassassimo la strada, e traversata

'Na macchia, se sboccò su 'na spianata

E venissimo in giù pe' la Sabina.

Dove che dietro a noi c'era pe' scorta

N'onibussetto tutto sganghenato,

Dov'uno ce montava un po' pe' vorta.

Pe' strada er celo ce se fece cupo,

E venne l'acqua che nun ci ha lassato,

Finché non semo entrati a Cantalupo.

III.

A Cantalupo, drento a 'na chiesola

Page 419: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Righetto ce divise in tre sezione,

E dopo avecce letto l'istruzione,

Fece: — Ripeto n'antra cosa sola:

Si fra voi c'è quarcuno che ciriola,

Lo dica e nun se metta soggezione. —

Gnisuno arifiatò. Fece: — Benone!

Vedo che sete tutti de parola.

Ma perchè non ce sia gnisun intoppo

(È inutile a sta' a fa' mezze parole)

S'io morissi c'è l'antro che viè' doppo. —

E lì de novo tutti in marcia. Arfine,

Caricassimo tutti le pistole

E a Corese passassimo er confine.

IV.

E a l'arba, mentre c'era un temporale,

'Rivorno da Firenze li cassoni

Dove c'erano drento li foconi

De quelli de la guardia nazionale.

Furno depositati in d'un casale

Page 420: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

E dopo, assieme a l'antre munizioni,

Li portassimo drento a du' barconi

Presi da 'n capo-presa padronale.

Fatto er carico, sopra a 'gni barcone

Ce fu messa la legna e fu ridotto

Come quelli che porteno er carbone:

In modo ch'uno nun capisse gnente.

Poi dopo s'accucciassimo de sotto

E venissimo in giù co' la corrente.

V.

Avanti a tutti, drento a 'na gozzetta,

Come stassero lì a guardà' er carbone,

C'ereno li Cairoli de vedetta;

E noiantri giù a fonno ner barcone,

Sentimio da la riva la trombetta

De le truppe der papa! A Teverone,

Verso notte, se scense e 'gni sezione

Fu dislocata drento a 'na barchetta.

E m'aricordo ch'una era tarlata

Page 421: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

E che cór sego e co' li stracci pisti

Lì su la riva fu calatafata.

Dopo annassimo da li doganieri,

Li legassimo tutti come Cristi,

E furno fatti tutti prigionieri.

VI.

Dopo fatta 'sta prima operazione,

Lì, ce se fece notte in mezzo a fiume:

C'era nell'aria come n'oppressione

De fracico e 'na puzza de bitume:

Nun se sentiva che scrocchià' er timone

Pe' nun impantanasse ner patume;

E verso Roma, in fonno a l'estensione,

Se vedeva ariluce' come un lume.

Un lume che sur celo era 'n chiarore.

E lì pe' fiume, in quer silenzio tetro,

Fòr che l'acqua non c'era antro rumore.

E in fonno a la campagna, a l'aria quieta,

De notte, er cupolone de San Pietro

Page 422: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Pareva de toccallo co' le deta.

VII.

Sangue de la Madonna! Che nottata!

Quanno che m'aritorna a la memoria,

Me pare come un pezzo de 'na storia

Che quarcuno m'avesse arriccontata.

Avemio da stà' a Roma a fa' l'entrata

Pe' trovacce la morte o la vittoria,

E invece er giorno dopo a Villa Gloria...

Destino! Basta, sotto a la spianata,

A mezzanotte, in mezzo a la corrente

Se fermassimo p'aspettà' er chi-viva.

Aspetta, aspetta, aspetta... Gnente!... Gnente!

Riguardassimo bene de lì intorno:

Manco un'anima!... Annassimo a la riva.

Per aspettà' che se facesse giorno.

VIII.

Page 423: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

E a l'arba fu smontato dar battello,

E piano piano, senza move' un deto,

Perché non se scoprisse er macchiavello,

S'agguattassimo drento in un canneto.

Dopo, Righetto fece cór fratello:

— Annate in cinque su pe' sto querceto,

E scannajate un po' pe' sto stradello

Si ce fosse un ricovero segreto;

Ché staremo a vedé' quer che succede;

Intanto lì ce se potrà rimane'

Finché quarcuno non se faccia vede'. —

E mentre annamio sopra, intorno intorno

Se sentiveno batte' le campane

De Roma, che ce daveno er bongiorno!

IX.

Pe' la macchia trovamo un frattarolo,

— Faccia a terra, per Cristo! — Poveretto!

L'intorcinamo drento ar farajolo

E j'appuntamo le pistole in petto.

Page 424: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

E lì, ner mentre lo tenemio stretto,

Giovannino je fa: — Voi sete solo?

Dice: — Per carità, so' er vignarolo;

Mi' moje è annata a Roma cór carretto;

Io so' 'n povero padre de famija...

— Ce so' li papalini? — So' innocente...

— Fate la spia? — Me faccio maravija!

— Be', allora, dice, datece ristoro. —

E pe' fàcce pijà' pe' bona gente

Je fu pagata 'na moneta d'oro.

X.

E quer vecchio tremanno de pavura

Ce portò sopra ar monte, in d'un casale,

Che invece era 'n casino padronale

Dove che ce se va in villeggiatura.

Fu aperto. Visitassimo le mura;

E dopo avé' girato pe' le sale

E avé' visto che lì tanto er locale

Quanto la posizione era sicura,

Page 425: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Fu mannato a chiamà' l'antri de sotto;

Furno messi lì intorno l'avamposti,

E poi fu fatto un piccolo complotto:

E mannassimo a Roma, ar Comitato,

Uno, pe' dije che stamio anniscosti

Sintanto che non fosse aritornato.

XI.

Dopo, Righetto assieme a Giovannino

Sortirno dar casale e perlustrorno

Li contorni, e siccome lì vicino

Scoprirno 'na casetta, ce mannorno

Tre fazioni, perché si de lì intorno

Se fosse visto quarche papalino,

Ce dassero er chi-viva su ar casino.

Defatti, poco dopo mezzogiorno,

Vengheno su de corsa du' fazioni;

E dice: — Che li possino ammazzalli!

S'è vista 'na patuja de dragoni.

Se so' avanzati fino sotto ar muro;

Page 426: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Hanno dato la fuga a li cavalli,

E so' spariti in giù pe' l'Arco Scuro.

XII.

Righetto allora, ch'ebbe er sentimento

Che la patuja de ricognizione

Voleva di' l'annunzio der cimento,

Chiama Giovanni assieme a la sezione,

Che c'ero io pure, e dice: — Sur momento

Va a la casetta e pîa la posizione. —

Annamo, e mentre stamio chiusi drento,

Dice: — All'armi! Ce semo... Un battajone! —

Sortìmo. Se mettemo alliniati,

(Saremo stati in tutto dicissette!)

E guardassimo sotto pe' li prati;

E in fonno fra le fratte de li spini

Vedemo luccicà' le bajonette.

— Viva l'Italia!... So' li papalini.

XIII.

Page 427: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Arrivati a la porta der cancello,

La tromba dà er segnale foc-avanti.

Se fermeno. Scavarcheno er murello,

E incominceno er foco tutti quanti.

E mentre stamio tutti lì davanti

A la casetta, drento ner tinello

Er vignarolo in mezzo a quer fraggello

Stava a cantà' le litanie de' santi.

E intanto ch'er nemico s'avanzava

E 'gni palla fischiava pe' cinquanta,

Sentìmio Giovannino che strillava,

Imperterrito immezzo a la tempesta,

Dice: — Pensate che semo settanta

E che ci avemo sei cartucce a testa.

XIV.

Nun sparate che quanno so' vicini... —

(E intanto che veniva un battajone,

Se vedeveno l'antri papalini

Page 428: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Che saliveno in su pe' lo stradone):

— Perdio! Nun se spregamo li quatrini...,

Strillava Giovannino, attenti... unione...

Nun sparate che quanno so' vicini...,

Fermi... fermi, perdio! Fermi... attenzione... —

E intanto che le truppe s'avanzaveno,

Che se po' di' che stamio faccia a faccia,

Le palle, fio de Cristo, furminaveno.

Ma quanno che ce córse tanto poco,

Che quasi je potemio sputà' in faccia,

Ninetto urlò: — Viva l'Italia! Foco!

XV.

E lì ner mejo der combattimento

De lotta a còrpo a còrpo davicino,

Ecco Erìgo fuggenno come er vento;

Guarda la posizione un momentino

E strilla, dice; — Addietro, sacramento!,

Ché ve fregheno, addietro, Giovannino!

Addietro, ché restate chiusi drento

Page 429: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Prigionieri... De corsa!, giù ar casino! —

Lì a la mejo facessimo er quadrato,

E vortassimo in giù pe' lo stradone

Dietro a Righetto a passo scellerato.

E 'rivati ar casale s'agguattassimo

Tra le rose e le piante de limone,

E accucciati lì sotto l'aspettassimo.

XVI.

Allora, dopo questo, li sordati

Che nun capirno ch'era 'na finzione,

Credennose che fossimo scappati,

Vennero pe' pijà' la posizione.

E mentre stamio tutti aridunati,

Li sentimio venì' pe' lo stradone

Urlanno come ossessi scatenati;

Ma Righetto che stava inginocchione

Avanti a tutti, fece: — Attento... Attento!... —

E quanno che ce stiedero davanti,

Righetto ch'aspettava quer momento,

Page 430: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Buttò via la berretta, fece 'n sarto,

Strillò: — Viva l'Italia!, e córse avanti,

E noi dietro je dassimo l'assarto.

XVII.

Ar vedecce sortì' da la piazzetta

Come er foco che uscisse de 'n vurcano,

Preso de fronte, er reggimento sano

Se mette a fugge' verso la casetta.

Noi, pe' poteje fa' la cavalletta,

S'arrampicamo sopra a 'n farso piano,

E mentre li vedemio da lontano

J'annamo sotto co' la bajonetta;

Ma mentre p'arrivalli c'era poco,

Sangue de Dio! Bum... bum... sentimo un botto

E vedemo 'na nuvola de foco.

Ce calò sopra a l'occhi com'un velo...

L'assassini, scappanno giù de sotto,

Ci aveveno sparato a bruciapelo.

Page 431: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XVIII.

Allora quelli che restamio dritti

Se buttassimo giù su lo stradale,

E quanno se vedessimo sconfitti

Ritornassimo drento ner casale.

E siccome mancava er generale,

Fu detto: — Si ce dànno li diritti

De l'onori de guerra, stamo zitti;

Si no, morimo tutti... tanto è uguale. —

Se fece notte: e mentre stamio drento

Ner casale aspettanno li sordati,

Ce parve de sentì' com'un lamento.

Annamo su la porta tutti uniti,

S'affacciamo, orecchiamo pe' li prati:

— So' li nostri, perdio! So' li feriti!

XIX.

Allora se buttamo giù p' er prato,

Fra l'arberi, a l'oscuro, e annamo in traccia

Page 432: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

De li feriti... E dopo avé' cercato

Dove successe er fatto, fra l'erbaccia,

Sotto a n'arbero secco, fu trovato

Righetto! Stava steso, co' le braccia

Spalancate, cor petto insanguinato

Dar sangue che j'usciva da la faccia.

Mentre je damio l'urtimo saluto

De li morti, tra l'arberi lontani

Sentimo un antro che strillava ajuto;

Seguimo er sono, e sotto d'un ulivo

Ce trovassimo steso Mantovani,

In d'un lago de sangue, ancora vivo!

XX.

Ner casale fu messo su un divano,

E mentre je sfilamio la giberna

C'insegnò sur un fianco co' la mano

Come ci avesse 'na ferita interna.

Allora j'accostamo 'na lanterna

Sur fianco; lo scoprimo piano piano...

Page 433: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Sangue de Cristo! C'era 'na caverna,

Che je c'entrava 'n braccio sano sano!

Se mettessimo tutti inginocchiati.

Lui co' le mano s'acchiappò la gola

E ce fissò co' l'occhi spalancati:

Fece 'no sforzo, s'arzò su dar letto

Come volesse di' quarche parola,

E je cascò la testa sopra ar petto.

XXI.

Allora quelli che ereno spirati

Li portassimo drento a la cucina,

E accanto, ne la camera vicina,

Ce mettessimo l'antri più aggravati.

E aspettanno che fosse la matina,

Cusì a la mejo furno medicati;

Ma, senza un filo de 'na medicina,

Era 'na cosa da morì' straziati.

Tanto ch'a uno p'infasciaje 'n osso

D'un braccio, ce toccò a strappà' li tòcchi

Page 434: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

De le camicie che portamio addosso.

Che strazio ch'è vedé' soffrì' la gente

Che te guarda cór core dentro a l'occhi,

Staje davanti e nun poté' fa gnente!

XXII.

Un passo addietro. Dopo er tradimento

De la scarica, appena inteso er botto,

Righetto e Giovannino in quer momento

Cascorno, sarv'ognuno, a bocca sotto.

Dice ch'allora, mentre er reggimento

Scappava giù p'er prato, sette o otto

Che li veddero senza sentimento

Tornorno addietro e je riannorno sotto.

E Giovannino in mezzo a quer macello,

Sporco de sangue, intanto che menaveno

Cercò cór petto de coprì' er fratello;

Ma dopo la difesa disperata,

Intanto che le truppe riscappaveno,

Cascorno giù fra l'erba insanguinata.

Page 435: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

XXIII.

E verso notte, dice, che Righetto

(Mentre ch'er sono de l'avemmaria

De Roma je sonava l'angonia)

Fece: — Povera mamma! Benedetto!... —

Poi je crebbe l'affanno drento ar petto

E fece: — Si m'avrai da portà' via

Voj' esse' seppellito a casa mia. —

Fece un lamento e cascò giù. Ninetto

Allora lo chiamò. Strillò più forte.

Nun rispose. Lo prese pe 'na mano,

Era gelata. Er gelo de la morte!

Je diede un bacio e tartajanno a stento,

Speranno d'esse' inteso da lontano,

Strillò: — M'è morto Erìgo in sto momento.

XXIV.

E da lontano se sentì un sussuro

Page 436: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

D'antre voci. — M'è morto mi' fratello! —

Strillò Ninetto, e dopo fece: — Io puro

Sento che moro e vado a rivedello... —

E intanto ch'antre voci lì a l'oscuro

Je parlaveno senza de vedello,

Strillò: — Si camperete, ve scongiuro,

Dice, de facce seppellì' a Groppello. —

E quanno che le forze j' amancorno,

Che lui se crese a l'urtimi momenti,

Strillò: — Viva l'Italia! — Intorno intorno

J'arisposero, e fu l'urtimo strillo:

Poi s'intesero ancora antri lamenti

E dopo... tutto ritornò tranquillo.

XXV.

E noi che s'aspettamio 'gni momento

La truppa, nun vedenno più gnisuno,

A l'arba, de comun consentimento,

Fu deciso de sciojese. Quarcuno

Rimase ner casale chiuso drento

Page 437: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Co' li feriti; e de nojantri, ognuno,

Dopo che s'approvò lo sciojimento,

Se sbandassimo tutti. Quarchiduno

Fu preso a Roma a piazza Barberina;

L'antri sperduti in braccio de la sorte

Agnedero a schizzà' pe' la Sabina,

Li più se riformorno in carovana,

Passorno fiume, presero le córte

Drento a li boschi, e agnedero a Mentana.

Page 438: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

JORGE LUIS BORGES

Scacchiera

I

I giocatori, nel grave cantone,

Guidano i lenti pezzi. La scacchiera

Fino al mattino li incatena all’arduo

Riquadro dove s’odian due colori.

Raggiano in esso magici rigori

Le forme: torre omerica, leggero

Cavallo, armata regina, re estremo,

Alfiere obliquo, aggressive pedine.

I giocatori si separeranno,

Li ridurrà in polvere il tempo, e il rito

Antico troverà nuovi fedeli.

Accesa nell’oriente, questa guerra

Ha oggi il mondo per anfiteatro.

Come l’altro, è infinito questo giuoco.

II

Lieve re, sbieco alfiere, irriducibile

Donna, pedina astuta, torre eretta,

Page 439: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Sparsi sul nero e il bianco del cammino

Cercano e danno la battaglia armata.

Non sanno che la mano destinata

Del giocatore conduce la sorte,

Non sanno che un rigore adamantino

Governa il loro arbitrio di prigioni.

Ma anche il giocatore è prigioniero

(Omar afferma) di un’altra scacchiera

Di nere notti e di bianche giornate.

Dio muove il giocatore, questi il pezzo.

Quale dio dietro Dio la trama ordisce

Di tempo e polvere, sogno e agonia?

Page 440: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

TRILUSSA

Fede

Credo in Dio Padre Onnipotente. Ma.....

- Ciai quarche dubbio? Tiettelo per te.

La Fede è bella senza li ‹‹ chissà ››,

senza li ‹‹ come ›› e senza li ‹‹ perché ››.

Page 441: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

VINCENZO CARDARELLI

Alla morte

Morire sì,

non essere aggrediti dalla morte.

Morire persuasi

che un siffatto viaggio sia il migliore.

E in quell'ultimo istante essere allegri

come quando si contano i minuti

dell'orologio della stazione

e ognuno vale un secolo.

Poi che la morte è la sposa fedele

che subentra all'amante traditrice,

non vogliamo riceverla da intrusa,

né fuggire con lei.

Troppo volte partimmo

senza commiato!

Sul punto di varcare

in un attimo il tempo,

quando pur la memoria

di noi s'involerà,

Page 442: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

lasciaci, o Morte, dire al mondo addio,

concedici ancora un indugio.

L'immane passo non sia

precipitoso.

Al pensier della morte repentina

il sangue mi si gela.

Morte non mi ghermire

ma da lontano annùnciati

e da amica mi prendi

come l'estrema delle mie abitudini.

Page 443: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

VIRGILIO GIOTTI

Le bigolere

Nel mondo grando, ‘n una

zità sul grando mar,

che ga zità e zità

e là gente e dafar;

nel mile nove zento

quaranta dopo Cristo,

‘sto qua, n’ un canton de

subùrbio, se ga visto:

Quatro fie (e xe sabo

dopopranzo bonora),

giornaliere del pasti-

ficio, vignude fora

co’ la sirena; in ciapo [un mazzo]

‘torno de un tavolin,

coi soldi de la paga,

Page 444: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ficai nel scarselin

del traverson [grembiulone]; che le òrdina,

come d’i giovinoti,

un litruz de vin bianco

e spagnoleti [sigarette]. I goti

una impinissi, alzada

in pïe, morbinosa [l’allegria e la smania addosso] ,

c’un naso paro in su

e el sport [sigaretta sport] tra i labri rosa.

E le se parla e conta,

quatro teste tacade,

e le ridi e le scherza

un poco imborezzade [eccitate].

par quel che le ga fato.

Cheche [gazze] le par alegre,

calade su ‘na graia [siepe].

co’ le ale bianche e negre.

Page 445: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

E cussì le se godi

in fra de lore una fià

dei su’ disdoto ani,

che xe quel che le ga.

Oh sì, bele! crature

de la vita che ieri

xe stada, che xe ogi,

che sarà diman. Veri

cari èsseri del mondo,

che a vardarle le fa

piànzer. E un le varda,

un griso, là sentà:

un poeta. Anca lui

bel, sì, anca lui, sì,

cratura de la vita

che iera e sarà: mi.

Page 446: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Mi, che in ‘sto dopopranzo,

in ‘sta zità sul mar

grando nel grando mondo;

de ‘na tola [tavolo] de un bar

del subùrbio; vardado

quele quatro fie go,

le bigolere, alegro

no, tristo gnanca no.

Page 447: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ALDO PALAZZESCHI

L’incendiario

1910

a F. T. Marinetti

anima della nostra fiamma

In mezzo alla piazza centrale

del paese,

è stata posta la gabbia di ferro

con l’incendiario.

Vi rimarrà tre giorni

perchè tutti lo possano vedere.

Tutti si aggirano torno torno

all’enorme gabbione,

durante tutto il giorno,

centinaia di persone.

‒ Guarda un pochino dove l’anno messo!

‒ Sembra un pappagallo carbonaio.

‒ Dove lo dovevano mettere?

Page 448: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

‒ In prigione addirittura.

‒ Gli sta bene di far questa bella figura!

‒ Perchè non gli avete preparato

un appartamento di lusso,

così bruciava anche quello!

‒ Ma nemmeno tenerlo in questa gabbia!

‒ Lo faranno morire dalla rabbia!

‒ Morire! È uno che se la piglia!

‒ È più tranquillo di noi!

‒ Io dico che ci si diverte.

‒ Ma la sua famiglia?

‒ Chi sa da che parte di mondo è venuto!

‒ Questa robaccia non à mica famiglia!

‒ Sicuro, è roba allo sbaraglio!

‒ Se venisse dall’ inferno?

‒ Povero diavolaccio!

‒ Avreste anche compassione?

Se v’avesse bruciata la casa

non direste così.

‒ La vostra l’à bruciata?

‒ Se non l’à bruciata

Page 449: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

poco c’è corso.

À bruciato mezzo mondo

questo birbaccione!

‒ Almeno, vigliacchi, non gli sputate addosso,

infine è una creatura!

‒ Ma come se ne sta tranquillo!

‒ Non à mica paura!

‒ Io morirei dalla vergogna!

‒ Star lì in mezzo alla berlina!

‒ Per tre giorni!

‒ Che gogna!

‒ Dio mio che faccia bieca!

‒ Che guardatura da brigante!

‒ Se non ci fosse la gabbia

io non ci starei!

‒ Se a un tratto si vedesse scappare?

‒ Ma come deve fare?

‒ Sarà forte quella gabbia?

‒ Non avesse da fuggire!

‒ Dai vani dei ferri non potrà passare?

Questi birbanti si sanno ripiegare

Page 450: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

in tutte le maniere!

‒ Che bel colpo oggi la polizia!

‒ Se non facevan presto a accaparrarlo,

ci mandava tutti in fumo!

‒ Si meriterebbe altro che berlina!

‒ Quando l’ànno interrogato,

à risposto ridendo

che brucia per divertimento.

‒ Dio mio che sfacciato!

‒ Ma che sorta di gente!

‒ Io lo farei volentieri a pezzetti.

‒ Buttatelo nel fosso!

‒ Io gli voglio sputare

un’altra volta addosso!

‒ Se bruciassero un pò lui

perchè ridesse meglio!

‒ Sarebbe la fine che si merita!

‒ Quando sarà in prigione scapperà,

è talmente pieno di scaltrezza!

‒ Peggio d’una faina!

‒ Non vedete che occhi che à?

Page 451: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

‒ Perchè non lo buttano in un pozzo?

‒ Nel cisternone del comune!

‒ E ci sono di quelli

che avrebbero pietà!

‒ Bisogna esser roba poco pulita

per aver compassione

di questa sorta di persone!

Largo! Largo! Largo!

Ciarpame! Piccoli esseri

dall’esalazione di lezzo,

fetido bestiame!

Ringoiatevi tutti

il vostro sconcio pettegolezzo,

e che vi strozzi nella gola!

Largo! Sono il poeta!

Io vengo di lontano,

il mondo ò traversato,

per venire a trovare

la mia creatura da cantare!

Inginocchiatevi marmaglia!

Uomini che avete orrore del fuoco,

Page 452: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

poveri esseri di paglia!

Inginocchiatevi tutti!

Io sono il sacerdote,

questa gabbia è l’altare,

quell’uomo è il Signore!

Il Signore tu sei,

al quale rivolgo,

con tutta la devozione

del mio cuore,

la più soave orazione.

A te, soave creatura,

giungo ansante, affannato,

ò traversato rupi di spine,

ò scavalcato alte mura!

Io ti libererò!

Fermi tutti, v’ò detto!

Tenete la testa bassa,

picchiatevi forte nel petto,

è il confiteor questo,

della mia messa!

Page 453: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

T’ànno coperto d’insulti

e di sputacchi,

quello sciame insidioso

di piccoli vigliacchi.

Ed è naturale che da loro

tu ti sia fatto allacciare:

quegl’ insetti immondi e poltroni,

sono lividi di malefica astuzia,

circola per le loro vene

il sangue verde velenoso.

E tu grande anima

non potevi pensare

al piccolo pozzo che t’avevan preparato,

ci dovevi cascare.

Io ti son venuto a liberare!

Fermi tutti!

Ti guardo dentro gli occhi

per sentirmi riscaldare.

Rannicchiato sotto il tuo mantello

tu sei senza parole,

Page 454: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

come la fiamma: colore, e calore!

E quel mantello nero

te l’àn gettato addosso

gli stolidi uomini vero,

perchè non si veda che sei tutto rosso?

Oppure te lo sei gettato da te,

per ricuoprire un poco

l’anima tua di fuoco?

Che guardi all’orizzonte?

Se s’alza una favilla?

Dimmi, non sei riuscito a trafugare

l’ultimo zolfino?

Ti si legge negli occhi!

Ma ti saltan dagli occhi le faville,

a cento, a cento, a mille!

Tu puoi cogli occhi

bruciare tutto il mondo!

T’à creato il sole,

che bruci al sol guardarti?

Quando tu bruci

Page 455: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

tu non sei più l’uomo,

il Dio tu sei!

Mi sento correr per le vene un brivido.

Ti vorrei vedere quando abbruci,

quando guardi le tue fiamme;

tutte quelle bocche,

tutte quelle labbra,

tutte quelle lingue,

non vengono a baciarti tutte?

Non sono le tue spose

voluttuose?

Bello, bello, bello e Santo!

Santo! Santo!

Santo quando pensi di bruciare.

Santo quando abbruci,

Santo quando le guardi

le tue fiamme sante!

E voi, rimasti pietrificati dall’orrore,

pregate, pregate a bassa voce,

orazioni segrete.

Page 456: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Anch’io sai, sono un incendiario,

un povero incendiario che non può bruciare,

e sono come te in prigione.

Sono un poeta che ti rende omaggio,

da povero incendiario mancato,

incendiario da poesia.

Ogni verso che scrivo è un incendio.

Oh! Tu vedessi quando scrivo!

Mi par di vederle le fiamme,

e sento le vampe, bollenti

carezze al mio viso.

Incendio non vero

è quello ch’io scrivo,

non vero seppure è per dolo.

Àn tutte le cose la polizia,

anche la poesia.

Là sopra il mio banco ove nacque,

il mio libro, come per benedizione

io brucio il primo esemplare,

e guardo avido quella fiamma,

Page 457: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

e godo, e mi ravvivo,

e sento salirmi il calore alla testa

come se bruciasse il mio cervello.

Come mi sento vile innanzi a te!

Come mi sento meschino!

Vorrei scrivere soltanto per bruciare!

Nel segreto delle mie stanze

passeggio vestito di rosso,

e mi guardo in un vecchio specchio,

pieno di ebbrezza,

come fossi una fiamma,

una povera fiamma che aspetta....

il tuo riflesso!

Fuori vado vestito di grigio,

ovvero di nessun colore,

c’è anche per le vesti una polizia,

come per le parole.

E quella per il fuoco

è tremenda, accanita,

gli uomini ànno orrore delle fiamme,

Page 458: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

gli uomini seri,

per questo anno inventato i pompieri.

Tu mi guardi, senza parlare,

tu non parli,

e i tuoi occhi mi dicono:

uomo, poco farai tu che ciarli.

Ma fido in te!

T’apro la gabbia vài

Guardali, guardali, come fuggono!

Sono forsennati dall’orrore,

la paura gli à tutti impazzati.

Potete andare, fuggite, fuggite,

egli vi raggiungerà!

E una di queste mattine,

uscendo dalla mia casa,

fra le consuete catapecchie,

non vedrò più le vecchie

reliquie tarlite,

così gelosamente custodite

da tanto tempo!

Non le vedrò più!

Page 459: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Avrò un urlo di gioia!

Ci sei passato tu!

E dopo mi sentirò lambire le vesti,

le fiamme arderanno

sotto la mia casa....

griderò, esulterò,

m’avrai data la vita!

Io sono una fiamma che aspetta!

Va, passa fratello, corri, a riscaldare

la gelida carcassa

di questo vecchio mondo!

Page 460: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

ARDENGO SOFFICI

Via

Palazzeschi, eravamo tre,

noi due e l’amica ironia

a braccetto per quella via

così nostra alle ventitrè.

Il nome, chi lo ricorda?

dalle parti di San Gervasio;

Silvio Pellico o Metastasio;

c’era sull’angolo in blu.

Mi ricordo però il resto:

l’ombra d’oro sulle facciate,

qualche raggio nelle vetrate;

agiatezza e onorabilità.

Tutto nuovo, le lastre azzurre

del marciapiede innaffiato,

Page 461: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

le persiane verdi, il selciato,

i lampioni color caffè;

Giardinetti disinfettati

canarini ai secondi piani,

droghieri, barbieri, ortolani,

un signore che guardava in su;

un altro seduto al balcone,

calvo, che leggeva il giornale.

Tra i gerani del davanzale

una bambinaia col bebè.

Un fiacchere fermo a una porta

col fiaccheraio assopito,

un can barbone fiorito

di seta, che ci annusò;

un sottotenente lucente

bello sulla bicicletta,

monocolo e sigaretta,

Page 462: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

due preti, una vecchia un lacchè.

– Che bella vita – dicesti –

Ammogliati, una decorazione,

qui tra queste brave persone,

i modelli della città.

Che bella vita fratello! –

E io sarei stato d’accordo;

Ma un organetto un po’ sordo

si mise a cantare: Ohi Marì…

E fummo quattro oramai

a braccetto per quella via.

Peccato! La malinconia

s’era invitata da sé.

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SALVATORE DI GIACOMO

A San Francisco

A San Francisco

mo sona ’o risveglio,

chi dorme e chi veglia

chi fa nfamità… Canzone ‘e carcerate

I

– Vuíe ccà!... Vuíe, don Giuvà!... Ccà dinto?!... – E’ [visto?!

So’ benuto ’int’ ’a cummertazione.

– …Sangro?... – Embè… sango. Mme so’ fatto [nzisto…

E tu? – Cuntrammenzione ’ammunizione. –

Sunàino ’e nnove. Na lanterna a scisto

sagliette cielo, mmiez’ ’o cammarone:

lucette nfaccia ’o muro ’o Giesucristo

croce, pittato pe devuzione.

Page 464: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

S’aizàino ’a quatto o cinche carcerate…

– E cchesta è n’ ata notte! – uno dicette –

Mannaggia chillo Dio ca nce ha criate! –

E ghiastemmanno se spugliate. Trasette

nu secondino. Nfaccia ’e fferriate

sunaie: sbattette ’a porta e se ne iette.

II

– E mo?... – Mo? Nn’ ’o bberite? Ce cuccammo.

Tenite suonno? – Poco, ’a verità…

– Nun ve cuccate’… No. Veglio. – E vigliammo…

Ve faccio cumpagnia, mastu Giuvà.

– E ’o carceriero? – È amico. – E… si parlammo?

– Si ce sente? E che fa? Che ce po’ fa?

Basta, p’ ogni chi sa, mo nce ’o chiammammo,

’o mmuccammo na lira e se ne va.

– Questa è ’a muneta. – Senza cumprimente

Page 465: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

’a cacciasse semp’io… Ma ccà, ’o ssapite,

parlanno cu rispetto ’e chi mme sente,

so’ zuzzuse, ’e renare so’ puibbrite

e fossero ’e renare sulamente…

Zi’… Sta passanno ’on Peppe… ’On Pè!... Sentite!

III

Ce sta st’ amico mio… – Be’?... – Mo è trasuto…

– Be’?... – Suonno nun ne tene… – E c’ aggia fa?

– Si premmettete… rummane vestuto…

veglia… C’ha dda viglià! S’ha dda cuccà!

« L’amico… mo è trasuto… mo è benuto… »

Ma che m’ammacche? A chi vuò fa ’ncuità?

Addò se crere ’e sta’? Ccà è dditinuto:

nun pozzo fa’ particularità…

– Ce steva na liretta… – Comm’ e’ ditto?

– Aggio ditto ce steva na liretta…

Page 466: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

V’ ’a proio?... – Fatte cchiù ccà… Parla cchiù zitto.

È de carta?... – Gnernò, so’ sòrde… – E aspetta…

Pàssele chiano chiano… aspè… che faie?

Va quacche sòrdo nterra e tu mme nguaie!...

IV

Pe nu minuto, dint’ ’o cammarone,

nun se pepetiaie. Stracque, menate,

chisto ’a ccà, chillo ’a llà, ncopp’ ’o paglione

steveno ’a na dicina ’e carcerate.

Duie runfaveno già, vestite e buone,

e, mmiez’ a ll’ ate addurmute o scetate,

mariuolo a dudece anne, ’o cchiù guaglione

vutava attorno ll’ uocchie affiussiunate.

E ’o cammarone se nfucava. ’O scisto

feteva: ’a cazettella ca felava

affummecava ’e trave rusecate.

Page 467: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Ll’ ombra d’ ’a funa nfaccia ’o Giesucristo

tremmava, lenta : e ll’ aria s’abbambava

’e ll’ afa ’e tutte st’ uommene e sti sciate…

V

– Dunque – dicette ’o si’ Giuvanno Accetto,

assettato cu Tore « Nfamità »

ncopp’ a nu scannetiello appede ’o lietto –

dunque, aggio fatto ’o guaio: nun c’ è che fa’!...

’A n’ anno nun trovavo cchiù arricietto!

Patevo ’a n’ anno! E… ’o bbi’… Mo stonco ccà…

Se fotte! ’O core mm’ ’o diceva mpietto

ca nu iurno perdevo ’a libbertà!...

Fa ’o ualantomo, tratta buono ’a gente…

Quante cchiù meglio ’a tratte e cchiù lle faie,

cchiù nn’ aie cate ’e veleno e trarimente!

Page 468: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Riébbete, figlie, malatie : so’ guaie,

ma nun pogneno… ’E ccorna so’ pugnente!

To’!... Curtellate sì, ma corna maie!...

VI

– Ma… che bulite di’?... dicette Tore –

Io… nn’ arrivo a capì… Ronna Ndriana?!...

– Leve stu ddonna, famme stu favore!

Chiamamela a nomme… Schifosa, puttana!...

…Ll’ aggio accisa! – ’On Giuvà!... Sì!... Pe ll’onore

– Ndriana!... Accisa!... E… quanno?.... – ’A na [semmana.

Mme scurnacchiava ca nu mio signore,

e io ll’aggio accisa! Sì! Comm’ a na cana!...

… Siente… E pecché te scuoste? – Io?... Nun… [me scosto…

– E pecché te si’ fatto mpont’ ’o scanno?...

Page 469: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

– Io?... No… – Fatte cchiù ccà… – Sto ccà…. Mm’ [accosto…

– Tu siente?... Siente… Mme ngannava!... ’A [n’anno!...

E… saie cu chi? – Cu… chi?... – Mo nn’ ’o ssaie [cchiù? –

St’ amico… nun ’o saie?... – Chi?... – Chi?... Si’ tu!

VII

Lucette ’acciaro ’e nu curtiello. ’O scanno

s’ avutaie, s’ abbuccaie. Tore cadette

e chill’ ato ’o fuie ncuollo. – È n’ anno, è n’ anno

ca te ievo truvanno! – lle dicette.

– Mamma r’ ’a Sanità!... Chiste che fanno!... –

strellaie nu carcerato. E se susette

mmiez’ ’o lietto, e guardaie… Nterra, ’on Giuvanno

ncasava a «Nfamità»… Tre botte ’o dette.

Tutte e tre mpietto… E s’aizàie. Pareva

Page 470: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

nu cadavere. ’O sango ll’ era sciso

p’ ’a mano dint’ ’a maneca e scurreva…

– Chiammate ’on Peppe!... Ccà ce sta n’ amico

ca… mme vuleva bene!... E io ll’ aggio acciso!

Mm’ è ccustato na lira… ’a benerico!

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JORGE LUIS BORGES

Il mare

Prima che il sogno (o il terrore) intrecciasse

Mitologie e cosmogonie

E che il tempo prendesse forma in giorni,

il mare, il sempre mare, era lì, eterno.

Chi è dunque il mare? Chi è quel violento

Mare antico che rode i pilastri

Della terra ed è uno e molti mari

Ed è abisso e splendore, caso e vento?

Lo si guarda ogni volta per la prima

Volta, con lo stupore che le cose

Elementari destano; maliose

Sere, la luna, il fuoco d'un falò:

chi è il mare, io chi sono? Lo saprò

il giorno che tien dietro all'agonia.

Page 472: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

TRILUSSA

La stretta de mano

Quela de dà la mano a chicchessia

nun è certo un’usanza troppo bella:

te pò succede ch’hai da strigne quella

d’un ladro, d’un ruffiano o d’una spia.

Deppiù la mano, asciutta o sudarella,

quann’ha toccato quarche porcheria,

contiè er bacillo d’una malatia

che t’entra in bocca e va ne le budella.

Invece a salutà romanamente

ce se guadambia un tanto co l’iggiene

eppoi nun c’è pericolo de gnente.

Perché la mossa te viè a dì in sostanza:

“Semo amiconi … se volemo bene …

me restamo a una debbita distanza”.

Page 473: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

BIAGIO MARIN

Le ultime ricele

Le ultime ricele

l'hè tolte zo per zuogo

co' 'l ponente za in fogo

e a levante le stele.

Pochi grani dulsìi

da la longa stagion,

savorusi de bon,

d'arumi za sfinìi.

La pergola xe rossa

e za le fogie cage

dal vento persuase

co' 'na picola scossa.

(ricele = grappoli)

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TAO CH’IEN

Inondazione

Le nuvole insistenti corrono corrono,

La pioggia regolare gocciola gocciola.

Nelle Otto Direzioni è lo stesso crepuscolo;

E la pianura è una sola grande fiumana.

Vino, vino ho qui in serbo!

Ozioso bevo alla finestra d’Oriente.

Con grande nostalgia penso agli amici,

Ma non vedo apparir barca né cocchio.

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JACQUES PRéVERT

Il ritorno al paese

E' un bretone, che ritorna al paese natale

dopo aver fatto parecchi colpacci.

Egli passeggia davanti alle fabbriche a Doirnainè.

Non riconosce nessuno. Nessuno riconosce lui.

E' molto triste.

Entra in una friggitoria per mangiare frittelle

ma non può mangiarle: ha qualcosa in gola che glielo impedisce.

Paga, esce, accende una sigaretta. Ma non può fumarla.

Vi è qualcosa, qualcosa nella sua testa, qualcosa di storto.

Egli è sempre più triste. E subito comincia a ricordare.

Qualcuno gli ha detto quando era bambino: "Tu finirai sul patibolo".

E per anni non ha mai osato fare niente. Né attraversare la strada,

Page 476: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

né prendere la via del mare... Niente, assolutamente niente.

E si ricorda. Colui che aveva tutto predetto è lo zio Crazy R.

Lo zio Crazy R che portava a tutti scalogna. Il porco.

Il bretone pensa a sua sorella che lavora a Vugirard.

A suo fratello morto in guerra.

Pensa a tutte le cose che ha visto, a tutte le cose che ha fatto.

La tristezza si stringe contro di lui.

Ancora una volta tenta di accendere una sigaretta.

Ma non ha voglia di fumare.

Allora decide di andare a trovare lo zio Crazy R.

Va, apre la porta, lo zio non lo riconosce.

Ma lui lo riconosce, e gli dice:

"Buongiorno zio Crazy R". E poi gli torce il collo.

E finisce sul patibolo a Kimpere.

Dopo aver mangiato due dozzine di frittelle

e fumata una sigaretta.

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EDUARDO DE FILIPPO

Te sistieme

Nu soldo dint' 'a sacca nn' 'o truvavo:

ll'amice, cene, femmene, 'o triato...

'A lira overamente nn' 'a curavo,

e quase sempe stevo disperato.

Dicev' 'a ggente: « Sulo na mugliera

te pò cagnà sta capa p' 'a galera.

Te nzure, te sistieme nsanta pace...

siente na vota nu cunsiglio mio! »

Embè, mò nun me pozzo fà capace,

embè, v' 'o giuro quanto è certio Dio:

j' nun sò stato maie tanto nguaiato

comme a mò ca me songo sistimato!

Page 478: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

GIORGIO CAPRONI

da ‹‹ Natale dei poeti ››

S’avvicina il Natale.

Gesù, portami via.

La tua è la più bella bugia

che possa allettare un mortale.

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TRILUSSA

Nummeri

- Conterò poco, è vero:

- diceva l'Uno ar Zero -

ma tu che vali? Gnente: propio gnente.

Sia ne l'azzione come ner pensiero

rimani un coso voto e inconcrudente.

lo, invece, se me metto a capofila

de cinque zeri tale e quale a te,

lo sai quanto divento? Centomila.

È questione de nummeri. A un dipresso

è quello che succede ar dittatore

che cresce de potenza e de valore

più so' li zeri che je vanno appresso.

1944

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ALDO PALAZZESCHI

Movimento

Io vo... tu vai... si va...

Ma non chiedere dove

ti direbbero una bugia:

dove non si sa.

E è tanto bello quando uno va.

Io vo... tu vai... si va...

perchè soltanto andare

in un modno di ciechi

è la felicità.

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GIORGIO CAPRONI

In una notte d’un gelido 17 dicembre

… l’uomo che di notte, solo,

nel ‹‹gelido dicembre››,

spinge il cancello e rientra

– solo – nei suoi sospiri.

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LEONARDO SINISGALLI

I vezzi dei fanciulli

Qualcuno si rovescia le palpebre

per darsi importanza,

riesce a far centro con uno schioppetto

caricato di stoppa e di saliva.

Mira a distanza in un occhio

e colpisce. Porta in tasca

un peperoncino, ne stacca

la punta coi denti, la sputa

fulmineo non visto

in faccia alla gente.

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FERNANDO PESSOA

Autopsicografia

Il poeta è un fingitore.

Finge così completamente

che arriva a fingere che è dolore

il dolore che davvero sente.

E quanti leggono ciò che scrive,

nel dolore letto sentono proprio

non i due che egli ha provato,

ma solo quello che essi non hanno.

E così sui binari in tondo

Gira, illudendo la ragione,

questo trenino a molla

che si chiama cuore.

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EDUARDO DE FILIPPO

Io vulesse truvà pace

Io vulesse truva’ pace;

ma na pace senza morte.

Una,’mmiez’a tanta porte,

s’arapesse pe’ campa’!

S’arapesse na matina,

na matin”e primmavera,

arrivasse fin”a sera

senza di’ : “nzerrate lla” !

Senza sentere cchiu’ ‘a ggente

ca te dice: “io faccio…io dico”,

senza sentere l’amico

ca te vene a cunziglia’

Senza sentere ‘a famiglia

ca te dice: “Ma ch’he fatto?”

senza scennere cchiu’ a patto

Page 485: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

cu”a cuscienza e ‘a dignita’.

Senza leggere ‘o giurnale

‘a nutizia ‘mprussiunante,

ch’e’ nu guaio pe’ tutte quante

e nun tiene che ce fa.

Senza sentere ‘o duttore

ca te spiega ‘a malatia

‘a ricetta in farmacia

l’onorario ch’he ‘a pava’

Senza sentere stu core

ca te parla ‘e Cuncettina

Rita, Brigida, Nannina…

chesta si’… chell’ata no.

Pecche’ insomma si vuo’ pace

e nun sentere cchiu’ niente

‘e ‘a spera’ ca sulamente

ven’ ‘a morte a te piglia’?

Page 486: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Io vulesse truva’ pace

ma ‘na pace senza morte.

Una,’mmiez’ a tanta porte

s’arapesse pe’ campa’

S’arapesse ‘na matina

‘na matina ‘e primmavera

e arrivasse fin’a sera

senza di’ “nzerrate la’!”

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VIRGILIO GIOTTI

Inverno

Dei purziteri,

ne le vetrine,

xe verdoline

le ulive za;

ghe xe le renghe

bele de arzento;

e sùfia un vento

indiavolà:

cativo inverno

èco' e qua!

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WILLIAM BUTLER YEATS

Un aviatore irlandese prevede la sua morte

So che andrò incontro al mio destino

Lassù, da qualche parte fra le nuvole.

Io non odio coloro che combatto,

Coloro che difendo non li amo;

La mia patria è Kiltartan Cross,

I miei compatrioti la sua povera gente:

La mia probabile fine non potrà danneggiarli

O renderli felici più di prima.

Non legge, non dovere mi spinsero a combattere,

Né uomo politico, né folla plaudente:

Un impulso di gioia solitario

Portò a questo tumulto fra le nuvole.

Ho soppesato tutto, rammentato ogni cosa;

Gli anni a venire sembravano spreco di fiato,

Uno spreco di fiato gli anni addietro

In equilibrio con questa vita, questa morte.

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FRANCIS JAMMES

Parlo del Signore Gesù

Parlo del Signore Gesù:

ma è vero poi che ci creda?

A cinque anni mi dicevano: su

fa’ il bravo, non fare il birbante,

va’ con Maria alla Chiesa,

tieni questo croccante;

ma prega

il buon Dio e prega

la Vergin Maria.

E poi c’era la processione

che io seguivo con la mia

governante, e i bei fiori di cotone

dentro i bossi della lotteria.

E credevo proprio che il Signore

fosse un vecchio candido e di buon cuore,

pronto a fare ogni favore.

Dicono: e se non ci fosse?

Che importa; io so che alla sera,

Page 490: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

nel villaggio, la mia chiesa

è tanto grigia e tanto dolce

e invita alla preghiera.

Page 491: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

GIUSEPPE UNGARETTI

Natale

Non ho voglia

di tuffarmi

in un gomitolo

di strade

Ho tanta

stanchezza

sulle spalle

Lasciatemi così

come una

cosa

posata

in un

angolo

e dimenticata

Qui

Page 492: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

non si sente

altro

che il caldo buono

Sto

con le quattro

capriole

di fumo

del focolare

Napoli 26 dicembre 1916

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BIAGIO MARIN

Me ‘speto senpre, ‘speto incora,

che fassa l’alba, che fassa aurora,

e che la vegna a dâme un baso,

a ufrîme el so geranio in vaso,

prima che ‘l nuòlo incora rosso

de l’ultima zornâ sia disparìo,

sora del lìo,

sora del dosso.

Xe za l’ultima ora:

la score calma e sita,

la porta via la luse de la vita

e me son qua che ‘speto incora.

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GIORGIO CAPRONI

Congedo del viaggiatore cerimonioso

ad Achille Millo

Amici, credo che sia

meglio per me cominciare

a tirar giù la valigia.

anche se non so bene l’ora

d’arrivo, e neppure

conosca quali stazioni

precedano la mia,

sicuri segni mi dicono,

da quanto m’è giunto all’orecchio

di questi luoghi, ch’io

vi dovrò presto lasciare.

Vogliatemi perdonare

quel po’ di disturbo che reco.

Con voi sono stato lieto

dalla partenza, e molto

vi sono grato, credetemi,

Page 495: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

per l’ottima compagnia.

Ancora vorrei conversare

a lungo con voi. Ma sia.

Il luogo del trasferimento

lo ignoro. Sento

però che vi dovrò ricordare

spesso, nella nuova sede,

mentre il mio occhio già vede

dal finestrino, oltre il fumo

umido del nebbione

che ci avvolge, rosso

il disco della mia stazione.

Chiedo congedo a voi

senza potervi nascondere,

lieve, una costernazione.

Era così bello parlare

insieme, seduti di fronte:

così bello confondere

i volti (fumare,

Page 496: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

scambiandoci le sigarette),

e tutto quel raccontare

di noi (quell’inventare

facile, nel dire agli altri),

fino a poter confessare

quanto, anche messi alle strette,

mai avremmo osato un istante

(per sbaglio) confidare.

(Scusate. È una valigia pesante

anche se non contiene gran che:

tanto ch’io mi domando perché

l’ho recata, e quale

aiuto mi potrà dare

poi, quando l’avrò con me.

Ma pur la debbo portare,

non fosse che per seguire l’uso.

Lasciatemi, vi prego, passare.

Ecco. Ora ch’essa è

nel corridoio, mi sento

più sciolto. Vogliate scusare).

Page 497: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Dicevo, che era bello stare

insieme. Chiacchierare.

Abbiamo avuto qualche

diverbio, è naturale.

Ci siamo – ed è normale

anche questo – odiati

su più d’un punto, e frenati

soltanto per cortesia.

Ma, cos’importa. Sia

come sia, torno

a dirvi, e di cuore, grazie

per l’ottima compagnia.

Congedo a lei, dottore,

e alla sua faconda dottrina.

Congedo a te, ragazzina

smilza, e al tuo lieve afrore

di ricreatorio e di prato

sul volto, la cui tinta

mite è sì lieve spinta.

Page 498: GM_LaNgègn-PiccolaAntologiaPersonale&ParzialeDiPoesia

Congedo, o militare

(o marinaio! In terra

come in cielo ed in mare)

alla pace e alla guerra.

Ed anche a lei, sacerdote,

congedo, che m’ha chiesto s’io

(scherzava!) ho avuto in dote

di credere al vero Dio.

Congedo alla sapienza

e congedo all’amore.

Congedo anche alla religione.

Ormai sono a destinazione.

Ora che più forte sento

stridere il freno, vi lascio

davvero, amici. Addio.

Di questo, sono certo: io

son giunto alla disperazione,

calma, senza sgomenti.

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Scendo. Buon proseguimento.