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1 ACQUEDOTTO PUGLIESE S.p.A. Consultazione pubblica per l’adozione di provvedimenti tariffari in materia di servizi idrici Risposte ai quesiti del documento per la consultazione 204/2012/R/IDR dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas

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ACQUEDOTTO PUGLIESE S.p.A.

Consultazione pubblica per l’adozione di provvedimenti tariffari in materia di servizi idrici

Risposte ai quesiti del documento per la consultazione 204/2012/R/IDR

dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas

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Q1. Si ritengono esaustive le criticità sopra evidenziate? In caso contrario quali altri elementi di criticità si ritiene esistano nel settore?

In merito al sistema di approvvigionamento idrico interregionale come quello gestito da Acquedotto Pugliese S.p.A., è opportuno evidenziare un significativo rischio connesso alla gestione dei sistemi di approvvigionamento ad uso plurimo posti a monte del sistema potabile. Detti sistemi di approvvigionamento sono gestiti da Enti irrigui (Ente Irrigazione per la Puglia, Lucania e Irpinia, e Consorzi di Bonifica) che si trovano in condizioni patrimoniali dissestate o prossimi alla soppressione. Tale situazione potrebbe determinare un livello non adeguato di manutenzione delle opere con conseguente rischio sulla disponibilità della risorsa ai fini potabili che, pertanto, si ripercuote sul gestore potabile.

Si propone, pertanto, in tali situazioni di prevedere un bacino tariffario più ampio di quello previsto dalla legge n. 36/94 e che inglobi anche le opere di approvvigionamento ad uso plurimo, quando sia presente anche l’uso potabile, con il fine di procedere ad una totale integrazione delle gestioni a livello verticale e con l’individuazione di un gestore affidabile in grado di assicurare la manutenzione e l’ammodernamento delle infrastrutture anche in considerazione della priorità dell’uso potabile rispetto a tutti gli altri usi stabilita dal DLgs n. 152/06.

Altra criticità propria del sistema idrico pugliese è la scadenza ravvicinata della convenzione in essere (2018). Infatti, tale circostanza mina la capacità di Acquedotto Pugliese (AQP) di reperire le risorse necessarie per finanziarie il piano degli investimenti in quanto entro il 2018 la gestione non è in grado di produrre flussi di cassa tali da ripagare il debito. Come noto, infatti, gli investimenti nel settore idrico hanno tempi di recupero lunghi o a volte assenti in quanto comportano un incremento di costi e non una riduzione (si pensi ad esempio al comparto depurativo). Spostare sul “terminal value” la capacità di rimborso del debito mina la bancabilità del finanziamento, soprattutto nel caso di una convenzione che non disciplina in maniera stringente il subentro nella gestione.

Q2. Quali altre o diverse informazioni e/o considerazioni si ritiene di dover evidenziare per suffragare o meno le criticità evidenziate?

Nell’ambito delle regioni inserite nell’Obiettivo 1 del Quadro Comunitario di Sostegno, emerge un disallineamento, non sempre colmabile, tra il sistema di pianificazione delle erogazioni da parte della UE con il sistema di pianificazione degli interventi nel sistema idrico nazionale. Tale disallineamento comporta spesso il mancato utilizzo a pieno di tutte le risorse disponibili.

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Q3. Con riferimento agli investimenti necessari, si condividono le stime sopra riportate? E quali priorità si ritiene di dover indicare con riferimento ai medesimi investimenti?

Il fabbisogno di investimenti appare sottostimato. Infatti, il fabbisogno richiamato dall’Autorità nel documento è basato su stime effettuate in occasione della redazione dei diversi Piani d’Ambito. In generale, i Piani d’Ambito sono stati impostati con l’obiettivo di assicurare il miglior equilibrio tra una tariffa socialmente sostenibile ed il raggiungimento di livelli minimi di servizio erogati, nel rispetto dell’incremento massimo per la tariffa di ciascun anno (fattore K). È evidente che questa impostazione ha comportato una notevole sottostima degli investimenti previsti.

Ad esempio, il Piano d’Ambito Puglia 2010-2018 non ha tenuto conto di quanto previsto dal Piano di Tutela delle Acque (PTA) della Regione Puglia in considerazione della contestualità dell’approvazione dei due piani avvenuta per entrambi nel 2009.

Lo stesso PTA, nel considerare anche gli oneri aggiuntivi derivanti dal raggiungimento degli obiettivi previsti in tale documento, ipotizza una tariffa teorica di “costo pieno” pari a 5,28 euro/mc per il 2007, contro una TRM prevista nel Piano d’Ambito pari a 1,60 euro/mc nel 2018.

In ultimo si evidenzia che nel PTA è stato calcolato il valore di rimpiazzo ossia il costo attualizzato che occorrerebbe sostenere per ricostruire l’intero parco infrastrutturale utilizzato per l’erogazione del servizio pari a circa 41,3 miliardi di euro.

Q4. Con riferimento alle pianificazioni degli investimenti già effettuate, si ritengono adeguate o, a prescindere dagli aspetti finanziari, necessitano di una revisione? Motivare la propria risposta

Le previsioni di investimento nel settore idrico sono state basate prevalentemente su: ipotesi di incremento della domanda idrica (nonostante il consumo pro-capite in Italia sia superiore alla media EU), normalmente smentite dai dati consuntivi; obiettivi di rispetto degli standard di qualità dell’acqua potabile e reflua effluente; copertura dei servizi idrico-fognario-depurativo; quote di co-finanziamento pubblico degli investimenti.

La fissazione di standard di servizio minimi nazionali, di livelli massimi tollerati di perdite idriche, l’eventuale incentivazione di investimenti finalizzati alla protezione ambientale ed alla riduzione delle emissioni di CO2, nonché l’attenzione che l’AEEG intenderà porre sulla misura, richiederanno verosimilmente la revisione della pianificazione degli investimenti necessari, sia in termini qualitativi che quantitativi.

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Q5. Se si dovesse individuare un pacchetto di interventi specifici, ben georeferenziati, per i quali definire una specifica strategia di promozione, quali potrebbero essere indicati? E di quale entità sarebbe il costo? Motivarne la scelta.

Di seguito si indicano gli interventi ritenuti prioritari (con l’indicazione del relativo costo parametrico) che si rendono necessari per soddisfare i fabbisogni infrastrutturali relativi alle seguenti macrocategorie:

1. Interventi sulla depurazione per adeguare gli asset depurativi agli obiettivi previsti dal Piano di Tutela delle Acque della Regione Puglia (400 euro/ab equivalente per il 25% della popolazione complessiva dell’ambito), da realizzare entro il termine di durata della concessione;

2. Interventi di potenziamento/estendimento delle reti idriche e fognanti per adeguamento agli obiettivi previsti dal Piano di Tutela delle Acque della Regione Puglia (100 euro/abitante per l’intera durata della concessione);

3. Interventi di manutenzione straordinaria su tutti gli asset (15 euro/abitante/anno per l’intera durata della concessione);

4. Interventi sul sistema della grande adduzione per il completamento del sistema di interconnessione delle reti dello schema idrico pugliese (80 euro/abitante), da realizzare entro il termine di durata della concessione;

5. Interventi di sostituzione dei sistemi di misura dell’acqua (50 euro/abitante per ogni periodo regolatorio).

Relativamente alle prime due macrocategorie, a seguito delle attività di ricognizione degli agglomerati individuati dal Piano di Tutela delle Acque della Regione Puglia, sono già disponibili studi di fattibilità (sono in fase avanzata le attività di progettazione preliminare) per interventi non previsti nel vigente Piano d’Ambito per un importo di circa 540 Mln di euro per la depurazione e di circa 440 Mln di euro per le reti idriche e fognanti.

Relativamente alla quarta macrocategoria, tra gli investimenti ritenuti prioritari, non previsti nel vigente Piano d’Ambito ma per i quali sono già disponibili studi di fattibilità ed in corso le attività di progettazione preliminare, si possono citare:

- realizzazione dell’acquedotto del Sinni Potabile (240 Mln di euro); - completamento dell’acquedotto del Locone (100 Mln di euro); - realizzazione opere di captazione e potabilizzazione sorgenti Alimini (28 Mln di euro).

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Q6. Si ritiene che potrebbe essere utile adottare anche in Italia qualche formula di sostegno agli investimenti sul modello di quelle già adottate all'estero?

In considerazione dello stato di crisi derivante dalle turbolenze finanziarie, in particolare per i Paesi dell’area euro, potrebbe essere utile immaginare meccanismi di agevolazione al credito per tutte le società che gestiscono il servizio in realtà con dimensioni e specificità territoriali molto diverse tra loro.

Più in dettaglio le agevolazioni potrebbero consistere in:

- fornitura di idonee garanzie al sistema bancario rilasciate dal Governo centrale e/o dagli Enti Locali (attuali proprietari di gran parte delle opere gestite), che ridurrebbero il costo della raccolta per il privato e contribuirebbero allo sviluppo infrastrutturale senza incidere sul bilancio pubblico e sui vincoli del Patto di Stabilità;

- previsione di finanziamenti settoriali a tasso agevolato da parte di Istituti di Credito qualificati quali la Banca Europea per gli Investimenti o la Cassa Depositi e Prestiti, erogati in tempi brevi grazie alla copertura del rischio fornita dalle strutture governative;

- costituzione di soggetti intermediari (a partecipazione pubblica) con funzioni di pooling, in grado di negoziare il credito presso le istituzioni finanziarie, anche private, con una elevata massa, data dalla dimensione dell’intero settore servito, minimizzando il costo del denaro (modello che ha avuto applicazione in Portogallo);

- costituzione di appositi fondi “rotativi” sulla base dell’esperienza di successo del modello sperimentato nel servizio idrico americano (c.d. “State Revolving Fund”). Tali fondi avrebbero l’obiettivo di erogare finanziamenti agevolati o garanzie su prestiti e/o emissioni obbligazionarie.

Q7. Si ritiene che modelli di questo tipo possano essere sostenuti attraverso opportune componenti tariffarie?

Il differenziale tra i ricavi da tariffa obbligatoria e quelli della tariffa di riferimento (VRG) potrebbe essere gestito da una Cassa di Conguaglio nazionale e destinato come garanzia per agevolare l’accesso e ridurre il costo del credito dei gestori idrici.

Q8. Quali altri modelli ritenete che possano essere adottati nel caso italiano, con la finalità di favorire gli investimenti nel settore, tenendo conto degli esiti del referendum che ha abrogato il riferimento all'adeguatezza della remunerazione del capitale investito?

L’unica alternativa resta il ricorso alla fiscalità generale.

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Q9. Quali sono gli aspetti di maggiore criticità del rapporto utente-gestore? E quali sono gli interventi a tutela del consumatore che si ritengono prioritari? Motivare le proprie risposte

L’accessibilità da parte dei cittadini ai servizi aziendali, unitamente alla trasparenza ed efficienza delle procedure amministrative e la comunicazione e/o condivisione con le Associazioni di categoria dei principali aspetti della gestione appaiono gli aspetti più rilevanti.

In particolare, per l’accessibilità, vi è certamente una disomogeneità nelle singole gestioni in merito alla disponibilità di uffici di Front Office, dislocati territorialmente; non essendo stato definito alcuno standard di riferimento, ogni gestore ha effettuato nel tempo delle scelte legate alle proprie esigenze aziendali e di servizio territoriale.

La disponibilità di uffici territoriali di Front Office, tutt’ora molto richiesta dai cittadini tecnologicamente meno evoluti e che non utilizzano a pieno i nuovi paradigmi comunicativi (internet, e-mail o anche Call Center), va valutata come maggiore efficacia del servizio, consentendo l’accesso più ampio ai cittadini.

Analogamente, l’evoluzione delle tecnologie di accesso multicanale consentono al cittadino di scegliere le modalità di comunicazione con l’azienda che ritiene più adeguate.

Nella definizione dei livelli di servizio, vanno pertanto considerati in maniera ponderata i vari punti di accesso che l’azienda rende disponibili e, nella definizione di eventuali standard, sarà opportuno garantire un giusto equilibrio tra i costi gestionali legati al mantenimento di più canali di contatto e le esigenze dei clienti.

Altro aspetto di criticità è certamente legato alla morosità che comporta un’incidenza del debito dei clienti morosi sui costi complessivi e di conseguenza sulla tariffa. A questo proposito sarebbe opportuno definire:

1. Una politica di agevolazioni che consenta alle fasce meno abbienti di avere l’accesso al servizio, senza generare “morosità sociale” che ricade sul gestore e non come più corretto sulla Pubblica Amministrazione o meglio sulla collettività;

2. Definire in maniera chiara ed inoppugnabile le regole di recupero del credito a livello nazionale (intimazioni, sospensioni della fornitura, ecc), in maniera da evitare gestioni di contenzioso diversificate a livello locale.

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Q10. Con riferimento all'applicazione della carta del servizi, quali sono gli aspetti di maggiore criticità riscontrati? E quali sono gli interventi a tutela del consumatore che si ritengono prioritari? Motivare le proprie risposte.

Tra gli elementi chiave della Carta dei Servizi vanno annoverati la concertazione con le Associazioni di Categoria e la diffusione di procedure Conciliative, definite centralmente, che consentono ai consumatori di risolvere in maniera rapida e senza contenzioso le contestazioni nei confronti dei gestori.

Q12. Si ritiene che l'eterogeneità del territorio servito possa essere compatibile con un'unica metodologia tariffaria comune a tutte le gestioni? Motivare la propria posizione

Si condivide l’obiettivo di definire un’unica metodologia tariffaria comune a tutte le gestioni ma si ritiene necessario almeno un periodo regolatorio transitorio (almeno 4 anni) che consenta a ciascun ambito territoriale ottimale di convergere gradualmente verso il modello unitario.

Si fa presente, in ogni caso, che anche a regime la metodologia tariffaria dovrebbe tenere in debita considerazione anche le specificità territoriali di ciascun ambito (ad es. le caratteristiche di qualità dell’acqua grezza utilizzata, i limiti allo scarico delle acque depurate in funzione del corpo ricettore).

Q13. Quali sono gli aspetti critici dell'attuale MTN che, si ritiene, sia necessario risolvere prioritariamente?

Di seguito in sintesi gli aspetti critici del MTN:

- il parametro K imponeva un limite alla realizzazione degli investimenti ed una contestuale spinta ad imprudenti ed irrealistiche proiezioni di volume fatturato. Tali elementi hanno di fatto condizionato le valutazioni del reale fabbisogno di investimenti del settore;

- Il MTN prevedeva il recupero della sola inflazione programmata e non di quella reale. Il mancato recupero del differenziale inflattivo, ha lasciato in capo al gestore il rischio relativo all’incremento dei prezzi anche di voci di costo particolarmente significative (personale, energia, acquisto acqua, ecc.) la cui variabilità è stata negli anni superiore alla stessa inflazione reale. Di fatto, il riconoscimento della sola inflazione programmata, aggiunto al recupero di efficienza (minimo 0,5%), ha comportato percorsi di efficientamento estremamente virtuosi in realtà in cui il MTN ha avuto applicazione già da tempo scontando più periodi regolatori. E’ del tutto evidente che nel tempo tassi di efficientamento costanti risulterebbero insostenibili;

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- ulteriori elementi di costo posti in capo al gestore dal MTN riguardavano la copertura degli oneri per rischi, per morosità e per la componente fiscale legata all’Irap (di fatto un costo del personale non riconosciuto in tariffa);

- il metodo econometrico per la determinazione dei costi operativi standard risultava inadeguato;

- la remunerazione del capitale investito netto era determinata pari al 7% senza alcun legame con gli andamenti del mercato finanziario e remunerava anche il costo del circolante, le imposte e la svalutazione dei crediti;

- gli investimenti pianificati nel Piano d’Ambito risultavano spesso molto sottodimensionati rispetto agli effettivi fabbisogni;

- la redazione dei Piani d’Ambito veniva effettuata dalle AATO che, a causa di condizionamenti politici e territoriali, tendevano a tener artificiosamente calmierata la tariffa, generalmente mediante una sovrastima dei volumi previsti;

- la fase di revisione periodica e straordinaria del Piano d’Ambito era scarsamente disciplinata;

- non era prevista una valutazione dell’incidenza della qualità della risorsa e del servizio dando luogo a forniture molto difformi sul territorio nazionale;

- non era previsto un incremento automatico della tariffa media a fronte dell’incremento della base utenti (copertura del servizio) per tenere conto del fatto che nell’incremento della base utenti vi è in generale una maggiore incidenza di seconde case che impattano come le prime case sui costi operativi ma producono minori ricavi. A tale proposito è necessario evidenziare che l’ISTAT ha rilevato negli ultimi 10 anni la continua contrazione (ca. 1-1,5% annuo) dei volumi idrici fatturati pro-capite (derivante da elettrodomestici ed apparecchiature idrico-sanitarie più efficienti, educazione al risparmio, incremento tariffe) e che pertanto i gestori, anche allargando la base utenti (incremento costi operativi), non sempre sono riusciti ad incrementare i volumi totali o anche a mantenerli costanti negli anni;

- non erano previsti meccanismi di incentivazione del gestore al miglioramento dell’efficienza gestionale e dei livelli di servizio.

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Q14. Si concorda con gli obiettivi a cui tendere e con la struttura generale del modello tariffario? Evidenziare eventuali ulteriori considerazioni in merito.

In linea generale si concorda con gli obiettivi della regolamentazione tariffaria. Tuttavia pare opportuno segnalare che il modello tariffario deve non solo evitare gli indebiti profitti ma anche garantire la giusta premialità per l’assunzione del rischio di impresa in capo al gestore.

Sarebbe, inoltre, opportuno tenere in debita considerazione anche i cosiddetti costi “passanti” ovvero quei costi che il gestore sostiene per attività a monte e a valle del SII e per i quali, di fatto, è un semplice “esattore” per conto di altri soggetti. Ad esempio andrebbero considerati i costi per l’approvvigionamento della risorsa, gli oneri di contribuzione per l’utilizzo dei canali di bonifica quali corpi ricettori degli scarichi degli impianti di depurazione e la componente A3 degli oneri generali applicati sulle tariffe energetiche.

Q16. Si concorda con una eventuale durata del periodo regolatorio di 4 anni?

In linea generale si concorda con la durata del periodo regolatorio di 4 anni.

Preme sottolineare, tuttavia, la possibile criticità relativa alla limitata bancabilità dei piani di investimento dei gestori in quanto l’orizzonte temporale dei finanziamenti ottenuti dagli istituti di credito è mediamente superiore al periodo regolatorio. Conseguentemente la sostenibilità dei finanziamenti si basa su parametri (variabili alla base del calcolo dell’OF) che potrebbero subire variazioni e rendere più difficile il rimborso da parte dei soggetti gestori. Naturalmente i finanziatori mal percepiscono tale rischio.

Q18. Quanto tempo si ritiene sia necessario prima che la nuova regolazione possa trovare piena applicazione con riferimento a tutte le gestioni, ivi comprese quelle che gestiscono in modo non integrato solo alcuni servizi cui il SII fa riferimento?

Come indicato in precedenza (vedi Q12) si ritiene necessario almeno un periodo regolatorio (4 anni) che consenta a ciascun ambito territoriale ottimale di convergere gradualmente verso il modello unitario. Entro tale periodo sarà anche necessario adeguare le procedure aziendali ed i sistemi contabili al nuovo regime regolatorio sostenendone i relativi costi che dovranno essere recuperati in tariffa.

Q19. Quali si ritiene siano le maggiori difficoltà per adeguarsi ad un sistema regolatorio come quello descritto in precedenza? Motivare la propria posizione

Definire e realizzare un metodo codificato e omogeneo per la separazione amministrativa e contabile delle diverse attività del gestore e stabilire standard su determinati parametri regolatori.

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Q20. Quali altre attività, rispetto a quelle elencate, non attualmente interessate dalle metodologie tariffarie MTN e CIPE, sono svolte o potrebbero essere svolte dalle imprese?

Nelle gestioni in cui il contatore gestito è quello condominiale (l’ubicazione del contatore gestito, per unità immobiliare o per fabbricato, è una delle differenziazioni tra le diverse gestioni che dipende essenzialmente dalla stratificazione dei regolamenti edilizi), potrebbero essere svolti servizi post-contatore, quali la lettura/telelettura dei contatori divisionali con eventuale fatturazione, la vendita di un’assicurazione sulle perdite idriche nell’impianto interno dell’utente, la manutenzione dell’impianto idrico interno, ecc.

Q21. Si concorda con le tre tipologie di valorizzazione del servizio proposte? Come potrebbero essere distinte le diverse attività? Quali aspetti critici si ritiene esistano? Motivare le proprie risposte.

L’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato (AGCM) ha avviato nel 2007 un procedimento istruttorio a carico di AQP finalizzato all’accertamento di presunte condotte lesive del principio della libera concorrenza (in violazione dell’art. 28 del Trattato UE e dell’art. 3 della Legge n. 287/90) in relazione all’ipotesi di posizione dominante da parte del gestore per aver esteso i confini della propria esclusiva anche agli allacciamenti in base a quanto previsto dalla Convenzione per la gestione del SII nell’ATO Puglia attualmente in vigore. Pertanto, non è chiaro come tale procedimento in essere possa conciliarsi col far rientrare nella futura metodologia tariffaria il servizio di allacciamento.

Inoltre, appare opportuno evidenziare che l’inclusione di servizi precedentemente esclusi dal perimetro delle attività potrebbe comportare una compressione dei margini del gestore oltre a disincentivare la fornitura di un determinato servizio offerto precedentemente, soprattutto nel caso in cui lo stesso veniva offerto in regime di libero mercato.

Nella sostanza, l’inclusione di un servizio ritenuto obbligatorio (precedentemente escluso dal perimetro delle attività) e che in quanto tale si intenda includere nel sistema di determinazione della tariffa del SII, richiederà l’adeguamento dei costi operativi precedentemente previsti dai Piani ed una revisione del CIR, come nel caso degli allacciamenti, oltre che specifiche indicazioni sulle metodologie di profit sharing.

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Q22. Quale delle due ipotesi di regolazione appena descritte si ritiene preferibile? Per quali motivi?

A regime si ritiene preferibile che sia direttamente l’AEEG a determinare i costi al fine di agevolare un’uniformità di tali attività in tutti gli ambiti individuati a livello nazionale.

Tuttavia, non è da escludere che l’esigenza di dover chiudere il periodo regolatorio precedente (ante 21/07/2011) e ridefinire il quadro tariffario compreso tra tale periodo e l’applicazione della tariffa provvisoria 2013, attraverso una revisione straordinaria della tariffa, possa richiedere un coinvolgimento diretto delle AATO nella determinazione dei costi (sulla base dei criteri definiti dall’AEEG) relativamente a questi due periodi.

Una possibile alternativa che semplificherebbe l’operato dell’AEEG, delle AATO e dei Gestori sarebbe applicare all’intera annualità 2011 o il MTN o il nuovo metodo tariffario transitorio eliminando così anche i problemi e l’aleatorietà connessi alla redazione di un bilancio infrannuale che non coincide neanche con la fine di un mese.

Q23. In un contesto di rapporti reciproci tra Autorità e nuove AATO, quali si ritiene possano essere i compiti che le AATO possono svolgere con maggiore efficacia a livello locale? Motivare la propria risposta.

Le AATO dovrebbero svolgere un ruolo di interfaccia con il territorio al fine di assicurare la mediazione dei diversi interessi ed istanze provenienti dallo stesso in termini di definizione delle priorità degli investimenti da effettuare, che devono comunque essere stabilite nel rispetto degli standard di servizio fissati a livello nazionale.

Tale funzione dovrebbe trovare sintesi nella definizione del Piano d’Ambito che dovrebbe essere indirizzato a obiettivi coerenti con gli strumenti di pianificazione territoriale (Piani di Bacino, Piani di Tutela delle Acque, ecc.) e sottoposto ad un procedimento di approvazione da parte della stessa AEEG, ai fini della verifica della sostenibilità tariffaria, della coerente applicazione di principi generali di elaborazione dei Piani d’Ambito (ad esempio sulla previsione della domanda), della coerenza tra gli investimenti pianificati ed obiettivi da raggiungere, procedimento nel quale le parti (incluso il gestore) possano rappresentare le proprie rispettive istanze.

Q24. Si concorda con le ipotesi proposte in relazione agli scostamenti tra costo effettivo e costo pianificato degli investimenti? Motivare eventuali proposte alternative

Con riferimento ai meccanismi di premialità/penalità in caso di realizzazione di investimenti ad un costo minore/maggiore, sarebbe opportuno chiarire in che modo si terrà conto di eventuali incrementi di costi non dovuti a responsabilità del gestore (ad es. varianti in corso d’opera, variazioni progettuali a seguito di prescrizioni da parte delle Amministrazioni che rilasciano provvedimenti di autorizzazione).

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Q26. Quali azioni potrebbero mettere in atto le rispettive AATO per controllare che le infrastrutture realizzate, per le quali è richiesta la copertura in tariffa dei costi di ammortamento, siano effettivamente operative e utilizzate ai fini del SII?

Qualche perplessità emerge circa l’assunzione di responsabilità da parte del gestore in merito alla “funzionalità” di un opera e alla relativa congruità dei costi. A tal proposito va ricordato che il Piano d’Ambito rappresenta un atto di attuazione di strumenti di pianificazione territoriali sovraordinati (Piano di distretto, Piano di Tutela delle Acque, Piani urbanistici ecc). Pertanto, le opere in esso previste rispondono a precisi obiettivi di coerenza e funzionalità. Di norma, alle previsioni di investimento stabilite nei Piani d’Ambito conseguono Piani Operativi di dettaglio che le AATO approvano.

Pertanto, dal punto di vista della verifica della “funzionalità dell’opera al servizio” si prefigura la corresponsabilità dell’AATO che approva l’intervento in relazione alle previsioni del Piano d’Ambito e dunque ne accerta di fatto la funzionalità al SII.

Alla luce di quanto sopra, non si comprende in che cosa si dovrà sostanziare l’attività di verifica dell’Autorità a riguardo e conseguentemente l’ipotesi di certificazione dell’efficienza dell’opera da parte del gestore.

Appare evidente che, per gli interventi già realizzati, una volta riconosciuti nei Piano d’ambito/Piani Operativi la certificazione richiesta al gestore è meramente ricognitiva. Per gli interventi a farsi, nel caso in cui le previsioni del Piano d’Ambito prevedano la realizzazione di infrastrutture che il gestore ritiene non condivisibili sarebbe opportuno chiarire a chi sia demandato il compito di decidere sul merito tecnico.

Infine, è noto che la realizzazione delle opere soggiace alle norme del Codice dei contratti pubblici e di conseguenza l’intero procedimento realizzativo (dalla progettazione, appalto, costruzione fino al collaudo) deve rispondere a precise norme e momenti di verifica.

Un’ultima considerazione in merito alla “tempestiva entrata in esercizio delle infrastrutture oggetto di investimento”. A tal riguardo va evidenziato che spesso i ritardi sono attribuibili alla Pubblica Amministrazione nel rilascio delle necessarie autorizzazioni. Andrebbe previsto, a livello legislativo, per le opere inserite nei Piani d’Ambito, un percorso preferenziale che, oltre a semplificare il procedimento, consenta l’immediata messa in esercizio delle stesse.

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Q27. Si ritiene che in mancanza di un'applicazione specifica, il riferimento agli ambiti tariffari definiti ai sensi della legge Galli per l'applicazione di un'unica tariffa sia condivisibile? Qual è il soggetto titolato a definire gli ambiti tariffari? Motivare le risposte.

E’ opportuno evidenziare che il Distretto Idrografico dell’Appennino Meridionale è caratterizzato da un complesso sistema di trasferimenti interregionali tra Molise, Lazio, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria relativamente alla risorsa idropotabile ed irrigua, mentre non sono significativi gli scambi della risorsa destinata alle attività produttive.

Per quanto riguarda il servizio idrico potabile AQP, oltre a gestire il servizio idrico integrato nell’ATO Puglia, svolge la gestione dei servizi idrici nei Comuni ricadenti nell’Alta Irpinia, appartenenti all’ATO Calore-Irpino della Campania e fornisce il servizio di approvvigionamento all’ATO Basilicata.

Sulla base della stretta interconnessione esistente tra le diverse Regioni del Distretto Idrografico dell’Appennino Meridionale, si propone che l’ambito tariffario, relativo alla definizione della tariffa all’ingrosso, sia esteso all’intero Distretto. Parimenti, per quanto attiene le funzioni relative al sistema di regolazione della tariffa all’ingrosso, potrebbero essere affidate all’Autorità di Distretto le funzioni corrispondenti a quelle dell’AATO. In termini di prospettiva potrebbe immaginarsi che il Distretto coincida con l’ATO unico.

Tale proposta mira ad una razionalizzazione di tutto il sistema idrico dell’Italia meridionale peninsulare che consenta una corretta individuazione, efficientamento ed allocazione dei costi tra i diversi comparti oltre ad una riduzione dei costi di funzionamento del sistema di controllo e regolazione locale con la soppressione di numerose AATO e l’individuazione di una sola Autorità in coerenza con il principio di efficientamento della pubblica amministrazione.

In tale contesto, si propone anche che la tariffa obbligatoria (lato cliente) sia stabilita unica su tutto il territorio nazionale per tutti gli Ambiti che saranno individuati con tariffe di riferimento differenziate per gestore di ciascun Ambito e perequazioni finanziarie gestite da una Cassa conguaglio centralizzata a livello nazionale.

Tale Cassa conguaglio potrebbe anche svolgere la funzione di pooling centralizzato del rischio per tutto il settore al fine di consentire un più facile accesso al credito per tutti i gestori italiani (vedi anche Q6 e Q7). Tale funzione potrebbe essere svolta anche solo garantendo il terminal value delle gestioni. Infatti, questo valore è destinato a crescere per effetto dell’allungamento della vita utile delle immobilizzazioni e conseguentemente ad assumere sempre più importanza nelle scelte di finanziamento del settore idrico.

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Q28. Si condivide l'obbligatorietà di applicare la medesima tariffa per la medesima tipologia di cliente finale, all'interno dello stesso ambito, a prescindere dalle convenzioni e dalla metodologie tariffarie applicate in passato? Motivare la risposta

La proposta è condivisibile in quanto rappresenta uno stimolo all’unitarietà della gestione del SII in ciascun ambito territoriale ottimale da parte di un unico soggetto (vedi anche Q27).

Q29. Si condivide l'impostazione di distinguere una tariffa obbligatoria da applicare ai clienti finali e una tariffa di riferimento che definisce il ricavo del gestore? Motivare le proprie risposte

La proposta è condivisibile in quanto consente di contemperare le diverse esigenze lato cliente e lato impresa a patto che la composizione della componente fissa e della componente variabile sia diversa nelle due situazioni.

In particolare, sarebbe preferibile che la quota variabile fosse preponderante nella tariffa da applicare all’utente finale e meno importante rispetto alla quota fissa nella tariffa lato gestore al fine di incentivare il risparmio dell’acqua da parte dei cittadini ed allo stesso tempo assicurare la copertura dei costi fissi sostenuti dall’impresa.

In merito alla quota fissa della tariffa da applicare all’utente finale, d’altra parte, fermo restando che la stessa sia meno preponderante della quota variabile, si ritiene opportuno un incremento del livello attuale da circa il 10-15% al 30-35% del costo medio annuale del SII per un famiglia tipo di 3 persone.

Q31. Le AATO sono il soggetto più indicato per gestire gli eventuali meccanismi perequativi locali? Quale altra soluzione potrebbe essere possibile? In attesa che le nuove AATO si organizzino al riguardo, le perequazioni potrebbero essere transitoriamente gestite da una istituzione centralizzata come la Cassa conguaglio del settore elettrico?

Appare opportuno che le perequazioni siano gestite da un soggetto centralizzato nazionale al fine di assicurare un’uniformità anche di tali attività su tutto il territorio italiano (vedi anche Q27).

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Q32. Si ritiene che esistano costi con valenza pluri-ambito? Di che natura? E come e da chi potrebbero essere gestiti i flussi perequativi corrispondenti alle componenti tariffarie destinate alla copertura di tali costi? Oppure da un altro punto di vista, in base a quale criterio potrebbero essere ripartiti, ex ante, tali oneri tra i diversi ambiti tariffari interessati?

In base a quanto rappresentato in precedenza (vedi Q27), si ritiene che tra i costi pluri-ambito vadano certamente considerati gli oneri relativi all’acqua all’ingrosso e gli oneri di manutenzione delle opere di adduzione e vettoriamento primario della risorsa che consentono di trasferire la stessa da un ambito all’altro ed in alcuni casi da una Regione all’altra.

Si fa presente, a tale proposito, che i costi ambientali ed industriali della risorsa in alcuni casi sono determinati da intese tra le Regioni (ad es. Accordi di programma).

Q33. Si condivide l'impostazione dell'Autorità in relazione alla previsione di commisurare una quota parte della copertura del VRG ai volumi trattati? Come potrebbe essere individuata questa quota parte?

Nella gestione dei servizi idrici le perdite (o, più in generale, i volumi non contabilizzati) rappresentano una materia complessa e di grande rilevanza che riguarda i metodi e l’efficienza di gestione delle reti idriche, nonché gli investimenti, spesso onerosi, di installazione, adeguamento e replacement di condotte ed apparecchiature di regolazione e misura, impattando così significativamente sui costi di erogazione del servizio e sui livelli tariffari a medio termine.

L’intendimento dell’Autorità è quello di introdurre comportamenti virtuosi con riferimento alle perdite, intese come volume non contabilizzato, mediante un meccanismo di riconoscimento dei costi sino ad un massimo relazionato ad un tasso di perdita standard che potrebbe eventualmente essere differenziato per tener conto delle diverse condizioni esogene e che potrebbe variare negli anni, ad esempio nel periodo regolatorio.

Almeno in una prima fase ovvero fintanto che non si abbia certezza dei volumi misurati, la proposta non risulta condivisibile in quanto potrebbe penalizzare il gestore in assenza di dati certi.

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A regime, si ritiene che tale metodo potrà essere efficace purché nella sua applicazione vengano messe in atto le seguenti misure:

1. I dati delle molteplici gestioni sul territorio nazionale siano affidabili ed omogenei, distinguendo e tenendo separate le perdite nei sistemi di trasporto/adduzione (costituito da un insieme di condotte e gallerie di grandi dimensioni e lunghezze e serbatoi di grandi volumetrie) da quelle nelle reti di distribuzione. Tale distinzione si rende necessaria per diverse ragioni tra cui: a) l’analisi economica delle perdite negli adduttori si differenzia da quella delle reti di distribuzione; b) gli investimenti di riduzione perdite negli adduttori e più in generale nei grandi sistemi di trasporto possono essere molto onerosi; c) la riduzione delle perdite negli adduttori impatta prevalentemente sui costi marginali di produzione e trasporto e non sui ricavi, come accade per le perdite amministrative che riguardano principalmente le reti di distribuzione;

2. In merito ai sistemi di trasporto/adduzione, qualora l’Autorità intenda regolare le perdite considerando i volumi non fatturati, è necessario che siano riconosciuti al gestore i costi industriali dei significativi volumi che inevitabilmente vanno persi per le indispensabili attività di riparazione delle perdite sugli adduttori e di manutenzione di serbatoi e adduttori. In caso contrario verrebbe penalizzato il gestore che provvede a realizzare tali attività. Per comprendere meglio la problematica si possono fare due esempi: A) la riparazione di una perdita su una condotta “in pressione”, della lunghezza di 100 km, in acciaio, di diametro pari a DN 2000, può comportare la necessità di svuotare gran parte della condotta stessa; si può arrivare a dover scaricare fino a 200.000 mc d’acqua. A questo volume bisogna poi aggiungere il volume necessario al lavaggio della condotta per consentirle di essere rimessa in esercizio. Per la riparazione di una perdita su una condotta di questa tipologia, si possono arrivare a “perdere” circa 300.000 mc di acqua. B) Per il lavaggio di un serbatoio di 100.000 mc ne sono necessari almeno altrettanti;

3. Il target delle perdite di rete sia fissato non al livello nazionale ma al livello di ATO adottando, per la sua determinazione, non un approccio meramente tecnico-ingegneristico (basato sul valore prefissato di indicatore tecnico come prefigurato al Q34), ma piuttosto un approccio economico (che idealmente potrebbe essere applicato per ogni singola rete di distribuzione di un ATO) che tenga conto non solo dei costi di produzione, trasporto ed energia, ma anche dei costi ambientali delle perdite e dei potenziali impatti tariffari dei programmi di riduzione (vedi anche Q34);

4. Il target di perdita sia variato negli anni con gradualità, in modo ragionevole e che sia pienamente coerente con i costi ed i tempi dei programmi di investimento in carico al gestore finalizzati al contenimento delle perdite. In caso contrario, il VRG associato alle perdite non sarebbe un incentivo a comportamenti virtuosi, ma piuttosto diventerebbe un’insostenibile penalizzazione.

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Si fa presente, infine, che una riduzione delle perdite può anche non risultare economicamente conveniente in funzione della marginalità del costo della risorsa idrica approvvigionata.

Q34. Qual è l'indicatore di perdita che potrebbe essere individuato inizialmente? Quali sono le variabili esogene per individuare i diversi livelli di perdite standard (per esempio la lunghezza delle reti)? Un valore medio iniziale di perdita del 30-35% è un valore condivisibile? Motivare le risposte

Per le ragioni già accennate in risposta al Q33 si ritiene che gli indicatori di perdita prefigurati (perdita percentuale o rapportata alla lunghezza delle reti), nonché lo stesso “valore medio iniziale di perdita del 30-35%”, siano totalmente inidonei ed inadeguati per la regolazione delle perdite da parte dell’Autorità negli anni a venire. E ciò per le motivazioni di seguito esposte.

Innanzitutto, occorre fare una semplice premessa. Le reti di distribuzione idrica, anche quando di nuova installazione sono sempre fisiologicamente soggette a perdite fisiche causate dai livelli di pressione idrica necessaria per assicurare il servizio. In proposito, si evidenzia che nella letteratura internazionale si è consolidata una formula empirica per determinare il livello di perdita fisica minima inevitabile (UARL, Unavoidable Annual Real Losses), basato sulla consistenza fisica della rete (lunghezza tronchi ed allacci, numero di allacci, ecc.) e sul livello medio di pressione (la formula è considerata affidabile in reti di piccole dimensioni o in “distretti”).

Nella letteratura internazionale esistono diversi indicatori “tecnici” utilizzabili per la stima e la gestione delle perdite. Senza soffermarsi sui dettagli, in generale, gli indicatori più sofisticati ed efficaci richiedono misure aggiuntive rispetto ai soli volumi necessari per determinare la perdita percentuale (prefigurata dall’Autorità), che rappresenta certamente l’indicatore tecnico di più immediata comprensione e semplice applicazione ma è anche quello meno affidabile ed efficace (infatti, a parità di tutte le altre condizioni la riduzione dei consumi fatturati fa aumentare il valore dell’indicatore, cosa che non accade, ad esempio, utilizzando come indicatore il rapporto tra volume non fatturato e lunghezza di rete o numero di allacciamenti).

In ogni caso, quale che sia l’indicatore tecnico, stabilirne un pre-fissato valore standard appare totalmente inefficace.

Nell’ultimo decennio in aggiunta all’approccio tecnico-ingegneristico sulla riduzione e sul controllo delle perdite, si è venuto affermando il principio che il tema delle perdite va affrontato con un approccio economico, fermo restando che i metodi di riduzione delle perdite restano tecnici ed ingegneristici. Agli indicatori tecnici si sono pertanto affiancati indicatori economici del livello di perdita (ELL: Economic Level of Leakage, SELL: Sustainable Economic Level of Leakage; SELWE: Sustainable Economic Level of Water Efficiency).

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Il livello economico di perdita (ELL: Economic Level of Leakage) può essere definito come livello di perdita oltre il quale ottenere un’ulteriore riduzione – mediante l’intensificazione del controllo attivo delle perdite – sarebbe più costoso che produrre acqua da un’altra fonte di approvvigionamento. Operare al livello economico di perdita significa che il costo totale per gli utenti è minimizzato a lungo termine ed i gestori sono efficienti. È evidente che, in presenza di obiettivi di protezione ambientale o scarsità della risorsa, nell’analisi economica delle perdite vanno altresì inclusi i costi ambientali.

In breve, il raggiungimento del livello di perdita fisica minima inevitabile (UARL) può risultare economicamente ingiustificato, anche considerando i costi ambientali.

In “Future water and sewerage charges 2010-15: Final determinations, Novembre 2009”, l’OFWAT (l’Autorità di Regolazione del SII in Gran Bretagna) ribadisce (p. 51): “Anche se fosse possibile, l’eliminazione totale delle perdite sarebbe un uso sprecato delle risorse. Il costo per farlo, inclusi significativi impatti ambientali, eccederebbe di molto il costo di bilanciare produzione e domanda idrica con altri mezzi, e questo significherebbe tariffe più elevate per gli utenti. Invero, noi ci aspettiamo che i gestori mantengano le perdite ad un livello economico sostenibile. Al di sotto di questo livello, i costi per l’ulteriore riduzione delle perdite sarebbero superiori ai benefici. Noi ci aspettiamo che ogni gestore misuri i costi ed i benefici in modo completo – tenendo in considerazione l’impatto ambientale del controllo delle perdite ed altre opzioni, e del punto di vista degli utenti”.

Gli obiettivi quinquennali 2010-2015 dell’OFWAT sulla riduzione delle perdite sono minimi (-1,5% nel quinquennio) nonostante un volume annuo di perdita complessiva di circa 1,2 miliardi di metri cubi. Ciò significa che l’OFWAT ritiene che il livello economico sostenibile delle perdite è stato sostanzialmente raggiunto nel Regno Unito. Continua l’OFWAT: “Noi ci aspettiamo che i gestori mantengano le perdite ai livelli attuali o che le riducano leggermente nel periodo 2010-15. Alcuni stakeholders hanno espresso preoccupazione (…) che non stavamo mettendo i gestori sotto pressione per ridurre le perdite nel periodo 2010-15. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, l’evidenza suggerisce che più significative riduzioni nel periodo rappresenterebbero uno scarso valore per gli utenti e per l’ambiente (…). Inoltre, con l’estensione delle reti idriche, mantenere le perdite ai livelli correnti (intesi come volumi totali) richiede comunque che i gestori aumentino la loro attività di controllo delle perdite poiché anche le condotte nuove perdono”.

La riduzione ed il controllo delle perdite idriche non è quindi un problema meramente ingegneristico (che peraltro richiede tecnologie avanzate ed assetti organizzativi ancora poco diffusi nel nostro Paese) ma è piuttosto un tema che riguarda l’economia di gestione del servizi idrici nel suo complesso con una significativa interrelazione non solo con i costi operativi ma più in generale con i livelli tariffari che devono risultare coerenti con gli obiettivi di controllo delle perdite e con gli sviluppi tariffari a medio termine necessari per sostenere gli investimenti di recupero della risorsa.

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A tal proposito, è utile ricordare che, in base ai dati raccolti da GWI (Global Water Intelligence), si rileva una correlazione tra i livello di perdite ed il livello delle tariffe: a perdite più elevate corrispondono mediamente gestioni con tariffe minori (si veda ad esempio “The Connection between Water Prices and Water Network Efficiency, TaKaDu, 2011”). Ciò non significa, necessariamente, che efficientare il servizio e ridurre le perdite comporti un incremento della tariffa, ma, piuttosto, che in assenza di adeguati livelli tariffari di partenza non è ragionevolmente possibile sostenere programmi ambiziosi a breve termine di contenimento delle perdite.

Si ritiene che l’approccio dell’OFWAT di minimizzare i costi totali per individuare il livello di sostenibilità economica delle perdite idriche e, più in generale dell’efficienza gestionale, sia quello più corretto ed efficace nella regolazione dei servizi idrici.

Seguendo tale approccio l’Autorità potrebbe procedere come segue:

1. Valutazione in ciascun ATO (adottando le stesse linee guida ed eventualmente un unico modello economico) del volume di perdita economicamente sostenibile, tenendo conto dei costi operativi (di produzione, trasporto, energia e controllo attivo delle perdite) e di quelli ambientali, specifici di ogni gestione. Tra un periodo regolatorio ed il successivo, il volume target di ciascun ATO potrebbe essere rivalutato dall’Autorità per tener conto di condizioni eventualmente mutate.

2. Il volume di perdita target di ciascun ATO può essere a questo punto tradotto in un indicatore tecnico, quale il volume non contabilizzato nelle reti idriche (escluse le perdite in adduzione) rapportato al numero di allacciamenti. Seguendo questa metodologia, i valori target di ATO differenti potranno risultare anche molto differenziati, in ragione della variabilità dei costi di cui al punto precedente. È evidente che tale differenziazione sarà ridotta quanto più alto è il costo ambientale minimo considerato a livello nazionale (se verrà considerato).

3. Il raggiungimento del target di perdita in ciascun ATO (ossia del livello economico sostenibile della perdita) viene adeguatamente differenziato negli anni, in coerenza con gli investimenti programmati in capo al gestore per il contenimento delle perdite.

Su quest’ultimo punto occorre evidenziare che la riduzione delle perdite non richiede soltanto adeguati programmi di investimento ma può rendere necessarie significative modifiche organizzative e gestionali che normalmente risultano onerose per l’implementazione di prassi gestionali di controllo attivo delle perdite (gestione di moli significative di misure di portata e di pressione, regolazione di reti, attivazione di squadre di ricerca e riparazione perdite, ecc.).

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È quindi auspicabile che, in aggiunta ad un approccio economico improntato alla sostenibilità ed alla gradualità, ed in parallelo all’eventuale incentivazione di investimenti finalizzati al recupero delle perdite, l’Autorità preveda altresì meccanismi di incentivazione per i gestori che si adoperino in progetti di ricerca ed innovazione sul contenimento delle perdite e, soprattutto, che investano nell’organizzazione per implementare nuove e più efficienti pratiche gestionali di controllo delle perdite.

Gli argomenti sopra esposti sono in larga misura applicabili anche alle perdite amministrative (per le perdite nelle condotte di adduzione l’analisi economica è relativamente più semplice, anche perché le implicazioni gestionali sono significativamente minori di quelle che si incontrano per le perdite di rete).

A seconda di quali saranno i meccanismi regolatori del nuovo metodo tariffario, la spinta dei gestori potrà orientarsi sul contenimento delle perdite fisiche o di quelle amministrative, o su entrambi, tenendo presente che le prime incidono prevalentemente sui costi operativi mentre le seconde sul livello dei ricavi.

Sul tema delle perdite amministrative (volume consumato dagli utenti ma non fatturato) – indicate normalmente come “apparent losses” nella letteratura anglosassone – ed in particolare sul sottoconteggio di misurazione dei contatori (sul quale è convinzione diffusa nella letteratura internazionale che i contatori d’acqua tendono mediamente a sottoconteggiare con il passare del tempo) si evidenzia quanto segue: (a) anche i contatori nuovi normalmente sottoconteggiano i consumi (così come le condotte nuove sono soggette a perdite fisiche), cosa che accade in misura diversa in ragione della tipologia e della classe metrologica (su cui non vi sono né vincoli né incentivi nella bozza di decreto del Ministero per lo Sviluppo Economico riguardante i criteri di validità della verifica periodica); (b) vi sono particolari tipologie di contatori (più costose dei tradizionali a turbina tradizionalmente in uso in Italia) e/o apparecchiature (anch’esse costose) connesse ai contatori che possono abbattere di qualche punto percentuale il volume di sottoconteggio, anche di un parco di contatori nuovi, con proporzionale beneficio sui ricavi, ma certamente con un impatto sul livello delle tariffe.

È evidente che anche per le perdite amministrative legate al sottoconteggio dei contatori andrebbe adottato un approccio di tipo economico che consideri il livello economico delle perdite (ad esempio è certamente insensato installare misuratori d’utenza di calibro minimo dal costo di 100 Eur/cad. con una tariffa media di 1,00 Eur/m3; al contrario, con una tariffa da 10,00 Eur/m3 tale costo dei misuratori sarebbe invece verosimilmente giustificato e sostenibile) tenendo ben presente che, a differenza delle perdite fisiche, in tal caso la perdita idrica è solo potenzialmente contabile, non essendovi spreco di risorsa (con costi ambientali assenti).

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L’approccio del regolatore dovrebbe pertanto essere in questo caso quello di assicurare un livello minimo di equità della misura ed un grado minimo di accuratezza, che siano improntati alla sostenibilità economica e commisurati ai livelli tariffari (per queste ragioni, specifiche dei singoli stati, verosimilmente la Direttiva europea MID ha lasciato agli Stati membri l’emanazione di norme sulla durata massima dei contatori installati e sui criteri per le verifiche periodiche).

Sempre sul tema delle perdite amministrative, ma con riferimento alla tenuta efficiente delle banche dati utenti ed al contrasto ai prelievi abusivi, sarebbe auspicabile che l’Autorità si facesse promotrice di iniziative e progetti finalizzati alla integrazione sinergica delle banche dati dei gestori dei servizi a rete, anche con altre banche dati centrali quali ad esempio il Catasto e l’Agenzia delle Entrate.

Data la rilevanza del tema delle perdite ed il potenziale impatto sull’economia dei servizi idrici è auspicabile che l’Autorità proceda con l’adeguata prudenza che la questione merita, anche mediante specifici approfondimenti con gli stakeholders.

Q35 Si condivide l'impostazione proposta con riferimento al trattamento delle interconnessioni tra reti? Motivare la propria risposta

A tal riguardo si evidenziano due criticità:

- la prima, relativa alla riduzione della marginalità del gestore a seguito dell’inclusione di un servizio precedentemente nel sistema di regolazione della TRM (vedi Q21);

- la seconda, invece, attiene agli aspetti regolatori in relazione alla definizione dell’ambito tariffario e alle ovvie conseguenze che ne derivano.

Le forniture all’ingrosso di norma si sostanziano in un gestore del servizio di approvvigionamento (captazione, potabilizzazione e trasporto e in taluni casi anche accumulo) che fornisce acqua ad uso potabile a dei gestori subdistributori.

I subdistributori sono soggetti titolari di un diritto di esclusiva per la fornitura del servizio di acquedotto nell’ambito/territorio di competenza (Gestori SII, Consorzi di Bonifica, Aree Industriali, Aree Portuali, Comuni ecc).

Non va escluso che il fornitore all’ingrosso si approvvigioni a sua volta da un altro soggetto gestore delle opere di derivazione (ad esempio dighe) ad uso plurimo (potabile, irriguo, industriale).

Spesso il gestore all’ingrosso è anche distributore finale del servizio nel proprio ambito/territorio di riferimento.

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Ai fini della delimitazione dell’ambito tariffario di riferimento vanno distinte tre ipotesi:

- Forniture all’ingrosso all’interno di un singolo ATO; - Forniture all’ingrosso all’interno di una stessa Regione che rifornisce più AATTO; - Forniture all’ingrosso che rifornisce più AATTOO ubicati in più di una Regione.

E’ evidente che nel secondo e terzo caso l’ambito tariffario si estende oltre quello dell’ATO come definito dalla Legge n. 36/94 (Legge Galli).

Inoltre, nel secondo caso, il soggetto regolatore può non coincidere con una delle AATO servite ma può essere posta in capo alla stessa Regione.

Nel terzo caso, le forniture possono essere regolate da Accordi di Programma (ex art.17 della Legge n. 36/94) che vedono coinvolti lo Stato e le Regioni interessate (Accordo Ministero dei LL.PP., Regione Basilicata e Regione Puglia del 1999). In questi casi è prevista la costituzione di un’apposita Autorità che, oltre a regolare il riparto della risorsa grezza tra i vari usi, ne fissa il prezzo nelle sue due componenti (ambientale e industriale) e stabilisce il riparto di quella a uso potabile all’ingrosso.

E’ evidente, che solo nel primo caso è immaginabile ricondurre il rapporto di fornitura a quello dell’Ambito, negli antri casi dovrà essere identificato un sovrambito e determinata la tariffa di fornitura. Nel caso in cui il gestore all’ingrosso è anche gestore del SII in uno o più ATO dovrà necessariamente, al fine di evitare forme di sussidio incrociato, procedere alla separazione contabile del servizio di approvvigionamento. Anche in questi casi si porrà un tema di articolazione della tariffa di approvvigionamento ove si voglia tener conto dell’uso prevalente della fornitura (civile, industriale o agricolo).

Resta comunque l’esigenza di chiarire il perimetro delle competenze delle Autorità esistenti rispetto alle competenze dell’AEEG anche in relazione alla determinazione della tariffa dell’acqua grezza ovvero di quei sistemi di approvvigionamento a uso plurimo da cui il gestore dell’uso potabile si approvvigiona e che concorrono a loro volta a determinare i costi di gestione di quest’ultimo.

Q37. Si concorda con la metodologia appena descritta della valorizzazione delle immobilizzazioni? Motivare eventuali posizioni alternative

La deduzione del fondo rischi dalle immobilizzazione appare adeguata solo nella misura in cui i relativi accantonamenti siano completamente riconosciuti tra i costi di gestione.

Per quanto riguarda il capitale circolante si rimanda alla Q39.

Sarebbe anche opportuno rafforzare il beneficio previsto dal time lag nei casi in cui, al fine di superare il gap infrastrutturale, i gestori debbano sostenere investimenti crescenti negli anni.

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Q38. Quali difficoltà si riscontrano nel reperire i dati di investimento sopra evidenziati? E quali alternative possono essere suggerite rispetto al riferimento ai libri contabili per evidenziare il valore delle immobilizzazioni?

Pare opportuno evidenziare che ci potrebbero essere delle immobilizzazioni che sono utilizzate dal gestore ma non sono presenti nei libri contabili in quanto datate nel tempo e completamente finanziate con fondi pubblici. In questo caso, la ricostruzione potrebbe essere fatta sulla base dei documenti comprovanti la spesa (ad esempio collaudo, decreti di chiusura/omologazione da parte degli enti finanziatori, ecc) e residualmente in maniera parametrica.

Q39. Riconoscere una quota forfettaria dell'1% del valore delle immobilizzazioni, per tener conto del capitale circolante è una metodologia adeguata? Motivare la propria risposta.

Per quanto attiene al Circolante si ritiene che riconoscere una quota forfetaria dell’1% del valore delle immobilizzazioni, per tener conto del capitale circolante, non sia quantitativamente adeguato: sarebbe infatti più idoneo, per tenere in debita considerazione il CCN – come di seguito definito – che in media risulta strutturalmente immobilizzato, prevedere una percentuale significativamente superiore.

In alternativa si potrebbe adottare un differente approccio metodologico, di seguito descritto, che parrebbe metodologicamente più corretto.

Con il termine di “Capitale circolante netto” (CCN) si intende la differenza tra la somma dei crediti lordi verso clienti a breve termine più le scorte di magazzino meno i debiti verso fornitori a breve termine. Pertanto, il CCN esprime gli impieghi finanziari connessi alla dinamica di trasformazione e vendita dei prodotti/servizi, dinamica legata essenzialmente al volume d’affari di un’impresa.

Nel caso specifico del settore idrico, molti gestori sono spesso caratterizzati da alti livelli di CCN a causa della periodicità trimestrale di fatturazione, dei ritardi nei pagamenti e della differenza fra l’aliquota iva applicata sui ricavi (10%; iva a debito) e quella applicata sui costi (21%; iva a credito). Pertanto, sebbene l’adozione di un metodo parametrico/forfetario per la determinazione del CCN da riconoscere in tariffa sia condivisibile, potrebbe non cogliere appieno le corrette dinamiche di settore rapportare la quota forfetaria alle immobilizzazioni rispetto a prevedere un rapporto sui ricavi di vendita.

Tra l’altro, legare il CCN alle immobilizzazioni al netto del fondo ammortamento (e non alle immobilizzazioni lorde) determina, a parità di altre condizioni, un valore riconosciuto non costante nel tempo e, ragionando per assurdo, in assenza di investimenti da ammortizzare o di investimenti completamente finanziati con fondi di terzi (quindi con onere finanziario riconosciuto pari a zero) il gestore non percepirebbe alcun ristoro (CCN=0) a copertura dello sfasamento temporale ricavi-incassi-pagamenti.

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Alla luce delle sopra citate considerazioni, si propone di riconoscere una componente aggiuntiva all’interno degli oneri finanziari per tener conto del costo del capitale circolante netto. In base a tale considerazione ed a quelle formulate alla successiva Q46, sulla necessità di coprire anche una quota forfettaria delle immobilizzazioni finanziate a fondo perduto, si propone che la formula dell’OF assuma la seguente struttura:

OF = (Km + αααα) * [(1-CIRfp* γ γ γ γm /CIR) * CIR + (ε ε ε ε * VRG)]

La percentuale da applicare ai ricavi regolamentati è da calcolare sulla base del reale assorbimento del fatturato dovuto al capitale circolante, come sopra definito, tenendo conto delle condizioni standard di pagamento, anche alla luce delle più restrittive normative in corso di emanazione, e dei tempi di incasso, che risentono della negativa congiuntura economica.

ε = ε = ε = ε = funzione dei tempi standard di pagamento e dei tempi di incasso

γγγγm = 0,90 – 0,95 (rischio investimento fondo perduto – vedi Q46)

Q40 Come si ritiene possa essere dimostrato un comportamento efficiente da parte delle imprese in relazione alla ottimizzazione degli oneri finanziari relativi ad un determinato investimento? Questa verifica potrebbe essere svolta efficacemente dalle nuove AATO?

Effettuare una relazione per singolo investimento appare un eccessivo appesantimento anche in relazione al numero degli interventi da realizzare. Tale relazione potrebbe essere sostituita da controlli ex post nei quali verificare eventuali anomalie.

In relazione all’ottimizzazione degli oneri finanziari relativi agli investimenti da realizzare, da ottenersi mediante la massimizzazione dei contributi pubblici, è opportuno evidenziare che la responsabilità primaria in merito alla definizione delle modalità di finanziamento degli interventi è imputabile all’AATO, in quanto Autorità deputata alla definizione ed approvazione del Piano d’Ambito, e non al soggetto gestore, poiché è in sede di pianificazione degli interventi che vi sono le maggiori possibilità di reperimento di risorse pubbliche.

Q41. Si condivide l'ipotesi di determinare l'onere finanziario riconosciuto all'impresa, pesando proporzionalmente gli oneri finanziari dei finanziamenti a fondo perduto, dei finanziamenti a tasso agevolato e dei finanziamenti reperiti autonomamente dall' impresa sul mercato finanziario? Motivare le proprie risposte

Vedi Q46.

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Q42. Per quanto riguarda l'onere finanziario dei finanziamenti reperiti autonomamente dall'impresa, si condivide l'ipotesi di far riferimento ad un tasso medio di riferimento? Motivare la propria risposta ed eventuali soluzioni alternative Si condivide purché tale tasso sia ristoratore dei costi effettivamente sostenuti.

Si condivide purché tale tasso sia ristoratore dei costi effettivamente sostenuti

Q45. Quale si ritiene possa essere un riferimento del rapporto CS/CnS adeguato a rappresentare la struttura finanziaria ottimale (cioè quella che minimizza il costo del debito) per il settore idrico? Motivare le proprie indicazioni.

Nell’attuale scenario di crisi dei mercati finanziari un valore minore o uguale allo 0,5 rappresenta l’unica possibilità per i gestori di accedere al mercato creditizio, minimizzando al contempo il costo della raccolta e rafforzando la struttura patrimoniale dei gestori.

Q46. Si concorda con l'impostazione illustrata per valutare il tasso di interesse da riconoscere come onere finanziario ai rispettivi gestori? Quali soluzioni alternative possono essere proposte nel rispetto del risultato referendario? Motivare le proprie osservazioni.

Si propone di modificare la formula degli oneri finanziari come segue:

OF = Oneri finanziari su capitale a carico del gestore + Oneri finanziari su contributi a fondo perduto + Oneri finanziari su capitale circolante

ONERI FINANZIARI SU CONTRIBUTI A FONDO PERDUTO

Un aspetto sottovalutato dall’Autorità è il rischio connesso alla realizzazione di interventi con risorse a fondo perduto (pubblici e privati).

L’Autorità, infatti, considera il K per la quota di finanziamento a fondo perduto pari a “0” trascurando il fatto che la realizzazione di opere di per sé comporta l’assunzione di oneri e rischi.

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In particolare, in merito ai rischi si possono citare quelli:

- incrementi dei costi dell’intervento per variazione dei prezzi in corso d’opera; - danni per causa di forza maggiore (eventi calamitosi); - maggiori costi per rispetto di norme sopravvenute; - ritardi connessi alla accettabilità sociale dell’opera; - definanziamento dell’opera per decorrenza dei termini di rendicontazione; - ritardi nell’erogazione dei finanziamenti (esempio blocco per patto di stabilità o

dichiarazione dello stato di dissesto finanziario dell’Ente finanziatore); - contenziosi nella procedura di gara e realizzazione degli interventi; - morosità nel caso di finanziamenti con fondi privati.

Detti rischi, non sempre sono coperti integralmente dal finanziamento a fondo perduto, e in

considerazione della complessità dell’opera e della relativa onerosità possono assume valori riguardevoli.

Tale rischio può essere stimato non inferiore ad un valore compreso tra il 5% e il10% al crescere del valore dell’investimento a fondo perduto.

In base a tale considerazione si propone che la formula dell’OF assuma la seguente struttura:

OF = (Km + αααα) * (1-CIRfp* γ γ γ γm /CIR) * CIR

γγγγm = 0,90 – 0,95

Si precisa che per finanziamenti concessi a tassi agevolati si deve intendere solo quei finanziamenti che beneficiano di contributi monetari in conto interesse. Non devono intendersi finanziamenti concessi a tassi agevolati quelli che beneficiano di sola garanzia finalizzata all’accesso al credito.

In tali casi, il Ka deve assumere un valore più o meno distante rispetto al Km o al Kfp in funzione di quanto la quota interessi a carico della finanza pubblica pesi sul totale degli interessi pagati.

Q48. Si ritiene condivisibile riconoscere un onere finanziario aggiuntivo, a copertura del rischio dell'attività aziendale? In caso di risposta affermativa, di quale entità dovrebbe essere tale onere aggiuntivo, fermo restando che, al limite, il suo valore dovrebbe essere nullo a fronte di un finanziamento a fondo perduto che coprisse l'intero investimento? In caso affermativo, l'ipotesi, prospettata dall'Autorità, può essere condivisa? e in questo caso, quale valore di ß ritenete sia più idoneo a rappresentare la rischiosità del SII? Motivare le proprie risposte

Per quanto riguarda il rischio che deve essere riconosciuto anche ai finanziamenti a fondo perduto si rimanda al punto Q46.

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Per quanto riguarda il valore del ß del settore idrico si evidenza che secondo uno studio commissionato dal regolatore idrico inglese a Nera (National Economic Research Associates) tale parametro dovrebbe assestarsi per le società idriche europee in un range tra 0,5 e 0,9. Anche sulla base di tale indicazione l’OFWAT ha fissato in 0,9 il valore del beta per il periodo regolatorio 2010-2015.

Inoltre, nella determinazione del beta occorre tener presente dei livelli già fissati dall’Autorità in settori a minor rischiosità. In particolare, si ricorda che, come stabilito dalla stessa Autorità, nella trasmissione elettrica il livello implicito del beta è pari 0,53 e che nella distribuzione del gas il valore è pari a 0,65.

Al fine di ridurre il livello di rischiosità del settore e quindi poter stabilire il beta nella fascia minima di quelle precedentemente indicate bisognerebbe riconoscere adeguati oneri sul circolante (vedi Q39) e sulla morosità (vedi Q79). Inoltre, potrebbe essere introdotto un deposito cauzionale , a carico dell’utenza, pari al valore del consumo che ciascuna utenza mediamente accumula quantomeno nel periodo necessario per l’esecuzione delle attività finalizzate alla sospensione della fornitura secondo le regole previste nella Carta dei Servizi (nel caso di AQP intercorrono almeno 7 mesi). Tale cauzione potrebbe essere raggiunta gradualmente, incrementando annualmente il deposito cauzionale a carico degli utenti in un periodo regolatorio in considerazione di quanto già versato.

Q49. L'Autorità ritiene che la prima opzione, per semplicità applicativa e certezza regolatoria, sia preferibile. Si concorda con tale ipotesi? Si ritiene che, tuttavia, data la situazione eccezionale vissuta in questo periodo dai mercati finanziari, i valori utilizzati per disciplinare il parametro OFi debbano essere rivisti con periodicità più frequente ( ad esempio, su base biennale, ciò che sarebbe coerente con la proposta descritta successivamente di adottare una metodologia-ponte sino a tutto il 2013 ); si concorda con tale ipostesi? Motivare la propria risposta

Vedi Q16

Q50. Si condivide la metodologia di valorizzazione dei tassi a copertura del costo finanziario e di copertura del rischio, in caso di mancanza delle informazioni? Quale altra metodologia potrebbe essere applicata? Motivare le proprie risposte.

La ricostruzione delle immobilizzazioni realizzate con fondi pubblici è sicuramente

un’attività complessa che richiede tempo in quanto gli atti documentali non sempre sono in possesso del gestore (vedi anche Q38).

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Q51. Si condivide la necessità di prevedere un meccanismo che induca il gestore al rispetto degli investimenti programmati? Quale meccanismo alternativo rispetto a quello proposto potrebbe essere adottato?

Con riferimento ai meccanismi di penalizzazione sull’OF in caso di ritardo nella realizzazione di alcuni investimenti di maggior rilevanza/criticità, sarebbe opportuno chiarire in che modo si terrà conto di eventuali ritardi non dovuti a responsabilità del gestore (ad es. tempi per il rilascio delle autorizzazioni da parte delle Pubbliche Amministrazioni, ricorsi e contenziosi nella procedura di gara ad evidenza pubblica).

Q52. Si condivide la necessità di privilegiare alcuni investimenti in specifiche tipologie di impianto? Quali investimenti di ritengono prioritari?

Si riportano di seguito gli investimenti ritenuti prioritari:

- adeguamento agli standard UE della qualità dell’acqua potabile prodotta e dei reflui depurati ed immessi nei corpi ricettori;

- potenziamento della copertura dei servizi idrico, fognario e depurativo;

- investimenti per l’efficientamento della gestione delle reti di distribuzione idrica finalizzati alla riduzione ed al controllo delle perdite (replacement condotte, controllo pressioni, distretti di misura), anche attraverso il potenziamento/efficientamento dei sistemi di misure gestionali (portate, pressioni, qualità dell’acqua) e d’utenza (contatori);

Sarebbe opportuno che per gli investimenti ritenuti prioritari, con particolare riferimento agli interventi innovativi che derivano da attività di Ricerca e Sviluppo, fosse riconosciuta al gestore una premialità incentivante.

Q53. Si condividono le categorie di cespite e le relative vite utili proposte dall'Autorità per il servizio idrico?

Alcune vite utili proposte non si ritengono condivisibili sul piano tecnico. Sull’argomento si forniscono alcune considerazioni in merito alle “condutture” e ai “contatori d’utenza” Ammortamento delle condutture

Nel MTN le “condutture” hanno tempo di ammortamento a 20 anni.

Nel documento di consultazione dell’AEEG (p. 49) viene proposto di portare la vita utile delle “condutture” a 50 anni.

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Tale intendimento dell’Autorità è verosimilmente basato sull’analogia con le condotte stradali del gas per le quali viene appunto adottata una vita utile pari a 50 anni. Tale analogia appare impropria, quantomeno per le condotte idriche delle reti di distribuzione, per i motivi di seguito illustrati.

Sebbene gas e acqua siano entrambi fluidi, il primo è un gas e come tale fortemente comprimibile e con bassa densità, il secondo è un liquido e come tale “quasi” incomprimbile e molto più denso di un gas (100-1000 volte).

Ne consegue che le sollecitazioni interne a cui sono sottoposte le condotte idriche sono significativamente maggiori rispetto a quelle di gas, a causa delle pressioni di esercizio (necessarie per assicurare il servizio) a cui le condotte idriche sono sottoposte continuativamente, che risultano di significativamente maggiori di quelle presenti nelle condotte di gas.

Le variazioni di pressione che si registrano a causa delle normali dinamiche dei consumi orari in una rete o a seguito di regolazioni di esercizio determinano un’azione dinamica continua di sollecitazione sulle condotte idriche e soprattutto nei giunti, sollecitazioni a cui non sono soggette le condotte di gas. Manovre brusche nelle condotte idriche generano i cosiddetti fenomeni di “colpo d’ariete” che possono portare al collasso delle condotta a causa della incomprimibilità dell’acqua (in guerra gli impianti idroelettrici sono spesso presidiati militarmente anche per evitare che il nemico esegui una manovra di chiusura brusca della condotta forzata, così distruggendola). In una condotta che trasporta fluido gassoso tali fenomeni non si verificano.

Le continue e fisiologiche sollecitazioni a cui sono soggette le condotte idriche ne determinano le perdite fisiche, anche fisiologiche o inevitabili, che tendono a crescere nel tempo se non vengono riparate o se non si procede alla sostituzione delle condotte dopo un certo numero di anni.

D’altra parte, come già evidenziato in risposta al quesito 34 è ormai riconosciuto, anche dagli enti regolatori, che le condotte idriche, anche quando sono nuove sono soggette a perdite fisiche, la cui entità si incrementa progressivamente nel tempo se non vengono opportunamente controllate.

Imporre una durata di 50 anni per le condotte idriche appare improprio poiché spingerebbe i gestori a non eseguire replacement prima di tale termine, a meno di un riconoscimento anticipato degli ammortamenti residui.

In tali condizioni, gli ambiziosi obiettivi che l’Autorità intende raggiungere sulla riduzione delle perdite potrebbero non essere raggiunti, anche per la maggiore difficoltà di reperire capitali a debito per investimenti con ritorno a 50 anni.

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Un tempo di ammortamento che appare ragionevolmente prossimo alla effettiva vita utile delle condotte delle reti di distribuzione idrica è di 30 anni, periodo che consentirebbe di rendere sostenibili i significativi investimenti di rinnovamento delle reti idriche che è necessario implementare in gran parte delle reti di distribuzione idrica italiane.

Nei sistemi di trasporto e di adduzione esterna verso i serbatoi cittadini, le perdite idriche dovute alla obsolescenza delle condotte sono in generale meno rilevanti rispetto alle reti di distribuzione, anche perché le sollecitazioni dinamiche della pressione sono inferiori e quelle meccaniche dovute al traffico stradale sono normalmente assenti. Per quanto evidenziato le condotte di adduzione la vita utile di 50 anni proposta dall’Autorità appare congrua.

Un diametro di riferimento per distinguere gli ammortamenti a 30 anni da quelli a 50 anni potrebbe essere il DN 500. Ammortamento dei contatori d’utenza

I contatori idrici d’utenza e gli apparecchi di misura sono stati trattati nel MTN con ammortamenti a 10 anni (v. anche D.M. 1988 sulle aliquote fiscali).

Nel documento di consultazione dell’AEEG (p. 49) viene proposto di portare la vita utile dei “gruppi di misura meccanici” a 20 anni e di portare la vita utile dei “gruppo di misura elettronici” a 15 anni.

Con riferimento ai contatori d’utenza per “gruppi di misura meccanici” sono da intendersi i tradizionali contatori meccanici (a turbina o volumetrici) non alimentati, ampiamente diffusi sul territorio nazionale per la contabilizzazione dei consumi idrici.

Sempre riferendoci ai contatori d’utenza per va chiarito cosa si intenda per “gruppi di misura meccanici”. In questa categoria vanno verosimilmente inclusi i contatori d’utenza elettronici, ovvero dotati di una batteria (essendo di norma autoalimentati) e normalmente di un display digitale per la contabilizzazione dei consumi idrici. I contatori elettronici possono essere suddivisi in due categorie: contatori statici (di ultima generazione, poco diffusi anche per i costi) privi di organi in movimento, e contatori con organi in movimento (a turbina o volumetrici).

Nella telelettura dei contatori idrici è diffusa l’utilizzo di contatori meccanici a cui viene accoppiato, spesso in un unico corpo fisico, un modulo di comunicazione radio autoalimentato. In tal caso, se si considera l’insieme contatore/modulo radio come unico “gruppo di misura elettronico” l’ammortamento andrebbe a 15 anni come proposto dall’Autorità. Se, viceversa, i due componenti si considerano separati si avrebbero 20 anni per il contatore meccanico ed 8 per il modulo radio (teletrasmissione).

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L’intendimento dell’Autorità di portare l’ammortamento dei contatori idrici d’utenza da 10 anni a 15/20 anni appare in contrasto con l’emanando (ed atteso) Decreto del MSE “Regolamento concernente i criteri per l’esecuzione dei controlli metrologici successivi sui contatori d’acqua e sui contatori di calore, ai sensi del decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 22, attuativo della Direttiva 2004/22/CE (MID)”.

Per le informazioni oggi in possesso sulla bozza del Decreto, l’orientamento del legislatore sarebbe di fissare come termine massimo per l’esecuzione della verificazione periodica dei contatori MID 10 anni, ad eccezione dei contatori statici (di tipo elettronico, senza organi in movimento) per i quali tale termine potrebbe essere fissato in 13 anni.

Tale bozza di decreto non contiene alcun incentivo sull’accuratezza della misura (durata maggiore per classi metrologiche più elevate) e sull’affidabilità dei misuratori (possibilità di estensione della durata a seguito di controlli statistici campionari), che pure era stato chiesto da Federutility di introdurre, seguendo l’esempio della normativa francese. L’incentivo all’accuratezza della misura sarebbe pertanto lasciato all’opportunità dei gestori e/o agli enti regolatori.

La proposta di seguire la norma francese – avanzata da Federutility – aveva tre obiettivi (che l’attuale bozza non perseguirebbe), ossia: (1) incentivare i gestori all’accuratezza della misura (controllo perdite apparenti), (2) evitare il deperimento dell’affidabilità dei contatori presenti sul mercato (già a rischio in Europa, come evidenziato anche in una recente autorevole pubblicazione, per una serie di ragioni in gran parte dovute alla inefficacia dei controlli metrologici e della supervisione della produzione); (3) contenere l’impatto sulla tariffa, mantenendo nello stesso tempo un grado di accuratezza metrologica adeguato e controllato.

Sul termine “verificazione periodica” va specificato che l’onere di tale attività è comparabile, se non superiore, a quello di sostituzione del contatore. Ne consegue che imporre una durata massima della verificazione periodica equivale ad imporre un termine di sostituzione e quindi una vita utile massima.

La durata di ammortamento di un contatore (15 o 20 anni) fissata in un termine temporale superiore alla vita utile massima imposta dalla norma nazionale (10 o 13 anni) sarebbe evidentemente inaccettabile nel sistema tariffario, a meno di un riconoscimento anticipato degli ammortamenti residui alla scadenza normativa.

In aggiunta a questo, va considerato che i dati della letteratura internazionale sono consolidati nel ritenere che i contatori meccanici – a turbina o volumetrici – (questo non dovrebbe verificarsi per i contatori statici di ultima generazione, ma non si hanno dati sufficienti per suffragarlo) tendono a sotto-conteggiare i consumi nel tempo, già mediamente a partire dai 5 anni, a causa dei fenomeni di usura (si veda per tutti “Integrated Water Meter Management”, IWA Publishing 2006, pag. 139-140 Fig. 6.3).

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Il sottoconteggio dei consumi nel tempo dipende da numerosi fattori (su cui con modesto successo sono stati tentati modelli matematici), tra cui: tipologia del contatore e materiali, volume registrato nel tempo, qualità dell’acqua, accuratezza dell’installazione, ecc.

Indipendentemente dai vincoli normativi, adottare un tempo di ammortamento di 20 anni per i contatori meccanici spingerebbe i gestori a sostituirli non prima di tale periodo e ciò potrebbe risultare in contrasto con gli ambiziosi obiettivi dell’Autorità relativamente alla riduzione delle perdite (quelle amministrative in tal caso), minacciando inoltre l’equità della misura tra gli utenti.

In generale, come evidenziato in risposta al quesito 34 il tema delle perdite amministrative associate al sottoconteggio dei consumi dei contatori, che risulta normalmente crescente con il passar del tempo, andrebbe affrontato in un approccio di individuazione del livello economico delle perdite.

Q54. Si condivide l'ipotesi di calcolare la quota di ammortamento con riferimento al valore del cespite al lordo di eventuali contributi? Motivare la propria risposta

In linea generale si condivide l'ipotesi di calcolare la quota di ammortamento con riferimento al valore del cespite al lordo di eventuali contributi. Tale proposta garantirebbe un flusso per il ripristino del parco infrastrutturale. Tuttavia al fine di utilizzare a pieno tale possibilità è necessario ricostruire la consistenza delle infrastrutture gestite. In considerazione dei tempi ristretti, come prima applicazione, il valore del patrimonio infrastrutturale gestito potrebbe essere determinato in via parametrica nel caso in cui non siano reperibili gli atti a supporto.

Qualche perplessità si ha nell’applicare anche al periodo transitorio le nuove aliquote di ammortamento. Va evidenziato che l’applicazione delle nuove aliquote riguarderebbe nella maggioranza dei casi interventi avviati e ultimati prima del 21/07/2011 e pertanto prima dell’entrata in vigore del DPR n.116/11.

Dovendo le AATO procedere alla necessaria revisione tariffaria per il periodo pregresso, i gestori dovrebbero procedere a certificare i propri bilanci regolatori in ragione delle vecchie regole per poi ricalcolare le nuove quote di ammortamento alla luce anche di considerare i cespiti a lordo dei contributi.

Q56. Quali indicatori di coerenza potrebbero essere utilizzati per validare i dati inviati? L'Autorità ritiene che questa analisi di validazione possa essere svolta dalle AATO. Si concorda con questa ipotesi? Motivare le propria posizioni.

La validazione dei dati sarà tanto più semplice quanto più il bilancio regolatorio avrà come fondamento le scritture contabili alla base della redazione del bilancio civilistico.

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Q57. Per quale tipologia di consumi, si ritiene che il valore del volume prelevato dal servizio di acquedotto non rappresenti un indicatore accettabile per i sevizi di fognatura e/o depurazione? Quali soluzioni si potrebbero adottare in questi casi?

Vanno attentamente considerati i servizi idrici che hanno un differente impatto sulla fognatura/depurazione:

- fonti idriche alternative: utenti con scarico nella rete fognante del gestore ma che non hanno un approvvigionamento diretto di acqua dal gestore;

- attività industriali con utilizzo della risorsa nel ciclo produttivo/raffreddamento; - subdistribuzioni: sarebbe opportuno valutare le modalità di misura degli scarichi.

Alcune soluzioni possibili sono:

- misuratori allo scarico o metodologie per la differenziazione percentuale delle aliquote pluviali e/o dei processi di trasformazione dell’acqua prelevata;

- individuazione di algoritmi funzionali alla definizione dei volumi di scarico in relazione alla tipologia di servizio/attività.

Q58. Si condivide l'opportunità di mantenere esplicitata in bolletta la distinzione tra servizi di acquedotto, fognatura e depurazione?

Si condivide in quanto si tratta di servizi aventi diverso impianto tariffario ed anche in considerazione del fatto che non tutti i clienti usufruiscono di tutti i servizi.

Q59. Si condivide l'opportunità di mantenere la distinzione tra quote fisse e quote variabili da applicare alla clientela finale? E quale peso dovrebbe essere loro assegnato? Motivare le proprie risposte.

Come indicato in precedenza (vedi Q29) sarebbe opportuno per la tariffa lato utente prevedere una quota variabile preponderante rispetto alla quota fissa per incentivare il risparmio della risorsa mentre dal lato gestore prevedere una quota fissa preponderante che consenta la copertura dei costi fissi sostenuti dall’impresa.

Q60. Si condivide l'ipotesi di inserire una struttura tariffaria a scaglioni per tutte le tariffe di acquedotto, ivi comprese quelle industriali e agro zootecniche, ed escluse le interconnessioni tra le reti? Motivare le proprie risposte.

Si condivide in quanto tale sistema, quando basato su scaglioni tariffari crescenti, consente di strutturare l’impianto tariffario per incentivare i comportamenti virtuosi della clientela: attenzione agli sprechi, uso consapevole della risorsa, ecc.

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E’ opportuno tuttavia evidenziare anche che le strutture tariffarie a scaglioni crescenti, nel caso del domestico residenziale, possono generare iniquità tariffarie, difficilmente gestibili a livello di singola famiglia in caso di utenze condominiali, ampiamente diffuse sul territorio nazionale.

Pertanto, l’articolazione tariffaria a blocchi crescenti dovrebbe essere elaborata equilibrando da un lato l’obiettivo di conservazione della risorsa e disincentivo allo spreco e, dall’altro, quello di minimizzazione delle possibili iniquità che esso genera, in particolare nelle realtà territoriali dove queste ultime sono difficilmente gestibili per la diffusione di utenze condominiali.

Q61. Quali tipologie di clientela si ritiene utile distinguere?

Si ritiene opportuno mantenere quelle attualmente previste segnalando, tuttavia, la possibilità di individuare anche la tipologia di domestico non residenziale.

Q63. Quale soluzione si ritiene sia più funzionale al perseguimento dell'obiettivo di agevolare le fasce socialmente disagiate? Quali fasce di clienti si ritiene debbano essere salvaguardati? Motivare le proprie risposte.

Si condivide la seconda ipotesi che prevede l’applicazione di una tariffa agevolata limitatamente ai soggetti economicamente svantaggiati con la definizione di una componente tariffaria negativa che riduca la spesa complessiva sostenuta, così come già attualmente avviene per l’energia elettrica ed il gas.

Tale soluzione, a differenza del consumo minimo vitale, consente di indirizzare l’incentivo solo alle famiglie bisognose ripartendo sul resto degli utenti tale onere.

Si fa presente che l’AATO Puglia (oggi Autorità Idrica Pugliese - AIP) ha già adottato un Regolamento per la concessione di agevolazioni tariffarie alle utenze deboli del SII impostato proprio in coerenza con la seconda ipotesi prospettata dall’AEEG.

E’ intenzione della Regione Puglia e dell’AIP rendere operativo il Regolamento a partire dal 2013 così come previsto nel Protocollo d’Intesa tra Regione, AIP, AQP e Anci Puglia.

Q64. Nello specifico, l'adozione di provvedimenti che contemplino il concetto di "minimo vitale" anche in una prospettiva, più generale, di escludere tali livelli di consumo dalla copertura di alcuni costi, è condivisibile? Quale potrebbe essere il livello di consumo vitale riconosciuto?

Per quanto riguarda il “minimo vitale” si può far riferimento allo standard previsto dalla OMS. In alternativa, un rimborso forfettario per nucleo familiare potrebbe semplificare la gestione in particolare nelle utenze condominiali.

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Q65. Si ritiene che la possibilità di prevedere bonus per utenze disagiate sulla base del livello ISEE e della numerosità familiare, come quello già operativo per le forniture elettriche, possa più efficacemente rispondere alle finalità di salvaguardare le utenze economicamente disagiate? In questo caso, prevedere condizioni di ammissioni uniforme a livello nazionale, o al massimo regionale, appare una limitazione eccessiva? Motivare le proprie risposte.

Al modello ISEE si potrebbe aggiungere un fattore di ponderazione legato al costo della vita reale relativo a ciascun territorio.

Q66. Ove la nuova metodologia tariffaria comportasse una discontinuità nei valori delle tariffe applicate all'utente finale, si ritiene utile prevedere un meccanismo di gradualità per adeguare il valore delle tariffe a quello corrispondente alla nuova metodologia? Dopo quale soglia di discontinuità dovrebbe scattare tale meccanismo. Una durata del transitorio pari a quella del periodo regolatorio appare sufficiente? Motivare le proprie risposte.

Come già detto in precedenza (vedi Q12), si ritiene necessario almeno un periodo regolatorio (4 anni) che consenta a ciascun ambito territoriale ottimale di convergere gradualmente verso il modello unitario.

Q67 Il servizio di misura rappresenta un elemento di criticità? Quali risultano essere eventualmente gli aspetti più critici? Motivare le proprie risposte.

La misura dei dati gestionali (portate e pressioni) nelle reti di distribuzione finalizzata alla gestione efficiente delle stesse ed alla riduzione e controllo delle perdite è scarsamente diffusa in Italia anche in conseguenza di un orientamento della pianificazione degli investimenti finalizzato al potenziamento degli impianti di produzione piuttosto che al contenimento delle perdite (che richiede molteplici investimenti diffusi ed un potenziamento organizzativo certamente più complessi da implementare rispetto alla costruzione di nuovi impianti di produzione di acqua potabile).

Per quanto riguarda i contatori d’utenza non vi è ancora in Italia una norma che stabilisca la durata delle verifica periodica delle apparecchiature, con il risultato, anche dovuto alla trascuratezza dei gestori verso la misura, che buona parte del parco contatori italiano risulta costituito da apparecchiature vecchie o obsolete, spesso non conformi neanche al DPR n. 854/82.

Sui contatori di utenza, si segnala inoltre, la difficoltà di rilevazione sugli stabili inaccessibili. Il posizionamento delle apparecchiature di misura in siti non accessibili o di difficile accesso limita la possibilità di rilevare con continuità il consumo, impattando sugli standard di servizio contrattualmente pattuiti.

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Q68 Quali strumenti, oltre a quelli sopra riportati o in alternativa ai medesimi, potrebbero essere adottati per favorire una maggiore efficienza del servizio?

- la telelettura dei contatori d’utenza, che comporterebbe notevoli benefici non solo nel servizio di fatturazione ma anche significativamente nel controllo delle perdite di rete (e più in generale nell’efficientamento gestionale): va attentamente valutata in ottica di sostenibilità tariffaria, rispetto alla quale sarebbe auspicabile che l’Autorità, nella sua qualità di regolatore “unico” dei servizi a rete, si facesse promotrice attiva delle sinergie sfruttabili con i servizi di energia e gas;

- perfezionamento degli algoritmi di calcolo dei consumi presunti al fine di rendere le fatture di acconto le più attendibili possibile;

- autolettura da parte del cliente: permette al cliente attraverso vari canali (internet, sms, e-mail, contact center) di fornire in qualsiasi momento ed in autonomia la lettura del contatore;

- spostamento dei contatori inaccessibili all’esterno della proprietà in installazioni accessibili: attualmente non vi sono regole chiare su chi debba sostenere gli oneri di tali interventi;

- sistema di controllo della qualità dei reflui, in particolare per utenze industriali ed in generale per utenze con significativi carichi inquinanti scaricati in fognatura. Questo sistema da regolamentare apporta notevoli benefici nella gestione degli scarichi da parte dei sistemi di depurazione. Inoltre permette di aderire in maniera adeguata alla indicazione di addebitare i maggiori costi a chi inquina.

Si vedano anche le risposte ai quesiti Q34 e Q52

Q69. Si ritiene che un servizio di misura svolto da un soggetto terzo rispetto ai gestori, possa essere una soluzione efficace? La proposta dell’Autorità di avere un servizio di misura svolto da un soggetto terzo rispetto al gestore appare inefficace e non appropriata per le motivazioni che seguono.

Nei § 6.87-6.92 l’Autorità si riferisce alla misura delle quantità rimandando ad una successiva occasione il tema della misura della qualità. Pertanto, di seguito ci si riferisce alle misure di quantità, con particolare riferimento ai volumi.

Le misure della quantità si possono dividere in due macro-categorie: le misure ai contatori d’utenza (misure “commerciali”) a cui sono direttamente associati i ricavi del gestore e le misure “gestionali”, che vengono utilizzate per la conduzione delle reti e degli impianti.

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Si ritiene che la rilevazione dei contatori d’utenza non possa che essere lasciata ai gestori poiché contestualmente al rilievo dalla misura vengono eseguite un serie di attività – tra cui verifica stato manutentivo dell’impianto di allacciamento, presenza di eventuali perdite fisiche, verifica del possibile guasto dei contatori senza consumo, integrità sigilli del contatore, verifica eventuali manomissioni, allacci abusivi, by-pass, ecc. – che riguardano direttamente l’efficienza gestionale, incluso il controllo delle perdite fisiche ed amministrative, efficienza che non può essere affidata ad un soggetto terzo che non ne avrebbe responsabilità.

Vi è, inoltre, nella misura dei contatori d’utenza un tema rilevante che investe la qualità dell’acqua potabile immessa in rete dai gestori la quale può essere minacciata dai ri-flussi idrici in rete provenienti dagli impianti interni dell’utente in caso di mal-funzionamento del rubinetto unidirezionale post-contatore, apparecchiatura che è oggetto di controllo di funzionalità nell’ambito delle attività di rilievo delle misure dei volumi registrati dai contatori. Il modello prefigurato dall’Autorità impedirebbe peraltro al gestore di effettuare misure contestuali di quantità (ai contatori) e qualità dell’acqua ai rubinetti di campionamento posti in prossimità del contatori, con evidente scadimento dell’efficienza gestionale.

In aggiunta a ciò, il rilievo delle misure dei contatori consente al gestore di “presidiare” il territorio servito, aggiornando la propria banca dati utenze ed anagrafica, oltre a gestire anomalie quali contatori in proprietà privata inaccessibile. Infine, il modello pre-figurato dall’Autorità sarebbe incompatibile con il sistema di “billing on field” che si sta evolvendo ed affermando.

Come già evidenziato in riposta al quesito 68, l’Autorità, in qualità di regolatore nazionale dei servizi a rete, potrebbe avere un ruolo di promotore di progetti di telelettura/smart metering che sfruttino le potenziali sinergie con i servizi di erogazione del gas e dell’energia, compatibilmente con i vincoli di sostenibilità tariffaria.

Per quanto riguarda i misuratori gestionali, questi sono in molti casi utilizzati per obiettivi di efficientamento dei servizi di conduzione delle reti e degli impianti. Per le stesse motivazioni di cui sopra, la rilevazione di tali misuratori non può essere affidata ad un soggetto terzo, che non sarebbe responsabile dell’efficienza gestionale.

Per quanto argomentato, si ritiene che il ruolo dell’Autorità, o eventualmente delle AATO o di altro soggetto terzo, debba limitarsi al controllo della rispondenza dei misuratori alle norme di riferimento e dei livelli di servizio sulla frequenza delle misure.

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Q71. Si condivide la lista di informazioni minime individuata dall'Autorità? E' possibile individuarne altre? Se si, quali?

Di seguito ulteriori informazioni che si potrebbero inserire in bolletta: - qualità dell’acqua per abitato - informazioni sui canali di comunicazione - informazioni sulle modalità per effettuare l’autolettura - box informativi per comunicare le iniziative del gestore

Q72. Si ritiene che la presenza, anche nelle bollette del servizio idrico, di un quadro sintetico

e di un quadro di dettaglio possa agevolarne la lettura?

Si ritiene utile che la fattura sia strutturata con una prima pagina “fattura” con valenza fiscale (con evidenza degli elementi essenziali della fornitura e la sintesi dei consumi e degli addebiti) e successive pagine di dettaglio che permettano di rendere leggibili periodi, tariffe e consumi.

Si suggerisce anche la possibilità di una fattura unica riepilogativa per i grandi clienti multicontratto.

Q73. Con quali modalità è possibile evidenziare con maggiore efficacia l'andamento dei consumi?

Si ritiene utile un quadro sinottico ed un istogramma dell’andamento consumi.

Q74. Si ritiene utile prevedere che il gestore debba mettere a disposizione un glossario dei principali termini che riguardano il servizio?

Sì, da riportare sul sito internet del gestore.

Q77. Con riferimento alla determinazione della tariffa transitoria l'Autorità ritiene preferibile l'ipotesi di determinare il valore dei corrispettivi futuri scontando il valore degli importi da conguagliare. Si concorda con tale preferenza? Motivare opinioni differenti.

La proposta risulta condivisibile in quanto rappresenta la soluzione più immediata e facilmente percorribile.

Q78. Si concorda sull'opportunità che la metodologia transitoria mantenga una differenziazione in ragione delle diverse metodologie/criteri tariffari precedentemente in vigore?

La proposta risulta condivisibile anche se sarebbe opportuno dettagliare meglio l’ipotesi relativa al metodo transitorio per le gestioni ex CIPE.

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Q79. Quali altre voci di bilancio si ritiene, debbano essere prese in considerazione per valutare i costi su cui commisurare le tariffe?

Come è noto il MTN non riconosceva tra i costi la svalutazione dei crediti. Peraltro, nei criteri di revisione della tariffa il MTN riconosceva al gestore il differenziale tra “l’incasso” e quello derivante dalla applicazione della “tariffa media”.

Inoltre, remunerando il capitale circolante si coprono solo i costi finanziari connessi al capitale che è immobilizzato in azienda, e serve al suo normale funzionamento, ma non le perdite che si realizzano in caso di irrecuperabilità del credito (fallimenti, irrintracciabilità del debitore, cessazione dell’attività di una società, ecc.). Nel settore idrico, a differenza di quello elettrico, la morosità ha un’alta incidenza in quanto il distacco della fornitura necessita di tempi più lunghi e di un intervento in campo, spesso osteggiato fisicamente dal debitore. Inoltre, vista anche la forte componente ideologica che caratterizza il settore, spesso i sindaci intervengono con proprie ordinanze per impedire la sospensione della fornitura per paventati motivi igienico sanitari. Altro elemento che differenzia il settore idrico ed aumenta l’entità della morosità è la presenza, purtroppo ancora diffusa, di un unico misuratore per più utenze, a volte addirittura più edifici.

In base alle nostre valutazioni il tasso medio di morosità dovrebbe essere pari ad una percentuale del fatturato. Tale percentuale dovrebbe tenere in considerazione il fatturato insoluto dopo 36 mesi, la media degli ultimi tre anni degli utilizzi del fondo svalutazione crediti e la media delle perdite su crediti iscritte nella voce B.14, Oneri diversi di gestione. Il fatturato con un’anzianità superiore a 36 mesi rappresenta un credito che difficilmente potrà essere riscosso; gli utilizzi del fondo svalutazione crediti e le perdite su crediti, iscritte nella voce B.14 quando il fondo non risulta capiente, rappresentano le perdite realmente subite dal gestore. Si consiglia un arco temporale di 3 anni per neutralizzare l’effetto della diversa competenza che gli utilizzi del fondo svalutazione crediti potrebbero avere rispetto al fatturato. In sostanza, in questa maniera si cerca di prendere in considerazione un periodo di tempo sufficientemente lungo per poter ragionevolmente ritenere che sia i crediti portati a perdita sia il fatturato siano di competenza del periodo in esame. (vedi anche Q88).

Il valore così calcolato andrebbe aggiunto alla struttura dei costi prevista dal MTN.

Q82 Quali sono le variabili rispetto alle quali i gestori sono ingiustificatamente responsabilizzati o, viceversa, quelle per cui i gestori non sono responsabilizzati mentre dovrebbero esserlo? Motivare le proprie risposte.

I costi “passanti” (vedi Q14) certamente rappresentano costi per i quali il gestore è esposto significativamente pur essendo esogeni alle proprie scelte gestionali.

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Q83. Si ritiene che, tra i costi da considerare ai fini della metodologia tariffaria transitoria, debbano essere valutati anche i minori/maggiori ricavi conseguiti con le tariffe previgenti? L'Autorità ritiene che tale recupero debba essere limitato temporalmente. Si ritiene sia corretto che il recupero sia limitato alle partite riferite all'esercizio 2011? Motivare eventuali pareri difformi.

Come argomentato di seguito (vedi Q88), sarebbe opportuno chiarire anche come andrebbero gestiti i conguagli relativi al 2012.

Q86. Con riferimento ai costi operativi, quali sono gli indicatori specifici che potrebbero testimoniare il livello di gestione più o meno efficiente dell'impresa?

Ogni indicatore andrebbe personalizzato alle specificità di ogni ambito. L’utilizzo di benchmark nazionali potrebbe essere fuorviante in quanto potrebbe non tener conto delle peculiarità territoriali (ad esempio si pensi all’orografia del territorio o all’incremento dei costi di depurazione in caso di assenza di corpi idrici significativi) o gestionali (ad esempio si pensi a gestori che gestiscono anche la grande adduzione oltre alle reti cittadine).

Q88. Quali ulteriori considerazioni si intende evidenziare rispetto alla proposta di metodologia-ponte sopra esposta? Motivare le proprie considerazioni.

In base a quanto sostenuto dall’AEEG fino al 20/07/2011 valgono le regole previgenti. Pertanto le AATO, per gli affidamenti effettuati fino a quella data dovranno, necessariamente, procedere alla revisione tariffaria e determinare gli eventuali conguagli (+/-) al gestore in base alle vecchie regole.

Per il periodo dal 21/07/2011 al 31/12/2013 l’AEEG intende adottare un metodo transitorio basato sull’ultimo bilancio disponibile.

Tale intendimento dell’Autorità presenta due criticità in relazione al periodo dal 21/07/2011 al 31/12/2012: la prima riguarda le problematiche legali connesse all’efficacia retroattiva di provvedimenti presi nel corso del 2012 (o successivamente); la seconda riguarda le difficoltà materiali nella realizzazione di un bilancio infrannuale non coincidente neanche con la fine di un mese (dal 21/07/2011 al 31/12/2011). Tale scelta appesantirebbe l’operatività dei gestori e determinerebbe la necessità di fare una serie di assunzioni, stime e semplificazioni anche utilizzando drivers. Qualora l’Autorità confermi l’intenzione di perseguire questa strada è auspicabile che vengano fornite delle linee guida chiare per evitare scelte discrezionali.

Una possibile alternativa che semplificherebbe l’operato dell’AEEG, delle AATO e dei Gestori sarebbe di applicare all’intera annualità 2011 o il MTN o il nuovo metodo tariffario transitorio.

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Fatte queste premesse e fermo restando quanto al successivo Q91, sussiste una forte incertezza in merito alle modalità di revisione della tariffa nel periodo transitorio.

L’orientamento espresso dall’Autorità è di apportare delle sostanziali modifiche al MTN sia per quanto attiene alla definizione dei costi operativi sia per quanta attiene i costi delle immobilizzazioni introducendo specifici criteri di revisione. Tale orientamento potrebbe scontrarsi con la necessità di dover chiudere, in tempi stretti, entro la fine del 2012 la procedura di revisione. Infatti, si deve tener conto che, inevitabilmente, in questa fase transitoria la revisione della tariffa richiederà il coinvolgimento delle AATO dovendo queste ultime procedere ad una revisione straordinaria dei vigenti Piani d’Ambito, attività complessa che richiede tempi tecnico-amministrativi non facilmente comprimibili. Pertanto, sarebbe opportuno definire una procedura che permetta di operare con la massima rapidità salvaguardando i principi di ragionevolezza e di tutela dei contratti in essere.

A tal riguardo è opportuno precisare che oggetto del referendum è stato unicamente l’abrogazione della remunerazione del capitale investito. In altre parole in merito alle modalità di determinazione dei costi operativi e degli ammortamenti non vi è una preclusione a considerare validi ed accettabili quelle definiti dai piani d’ambito vigenti.

E’ del tutto evidente che al fine della “totale copertura dei costi” necessità determinare gli oneri finanziari in grado di assicurare l’equilibrio della gestione.

Brevemente, il MTN ricomprendeva nella remunerazione del capitale investito e quindi poneva a carico del gestore i seguenti rischi/oneri:

- Oneri finanziari relativi al finanziamento del circolante; - Maggiori costi operativi legati al differenziale tra inflazione reale e inflazione

programmata; - Variazione di costi su i quali il gestore non è in grado di incidere significativamente

(acquisto dell’acqua all’ingrosso, energia, canoni demaniali, canoni consorzi di bonifica per immissione scarichi, adeguamenti contrattuali del personale);

- Morosità e rischi di gestione; - Oneri fiscali compreso l’IRAP; - Rischio finanziario in considerazione che il tasso di remunerazione era fisso e non

correlato all’andamento del mercato finanziario; - Rischio inquinamento fonti di approvvigionamento e dei corpi ricettori/siccità/eventi

calamitosi in generale, danni ecc.

D’altro canto va evidenziato che il MTN riconosceva al gestore, nell’ambito del periodo regolatorio, il maggiore efficientamento conseguito rispetto alle previsioni di piano, e in alcune realtà le convenzioni prevedono il riconoscimento in tutto o in parte di tale efficientamento anche a cavallo di più periodi.

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Tale possibilità ha spinto i gestori ad avviare processi di efficientamento in grado di migliorare le previsioni di piano al fine di acquisire quel margine necessario a ridurre/compensare i rischi/oneri sopra evidenziati. Per cui appare troppo semplicistico e riduttivo prevedere, nella tariffa transitoria, di considerare il minor costo tra quello di piano e quello del gestore come risulta dal bilancio di regolazione.

Parimenti appare eccessivamente penalizzante l’eventuale recupero dei margini infragruppo, soprattutto quando l’acquisizione/costituzione di società si inquadrano in quei percorsi di efficientamento della gestione sopradetti (internalizzazione delle attività affidate a terzi). In altre parole, azzerare il maggior efficientamento dei gestori rispetto alla previsioni dei costi operativi di piano non fa altro che penalizzare gli operatori che si sono dimostrati più virtuosi, soprattutto in quelle realtà in cui la gestione del SII è stata da tempo regolamentata in base al MTN e dove ha già scontato più di un periodo regolatorio.

Una decisione in tal senso bloccherebbe di fatto qualsiasi processo di efficientamento. E’ invece opportuno che l’Autorità confermi che il maggiore efficientamento conseguito dal gestore rispetto alle previsioni di piano resti al gestore nel periodo regolatorio e attraverso meccanismi di profit sharing venga ripartito tra gli utenti e il gestore nel passaggio tra un periodo e l’altro.

In base alle suddette considerazioni la regolazione del periodo transitorio 21/07/2011 – 31/12/2013 (ovvero dalla data del 01/01/2013 ove il nuovo metodo non possa avere efficacia retroattiva) potrebbe svilupparsi in base ai seguenti due scenari.

Il primo scenario può basarsi su una metodologia che, fatte salve le valutazioni nei Piani d’Ambito approvati a riguardo dei costi operativi, preveda la rideterminazione dei soli oneri finanziari. Gli ammortamenti continuano a essere determinati in base alle vite utili previste dai singoli piani d’ambito salvo l’aggiornamento in base al deflatore degli investimenti. Per quanto attiene la determinazione degli oneri finanziari, si ritiene che la metodologia definita dall’Autorità vada opportunamente adattata alle circostanze del periodo transitorio. In particolare, ai fini della determinazione del CIR si potrebbero considerare le sole immobilizzazioni nette non considerando le quote finanziate a fondo perduto. Tale considerazione rinviene dal ritenere che la ricostruzione delle immobilizzazioni realizzate con finanziamenti a fondo perduto richiederà un lavoro attento e laborioso che mal si concilia con i tempi a disposizione (fine 2012). Ciò non toglie che tale ricostruzione potrà essere considerata per i gestori che siano in grado di effettuare, anche parzialmente, tale attività. Alle immobilizzazioni nette, come previsto dall’Autorità, andrebbe applicato il deflatore degli investimenti. Inoltre, appare opportuno l’applicazione di un diverso criterio di determinazione degli oneri relativi al Capitale Circolante, non più determinato in ragione del valore delle immobilizzazione ma del fatturato (vedi Q39).

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Tale scenario, però, lascia in capo al gestore gran parte dei rischi sopra evidenziati, salvo alcune mitigazioni previste dall’Autorità nella formula di determinazione del K (oneri fiscali), che, come tali, inevitabilmente concorrono ad elevare il rischio di settore e dunque il “β“ il cui valore dovrà essere molto probabilmente prossimo all’unità. Lo scenario proposto potrebbe garantire adeguati flussi finanziari in grado di rispondere alle esigenze di copertura integrale dei costi. Questa metodologia, a carattere semplificato, che andrebbe a superare la necessità di dover ricostruire le immobilizzazioni realizzate con fondi perduti (pubblici e privati), risulta più compatibile con i tempi previsti di arrivare entro l’anno in corso alla definizione della tariffa 2013 conguagliando i periodi pregressi compresi quelli che possono derivare dalle revisioni post 21/07/2011.

Il secondo scenario si discosta dal primo solo per la componente di rischio riconosciuta al gestore. In sostanza in questa ipotesi il “β“ è più basso in quanto i costi operativi previsti dai Piani d’Ambito sono opportunamente integrati, come di seguito descritto, al fine di conseguire l’integrale copertura dei costi di gestione.

A tal proposito va ricordato che il MTN considerava tra i costi operativi le seguenti voci di costo del conto economico:

- B6 Costi per materie di consumi e merci (al netto di resi, abbuoni e sconti); - B7 Costi per servizi - B8 Costi per godimento di beni di terzi - B9 Costo del personale - B11 Variazione delle rimanenze di materie prime, sussidiare, di consumo e merci - B12 Accantonamenti per rischi, nella misura massima ammessa dalle leggi e prassi

fiscali - B13 Altri accantonamenti - B14 Oneri di versi di gestione.

In relazione ai costi previsti a piano andrebbe fatta una prima integrazione rettificando la voce B12 che andrebbe considerata per intera al netto degli eventuali utilizzi riportati negli altri ricavi.

Per quanto attiene ai costi non ricompresi tra quelli del MTN vanno evidenziati quelli relativi alla voce B10d “Svalutazione dei crediti compresi nell’attivo circolante e delle disponibilità liquide”.

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L’ipotesi di riconoscere integralmente tale voce potrebbe spingere i gestori a non perseguire il recupero del credito da parte degli utenti morosi. Una soluzione potrebbe essere quella di riconoscere al gestore un livello di morosità forfettaria in ragione di una percentuale del fatturato. Tale percentuale dovrebbe tenere in considerazione il fatturato insoluto dopo 36 mesi, la media degli ultimi tre anni degli utilizzi del fondo svalutazione crediti e la media delle perdite su crediti iscritte nella voce B.14, Oneri diversi di gestione. Il fatturato con un’anzianità superiore a 36 mesi rappresenta un credito che difficilmente potrà essere riscosso; gli utilizzi del fondo svalutazione crediti e le perdite su crediti, iscritte nella voce B.14 quando il fondo non risulta capiente, rappresentano le perdite realmente subite dal gestore. Si consiglia un arco temporale di 3 anni per neutralizzare l’effetto della diversa competenza che gli utilizzi del fondo svalutazione crediti potrebbero avere rispetto al fatturato. In sostanza, in questa maniera si cerca di prendere in considerazione un periodo di tempo sufficientemente lungo per poter ragionevolmente ritenere che sia i crediti portati a perdita sia il fatturato siano di competenza del periodo in esame.(vedi anche Q79).

Pertanto, in aggiunta alla struttura dei costi prevista dal MTN è necessario considerare, nel nuovo modello, i costi relativi al recupero della morosità, calcolata secondo la metodologia appena illustrata.

Un ulteriore elemento di costo da prendere in considerazione è quello relativo all’IRAP. Tale imposta venne introdotta nel 1997 successivamente all’emanazione del MTN. La sua particolare natura è tale che di fatto un gestore è soggetto all’IRAP anche in presenza di una situazione deficitaria. Essa, pertanto, va considerata come componente dei costi e non come una componente della marginalità lorda del gestore.

Al fine di consentire alle aziende di utilizzare a pieno la leva fiscale e perseguire gli obiettivi del Governo, in materia di politiche del lavoro, la componente IRAP dovrebbe essere considerata al lordo dei benefici fiscali a riguardo. Al contempo andrebbe considerata l’indeducibilità degli interessi passivi oltre il 30% del Reddito Operativo Lordo (ROL) che dal 2012 si applica anche alle imprese del settore idrico.

Q89. Quale altra metodologia può essere proposta per le gestioni ex CIPE? Motivare le proprie risposte.

Considerato il ritardo cumulato nell’adeguamento periodico delle tariffe CIPE (ultimo

provvedimento del 117 del 18 dicembre 2008), si ritiene opportuno che venga proposta una metodologia transitoria simile, se non identica, a quella degli ultimi provvedimenti CIPE. Tale metodologia prevedeva il recupero dell’inflazione, a meno di un fattore che rappresenta il recupero della produttività nel periodo per i costi operativi e di una premialità in % per i costi di investimento in funzione del rapporto investimenti realizzati/programmati o del rapporto valore degli investimenti/valore della produzione.

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Q91 Si ritiene condivisibile l’orientamento dell’Autorità esposto nel precedente paragrafo in ordine agli effetti della nuova tariffa sulle convenzioni in essere e sugli investimenti già avviati o effettuati? Motivare le propria risposta

Pur condividendo la necessità di una revisione straordinaria del Piano d’Ambito e delle convenzioni in essere a seguito dell’approvazione delle nuova metodologia tariffaria, si ritiene necessario prevedere dei meccanismi perequativi che ristorino il gestore nel caso di eventuali condizioni peggiorative rispetto al contratto in essere.