Gli Inesorabili

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Chi è il ladro geniale e imprendibile per il quale rapinare una banca risulta facile come bere un bicchiere d’acqua? Cosa si nasconde dietro la lunga e impunita catena di furti che sta colpendo l’Inghilterra? Dare la caccia al criminale è la missione affidata a Robert Long, un poliziotto del tutto atipico.

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CrimenGLI INESORABILI

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Collana CRIMENdiretta da Alessio Billi

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Edgar Wallace

GLI INESORABILI

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Titolo originale:The terrible people

Traduzione dall’inglese:Alessia Accorrà

Revisione a cura di:Alessio Billi

Copertina:Giulia Arimattei

Immagine di copertina:© Strixcode–Fotolia.com

Fotocomposizione:Romano Bottini – Roma

Stampa:Grafiche del Liri s.r.l. – Isola del Liri (FR)

Copyright edizione italianaGREMESE2012 © New Books s.r.l. – Romawww.gremese.com

Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libropuò essere riprodotta, registrata o trasmessa, in qualsiasi modo o con qualsiasi mezzo,senza il preventivo consenso formale dell’Editore.

ISBN 978-88-8440-718-4

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PREFAZIONE

Ci voleva la penna di Edgar Wallace per svecchiare l’epocaclassica del giallo. Prima di lui i detective letterari sono semprestati intellettuali da salotto, e gli intrecci romanzeschi comples-si enigmi in cui un personaggio alla Sherlock Holmes indagavaper diletto, coglieva tracce insignificanti e alla fine scioglieva ilrompicapo. Dopo Wallace niente sarà più come prima e ilgenere poliziesco si innoverà in stile e contenuto.

Il protagonista de Gli Inesorabili non è un dilettante curio-so e vanitoso, ma rappresenta la legge. È uno che ha scelto ilmestiere di sbirro non per vocazione, ma quasi per ripiccaverso il padre, o per una personale sfida a se stesso. Fino a quelmomento i piedipiatti erano disprezzati dai lettori, ma conl’ispettore Long diventano eroi dotati di umanità. Oltre a unacaratterizzazione più realistica della figura dell’investigatore,nelle pagine de Gli Inesorabili si trova un’attenzione particola-re per gli ambienti bancari, per gli sfondi urbani decadenti eper le sudice ambientazioni di campagna. Gli elementi piùnuovi e radicali portati da Wallace, che sconquassano gli ormailogori impianti del giallo tradizionale con la forza di un catacli-sma, stanno nel plot muscolare, nella costruzione di sequenzedal sapore cinematografico, nella spigliata velocità di narrazio-ne, nella smodata dose di violenza e pistolettate, nell’alternan-za di mistero e azione, suspense e adrenalina, nei continuirovesciamenti forniti da un racconto che non si prende maiuna sosta. In una parola: “thriller”, termine anglosassone chederiva dal verbo “to thrill”, cioè “rabbrividire”. E la tensione,lo spavento, l’emozione generata dalla paura sono i cardini diquesto sottogenere. Come ha spiegato Jeffery Deaver, maestroindiscusso di tale filone narrativo, il trucco è «indurre nei letto-ri un’ingannevole sensazione di sicurezza... per poi, bang,coglierli di sorpresa».

I colpi di scena non mancheranno ne Gli Inesorabili e a

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questi si aggiungeranno anche altri ingredienti, che andranno aformare una pietanza ricca e variegata. Si prenda ad esempio ilnoto “delitto della camera chiusa”, stratagemma letterario cheda solo ha costituito il blocco di interi romanzi. Qui è unaspezia che arricchisce il piatto. Un omicidio è avvenuto dentrouna stanza d’albergo impenetrabile. Solo violando i principidella fisica e del senso comune, qualcuno può introdursi in unluogo inaccessibile, senza forzare la porta, e uccidere la suavittima. Per un attimo abbiamo la sensazione che il crimine siaopera di forze sconosciute che tramano contro la vita reale.Siamo nei paraggi della letteratura gotica e soprannaturale. Nelromanzo accadono anche altre cose che il raziocinio umanonon riesce a spiegare. Ma dall’iniziale incredulità, dal climaterrificante che sa di arcano, l’autore vorace ed eclettico simuove ben presto verso i territori della razionalità. Il poliziot-to che sfida la banda di malfattori, la quale ha nel suo DNA lasegretezza ed è organizzata come una sorta di loggia massoni-ca, sarà in grado di ricostruire come sono andati davvero i fatti,ci rivelerà che non esistono spiriti che vanno in giro con armimortali e ricondurrà il delitto a un’origine meschinamente, epiù banalmente, umana.

Alessio Billi

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CLAY SHELTON

Henry il Lanciere entrò nell’ufficio di polizia di Burton Streetper farsi firmare il foglio di scarcerazione. Era uscito proprioquella mattina da Dartmoor, dove era stato mandato a sconta-re una pena di sette anni, ridotta poi di ventuno mesi. Cosìsgattaiolò nell’ufficio a testa bassa, con il viso cereo deturpatoda una brutta cicatrice e l’espressione altera, caratteristica ditutti i delinquenti incalliti.

«Henry Beneford, sergente. Devo venire qui perché sonosoggetto a vigilanza speciale per un paio d’anni».

Vicino al sergente c’era un ragazzo snello, alto e dall’ariasimpatica, anche se dallo sguardo che Henry gli lanciò si sareb-be dovuto pensare il contrario.

Per il Lanciere fu una sfortuna che l’ispettore Long sitrovasse proprio nel distretto di polizia di Burton Street in quelmomento, perché egli vedeva il giovane funzionario come ilfumo negli occhi.

«Buongiorno, ispettore» borbottò tra i denti. «Siamosempre vivi, a quanto vedo».

«E vegeti» ribatté Long con un sorriso allegro. Henry stor-se la bocca.

«Mi meraviglio che la vostra cattiva coscienza non vi tengasveglio la notte» riprese il Lanciere. «Sapete benissimo di aver-mi fatto dare sette anni dicendo un sacco di bugie».

«Tu sei il mio primo arresto, Lanciere, e ti voglio bene» osser-vò Robert Long con aria maliziosa. «Nonostante ciò, spero difarti dare presto altri sette anni. Se potessi fare a modo mio, tirinchiuderei in una camera a gas. Il mondo ne gioverebbe!».

La bocca di Henry tremò, segno che stava per esplodere,ma Long non si mostrò per nulla allarmato, pur conoscendobenissimo l’indole del suo interlocutore. Il fatto era che, sebbe-ne il Lanciere venisse considerato un individuo pericoloso,anche sul conto di Long correvano voci analoghe.

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Henry Beneford veniva chiamato “il Lanciere” perché erastato tra i lancieri di Sua Maestà per diciotto mesi; poi era statoespulso, per avere quasi ammazzato un caporale. In quell’occa-sione aveva scontato tre anni di fortezza e in seguito, anchedopo essere tornato alla vita borghese, era stato in prigionediverse volte, per furto, percosse e ferimenti vari.

«Ascoltatemi, ispettore» sibilò a denti stretti. «Non vogliominacciarvi, perché non ho intenzione di fornirvi il pretestoper rispedirmi in galera, ma vi avverto: badate bene a quelloche fate».

Long sorrise con aria ingenua.«Chiacchieri troppo, Lanciere» disse con voce tenue. «Un

giorno o l’altro ti manderemo in Parlamento».«Sono io che chiacchiero troppo?» scattò Henry, con gli

occhi che lanciavano fiamme. «Oh, voi siete molto bravo adacciuffare i poveri disgraziati come me, ma perché non prova-te ad arrestare Shelton? Non c’è l’ombra di un poliziotto cheriesca a catturarlo. Figuriamoci un dilettante!».

Robert Long non rispose. In quel momento non si sognavanemmeno di potersi occupare del caso Clay Shelton. Avevacapito benissimo che l’allusione al dilettante era rivolta a lui,ma non se ne preoccupò: era troppo sicuro delle sue capacitàper dare peso all’insulto di un pregiudicato.

Appena di ritorno a Scotland Yard, però, Long si accorseche il caso Shelton sarebbe diventato di vitale interesse ancheper lui.

In realtà non esisteva nessuno in Inghilterra che si chiamas-se Clay Shelton, ma da venticinque anni a quella parte taleindividuo non aveva fatto altro che falsificare assegni e letteredi credito per somme molto consistenti. In sostanza, “ClayShelton” era un’etichetta che serviva a indicare un personaggiomisterioso, il quale si era servito di quel nome la prima voltache aveva organizzato una truffa.

La prima operazione bancaria di Shelton si era svolta aDorking e gli aveva fruttato ben settemila sterline. L’espe-diente usato era stato semplicissimo e la falsificazione addirit-tura elementare. Clay Shelton fu il primo nome con cui si fececonoscere e con cui fu iscritto nei registri della polizia.

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Un anno dopo, il tenente colonnello Hillerley, ufficialepagatore del Commissariato, si fece consegnare venticinquemi-lasettecento sterline dalla Banca d’Africa, con un mandatofalso. Hillerley doveva essere certamente lo stesso individuo diDorking, con in più un bel paio di baffi e il monocolo.L’impiegato della Banca, che era un tipo sveglio, sospettòdell’ufficiale che era venuto a riscuotere, perciò lo seguì fino aWinberg. La mattina dopo fu trovato pugnalato in un boscovicino, perché Clay Shelton ricorreva anche alla violenza quan-do la sola astuzia non bastava.

L’ufficiale pagatore della Marina Corban-Smith, che ritiròoltre venticinquemila sterline dalla Banca di Portsmouth e delSud, non aveva baffi e indossava un’impeccabile uniforme, conil petto ricoperto di nastrini e decorazioni.

Il fattorino che si recò alla Banca d’Inghilterra a ritiraresessantamila sterline per conto della Midland aveva i baffi grigie l’accento scozzese.

Frederick Tennycold, di Chicago, che presentò una letteradi credito a una filiale del Banco Nazionale e si portò via seimi-la sterline, indossava occhiali cerchiati di tartaruga e aveva ildistintivo dei Cavalieri di Colombo.

Questi erano solo alcuni dei tanti nomi che figuravanosull’incartamento intestato a Clay Shelton.

Mentre Robert Long ritornava a Scotland Yard, il sovrin-tendente Macfarlane stava avendo un colloquio con l’ispettoreVansillar, che sembrava abbattuto.

«Mi dispiace molto, Vansillar» diceva il colonnello «maanche voi avete avuto la stessa sorte toccata a tutti i funzionariincaricati di risolvere il caso Shelton. L’unica cosa che possofare per aiutarvi è togliervi l’incarico e passarlo a un altro. Ilvostro valore come poliziotto non può essere messo in discus-sione, perché per venticinque anni tutti i vostri predecessorinon hanno fatto nessun passo avanti, proprio come voi.Quell’uomo è un diavolo».

Tre mesi prima, Clay Shelton si era fatto consegnare diciot-tomilatrecentoventi sterline dall’ufficio degli esteri della City,con il semplice mezzo di una falsa cessione telegrafica. Tutti gliesperti erano stati concordi nel dichiarare che il furto era stato

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molto ingegnoso, ma la polizia non poteva provare ammirazio-ne per l’abile ladro, dato che aveva l’incarico di far cessarequella straordinaria attività. Vansillar si era occupato dellaquestione con molto scrupolo e adesso si sentiva offeso, purriconoscendo che il colonnello Macfarlane aveva ragione.

«Non credo che riusciremo mai a prenderlo» borbottò. «Seavesse dei complici, forse, o una donna... ma lavora solo. Siserve di collaboratori occasionali, che non sanno nemmeno dilavorare per conto suo. C’è una sola persona a Scotland Yardche forse sarebbe in grado di arrivare a risultati più concreti»osservò poi. «Parlo di Long».

Macfarlane aveva capito subito a chi Vansillar voleva allude-re, e storse la bocca.

Robert Long aveva scelto la carriera del poliziotto, ma avevafrequentato l’università ed era figlio di un milionario. Quando,otto anni prima, si era fatto espellere da Cambridge per averpicchiato il più feroce sorvegliante dell’Università, suo padre,molto seccato dalla faccenda e dall’aria placida con cui il figliogli aveva raccontato l’avventura, gli aveva ingiunto di andareper il mondo, a guadagnarsi da vivere. Robert aveva obbeditoe un mese dopo si era ripresentato in Berkeley Square, dove ilpadre abitava, con una divisa di agente del traffico.Naturalmente il padre aveva cercato in ogni modo di indurlo arinunciare a quella modesta carriera, ma il giovane Bob, solidocome una roccia, aveva resistito a tutti gli assalti.

In fondo, al padre non era dispiaciuta questa fermezza dicarattere e spesso, quando si trovava tra i membri del suo raffina-tissimo circolo, amava fare allusioni a suo figlio, “il questurino”.

Una sera era persino andato all’angolo di Hill Street, doveRobert era di guardia, e gli aveva offerto una birra al bar piùvicino. Robert, dopo aver accettato l’offerta, gli aveva ingiuntodi sgomberare il marciapiede.

Era per colpa della sua ricca parentela che Robert nonavrebbe mai potuto sperare in un avanzamento. Le autoritàsuperiori avevano troppa paura di essere tacciate di favoriti-smo, se avessero promosso il giovane Long. Due anni dopo,però, dovettero nominarlo sergente, perché l’arresto di LewisFredding, ricercato per aver alleggerito la Security Bank di

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duecentocinquantamila dollari, era avvenuto proprio per meri-to suo. A questa prima prodezza era seguita quella, ancora piùclamorosa, di aver affrontato, disarmato, i due noti banditiSullavan e Veilt. Allora non fu più possibile negare a Long igalloni di viceispettore e Scotland Yard lo assegnò definitiva-mente al reparto Investigazioni Criminali, dove – almeno cosìsperavano i suoi superiori – sarebbe stato messo in ombra dauomini più in gamba di lui. Ma questo desiderio rimase tale, inquanto Long continuò nella serie delle sue brillanti imprese,arrestando, in una fosca serata, dopo un incontro di pugilato inpiena regola all’angolo di una strada, Ernie Bullow, ladro ericattatore.

«Ha una fortuna sfacciata» commentarono a ScotlandYard.

Questo perché i superiori non lo vedevano di buon occhio.Aveva dei metodi tutti suoi, che gli avevano procurato più diun severo richiamo. Quei modi di fare, spicci e poco regola-mentari, non venivano certo portati come esempio ai giovaniagenti e una volta, durante un processo, un giudice lo redarguìper aver estorto una confessione a un imputato in manierapoco ortodossa.

Robert era alto un metro e ottanta, era magro, correva comeuna lepre, ma con più intelligenza. Per due anni aveva detenu-to il titolo di campione dei pesi medi per dilettanti; possedevauna sensibilità acuta e sorrideva sempre di tutto, come se lavita fosse per lui una continua fonte di divertimento.

Quando fu catturato dalla banda Boylan e il capo gli diedecinque minuti per prepararsi al passaggio in un mondo migliore,Robert aprì la bocca in un largo sorriso e osservò:«Scommettiamo che non mi ucciderete? Mille sterline. Vi va?».

Le mille sterline non le incassò, ma la banda non lo uccise.Si buttò nel Tamigi, con le mani e i piedi legati, e in quellecondizioni riuscì a nuotare per due chilometri, finché unalancia della polizia lo ripescò mezzo assiderato, dato che eradicembre. Le sue prime parole dopo il salvataggio furonoqueste: «Scommetto mille sterline che riuscirò a catturare labanda Boylan entro ventiquattro ore».

E ci riuscì.

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In Inghilterra il terzo grado non è applicato, ma RobertLong ne aveva inventato un quarto. Aveva tenuto LewisBrayley con la testa sott’acqua, finché il delinquente aveva rive-lato dove nascondeva il figlioletto dell’armatore Brisbam, rapi-to e tenuto in ostaggio per incassare il pagamento del riscatto.Era stato Long a forzare la cassaforte di Lester, senza autoriz-zazione, allo scopo d’impadronirsi dell’unica prova esistentedei loschi traffici che quello esercitava da diversi anni, congrande successo finanziario.

C’era da stupirsi se il colonnello Macfarlane arricciava ilnaso all’idea di affidare il caso Shelton a Robert Long?

«Long, avete detto» brontolò. «Non oso affidargli un inca-rico così delicato. Quel giovanotto commetterebbe di sicuroqualche azione troppo spinta e la colpa ricadrebbe sul buonnome della polizia... Però...».

Macfarlane rifletté parecchio durante il pomeriggio, poifece chiamare Robert Long. Questi ascoltò il superiore con unsorrisetto divertito sulle labbra, poi disse: «Grazie, non hobisogno di vedere l’incartamento. Conosco le prodezze diShelton a memoria. Datemi tre mesi di tempo, colonnello, e viprometto di arrestarlo».

«Non ne sarei così sicuro, se fossi in voi» ribattéMacfarlane, urtato dalla presunzione del suo sottoposto.

«Scom...» cominciò Robert, poi si corresse: «Voglio direche sono quasi sicuro di riuscirci».

E così, dopo molti ammonimenti e buoni consigli, RobertLong uscì dall’ufficio del sovrintendente per andare a presen-tarsi all’Associazione dei Banchieri.

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ROBERT LONG AL LAVORO

In una bella mattina di primavera, Clay Shelton percorrevaLombard Street con l’aria del turista che visita una città per laprima volta. Si fermò davanti a una banca di aspetto modesto ealzò gli occhi verso le finestre.

«Scusate, che banca è questa?» chiese a un addetto al traffi-co.

«La Banca Metropolitana» rispose l’agente della City, conmolta cortesia.

«Davvero?» esclamò il signor Shelton con grande rispettonella voce.

Un’automobile si fermò davanti alla banca e l’autista siprecipitò ad aprire lo sportello, per lasciar scendere una bellaragazza, un’anziana signora e un giovanotto con i baffetti neri,vestito con distinta eleganza. I tre sparirono all’interno dell’e-dificio.

«Siete nuovo di queste parti, vero?» chiese l’agente al signorShelton.

«Sì. Sono tornato ieri dall’America del Sud, dopo venticin-que anni. La Banca Argentina è vicina, vero?».

L’agente indicò la strada all’anziano signore, poi si voltò conun sorriso verso un giovanotto che scendeva da un taxi davan-ti alla Banca Metropolitana. Il giovane guardò con rimproveroil vigile, diede un’occhiata a Shelton, poi entrò nella banca.

«Chi è? Un funzionario di polizia?» chiese Shelton, cheaveva notato il sorriso rimasto a metà dell’agente.

«No, è un signore della City che conosco» rispose il vigile.Robert Long, intanto, attraversava la sala a pianterreno

della banca. Per un attimo fu tentato di avvicinarsi a uno spor-tello presso il quale sapeva che avrebbe trovato una magnificaimpiegata bruna, ma poi con un sospiro respinse la tentazioneed entrò nell’ufficio del direttore generale, il signor Monkford,il quale era anche presidente dell’Associazione dei Banchieri.

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Monkford, piccolo e grassoccio, gli strinse la mano, poiindicò la vetrata che divideva l’ufficio dalla sala del pubblico, edisse: «Dovrete scusarmi un momento, Long. C’è una miacliente che vuole parlarmi. Aspettatemi qui, per favore».

Il banchiere uscì e Long vide che si avvicinava a un gruppet-to formato da una signora anziana, alta e legnosa, da una ragazzabionda e da un giovane bruno, con baffetti e capelli impomatati.Ma l’attenzione di Robert era tutta per la ragazza; c’era qualcosadi insolito in quel visino vivace e pieno di personalità. A un trat-to, gli occhi della donna incontrarono quelli di Robert e perqualche secondo i due giovani si fissarono con reciproco interes-se; poi, lei distolse lo sguardo e Long si accorse che Monkfordaveva salutato l’anziana signora e stava già tornando indietro.

«Quella sì che è una donna di carattere» disse il banchiere,mentre si avvicinava a Long.

«Molto bella, anche» osservò Robert.«Bella? Ah!» disse ridendo Monkford. «Ma io non parlavo

della ragazza, che è la segretaria della signorina Revelstoke, madella padrona. L’uomo che è con loro è l’avvocato Henry, ungiovanotto che farà strada, se continuerà a occuparsi di ricco-ne come la Revelstoke... Ma per tornare a noi, Long,Macfarlane mi ha telefonato e mi ha detto che volete vedere ilfascicolo delle malefatte di Shelton». Aprì un cassetto della suascrivania e tirò fuori una cartella in pelle. «Qui c’è ogni cosa,compresa la documentazione delle truffe presso altre banche.Ci sono anche tutte le firme originali, ma non credo vi sarannodi aiuto. Quell’individuo è peggio di un’anguilla».

Robert passò una mezz’ora a studiare l’incartamento, poi sirivolse al banchiere: «Vedo che su tutti questi documenti sonostate ricercate le impronte digitali».

«Esatto» annuì Monkford. «Ma non se ne è trovata mainessuna. Shelton è troppo furbo per dimenticarsi di indossarei guanti, quando deve firmare».

Robert uscì dalla banca pensieroso. Si fermò un attimo sullaporta, incerto sulla via da prendere, poi decise di passare daun’agenzia di viaggi, in Frenchurch Street, per valutare lapossibilità di una crociera, quando avesse concluso l’affareShelton.

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All’angolo tra Gracechurch e Lombard Street, Robert videfermarsi un signore magro, anziano, che sembrava assorto aosservare il traffico. L’uomo lanciò a Long un’occhiata ditraverso e il giovane capì subito il significato di quello sguardo,che era durato una frazione di secondo ma che diceva chiara-mente: “Ti conosco, sei un poliziotto”.

Long sussultò, poi attraversò la strada e si fermò all’edicola,per acquistare un giornale e poter così studiare ancora l’indivi-duo. L’uomo era elegante, aveva un’aria bonaria; poteva passa-re per un ufficiale superiore a riposo o per un benestante senzapreoccupazioni, ma all’occhio esperto di Long si rivelò subitoper quello che era in realtà: un imbroglione che viveva di espe-dienti. Robert pensò immediatamente di fermarlo con unascusa, ma poi concluse che si trovava nella City e la City ha uncorpo di polizia particolare, geloso delle proprie prerogative.

Mentre stava ancora lì, indeciso sul da farsi, lo sconosciutofermò un taxi, ci saltò dentro e il veicolo girò subito perLombard Street. Allora Long ubbidì a un impulso improvviso,chiamò un altro taxi e ordinò al conducente di seguire la primamacchina. Quella stessa sera, il colonnello Macfarlane fufermato nell’atrio di Scotland Yard dall’ispettore Long, sorri-dente e trionfante.

«Ditemi se non sono fortunato, colonnello» disse il giovane.«Ho trovato Clay Shelton».

«Impossibile!» esclamò l’altro, incredulo.«Quanto ci scommettete?» chiese Long di rimando.

2. Robert Long al lavoro

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