gli slogan leghisti non fermeranno la ricerca di un futuro...

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Anche chi non segue i telegiornali o non com- pra i quotidiani sa che gli sbarchi sulle coste dell’Italia meridionale di uomini, donne e bam- bini sono ricominciati; immagini e parole si rin- corrono sui social network e sui canali televisi- vi, frasi spente e vuote, sensazionalistiche o re- toriche per spiegare qualcosa che è al di là della nostra comprensione. Un fenomeno che non ha precedenti nella storia del mondo contempora- neo. Forse solo nella storia antica con le migra- zioni di intere popolazioni alla ricerca di terre meno ostili e più provvide di alimenti possia- mo ricercare qualcosa di simile per cercare di comprendere questa nuova situazione. Chiedo allora a qualcuno che in questa realtà vive e la- vora tutti i giorni, Carlo Cominelli del Centro Sprar di Breno, di spiegarmi la reale situazione di un’emergenza che è diventata quotidianità. Sono i numeri prima di tutto a parlare: solo nella provincia di Brescia vi sono circa 610 ospiti richiedenti asilo politico o umanitario che non sono ancora stati ricevuti dalla com- missione per la valutazione della richiesta, persone giunte in Italia l’anno scorso a cui si dovranno sommare gli arrivi di quest’anno. Direzione, Redazione, Amministrazione: Darfo Boario Terme, vicolo Oglio - Direttore responsabile: Tullio Clementi - Autorizz. Tribunale di Brescia n.3/92 del 10.01.92 - Spedizione in abbonamento postale, art. 2 comma 20/d legge 662/96 - Filiale Bs - Ciclostilato in proprio, Darfo Boario Terme. 24º anno - n. 248 - maggio 2015 “... incisioni eseguite con una punta su una superficie dura, per lo più mettendo allo scoperto un sottostante strato di colore diverso...” la nostra buona scuola Valerio Moncini, pag. 12 segue a pag. 3 il Camuno in America Stefano Malosso, pag. 10 Tapioca punta sul solidale italiano Margherita Moles, pag. 6 NELLA NOSTRA PROVINCIA 610 MIGRANTI IN ATTESA DA UN ANNO gli slogan leghisti non fermeranno la ricerca di un futuro migliore di Federica Nember ecoreati: dov’è la fretta renziana? di Guido Cenini Il disegno di legge sugli ecoreati, dopo due anni di discussione, prima a Montecitorio e poi a Palazzo Madama, è tornato alla Camera dei de- putati per il terzo passaggio parlamentare. Si tratta di una norma che introdurrebbe finalmen- te la parola ambiente nel codice penale. Fatti gravi come l’inquinamento, il disastro ambien- tale o il traffico di materiale radioattivo diven- terebbero veri e propri delitti, con sanzioni adeguate, la possibilità di arresti in flagranza, tempi di prescrizione raddoppiati. Il pressing degli inquinatori però non si è fer- mato: hanno continuato a spingere per ottenere modifiche e far tornare così la legge al Senato, affossandola. Togliere questo divieto per fare un favore ai petrolieri sarebbe anche un imper- donabile regalo alle ecomafie. Non dobbiamo la- sciargli campo libero: dopo decenni di disastri ambientali impuniti sarebbe davvero una beffa. Il ddl doveva essere approvato subito, senza modifiche alla Camera! Invece, come ci si aspettava, le lobby hanno avuto il sopravven- to, soprattutto quelle petrolifere, e così si torna al Senato e i tempi si allungano a chissà quan- do. Campa cavallo che l’erba inquinata cresce. Noi aspettiamo la legge per definire esattamen- te e correttamente cosa sia il sito dell’ex Selca e cosa si dovrà fare per bonificare l’area. segue a pagina 8 70º della Liberazione a più voci... Rosi Romelli, Alessio Domenighini, Michele Cotti Cottini, Giancarlo Maculotti, pag. 4 - 6 sgocciolamento (trickle-down) «Se la guerra alla fame nel mondo è in primo luogo una lotta contro la trasformazione de- gli alimenti in rifiuti (e non per una più equa distribuzione delle risorse), è ovvio che ai poveri e agli affamati del pianeta non spetti altro che il compito di smaltire ciò di cui i ricchi si vogliono sbarazzare. Cioè sedersi, come Lazzaro, ai piedi della tavola del ricco Epulone. Con il che la Trickle-down econo- mics fa il suo ingresso trionfale nel “lascito” dell’Expò». (Guido Viale, Il Manifesto) COSTA VOLPINO c’erano una volta i rifiuti... di Andrea Bonadei Tutte le favole più celebri iniziano con «C’era una volta...». Ci sono protagonisti, antagonisti, ostacoli lungo il cammino, aiutanti, bacchette magiche. Di solito terminano con un felice epilogo, una morale positiva. E sono spesso determinanti bambini scaltri e coraggiosi. È stupido accosta- «... come sintetizzano bene Legambiente e Libera, promotrici dell’appello “In nome del popolo inquinato”, “a pochi metri dal traguardo il governo cambia idea e, dopo tante rassicurazioni e prese di posizione pubbliche da parte di diversi ministri, so- stiene l’emendamento per togliere subito il comma sull’air gun dal ddl e lo rispedisce al Senato, dove ora rischia l’affossamento”...». Eleonora Martini, “Il governo si piega ai petrolieri”, Il Manifesto, 6 maggio 2015 Per permettere ai nuovi migranti del 2015 di avere posto si dovrebbe riconoscere la prote- zione umanitaria ai richiedenti del 2014, ma l’attuale situazione politica, con le elezioni re- gionali alle porte, complica ulteriormente la si- tuazione. La Lega ritorna ai soliti slogan pro- pagandistici e alimenta e cavalca un malcon- tento che si basa essenzialmente sull’ignoran- za, la sinistra permane in una timida incertez- za e fatica a costruire e trovare una risposta praticabile e coerente con la propria storia. Che la Commissione giudichi le richieste do- vrebbe essere dunque la cosa più auspicabile, ma su questo Cominelli è chiaro: il 60% delle domande viene respinto, la stessa percentua- le di rifiutati si ha nel caso del ricorso al Tri- bunale di Milano. Tenuto conto che il rimpa- trio è praticamente impossibile, si ha un nu- mero altissimo di persone che resta sul suolo o mangi ‘sta minestra... Bruno Bonafini, pag. 9

Transcript of gli slogan leghisti non fermeranno la ricerca di un futuro...

Anche chi non segue i telegiornali o non com-pra i quotidiani sa che gli sbarchi sulle costedell’Italia meridionale di uomini, donne e bam-bini sono ricominciati; immagini e parole si rin-corrono sui social network e sui canali televisi-vi, frasi spente e vuote, sensazionalistiche o re-toriche per spiegare qualcosa che è al di là dellanostra comprensione. Un fenomeno che non haprecedenti nella storia del mondo contempora-neo. Forse solo nella storia antica con le migra-zioni di intere popolazioni alla ricerca di terremeno ostili e più provvide di alimenti possia-mo ricercare qualcosa di simile per cercare dicomprendere questa nuova situazione. Chiedoallora a qualcuno che in questa realtà vive e la-vora tutti i giorni, Carlo Cominelli del CentroSprar di Breno, di spiegarmi la reale situazionedi un’emergenza che è diventata quotidianità.Sono i numeri prima di tutto a parlare: solonella provincia di Brescia vi sono circa 610ospiti richiedenti asilo politico o umanitarioche non sono ancora stati ricevuti dalla com-missione per la valutazione della richiesta,persone giunte in Italia l’anno scorso a cui sidovranno sommare gli arrivi di quest’anno.

Direzione, Redazione, Amministrazione: Darfo Boario Terme, vicolo Oglio - Direttore responsabile: Tullio Clementi - Autorizz. Tribunale di Brescia n.3/92del 10.01.92 - Spedizione in abbonamento postale, art. 2 comma 20/d legge 662/96 - Filiale Bs - Ciclostilato in proprio, Darfo Boario Terme.

24º anno - n. 248 - maggio 2015

“... incisioni eseguite con una punta su una superficie dura, per lopiù mettendo allo scoperto un sottostante strato di colore diverso...”

la nostra buona scuolaValerio Moncini, pag. 12segue a pag. 3

il Camuno in AmericaStefano Malosso, pag. 10

Tapioca punta sul solidale italianoMargherita Moles, pag. 6

NELLA NOSTRA PROVINCIA 610 MIGRANTI IN ATTESA DA UN ANNO

gli slogan leghisti non fermerannola ricerca di un futuro miglioredi Federica Nember

ecoreati: dov’è lafretta renziana?di Guido Cenini

Il disegno di legge sugli ecoreati, dopo due annidi discussione, prima a Montecitorio e poi aPalazzo Madama, è tornato alla Camera dei de-putati per il terzo passaggio parlamentare. Sitratta di una norma che introdurrebbe finalmen-te la parola ambiente nel codice penale. Fattigravi come l’inquinamento, il disastro ambien-tale o il traffico di materiale radioattivo diven-terebbero veri e propri delitti, con sanzioniadeguate, la possibilità di arresti in flagranza,tempi di prescrizione raddoppiati.Il pressing degli inquinatori però non si è fer-mato: hanno continuato a spingere per otteneremodifiche e far tornare così la legge al Senato,affossandola. Togliere questo divieto per fareun favore ai petrolieri sarebbe anche un imper-donabile regalo alle ecomafie. Non dobbiamo la-sciargli campo libero: dopo decenni di disastriambientali impuniti sarebbe davvero una beffa.Il ddl doveva essere approvato subito, senzamodifiche alla Camera! Invece, come ci siaspettava, le lobby hanno avuto il sopravven-to, soprattutto quelle petrolifere, e così si tornaal Senato e i tempi si allungano a chissà quan-do. Campa cavallo che l’erba inquinata cresce.Noi aspettiamo la legge per definire esattamen-te e correttamente cosa sia il sito dell’ex Selca ecosa si dovrà fare per bonificare l’area.

segue a pagina 8

70º della Liberazione a più voci...Rosi Romelli, Alessio Domenighini, Michele

Cotti Cottini, Giancarlo Maculotti, pag. 4 - 6

sgocciolamento (trickle-down)«Se la guerra alla fame nel mondo è in primoluogo una lotta contro la trasformazione de-gli alimenti in rifiuti (e non per una più equadistribuzione delle risorse), è ovvio che aipoveri e agli affamati del pianeta non spettialtro che il compito di smaltire ciò di cui iricchi si vogliono sbarazzare. Cioè sedersi,come Lazzaro, ai piedi della tavola del riccoEpulone. Con il che la Trickle-down econo-mics fa il suo ingresso trionfale nel “lascito”dell’Expò». (Guido Viale, Il Manifesto)

COSTA VOLPINO

c’erano una volta i rifiuti...di Andrea Bonadei

Tutte le favole più celebri iniziano con «C’era una volta...». Ci sono protagonisti, antagonisti,ostacoli lungo il cammino, aiutanti, bacchette magiche. Di solito terminano con un felice epilogo,una morale positiva. E sono spesso determinanti bambini scaltri e coraggiosi. È stupido accosta-

«... come sintetizzano bene Legambiente eLibera, promotrici dell’appello “In nomedel popolo inquinato”, “a pochi metri daltraguardo il governo cambia idea e, dopotante rassicurazioni e prese di posizionepubbliche da parte di diversi ministri, so-stiene l’emendamento per togliere subito ilcomma sull’air gun dal ddl e lo rispedisce alSenato, dove ora rischia l’affossamento”...».

Eleonora Martini, “Il governo si piega aipetrolieri”, Il Manifesto, 6 maggio 2015

Per permettere ai nuovi migranti del 2015 diavere posto si dovrebbe riconoscere la prote-zione umanitaria ai richiedenti del 2014, mal’attuale situazione politica, con le elezioni re-gionali alle porte, complica ulteriormente la si-tuazione. La Lega ritorna ai soliti slogan pro-pagandistici e alimenta e cavalca un malcon-tento che si basa essenzialmente sull’ignoran-za, la sinistra permane in una timida incertez-za e fatica a costruire e trovare una rispostapraticabile e coerente con la propria storia.Che la Commissione giudichi le richieste do-vrebbe essere dunque la cosa più auspicabile,ma su questo Cominelli è chiaro: il 60% delledomande viene respinto, la stessa percentua-le di rifiutati si ha nel caso del ricorso al Tri-bunale di Milano. Tenuto conto che il rimpa-trio è praticamente impossibile, si ha un nu-mero altissimo di persone che resta sul suolo

o mangi ‘sta minestra...Bruno Bonafini, pag. 9

2 maggio 2015 - graffiti

AVANTI GRAN PARTITO! (a cura di Michele Cotti Cottini)

poker e briscoloun Dignità. Il «giovane caudillo, maleducato di talento» (cit. Ferruccio de Bortoli) prosegue la

sua marcia spavalda. Ennesime parole fuori luogo e fuori misura: accusa la minoranza internadi mettere a rischio la «dignità del partito», liquida le preoccupazioni sul calo degli iscritti(nella nostra provincia -25% dal 2013 al 2014) come nostalgici rimpianti degli affezionati allasconfitta. Davanti all’ennesima prova di forza e arroganza, sulla nuova legge elettorale a smar-carsi sono stati Bersani, Epifani, Letta, Bindi, Speranza, Cuperlo, Civati. Non esattamente ilportavoce di uno sperduto Circolo di provincia (con tutto il rispetto). Ma due ex segretarinazionali, l’ex vicesegretario, l’ex presidente, l’ex capogruppo, gli ex candidati alla segreteria.Gli stessi esponenti esclusi dal programma della Festa nazionale de l’Unità di Bologna, orga-nizzata per onorare i 70 anni dalla Liberazione. Possibile liquidare il tutto con una nuova alza-ta di spalle e non interrogarsi su cosa sia diventato ormai il Pd? Possibile che non ci sia nem-meno un portavoce di uno sperduto Circolo di provincia (con tutto il rispetto) che senta ilbisogno di convocare un’assemblea, discutere, prendere posizione?

Ricordi. La prima volta che ho sentito parlare Civati è stata nel 2007. Congresso regionaledella Sinistra giovanile. La federazione di Brescia era riuscita a tessere un documento di criticacostruttiva al percorso di creazione del Pd; raccomandavamo di ripartire dall’Ulivo, senza az-zerare le specificità di un partito (e di un movimento giovanile) di sinistra. Civati intervenne –ricordo – invitandoci a mettere da parte le paure e affrontare il nuovo incontro, la nuova sfida,a viso aperto. Di lì a qualche mese, a Roma, mi sarei poi imbattuto in Speranza, eletto Presi-dente all’ultimo Congresso nazionale della Sg. Era a capo della pattuglia dei cosiddetti turbori-formisti, quelli per il Pd ora e subito, senza se e senza ma. Non so se Civati e Speranza nelfrattempo abbiano cambiato idea o se, più probabilmente, loro sono rimasti fermi e tutti quelliattorno si sono spostati più a destra, trasformandoli in irriducibili gufi di sinistra. Fatto stache Civati ha lasciato il Pd. Reazioni? Indifferenza, irrisione, tutt’al più qualche tweet di circo-stanza «Pippo ripensaci». Alle primarie di un anno e mezzo fa per Civati si erano espressiquasi 400.000 elettori del Pd (500 in Valle Camonica). Possibile che nemmeno l’uscita di Civa-ti venga considerata un tema degno di una discussione urgente a tutti i livelli? Possibile che lostesso trattamento sia stato riservato anche alle dimissioni del capogruppo Pd alla Camera?

House of cards o Casa del Popolo. «Renzi è un giocatore di poker, mentre noi siamo fermial buon senso emiliano di Bersani». Le parole Paolo Pagani, coordinatore provinciale della sini-stra interna, in una recente riunione dell’area mi hanno ricordato un brano di Cisco, La rivolu-zione. Sottotitolo: piccola epopea epica dialettale della sinistra italiana. La canzone si apre colPierluigi che al g’ha al megafon al banderi e gli striscioun e termina con una partita di brisco-lone in sezione. Poker o briscolone, la differenza in fondo sta tutta qui. Anche a briscoloneogni tanto puoi bluffare, ma alla fine vince chi rispetta le regole, quelle scritte e quelle nonscritte. Difficilmente sono exploit solitari; più spesso sono vittorie di coalizione, più risicate epiù appassionanti, in cui anche uno scartino può fare la differenza.Porca vaca porca vaca lè scur e as ved piò un casOrmai l’è gnuda sira e adesa set sa fam?Turnom indree ala sessioun c’à ghè al torneo ed brisculounA’s catòm po’ netra volta a fer la rivoluzioun

RIMPIANGERE FERRARI, LEGGENDO BAZOLI

e lasciamo stare don Milanidi Bruno Bonafini

Ci aveva abituato bene, Pierangelo Ferrari,noi iscritti e simpatizzanti del suo partito, equindi suoi elettori di collegio. Con una emailsettimanale, giorno più giorno meno, per tut-ta la durata del suo mandato, ci faceva saperedelle attività correnti in Parlamento, dei suoigiudizi sulle decisioni in corso, dei suoi votie interventi, ampiamente motivandoli. Manon mancava, ed erano i pezzi più ghiotti, didarci i suoi giudizi sulla situazione politicadel momento e sulle prospettive che ne de-duceva. Erano interessanti analisi, mai banalie ripetitive del già detto o noiose rimastica-ture del pensiero del leader di turno. Consi-derazioni che non risparmiavano nemmeno ilsuo partito, quando ne coglieva insufficienze,errori od opportunismi (e accadeva spesso),che fossero imputabili alla linea o agli uominiche la dovevano mettere in atto.Che poi, a ben guardare, era solo doveroso ri-spetto per gli elettori che lo avevano fatto de-putato, questo suo impegno. A farci dire che“ci aveva abituato bene” è solo il confrontocon quanti lo hanno preceduto e con chi lo haseguito nella rappresentanza del nostro terri-torio in Parlamento. Se l’acume e la spregiudi-catezza politica, ciò che più si faceva apprez-zare nelle comunicazioni di Ferrari, sono undato personale, l’impegno a tenere decente-mente il contatto con l’elettore potrebbe e do-vrebbe essere di tutti. Specie di quanti, depu-tati poco noti, compaiono poco o per nullanei notiziari e sulla stampa anche provinciale.Se dell’attività dell’on. Corsini, ad esempio, sap-piamo molto, e sono note le sue posizioni politi-che ed i suoi giudizi sulla legislazione maggiore,per un certo suo protagonismo che la stampacoglie, lo stesso non si può dire di quasi tutti glialtri parlamentari valligiani e provinciali. Che,non dico l’elettore medio, ma quasi certamentenemmeno l’iscritto è in grado di seguire, vistoanche lo stato evanescente dei circoli di partito.Né si può pensare, pietosamente, di sopperirecon qualche battuta su facebook.Quasi tutti i parlamentari, dicevo, perchèun’eccezione c’è, quella dell’on. Alfredo Ba-zoli, l’unico che vuol tenere un contatto siste-matico con l’elettore di riferimento. Cosa ap-prezzabile certamente, pur se doverosa, ripe-to. Che non basta tuttavia, almeno per me, asanare il rimpianto dei pezzi di PierangeloFerrari. O quantomeno a leggere e a rifletteresu qualcosa di nuovo e diverso.Bazoli scrive e apre i suoi blog sui temi del di-battito politico e parlamentare, certo; ma legge-re una dopo l’altra opinioni, le sue, che ripro-ducono tali e quali le scelte e le opinioni dellostato maggiore politico parlamentare a cui sem-bra aver giurato fedeltà di pensiero ed azione,sollecita il fastidio, o la noia, che in genere siprova per veline e propaganda, pur quandoquesta sia sincera. Quando si aspetterebbero

invece giudizi e analisi più variegati anche dachi vuol essere unitario. Ciò che potrebbe ren-dere interessante la lettura e la partecipazioneal dibattito che i blog vorrebbero sollecitare.La frase di don Milani che fa da logos ideale al

sito di Bazoli, che la “politica è uscirne tutti in-sieme, dai problemi, mentre sortirne da soli èavarizia”, entra in tal modo palesemente in con-traddizione col suo schiacciarsi sulle posizionidel renzismo imperante che duramente esclude,e con sprezzo, le “ragioni” degli altri. È l’appun-to pesante che opportunamente gli ha mosso unlettore avveduto (attivo nel “Gruppo don Mila-ni” di Brescia), uno dei pochi che ha ritenuto va-lesse la pena di interferire in tale diligente sciori-namento di inossidabili certezze. Per contestareall’on. Bazoli l’appropriazione indebita dellafrase del parroco di Barbiana. Che non si addicecertamente a chi si fa paladino, per sincero e cor-tese che sia, come Bazoli certamente è, del pen-siero unico dell’uomo solo al comando. E al co-mando con arroganza, oltretutto.

graffiti - maggio 2015 3

AMBIENTE & DINTORNI (a cura di Guido Cenini)

Parco e turismo: due proposteParliamo ancora un’altra volta del Parco Regionale dell’Adamello. Ci sono voluti venti annidall’approvazione delle aree destinate a riserve naturali per arrivare alla legge istitutiva delParco dell’Adamello (1983-2003). Solo adesso ci si rende conto che i confini meridionali sonostati tracciati in un modo scriteriato, senza tener conto né della morfologia del suolo né ditracciati antropici, tipo strade o sentieri.Le associazioni ambientaliste propendono per ampliare il parco e riportare, come l’idea originalesuggeriva, i confini a ridosso della strada 345 di Bazena, Crocedomini e Cadino. Ma ora vorreiaggiungere anche due proposte molto positive per lo sviluppo economico legato alla presenzadel parco stesso, in modo da sottolineare come chi si preoccupa dell’ambiente non è solo prote-sta e indicazione di vincoli. A Bazena, dove esiste una grande fabbricato di proprietà deglialpini, tra cui il rifugio, con una parte maggioritaria rimasta da tempo inutilizzata, si potrebbebenissimo realizzare un centro didattico, adatto alle visite per scoprire i beni del parco, fiori efauna e rocce. Un buon centro visitatori che accolga le migliaia di persone che passano in autoed in moto, italiani e stranieri, proprio da quelle parti nel periodo estivo.Nello stesso intento di occuparsi dei numerosi viaggiatori bisognerebbe creare nella piana diGaver un campeggio attrezzato, di cui si parla da decenni, in cui si possano collocare tende,roulotte, camper e magari anche qualche casetta di legno. Tenuto conto che spesso ci si imbat-te in studenti universitari provenienti dall’estero venuti fin lassù per studiare la flora e la geo-logia dell’area meridionale del parco, sarebbe un ottimo punto di ospitalità per chi si ferma perpochi giorni senza tante pretese. Bisogna valorizzare le bellezze e le ricchezze naturali cheabbiamo sul territorio e soprattutto bisogna saperle sfruttare in senso positivo, creando in talmodo anche occasioni di lavoro, come già di fatto lo fa la sede del parco a Vezza e come lo si facon le incisioni rupestri. Altro che ridurre le riserve naturali. Valorizziamole.

dalla prima pagina

c’erano una volta i rifiuti... a Costa Volpinore storie di principesse e draghi con storie diordinaria igiene urbana dei nostri paesi camu-no-sebini? Dal castello al centro di raccolta,dalla fatina al netturbino, dalla mela avvelena-ta alla mela nel composter. C’azzecca poco,forse. Ma sarà per il principe, azzurro come illago nei giorni di tramontana; sarà che i nanisono sette, come le frazioni di Costa Volpino.Il pezzo è nato così: l’idea di una storia lungae tortuosa, con tante streghe cattive, che staevolvendo verso un happy ending.Il tema dei rifiuti, accostato a Costa Volpino,richiama alla memoria dei più saggi parolecome inceneritore, bonifiche, denunce, ab-bandono di consorzi sovracomunali, cassonistradali... Fino al 2014, quando si sono chiu-se le trattative tra l’Amministrazione comu-nale e la società pubblica “Val Cavallina Ser-vizi srl”, che operava già in 37 Comuni dellabergamasca, compresi i 9 dell’Alto Sebino in-torno a Costa Volpino. Chi scrive è in paleseconflitto di interessi: la Giunta mi ha affidatol’organizzazione e la comunicazione a citta-dini ed imprese della campagna informativaper il passaggio al sistema di raccolta “portaa porta”. Ho un blog personale per l’autoce-lebrazione: qui scrivo per delineare i fattoridi successo e per dare qualche consiglio aicolleghi amministratori camuni.C’erano una volta i rifiuti... ma ci sono ancora:solo che ora ciascuno divide con cura i proprie li colloca in sacchi trasparenti. Rispetta iturni di raccolta, come da calendario distribui-to insieme alla brochure informativa e un “ri-ciclabolario”, che risolve ogni dubbio sullacorretta separazione dei materiali. La campa-

gna informativa ha preso avvio con uscite me-diatiche e tappezzamento di manifesti, affissisulle bacheche o sui cassonetti stessi, per se-gnalare la partecipazione ad uno dei 7 appun-tamenti (anche su 2 giornate) in cui era possi-bile ritirare il proprio kit di base e seguireun’assemblea formativa. In ogni momento imembri della maggioranza consiliare erano inprima fila nei turni di consegna, per raccoglie-re firme, assemblare i kit o dare spiegazionisui materiali consegnati. Nonché, difenderepoliticamente la scelta di fronte ai cittadinipiù perplessi, lamentosi o conservatori. Fati-coso, ma questo ha molto influito. Non smet-teremo mai di ringraziare, però, quella trentinadi volontari di ogni età che hanno prestatoenergie, tempo e sensibilità per supportarci inquesta fase di transizione. Alle riunioni pub-bliche si sono aggiunti un’assemblea dedicataalle imprese, una con le associazioni di stra-nieri e svariati incontri con le classi di alunnidel nostro Istituto Comprensivo; oggi abbia-mo le prove che i bimbi sono gli ambientalistipiù seri nelle famiglie.

I cittadini hanno utilizzato molto il sito webdel Comune, facebook e il n° verde della so-cietà, per chiedere chiarimenti, anche moltodettagliati. In un mese il 60% delle utenzeaveva ritirato il proprio kit e, dal 2 Dicembre,cartone, sacchi colorati (plastica e secco) enuovi bidoncini (umido e vetro/lattine) inizia-vano ad essere esposti fuori dai cancelli. Afianco del sistema di raccolta domiciliare, tor-na ad avere un ruolo strategico la piattaformaecologica in località S. Martina, storico puntodi approdo e smistamento dei rifiuti dellazona, che ora diventa di proprietà comunale.Mentre partiva il nuovo servizio di puliziastrade, triplicato rispetto al passato, in 10giorni non c’era più traccia di cassoni stradali,togliendo ogni alibi ai più oziosi e riducendodrasticamente il disordine e la sporcizia spar-sa: il nostro timore per l’abbandono di “sacchineri” si è rivelato esagerato.Risultati? Il tasso medio di raccolta differen-ziata del 1° trimenstre 2015 è al 71%, controquel 30% dell’epoca cassonetti. Il residuo sec-co indifferenziato, conferito al termovaloriz-zatore “A2A” di Brescia, è calato a circa 200quintali a settimana, un terzo rispetto al 2014.Ecco il suggerimento finale: girando per laValle Camonica si nota che i cassonetti sonoormai spariti dappertutto, ma i tassi di diffe-renziazione dei Comuni, che lavorano per lopiù con la società “Valcamonica Servizi”,sono parecchio bassi, vicini al 50%.Si può fare davvero molto di più. Oltre a rin-novati eventi di formazione civica e progettinelle scuole, non è ora di pensionare i sacchineri della frazione residua, a favore di corag-giosi sacchi trasparenti? Il nostro motto è sta-to #nonrestiamoindifferenti: è esportabile,senza costi. Solo vantaggi.

GRAFFITIvia Silone, 8 (c/o Tullio Clementi)25040 DARFO BOARIO TERME

[email protected]://www.graffitivalcamonica.it

in Redazione:Bruno Bonafini, Guido Cenini, Michele CottiCottini, Alessio Domenighini, Stefano Malosso,Valerio Moncini, Federica Nember.

hanno collaborato:Andrea Bonadei, Beppe Bonino, AndreaCurnis, Giancarlo Maculotti, MargheritaMoles, Rosi Romelli, Gianprimo Vielmi

direttore responsabile:Tullio Clementi.

Le vignette di Altan, Staino, Ellekappa,Cinzia Poli, Vauro, Biani, Fogliazza ed altri,sono tratte dai quotidiani: Corriere dellaSera, il Manifesto, Repubblica, CaterpillarAM., oltre che da vari siti Internet.

4 maggio 2015 - graffiti

Ben trovati a tutti i presenti. Vi ringrazio finda ora per essere qui, così come ringrazio tutticoloro che hanno organizzato questo momen-to per riflettere insieme, con l’aiuto di parole,musica, colori.Insieme ai miei genitori e agli amici resistenti,ho imparato a resistere, ad amare e rispettarela libertà, a camminare ricordando bene ciò cheè stato, ma senza nostalgicismi. Piuttosto, atrarre nuove energie per creare cose buoneoggi e sperare nel futuro. Lasciate che condivi-da con voi alcuni pensieri sparsi:1. Sappiamo ovviamente che proprio que-st’anno, il 25 aprile 2015, ricorre il 70° anni-versario della Resistenza e della Liberazione.In questi giorni sto riflettendo su questo fe-steggiamento, su come verrà vissuto.L’immagine che mi è venuta è questa: moltepersone, soprattutto le più giovani (o comun-que coloro che non hanno vissuto direttamen-te quel periodo storico) lo sentiranno simile aun compleanno: è il compimento di un anno“a cifra tonda”, e dunque deve essere festeg-giato con maggiore rilievo. L’accento è postosu quella singola giornata.Io invece lo sento più vicino a come si celebraun anniversario di matrimonio: un fare festaper un cammino fatto insieme: noi e un Paeselibero. Ma un Paese che ha difetti e pregi, chedà fatiche e gioie (come in ogni matrimonio...).Dunque, non è il semplice ricordare una data,bensì farne memoria riconoscente. Da qui, sor-gono per me diversi atteggiamenti per l’oggi:

la necessità di ringraziare chi è già andatoavanti, per averci donato un temo lungo di pace;

il bisogno di trovare nel quotidiano gesti eparole che custodiscano questa pace, confron-tandoci con chi sostiene il revisionismo o ilnegazionismo;

la coscienza che qualunque regime, e qualun-que ideologia, alla fine riduce in schiavitù. Sta-sera abbiamo rivissuto il delirio nazi-fascista di

più 70 anni fa. Come ieri, ma 40 anni fa, laCambogia finiva sotto i Khmer Rossi di PolPot; ad oggi è il regime con la più alta percen-tuale tra popolazione e numero di morti. Gliuomini dei Califfato dei nostri giorni non sonomigliori, visto che la violenza la praticano e lainsegnano ai bambini, così la imparano meglio...Solo la Verità rende liberi!2. Un secondo pensiero, a partire dai fatti dicronaca purtroppo vicini a noi, in questa val-le, che avrete certamente saputo. Sui sentieridella Resistenza, donne e uomini hanno cam-minato fianco a fianco, condividendo fatichee pericoli. Con assoluta onestà posso direche, da donna, non ho mai incontrato la ben-ché minima difficoltà nel rapportarmi con igiovani resistenti all’interno della nostra Bri-gata. I rapporti tra uomini e donne sono sem-pre stati improntati non solo al massimo ri-spetto, ma a un concreto aiuto reciproco. Erail 1945, un tempo segnato dalla guerra.A maggior ragione, vorrei vedere dappertuttolo stesso spirito di solidarietà oggi; la vita è –nonostante le fatiche di questa crisi – menodura e più ricca di possibilità rispetto ad allo-ra. Ma allo stesso tempo viviamo una stagio-ne di fatica e talvolta violenza, nei rapporti in-terpersonali tra uomo e donna.Ad ognuno di voi auguro di trovare nella pro-pria esperienza di vita lo stesso rispetto, pro-fondo e doveroso, che io (insieme a molti al-tri) ho ricevuto e conservato come un tesoro.3. Infine: Mazzini ebbe a dire che temeva ilrisultato di una libertà avuta come dono: in ef-fetti si rischia di sottovalutarla e viverla consuperficialità, perché non si è sofferto peraverla. La mia responsabilità oggi è, tra le altrecose, aiutare a ricordare.Ma tutti abbiamo una seria responsabilità: vi-gilare, per conoscere e custodire quotidiana-mente proprio quella libertà faticosamente ri-guadagnata per tutti, e che si è tradotta poi

70O DELLA LIBERAZIONE/1: L’INTERVENTO DI UNA STAFFETTA PARTIGIANA

come un anniversario di matrimonio: fatiche e gioiedi Rosi Romelli (intervento pronunciato a Malegno il 18 aprile 2015)

Poldo«Cara mamma, non piangere per me. Per-donami e pensa se io fossi tra coloro chemartirizzano la nostra gente... Io sono quiper nessun altro scopo che la fede, la giu-stizia e la libertà e combatterò sempre perraggiungere il mio ideale... Presto verremogiù, e vedrai che uomini giusti saremo. Al-lora si vivrà con la soddisfazione di viveree non con l’egoismo di oggi...».dalla lettera scritta pochi giorni prima di morire(assassinato dai legionari della “Tagliamento”)

da Bortolo Fioletti (Poldo) alla madre

«Il 2 maggio i ribelli della “montagna chenon dorme”, richiamati dalle campane diMonno, scendono dal Mortirolo e dalle bai-te circostanti. Nel prato, sotto il cimitero,trovano Poldo, “il ragazzo che conosceva ilgiorno e la notte”, coperto di neve: è l’ulti-mo caduto della Resistenza valligiana».

Eugenio Fontana, Giacomo Mazzoli(Edizioni del Moretto)

nella nostra magnifica Costituzione.È anche questa una lotta, pur se pacifica: unalotta interiore che si traduce in scelte di vita one-sta e coraggiosa. Anche se altri non lo fanno.Questo è il mio augurio di cuore per il 70esimo:

stare da onesti e coraggiosi in questo Paese,non in quello desiderato o sognato;

non fermarsi al lamento per il buio che avolte si nota, ma accendere, ognuno, una lucepur se piccola;

mettersi al servizio della gente, con sempli-cità e senza cercare il proprio tornaconto. Imiei genitori, come molti resistenti, alla finedella guerra sono tornati a una vita semplice,di lavoro, normale; e ne sono molto fiera. Al-tro che vitalizi, magari a parlamentari condan-nati per mafia...Ci sono, in questo periodo, molte attività invari luoghi, per preparare in modo degno que-sto anniversario. Sono contenta che voi ci sia-te e vi domando di pensare, riflettere e poi sì,festeggiare. Vi auguro di fare festa a lungo econ intensità, come è stato per noi 70 anni fa,al suono della campana del Pegol di Brescia.A tutti, gli auguri per una vita libera e giusta.

donazione Bertolini: ci sono responsabilità pubbliche?È uno choc per tutti la notizia che 600 opere d’arte, tra cui pezzi di molti nomi importantidella pittura del ‘900, siano uscite dalla Valle e finite in un museo di Milano, donate dallafamiglia Bertolini di Breno, quasi certamente -si lascia intendere- per una valutazione negativadei proprietari sulla possibilità di una loro conservazione sicura in loco e sulla loro adeguatavalorizzazione. Fin qui la cronaca, che ha dato ampio risalto al fatto, con paginoni sui quoti-diani provinciali e con ampi servizi nelle TV locali. Aggiungendo il loro allo stupore di tutti.Ma stupisce anche il dopo-notizia. Ovvero il silenzio che ne è seguito. Poichè tutti, neigiorni successivi, si attendeva con altrettanto rilievo di cronaca qualche considerazione daquanti la notizia implicitamente e severamente chiamava in causa, amministratori comunali ecomprensoriali, dal sindaco di Breno al presidente di Comunità montana-BIM, o i loro as-sessori alla cultura. A spiegarci quanto avevano fatto o avrebbero potuto fare per soddisfarele esigenze dei proprietari donatori e mantenere così in Valle il prezioso patrimonio. Perfarci capire se questo era nelle possibilità degli Enti che amministrano o se invece è accadutoal di fuori, per qualsiasi motivo, soggettivo o oggettivo, di ogni loro scelta o di loro coinvol-gimento o impegno sull’oggi e sul futuro.Comunque sia andata, quali che siano le responsabilità, se responsabilità vi sono, il silenzionon giova alla credibilità degli Enti, pur nella delicatezza della questione. (b.b.)

graffiti - maggio 2015 5

Sabato 25 aprile a Darfo si è svolta una gran-diosa manifestazione per la celebrazione del25 aprile. Era l’unica in tutta la Valle ed ha vi-sto la presenza di 41 sindaci dei comuni valli-giani, più il sindaco di Aprica, comune valtelli-nese limitrofo. Buona la partecipazione dimolte associazioni rappresentative, discreta lapresenza di cittadini e molto significative al-cune iniziative. Due in particolare. La prima èstata realizzata prima della partenza del cor-teo davanti al monumento che ricorda la Resi-stenza all’ingresso del cimitero di Darfo. Quiil gruppo di Donne in cammino ha commemo-rato la presenza femminile nella lotta per la li-berazione dal nazifascismo. Sono stati letti al-cuni brani di diari di staffette partigiane. Èemerso così il grande impegno, il sacrificio diquelle donne, il loro apporto importante.Si tratta di un aspetto specifico spesso sotto-valutato e che ha evidenziato quanto la guerrapartigiana sia stata combattuta da moltissimedonne che, oltre a dover sostenere il peso del-le famiglie a fronte dell’assenza di molti uomi-ni, hanno avuto un ruolo operativo. Con de-terminazione combattiva e capacità di soste-nere aspetti psicologici non facili, a partiredalle paure, dalla preoccupazione per i proprifamiliari e in generale per la sopravvivenzaconcreta della società.La seconda iniziativa realizzatasi in alcuniluoghi della cittadina camuna ha visto comeprotagonisti bambini e ragazzi dei due IstitutiComprensivi. Anzitutto quella davanti al mo-numento ai caduti proprio in prossimità del-l’istituto Darfo 1: un gruppo dei ragazzini harealizzato delle simboliche girandole in carto-ne che ricordano i colori delle bandiere dellapace. Significativo uno dei commenti, quellodedicato al colore azzurro che così recita:«Pace per tutti i popoli della terra uniti sottolo stesso cielo». È seguita, sempre gestita dal-le scuole, la deposizione di un piccolo cuscinodi fiori al monumento, poco distante, dedicatoal partigiano Antonio Lorenzetti di Artogne.E che dire della commovente reazione deibambini della scuola elementare di Erbanno?Sono accorsi tutti assieme, spontaneamente,ad abbracciare, proprio davanti al Munici-pio, sede delle commemorazioni ufficiali, lapartigiana Rosi Romelli, che probabilmenteconoscevano, avendo avuto occasione di in-contrarla direttamente a scuola.Questi gli aspetti un po’ sorprendenti e moltosignificativi della manifestazione, a mio pare-re. Tutto bene, allora? Non precisamente. Al-cuni aspetti hanno lasciato un po’ perplessi.Anzitutto eccessiva e un poco prolissa la con-duzione organizzativa di tutto il corteo.Ma l’aspetto forse meno convincente è co-stituito dai discorsi ufficiali dei rappresen-tanti dalle istituzioni, come emerge nella fra-se significativa di sintesi pronunciata nel di-scorso ufficiale di un onorevole. Secondo lui

la cerimonia avrebbe dovuto avere il ruolo«non solo di evocare il passato glorioso madi fare memoria pubblica». Ecco, qui forsesta il limite dei discorsi ufficiali: l’unico sco-po emerso era, appunto, fare memoria.Pare di poter rilevare l’assenza in tutti i di-scorsi di almeno due dei fatti che non certosolo da oggi si stanno realizzando in questopaese e che rischiano di togliere significato almassimo prodotto della resistenza: la conqui-sta della libertà che trova la sua massimaespressione nella nostra Costituzione.Il primo aspetto è stata l’assenza di ogni ac-cenno ad un fenomeno diffuso e devastanteche assume due modi di essere: la corruzione

imperante e la presenza diffusa delle mafie.Come si possono ignorare questi fenomeni, sesi parla di lotta per la libertà e la democrazia?La seconda grande omissione riguarda i fattiche quasi quotidianamente succedono in Pa-esi dove ci sono guerre e dittature e che ve-dono migliaia di morti innocenti che spessosono diretti proprio verso la nostra Italia.Al riguardo mi pare di grande significatoquanto scritto proprio dai bambini dellascuola, sopra riportato, e poi quanto dettoproprio il 25 aprile dalla Presidente dellaCamera, Laura Boldrini, nella casa Cervi:«Molti giovani in Paesi dove non c’è la de-mocrazia a volte osano sperare di vivere inpace e sicurezza e prendono ogni mezzoper arrivare in un posto sicuro... molti diloro oggi sono partigiani nel loro Paese…»e, per concludere «A ricordarci il valore deldiritto d’asilo ci pensa la Costituzione, l’ar-ticolo 10, scritto da persone che avevanovissuto l’esilio; questo articolo significa chela libertà che abbiamo la dobbiamo condivi-dere con chi non ce l’ha».

70O DELLA LIBERAZIONE/2: DONNE E BAMBINI SORPRENDONO, MA I DISCORSI...

Darfo, 25 aprile: una memoria “corta”?di Alessio Domenighini

70O DELLA LIBERAZIONE/3i limiti di una cerimoniadi Michele Cotti Cottini

È davvero necessario “attualizzare” la resistenza nei discorsi ufficiali del 25 aprile? È davveroquesto il discrimine tra un buona cerimonia e una liturgia ipocrita? Caro Alessio, mi permetto didissentire su questo punto. La nota stonata a Darfo, come a Brescia, per me non è da ricercarenella timidezza degli oratori ufficiali, quanto piuttosto nel vociare maleducato dei contestatori.Una consuetudine ormai la contromanifestazione del Magazzino 47 che per qualche minuto sfilain Piazza Loggia coprendo con slogan e altoparlanti le parole del malcapitato di turno (sindaco opartigiano che sia). Una novità per la Valle: un’irruzione volta a contestare non si è capito benechi o che cosa e che ha finito per rovinare il coro dei bambini impegnati in Bella Ciao.Io non sono dell’idea che l’Anpi e le Fiamme Verdi debbano prendere posizione su tutto. Dal-l’acqua pubblica alla questione israelo-palestinese. Non penso che il 25 aprile debba abbracciaretutte le lotte, da quella contro la mafia a quella contro gli sfratti.L’eccellente trasmissione di Fabio Fazio andata in onda il 25 aprile su Rai1 è lì a dimostrare chesi può fare memoria, raccontare fatti storici e vicende personali, trasmettere sapere, valori, sensodelle istituzioni, sfuggendo sia alla retorica sia ai rischi di un’attualizzazione più o meno forzata.Mettiamola così: se davvero il patrimonio della Resistenza fosse diffuso e popolare, se davverole nostre scuole insegnassero per filo e per segno i fatti che portarono alla Liberazione del 1945,avremmo cittadini e studenti attrezzati per costruire in autonomia e con spirito critico collega-menti con l’oggi e con il resto del mondo.E poi: il 25 aprile è una Festa. Deve essere una festa. Se si provasse l’anno prossimo a limitare ilnumero degli interventi solenni e portare la musica e il ballo in piazza e per le strade? O voglia-mo rassegnarci all’idea che la Notte Bianca sia più vissuta e sentita del 25 aprile?

«Nelle esternazioni dedicate dal presidentedel Consiglio al settantesimo anniversariodella Liberazione – discorsi o tweet – nonsono mai comparse le parole «fascismo» o«fascista». Una scelta pensata? Una casua-lità? O invece, e sarebbe egualmente interes-sante, una strategia implicita e inconscia dichi ha interiorizzato come superate le tradi-zionali definizioni storiche?Anche i tre spot preparati dal governo (perla prima volta trasmessi gratuitamente datutte le reti private), contengono la stessa“omissione”: poche e intense parole, dedi-cate “all’avvenire che ci hanno donato” iprotagonisti della Liberazione. Liberati dachi e da cosa, gli spot non lo dicono, lo con-siderano implicito, protesi come sono in unfuturo di memoria condivisa...».Eleonora Martini, La Stampa, 26 aprile 2015

6 maggio 2015 - graffiti

70O DELLA LIBERAZIONE/4: L’EPISODIO CONTROVERSO RICORDATO A CORTENO

sul colonnello Menici è ora di dire tutta la veritàdi Giancarlo Maculotti (intervento pronunciato a Corteno durante l’inaugurazione di una bacheca-ricordo il 24 aprile 2015)

Non spetta a me esprimere né giudizi, né con-danne. Anzi voglio qui sottolineare che l’unitàdella Resistenza ritengo sia intangibile e nonmessa in discussione nonostante gli erroricompiuti, quasi inevitabili in una guerra civile.Voglio soprattutto ribadire alcune domande echiedere a chi di dovere di fornire al più pre-sto risposte credibili.A 70 anni dalla fine della guerra deve emergerela verità chiara ed incontrovertibile. Lo si devealla figura del colonnello Raffaele Menici e lo sideve a tutte le persone che non possono accon-tentarsi di versioni di comodo o ancor peggio distupide omertà. Non capisco infatti perché sualtri incresciosi episodi (Porzus, Triangolo del-la morte ecc.) si pretende il massimo della tra-sparenza, mentre si continua a negare alla ricer-ca ogni possibile strada per conoscere quanto èveramente accaduto nell’ottobre 1944.Franzinelli ha compiuto il suo serio lavoro distorico nonostante, a più riprese, si sia ten-tato di sbarragli la strada giungendo addirit-tura all’aberrazione di svuotare dei fascicolicontenenti documenti che potevano svelarequalche verità. La determinazione del nostrostorico di livello nazionale ha portato allapubblicazione, pochi giorni fa, dell’e-bookdel Corriere della Sera intitolato ”Fuoco ami-co”, distribuito in tutta Italia e scaricabilecon un paio di euro da internet.Non ho intenzione di ripercorrere tutta la sto-ria di quei giorni. Vorrei solo presentare la se-quenza di alcuni fatti che aiutano a compren-dere la triste vicenda e sollevare, come dicevoall’inizio, alcuni interrogativi.Il 13 ottobre 1944 i famigliari di Raffaele Me-nici vengono sequestrati dai tedeschi e portatia Edolo per essere incarcerati: sono la moglie(amica della consorte di Cesare Battisti), la fi-glia, la sorella e il nipote. Il sabato 14 ottobrealcuni partigiani delle Fiamme Verdi, tra cuidue Ferrari, sbarrano la strada sui tornanti delTonale ad un’automobile tedesca con tre uffi-ciali e ne feriscono uno che cercano di conse-gnare ai garibaldini di Pezzo, violando in que-sto modo la tregua pattuita tra i tedeschi e leFF. VV. e cercando di coinvolgere nell’agguatoi membri della 54a. Il 15 ottobre il colonnellosi reca a Edolo per implorare la liberazione deisuoi famigliari. Non la ottiene ma gli si garan-tisce un abboccamento nei giorni successiviper trovare una soluzione. Il lunedì 16 ottobreun rastrellamento nazista, forse conseguenzadel ferimento dell’ufficiale Ss sulla strada delTonale, provoca sei morti a Viso, alpeggio diPezzo. Tra questi c’è un solo partigiano, Ce-lestino Zuelli. Gli altri sono pastori o murato-ri intenti nel loro lavoro. Il 18 ottobre avvienel’abboccamento promesso, a Vione nella zonadel vivaio, ma al posto dei tedeschi si presen-tano le Fiamme Verdi che costringono Menici

a salire sulla loro macchina. Assiste impotenteal sequestro Firmo Ballardini cui Menici ave-va consegnato la sua pistola prima di avvici-narsi all’auto tedesca.Il colonnello rimane prigioniero delle FiammeVerdi in Val Brandet dal 18 ottobre al 17 no-vembre. Durante la prigionia viene processatoalla presenza, a dir poco singolare, del coman-dante delle Ss Kaasik e condannato a morte.Successivamente viene graziato e accompa-gnato in fondo valle per essere poi portato inSvizzera dove gli è stato promesso l’espatrio.Ma in prossimità della strada statale arriva lamacchina di Kaasik ed il colonnello viene fred-dato da numerosi colpi di mitra.La figura di Kaasik (Riga 1914 - Londra 1970)è fondamentale e centrale in tutta la vicenda evorrei quindi richiamare brevemente alcunitratti della sua biografia. L’ufficiale lettonedopo essere entrato nell’esercito estone edaver acquisito il grado di sottotenente, era sta-to inglobato allo scoppio della guerra nell’ar-mata rossa. Appena si presentò l’occasionedisertò e si unì alle Ss dove raggiunse in pocotempo posizioni di rilievo combattendo incommandos addestrati a colpire i partigianirossi. Individuato dai suoi superiori come uf-ficiale abile, poliglotta ed intelligente fu man-dato in Italia come esperto di guerra psicologi-ca con l’obiettivo di dividere la Resistenza in-nescando abilmente conflitti fra le varie for-mazioni. Fu inviato a Edolo con questo preci-so scopo che riuscì a raggiungere pienamenteattraverso la creazione della zona franca el’uccisione del colonnello Menici con la pienacomplicità delle Fiamme Verdi. Particolarenon di poco conto: nel dopoguerra Kaasik,dopo l’onorevole servizio prestato ai nazisti,approdò ai servizi segreti britannici.Ed ora, avviandomi alla conclusione, le do-mande aperte:1. Perché all’abboccamento di Vione al postodelle Ss si presentarono le Fiamme Verdi evi-dentemente informate o incaricate dai tedeschi?2. Perché Menici venne sequestrato e fattoprigioniero?3. Perché fu processato e condannato a morte?4. Quali erano i capi di imputazione a suo carico?5. Perché alla fine fu graziato?6. Perché i fascicoli riguardanti il processosono scomparsi dall’Archivio della Resistenzadi Brescia?7. Come mai Kaasik transita sulla statale perl’Aprica proprio nel momento nel quale pas-sano il colonnello e i suoi accompagnatori?Pura coincidenza?A tutte queste domande non deve dare rispostaMimmo Franzinelli che ha già fatto anche trop-po per avvicinarsi alla verità. A queste doman-de, penso più che legittime, devono risponderecoloro che custodiscono i documenti.

Quando uscì il libro di Ermes Gatti Difendo leFiamme Verdi chiesi a lui stesso, per l’amici-zia e il rispetto che per lui nutrivo, se poteva,al posto di una difesa a priori, rispondere alledomande che gli avevo rivolto pubblicamentesulla stampa provinciale.In camera caritatis mi confidò: alle tue do-mande non è possibile per ora dare risposta.Sarebbe troppo pericoloso.Ebbene ora è giunto il momento di smetterladi tergiversare. Tacendo e non perseguendo laverità storica si consuma ancora oggi un ver-gognoso oltraggio verso un uomo retto, tra-sparente, moderato, pio, di sicura fede anti-fascista, venerato dai suoi concittadini e daisuoi partigiani dell’alta valle appartenentialla 54a Brigata Garibaldi e non solo.L’unica commemorazione che restituisca di-gnità ad un uomo giusto è quindi quella che ri-sponde alle domande inevase. Il resto sconfinanella retorica o nell’omertà [...].Ogni democrazia poggia i suoi fondamenti suoperazioni di verità. Purtroppo questa veritànon riesce ad emergere non solo sul caso Me-nici, ma nemmeno sulle numerose stragi di si-cura matrice fascista compiute in Italia daPiazza Fontana in poi.Viva l’Italia libera dalla menzogna!

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La verità è tanto più difficile da sentire quantopiù a lungo la si è taciuta. (Anna Frank)

graffiti - maggio 2015 7

VALCAMONICA EXPRESS (a cura di Igor Gabusi)

rileggere i PitotiArrivati a Capodiponte, e fatta tappa a bere un caffè e guardar la Concarena, in pochi minuti siarriva al parco nazionale delle incisioni rupestri di Naquane.Sono tornato a rivederle qualche anno fa, le incisioni, con i miei amici Francesco e Serena, afarmi da guida. In un pomeriggio di novembre abbiamo passato in rassegna le incisioni, comese non le avessimo mai viste. Quasi una tappa obbligata in età scolare aver visto almeno unavolta queste incisioni, meno frequente magari averle riviste in età adulta.Mentre arriviamo al parco, incontriamo visitatori, stranieri, tedeschi, forse scandinavi; la lucedel pomeriggio che ci accompagna, radente le rocce evidenzia bene i segni e i rilievi incisi. Miha colpito subito l’orizzontalità di questi segni, quasi sdraiati su queste rocce levigate daighiacciai che affiorano dolcemente dal bosco e dal terreno.Francesco mi ha preparato alla visita con numerose pubblicazioni del comune di Capodiponte;ripercorro così epoche di cui mi ero dimenticato, età della pietra, del ferro, e del bronzo, stile-mi e classificazioni, popoli alla ricerca di una terra dopo le glaciazioni, imperi Romani che siespandono e poi decadono, cervi, carri, e aratri, case mappe, coppelle, simboli solari, mappe,folle oranti, epidemie di peste, sciamani che corrono... Mentre rivedo queste immagini, rileggole parole di uno scrittore francese. Raymond Queneau, nel suo romanzo I fiori blu,* immaginache le pitture rupestri di Lascaux siano opera del Duca d’Auge, personaggio fantastico cheviaggia attraverso la storia francese sui suoi cavalli, alla ricerca di un senso all’avventura uma-na. «Tutta questa storia una miseria. Non si troverà mai una via d’uscita?»Nascosto nelle grotte per fuggire alla convocazione degli Stati Generali e alla presa della Bastiglia,il duca cura le sue ansie sulle miserie della storia dipingendo queste immagini, per far credere adun abate che siano opera di antichi uomini. «Quanto alle figure la vostra definizione di disegniinfantili è stata un po’ affrettata... Guardate un po’ quel mammuth... quel cavallo, quella ren-na...». Le persone che hanno fatto questi segni, queste pitture, hanno vissuto prima del peccatooriginale. Vivevano in queste caverne per trovar riparo dagli sconvolgimenti che agitavano la terraallor si giovane». Queneau immagina poi che il duca sogni ogni notte di essere un clochard parigi-no, che a sua volta sogna di essere un duca di Francia. Cidrolin, il clochard, è anch’egli assillatodai segni, che non sono nel suo caso pitture, ma scritte, graffiti urbani, che ogni notte mani ignotedipingono sulla staccionata che circonda la sua chiatta sulla Senna, ingiuriandolo.Va in scena in questo romanzo la rappresentazione di una storia umana che nel passato e nelpresente è dominata dai segni e dai simboli, da sogni e da incubi. Il duca e il clochard, il passa-to e il presente, la gloria e la miseria, le pitture rupestri e i muri imbrattati di ingiurie, il sogno el’incubo. Riguardandole le nostre incisioni, non si può che nutrire almeno un po’ di fiducia,nonostante tutto, nei confronti degli uomini. Insomma come per il Duca d’Auge immaginatoda Queneau, questi segni sono un antidoto ad ogni miseria, come «piccoli fiori blu che emergo-no dal fango delle catastrofi storiche».“E cosa dipingete Duca? Fiori, battaglie?”. “Caverne”, rispose il Duca. “E chi le vedrà maiqueste vostre opere, Duca?”. “Gli storici della preistoria”.

*I Fiori Blu di Raymond Queneau, è pubblicato da Einaudi nella traduzione di Italo Calvino

I NODI E LE SCELTE DI ALTROMERCATO: DA EXPO ALLA GRANDE DISTRIBUZIONE

Tapioca: si punta anche sul solidale italianodi Margherita Moles

L’intervento di Vittorio Rinaldi, presidente delconsorzio CTM-Altromercato, ha degnamen-te aperto a Malegno la settimana di festa delventi anni di Tapioca, l’associazione che conle sue tre botteghe, a Darfo, a Edolo, a Borno,ha sensibilizzato la Valle sul valore di un con-sumo solidale e responsabile. Anche Tapioca èun socio di Altromercato, il consorzio di asso-ciazioni, cooperative, organizzazioni no pro-fit, che con 300 botteghe italiane pratica e dif-fonde il commercio equo e solidale.Nelle botteghe del Mondo si trovano prodottiche provengono da 50 Paesi, principalmente dal-l’America Latina, dall’Asia e dall’Africa, dove ilconsorzio ha rapporti con decine di migliaia dicontadini ed artigiani, a cui assicura il pagamentodi un prezzo equo, rapporti continuativi e tra-sparenti, sistemi di prefinanziamento senza inte-ressi. È una realtà imponente, con un fatturatodi 40 milioni di euro e una centrale operativa aVerona. Il passato di Altromercato, ormai tren-tennale, è stato in crescita, fino al 2005, poi lacrisi ha coinvolto anche questa realtà. E sul-l’analisi che è seguita sono emerse alcune sotto-lineature e prospettive interessanti.La descrizione del Mondo ha bisogno di esse-re rivista. Non possiamo più parlare di Nord eSud del Mondo con le caratteristiche di divi-sione netta con cui abbiamo costruito le no-stre prime analisi. Da una parte abbiamo oggi6 milioni di poveri in Italia, dall’altra, nell’areadi ciò che abbiamo chiamato Terzo Mondo,sono emerse potenze che oggi determinanol’economia mondiale. Vedi la Cina, ma inmodo più contraddittorio anche l’India e ilBrasile. Inoltre i flussi migratori non vannosolo dal Sud verso il Nord: oggi, ad esempio,sempre più giovani portoghesi vanno a cercarela loro realizzazione professionale e di vita inquelle che sono state le colonie del Portogallo,in Angola e in Brasile. Non possiamo dire chetutta l’Italia sia diventata povera e che tutto ilBrasile sia diventato ricco. Abbiamo, invece,due Italia, due India, due Brasile...Mentre per Altromercato rimane valido quan-to è stato fatto finora, oggi non si può far fin-ta che vicino a noi non sia successo niente equindi il commercio equo e solidale del futurodeve cambiare alcune cose. Siccome esistonodei produttori agricoli ed artigianali in soffe-renza anche nel nostro Paese, le botteghe delMondo intendono diventare un veicolo attra-verso il quale transita il filone “Solidale italia-no”, presente già oggi, ma in una frazione mi-nuscola. Quindi legare le botteghe ai territoried anche ai giovani, non cresciuti nel clima diamore per il Terzo Mondo che ha caratteriz-zato una generazione, ma direttamente inte-ressati dai problemi di privazione presentinella realtà italiana e locale.Si avverte il bisogno di maggiore incisione nel-la società, di ricadute durature. C’è molto fer-mento nella società italiana, ma non si sta pro-ducendo cambiamento reale. La causa, secon-do Rinaldi, è anche il troppo crogiolarsi nella

propria nicchia di tante associazioni beneme-rite. Per realizzare il progetto del “SolidaleItaliano” oggi Altromercato sta costruendo al-leanze; lo ha fatto con Slow Food, con AIAB(Associazione Italiana per l’Agricoltura Bio-logica), con la Catena della Grande Distribu-zione (discussa, ma essenziale per la diffusio-ne dei prodotti); non è riuscita con Libera esinceramente non abbiamo capito perché. Unaltro dei misteri italiani.Si sta sviluppando la commercializzazione dimaterie prime nei confronti di aziende soprat-tutto dolciarie. C’è una grande azienda italianainteressata a costruire un rapporto con Altro-mercato sulla filiera dello zucchero per garan-tirsi la tracciabilità e l’eticità del percorso. Sitratta di una novità, non priva di contraddi-zioni, ma interessante, quella di rivolgersi adattori primari dell’economia italiana per co-

minciare a negoziare con loro il tema dei dirittidei lavoratori e del rispetto dell’ambiente.Altromercato non è presente ad EXPO, inmodo deliberato e consapevole. Dopo anni dicritica alle multinazionali, agli OGM, al com-mercio di rapina, non può convivere con chitutto questo pratica beatamente. RispettaSlow Food, Save the Children ed altre associa-zioni amiche che hanno aderito. Invitato ai nu-merosi eventi collegati all’Esposizione, Altro-mercato sarà presente per spiegare quali prin-cipi guidano il suo operato.A conclusione della serata, ancora una volta cisiamo resi conto di come Tapioca stia accom-pagnandoci nella nostra lettura del mondo. Isuoi venti anni sono anche questi ultimi ventianni della nostra vita, vicini alla bottega, socidell’associazione, partecipi di un sogno di unmondo più giusto ed umano, qui ed altrove.

8 maggio 2015 - graffiti

IL CIELO DI CARTA

Ruanda, genocidio dimenticatodi Andrea Curnis

11 aprile 2015, Teatro San Filippo di Darfo, la cornice è delle migliori. Decido di approfittare del-l’offerta culturale valligiana che tanto noi giovani sottovalutiamo, attratti dalle luci delle città. Inscena “Ruanda, Dio è qui”, un machete in locandina è il biglietto da visita e promette “battaglia”.Lo spettacolo inizia con una citazione dolce: «non importa dove passi le sue giornate, Dioritorna ogni notte in Ruanda». In quell’atmosfera magica e primordiale che solo l’Africa saregalare c’è l’immagine, a memoria, di un fulgido tramonto che cade inghiottendo la Savana.Sul palco una scenografia spoglia. Due cartelli ben in evidenza, due nomenclature: Hutu e Tut-si. Suono fangoso: nasce dalla pancia e va a morire in gola.Trattasi di tribù storicamente e somaticamente diverse, provenienti da regioni dell’Africa lonta-ne. Dividevano pacifici il paradiso smeraldino chiamato Ruanda, incastonato fra i grandi laghi.I gruppi sociali erano aperti: i Tutsi, soprannominati Watussi, erano la classe dirigente; gli Hutu,i più poveri e sudditi, se meritavano o si arricchivano, potevano salire la scala sociale.Passano gli anni e i secoli, il colonialismo vede i sedicenti nuovi signori del globo imperversare. Glieuropei hanno bisogno di un controllo indiretto sul territorio e intravedono nei corpi snelli e neilineamenti delicati Tutsi un’attitudine al comando propria dei faraoni egizi. Divide et impera. Classisociali bloccate e odio, artificiale, va accumulandosi fino al 1959, anno della cosiddetta rivoluzionesociale. Massacri e guerre intestine portano al potere gli Hutu supportati da francesi e belgi, onni-presenti burattinai. Leggi razziali sono diramate e la rabbia, degli sfruttati, è condanna altrui.Arriva la crisi economica, come spesso accade si perdono di vista i veri colpevoli. Le tensionisociali si acuiscono. È colpa dell’altro ma l’altro sono io.6 aprile 1994. Viene fatto esplodere l’aereo su cui viaggia il presidente Hutu. Colpa ai Tutsi erappresaglia: «ha inizio il più veloce e sistematico genocidio della storia dell’umanità: 10.000morti al giorno, 400 cadaveri all’ora, 1 omicidio ogni 10 secondi» per 100 giorni. Si saprà poiche il presidente veniva da un accordo con le organizzazioni internazionali, da lì ci sarebbestata condivisione etnica di parlamento ed esercito. Non poteva essere. Non è stato, «moltiritengono che quella notte, Dio, abbia perso la strada di casa».O uccidi o sei ucciso, questa è la condanna, questo è stato il massacro di un milione e duecen-tomila Tutsi e Hutu moderati.Marco Cortesi e Mara Moschini, con la storia incredibile di due famiglie contrapposte maunite nell’orrore del genocidio, creano un filo diretto con lo spettatore. Monologo dopo mono-logo, arrivano a coscienze oramai anestetizzate dall’orrore della cronaca giornaliera. Il freddonumero non provoca empatia, vogliamo immedesimarci.Il Kilimangiaro è lontano ma non lo sono due bravissimi attori che, armati solo di voce, raccontanoall’Italia una tragedia che non ha colore politico. «Ai bambini ruandesi, prima di andare a letto nonresta che domandare se torneranno mai gli uomini cattivi. La risposta è si, probabilmente, ma cisaranno i buoni ad attenderli. Perché in fondo dal Ruanda, Dio, non s’è n’è mai andato».

dalla prima pagina

gli slogan leghisti non fermeranno la ricerca di un futuro miglioreitaliano illegalmente, uomini e donne clande-stini bloccati in un limbo senza via d’uscita.Tornando ai numeri, si parla di 174mila sbarchi,70mila sono i migranti registrati, 100mila lepersone che spariscono dal territorio del nostrostato; si sa che sono arrivati, ma non si sa nullasu cosa sia successo davvero dopo che questepersone hanno posato i piedi sul suolo italiano.Anche i centri Sprar che dovrebbero avere lapossibilità di accogliere e gestire i richiedentisono in realtà pensati per numeri bassi, dalletre alle ventimila persone, e, sebbene sianostati potenziati in questi ultimi anni, sonoancora al di sotto della reale richiesta. Si devepoi tenere in considerazione il pregiudizio ele difficoltà con cui gli operatori convivonoogni giorno, dalle voci che li vedono come co-loro che alimentano il traffico degli sbarchiperché ne avrebbero un vantaggio economicoai comuni che rifiutano o centellinano i postiper ospitare i richiedenti.Va smontata inoltre l’idea, priva di qualsiasifondamento oggettivo, che con i famosi 35euro a persona al giorno ci si possa arricchi-re. Calcolando tutte le voci che devono esse-re inserite in questa somma è assurdo accusa-re le realtà abilitate alla gestione dei profughidi puntare esclusivamente a fare business:vitto, alloggio, vestiti, traduttori e mediatrici,assistenza medica, scuola di italiano e consu-lenza legale, e queste sono solo le necessitàbasilari per un’accoglienza di primo livello;si dovrebbe poi ipotizzare e perseguire uninserimento socio-lavoratico sul territorio.Un territorio locale, regionale e nazionale chesi lamenta di essere invaso da migranti e rifu-giati ma che in realtà ha una percentuale dirifugiati, rispetto al totale della popolazione,pari all’0,1%; numero nettamente inferiorerispetto a stati come la Svezia (0,9%), laGermania (0,7%) o l’Austria (0,6%).Vi è l’urgenza dunque di trovare soluzioni nel-l’immediato, ma si deve anche pensare a co-struire percorsi che sul lungo periodo possanodare risposte serie e costruttive, percorsi cheguardano a relazioni internazionali e mondialiben al di sopra delle nostre forze, per questo ènecessario insistere, come peraltro si sta fa-cendo anche se con troppa frammentarietà esolo di fronte alle tragedie dei morti in mare,nei confronti dell’Europa ed anche versol’ONU, perché il problema non riguarda, enon può riguardare, solo l’Italia. E nel frat-tempo cosa possiamo fare noi oggi?Carlo Cominelli ha iniziato ad esempio adandare nelle scuole, ottenendo buoni riscontridai ragazzi mostrando loro con esempi reali,quanto siano costose, utopiche e ipocrite lesoluzioni proposte da alcuni dei nostri poli-tici: quelle di creare centri di raccolta sullecoste africane, bloccare le frontiere, rimanda-re indietro barconi con persone, persone!,sfiancate dal viaggio quando sono ancora inacque internazionali.Vi è poi la necessità di non essere ipocriti neiconfronti delle persone che arrivano dalle coste

africane, non credo sia necessario ripetere ilperchè molti di loro giungono in Italia, porta diuna sognata e idealizzata Europa. La ricerca dipace e di un futuro migliore sono esigenze chenon si possono negare né inculcare, semplice-mente perché fanno parte della natura umana,ricordando che le frontiere e gli stati sono limiticreati dall’uomo per esigenze organizzative chenon hanno mai fermato nessuno. Fu Enea, consulle spalle il padre Anchise, il primo migrantea sbarcare per primo sulle coste italiche per

sfuggire alla guerra e, se non ricordo male, con-tribuì a fondare una civiltà che dura ancora oggi.Tra le tante riflessioni sulla storia dell’uomoe sulle migrazioni delle popolazioni mi sem-bra efficace, per ristabilire un minimo di coe-renza, quanto dice Pietro Pruneti nel numerodi maggio/giugno di Archeologia Viva: «Cosìnegli spazi sterminati fra le Alpi e l’Atlanti-co Settentrionale – dove la protostoria e lapreistoria si attardavano, mentre il “profon-do Sud” diffondeva tecnologie e ricercati stilidi vita – chi se lo poteva permettere mangia-va e beveva “alla greca” o “all’etrusca”, chepoi erano diventati la stessa cosa. Ma dob-biamo pensare che quegli oggetti, giunti nel“profondo Nord” come delle epifanie, fun-zionassero da “paraboliche” di un benesserelontano e mitico, miraggio di un mondo dove,arrivandoci, di quella ricchezza si poteva di-venire partecipi. Così i Celti calarono a on-date nella Penisola per prendersi un pò diparadiso, seguendo direzioni opposte a quel-le di chi oggi attraversa il Canale di Sicilia...”

graffiti - maggio 2015 9

FUOCO FATUO (a cura di Stefano Malosso)

torna “Generazione cultura”Capita in svariati ambiti di trovare sul territorio gruppi di ragazzi preparati, intraprendenti,pronti a dettare un nuovo passo al contesto sociale e culturale nel quale ci muoviamo. Spessosi tratta però di episodi e situazioni isolate, che non riescono a trovare una soluzione di conti-nuità nel loro operato, che non hanno possibilità di creare una rete salda attorno a loro. Non èil caso dei ragazzi della ProLoco Giovani di Darfo Boario Terme, un gruppo ormai consolidatoche da un po’ sta facendo parlare di sé per la qualità delle iniziative messe in campo e per unfestival, chiamato Generazione Cultura, che quest’anno giunge alla seconda edizione candidan-dosi fra le iniziative culturali più interessanti della Valle Camonica.Il ricordo della prima edizione è ancora vivo: il concerto dell’ex Timoria Omar Pedrini (oggitestimonial Expo per Brescia), l’incontro con lo scrittore Fabio Cleto sulla cultura pop delnostro tempo, gli interventi della rivista Zeus!, gli incontri sul tema dell’architettura e moltoaltro ancora avevano animato una giornata densa di contenuti e spunti, che lasciava presagireuna continuazione. E infatti è arrivata la conferma: l’1 e il 2 giugno negli spazi dell’ex conventodi via Quarteroni a Darfo Boario Terme si animerà la nuova edizione del festival, che ha unprogramma per ora solo in parte svelato ma che ha già rivelato alcune partecipazioni di assolu-to valore: i concerti di Paletti e Beatrice Antolini, due artisti di fama nazionale che porterannoanche qui la loro musica, in una serata che si preannuncia molto gustosa.Anche gli altri dettagli fino ad ora svelati aumentano l’attesa di questo evento: gli aperitivi inmusica con Matteo Fiorini e il suo progetto McGuffin Electric e i Pianta Stabile, lo spazioarchitettura, il reading poetico “Ti amo ma posso spiegarti” di Guido Catalano, il reading con iragazzi della Cooperativa Azzurra, lo spettacolo di danza della Maison di Silvia Dante, i con-corsi letterari, fotografici e artistici, l’esposizione di editori e artisti... non manca proprio nul-la, ogni visitatore troverà contenuti e temi arricchenti.Manca infine un tassello che verrà svelato nei prossimi giorni: chi sarà l’autore letterario che saràprotagonista dell’incontro col pubblico il pomeriggio del 2 giugno? Seguite il sitowww.festivalgenerazionecultura.it e la pagina facebook relativa al festival per scoprire il nome.

SETTIMANA CORTA, RIFORMA DELLA SCUOLA, FESTE DE L’UNITÀ

pedagogia corrente: o mangi ‘sta minestra...di Bruno Bonafini

«La cultura è ciò che rimane quando si èdimenticato tutto». (Édouard Herriot)

È certamente dignitosa la motivazione con cuiGigi Mottinelli, presidente della nostra Gran-de Area -la rigenerata Provincia-, rafforza lasua intenzione di arrivare alla settimana cortain tutte le scuole del territorio bresciano per ilprossimo anno. Dicendo che è la proposta diun modello di scuola che non deve essere as-sorbente di tutto, avere un valore educativo esociale. Ma dovendo naturalmente ammettereche di mezzo c’è anche (anche?) un problemadi costi dei trasporti e del riscaldamento.Che poi è la vera stringente motivazione dellaproposta. Ne risulterà un giorno libero in più,il sabato, per i nostri ragazzi e per le famiglie,quindi una scuola “meno assorbente”. Ma seuna scuola meno assorbente non fosse pro-prio la prima e più urgente esigenza dell’oggi,in una situazione in cui i giovani già sono pre-si da mille attività ed interessi extra scolastici? Domanda che è bene non porsi, ovviamente,come pure quella eventuale sulle mense che sa-rebbero da attivare per il conseguente orariopomeridiano in talune giornate. Le domande ele riflessioni sulle conseguenze e sui costi e be-nefici dell’operazione rischiano tutte l’inutili-tà, visto che l’argomento che taglia la testa altoro di ogni considerazione (anche a quelle dioperatori e famiglie che Mottinelli vorrebbecoinvolti) è quello del bilancio provinciale ri-dotto a tale stato di sofferenza, ci dice la crona-ca come il pianto degli addetti ai lavori, da nonlasciare alternative al taglio del sabato per tutti.La vicenda, pur se locale e nel suo piccolo,esemplifica bene la cifra delle “riforme scolasti-che” dell’ultimo decennio, e con la Gelmini sitoccò il massimo: quando ogni scelta nuova, diorario, di materie e programmi, di organizza-zione ecc.., vestita con le motivazioni più di-verse, condivisibili o meno che fossero, coprivao comportava un progressivo consistente tagliodi quanto si spendeva per la scuola. Non tuttogiustificato dalla crisi, visto che la tendenzadata da prima della crisi. Scelta politica, ancheideologica sotto molti aspetti, che cadeva (disa-strosamente) sulla scuola, non nasceva da esi-genze interne alla scuola stessa o dalla società.Tratto, quest’ultimo, che rimane un aspettoforte anche della discussa riforma della scuolaRenzi-Giannini, denominata dagli autori “labuona scuola” (quella degli altri, o semplice-mente quella esistente, è cattiva, naturalmen-te, indistintamente). Fatte salve una maggioreassegnazione di risorse, molto minore comun-que di quanto vantato sui media, e la sistema-zione di un apprezzabile numero di precari dilungo corso, i due aspetti più contestati dellapreannunciata riforma mostrano il senso delrenzismo calato sulla scuola. Sono il potenzia-mento oltremisura del potere del preside, de-stinato a essere il vero dominus della scuola,

che si sceglie gli insegnanti, li premia e li valu-ta a sua discrezione, li scarica o li conferma adogni triennio. E la possibilità per ogni scuoladi godere del 5 per mille dei genitori dei pro-pri alunni che la indicassero, lasciando liberocampo a scuole “ricche” perchè con genitori“ricchi o benestanti e a scuole povere in realtàeconomicamente povere, confermando o addi-rittura rafforzando un divario sociale che giàoggi incide molto e che la stessa scuola do-vrebbe contribuire a colmare.C’è dell’altro naturalmente nelle critiche diffu-se che hanno accolto la riforma, ma bastanoquesti due dati a dare il segno di una politica,metodo e ideologia, che viene calata sullascuola. E che la scuola nemmeno dovrebbe di-scutere: chi l’ha elaborata ha accettato solo ilcontributo (?) delle email di singoli, non ha

voluto confronto aperto con associazioni dicategoria o sindacati di settore.Si veda, quasi a certificazione, l’accusa disquadristi della ministra Giannini alla Festadell’Unità di Bologna, rivolto a chi non ac-cettava che il dibattito sulla riforma fosse,come da programma, tra due interlocutoricome la Giannini stessa e l’on. Francesca Pu-glisi, responsabile pd della scuola, che con leiaveva strettamente collaborato alla stesura.Un dibattito tra consenzienti, grottesco comemodello di confronto vero, ma sincero neldirci del nuovo corso che si vuol far passare:c’è chi decide e chi deve solo “obbedire ecombattere”. (Impostazione che peraltro sivoleva ripetere qualche sera dopo, con il pre-visto dibattito sul job’s act tra Giuliano Po-letti, ministro del lavoro, e Filippo Taddei,responsabile economico del PD, suo consi-gliere di fatto, e come tale coautore con il mi-nistro del provvedimento).Un excursus su cose diverse, di ambiti e im-portanza diverse, dalla settimana corta alla di-scussa “riforma”, per finire alla Festa del-l’Unità con suoi innovatori dibattiti, questeveloci divagazioni. Per cogliere, attraverso se-gni diversi, tratti di involuzione democraticache non dobbiamo abituarci a tacere e ad ac-cettare. Nemmeno se l’innovazione ed il deci-sionismo fossero i migliori nel merito dellescelte e nelle intenzioni di chi li fa. Che nonpare proprio il nostro caso

10 maggio 2015 - graffiti

RITRATTO (a cura di Beppe Bonino e Gianprimo Vielmi)

Antonio SavioAntonio Savio lascia un ricordo indelebile e prezioso in quanti lo hanno conosciuto: i suoifamigliari ed amici, i compagni di partito e di sindacato, la comunità di Plemo-Sacca-Esine.Dagli anni sessanta, Antonio è stato una presenza costante nella vita sociale, politica e ammi-nistrativa del Comune di Esine.Generosità ed innato senso della giustizia lo portarono da giovanissimo, a Plemo ed in fabbri-ca, a schierarsi dalla parte della gente umile e bisognosa e dei lavoratori. La passione politica fuil passo naturale, passione che gli fece scegliere di iscriversi e militare nel Partito ComunistaItaliano. Dotato di capacità di coinvolgimento e di carisma (oggi lo definiremmo un leader!) fuda subito punto di riferimento per i coetanei di Plemo, per i compagni di lavoro e di partito.La sua intelligenza, la sua maturità, il suo equilibrio (doti unanimemente riconosciute ed ammi-rate sino a oggi) ne fecero il catalizzatore dell’attività di tante persone.Fu così anche per noi e per tanti giovani esinesi che, alla fine degli anni sessanta, trovarono inSavio un compagno da cui apprendere e un esempio da seguire. In quegli anni Antonio ci inse-gnò molto, facendolo con il ragionamento e con l’esempio. È da Savio che apprendemmo anchele prime e più importanti “nozioni” dell’amministrazione pubblica comunale.Eletto consigliere comunale (col massimo delle preferenze!) nei primi anni settanta, ricoprendoanche la carica di vice-sindaco, diede un significativo contributo alle scelte e alle realizzazionidell’amministrazione comunale. Contributo che, fosse in maggioranza o all’opposizione, non èmai venuto meno nei 20 anni in cui è stato consigliere comunale.Il fatto che sia stato sempre eletto con il numero più alto di preferenze è indicativo del con-senso e della stima che trovava anche al di là dell’elettorato comunista o di sinistra. Stima ericonoscimento che non gli sono mai mancati anche da parte degli avversari politici, perché eraaperto al confronto e mai settario. Convinto che ciò che conta è risolvere i problemi della genteche ha bisogno, non amava le chiacchiere e le discussioni fini a se stesse: era convinto che ilcompito di chi “vuol stare dalla parte dei più deboli” fosse agire per migliorarne le condizioni enon limitarsi a testimoniarne le sofferenze. Praticava quindi la “cultura del fare”: l’impegnoche Antonio Savio ha profuso è stato motivato da questa cultura, dal convincimento che “bi-sogna fare” per cambiare le cose che non vanno, da una passione politica lucidamente consape-vole che non ci si può limitare a denunciare e gridare.Sono tanti e preziosi gli insegnamenti che dalla sua vita e dalla sua intelligenza abbiamotratto ed è anche per questo, oltre che per la generosità e la coerenza del suo impegno, chemerita la nostra gratitudine riconoscente.

il camuno in AmericaLontano dalla superficialità tutta leghistadel dialetto come folkloristica rievocazionenostalgica del “come eravamo belli e bravi aquei tempi”, c’è il valore indiscusso del dia-letto camuno (o dei dialetti camuni) comecomplesso sistema di regole e segni attornoai quali si organizzava e si trasmetteva latradizione di un intero territorio.Lo scorso 9 aprile nella Biblioteca Civica“Ai Caduti dei Lager” di Pian Camuno laProfessoressa Michela Cresci ha presentatoad una sala curiosa il contenuto della suatesi di laurea specialistica, discussa all’uni-versità americana The Graduate CenterCity University di New York, dal titolo“La fonologia del Camuno: descrizione espiegazione in Evolutionary Phonology”:una piacevole serata, sospesa tra la com-plessità della ricerca linguistica effettuatadalla Cresci e il fondamentale apporto delpubblico, che ha tratteggiato l’importanzadi una lingua che viene da lontano e checontinua, faticosamente, a sopravvivere.E proprio nella contaminazione fra i tecnici-smi linguistici della ricerca e l’apporto più“popolare” del pubblico si è percepito ilsuccesso dell’iniziativa: al termine della suaesposizione la Professoressa Cresci ha pa-zientemente accolto istanze e osservazioni,declamazioni di detti popolari e considera-zioni storiche di varia natura, confrontando-si con il pubblico, scambiandosi opinioni eosservazioni, creando un clima di dialogocostruttivo che ha dato un senso completoalla serata. Serata che è stata un tassello diuna più lunga serie all’interno di una rasse-gna chiamata “Appuntamenti Culturali diPrimavera”, organizzata dai comuni di Arto-gne, Gianico e Pian Camuno, che fino ametà giugno terrà banco sul territorio dei trecomuni coinvolti: prossimamente le seratesaranno dedicate a Kafka con lo spettacoloteatrale del 23 maggio, alle nuove sfide delVietnam (il 26 maggio) e per finire ad un in-credibile viaggio in Italia in sella ad una bici-cletta (l’11 giugno). (s.m.)

LA SETTIMANA DELLA LEGALITÀventi liberi soffiano su tutta la valle

Che programma per i vent’anni di Libera. Nove amministrazioni comunali coinvolte, il patrociniodella Comunità Montana, della Cgil e del Biodistretto, più una ventina di sponsor privati per unasettimana da incorniciare. Peccato che l’apertura prevista a Malegno con Giusy Nicolini sia statarinviata a data da destinarsi per evidenti impegni della sindaca di Lampedusa. Gli appuntamenti degnidi nota restano comunque tanti, fino alla chiusura al Centro Congressi di Boario, sabato 23 maggio,con lo spettacolo teatrale “Limpida è la notte”. In mezzo Rita Borsellino (18 maggio a Costa Volpi-no), Nando dalla Chiesa (20 maggio a Berzo Demo), Giancarlo Caselli (21 maggio a Edolo).Sul prossimo numero di Graffiti il racconto di questi importanti incontri. Già da ora vanno invece icomplimenti al gruppo camuno che si conferma una delle realtà più vive dell’associazionismo pro-gressista in Valle. Complimenti per la qualità dei relatori, ma anche per la capacità di organizzareuna settimana di eventi diffusa sull’intero terri-torio camuno, uscendo anche dalla “capitale”Malegno. Tita e compagni, avanti così! (mcc)

«No, non siamo ancora soddisfatti, e non losaremo finché la giustizia non scorrerà comel’acqua e il diritto come un fiume possente».

Marthin Luther King

premio “Basilio Mosca”Il premio “Basilio Mosca”, promosso dagliIncontri tra/montani e costituito da un con-tributo di mille euro (da destinarsi al finan-ziamento di un evento culturale riguardantela cultura e la vita di montagna), ha visto lapartecipazione di ben 16 concorrenti prove-nienti da 4 regioni ed appartenenti sia ad entipubblici che ad associazioni ed organizzazio-ni culturali, alpinistiche e ricreative.La giuria nominata dal coordinamento degliITM, presieduta da Giancarlo Maculotti ecomposta da Giuliano Beltrami, Chiara Bar-bierato, Sergio Primo Del Bello e GrazianoRiccadonna, ha esaminato tutti i progettipresentati che hanno ricevuto, dopo attentavalutazione, un buon punteggio. Dopo unaprima selezione, sono state accettate 14 do-mande ed ammessi alla scelta definitiva seiprogetti. Tra di essi il punteggio maggiore èstato attribuito a Le parole della montagna(Luoghi, spiritualità, poesia, filosofia,escursioni, arte, racconti, spettacoli), Sme-rillo (Fermo, Marche), 19-26 luglio 2015.In finale anche due associazioni valligiane:“Banda civica” di Ono S. Pietro (Campusmusicale Concarena) e Istituto per lostudio delle tradizioni alpine di Breno(Banditi e fuorilegge nelle Alpi).

graffiti - maggio 2015 11

recensionedi Alessio Domenighini

Titolo: Harture. Il mondo delle sarteAutore: VariEditore: Comune di Darfo Boario Terme

Siamo in presenza di un apparente piccolo li-bretto, ma che porta con sé un forte senso in-novativo ed uno sguardo complesso su unmondo del lavoro piuttosto e volutamenteignorato. Come dice il titolo stiamo osservan-do un aspetto del mondo femminile e di unaspecifica attività lavorativa che riesce a coniu-gare molte peculiarità. Si tratta spesso di unapassione maturata addirittura nell’infanzia, eche «ha espresso le caratteristiche più nobilidell’artigianato quali la creatività, l’abilità ma-nuale, la precisione e il gusto estetico...» comeprecisato nella prefazione.Si tratta appunto del lavoro delle “sarte”,che per molti anni ha caratterizzato la citta-

ABBONAMENTO 2015ordinario: • 15,00 - sostenitore: • 25,00.

Gli abbonati sostenitori riceveranno inomaggio un libro sulla Valcamonica.Versare sul c.c.p. 44667335 (intestato al-

l’Associazione culturale Graffiti),tramite l’allegato bollettino.Tanti piccoli sforzi personali

possono trasformarsi in unagrande risorsa per le pro-spettive di Graffiti!Ricordiamo inoltre che ilbollettino per l’abbona-mento al giornale può esse-

re utilizzato anche perl’iscrizione all’omonima As-

sociazione culturale (30 euro), che daràdiritto non solo a ricevere il giornale stes-so ma anche a farne giungere una copiaper l’intero 2015 ad un’altra persona (chedovrà essere indicata, con l’indirizzo).

DA MALONNO A RAI3, E ORA IN LIBRERIALorenzo Raffaini ce l’ha fatta!Mezza vetrina della Mondadori in piazza Duomo a Milano dedicata al nostro autore. Lo scrit-tore De Carlo che introduce e presenta il libro nella sala conferenze della più centrale libreria diMilano. Un pubblico numeroso e non solo malonnese. Insomma un successo senza pari per ilnostro Lorenzo Raffaini e per il suo libro Amo troppo la vita per riuscire a viverla.Quando in occasione del programma Masterpiece, un anno e mezzo fa, Lorenzo fu sostenuto datutta la valle per recuperarlo dopo l’esclusione, nessuno poteva sperare che il suo scritto riuscisse asuperare le forche caudine dell’editoria nazionale. Invece no: la Elisabetta Sgarbi è stata di parola edora il romanzo-verità è stato stampato da Bompiani ed è in tutte le edicole e librerie italiane.È una tristissima storia quella narrata da Lorenzo senza peli sulla lingua. Una vicenda di drogae di abiezione arrivata ai più bassi livelli possibili. Ma oggi il suo racconto è il simbolo dellaresurrezione dopo le esprienze d’inferno dell’eroina, di alcune comunità di recupero dedite almalaffare e al sistematico imbroglio di chi soffre e quindi è debole, ed infine del carcere.La mamma, a margine della presentazione ufficiale, mi confida che avrebbe molte cose da dire,ma che non si è sentita di dirle in pubblico. Il libro di Lorenzo è un po’ anche la sua rinascita ese volete quella dell’Associazione Famiglie Camune che, con coraggio e caparbietà, ha perse-guito gli obiettivi e i tentativi di salvataggio di chi si era avviato sulla strada dell’autodistruzio-ne e della distruzione di ogni equilibrio familiare: relazionale, economico, sociale.Ora il libro è lì che vi attende. Bompiani. Quindici euro ben investiti in una lettura avvincenteche forse diventerà anche un film. E sostegno indiretto ad una causa che richiede ancora molteenergie e molto coraggio di dire la verità. Lorenzo ci ha provato. Ora spetta ai lettori far tesorodi una testimonianza unica nel suo genere. (gim)

Nel novembre del 1991 (quasi 24 anni fa!) Graffiti pubblicava la seguente “lettera aperta ad unragazzo tossicodipendente” dell’alta Valcamonica:«Appena ti conosco. Qualche volta ti vedo al bar o ti sfioro per strada. Non so nulla della tuavita. So di certo però che soffri enormemente e fai soffrire i tuoi. So anche che hai tentato piùvolte di liberarti dalla tua schiavitù ma non ci sei mai riuscito. Hai conosciuto il furto, la violenza,il carcere. In paese nessuno ti stima e nessuno scommetterebbe cinque lire sul tuo avvenire.“Farà la fine degli altri”, si sente spesso dire alludendo a chi è già morto. Qualcuno addiritturaafferma: “Speriamo che faccia presto la fine degli altri così non darà più fastidio a nessuno”.Io che sono pessimista di natura ti dico invece che hai la possibilità di uscire dal baratro doveti sei cacciato. Devi certo recuperare un po’ di fiducia in te stesso. Devi essere disponibile afarti aiutare. Ci sono diversi volontari che in Valcamonica possono occuparsi di te. C’è l’Asso-ciazione Famiglie Camune, c’è il gruppo “Proposta” di Malonno, “Il Seme” in alta Valle. C’èanche la sede del PDS, se vuoi. Quando sei disperato, prima di farti per l’ennesima volta,chiama aiuto. Potrebbe essere l’ultima volta che ne senti la necessità».

Non ha alcuna importanza sapere chi fosse il soggetto destinatario (quanti ne abbiamo visti inquesti anni?!), mentre ci pare estremamente importante dedicare quella ormai lontana lettera aLorenzo Raffaini, unitamente all’augurio che riesca finalmente a vivere la sua vita. (t.c.)

dina camuna di Darfo Boario Terme. Un la-voro, i cui prodotti venivano dedicati alle fa-miglie, a molte persone del paese e anche asvariate presenze “esterne” che qui conflui-vano per le cure termali.Attraverso alcune interviste il libro proponedegli spaccati di vita davvero oggi poco cono-sciuti: i tre anni di apprendistato, il lavoro perricompensare la “maestra” che forniva l’adde-stramento professionale e poi il lavoro speci-fico durato spesso decine di anni, esercitatoper lo più dentro le mura domestiche. Un’atti-vità certo con esclusiva ma che conviveva conl’accudimento della casa e la cura dei familiari.Insomma, come sempre, l’attività lavorativadelle donne riusciva a riempire completamentela loro esistenza, pur in presenza di ben scarsiriconoscimenti sociali.Nella seconda parte questa ricerca presenta al-tri aspetti legati a questo mondo: i proverbi, imodi di dire, gli oggetti legati al lavoro quali glistrumenti, le stoffe, le tipologie degli abiti, leparti dei vestiti, gli accessori... Il tutto, ovvia-mente e rigorosamente proposto nella lingua“madre”: il dialetto camuno che qui si presen-ta con aspetti particolari e specifici. Si trattaquindi non solo del recupero di un pezzo distoria del lavoro, degli spaccati di vita di mol-te donne e delle relative famiglie, ma anchedell’aspetto culturale e linguistico che si rela-ziona complessivamente al territorio.Per concludere questa breve presentazione nonsi possono non sottolineare almeno due aspet-ti. Da un lato il riconoscimento per il valore insè di questa operazione, legata anzitutto a duedonne facenti parte della nuova Amministrazio-ne di Darfo: Luigina Gaioni e Alice Piccinelliche, come sempre, hanno raccolto attorno a séla collaborazione di molte altre donne.Il secondo aspetto riguarda il valore socialedi quanto il libro propone. Oggi, parlandodel lavoro e dell’occupazione si pensa almondo giovanile che non riesce a trovaresbocchi lavorativi. Ebbene, questo modellofemminile che si occupa dell’artigianato tra-dizionale, che coltiva la passione e l’impe-gno personale, la forza di non arrendersi edi sentirsi valorizzate da questo lavoro po-trebbero costituire aspetti significativi emodelli di riferimento importanti. Per tutti,maschi compresi, ovviamente.

«Forse in Italia, più che altrove, è ancoravivo il secolo decimottavo, e con lui il tipodel ciarlatano, del buffo chiacchierone cosìcaratteristico di quell’epoca: tale personaggioè dato oggi incontrare solamente in Italia, inesemplari abbastanza bene conservati. Nelsuo complesso, Cipolla aveva molto di quel-la storica razza, e l’impressione di buffoneriafantastica e reclamistica inerente a quell’im-magine fu richiamata dal fatto che quell’abitopretenzioso gli stava addosso – o, per megliodire, gli stava appeso addosso – con falsetensioni e false pieghe...».

Thomas Mann, Mario e il mago

12 maggio 2015 - graffiti

ROSSO DI SERA (a cura di Giancarlo Maculotti)

autonomie: I have a dreamNessuno può sapere quale esito potrà avere. C’è di mezzo una riforma costituzionale che dovràpur dire che cosa si intende per area vasta (in sostituzione della Provincia). Ci saranno le deleghealle Regioni per le zonizzazioni. Potrà anche esserci un protagonismo dei Comuni e delle Comu-nità Montane? La Valle Camonica si sta già muovendo da tempo per rivendicare più autonomia.Non si capisce infatti perché – come giustamente sottolinea Gian Bettino Polonioli, sindaco diCimbergo – l’acqua della Valtellina e quella del Trentino valgano per la popolazione locale diversimilioni di euro, mentre l’acqua della Valle Camonica per i suoi abitanti valga zero.Gli enti comprensoriali stanno lavorando con spirito unitario per rivendicare ad una delle vallipiù popolose della Lombardia e ad una delle zone con la crisi economica più pesante, non privi-legi o assistenzialismo, ma gli stessi diritti già forniti ad altri nostri simili.Non sta a noi definire quali debbano essere le aree vaste a cui appartenere. A noi preme soprat-tutto avere garanzie di grande autonomia com’è giusto ed opportuno per le zone montane. Nonsi tratta quindi in questa fase di dire se staremo con Brescia o con Sondrio o con Clusone. Stare-mo, se spetta a noi decidere, con chi ci garantisce più autonomia e più risorse.La Valcamonica ha una lunga tradizione di autogoverno. Nicola Stivala la fa risalire addirittura alperiodo romano con la Tribù Quirina. Ma non c’è nemmeno bisogno di andare così lontano. Seosserviamo gli ultimi cinquant’anni di amministrazione comprensoriale vediamo che la valle, sep-pure a fatica e sebbene frenata dai suoi mille ingiustificati campanilismi, ha saputo nei momentiprincipali stare unita e avere una visione del futuro più lungimirante di altre. I servizi compren-soriali, senza i quali i comuni sarebbero paralizzati, sono lì a dimostrarlo.Ed allora quale potrebbe essere il nuovo assetto istituzionale? Difficile prevederlo anche perchéspesso sotto gli autonomisti si celano dei ferrei accentratori. E viceversa.Posso solo disegnare ciò che personalmente auspicherei ma che non so quali possibilità reali abbiadi essere adottato. Il modello per il quale an-drebbe la mia preferenza è il seguente: alle valli(almeno a quelle più popolose e lontane dallecittà) vengono date tutte le deleghe che oggi hala Provincia ed anche qualcuna in più. Ad esem-pio quella sulle centrali e centraline. Ma vedreibene anche un sistema scolastico più autono-mo, come in Trentino. Tutti i consiglieri comu-nali eleggono i rappresentanti nell’ente di go-verno valligiano che non debbano necessaria-mente essere membri del consiglio.Le valli si associano in un’area vasta abba-stanza omogenea che si occupa dei problemiintervallivi (collegamenti stradali, sanità, scuo-le intervallive e di livello universitario, reti in-formatiche, rapporti con la Regione e con altrearee simili ecc.). L’assemblea dell’area vastarisulta dall’insieme delle rappresentanze dellecomunità autonome delle valli e deve essere,necessariamente, abbastanza snella. Imitandoil Trentino Alto Adige che ha un consiglio re-gionale non elettivo ma costituito dall’unionedei due consigli provinciali.Di modelli intendiamoci ce ne possono esseremolti. Ciò che mi pare necessario è ragionarefin da ora su qualcosa di più di una provinciacamuna che, nella prospettiva attuale – non mene voglia Corrado Tomasi – non ha più nessunsenso (sempre che lo avesse nel passato quan-do si sono create a dismisura provinciole picco-le ed insignificanti in tutta Italia). Si va quindinella direzione delle quattro Lombardie comeha prospettato il sociologo doroteo Aldo Bo-nomi? In parte sì, in parte no. Quattro Lombar-die sono davvero troppo poche, ma nemmenosi può pensare a una Lombardia per ogni pic-cola valle. E in questo quadro che fine farà laRegione? Gestire meno e delegare di più assu-mendo un coordinamento forte e di prospetti-va. Si tratta di un sogno. Ma la fase onirica nonè mai secondaria, né nella vita, né in politica.

ZUCCHERO, PEPE E SALE(a cura del cuoco)

ZUCCHEROLa ciliegina sulla torta non può che andare aGino Boldini, partigiano, a cui in Parlamentoè stata consegnata la medaglia d’oro per lasua partecipazione alla Resistenza. Ed èanche nostro lettore.

PEPEStefano Sandrinelli, presidente riconfermatodella Pia Fondazione, c’ha preso gusto con isocial network. Un giorno sì e l’altro anche,sta inviando foto e pensieri su tutto o quasi.Onnipresente, dalla briscola all’ospedale, daMalegno e da Roma. Un peperino.

SALENon si capisce come ad un anno di distanzadalla tragedia della croce di Cevo si possagià pensare di rimetterla in piedi tale e qua-le, anche se con materiale più resistente. Ilsindaco Citroni ne è convinto. Forse ci sa-rebbe bisogno di una più ampia riflessionesull’opportunità e sui veri vantaggi in ter-mini di riscontro economico.

VALCAMONICA ONLINE (a cura di Valerio Moncini)

la nostra buona scuolahttp://www.icdarfo2.it

Nonostante le “Morattinate” e le “Gelminate” l’abbiano resa abbastanzamalconcia la “Buona Scuola”, per nostra fortuna, esiste ancora, nella speran-

za che le “Gianninate” odierne non le diano il colpo di grazia.È di questi giorni lo sciopero della scuola; una scuola che in larga misura poggia sul lavoro preca-rio di migliaia di supplenti che, alla faccia della continuità didattica, vengono rimpiazzati ad ogniinizio di anno scolastico e che, se dovesse passare il modello Renzi-Giannini, sarebbero alla mer-cè di dirigenti, non sempre all’altezza, e già ora propensi ad usare il potere per ricatti contro chiesercita capacità critica e favoritismi nei confronti di chi eufemisticamente chiameremo “yesmen”. La forte mobilitazione messa in campo da chi la scuola la vive e fa vivere (lavoratori,studenti e famiglie) sembra che abbia indotto a riconsiderare gli aspetti più pericolosi contenutinel disegno governativo, ma considerando con chi si ha a che fare è meglio non “stare sereni”.Dice il ministro, quella che considera “squadristi” i cittadini che la contestano pur continuando apagarle il “ricco stipendio”, di non capire il perché di tanta opposizione. Siamo d’accordo con leisul fatto che non capisca che cos’é la scuola e di come si debba intervenire affinché diventi unluogo sicuro (compresi i soffitti) dove una comunità di persone opera quotidianamente per mi-gliorarsi e migliorare questo “Paese derelitto”. Forse capirebbe qualcosa di più, signor ministro,se si degnasse di dare un’occhiata almeno alla lettera inviata al governo dal Coordinamento deiPresidenti dei Consigli d’Istituto della provincia di Bologna, ma che potrebbe essere fatta pro-pria da tutte le scuole italiane (la trovate su https://comitatogenitoridarfo2.wordpress.com/).Si diceva della “Buona Scuola”; di essa abbiamo esempi anche in Valcamonica. L’Istituto Com-prensivo Darfo 2, ad esempio, dove la finalità ultima della formazione integrale della personapassa attraverso il benessere nell’apprendimento-insegnamento e nella graduale interiorizzazionedel senso del dovere e della responsabilità personale di fronte all’ambiente ed alla società.Ecco allora la sperimentazione di nuove forme organizzative della didattica quali le “settimanesenza cartella” o le “Settimane dei talenti” quando, sostituendo temporaneamente la classe chiusacon “gruppi d’interesse”, gli alunni, guidati dai loro insegnanti e da esperti esterni, hanno l’occa-sione di applicarsi ad attività che ne valorizzino le capacità personali con la finalità dell’auto-orientamento e del futuro inserimento in situazioni sempre più complesse di relazione e di ap-prendimento. Tutto questo in rete con le altre agenzie educative del territorio, anzitutto le fami-glie che, attraverso il Comitato Genitori, partecipano attivamente non solo proponendo e orga-nizzando iniziative di approfondimento con esperti di tematiche socio-educative, ma anche ricer-cando finanziamenti sostitutivi dei fondi pubblici soggetti da anni a tagli pesanti e ricorrenti talida compromettere o rendere impossibile il mantenimento dei “tre tempi pieni” o la realizzazionedi sperimentazioni e progetti innovativi propri della “Buona Scuola”.