GLI IMPATTI AMBIENTALI DEI TRATTAMENTI DEPURATIVI: L ... · tegrated and complete evaluation of the...

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IdA Acque 14 Ingegneria dell’Ambiente Vol. 2 n. 4/2015 Sommario – Quest’articolo propone una review di let- teratura riguardante l’applicazione della Life Cycle As- sessment (LCA) al trattamento delle acque reflue. Dal- l’analisi dei risultati degli articoli presi in considera- zione, è emerso che l’LCA consente una valutazione complessiva e integrata dei sistemi di depurazione, evidenziando i reali compromessi ambientali connessi con la selezione di ogni specifica alternativa di tratta- mento ed evitando, così, le problematiche concernenti il problem shifting (con il quale si risolve un problema creandone altri). Malgrado ciò, bisogna rilevare che sono necessari ulteriori studi al fine di superare le limi- tazioni ancora presenti in tale settore di ricerca e che riguardano principalmente l’aggiornamento dei metodi di valutazione degli impatti, al fine di tener adeguata- mente conto di “nuovi” inquinanti, la scarsa disponibi- lità di dati d’inventario di buona qualità e la non tra- scurabile soggettività dell’analisi. Parole chiave: acque reflue, LCA, Life Cycle Assessment, trat- tamento, Valutazione del Ciclo di Vita. THE ENVIRONMENTAL IMPACTS OF WASTEWATER TREATMENTS: THE LCA APPROACH IN THE LITERATURE Abstract – The main aim of this paper is to propose a literature review related to the application of the Life Cycle Assessment (LCA) to the wastewater treat- ment. The application of LCA to this sector has been particularly useful because it allowed to obtain an in- tegrated and complete evaluation of the treatment systems, highlighting all the environmental aspects related to the choice of a specific treatment alterna- tive in order to avoid problem shifting issues (the risk is that a problem is solved but other problems can be created). Further studies are required in order to over- come the limitations still present in this research field. These limitations are mainly related to the up- dating of the environmental impacts assessment methods, in order to take into account new pollutants as well as the poor availability of good inventory analysis data and, finally, a certain subjectivity of the analysis. Keywords: LCA, Life Cycle Assessment, review, treatment, wastewater. Ricevuto il 15-9-2015. Modifiche sostanziali richieste il 15-9-2015. Correzioni richieste il 3-11-2015. Accettazione il 5-11-2015. 1. INTRODUZIONE Le attività sociali, produttive e ricreative, prin- cipalmente in ambito urbano, richiedono una gran quantità di acqua la cui diretta conseguen- za è la produzione di reflui che, per essere resti- tuiti all’ambiente, si devono necessariamente de- purare. Una gestione dei reflui sempre più attenta a ga- rantire la sostenibilità dei processi comporta il continuo aggiornamento dei sistemi di trattamen- to e la necessità di valutare, in funzione delle con- dizioni al contorno, quale sia la strategia depura- tiva preferibile in un’ottica sia ambientale sia eco- nomica. In tale contesto, è particolarmente appropriato il ri- corso alla metodologia di Life Cycle Assessment (LCA) quale strumento di analisi in grado di orien- tare verso scelte ponderate secondo valutazioni oli- stiche. L’LCA è una procedura utile a dare pratica attua- zione al concetto di sviluppo sostenibile. Attra- verso interventi di natura preventiva, infatti, essa consente il confronto tra sistemi alternativi al fi- ne di selezionare quello che, a parità di funzione svolta, minimizza gli impatti ambientali di tutti i processi coinvolti nel ciclo di vita (Currant, 2008). Uno studio LCA, per sua intrinseca natura, consi- dera l’intero ciclo di vita di un prodotto, processo o servizio, dall’estrazione e acquisizione delle ma- terie prime, passando attraverso la produzione e trasformazione di materiali ed energia, per prose- guire con l’uso e il fine vita. Quest’approccio definito “dalla culla alla tomba” (from cradle to grave, per usare l’accezione inter- nazionale) permette la realizzazione di una valuta- zione olistica, fornendo una visione complessiva degli aspetti ambientali e una rappresentazione più accurata dei reali compromessi ambientali connes- si alla selezione di uno specifico prodotto, proces- so o servizio (Currant, 2008). È possibile, quindi, eseguire un bilancio tra i po- tenziali compromessi evitando il rischio di agire unicamente trasferendo un impatto da una fase al- l’altra del ciclo di vita o da un comparto ambien- GLI IMPATTI AMBIENTALI DEI TRATTAMENTI DEPURATIVI: L’APPROCCIO LCA NELLA LETTERATURA DI SETTORE Giovanni De Feo 1,* , Carmen Ferrara 1 , Giovanni Iuliano 1 1 Università degli Studi di Salerno, Dipartimento di Ingegneria Industriale, Fisciano (Sa). * Per contatti: Via Giovanni Paolo II, 132, 84084 – Fiscia- no (Sa). Tel. 089.964113; Fax 089.968738. E-mail: [email protected].

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14 Ingegneria dell’Ambiente Vol. 2 n. 4/2015

Sommario – Quest’articolo propone una review di let-teratura riguardante l’applicazione della Life Cycle As-sessment (LCA) al trattamento delle acque reflue. Dal-l’analisi dei risultati degli articoli presi in considera-zione, è emerso che l’LCA consente una valutazionecomplessiva e integrata dei sistemi di depurazione,evidenziando i reali compromessi ambientali connessicon la selezione di ogni specifica alternativa di tratta-mento ed evitando, così, le problematiche concernentiil problem shifting (con il quale si risolve un problemacreandone altri). Malgrado ciò, bisogna rilevare chesono necessari ulteriori studi al fine di superare le limi-tazioni ancora presenti in tale settore di ricerca e cheriguardano principalmente l’aggiornamento dei metodidi valutazione degli impatti, al fine di tener adeguata-mente conto di “nuovi” inquinanti, la scarsa disponibi-lità di dati d’inventario di buona qualità e la non tra-scurabile soggettività dell’analisi.

Parole chiave: acque reflue, LCA, Life Cycle Assessment, trat-tamento, Valutazione del Ciclo di Vita.

THE ENVIRONMENTAL IMPACTS OFWASTEWATER TREATMENTS: THE LCAAPPROACH IN THE LITERATURE

Abstract – The main aim of this paper is to propose aliterature review related to the application of the LifeCycle Assessment (LCA) to the wastewater treat-ment. The application of LCA to this sector has beenparticularly useful because it allowed to obtain an in-tegrated and complete evaluation of the treatmentsystems, highlighting all the environmental aspectsrelated to the choice of a specific treatment alterna-tive in order to avoid problem shifting issues (the riskis that a problem is solved but other problems can becreated). Further studies are required in order to over-come the limitations still present in this researchfield. These limitations are mainly related to the up-dating of the environmental impacts assessmentmethods, in order to take into account new pollutantsas well as the poor availability of good inventoryanalysis data and, finally, a certain subjectivity of theanalysis.

Keywords: LCA, Life Cycle Assessment, review, treatment,wastewater.

Ricevuto il 15-9-2015. Modifiche sostanziali richieste il 15-9-2015.Correzioni richieste il 3-11-2015. Accettazione il 5-11-2015.

1. INTRODUZIONE

Le attività sociali, produttive e ricreative, prin-cipalmente in ambito urbano, richiedono unagran quantità di acqua la cui diretta conseguen-za è la produzione di reflui che, per essere resti-tuiti all’ambiente, si devono necessariamente de-purare.Una gestione dei reflui sempre più attenta a ga-rantire la sostenibilità dei processi comporta ilcontinuo aggiornamento dei sistemi di trattamen-to e la necessità di valutare, in funzione delle con-dizioni al contorno, quale sia la strategia depura-tiva preferibile in un’ottica sia ambientale sia eco-nomica.In tale contesto, è particolarmente appropriato il ri-corso alla metodologia di Life Cycle Assessment(LCA) quale strumento di analisi in grado di orien-tare verso scelte ponderate secondo valutazioni oli-stiche.L’LCA è una procedura utile a dare pratica attua-zione al concetto di sviluppo sostenibile. Attra-verso interventi di natura preventiva, infatti, essaconsente il confronto tra sistemi alternativi al fi-ne di selezionare quello che, a parità di funzionesvolta, minimizza gli impatti ambientali di tutti iprocessi coinvolti nel ciclo di vita (Currant,2008).Uno studio LCA, per sua intrinseca natura, consi-dera l’intero ciclo di vita di un prodotto, processoo servizio, dall’estrazione e acquisizione delle ma-terie prime, passando attraverso la produzione etrasformazione di materiali ed energia, per prose-guire con l’uso e il fine vita.Quest’approccio definito “dalla culla alla tomba”(from cradle to grave, per usare l’accezione inter-nazionale) permette la realizzazione di una valuta-zione olistica, fornendo una visione complessivadegli aspetti ambientali e una rappresentazione piùaccurata dei reali compromessi ambientali connes-si alla selezione di uno specifico prodotto, proces-so o servizio (Currant, 2008).È possibile, quindi, eseguire un bilancio tra i po-tenziali compromessi evitando il rischio di agireunicamente trasferendo un impatto da una fase al-l’altra del ciclo di vita o da un comparto ambien-

GLI IMPATTI AMBIENTALI DEI TRATTAMENTI DEPURATIVI:

L’APPROCCIO LCA NELLA LETTERATURA DI SETTORE

Giovanni De Feo1,*, Carmen Ferrara1, Giovanni Iuliano1

1 Università degli Studi di Salerno, Dipartimento di Ingegneria Industriale, Fisciano (Sa).

* Per contatti: Via Giovanni Paolo II, 132, 84084 – Fiscia-no (Sa). Tel. 089.964113; Fax 089.968738.E-mail: [email protected].

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tale a un altro, ma cercando di generare un impat-to positivo globale netto sull’ambiente.L’applicazione dell’LCA al settore delle acque re-flue è ancora in via di sviluppo sebbene negli annisiano stati fatti notevoli progressi.Al meglio delle conoscenze degli autori, uno deiprimi studi LCA applicati alla gestione delle acquereflue fu finalizzato alla valutazione di differentiprocessi di trattamento di reflui di piccoli bacinid’utenza (Emmerson et al., 1995).Emmerson et al. (1995) evidenziavano l’importan-za di considerare le emissioni di CO2 connesse al-l’utilizzo di energia e il ruolo chiave del consumodi energia elettrica, identificata come la principaleresponsabile del carico ambientale imputabile ai si-stemi di trattamento.Due anni dopo, Roeleveld et al. (1997) diedero al-la luce uno studio LCA per valutare la sostenibili-tà del trattamento di reflui urbani nei Paesi Bassi,da cui emerse l’importanza di ridurre la concen-trazione di azoto e fosforo nell’effluente trattato eminimizzare la produzione dei fanghi.Da allora sono stati realizzati innumerevoli studiriguardanti l’applicazione della metodologia LCAal campo delle acque reflue che hanno considera-to e valutato gli aspetti più significativi e più cri-tici connessi alla gestione oculata dei reflui. Di se-guito si presenta una review di letteratura in cuisono stati presi in esame 61 studi al fine di evi-denziare i principali aspetti da un punto di vistadel trattamento delle acque reflue; di questi studi,53 sono stati analizzati in dettaglio col fine di pre-sentare e discutere i principali risultati raggiuntiin termini di metodologia LCA applicata a questosettore (si veda la Tabella S1). Nelle tabelle S1 e S2 del materiale supplementaresono riportate tutte le informazioni dettagliate re-lative agli articoli presi in esame. La Tabella S2contiene i riferimenti degli otto articoli considera-ti nella review contenenti aspetti secondari (le per-centuali riportate nell’articolo non tengono conto diquesti articoli).

2. APPLICAZIONE DELLA METODOLO-GIA LCA AGLI IMPIANTI DI TRAT-TAMENTO CONVENZIONALI A FAN-GHI ATTIVI

Nel settore relativo alla gestione delle acque re-flue, sebbene ci sia un’attenzione sempre maggio-re alla sostenibilità dei processi e una spinta cre-scente verso l’adozione di tecnologie di tratta-mento avanzate dei reflui, ad oggi, nel mondo, so-

no ancora presenti prevalentemente impianti ditrattamento “convenzionale”, di cui la maggioreparte provvista di trattamento secondario a fanghiattivi.Per tali motivi un importante filone di ricerca sul-l’argomento si è focalizzato sull’applicazione del-la metodologia LCA alla valutazione d’impianti perla depurazione dei reflui con trattamento biologi-co a fanghi attivi (Hospido et al., 2004; Hospido etal., 2008; Gallego et al., 2008; Pasqualino et al.,2009; Stokes e Horvath, 2010; Bravo e Ferrer,2011; Zang et al., 2015).Il fine ultimo della maggior parte di tali studi èduplice: l’identificazione dei processi responsabi-li dei maggiori contributi agli impatti totali el’identificazione delle possibili alternative di mi-glioramento (Pasqualino et al., 2009; Bravo e Fer-rer, 2011).In base ai risultati ottenuti è possibile concludereche la fase più impattante del ciclo di vita di tali ti-pologie d’impianti di trattamento è quella operati-va, che può essere responsabile anche del 70% delconsumo totale di energia (Gallego et al., 2008;Hospido et al., 2008). Particolarmente impattantesembra essere anche la combustione del biogasprodotto dalla digestione anaerobica dei fanghi,laddove però non è prevista la produzione di ener-gia elettrica associata, nonché lo smaltimento fi-nale del fango prodotto dai processi di trattamentodei reflui (Pasqualino et al., 2009). Una possibile opportunità di miglioramento delleperformance ambientali di tali impianti potrebbeessere la massimizzazione della produzione dienergia elettrica mediante l’utilizzo di biogas pro-veniente dalla digestione anaerobica dei fanghi e,quindi, cercando di ottenere la massima efficienzadi tale processo sulla linea fanghi (Bravo e Ferrer,2011).Altri punti critici, particolarmente impattanti, po-trebbero essere connessi con lo scarico, nel corpoidrico ricettore, degli inquinanti residui presentinell’effluente unitamente allo smaltimento in ter-reni agricoli dei fanghi trattati a causa della pre-senza di metalli pesanti e patogeni residui (Hospi-do et al., 2004).È sottolineata anche l’importanza di condurreanalisi LCA basate sulla considerazione di datisito-specifici relativi agli impianti di trattamen-to valutati; inoltre, la sito-specificità sembrereb-be influenzare maggiormente i risultati delle ca-tegorie d’impatto che si riferiscono alla tossici-tà e all’eutrofizzazione potenziale (Zang et al.,2015).

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3. APPLICAZIONE DELL’LCA A TECNO-LOGIE DI TRATTAMENTO AVANZATEPER IL MIGLIORAMENTO DELLA QUA-LITÀ DELL’EFFLUENTE

Negli ultimi decenni si è assistito a una spinta ver-so limiti legislativi sempre più stringenti riguardoalla concentrazione accettabile allo scarico degliinquinanti, principalmente per i nutrienti quali fo-sforo e azoto (Foley et al., 2010a). È risultata ine-vitabile, quindi, la necessità di potenziare e ade-guare i processi di depurazione per garantire unaqualità sempre maggiore degli effluenti in terminidi carico inquinante.Accanto alla costante preoccupazione per gli inqui-nanti prioritari e regolamentati, l’attenzione della ri-cerca si è focalizzata sugli effetti nocivi di alcunimicroinquinanti individuati negli effluenti trattati,poiché gli impianti di trattamento convenzionali nonsono progettati per rimuovere tali composti che so-no rilasciati nell’ambiente senza aver subito alcunadegradazione (Ternes, 2007; Rosal et al., 2010).Tali microinquinanti, presenti in traccia, sono con-taminanti emergenti derivanti da prodotti farma-ceutici e per la cura personale (PPCPs) e non sonostati ancora disciplinati; ciò vuol dire, quindi, chenon è previsto un valore di concentrazione sogliada rispettare allo scarico (Igos et al., 2012). Per ta-li ragioni, sono indispensabili efficaci tecnologiedi post-trattamento.In una visione ambientale globale, l’aggiunta ditecnologie di trattamento dei reflui più avanzatepotrebbe causare impatti ambientali tali da annul-lare i vantaggi connessi al miglioramento dellaqualità degli effluenti (Foley et al., 2010a; Wang et

al., 2015). In tal senso, è quanto mai efficace la Fi-gura 1 che propone un disegno di Larsen e Hau-schild (2008) in cui si fa vedere come risolvere unproblema depurativo, con un approccio troppochiuso, può portare alla creazione di altri problemi(problem shifting) con conseguenti impatti am-bientali non previsti.Sarebbe opportuno, quindi, trovare un compro-messo ambientale tra gli impatti generati e quellievitati in seguito all’adozione di tecnologie piùavanzate di trattamento delle acque reflue (Wenzelet al., 2008; Wang et al., 2015). La metodologiaLCA è uno strumento utile per l’individuazione ditale compromesso: lo confermano gli studi pubbli-cati negli ultimi anni con il fine di valutare la so-stenibilità delle principali tecnologie avanzate.Sono state compiute, ad esempio, valutazioni am-bientali del trattamento con bioreattori a membra-na (MBR) (Høibye et al., 2008; Wenzel et al.,2008), prendendo in considerazione anche più con-figurazioni possibili con differente grado di com-plessità (Hospido et al., 2012).Altri lavori hanno applicato la metodologia LCAalla valutazione dei processi di ossidazione avan-zata (AOPs) dei reflui (Muñoz et al., 2005) e altrattamento di ozonizzazione (Muñoz et al., 2008;Rodríguez et al., 2012).I risultati hanno evidenziato che il principale con-tributo agli impatti ambientali per tali tecnologieavanzate è il consumo di elettricità che gioca unruolo importante in tutte le categorie d’impatto;inoltre, è stato rilevato che alle condizioni operati-ve più efficaci di tali tecnologie, in termini di mi-gliore qualità dell’effluente allo scarico, corri-sponde un maggiore carico ambientale in termini di

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Figura 1 – Il ricorso all’LCA riduce il rischio di problem shifting.Nell’esempio proposto, l’aggiunta di un trattamento avanzato dei reflui ad un impianto diminuisce gli impatti am-bientali relativi allo scarico dell’effluente depurato nel corpo idrico recettore, ma ciò avviene al prezzo di un au-mento degli impatti dovuti al maggior consumo di energia e risorse per l’aggiunta del trattamento avanzato: l’LCApermette di evidenziare tale problema (Larsen e Hauschild, 2008).

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consumo di elettricità e risorse (Høibye et al.,2008; Wenzel at al., 2008; Hospido et al., 2012;Rodríguez et al., 2012).Sono stati condotti anche studi LCA su tecnologieavanzate di trattamento meno comuni, quali adesempio i trattamenti con celle microbiche a com-bustibile e celle microbiche elettrolitiche per la de-purazione di reflui industriali (Foley et al., 2010b),sebbene gli autori precisino che i risultati della va-lutazione sono ampiamente dipendenti dalle as-sunzioni fatte, in particolar modo per i materialidei reattori usati.Nell’ambito della valutazione LCA dei processi dimicrofiltrazione a membrana (MF), lo studio diTangsubkul et al. (2006) ha considerato le perfor-mance ambientali di diverse condizioni operativedi tali processi e il confronto di differenti opzionidi pulizia chimica delle membrane concludendoche la scelta della frequenza di pulizia chimica puòavere effetti significativi sui carichi ambientali to-tali imputabili ai processi.In letteratura si trovano anche studi LCA di diffe-renti alternative di trattamento di disinfezione deireflui (Beavis e Lundie, 2003; Harder et al., 2014).Nel confronto tra disinfezione con gas cloro, conipoclorito o con raggi ultravioletti (UV), è emersoche l’utilizzo d’ipoclorito con dosaggi efficientisembrerebbe avere il minor impatto ambientale(Beavis e Lundie, 2003).Altre ricerche, invece, si sono focalizzate sul con-fronto di differenti tecnologie avanzate di tratta-mento con l’obiettivo della rimozione di alcuni in-quinanti specifici.Alcuni studi hanno considerato il problema dellapresenza di microinquinanti e PPCPs negli ef-fluenti dei reflui trattati e hanno eseguito confron-ti tra tecnologie adatte alla loro rimozione (Høibyeet al., 2008; Igos et al., 2012; Köhler et al., 2012).L’analisi dei risultati mostra che le tecnologie piùsostenibili sono quelle che comportano il minorconsumo energetico come, ad esempio, il tratta-mento di filtrazione su sabbia (Høibye et al., 2008),o il trattamento UV quando confrontato con i bio-reattori a membrana (Köhler et al., 2012). Malgra-do ciò, gli autori concordano col ritenere che, in li-nea assoluta, l’aggiunta di trattamenti avanzati av-venga a scapito di un cospicuo aumento del con-sumo di energia e risorse e i risultati sono affetti daun grado non trascurabile d’incertezza frutto delleattuali conoscenze carenti sotto molteplici profilisoprattutto per quel che riguarda la poca affidabi-lità dei fattori di caratterizzazione dei PPCPs. Uncontributo in tal senso è stato fornito da Alfonsin

et al. (2014) che hanno aggiornato i fattori di ca-ratterizzazione già presenti per tali composti e nehanno calcolato di nuovi per quanto attiene agli im-patti che si riferiscono alla tossicità. Tale studiorappresenta un passo in avanti per una miglioreconsiderazione degli impatti imputabili ai PPCPssebbene siano necessarie nuove ricerche in merito(Alfonsin et al., 2014).Altri lavori, invece, si sono focalizzati sulla que-stione relativa a limiti legislativi sempre più strin-genti dal punto di vista della presenza dei nutrien-ti, principalmente N e P, negli effluenti dei refluitrattati e quindi hanno effettuato valutazioni LCAdi alcune tecnologie di rimozione di tali composticonfrontando il loro profilo ambientale (Vidal etal., 2002; Lassaux et al., 2007; Weiss et al., 2008;Foley et al., 2010a; Wang et al., 2012). Sono stativalutati trattamenti di filtrazione, precipitazione eutilizzo di filtri reattivi per la rimozione del fosfo-ro e processi chimico-fisici, di nitrificazione e de-nitrificazione biologica convenzionali e avanzati,trattamento di acquacoltura con alghe o con len-ticchie d’acqua e fitodepurazione per la rimozionedell’azoto. I risultati ottenuti mostrano aspetti dif-ferenti al variare della prospettiva di riferimento.Nell’ambito del confronto tra tecnologie avanzateper la rimozione del fosforo, alcuni autori eviden-ziano come l’adozione di tali trattamenti specificicomporti anche la possibilità di un riciclo di tale nu-triente evitando, al contempo, i danni riguardanti ilsuo rilascio nell’ambiente, gravi soprattutto in zonesensibili all’eutrofizzazione (Weiss et al., 2008).Altri autori rilevano che, sebbene una maggiore ri-mozione di fosforo dai reflui rappresenti un’op-portunità di recupero di tale risorsa attraverso i fan-ghi da destinare all’agricoltura, sostituendo in talmodo i fertilizzanti minerali, bisogna considerareanche gli impatti dello scarico di metalli pesantinel suolo attraverso tali fanghi (Foley et al., 2010a).Molti autori sono comunque d’accordo nel ritene-re che una maggiore rimozione di N e P sia otteni-bile solo a discapito di un maggiore consumo dienergia, di sostanze chimiche e di risorse infra-strutturali indispensabili ai trattamenti e, ovvia-mente, un aumento di emissioni di gas serra; gliimpatti derivanti da ciò sono tali da annullare i van-taggi concernenti la migliore qualità dell’effluentedepurato (Vidal et al., 2002; Foley et al., 2010a;Rodríguez-Garcia et al., 2011; Wang et al., 2012).Di opinione differente è lo studio di Lassaux et al.(2007) che, sebbene sia concorde con quanti affer-mano che alle tecnologie di trattamento più avan-zate corrisponda una diminuzione dell’eutrofizza-

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zione solo al prezzo di un incremento degli impat-ti in tutte le altre categorie d’impatto, arriva a con-cludere che comunque la migliore opzione am-bientale è l’impianto di trattamento dei reflui con letecnologie più avanzate. Nell’ambito della costru-zione di nuovi impianti, inoltre, bisognerebbe in-coraggiare l’aggiunta di trattamenti terziari per larimozione di azoto e fosforo (Lassaux et al., 2007).In considerazione del ruolo chiave dell’energia nel-la determinazione di tali risultati, alcuni studi han-no esaminato la possibilità di un approvvigiona-mento energetico da fonti rinnovabili per le tecno-logie avanzate valutate, facendo notare che in talcaso la migliore qualità dell’effluente depurato puòessere raggiunta diminuendo, al contempo, la ma-gnitudine degli impatti ambientali (Li et al., 2013).Si pone l’accento, in tal modo, sull’importanza disviluppare la generazione di “energia sostenibile”da sorgenti rinnovabili per il funzionamento degliimpianti di trattamento dei reflui (Muñoz et al.,2008; Li et al., 2013).Risultati molto diversi si ottengono se nell’ambitodello studio LCA applicato a tali problematiche, si at-tua un’espansione del sistema in modo da conside-rare che con un decisivo miglioramento della quali-tà dell’effluente depurato ne sarebbe possibile il riu-tilizzo per vari scopi. Si tratta, evidentemente, di unasoluzione da vagliare con attenzione ancora mag-giore in quelle zone affette da scarsità di risorse idri-che (Muñoz et al., 2008; Pasqualino et al., 2011).Alcuni lavori evidenziano, infatti, come l’adozio-ne di trattamenti avanzati non comporti un signifi-cativo aumento dei carichi ambientali dell’impian-to di trattamento quando l’analisi LCA considerache i trattamenti avanzati forniscono al contempola possibilità di riutilizzo dei reflui depurati (Ortizet al., 2007; Pasqualino et al., 2009; Meneses et al.,2010; Pasqualino et al., 2011).Gli impatti ambientali causati dall’adozione di trat-tamenti avanzati sono molto minori se paragonatia quelli che sarebbero generati dai possibili meto-di di potabilizzazione delle acque e in special mo-do dalla desalinizzazione (Ortiz et al., 2007; Mu-ñoz et al., 2008; Pasqualino et al., 2009; Meneseset al., 2010; Pasqualino et al., 2011).

4. APPLICAZIONE DELL’LCA AL CON-FRONTO TRA SISTEMI CONVENZIO-NALI E SISTEMI SEPARATIVI

Un’alternativa ai sistemi di trattamento “conven-zionali” dei reflui è costituita dall’adozione di si-stemi separativi che sono caratterizzati dalla sepa-

razione a monte dei reflui in più flussi: acque ne-re, gialle e grigie che poi seguono destini depura-tivi differenti.Molti studi scientifici hanno valutato le conse-guenze ambientali del cambiamento da impianti ditrattamento reflui centralizzati convenzionali esi-stenti a sistemi più decentralizzati di tipo separati-vo (Tillman et al., 1998; Lundin et al., 2000; Kär-rman e Jönsson, 2001; Remy e Jekel, 2008, 2012;Benetto et al., 2009; Thibodeau et al., 2014).Alcuni di questi lavori hanno concluso che i sistemiseparativi presentano vantaggi ambientali se con-frontati con i sistemi centralizzati convenzionali gra-zie al miglioramento delle opportunità di riciclo deinutrienti evitando il loro rilascio diretto nell’ambienteacquatico (Tillman et al., 1998; Lundin et al., 2000;Kärrman e Jönsson, 2001; Remy e Jekel, 2012).Tali vantaggi diventano ancor più evidenti quandoil modello del sistema acque reflue è esteso a in-cludere anche la mancata produzione di fertiliz-zanti minerali (Lundin et al., 2000). Ciò evidenzial’importanza della scelta dei confini del sistema inuno studio LCA; infatti, se, in un’ottica di con-fronto tra alternative di trattamento, s’impongonoconfini del sistema ristretti, si tenderà a favorire econservare i sistemi di trattamento già esistenti ascapito di nuove soluzioni potenzialmente miglio-ri (Lundin et al., 2000).Altro vantaggio dei sistemi separativi sta nel fattodi poter offrire benefici ecologici in funzione del-la configurazione del sistema; ad esempio sarebbepossibile diminuire l’input di metalli pesanti ai ter-reni agricoli in seguito all’applicazione dei fanghise si raccogliessero separatamente le urine e le fe-ci (Remy e Jekel, 2008).Conclusioni leggermente diverse emergono nel la-voro di Remy e Jekel (2008), da cui si rileva che isistemi separativi non sono necessariamente la mi-gliore scelta ambientale; infatti, se il sistema con-venzionale è ottimizzato energeticamente ed equi-paggiato per un’efficace rimozione dei nutrienti,gli impatti ambientali generati sono comparabili aquelli imputabili ai sistemi separativi (Remy e Je-kel, 2008).Risultati opposti, infatti, emergono dallo studio diThibodeau et al. (2014) in cui appare chiaro che lamigliore scelta ambientale è l’impianto di tratta-mento convenzionale ed è messo in evidenza chec’è la necessità di netti miglioramenti tecnici dei si-stemi separativi al fine di poter conseguire miglio-ri prestazioni ambientali (Thibodeau et al., 2014).Altri studi, infine evidenziano che la migliore scel-ta ambientale potrebbe variare in funzione della

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scala dell’impianto e delle condizioni locali sito-specifiche: infatti, i sistemi separativi potrebberorappresentare una promettente alternativa per iltrattamento dei reflui di piccola scala, mentre agrande scala i sistemi convenzionali centralizzatisembrerebbero essere più performanti (Benetto etal., 2009, Lehtoranta et al., 2014).

5. APPLICAZIONE DELL’LCA A TECNO-LOGIE DI TRATTAMENTO ALTERNATI-VE PER PICCOLI BACINI D’UTENZA

In tutti i paesi esistono realtà territoriali caratteriz-zate da piccoli centri abitativi isolati o piccole cit-tadine disseminate su porzioni di territorio troppoampie perché si possa considerare la possibilità diuna connessione tra queste concretizzabile in unacentralizzazione del trattamento dei reflui. Per talirealtà sembrerebbe più opportuno preferire una de-purazione delle acque reflue in situ. Le tecnologie di trattamento disponibili sono mol-teplici: accanto ai sistemi convenzionali come il si-stema a fanghi attivi o l’utilizzo di filtri biologici,etc., seppur opportunamente adattati a risponderealle esigenze di un piccolo bacino di utenza isola-to, esistono altre tecnologie alternative quali i trat-tamenti “naturali” o “green”, specifici per la depu-razione di reflui prodotti da un numero relativa-mente esiguo di abitanti equivalenti (AE).Le principali alternative di trattamento naturaleprese in considerazione negli studi LCA esamina-ti sono:– i sistemi di fitodepurazione (Constructed We-

tlands, CWs);– i sistemi di subirrigazione;– i sistemi di trattamento in aree a copertura ve-

getale (Vegetated land treatment, VLT), cioè si-stemi che sfruttano i meccanismi naturali di de-purazione di aree a copertura vegetale.

Per tale motivo sono stati prodotti numerosi lavo-ri scientifici che hanno applicato la metodologiaLCA al confronto tra sistemi convenzionali e trat-tamenti naturali, soprattutto la fitodepurazione, perla depurazione di reflui di piccoli centri isolati, alfine di selezionare le alternative più ecosostenibili(Dixon et al., 2003; Machado et al., 2007; Yildi-rim e Topkaya, 2012; Lopsik, 2013).L’analisi dei risultati ha evidenziato che i tratta-menti naturali, e in particolare la fitodepurazione,causano minori impatti ambientali per tutte le ca-tegorie d’impatto, considerando l’intero ciclo di vi-ta, se paragonati al trattamento convenzionale afanghi attivi. Quest’ultimo presenta un impatto

maggiore durante la fase operativa e di gestione acausa del consumo di energia richiesto per l’area-zione (Machado et al., 2007; Yildirim e Topkaya,2012). Il principale limite all’applicazione del trat-tamento con fitodepurazione è l’elevato impiego disuperficie per AE per assicurare una depurazioneefficiente. Gli autori concludono, quindi, che taletecnologia è l’alternativa preferibile nelle aree ru-rali e, più in generale, laddove sussistano le condi-zioni necessarie in termini di disponibilità arealiper l’implementazione (Machado et al., 2007; Yil-dirim e Topkaya, 2012).Gli autori hanno rilevato, inoltre, che il sistema difitodepurazione, sebbene meno impattante rispettoad altre tecnologie convenzionali considerato l’in-tero ciclo di vita, genera impatti elevati durante lasua fase di costruzione a causa di vari fattori.Uno di questi è l’elevata produzione di rifiuti soli-di in tale fase dovuta all’ingente quantitativo disuolo scavato per la realizzazione dell’impianto(Dixon et al., 2003; Machado et al., 2007). Ciòcomporta anche, necessariamente, trasporti di ma-teriale, causa di ulteriori e significativi impatti. Ta-le problema potrebbe essere mitigato valutando ilpossibile riutilizzo del suolo scavato come mezzodi riempimento per il letto delle vasche deputate alprocesso di fitodepurazione (Dixon et al., 2003).Altri fattori rilevanti, su cui sarebbe possibile in-tervenire in un’ottica di miglioramento della tec-nologia, sono il tempo di vita operativo dei siste-mi e i materiali da costruzione utilizzati (Dixon etal., 2003; Machado et al., 2007; Lopsik, 2013). Gliautori hanno riscontrato, infatti, che i sistemi di fi-todepurazione sono caratterizzati da un tempo divita operativo inferiore a quello previsto per i trat-tamenti convenzionali, ma hanno messo in luce cheuna corretta progettazione del sistema seguita dauna corretta gestione consente di aumentare in ma-niera considerevole il tempo di vita operativo.Per quel che riguarda la selezione dei materiali dacostruzione e di riempimento delle vasche, dal-l’analisi dei risultati è emerso che quest’aspettoincide considerevolmente sulla determinazione de-gli impatti ambientali del sistema (Lopsik, 2013);anche in tal caso sarebbe opportuno preferire queimateriali che rappresentano il miglior compro-messo tra l’efficacia depurativa dell’effluente chesono in grado di assicurare e i carichi ambientaliconnessi con la loro produzione e il loro smalti-mento.Durante il confronto della fase operativa dei siste-mi naturali e di quelli convenzionali sono emersialtri spunti di riflessione.

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Molti autori hanno calcolato le emissioni gassose(in particolare le emissioni di CO2) dei sistemi ditrattamento durante il loro funzionamento e hannoevidenziato che si verifica un trend opposto tra ledue alternative (Dixon et al., 2003; Machado et al.,2007); infatti, mentre un trattamento a fanghi atti-vi è caratterizzato da ingenti emissioni di gas ser-ra durante la fase operativa, soprattutto a causa del-l’elevato consumo di energia elettrica, i sistemi na-turali sono caratterizzati da sequestro di CO2 du-rante il funzionamento grazie all’attività degli or-ganismi vegetali (Dixon et al., 2003; Machado etal., 2007).L’importanza della considerazione delle emissionigassose prodotte dai processi di trattamento è evi-denziata anche in altri studi che hanno eseguito unavalutazione approfondita delle reali emissioni im-putabili ai soli trattamenti durante il loro funzio-namento (Fuchs et al., 2011; Mander et al., 2014).I risultati ottenuti hanno permesso di concludereche, nell’ambito di un confronto tra tipologie dif-ferenti di sistemi di fitodepurazione, quelli a lettoverticale sono più performanti rispetto ai sistemi aletto orizzontale perché le emissioni totali dei com-posti del carbonio e dell’azoto sono inferiori. Ol-tretutto i sistemi a letto verticale sono caratterizza-ti anche da minore occupazione areale a parità diefficienza depurativa e da una migliore rimozionedell’azoto.È stato, in seguito, rilevato che esiste una signifi-cativa correlazione tra il quantitativo di TOC (car-bonio organico totale) dei reflui in input e le emis-sioni di metano in tutte le tipologie di sistemi di fi-todepurazione; allo stesso modo vi è una correla-zione significativa tra il quantitativo di TKN (azo-to totale calcolato con il metodo Kjeldahl) nei re-flui in input e le emissioni di protossido di azoto(Mander et al., 2014).Si è già accennato al fatto che i sistemi naturali ingenere, e in particolar modo la fitodepurazione, ab-biano necessità di un ingente impiego areale perassicurare l’efficienza del trattamento. Bisogna tut-tavia considerare alcuni aspetti positivi correlati atale problema. Un sistema di fitodepurazione, in-fatti, oltre al trattamento dei reflui, è in grado disvolgere anche molteplici funzioni eco-sistemichecome la creazione di microhabitat idonei a nume-rose specie, con effetto positivo sulla biodiversità,nonché possibile miglioramento della qualità pae-saggistica dell’area (Brix, 1999).Ulteriori possibili servizi eco-sistemici forniti dai si-stemi di fitodepurazione sono riportati nello studiodi Mander et al. (2014) e sono ascrivibili a servizi

di regolazione (come sequestro di CO2, regolazioneclimatica e controllo delle inondazioni) e servizi disupporto alla biodiversità e al riciclo di nutrienti.È evidente, quindi, che nell’ambito della valuta-zione del sistema da una prospettiva ambientale,se da un lato si considera l’ingente impiego di suo-lo per il trattamento come un aspetto negativo eimpattante, dall’altro bisogna considerare che taleimpiego di suolo potrebbe comportare effetti posi-tivi in termini ambientali (Dixon et al., 2003). A talproposito, la metodologia LCA è necessariamentelimitante: non riesce a considerare pienamente al-cune sfere di valore intrinseco come la biodiversi-tà, la qualità paesaggistica o la creazione di habi-tat (Dixon et al., 2003).Stesse considerazioni emergono anche dal lavorodi Di Muro et al. (2014) in cui è evidenziata la ne-cessità di migliorare e aumentare il numero di fat-tori di caratterizzazione per valutare meglio i ser-vizi ecosistemici.È necessario, quindi, sviluppare ulteriori metodo-logie per valutare tali funzioni e per pesarne il con-tributo in relazione al problema che si riferisce altrattamento delle acque reflue (Brix, 1999).

6. APPLICAZIONE DELL’LCA A SISTE-MI E ASPETTI CONNESSI AL TRAT-TAMENTO DEI REFLUI

Tutti i lavori che applicano la metodologia LCAalla valutazione dei carichi ambientali del settorerelativo al trattamento delle acque reflue hanno, co-me fine principale, la promozione di soluzioni amaggiore eco-sostenibilità.Per tale ragione, alcuni autori ritengono che sia ri-duttivo utilizzare, come confini del sistema da va-lutare, solo i processi riguardanti il trattamento deireflui e attuano espansioni di sistema per valutareanche altri aspetti connessi alla depurazione dei re-flui che potrebbero generare impatti ambientali dimagnitudine confrontabile a quella prodotta dai si-stemi di trattamento.Alcuni studi, ad esempio, hanno sottolineato l’im-portanza di estendere la valutazione della sosteni-bilità all’intero sistema idrico urbano (Lundin eMorrison, 2002; Lundie et al., 2004; Xue et al.,2015). Ciò permetterebbe di considerare tutti gliaspetti legati alla produzione e distribuzione del-l’acqua potabile, al trattamento dei reflui e alla ge-stione finale dei fanghi trattati e di individuare,quindi, soluzioni che rappresentino l’opzione am-bientale preferibile per l’intero sistema (Lundin eMorrison, 2002; Lundie et al., 2004).

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Le acque reflue prodotte da tutte le utenze devonoessere trasportate agli impianti di trattamento at-traverso il sistema fognario; alcuni autori hanno,quindi, rilevato l’importanza di integrare la valu-tazione della rete fognaria nell’ambito dell’analisiLCA applicata ai sistemi di trattamento (Risch etal., 2015). In seguito alla quantificazione del con-tributo del sistema fognario agli impatti totali, èemerso che tale contributo non è per niente trascu-rabile e sarebbe opportuno integrarne la valutazio-ne nei futuri studi del settore soprattutto laddove ilfine ultimo dello studio è l’applicazione della me-todologia LCA al confronto tra sistemi di tratta-mento centralizzati e decentralizzati (Risch et al.,2015).Altri studi si sono occupati di un problema corre-lato al funzionamento dei sistemi fognari e degliimpianti di trattamento, ovvero gli effetti delle ac-que piovane sulle performance ambientali degli im-pianti (Mouri e Oki, 2010), oppure il confrontoLCA di diverse possibili strategie di riduzione deitrabocchi fognari (CSOs) nel caso di sistemi di ti-po combinato, in seguito a eventi piovosi di note-vole entità (De Sousa et al., 2012). Particolarmen-te rilevante è la considerazione delle strategie dicontrollo dei CSOs valutate, alcune delle quali con-sistenti in infrastrutture in grado di ridurre il volu-me del deflusso generato e, quindi, la frequenzadei CSOs, quali per es. strutture di bioritenzione,tetti verdi, etc., che, in ambito urbano, potrebberoessere in grado di offrire anche un valore aggiun-to (De Sousa et al., 2012). Sono state valutate anche strategie per il riutilizzodelle acque piovane per gli scarichi dei WC e l’ir-rigazione dei prati (Devkota et al., 2015). Ciò per-metterebbe un risparmio di acqua pulita per l’esple-tamento di tali funzioni e al contempo si evitereb-be di inviare l’acqua piovana agli impianti di trat-tamento; per rendere fattibile tutto questo si do-vrebbero concepire sistemi fognari di tipo separa-to e nuove linee guida per la costruzione degli edi-fici al fine di migliorare le strutture deputate allaraccolta dell’acqua piovana (Devkota et al., 2015).

7. STATO DELL’ARTE RIGUARDANTEGLI ASPETTI METODOLOGICI DEL-L’LCA APPLICATA AL CAMPO DELLEACQUE REFLUE

Dopo aver discusso gli studi presi in considerazio-ne dal punto di vista del trattamento delle acquereflue, di seguito si analizzano gli stessi lavori inun’ottica di metodologia LCA. In particolare, so-

no considerate le peculiarità dell’applicazione del-la LCA al trattamento delle acque reflue conl’obiettivo di evidenziare i punti di forza e di de-bolezza delle procedure adottate. A tal fine i lavo-ri scientifici presi in esame sono stati analizzati nel-lo specifico, valutando i differenti approcci meto-dologici seguiti, evidenziando gli aspetti peculiariin base alle singole fasi caratteristiche della LCA(si veda la Tabella S1).

7.1. Definizione dell’obiettivo e del campo di ap-plicazione (Goal and Scope Definition)

Tutti i lavori esaminati hanno definito in modochiaro l’obiettivo e il campo di applicazione dellostudio, sebbene con un ampio range di selezionedell’unità funzionale e dei confini del sistema.Com’è noto, la definizione dell’unità funzionale(UF) è uno step fondamentale nell’ambito dellarealizzazione di uno studio LCA. L’unità funzio-nale, infatti, quantifica le funzioni identificate e,quindi, è una misura delle prestazioni del flusso inuscita dal sistema di prodotto; essa deve fornire unriferimento chiaro e misurabile rispetto al quale idati in ingresso e in uscita dal sistema sono nor-malizzati.Nell’ambito dell’applicazione della metodologiaLCA al trattamento delle acque reflue, come UF sipuò considerare un volume rappresentativo di re-flui trattati o da trattare. Questa UF è risultata quel-la più scelta dagli articoli esaminati, con circa il55% delle preferenze.In dettaglio, l’unità di volume più utilizzata è il m3.Più frequentemente la scelta sembrerebbe orienta-ta verso un volume di refluo trattato in uscita dal-l’impianto, come nel caso degli studi di Igos et al.(2012), Renou et al. (2008), Høibye et al. (2008),invece di un volume di refluo in ingresso all’im-pianto come nel caso dei lavori di Foley et al.(2010a), Pasqualino et al. (2011), Wang et al.(2012).La scelta dell’unità funzionale di tipo volumetricoperò, sebbene presenti il vantaggio di essere basa-ta su dati fisici e più facilmente reperibili e affida-bili, non considera le caratteristiche qualitative del-l’acqua in ingresso né tantomeno l’efficienza di de-purazione e diventa quindi poco rappresentativaper il confronto tra impianti differenti perché po-trebbe condurre a conclusioni fuorvianti (Coromi-nas et al., 2013).In tal caso sarebbe opportuno definire una UF ca-pace di considerare la qualità del refluo oltre laquantità, come l’Abitante Equivalente (definito co-

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me il carico organico biodegradabile avente un va-lore di BOD5 di 60 g di ossigeno al giorno). Que-sta scelta è stata fatta da circa il 36% degli artico-li considerati come nel caso degli studi di Tillmanet al. (1998), Kärrman and Jönsson (2001), Weisset al. (2008), Remy and Jekel (2012), Lopsik et al.(2013).Inoltre, al fine di considerare anche la capacità dirimozione dei nutrienti oltre che della materia or-ganica, è possibile definire una UF che tenga con-to anche di tale rimozione, come per es. la UFconsiderata da Rodríguez-Garzia et al. (2011): iKgPO4

3-eq rimossi. In tale studio l’autore ha uti-lizzato due UF: i KgPO4

3-eq rimossi e i m3 di refluotrattato, al fine di confrontare i risultati ottenuti edevidenziare quanto la definizione dell’unità fun-zionale possa rappresentare un aspetto chiave poi-ché l’adozione di una UF non adeguata allo studiopotrebbe anche sovvertire i risultati.Nel caso, poi, si consideri il riutilizzo dei refluitrattati, lo scopo dei processi di trattamento non èpiù solo la depurazione dei reflui, ma anche la pro-duzione di acqua per diversi scopi. In tal caso,quindi, bisogna definire un’unità funzionale che netenga conto, come per es. la fornitura di un volu-me di acqua depurata allo scopo previsto per il riu-tilizzo (Tangsubkul et al., 2005; Muñoz et al.,2009; Meneses et al., 2010).Discorso analogo va fatto per quegli studi che con-siderano sistemi più ampi e aspetti indirettamenteconnessi alla depurazione dei reflui; diviene indi-spensabile selezionare unità funzionali specificheper la valutazione del problema considerato. Unesempio è offerto dallo studio di De Sousa et al.(2012) in cui sono state valutate differenti strategiedi contenimento dei trabocchi fognari; gli autorihanno definito l’unità funzionale come ettari diarea drenante.In ogni caso, qualunque sia la tipologia di UF adot-tata, un fattore importante da considerare per la suadefinizione è l’orizzonte temporale considerato, in-teso come tempo di vita dell’impianto. Molte fasidel trattamento, infatti, vanno incontro a deterio-ramento fisico e devono subire sostituzioni perio-diche, vanno quindi scelti orizzonti temporali ade-guati al fine di tener conto di tali considerazioni.Tuttavia, soltanto il 15% degli articoli di analizza-ti considera un orizzonte temporale nella defini-zione della UF.Nell’ambito di una valutazione delle performanceambientali di diverse tecnologie di trattamento deireflui, un punto importante da considerare è il con-tributo fornito agli impatti totali sia dalle fasi di co-

struzione e smaltimento sia dalla fase operativa edi conseguenza la scelta da parte degli autori di in-cludere o meno le tre fasi nei confini del sistemadello studio.Alcuni autori non considerano la fase di costruzio-ne degli impianti ritenendo che i contributi di talefase in termini d’impatti siano trascurabili se para-gonati a quelli della fase operativa, soprattutto nel-la prospettiva di un tempo di vita relativamentelungo. Tale assunzione, tuttavia, è criticabile giac-ché è possibile dimostrare che, per alcune tecnolo-gie di trattamento, i contributi agli impatti della fa-se di costruzione sono molto significativi, talvoltaperfino superiori a quelli riguardanti la fase opera-tiva; ne sono un esempio la fitodepurazione, il pro-cesso di filtrazione su sabbia, i trattamenti con-venzionali con aggiunta dei processi di microfil-trazione e ozonizzazione (Larsen et al., 2008).L’incidenza della fase di costruzione sugli impattitotali dipende anche dalla scala degli impianti ditrattamento, usualmente espressa in termini di nu-mero massimo di abitanti equivalenti che il siste-ma è in grado di trattare. A tal proposito, lo studiodi Lundin et al. (2000) evidenzia che i carichi am-bientali ascrivibili alla fase di costruzione dei si-stemi di trattamento dei reflui sono molto inferio-ri per i sistemi a grande scala che per quelli a pic-cola scala (intesi come unità di capacità). Tali eco-nomie di scala sono applicabili alla fase operativa(Lundin et al., 2000).Tali evidenze si ritrovano anche nei risultati dellostudio di Doka (2009), da cui si evince come al di-minuire della classe di capacità dell’impianto ditrattamento, in termini di AE, aumentino i carichiambientali unitari relativi al contributo infrastrut-turale, ma anche a quello operativo e gestionale;risulta anche meno efficiente l’utilizzo della retefognaria (Doka, 2009).Stesse conclusioni emergono anche dal lavoro diToja et al. (2015) dove gli autori riportano che trai fattori che maggiormente influenzano l’efficien-za degli impianti di trattamento spicca la taglia spe-cifica dell’impianto, poiché a strutture depurativepiù piccole corrispondono impatti pro capite (perAE) superiori (Toja et al., 2015).In conclusione emerge che non è possibile ritene-re che le fasi di costruzione e smaltimento di un si-stema di trattamento dei reflui siano trascurabili aprescindere rispetto alla fase d’uso ma ciò dipen-de fortemente dal caso specifico.Malgrado ciò solo il 53% degli articoli esaminaticonsidera anche la fase di costruzione e solo il 6%considera tutte e 3 le fasi.

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7.2. L’analisi d’inventario (Inventory Analysis)

Nella fase d’inventario gli autori sono costretti adaffrontare i problemi che si riferiscono alla dispo-nibilità e qualità dei dati.I dati per l’inventario sono solitamente ottenutida impianti pilota o strutture di laboratorio oltreche da impianti di trattamento reali, stime diesperti, dati di letteratura e database LCA (Coro-minas et al., 2013). I dati d’inventario principalio di primo piano sono normalmente ottenuti di-rettamente da misurazioni, documenti di proget-tazione dettagliati e informazioni fornite dai pro-duttori. Dati d’inventario di sottosistemi indiretti(per es. sistemi di generazione di elettricità, pro-cessi costruttivi e processi di produzione di so-stanze chimiche) sono reperibili tramite databaseLCI (Life Cycle Inventory) come, ad esempio,Ecoinvent.Circa il 34% degli studi non include per niente idati d’inventario al lavoro, il 28% contiene solo in-formazioni parziali e, infine, il rimanente 38% mo-stra livelli dettagliati di dati, utili alla riproducibi-lità del lavoro.Altro aspetto rilevante è che, tra gli studi che nonriportano i dati d’inventario nel lavoro, il 33% nonfornisce la fonte di reperimento dei dati utilizzati.Focalizzando, poi, l’attenzione alle singole fasi delciclo di vita dei sistemi depurativi, è possibile evi-denziare che circa il 68% dei lavori che considera-no la fase di costruzione nei confini del sistema uti-lizza dati originali per tale fase, il più delle volte,specifici, mentre gli altri reperiscono i dati neces-sari da fonti bibliografiche.Per quel che riguarda la fase d’uso, circa l’81% de-gli studi utilizza dati d’inventario originali e spe-cifici così come tutti i lavori che includono anchela fase di smaltimento.Molti autori evidenziano, inoltre, l’importanza diutilizzare dati d’inventario sito-specifici, poichénon tener conto delle differenti condizioni localipuò portare a risultati del tutto fuorvianti (Lehto-ranta et al., 2014; Zang et al., 2015).

7.3. I metodi di valutazione degli impatti (ImpactAssessment)

La fase di valutazione degli impatti del ciclo di vi-ta di uno studio LCA è successiva alla fase di ana-lisi d’inventario.Il 5% degli articoli considerati si ferma alla valu-tazione dell’analisi d’inventario, mentre del re-stante 95% che intraprende la fase di valutazione

degli impatti del ciclo di vita, solo il 60% dichiaraquale metodo di valutazione ha adottato.I metodi maggiormente utilizzati sono: CML,EDIP97, Eco-indicator99, Eco-points97, Im-pact2002, Recipe2008 e Use-tox.Solo pochi articoli hanno valutato se la scelta diuno dei metodi LCIA (Life Cycle Impact Asses-sment) esistenti potrebbe influenzare considere-volmente i risultati dello studio (Ortiz et al., 2007;Renou et al., 2008; Hospido et al., 2012).Nello studio di Ortiz et al. (2007) sono stati uti-lizzati tre metodi LCIA (CML2000, Eco-indica-tor99 e Eco-points97). È emerso che i risultati ot-tenuti con Eco-indicator99 e Eco-points97 sonomolto simili, contrariamente ai risultati ricavaticon CML2000.I risultati dello studio di Renou et al. (2008) han-no permesso di concludere che, per alcune catego-rie d’impatto quali riscaldamento globale, eutro-fizzazione, acidificazione e consumo di risorse, lascelta di un metodo LCIA invece di un altro nonsembra essere un aspetto chiave poiché i risultatiottenuti sembrerebbero essere simili.Discorso diverso invece per la tossicità umana, co-me riportato nel lavoro di Pizzol et al. (2011), percui gli impatti hanno mostrato differenze, in fun-zione del metodo utilizzato.Infine, nel lavoro di Hospido et al. (2012) sono sta-ti confrontati i risultati ottenuti con tre diversi me-todi LCIA per valutare la robustezza delle conclu-sioni tratte riguardo all’utilizzo di quattro tipolo-gie di bioreattori a membrana (MBR). Delle quat-tro categorie d’impatto valutate (l’eutrofizzazione,l’acidificazione, l’ecotossicità terrestre e acquati-ca) sono stati rilevati risultati discordanti per l’eu-trofizzazione potenziale e ciò sembrerebbe dovutoalle significative differenze esistenti tra i diversimetodi di valutazione nell’attribuzione dell’impat-to ambientale delle emissioni dei composti chimi-ci del fosforo (Hospido et al., 2012).Per quanto riguarda le categorie d’impatto consi-derate, il riscaldamento globale potenziale, l’aci-dificazione e l’eutrofizzazione sono gli indicato-ri presenti nella quasi totalità degli studi; altret-tanto analizzate, sebbene un po’ meno presenti,sono l’ossidazione fotochimica e le categoried’impatto relative alla tossicità (Corominas et al.,2013).Per quanto concerne l’utilizzo di specifici softwa-re tool per la modellazione dei sistemi e la valuta-zione degli impatti, il SimaPro risulta essere il piùdiffuso sebbene molti autori hanno utilizzato an-che i software GaBi e Umberto.

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7.4. Interpretazione dei risultati e Analisi di Sen-sitività (Interpretation and Sensitivity Ana-lysis)

In accordo a quanto riportato dalla norma ISO14040:2006, la procedura della fase d’interpreta-zione dei risultati dovrebbe includere:– identificazione delle informazioni significative

sulla base dei risultati delle fasi di LCI e LCIA;– valutazione dello studio riguardo ai controlli di

completezza, sensitività e consistenza;– conclusioni, limitazioni e raccomandazioni.L’analisi di sensitività permette di rilevare quali so-no i parametri dello studio la cui variazione incidesignificativamente sui risultati finali. Per tale motivo sarebbe preferibile effettuare l’ana-lisi per verificare la robustezza dei risultati; mal-grado ciò solo il 47% dei lavori esaminati ha ap-plicato l’analisi di sensitività allo studio.Situazione simile si verifica riguardo alla questio-ne concernente i limiti dello studio. Solo il 36%dei lavori, infatti, include una discussione delle li-mitazioni legate all’approccio seguito o alle as-sunzioni fatte.

8. CONCLUSIONI

L’applicazione della metodologia LCA al tratta-mento delle acque reflue è un settore di ricerca re-lativamente nuovo, se si considera che i primi stu-di realizzati in questo campo risalgano a poco piùdi una quindicina di anni fa.In questi anni sono stati fatti notevoli passi avantiper quel che riguarda la complessità e l’affidabili-tà degli studi scientifici e tale metodologia si è di-mostrata un validissimo strumento in grado diorientare i processi decisionali nell’ambito dellagestione sostenibile delle acque reflue al fine dievitare le problematiche legate al problem shifting.Malgrado ciò, è necessario evidenziare che c’è an-cora molto da fare per cercare di superare le prin-cipali limitazioni del settore di ricerca.Le principali problematiche rilevate riguardanospecificamente:– l’adattamento dei metodi di valutazione degli

impatti a nuove sostanze inquinanti identificate;in molti studi, infatti, è stato evidenziato che viè una difficoltà nel considerare gli effetti degliinquinanti emergenti come i prodotti farmaceu-tici e per la cura personale (PPCPs), gli effettidei metalli pesanti e dei patogeni, presenti sianei reflui sia nei fanghi di depurazione (Tan-gsubkul et al., 2005; Igos et al., 2012; Alfonsìn

et al., 2014; Harder et al., 2014). Tali difficoltàdipendono principalmente dall’inadeguatezzadei fattori di caratterizzazione per tali sostanze,soprattutto quando è necessario valutarne la tos-sicità. Inoltre al momento non è ancora possibi-le considerare adeguatamente gli effetti di alcu-ni meccanismi ambientali, come il bioaccumu-lo, tipici di alcune sostanze inquinanti o i rischiper la salute umana derivanti dalla possibile pre-senza di organismi patogeni negli effluenti de-purati (Tangsubkul et al., 2005; Igos et al., 2012;Harder et al., 2014);

– la disponibilità di dati d’inventario di buonaqualità; tale problema riguarda sia il livello diaffidabilità e di specificità dei dati necessari al-l’analisi, sia la necessità di utilizzare dati chesiano rappresentativi del contesto geografico incui è realizzata l’LCA. Il bisogno di dati che sia-no sito-specifici nasce dalla consapevolezza chele peculiarità territoriali in termini di sensibilitàagli inquinanti, produzione energetica, trasportie processi tecnologici e industriali varia ampia-mente da contesto a contesto regionale e ciò puòcondizionare significativamente i risultati dellostudio (Köhler et al., 2012; Li et al., 2013; Leh-toranta et al., 2014; Zang et al., 2015);

– la soggettività dell’analisi; in base agli studi esa-minati, infatti, è possibile evidenziare che ancherispettando i vincoli degli standard ISO, l’appli-cazione dell’LCA ai sistemi di trattamento deireflui è soggetta a eccessiva variabilità in termi-ni di definizione dell’unità funzionale e dei con-fini del sistema, di selezione della metodologiadi valutazione degli impatti e delle procedure se-guite per l’interpretazione dei risultati (Coromi-nas et al., 2013).

Tali aspetti contribuiscono molto al livello d’in-certezza dei risultati e delle conclusioni tratte.Sarebbe auspicabile, quindi, lo sviluppo di lineeguida più specifiche riguardo all’applicazione del-la metodologia al settore che si riferisce al tratta-mento dei reflui al fine di migliorare la qualità deirisultati ottenibili.

Materiale supplementare è disponibile gratuita-mente all’indirizzo:www.ingegneriadellambiente.org

9. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICIAlfonsìn C., Hospido A., Omil F., Moreira M.T., Feijoo G.

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RINGRAZIAMENTIIl presente articolo è stato prodotto nell’ambito del-le attività di ricerca del progetto denominato SNECS– Social Network delle Entità dei Centri Storici –Avviso 713/Ric del 29 ottobre 2010. Gli autori rin-graziano i revisori anonimi dell’articolo, poiché illoro scrupoloso lavoro ha contribuito al migliora-mento della qualità dello studio.

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per il 2015 è sostenuta da:

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