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Provincia di Torino – Sezione Sport COREP – Consorzio per la Ricerca e l’Educazione Permanente Gli aspetti giuridici, contabili e tributari nello sport Torino, 14 gennaio 2003 SUISM – Piazza Bernini, 12

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Provincia di Torino – Sezione Sport

COREP – Consorzio per la Ricerca e l’Educazione Permanente

Gli aspetti giuridici, contabili e tributari nello sport

Torino, 14 gennaio 2003 SUISM – Piazza Bernini, 12

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1. La normativa di riferimento ed i vari aspetti e profili civilistici Per Società o Associazione Sportiva si intende un nucleo che organizzi e promuova attività sportive – dotato di un proprio statuto autonomo che preveda l’assenza del fine di lucro e sia ispirato a principi di democrazia interna e di pari opportunità – nel quale attività diverse e/o commerciali abbiano esclusivamente carattere strumentale. Le associazioni sportive sono organizzazioni di persone costituite con lo scopo di svolgere attività di carattere sportivo, dirette ai soggetti appartenenti alla collettività. Rientrano in questo ambito tutte le iniziative collegate alle diverse discipline sportive, rivolte a diverse fasce di età, a livello amatoriale e/o agonistico. Tale tipo di associazione assume la figura giuridica di associazione non riconosciuta definita come organizzazione stabile di persone per il perseguimento di uno scopo non lucrativo, priva del riconoscimento di personalità giuridica, non soggetta quindi alla tutela, patrocinio e controllo dello Stato e la cui vita interna è regolata esclusivamente dalla volontà degli associati. L’ordinamento giuridico riconosce, tutela e disciplina questa forma organizzativa sia nella Costituzione sia nel Codice Civile. La Costituzione italiana riconosce e tutela l’associazionismo attraverso gli articoli 2, 9 e 18. In particolare l’art. 2 riconosce che l’individuo forma la propria personalità, oltre che nella famiglia, anche nelle forme sociali. L’art. 9 riconosce il diritto alla cultura e alla formazione personale dell’individuo. L’art. 18 riconosce il diritto di associarsi. L’ordinamento giuridico disciplina il diritto di associarsi attraverso gli artt. 36, 37 e 38 del Codice Civile. L’art. 36 dispone che l’ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolati dagli accordi degli associati. Dette associazioni possono stare in giudizio nella persona di coloro ai quali è stata conferita la presidenza o la direzione, secondo gli accordi statutari. L’art.37 stabilisce che i contributi degli associati ed i beni acquisitati con questi costituiscono il fondo comune dell’associazione. I singoli associati non possono chiedere la divisione del fondo finche dura l’associazione, ne pretenderne la quota in caso di recesso. L’art. 38 precisa che per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione, i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidamente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione. L’associazione non riconosciuta, quindi, costituisce un soggetto distinto dagli associati, pur non essendo dotata di personalità giuridica, ha un proprio patrimonio (fondo comune), ha una sua autonomia negoziale, ha capacità processuale distinta dalle persone degli associati; però gli atti compiuti dagli amministratori sono imputabili all’associazione in base al rapporto di rappresentanza organica. L’associazione, infatti, esprime la propria volontà attraverso i suoi organi (assemblea, consiglio direttivo, presidente). La volontà di questa è portata di fronte a terzi dagli organi che agiscono come rappresentanti in nome e per conto, ed il Presidente ne costituisce il rappresentante legale. E’ opportuno segnalare come, nonostante l’ampia autonomia lasciata alle associazioni non riconosciute dall’art. 36 del Codice Civile, si è ormai affermato il principio della rilevanza per lo Stato di tutte le associazioni. Ciò significa che anche per le nostre associazioni si applicano le norme previste per quelle riconosciute, nella specie artt. 20, 21 Codice Civile, e pertanto gli accordi degli associati possono derogare solo a quelle norme che non abbiano carattere imperativo. Un esempio illuminante è stato pronunciato dalla Corte dei Cassazione nel 1985 con una sentenza, che chiarisce come uno degli elementi essenziali, dai quali una associazione non può prescindere, è quello dell’assemblea come organo deliberante formato da tutti gli associati.

Il circolo nell’ambito della disciplina della costituzione e del Codice Civile Un gruppo di cittadini si unisce in un "comitato promotore" ed esprime la volontà di costituire una associazione con programma e finalità comuni.

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Convoca un’assemblea dove è decisa la costituzione della società o associazione sportiva, ne precisa gli scopi che saranno poi precisati nello statuto, approva l’atto costitutivo e procede all’elezione delle cariche sociali. Questo è certamente il modo più comune per costituire un circolo. Altro modo può essere anche quello di un costituirsi progressivo mediante adesioni; i promotori, stabilito lo scopo dell’associazione, ottengono successive adesioni nel tempo.

Le responsabilità dei dirigenti 1. Responsabilità di fronte agli associati I membri del direttivo sono liberi di attuare le scelte che più ritengono opportune (a meno che lo statuto non disponga diversamente). Ciò non toglie che in taluni casi siano ravvisabili delle responsabilità in carico a dirigenti e consiglieri; responsabilità che trovano fondamento nella legge e nelle norme statutarie. Ciò significa che i membri del consiglio direttivo potranno rispondere (anche patrimonialmente) nei confronti degli associati, qualora abbiano compiuto atti contrari alla legge (appropriazione indebita, truffa o altri reati similari), e in pratica atti eccedenti se non addirittura in violazione dei limiti dei poteri attribuiti loro dallo statuto o non riconducibili alle finalità istituzionali: si fa generalmente l’esempio del presidente di un’associazione sportiva che sostenga economicamente un’iniziativa politica, nonostante la previsione statutaria dell’apoliticità dell’associazione stessa. Viceversa, eventuali scelte inappropriate, inopportune, inutili avranno rilevanza solo se inficiate da manifesta malafede, anche se creano danni in capo all’associazione. Si consiglia in ogni caso di approvare e verbalizzare durante i consigli direttivi le scelte di tipo patrimoniale, o quella che, per modo o altro, potrebbero essere frutto di una decisione "personale" di un singolo dirigente.

1.1 Responsabilità patrimoniale nei confronti dei creditori e dei terzi in genere L’art. 38 del Codice Civile stabilisce che "per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione, i terzi possono far valere i propri diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche, personalmente e solidamente, le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione", in altre parole i terzi possono far valere i loro diritti sia sul fondo comune dell’ente che sul patrimonio del rappresentante che ha sottoscritto in nome e per conto. Ciò significa che: · Degli obblighi patrimoniali del circolo rispondono coloro che li hanno assunti; · Gli associati (che non partecipano alla direzione dell’associazione) sono estranei agli obblighi assunti in nome del circolo dai dirigenti. La conseguenza logica è che nessun socio potrà essere chiamato a rispondere degli adempimenti patrimoniali dell’associazione. E’ chiaro che qualora l’obbligazione sia stata assunta con il consenso del direttivo (es. si approva l’acquisto di un computer), è ipotizzabile, in quanto prevista dal Codice Civile art. 33, una responsabilità solidale dei membri dello stesso. Pertanto il venditore del bene potrà rivalersi sui membri del direttivo in caso di inadempimento del sottoscrittore (presidente) del contratto. 1.2 Responsabilità tributaria Per il Consiglio di Stato, la responsabilità dei dirigenti ex. art. 38 del Codice Civile, deve riguardare solo le obbligazioni collegabili al periodo di attività da loro posto in essere, esclusi i debiti di imposta relativi ai periodi in cui non erano in carica. La responsabilità fiscale è generalmente in capo al presidente in quanto firmatario delle dichiarazioni IVA e dei redditi, nonché legale rappresentante dell’associazione. 1.3 Responsabilità delle manifestazioni sportive La responsabilità per incidenti avvenuti nel corso di una manifestazione sportiva può coinvolgere gli organizzatori.

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L’infortunio comportante la responsabilità del dirigente potrà riguardare sia gli atleti sia gli spettatori. In entrambi i casi, la responsabilità potrà sussistere ogniqualvolta sia ravvisabile una colpa degli organizzatori. La colpa potrà essere determinata da negligenza, imprudenza, imperizia, tenuto conto delle norme esistenti: di pubblica sicurezza, o tratte dai regolamenti sportivi (che ad es. prevedono l’uso dei "tatami" nelle gare di Karate), o in ogni modo dettate dall’esperienza e correlate alla prevedibilità di un evento dannoso (es. incidenti occorsi nel corso di una gara sciistica svoltasi durante una tormenta): Si rammenta che eventuali clausole d’esonero dalla responsabilità, spesso fatte sottoscrivere agli atleti o comunicate agli spettatori non avranno alcun valore, in caso d’incidenti in cui sia ravvisabile una colpa dell’organizzatore. I dirigenti hanno una tutela assicurativa, sulla responsabilità civile, che tuttavia non li esonera certo dall’osservanza di quanto sopra specificato.

1. Atto costitutivo L’atto costitutivo è con lo statuto il documento che rispecchia il pensiero e la volontà degli aderenti al circolo. Si tenga presente che in base al DPR 917/86, ai fini fiscali "l’oggetto esclusivo e principale dell’ente è determinato in base all’atto costitutivo, se esistente in forma pubblica o scrittura privata, e in mancanza dell’attività effettivamente esercitata". Secondo la giurisprudenza , l’esistenza di un’associazione non riconosciuta non è condizionata da alcuna formalità, quindi per la costituzione di un circolo non sarebbe necessario l’atto né pubblico, né scritto. E’ condizione inderogabile redigere l’atto costitutivo e lo statuto su carta bollata da €uro 10,33 in duplice copia e registrarlo presso l’Agenzia delle Entrate - Ufficio Atti Privati (ec Ufficio del Registro) previo versamento dell’imposta di registro di €uro 129,11 a mezzo delega di versamento su F23 o redigerlo con atto notarile, entrambe le forme per accedere alle esenzioni fiscali (DLgs 460/97). L’atto costitutivo deve contenere: lo scopo e l’oggetto sociale, la mancanza di fine di lucro, l’elenco dei cittadini riuniti per la costituzione, la denominazione e la sede sociale del circolo, la data di costituzione ed il primo comitato direttivo eletto. 2. Statuto Lo statuto è l’atto che per accordo tra gli associati regola la vita e il funzionamento interno del circolo. Esso è definito dalla giurisprudenza come patto associativo di natura contrattuale, in buona sostanza un contratto con il quale i soci liberamente e volontariamente si sono dati le regole che consentono di realizzare i fini concordati. Per le stesse considerazioni fatte per l’atto costitutivo è quanto mai opportuno, per garantire chiarezza e rispetto assoluto della vita democratica interna del circolo, redigere in modo attento e completo lo statuto sociale il quale può essere deliberato, secondo l’accordo fra gli associati, a maggioranza semplice o qualificata. Lo statuto deve contenere: a) denominazione del circolo, b) scopi e finalità, c) norma di ammissione e diritti e doveri del socio, d) il patrimonio sociale, e) bilancio (rendiconto economico), f) organi dell’associazione, loro poteri e norma d’elezione, g) procedure per le modifiche dello statuto e per lo scioglimento. 2.1 Denominazione e sede. Il primo elemento che può essere inserito nello statuto è la denominazione. L’indicazione del nome consente di ottenere la tutela dell’ordinamento ai sensi dell’art. 7 del Codice Civile, tanto che, se qualcuno se n’appropria con gli stessi fini o danneggia il nome del circolo, è possibile adire le vie giudiziali allo scopo di tutelarlo. La quasi totalità delle società e associazioni sportive dilettantistiche dovranno adeguare i propri statuti, in quanto il comma 17, articolo 90, legge 289/2002 (Finanziaria per il 2003) prevede l’obbligo di indicare nella denominazione sociale la finalità sportiva e la ragione o la denominazione sociale dilettantistica, assumendo una delle seguenti forme:

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a) associazione sportiva priva di personalità giuridica disciplinata dagli articoli 36 e seguenti del codice civile;

b) associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato ai sensi del regolamento di cui al D.P.R. 361/2000;

c) società sportiva di capitali costituita secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono le finalità di lucro;

2.2 Scopi e finalità. E’ indispensabile definire in maniera dettagliata e specifica i principi e le caratteristiche su cui il circolo basa la propria azione. Tra questi è importante porre l’accento sul non scopo di lucro e se saranno previsti i servizi accessori quali la mescita di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione, la mensa ecc. E’ quindi necessario scrivere con sufficiente chiarezza finalità e scopi al fine di dirimere eventuali contestazioni sull’indirizzo che sta seguendo l’associazione. 2.3 Norma d’ammissione dei soci, loro diritti e doveri. Sono di fondamentale importanza le norme che regolano i rapporti tra il socio ed l’associazione. Una delle principali preoccupazioni, nella stesura di uno statuto, deve essere quella di stabilire, quindi, i requisiti e le norme d’adesione dei soci all’associazione. E’ chiaramente auspicabile, vista la caratteristica delle nostre associazioni che tali norme non siano troppo selettive al fine di garantire la più ampia partecipazione. Altro elemento essenziale è quello costituito dalla definizione di diritti e doveri del socio, del documento, in pratica, che qualifica il frequentatore del circolo come socio. E’ necessario prevedere il diritto di voto per tutti i soci maggiorenni, e la destinazione del residuo del fondo comune a fini d’utilità sociale generale. Le norme statutarie sono di fondamentale importanza per la qualificazione d’ente non commerciale del circolo ai fini fiscali per il godimento delle esenzioni. Il principale diritto e nelle stesso tempo dovere è quello della tessera sociale, del documento che qualifica il frequentatore dell’associazione come socio. L’adozione della tessera nazionale dell’associazione d’appartenenza acquista il valore dell’adesione piena dei singoli associati, e del circolo, alle finalità ideali e programmatiche dell’associazione. Diritti inalienabili per il socio sono, inoltre, quelli di poter avere tutti i vantaggi previsti nello statuto, dall’elettorato attivo e passivo, per i soci maggiorenni, a quello di poter recedere dal sodalizio, e la certezza che l’associazione svolga le attività conformemente agli scopi sociali, e che il fondo comune si amministrato secondo quanto stabilito dai soci. Doveri del socio sono quelli di versare i contributi associativi così come stabiliti dal direttivo, di lealtà nei confronti del sodalizio, di rispettare lo statuto e le deliberazioni previste dal direttivo e non fare atti che contraddicano lo scopo dell’associazione. Il socio può essere espulso dal circolo qualora non rispetti tali doveri. Il socio è in ogni modo tutelato dall’art.24 del Codice Civile, che esige l’esistenza di gravi motivi per l’esclusione di un associato da parte dell’assemblea. E’ particolarmente importante, come si vedrà meglio in seguito, che lo statuto indichi con chiarezza quando un nuovo associato può fruire di servizi forniti dall’associazione. Alcuni regolamenti comunali non riconoscono la qualifica di socio a coloro che fruiscono dei servizi dell’associazione nello stesso giorno d’iscrizione. Quest’arbitraria interpretazione si basa su una non corretta lettura di una circolare ministeriale, che parla chiaramente di contestuale rilascio tessera + biglietto d’ingresso. Per evitare il pericolo di contestazioni, sarà possibile prevedere nello statuto che i nuovi associati possano beneficiare dei servizi da un momento diverso da quello dell’iscrizione. Inoltre, nei confronti delle associazioni culturali e sportive, per motivi di cautela fiscale, si è disposto che le cessioni di beni e le prestazioni di servizi possono beneficiare dell’esonero da IVA e da imposte dirette soltanto se poste in essere nei confronti degli associati o partecipanti minori d’età o nei confronti dei maggiorenni a condizione che questi abbiano il diritto di voto per l’approvazione e le modifiche dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione, che deve essere ad eleggibilità libera.

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2.4 Patrimonio sociale. E’ uno dei punti fondamentali dello statuto espressamente regolato dall’art.37 del Codice Civile. Ha la funzione di garantire il perseguimento degli scopi sociali ed è costituito da tutti i diritti di carattere patrimoniale facenti capo all’associazione e quindi, oltre alle quote associative ed ai beni da questa acquistati, anche tutti gli altri beni pervenuti al circolo. Il fondo comune così determinatosi non è divisibile finché dura in vita l’associazione; pertanto i singoli associati non possono chiedere la divisione, né pretendere la quota in caso di recesso, né chiedere un godimento di beni proporzionale all’ammontare della propria quota. Inoltre, secondo l’art.38 del Codice Civile, le associazioni rispondono delle obbligazioni prese verso terzi con il proprio fondo comune. 2.5 Rendiconto economico. sappiamo tutti che il circolo risponde del proprio bilancio, qualora non svolga attività commerciale, unicamente all’assemblea dei soci. Dovranno essere riportati nello statuto la durata dell’esercizio sociale, i tempi di presentazione ed approvazione e la destinazione del residuo attivo. Il rendiconto economico del circolo, con l’introdotta normativa fiscale sugli enti non commerciali (DLgs 460 del 4/12/1997) in attuazione della delega cui ai commi 186 e 187 dell’art.3 della legge 662/96, assume rilevanza fiscale; infatti, con l’esercizio 1998 il circolo per beneficiare della defiscalizzazione d’operazioni normalmente commerciali, dovrà dimostrare di non avere: · Esercitato prevalentemente attività commerciale per l’intero periodo di imposta; · Prevalenza delle immobilizzazioni per l’attività commerciale rispetto alle altre attività; · Prevalenza di ricavi da attività commerciali rispetto a quelli derivanti dalle attività istituzionali; · Prevalenze dei redditi da attività commerciali rispetto alle entrate istituzionali; · Prevalenza di spese per l’attività commerciale rispetto alle attività istituzionali. 2.6 Organi. Sono organi dell’associazione coloro che hanno potere di compiere atti vincolanti, tra questi non si può assolutamente prescindere dal consiglio direttivo e dall’assemblea dei soci (vedi sentenza della Corte Costituzionale del 1985 già citata). Sia per le riunioni del direttivo, che per l’assemblea dei soci è consigliabile la tenuta di un libro verbali dove annotare le deliberazioni e dal quale potere evincere la responsabilità delle decisioni assunte. 2.7 Assemblea. E’ l’organo deliberante e sovrano. E’ formata da tutti i soci del circolo, a lei compete la nomina del consiglio direttivo o se il caso del presidente, l’approvazione del bilancio e delle linee generali del programma d’attività, le modifiche allo statuto e lo scioglimento del circolo. Deve essere effettivamente operante e convocata in via ordinaria, almeno una volta l’anno, in seduta straordinaria qualora ne faccia richiesta il direttivo, o almeno 1/10 dei soci (art.20 del Codice Civile), o quando occorrano condizioni particolari, quali le modifiche allo statuto o lo scioglimento. 2.8 Consiglio Direttivo. E’ l’organo esecutivo, è eletto dall’assemblea dei soci, la sua durata in carico è prevista dallo statuto e deve essere composto da più membri. Ad esso competono l’amministrazione del fondo comune e del patrimonio del circolo, e la gestione di tutte le attività necessarie per il perseguimento dello scopo sociale. Di norma spetta al direttivo l’attivazione degli incarichi e la nomina dell’ufficio di presidenza. 2.9 Presidente. E’ il rappresentante legale dell’associazione, in pratica colui che rappresenta il circolo presso terzi e di conseguenza a norma dell’art.36 del Codice Civile ha la rappresentanza processuale(vedasi responsabilità dei dirigenti). 2.10 Revisori dei Conti. Sono organi di controllo non necessari che possono essere nominati soprattutto quando la complessità delle attività del circolo richiede un ulteriore organismo di garanzia, ad esempio quando l’associazione svolge attività che richiede il rispetto della normativa fiscale. 2.11 Collegio dei Probiviri. sono organi "giurisdizionali" non obbligatori dell’associazione, atti a dirimere le controversie che possono insorgere tra soci, tra organi e tra organi e soci.

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2.12 Modifiche allo statuto. Importante punto dello statuto al fine di una gestione improntata alla massima chiarezza e trasparenza. Sono atti questi che devono essere approvati dall’assemblea ricorrendo alla maggioranza qualificata; il consenso così ottenuto dà per certo quello della maggior parte dei soci. 2.13 Scioglimento. per quanto riguarda le norme di scioglimento va indicata la durata dell’associazione, in quali occasioni si scioglierà e come sarà destinato il fondo comune; di particolare importanza la destinazione del fondo comune residuo ai sensi del DLgs 460/97 per potere beneficiare delle esenzioni fiscali da questo introdotte e condizionate. Stante lo spirito della Costituzione e il dettame della vigente legislazione italiana, compreso il Testo Unico della legge di Pubblica Sicurezza, il circolo è titolare di una serie di diritti fondamentali. Tali diritti, essendo costituzionali non possono venire sospesi né limitati da una semplice legge né tantomeno da organi esecutivi quali la Prefettura, la Questura, i Vigili Urbani. 1. Libertà di associazione Un circolo che conserva le caratteristiche fino a qui enunciate, e che assume quindi la figura giuridica di "associazione non riconosciuta", sorge e si costituisce senza alcun’autorizzazione di Pubblica Sicurezza e senza permesso o licenza di qualsiasi altra autorità o ente pubblico o privato (art.18 della Costituzione italiana). 2. Inviolabilità di domicilio Intendendo come domicilio qualsiasi luogo di privata dimora, compresa la sede di un’associazione, le norme di legge garantiscono l’inviolabilità del domicilio. Il Codice Penale (art.614, 615) punisce come reato l’abuso fatto dal pubblico ufficiale che oltrepassa i propri poteri introducendosi nel domicilio del circolo. Agli agenti di PG è concessa la sola facoltà di visitare (e non perquisire) quei locali del circolo dove è svolto un servizio regolato da una licenza di PS, o da un’autorizzazione amministrativa (es. sala del bar). La perquisizione dei locali può essere effettuata solo se accompagnata da uno specifico mandato nel caso di "flagranza o presunzione di reato", ai sensi della legge speciale sul terrorismo correlata all’art.41 TULPS. L’organo di polizia è tenuto però, in tal caso, ad indicare il motivo al titolare di licenza, e nel verbale da trasmettere alla Procura della Repubblica. Gli agenti della Tributaria, durante il normale svolgimento delle funzioni, possono accedere nei locali del circolo ove queste attività avvengano. 3. Libertà di manifestazione del pensiero, di stampa e di propaganda Al circolo è garantita la più ampia libertà di pensiero e di propaganda attraverso lo scritto o altro mezzo di diffusione. Ciò significa che può, senza autorizzazione, produrre e diffondere qualsiasi tipo di stampa che non sia periodico (regolato da apposita legge), può usare altoparlanti o altro mezzo di diffusione, ed usare mezzi propagandistici, non commercialmente pubblicitari, di qualsiasi genere. 4. Libertà di riunione Il circolo può indire riunioni alle quali siano ammessi oltre ai soci anche gli altri cittadini non soci. Tali riunioni possono avvenire sia all’interno della sede sociale, che in qualsiasi altro luogo, senza che questo necessiti d’autorizzazione di polizia o di darne avviso alle autorità. E’ evidente che qualora queste riunioni avvengano nella sede del circolo e siano aperte ai non soci, l’eventuale servizio bar o mensa dovrà essere sospeso. Il circolo è altresì libero di concedere l’uso dei propri locali ad altre associazioni che ne facciano richiesta. 5. Osservanza delle norme di legge La Costituzione anche in questo caso, lascia ampia libertà. Il circolo ha, infatti, secondo l’art. 18, semplicemente il dovere di osservare le leggi imposte dalla vigente legislazione al singolo cittadino. Per talune attività, quali ad esempio la gestione di servizio bar e mensa, lo spettacolo o l’effettuazione d’operazioni commerciali, dovranno essere rispettate le disposizioni di carattere amministrativo e fiscale che le disciplinano, più avanti illustrate.

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Relativamente alle nuove disposizioni in vigore al 1° gennai 2003 il comma 18 dell’articolo 90 citato prevede che con uno o più regolamenti, nel rispetto delle disposizioni dell’ordinamento generale e dell’ordinamento sportivo, vengano individuati:

a) i contenuti dei nuovi statuti e dell’atto costitutivo delle società e associazioni sportive dilettantistiche, con particolare riferimento a:

b) assenza di fini di lucro; c) rispetto del principio di democrazia interna; d) organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l’attività didattica per l’avvio,

l’aggiornamento e il perfezionamento nelle attività sportive; e) disciplina del divieto per gli amministratori di ricoprire cariche sociali in altre società e

associazioni sportive nell’ambito della medesima disciplina; f) gratuità degli incarichi degli amministratori; g) devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento delle società e

associazioni; h) obbligo di conformarsi alle norme e alle direttive del CONI nonché agli statuti e ai

regolamenti delle FF.SS.NN. o dell’Ente di Promozione Sportiva cui la società o l’associazione intende affiliarsi;.

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2. impostazione amministrativa e trattamento contabile delle operazioni caratteristiche della società sportiva;

E’ opportuno che il circolo, nell’ambito della sua normale conduzione amministrativa, si faccia carico d’alcuni adempimenti formali che ne garantiscono una più chiara e trasparente gestione. Tra questi si consiglia l’adozione dei seguenti libri sociali: libro soci, libro verbali del consiglio direttivo, libro verbali delle assemblee, libro di cassa. Per tali libri, se il circolo non svolge attività fiscalmente rilevanti, non è richiesta la vidimazione, ma al fine di preservarli da eventuali manomissioni è consigliabile l’adozione di libri con le pagine numerate. L’art.90 della legge finanziaria 2003 ha apportato notevoli e profonde modifiche, soprattutto in materia fiscale, per le società sportive dilettantistiche. Questi i lineamenti principali del provvedimento: 1. APPLICABILITÀ DELLE DISPOSIZIONI TRIBUTARIE RIGUARDANTI LE ASSOCIAZIONI

SPORTIVE DILETTANTISTICHE ANCHE ALLE SOCIETÀ SPORTIVE DILETTANTISTICHE COSTITUITE IN SOCIETA DI CAPITALI. MA SENZA FINE DI LUCRO. La norma si riferisce principalmente alla L. n.398/ 1991, che prevede un regime semplificato di contabilità per le associazioni sportive il cui volume d’affari conseguente ad attività commerciali sia in deroga alle disposizioni ordinarie.

2. ESTENSIONE DEL REGIME DI ESENZIONE FISCALE GIA’ PREVISTO PER INDENNITÀ DI TRASFERTA, RIMBORSI FORFETTARI DI SPESA. PREMI E COMPENSI EROGATI NELL’ESERCIZIO DIRETTO DI ATTIVITÀ SPORTIVA DILETTANTISTICA ANCHE AI RAPPORTI DI COLLABORAZIONE COORDINATA E CONTINUATIVA DI CARATTERE AMMINISTRATIVO GESTIONALE DI NATURA NON PROFESSIONALE E AUMENTO DEL LIMITE DI ESENZIONE DA LIT. 10.000.000 A € 7.500. La norma modifica il regime agevolato già introdotto dalla L. n.133/1999 e migliorato con la L. n. 342/2000. In sostanza, tutti gli emolumenti sopraelencati, sino al limite di € 7.500 l’anno sono totalmente esenti da imposta e non si cumulano con gli altri redditi. La previsione si estende ora a prestazioni anche di natura amministrativa - gestionale (purché priva di requisiti di professionalità) e consente notevoli prospettive per le società sportive. Al momento, l’estensione alle prestazioni di natura gestionale ed amministrativa, riguarda unicamente le associazioni sportive e non le Federazioni Sportive Nazionali ed i loro Comitati Territoriali. Le indennità di trasferta, i compensi ed i premi, suddetti, poi risultano deducibili nella determinazione della base imponibile del valore della produzione netta, ai fini dell’IRAP. Il comma 23 dell’art.90 della Legge Finanziaria 2003, riconosce ai dipendenti pubblici la possibilità di prestare la propria attività in favore delle Società ed Associazioni Sportive dilettantistiche, senza preventiva autorizzazione, previa comunicazione all’ente d’appartenenza. Tale attività dovrà essere svolta al di fuori dell’orario di lavoro ed a titolo gratuito, salvo i rimborsi spese documentati e le indennità ex art.25 legge 133/99. Nell’attesa della circolare esplicativa, si consiglia di prendere contatto con l’amministrazione d’appartenenza per verificare eventuali incompatibilità di detta norma, con il contratto di lavoro dalla stessa applicato. 3. DISPOSIZIONI FISCALI AGE VOLATIVE DI NATURA VARIA: a) Eliminazione dell’obbligo della ritenuta del 4% su eventuali contributi erogati dal CONI o da Federazioni Sportive a società sportive; b) Pagamento dell’imposta del registro in misura fissa per gli atti costitutivi o di trasformazione delle società sportive; c) Esenzione dalle tasse sulle concessioni governative di atti e provvedimenti concernenti le società ed associazioni sportive dilettantistiche;

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d) Esenzione dall’imposta di bollo su atti costitutivi delle società ed associazioni sportive dilettantistiche:

4. SPONSORIZZAZIONI IN FAVORE DI SOCIETA’. Vengono assimilate, entro il limite di € 200.000 annui, a spese per pubblicità e pertanto, risultano deducibili da parte del soggetto che le eroga nello stesso esercizio in cui sono state sostenute, ovvero in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi. 5. REGIME FISCALE AGEVOLATO PER EROGAZIONI LIBERALI FATTE A FAVORE DI SOCIETA’ ED ASSOCIAZIONI SPORTIVE DILETTANTISTICHE - AUMENTO DEL LIMITE. Già con la citata L. n.342/2000 (art.37) è stata prevista la detraibilità come onere - ai fini IRPEF - e la deducibilità come onere sociale - ai fini IRPEG - delle erogazioni liberali effettuate da privati a favore di società sportive dilettantistiche. Ora il limite prima fissato in Lit. 2.000.000 annui viene portato a € 1.500 annui. Condizione per il beneficio fiscale è che l’erogazione avvenga tramite banca o ufficio postale.

6. ESCLUSIONE DELLA POSSIBILITA’ DI DECADERE DALLA QUALIFICA DI ENTE NON COMMERCIALE. In applicazione del D.Lvo n. 460/1998, le società sportive erano soggette, sino ad oggi, al rischio di decadere dalla natura di Ente NO PROFIT, nei casi in cui, secondo criteri previsti normativamente, venisse accertata la prevalenza di attività commerciale, rispetto a quella Istituzionale”. Tale decadenza comportava l’accertamento d’ufficio delle conseguenti evasioni d’imposta, con il relativo regime sanzionatorio. La riforma in oggetto sottrae di fatto le società sportive alla possibilità che ciò accada, estendendo il regime di favore già previsto in questa materia a favore degli Enti ecclesiastici. 7. COSTITUZIONE DI UN FONDO DI GARANZIA PER LA FORNITURA DI GARANZIE a favore delle società sportive nelle procedure di erogazione dei mutui per la costruzione o ristrutturazione di impianti da parte dell’istituto per il Credito Sportivo. Tale Fondo, costituito presso lo stesso I.C.S., dovrebbe fornire garanzie integrative. da aggiungersi a quelle ipotecarie, risolvendo così l’attuale problema delle garanzie fidejussorie richieste dall’I.C.S. oltre a quelle di natura reale. Condizione per l’accesso a tale regime è che la società sportiva dilettantistica abbia personalità giuridica.

8. RIFORMA DELLA SOCIETA’ SPORTIVA E’ la parte, a nostro avviso, più rilevante della riforma, in quanto si delinea una nuova figura di società, con caratteri peculiari rispetto a quanto sino ad oggi previsto sia dal codice civile, sia dalle norme dell’ordinamento sportivo. In particolare: - Diventa obbligatorio indicare nella denominazione sociale la finalità sportiva dilettantistica; - Diventa obbligatorio assumere una delle seguenti forme giuridiche: a) A.S. priva di personalità giuridica ai sensi degli artt.36 e segg. del cod. civ; b) A.S. con personalità giuridica di diritto privato ai sensi del D.P.R. n. 361/2000; c) società sportiva di capitali costituita in società per azioni, a responsabilità limitata o cooperativa a r.l. non aventi scopo di lucro. - I contenuti statutari di tali società (nonché le procedure di approvazione dello statuto e riconoscimento ai fini sportivi, ed i provvedimenti autoritativi in caso di gravi irregolarità) saranno fissati con regolamento amministrativo e conterranno obbligatoriamente i seguenti principi: 1)assenza di fini di lucro; 2)rispetto del principio di democrazia interna; 3)organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l’attività didattica per l’avvio, l’aggiornamento ed il perfezionamento nelle attività sportive; 4) divieto per gli amministratori di ricoprire cariche sociali in altre società e associazioni sportive nell’ambito della medesima disciplina; 5) gratuità degli incarichi degli amministratori;

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compreso entro un certo limite. Tale limite viene ora elevato a € 250.000 ed esteso alle società sportive “di capitali” purché senza scopo di lucro. Il regime viene attivato mediante esercizio di un’opzione e consiste nell’esonero dall’obbligo di tenuta delle scritture contabili delle imprese commerciali (libro giornale e degli inventari; registri IVA, scritture ausiliarie, registro dei beni ammortizzabili) nonché nell’esonero da tutti gli obblighi e gli adempimenti previsti dal Titolo II del D.P.R.n.633/72 (IVA). Inoltre, ai fini delle imposte dirette, il reddito imponibile è determinato mediante applicazione di un coefficiente di redditività agevolativi, in d 6)devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento della società: 7)obbligo di conformarsi alle norme e direttive del CONI, nonché agli Statuti e regolamenti delle Federazioni sportive nazionali o dell’ente di promozione sportiva cui la società intende affiliarsi;

- Presso il CONI sarà tenuto un Pubblico Registro delle società ed associazioni sportive dilettantistiche. L’iscrizione in tale registro costituirà condizione per accedere a contributi pubblici di qualsiasi natura. 9. AFFIDAMENTO IN GESTIONE DI IMPIANTI SPORTIVI. Gli Enti locali saranno tenuti a

garantire alle società sportive l’accesso agli impianti di proprietà degli Enti stessi. Inoltre, in caso di affidamento in concessione degli impianti stessi, le società sportive dovranno essere privilegiate. rispetto ad eventuali terzi, e gli affidamenti potranno essere effettuati con procedure estremamente snelle e semplificate. Analogo discorso prevede la legge con riferimento alle palestre ed impianti sportivi scolastici.

10. ASSICURAZIONE OBBLIGATORIA PER GLI INFORTUNI SPORTIVI. Un’altra norma della

legge finanziaria, poi, l’art. 51, ha introdotto nell’ordinamento il principio dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sportivi, per i casi di morte o di invalidità permanente. La decorrenza dell’obbligo è fissata dal 30 giugno 2003, ma la norma risulta gravemente lacunosa, in quanto non chiarisce alcunchè circa i massimali, le tariffe ed i soggetti istituzionali preposti a rendere il servizio assicurativo ( l’INAIL? La SPORTASS? Le Compagnie private?). In proposito, quindi, è verosimile attendersi la introduzione di norme di completamento del principio di obbligatorietà.

L’art.2 della Legge Finanziaria 2003 ha, tra l’altro, variato le aliquote irpef per scaglioni di reddito come segue: a) fino a 15.000 euro 23%; b) oltre 15.000 euro e fino a 29.000 euro 29%; c) oltre 29.000 euro e fino a 32.600 euro 31%; d) oltre 32.600 euro e fino a 70.000 euro 39%; e) oltre 70.000 euro 45%. Per effetto della variazione delle aliquote irpef per scaglioni, la ritenuta da applicare sui compensi, indennità e premi di cui all’ex art.25 Legge 133/99, nel caso di superamento del limite di € 7.500,00, passa dal 18,9% al 23,9%, di cui il 23% irpef (codice tributo 1040) e 0,90% addizionale regionale di compartecipazione del 0,90% (codice tributo 3802 oltre la regione di residenza del percipiente).

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OBBLIGHI CONTABILI

E

ADEMPIMENTI ANNUALI

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I regimi contabili delle associazioni sportive non riconosciute. I proventi di un’associazione possono derivare non solamente da attività istituzionali, come quote associative e prestazioni di servizi agli associati, ma anche da attività commerciali.

1. Lo svolgimento di attività, con carattere esclusivamente istituzionale, non comporta particolari tipi di obblighi contabili, anche se devono essere comunque rispettati i seguenti adempimenti: • la compilazione del rendiconto economico e finanziario, per documentare i risultati

dell’attività svolta; • la determinazione e il versamento dell’IRAP.

2. Le associazioni che ottengono proventi derivanti da attività istituzionali e commerciali,

hanno l’obbligo di tenere la cosiddetta "contabilità separata", ovvero tenere distinti i proventi e i costi di natura istituzionale da quelli di natura commerciale, tenendo presente quanto segue: • l’associazione che ottiene proventi da attività commerciali svolte occasionalmente ha

l’unico obbligo di redigere il rendiconto economico e finanziario dell’attività svolta e il rendiconto delle singole attività occasionali di natura commerciale esercitate;

• l’associazione che ottiene proventi istituzionali e commerciali di natura non occasionale deve valutare il "volume" di tali proventi, da cui discendono diverse alternative in termini di regimi contabili, di tipi di contabilità da adottare e di modalità di determinazione delle imposte.

Bilancio delle Società Sportive Secondo consolidate definizioni della dottrina contabile, il bilancio d’esercizio è il documento contabile che rappresenta in modo chiaro veritiero e corretto, la situazione patrimoniale della società al termine di ciascun esercizio, nonché il risultato economico dello stesso. Con il decreto n.127 del 9 aprile 1991 sono cambiate le regole per la redazione del bilancio d’esercizio poiché sono state recepite in Italia le Direttive comunitarie n.78/660 e 83/349 relative ai conti annuali e consolidati. Il rendiconto delle società sportive, come quello di ogni altra società di capitali, è composto (1) dallo Stato Patrimoniale, (2) dal Conto Economico, (3) dalla Nota Integrativa e deve essere necessariamente accompagnato (4) dalla Relazione sulla Gestione redatta dagli amministratori. Le novità introdotte dal citato decreto non sono state poche, anche si oramai completamente assimilate. Il legislatore, infatti ha previsto:

l’imposizione di schemi strutturati e vincolanti per lo Stato Patrimoniale ed il Conto Economico;

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l’introduzione della Nota Integrativa, complemento agli altri due documenti e determinante per la qualità dell’informativa di bilancio

l’ampliamento del contenuto della Relazione sulla Gestione in materia di rapporti di partecipazione e della prevedibile evoluzione della società. Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e, come detto, deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società, nonché il risultato economico d’esercizio. Il concetto di chiarezza trova la sua concreta applicazione nella rigidità analitica degli schemi obbligatori previsti dal decreto, oltre che nel dettagliato contenuto della Nota Integrativa e della Relazione sulla Gestione. La rappresentazione veritiera e corretta deriva dal trasferimento nel nostro ordinamento del concetto di "quadro fedele" (principio d’ispirazione anglosassone) introdotto per la prima volta in Italia con l’art.9 della Legge n° 72 del 19 marzo 1983. I redattori sono tenuti ad applicare i criteri stabiliti dalla legge e ad esporre in bilancio i risultati ottenuti senza manipolazioni. Per assicurare tutto ciò è previsto anche l’obbligo di fornire informazioni complementari ogni volta che le disposizioni di legge non siano sufficienti a fornire una rappresentazione veritiera e corretta. Altra novità rilevante è l’esplicita indicazione dei principi contabili che devono guidare i redattori del bilancio. Proprio l’esigenza di fornire un quadro fedele della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica dell’impresa costituisce lo scopo primario della redazione del bilancio, ma evidentemente il solo richiamo a questo principio non è sufficiente per raggiungere l’obiettivo stesso. Non a caso l’art.2423 bis del Codice Civile racchiude due concetti fondamentali quali quelli della prudenza e della continuità dell’attività d’impresa. Si assiste, in tal modo, ad un cambiamento significativo nella redazione del bilancio grazie alla cresciuta rigidità dello stesso ed alla minore discrezionalità degli amministratori nel porlo in essere. Nel consultare i bilanci non si può, comunque, prescindere dal considerare il settore nel quale la società oggetto dell’analisi opera. E’ chiaro che un settore come quello delle società sportive ha delle peculiarità che non possono assolutamente essere messe in secondo piano; un esempio può essere la mancata possibilità di distribuire ai soci eventuali utili prima dell’entrata in vigore della Legge n.586 del 1996. Purtroppo però, indipendentemente dall’imposizione del piano e l’entrata in vigore del D.L. 127 del 1991, la chiarezza e trasparenza dei bilanci delle società sportive non sempre è ai livelli richiesti dal legislatore. In molte occasioni, i bilanci risultano eccessivamente sintetici con non poche lacune informative, per non parlare delle compensazioni e delle aggregazioni che eliminano voci che per la loro tipicità necessiterebbero di un analisi ben più profonda. Composizione del Bilancio Il bilancio, come detto, si compone di due prospetti a contenuto numerico, quantitativo: lo Stato Patrimoniale ed il Conto Economico, e di uno a contenuto discorsivo, esplicativo: la Nota Integrativa. Come appare intuitivo, lo Stato Patrimoniale offre le informazioni di natura patrimoniale sulla società, mentre il Conto Economico evidenzi quelle di natura economica; allo stato attuale della

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normativa per le società non esiste obbligo di fornire informazioni di natura finanziaria (peraltro in parte desumibili da quelle patrimoniali, cui sono direttamente collegate), vale a dire non esiste obbligo di redazione di un prospetto specificamente preposto a fornire questo tipo di informazioni. Per ovviare a questa carenza la prassi ritiene sufficiente procedere alla redazione del Rendiconto Finanziario, prospetto capace di fornire le principali informazioni sullo stato di salute, finanziario appunto, delle società. Riteniamo importante approfondire gli aspetti finanziari (sia di forma - redazione del Rendiconto Finanziario - sia di contenuto - corretta gestione finanziaria d'azienda) in un successivo intervento, e concentrarci ora sugli aspetti patrimoniali ed economici (in particolare su quelli tipici delle società sportive). Lo Stato Patrimoniale Nello Stato Patrimoniale sono esposti l’aspetto quantitativo e qualitativo degli investimenti esistenti in un determinato periodo di tempo e le correlate fonti di finanziamento, ricavando così informazioni sulla struttura tecnica e finanziaria dell’impresa. A titolo esemplificativo proponiamo lo schema di Stato Patrimoniale predisposto dalla FIGC. Il grado di analiticità risulta indubbiamente elevato; vengono messi in evidenza i valori del totale Attività, del totale Passività e del Patrimonio Netto, si individuano più chiaramente gli aggregati delle Immobilizzazioni e dell’Attivo Circolante (per attivo circolante si intendono le attività che rappresentano liquidità o che sono idonee a trasformarsi in liquidità in un periodo inferiore ai dodici mesi; tutto il resto rientra fra le immobilizzazioni) La suddivisione delle classi è ispirata al doppio criterio della destinazione dell’investimento e del grado di liquidità, cosicché il lettore, pur trovandosi di fronte aggregati di non immediata interpretazione può, tuttavia, ottenere informazioni difficili da ricavare in passato. Per quanto concerne il passivo viene abbandonato il doppio principio ispiratore. Questo comporta l’impossibilità di ottenere immediate informazioni sull’indebitamento.

Schema di Stato Patrimoniale riclassificato. Depositi bancari e postali Banche Altre disponibilità liquide Debiti v/società calcistiche Liquidità Immediate Debiti per compartec. ex art.102 bis Noif Debiti per sponsorizzazioni Crediti v/società calcistiche Dipendenti e tesserati Crediti per pubblicità e concessioni Debiti tributari Crediti verso Lega e Organi federali Debiti v/Istituti prev. e sicurezza sociale Crediti verso l’Erario Fornitori Altri crediti Acconti

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Crediti verso società del gruppo Altri debiti Crediti verso soci Debiti verso società del gruppo Ratei e risconti Altri debiti - settore specifico Compartecipazioni ex art.102 bis Noif Ratei e risconti Liquidità Differite Fondi per rischi ed oneri ATTIVO A BREVE PASSIVO A BREVE Diritti pluriennali prestazioni calciatori Fondo trattamento fine rapporto (Fondo ripartizione) Debiti verso società del gruppo Costi settore giovanile Depositi cauzionali Costo Diritti Prestazioni Calciatori (Netto) Altri debiti Mutuo federale Terreni e fabbricati Fondi per rischi e oneri Impianti e macchinari Debiti per compartec. Ex art.102 bis Noif Attrezzature industriali e commerciali PASSIVO A M/L TERMINE Altri beni Immobilizzazioni Materiali Nette MEZZI DI TERZI Costi pluriennali e altre immob. Immateriali Capitale sociale Immobilizzazioni Immateriali e Costi Pluriennali Soci c/futuro aumento di capitale sociale Soci c/fin. Postergati ed infruttiferi Partecipazioni Prestito obbligazionario Compartecipazioni ex art.102 bis Noif Riserve

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Crediti società del gruppo Perdita esercizi precedenti Acconti su immobilizzazioni Perdita esercizio Altri crediti - Depositi cauzionali MEZZI PROPRI Immobilizzazioni Finanziarie ATTIVO FISSO NETTO FONTI DI FINANZIAMENTO CAPITALE INVESTITO E’ necessario allora ricorrere ad una specifica rielaborazione dello Stato Patrimoniale al fine di ottenere una separata valutazione del passivo a breve da contrapporre all’attivo circolante. Il Conto Economico Dalle quattro strutture di Conto Economico predisposte dalla direttiva comunitaria, il legislatore italiano ha optato per la forma espositiva scalare, in grado di evidenziare risultati parziali con alto potenziale informativo e di consentire collegamenti e correlazioni con le voci dello Stato Patrimoniale, adottando la classificazione delle poste secondo la loro natura, più idonea rispetto a quella per destinazione a recepire ulteriori suddivisioni di voci già presenti nella disciplina vigente. Il nuovo schema di Conto Economico si caratterizza per la presenza di risultati economici intermedi, di cui non è semplice determinare la significatività. Il modello viene predisposto per fornire un risultato di massima sintesi che, però, allo stesso tempo, tende a ridurre il grado di analiticità delle informazioni. Lo schema classico è il seguente: Ricavi Netti Costo del venduto Reddito operativo gestione caratteristica Proventi netti extra gestione caratteristica Reddito operativo Oneri finanziari Reddito lordo di competenza Sopravvenienze ed insussistenze attive e passive Reddito prima delle imposte Imposte Reddito Netto Per poter soddisfare finalità specifiche è necessario ancora una volta trattare le voci con un opportuna riclassificazione al fine di disaggregare le classi di valori ottenendo, così, informazioni

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utili, in relazione alle particolari finalità perseguite dall’analista. In questo modo si ricavano notizie non immediatamente disponibili in precedenza. A tal proposito già la riclassificazione proposta nel vecchio piano dei conti può essere considerata idonea allo scopo in quanto la suddivisione delle voci è stata fatta con riferimento alle caratteristiche dell’attività aziendale. Si possono, comunque, introdurre degli adattamenti per incrementare il grado di analiticità. I conti che accolgono i componenti positivi e negativi di reddito sono stati codificati in modo da ottenere un conto economico contenente un il valore dei costi classificati per natura (ovvero per tipo di costo sostenuto) come richiesto dalla legge e, contemporaneamente, anche il valore dei costi classificati per destinazione (ovvero in base ai motivi per i quali i costi sono sostenuti), considerato l’interesse di tale informazione ai fini societari. Non si deve mai dimenticare che l’analista esterno fa innanzi tutto riferimento al bilancio destinato a pubblicazione. Lo schema proposto dal piano dei conti può, così, successivamente essere utile al fine di interpretare più a fondo alcune poste di bilancio; sorgono in questa maniera delle differenze anche sostanziali tra le strutture. La scelta dello schema di riclassificazione si basa su:

tipologia dell’attività svolta obiettivi dell’analista tipologia dell’analista quantità e qualità delle informazioni

Per quanto concerne il caso delle società di calcio è evidente che la presenza dello schema previsto dal piano dei conti, limita la scelta dell’analista sul tipo di riclassificazione cui ricorrere; considerando le quattro linee guida di cui sopra non si può che optare per la struttura di Conto Economico ai Ricavi e costo del venduto. Conto Economico riclassificato per le società calcistiche. Ricavi da gare (Oneri su incassi) (Imposte e tasse) (Percentuale squadre ospiti) Ricavi Netti da Gare Ricavi cessione temporanea giocatori Proventi pubblicitari Concessioni/Diritti radio-televisivi Sponsorizzazioni Diritti sfruttamento immagine Ricavi Gestione Sportiva Costo giocatori e tecnici Quota ripartizione diritto prestazioni giocatori Acquisti vari Costi per servizi gestione sportiva

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Costi per godimento beni di terzi Costo acquisizione temporanea giocatori Svalutazione crediti Altri costi gestione sportiva Ammortamenti Ammortamenti costi settore giovanile (Capitalizzazione costi settore giovanile-vivaio) Costi Gestione Sportiva REDDITO OPERATIVO GESTIONE SPORTIVA Contributi in c/esercizio Proventi diversi (Spese generali di amministrazione) (Spese di pubblicità) (Costo del personale non sportivo) (Ammortamenti oneri pluriennali) (Altri ammortamenti) REDDITO OPERATIVO GESTIONE CARATTERISTICA Proventi da partecipazioni Proventi compartecipazioni (ex art.102 bis Noif) Oneri compartecipazioni (ex art.102 bis Noif) Altri proventi finanziari Altri proventi società del gruppo Rettifiche di valore Risultato Gestioni Accessorie REDDITO OPERATIVO AZIENDALE Plusvalenze cessioni diritti prestazioni calciatori Indennità di preparazione e promozione (Minusvalenze cessioni diritti prestazioni calciatori) REDDITO OPERATIVO AZIENDALE DI 2° LIVELLO Oneri finanziari Oneri finanziari società del gruppo REDDITO ANTE COMPONENTI STRAORDINARI E IMPOSTE (GEST. ORD.) Plusvalenze su alienazione cespiti (Minusvalenze su alienazione cespiti) Altri componenti positivi straordinari (Altri componenti negativi straordinari) REDDITO ANTE IMPOSTE Imposte REDDITO NETTO La Nota Integrativa Il documento rappresenta un’altra delle novità introdotte dalla Direttiva Comunitaria, fa parte integrante del bilancio e contiene informazioni supplementari che hanno lo scopo di chiarire al meglio i valori iscritti nelle varie voci del bilancio.

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Non è necessario in questa sede analizzare tutte le sezioni previste dall’art.2427 del codice civile, è preferibile fare riferimento esclusivamente a quelle che più da vicino interessano le società di calcio. In particolare, rilevante è l'attenzione dedicata ai Criteri di valutazione. In quest’ultima vanno, infatti, indicati, tra gli altri, i principi seguiti nel trattamento della voce più tipica dello Stato Patrimoniale di un club: i "Diritti pluriennali prestazioni calciatori". In un successivo intervento saranno indicati i problemi che da sempre investono quella che è la principale voce di costo di una società di calcio e si comprenderà, così, più a fondo la rilevanza di quanto contenuto nella Nota Integrativa. Attraverso il documento l’analista è, pertanto, in grado di valutare se gli amministratori seguono, o meno, le indicazioni fornite dalla Federazione per il trattamento contabile della voce in parola nonché di analizzare l’ammortamento effettuato della voce relativa ai costi del vivaio valutando così eventuali contrasti con quanto consigliato in proposito dagli organi federali. La Nota Integrativa è rilevante anche in relazione alle notizie fornite a proposito delle immobilizzazioni ed al loro trattamento contabile con riferimento alla tendenza, ormai diffusa tra i club, di dotarsi di impianti e centri sportivi sempre più grandi. Si possono poi ricavare notizie relative ai risconti passivi ottenendo in tal modo un quadro più chiaro della contabilizzazione di un altro evento caratteristico della gestione di una società sportiva: la campagna abbonamenti. Nella sezione della Nota Integrativa dedicata ai conti d’ordine, infine, si raccolgono informazioni riguardanti sia eventuali garanzie concesse a titolo di fideiussioni o prestate a terzi, sia opzioni concesse o acquistate in relazione ad operazioni di trasferimento temporaneo dei diritti alle prestazioni dei calciatori. La Federazione, dal canto, suo prevede con il nuovo piano dei conti una serie di allegati al fine di integrare il contenuto del documento, previsto dall’art.2427 del codice civile, anche se non tutti gli addetti ai lavori considerano positivamente queste integrazioni poiché si ritiene che, in non pochi casi, rappresentino un inutile duplicazione di quanto già contenuto dalla Nota Integrativa. E’, però, indubbio che attraverso questi prospetti, la rappresentazione della realtà economica risulta più completa e consente alla Federazione di assicurare, più facilmente, il rispetto del parametro relativo al rapporto Ricavi/Indebitamento. Un aspetto di notevole interesse, legato in maniera indissolubile alle tematiche di bilancio, è l’analisi del bilancio delle società. Teoricamente l’analisi di bilancio di divide in analisi per flussi ed analisi per indici ed offre indicazioni sullo "stato di salute" della società in ottica comparata, sia nel tempo (la stessa società analizzata per più anni) sia nello spazio (la società comparata con altre del medesimo settore). Anche questo tema formerà oggetto di un successivo intervento.

1) Va a proposito ricordato che i margini di autonomia delle società di calcio, relativamente alla rappresentazione delle singole voci di bilancio, sono praticamente assenti, proprio perché i redattori sono tenuti a seguire anche le indicazioni del Piano dei conti voluto dalla Federcalcio. 2) In occasione dell’entrata in vigore del decreto n.127 del 1991 la FIGC sostituisce il vecchio piano dei conti al fine di incrementare la trasparenza delle gestioni. Le novità più interessanti riguardano: la possibilità di leggere in bilancio il costo dei singoli contratti stipulati con i calciatori italiani e stranieri attraverso la suddivisione del conto "Diritti Pluriennali Prestazioni Calciatori" in quattro sottoconti (giocatori italiani , stranieri, settore giovanile e altre condizioni), il calcolo delle

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quote d’ammortamento dei Diritti Pluriennali sull’effettiva durata del contratto, l’inserimento di voci più dettagliate per i crediti ed i debiti. Le società sono, inoltre, tenute ad accendere ulteriori sottoconti distinti per calciatore in modo tale da favorire il compito di controllo della FIGC la quale può così esercitare controlli incrociati tra i bilanci delle società per verificare la contabilizzazione dei singoli trasferimenti di calciatori. La Federcalcio, infatti, ritiene non sufficiente l’adeguamento alle novità normative del codice civile (Direttiva Comunitaria), e preferisce imporre alle società l’adozione di un bilancio tipo. Questo va quindi ad appesantire la sovrapposizione di funzioni legislativo-regolamentari e funzioni di controllo della stessa Federazione. 3) Un esempio può essere rappresentato dall’attivo circolante che non è inteso ne come circolante in senso stretto (operativo), ne in senso lato (finanziario). La presenza di crediti a breve nelle immobilizzazioni elimina l’ultima interpretazione, mentre quella di voci derivanti dalla gestione non caratteristica allontana dal concetto operativo. 4) Non a caso, infatti, tra le raccomandazioni che accompagnano il nuovo piano dei conti delle società di calcio, la più articolata è proprio quella relativa ai debiti, da sempre nota dolente dei bilanci societari del mondo del calcio. 5) La scelta viene fatta per facilitare il compito di controllo dell’organo federale individuando la gestione tipica e non al fine di incrementare la confrontabilità dei documenti contabili delle società. 6) Gli allegati sono: prospetto delle immob. Materiali e dei relativi ammortamenti cumulati; prospetto rivalutazione beni materiali; prospetto delle immob. Immateriali e dei relativi ammortamenti cumulati; prospetto delle variazioni dei conti di patrimonio netto; prospetto variazione esercizio dei debiti; prospetto dell’indebitamento verso banche ed altri enti finanziatori; prospetto dei debiti verso banche a breve termine; prospetto dei debiti a medio e lungo termine v/banche ed altri finanziari suddivisi per tipo di garanzia concessa; prospetto dei rimborsi per debiti con garanzie reali; prospetto dei debiti verso fornitori e altri; prospetto dei debiti per valuta; prospetto delle variazioni intervenute nelle immobilizzazioni materiali; prospetto delle partecipazioni in imprese controllate e collegate possedute;

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INQUADRAMENTO E

TRATTAMENTO

AMMINISTRATIVO E FISCALE

DEGLI OPERATORI NEL SETTORE

SPORTIVO

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I collaboratori I rapporti con i collaboratori Nell’ambito di un’attività sportiva partecipano diversi collaboratori come per esempio segretari, manutentori, custodi, baristi, atleti e tecnici. Queste persone possono instaurare con l’associazione sportiva un rapporto volontario, gratuito, oppure un rapporto retribuito. Un rapporto volontario si ha tutte le volte in cui al collaboratore non viene riconosciuto alcun compenso (né in denaro né in natura), mentre possono essere rimborsate le spese da lui anticipate per incarichi svolti in nome e per conto dell’associazione. Si parla invece di rapporto retribuito tutte le volte in cui viene stabilito un compenso: in questo caso ci possiamo trovare di fronte a due tipi di collaborazione, che presuppongono la conclusione di un contratto di lavoro subordinato oppure una richiesta specifica a un lavoratore autonomo, svolgente attività libero-professionale. In passato i due tipi di rapporti si distinguevano per il fatto che solo nel caso di rapporto subordinato era previsto l’obbligo di versamenti di natura pensionistica, mentre nell’altro tipo questo vincolo non sussisteva. In seguito il sistema pensionistico è stato modificato con la costituzione di una gestione separata presso l’INPS. Essa ha lo scopo di garantire l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità e la vecchiaia a favore di tutti quei soggetti che svolgono lavoro autonomo, a meno che non siano già iscritti a Casse Previdenziali autonome. I soggetti interessati a questo nuovo obbligo previdenziale sono tenuti a comunicare all’INPS, dalla data di inizio dell’attività medesima, i propri dati anagrafici, il numero di codice fiscale ed il proprio domicilio. Le associazioni devono pertanto inviare all’INPS l’elenco dei soggetti ai quali hanno corrisposto compensi di natura autonoma. Sono tenuti a tale obbligo atleti, tecnici, animatori, dirigenti, docenti che hanno instaurato rapporti retribuiti di natura autonoma con associazioni o enti sportivi o ricreativi. Il volontariato gratuito Il rapporto di volontariato gratuito consiste nella spontanea collaborazione di un soggetto che effettua la prestazione della propria attività per passione, senza richiedere alcun compenso. L’unica forma di corrispettivo monetario possibile è il rimborso esclusivo delle spese anticipate dal collaboratore in nome e per conto dell’associazione. Rientrano in questo concetto le indennità corrisposte per trasferte effettuate con l’autovettura propria del collaboratore. Per sostenere che si tratta di un vero rimborso spese è necessaria un’apposita delibera da parte dell’organo per conto del quale il collaboratore deve effettuare le spese o una lettera di incarico, sottoscritta dal legale rappresentante dell’ente, specificando la causa delle spese e l’autorizzazione a compierle. Si dovrà prestare attenzione agli eventuali rimborsi spese per vitto ed alloggio; questi possono essere ammessi solo se relativi a momenti in cui la prestazione viene effettivamente resa, ad esempio nel caso di trasferte fuori sede. Non possono essere considerati tali i pagamenti per vitto ed alloggio continuativi, cioè indipendenti dall’effettivo svolgimento della prestazioni perché, in questo caso, ci troviamo di fronte a forme di retribuzione in natura e assoggettabili a ritenute.

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La qualificazione del rapporto retribuito Tutte le volte che al collaboratore viene riconosciuto un corrispettivo per l’opera svolta (qualsiasi forma di rimborso spese, diverse da quelle documentate e relative a spese anticipate in nome e per conto dell’associazione) ci troviamo di fronte a un rapporto di lavoro retribuito. Questo tipo di rapporto, a seconda delle caratteristiche con le quali è stato posto in essere, dovrà ricondursi alla fattispecie del lavoro autonomo o del lavoro subordinato. Nell’articolo 2222 del Codice Civile l’oggetto dell’obbligazione del lavoratore è costituito dalla realizzazione di un opera o servizio, mediante l’attività svolta dallo stesso in piena autonomia e a proprio rischio; invece l’articolo 2094 pone come obbligazione la prestazione di energie lavorative, che il dipendente svolge sotto le direttive e la vigilanza del datore di lavoro. I lavoratori dipendenti Il rapporto di lavoro dipendente si instaura tra il soggetto e l’associazione, la quale diventa "datore di lavoro". L’associazione, pertanto, quale sostituto di imposta, è tenuta a trattenere e versare le imposte sui redditi dovute dal collaboratore dipendente e i contributi previdenziali e assistenziali. I soggetti legati da un rapporto di lavoro dipendente possono avere dei rimborsi per spese anticipate per conto dell’ente, in esenzione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. I lavoratori autonomi Rientrano in questa categoria coloro che esercitano abitualmente un’attività di lavoro autonomo della quale beneficia anche l’associazione sportiva, che è tenuta a trattenere e versare una quota del 20 % del compenso lordo pattuito, a titolo di ritenuta d’acconto IRPEF. I rapporti di collaborazione coordinati e continuativi Una forma particolare di lavoro autonomo è la cosiddetta collaborazione coordinata e continuativa, che, nel corso degli anni, ha avuto grande sviluppo e diffusione all’interno dell’ordinamento sportivo, in quanto risponde alle esigenze di flessibilità e pluralità lavorative tipiche del mondo dello sport. A differenza dei professionisti abituali, obbligati alla tenuta delle scritture contabili, i soggetti in esame sono esonerati da tale obbligo, come indicato nell’art.49 del T.U.I.R., in quanto il reddito appartiene alla categoria degli "altri redditi di lavoro autonomo". L’art.49 chiarisce che debbono intendersi come tali: "I rapporti aventi per oggetto le prestazioni di attività non rientranti nell’oggetto dell’arte o professione esercitata dal contribuente ai sensi del comma 1, che pur avendo contenuto intrensicamente artistico o professionale, sono svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto, nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita". Si ha collaborazione coordinata e continuativa quando l’attività viene svolta professionalmente e abitualmente, ma ha come unico beneficiario un singolo soggetto: il centro sportivo. Il lavoro autonomo occasionale Fanno parte di questa categoria i soggetti che effettuano prestazioni saltuarie non rientranti nell’oggetto principale dell’attività del lavoratore stesso. I compensi erogati dall’associazione non sono soggetti ad Iva, ma solo alla ritenuta di acconto I.R.P.E.F. Il collaboratore è tenuto a rilasciare una regolare ricevuta, specificando che l’Iva non è applicabile; tale documento deve essere registrato nel registro acquisti I.V.A.

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La figura dell’istruttore sportivo: responsabilità civile, aspetti fiscali e previdenziali Premessa Il rapporto tra istruttori (intendendosi come tali coloro che, per attività prevalente ancorché non esclusiva, svolgano attività di preparazione fisica e/o di avviamento alla pratica sportiva) e associazioni sportive dilettantistiche è stato oggetto, in questi ultimi mesi, di numerosi contributi tesi ad analizzare il nuovo trattamento fiscale per i compensi corrisposti introdotto, in via definitiva, nell'ordinamento dall' art. 37 della legge n. 342/2000 , cd. Collegato fiscale 2000. Questo rapporto, però, nasconde ulteriori problematiche che mi propongo, ora di affrontare. Aspetti civilistici Responsabilità civile degli istruttori Gli istruttori di discipline sportive sono equiparati, per quanto riguarda la responsabilità, a coloro che insegnano un mestiere o un'arte; pertanto essi rispondono, in base all' art. 2048, comma 2, codice civile , del danno cagionato dal fatto illecito commesso dei loro allievi, nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. Infatti tale articolo impone a chi abbia in affidamento persone con mansioni di insegnamento nei loro confronti, in primo luogo di vigilare affinché questi non rechino danni a terzi ovvero non restino essi stessi danneggiati da fatti o atti compiuti da loro stessi o da terzi; in secondo luogo impone di impartire agli allievi una giusta educazione civica così da evitare eventi dannosi. L'istruttore, infatti, ricopre durante le lezioni anche la mansione di dirigente responsabile ed ha il compito di sorvegliare il corretto svolgimento della stessa. Peraltro, la prova che libera l'istruttore da responsabilità non si esaurisce nella dimostrazione di non avere potuto impedire il fatto, ma si estende alla dimostrazione di avere adottato in via preventiva le misure organizzative idonee ad evitarlo. Pertanto, l'istruttore non sarà responsabile per difetto di vigilanza, nel caso in cui avrà dimostrato di aver adottato tutte quelle misure organizzative e disciplinari che, considerata la disciplina impartita, erano sufficienti ad evitare il danno. Infatti in certi casi, l'atto dannoso può ricondursi non all'omessa vigilanza, o non esclusivamente ad essa, bensì alle erronee istruzioni impartite. Ciò vale di norma per quei casi in cui l'istruttore è tenuto preliminarmente a verificare l'efficienza o la tenuta degli strumenti o del materiale utilizzato e controllare la salute dell'allievo, arrivando ad interrompere o impedire la preparazione qualora l'allievo sia in condizioni psicofisiche precarie In sintesi, la responsabilità in esame potrà nascere anche nel caso in cui l'incidente trovi origine in metodiche didattiche non adeguate e/o non proporzionate in relazione alle capacità degli allievi; d'altro canto pure la giurisprudenza ripete la necessità di commisurare il dovere di vigilanza all'età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto. In conclusione, per escludersi la responsabilità ex art. 2048 , gli istruttori devono dimostrare di avere esercitato la vigilanza nella misura dovuta e che, nonostante ciò, il fatto dannoso è stato talmente repentino ed imprevedibile da impedire un loro tempestivo ed efficace intervento. La colpa di tali soggetti è opportuno aggiungere concerne anche il danno che l'allievo arrechi a se stesso in quanto l'obbligo di vigilanza è imposto a tutela non solo dei terzi, ma anche dei minori loro affidati. Solidarietà tra associazione e istruttore La responsabilità extracontrattuale, a norma dell' art. 2049 C.C ., può concorrere con le forme di responsabilità precedentemente considerate, determinando un obbligo risarcitorio solidale da parte delle associazioni e dei preposti (istruttori).

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Infatti, nel caso di danni riportati dall'allievo, alla responsabilità dell'istruttore ex art. 2048, comma 2, C.C. può sovrapporsi la responsabilità dell'associazione ex art. 2049: l'uno risponderà per l'omessa vigilanza dell'allievo, l'altra perché il fatto lesivo si è prodotto in occasione dello svolgimento dell'attività svolta da propri preposti. La società per esonerarsi dalla responsabilità dovrà fornire la prova dell'insussistenza dei presupposti per l'operatività della norma, contestando che il danno si sia verificato nell'espletamento delle funzioni stesse o assumendo la riferibilità del danno all'attività privata dell'insegnante. Dunque, sussistendone i presupposti, l'associazione e l'istruttore rispondono, sia pure a diverso titolo, in solido tra loro; ma è evidente che la prima, una volta risarcito il danno, avrà azione di rivalsa per l'intero nei confronti del secondo. Aspetti fiscali Istruttore che presta attività per società sportive La possibilità di applicare ai compensi corrisposti agli istruttori sportivi la tassazione agevolata prevista dall' art. 37, legge n. 342/2000 è un dato ormai acquisito. Il tema, però, non ha ancora esaurito la sua carica propulsiva. Infatti, si pone il problema di quegli istruttori (maestri di sci, di golf, di tennis, di nuoto, di pattinaggio, ecc.) che svolgono, in via professionale, tale attività prestando la loro opera, contemporaneamente sia in favore di soggetti per i quali viene prevista la possibilità di erogare tali tipi di compenso con trattamento fiscale agevolato, che di soggetti privati di diversa natura (persone fisiche, associazioni culturali, enti locali, proloco, ecc.). E' ovvio che nei confronti di questi ultimi il corrispettivo non potrà avere alcun tipo di trattamento preferenziale. Pertanto la tassazione sarà quella prevista per tutti i percettori di redditi di lavoro autonomo. Cosa accade quando gli stessi soggetti, invece, contestualmente, prestino la loro opera anche nei confronti di società o associazioni sportive dilettantistiche? Potranno, per tale parte dei loro proventi, pur se di natura analoga a quelli soggetti ad imposizione come redditi di lavoro autonomo, poterli considerare redditi diversi di natura sportiva? In tal caso dovranno comunque essere soggetti ad Iva? Fino ad ora sia l'Agenzia delle entrate, con le sue circolari, sia i numerosi commentatori che hanno affrontato la nuova problematica fiscale dei compensi per esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche si sono astenuti dall'entrare nel merito di tale problematica, dimenticandosi, però, che il numero dei contribuenti interessati alla soluzione degli interrogativi sopra riportati non è affatto trascurabile. Nota dell'Agenzia delle entrate del Piemonte Il primo intervento ufficiale proviene da un recentissimo pronunciamento della Agenzia regionale delle Entrate del Piemonte. Rispondendo ad un quesito formulato dal Collegio regionale dei maestri di sci sulla possibilità per gli sci club di riservare ai maestri che svolgono attività di allenatore in loro favore il trattamento agevolato di cui all' art. 83 del Tuir, l'Ufficio fiscalità Generale testualmente ritiene che: "La prestazione che il maestro di sci effettua nei confronti degli iscritti allo sci club è attività che rientra nell'esercizio della professione, ciò che esclude che il reddito possa rientrare tra i redditi diversi elencati nell' art. 81 comma 1 lett. m) . Detto articolo, infatti, dispone che non costituiscono redditi diversi quelli conseguiti nell'esercizio di arti o professioni. Talchè, vista la non inclusione dei redditi prodotti dai maestri di sci nella previsione dei redditi diversi di cui all'art. 81 del D.P.R. n.. 917/1986, non risulta applicabile alla fattispecie prospettata la disciplina dell'art. 83, stesso D.P.R.". Si ritiene di non poter condividere tale posizione. Infatti, il problema parte dalla mancata configurazione, da parte del legislatore, sul piano civilistico, della prestazione del soggetto che

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svolge "esercizio diretto di attività sportiva dilettantistica". Non vi è dubbio che il "compenso" che l'ente sportivo eroga all'istruttore sia il corrispettivo di un obbligo di fare. Ove venisse meno la prestazione verrebbe meno anche il pagamento della stessa. Ma è un obbligo di fare a cui il legislatore tributario non ha fatto discendere l'inquadramento del corrispettivo tra i redditi d'impresa o di lavoro (all'interno dei quali trovano accoglienza, solitamente, detti tipi di obbligo, se assunti in via continuativa), bensì tra i redditi diversi. Ciò può condurre ad una sola spiegazione. Si è voluto realizzare una figura tipica di prestazione sportiva che si realizza quando sussistono tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dalla novella in esame (art. 37, legge n. 342/2000). Pertanto, indipendentemente dalle altre posizioni soggettive delle parti in causa, quando l'oggetto della prestazione rientra nell'esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche, così come disciplinato (a tale fine v. modello ) trova applicazione la tassazione agevolata ai fini dell'imposizione sul reddito. Ris. 1° ottobre 2001, n. 142/E La stessa Agenzia delle entrate, a livello nazionale, sia pure per fattispecie diversa, ha confermato tale principio ( Ris. 1° ottobre 2001, n. 142/E ). Infatti, ad una richiesta di interpello sui compensi corrisposti ad atleti non residenti, confermando l'applicazione, anche nei confronti di costoro, del trattamento agevolato, testualmente sostiene: "Il nuovo impianto normativo dato dal citato art. 37 della legge n. 342/2000 (con il quale è stata apportata modifica al comma 4 dell'art. 25 della legge n. 133/1999 ) disciplina interamente il trattamento tributario dei redditi in questione senza fare alcuna distinzione, ai fini dell'applicazione del nuovo regime, circa la condizione di cittadino residente o straniero del soggetto percettore". Trattamento specifico per fattispecie tipica. Non può che derivarne, ad avviso di chi scrive, che indipendentemente dall'attività svolta in favore di soggetti terzi (per la quale troverà applicazione la disciplina fiscale e previdenziale tipica del lavoro autonomo), nel momento in cui l'istruttore svolge attività in favore di una società o associazione sportiva dilettantistica, potrà godere, per tale parte di corrispettivo, della tassazione agevolata prevista dalle norme sopra ricordate. Occorrerà ulteriormente precisare, però, che l'agevolazione fa riferimento solo all'aspetto reddituale. Pertanto, ove l'istruttore sia soggetto Iva per l'attività svolta in favore dei terzi, quando svolgerà la medesima prestazione in favore di un sodalizio dilettantistico, dovrà emettere fattura con Iva, mentre il sostituto (associazione sportiva) dovrà versare la ritenuta sulla base della disciplina di cui al combinato disposto di cui agli artt. 81 e 83 Tuir . Tesseramento alla Federazione sportiva nazionale Altro problema che ci si pone è se l'istruttore, per poter godere del trattamento agevolato dei compensi, debba necessariamente essere tesserato alla Federazione sportiva nazionale o all'ente di promozione sportiva dal quale ha ottenuto il riconoscimento il sodalizio sportivo che gli eroga il compenso o, comunque, se a detto ente nazionale debbano essere tesserati i fruitori delle prestazioni dell'istruttore. La risposta è negativa. Infatti, ai sensi dell'art. 1 della legge 23 marzo 1981, n. 91 , "l'esercizio dell'attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva,à,è libero". Pertanto, si ritiene che il tesseramento dell'istruttore o dei suoi allievi non sia condizione necessaria al fine dell'applicazione della normativa agevolata sui compensi. Una presa di posizione ufficiale da parte dei competenti organi ministeriali, comunque, su questi aspetti, oltre che opportuna, appare necessaria. Inquadramento previdenziale Cenni storici Facciamo un po' di storia dei rapporti tra il mondo sportivo e l'Enpals (ente nazionale previdenza assistenza lavoratori spettacolo). Tale istituto, infatti, oltre a gestire la previdenza per gli sportivi

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professionisti di cui alla legge n. 91/1981 (ossia coloro che svolgono attività nei settori professionistici delle Federazioni: calcio, ciclismo, pugilato, golf, motociclismo e pallacanestro) ha in carica la tutela previdenziale dei lavoratori dello spettacolo tra i quali si ricomprendono, in particolare, "gli addetti agli impianti sportivi (cfr. art. 3, punto 21, D.Lgs. C.P.S. 16 luglio 1947, n. 708 , ratificato con modifiche dalla legge 29 novembre 1952, n. 2388). Il problema, pertanto, che si presenta all'interprete è quello di dare un senso compiuto alla locuzione "addetto all'impianto sportivo". La Suprema Corte di Cassazione statuiva, con propria sentenza n. 4408 del 6 agosto 1982, che: "sono obbligatoriamente iscritti all'Enpals gli addetti ad impianti sportivi, intendendosi per tali tutti quelli organizzati e gestiti per lo svolgimento di attività genericamente sportive anche se non esercitate al fine dello spettacolo". In conseguenza di ciò l'Istituto aveva iniziato una serie di accertamenti che avevano provocato un rilevante contenzioso, tale da costringere il Ministero a richiedere un parere consultivo al Consiglio di Stato. La seconda sezione del Consiglio, in data 13 giugno 1984, ha fornito il parere richiesto con una interpretazione restrittiva rispetto a quella a suo tempo data dal Ministero del Lavoro. Infatti, secondo il suddetto parere, la nozione "addetti agli impianti sportivi" deve essere interpretata restrittivamente e cioè senza estensioni non compatibili con il significato proprio e comune della parola. Ne consegue che, da tale dizione, sono da ritenersi esclusi i lavoratori dipendenti da società, impresa, organizzazioni che, non disponendo di impianti propri, utilizzino impianti sportivi di terzi per l'esercizio di attività sportive non in via continuativa. Il concetto di addetti non si restringe solo a coloro che fanno custodia, manutenzione, pulizia, ma si aggancia anche ad altre figure professionali (cassieri, istruttori, ecc.) semprechè la loro attività sia strettamente collegata all'impianto in quanto tale (esempio: istruttore di nuoto adibito ad una piscina aperta al pubblico e a disposizione di tutti i frequentatori). Si debbono, in ogni caso, escludere i soggetti impegnati in attività collaterali che, pur svolgendosi materialmente nell'impianto o presso di esso, si caratterizza per una specifica ed autonoma funzione economica: attività di bar, ristorante e simili. Istruttori senza vincolo di subordinazione Quanto agli istruttori sportivi che prestano la loro attività senza vincolo di subordinazione, il Consiglio di Stato ribadisce che il problema non è tanto se essi rientrino o meno nella figura degli "addetti agli impianti" (il che riguarda solo l'individuazione dell'istituto previdenziale competente) quanto se essi, non essendo lavoratori subordinati, siano soggetti all'assicurazione obbligatoria. Sulla base del parere sopra riportato, il Ministero del Lavoro, con circolare n. 108 del giorno 1 ottobre 1984, ha stabilito quanto segue: sono da assicurare presso l'Enpals solo i lavoratori dipendenti (addetti alla custodia, manutenzione e pulizia degli impianti sportivi, cassieri, istruttori, ecc.) addetti specificamente e continuativamente agli impianti sportivi e cioè il personale la cui prestazione è direttamente legata a questi ultimi, tanto che la prestazione stessa sarebbe impossibile e priva di interesse per il datore di lavoro se gli impianti venissero meno non sono da assicurare all'Enpals né i lavoratori autonomi che prestano la loro opera (es. istruttori) presso gli impianti sportivi né i lavoratori dipendenti da società, imprese, organizzazioni che non dispongano di impianti sportivi propri, né i dipendenti da società ed imprese di tali impianti, ove non sussista il collegamento diretto tra lavoro e impianto. Tali affermazioni sono state, poi, ribadite dal Ministero con propria circolare n. 57 del 26 aprile 1985. Conferma giurisprudenziale di tali assunti la si riscontra in una importante sentenza del Pretore del Lavoro di Milano del 15 febbraio 1989. La fattispecie esaminata dal Giudicante riguardava gli istruttori di tennis, palleggiatori e preparatori atletici operanti in una scuola di addestramento al tennis annessa ad un Club di Milano che gestisce impianti sportivi Comunali (campi da tennis, piscine, bar, ristoranti ed uffici). L'Enpals pretendeva il pagamento dei contributi. Il Pretore invece ha sostenuto che gli istruttori non sono soggetti all'assicurazione Enpals, né ai

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sensi della legge n. 91/1981 (perché non possiedono la qualifica di professionisti secondo la regolamentazione del Coni) né ai sensi del D.Lgs. C.P.S. n. 708/1947 perché non sono dipendenti del club. Su questo substrato normativo si inserì la legge n. 335/1995 che impose la gestione separata Inps per i redditi da collaborazione coordinata e continuativa (c.d. 10-13%). Su questa realtà l'Enpals sostiene che, a decorrere dal 1° gennaio 1997, data dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 30 aprile 1997, n. 182 e successivo D.M. 10 novembre 1997, i lavoratori dello spettacolo appartenenti alle categorie indicate all'art. 3 del Decr. Lgs.CPS n. 708/1947 tra cui rientrano gli addetti agli impianti sportivi debbono essere assicurati all'Enpals indipendentemente dalla natura o subordinata del rapporto di lavoro. La classificazione di tali addetti utilizzati in impianti sportivi in "impiegati ed operai" è dettata solo da necessità amministrative dell'Ente di pervenire ad una codificazione e non nasce, quindi, da una precisa delimitazione posta dal legislatore. Per tale ragione gli istruttori sportivi, anche con rapporto di lavoro autonomo, rientrano a pieno titolo nella categoria degli addetti agli impianti per i quali sono dovuti all'Enpals i contributi previdenziali". La posizione dell'ente previdenziale dei lavoratori dello spettacolo, a questo punto, è definita. In virtù del D.Lgs. n. 182/1997 che ha sancito l'irrilevanza, ai fini previdenziali, dell'identificazione del rapporto con gli istruttori nell'inquadramento del lavoro autonomo o subordinato, tutti i precedenti orientamenti amministrativi e giurisprudenziali sopra ricordati si dovranno ritenere in parte superati. Il problema che ne deriva è che le aliquote contributive dell'Enpals sono di gran lunga superiori rispetto al 13% Inps. Un ulteriore problema, non di poco conto, si profila per quegli istruttori che svolgono attività sportiva dilettantistica e che vengono retribuiti ai sensi dell'art. 37 della legge n. 342/2000. Consapevoli che l'Inps ha dichiarato che, non essendo né lavoratori autonomi né collaboratori coordinati o continuativi, tali soggetti non devono versare contributi a detto istituto, tenendo presente la vigente legislazione previdenziale che punta a coprire tutti i lavoratori, non mi sento di sostenere che costoro, ove siano addetti con continuità ad un impianto sportivo, non debbano versare contributi Enpals. Anche in questo caso un chiarimento ufficiale sarebbe opportuno. Indennità di trasferta e rimborsi spese Soggetti beneficiari Come noto l’art. 37 comma 1 lett. c) del collegato fiscale alla legge finanziaria 2000 ha integrato le previsioni esistenti ed in particolare sostituisce il comma 1 lett. m) dell' art. 81 del T.U.I.R., elencando tipologie di reddito che godono di un particolare trattamento fiscale, ovvero: • le indennità di trasferta; • i rimborsi forfetari di spesa; • i premi ed i compensi erogati nell'esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI,

dalle federazioni sportive nazionali, dall'UNIRE, dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegue finalità sportive dilettantistiche e che sia da essi riconosciuto.

Pertanto, viene a modificarsi quanto previsto dall' art. 25 della legge n. 133/1999 . Infatti rientrano nelle agevolazioni fiscali esclusivamente le somme erogate nell'esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche e non le prestazioni inerenti l'attività. Questo comporta la restrizione dei benefici solo alle attività sportive dilettantistiche rese dagli allenatori, dai direttori tecnici e sportivi e dai preparatori atletici. Restano escluse tutte le altre attività connesse, quali ad esempio quelle amministrative, gestionali, ecc..

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Ai fini della determinazione dell'imponibile viene introdotta una franchigia annua complessiva di lire 10.000.000 il cui importo è escluso da IRPEF. Non concorrono a formare il reddito imponibile i rimborsi spese documentate relative a vitto, alloggio, viaggio e trasporto sostenute per prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale. Viene eliminato sia il limite di lire 90.000 per prestazione e sia il limite di lire 6.000.000 annui. Analogo problema si pone ai fini Irap. Detti costi saranno indeducibili nella determinazione della base imponibile di tale tributo o, non essendo ricompresi tra quelli previsti dal D.Lgs. n. 446/1997 , potranno essere sottratti all'applicazione di detto tributo? Stante il carattere di tassatività della previsione di cui al combinato disposto di cui agli artt. 105 e 4 della norma da ultimo citata, si ritiene che, al momento, si debba propendere per la seconda ipotesi. Da sottolineare come il legislatore ha disciplinato una fattispecie reddituale che non trova corrispondenza nel Testo unico delle imposte sui redditi. Ciò produce l'impossibilità di catalogare detto reddito, anche ai fini degli adempimenti contabili. L'assenza di catalogazione di detti compensi pone la problematica della compatibilità di dette elargizioni con il regime del pubblico impiego e con i trattamenti pensionistici. Chiarimenti Inps-Inail Con la Circ. 7 febbraio 2001, n. 32, parte II l'Inps ha chiarito che i compensi erogati nell'esercizio diretto di attività sportiva dilettantistiche dal Coni, dalle federazioni sportive nazionali e dagli enti di promozione sportiva, devono essere considerati come redditi diversi, insieme alle indennità di trasferta e ai rimborsi forfetari di spesa ( art. 81, lett. m, del D.P.R. n. 917/1986 ), e non sono più soggette all'imposizione contributiva alla gestione separata dei lavoratori parasubordinati ex legge n 335/1995. Analogamente, con nota del 2 maggio 2001, l'Inail ha ricordato che, a seguito della nuova disciplina, i soggetti che percepiscono compensi erogati nell'esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche, dagli enti sopra indicati, non possono più ritenersi assoggettati all'assicurazione antinfortunistica prevista per i lavoratori parasubordinati. L'istituto prevede l'obbligo di procedere alla cessazione delle posizioni in essere con effetto dal 1° gennaio 2001. Per i compensi di cui si tratta rimane il problema di verificare l'eventuale obbligatorietà di versamento di contributi all'Enpals vista anche la posizione dell'istituto il quale ritiene che, indipendentemente dalla natura autonoma o subordinata del rapporto di lavoro, gli addetti agli impianti sportivi debbano essere assicurati tramite iscrizione appunto all'Ente Previdenziale dei Lavoratori dello Spettacolo. Compatibilità della nuova normativa con la previgente La problematica della compatibilità della nuova normativa con la previgente legge 25 marzo 1986, n. 80 è stata risolta dall'art. 37 comma 3 della Legge n. 342/2000 che ne ha previsto espressamente l'abrogazione, fatto che comporta, fra l'altro, il venire meno della possibilità di considerare esclusi da imposizione i premi di classificazione, fino a lire 100.000, pari a euro 51,65, previsti appunto dall'art. 1 della, ora abrogata, Legge n. 80/1986. La norma in esame ne consente l'applicabilità a tutte le società (rectius associazioni) dilettantistiche. Si pone il problema se gli altri soggetti dell'ordinamento sportivo, Federazioni ed enti di Promozione sportiva riconosciuti dal Coni, nei cui confronti appariva senza dubbio applicabile la vecchia legge n. 80/1986, possano godere dei benefici di questa disciplina sui compensi. Si ritiene di poter dare risposta positiva per il principio della eadem ratio in quanto sia le Federazioni sportive nazionali (a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 242/1999 ), sia gli enti di promozione sportiva rientrano, unitamente alle associazioni sportive dilettantistiche, nella categoria degli enti non commerciali di cui all' art. 87 lett. c) del Tuir ai fini tributari ed in quella degli enti associativi ai fini civilistici. In considerazione delle nuove disposizioni previste nel Collegato fiscale alla manovra finanziaria del 2000, i soggetti che corrispondono i redditi prima richiamati, devono assoggettarli a ritenuta

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nella misura fissata dal primo scaglione di reddito Irpef maggiorata delle addizionali di compartecipazione all'Irpef come segue: · ritenuta a titolo d'imposta per la parte imponibile fino a lire 40.000.000, pari a euro 20.658,28; · ritenuta a titolo di acconto per la parte che eccede il suddetto limite. Esempio Compensi erogati per lire 80.000.000, pari ad euro 41.316,55 · 10.000.000, pari ad euro 5.164,57, non imponibili; · 40.000.000, pari a euro 20.658,28, soggetti a ritenuta a titolo d'imposta con aliquota del 1° scaglione Irpef; · 30.000.000, pari a euro 15.493,71, soggetti a ritenuta a titolo d'acconto con aliquota del 1° scaglione Irpef. Il percipiente dovrà provvedere alla redazione della dichiarazione dei redditi escludendo da tassazione i primi 10.000.000, pari a euro 5.164,57, ed assoggettando i compensi sui quali è stata calcolata la ritenuta d'acconto determinando l'aliquota ai sensi dell' art. 11 del T.U.I.R .. La Risoluzione Ministeriale n. 39/E del 3 aprile 2001 spiega che i percipienti hanno obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi quando le indennità di trasferta, i premi ed i compensi superano complessivamente la soglia di lire 50 milioni, pari ad euro 25.822,84, e quando pur non superando la soglia indicata, esse non costituiscono l'unico reddito del percipiente. In presenza di altri redditi, infatti, le somme corrisposte nell'esercizio diretto dell'attività sportiva dilettantistica, assoggettate a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, devono essere evidenziate in sede di dichiarazione dei redditi ai fini della determinazione dell'aliquota per scaglioni di reddito applicabile.

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Documentazione

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(estratto) D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917

TESTO UNICO DELLE IMPOSTE SUI REDDITI Art. 87 - Soggetti passivi 1. Sono soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche: a) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato; b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali; c) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali; d) le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato. 2. Tra gli enti diversi dalle società, di cui alle lettere b) e c) del comma 1, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi nei confronti delle quali il presupposto dell'imposta si verifichi in modo unitario e autonomo. Tra le società e gli enti di cui alla lettera d) del comma 1 sono comprese anche le società e le associazioni indicate nell'articolo 5. 3. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale nel territorio dello Stato. 4. L'oggetto esclusivo o principale dell'ente residente è determinato in base alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l'attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto. 4-bis. In mancanza dell'atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l'oggetto principale dell'ente residente è determinato in base all'attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti. Art. 108 - Reddito Complessivo 1. Il reddito complessivo degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 87 è formato dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti dall'imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva. Per i medesimi enti non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell'articolo 2195 del codice civile rese in conformità alle finalità istituzionali dell'ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione. 2. Il reddito complessivo è determinato secondo le disposizioni dell'articolo 8. 2-bis. Non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 87: a) i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione; b) i contributi corrisposti da amministrazioni pubbliche ai predetti enti per lo svolgimento convenzionato o in regime di accreditamento di cui all'articolo 8, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come sostituito dall'articolo 9, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, di attività aventi finalità sociali esercitate in conformità ai fini istituzionali degli enti stessi. Art. 109 - Determinazione dei redditi 1. I redditi e le perdite che concorrono a formare il reddito complessivo degli enti non commerciali sono determinati distintamente per ciascuna categoria in base al risultato complessivo di tutti i cespiti che vi rientrano. Si applicano, se nel presente capo non è diversamente stabilito, le disposizioni del titolo I relative ai redditi delle varie categorie. 2. Per l'attività commerciale esercitata gli enti non commerciali hanno l'obbligo di tenere la contabilità separata. 3. Per l'individuazione dei beni relativi all'impresa si applicano le disposizioni di cui all'articolo 77, commi 1 e 3-bis. 3-bis. Le spese e gli altri componenti negativi relativi a beni e servizi adibiti promiscuamente all'esercizio di attività commerciali e di altre attività sono deducibili per la parte del loro importo che corrisponde al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi; per gli immobili utilizzati promiscuamente è deducibile la rendita catastale o il canone di locazione anche finanziaria per la parte del loro ammontare che corrisponde al predetto rapporto. 4. Per gli enti religiosi di cui all'articolo 26 della legge 20 maggio 1985, n. 222, che esercitano attività commerciali, le spese relative all'opera prestata in via continuativa dai loro membri sono determinate con i criteri ivi previsti. 4-bis. . Gli enti soggetti alle disposizioni in materia di contabilità pubblica sono esonerati dallobbligo di tenere la contabilità separata qualora siano osservate le modalità previste per la contabilità pubblica obbligatoria tenuta a norma di legge dagli stessi enti. Art. 109-bis - Regime forfetario degli enti non commerciali 1. Fatto salvo quanto previsto, per le associazioni sportive dilettantistiche, dalla legge 16 dicembre 1991, n. 398, e, per le associazioni senza scopo di lucro e per le pro-loco, dall'articolo 9-bis del decreto-legge 30 dicembre 1991, n. 417,

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convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1962 (rectius: 1992, n.d.r.), n. 66, gli enti non commerciali ammessi alla contabilità semplificata ai sensi dell'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, possono optare per la determinazione forfetaria del reddito d'impresa, applicando all'ammontare dei ricavi conseguiti nell'esercizio di attività commerciali il coefficiente di redditività corrispondente alla classe di appartenenza secondo la tabella seguente ed aggiungendo l'ammontare dei componenti positivi del reddito di cui agli articoli 54, 55, 56 e 57: a) attività di prestazioni di servizi: 1) fino a lire 30.000.000, coefficiente 15 per cento; 2) da lire 30.000.001 a lire 360.000.000, coefficiente 25 per cento; b) altre attività: 1) fino a lire 50.000.000, coefficiente 10 per cento; 2) da lire 50.000.001 a lire 1.000.000.000, coefficiente 15 per cento. 2. Per i contribuenti che esercitano contemporaneamente prestazioni di servizi ed altre attività il coefficiente si determina con riferimento all'ammontare dei ricavi relativi all'attività prevalente. In mancanza della distinta annotazione dei ricavi si considerano prevalenti le attività di prestazioni di servizi. 3. Il regime forfetario previsto nel presente articolo si estende di anno in anno qualora i limiti indicati al comma 1 non vengano superati. 4. L'opzione è esercitata nella dichiarazione annuale dei redditi ed ha effetto dall'inizio del periodo d'imposta nel corso del quale è esercitata fino a quando non è revocata e comunque per un triennio. La revoca dell'opzione è effettuata nella dichiarazione annuale dei redditi ed ha effetto dall'inizio del periodo d'imposta nel corso del quale la dichiarazione stessa è presentata. 5. Gli enti che intraprendono l'esercizio d'impresa commerciale esercitano l'opzione nella dichiarazione da presentare ai sensi dell'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. Art. 110 - Oneri deducibili 1. Dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione del reddito d'impresa che concorre a formarlo, gli oneri indicati alle lettere a), f), e g) del comma 1 dell'articolo 10. Per l'imposta di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, la deduzione è ammessa, per quote costanti, nell'esercizio in cui avviene il pagamento e nei quattro successivi. In caso di rimborso degli oneri dedotti ai sensi del presente articolo, le somme corrispondenti concorrono a formare il reddito complessivo del periodo di imposta nel quale l'ente ha conseguito il rimborso. Art. 110-bis - Detrazione d'imposta per oneri 1. Dall'imposta lorda si detrae fino alla concorrenza del suo ammontare un importo pari al 19% degli oneri indicati alle lettere a), g), h), h-bis), i) ed i-bis) del comma 1 dell'articolo 13-bis. La detrazione spetta a condizione che i predetti oneri non siano deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo. In caso di rimborso degli oneri per i quali si è fruito della detrazione, l'imposta dovuta per il periodo nel quale l'ente ha conseguito il rimborso è aumentata di un importo pari al 19 % dell'onere rimborsato. Art. 111 - Enti di tipo associativo 1. Non è considerata commerciale l'attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo. Le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo. 2. Si considerano tuttavia effettuate nell'esercizio di attività commerciali, salvo il disposto del secondo periodo del comma 1 dell'articolo 108, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi agli associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti del reddito di impresa o come redditi diversi secondo che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità. 3. Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché‚ le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati.(...) 4. La disposizione del comma 3 non si applica per le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita, per le somministrazioni di pasti, per le erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore, per le prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito e per le prestazioni di servizi portuali e aeroportuali né per le prestazioni effettuate nell'esercizio delle seguenti attività: a) gestione di spacci aziendali e di mense; b) organizzazione di viaggi e soggiorni turistici; c) gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale; d) pubblicità commerciale; e) telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari. 4-bis. Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, non si considerano

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commerciali, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l'attività istituzionale, da bar ed esercizi similari e l'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, sempreché‚ le predette attività siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e siano effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3. 4-ter. L'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici di cui al comma 4-bis non è considerata commerciale anche se effettuata da associazioni politiche, sindacali e di categoria, nonché‚ da associazioni riconosciute dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, sempreché‚ sia effettuata nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3. 4-quater. Per le organizzazioni sindacali e di categoria non si considerano effettuate nell'esercizio di attività commerciali le cessioni delle pubblicazioni, anche in deroga al limite di cui al comma 3, riguardanti i contratti collettivi di lavoro, nonché‚ l'assistenza prestata prevalentemente agli iscritti, associati o partecipanti in materia di applicazione degli stessi contratti e di legislazione sul lavoro, effettuate verso pagamento di corrispettivi che in entrambi i casi non eccedano i costi di diretta imputazione. 4-quinquies. Le disposizioni di cui ai commi 3, 4-bis, 4-ter e 4-quater si applicano a condizione che le associazioni interessate si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata: a) divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché‚ fondi, riserve o capitale durante la

vita dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge; b) obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione

con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo di cui all'articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;

c) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione;

d) obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;

e) eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all'articolo 2532, secondo comma, del codice civile, sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti;

f) intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa.

4-sexies. Le disposizioni di cui alle lettere c) ed e) del comma 4-quinquies non si applicano alle associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché‚ alle associazioni politiche, sindacali e di categoria. Art. 111-bis - Perdita della qualifica di ente non commerciale 1. Indipendentemente dalle previsioni statutarie, l'ente perde la qualifica di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d'imposta. 2. Ai fini della qualificazione commerciale dell'ente si tiene conto anche dei seguenti parametri: a) prevalenza delle immobilizzazioni relative all'attività commerciale, al netto degli ammortamenti, rispetto alle restanti attività; b) prevalenza dei ricavi derivanti da attività commerciali rispetto al valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attività istituzionali; c) prevalenza dei redditi derivanti da attività commerciali rispetto alle entrate istituzionali, intendendo per queste ultime i contributi, le sovvenzioni, le liberalità e le quote associative; d) prevalenza delle componenti negative inerenti all'attività commerciale rispetto alle restanti spese. 3. Il mutamento di qualifica opera a partire dal periodo d'imposta in cui vengono meno le condizioni che legittimano le agevolazioni e comporta l'obbligo di comprendere tutti i beni facenti parte del patrimonio dell'ente nell'inventario di cui all'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. L'iscrizione nell'inventario deve essere effettuata entro sessanta giorni dall'inizio del periodo d'imposta in cui ha effetto il mutamento di qualifica secondo i criteri di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1974, n. 689. 4. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano agli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili. Art. 111-ter - Organizzazioni non lucrative di utilità sociale 1. Per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), ad eccezione delle società cooperative, non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale. 2. I proventi derivanti dall'esercizio delle attività direttamente connesse non concorrono alla formazione del reddito imponibile.

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(estratto)

D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 Istituzione e disciplina dell'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO

Articolo 4 - Esercizio Di Imprese Per esercizio di imprese si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività commerciali o agricole di cui agli artt. 2135 e 2195 del codice civile, anche se non organizzate in forma di impresa, nonché l'esercizio di attività, organizzate in forma di impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell'articolo 2195 del codice civile. Si considerano in ogni caso effettuate nell'esercizio di imprese: 1) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice, dalle società per azioni e in accomandita per azioni, dalle società a responsabilità limitata, dalle società cooperative, di mutua assicurazione e di armamento, dalle società estere di cui all'art. 2507 del codice civile e dalle società di fatto; 2) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte da altri enti pubblici e privati, compresi i consorzi, le associazioni o altre organizzazioni senza personalità giuridica e le società semplici, che abbiano per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole. Si considerano effettuate in ogni caso nell'esercizio di imprese, a norma del precedente comma, anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte dalle società e dagli enti ivi indicati ai propri soci, associati o partecipanti. Per gli enti indicati al n. 2) del secondo comma, che non abbiano per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali o agricole, si considerano effettuate nell'esercizio di imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell'esercizio di attività commerciali o agricole. Si considerano fatte nell'esercizio di attività commerciali anche le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, ad esclusione di quelle effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, anche se rese nei confronti di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di una unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali. Agli effetti delle disposizioni di questo articolo sono considerate in ogni caso commerciali, ancorché esercitate da enti pubblici, le seguenti attività: a) cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita, escluse le pubblicazioni delle associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona cedute prevalentemente ai propri associati; b) erogazione di acqua, gas, energia elettrica e vapore; c) gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale; d) gestione di spacci aziendali, gestione di mense e somministrazione di pasti; e) trasporto e deposito di merci; f) trasporto di persone; g) organizzazione di viaggi e soggiorni turistici; prestazioni alberghiere o di alloggio; h) servizi portuali e aeroportuali; i) pubblicità commerciale; l) telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari. Non sono invece considerate attività commerciali: le operazioni relative all'oro e alle valute estere, compresi i depositi anche in conto corrente, di cui siano parti la Banca d'Italia, l'Ufficio italiano dei cambi o le banche agenti; la gestione, da parte delle Amministrazioni militari o dei corpi di polizia, di mense e spacci riservati al proprio personale ed a quello dei Ministeri da cui dipendono, ammesso ad usufruirne per particolari motivi inerenti al servizio; la prestazione alle imprese consorziate o socie, da parte di consorzi o cooperative, di garanzie mutualistiche e di servizi concernenti il controllo qualitativo dei prodotti, compresa l'applicazione di marchi di qualità; le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche dai partiti politici rappresentati nelle Assemblee nazionali e regionali; le cessioni di beni e prestazioni di servizi poste in essere dalla Presidenza della Repubblica, dal Senato della Repubblica, dalla Camera dei deputati e dalla Corte costituzionale, nel perseguimento delle proprie finalità istituzionali; le prestazioni sanitarie soggette al pagamento di quote di partecipazione alla spesa sanitaria erogate dalle unità sanitarie locali e dalle aziende ospedaliere del Servizio sanitario nazionale. Non sono considerate , inoltre, attività commerciali, anche in deroga al secondo comma: a) il possesso e la gestione di unità immobiliare classificate o classificabili nella categoria catastale A e le loro pertinenze, ad esclusione delle unità classificate o classificabili nella categoria catastale A10, di unità da diporto, di aeromobili da turismo o di qualsiasi altro mezzo di trasporto ad uso privato, di complessi sportivi o ricreativi, compresi quelli destinati all'ormeggio, al ricovero e al servizio di unità da diporto, da parte di società o enti, qualora la partecipazione ad essi consenta, gratuitamente o verso un corrispettivo inferiore al valore normale, il godimento, personale, o familiare dei beni e degli impianti stessi, ovvero quando tale godimento sia conseguito indirettamente dai

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soci o partecipanti, alle suddette condizioni, anche attraverso la partecipazione ad associazioni, enti o altre organizzazioni; b) il possesso, non strumentale né accessorio ad altre attività esercitate, di partecipazioni o quote sociali, di obbligazioni o titoli similari, costituenti immobilizzazioni, al fine di percepire dividendi, interessi o altri frutti, senza strutture dirette ad esercitare attività finanziaria, ovvero attività di indirizzo, di coordinamento o altri interventi nella gestione delle società partecipate. Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'art. 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, non si considera commerciale, anche se effettuata verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l'attività istituzionale, da bar ed esercizi similari, sempreché tale attività sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e sia effettuata nei confronti degli stessi soggetti indicati nel secondo periodo del quarto comma. Le disposizioni di cui ai commi quarto, secondo periodo, e sesto si applicano a condizione che le associazioni interessate si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata: a. divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita

dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge; b. obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione

con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo di cui all'art. 3, comma 190 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;

c. disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo escludendo espressamente ogni limitazione in funzione della temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione;

d. obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;

e. eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all'art. 2532, secondo comma, del codice civile, sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti;

f. intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa.

Le disposizioni di cui alle lettere c) ed e) del settimo comma non si applicano alle associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché alle associazioni politiche, sindacali e di categoria. Le disposizioni sulla perdita della qualifica di ente non commerciale di cui all'art. 111-bis del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si applicano anche ai fini dell'imposta sul valore aggiunto.

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Legge 16 dicembre 1991, n. 398 LEGGE QUADRO ASSOCIAZIONI SPORTIVE DILETTANTISTICHE SENZA FINI DI LUCRO

Articolo 1 1. Le associazioni sportive e relative sezioni non aventi scopo di lucro, (quanto previsto da questa legge è stato esteso a tutte le associazioni senza fini di lucro da art. 9-bis D.L. 30/12/1991 n. 417)affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti ai sensi delle leggi vigenti, che svolgono attività sportive dilettantistiche e che nel periodo d'imposta precedente hanno conseguito dall'esercizio di attività commerciali proventi per un importo non superiore a lire 125.467.000, possono optare per l'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche e dell'imposta locale sui redditi secondo le disposizioni di cui all'articolo 2. L'opzione è esercitata mediante comunicazione a mezzo lettera raccomandata da inviare al competente ufficio dell'imposta sul valore aggiunto; essa ha effetto dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è esercitata, fino a quando non sia revocata e, in ogni caso, per almeno un triennio. I soggetti che intraprendono l'esercizio di attività commerciali esercitano l'opzione nella dichiarazione da presentare ai sensi dell'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26-10-1972, n. 633, e successive modificazioni. L'opzione ha effetto anche ai fini delle imposte sui redditi e di essa deve essere data comunicazione agli uffici delle imposte dirette entro i trenta giorni successivi. 2. Nei confronti dei soggetti che hanno esercitato l'opzione di cui al comma 1 e che nel corso del periodo d'imposta hanno superato il limite di lire 125.467.000, cessano di applicarsi le disposizioni della presente legge con effetto dal mese successivo a quello in cui il limite è superato. 3. Entro il 30 settembre di ciascun anno, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, si procede alla ricognizione della variazione percentuale del valore medio dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati relativo al periodo di dodici mesi terminante il 31 agosto di ciascun anno rispetto al valore medio del medesimo indice rilevato con riferimento allo stesso periodo dell'anno precedente. Con il medesimo decreto si stabilisce l'adeguamento del limite di lire 125.467.000 di cui ai commi 1 e 2 nella stessa misura della variazione percentuale del valore medio dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati. Articolo 2 1. I soggetti di cui all'articolo 1 che hanno esercitato l'opzione sono esonerati dagli obblighi di tenuta delle scritture contabili prescritti dagli articoli 14, 15, 16, 18 e 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29-9-1973, n. 600, e successive modificazioni. Sono, altresì, esonerati dagli obblighi di cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 26-10-1972, n. 633. 2. I soggetti che fruiscono dell'esonero devono annotare nella distinta d'incasso o nella dichiarazione di incasso previste, rispettivamente, dagli articoli 8 e 13 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, opportunamente integrate, qualsiasi provento conseguito nell'esercizio di attività commerciali. 3. Per i proventi di cui al comma 2, soggetti all'imposta sul valore aggiunto, l'imposta continua ad applicarsi con le modalità di cui all'articolo 74, quinto comma del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. 4. Le fatture emesse e le fatture di acquisto devono essere numerate progressivamente per anno solare e conservate a norma dell'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e dell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Sono fatte salve le disposizioni previste dalla legge 10 maggio 1976, n. 249, in materia di ricevuta fiscale, dal decreto del Presidente della Repubblica 6 ottobre 1978, n. 627, in materia di documento di accompagnamento dei beni viaggianti, nonché della legge 26 gennaio 1983, n. 18, in materia di scontrino fiscale. 5. In deroga alle disposizioni contenute nel testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22-12-1986, n. 917, il reddito imponibile dei soggetti di cui all'articolo 1 è determinato applicando all'ammontare dei proventi conseguiti nell'esercizio di attività commerciali il coefficiente di redditività del 6 per cento e aggiungendo le plusvalenze patrimoniali. 6. Con decreto del Ministro delle finanze, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, saranno approvati i modelli di distinta e di dichiarazione d'incasso di cui al comma 2 e stabilite le relative modalità di compilazione. Articolo 3 1. L'indennità di preparazione e promozione di cui all'articolo 6 della legge 23-3-1981, n. 91, percepita dai soggetti di cui all'articolo 1, non concorre alla determinazione del reddito dei soggetti stessi. Articolo 4 1. Le cessioni dei diritti alle prestazioni sportive degli atleti effettuate dalle associazioni sportive di cui alla presente legge sono soggette all'imposta sul valore aggiunto con l'aliquota del 9 per cento. Inserimento atti normativi La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

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D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460 Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali

e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale. (pubblicato su G.U. n. 1 del 2 gennaio 1998, Supplemento Ordinario n. 1/L)

SEZIONE I Modifiche alla disciplina degli enti non commerciali in materia di imposte sul reddito e di imposta sul valore aggiunto ART. 1 - QUALIFICAZIONE DEGLI ENTI E DETERMINAZIONE DEI CRITERI PER INDIVIDUARNE L'OGGETTO ESCLUSIVO O PRINCIPALE DI ATTIVITÀ 1. Nel testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, all'articolo 87, il comma 4 è sostituito dai seguenti:

4. L'oggetto esclusivo o principale dell'ente residente è determinato in base alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l'attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto. "4-bis. In mancanza dell'atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l'oggetto principale dell'ente residente è determinato in base all'attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti".

ART. 2 - OCCASIONALI RACCOLTE PUBBLICHE DI FONDI E CONTRIBUTI PER LO SVOLGIMENTO CONVENZIONATO DI ATTIVITÀ 1. Nell'articolo 108, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concernente il reddito complessivo degli enti non commerciali, dopo il comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente: "2-bis. Non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 87: a) i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte

di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;

b) i contributi corrisposti da amministrazioni pubbliche ai predetti enti per lo svolgimento convenzionato o in regime di accreditamento di cui all'articolo 8, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502, come sostituito dall'articolo 9, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, di attività aventi finalità sociali esercitate in conformità ai fini istituzionali degli enti stessi ".

2. Le attività indicate nell'articolo 108, comma 2-bis, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal comma 1, fermo restando il regime di esclusione dall'imposta sul valore aggiunto, sono esenti da ogni altro tributo. 3. Con decreto del ministro delle Finanze, da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, possono essere stabiliti condizioni e limiti affinché l'esercizio delle attività di cui all'articolo 108, comma 2-bis lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, possa considerarsi occasionale. ART. 3 - DETERMINAZIONE DEI REDDITI E CONTABILITÀ SEPARATA 1. All'articolo 109 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concernente la determinazione dei redditi degli enti non commerciali, sono apportate le seguenti modificazioni: a) i commi 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti: 2. Per l'attività commerciale esercitata gli enti non commerciali hanno l'obbligo di tenere la contabilità separata. 3. Per l'individuazione dei beni relativi all'impresa si applicano le disposizioni di cui all'articolo 77, commi 1 e 3-bis. "3-bis. Le spese e gli altri componenti negativi relativi a beni e servizi adibiti promiscuamente all'esercizio di attività commerciali e di altre attività, sono deducibili per la parte del loro importo che corrisponde al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi; per gli immobili utilizzati promiscuamente è deducibile la rendita catastale o il canone di locazione anche finanziaria per la parte del loro ammontare che corrisponde al predetto rapporto "; b) il comma 4-bis è sostituito dal seguente: "4-bis. Gli enti soggetti alle disposizioni in materia di contabilità pubblica sono esonerati dall'obbligo di tenere la contabilità separata qualora siano osservate le modalità previste per la contabilità pubblica obbligatoria tenuta a norma di legge dagli stessi enti.". ART. 4 - REGIME FORFETARIO DI DETERMINAZIONE DEL REDDITO 1. Nel testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo l'articolo 109 è inserito il seguente:

Articolo 109-bis - (Regime forfetario degli enti non commerciali) 1. Fatto salvo quanto previsto, per le associazioni sportive dilettantistiche, dalla legge 16 dicembre 1991 n. 398, e, per le associazioni senza scopo di lucro e per le pro-loco, dall'articolo 9-bis del decreto legge 30 dicembre 1991 n. 417, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1962, n. 66, gli enti non commerciali ammessi

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alla contabilità semplificata ai sensi dell'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, possono optare per la determinazione forfetaria del reddito d'impresa, applicando all'ammontare dei ricavi conseguiti nell'esercizio di attività commerciali il coefficiente di redditività corrispondente alla classe di appartenenza secondo la tabella seguente ed aggiungendo l'ammontare dei componenti positivi del reddito di cui agli articoli 54, 55, 56,e 57: a) attività di prestazioni di servizi: 1) fino a lire 30.000.000, coefficiente 15 per cento; 2) da lire 30.000.001 a lire 360.000.000, coefficiente 25 per cento; b) altre attività: 1) fino a lire 50.000.000, coefficiente 10 per cento; 2) da lire 50.000.001 a lire 1.000.000.000, coefficiente 15 per cento.

2. Per i contribuenti che esercitano contemporaneamente prestazioni di servizi ed altre attività il coefficiente si determina con riferimento all'ammontare dei ricavi relativi all'attività prevalente. In mancanza della distinta annotazione dei ricavi si considerano prevalenti le attività di prestazioni di servizi. 3. Il regime forfetario previsto nel presente articolo si estende di anno in anno qualora i limiti indicati al comma 1 non vengano superati. 4. L'opzione è esercitata nella dichiarazione annuale dei redditi ed ha effetto dall'inizio del periodo d'imposta nel corso del quale è esercitata fino a quando non è revocata e comunque per un triennio. La revoca dell'opzione è effettuata nella dichiarazione annuale dei redditi ed ha effetto dall'inizio del periodo d'imposta nel corso del quale la dichiarazione stessa è presentata. 5. Gli enti che intraprendono l'esercizio d'impresa commerciale esercitano l'opzione nella dichiarazione da presentare ai sensi dell'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.". ART. 5 - ENTI DI TIPO ASSOCIATIVO 1. All'articolo 111 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concernente l'attività svolta dagli enti di tipo associativo, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 3 è sostituito dal seguente: "3. Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, degli associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati."; b) dopo il comma 4, sono aggiunti, in fine, i seguenti: "4-bis. Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287 , le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal ministero dell'Interno, non si considerano commerciali, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l'attività istituzionale, da bar ed esercizi similari e l'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, semprechè le predette attività siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e siano effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3. 4-ter. L'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici di cui al comma 4-bis non è considerata commerciale anche se effettuata da associazioni politiche, sindacali e di categoria, nonché da associazioni riconosciute dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, semprechè sia effettuata nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3. 4-quater. Per le organizzazioni sindacali e di categoria non si considerano effettuate nell'esercizio di attività commerciali le cessioni delle pubblicazioni, anche in deroga al limite di cui al comma 3, riguardanti i contratti collettivi di lavoro, nonché l'assistenza prestata prevalentemente agli iscritti, associati o partecipanti in materia di applicazione degli stessi contratti e di legislazione sul lavoro, effettuate verso pagamento di corrispettivi che in entrambi i casi non eccedano i costi di diretta imputazione. 4-quinquies. Le disposizioni di cui ai commi 3, 4-bis, 4-ter e 4-quater si applicano a condizione che le associazioni interessate si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata: a) divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale

durante la vita dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge ;

b) obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo di cui

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all'articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 , e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;

c) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo , escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione ;

d) obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie ;

e) eleggibilità libera degli organi amministrativi , principio del voto singolo di cui all'articolo 2532, secondo comma, del Codice civile, sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti ;

f) intrasmissibilità della quota o contributo associativo a eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa.

4-sexies. Le disposizioni di cui alle lettere c) ed e) del comma 4-quinquies non si applicano alle associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché alle associazioni politiche, sindacali e di categoria.".

2. Nell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, relativo all'esercizio di imprese ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel quarto comma, secondo periodo, relativo al trattamento di talune cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate da enti di tipo associativo, le parole: "e sportive" sono sostituite dalle seguenti: "sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona"; nello stesso comma, il terzo periodo è soppresso; b) nel quinto comma, lettera a), relativo al trattamento delle pubblicazioni curate da enti di tipo associativo, le parole "e sportive" sono sostituite dalle seguenti: "sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona"; c) dopo il quinto comma, sono aggiunti, in fine, i seguenti: " Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e) della legge 25 agosto 1991, n. 287 , le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal ministero dell'Interno, non si considera commerciale, anche se effettuata verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l'attività istituzionale, da bar ed esercizi similari, semprechè tale attività sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e sia effettuata nei confronti degli stessi soggetti indicati nel secondo periodo del quarto comma.

Le disposizioni di cui ai commi quarto, secondo periodo, e sesto si applicano a condizione che le associazioni interessate si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata : a) divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita

dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge; b) obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione

con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo di cui all'articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge;

c) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo , escludendo espressamente ogni limitazione in funzione della temporaneità della partecipazione alla vita associativa a tempo determinato e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione;

d) obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;

e) eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all'articolo 2532, secondo comma, del Codice civile , sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti ;

f) intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa.

Le disposizioni di cui alle lettere c) ed e) del settimo comma non si applicano alle associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché alle associazioni politiche, sindacali e di categoria.". 3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto , le associazioni costituite prima della predetta data predispongono o adeguano il proprio statuto, ai sensi dell'articolo 111, comma 4-quinquies , del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato

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dal comma 1, lettera b), e ai sensi dell'articolo 4, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, come modificato dal comma 2, lettera b). 4. Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, il termine di cui al comma 3 è di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. ART. 6 - PERDITA DELLA QUALIFICA DI ENTE NON COMMERCIALE 1. Nel Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo l'articolo 111, è inserito il seguente:

"Articolo 111-bis - (Perdita della qualifica di ente non commerciale) 1. Indipendentemente dalle previsioni statutarie, l'ente perde la qualifica di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d'imposta. 2. Ai fini della qualificazione commerciale dell'ente si tiene conto anche dei seguenti parametri: a) prevalenza delle immobilizzazioni relative all'attività commerciale, al netto degli ammortamenti, rispetto

alle restanti attività; b) prevalenza dei ricavi derivanti da attività commerciali rispetto al valore normale delle cessioni o

prestazioni afferenti le attività istituzionali; c) prevalenza dei redditi derivanti da attività commerciali rispetto alle entrate istituzionali, intendendo per

queste ultime i contributi, le sovvenzioni, le liberalità e le quote associative; d) prevalenza delle componenti negative inerenti all'attività commerciale rispetto alle restanti spese.

3. Il mutamento di qualifica opera a partire dal periodo d'imposta in cui vengono meno le condizioni che legittimano le agevolazioni e comporta l'obbligo di comprendere tutti i beni facenti parte del patrimonio dell'ente nell'inventario di cui all'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. L'iscrizione nell'inventario deve essere effettuata entro sessanta giorni dall'inizio del periodo di imposta in cui ha effetto il mutamento di qualifica secondo i criteri di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1974, n. 689. 4. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano agli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili.".

2. Nel decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, all'articolo 4, dopo l'ultimo comma, è aggiunto il seguente: "Le disposizioni sulla perdita della qualifica di ente non commerciale di cui all'articolo 111-bis del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si applicano anche ai fini dell'imposta sul valore aggiunto.". ART. 7 - ENTI NON COMMERCIALI NON RESIDENTI 1. All'articolo 114 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, riguardante gli enti non commerciali non residenti nel territorio dello Stato, nel comma 2, le parole "senza tenerne contabilità separata si applicano le disposizioni dei commi 2 e 3 dell'articolo 109 " sono sostituite dalle seguenti: "si applicano le disposizioni dei commi 2, 3 e 3-bis dell'articolo 109.". ART. 8 - SCRITTURE CONTABILI DEGLI ENTI NON COMMERCIALI 1. Nell'articolo 20 decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, riguardante le scritture contabili degli enti non commerciali, dopo il primo comma sono aggiunti i seguenti: "Indipendentemente alla redazione del rendiconto annuale economico e finanziario, gli enti non commerciali che effettuano raccolte pubbliche di fondi devono redigere, entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio, un apposito e separato rendiconto tenuto e conservato ai sensi dell'articolo 22, dal quale devono risultare, anche a mezzo di una relazione illustrativa, in modo chiaro e trasparente, le entrate e le spese relative a ciascuna delle celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione indicate nell'articolo 108, comma 2-bis, lettera a), Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Gli enti soggetti alla determinazione forfetaria del reddito ai sensi del comma 1 dell'articolo 109-bis del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che abbiano conseguito nell'anno solare precedente ricavi non superiori a lire 30 milioni, relativamente alle attività di prestazione di servizi, ovvero a lire 50 milioni negli altri casi, assolvono gli obblighi contabili di cui all'articolo 18, secondo le disposizioni di cui al comma 166 dell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 ". ART. 9 - AGEVOLAZIONI TEMPORANEE PER IL TRASFERIMENTO DI BENI PATRIMONIALI 1. Il trasferimento a titolo gratuito di aziende o beni a favore di enti non commerciali, con atto sottoposto a registrazione entro il 30 settembre 1998, è esente dalle imposte sulle successioni e donazioni, ipotecaria e catastale, sull'incremento del valore degli immobili e relativa imposta sostitutiva, non dà luogo, ai fini delle imposte sui redditi, a realizzo o a distribuzione di plusvalenze e minusvalenze, comprese quelle relative alle rimanenze e compreso il valore di avviamento, né costituisce presupposto per la tassazione di sopravvenienze attive nei confronti dell'ente cessionario, a condizione che l'ente dichiari nell'atto che intende utilizzare direttamente i beni per lo svolgimento della propria attività. Qualora il trasferimento abbia a oggetto l'unica azienda dell'imprenditore cedente, questi ha l'obbligo di affrancare le riserve o fondi in sospensione d'imposta eventualmente costituiti in precedenza previo pagamento di un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche ovvero dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche, dell'imposta locale sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto pari al 25 per cento, secondo le modalità determinate

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con decreto del ministro delle Finanze. Per i saldi attivi di rivalutazione costituiti ai sensi delle leggi 29 dicembre 1990, n. 408 e 30 dicembre 1991, n. 413, recanti disposizioni tributarie per la rivalutazione dei beni, lo smobilizzo di riserve e di fondi e per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, l'imposta sostitutiva è stabilita con l'aliquota del 10 per cento e non spetta il credito d'imposta previsto dall'articolo 4, comma 5, della predetta legge n. 408 del 1990 e dall'articolo 26, comma 5, della predetta legge n. 413 del 1991; le riserve e i fondi indicati nelle lettere b) e c) del comma 7 dell'articolo 105 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono assoggettati a imposta sostitutiva della maggiorazione di conguaglio con l'aliquota, rispettivamente, del 5 per cento e del 10 per cento. 2. L'ente non commerciale che alla data di entrata in vigore del presente decreto utilizzi beni immobili strumentali di cui al primo periodo del comma 2 dell'articolo 40 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, può, entro il 30 settembre 1998, optare per l'esclusione dei beni stessi dal patrimonio dell'impresa, mediante il pagamento di una somma a titolo di imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche, dell'imposta locale sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nella misura del 5 per cento del valore dell'immobile medesimo, determinato con i criteri di cui all'articolo 52, comma 4, del Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, nel caso in cui gli stessi provengano dal patrimonio personale, e del 10 per cento nel caso di acquisto in regime di impresa. Per bene proveniente dal patrimonio si intende il bene di proprietà dell'ente stesso non acquistato nell'esercizio di impresa indipendentemente dall'anno di acquisizione e dal periodo di tempo intercorso tra l'acquisto e l'utilizzazione nell'impresa. 3. Con decreto del ministro delle Finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite le modalità di presentazione della dichiarazione di opzione e di versamento delle imposte sostitutive previste ai commi 1 e 2.

SEZIONE II - Disposizioni riguardanti le organizzazioni non lucrative di utilità sociale ART. 10 - ORGANIZZAZIONI NON LUCRATIVE DI UTILITÀ SOCIALE 1. Sono organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus) le associazioni, i comitati, le fondazioni, le società cooperative e gli altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, i cui statuti o atti costitutivi, redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, prevedono espressamente: a) lo svolgimento di attività in uno o più dei seguenti settori :

1) assistenza sociale e socio-sanitaria; 2) assistenza sanitaria; 3) beneficenza; 4) istruzione; 5) formazione; 6) sport dilettantistico; 7) tutela, promozione e valorizzazione delle cose d'interesse artistico e storico di cui alla legge 1° giugno 1939, n. 1089 , ivi comprese le biblioteche e i beni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409 ; 8) tutela e valorizzazione della natura e dell'ambiente, con esclusione dell'attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 ; 9) promozione della cultura e dell'arte; 10) tutela dei diritti civili; 11) ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolta direttamente da fondazioni ovvero da esse affidata ad università, enti di ricerca e altre fondazioni che la svolgono direttamente, in ambiti e secondo modalità da definire con apposito regolamento governativo emanato ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

b) l'esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale; c) il divieto di svolgere attività diverse da quelle menzionate alla lettera a) a eccezione di quelle a esse direttamente connesse; d) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto , utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'organizzazione, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge o siano effettuate a favore di altre Onlus che per legge, statuto o regolamento fanno parte della medesima ed unitaria struttura; e) l'obbligo di impiegare gli utili o gli avanzi di gestione per la realizzazione delle attività istituzionali e di quelle a esse direttamente connesse; f) l'obbligo di devolvere il patrimonio dell'organizzazione, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale o a fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo di cui all'articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 , salvo diversa destinazione imposta dalla legge; g) l'obbligo di redigere il bilancio o rendiconto annuale; h) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli

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associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione; i) l'uso, nella denominazione e in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, della locuzione "organizzazione non lucrativa di utilità sociale" o dell'acronimo "Onlus". 2. Si intende che vengono perseguite finalità di solidarietà sociale quando le cessioni di beni e le prestazioni di servizi relative alle attività statutarie nei settori dell'assistenza sanitaria, dell'istruzione, della formazione, dello sport dilettantistico, della promozione della cultura e dell'arte e della tutela dei diritti civili non sono rese nei confronti di soci, associati o partecipanti, nonché degli altri soggetti indicati alla lettera a) del comma 6, ma dirette ad arrecare benefici a:

a) persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari; b) componenti collettività estere, limitatamente agli aiuti umanitari.

3. Le finalità di solidarietà sociale s'intendono realizzate anche quando fra i beneficiari delle attività statutarie dell'organizzazione vi siano i propri soci, associati o partecipanti o gli altri soggetti indicati alla lettera a) del comma 6, se costoro si trovano nelle condizioni di svantaggio di cui alla lettera a) del comma 2. 4. A prescindere dalle condizioni previste ai commi 2 e 3, si considerano comunque inerenti a finalità di solidarietà sociale le attività statutarie istituzionali svolte nei settori della assistenza sociale e socio-sanitaria, della beneficenza, della tutela, promozione e valorizzazione delle cose d'interesse artistico storico di cui alla legge 1° giugno 1939, n. 1089, ivi comprese le biblioteche e i beni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1963, n. 1409, della tutela e valorizzazione della natura e dell'ambiente con esclusione dell'attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, della ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolte direttamente da fondazioni, in ambiti e secondo modalità da definire con apposito regolamento governativo emanato ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, nonché le attività di promozione della cultura e dell'arte per le quali sono riconosciuti apporti economici da parte dell'amministrazione centrale dello Stato. 5. Si considerano direttamente connesse a quelle istituzionali le attività statutarie di assistenza sanitaria, istruzione, formazione, sport dilettantistico, promozione della cultura e dell'arte e tutela dei diritti civili, di cui ai numeri 2), 4), 5), 6), 9) e 10) del comma 1, lettera a), svolte in assenza delle condizioni previste ai commi 2 e 3, nonché le attività accessorie per natura a quelle statutarie istituzionali, in quanto integrative delle stesse. L'esercizio delle attività connesse è consentito a condizione che, in ciascun esercizio e nell'ambito di ciascuno dei settori elencati alla lettera a) del comma 1, le stesse non siano prevalenti rispetto a quelle istituzionali e che i relativi proventi non superino il 66 per cento delle spese complessive dell'organizzazione. 6. Si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili o di avanzi di gestione:

a) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l'organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell'organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado e ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, effettuate a condizioni più favorevoli in ragione della loro qualità. Sono fatti salvi, nel caso delle attività svolte nei settori di cui ai numeri 7) e 8) della lettera a) del comma 1, i vantaggi accordati a soci, associati o partecipanti e ai soggetti che effettuano erogazioni liberali, e ai loro familiari, aventi significato puramente onorifico e valore economico modico; b) l'acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale; c) la corresponsione ai componenti gli organi amministrativi e di controllo di emolumenti individuali annui superiori al compenso massimo previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 1994, n. 645 e dal decreto legge 21 giugno 1995, n. 239, convertito dalla legge 3 agosto 1995, n. 336, e successive modificazioni e integrazioni , per il presidente del collegio sindacale delle società per azioni; d) la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di 4 punti al tasso ufficiale di sconto; e) la corresponsione ai lavoratori dipendenti di salari o stipendi superiori del 20 per cento rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi di lavoro per le medesime qualifiche.

7. Le disposizioni di cui alla lettera h) del comma 1 non si applicano alle fondazioni, e quelle di cui alle lettere h) ed i) del medesimo comma 1 non si applicano agli enti riconosciuti dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese. 8. Sono in ogni caso considerate Onlus, nel rispetto della loro struttura e della loro finalità, gli organismi di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, iscritti nei registri istituiti dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49, e le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381. Sono fatte salve le previsioni di maggior favore relative agli organismi di volontariato, alle organizzazioni non governative e alle cooperative sociali di cui, rispettivamente, alle citate leggi n. 266 del 1991, n. 49 del 1987 e n. 381 del 1991. 9. Gli enti ecclesiastici delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese e le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287 , le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal ministero dell'Interno, sono considerate Onlus limitatamente all'esercizio

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delle attività elencate alla lettera a) del comma 1, fatta eccezione per la prescrizione di cui alla lettera c) del comma 1, agli stessi enti e associazioni si applicano le disposizioni anche agevolative del presente decreto, a condizione che per tali attività siano tenute separatamente le scritture contabili previste all'articolo 20-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dall'articolo 25, comma 1. 10. Non si considerano in ogni caso Onlus gli enti pubblici, le società commerciali diverse da quelle cooperative, gli enti conferenti di cui alla legge 30 luglio 1990, n. 218 , i partiti e i movimenti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni di datori di lavoro e le associazioni di categoria. ART. 11 - ANAGRAFE DELLE ONLUS E DECADENZA DALLE AGEVOLAZIONI 1. È istituita presso il Ministero delle Finanze l'anagrafe unica delle Onlus. Fatte salve le disposizioni contemplate nel regolamento di attuazione dell'articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, in materia di istituzione del registro delle imprese, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581 , i soggetti che intraprendono l'esercizio delle attività previste all'articolo 10, ne danno comunicazione entro trenta giorni alla direzione regionale delle entrate del ministero delle Finanze nel cui ambito territoriale si trova il loro domicilio fiscale, in conformità ad apposito modello approvato con decreto del ministro delle Finanze. La predetta comunicazione è effettuata entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto da parte dei soggetti che, alla predetta data, già svolgono le attività previste all'articolo 10. Alla medesima direzione deve essere altresì comunicata ogni successiva modifica che comporti la perdita della qualifica di Onlus. 2. L'effettuazione delle comunicazioni di cui al comma 1 è condizione necessaria per beneficiare delle agevolazioni previste dal presente decreto . 3. Con uno o più decreti del ministro delle Finanze da emanarsi, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le modalità d'esercizio del controllo relativo alla sussistenza dei requisiti formali per l'uso della denominazione di Onlus, nonché i casi di decadenza totale o parziale dalle agevolazioni previste dal presente decreto e ogni altra disposizione necessaria per l'attuazione dello stesso. . ART. 12 - AGEVOLAZIONI AI FINI DELLE IMPOSTE SUI REDDITI 1. Nel Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo l'articolo 111-bis, introdotto dall'articolo 6, comma 1, del presente decreto, è inserito il seguente:

"Articolo 111-ter - (Organizzazioni non lucrative di utilità sociale) 1. Per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus), a eccezione delle società cooperative, non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale . 2. I proventi derivanti dall'esercizio delle attività direttamente connesse non concorrono alla formazione del reddito imponibile." .

ART. 13 - EROGAZIONI LIBERALI 1. Al Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 13-bis sono apportate le seguenti modificazioni: 1) nel comma 1, relativo alle detrazioni d'imposta per oneri sostenuti, dopo la lettera i), è aggiunta, in fine, la seguente: "i-bis) le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 4 milioni di lire, a favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus), nonché i contributi associativi, per importo non superiore a lire 2 milioni e 500mila lire, versato dai soci alle società di mutuo soccorso che operano esclusivamente nei settori di cui all'articolo 1 della legge 15 aprile 1886, n. 3818, al fine di assicurare ai soci un sussidio nei casi di malattia, di impotenza al lavoro o di vecchiaia, ovvero, in caso di decesso, un aiuto alle loro famiglie. La detrazione è consentita a condizione che il versamento di tali erogazioni e contributi sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall'articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 , e secondo ulteriori modalità idonee a consentire all'Amministrazione finanziaria lo svolgimento de efficaci controlli, che possono essere stabilite con decreto del ministro delle Finanze da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400."; 2) nel comma 3, relativo alla detrazione proporzionale, in capo ai singoli soci di società semplice, afferente gli oneri sostenuti dalla società medesima, le parole: "Per gli oneri di cui lettere a), g), h) e i)" sono sostituite con le seguenti: "Per gli oneri di cui alle lettere a), g), h), i) ed i-bis)";

b) nell'articolo 65, comma 2, relativo agli oneri di utilità sociale deducibili ai fini della determinazione del reddito d'impresa, dopo la lettera c-quinquies), sono aggiunte, in fine, le seguenti:

"c-sexies) le erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 4 milioni o al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato, a favore delle Onlus; c-septies) le spese relative all'impiego di lavoratori dipendenti, assunti a tempo indeterminato, utilizzati per prestazioni di servizi erogate a favore di Onlus, nel limite del cinque per mille dell'ammontare complessivo delle spese per prestazioni di lavoro dipendente, così come risultano dalla dichiarazione dei redditi.".

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c) nell'articolo 110-bis, comma 1, relativo alle detrazioni d'imposta per oneri sostenuti da enti non commerciali, le parole: "oneri indicati alle lettere a), g), h) e i) del comma 1 dell'articolo 13-bis" sono sostituite dalle seguenti: "oneri indicati alle lettere a), g), h), i), ed i-bis) del comma 1 dell'articolo 13-bis"; d) nell'articolo 113, comma 2-bis, relativo alle detrazioni d'imposta per oneri sostenuti da società ed enti commerciali non residenti, le parole: "oneri indicati alle lettere a), g), h), e i) del comma 1 dell'articolo 13-bis" sono sostituite dalle seguenti: "oneri indicati alle lettere a), g), h), i) ed i-bis) del comma 1 dell'articolo 13-bis"; e) nell'articolo 114, comma 1-bis, relativo alle detrazioni d'imposta per oneri sostenuti dagli enti non commerciali non residenti, le parole: "oneri indicati alle lettere a), g), h), e i) del comma 1 dell'articolo 13-bis" sono sostituite dalle seguenti: "oneri indicati alle lettere a), g), h), i) e i-bis) del comma 1 dell'articolo 13-bis".

2. Le derrate alimentari e i prodotti farmaceutici, alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa, che, in alternativa alla usuale eliminazione del circuito commerciale, vengono ceduti gratuitamente alle Onlus, non si considerano destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ai sensi dell'articolo 53, comma 2, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. 3. I beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività d'impresa diversi da quelli di cui al comma 2, qualora siano ceduti gratuitamente alle Onlus, non si considerano destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ai sensi dell'articolo 53, comma 2, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. La cessione gratuita di tali beni, per importo corrispondente al costo specifico complessivamente non superiore a 2 milioni di lire, sostenuto per la produzione o l'acquisto, si considera erogazione liberale ai fini del limite di cui all'articolo 65, comma 2, lettera c-sexies), del predetto Testo unico. 4. Le disposizioni dei commi 2 e 3 si applicano a condizione che delle singole cessioni sia data preventiva comunicazione, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, al competente Ufficio delle entrate e che la Onlus beneficiaria, in apposita dichiarazione da conservare agli atti dell'impresa cedente, attesti il proprio impegno a utilizzare direttamente i beni in conformità alle finalità istituzionali e, a pena di decadenza dei benefici fiscali previsti dal presente decreto, realizzi l'effettivo utilizzo diretto; entro il quindicesimo giorno del mese successivo, il cedente deve annotare nei registri previsti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto ovvero in apposito prospetto, che tiene luogo degli stessi, la qualità e la quantità dei beni ceduti gratuitamente in ciascun mese. Per le cessioni di beni facilmente deperibili e di modico valore si è esonerati dall'obbligo della comunicazione preventiva. Con decreto del ministro delle Finanze, da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, possono essere stabilite ulteriori condizioni cui subordinare l'applicazione delle richiamate disposizioni. 5. La deducibilità dal reddito imponibile delle erogazioni liberali a favore di organizzazioni non governative di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, prevista dall'articolo 10, comma 1, lettera g), del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è consentita a condizione che per le medesime erogazioni il soggetto erogante non usufruisca delle detrazioni d'imposta di cui all'articolo 13-bis, comma 1, lettera i-bis), del medesimo Testo unico. 6. La deducibilità dal reddito imponibile delle erogazioni liberali previste all'articolo 65, comma 2, lettere a) e b), del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è consentita a condizione che per le medesime erogazioni liberali il soggetto erogante non usufruisca delle deduzioni previste dalla lettera c-sexies) del medesimo articolo 65, comma 2. 7. La deducibilità dal reddito imponibile delle erogazioni liberali previste all'articolo 114, comma 2-bis, lettere a) e b), del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è consentita a condizione che per le medesime erogazioni liberali il soggetto erogante non usufruisca delle detrazioni d'imposta previste dal comma 1-bis, del medesimo articolo 114. ART. 14 - DISPOSIZIONI RELATIVE ALL'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO 1. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, recante la disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, sono apportate le seguenti modificazioni: a) nell'articolo 3, terzo comma, primo periodo, relativo alla individuazione dei soggetti beneficiari di operazioni di divulgazione pubblicitaria che non sono considerate prestazioni di servizi, dopo le parole: "solidarietà sociale", sono inserite le seguenti: "nonché delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus),"; b) all'articolo 10, primo comma, relativo alle operazioni esenti dall'imposta, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) nel numero 12) , dopo le parole: "studio o ricerca scientifica" sono aggiunte, in fine, le seguenti: "e alle Onlus"; 2) nel numero 15) , dopo le parole: "effettuate da imprese autorizzate" sono aggiunte, in fine, le seguenti: "e da Onlus"; 3) nel numero 19) , dopo le parole: "società di mutuo soccorso con personalità giuridica" sono inserite le seguenti: "e da Onlus"; 4) nel numero 20) , dopo le parole: "rese da istituti o scuole riconosciute da pubbliche amministrazioni" sono inserite le seguenti: "e da Onlus"; 5) nel numero 27-ter) , dopo le parole: "o da enti aventi finalità di assistenza sociale" sono inserite le seguenti: "e da Onlus";

c) nell'articolo 19-ter, relativo alla detrazione per gli enti non commerciali, nel secondo comma, le parole: "di cui all'articolo 20" sono sostituite dalle seguenti: "di cui agli articoli 20 e 20-bis".

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ART. 15 - CERTIFICAZIONE DEI CORRISPETTIVI AI FINI DELL'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO 1. Fermi restando gli obblighi previsti dal titolo secondo del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le Onlus, limitatamente alle operazioni riconducibili alle attività istituzionali, non sono soggette all'obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante ricevuta o scontrino fiscale. ART. 16 - DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RITENUTE ALLA FONTE 1. Sui contributi corrisposti alle Onlus dagli enti pubblici non si applica la ritenuta di cui all'articolo 28, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. 2. Sui redditi di capitale di cui all'articolo 41 del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, corrisposti alle Onlus, le ritenute alla fonte sono effettuate a titolo di imposta e non si applica l'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, recante modificazioni al regime fiscale degli interessi, premi e altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, pubblici e privati. ART. 17 - ESENZIONI DALL'IMPOSTA DI BOLLO 1. Nella Tabella allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, relativa agli atti, documenti e registri esenti dall'imposta di bollo in modo assoluto, dopo l'articolo 27, è aggiunto, in fine, il seguente:

"Art. 27-bis - 1. Atti, documenti, istanze, contratti, nonché copie anche se dichiarate conformi, estratti, certificazioni, dichiarazioni e attestazioni poste in essere o richiesti da organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus).".

ART. 18 - ESENZIONI DALLE TASSE SULLE CONCESSIONI GOVERNATIVE 1. Nel decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, recante disciplina delle tasse sulle concessioni governative, dopo l'articolo 13, è inserito il seguente:

"Art. 13-bis - (Esenzioni) 1. Gli atti e i provvedimenti concernenti le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus) sono esenti dalle tasse sulle concessioni governative.".

ART. 19 - ESENZIONI DALL'IMPOSTA SULLE SUCCESSIONI E DONAZIONI 1. Nell'articolo 3, comma 1, del Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, approvato con decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, relativo ai trasferimenti non soggetti all'imposta, dopo le parole "altre finalità di pubblica utilità" sono aggiunte, in fine, le seguenti: ", nonché quelli a favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus)". ART. 20 - ESENZIONI DALL'IMPOSTA SULL'INCREMENTO DI VALORE DEGLI IMMOBILI E DALLA RELATIVA IMPOSTA SOSTITUTIVA 1. Nell'articolo 25, primo comma, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, recante disciplina dell'imposta sull'incremento di valore degli immobili, relativo all'esenzione dall'imposta degli incrementi di valore di immobili acquistati a titolo gratuito, dopo le parole: "pubblica utilità", sono inserite le seguenti: ", nonché da organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus)". 2. L'imposta sostitutiva di quella comunale sull'incremento di valore degli immobili di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, non è dovuta dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale. ART. 21 - ESENZIONI IN MATERIA DI TRIBUTI LOCALI 1. I Comuni, le province, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono deliberare nei confronti delle Onlus la riduzione o l'esenzione dal pagamento dei tributi di loro pertinenza e dai connessi adempimenti. ART. 22 - AGEVOLAZIONI IN MATERIA DI IMPOSTA DI REGISTRO 1. Alla tariffa, parte prima, allegata al Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 , sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nell'articolo 1, concernente il trattamento degli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili e degli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, dopo il settimo periodo, è aggiunto, in fine, il seguente: "Se il trasferimento avviene a favore di organizzazione non lucrativa di utilità sociale (Onlus) ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II-quater: lire 250.000."; nel medesimo articolo, dopo la nota II-ter), è aggiunta, in fine, la seguente: "II-quater) A condizione che la Onlus dichiari nell'atto che intende utilizzare direttamente i beni per lo svolgimento della propria attività e che realizzi l'effettivo utilizzo diretto entro 2 anni dall'acquisto. In caso dichiarazione mendace o di mancata effettiva utilizzazione per lo svolgimento della propria attività è dovuta l'imposta nella misura ordinaria nonché una sanzione amministrativa pari al 30 per cento della stessa imposta."; b) dopo l'articolo 11 è aggiunto, in fine, il seguente: "Art. 11-bis 1. Atti costitutivi e modifiche statutarie concernenti le organizzazioni non lucrative di utilità sociale: lire 250.000.".

ART. 23 - ESENZIONI DALL'IMPOSTA SUGLI SPETTACOLI 1. L'imposta sugli spettacoli non è dovuta per le attività spettacolistiche indicate nella tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, svolte occasionalmente dalle Onlus nonché dagli enti associativi di cui all'articolo 111, comma 3, del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della

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Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dall'articolo 5, comma 1, lettera a) , in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione. 2. L'esenzione spetta a condizione che dell'attività richiamata al comma 1 sia data comunicazione, prima dell'inizio di ciascuna manifestazione, all'ufficio accertatore territorialmente competente . Con decreto del ministro delle Finanze, da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, potranno essere stabiliti condizioni e limiti affinché l'esercizio delle attività di cui al comma 1 possa considerarsi occasionale. ART. 24 - AGEVOLAZIONI PER LE LOTTERIE, TOMBOLE, PESCHE E BANCHI DI BENEFICENZA 1. Nell'articolo 40, primo comma del regio decreto legge 19 ottobre 1938, n. 1933, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 1939, n. 973, recante riforma delle leggi sul lotto pubblico, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al numero 1), relativo alla autorizzazione a promuovere lotterie, dopo le parole: "enti morali," sono inserite le seguenti: "organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus),"; b) al numero 2), relativo alla autorizzazione a promuovere tombole, dopo le parole: "enti morali," è inserita la seguente: "Onlus,"; c) al numero 3), relativo alla autorizzazione a promuovere pesche o banchi di beneficenza, dopo le parole: "enti morali," è inserita la seguente: "Onlus,".

ART. 25 - DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SCRITTURE CONTABILI E OBBLIGHI FORMALI DELLE ORGANIZZAZIONI NON LUCRATIVE DI UTILITÀ SOCIALE 1. Nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dopo l'articolo 20, è inserito il seguente: "Articolo 20-bis - (Scritture contabili delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale)

1. Le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus) diverse dalle società cooperative, a pena di decadenza di benefici fiscali per esse previsti, devono: a) in relazione all'attività complessivamente svolta, redigere scritture contabili cronologiche e sistematiche atte ad esprimere con compiutezza ed analiticità le operazioni poste in essere in ogni periodo di gestione, e rappresentare adeguatamente in apposito documento, da redigere entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio annuale, la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della organizzazione, distinguendo le attività direttamente connesse da quelle istituzionali, con obbligo di conservare le stesse scritture e la relativa documentazione per un periodo non inferiore a quello indicato dall'articolo 22 ; b) in relazione alle attività direttamente connesse tenere le scritture contabili previste dalle disposizioni di cui agli articoli 14, 15, 16 e 18 ; nell'ipotesi in cui l'ammontare annuale dei ricavi non sia superiore a lire 30 milioni, relativamente alle attività di prestazione di servizi, ovvero a lire 50 milioni negli altri casi, gli adempimenti contabili possono essere assolti secondo le disposizioni di cui al comma 166 dell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 . 2. Gli obblighi di cui al comma 1, lettera a), si considerano assolti qualora la contabilità consti del libro giornale e del libro degli inventari, tenuti in conformità alle disposizioni di cui agli articoli 2216 e 2217 del Codice civile. 3. I soggetti richiamati al comma 1 che nell'esercizio delle attività istituzionali e connesse non abbiano conseguito in un anno proventi di ammontare superiore a lire 100 milioni, modificato annualmente secondo le modalità previste dall'articolo 1, comma 3, della legge 16 dicembre 1991, n. 398 , possono tenere per l'anno successivo, in luogo delle scritture contabili previste al primo comma, lettera a), il rendiconto delle entrate e delle spese complessive, nei termini e nei modi di cui all'articolo 20 . 4. In luogo delle scritture contabili previste al comma 1), lettera a), le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri istituiti dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano ai sensi dell'articolo 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266, le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49, possono tenere il rendiconto nei termini e nei modi di cui all'articolo 20 . 5. Qualora i proventi superino per due anni consecutivi l'ammontare di due miliardi di lire, modificato annualmente secondo le modalità previste dall'articolo 1, comma 3, della legge 16 dicembre 1991, n. 398, il bilancio deve recare una relazione di controllo sottoscritta da uno o più revisori iscritti nel registro dei revisori contabili.".

2. Ai soggetti di cui all'articolo 10, comma 9, le disposizioni del comma 1 si applicano limitatamente alle attività richiamate allo stesso articolo 10, comma 1, lettera a). ART. 26 - NORMA DI RINVIO 1. Alle Onlus si applicano, ove compatibili, le disposizioni relative agli enti non commerciali e, in particolare, le norme di cui agli articoli 2 e 9 del presente decreto. ART. 27 - ABUSO DELLA DENOMINAZIONE DI ORGANIZZAZIONE NON LUCRATIVA DI UTILITÀ SOCIALE 1. L'uso nella denominazione e in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico delle parole "organizzazione non lucrativa di utilità sociale", ovvero di altre parole o locuzioni, anche in lingua straniera, idonee a trarre in inganno è vietato a soggetti diversi dalle Onlus. ART. 28 - SANZIONI E RESPONSABILITÀ DEI RAPPRESENTANTI LEGALI E DEGLI AMMINISTRATORI 1. Indipendentemente da ogni altra sanzione prevista dalle leggi tributarie:

a) i rappresentanti legali e i membri degli organi amministrativi delle Onlus, che si avvalgono dei benefici di cui al presente decreto in assenza dei requisiti di cui all'articolo 10, ovvero violano le disposizioni statutarie di cui

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alle lettere c) e d) del comma 1 del medesimo articolo sono puniti con la sanzione amministrativa da lire 2 milioni a lire 12 milioni; b) i soggetti di cui alla lettera a) sono puniti con la sanzione amministrativa da lire 200mila a lire 2 milioni qualora omettono di inviare le comunicazioni previste all'articolo 11, comma 1; c) chiunque contravviene al disposto dell'articolo 27, è punito con la sanzione amministrativa da lire 600mila a lire 6 milioni.

2. Le sanzioni previste dal comma 1 sono irrogate, ai sensi dell'articolo 54, primo e secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dall'Ufficio delle entrate nel cui ambito territoriale si trova il domicilio fiscale della Onlus. 3. I rappresentanti legali e i membri degli organi amministrativi delle organizzazioni che hanno indebitamente fruito dei benefici previsti dal presente decreto legislativo, conseguendo o consentendo a terzi indebiti risparmi d'imposta, sono obbligati in solido con il soggetto passivo o con il soggetto inadempiente delle imposte dovute, delle relative sanzioni e degli interessi maturati. ART. 29 - TITOLI DI SOLIDARIETÀ 1. Per l'emissione di titoli da denominarsi di solidarietà è riconosciuta come costo fiscalmente deducibile dal reddito d'impresa la differenza tra il tasso effettivamente praticato e il tasso di riferimento determinato con decreto del ministro del Tesoro, di concerto con il ministro delle Finanze, purché i fondi raccolti, oggetto di gestione separata, siano destinati a finanziamento delle Onlus. 2. Con lo stesso decreto di cui al comma 1 sono stabiliti i soggetti abilitati all'emissione dei predetti titoli, le condizioni, i limiti, compresi quelli massimi relativi ai tassi effettivamente praticati e ogni altra disposizione necessaria per l'attuazione del presente articolo. ART. 30 - ENTRATA IN VIGORE 1. Le disposizioni del presente decreto entrano in vigore il 1° gennaio 1998 e, relativamente alle imposte sui redditi, si applicano a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 1997.

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Circolare ministeriale 12 maggio 1998, n. 124/E/1998/38995 (Min. Fin. Dip. Ent. Dir. Centr. Affari giuridici e contenzioso tributario) PREMESSA Il decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 ha dato attuazione alle deleghe recate nei commi 186 e 187 dell'art. 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, relativi al riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali, e nei commi 188 e 189 del medesimo articolo 3, concernenti la disciplina delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS). Il menzionato decreto legislativo è strutturato in due sezioni, la prima riservata al riordino delle norme tributarie relative agli enti non commerciali, la seconda alla definizione e regolamentazione delle ONLUS. Sul piano sistematico il decreto legislativo in argomento non costituisce una legge speciale in materia di enti non commerciali e organizzazioni non lucrative di utilità sociale. Il riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali è operato prevalentemente attraverso modifiche e integrazioni del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del presidente della repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nonché dell'art. 4 del decreto del presidente della repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, istitutivo dell'imposta sul valore aggiunto. Per le ONLUS il regime agevolativo discende in gran parte da interventi su singole leggi di imposta. Le disposizioni recate dal decreto legislativo n. 460 del 1997 sono entrate in vigore il 1 gennaio 1998 e, relativamente alle imposte sui redditi, trovano applicazione a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 1997. Con la presente circolare si forniscono i chiarimenti necessari al fine di assicurare uniformità di interpretazione da parte degli Uffici interessati relativamente alle norme concernenti il riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali, contenute nella Sezione I (artt. 1-9) del decreto legislativo in oggetto. Con successiva circolare verranno fornite istruzioni per l'applicazione delle disposizioni riguardanti le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, contenute nella Sezione II del medesimo decreto legislativo n. 460 del 1997. 1. Qualificazione degli enti non commerciali 1.1. Nozione di ente non commerciale Il decreto legislativo n. 460 del 1997, nel riordinare la disciplina degli enti non commerciali, non ha apportato modifiche alla disposizione recata dall'art. 87, comma 1, lettera c), del Testo Unico imposte sui redditi che fornisce la nozione generale di "ente non commerciale", individuando tale tipologia soggettiva negli enti pubblici e privati diversi dalle società, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali. L'elemento distintivo degli enti non commerciali, anche a seguito del citato decreto legislativo n. 460 del 1997, è costituito, quindi, dal fatto di non avere tali enti quale oggetto esclusivo o principale lo svolgimento di un'attività di natura commerciale, intendendosi per tale l'attività che determina reddito d'impresa ai sensi dell'art. 51 del Testo Unico imposte sui redditi. Nessun rilievo assume, invece, ai fini della qualificazione dell'ente non commerciale, la natura (pubblica o privata) del soggetto, la rilevanza sociale delle finalità perseguite, l'assenza del fine di lucro o la destinazione dei risultati. 1.2. Individuazione dell'oggetto esclusivo o principale dell'attività L'art. 87, comma 4, del Testo Unico imposte sui redditi stabilisce i criteri per l'individuazione dell'oggetto esclusivo o principale dell'ente. Tale disposizione è stata modificata dall'art. 1 del decreto legislativo n. 460 del 1997 che ha, altresì, aggiunto allo stesso art. 87 un ulteriore comma 4-bis. Nella previgente formulazione l'anzidetto comma 4 dell'art. 87 disponeva che "l'oggetto esclusivo o principale dell'ente è determinato in base all'atto costitutivo, se esistente in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata e, in mancanza, in base all'attività effettivamente esercitata". La disposizione recata dal nuovo testo del comma 4 dell'art. 87 stabilisce che: "4. L'oggetto esclusivo o principale dell'ente residente è determinato in base alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l'attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto". Il successivo comma 4-bis prevede che: "4-bis. In mancanza dell'atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l'oggetto principale dell'ente residente è determinato in base all'attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti". Le novità introdotte dal nuovo testo del comma 4 dell'art. 87, nonché dal successivo comma 4-bis sono le seguenti. 1) Il nuovo testo del comma 4 dell'art. 87, oltre che operare un esplicito riferimento alla "legge" e allo "statuto", modifiche queste di natura meramente formale, contiene il riferimento, assente nella previgente disposizione, alla "scrittura privata registrata". è sufficiente, cioè, per l'individuazione dell'oggetto esclusivo o principale dell'attività dell'ente non

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commerciale, l'esistenza dell'atto costitutivo o dello statuto nella forma della scrittura privata registrata, in alternativa all'atto pubblico o alla scrittura privata autenticata. 2) Vengono, inoltre, differenziati i criteri per l'individuazione dell'oggetto esclusivo o principale dell'attività, a seconda che l'ente sia o meno residente nel territorio dello Stato. a) Enti residenti Per gli enti residenti l'oggetto esclusivo o principale dell'attività è determinato in base alla legge (di regola per gli enti pubblici), all'atto costitutivo o allo statuto, se esistente in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. In mancanza degli anzidetti atti o delle predette forme (atto pubblico o scrittura privata autenticata o registrata) l'oggetto principale dell'ente è determinato in base all'attività effettivamente esercitata. b) Enti non residenti Per gli enti non residenti il comma 4-bis dell'art. 87 prevede che l'esame dell'oggetto principale dell'attività deve essere, in ogni caso, svolto sulla base dell'attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato. 3) La previsione più innovativa e di maggior rilievo rispetto alla previgente disciplina è costituita dalla definizione dell'oggetto principale dell'attività, recata dal novellato comma 4 dell'art. 87. Secondo tale disposizione, per oggetto principale si intende l'attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari dell'ente indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto. Pertanto, ai fini della qualificazione dell'ente come commerciale o non commerciale, occorre anzitutto avere riguardo alle previsioni contenute nello statuto, nell'atto costitutivo o nella legge. Nell'ipotesi in cui i menzionati atti prevedano lo svolgimento di più attività, di cui alcune di natura commerciale e altre di natura non commerciale, per la qualificazione dell'ente occorre fare riferimento all'attività che per lo stesso risulta essere essenziale, vale a dire quella che gli consente il raggiungimento degli scopi primari e che tipicizza l'ente medesimo. Se l'attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari è non commerciale, l'ente deve annoverarsi fra quelli non commerciali, sia ai fini delle imposte sui redditi che dell'imposta sul valore aggiunto e, conseguentemente, deve essere rispettivamente assoggettato alla disciplina recata dal titolo II, capo III, del Testo Unico imposte sui redditi, e dall'art. 4 del D.P.R. n. 633 del 1972, nonché alla disciplina contabile prevista per tale categoria di enti. Diversamente, l'ente, ancorché dichiari finalità non lucrative, è considerato ente commerciale quando l'attività essenziale per la realizzazione degli scopi tipici è di natura commerciale. La definizione di ente non commerciale risultante dal riformulato comma 4 dell'art. 87 del Testo Unico imposte sui redditi deve, tuttavia, essere confrontata con la previsione dell'art. 6 del decreto legislativo n. 460 del 1997 concernente "la perdita della qualifica di ente non commerciale". 1.3. Perdita della qualifica di ente non commerciale L'art. 6 del decreto legislativo n. 460 del 1997 ha introdotto nel Testo Unico imposte sui redditi l'art. 111-bis, che, ai commi 1 e 2, dispone: "1. Indipendentemente dalle previsioni statutarie, l'ente perde la qualifica di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d'imposta. 2. Ai fini della qualificazione commerciale dell'ente si tiene conto anche dei seguenti parametri: a) prevalenza delle immobilizzazioni relative all'attività commerciale, al netto degli ammortamenti, rispetto alle restanti attività". Il raffronto va effettuato tra le immobilizzazioni relative all'attività commerciale, tra le quali devono comprendersi tutte le tipologie indicate nell'articolo 2424 del codice civile e cioè le immobilizzazioni materiali quali fabbricati, impianti, macchinari, automezzi, mobili ecc., le immobilizzazioni immateriali quali brevetti, diritti d'autore, avviamento, spese di impianto e così via e le immobilizzazioni finanziarie, e gli investimenti relativi alle attività istituzionali ivi compresi gli investimenti relativi alle attività decommercializzate; "b) prevalenza dei ricavi derivanti da attività commerciali rispetto al valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attività istituzionali; c) prevalenza dei redditi derivanti da attività commerciali rispetto alle entrate istituzionali, intendendo per queste ultime i contributi, le sovvenzioni, le liberalità e le quote associative". Il raffronto va effettuato fra i componenti positivi del reddito d'impresa e le entrate derivanti dall'attività istituzionale. Al riguardo si precisa che, per ragioni di ordine logico e sistematico, in coerenza con quanto stabilito nella successiva lettera d), la locuzione "redditi derivanti da attività commerciali", contenuta nella disposizione in esame, deve essere correttamente intesa come riferita ai componenti positivi del reddito d'impresa. Si precisa, inoltre, che da entrambi i termini del raffronto vanno esclusi i contributi percepiti per lo svolgimento di attività aventi finalità sociale in regime di convenzione o accreditamento; detti contributi, infatti, non concorrono alla formazione del reddito degli enti non commerciali ai sensi dell'art. 108, comma 2-bis, del Testo Unico imposte sui redditi; "d) prevalenza delle componenti negative inerenti all'attività commerciale rispetto alle restanti spese". L'art. 6 in esame ha dato attuazione al criterio dettato dall'art. 3, comma 187, lett. a), della legge delega n. 662 del 1996, secondo cui il legislatore avrebbe dovuto procedere alla "definizione della nozione di ente non commerciale, conferendo rilevanza a elementi di natura obiettiva connessi all'attività effettivamente esercitata", provvedendo a individuare elementi di carattere oggettivo, la cui presenza consente di verificare in termini di effettività l'attività prevalente.

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La norma fondamentale, per verificare in termini di effettività la natura dell'ente dichiarata nell'atto costitutivo o nello statuto, è quella recata dal comma 1 dell'art. 111-bis, del Testo Unico imposte sui redditi, che contiene una presunzione legale di perdita della qualifica di ente non commerciale, qualora, indipendentemente dalle previsioni statutarie, l'ente eserciti quale attività commerciale (in base all'art. 51 del Testo Unico imposte sui redditi). La qualifica di ente non commerciale, impressa dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto, che consente all'ente di fruire della disciplina degli enti non commerciali su base dichiarativa, va verificata, pertanto, prendendo in esame l'attività effettivamente svolta. Il comma 2 dell'art. 111-bis indica, inoltre, alcuni parametri che costituiscono "fatti indice di commercialità", i quali non comportano automaticamente la perdita di qualifica di ente non commerciale, ma sono particolarmente significativi e inducono a un giudizio complessivo sull'attività effettivamente esercitata. Questa norma, in sostanza, non contiene presunzioni assolute di commercialità, ma traccia un percorso logico, anche se non vincolante quanto alle conclusioni, per la qualificazione dell'ente non commerciale, individuando parametri dei quali deve tenersi anche conto (e non solo quindi) unitamente ad altri elementi di giudizio. Non è, pertanto, sufficiente il verificarsi di una o più delle condizioni stabilite dal comma 2 dell'art. 111-bis per potere ritenere avvenuto il mutamento di qualifica, ma sarà necessario, in ogni caso, un giudizio complesso, che tenga conto anche di ulteriori elementi, finalizzato a verificare che l'ente abbia effettivamente svolto per l'intero periodo d'imposta prevalentemente attività commerciale. Come risulta espressamente dalla relazione illustrativa del decreto legislativo in esame, i parametri indicati nel comma 2 dell'art. 111-bis del Testo Unico imposte sui redditi costituiscono indizi valutabili in concorso con altri elementi significativi, ivi comprese le caratteristiche complessive dell'ente. Il verificarsi di una o più delle circostanze indicate nel citato comma 2 dell'art. 111-bis in capo a enti la cui attività essenziale sia di natura obiettivamente non commerciale (ad esempio, partiti politici, associazioni sindacali e di categoria rappresentate nel CNEL) non può di per sé fare venire meno la qualifica non commerciale dell'ente, risultante dall'atto costitutivo o dallo statuto, purché l'attività effettivamente esercitata corrisponda in modo obiettivo a quella espressamente indicata nelle previsioni statutarie. Resta fermo che per l'attività commerciale svolta dai predetti enti si applicano le disposizioni in materia di reddito d'impresa. Per quanto riguarda il significato dell'espressione "intero periodo d'imposta", contenuta nel comma 1 dell'art. 111-bis, occorre chiarire che tale lasso di tempo costituisce soltanto una proiezione temporale di osservazione dell'attività dell'ente, essendo poi sufficiente, per valutare la prevalenza dell'attività commerciale, che tale prevalenza sussista per la maggior parte del periodo d'imposta. Quindi, in presenza di attività commerciale prevalente per la maggior parte del periodo d'imposta l'ente perde la qualifica di ente non commerciale a decorrere dall'inizio del medesimo periodo. Si precisa, inoltre, che le attività "decommercializzate" di cui agli artt. 108 e 111 del Testo Unico imposte sui redditi non devono essere computate ai fini dell'applicazione dei parametri di cui al comma 2 citato, in quanto per espressa previsione normativa, non danno luogo a reddito d'impresa. Si evidenzia, inoltre, che il comma 2 dell'art. 6 del decreto legislativo n. 460 del 1997 stabilisce espressamente che la perdita della qualifica di ente non commerciale ai fini delle imposte sui redditi vale anche ai fini dell'IVA. Le norme sulla perdita della qualifica di ente non commerciale, per esplicita previsione contenuta nel comma 4 dell'art. 111-bis del Testo Unico imposte sui redditi, non si applicano agli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili. Per gli anzidetti enti valgono, comunque, i criteri dettati dall'art. 87 del Testo Unico imposte sui redditi. In ogni caso, per l'attività commerciale eventualmente svolta da tali enti si applicano le disposizioni in materia di reddito d'impresa. 1.4. Decorrenza della perdita della qualifica di ente non commerciale Il comma 3 dell'art. 111-bis prevede che: "3. Il mutamento di qualifica opera a partire dal periodo d'imposta in cui vengono meno le condizioni che legittimano le agevolazioni e comporta l'obbligo di comprendere tutti i beni facenti parte del patrimonio dell'ente nell'inventario di cui all'articolo 15 del decreto del presidente della repubblica 29 settembre 1973, n. 600. L'iscrizione nell'inventario deve essere effettuata entro 60 giorni dall'inizio del periodo di imposta in cui ha effetto il mutamento di qualifica secondo i criteri di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1974, n. 689". Il tenore letterale della norma comporta che, a differenza di quanto previsto da altre disposizioni tributarie, il mutamento di qualifica spiega effetti fin dall'inizio del periodo d'imposta in cui lo stesso si verifica. In tal modo viene assicurata una perfetta corrispondenza tra le modalità di tassazione e l'effettiva attività svolta dall'ente nel periodo d'imposta stesso, evitando nel contempo possibili manovre elusive. Si rende, pertanto, necessario, per l'ente interessato, operare fin dall'inizio del periodo d'imposta una valutazione prospettica della propria attività ai fini della corretta qualificazione tributaria. Da quanto sopra discende per l'ente l'opportunità di porre in essere gli adempimenti contabili previsti dalla normativa vigente per gli enti commerciali fin dall'inizio del periodo d'imposta nel quale l'ente stesso ritenga di assumere la qualifica di ente commerciale, onde evitare la ricostruzione del reddito sulla base di elementi presuntivi, nonché l'applicazione delle sanzioni per la violazione delle norme relative alla tenuta della contabilità.

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è appena il caso di precisare che, ai fini dell'istituzione della predetta contabilità, occorre attivare un prospetto delle attività e delle passività redatto con i criteri di cui al D.P.R. n. 689 del 1974, nonché le scritture contabili di cui agli artt. 14 e seguenti del D.P.R. n. 600 del 1973. 2. Reddito complessivo degli enti non commerciali - Occasionali raccolte pubbliche di fondi e contributi per lo svolgimento convenzionato di attività 2.1. Reddito complessivo degli enti non commerciali - Art. 108, commi 1 e 2, del Testo Unico imposte sui redditi Il D.Lgs. n. 460 del 1997 non ha apportato modifiche ai commi 1 e 2 dell'art. 108 del Testo Unico imposte sui redditi, che stabiliscono i principi fondamentali per la determinazione del reddito complessivo degli enti non commerciali. Il testo dei commi 1 e 2 dell'art. 108 è il seguente: "1. Il reddito complessivo degli enti non commerciali di cui alla lett. c) del comma 1 dell'art. 87 è formato da redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, a esclusione di quelli esenti dall'imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o a imposta sostitutiva. Per i medesimi enti non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell'art. 2195 del codice civile rese in conformità alle finalità istituzionali dell'ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione. 2. Il reddito complessivo è determinato secondo le disposizioni dell'art. 8". Si ricorda in proposito che per gli enti non commerciali, a differenza di quanto avviene per le società e per gli enti commerciali, il reddito complessivo imponibile non è formato da un'unica categoria reddituale (reddito di impresa) nella quale confluiscono i proventi di qualsiasi fonte; infatti, per tali enti il reddito complessivo si determina sulla base della somma dei redditi appartenenti alle varie categorie reddituali (redditi fondiari, di capitale, redditi d'impresa e redditi diversi). La norma non attribuisce rilevanza né al luogo di produzione dei redditi né alla destinazione degli stessi. Si segnala che è rimasta invariata la previsione di non commercialità delle prestazioni di servizi non rientranti nell'art. 2195 del codice civile rese in conformità alle finalità istituzionali dell'ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione. Continua, altresì, ad applicarsi la disposizione recata all'art. 8 del Testo Unico imposte sui redditi, concernente, tra l'altro, il riporto delle perdite derivanti dall'esercizio delle imprese commerciali in contabilità ordinaria. 2.2. Occasionali raccolte pubbliche di fondi e contributi per lo svolgimento convenzionato di attività - Art. 108, comma 2-bis, del Testo Unico imposte sui redditi In attuazione del disposto del comma 187, lett. b) e d), dell'art. 3 della legge n. 662 del 1996, che indicavano quali criteri direttivi per il legislatore delegato l'"esclusione dall'imposizione dei contributi corrisposti da amministrazioni pubbliche a enti non commerciali aventi fine sociale per lo svolgimento convenzionato di attività esercitate in conformità ai propri fini istituzionali" e l'"esclusione da ogni imposta delle raccolte pubbliche di fondi effettuate occasionalmente, anche mediante offerta di beni ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione", l'art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 460 del 1997 ha aggiunto all'art. 108 del Testo Unico imposte sui redditi il comma 2-bis. Tale comma prevede che: "2-bis. Non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito degli enti non commerciali di cui alla lett. c) del comma 1 dell'art. 87: a) i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione; b) i contributi corrisposti da amministrazioni pubbliche ai predetti enti per lo svolgimento convenzionato o in regime di accreditamento di cui all'art. 8, comma 7, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, come sostituito dall'art. 9, comma 1, lett. g), del D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, di attività aventi finalità sociali esercitate in conformità ai fini istituzionali degli enti stessi". Il comma 2 dello stesso art. 2 del D.Lgs. n. 460 del 1997 prevede, inoltre, che: "2. Le attività indicate nell'art. 108, comma 2-bis, lett. a), del Testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, come modificato dal comma 1, fermo restando il regime di esclusione dall'imposta sul valore aggiunto, sono esenti da ogni altro tributo". Le disposizioni sopra riportate vengono di seguito esaminate. a) Occasionali raccolte pubbliche di fondi La lett. a) del comma 2-bis dell'art. 108 del Testo Unico imposte sui redditi sottrae dall'imposizione, ai fini delle imposte sui redditi, i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche occasionali anche con scambio/offerta di beni di modico valore (ad esempio, cessioni di piante o frutti) o di servizi a coloro che fanno le offerte. La norma trova un precedente analogo nelle disposizioni dell'art. 1, lett. a), del D.M. 25 maggio 1995, concernente le attività marginali delle organizzazioni di volontariato.

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Per espressa previsione del comma 2 dell'art. 2 del D.Lgs n. 460 del 1997, le anzidette attività fruiscono, oltre che dell'esclusione dal campo di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, dell'esenzione da ogni altro tributo, sia erariale che locale. L'esclusione delle iniziative in argomento dall'imposizione tributaria, che tende a incentivare una delle forme più cospicue di finanziamento per molti enti non commerciali, è subordinata alle seguenti condizioni: 1) deve trattarsi di iniziative occasionali; 2) la raccolta dei fondi deve avvenire in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione; 3) i beni ceduti per la raccolta dei fondi devono essere di modico valore. Si segnala che a tutela della fede pubblica è prevista dall'art. 8 del D.Lgs. n. 460 del 1997 una rigorosa rendicontazione delle attività di raccolta dei fondi, di cui si tratterà nel paragrafo relativo alle scritture contabili degli enti non commerciali. b) Contributi per lo svolgimento convenzionato di attività La lett. b) del nuovo comma 2-bis dell'art. 108 prevede che non concorrono a formare il reddito degli enti non commerciali i contributi loro corrisposti da enti pubblici per lo svolgimento di attività in regime di convenzione o di accreditamento (tale ultimo regime è tipico dell'area sanitaria). L'agevolazione è subordinata alle seguenti condizioni: 1) deve trattarsi di attività aventi finalità sociali; 2) le attività devono essere svolte in conformità alle finalità istituzionali dell'ente. Le finalità sociali devono ricomprendersi fra le finalità tipiche dell'ente. Circa la natura dei contributi agevolati si fa presente che la norma, facendo riferimento in generale ai contributi corrisposti da Amministrazioni pubbliche per lo svolgimento convenzionato o in regime di accreditamento di attività aventi finalità sociali esercitate in conformità ai fini istituzionali dell'ente, non opera alcuna distinzione tra contributi a fondo perduto e contributi che hanno natura di corrispettivi. Si deve ritenere, pertanto, che rientrano nella sfera applicativa dell'agevolazione anche i contributi che assumono natura di corrispettivi. 3. Determinazione dei redditi degli enti non commerciali e contabilità separata L'art. 3 del D.Lgs. n. 460 del 1997 modifica l'art. 109 del Testo Unico imposte sui redditi concernente la determinazione dei redditi degli enti non commerciali. Le modifiche apportate non riguardano il comma 1 dell'art. 109 in esame, di cui rimane pertanto invariata l'attuale formulazione: "1. I redditi e le perdite che concorrono a formare il reddito complessivo degli enti non commerciali sono determinati distintamente per ciascuna categoria in base al risultato complessivo di tutti i cespiti che vi rientrano. Si applicano, se nel presente capo non è diversamente stabilito, le disposizioni del Titolo I relative ai redditi delle varie categorie". Vengono, invece, sostituiti i commi 2 e 3 dello stesso articolo, viene aggiunto un ulteriore comma 3-bis e viene modificato il comma 4-bis. Si riportano i commi 2, 3 e 3-bis del citato art. 109. "2. Per l'attività commerciale esercitata gli enti non commerciali hanno l'obbligo di tenere la contabilità separata. 3. Per l'individuazione dei beni relativi all'impresa si applicano le disposizioni di cui all'art. 77, commi 1 e 3-bis. 3-bis. Le spese e gli altri componenti negativi relativi a beni e servizi adibiti promiscuamente all'esercizio di attività commerciali e di altre attività sono deducibili per la parte del loro importo che corrisponde al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi; per gli immobili utilizzati promiscuamente è deducibile la rendita catastale o il canone di locazione anche finanziaria per la parte del loro ammontare che corrisponde al predetto rapporto". Dal punto di vista sostanziale, la sostituzione del comma 2 risulta di particolare rilevanza, perché tale comma introduce una disposizione del tutto innovativa. La disposizione recata dal previgente comma 2 dell'art. 109 del Testo Unico imposte sui redditi consentiva agli enti non commerciali di tenere una contabilità unica e comprensiva sia dei fatti commerciali sia di quelli istituzionali. La norma del nuovo comma 2 del citato art. 109, nell'intento di rendere più trasparente la contabilità commerciale degli enti non commerciali e di evitare ogni commistione con l'attività istituzionale, anche al fine di individuare più agevolmente l'oggetto principale dell'ente e la sua reale qualificazione, impone, in via generale, agli enti non commerciali, per l'attività commerciale eventualmente esercitata, l'obbligo della contabilità separata a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 1997. Riguardo alle spese e agli altri componenti negativi relativi ai beni e servizi adibiti promiscuamente per l'esercizio di attività commerciali e per altre attività, il criterio per la loro deducibilità è indicato nell'attuale comma 3-bis, che riproduce sostanzialmente il secondo periodo del previgente comma 2. Il limite di deducibilità delle spese e dei componenti negativi anzidetti è determinato sulla base del rapporto tra l'ammontare dei ricavi e degli altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. Per gli immobili utilizzati promiscuamente si deduce la rendita catastale o il canone di locazione anche finanziaria per la parte corrispondente a detto rapporto.

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Il comma 3 dell'art. 109, nel testo introdotto dal D.Lgs. n. 460 del 1997, chiarisce, poi, che per l'individuazione dei beni relativi all'impresa si applicano le disposizioni recate dall'art. 77, commi 1 e 3-bis, del Testo Unico imposte sui redditi relative all'impresa individuale in rapporto ai beni personali della persona fisica; con ciò presupponendo la previa inclusione degli stessi nell'inventario anche in caso di provenienza dal patrimonio relativo all'attività istituzionale. L'art. 7 del D.Lgs. n. 460 del 1997, nel modificare l'art. 114 del Testo Unico imposte sui redditi, estende agli enti non residenti l'obbligo, previsto dal comma 2 del citato art. 109, relativo alla tenuta della contabilità separata per l'attività commerciale svolta nel territorio dello Stato, nonché l'applicabilità delle disposizioni recate dai commi 3 e 3-bis dello stesso art. 109 del Testo Unico imposte sui redditi. Ai sensi del comma 4-bis dell'art. 109, l'obbligo di tenere la contabilità separata non si applica agli enti soggetti alle disposizioni in materia di contabilità pubblica qualora siano osservate le modalità previste per la contabilità pubblica obbligatoria tenuta a norma di legge dagli stessi enti. 4. Regimi forfetari di determinazione del reddito degli enti non commerciali 4.1. Regime generale L'art. 4 del D.Lgs. n. 460 del 1997 dà attuazione al comma 187, lett. e), dell'art. 3 della legge n. 662 del 1996, secondo il quale il riordino della disciplina degli enti non commerciali doveva essere informato, fra l'altro, alla "previsione omogenea di regimi di imposizione semplificata ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto nei confronti degli enti non commerciali che hanno conseguito proventi da attività commerciali entro limiti predeterminati, anche mediante l'adozione di coefficienti o di imposte sostitutive". In particolare, la norma in commento inserisce, dopo l'art. 109 del Testo Unico imposte sui redditi, l'art. 109-bis che introduce un regime forfetario per la determinazione del reddito d'impresa, generalizzato a tutti gli enti non commerciali ammessi alla tenuta della contabilità semplificata ai sensi dell'art. 18 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. La norma non prevede parallelamente regimi di imposizione semplificata in materia di imposta sul valore aggiunto, in ordine alla quale restano applicabili i criteri generali previsti dalla normativa recata dal D.P.R. n. 633 del 1972 in relazione alle specifiche attività esercitate. Si precisa che possono fruire del regime di determinazione forfetaria del reddito di cui all'art. 109-bis in esame solo gli enti non commerciali nei confronti dei quali ricorrano i presupposti dell'art. 18 del D.P.R. n. 600 del 1973 citato. Il reddito d'impresa si determina forfetariamente applicando anzitutto all'ammontare dei ricavi di cui all'art. 53 del Testo Unico imposte sui redditi conseguiti nell'esercizio di attività commerciali un coefficiente di redditività, differenziato per tipo di attività (attività di prestazioni di servizi e altre attività) e per scaglioni di ricavi. I coefficienti di redditività sono i seguenti: a) attivit... di prestazioni di servizi: - fino a lire 30.000.000 di ricavi 15% - da lire 30.000.001 fino a lire 360.000.000 di ricavi

25%

b) altre attivit...: - fino a lire 50.000.000 di ricavi 10% - da lire 50.000.001 fino a lire 1.000.000.000 di ricavi 15% Si precisa che, qualora i predetti limiti di ricavi (lire 360 milioni e lire 1 miliardo) risultino superati alla chiusura del periodo d'imposta, non potrà trovare applicazione per il periodo medesimo il regime di determinazione forfetaria del reddito. Nell'ipotesi di contemporaneo esercizio di attività di prestazioni di servizi e di altre attività si applica il coefficiente stabilito per l'ammontare dei ricavi relativi all'attività prevalente. In mancanza della distinta annotazione dei ricavi si considerano prevalenti le attività di prestazioni di servizi (comma 2 dell'art. 109-bis). Al reddito determinato applicando i coefficienti di redditività si aggiunge poi l'ammontare dei componenti positivi del reddito d'impresa di cui agli artt. 54 (plusvalenze patrimoniali), 55 (sopravvenienze attive), 56 (dividendi e interessi) e 57 (proventi immobiliari) del Testo Unico imposte sui redditi. Il regime forfetario di determinazione del reddito in esame può trovare applicazione fino a quando non vengono superati i limiti sopraindicati. I commi 4 e 5 dell'art. 109-bis del Testo Unico imposte sui redditi stabiliscono le modalità per fruire del regime forfetario in argomento attraverso l'esercizio di una specifica opzione. Si riporta di seguito il testo dei citati commi 4 e 5. "4. L'opzione è esercitata nella dichiarazione annuale dei redditi e ha effetto dall'inizio del periodo d'imposta nel corso del quale è esercitata fino a quando non è revocata e comunque per un triennio. La revoca dell'opzione è effettuata nella dichiarazione annuale dei redditi e ha effetto dall'inizio del periodo d'imposta nel corso del quale la dichiarazione stessa è presentata. 5. Gli enti che intraprendono l'esercizio di impresa commerciale esercitano l'opzione nella dichiarazione da presentare ai sensi dell'art. 35 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni".

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Si deve, tuttavia, precisare che i predetti commi 4 e 5 dell'art. 109-bis del Testo Unico imposte sui redditi sono da ritenersi superati in forza dei principi generali che emergono dalle disposizioni contenute nel regolamento recante il "riordino della disciplina delle opzioni in materia di imposta sul valore aggiunto e di imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 10 novembre 1997, n. 442. Infatti, anche se il predetto regolamento fa esplicito riferimento alle opzioni o revoche "di regimi di determinazione dell'imposta o di regimi contabili" deve ritenersi che le previsioni in esso contenute in ordine al riconoscimento dei "comportamenti concludenti del contribuente" trovi applicazione anche ai fini della determinazione forfetaria del reddito. A tale conclusione si perviene in considerazione del fatto che il predetto regime di determinazione forfetaria del reddito si correla a un regime di contabilità semplificata (artt. 18 e 20, terzo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973). Peraltro, poiché il comportamento concludente correlato all'applicazione del regime forfetario di determinazione del reddito si esplica e si esaurisce in sede di dichiarazione dei redditi, nell'ottica di semplificazione degli adempimenti del contribuente si ritiene non necessaria la comunicazione dell'opzione prevista dall'art. 2 del D.P.R. n. 442 del 1997. Detta comunicazione di opzione non si rende necessaria neppure ai fini dell'adozione delle particolari semplificazioni contabili previste dall'art. 3, comma 166, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, estese - in forza del nuovo terzo comma dell'art. 20 del D.P.R. n. 600 del 1973 (introdotto con l'art. 8 del D.Lgs. n. 460 del 1997) - agli enti non commerciali che abbiano conseguito nell'anno solare precedente ricavi non superiori a lire 30 milioni, relativamente alle prestazioni di servizi, ovvero a lire 50 milioni negli altri casi, e che sono pertanto assoggettabili alla determinazione forfetaria del reddito. Infatti, come chiarito con la circolare n. 10/E del 17 gennaio 1997, i contribuenti che si avvalgono delle predette semplificazioni contabili non sono tenuti ad assolvere alcun particolare adempimento di carattere formale, non dovendo comunicare alcuna opzione agli uffici finanziari. Al riguardo si precisa che, in presenza dei citati presupposti, la contabilità semplificata di cui al citato art. 3, comma 166, della legge n. 662 del 1996, resta valida, ancorché, nel periodo d'imposta in cui detta contabilità semplificata è adottata, vengano superati i limiti previsti per l'applicazione del regime forfetario di determinazione del reddito (lire 360 milioni o 1 miliardo di ricavi) e, pertanto, detto regime forfetario non si renda di fatto più applicabile all'ente non commerciale che conseguentemente determina il reddito secondo le regole generali. Per gli specifici chiarimenti concernenti gli adempimenti connessi all'adozione della predetta contabilità semplificata, si fa rinvio al paragrafo concernente le scritture contabili. 4.2. Regime forfetario per le associazioni sportive, associazioni senza scopo di lucro e pro-loco Per espressa previsione del nuovo art. 109-bis, comma 1, del Testo Unico imposte sui redditi è fatto salvo il particolare regime forfetario di determinazione del reddito già previsto per le associazioni sportive dilettantistiche, le associazioni senza scopo di lucro e le pro-loco. Il regime forfetario in favore delle associazioni sportive dilettantistiche è stato introdotto dalla legge 16 dicembre 1991, n. 398, ed è stato esteso, in forza del decreto-legge 30 dicembre 1991, n. 417, convertito dalla legge 6 febbraio 1992, n. 66, alle associazioni senza fine di lucro e alle associazioni pro-loco. Considerato che l'anzidetto regime è richiamato dall'art. 109-bis del Testo Unico imposte sui redditi concernente "regime forfetario degli enti non commerciali", deve ritenersi confermato l'orientamento assunto con circolare della soppressa Direzione generale delle imposte dirette n. 1 datata 11 febbraio 1992, secondo il quale a tale regime le anzidette associazioni possono accedere, sempreché si qualifichino come enti non commerciali sulla base di quanto chiarito nei precedenti paragrafi. Il reddito è determinato applicando il coefficiente di redditività del 6 per cento ai proventi di natura commerciale e aggiungendo le plusvalenze patrimoniali. Il regime forfetario si applica alle associazioni che nel periodo d'imposta precedente abbiano conseguito dall'esercizio di attività commerciali proventi per un importo complessivo limitato, aggiornato di anno in anno, e da ultimo fissato, con D.M. 28 novembre 1997, in lire 128.411.000. Si precisa, inoltre, che, per quanto concerne le modalità di esercizio dell'opzione per il regime di cui alla citata legge n. 398 del 1991, si deve tenere conto delle disposizioni del richiamato D.P.R. n. 442 del 1997. 4.3. Regime forfetario per l'attività di assistenza fiscale resa dalle associazioni sindacali e di categoria operanti nel settore agricolo Il regime forfetario previsto in via generale dall'art. 109-bis del Testo Unico imposte sui redditi per gli enti non commerciali ammessi alla contabilità semplificata non ha abrogato il regime forfetario disciplinato dall'art. 78, comma 8, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, come successivamente integrato dall'art. 62, comma 1, lett. a), del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427. Quest'ultimo regime, infatti, limitato all'attività di assistenza fiscale resa nei confronti degli associati dalle associazioni sindacali e di categoria operanti nel settore agricolo, si configura come regime naturale, per le anzidette associazioni che possono, invece, su opzione determinare il reddito e l'imposta sul valore aggiunto nei modi ordinari. Per l'attività di assistenza fiscale resa agli associati dalle associazioni sindacali e di categoria operanti nel settore agricolo, pertanto, il reddito imponibile e l'IVA si determinano di regola forfetariamente, secondo il citato art. 78, comma

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8, della legge n. 413 del 1991, salvo opzione per il regime di determinazione del reddito e dell'imposta sul valore aggiunto nei modi ordinari. In particolare l'art. 78, comma 8, in esame al terzo periodo prevede che per l'attività di assistenza fiscale resa agli associati da associazioni sindacali e di categoria operanti nel settore agricolo, il reddito imponibile è determinato applicando all'ammontare dei ricavi il coefficiente di redditività del 9 per cento e l'imposta sul valore aggiunto è determinata riducendo l'imposta relativa alle operazioni imponibili in misura pari a un terzo del loro ammontare, a titolo di detrazione forfetaria dell'imposta afferente agli acquisti e le importazioni. Per le attività commerciali eventualmente esercitate, diverse da quelle di assistenza fiscale di cui all'art. 78, comma 8, della legge n. 413 del 1991, può applicarsi il regime forfetario generale disciplinato dall'art. 109-bis del Testo Unico imposte sui redditi, sempreché, ovviamente, sussistano i presupposti ivi previsti. Al riguardo si precisa che i ricavi derivanti da tali altre attività commerciali eventualmente esercitate devono essere autonomamente considerati sia ai fini del limite dei ricavi che dei coefficienti di redditività indicati nell'art. 109-bis citato. 5. Enti di tipo associativo 5.1. Premessa Gli enti non commerciali di tipo associativo sono destinatari di uno speciale regime tributario di favore sia ai fini delle imposte sui redditi che ai fini dell'imposta sul valore aggiunto. Tali enti costituiscono, pertanto, una specie del più ampio genere degli enti non commerciali. Ciò comporta, in sostanza, che gli enti di tipo associativo, che devono qualificarsi come enti non commerciali in base ai criteri dettati dall'art. 87 del Testo Unico imposte sui redditi e dall'art. 4 del D.P.R. n. 633 del 1972, nonché alla luce della disposizione dell'articolo 111-bis dello stesso Testo Unico imposte sui redditi, sono assoggettati, in via generale, sia in materia di imposte sui redditi che in materia d'imposta sul valore aggiunto, alla disciplina propria degli enti non commerciali, ma relativamente alle attività rese all'interno della vita associativa fruiscono di un trattamento agevolato in presenza delle condizioni espressamente indicate a tale fine dalla legge. 5.2. Imposte sui redditi In materia di imposte sui redditi si applicano in particolare agli enti associativi le disposizioni dettate dall'art. 108 del Testo Unico imposte sui redditi, ivi comprese quelle del nuovo comma 2-bis, concernenti l'intassabilità della occasionale raccolta di fondi e dei contributi pubblici corrisposti per attività svolte in regime di convenzione o di accreditamento. Trovano, altresì, applicazione nei confronti di tali enti le norme recate dagli articoli 109, 109-bis e 110 del Testo Unico imposte sui redditi La disciplina di favore propria degli enti non commerciali di tipo associativo è recata dall'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi Tale articolo è stato modificato dall'art. 5 del decreto legislativo n. 460 del 1997. In materia di obblighi contabili, agli enti non commerciali di tipo associativo si applicano le disposizioni dell'art. 20 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, come modificato dall'art. 8 del decreto legislativo in esame (vedi paragrafo relativo alle scritture contabili). 5.2.1. Disciplina generale degli enti associativi - Art. 111, commi 1 e 2, del Testo Unico imposte sui redditi Riguardo al regime agevolativo proprio degli enti associativi recato dall'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi si precisa che le modifiche apportate dall'art. 5 del decreto legislativo in argomento non interessano i commi 1 e 2 dell'articolo in esame. Pertanto, restano invariate le disposizioni recate da tali commi il cui testo è il seguente: "1. Non è considerata commerciale l'attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo. Le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo. 2. Si considerano tuttavia effettuate nell'esercizio di attività commerciali, salvo il disposto del secondo periodo del comma 1 dell'articolo 108, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi agli associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti del reddito di impresa o come redditi diversi secondo che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità". Il comma 1 dell'art. 111 sancisce l'esclusione dall'ambito della commercialità dell'attività svolta da associazioni, consorzi ed altri enti associativi nei confronti degli associati o partecipanti, sempre che la stessa sia esercitata in conformità alle finalità istituzionali e in assenza di una specifica corrispettività, e la conseguente intassabilità delle somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi. Il comma 2 dello stesso art. 111 conferma la natura commerciale delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi rese, ancorché in conformità alle finalità istituzionali, agli associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici,

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compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Le quote differenziate costituiscono in sostanza il corrispettivo dovuto in base ad un rapporto sinallagmatico instaurato tra soci ed ente. I corrispettivi specifici resi per cessioni di beni e prestazioni di servizi ad associati o partecipanti si considerano componenti del reddito d'impresa o redditi diversi, secondo che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o occasionalità. è appena il caso di precisare che l'attività "esterna" degli enti associativi, quella cioè resa da tali enti nei confronti dei terzi, continua a restare, di regola, fuori dalla sfera di applicazione dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi. 5.2.2. Regime agevolativo per particolari tipologie di enti associativi Le novità introdotte nell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi dal decreto legislativo n. 460 del 1997 riguardano la disciplina agevolativa dettata per singole tipologie di associazioni, "privilegiate" in relazione al carattere specifico dell'attività esercitata. Tale disciplina era contenuta nel previgente testo dell'art. 111, comma 3, secondo il quale: "3. Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali e sportive, non si considerano effettuate nell'esercizio di attività commerciali, in deroga al comma 2, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi verso pagamento di corrispettivi specifici effettuate, in conformità alle finalità istituzionali, nei confronti degli associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati. Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizio effettuate da associazioni culturali o sportive costituite ai sensi dell'articolo 36 del codice civile, la disposizione si applica nei confronti degli associati o partecipanti minori d'età e, per i maggiorenni, a condizione che questi abbiano il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione ed abbiano diritto a ricevere, nei casi di scioglimento della medesima, una quota del patrimonio sociale, se questo non è destinato a finalità di utilità generale". L'art. 5 del decreto legislativo in esame ha modificato il comma 3 dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi e ha aggiunto allo stesso articolo, in funzione di completamento della disciplina agevolativa e di delimitazione dei presupposti del regime agevolativo recato dallo stesso comma 3 dell'art. 111, gli ulteriori commi da 4-bis a 4-sexies. Le modifiche al comma 3 dell'art. 111, nonché l'introduzione dei commi da 4-bis a 4-sexies sono disposte in attuazione della delega recata dall'art. 3, comma 187, lett. c), della legge n. 662 del 1996 che fra i criteri e principi direttivi in materia di riordino della disciplina degli enti non commerciali ha previsto l'esclusione dall'ambito dell'imposizione, per gli enti di tipo associativo, da individuare con riferimento ad elementi di natura obiettiva connessi all'attività effettivamente esercitata, nonché sulla base di criteri statutari diretti a prevenire fattispecie elusive, di talune cessioni di beni e prestazioni di servizi rese agli associati nell'ambito dell'attività propria della vita associativa. - Art. 111, comma 3, del Testo Unico imposte sui redditi - 1) Attività rese agli associati in diretta attuazione degli scopi istituzionali Il novellato comma 3, dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi prevede: "3. Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati". Nella nuova formulazione il comma 3 dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi, che riproduce sostanzialmente sotto l'aspetto contenutistico la disposizione agevolativa recata dal primo periodo del previgente comma 3, opera una parziale deroga alla regola generale espressa nel comma 2 dello stesso art. 111, secondo la quale sono considerate commerciali le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese agli associati e partecipanti verso corrispettivi specifici, ancorché si tratti di attività conformi alle finalità istituzionali. Il regime agevolativo recato dal comma 3, nel testo modificato dal decreto legislativo in esame, consiste, infatti, nella esclusione del carattere commerciale delle attività rese da talune tipologie associative, in diretta attuazione degli scopi istituzionali, nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici. Detto regime agevolativo si rende pertanto applicabile qualora sussistano congiuntamente i seguenti presupposti: a) le attività agevolate devono essere effettuate da particolari tipologie di associazioni; b) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi devono essere rese agli associati; c) le stesse attività devono essere effettuate "in diretta attuazione degli scopi istituzionali". a) Tipologie di associazioni agevolate In ordine al primo dei requisiti sopra indicati si segnala che la nuova disposizione del comma 3 dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi ha ampliato l'ambito soggettivo di applicazione del regime agevolativo in argomento.

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Continuano ad essere destinatarie dell'anzidetta disciplina, senza alcuna modifica, le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali e culturali. Riguardo alle associazioni sportive, si evidenzia che la nuova disposizione delimita l'ambito applicativo del trattamento di favore alle "associazioni sportive dilettantistiche". Pertanto, a decorrere dal 1ý gennaio 1998, non tutte le associazioni sportive, ma solo le associazioni sportive dilettantistiche, sono destinatarie del riformulato comma 3 dell'art. 111. La limitazione, che ha finalità antielusiva, è intesa ad identificare gli enti destinatari della previsione di non commercialità delle attività rese ai propri iscritti, associati o partecipanti, dietro pagamento di corrispettivi specifici, in diretta attuazione degli scopi istituzionali, con gli enti associativi individuati dalla legge 16 dicembre 1991, n. 398. Risulta, pertanto, circoscritta l'applicabilità del comma 3 dell'art. 111 alle associazioni sportive, come delimitate dalla legge n. 398 del 1991, definite anche alla luce della circolare n. 1 dell'11 febbraio 1992 della soppressa Direzione generale delle imposte dirette e del decreto del Ministro delle finanze del 18 maggio 1995, come "associazioni sportive e relative sezioni non aventi scopo di lucro, affiliate alle federazioni sportive nazionali o agli enti di promozione sportiva, riconosciuti ai sensi delle leggi vigenti, che svolgono attività sportive dilettantistiche", intendendosi per tali le attività sportive esclusivamente dilettantistiche come definite nell'ambito della normativa regolamentare dei predetti organismi cui l'associazione è affiliata. In base alla nuova formulazione del comma 3 dell'art. 111 risultano, inoltre, destinatarie del regime di favore recato dallo stesso comma, le seguenti due tipologie di associazioni non contemplate dal testo previgente: - associazioni di promozione sociale; - associazioni di formazione extra-scolastica della persona. Si possono ritenere associazioni di promozione sociale quelle associazioni che promuovono la solidarietà e il volontariato, nonché l'aggregazione sociale attraverso lo svolgimento di attività culturali o sportive al fine di innalzare la qualità della vita, come ad esempio le ACLI e l'ARCI. Per quanto concerne le associazioni di formazione extra-scolastica della persona si osserva, in primo luogo, che tali associazioni per poter essere ricondotte nell'ambito applicativo dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi non devono svolgere come attività principale l'organizzazione di corsi, atteso che tale circostanza comporterebbe la loro qualificazione come enti commerciali. Peraltro, l'espressione "formazione extra-scolastica della persona" non individua, in via generale, l'intero settore dell'attività di formazione, ma un più limitato ambito di tale attività che privilegia la crescita intellettuale dell'individuo, mirata allo sviluppo della sua personalità complessiva e che esclude la formazione professionale, intesa all'apprendimento di conoscenze specifiche finalizzate all'inserimento nel mondo del lavoro e alla particolare specializzazione professionale. In sintesi, l'ambito soggettivo di applicazione del nuovo comma 3 dell'art. 111 è costituito dalle seguenti tipologie di associazioni: - associazioni politiche; - associazioni sindacali; - associazioni di categoria; - associazioni religiose; - associazioni assistenziali; - associazioni culturali; - associazioni sportive dilettantistiche; - associazioni di promozione sociale; - associazioni di formazione extra-scolastica della persona. In relazione all'inquadramento di un ente nell'ambito di una delle tipologie associative sopra individuate, emerge che lo stesso assumerà rilievo solo dopo aver appurato l'esatta qualificazione dell'ente e cioè se lo stesso debba ricomprendersi tra gli enti non commerciali. Infatti, l'associazione deve essere preventivamente qualificata come ente non commerciale sulla base dell'oggetto principale dell'attività, intesa, come in precedenza evidenziato, quale attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari dell'ente. Ai fini della successiva qualificazione dell'ente quale associazione riconducibile in una specifica tipologia indicata nel comma 3 dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi si richiama l'indirizzo espresso in proposito dalla Corte costituzionale, con sentenza 19 novembre 1992, n. 467, che afferma l'insufficienza dell'autoqualificazione dell'ente (come associazione politica, sindacale, di categoria, religiosa, culturale, ecc.) sulla base della sola definizione statutaria e, quindi, la necessità di una valutazione della reale natura dell'ente e dell'attività in concreto esercitata, alla stregua di obiettivi criteri desumibili dall'insieme delle norme dell'ordinamento. In sostanza, poiché la riconducibilità di un ente in una delle tipologie associative indicate nel comma 3 dell'art. 111 comporta la possibilità di fruire di un trattamento tributario di favore, al fine di evitare che sia l'associazione "arbitra della propria tassabilità" va verificata la natura e la caratteristica della stessa, in mancanza di specifici e manifesti riconoscimenti, sulla base di criteri obiettivi che qualificano nell'ordinamento le finalità politiche, sindacali, di categoria, religiose, ecc. Ad esempio, le associazioni a carattere religioso che non siano state civilmente riconosciute come tali (secondo le regole poste sulla base di intese o secondo la disciplina della legge 24 giugno 1929, n. 1159) devono comprovare la natura e la caratteristica dell'organizzazione secondo i criteri che qualificano nell'ordinamento dello Stato i fini di

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religione e di culto, desumibili dal concordato fra Stato e Chiesa cattolica e dalle intese stipulate con altre confessioni religiose. b) Destinatari delle attività agevolate Circa i destinatari delle attività agevolate, si segnala che vengono menzionati espressamente nel nuovo testo, accanto agli associati o partecipanti, "gli iscritti" non richiamati dal previgente testo, riferendosi la norma agevolativa anche alle associazioni politiche e sindacali. Le cessioni di beni e le prestazioni di servizi devono, pertanto, essere rese nei confronti "degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati delle rispettive organizzazioni nazionali". c) Attività agevolate Le attività ammesse al regime di favore secondo la disposizione del novellato comma 3 dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi devono essere svolte "in diretta attuazione degli scopi istituzionali". L'individuazione dell'attività che può ritenersi svolta in diretta attuazione degli scopi istituzionali deve essere effettuata, secondo le indicazioni della sentenza della Corte costituzionale 19 novembre 1992, n. 467 già in precedenza richiamata, alla stregua di criteri obiettivamente riscontrabili e non sulla base di un'autoqualificazione risultante dalle sole indicazioni statutarie. Si vuole con ciò precisare che l'attività svolta "in diretta attuazione degli scopi istituzionali" non è quella genericamente rientrante fra le finalità istituzionali dell'ente, in quanto il legislatore subordina l'applicazione del regime di favore alla circostanza che l'anzidetta attività costituisca il naturale completamento degli scopi specifici e particolari che caratterizzano ciascun ente associativo. - 2) Cessioni anche a terzi di pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati Un ulteriore disposizione agevolativa, che conferma sostanzialmente il previgente assetto normativo, è recata dallo stesso comma 3 dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi Secondo tale norma non sono considerate commerciali le cessioni di pubblicazioni effettuate anche a terzi alle seguenti condizioni: a) devono essere effettuate da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche e di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona; b) devono essere effettuate prevalentemente agli associati, anche se a titolo gratuito. - Art. 111, comma 4, del Testo Unico imposte sui redditi - Presunzione di commercialità Il decreto legislativo in esame non apporta alcuna modifica al comma 4 dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi. Il menzionato comma 4 stabilisce che per tutti gli enti associativi, compresi quelli indicati al precedente comma 3, alcune prestazioni, ancorché rese agli associati, sono in ogni caso commerciali. La norma reca in sostanza una presunzione di commercialità per le seguenti prestazioni: - cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita; - somministrazione di pasti; - erogazione di acqua, gas, energia elettrica e vapore; - prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito; - prestazioni di servizi portuali e aeroportuali; - gestione di spacci aziendali e di mense; - organizzazione di viaggi e soggiorni turistici; - gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale; - pubblicità commerciale; - telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari. - Art. 111, commi 4-bis e 4-ter, del Testo Unico imposte sui redditi Le disposizioni dei commi 4-bis e 4-ter, aggiunte all'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi dall'art. 5 del decreto legislativo in esame, riguardano solo alcune specifiche tipologie di associazioni e costituiscono una novità rispetto alla previgente normativa. Il testo dei commi 4-bis e 4-ter è il seguente: "4-bis. Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, non si considerano commerciali, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l'attività istituzionale, da bar ed esercizi similari e l'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, sempreché le predette attività siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e siano effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3. 4-ter. L'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici di cui al comma 4-bis non è considerata commerciale anche se effettuata da associazioni politiche, sindacali e di categoria, nonché da associazioni riconosciute dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, sempreché sia effettuata nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3". Somministrazione di alimenti e bevande

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- (Art. 111, comma 4-bis, del Testo Unico imposte sui redditi) - Associazioni di promozione sociale Per la somministrazione di alimenti e bevande è sancita la non commercialità esclusivamente a favore delle associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'art. 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287 (cioè gli enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell'Interno) e sempreché ricorrano le seguenti condizioni: a) l'attività deve essere effettuata da bar ed esercizi similari presso le sedi in cui viene svolta l'attività istituzionale; b) l'attività deve essere svolta nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti anche di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali; c) deve trattarsi di attività strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali. Riguardo alla somministrazione di alimenti e bevande effettuata da bar o servizi similari interni all'associazione si chiarisce che l'espressa previsione di non commercialità, a decorrere dal 1 gennaio 1998, nei confronti esclusivamente delle associazioni di promozione sociale, conferma per tutti gli altri enti di tipo associativo l'orientamento già espresso in sede amministrativa (R.M. n. 217/E del 17 luglio 1995), in base al quale è stato affermato il carattere commerciale dell'attività di somministrazione di alimenti o bevande nei bar interni ai circoli ricreativi, anche se svolta nei confronti dei propri associati. Organizzazione di viaggi e soggiorni turistici - (Art. 111, commi 4-bis e 4-ter, del Testo Unico imposte sui redditi) - Associazioni di promozione sociale, associazioni politiche, sindacali, di categoria e associazioni religiose è considerata non commerciale l'attività di organizzazione di viaggi e soggiorni turistici se svolta da associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'art. 3, comma 6, lettera e), della legge n. 287 del 1991, da associazioni politiche, sindacali, di categoria, nonché da associazioni riconosciute dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, alle seguenti condizioni: a) destinatari siano gli iscritti, associati o partecipanti anche di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale e i tesserati delle rispettive organizzazioni nazionali; b) si tratti di attività strettamente complementari a quella svolta in diretta attuazione degli scopi istituzionali. Quest'ultima condizione comporta la necessità di verificare in concreto che l'attività di organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, sia funzionale alla completa realizzazione degli scopi istituzionali (ad esempio, viaggio e soggiorno organizzati per gli iscritti o associati in occasione di un congresso nazionale o meeting internazionale). - Art. 111, comma 4-quater, del Testo Unico imposte sui redditi Il comma 4-quater dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi, introdotto dall'art. 5 del decreto legislativo n. 460 del 1997, è il seguente: "4-quater. Per le organizzazioni sindacali e di categoria non si considerano effettuate nell'esercizio di attività commerciali le cessioni delle pubblicazioni, anche in deroga al limite di cui al comma 3, riguardanti i contratti collettivi di lavoro, nonché l'assistenza prestata prevalentemente agli iscritti, associati o partecipanti in materia di applicazione degli stessi contratti e di legislazione sul lavoro, effettuate verso pagamento di corrispettivi che in entrambi i casi non eccedano i costi di diretta imputazione". - Cessioni di pubblicazioni di contratti collettivi nazionali. Associazioni sindacali e di categoria Non sono considerate commerciali le cessioni delle pubblicazioni riguardanti i contratti collettivi nazionali di lavoro se effettuate dalle associazioni sindacali e di categoria, anche in deroga al limite imposto dal comma 3 dell'art. 111. La non commercialità è in tali ipotesi riconosciuta anche se le pubblicazioni sono cedute prevalentemente a terzi, a condizione che i corrispettivi percepiti non eccedano i costi di diretta imputazione. Si precisa che la locuzione costi di diretta imputazione va intesa secondo i criteri già adottati in precedenza con riferimento ai c.d. costi specifici nella circolare della soppressa Direzione generale delle imposte dirette n. 40 del 26 novembre 1981. - Assistenza in materia di contratti collettivi di lavoro e di legislazione sul lavoro. Associazioni sindacali e di categoria. Nei confronti delle associazioni sindacali e di categoria, a decorrere dal 1ý gennaio 1998, non si considera effettuata nell'esercizio di attività commerciale l'assistenza in materia di applicazione di contratti collettivi di lavoro e di legislazione sul lavoro a condizione che: - l'attività sia prestata prevalentemente agli iscritti, associati o partecipanti; - i corrispettivi percepiti non eccedano i costi di diretta imputazione. - Attività di assistenza fiscale Per completezza di esposizione si fa presente che rimane in vigore la norma recata dall'art. 78, comma 8, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, secondo la quale le prestazioni corrispondenti a quelle dei Centri di assistenza fiscale "si

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considerano rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, ancorché rese da associazioni sindacali e di categoria e rientranti tra le finalità istituzionali delle stesse in quanto richieste dall'associato per ottemperare ad obblighi di legge derivanti dall'esercizio dell'attività". 5.3. Vincoli statutari per associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona - Art. 111, commi 4-quinquies e 4-sexies, del Testo Unico imposte sui redditi Novità di notevole rilevanza sono contenute nella disposizione recata dall'art. 4-quinquies del nuovo art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi. Tale norma consente l'applicabilità del trattamento di favore recato dal comma 3 dell'art. 111, nonché quello previsto dai commi 4-bis, 4-ter e 4-quater, dello stesso art. 111, a condizione che le associazioni destinatarie degli anzidetti regimi: 1. abbiano redatto l'atto costitutivo o lo statuto nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata; 2. l'atto costitutivo o lo statuto siano conformi alle clausole indicate nello stesso comma 4-quinquies dell'art. 111, dirette a garantire la non lucratività dell'associazione e ad evitare fenomeni elusivi. Le anzidette clausole possono essere riportate nell'atto costitutivo o nello statuto anche con formulazioni diverse da quelle previste espressamente dal menzionato comma 4-quinquies dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi, purché di portata univoca. I principi enunciati dalle suddette clausole devono risultare dagli atti costitutivi o dagli statuti ai fini dell'applicabilità del regime di favore nei confronti delle associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona che fruiscono delle citate disposizioni agevolative. Tali principi tendono ad assicurare: a) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione, nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge; b) l'obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità e salvo diversa destinazione imposta dalla legge. A tale fine dovrà essere sentito l'istituendo organismo di controllo di cui all'articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. Tale ultima prescrizione procedimentale relativa all'organismo di controllo deve essere di fatto osservata ancorché non sia necessario riprodurla, quale clausola espressa, nello statuto o atto costitutivo; c) la disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione; d) l'obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie; e) l'eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all'articolo 2532, secondo comma, del codice civile, sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti; f) l'intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa. Si precisa che i vincoli statutari sopra indicati non si applicano per gli enti associativi che, pur beneficiando della disposizione del comma 1 dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi, relativa alla non imponibilità delle quote associative, non si avvalgono del regime agevolativo recato dai commi 3, 4-bis, 4-ter e 4-quater dello stesso articolo. Distribuzione, anche in modo indiretto, di utili o di avanzi di gestione e devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento dell'ente (lett. a e b, comma 4-quinquies dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi) Riguardo ai vincoli statutari imposti dal comma 4-quinquies dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi si ritiene di dovere evidenziare la novità e la rilevanza, anche ai fini dei principi generali in materia di enti non commerciali, delle clausole riportate alle lettere a) e b) di detto comma. In sostanza l'obbligo di non distribuzione degli utili, anche in modo indiretto, nonché l'obbligo di devolvere il patrimonio, in caso di scioglimento dell'associazione, ad altro ente associativo con analoghe finalità o ai fini di pubblica utilità, comporta che le particolari tipologie di enti associativi destinatari del regime agevolativo recato dai commi 3, 4-bis, 4-ter e 4-quater dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi si configurino quali enti non lucrativi. Assume, pertanto, rilievo ai fini della decommercializzazione di determinate attività l'assenza, in capo ad alcuni enti non commerciali di tipo associativo, del fine di lucro che si realizza attraverso il divieto di distribuzione di utili. La finalità non lucrativa costituisce un'ulteriore condizione cui è subordinato il regime di favore illustrato nei paragrafi precedenti recati dai commi 3, 4-bis, 4-ter e 4-quater dell'art. 111. Circa la clausola concernente il divieto di distribuzione di utili si rileva che la norma non fornisce alcuna indicazione in ordine alla nozione di ¾distribuzione indiretta" di utili o di avanzi di gestione. Si chiarisce, tuttavia, che ai fini della interpretazione di tale nozione possono soccorrere i criteri stabiliti all'art. 10, comma 6, dello stesso decreto legislativo n. 460 del 1997.

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Tale norma, infatti, nell'individuare particolari fattispecie che "costituiscono in ogni caso distribuzione indiretta di utili o di avanzi di gestione", seppure inserita fra le disposizioni della Sezione II del decreto legislativo n. 460 in esame relativa alla disciplina tributaria delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, può configurarsi come norma di riferimento anche per gli enti di tipo associativo. Disciplina dei rapporti associativi e libera eleggibilità degli organi amministrativi (lett. c ed e, comma 4-quinquies, dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi) La disciplina del rapporto associativo e il principio di democraticità comprendente il diritto al voto degli associati o partecipanti maggiori di età e il diritto di nomina degli organi amministrativi (già recata dal secondo periodo del previgente testo del comma 3 dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi) è estesa a tutte le tipologie di associazioni ammesse al regime tributario recato dal comma 3 e dai commi 4-bis, 4-ter e 4-quater più volte richiamati, (lett. c ed e del comma 4-quinquies dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi) ad eccezione delle associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato, patti, accordi o intese, nonché delle associazioni politiche, sindacali e di categoria. Infatti, le clausole riportate sotto le lettere c) ed e) del comma 4-quinquies dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi, relative alla disciplina del rapporto associativo e alla libera eleggibilità degli organi amministrativi, non si applicano alle associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché alle associazioni politiche, sindacali e di categoria (comma 4-sexies dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi). Per quanto riguarda le modalità di espressione del voto, si ricorda che nella relazione illustrativa del decreto legislativo n. 460 del 1997 è stato esplicitamente chiarito quanto segue: "Non si è ritenuto di ammettere i soci ad esprimere per corrispondenza il proprio voto, così come proposto dalla Commissione parlamentare, sul rilievo che la ratio della norma, diretta a prevenire fattispecie elusive (articolo 3, comma 187, lett. c della legge di delega), richiede la partecipazione reale e fisica dei soci alla vita dell'associazione". Si precisa, tuttavia, in proposito che per le organizzazioni complesse a carattere nazionale si deve tenere conto della pratica impossibilità di garantire la partecipazione reale e fisica dei soci alla vita dell'associazione nonché del principio di democrazia rappresentativa fondato sul mandato; pertanto per tali organizzazioni è consentita l'espressione del voto da parte degli associati mediante delega da conferire ad altri associati. Obbligo di redigere il rendiconto (lett. d, comma 4-quinquies, dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi) Viene imposto alle associazioni ammesse a fruire del regime agevolativo in argomento l'obbligo di redigere e approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario riferito sia all'attività istituzionale sia a quella commerciale eventualmente esercitata, indipendentemente dal regime contabile, ordinario o semplificato, adottato dall'ente non commerciale. Si chiarisce che la redazione del bilancio soddisfa tale obbligo. Il rendiconto annuale, redatto secondo le modalità stabilite dallo stesso ente nello statuto, deve riassumere le vicende economiche e finanziarie dell'ente in modo da costituire uno strumento di trasparenza e di controllo dell'intera gestione economica e finanziaria dell'associazione. Deve trattarsi di documento che evidenzia anche l'attività decommercializzata. La documentazione di supporto di tale documento, anche se non fiscale, deve essere conservata con le modalità previste dal D.P.R. n. 600 del 1973, attesa la rilevanza attribuita allo stesso rendiconto annuale imposto da una norma tributaria quale specifico requisito per l'applicazione di un particolare trattamento di favore. La mancata redazione ed approvazione del rendiconto annuale, determina la non applicabilità delle disposizioni concernenti la non commercialità recate dai commi 3, 4-bis, 4-ter e 4-quater dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi citato. 5.3.1. Termini per la predisposizione o l'adeguamento degli statuti Fino al 31 dicembre 1997 le associazioni ammesse a fruire del trattamento tributario previsto delle disposizioni contenute nel comma 3 dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi potevano fruire dell'anzidetto regime agevolativo anche in mancanza dell'atto costitutivo o dello statuto. A decorrere dal 1 gennaio 1998 viene imposto alle menzionate associazioni un onere nuovo ed ulteriore, consistente, appunto, nella predisposizione dell'atto costitutivo o dello statuto nella specifica forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata. A decorrere dalla stessa data del 1 gennaio 1998 le associazioni, che già abbiano l'atto costitutivo o lo statuto, devono, altresì, verificare la compatibilità del contenuto dei predetti atti con le clausole sopra richiamate a pena di inammissibilità del regime recato dal nuovo testo del comma 3 dell'art. 111, nonché dai commi 4-bis, 4-ter e 4-quater dello stesso articolo. I termini per predisporre o adeguare gli atti costitutivi o statuti o regolarizzare gli atti medesimi nelle predette forme sono i seguenti: - 6 mesi dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 460 del 1997 (pertanto entro il 30 giugno 1998), per le associazioni religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona;

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- 12 mesi dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 460 del 1997 (pertanto, entro il 31 dicembre 1998), per le associazioni politiche, sindacali e di categoria. Si precisa che entro i termini sopraindicati è sufficiente che lo statuto o l'atto costitutivo, conformemente alle disposizioni dell'art. 111, comma 4-quinquies, sia approvato dall'organo assembleare, ancorché non sia intervenuta, ove richiesta, l'approvazione dell'autorità di controllo competente. Per le associazioni a più larga valenza nazionale, come le associazioni politiche, sindacali e di categoria, nonché per le associazioni di promozione sociale a carattere nazionale è sufficiente che, entro il predetto termine del 31 dicembre 1998, le clausole statutarie siano approvate dall'organo direttivo, in attesa del successivo recepimento da parte dell'assemblea o del congresso generale. Resta fermo che la mancata osservanza nei fatti nonché la mancata definitiva approvazione delle clausole anzidette comportano il venire meno, fin dall'inizio, del regime agevolativo recato dai commi 3, 4-bis, 4-ter e 4-quater dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi . 5.4. Imposta sul valore aggiunto L'art. 5, comma 2, del decreto legislativo n. 460 del 1997, apporta modifiche all'art. 4 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Tali modifiche sono intese a coordinare le disposizioni in materia di IVA relative agli enti di tipo associativo con le novità introdotte ai fini delle imposte sui redditi, allo scopo di escludere dal campo di applicazione dell'IVA le stesse attività non soggette ad imposizione ai fini delle imposte sui redditi. - Art. 4, quarto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972 Viene modificato l'ambito soggettivo di applicazione della norma recata dal quarto comma dell'art. 4 del D.P.R. n. 633 del 1972, nella parte in cui prevede la non commercialità delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi rese in conformità alle finalità istituzionali, ancorché dietro pagamento di corrispettivi specifici, ai soci, associati o partecipanti, ad associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, nonché nei confronti dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati delle rispettive organizzazioni nazionali. Continuano a essere destinatarie dell'anzidetta disciplina, senza alcuna modifica, le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali e culturali, mentre per le associazioni sportive la nuova disposizione delimita, a decorrere dal 1ý gennaio 1998, l'ambito applicativo del trattamento di favore "alle associazioni sportive dilettantistiche". Il nuovo quarto comma dell'art. 4 del D.P.R. n. 633 del 1972 ha, inoltre, esteso il regime di favore dal medesimo recato alle associazioni di promozione sociale ed alle associazioni di formazione extra-scolastica della persona. Pertanto, a decorrere dal 1 gennaio 1998, le tipologie associative destinatarie della disposizione in esame sono le seguenti: - associazioni politiche; - associazioni sindacali; - associazioni di categoria; - associazioni religiose; - associazioni assistenziali; - associazioni culturali; - associazioni sportive dilettantistiche; - associazioni di promozione sociale; - associazioni di formazione extra-scolastica della persona. Viene parimenti modificato l'ambito soggettivo di applicazione della disposizione del quinto comma, lett. a), dell'art. 4, relativamente alla previsione di non commercialità delle cessioni di pubblicazioni cedute prevalentemente ai propri associati. Le associazioni beneficiarie di tale regime sono le stesse sopra elencate. - Art. 4, commi sesto, settimo e ottavo, del D.P.R. n. 633 del 1972 All'art. 4 del D.P.R. n. 633 del 1972 vengono aggiunti, dopo il quinto comma, ulteriori tre commi. Il nuovo sesto comma dell'art. 4 del D.P.R. n. 633 del 1972 riproduce il comma 4-bis dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi, relativo alle associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'art. 3, comma 6, lett. e), della legge n. 287 del 1991, limitatamente alla previsione di non commercialità della somministrazione di alimenti e bevande. Si sottolinea che, diversamente da quanto previsto dal comma 4-bis dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi, ai fini dell'IVA non è riconosciuto carattere "non commerciale" all'attività di organizzazione di viaggi e soggiorni turistici effettuata dalle stesse associazioni di promozione sociale, le quali, pertanto, restano assoggettate al tributo in base alla presunzione assoluta di commercialità disposta dall'art. 4, quinto comma, lett. g), del D.P.R. n. 633 del 1972. Il nuovo settimo comma dell'art. 4 del D.P.R. n. 633 del 1972 subordina l'applicabilità delle disposizioni agevolative recate dai commi quarto, secondo periodo, e sesto dello stesso art. 4 alla redazione dell'atto costitutivo e dello statuto nelle forme dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, nonché alla condizione che le associazioni interessate si conformino alle specifiche clausole indicate nella medesima disposizione. Dette clausole coincidono con quelle indicate nell'art. 111, comma 4-quinquies, del Testo Unico imposte sui redditi (vedi paragrafo 5.3, relativo ai vincoli statutari per gli enti di tipo associativo). Il nuovo comma ottavo dell'art. 4 del D.P.R. n. 633 del 1972 riproduce il comma 4-sexies del citato art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi che esonera le associazioni religiose riconosciute

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dalle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché le associazioni politiche, sindacali e di categoria dal recepimento delle clausole recate dalle lett. c) ed e) del precedente comma, relative alla disciplina del rapporto associativo e della libera eleggibilità degli organi amministrativi, e ciò al fine di salvaguardare la peculiare struttura delle anzidette organizzazioni. Si evidenzia che, diversamente da quanto previsto dal comma 4-ter dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi, ai fini dell'imposta del valore aggiunto non è stata sancita la "decommercializzazione" delle attività di organizzazione di viaggi e soggiorni turistici effettuate dalle associazioni politiche, sindacali, di categoria e dalle associazioni riconosciute da confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nei confronti dei soci, associati o partecipanti. Tali attività, pertanto, ancorché svolte dalle predette associazioni sono assoggettate all'IVA. Sono ugualmente imponibili ai fini dell'IVA, in assenza di una norma espressa di esclusione analoga a quella recata dal comma 4-quater dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi, le cessioni di pubblicazioni riguardanti i contratti collettivi di lavoro, qualora le stesse non siano effettuate prevalentemente a favore dei soci o degli associati, nonché le prestazioni di assistenza in materia di applicazione di contratti collettivi di lavoro, e di legislazione sul lavoro effettuate nei confronti di terzi. Per i chiarimenti relativi alle modifiche apportate al testo dell'art. 4 del D.P.R. n. 633 del 1972, si rinvia a quanto precisato nei paragrafi precedenti in relazione alle corrispondenti norme contenute nei commi 4-bis, relativamente alla somministrazione di alimenti e bevande, 4-quinquies e 4-sexies dell'art. 111 del Testo Unico imposte sui redditi. 6. Scritture contabili degli enti non commerciali L'art. 20 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, che reca disposizioni in ordine agli obblighi contabili degli enti non commerciali, è stato integrato, con l'aggiunta di ulteriori due commi, dall'art. 8 del decreto legislativo n. 460 del 1997. Nessuna modifica è stata apportata al primo comma dell'anzidetto art. 20 del D.P.R. n. 600 del 1973 il cui testo è il seguente: "Le disposizioni degli articoli 14, 15, 16, 17 e 18 si applicano, relativamente alle attività commerciali eventualmente esercitate, anche agli enti soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali". I commi introdotti nel citato art. 20 del D.P.R. n. 600 del 1973 dal decreto legislativo n. 460 del 1997, dispongono: "Indipendentemente alla redazione del rendiconto annuale economico e finanziario, gli enti non commerciali che effettuano raccolte pubbliche di fondi devono redigere, entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio, un apposito e separato rendiconto tenuto e conservato ai sensi dell'articolo 22, dal quale devono risultare, anche a mezzo di una relazione illustrativa, in modo chiaro e trasparente, le entrate e le spese relative a ciascuna delle celebrazioni, ricorrenze o compagne di sensibilizzazione indicate nell'articolo 108, comma 2-bis, lettera a), testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Gli enti soggetti alla determinazione forfetaria del reddito ai sensi del comma 1 dell'articolo 109-bis del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che abbiano conseguito nell'anno solare precedente ricavi non superiori a lire 30 milioni, relativamente alle attività di prestazione di servizi, ovvero a lire 50 milioni negli altri casi, assolvono gli obblighi contabili di cui all'articolo 18, secondo le disposizioni di cui al comma 166 dell'articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662". Con il nuovo secondo comma dell'articolo 20 del D.P.R. n. 600 del 1973, ferma restando la obbligatorietà delle scritture contabili previste dal primo comma del medesimo articolo, viene introdotto uno specifico obbligo di rendicontazione in relazione all'agevolazione recata dal comma 2-bis dell'art. 108 del Testo Unico imposte sui redditi (introdotto dall'art. 2 del decreto legislativo n. 460 del 1997) per le raccolte pubbliche di fondi effettuate occasionalmente dagli enti non commerciali in concomitanza di ricorrenze, celebrazioni e campagne di sensibilizzazione. Dette attività devono essere oggetto - al fine, tra l'altro, di salvaguardare in modo scrupoloso i principi di trasparenza e di rappresentare correttamente i fatti della gestione nell'interesse di coloro che intendono partecipare a tali attività - di una rigorosa rendicontazione, indipendentemente anche dalla redazione del rendiconto annuale economico e finanziario di cui agli artt. 111, comma 4-quinquies, del Testo Unico imposte sui redditi e 4, settimo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972. Deve, pertanto, essere redatto, entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio sociale, un apposito e separato rendiconto, tenuto e conservato ai sensi dell'art. 22 del D.P.R. n. 600 del 1973. Ne consegue che, al pari degli altri documenti contabili, il rendiconto va conservato, agli effetti fiscali, fino a quando non sia divenuto definitivo l'accertamento relativo al periodo d'imposta cui il rendiconto stesso si riferisce e, quindi, in caso di controversia, anche oltre il termine decennale previsto dall'art. 2220 del codice civile. Nel rendiconto vanno riportate, in modo chiaro e trasparente, le entrate e le spese afferenti ciascuna delle manifestazioni (celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione) previste dall'art. 108, comma 2-bis, lett. a) del Testo Unico imposte sui redditi, che hanno originato le entrate e le spese medesime. Il rendiconto deve essere accompagnato, ove necessario, da una relazione illustrativa concernente le entrate e le spese anzidette. è appena il caso di precisare che il predetto rendiconto deve essere redatto sia dagli enti non commerciali che si avvalgono del regime di contabilità ordinaria sia da quelli che si avvalgono del regime di contabilità semplificata previsto dall'art. 18 del D.P.R. n. 600 del 1973. Con il nuovo terzo comma dell'art. 20 del D.P.R. n. 600 del 1973, introdotto dall'art. 8 del decreto legislativo n. 460 del 1997, viene stabilito che gli enti non commerciali soggetti alla determinazione forfetaria del reddito, ai sensi dell'art. 109-

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bis del Testo Unico imposte sui redditi, e che abbiano conseguito nell'anno solare precedente ricavi non superiori a lire 30 milioni, relativamente alla attività di prestazione di servizi, ovvero a lire 50 milioni negli altri casi, assolvono gli obblighi contabili di cui all'art. 18 del D.P.R. n. 600 del 1973 secondo le disposizioni di cui al comma 166 dell'art. 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662. In particolare, permanendo, se prescritti, gli obblighi di fatturazione e certificazione dei corrispettivi, i soggetti stessi possono annotare l'ammontare complessivo, distinto per aliquota, delle operazioni fatturate in ciascun mese, con riferimento allo stesso mese, entro il giorno 15 del mese successivo, nei registri previsti ai fini IVA ovvero nell'apposito prospetto riepilogativo, che tiene luogo dei registri stessi, conforme al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze 11 febbraio 1997 ed alle relative istruzioni. Inoltre, i soggetti medesimi devono annotare entro il termine previsto per le liquidazioni trimestrali dell'IVA, l'importo complessivo imponibile mensile o trimestrale degli acquisiti e delle importazioni indicando l'imposta detraibile nel registro di cui all'art. 25 del D.P.R. n. 633 del 1972 o nel prospetto sopra menzionato di cui al modello approvato con il citato D.M. 11 febbraio 1997 (circolare ministeriale n. 10/E del 17 gennaio 1997). Si precisa, infine, che i soggetti in questione, che fruiscono delle predette semplificazioni contabili, devono, comunque, osservare l'obbligo di redigere l'apposito rendiconto previsto dal nuovo secondo comma dell'art. 20 del D.P.R. n. 600 del 1973. 7. Agevolazioni temporanee per il trasferimento di beni patrimoniali 7.1. Trasferimento a titolo gratuito di aziende o beni L'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 460 del 1997 introduce un regime agevolativo transitorio relativo ai trasferimenti a titolo gratuito di aziende o beni a favore di enti non commerciali effettuati entro il 30 settembre 1998, al fine di favorire il potenziamento patrimoniale degli stessi. Il trasferimento può essere effettuato indistintamente da persone fisiche, da società semplici, da imprese commerciali esercitate in forma sia individuale che societaria e da enti non commerciali. Il soggetto destinatario del trasferimento di aziende o beni deve essere un ente non commerciale o una organizzazione non lucrativa di utilità sociale, escluse le società cooperative. 7.1.1. Ambito oggettivo, condizioni e limiti Il trasferimento a titolo gratuito deve riguardare aziende, complessi aziendali o singoli rami di azienda nonché singoli beni e deve essere effettuato a titolo gratuito con atto sottoposto a registrazione entro il 30 settembre 1998. L'ente non commerciale beneficiario deve dichiarare nell'atto di trasferimento che intende utilizzare direttamente i beni per lo svolgimento della propria attività, con la conseguenza che per gli stessi non è ammessa la possibilità di utilizzo non strumentale all'attività esercitata dall'ente, intendendosi per tale sia quella istituzionale che quella commerciale eventualmente esercitata. Considerata la finalità della norma, che è quella di realizzare un potenziamento patrimoniale dell'ente non commerciale, si ritiene che la medesima è parimenti rispettata qualora l'ente non commerciale, proceda alla cessione dei beni acquisiti gratuitamente impiegando l'intero corrispettivo conseguito nell'acquisto di altri beni strumentali da utilizzare nell'ambito dell'attività propria dell'ente stesso. 7.1.2. Agevolazioni ai fini delle imposte sui redditi Ai sensi del comma 1 dell'art. 9 in esame nei confronti del soggetto cedente il trasferimento a titolo gratuito di aziende o beni non dà luogo, ai fini delle imposte sui redditi, a realizzo o a distribuzione di plusvalenze o minusvalenze, comprese quelle relative alle rimanenze e compreso il valore di avviamento mentre per l'ente non commerciale beneficiario la predetta acquisizione di beni non costituisce presupposto per la tassazione di sopravvenienze attive nei suoi confronti. 7.1.3. Agevolazioni ai fini delle imposte indirette Il trasferimento a titolo gratuito di aziende o beni a favore di enti non commerciali è esente dalle imposte sulle successioni e donazioni, ipotecarie e catastali, INVIM e relativa imposta sostitutiva e non è soggetto all'imposta sul valore aggiunto ai sensi dell'art. 2, terzo comma, lett. b), del D.P.R. n. 633 del 1972. 7.1.4. Trasferimento dell'unica azienda dell'imprenditore cedente Ai sensi dell'art. 9, comma 1, del decreto legislativo n. 460 del 1997 nel caso in cui il trasferimento abbia ad oggetto l'unica azienda dell'imprenditore cedente, questi ha l'obbligo di affrancare le riserve o fondi in sospensione di imposta eventualmente costituiti in precedenza previo pagamento di un'imposta sostitutiva dell'IRPEF e dell'IRPEG pari al 25 per cento. Al riguardo, si precisa che il codice tributo utilizzabile per il versamento dell'imposta sostitutiva è il 1674 denominato "Imposta sostitutiva IRPEF, IRPEG, ILOR, IVA, su riserve e fondi in sospensione di imposta e su saldi attivi di rivalutazione". Il periodo di riferimento da indicare sui modelli di versamento è l'anno per il quale si effettuano i versamenti. Relativamente alle modalità di versamento si fa richiamo alla nota del 24 febbraio 1998, n. 1998/21572 della Direzione centrale per la riscossione con la quale è stato precisato quanto segue.

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Nel caso in cui il versamento dell'imposta sostitutiva in argomento è dovuto da soggetti non titolari di partita IVA lo stesso va effettuato ai concessionari del servizio della riscossione competenti in base al domicilio fiscale del contribuente, utilizzando la distinta Mod. 8 ovvero il bollettino di conto corrente postale Mod. 11. Le persone fisiche e le società di persone possono effettuare il versamento anche mediante delega alla banca, utilizzando il modello di delega unica di cui al decreto ministeriale 25 settembre 1995 (grafica colore azzurro). Nell'ipotesi in cui il medesimo versamento è dovuto da soggetti titolari di partita IVA lo stesso va effettuato ai concessionari per il servizio della riscossione competenti in base al domicilio fiscale del contribuente, utilizzando rispettivamente la distinta Mod. 22 o la delega di pagamento Mod. D, ovvero, nel caso di pagamento tramite gli uffici postali, il bollettino Mod. 31. I pagamenti effettuati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto di attuazione delle disposizioni di cui all'art. 24 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, saranno eseguiti secondo le modalità di cui al decreto stesso, attualmente in corso di perfezionamento. Per i saldi attivi di rivalutazione costituiti ai sensi della legge 29 dicembre 1990, n. 408 e della legge 30 dicembre 1991, n. 413 relative alle disposizioni tributarie in materia di rivalutazione dei beni, smobilizzo di riserve e di fondi e per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, l'imposta sostitutiva delle imposte di cui sopra è fissata nella misura del 10 per cento e non spetta il credito di imposta previsto dall'art. 4, comma 5 della citata legge n. 408 del 1990 e dell'art. 26, comma 5 della predetta legge n. 413 del 1991. Anche per detta imposta sostitutiva il codice tributo è il 1674 e per il versamento valgono le medesime modalità sopra richiamate. L'ultima parte del comma 1 dell'art. 9 in commento stabilisce che le riserve e i fondi indicati nelle lett. b) e c) del comma 7 dell'art. 105 del Testo Unico imposte sui redditi sono assoggettati ad imposta sostitutiva della maggiorazione di conguaglio con aliquota rispettivamente del 5 per cento e del 10 per cento. In proposito, si ritiene che la norma possa trovare applicazione nei confronti dei soggetti il cui periodo d'imposta non coincide con l'anno solare per i quali non spiega ancora effetto l'art. 1, comma 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 467, concernente disposizioni in materia di imposta sostitutiva della maggiorazione di conguaglio e di credito di imposta sugli utili societari; resta inteso, invece, che per il periodo d'imposta in cui si applica la disciplina dell'affrancamento obbligatorio delle riserve da assoggettare a maggiorazione di conguaglio l'imposta sostitutiva sulle anzidette riserve sarà quella determinata con le percentuali previste dal citato decreto legislativo n. 467 del 1997 e non quella determinata con le percentuali previste dall'art. 9 del decreto legislativo n. 460 del 1997. Ai fini del versamento della predetta imposta, si fa presente che il codice tributo, così come precisato con la citata nota del 24 febbraio 1998, è il 1675 denominato "Imposta sostitutiva sui fondi in sospensione di imposta e soggetti a maggiorazione di conguaglio". Anche in questo caso sono applicabili le medesime modalità di versamento già richiamate. 7.2. Esclusione dal patrimonio dell'impresa dell'ente non commerciale degli immobili strumentali per destinazione L'art. 9, comma 2, del decreto legislativo n. 460 del 1997 stabilisce che l'ente non commerciale che alla data 1 gennaio 1998 utilizzi beni immobili strumentali di cui al primo periodo del comma 2 dell'articolo 40 del Testo Unico imposte sui redditi (immobili strumentali per destinazione), può, entro il 30 settembre 1998, optare per l'esclusione dei beni stessi dal patrimonio dell'impresa, con effetto dall'anno 1998, mediante il pagamento di una somma a titolo di imposta sostitutiva dell'IRPEG e dell'IVA. L'imposta sostitutiva è dovuta nella misura del 5 per cento del valore dell'immobile determinato con i criteri dell'articolo 52, comma 4, del Testo Unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, nel caso in cui gli stessi provengano dal patrimonio personale e del 10 per cento nel caso di acquisto in regime di impresa. Ai fini dell'applicazione delle predette disposizioni, l'ultimo periodo del comma 2 dell'art. 9 in esame prevede che per bene proveniente dal patrimonio deve ritenersi il bene, di proprietà dell'ente stesso non acquistato nell'esercizio dell'impresa, indipendentemente dall'anno di acquisizione e dal periodo di tempo intercorso tra l'acquisto e l'utilizzazione nell'impresa. Ne consegue che sono da ritenere immobili non provenienti dal patrimonio dell'ente quelli acquistati per essere adibiti nell'attività di impresa quando tale circostanza risulti dall'atto di acquisto ovvero quelli indicati nelle scritture contabili cronologiche (libro giornale o registro degli acquisti) relative al periodo d'imposta nel quale l'acquisizione si è verificata i quali hanno avuto una incidenza nella gestione dell'attività commerciale stessa avendo, ad esempio, consentito la detrazione dell'IVA pagata all'acquisto o la deduzione di quote di ammortamento. Sulla base di quanto precede, deve ritenersi che gli immobili che sono transitati dal patrimonio dell'ente a quello dell'impresa in periodi di imposta successivi a quello di acquisizione non sono da considerarsi acquistati in regime di impresa, a nulla rilevando che gli stessi siano indicati nell'inventario o nel registro dei beni ammortizzabili e/o siano state portate in deduzione le relative quote di ammortamento agli effetti della determinazione del reddito di impresa. 7.2.1. Condizione per avvalersi dell'opzione Possono avvalersi dell'opzione in esame gli enti che, con riferimento alla data in cui l'opzione viene esercitata continuano a svolgere attività commerciali, con la conseguenza che tale facoltà resta preclusa nelle ipotesi in cui detta attività sia venuta a cessare. Si precisa che l'attività di impresa è da ritenersi cessata anche nell'ipotesi di affitto o di

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concessione in usufrutto dell'unica azienda, atteso che per l'intera durata dell'affitto o della concessione in usufrutto detta attività viene a mancare, come si desume, agli effetti delle imposte sui redditi, dall'art. 81, comma 1, lett. h), del Testo Unico imposte sui redditi. 7.2.2. Determinazione del valore cui applicare le aliquote Ai fini della determinazione del valore cui applicare le aliquote del 5 o del 10 per cento, secondo i criteri previsti dal comma 4 dell'art. 52 del D.P.R. n. 131 del 1986, richiamato dal comma 2 dell'art. 9 del decreto legislativo n. 460 del 1997, va assunta la rendita catastale attribuita all'unità immobiliare, determinata a seguito della revisione generale disposta con il decreto del Ministro delle finanze del 20 gennaio 1990, moltiplicata per i coefficienti stabiliti con decreto del Ministro delle finanze del 14 dicembre 1991. Per le unità immobiliari non ancora censite in catasto vanno assunte le rendite catastali attribuite alle unità immobiliari similari già censite. Al riguardo, si fa presente che il codice tributo stabilito per il pagamento della predetta imposta sostitutiva è 1676 denominato "imposta sostitutiva IRPEG, ILOR, IVA - art. 9, comma 2, D.Lgs. n. 460/97". Il periodo di riferimento da indicare sui modelli di versamento è l'anno per il quale si effettuano i versamenti. Relativamente alle modalità di versamento si richiamano le relative istruzioni indicate nella nota della Direzione centrale della riscossione del 24 febbraio 1998 più volte citata. 7.2.3. Effetti del mancato esercizio dell'opzione Il mancato esercizio dell'opzione e/o l'omesso versamento dell'imposta sostitutiva dovuta entro la data del 30 settembre 1998 comporta che gli immobili strumentali in argomento continuano ad essere considerati relativi all'attività di impresa dell'ente non commerciale. Restano salve, ai fini dei controlli della regolarità delle dichiarazioni di opzione e dei relativi versamenti dell'imposta sostitutiva, le disposizioni contenute nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 in materia di accertamento e quelle di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 in materia di riscossione. 7.2.4. Modalità di presentazione della dichiarazione di opzione Con istruzioni che verranno emanate con decreto del Ministro delle finanze, in corso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è stato stabilito che la dichiarazione di opzione, conforme allo schema allegato al predetto decreto ministeriale, va predisposta in carta libera e spedita a mezzo raccomandata senza avviso di ricevimento, all'Ufficio delle imposte dirette ovvero, ove esistente, all'Ufficio delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale alla data di presentazione della dichiarazione stessa. Si ricorda che nella dichiarazione di opzione vanno riportati gli estremi del versamento dell'imposta sostitutiva e alla dichiarazione stessa va allegata copia della distinta rilasciata dal concessionario o, se il versamento è fatto mediante il servizio postale, l'attestazione rilasciata dal competente Ufficio.

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Legge 21 novembre 2000 n° 342 - Art. 37 (Disposizioni tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche) 1. Nel testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all' articolo 13-bis, comma 1, concernente detrazioni per oneri, la lettera i-ter) è sostituita dalla seguente: "i-ter) le erogazioni liberali in denaro, per un importo complessivo in ciascun periodo di imposta non superiore a due milioni di lire, in favore delle società sportive dilettantistiche, a condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o ufficio postale, ovvero secondo altre modalità stabilite con decreto del Ministro delle finanze da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;"; b) all' articolo 65, comma 2, concernente oneri di utilità sociale, dopo la lettera c-septies) è aggiunta la seguente: "c-octies) le erogazioni liberali in denaro, per un importo non superiore a due milioni di lire o al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato, a favore delle società sportive dilettantistiche."; c) all' articolo 81, comma 1, concernente redditi diversi, la lettera m) è sostituita dalla seguente: "m) le indennità di trasferta, i rimborsi forfettari di spesa, i premi e i compensi erogati nell'esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall'Unione nazionale per l'incremento delle razze equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto."; d) all' articolo 83, concernente premi, vincite e indennità, il comma 2 è sostituito dal seguente: "2. Le indennità, i rimborsi forfettari, i premi e i compensi di cui alla lettera m) del comma 1 dell' articolo 81 non concorrono a formare il reddito per un importo non superiore complessivamente nel periodo d'imposta a lire 10.000.000. Non concorrono, altresì, a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all'alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale."; e) all' articolo 91-bis, comma 1, concernente detrazioni di imposta per oneri, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: ", nonché dell'onere di cui all' articolo 13-bis, comma 1, lettera i-ter)". 2. All' articolo 25 della legge 13 maggio 1999, n. 133, recante disposizioni tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche, sono apportate le seguenti modificazioni: a) i commi 1, 2, 3, 4, 7 e 8 sono sostituiti dai seguenti: "1. Sulla parte imponibile dei redditi di cui all' articolo 81, comma 1, lettera m), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, in materia di redditi diversi, le società e gli enti eroganti operano, con obbligo di rivalsa, una ritenuta nella misura fissata per il primo scaglione di reddito dall' articolo 11 dello stesso testo unico, e successive modificazioni, concernente determinazione dell'imposta, maggiorata delle addizionali di compartecipazione all'imposta sul reddito delle persone fisiche. La ritenuta è a titolo d'imposta per la parte imponibile dei suddetti redditi compresa fino a lire 40 milioni ed è a titolo di acconto per la parte imponibile che eccede il predetto importo. Ai soli fini della determinazione delle aliquote per scaglioni di reddito di cui al predetto articolo 11 del citato testo unico, la parte dell'imponibile assoggettata a ritenuta a titolo d'imposta concorre alla formazione del reddito complessivo. 2. Per le associazioni sportive dilettantistiche, comprese quelle non riconosciute dal CONI o dalle Federazioni sportive nazionali purché riconosciute da enti di promozione sportiva, che si avvalgono dell'opzione di cui all' articolo 1 della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, non concorrono a formare il reddito imponibile, per un numero di eventi complessivamente non superiore a due per anno e per un importo non superiore al limite annuo complessivo fissato con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro per i beni e le attività culturali: a) i proventi realizzati dalle associazioni nello svolgimento di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali; b) i proventi realizzati per il tramite della raccolta pubblica di fondi effettuata in conformità all' articolo 108, comma 2-bis, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, in materia di formazione del reddito complessivo. 3. A decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data del 18 maggio 1999, l'importo fissato dall' articolo 1, comma 1, della legge 16 dicembre 1991, n. 398, recante disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche, come modificato da ultimo con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 285 del 5 dicembre 1998, in lire 130.594.000, è elevato a lire 360 milioni. 4. Alla legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, recante disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche, sono apportate le seguenti modificazioni: a) nell' articolo 1, il comma 3 è abrogato; b) nell' articolo 2: 1) al comma 3, le parole: "quinto comma" sono sostituite dalle seguenti: "sesto comma"; 2) al comma 5, le parole: "6 per cento" sono sostituite dalle seguenti: "3 per cento". 5. I pagamenti a favore di società, enti o associazioni sportive dilettantistiche di cui al presente articolo e i versamenti da questi effettuati sono eseguiti, se di importo superiore a lire 1.000.000, tramite conti correnti bancari o postali a loro intestati ovvero secondo altre modalità idonee a consentire all'amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli, che possono essere stabilite con decreto del Ministro delle finanze da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma

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3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. L'inosservanza della presente disposizione comporta la decadenza dalle agevolazioni di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, recante disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche, e l'applicazione delle sanzioni previste dall' articolo 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, recante riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi."; b) i commi 5 e 6 sono abrogati. 3. La legge 25 marzo 1986, n. 80, recante trattamento tributario dei proventi derivanti dall'esercizio di attività sportive dilettantistiche, è abrogata. 4. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 si applicano dal 1° gennaio 2000. Restano salvi tutti gli atti adottati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge e non si fa luogo a recuperi, a rimborsi d'imposta o applicazione di sanzioni nei confronti dei soggetti che anteriormente a tale data hanno assunto comportamenti, ovvero hanno corrisposto o percepito le indennità, i rimborsi o i compensi, conformemente alle disposizioni di cui all' articolo 25 della legge 13 maggio 1999, n. 133, recante disposizioni tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche, e a quelle del decreto del Ministro delle finanze 26 novembre 1999, n. 473.

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(estratto) Circolare ministeriale n° 16-11-2000, n. 207/E/2000/237953 (Min. Fin. Dip. Ent. Dir. Centr. Affari giuridici e contenzioso tributario) 1.5.8 Art. 37 - Disposizioni tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche comma 1, lettere a), b) ed e) Erogazioni liberali a favore delle associazioni sportive dilettantistiche In tema di erogazioni liberali a favore delle società sportive dilettantistiche, l'art. 37, comma 1, lettere a), b) ed e), ha introdotto le seguenti novità al regime preesistente. comma 1, lettera a). Nell'articolo 13-bis, comma 1 del TUIR, è stata sostituita la lettera i-ter (introdotta dall'art. 25, comma 5, della legge 13 maggio 1999, n. 133). La nuova disposizione stabilisce, in sostanza, che le erogazioni liberali in denaro effettuate da persone fisiche in favore delle società sportive dilettantistiche danno diritto ad una detrazione d'imposta lorda del 19% calcolata su un importo massimo di lire due milioni di lire (il limite fissato dalla legge 13 maggio 1999, n. 133 era di un milione). Nella stessa lettera i-ter del comma 1 dell'art. 13-bis si prevede, come condizione per fruire della detrazione, che il versamento sia eseguito tramite banca, ufficio postale, ovvero con altre modalità stabilite con decreto del Ministro delle finanze da emanare ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Tra le modalità di effettuazione dei versamenti si ricordano quelle già indicate nella circolare n. 43/E dell'8 marzo 2000 (conti correnti bancari o postali intestati alle società sportive dilettantistiche, carte di credito, bancomat, assegni non trasferibili intestati alle società sportive destinatarie dei versamenti). Le predette modalità di versamento devono essere osservate qualunque sia l'importo dell'erogazione liberale effettuata. comma 1, lett. b). Una novità introdotta dall'art. 37 in esame (non prevista dall'art. 25 della legge 13 maggio 1999, n. 133) è la modifica dell'art. 65, comma 2 del TUIR con l'aggiunta della lettera c-octies, che prevede la deducibilità, nella determinazione del reddito d'impresa, delle erogazioni liberali in denaro a favore delle società sportive dilettantistiche per un importo "non superiore a 2 milioni di lire o al 2% del reddito d'impresa dichiarato". Al riguardo si precisa che detta disposizione consente, qualora le erogazioni liberali siano effettuate per un importo superiore a due milioni di lire, di calcolare l'ammontare deducibile nella misura corrispondente al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato (al netto delle erogazioni stesse). Qualora il calcolo della percentuale del reddito d'impresa dichiarato dia luogo ad un importo inferiore a due milioni, la deduzione sarà consentita fino al limite di due milioni. Ad esempio, se un soggetto con reddito d'impresa di 150 milioni di lire effettua una erogazione liberale per tre milioni, egli potrà dedurre dal reddito d'impresa tre milioni; qualora un soggetto con reddito d'impresa di 50 milioni effettui una erogazione di tre milioni egli potrà dedurre due milioni. Qualunque sia l'importo dell'erogazione effettuata devono essere osservate le modalità di versamento di cui all'art. 13-bis, comma 1, lettera i-ter, del TUIR. comma 1, lettera e) L'art. 37 in commento ha, inoltre, modificato le ultime parole del comma 1 dell'art. 91-bis del TUIR. In base a tale modifica, per le erogazioni liberali in denaro in favore delle società sportive dilettantistiche effettuate da soggetti all'IRPEG, la detrazione del 19% va applicata, non più su una base pari alla metà del limite previsto per le persone fisiche (come era stato stabilito dall'art. 25, comma 6, della legge n. 133 del 1999) ma entro lo stesso limite fissato per le medesime e quindi pari attualmente a due milioni di lire. Si ricorda che anche per tale tipo di erogazioni devono essere osservate le modalità di versamento di cui all'art. 13-bis, lettera i-ter, del TUIR. Si ricorda, altresì, che tra i soggetti all'IRPEG, gli enti titolari di reddito d'impresa possono avvalersi della disposizione contenuta nell'art. 65, comma 2, lett. c-octies, del TUIR che consente di determinare l'ammontare delle erogazioni deducibili per un importo pari al due per cento del reddito d'impresa dichiarato. comma 1, lettere c), e d) Compensi erogati dalle associazioni sportive dilettantistiche Le lettere c) e d) del comma 1 dell'articolo 37 sostituiscono rispettivamente l'articolo 81, comma 1, lettera m), e l'articolo 83, comma 2, del TUIR, riconducendo in tal modo, l'intera disciplina delle indennità, dei rimborsi forfetari di spese, dei premi e dei compensi erogati nell'esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche nell'ambito del TUIR. Coerentemente con tale impianto normativo, il comma 3 dello stesso articolo 37 abroga espressamente la legge 25 marzo 1986, n. 80, recante trattamento tributario dei proventi derivanti dall'esercizio di attività sportive dilettantistiche.

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L'articolo 81, comma 1, lettera m), del TUIR, nella formulazione introdotta dall'articolo 37 in commento, qualifica come redditi diversi, oltre alle indennità di trasferta e ai rimborsi forfetari di spesa, già ricondotti fra tali redditi dal previgente testo, anche "i premi e i compensi erogati nell'esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall'UNIRE, dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto". La disposizione recata dalla nuova formulazione del comma 2 dell'articolo 83 del TUIR dispone a sua volta che le indennità, i rimborsi forfetari, i premi e i compensi di cui alla lettera m) del comma 1 dell'articolo 81 non concorrono a formare il reddito per un importo non superiore complessivamente nel periodo d'imposta a lire 10.000.000. Non concorrono, altresì, a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all'alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale. Parallelamente alle modifiche degli articoli 81 e 83 del TUIR, l'articolo 37 in esame sostituisce il comma 4 dell'articolo 25 della legge 13 maggio 1999, n. 133, assoggettando ad imposizione la parte imponibile dei redditi di cui all'articolo 81, comma 1, lettera m), secondo le modalità di seguito descritte. Sulla quota delle indennità, rimborsi forfetari di spese, premi e compensi, eccedente l'importo di dieci milioni di lire annui (importo comunque non assoggettato ad imposizione), i soggetti erogatori devono operare, con obbligo di rivalsa, una ritenuta alla fonte nella misura fissata per il primo scaglione di reddito dall'articolo 11 del TUIR, maggiorata delle addizionali di compartecipazione all'imposta sul reddito delle persone fisiche. Tale ritenuta è operata a titolo d'imposta per la parte imponibile dei redditi in questione (calcolata al netto dei primi dieci milioni esclusi dalla formazione del reddito) non superiore a quaranta milioni di lire, mentre è a titolo di acconto per la parte di redditi eccedente tale importo. Così, ad esempio, nel caso in cui un atleta percepisca compensi da uno degli enti elencati nell'articolo 81, comma 1, lett. m), del TUIR per un importo complessivo pari a settantacinque milioni di lire, i primi dieci milioni di lire non saranno assoggettati ad imposizione in quanto non imponibili, la quota di reddito eccedente tale importo e pari a quaranta milioni di lire verrà assoggettata a ritenuta a titolo d'imposta, mentre i restanti venticinque milioni saranno assoggettati a ritenuta a titolo d'acconto. Su quest'ultimo importo dovranno, pertanto, essere calcolate, in sede di dichiarazione dei redditi, le ulteriori imposte dovute, secondo il normale criterio di progressività. Ai soli fini del calcolo dell'aliquota applicabile, la parte di reddito assoggettata a ritenuta a titolo d'imposta concorre alla formazione del reddito complessivo. Si precisa che non concorrono a formare l'importo complessivo di lire dieci milioni, escluso dall'imposizione, i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all'alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale. Con le disposizioni ora illustrate introdotte dall'articolo 37, la disciplina dei compensi corrisposti dalle associazioni sportive dilettantistiche, già recata dall'articolo 25 della legge n. 133 del 1999, risulta in sintesi modificata come segue: i premi e i compensi, corrisposti dagli enti sportivi espressamente elencati, al pari dell'indennità di trasferta, dei rimborsi forfetari di spese, assumono un'esatta qualificazione tributaria, come redditi diversi; viene limitato il campo di applicazione delle disposizioni in esame solo ai compensi corrisposti nell'esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche, laddove il comma 4 dell'articolo 25 della legge n. 133 del 1999 e il decreto del Ministro delle Finanze 26 novembre 1999, n. 473, riservavano la medesima disciplina a tutti i compensi erogati per remunerare le attività finalizzate alla promozione dello sport dilettantistico. Pertanto, sono necessariamente esclusi dal trattamento agevolato previsto dall'articolo 37 in commento i compensi, richiamati nella circolare n. 43/E dell'8 marzo 2000, corrisposti a fronte di attività amministrative o di gestione; è stato elevato da sei a dieci milioni l'importo annuo complessivo escluso dall'imposizione sui redditi ed è stato eliminato il limite, già fissato in lire novantamila, relativo a ciascuna prestazione autonomamente considerata. Pertanto, fino a quando l'importo complessivo percepito non superi i dieci milioni di lire, i compensi relativi alla singola prestazione rimangono esclusi dall'imposizione qualunque ne sia l'importo; i redditi imponibili, al netto cioè dei primi dieci milioni esclusi dalla formazione del reddito, vengono distinti ai fini dell'imposizione in due fasce: fino a quaranta milioni sono soggetti a ritenuta a titolo d'imposta, al di sopra di tale importo la ritenuta è applicata a titolo d'acconto. La previgente disciplina riservava il medesimo trattamento tributario ai compensi eccedenti i limiti di lire novantamila e sei milioni, assoggettandoli in ogni caso alla ritenuta alla fonte a titolo d'imposta. La nuova disciplina recata dall'articolo 37 si applica a decorrere dal 1° gennaio 2000. La norma fa tuttavia salvi tutti gli atti adottati anteriormente alla data di entrata in vigore della legge e stabilisce che non si fa luogo a recuperi, a rimborsi d'imposta o applicazione di sanzioni nei confronti dei soggetti che anteriormente a tale data hanno assunto comportamenti, ovvero hanno corrisposto o percepito le indennità, i rimborsi o i compensi, conformemente alle disposizioni di cui all'articolo 25 della legge n. 133 del 1999, recante disposizioni tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche, e a quelle del decreto del Ministro delle finanze n. 473 del 1999. Pertanto, non si fa luogo a rimborsi d'imposta relativamente alle somme percepite prima dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni per l'importo compreso fra lire 6.000.001 e 10.000.000. Non si fa luogo, peraltro, a recuperi d'imposta per le somme d'importo superiore a lire 40.000.000, assoggettate a ritenute alla fonte a titolo d'imposta prima dell'entrata in vigore della legge.

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Le somme già corrisposte all'entrata in vigore della legge non formano, peraltro, oggetto di riliquidazione in sede di dichiarazione dei redditi; esse, però, rilevano ai fini della corretta determinazione dell'aliquota applicabile a quella quota di reddito percepita dal contribuente, dall'entrata in vigore della legge, che eccede il limite di quaranta milioni di lire. E' esclusa l'applicazione di sanzioni nei confronti del sostituto d'imposta che ha operato conformemente alle disposizioni dell'articolo 25 della legge n. 133 del 1999 e del decreto del Ministro delle finanze n. 473 del 1999. L'art. 37, apportando numerose correzioni all'art. 25 della legge 13 maggio 1999, n. 133, al fine di favorire lo sviluppo del settore sportivo dilettantistico, ha rivisitato le disposizioni tributarie in materia di associazioni sportive dilettantistiche, introducendo ulteriori agevolazioni e maggiori elementi di chiarezza. Le disposizioni sopra riportate, contenute nel comma 1 dell'art. 37, si applicano, ai sensi del comma 4 del medesimo art. 37, dal 1° gennaio 2000. comma 2 Esclusione di particolari proventi dal reddito imponibile delle associazioni sportive dilettantistiche. Modifiche all'art. 25, comma 1, della legge 13 maggio 1999, n. 133. Modalità di effettuazione dei versamenti e dei pagamenti L'art. 37, comma 2, lett. a), ha, tra l'altro, sostituito il comma 1 dell'art. 25 della legge 13 maggio 1999, n. 133. La nuova disposizione (divenuta ora comma 2 del citato art. 25) prevede che "per le associazioni sportive dilettantistiche, comprese quelle non riconosciute dal CONI o dalle Federazioni sportive nazionali purché riconosciute da enti di promozione sportiva, che si avvalgono dell'opzione di cui all'articolo 1 della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, non concorrono a formare il reddito imponibile, per un numero di eventi complessivamente non superiore a due per anno e per un importo non superiore al limite annuo complessivo fissato con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro per i beni e le attività culturali: a) i proventi realizzati dalle associazioni nello svolgimento di attività commerciali connesse con gli scopi istituzionali; b) i proventi realizzati per il tramite della raccolta pubblica di fondi effettuata in conformità all'articolo 108, comma 2-bis, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni." La disposizione sopra riportata ricalca, in sostanza, quella sostituita recata dal previgente comma 1 dell'art. 25, con le seguenti variazioni. Nella prima parte è stato eliminato il riferimento alla occasionalità e saltuarietà dei proventi sopra specificati, rimanendo comunque fermo il limite del numero di eventi complessivamente non superiore a due per anno e per un importo non superiore al limite complessivo di lire cento milioni per periodo di imposta. Riguardo al limite annuo di importo si precisa, infatti, che rimane attualmente valido quello fissato con il decreto 10 novembre 1999 del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e il Ministro per i beni e le attività culturali. La disposizione contenuta nella lettera a) del comma in esame è rimasta sostanzialmente identica mentre quella contenuta nella lettera b) è stata modificata facendo riferimento, nella nuova formulazione, all'art. 108, comma 2-bis, lettera a), del TUIR. Ciò significa (contrariamente a quanto stabilito dall'art. 1, comma 4, del citato decreto 26 novembre 1999, n. 473) che per le associazioni sportive dilettantistiche si applica la disposizione generale contenuta nell'art. 108, comma 2-bis, lettera a), valida per tutti gli enti non commerciali, ivi compresi gli enti di tipo associativo di cui all'art. 111 dello stesso TUIR. L'art. 108, comma 2-bis, lettera a), del TUIR stabilisce che non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito degli enti non commerciali "i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione". Si precisa, comunque, che costituiscono reddito imponibile delle associazioni sportive dilettantistiche la parte dei proventi eccedenti l'importo di lire cento milioni e i proventi conseguiti oltre l'ambito delle due manifestazioni per periodo d'imposta. Il novellato comma 2 dell'art. 25 della legge n. 133 del 1999, per effetto delle disposizioni contenute nel comma 4 dell'art. 37 in argomento, si applica a partire dal 1° gennaio 2000. L'art. 37, comma 2, sostituisce, inoltre, il comma 7 dell'art. 25 della legge 13 maggio 1999, n. 133. La nuova disposizione (ora comma 5 del riformulato art. 25) prevede che "i pagamenti a favore di società, enti o associazioni sportive dilettantistiche di cui al presente articolo e i versamenti da questi effettuati sono eseguiti, se di importo superiore a lire 1.000.000, tramite conti correnti bancari o postali a loro intestati ovvero secondo altre modalità idonee a consentire all'Amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli, che possono essere stabilite con decreto del Ministro delle finanze da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. L'inosservanza della presente disposizione comporta la decadenza dalle agevolazioni di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, e l'applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471".

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La principale novità rispetto al sistema previgente consiste nell'elevazione da lire centomila ad un milione del limite al di sopra del quale ogni entrata ed uscita di società, enti o associazioni sportive dilettantistiche deve necessariamente transitare, pena la decadenza dalle agevolazioni previste dalla legge 398/91 e l'irrogazione delle sanzioni previste dall'art. 11 del D.Lgs. n. 471/1997, attraverso conti correnti bancari o postali a loro intestati, ovvero secondo altre modalità idonee a consentire all'amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci controlli. Modalità che possono essere stabilite con decreto del Ministro delle finanze da emanare ai sensi dell'art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Tra le altre modalità si richiamano quelle indicate nella circolare n. 43/E dell'8 marzo 2000 (carte di credito, bancomat, assegni non trasferibili). Al riguardo, si ricorda che per le erogazioni liberali in denaro a favore delle società sportive dilettantistiche l'obbligo di effettuazione dei versamenti tramite banca o ufficio postale ovvero secondo le altre modalità precisate nel paragrafo relativo alle erogazioni medesime, sussiste qualunque sia l'importo dell'erogazione al fine di poter fruire delle detrazioni e deduzioni di cui agli articoli 13-bis, comma 1, lettera i-ter; 65, comma 2, lettera c-octies e 91-bis, comma 1 del TUIR. L'articolo 37 conferma, con decorrenza dal 18 maggio 1999, l'elevazione a 360 milioni di lire del limite massimo dei proventi per beneficiare delle disposizioni recate dalla legge 16 dicembre 1991, n. 398, stabilito dall'articolo 25, comma 2, della legge n.133 del 1999. Si rinvia, pertanto, al riguardo ai chiarimenti forniti con la circolare n. 43/E dell'8 marzo 2000. All'anzidetta circolare si fa rinvio anche per le precisazioni concernenti la riduzione del coefficiente di redditività dal 6 al 3 per cento, già stabilita dal comma 3 dell'articolo 25 citato.

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(estratto) Legge 27 dicembre 2002 n° 289 (Legge Finanziaria 2003)

pubblicata su S.O. n°240 alla G.U. n°305 del 31 dicembre 2002 Art. 51 - (Disposizioni in materia di assicurazione degli sportivi) 1. A decorrere dal 1° luglio 2003, sono soggetti all'obbligo assicurativo gli sportivi dilettanti tesserati in qualità di atleti, dirigenti e tecnici alle Federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva. 2. L'obbligatorietà dell'assicurazione comprende i casi di infortunio avvenuti in occasione e a causa dello svolgimento delle attività sportive, dai quali sia derivata la morte o una inabilità permanente. Art. 90 - (Disposizioni per l'attività sportiva dilettantistica) 1. Le disposizioni della legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni, e le altre disposizioni tributarie riguardanti le associazioni sportive dilettantistiche si applicano anche alle società sportive dilettantistiche costituite in società di capitali senza fine di lucro. 2. A decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, l'importo fissato dall'articolo 1, comma 1, della legge 16 dicembre 1991, n. 398, come sostituito dall'articolo 25 della legge 13 maggio 1999 n. 133 e successive modificazioni, è elevato a 250.000 euro. 3. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 81, comma 1, lettera m), è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Tale disposizione si applica anche ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo - gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche.»; b) all'articolo 83, comma 2, le parole: «a lire 10.000.000» sono sostituite dalle seguenti: «a 7.500 euro».

4. Il CONI, le Federazioni sportive nazionali e gli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI non sono obbligati ad operare la ritenuta del 4 per cento a titolo di acconto sui contributi erogati alle società e associazioni sportive dilettantistiche, stabilita dall'articolo 28, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. 5. Gli atti costitutivi e di trasformazione delle società e associazioni sportive dilettantistiche, nonché delle Federazioni sportive e degli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI direttamente connessi allo svolgimento dell'attività sportiva, sono soggetti all'imposta di registro in misura fissa. 6. Al n. 27-bis della tabella di cui all'allegato B annesso al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e dalle federazioni sportive ed enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI». 7. All'articolo 13-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641, dopo le parole: «organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS)», sono inserite le seguenti: «e le società e associazioni sportive dilettantistiche». 8. Il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonchè di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell'immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario, ai sensi dell'articolo 74, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. 9. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 13-bis, comma 1, la lettera i-ter) è sostituita dalla seguente: «i-ter) le erogazioni liberali in denaro per un importo complessivo in ciascun periodo d'imposta non superiore a 1.500 euro, in favore delle società e associazioni sportive dilettantistiche, a condizione che il versamento di tali erogazioni sia eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero secondo altre modalità stabilite con decreto

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del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;»; b) all'articolo 65, comma 2, la lettera c-octies) è abrogata.

10. All'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, le parole: "delle indennità e dei rimborsi di cui all'articolo 81, comma 1, lettera m), del citato testo unico delle imposte sui redditi" sono soppresse. 11. All'articolo 111-bis, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ed alle associazioni sportive dilettantistiche». 12. Presso l'Istituto per il credito sportivo è istituito il Fondo di garanzia per la fornitura di garanzia sussidiaria a quella ipotecaria per i mutui relativi alla costruzione, all'ampliamento, all'attrezzatura, al miglioramento o all'acquisto di impianti sportivi, ivi compresa l'acquisizione delle relative aree da parte di società o associazioni sportive dilettantistiche con personalità giuridica. 13. Il Fondo è disciplinato con apposito regolamento adottato, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dal Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio nazionale del CONI. Il regolamento disciplina, in particolare, le forme di intervento del Fondo in relazione all'entità del finanziamento e al tipo di impianto. 14. Il Fondo è gestito e amministrato a titolo gratuito dall'Istituto per il credito sportivo. 15. La garanzia prestata dal Fondo è di natura sussidiaria, si esplica nei limiti e con le modalità stabiliti dal regolamento di cui al comma 13 ed opera entro i limiti delle disponibilità del Fondo. 16. La dotazione finanziaria del Fondo è costituita dall'importo annuale acquisito dal fondo speciale di cui all'articolo 5 della legge 24 dicembre 1957, n. 1295, e successive modificazioni, dei premi riservati al CONI a norma dell'articolo 6 del decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496, colpiti da decadenza. 17. Le società e associazioni sportive dilettantistiche devono indicare nella denominazione sociale la finalità sportiva e la ragione o la denominazione sociale dilettantistica e possono assumere una delle seguenti forme:

a) associazione sportiva priva di personalità giuridica disciplinata dagli articoli 36 e seguenti del codice civile; b) associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361; c) società sportiva di capitali costituita secondo le disposizioni vigenti, ad eccezione di quelle che prevedono le finalità di lucro.

18. Con uno o più regolamenti, emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel rispetto delle disposizioni dell'ordinamento generale e dell'ordinamento sportivo, secondo i seguenti principi generali, sono individuati:

a) i contenuti dello statuto e dell'atto costitutivo delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche, con particolare riferimento a:

1) assenza di fini di lucro; 2) rispetto del principio di democrazia interna; 3) organizzazione di attività sportive dilettantistiche, compresa l'attività didattica per l'avvio, l'aggiornamento e il perfezionamento nelle attività sportive; 4) disciplina del divieto per gli amministratori di ricoprire cariche sociali in altre società e associazioni sportive nell'ambito della medesima disciplina; 5) gratuità degli incarichi degli amministratori; 6) devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento delle società e delle associazioni; 7) obbligo di conformarsi alle norme e alle direttive del CONI nonché agli statuti ed ai regolamenti delle Federazioni sportive nazionali o dell'ente di promozione sportiva cui la società o l'associazione intende affiliarsi;

b) le modalità di approvazione dello statuto, di riconoscimento ai fini sportivi e di affiliazione ad una o più Federazioni sportive nazionali del CONI o alle discipline sportive associate o ad uno degli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, anche su base regionale; c) i provvedimenti da adottare in caso di irregolare funzionamento o di gravi irregolarità di gestione o di gravi infrazioni all'ordinamento sportivo.

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19. Sono fatte salve le disposizioni relative ai gruppi sportivi delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, di cui all'articolo 6, comma 4, della legge 31 marzo 2000, n. 78, firmatari di apposite convenzioni con il CONI. 20. Presso il CONI è istituito, anche in forma telematica e senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato, il registro delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche distinto nelle seguenti tre sezioni:

a) associazioni sportive dilettantistiche senza personalità giuridica; b) associazioni sportive dilettantistiche con personalità giuridica; c) società sportive dilettantistiche costituite nella forma di società di capitali.

21. Le modalità di tenuta del registro di cui al comma 20, nonché le procedure di verifica, la notifica delle variazioni dei dati e l'eventuale cancellazione sono disciplinate da apposita delibera del Consiglio nazionale del CONI, che è trasmessa al Ministero vigilante ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 31 gennaio 1992, n. 138. 22. Per accedere ai contributi pubblici di qualsiasi natura, le società e le associazioni sportive dilettantistiche devono dimostrare l'avvenuta iscrizione nel registro di cui al comma 20. 23. I dipendenti pubblici possono prestare la propria attività, nell'ambito delle società e associazioni sportive dilettantistiche, fuori dall'orario di lavoro, purché a titolo gratuito e fatti salvi gli obblighi di servizio, previa comunicazione all'amministrazione di appartenenza. Ai medesimi soggetti possono essere riconosciuti esclusivamente le indennità e i rimborsi di cui all'articolo 81, comma 1, lettera m), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. 24. L'uso degli impianti sportivi in esercizio da parte degli enti locali territoriali è aperto a tutti i cittadini e deve essere garantito, sulla base di criteri obiettivi, a tutte le società e associazioni sportive. 25. Ai fini del conseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 29 della presente legge, nei casi in cui l'ente pubblico territoriale non intenda gestire direttamente gli impianti sportivi, la gestione è affidata in via preferenziale a società e associazioni sportive dilettantistiche, enti di promozione sportiva, discipline sportive associate e Federazioni sportive nazionali, sulla base di convenzioni che ne stabiliscono i criteri d'uso e previa determinazione di criteri generali e obiettivi per l'individuazione dei soggetti affidatari. Le regioni disciplinano, con propria legge, le modalità di affidamento. 26. Le palestre, le aree di gioco e gli impianti sportivi scolastici, compatibilmente con le esigenze dell'attività didattica e delle attività sportive della scuola, comprese quelle extracurriculari ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 1996, n. 567, devono essere posti a disposizione di società e associazioni sportive dilettantistiche aventi sede nel medesimo comune in cui ha sede l'istituto scolastico o in comuni confinanti.

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Modulistica

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(fac –simile modulo di autocertificazione in vigore dal 2003)

A u t o c e r t i f i c a z i o n e p e r i l t r a t t a m e n t o d e l l e s o m m e c o r r i s p o s t e

ai sensi dell'articolo 37, Legge 21 novembre 2000 n° 342 Io sottoscritt …………………………………………………………………………………………………………….…….….…. Nat a ………………………..………………………………….…… ( Prov. …… ) il ……………………………………………. Codice fiscale ………………………………………………………………………….……………………………………..……... Residente a ……………………………………………..…… (Prov. ……. ) in ………………………….………………………. ……………………………………………………………………………………..……………………………………………….…. consapevole delle responsabilità e delle pene stabilite dalla legge per false attestazioni e mendaci dichiarazioni, (articolo 26 Legge 4 gennaio 1968 n°15) nonché delle sanzioni applicabili ai fini tributari in merito all'errato, omesso o insufficiente assoggettamento dei compensi comunque denominati sotto la mia personale responsabilità, con riferimento alle somme a me erogate in data ………………………………………………… dall'Associazione ………………………………………………………………………………………………………………………………………..… codice fiscale ………………………………………………. con sede ………………………………………………………..….. dichiaro e certifico quanto segue : (barrare le caselle interessate)

! di non essere lavoratore dipendente assunt_ dall'Associazione suindicata per lo svolgimento delle attività amministrative, o in generale, di gestione dell'organismo stesso, ovvero di non essere artista o professionista di cui all'articolo 49, comma 1, TUIR ovvero di non essere soggetto esercente attività di impresa di cui all'articolo 51, comma 1, TUIR;

! di non aver percepito, nel corso del corrente anno ……… , altri compensi comunque denominati ai fini del massimale di Euro 7.500 cui all'articolo 37, Legge 21 novembre 2000 n° 342 ed ai sensi dell’art. 83, comma 2 T.U.I.R., da nessuna Associazione o soggetto ai sensi della stessa legge;

! di aver percepito, nel corso del corrente anno ………. , altri compensi comunque denominati ai fini del massimale di cui all'articolo 37, Legge 21 novembre 2000 n°342 ed ai sensi dell’art. 83, comma 2, T.U.I.R., per un importo complessivo di Euro ……….…… (…………..……………. ) dall'Associazione stessa, ovvero anche da altri soggetti;

! di aver diritto alla percezione delle somme e compensi comunque denominati ai sensi dell'articolo 37, Legge 21 novembre 2000 n° 342 ed ai sensi dell’articolo 81, comma 1, lettera m), T.U.I.R., in quanto trattasi di rapporto di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo - gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche in virtù delle attività svolte in favore dell'Associazione suindicata.

Le predette attestazioni da me sottoscritte sono veritiere e corrispondono alla situazione alla data odierna. In fede

…………………………………………… (firma del percipiente)

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(fac –simile modulo di quietanza somme non soggette a ritenuta in vigore dal 2003)

Q u i e t a n z a d e l l e s o m m e c o r r i s p o s t e

ai sensi dell'articolo 37, Legge 21 novembre 2000 n° 342 Io sottoscritt …. ……………………………….……………………………………………………………………….………. Nat a …………………………………………………………….……… ( Prov. …… ) il …………………………………… Codice fiscale ….……………………………………………………………………………………………………………….. Residente a ………………………………………………………………… (Prov. ……. ) in ………………………………. ………………………………………………dichiaro di ricevere dall’Associazione ……………………………….….…… con sede in ……………………..…………………………………………………………………………………………….… codice fiscale …………………………………………………………………………………………………………………… la somma complessiva di Euro …………………………………………………………………………………………….... per prestazioni connesse alla promozione dell’attività sportiva dilettantistica a titolo di ! indennità di trasferta ………………………… ………………… Euro ………………………………..…. ! rimborsi forfetari ………………………………………………… Euro ………………………….………. come da dettaglio attività svolta. La predetta somma è da intendersi esclusa da ogni ritenuta fiscale, previdenziale ed assicurativa in quanto l’ammontare complessivo dei rimborsi, indennità e compensi da me percepiti nel corso del presente anno …………, compresa la somma di cui sopra, è pari a Euro …………………………….

Le attestazioni da me sottoscritte sono veritiere e corrispondono alla situazione alla data odierna. In fede

………………………………… (firma del percipiente)

Marca da bollo da Euro 1,29 (se l’importo supera Euro 77,47) Estremi della modalità di pagamento (per importi uguali o superiori a Euro 516,46) Assegno Bancario n° ………………………………… Banca …………………………………………………………. Bonifico del giorno ………………………………….. Banca …………………………………………………………. ………………………………………………………………………………………………………………………………..

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(fac –simile modulo di quietanza somme soggette a ritenuta in vigore dal 2003)

Q u i e t a n z a d e l l e s o m m e c o r r i s p o s t e ai sensi dell'articolo 37, Legge 21 novembre 2000 n° 342

Io sottoscritt ……………………………………………………………………………………………………………………. Nat… a ……………………………………………..………………… ( Prov. …… ) il ……………………………………… Codice fiscale ……………………………………….……………………………………………………..………………….... Residente a …………………………….…(Prov. ……. ) in ……………………….………………………………………… dichiaro di ricevere dall’Associazione ………………………………………………….………………………………….… con sede in ……………………..…………………………………………………………………………………………….… codice fiscale ………………………………………………………………………………………………………………...… la somma complessiva di Euro …………………………………………………………………………………………….. per prestazioni connesse alla promozione dell’attività sportiva dilettantistica a titolo di ! indennità di trasferta ……………………………….………………………..…… Euro ………………………..……. ! rimborsi forfetari ……………………………………………………………………Euro….. ………………………..… come da dettaglio attività svolta. Trattamento fiscale applicato (in quanto superiore alla franchigia annuale)

Importo complessivo lordo……………………………. Euro ……..…………………….… (a detrarre)

ritenuta IRPEF a titolo di imposta o di acconto Euro …………..……………… ritenuta Addizionale Regionale Euro …………..……………… ritenuta Addizionale Provinciale Euro ……………………….… ritenuta Addizionale Comunale Euro ………………………….

(per un totale complessivo) ……………….. Euro …………………….……….. Importo netto liquidato e quietanzato Euro ……………….……………..

Le attestazioni da me sottoscritte sono veritiere e corrispondono alla situazione alla data odierna. In fede

……………………………………………

(firma del percipiente)

Marca da bollo da Euro 1,29 (se l’importo supera Euro 77,47) Estremi della modalità di pagamento (per importi uguali o superiori a Euro 516,46) Assegno Bancario n° ………………………………… Banca …………………………………………………………. Bonifico del giorno ………………………………….. Banca …………………………………………………………. ………………………………………………………………………………………………………………………………..

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(fac –simile modulo di certificazione annuale dei compensi e somme corrisposte ai sensi dell’art. 37 della Legge 21 novembre 2000 n° 342 a sportivi dilettanti, vigente dal 2003)

Timbro Associazione Sportiva o

Carta intestata

…………… , 31 marzo ………

CERTIFICAZIONE DEI COMPENSI ART. 37- LEGGE 342/2000 CORRISPOSTI DALL’ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA NEL CORSO DELL'ANNO ………

Si certifica di aver corrisposto nell'anno 200…. a ………………………………………………………………………….. nat_ a ……………………………….……………………………… (prov. ……………) il ………………………………… e residente a ……………………………………………………. indirizzo ………………………………………………….. codice fiscale ……………………………………….……... i seguenti compensi e somme meglio specificati in calce, con indicazione di eventuali ritenute a titolo d'imposta I.R.PE.F. operate nella misura del 23 %, oltre alle addizionali relative ed applicabili al soggetto percipiente

mese compenso rit. Imposta addizionale addizionale addizionale Somme non sogg. pagamento lordo IRPEF regionale provinciale comunale a ritenuta fiscale

imponibile 23,00% (art. 37 L. 342/2000)

gennaio febbraio marzo aprile

maggio giugno luglio

agosto settembre

ottobre novembre dicembre

TOTALI

Si attesta che le somme certificate con la presente sono state erogate esclusivamente in relazione alle previsioni di cui all’articolo 37 della legge 21 novembre 2000 n° 342 e dell’articolo 90 della Legge 289 del 27 dicembre 2002. Timbro dell’associazione e firma del Presidente ………………………………………………………

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(fac –simile dichiarazione resa dal presidente di associazione sportiva dilettantistica – riconosciuta

o non riconosciuta – ai fini dell’esenzione dalla ritenuta sui contributi erogati da Enti Pubblici)

(da redigersi su carta intestata della società sportiva interessata)

DICHIARAZIONE PER L’ESENZIONE DALLA RITENUTA ALLA FONTE SU CONTRIBUTI CORRISPOSTI DA ENTI PUBBLICI

Io sottoscritt_ ......................................................................................... nat_ a ……………………………………………….. il ……………………………. non in proprio ma quale legale rappresentante dell’Associazione Sportiva ............................. …………………………………………………………………., con sede sociale in …………………......................................... Via ....................................................................... codice fiscale ............................................................., in relazione alla delibera di assegnazione di un contributo per l’attività svolta nell’anno .................. dichiaro sotto la mia personale responsabilità quanto segue : # il predetto contributo è da riferirsi all’attività istituzionale svolta dall’Associazione nel rispetto di quanto previsto dallo

statuto sociale vigente ; # il predetto contributo non è pertanto soggetto ad I.V.A. per carenza dei presupposti di cui all’art. 4 del D.P.R. 633

del 26 ottobre 1972 e successive modificazioni ed integrazioni in quanto non ha natura di corrispettivo per prestazioni svolte in attività d’impresa dall’Associazione sia verso l’Amministrazione sia verso i propri soci ;

# il predetto contributo non può essere assoggettato a ritenuta alla fonte nella misura del 4 % (quattro per cento) per carenza dei presupposti di cui all’art. 28 del D.P.R. 29 settembre 1973 n° 600 ed alla Risoluzione Ministeriale della D.G. delle II. DD. N° 11/027 del gennaio 1988 in quanto l’Associazione non è gestita in forma di impresa ed in quanto relativo esclusivamente ad attività istituzionali.

In fede

Associazione Sportiva .......................... Il Presidente

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(fac –simile dichiarazione resa dal presidente di associazione sportiva dilettantistica – riconosciuta o non riconosciuta – in caso di erogazione liberale ricevuta da persona fisica a far data dal 2003)

(da redigersi su carta intestata della società sportiva interessata)

…………………… data ……………

Gent.mo Sig./Gent.ma Sig.ra ………………………………………………… ………………………………………………… ………………………………………………… ………………………………………………… codice fiscale ………………………………..

RICEVUTA PER EROGAZIONE LIBERALE a favore di associazione sportiva dilettantistica da persone fisiche

Io sottoscritt_ ......................................................................................... nat_ a ……………………………………………….. il ……………………………. non in proprio ma quale legale rappresentante dell’Associazione Sportiva ............................. …………………………………………………………………., con sede sociale in …………………......................................... Via ....................................................................... codice fiscale ............................................................., in relazione alla somma da Lei corrisposta in favore dell’Associazione Sportiva ……………………………………………………………..… quale erogazione liberale (ex art. 13 bis lett. i-ter D.P.R. 917/86) a favore dell’attività istituzionale dell’Associazione rilascia la presente quietanza. In fede.

……………………………………………………… ( firma del Presidente dell’Associazione)

Estremi della modalità di erogazione al fine di usufruire della predetta detraibilità, occorre che il pagamento sia eseguito tramite conti correnti bancari o postali(assegni non trasferibili, giroconti, bonifici) e che l’erogazione transiti su conti correnti intestati all’associazione sportiva o mediante carte di credito o bancomat (art. 4 D.M. n. 473 del 26/11/1999); le somme erogate con modalità diverse non possono essere portate in detrazione. Assegno Bancario n° ………………………………… Banca …………………………………………………………. Bonifico del giorno ………………………………….. Banca …………………………………………………………. ……………………………………………………………………………………………………………………………….. Tale importo in base all’art. 13 bis lett. i-ter D.P.R. 917/86 (lettera aggiunta dall’art. 25, co. 5, legge 13.5.1999 n. 133, come modificato dall’art. 37 della Legge 21 novembre 2000 n° 342 ) costituisce una detrazione d’imposta IRPEF (19%) per un importo complessivo, in ciascun periodo d’imposta, non superiore ad Euro 1.500.

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BIBLIOGRAFIA G. Fiore – A. Cirrincione Associazioni Sportive ed Enti Non Profit MAGGIOLI Ed. B. Frizzera – U. Grisenti Associazioni Sportive Dilettantistiche Ed. IL SOLE 24 ORE FISCOSPORT I libri e i registri contabili delle A. S. D. (approfondimenti diversi) La Tremonti Bis applicata alle A. S. D. M. Colombo Enti Non Profit – (banca dati) IPSOA EDITORE srl A. Gambone-M. Albertan Min.- R. Selci Il rapporto di lavoro nel mondo sportivo MOVIDA EDIZIONI A. Gambone –M. Albertan Min Il fisco e le associazioni sportive dilettantistiche MOVIDA EDIZIONI C. Guarini Sponsorizzazione e Management Sportivo Sds – Div. Att. Did. G. Martinelli – M. Saccaro Associazioni sportive Dilettantistiche: aspetti civilistici, fiscali e contabili IPSOA EDITORE srl G. Fariello Associazioni Sportive Giuffrè Editore

Questa dispensa è stata elaborata da

ROBERTO SELCI Commercialista e Revisore Contabile in Roma

Presidente del CENTRO STUDI SPORT & MANAGEMENT

(Gruppo di Studio costituito da liberi professionisti, finalizzato alla progettazione e realizzazione di percorsi formativi nel Management Sportivo)

Viale Giuseppe Mazzini, 131 – 00195 ROMA

tel. 06–39.72.91.31 / 39.72.55.86

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