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Gli archivi di MorganaAtti e testi

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Le cadeau du villageMusiche e Studi per Amalia Collisani

a cura di Maria Antonella Balsano, Paolo Emilio Carapezza,

Giuseppe Collisani, Pietro Misuraca,Massimo Privitera, Anna Tedesco

Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari

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© 2016 Associazione per la conservazione delle tradizioni popolariMuseo internazionale delle marionette Antonio PasqualinoPiazzetta Antonio Pasqualino, 5 · 90133 Palermo · tel. (+39.91) 328060 · fax 328276www.museodellemarionette.it - [email protected]

In copertina: Hippolyte Lecomte, Tre figurini per l'opera Pygmalion di Jacques-Fromental Halévy (1826), Paris, Bibliothèque nationale de France, D216-4 (1, FOL19-21).

Le Cadeau du village : musiche e studi per Amalia Collisani / a cura di Maria Anto-nella Balsano … [et al.]. - Palermo : Associazione per la conservazione delle tradizioni popolari, 2016.ISBN 978-88-97035-17-61. Musica – Scritti in onore. I. Collisani, Amalia <1946->.II. Balsano, Maria Antonella <1948->.780.72092 CDD-23 SBN Pal0293510

CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana “Alberto Bombace”

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Indice 5

INDICE

Paolo Emilio CarapezzaPrefazione .........................................................................................................9

PRELUDIODaniele CaibisFrammento e fiore, per pianoforte...................................................................17

I. IDEE, AFFETTI, PERCEZIONIBrenno Boccadoro«La Tierce majeure qui nous excite naturellement à la joye […] nous imprime jusqu’à des idées de fureur, lors qu’elle est trop forte». Rameau e gli affetti .........................................................................................21

Piero ViolanteIl suono delle nostre passioni ............................................................................37

Michał BristigerLeggendo la Filosofia della musica di Giuseppe Mazzini ............................45

Dario OliveriDue volti della Notte. Su Arthur Schopenhauer e Richard Wagner ...............56

Carmelo CalìFenomeni, pratiche e teorie musicali ................................................................73

Ilaria GrippaudoTempo congelato e musica in Sussurri e grida di Ingmar Bergman ................89 Anna Tedesco«È dell’opera il fin la meraviglia». Il ‘meraviglioso’ e l’opera del Seicento oggi......107

Stefano Lombardi VallauriSul logoramento dell’esperienza musicale (e parzialissimo riscatto) ..............133

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6 Le cadeau du village. Musiche e Studi per Amalia Collisani

Alessandro ArboL’opera musicale nello spazio cibernetico: implicazioni ontologiche ed estetiche.....149

II. TRADIZIONI, STRUMENTI, ORALITA’Sergio BonanzingaDeclinazioni del femminile nella musica siciliana di tradizione orale...........177

Giovanni Giuriati’Mbrusino, Liszt, la tarantella montemaranese e il clarinetto. Alcune riflessioni sul ruolo individuale nel processo creativo delle musiche di tradizione orale......225 Ignazio MacchiarellaEstetiche negoziate .......................................................................................243

Giovanni Paolo Di StefanoI costruttori di pianoforti in Sicilia ................................................................259

III. MUSICHE, STORIE, FONTIGiuseppe CollisaniL’Amor volubile e tiranno di Alessandro Scarlatti e Giovanni Domenico Pioli...291 Paolo Emilio CarapezzaIridescenti alberi sonori: la foresta incantata di Domenico Scarlatti..............315

Consuelo GiglioIl dramma per musica di Metastasio a Palermo ...........................................339

Maria Antonella BalsanoPisani in Babilonia, ovvero duetto a voce sola tra un Antirossiniano irriducibile e un correligionario fedifrago.......................................................357

Angela Fodale‘Il canto dell’esilio’: lacrime, temporali e arpe (I Puritani, III, 1 e Nabucco, III, 4) .............................................................383

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Indice 7

Ivano CavalliniParadigma culturale e canone popolare: musica e nazione nei paesi slavi della Mitteleuropa nel diciannovesimo secolo ...............................................393

Pietro MisuracaLa fontana, il mare, la sirena, la neve, lo stagno. Metafore acquatiche e simbolismo della liquidità nel Pelléas et Mélisande......................................417

Massimo Privitera‘Guilbert juge de Jean-Jacques’ ovvero Yvette interpreta Rousseau ................439

Carlo SerraOedipus: la dissonanza ritmica come motore del Sublime.............................473

Marco CrescimannoFederico Incardona tra Mitteleuropa e Mediterraneo....................................491

Gabriele GarilliLa presenza dei suoni. Verso una comprensione estetica di “…zwei Gefühle…”. Musik mit Leonardo di Helmut Lachenmann.............509

POSTLUDIOMarco SpagnoloHommage, per violino e pianoforte..............................................................533

SCRITTI DI AMALIA COLLISANI...........................................................547

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Parte terza. Musiche, storie, fonti 439

Massimo Privitera *‘Guilbert juge de Jean-Jacques’ ovvero Yvette interpreta Rousseau1

1. La diva e le sue silhouettes In questo contributo mi occuperò di due canzoni composte da Jean-Jac-

ques Rousseau e riprese da Yvette Guilbert (1865-1944), la diva del café-concert nota attraverso i disegni e i dipinti di Toulouse-Lautrec.2

A prima vista può sembrare strano che la regina dell’ironia abbia cantato ariette del Settecento; ma la cosa acquista senso esaminando il percorso di questa grande artista. Quando Yvette Guilbert esordì giovanissima nel mon-do del café-concert, si presentò come diseuse ironica e allusiva, indossando quei lunghi guanti neri che sarebbero diventati il suo simbolo. Con un re-pertorio che mescolava melodie grivoises (salaci) e canzoni impegnate degli chansonniers di Montmartre (Xanrof, Jouy, Bruant), ottenne una straordi-naria popolarità nazionale ed internazionale.3 Approdata al café-concert da una giovinezza di miseria, Yvette gustò avidamente il successo e gli ingenti guadagni che ne derivavano; tuttavia avvertì presto un disagio crescente per la natura ambigua della propria notorietà, e sentì sempre più stretto l’am-biente del café-concert, con le grettezze dei gestori, la promiscua natura del pubblico, l’insalubrità dei locali. Così, ad un certo punto, volle promuovere una più significativa immagine di sé, accreditando l’esecuzione delle canzoni licenziose come critica dei vizi del tempo.4 Iniziò ad esibirsi in locali raffinati e a costruirsi un nuovo repertorio per un pubblico più qualificato, che le per-mettesse di mettersi «al servizio della Francia e cantarla sotto i suoi aspetti multipli […] e rivelarla ai milioni che l’ignorano».5

Una gravissima malattia, che comportò sei operazioni e l’asportazione di un rene, la tenne lontana dalle scene fra il 1899 ed il 1901, ed ebbe su di lei un forte impatto sia interiore sia esteriore (prese molti chili che ne cambia-

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rono la fisionomia). Yvette trasse da ciò la determinazione a far svoltare la propria carriera, facendo leva anche sul suo nuovo aspetto fisico: da giovane spilungona ironica e beffarda si fece matrona raffinata e viaggiatrice del tem-po. Come afferma nel gennaio 1901,

dalla mia malattia non posso più affrontare questa atmosfera di music-hall, di fumo; i medici mi permettono di cantare ancora… per distrarmi. Mi è venuto il pensiero di soddisfare un poco me stessa, dopo aver tanto soddisfatto gli altri; avevo un obiettivo, che è raggiunto… la borsa! Adesso ambisco a un po’ più di arte, e sarà Baudelaire, Rollinat, Verlaine, Jules Jouy e la Mort de Gamahut, melopee tristi o macabre.6

Ebbe così inizio la sua «seconda carriera»:7 una nuova identità artistica legata ad un percorso di ricerca che sarebbe durato oltre venticinque anni, e i cui obiettivi si sarebbero precisati con gli anni, l’esperienza e la maturazione personale (non a caso Yvette produrrà quattro volumi di memorie, una raccol-ta di lettere, due romanzi e un trattatello sull’arte del canto, oltre a molti altri scritti occasionali).8 Come racconta lei stessa, Yvette cominciò a frequentare le biblioteche parigine già nei primi anni Novanta, in cerca di antiche canzoni francesi, e si mosse risalendo la corrente della storia. Inizialmente il suo nuo-vo repertorio si orientò sulle canzoni del primo Ottocento (che lei chiamava «chansons crinolines») e del Settecento (repertorio «Pompadour»). In se-guitò andò ancor più indietro, arrivando fino al XV secolo; e infine venne la scoperta abbagliante delle musiche medievali. Questa predilezione per il me-dioevo si posiziona entro una generale voga moyenageuse che impregna tutta la cultura parigina, alta e bassa, fra Ottocento e Novecento (si pensi solo, in cam-po musicale, alle pagine di ispirazione “medievale” di Satie e Debussy); ma fu anche motivata dalla rinnovata fede cristiana che Yvette senti crescere in sé durante il calvario delle operazioni. Percepì allora come missione riproporre la musica dell’era cristiana per eccellenza, e, in mancanza di finanziatori pubblici e privati, andò avanti attingendo al proprio patrimonio, fino a rovinarsi.

Poiché l’articolazione di questa seconda carriera è già stata attentamen-te studiata, non mi ci soffermerò ulteriormente.9 È invece utile per il mio discorso guardare alle implicazioni editoriali della nuova direzione. Yvette volle infatti che le proprie ricerche sfociassero in pubblicazioni legate al suo nome. Nell’autobiografia del 1927 dichiara (con un’enfasi un po’ eccessiva)

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che «”La Canzone di Francia” […] ha appena rivelato, per la prima volta, il suo accento medievale attraverso i miei due album (40 canzoni) che pregai Heugel di pubblicare». Si riferisce ai due volumi delle Chanteries du Moyen Age, comparsi l’anno prima;10 ma la divulgazione del suo nuovo reperto-rio, attraverso l’editore Rouart, era già cominciato nel 1905 con due diverse raccolte: Chansons du XVIIIe siècle, in due volumi, e Le vieilles chansons de France, entrambe a cura di Déodat de Sévérac.11 A queste era seguita, nel 1907, un’altra raccolta di Chansons de la vieille France, con arrangiamenti di Maurice Duhamel,12 e nel 1919, a Boston, una raccolta di Pastourelles of XV century.13

Il più importante monumento della sua ricerca musicale è però la Collec-tion Yvette Guilbert. Chansons anciennes arrangées et harmonisées par Gustave Ferrari, quattro fascicoli pubblicati dall’editore Schott nel 1911, e comple-tati, sempre nel 1911, da un quinto fascicolo con armonizzazioni di Hélène Chalot, e nel 1914 da una sesta ed ultima uscita, con armonizzazioni di Fer-rari.14 È nel terzo fascicolo di questa Collection che si trovano le due canzoni di Rousseau citate all’inizio: Aimez, vous avez quinze ans (n. 32), e J’avois pris mes pantouflettes (n. 33) (v. il contenuto dei primi quattro fascicoli della Collection nella fig. 1). Nel resto del mio contributo mi occuperò di esse, e cercherò di rispondere ad alcuni dei tanti interrogativi che ne derivano: da quale fonte provengono; quando e perché Yvette le ha scelte; se sono o meno gli unici pezzi di Rousseau da lei rivisitati; che posto hanno occupato nei suoi concerti; in che modo li interpretava; come e con quale gusto li ha armoniz-zati Gustave Ferrari.15

2. Yvette, Jean-Jacques e GustavePartiamo dalla fonte. Le due canzoni vengono da Les consolations des mi-

sères de ma vie, ou Recueil d’airs, romances et duos par J. J. Rousseau, pubblica-te a Parigi nel 1781: una raccolta di 95 composizioni da camera (94 vocali e una strumentale) uscita postuma per cura di René-Louis de Girardin, amico ed esecutore testamentario di Rousseau.16 Aimez, vous avez quinze ans ne è il n. 89 (pp. 186-187), e reca l’indicazione: «Branle sans fin. Paroles de Montcrif»;17 J’avois pris mes pantouflettes ne è invece il n. 55 (p. 99), ed è definito «Branle».

Nel corso delle sue ricerche Yvette dev’essersi accostata alla musica di

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Rousseau per la venerazione che provava nei confronti del filosofo. Di que-sta apprendiamo da un articolo comparso nel 1901 su «L’Art décoratif», in cui viene descritta la casa art nouveau commissionata da Yvette all’archi-tetto Xavier Schoelkopf. In particolare, della biblioteca si dice che è «ri-empita di libri e di incisioni di valore, ornata di busti di antenati illustri scelti con molta cura: Béranger, Molière, Voltaire, Jean-Jacques Rousseau, Diderot!».18 Per un’artista del canto scenico è naturale che figurino nel suo empireo il più importante chansonnier e il più grande commediografo di Francia; meno immediato è trovarci tre filosofi. In questo gioca certamente la sua volontà di accreditarsi come personalità di cultura; ma soprattutto questi filosofi appartengono al XVIII secolo, le cui canzoni proprio in quel tempo Yvette stava esplorando. Comunque, mi piace pensare che Yvette, vagheggiatrice dell’espressione autentica e sorgiva, della verità dello spirito francese nelle canzoni antiche, si sia compiaciuta leggendo nell’Avis delle Consolations:

La maggior parte delle Arie sono su parole dei nostri antichi Scrittori. M. Rousseau li amava molto; trovava nelle loro Opere quel carattere di verità che prende, quel tono di ingenuità che affascina, infine quella filosofia della natura che fa consistere la felicità nella tranquillità, e che fu sempre la sua.19

Yvette può essere arrivata da sola alle Consolations, nel corso delle sue ri-cerche alla Bibliothèque nationale; ma è alquanto più probabile che vi sia stata guidata da Weckerlin e Tiersot. Jean-Baptiste Weckerlin (1821-1910), compositore, folklorista, bibliotecario del Conservatorio di Parigi, aveva contribuito alla riproposta di musiche antiche con una raccolta in tre vo-lumi, Echos du temps passé.20 Come ha dimostrato Elizabeth Ziegenmeyer pubblicando diversi estratti dalle loro lettere, Yvette ricorse ripetutamente ai suoi consigli di erudito;21 e prima di adottare le armonizzazioni di Gustave Ferrari aveva utilizzato proprio quelle di Weckerlin.22 Che questi tenesse in considerazione le Consolations lo dimostra un pezzo di questa raccolta, Le Rosier, incluso nel primo volume dell’Echos du temps passé.23

Ma ancor più influente è stato Julien Tiersot (1857-1936), importante figura della musicologia e dell’etnomusicologia francesi, allievo e continua-tore di Weckerlin.24 Tiersot pubblica due pezzi dalle Consolations nei Chants de la vieille France:25 la Romance d’Alexis e la Romance du saule (e riguardo a

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quest’ultima fa un’interessante affermazione che leggeremo fra poco). Ma Tiersot è soprattutto autore di un bel libro su Rousseau musicista, pubbli-cato nel 1912 e dunque pensato e scritto proprio nel tempo in cui si andava costruendo la Collection Yvette Guilbert. In questo libro sembra di sentire un’eco di discussioni fra Tiersot, Yvette e Ferrari sulla riproposizione delle arie di Rousseau (a proposito delle Consolations Tiersot auspica: «non sareb-be bello conoscere e ripetere i canti che hanno consolato Jean-Jacques?»).26 Tanto più che uno dei dieci esempi musicali del libro è proprio J’avois pris mes pantouflettes, che figura nella Collection Yvette Guilbert; inoltre vi viene menzionata anche l’Air de trois notes che, come vedremo fra poco, era predi-letto da Ferrari.

Se le Consolations sono finite sul tavolo di Yvette dietro suggerimento di Weckerlin e Tiersot, non sappiamo però quando. Non ho potuto reperire documenti in proposito; e del centinaio di programmi conservati nel fondo Yvette Guilbert dell’Opéra,27 solo uno, che risale al 1911, riporta i pezzi di Rousseau della Collection Yvette Guilbert; in tutti gli altri non ve n’è traccia (fig. 2). Eppure qualche canzone roussoviana Yvette doveva cantarla già pri-ma, se in un articolo della rivista «Femina» scritto per il suo rientro sulle scene parigine dopo una lunga tournée europea, si descrive in questi termini il nuovo repertorio “Pompadour” da lei lanciato a Parigi nel 1904: «Vecchie arie d’opera, [canzoni del] pont-neuf, romanze di Jean Jacques o di Florian, canzoni di Méhul».28 Ma purtroppo quali siano queste «romanze di Jean-Jacques» non sono riuscito a sapere.

Il più significativo riferimento a interpretazioni roussoviane di Yvette ri-mane dunque quello della Collection Yvette Guilbert. Possiamo però sapere qualcosa di più da un volumetto di 60 pagine pubblicato a Berlino dall’edito-re Büxenstein, intitolato Chansons anciennes recueillies par Yvette Guilbert. Les airs originaux anciens sont harmonisés par Gustave Ferrari.29 Esso comprende le parole delle canzoni cantate da Yvette nei suoi concerti tedeschi, e in quarta di copertina compare la pubblicità della Collection Yvette Guilbert, della quale si dice che «vient de paraître» (“è appena uscita”) (fig. 3). Perciò il volumetto, che è privo di data, dovrebbe risalire agli inizi del 1911, anno di pubblicazione della Collection.30 Tuttavia questo annuncio pubblicitario menziona solo tre fascicoli: manca il quarto, Refrains des Jeunes. Inoltre in esso l’ordine dei pezzi corrisponde a quello della Collection Yvette Guilbert solo per i primi due fasci-

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coli, mentre per il terzo è leggermente diverso (cfr. la fig. 2, quarta di copertina di Büxenstein s.d., con la fig. 1, indice della Collection). Insomma, quando è stato stampato l’opuscolo di Büxenstein il terzo fascicolo della Collection Yvet-te Guilbert non doveva ancora essere uscito; e forse il quarto doveva ancora essere progettato. Ma la ragione principale per cui questo opuscolo ci interessa è che comprende non due, bensì tre pezzi di Rousseau: i due già visti della Col-lection, più un’Air de trois notes (incipit «Que le jour me dure»).31

A parte ciò, l’unico documento a mia conoscenza che dimostri l’esecuzio-ne in concerto delle canzoni di Rousseau da parte di Yvette è il programma di una esibizione alla Bechsteinsaal di Berlino citato pocanzi, non datato ma risalente ai primi del 1911 (fig. 3).32 Si può in realtà indicarne anche un altro, ma indiretto: la Selection from Collection Yvette Guilbert, dieci canzoni scelte fra le armonizzazioni di Ferrari per la Collection (nel volume sono presenti anche le traduzioni inglesi dei testi, a cura del giovane Ezra Pound), stampata a Londra nel 1912.33 Una delle dieci canzoni è la roussoviana Aimez, vous avez quinze ans.34 Ora, benché i programmi del periodo non ne diano con-ferma, è alquanto verosimile che Aimez, vous avez quinze ans fosse effettiva-mente cantata da Yvette nei concerti inglesi del 1911-12, poiché chiaramente la Selection è un’iniziativa ad essi parallela.

Comunque, tenendo conto di informazioni tanto scarse in una documen-tazione decisamente cospicua (i tanti programmi inglesi, tedeschi, americani e francesi conservati alla biblioteca dell’Opéra), dobbiamo dedurre che Yvet-te in realtà cantò solo per poco tempo le canzoni di Rousseau, e solo intorno al periodo di pubblicazione della Collection Yvette Guilbert. Del resto, quel momento sembra esser stato per lei una fase di particolare fervore roussovia-no, tanto che alla fine del 1910 si fece promotrice di una ripresa del Devin du village, la composizione più famosa di Rousseau.35

Perché queste canzoni siano state presto messe da parte non è facile spie-gare; forse alla prova del palcoscenico si sono rivelate meno efficaci di quanto atteso. E però, cantandole e suonandole ci si convince che sono davvero dei bei pezzi. Magari si è trattato semplicemente del fatto che altre canzoni del repertorio di Yvette erano accolte più entusiasticamente, e dovendo ottimiz-zare i programmi, le pur belle arie di Rousseau sono state alla fine messe da canto in favore di pezzi di maggiore e sicuro successo (si tenga conto che, in ogni concerto, Yvette cantava un numero di pezzi che, se comparato agli

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standard dei recital di oggi, appare molto limitato). Rimane però inappagata la curiosità sul perché non abbia trovato posto

nella Collection anche l’Air de trois notes, un pezzo alquanto singolare, molto apprezzato da Tiersot.36 Sappiamo che Gustave Ferrari le portava una parti-colare affezione, giacché essa continua a comparire nei programmi dei suoi concerti dei decenni successivi (a collaborazione con Yvette già conclusa), quando si esibisce cantando ed accompagnandosi al pianoforte.37 E nel 1936 il suo arrangiamento dell’Air de trois notes viene pubblicata dall’editore Au-gener di Londra (Ferrari 1936).38

Peraltro quest’aria ha una storia interessante, che richiederebbe una diva-gazione qui impossibile. Accenno solo che il testo di Rousseau, separato dalla melodia originale, è stato messo in musica da diversi compositori, fin dai primi del XIX secolo. Nel Département de musique della Bibliothèque nationale ne sono conservate versioni evidentemente di primo Ottocento, come quelle di Segura (per voce e pianoforte) e di Bruet (a quattro voci con piano), e versioni più tarde, come quella di Andreani (1875) e di Camille Caron (1878).39 Quel-la di Andreani è la più singolare: nella prima edizione (1875) non ci sono par-ticolari indicazioni, mentre nell’edizione di Hachette (1903) si specifica che l’arrangiamento e l’accompagnamento sono di Jules Walter, e il pezzo viene definito «mélodie arabe».40 Tuttavia l’aspetto più divertente si coglie in uno spartito pubblicato nel 1889 da Labbé, la cui melodia è in effetti quella di An-dreani, ma il suo nome non figura più, mentre nel frontespizio si legge: Mélodie arabe. Que le jour me dure, paroles et musique de J.J. Rousseau, chantée par Melle Formantine à l’Éden-Concert. Insomma, la minuta Air de trois notes delle Con-solations è stata trasformata in un’olezzante canzone araba da café-concert… di Rousseau!41

Comunque, per chiudere queste righe su Ferrari e Rousseau, si può ag-giungere che il suo entusiasmo roussoviano non era occasionale o di superfi-cie. Fu lui, ginevrino di nascita, ad essere incaricato di comporre una cantata per soli, coro e orchestra, per il bicentenario della nascita di Rousseau, su testo del poeta ginevrino Jules Cougnard (1857-1907).42

3. InterpretazioniPer concludere questo contributo mi occuperò dell’interpretazione dei

pezzi di Rousseau: quella datane da Yvette, cantandoli, e quella datane da

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Ferrari, armonizzandoli.Se, come abbiamo visto, molto poco si trova sulle canzoni di Rousseau

nei concerti di Yvette, ancor meno sappiamo sul suo modo di interpretarle. Possiamo però fare qualche riflessione indiretta, perché Yvette ha illustrato la sua filosofia dell’interpretazione ne L’art de chanter une chanson. Guardiamo ciò che dice su La légende de saint Nicolas,43 la storia di tre bambini uccisi da un bruto macellaio e sette anni dopo resuscitati da San Nicola che fa scappa-re terrorizzato il carnefice. Yvette spiega che per i bambini adotta una voce bianca, parlata; per il macellaio scura e brutale; per San Nicola «nobile e […] appoggiata di petto». Per le parti narrative, inizialmente la voce è neutra, poi, «l’interprete stesso è spaventato dal crimine che sta per raccontare»; e quando il macellaio scappa («le boucher […] s’enfuya!»),

l’interprete ha una magnifica occasione, con la musica, di dare colore, facen-do suonare la vocale a nella parola s’enfuya, così da produrre un lungo suono: aaaaaaaaaa! che diventerà un lungo grido di terrore lanciato dal macellaio […]. È l’equivalente di un’armonia imitativa.44

Come si vede, si tratta di un approccio fortemente espressivo e teatrale; lo stesso che, fatte le dovute differenze, Yvette usava anche nel suo primo re-pertorio. E oltre a ciò sappiamo dalle immagini pubblicitarie e dalle recensio-ni che, nella sua “seconda carriera”, Yvette usava cambiarsi d’abito a seconda delle canzoni: dalle vesti «in crinolina» del repertorio «intorno al 1830», alle fogge “Pompadour” delle settecentesche Bergères et Musettes, alle lunghe vesti antiche delle canzoni Du moyen Age à la Renaissance.45

Tutto questo ci fa pensare che, cantando Rousseau, Yvette ne drammatiz-zava le canzoni, e si presentava in scena con vesti settecentesche; ma purtrop-po più in là non si può andare. Tuttavia, se è vero che Yvette interpretava le sue canzoni nel modo che abbiamo visto, ciò potrebbe contribuire a spiegare perché esse siano state presto accantonate: i loro testi, delicati e pastorali, offrivano pochi spunti alla teatralizzazione “à la Yvette”.

Molto di più possiamo invece dire sul processo interpretativo di Gustave Ferrari, cioè sulle armonizzazioni, analizzabili e confrontabili con gli origi-nali di Rousseau. Cominciamo da Aimez, vous avez quinze ans, e occupia-moci inizialmente della versione originale, roussoviana, delle Consolations. Essa presenta una forma alquanto semplice (es. 1): il testo consiste in tredici

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strofette di quattro versi; la musica è composta da due parti, A e B. Ogni parte a sua volta contiene una frase musicale (rispettivamente a e b) che viene ripetuta; perciò lo schema melodico complessivo è aa bb. La distribuzione dei versi rispetto alle frasi è però singolare: le parole di ogni strofa (versi 1 2 3 4) sono tutte intonate nella sezione A, assegnando due versi alla prima frase musicale, gli altri due alla seconda (prima a: 1 e 2; seconda a: 3 e 4). Per la sezione B vengono, nella prima frase b, riutilizzati i due versi della seconda a, i quali vengono poi ulteriormente ripetuti (prima b: 3 e 4; seconda b: 3 e 4). Lo schema complessivo è dunque il seguente:

Testo Frasi musicali Sezioni1 Aimez vous avez quinze ans a2 Et les graces de votre âge A3 Attendrez vous plus longtems a4 Ce seroit bien grand dommage----------------------------------------------------------------------------------------------------------3 Attendrez vous plus longtems b4 Ce seroit bien grand dommage B3 Attendrez vous plus longtems b4 Ce seroit bien grand dommage

Ora, nel suo arrangiamento Ferrari ha cambiato innanzitutto l’articola-zione dei versi: ha soppresso le strofe 10 e 11 e ha compattato le altre, otte-nendo da due strofe di quattro versi una di otto. Perciò il testo che compare nella Collection è formato da sole cinque strofe, più una Coda con i primi quattro versi della prima strofa. Lo schema di ogni strofa è dunque diventato il seguente (esemplificato dalla prima):

Testo Frasi musicali Sezioni

1 Aimez vous avez quinze ans a2 Et les graces de votre âge A3 Attendrez vous plus longtems a4 Ce seroit bien grand dommage----------------------------------------------------------------------------------------------------------5 Que faire à la fin du jour? b6 Demandez à vos compagnons B7 Elles répondront: l’amour b8 C’est le charme des campagnes

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Evidentemente il meccanismo ripetitivo dell’originale (1 2 3 4 3 4 3 4) dev’essere apparso a Ferrari un po’ eccessivo (e, da un punto di vista sceni-co, non senza ragione); allora ha costruito un ritmo poetico più stringente, senz’altro più narrativo e probabilmente più adatto all’intenzione di Yvette.

Dal punto di vista melodico, l’aria di Rousseau, che va per gradi congiunti con qualche salto di terza e di quinta, è contenuta nell’ambito dell’ottava; mostra perciò una vocalità spontanea e naturale. Ferrari rispetta la forma della melodia, tranne una piccola modifica nella conclusione delle frasi b e dell’ultima frase della Coda (e la trasposizione da La maggiore a Fa maggiore, tonalità evidentemente più comoda per l’estensione di Yvette).

Per quanto riguarda l’accompagnamento, nell’originale di Rousseau la voce è sostenuta da un quartetto, come succede in molti altri pezzi delle Con-solations. Tutto è volutamente molto semplice: su un’essenziale linea di basso una delle due voci acute raddoppia il canto, l’altra fa una controvoce per ter-ze, e la parte di mezzo completa l’accordo. Qualche occasionale dissonanza (il Sol# dell’Alto contro il La del Basso sulla parola quinze, ripreso in seguito da altra voce) è solo un fugace e grato brivido nella placidità pastorale dell’in-sieme, che è garantita dal metro di 6/8 e dal bordone di La. Nella sezione B l’insieme si vivacizza un po’, modulando alla dominante; ma tutto rimane entro il quadro di una quieta tenerezza agreste.

Guardiamo adesso l’armonizzazione di Ferrari (es. 2), che presenta pure un accompagnamento a quattro voci; tuttavia, grazie a piccoli accorgimenti, l’intenzione pastorale di Rousseau risulta impregnata di sonorità moderne. Il pezzo è aperto da quattro battute in cui è anticipato il canto, ma con una ca-denza d’inganno (V-VI), la cui dolce malinconia fa venir voglia di sentire lo sviluppo dell’intera melodia. Quando entra il canto (frase a), all’inizio il pia-noforte si limita a suonare blocchi accordali, senza raddoppiare la melodia; solo sulla seconda metà della frase mette un controcanto alla terza superiore (Rousseau l’aveva messo alla terza inferiore). Anche per la prima enuncia-zione della frase b Ferrari continua con i soli accordi; mentre nella seconda, sopra una semplice linea di basso usa sistematicamente terzine di crome che allo stesso tempo raddoppiano la melodia e fanno una specie di ostinato di Do. È un meccanismo di climax che nelle ultime battute culmina in un moto contrario del pianoforte rispetto al canto, ed è seguito da una battuta di anti-climax con terze e quinte dei corni – decisamente un’evocazione agreste.

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Parte terza. Musiche, storie, fonti 449

È una veste graziosa; ma il vero sale dell’arrangiamento sta nella scelta delle armonie. All’ingresso del canto il pianoforte usa semplicemente la se-quenza Tonica-Dominante-Tonica; ma la disposizione dei due accordi, I-V3/4/6-I, impreziosisce il meccanismo con il moto contrario delle parti, un ef-fetto mantice che evoca strumenti contadini (armonica a bocca o organetto). In questo passo c’è anche un altro tratto pastorale, non subito evidente ma nondimeno efficace: l’evocazione della zampogna nelle prime due battute tramite un bordone di Do2 al Tenore. Nelle successive due battute il Do sale di un’ottava (Do3); e facendo un’eco acuta del bordone precedente impre-ziosisce l’armonia. Su «(se)-rait» fa diventare l’accordo di Sib una deliziosa nona; invece il Fa dell’alto trasforma l’armonia successiva (su «(vrai)-ment domm-(age)»), che dovrebbe essere una settima di dominante in secondo rivolto, in un accordo per quarte (Sol-Do-Fa-Sib) di struggente dolcezza. In-somma, l’armonizzazione è un vero gioiellino.

Prendiamo adesso in esame J’avois pris mes pantouflettes, e ancora una volta partiamo dall’originale roussoviano, anch’esso molto semplice ma con una forma un po’ diversa dal pezzo precedente, derivata dalla danza (es. 3). Il testo, che prevede sette strofe di sei versi, è intonato da una melodia articolata in tre sezioni, A, B e C. In ogni sezione c’è una sola frase musicale, rispettiva-mente a, b e c, ciascuna delle quali intona due versi. Ma mentre nella prima e nella terza sezione la frase è ripetuta (insieme alle parole), nella seconda no; perciò lo schema complessivo delle frasi è aa b cc.

Testo Frasi musicali Sezioni

1 J’avais pris mes pantouflettes a2 Qui von faisant cric et crac A1 J’avais pris mes pantouflettes a2 Qui von faisant cric et crac ----------------------------------------------------------------------------------------------------------3 Je me suis mise à la fenêtre b B4 Voir si mon ami n’ vient pas ----------------------------------------------------------------------------------------------------------5 Et pensez vous qu’il m’ennuye c6 Et, oh, la la, qu’il ne m’ennui’ pas C5 Et pensez vous qu’il m’ennuye c6 Et, oh, la la, qu’il ne m’ennui’ pas

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Come dice Tiersot a proposito di questo pezzo, le «romanze di Jean-Jacques non sono arie sapientemente sviluppate: sono semplici frasi musicali. Talvolta semplici canzoni. È così che si possono trovare nelle Consolations piccole ronde che imitano da vicino le danze popolari».46 Anche J’avois pris mes pantouflettes è un’evocazione di vita contadina, come Aimez, vous avez quinze ans, ma più scanzonata: un po’ da filastrocca infantile, con il suo «Et, oh, la la», un po’ da danza (entrambi i pezzi sono definiti «Branle», che è una danza popolare di origini antiche).

L’accompagnamento di Rousseau vuole proprio creare l’effetto “ronde”, un ballo in cerchio in cui chi conduce le danze intona una frase, e gli altri la riprendono in coro. Infatti troviamo indicato «Le Coriphée» sopra la prima frase a, e «Le Chœur» sopra la sua ripresa; e poi ancora «Le Coriphée» sulla frase b e sulla prima c, e di nuovo «Le Chœur» sulla ripresa di c. Poiché il pezzo è scritto per una sola voce, per creare l’effetto coro Rousseau accom-pagna la prima frase a, quella del Corifeo, con il Basso soltanto, su una sem-plice sequenza I-V; e quando la frase a viene ripetuta, per simulare il Coro Rousseau fa entrare i violini e la viola. I primi raddoppiano la voce (all’uni-sono e all’ottava), la seconda la segue per seste e terze. Un po’ stranamente la compagine “corale” rimane anche sulla frase b, che è di nuovo del Corifeo, forse per non esaurire troppo presto il ripieno; in ogni caso i violini non pro-cedono più con l’enfatica ottava, ma per terze. La prima frase c, ancora del Corifeo, vede di nuovo l’accompagnamento del solo Basso, mentre con la seconda c (Coro) ritorna il ripieno, questa volta con i violini all’unisono che fioriscono la linea del canto per concludere “in bellezza”. Insomma, il pezzo è caratterizzato dall’alternanza solo/tutti.

Anche in questa canzone l’armonia di Rousseau è alquanto semplice: I-V (Sol-Re) in A; rapido passaggio a La minore con ritorno a Sol in B; I-V-I-IV-V-I in C – la solita quiete agreste, increspata da folate di vento che muovono gradevolmente le foglie e scompigliano i capelli. Ferrari (es. 4) rispetta in tut-to la melodia originale (è soltanto abbassata da Sol maggiore a Fa maggiore), che come la precedente si muove per gradi congiunti con qualche salto di terza e di quinta, e ha un ambito comodissimo di settima (ancora una volta marca di una vocalità spontanea e popolare). Ferrari rispetta anche l’inten-zione roussoviana di proposta-risposta, ma lo fa attraverso l’armonia.

Poiché per carattere, tonalità e metro J’avois pris mes pantouflettes è al-

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Parte terza. Musiche, storie, fonti 451

quanto simile al pezzo precedente, simile è anche l’accompagnamento, fatto per blocchi accordali. Ma Ferrari ha usato alcune ingegnose trovate armoni-che particolarmente gradevoli. Anche questo pezzo si apre con quattro bat-tute introduttive che anticipano l’inizio della melodia; solo che l’armonia è diversa da quella che accompagnerà il canto. Sotto la prima metà della frase a Ferrari mette la tonica (Fa maggiore), ma, invece di restare su quell’accordo, subito dopo mette Sol settima, che con il La di canto della mano destra di-venta una nona (di gusto raveliano: insomma, anche qui l’arguzia armonica segna l’arrangiamento fin dalle prime battute). Quando entra il canto ritro-viamo il bordone di Do già incontrato nel pezzo precedente; ma qui forse ad essere evocata è piuttosto la ghironda, altro strumento eminentemente popo-lare. Ferrari mantiene la differenziazione tra una frase e la sua ripetizione, che in Rousseau era l’alternanza Coriphée/Cœur; lo fa però in un modo molto più sfumato. Sulla prima a c’è il citato effetto ghironda, mentre sulla seconda l’armonia cambia: dalla sequenza regolare I-IV-V si passa a I-II(#)-V, che ri-chiama l’introduzione e imprime mobilità alla ripetizione. Come in Aimez, vous avez quinze ans, la seconda parte è più mossa, e vi ritroviamo la stessa sonorità moderna, compresa l’armonia per quarte («(fe)-nêtre»). Insomma, anche qui l’arrangiamento rispetta il carattere dell’originale, impregnandolo però di un sapore armonico moderno.

La piacevole arguzia e l’originalità delle armonizzazioni di Ferrari erano molto apprezzate dai suoi contemporanei. Ne abbiamo una testimonianza preziosa in un volume di Algernon H. Lindo (1865-1926).47 Compositore e critico, Lindo fu un apprezzatissimo pianista accompagnatore, e pubblicò diversi trattati sul mestiere di pianista. Il più importante è The art of accom-panying (1916), primo libro moderno sull’arte di accompagnare con il pia-noforte.48 Alcuni capitoli sono dedicati ad aspetti non presenti nel normale percorso formativo di un accompagnatore: i Folk-songs, le English ballads, il Music-Hall, la Musica per il teatro. Il capitolo sui folk-songs è dedicato principalmente agli arrangiatori e accompagnatori inglesi, perché, secondo l’ampia esperienza di Lindo, è raro ascoltare folk-songs in concerto al di fuori dell’Inghilterra. Fanno però eccezione le melodie ungheresi, nell’arrangia-mento di Korbay, e le canzoni popolari francesi, «alcune delle quali sono incluse nel repertorio della maggior parte dei vocalisti». Ed è a questo punto che Lindo fa esplicito riferimento alle esecuzioni di Yvette, ponendo a con-

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fronto gli arrangiamenti usati prima e dopo aver incontrato Ferrari. Molte canzoni francesi, dice Lindo,

sono state dotate di accompagnamenti semplici e modesti da Wekerlin, ma più ambiziosi e molto più interessanti sono gli arrangiamenti fatti per Madame Yvette Guilbert da Gustave Ferrari. Questi accompagnamenti sono efficaci e musicali, e, allo stesso tempo, sempre appropriati al carattere delle parole e alla natura della melodia.49

Concludendo: Gustave Ferrari ha costruito per Yvette Guilbert arran-giamenti delle canzoni di Rousseau rispettosi delle intenzioni estetiche del compositore, ma che, con sapienti accorgimenti, infondono loro un sapore armonico moderno. Ciò mette in evidenza lo spirito con cui Yvette Guilbert proponeva ad un pubblico di suoi contemporanei le canzoni del passato: non un atteggiamento filologico, che riprenda la forma originaria in cui quei pez-zi si mostrano nell’evidenza delle stampe e dei manoscritti antichi, ma una mediazione con il gusto musicale moderno, che, senza urtare frontalmente le abitudini del pubblico, gli permette di accostarsi ad un repertorio altrimenti difficile da conoscere. Animale da palcoscenico quant’altri mai, Yvette co-nosceva perfettamente le dinamiche di chi assiste ad uno spettacolo, e infatti cercò il più possibile di modulare i suoi repertori diversificandoli per pubbli-ci talvolta molto differenti fra loro.

Del resto l’idea che “attualizzare” le cose antiche fosse il modo migliore per farle circolare era condivisa un po’ da tutti, sul principio del secolo ini-ziato. Ferrari e Yvette avrebbero certamente sottoscritto ciò che dice Julien Tiersot a proposito di una romanza dalle Consolations da lui armonizzata:

All’inizio della sua [di Rousseau] raccolta di romanze si legge questa dichiarazione: «In tutta la mia musica prego insistentemente che non si metta alcun riempimento dovunque non ne abbia messi io». I lettori moderni si meraviglieranno forse, leggendo l’accompagnamento qui sotto, di apprendere che non abbiamo seguito questa ingiunzione in modo assolutamente scrupoloso, e che abbiamo aggiunto all’armonizzazione scritta dal compositore del Devin du village alcune di queste note di riempimento che, nel suo timore di soffocare il canto, egli voleva proscrivere. Giudicheranno da ciò che, nel filosofo amico della natura, la tendenza alla semplicità non era davvero una parola vana. D’altronde essa non escludeva certe indicazioni espressive né felici intuizioni.50

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Note

* Università di Palermo ([email protected])1 Ad Amalia: spigolatura roussoviana di un roussoviano mancato.2 Su Yvette Guilbert cfr. Knapp-Chipman 1964, Hanke 1974, Brécourt-Villars 1988,

Yvette Guilbert 1994. Yvette è stata traghettata entro il campo della musicologia accademica da Kreutziger-Herr 2003; Emery 2007a e 2007b; Waeber 2011; Ziegenmeyer 2013; Ragnard 2014; Privitera 2015. Alcune cantanti-attrici ne hanno ripreso il repertorio: Marie Hélène chante Yvette Guilbert, 1994-1995 – cfr. il fondo Yvette Guilbert-Irène Aïtoff, nella Bibliothèque na-tionale de France, Département des Arts du spectacle (d’ora in poi BnF, AS, Guilbert-Aïtoff ), 4°-COL-28 (42 e 46); e Joly 2007. Sui rapporti con Toulouse-Lautrec cfr. Frey 2003: 24, e Guilbert 1927a: 207-212.

3 Yvette commissionava molte canzoni (cfr. Tiercelin 1899), ma ne scriveva anche in prima persona: talvolta scriveva i testi (cfr. Guilbert 1927a: 56-57), talaltra componeva le melodie (cfr. Guilbert 1927b).

4 Per questo trovò terreno fertile in Germania, come lei stessa racconta in Guilbert 1929: 186; cfr. gli eleganti opuscoli fatti stampare nel 1888 e 1889, con i testi delle canzoni forniti di traduzione tedesca: Bibliothèque nationale de France, Bibliothèque de l’Opéra, (d’ora in poi BnF, Opéra) PRO. A 723. Queste raccolte rimandano all’edizione tedesca degli spartiti, Répertoire Yvette Guilbert, con traduzione tedesca dei testi, pubblicata a Berlino da Eduard Bloch (cfr. Kreutziger-Herr 2003, p. 179). Cfr. anche il programma per i concerti tedeschi del 1902 (pubblicato, questo, da Büxenstein): BnF, Opéra, PRO. A 723 (80).

5 Guilbert 1927a, p. 180. Benché Yvette condividesse questa idea quasi religiosa della Francia con milioni di connazionali ancora umiliati dalla sconfitta del 1870, il suo patriotti-smo non prese i toni razzisti e antisemiti usati da alcuni suoi colleghi (cfr. ad esempio Buffet 1932). Vale la pena ricordare che Yvette sposò nel 1897 un ebreo tedesco di origine rumena e naturalizzato americano, Maxime Schiller, grazie al quale ebbe un rapporto privilegiato con la Germania e l’Austria, dove si esibì frequentemente e regolarmente (in pieno affare Dreyfus ciò le costò il sarcasmo della stampa nazionalista: cfr. Guilbert 1929: 193).

6 La rentrée d’Yvette Guilbert, intervista a Maurice Guillemot, in Bibliothèque nationale de France, Département des arts du spctacle, Collection Rondel (d’ora in poi BnF, AS, RO), 16.088, testata non identificata. Auguste Rondel (1858-1934), ammiratore ed amico di Yvette Guilbert, raccolse numerosi ritagli di giornali, programmi di sala ed altri documenti a lei rela-tivi in due grossi volumi recanti i titoli, rispettivamente, Yvette Guilbert, Représentations (RO 16.087) e Yvette Guilbert. Comptes rendus (RO. 16.088). Purtroppo non sempre vi sono ripor-tati data dell’articolo e nome della testata.

7 Guilbert 1927a, pp. 178 sgg. Come nota Waeber 2011 in realtà Yvette non abbandonò mai le canzoni del suo primo repertorio (lo registrava ancora nel 1934: cfr. Philippe Luez, Discographie, in Yvette Guilbert 1994: 94 sgg.). Inoltre Yvette pubblicizzò accortamente il suo percorso di ricerca: cfr. la lettera del 15/2/1895 ad un giornale parigino, Pourquoi Yvette court les bibliothèques, (BnF, AS, RO, 16.088), o Using a Library: Yvette Guilbert’s work in the Bibliothèque Nationale, «Los Angeles Times», luglio 1896, cit. in Waeber 2011: 274-275.

8 Le memorie sono: Guilbert 1910, 1927a (tradotto in tedesco nel 1928), 1929 (tradotto in tedesco nel 1930), 1946; ma anche Guilbert 1933 è di fatto un racconto autobiografico. I romanzi sono Guilbert 1902 e 1903 (quest’ultimo tradotto in italiano: Guilbert 1945). How to

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Sing a Song (Guilbert 1919, cui è evidentemente collegata Pastourelles 1919) uscì poi in francese (Guilbert 1928). Cfr. anche l’elenco di numerosi altri scritti occasionali in Brécourt-Villars 1988: 347-348, fra i quali spicca Guilbert 1930. Sulle autobiografie degli artisti di café-concert cfr. Privitera 2015.

9 Cfr. i testi citati in n. 2.10 Guilbert 1926a.11 Sévérac 1905a e 1905b. Sulla genesi di queste raccolte cfr. Ragnard 2014: 415.12 Duhamel 1907.13 Pastourelles 1919.14 Collection 1911-1914. Com’è uso nell’editoria musicale, la Collection uscì anche in una

diversa articolazione in due tomi, che raccoglievano rispettivamente i fascicoli 1 e 2, e 3 e 4 (il tomo II di quest’altra edizione è consultabile online: https://archive.org/details/collec-tionyvette02guil).

15 Gustave Ferrari (1872-1948) è stato un compositore, arrangiatore, cantante, direttore d’orchestra e critico musicale svizzero, noto e apprezzato in Europa e in America. Entrò in contatto con Yvette Guilbert a Londra nel 1905 e ne divenne l’accompagnatore (al piano e all’organo) per oltre un decennio, approfondendo così un modo di interpretare la canzone popolare che poi egli avrebbe continuato in proprio (cfr. Ferrari 1944).

16 Rousseau 1781. Per una descrizione delle Consolations cfr. Collisani 2007: 263 sgg.17 François-Augustin de Paradis de Montcrif (1687-1770).18 Articolo di Charles Saunier, cit. in Ziegenmeyer 2013, p. 194.19 Rousseau 1781: 1.20 Weckerlin 1853-1857.21 Cfr. Ziegenmeyer 2013: 194 sgg.22 Cfr. i programmi in BnF, AS, Guilbert-Aïtoff, 4o-COL-28 (185).23 Weckerlin s.d., I: 103.24 Sui rapporti tra Yvette e Tiersot cfr. Ziegenmeyer 2013: 201 sgg., e Ragnard 2014: 417-418.25 Tiersot 1904.26 Tiersot 1912: 2.27 Molti programmi sono conservati anche nella citata Raccolta Rondel e nel citato

fondo Yvette Guilbert-Irène Aïtoff. Una piccola scelta di questi programmi è riprodotta in Ziegenmeyer 2013, pp. 311 sgg.

28 BnF, AS, RO 16.088, articolo non datato. Corsivo mio.29 Büxenstein s.d., coll. Massimo Privitera.30 Questa datazione è confermata dal programma di un concerto di Yvette del 16 feb-

braio 1911 (BnF, Opéra, PRO A 273 (20): http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b525025468/f1.image.r=yvette%20guilbert), stampato da Büxenstein, con le medesime caratteristiche gra-fiche di Büxenstein s.d.

31 Corrisponde al numero 53 delle Consolations (p. 97) dove compare con lo stesso titolo.32 BnF, Opéra, PRO A 273 (91).33 Ferrari 1912, il cui contenuto è: dal fascicolo I della Collection: Suivez, beautes; Quand je

revis ce que j’ai tant aimé; dal III: Le Roy a fait battre tambour; La belle fille et le petit bossu; Les Cloches de Nantes; L’inutile défense; Aimez, vous avez quinze ans; dal IV: Il est pourtant temps de me marier; Les conditions impossibles; C’est la fille d’un pauvre homme. Nessuna canzone proviene dal secondo fascicolo.

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34 Aimez, vous avez quinze ans nell’opuscolo di Büxenstein recava il titolo Conseils à Rosine, assente tanto nelle Consolations quanto nella stessa Collection e nella Selection del 1912.

35 Cfr. la recensione di Julien Tiersot alla presentazione di Yvette e allo spettacolo, su «Le Ménestrel», 17 dicembre 1910. Ringrazio Isabelle Ragnard per la segnalazione, nonché per le preziose indicazioni sui fondi parigini relativi a Yvette Guilbert.

36 «L’Air de trois notes: “Que le jour me dure”, sembra a prima vista l’effetto di una scom-messa; poi, ascoltandola, si finisce per domandarsi se l’intenzione di Rousseau fosse veramen-te di fare un tour de force, tanto, con queste tre sole note, il sentimento intimo si apre con pienezza, tanto esala in accenti penetranti»: Tiersot 1912: 233.

37 Bibliothèque de Genève, Papier Gustave Ferrari (d’ora in poi: BG, Ferrari). Ringrazio Isabelle Ragnard per le informazioni riguardo a questo fondo, che da poco è stato ordinato, con dettagliato catalogo consultabile online (http://w3public.villege.ch/bge/odyssee.nsf/Attachments/ferrari_gustaveframeset.htm/$file/ferrari_gustave.pdf )

38 Ferrari 1936. Esso è menzionato anche nel catalogo a stampa Gustave Ferrari, Compositions published and unpublished, p. 7, sezione Harmonisations de chansons populaires françaises et canadiennes (BG, Ferrari, Ms. mus. 1254/1-2). Nei Papiers Ferrari è conservato il contratto d’edizione di questo arrangiamento (BG, Ferrari, Ms. mus. 1254/3, f. 2).

39 Romance [...], paroles de J.-J. Rousseau, mises en musique par T. Segura, Paris, Pleyel, s.d. (Bibliothèque Nationale de France, Département de musique [d’ora in poi BnF, Musique], VM7-100393); Que le jour me dure, romance à quatre voix, paroles de J.J. Rousseau, musique et accompagnement de piano par N. Bruet, Paris, Duffaux et Dubois, s.d. (BnF, Musique, VM7-37022); Que le jour me dure !, poésie de Jean-Jacques Rousseau, musique de Andreani, Paris, Langlois, 1875 (BnF, Musique, VM7-27636); Que le jour me dure. Elégie. Paroles de J. J. Rousseau, musique de Camille Caron, Paris, Richault, 1878 (BnF, Musique, VM7-38812); Que le jour me dure !, mélodie arabe, poésie de Jean-Jacques Rousseau, musique de Andreani, arrang.t e acc.t de piano par Jules Walter, Paris, Hachette, 1903 (BnF, Musique, VMG-52724).

40 Ma questa del 1903 è forse una ristampa tarda, perché già nel 1898, proprio come «mélo-die arabe», il tema di Andreani era stato oggetto di una rêverie per pianoforte di Joël Tiska: Que le jour me dure passé loin de toi, rêverie, sur la célèbre mélodie arabe de Andréani, pour piano, Paris, Langlois, 1898 (BnF, Musique, VM12-30174).

41 Mélodie arabe. Que le Jour me dure ! […] Paroles et musique de J.-J. Rousseau, accompagne-ment de Paul Blétry, chantée par Melle Formantine à l’Éden-Concert Paris, Labbé, 1889 (BnF, Musique, VM7-98266).

42 Ferrari 1912b (cfr. il materiale pubblicitario in BG, Ferrari, Ms. mus. 1259).43 Canzone popolare lorena raccolta e pubblicata da Gerard de Nerval nel 1842, che ha circo-

lato con differenti versioni musicali: una sulla formula melodica del Tantum ergo; una attribuita ad Armand Gouzien (1839-1892) ma che Julien Tiersot, nell’appendice musicale al Romancero populaire de la France, dice essere in realtà la melodia popolare a suo tempo raccolta da Nerval; una pubblicata da Weckerlin nelle Chansons populaires des pays de France (1903): cfr. Romancero, p. 506. Inoltre nel 1904 Charles Sadoul pubblica un’altra versione musicale lorena (cfr. Sadoul 1904). Materiali utili sono reperibili inhttp://www.lexilogos.com/saint_nicolas_chanson.htm.

44 Guilbert 1928: 17-2445 Cfr. il servizio fotografico in Guilbert 1926b, l’inserto di foto in Brécourt-Villars, e

foto e disegni di costumi e scenari medievali riprodotti nell’appendice documentaria di Ziegenmeyer 2013.

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46 Tiersot 1912: 230.47 Nato a Londra nel 1865, Lindo fu compositore, pianista solista, ma soprattutto accom-

pagnatore, con una carriera che lo portò in giro per il mondo. Lavorò in tutti i paesi di lingua inglese come esaminatore. Morì a Sidney nel 1926. Per un suo profilo cfr. l’articolo comme-morativo su «The Sydney Morning Herald» del 3 settembre 1926, in occasione della morte (https://trove.nla.gov.au/newspaper/article/16328378#). Fra le sue opera didattiche dedicate al pianoforte troviamo: Individuality in piano-touch (1914), The art of accompanying (1916), Pedalling in pianoforte music (1922).

48 Lindo 1916. Cfr. la comunicazione di Ernesto Pulignano al XII Convegno Internazionale di Analisi e Teoria Musicale, Rimini, 24-27 settembre 2015.

49 Lindo 1916: 62. Si noti che nel 1913 l’editore Ditson di Boston aveva curato un’edizione inglese (Weckerlin 1913) dei testi delle Bergerettes di Weckerlin (Weckerlin 1894).

50 Tiersot 1904: 70.

Riferimenti bibliografici

Brécourt-Villars, Claudine1988 Yvette Guilbert, l’irrespectueuse. Biographie, Paris, Plon.

Buffet, Eugénie1932 Ma vie – Mes amours, mes aventures, Paris, Figuière.

Büxenstein s.d. Chansons anciennes recueillies par Yvette Guilbert. Les airs originaux anciens sont har-

monisés par Gustave Ferrari [Berlin].

Collection 1911-1914 Collection Yvette Guilbert. Chansons anciennes arrangées et harmonisées par Gustave

Ferrari: vol. I. Du moyen Âge à la Renaissance; vol. II. Bergers et Musettes; vol. III. Chansons de tous les temps; vol. IV. Refrains des Jeunes; vol. V Les petits soupers de Versailles, harmonisées par Hélène Chalot; vol. VI (1914) Légendes dorées, harmonisées par Gustave Ferrari.

Collisani, Amalia2007 La musica di Jean-Jacques Rousseau, Palermo, L’Epos.

Duhamel, Maurice1907 Chansons de la vieille France, recuillies et chantées par Yvette Guilbert, reconstituées et harmoni-

sées par Maurice Duhamel, Paris, Société d’édition et de publication, Librairie Félix Juven.

Emery, Elizabeth2007a From Cabaret to Lecture Hall. Medieval Song as Cultural Memory in the Performances

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460 Le cadeau du village. Musiche e Studi per Amalia Collisani

Esempio 1.1

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Parte terza. Musiche, storie, fonti 461

Esempio 1.2

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462 Le cadeau du village. Musiche e Studi per Amalia Collisani

Esempio 2.1

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Parte terza. Musiche, storie, fonti 463

esempio 2.2

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464 Le cadeau du village. Musiche e Studi per Amalia Collisani

esempio 2.3

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Parte terza. Musiche, storie, fonti 465

esempio 3.1

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466 Le cadeau du village. Musiche e Studi per Amalia Collisani

esempio 3.2

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Parte terza. Musiche, storie, fonti 467

esempio 4.1

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468 Le cadeau du village. Musiche e Studi per Amalia Collisani

esempio 4.2

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Parte terza. Musiche, storie, fonti 469

esempio 4.3

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470 Le cadeau du village. Musiche e Studi per Amalia Collisani

Figura 1

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Parte terza. Musiche, storie, fonti 471

Figura 2

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472 Le cadeau du village. Musiche e Studi per Amalia Collisani

Figura 3

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Finito di stampare nell'ottobre 2016 da Fotograph Palermo