Gli anglo-americani a Persiceto Libera anche Decima dopo aspra … · 2013. 9. 3. · gnolo, verso...

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La Gazzetta di Persiceto UNA COPIA LIRE 2 QUOTIDIANO INDIPENDENTE DELLA SERA MARTEDÌ 24 APRILE 1945 Una giornata storica per la nostra città Gli anglo-americani a Persiceto Libera anche Decima dopo aspra battaglia Domenica mattina ingenti fòrze della V armata hanno preso possesso della città. Per tutta la giornata è stato un festoso abbraccio fra alleati, partigiani e popolo. Gioia e dolore si sono mescolati quando è giunta la notizia del barbaro eccidio di Cavezzo. I giorni di sofferenza che hanno preceduto la liberazione: il bombardamento alla Braglia Lettore, conserva questo giornale Conservate questo giornale. Diventerà im- portante. Riponetelo nel- la vostra biblioteca per- sonale. Meglio: nel cas- setto delle carte rare. E poi lasciatelo ingiallire. Fra quarant'anni, quan- do si sarà spenta l'eco di queste giornate fragoro- se, esso sarà un pezzette di storia, un reperto pre- zioso che parlerà di un tempo remoto. Tutto abbiamo visto in questi giorni. I carri armati per i campi, i bombardieri nei cielo. Le case sventrate dalle bom- be, i mitragtiamenti a tappeto, i corpi martoria- ti delle vittime. Il corag- gio di chi non si è piegato e ha messo a rischio la propria vita, nella spe- ranza di un mondo mi- gliore. La viltà delle spie, la miseria morale di chi si è fatto servo dello stra- niero, la ferocia di chi ha infierito con la tortura e le sevizie. Due eserciti sono passati per le nostre campagne e le nostre piazze, come non si ve- deva da secoli. Che cosa resterà di tutto questo fra trenta o quarant'anni? Sorgerà qualche monumento alla memoria. Si cambierà nome a una strada o a una via. Gli scolari sa- ranno chiamati ogni an- no a buttare giù sempre più svogliatamente due paginette. E ogni anno si faranno discorsi comme- morativi. E tutti si di- chiareranno eredi testa- mentari di questo lascito che si chiama Resistenza, e che sarà sempre più corroso dal tempo e dalla dimenticanza. Finirà cosi? Ai poste- ri l'ardua sentenza. Il fu- turo non ci appartiene. Il presente, invece, è no- stro. Questo presente che riempie il cuore e che stordisce. Questo ab- braccio fra alleati, parti- giani e popolo. Questa gioia che impazza, tratte- nuta soltanto dal rim- pianto di chi non è più. Lettore, conserva questo giornale. Porterà a coloro che verranno una pallida traccia di questo giorno irripetibi- le. Domani 25 aprile 1945, ore 17, presso il munici- pio RIUNIONE DELLA GIUNTA COMUNALE per la ripresa dei servizi civici. Giuseppe Calzati è il nuovo sindaco Lo ha nominato il Cln nella seduta del 22 aprile 1943 Piazza del popolo, 22 aprile 1945} (foto Fantozzi). Domenica 22 aprile 1945, alle ore 17, in una sala del palazzo municipale di San Giovanni in Persiceto si è riunito il locale Comitato di Liberazione Nazionale. In esecuzione delle direttive impartite dagli organi centrali del Cln si è deliberato all'unanimità di nominare sindaco provvi- sorio del Comune Giuseppe Calzati, ex- sindaco (dimissionario nel 1921 per le violenze fasciste) ed ex-confinato politico per antifascismo. Giuseppe Calzati Lo stesso Comitato locale, nel quale sono rappresentati il Pci, il Psiup e la De, ha deliberato di costituirsi in Giunta co- munale provvisoria. Questa è risultata co- stituita di 13 membri: Vincenzo Benci- venni, Arvedo Benuzzi, Florindo Bertac- chi, Antonio Bonaveri, Eraldo Fiorini, Marino Fornasari, Adolfo Forni, Gaeta- no Forni, Cleta Forni, Attilio Landi, To- nino Lucchi, Elio Martinelli, Otello Mor- dacci. Un uomo solo con la bandiera bianca La porta Adelfo Bastia che nel pomeriggio di sabato 21 aprile va incontro agli alleati a nome della città di Persiceto Bandiera bianca a Persi- ceto. Le drammatiche fasi che ieri hanno fatto da pre- ludio alla Liberazione ce le racconta Àrduino Scagliari- ni, 32 anni, muratore, arti- gliere reduce dalla Russia. Abitando circa un chilome- tro fuori Persiceto, in via Castagnolo 74, il signor Scagliarini è stato testimo- ne oculare dello storico in- contro £ra un'avanguardia anglo-americana e il porta- tore della bandiera bianca a nome della città di Persice- to. È sabato 21 aprile, e il signor Scagliarini, di buon mattino, viene svegliato dal ronzio di una "cicogna" al- leata. Si tratta di un piccolo aereo che staziona sopra gli obiettivi di fuoco delle arti- glierie, alle, quali fornisce indicazioni via radio per correggere il tiro. Scagliari- ni è artificiere e queste cose le conosce bene. «Ho intuito subito - ci racconta - che stava per co- minciare un cannoneggia- mento su Persiceto. Allora, in fretta e furia, ho sveglia- to i miei e li ho fatti vestire con i colori più sgargianti che avevamo. Poi siamo usciti all'aperto nella cam- pagna intorno a casa. La ci- cogna, infatti, cerca obiet- tivi militari, e normalmente lascia in pace i civili. Non mi sono sbagliato. Poco do- po il cannone comincia a tuonare. Colpisce casa Ber- gamini, nelle cui vicinanze c'era un alloggiamento te- desco». Poi cosa è successo? «Subentra un periodo di calma. Nel pomeriggio, intorno alle 15.30, alcuni carri armati anglo-america- ni, attestati sul ponte Farò in via Budrie, cominciano un intenso mitragliamento. Sparano verso una trincea situata a poche centinaia di metri, dove resistono dei soldati tedeschi. Poi l'epi- sodio si esaurisce, i tedeschi si ritirano». È a questo punto che da San Giovanni esce il porta- tore della bandiera bianca? «Sì. Sono ormai le 18.30 e ad un tratto vedo lontano una bandiera bian- ca che sventola sul ponte della Braglia. La regge un uomo che avanza a piedi e s'incammina per via Casta- Nella foto sopra: Adelio Bastia in divisa da pompiere. Sotto: Arduino Scagliarini (primo in basso a destra) con un gruppo di artiglieri. gnolo, verso casa mia. En- tra nella prima casa che tro- va e si fa prestare una bici- cletta. Poi comincia a peda- lare, sempre tenendo alta la bandiera, e agitandola vi- stosamente. Quando è or- mai a duecento metri da ca- sa mia, vedo dall'altra parte due americani a cavallo, con cappelli a larghe falde, che avanzano attraverso i campi verso la stessa via Castagnolo». Come è avvenuto lo storico incontro? «Si sono incontrati a pochi metri da casa mia. Ho potuto vedere e sentire perfettamente. L'uòmo con la bandiera bianca era il concittadino Adelfo Bastia. La bicicletta era del tutto priva di copertoni e lui fa- ceva una gran fatica». Si sono scambiati delle dichiarazioni al momento dell'incontro? «Sì. Per primi hanno parlato gli americani. Han- no detto: "Paisà, cosa c'è di nuovo?" Al che Bastia rispose: "A Persiceto non c'è più nessuno", riferen- dosi ovviamente ai tedeschi e ai fascisti che erano fuggi- ti verso nord. Io intanto mi ero avvicinato. Ho anche toccato i cavalli. A un certo punto ho visto un soldato tedesco isolato, a circa cen- tocinquanta metri, che si ri- tirava lungo i campi con una pistola in pugno. Lo se- gnalo ai due americani. Lo- ro, tranquilli, mi fanno: "Paisà, lascia che vada." Poi i due soldati a cavallo si sono diretti verso Persice- to. Li precedeva Adelfo Ba- stia con la bicicletta senza copertoni. Portava a spalla la bandiera bianca, ma sen- za agitarla più». m.g. Drammatico sabato notte americani presi per tedeschi Un conflitto a fuoco con una squadra partigiana sotto il portico del municipio. Poi l'equivoco è stato chiarito e l'episodio si è concluso fra risate e abbracci È la sera del 21 aprile, sabato, quando fanno il loro ingresso a Persiceto i primi americani. Sono due ufficiali a cavallo e provengono da porta Vittoria, con la pistola in pugno come nel Far West. Il paese è deserto. La gente sta chiusa in casa, finestre e porte sprangate. Le luci sono spente. I due prendono la strada che va verso l'ospedale e proseguono oltre. Sotto il portico del palaz- zo comunale, un gruppo di undici partigiani presidia una città vuota e buia. Sono ar- mati di bombe a mano, dis- sotterrate qualche giorno pri- ma vicino ad una latrina del- la stazione. Il gruppo sa che l'arrivo degli alleati è ormai prossimo: due dì loro sono andati in avanscoperta pro- prio il giorno prima, in dire- zione dì Bologna, per scrutar- ne l'avanzata. Sono il parti- giano Franco Cocchi, dician- novenne, ufficialmente occu- pato alla Todt e la partigiana Maria Suozzi, una ragazza dì 24 anni. E nella cantina del Cocchi, sotto l'abitazione di via Giambattista Gornia, che si sono tenuti frenetici incontri fra partigiani per de- cidere come accogliere le truppe americane. Ed è anco- ra Franco Cocchi a raccon- tarci cos'è successo la notte dì sabato. «Dopo il passaggio dei due ufficiali, sembrava che quella notte non dovesse accadere più nulla. Ma a notte fonda abbiamo intra- visto l'ombra di una truppa che si avvicinava: venivano verso la piazza da porta di sopra ed era troppo buio per distinguere se si tratta- va o no di nemici. Stavamo riparati dietro le colonne del portico del Comune e quando sono stati vicini ho intimato: "Chi va là?" Nessuna risposta. Ripe- to l'intimazione. Dall'altra parte ancora silenzio. Allo- ra decido di lanciare una bomba nella loro direzione ma l'ordigno si inceppa e non esplode. Mentre ero incerto se ripetere o no il lancio, quel- li intuiscono che stanno per essere attaccati e si ripara- no sotto il portico della contrada maestra. Da die- tro le colonne, incomincia- mo a spararci addosso. Ci siamo visti intrappolati e pensavamo, ormai, di aver fallito l'azione. Che fare? Avremmo potuto fuggire retrocedendo verso la far- macia Soldà, ma ci sarem- mo scoperti divenendo così dei facili bersagli. Infilarci nella loggia del palazzo co- munale e fuggire dalla piaz- za sul dietro? Una rapida occhiata ci fece perdere ogni speranza: la porta era irrimediabilmente chiusa e infilare quella loggia era co- me metterci in trappola con le nostre mani. Un carro armato alleato in Piazza del popolo (foto Fantozzi). Nella foto piccola: il partigiano Franco Cocchi. Brevi e concitate con- sultazioni furono bisbiglia- te fra una colonna e l'altra del porticato che ci riparava e, alla fine, decidemmo di retrocedere pian piano ver- so la loggia del Comune. Ci siamo nascosti nel cortile interno e alcuni di noi lun- go la scala del palazzo. Scrutavo di tanto in tanto nel buio, oltre lo spigolo del muro, in attesa che succe- desse qualcosa. Silenzio. L'attesa si fa- ceva ogni minuto più ango- sciosa. Sapevamo quanto fosse precaria la nostra po- sizione, ma potevamo sol- tanto aspettare. Gli occhi si erano ormai abituati a scrutare nel buio quando vidi spuntare un el- metto dall'angolo del log- gione, verso la piazza. D'improvviso ricordai di avere già visto un elmet- to con quella forma. Sì, lo avevo visto proprio in capo agli americani, quando ero stato a cercarli a Bologna, con Maria. Allora, sapendo che le truppe americane ci chiamavano "paisà", mi metto a gridare: "Ehi!... Ehi!... Noi Paisà!... Noi... Paisà!" Dall'altra parte del mu- ro sentiamo rispondere: "Paisà?... Oh... yes... Pai- sà!" E scoppia una fragoro- sa risata! Tanto basta perché cor- riamo tutti fuori ad incon- trare gli americani. Nel mo, ci raccontiamo alla me- glio che li avevamo scam- biati per tedeschi e che loro ci avevano scambiati per fa- scisti. E invece, eccoli qui gli americani a Persiceto!» Teresa Calzati

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La Gazzetta di PersicetoUNA COPIA LIRE 2 QUOTIDIANO INDIPENDENTE DELLA SERA MARTEDÌ 24 APRILE 1945

Una giornata storica per la nostra città

Gli anglo-americani a PersicetoLibera anche Decima dopo aspra battaglia

Domenica mattina ingenti fòrze della V armata hanno preso possesso della città. Per tutta la giornata è stato unfestoso abbraccio fra alleati, partigiani e popolo. Gioia e dolore si sono mescolati quando è giunta la notizia del

barbaro eccidio di Cavezzo. I giorni di sofferenza che hanno preceduto la liberazione: il bombardamento alla Braglia

Lettore,conservaquesto

giornale

Conservate questogiornale. Diventerà im-portante. Riponetelo nel-la vostra biblioteca per-sonale. Meglio: nel cas-setto delle carte rare. Epoi lasciatelo ingiallire.Fra quarant'anni, quan-do si sarà spenta l'eco diqueste giornate fragoro-se, esso sarà un pezzettedi storia, un reperto pre-zioso che parlerà di untempo remoto.

Tutto abbiamo vistoin questi giorni. I carriarmati per i campi, ibombardieri nei cielo. Lecase sventrate dalle bom-be, i mitragtiamenti atappeto, i corpi martoria-ti delle vittime. Il corag-gio di chi non si è piegatoe ha messo a rischio lapropria vita, nella spe-ranza di un mondo mi-gliore. La viltà delle spie,la miseria morale di chi siè fatto servo dello stra-niero, la ferocia di chi hainfierito con la tortura ele sevizie. Due esercitisono passati per le nostrecampagne e le nostrepiazze, come non si ve-deva da secoli.

Che cosa resterà ditutto questo fra trenta oquarant'anni? Sorgeràqualche monumento allamemoria. Si cambierànome a una strada o auna via. Gli scolari sa-ranno chiamati ogni an-no a buttare giù semprepiù svogliatamente duepaginette. E ogni anno sifaranno discorsi comme-morativi. E tutti si di-chiareranno eredi testa-mentari di questo lascitoche si chiama Resistenza,e che sarà sempre piùcorroso dal tempo e dalladimenticanza.

Finirà cosi? Ai poste-ri l'ardua sentenza. Il fu-turo non ci appartiene. Ilpresente, invece, è no-stro. Questo presenteche riempie il cuore e chestordisce. Questo ab-braccio fra alleati, parti-giani e popolo. Questagioia che impazza, tratte-nuta soltanto dal rim-pianto di chi non è più.

Lettore, conservaquesto giornale. Porteràa coloro che verrannouna pallida traccia diquesto giorno irripetibi-le.

Domani 25 aprile 1945,ore 17, presso il munici-pio RIUNIONE DELLAGIUNTA COMUNALEper la ripresa dei servizicivici.

Giuseppe Calzatiè il nuovo sindaco

Lo ha nominato il Clnnella seduta del 22 aprile 1943

Piazza del popolo, 22 aprile 1945} (foto Fantozzi).

Domenica 22 aprile 1945, alle ore 17,in una sala del palazzo municipale di SanGiovanni in Persiceto si è riunito il localeComitato di Liberazione Nazionale. Inesecuzione delle direttive impartite dagliorgani centrali del Cln si è deliberatoall'unanimità di nominare sindaco provvi-sorio del Comune Giuseppe Calzati, ex-sindaco (dimissionario nel 1921 per leviolenze fasciste) ed ex-confinato politicoper antifascismo.

Giuseppe Calzati

Lo stesso Comitato locale, nel qualesono rappresentati il Pci, il Psiup e la De,ha deliberato di costituirsi in Giunta co-munale provvisoria. Questa è risultata co-stituita di 13 membri: Vincenzo Benci-venni, Arvedo Benuzzi, Florindo Bertac-chi, Antonio Bonaveri, Eraldo Fiorini,Marino Fornasari, Adolfo Forni, Gaeta-no Forni, Cleta Forni, Attilio Landi, To-nino Lucchi, Elio Martinelli, Otello Mor-dacci.

Un uomo solocon la bandiera biancaLa porta Adelfo Bastia che nel pomeriggio di sabato 21 aprile

va incontro agli alleati a nome della cittàdi Persiceto

Bandiera bianca a Persi-ceto. Le drammatiche fasiche ieri hanno fatto da pre-ludio alla Liberazione ce leracconta Àrduino Scagliari-ni, 32 anni, muratore, arti-gliere reduce dalla Russia.Abitando circa un chilome-tro fuori Persiceto, in viaCastagnolo 74, il signorScagliarini è stato testimo-ne oculare dello storico in-contro £ra un'avanguardiaanglo-americana e il porta-tore della bandiera bianca anome della città di Persice-to.

È sabato 21 aprile, e ilsignor Scagliarini, di buonmattino, viene svegliato dalronzio di una "cicogna" al-leata. Si tratta di un piccoloaereo che staziona sopra gliobiettivi di fuoco delle arti-glierie, alle, quali fornisceindicazioni via radio percorreggere il tiro. Scagliari-ni è artificiere e queste cosele conosce bene.

«Ho intuito subito - ciracconta - che stava per co-minciare un cannoneggia-mento su Persiceto. Allora,in fretta e furia, ho sveglia-to i miei e li ho fatti vestirecon i colori più sgargiantiche avevamo. Poi siamousciti all'aperto nella cam-pagna intorno a casa. La ci-cogna, infatti, cerca obiet-tivi militari, e normalmentelascia in pace i civili. Nonmi sono sbagliato. Poco do-po il cannone comincia atuonare. Colpisce casa Ber-gamini, nelle cui vicinanzec'era un alloggiamento te-desco».

Poi cosa è successo?«Subentra un periodo

di calma. Nel pomeriggio,intorno alle 15.30, alcunicarri armati anglo-america-ni, attestati sul ponte Faròin via Budrie, cominciano

un intenso mitragliamento.Sparano verso una trinceasituata a poche centinaia dimetri, dove resistono deisoldati tedeschi. Poi l'epi-sodio si esaurisce, i tedeschisi ritirano».

È a questo punto che daSan Giovanni esce il porta-tore della bandiera bianca?

«Sì. Sono ormai le18.30 e ad un tratto vedolontano una bandiera bian-ca che sventola sul pontedella Braglia. La regge unuomo che avanza a piedi es'incammina per via Casta-

Nella foto sopra: AdelioBastia in divisa dapompiere.Sotto: Arduino Scagliarini(primo in basso a destra)con un gruppo di artiglieri.

gnolo, verso casa mia. En-tra nella prima casa che tro-va e si fa prestare una bici-cletta. Poi comincia a peda-lare, sempre tenendo alta labandiera, e agitandola vi-stosamente. Quando è or-mai a duecento metri da ca-sa mia, vedo dall'altra partedue americani a cavallo,con cappelli a larghe falde,che avanzano attraverso icampi verso la stessa viaCastagnolo».

Come è avvenuto lostorico incontro?

«Si sono incontrati apochi metri da casa mia.Ho potuto vedere e sentireperfettamente. L'uòmo conla bandiera bianca era ilconcittadino Adelfo Bastia.La bicicletta era del tuttopriva di copertoni e lui fa-ceva una gran fatica».

Si sono scambiati delledichiarazioni al momentodell'incontro?

«Sì. Per primi hannoparlato gli americani. Han-no detto: "Paisà, cosa c'èdi nuovo?" Al che Bastiarispose: "A Persiceto nonc'è più nessuno", riferen-dosi ovviamente ai tedeschie ai fascisti che erano fuggi-ti verso nord. Io intanto miero avvicinato. Ho anchetoccato i cavalli. A un certopunto ho visto un soldatotedesco isolato, a circa cen-tocinquanta metri, che si ri-tirava lungo i campi conuna pistola in pugno. Lo se-gnalo ai due americani. Lo-ro, tranquilli, mi fanno:"Paisà, lascia che vada."Poi i due soldati a cavallo sisono diretti verso Persice-to. Li precedeva Adelfo Ba-stia con la bicicletta senzacopertoni. Portava a spallala bandiera bianca, ma sen-za agitarla più».

m.g.

Drammatico sabato notteamericani presi per tedeschi

Un conflitto a fuoco con una squadra partigiana sotto il portico del municipio.Poi l'equivoco è stato chiarito e l'episodio si è concluso

fra risate e abbracci

È la sera del 21 aprile,sabato, quando fanno il loroingresso a Persiceto i primiamericani. Sono due ufficialia cavallo e provengono daporta Vittoria, con la pistolain pugno come nel Far West.Il paese è deserto. La gentesta chiusa in casa, finestre eporte sprangate. Le luci sonospente. I due prendono lastrada che va verso l'ospedalee proseguono oltre.

Sotto il portico del palaz-zo comunale, un gruppo diundici partigiani presidia unacittà vuota e buia. Sono ar-mati di bombe a mano, dis-sotterrate qualche giorno pri-ma vicino ad una latrina del-la stazione. Il gruppo sa chel'arrivo degli alleati è ormai

prossimo: due dì loro sonoandati in avanscoperta pro-prio il giorno prima, in dire-zione dì Bologna, per scrutar-ne l'avanzata. Sono il parti-giano Franco Cocchi, dician-novenne, ufficialmente occu-pato alla Todt e la partigianaMaria Suozzi, una ragazza dì24 anni. E nella cantina delCocchi, sotto l'abitazione divia Giambattista Gornia,che si sono tenuti freneticiincontri fra partigiani per de-cidere come accogliere letruppe americane. Ed è anco-ra Franco Cocchi a raccon-tarci cos'è successo la nottedì sabato.

«Dopo il passaggio deidue ufficiali, sembrava chequella notte non dovesse

accadere più nulla. Ma anotte fonda abbiamo intra-visto l'ombra di una truppache si avvicinava: venivanoverso la piazza da porta disopra ed era troppo buioper distinguere se si tratta-va o no di nemici. Stavamoriparati dietro le colonnedel portico del Comune equando sono stati vicini hointimato: "Chi va là?"

Nessuna risposta. Ripe-to l'intimazione. Dall'altraparte ancora silenzio. Allo-ra decido di lanciare unabomba nella loro direzionema l'ordigno si inceppa enon esplode.

Mentre ero incerto seripetere o no il lancio, quel-li intuiscono che stanno per

essere attaccati e si ripara-no sotto il portico dellacontrada maestra. Da die-tro le colonne, incomincia-mo a spararci addosso. Cisiamo visti intrappolati epensavamo, ormai, di averfallito l'azione. Che fare?Avremmo potuto fuggireretrocedendo verso la far-macia Soldà, ma ci sarem-mo scoperti divenendo cosìdei facili bersagli. Infilarcinella loggia del palazzo co-munale e fuggire dalla piaz-za sul dietro? Una rapidaocchiata ci fece perdereogni speranza: la porta erairrimediabilmente chiusa einfilare quella loggia era co-me metterci in trappola conle nostre mani.

Un carro armato alleato in Piazza del popolo (foto Fantozzi). Nella foto piccola: il partigiano Franco Cocchi.

Brevi e concitate con-sultazioni furono bisbiglia-te fra una colonna e l'altradel porticato che ci riparavae, alla fine, decidemmo diretrocedere pian piano ver-so la loggia del Comune. Cisiamo nascosti nel cortileinterno e alcuni di noi lun-go la scala del palazzo.Scrutavo di tanto in tantonel buio, oltre lo spigolo delmuro, in attesa che succe-desse qualcosa.

Silenzio. L'attesa si fa-ceva ogni minuto più ango-sciosa. Sapevamo quantofosse precaria la nostra po-sizione, ma potevamo sol-tanto aspettare.

Gli occhi si erano ormaiabituati a scrutare nel buioquando vidi spuntare un el-metto dall'angolo del log-gione, verso la piazza.

D'improvviso ricordaidi avere già visto un elmet-to con quella forma. Sì, loavevo visto proprio in capoagli americani, quando erostato a cercarli a Bologna,con Maria. Allora, sapendoche le truppe americane cichiamavano "paisà", mimetto a gridare: "Ehi!...Ehi!... Noi Paisà!... Noi...Paisà!"

Dall'altra parte del mu-ro sentiamo rispondere:"Paisà?... Oh... yes... Pai-sà!" E scoppia una fragoro-sa risata!

Tanto basta perché cor-riamo tutti fuori ad incon-trare gli americani. Nel

mo, ci raccontiamo alla me-glio che li avevamo scam-biati per tedeschi e che loroci avevano scambiati per fa-scisti.

E invece, eccoli qui gliamericani a Persiceto!»

Teresa Calzati

Page 2: Gli anglo-americani a Persiceto Libera anche Decima dopo aspra … · 2013. 9. 3. · gnolo, verso casa mia. En-tra nella prima casa che tro-va e si fa prestare una bici-cletta. Poi

PAGINA 2 l'arrivo degli alleati MARTEDÌ 24 APRILE 1945

Al comandante14° Corpo Pompieri

Vigili del FuocoBologna

Da parte del locale Ospe-dale Civile mi è stata inviatala relazione che si rimette perconoscenza nella quale si se-gnala il comportamento in-trepido ed altruistico tenutodai due Pompieri fratelli Pip-po e Adelfo Bastia nei giorniantecedenti e di occupazionedi questa Città da parte delleTruppe Alleate.

Poiché ì due pompierihanno compiuto gesta corag-giose ed encomiabili mercé lequali questa Città potè essererisparmiata da ulteriori e piùgravi devastazioni e rovine,sento il dovere di segnalarequanto sopra per un 'eventua-le ricompensa ai predettiPompieri.

Il SindacoGiuseppe Calzati

AmministrazioneOspedali RiunitiOspedale Civile diSan Giovanni in Persicelo,li 25 aprile 1945

Rapporto sull'attività svol-ta dai fratelli Pippo e Adel-fo Bastia durante il giorno

21 corrente.

I due fratelli suddetti sisono presentati come per igiorni precedenti volonta-riamente al trasporto deinumerosi feriti e per tuttoil giorno sotto il continuocannoneggiamento e bom-bardamento aereo; le zonecolpite ove furono inviatisono state il Piazzale Gari-baldi, la Piazza del Merca-to, Porta Garibaldi, zonaindustria tessile, Palazzina.

Alle ore 17 di dettogiorno, su mio consiglioPippo venne mandato sullatorre del Campanile per os-servare la posizione degliAlleati ed eventualmenteper avvertirli con segnala-zioni della resa del Paese.Gli Americani vennero av-visati da Pippo nella locali-tà Santa Margherita a due

Segnalazione del sindaco Calzati

Un riconoscimentoper Adelfo Bastia

II primario dell'ospedalemette in rilievo come il gesto del Bastia

abbia salvato Persiceto da luttipiù

chilometri sud da Persice-to. Il suo ritorno all'Ospe-dale non fu possibile perl'immediata sparatoria del-l'artiglieria Americana cheapriva il fuoco acceleratosull'abitato, specialmentesul Centro e sull'Ospedale(ore 18 circa).

Tale cannoneggiamentoprovocava numerosi feritipiù o meno gravi che ven-nero subito trasportati daidue fratelli all'Ospedale.Dopo poco intervenne unapausa del fuoco che facevaprevedere l'entrata imme-diata degli Americani inPaese. Alle ore 19-19.30 ilcannone riprendeva a spa-rare più rabbiosamente sulPaese e ciò faceva supporreche durante la notte il Pae-se sarebbe stato completa-mente distrutto. Allora pre-si la decisione, assieme aglialtri Colleghi dell'Ospedaledi inviare a piedi i due fra-telli con una bandiera bian-ca; prima Adelfo venne in-viato per Via Castagnolo epoi l'altro per Via Budrieall'incontro degli Alleati

li di

Adelfo (a sinistra) e Pippo Bastia. Al centro il dottor Infante,primario dell'ospedale di San Giovanni in Persiceto.

sca con circa quattro mitra-gliatrici, si è ritirato dallaVia Budrie e dirigendosi asud, verso la Via Castagno-lo si è unito al fratello Adel-fo.

Gli Americani intantoche avevano osservato ilmovimento dei due pom-pieri e le due bandiere bian-che, lanciavano dei razziverdi che facevano cessareimmediatamente il fuocodell'artiglieria.

I primi due soldatiAmericani a cavallo, segui-vano Adelfo che correvaavanti velocemente con laloro bisaccia per essere ilprimo ad avvertire l'Ospe-dale. Ciò avvenne alle ore

20.30 circa quando i duesoldati Americani a cavallosi erano uniti ai vari Parti-giani che erano disseminatinel Paese e vicinanze.

Adelfo Bastia con il sot-toscritto erano nella PiazzaPrincipale con un gran len-zuolo bianco per indirizza-re la via agli Americani. Ilgrosso delle truppe arrivavaalle ore 21.30 e gli Ufficialisi presentavano subito al-l'Ospedale. Faccio notareche per il giorno 21 corr.,che io giudico il giorno cru-ciale per il Paese, il sotto-scritto ha visto in serviziosolamente i due Bastia.

p. il Primario ChirurgoF.to Dott. Infante

Sulla prima jeep ameri-cana che domenica mattinaè entrata a San Giovanni,c'era anche un nostro con-cittadino. Si chiama GinoStracciari, ha 28 anni e ri-siede in via Poggio 10, dovefa il contadino. E stato lui aguidare l'avanguardia allea-ta per le cavedagne essendointerrotta la persicetana peril crollo del ponte Mucci-nello.

Signor Stracciari, ci rac-conti com'è andata.

Bisogna risalire a sabato21 aprile, giorno prima del-la liberazione. Nel pome-riggio, poco dopo le 14, ap-pare nel cielo una "cico-gna", vale a dire un piccoloricognitore alleato. Noi sta-vamo con la testa all'insù aguardare questo velivoloche andava avanti e indie-tro nel cielo di San Giaco-mo Martignone.

Dove eravate e chic'era?

Eravamo non lontanoda casa mia, davanti al rifu-gio, una galleria sotterraneache noi della zona ci siamocostruiti per ripararci daibombardamenti. Si era inuna ventina, c'erano anchealcuni sfollati di Bologna.

Poi che cosa è succes-so?

La "cicogna" se ne va.Poco dopo, fra il grano e ifilari, a circa 400 metri didistanza, appare una pattu-glia di soldati che avanzanolenti e circospetti. Non sicapisce se siano tedeschi oalleati. Quando sono un po'più vicini, uno di noi - uncapitano dell'esercito rifu-giato qui dopo l'8 settem-bre - riconosce gli elmetti:sono americani. Appendia-mo fazzoletti e stracci bian-chi in cima a bastoni e an-diamo verso di loro.

Come è stato l'incon-

Abbastanza drammati-co all'inizio. La pattuglia,proprio in quel momento,era impegnata in uno scam-bio di colpi con un carro ar-mato tedesco. Ci hanno or-dinato di tornare nel rifu-

All'alba di domenica 22

A Porta Vittoriala prima jeep americana

La testimonianza di Gino Stracciariche ha fatto da guida al primo automezzo alleato giunto

in città. Un percorso per sentieri di campagna essendointerrotta la persicetana

gio. E proprio mentre era-vamo nel nostro sotterra-neo è passato, non lontanoda noi, il carro tedesco inse-guito dai mortai degli allea-ti. Dopo questo episodio,l'incontro è stato moltoamichevole. Siamo andati acasa mia e abbiamo bevutovino. Al momento di andar-sene, il loro comandante miha detto: "Lei ci deve ac-compagnare a San Giovan-ni. Veniamo a prenderladomattina alle 6."

Com'è andata?

Arrivano puntualissimila mattina dopo, domenica22 aprile. Sono in quattrocon una jeep. Prendo postosul cofano. Un americanomi sta seduto a fianco. Altridue sono ai posti di guida.Il quarto è seduto dietro.Percorriamo via Poggio,poi prendiamo via Viaggia.Usciamo al Tiro al bersaglioe ci immettiamo nella persi-cetana al di qua del pontecrollato. Poi via Bologna.Non si vede anima viva.Presso il bivio, alla Palazzi-

na, due o tre tedeschi giac-ciono ai margini della stra-da. Imbocchiamo la circon-vallazione fino a Porta Vit-toria. Il viaggio finisce qui.Mi riportano a casa. Intan-to, il grosso delle forze al-leate si accinge a raggiunge-re Persiceto.

Ha (atto lo stesso per-corso?

No. In poche ore hannoriparato il ponte e sono ve-nuti diritti per la persiceta-na. Al Poggio piazzano del-le artiglierie che sparano

verso Decima sui tedeschiin fuga. Nella notte di do-menica, a liberazione avve-nuta, due aerei tedeschi vo-lano minacciosamente suPersiceto. Si spingono finoal Poggio. Ho visto con imiei occhi: quando sonopassati davanti alla luna -era una notte chiarissima -le batterie alleate hannoaperto il fuoco. Un aereo,colpito in pieno, è precipi-tato a cento metri da casamia.

Un episodio singolaresarebbe avvenuto il giornodella liberazione nei pressidi Amola, secondo quantoha riferito alla redazione ilquindicenne Antonino Mo-risi, studente all'IstitutoAldini-Valeriani di Bolo-

«Per evitare i cannoneg-giamenti di questi ultimigiorni - racconta il Morisi-la mia famiglia è riparataall'Amola, in via Trombet-ta, quasi ai confini con lavalle. Qui, presso la casa diAlessandro Martini, sonoospitate alcune decine dipersone, fra parenti, amicie sfollati. Si alloggia nel fie-nile, nella stalla e ovunquesi possa stare al coperto.

Il giorno della liberazio-ne, all'apparire dei carri ar-mati alleati, e è una grandeesultanza. Saltano fuori dalnulla anche alcuni partigia-ni che evidentemente eranonascosti sotto i ponti deifossi o in altri anfratti inac-cessibili.

Ci si appresta ad andareincontro agli alleati. Eccoallora che i partigiani scuo-tono una pila di fieno fa-cendone uscire miracolosa-mente una camionettawolkswagen anfibia, pienadi bombe e tirata a lucido.

Anch'io sono riuscito aintruffolarmi su quella fan-tastica vettura che, straca-rica di passeggeri, parte intesta a un corteo festanteverso gli americani. Allaguida c'è un partigiano va-loroso che porta una vistosapistola infilata nella cintu-ra.

Poco dopo avviene l'in-contro con un distaccamen-to alleato. Abbracci ed en-tusiasmo alle stelle. Ad uncerto punto, un maggioreamericano, seduto su unajeep con accanto l'autista,nota la pistola del partigia-no. Quest'ultimo, richie-stone, gliela mostra. Il mag-giore la prende e l'osservacon viva ammirazione. Poidi colpo da ordine al suo au-tista di partire. E la jeepsparisce in fretta fra i cam-pi con la magnifica pistola,senza lasciare il tempo aipartigiani di organizzare uninseguimento».

Misterioso episodiopresso Amola

Partigianoderubatodi pistola

Autore del gestoè un maggiore americano.

Ipotesi: forse si trattadi un collezionista di pistole

A destra il giovane Antonino Morisi.

I tedeschivolevano

farsaltare

ilMulinone

/ tedeschi si apprestavanoa far saltare il Mulinone. Mail pronto intervento dì unasquadra partigiana ha impe-dito la realizzazione del cri-minoso proposito. Ce ne hariferito il patriota Lìbero Si-moni, 23 anni, fabbro, diSan Giovanni in Persiceto.

Ecco come sono andati ifatti: «La mattina di sabato21 - racconta Simoni - siviene a sapere che i tede-schi, prima di ritirarsi,stanno minando lo stabili-mento. L'informazione laporta Alfredo Martinelliche abita di fronte al Muli-none.

Ci raduniamo allora incinque o sei partigiani.Prendiamo le armi dai na-scondigli della mia cantinae di quella di Franco Cocchi(abitiamo porta a porta) erapidamente accorriamo alMulinone. Si apre una spa-ratoria con i tedeschi. Que-sti, dopo alcuni minuti difuoco, si ritirano senza avermesso in atto il loro propo-sito».

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MARTEDÌ 24 APRILE 1945 ultimi bombardamenti PAGINA 3

Ad una settimana daltragico bombardamento a-mericano alla Braglia, sia-mo in grado di raccontare ifatti attraverso la testimo-nianza diretta del giovanePietro Molinari, diciottoanni, macellaio, residentenella zona colpita.

«Erano le 15.30 di mer-coledì 8 aprile - raccontaMolinari - e stavo passandosotto porta Vittoria, direttoverso la piazza dì San Gio-vanni.Ho visto arrivare quattro ae-rei americani sulla Braglia esganciare due bombe ciascu-no. Gli apparecchi sono ri-partiti in direzione di Bolo-gna. Poi, dopo due o tre mi-nuti, hanno virato e sonoscesi in picchiata un'altravolta. Hanno mitragliato atappeto per una ventina diminuti in tutte le direzioni,poi sono scomparsi. Dispera-to, sono subito corso versocasa mia: abito proprio lì, invia Castagnolo 15, nella casadel Podestà. Dalla strada hovisto la mia stalla, dove mìopadre ospitava una famigliasfollata di Borgo San Loren-zo, andare a fuoco. Ho co-minciato a darmi da fare perspegnere l'incendio; intantosono arrivati i pompieri.Hanno messo le pompe sottoal mulino di Sassatelli, men-tre io portavo in salvo le po-che cose dì valore che aveva-mo nascosto fra due muri: labicicletta, la biancheria dìcasa.

Il bombardamento avevaprovocato tre, forse quattrovittime; il mitragliamentomolti danni alle case. Moltagente correva a vedere: que-sta è stata la prima volta chehanno bombardato il nostropaese e nessuno se l'aspetta-va. Sono venuti per darci unamano, qualcuno solo per cu-riosità. C'era gente dapper-tutto che aiutava come pote-va. In mezzo a tanta confu-sione, un quarto d'ora dopo(erano le 16.15) è avvenuto ilsecondo bombardamento,più violento del primo. Il ru-more delle pompe dell'acqua

gunnuo Ii abbiamo sentiti ar-rivare, erano già sopra di noi.Non c'è stato tempo perscappare.Mia madre sembrava impaz-zita: correva per i campi die-tro casa e imprecava. L'horincorsa per portarla al ripa-ro. Ci siamo buttati in unfosso. Mio cugino Medardo èstato colpito da una scheggiaall'intestino; lo abbiamoportato all'ospedale sul car-retto della carne ma, purtrop-po, non c'è stato niente dafare.

A una settimana dal bombardamento

II mercoledì nerodella Braglia

Due attacchi aerei nel giro di mezz'ora.La seconda incursione s'abbatte sulla folla che s'era radunata

per portare soccorso. Oltre trenta le vittime

Quando tutto è finito, la sce-na che si presentava davantiai miei occhi era straziante:case d'istrutte, polvere, urla,disperazione. I morti sarannostati almeno una trentina e adecine i feriti, molti fra lagente venuta per portarci aiu-to.Non è stato facile prestaresoccorso; la strada era impra-ticabile per i crateri e i cu-muli di terra provocati dallebombe. Gli automezzi deipompieri, anch'essi colpiti,erano dì traverso sulla via.L'ambulanza non potevapassare.

Le vìttime erano tutte civili:vecchi, donne, bambini. Inmezzo alla polvere e ai detri-ti si sentivano i lamenti deiferiti. La strada, la casa era-no distrutte. Verso le 17 lagente ha cominciato dì nuo-vo ad arrivare per darci unamano. Abbiamo portato viacome potevamo ì feriti, poi imorti. Quando abbiamo fi-nito era già buio da un pez-zo. Sono rimasto in piedi tut-ta la notte, stordito, pieno didolore. Proprio non capiscoil senso di questo bombarda-mento: che motivo c'era?»

Questa la testimonian-za di Pietro Molinari, ma-cellaio. Le operazioni disoccorso sono continuate fi-no a tarda sera, assai oltrelo scattare del coprifuoco.La gente ha scavato fra lemacerie. Nella notte i su-perstiti sono stati ospitatida parenti e amici.All'ospedale locale si è fat-to tutto il possibile per farfronte all'emergenza coimezzi a disposizione. Il pri-mario del reparto, prof.Pietro Frassineti, i dottoriVecchi, Gherardi, Ferraret-ti e tutto il personale sani-tario si sono prodigati conmirabile impegno ed i feritihanno potuto ricevere lecure necessarie.

Non conosceremo forsemai i motivi dell'incursioneaerea americana attorno al-la quale si avanzano varieipotesi. Si voleva forse col-pire il contingente dell'e-sercito (alpini) che stazio-nava ai bagni pubblici dellaBraglia? Oppure obiettivodell'azione era il comandotedesco che stazionava alla"Cà dal fourc"?

Nessuno può dire qualesia stato il motivo. Resta,come diceva il giovane Pie-tro Molinari, l'apparenteinutilità di questa azione,delle vittime e della distru-zione che ha provocato.

Un'immagine parziale dei tragici bombardamenti dei giorni scorsi. La fotografia è diCesare Fantozzi che - talvolta anche in condizione di rischio - ha saputo riprendereun'eccezionale documentazione di queste giornate.

È sabato 21 aprile1945. All'ospedale del SS.Salvatore si sta vivendoun'altra situazione critica.A soli tre giorni dalla trage-dia della Braglia, i canno-neggiamenti odierni hannoprovocato altri lutti e altrerovine. I barellieri ripren-dono fiato dopo una giorna-ta di allarme e di corse fre-netiche. Ora tocca a medicie infermieri prodigarsi oltreogni limite per salvare il sal-vabile.

In corsia la tensione el'angoscia sono quasi palpa-bili. Carpiamo una dichia-razione al dottor GiuseppeFerraretti: "Siamo allostremo. Manca tutto, persi-no l'anestetico. E come seciò non bastasse, gli ultimibombardamenti hannomesso fuori uso l'impiantoelettrico." Il tempo di direqueste parole, e il sanitariosparisce in camera operato-ria, dove si lavora su corpimartoriati con la sola pana-cea dell'etere e soltanto neicasi gravissimi.

Le cannonate piovuteoggi su San Giovanni han-no ormai un nome, un luo-go, una tragedia: lo stabile

Mazzini, centrato da un po-tente ordigno sparato dallazona Tivoli-Castagnolo.Un'intera ala dell'edificio siè come sbriciolata. Fra i po-chi superstiti ci sono due

Fernanda Ravasini, sorelle,una di 20 e l'altra di 22 an-ni.

Le raggiungiamo in unacameretta dell'ospedale.Hanno ferite per tutto ilcorpo, soprattutto alle gam-be. Ma se la caveranno. Ec-co il loro racconto:

"Erano le 14 quandosono cominciati i cannoneg-giamenti. Tutti noi inquili-ni dello stabile ci siamo riu-niti in una stanza del pian-terreno, che ritenevamopiù sicura. Eravamo in tre-dici là dentro. Ascoltavamoil sibilo dei proiettili e dice-vamo: anche questo è pas-sato. Per farci coraggio.

mani una coroncina e dice-va il rosario. All'improvvi-so c'è stato uno scoppio ter-

un crollo di macerie. Poiuna puzza di zolfo da farscoppiare i polmoni. I vesti-ti bruciati e strappati. E poiil senso delle ferite allegambe. Siamo strisciate frale macerie in mezzo ai mise-ri resti dei nostri vicini. Fi-nalmente siamo uscite all'a-perto. Dopo un po' sono ar-rivati i barellieri."

I cannoneggiamenti di sabato

In tredicisotto le macerieUn edificio in via Pancerasi colpito da una

granata. Il drammatico salvataggiodelle sorelle Ravasini. Nove vittime

Fernanda e Renata Ravasini fotografate in piazza a Persiceto con il piccolo Pier Giorgio.E una foto di qualche mese fa, quando il dramma di sabato scorso era lontano eimprevedibile. Ora le due ragazze e il bambino sono ricoverati all'ospedale SS. Salvatore.

ti: Augusto Savioli di 37 Cotti (71 anni), Alessandroanni e il nipotino Pier Gior- Cotti (50 anni), Silvio Sa-

violi (35 anni), Rosina Ra-sini (34 anni), Armando

Come sono state vissuteall'ospedale SS. Salvatorequeste ultime drammatichegiornate? Ernesto Guidet-ti, 40 anni, infermiere allostabilimento ospedaliero diSan Giovanni dal 1929, èbuon testimone.

Sono stati giorni di ten-sione e di paura. I feriti delbombardamento alla Bra-glia hanno saturato tutte lesale disponibili. Pareva diessere in un ospedale dacampo. In molti casi il per-sonale sanitario è rimastosul posto di lavoro ancheper 24 ore di seguito.

Com'è composto il per-sonale che s'è trovato ad af-frontare questa emergen-za?

Erano in servizio: 3 me-dici in chirurgia (Infante,Ferraretti e Cesare Frassi-neti) e 3 medici in medicina(Vecchi, Lodini e Monari).E poi 20 infermieri e 18suore. Queste ultime hannoanche l'incombenza di cuci-na, lavanderia e guardaro-ba. Il personale è già scarsoin situazioni normali, nellequali si prevedono una me-dia di 120 ammalati e turnilavorativi di 12 ore. Neigiorni scorsi siamo andativicino al collasso, con oltre200 degenti.

Come stiamo a scorte dimedicinali?

Non è rimasto pratica-mente niente. Esaurito ildisinfettante e le medicinepiù comuni. Non si può piùfare una puntura antiteta-nica. Sulle ferite si operanormalmente senza aneste-tico. Solo nei casi gravissi-mi si usa l'etere.

I tedeschi controllavanol'ospedale?

A dura prova per gli eventi delle scorse giornate

L'ospedale SS. Salvatore vicino al collassoL'organico, già esiguo in situazioni normali, s'è trovato ad affrontare

l'emergenza dei bombardamenti. Sale e corridoi saturati oltre ogni limite.Quasi esaurite le scorte di medicinali. L'eccezionale impegno dei medici

e del personale

Venivano molto spesso.Tenevano sotto controllo imalati. Una volta hannoportato via un partigianoferito. Ma è successo ancheil caso inverso di un parti-giano ferito e piantonatodai fascisti che è stato libe-rato dai suoi compagni. Nelreparto medicina era rico-verato un ebreo che avevabottega di biancheria a Bo-logna in via D'Azeglio. I te-deschi sono venuti due otre volte per prelevarlo. Mai medici con qualche scusasono sempre riusciti a trat-tenerlo in ospedale. Non sisono salvate però le merci,che lui aveva nascosto in unmagazzino presso l'ospeda-le. I tedeschi sono venuticon un camion per portar-gliele via. E lui, da una fi-nestra dell'ospedale, ha as-sistito al saccheggio dellasua roba.

E i partigiani si sonomai fatti vivi all'ospedale?

Certo che venivano. Acurarsi le ferite. O a na-scondersi con finte malat-tie. Ma venivano anche ifascisti. Una volta hannopiantonato un partigianotre giorni e tre notti: appe-na in grado di stare in pie-di, l'hanno portato via.

E durante i bombarda-

ospedale?La maggioranza del per-

sonale rimaneva al posto dilavoro nonostante il ri-schio. Si portavano a brac-cia gli ammalati al pianoterra. La cucina ha semprefunzionato garantendo 1 pa-sti ai malati, al personale, aicongiunti e ai rifugiati.

Una recente immagine dell'ospedale civile di San Giovanni in Persiceto. L'infermiere Emesto Guidetti. M

Tragico destino

Scampatoal crollodi via

Pancerasimuore sottocornicione

Un tragico e beffardodestino ha ucciso ArmandoFiorini, 43 anni, di SanGiovanni in Persiceto.

Coinvolto nel crollodella casa in via Pancerasi,in seguito a un colpo di can-none, ne scampava miraco-losamente, sia pure ferito.

I barellieri l'hanno de-posto in lettiga e poi si sonoavviati a piedi verso l'ospe-dale del SS. Salvatore, do-ve l'avrebbe atteso unaprognosi di qualche giorno.

Ma, giunto in via Ram-belli, un grosso proiettilecadeva sul tetto di una casaprovocando la caduta dipietre e tegole. Colpito alvolto da pesanti macigni, ilFiorini giungeva in gravissi-me condizioni all'ospedale.Dove è spirato ieri dopoun'agonia di due giorni.

Persiceto ha ilsuo quotidiano.

Abbonarsiconviene

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PAGINA prima e dopo la liberazione MARTEDÌ 24 APRILE 1945

Le prime ore dì libertà

Tremila in piazzaMa l'atmosfera era indefinibile...

La testimonianza di Arduino Serra. Sabatol'incontro con gli alleati nella campagna. Il raduno partigiano

di domenica. Una vera e propria armena nel cortiledel municipio. L'arresto di un repubblichino

Sabato 21 aprile è la vi-gilia della liberazione. PerSan Giovanni si tratta diuna giornata densa di fattied episodi che si accendonocome fuochi nel perimetrourbano e nella campagnacircostante. Il territorio co-munale è zona di guerracontesa fra tedeschi e allea-ti.

Ci aiuta ad illuminarequalche tratto delle intrica-te vicende di queste ore Ar-duino Serra, 28 anni, mec-canico, partigiano, residen-te in via delle Forche 22.

All'alba - racconta - misono allontanato dal centroabitato di San Giovanni.L'artiglieria alleata sparavasui tedeschi in fuga e le gra-nate solcavano pericolosa-mente il cielo di San Gio-vanni. Ce ne siamo andatiin molti quella mattina, èstato un piccolo esodo ver-so la campagna.

Lei dove si è rifugiato?Ho trovato ospitalità in

una casa colonica presso viaPoggio, a circa 400 metridal Tiro al bersaglio. Erava-mo in una ventina rifugiatilì. C'era anche un tedesco,solo. Aveva manifestatol'intenzione di darsi prigio-niero. Aveva gettato il fuci-le. Stava rannicchiato in unangolo della stalla, spauri-to.

Cos'è successo durantela giornata?

Poco dopo mezzogiornoappare in avanscoperta unapattuglia americana. Avan-zavano a piedi lungo unacavedagna, erano circa uncentinaio, in prevalenza ne-ri, armatissimi. C'era ancheuna jeep. Io ho ritenuto op-portuno andare loro incon-tro, anche per evitare chesparassero contro la casanel sospetto che vi si anni-dassero tedeschi o cecchini.Con uno straccio bianco incima a un bastone, mi sonoincamminato verso la pat-tuglia alleata.

Che cosa vi siete detti?Mi hanno chiesto se

c'erano dei reparti tedeschiin zona, cosa che ho negatoanche se si udivano, nonlontani, dei colpi di fucile-ria. Mi hanno anche do-mandato se c'era una cave-dagna per raggiungere viadelle Forche. Alla mia ri-sposta un po' contorta,hanno tirato fuori una cartadettagliatissima - erano se-gnati persino i fossi - tro-vando cosi una soluzionepiù chiara per il loro quesi-to. Poi si sono fermati bre-vemente presso la nostracasa colonica.

E il tedesco che era nel-la stalla?

Dopo avergli appioppa-to due calci nel sedere, glihanno detto di andare infondo alla colonna dovequalcuno si sarebbe preso

cura di lui; o dove, più sem-plicemente, c'erano altriprigionieri. Dal mio puntodi osservazione, altro di no-tevole non è successo nellagiornata di sabato.

Passiamo al giorno do-po, che è domenica 22.

La mattina seguente so-no tornato in paese. Era giàstato liberato. In piazzac'erano non meno di millepersone, la sera forse anchetremila.

Che atmosfera c'era inpiazza?

Un'atmosfera difficileda definire. C'era la gioiaindefinibile per la fine diun incubo. Ma anche il do-lore per i compagni caduti,l'angoscia per i prigionieriportati via dai nazifascisti.E poi lo stupore di vedersitutti insieme, conoscersicome partigiani da parte diuomini e gruppi che aveva-no operato senza sapere gliuni degli altri. Ci si diceval'uno all'altro: "Anche tu!Anche tu!" Armando Mar-zocchi, ridendo, mi fa: "Sì,anch'io! I pali del telefonoa via Forcelli che tu la mat-tina trovavi segati, cosacredevi? che fossero stati ipartigiani della monta-gna?" E tutta questa gioiae questo dolore mentre sul-le nostre teste sibilavano icolpi di cannone verso i te-deschi in fuga."

Chi ha assunto il co-

mando in piazza?Un partigiano che chia-

mano il Giallo per via di unvestito leggero - di coloregiallo - che porta sempreaddosso. Ad un certo puntoha riunito tutti noi partigia-ni. Occorreva rastrellare ifascisti che avevano avutoresponsabilità politiche nel-la Repubblica di Salò. Io eun altro partigiano siamoincaricati di prelevare unnoto repubblichino checoabitava con la famigliaBenfenati in via Forcelli.Partiamo in bicicletta la do-menica stessa per assolverequesto compito.

Armati, naturalmente...Le armi le siamo andati

a prendere nel cortile delmunicipio. Ce n'era ungran mucchio, una catastaalta più di tre metri: fucili,mitragliatori, bombe a ma-no, nastri di munizioni. Ro-ba da ridurre il municipioin briciole. Quest'incredi-bile armeria la gestiva unmaresciallo dei carabinieriin borghese, un piccolettoche s'era fatto amico deipartigiani. Si andava lì co-me in un negozio. "Cosa tiserve?", chiedeva il mare-sciallo. E da quel ginepraiodi bombarde lui tirava fuorivelocissimo l'arma richie-

Com'è andata col re-pubblichino?

Siamo arrivati a casa

Le foto.Sotto: San Giovanni, 22aprile 1945.Sopra, a destra: SanGiovanni, scorcio delcentro storico dopo i recentibombardamenti.Sopra, a sinistra: ArduinoSerra {secondo da sinistra)fotografato a Tripoli nel1937.

Loris Maggi e UlisseForni sono due giovani per-sicetani appena tornati acasa. Li troviamo in piazzaa San Giovanni stanchi efelici, dopo un avventurosoviaggio notturno per la por-rettana sconvolta dai crate-ri delle bombe. Insieme aloro ha viaggiato FortunatoCasarini, che ora starà assa-porando la gioia del rientroin famiglia dopo tanti mesidi lontananza.

La loro storia è prestodetta. Maggi e Casarini,partigiani sull'Appennino,all'inizio di aprile si trova-no a Pracchia, in provinciadi Pistoia. Forni invece èsergente maggiore in un re-parto italiano aggregato allaV Armata del generaleClark e attestato sul frontedell'Alta Valle del Reno. Itre amici si incontranospesso e argomento d'obbli-go è come fare per tornare a

«Tenetevi pronti, frapoco ci muoviamo», dicevaUlisse Forni, il quale, es-sendo conduttore di jeep,poteva disporre di un eccel-lente mezzo di trasporto. Ilgran giorno arriva il 22aprile.

«Mi chiama il mio co-mandante - racconta Forni-e mi dice: "Stanotte devipartire con la 3a compagniae accompagnarla a ZolaPredosa. Bologna è stata li-berata stamattina. Mi rag-giungerai con la jeep fra unpaio di giorni a San Bene-detto Po". Allora, in frettae furia, cerco Maggi e Casa-rini. Do loro le istruzioni:passerò da Pracchia a mez-zanotte; la colonna sarà for-mata da sette-otto camion eda tre-quattro jeep; io saròsulla jeep di testa, solo; ac-celererò un po' in modo chenessuno vi veda; voi salte-rete su e vi nasconderetesotto il telo. Va tutto apuntino e così comincia ilviaggio verso casa».

«E stato un viaggio ter-ribile», interviene LorisMaggi. «Io e Casarini sta-vamo avvinghiati alla jeepper evitare che i salti conti-nui ci sbalzassero fuori. Laporrettana era impercorri-

II ritorno a casadi tre combattenti persicetani

Un avventuroso viaggio notturnoper la porrettana dissestata dalle bombe. Momenti di gioia

in piazza a Persiceto. Le dolorose ambascerìedi Loris Maggi

bile per quasi tutto il suotracciato. E per giunta sidoveva procedere a farispenti. La jeep faceva mira-coli salendo e scendendoper sentieri scoscesi e pienidi buche. Spesso c'era an-che l'ostacolo di residuatibellici di ogni genere. Ognitanto scendevamo sul lettodel fiume a cercare le pistelasciate sul greto da carriarmati e camion. Si passavadalla sponda destra allasponda sinistra sfruttando,quando era possibile, i bre-vi tratti della statale ancorapercorribili».

Maggi s'interrompe per

abbracciare qualche amicoche gli si è fatto incontro.Una piccola folla di cono-scenti e curiosi si è intantoraccolta per ascoltare lanarrazione dei due reduci.Poniamo un'altra doman-da: che impressione ha fat-to la macchina bellica ame-ricana a voi che avete avutola possibilità di vederla da

«Io per vari mesi - ri-prende Forni - ho fatto laguerra in un reparto aggre-gato all'esercito alleato. Laloro organizzazione è inim-maginabile. Per ogni uomoche sta in prima linea, ce ne

sono dietro altri quindiciche assicurano ogni generedi rifornimento. È persinopazzesco che si sia potutoconcepire di fare la guerracontro una simile potenza».

«Anche in questo viag-gio notturno - intervieneMaggi - ho potuto osserva-re che cosa significhi la re-trovia di un'avanzata mili-tare potente come quella al-leata. A distanza di pochichilometri l'uno dall'altro,ho visto immensi depositidi materiale: barili di benzi-na accatastati a centinaia,casse di munizioni a non fi-nire, vere e proprie monta-

A destra: Loris Maggi eFortunato Casarinifotografati a Praccbia pochigiorni prima del ritomo acasa.A sinistra: foto da tesserinomilitare di Ulisse Forni.A fianco: il partigianoGiorgio Rusticelli, cadutosull'Appennino modenese il26 luglio 1944.

gne di viveri. Il fronte erapassato da appena 48 ore,ma l'organizzazione, l'ab-bondanza e la potenzadell'esercito alleato eranopiù che evidenti».

Concludiamo la conver-sazione con un argomentoche ci riporta all'aspettotragico e luttuoso dellaguerra. Maggi, sappiamo,ha dovuto compiere alcunepenose ambascerie...

«Purtroppo - egli ri-sponde - fra tanta felicitàper la fine di un incubo, c'èla triste realtà di chi non ètornato; oppure è tornato enon ha trovato i suoi fami-

gliari. Ho dovuto avvertirela famiglia Rusticelli, resi-dente in via Permuta, che illoro figlio Giorgio, parti-giano, è caduto in combat-timento. Non sapevo conquali parole cominciare.Sotto il portico di via Romaincontro casualmente la so-rella Erama che conoscomolto bene in quanto purelei, come me, è impiegata inComune, ali ufficio anno-nario...»

Che cosa vi siete detti?«Dopo i saluti e qualche

frase di circostanza, dallamia espressione tornata se-ria Emina ha capito che

qualcosa dovevo dire. Miha chiesto di suo fratelloGiorgio. Con tristezza leho raccontato della suamorte eroica. Lei, piangen-do, mi ha pregato di seguir-la verso casa. La madre civede e immagina tutto. Si èaccasciata su una sedia, sin-ghiozzando».

E poi c'è un altro peno-so episodio...

Sì, stavo parlando conun gruppo di amici - ripren-de Maggi - in mezzo allastrada, davanti alla farma-cia Soldà. Ad un tratto sen-to chiamare forte: "Gigi,Gigi!" È questo il nome

con il quale sono conosciu-to fra i partigiani dellamontagna. Guardo versoPorta Garibaldi e vedo arri-vare quasi di corsa AlbertoCandiano, un caro amicopersicetano di origine ferra-rese, che mi salutava tuttofelice di rivedermi. Infattiabbiamo vissuto, insiemecon Casarini e GiordanoBrighetti, diversi mesi dilotta partigiana, fino aquando, nel dicembre1944, lui s'è arruolato nelnuovo esercito italiano checombatteva sul fronte dellaRomagna. Ben ricordo chedurante la vita partigiana in

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MARTEDÌ 24 APRILE 1945 partigiani & partigiane PAGINA

Ritratto di una staffetta partigiana: Maria Suozzi

"Donne, non vendeteviper un paio di calze"

Vivere con il rischio a ventiquattro anni. Uova e bombe a mano. Un giorno di sangue sulMincio.Sabato 21, una notte allucinante. Lo scontro con una pattuglia americana

;. cambiata per tedesca. "Siamo liberi!"Quei tre poveri guerrieri tedeschi catturati all'osteria

Mi chiamo Maria Suoz-zi e ho ventiquattro anni.Abito in via Montirone, ilnumero non c'è. Braccian-te. Staffetta partigiana. Alrischio ho fatto l'abitudine.Ero io che di notte attacca-vo volantini alle colonnedei portici con su scritto:"Donne, non vendetevi perun paio di calze!"

La paura non mi ha maifatto tremare le gambe.Magari mi veniva dopo, lapaura: a ripensarci. Unavolta andavo in bicicletta aZenerigolo con una sportapiena di bombe a mano.Ero diretta alla casa di unpartigiano detto Fug, cioèFuoco. Mi fermano i tede-schi. "Dove andare, signo-rina?" A cercare uova, fac-cio io. Miracolosamente miprendono in parola e nonguardano nella sporta.

Un'altra volta mi fer-mano sul ponte Mangelli.Avevo un biglietto con unordine per una base parti-giana situata presso Amola.Stavolta mi rivoltano lasporta sopra e sotto. Manon trovano nulla. Il bi-glietto ce l'avevo dentro ilcampanello della bici.

Un ricordo terribile miè rimasto di quel giorno che

siamo andate a Peschiera,sempre in bici, io e un'ami-ca che aveva là il maritoprigioniero dei tedeschi.Volevamo portargli qualco-sa da mangiare e un po' diconforto. Viaggio vano.Quando, dopo aver pedala-to molte ore, arriviamo là echiediamo di Attilio Sini-questo è il nome del prigio-niero - ci sentiamo rispon-dere che è stato trasferitodalle parti di Milano.

Sulla via del ritorno,presso il ponte sul Mincio,incrociamo una lunga co-lonna tedesca in marcia ver-so nord con centinaia diprigionieri italiani, rastrel-lati chissà dove. Proprio inquel momento arriva unasquadriglia di bombardieriamericani. C'è un fuggìfuggi. Io mi getto in un fos-so. Sento le bombe vicinis-sime, la terra smossa.

Quando mi rialzo, èuna scena da apocalisse.Automezzi che bruciano,crateri e detriti dappertut-to. Uomini pieni di sangue,feriti che implorano aiuto.E poi quei poveri corpi, ac-catastati a decine sopra uncamion. Li ho ancora da-vanti agli occhi.

Ma anche questi ultimigiorni di dominazione tede-sca non sono stati dei piùfacili. Venerdì mattina.'erail 20 aprile, ci troviamo inuna dozzina di partigianialla base di via Giambatti-sta Gornia, presso l'ospeda-le. Bisogna avvertire i com-pagni di tutte le basi sparsenella campagna di tenersipronti per l'insurrezione.Partiamo io e un altro parti-giano. Ma appena fuori dalnascondiglio, una cannona-ta si abbatte poco lontanoda noi, sul teatro Pulega. Ilmio compagno resta scosso,rinuncia all'azione.

Allora viene con meFranco Cocchi. In biciclet-ta raggiungiamo Castagno-lo e poi Tivoli. Ma in viaBergnana siamo catturatidai tedeschi. A spintoni cicacciano nella stalla di casaLandi, mentre nel cortiledella cascina c'è un granmovimento di soldati e au-tomezzi. All'improvviso,un'incursione aerea. Ap-profittando della confusio-ne, Franco riesce a fuggire.I tedeschi sul momento nonse ne accorgono. Tentoanch'io. Esco all'aperto.

piena d'acqua. Ma è troppolarga, vi precipito dentro.Mi rialzo bagnata fradicia eincomincio a correre. I te-deschi mi vedono e mi spa-rano addosso. La scampoancora una volta.

Poco dopo arrivo a casamia. Prendo un po' di vive-ri e torno a San Giovanniper portare da mangiare aipartigiani della base di viaGornia. Quando sentono itre colpi di riconoscimento,aprono la porta e mi saltanoaddosso dalla gioia. Franco,che aveva udito i colpi difucile destinati alla sotto-scritta, ha appena detto cheper Maria è andata male...

Il giorno dopo, sabato21 aprile, vigilia della libe-razione, è giorno di movi-menti frenetici, di attesa edi ansia. Gli americani sonoormai alle porte di Persice-to. La sera, nel buio del co-prifuoco, con la gente fug-gita o rintanata in casa,l'atmosfera e gli eventi so-no addirittura allucinanti.Per le vie tenebrose di SanGiovanni s'aggirano tede-schi, americani e partigiani:gli uni ignari degli altri.

Il nostro gruppo siscontra con una pattugliaalleata sotto il portico delmunicipio. Noi li scambia-mo per tedeschi e loro ciprendono per fascisti. Nenasce un conflitto a fuoco

i

guenze, per fortuna - quan-do ci si rende contodell'equivoco. E la gioiascoppia irrefrenabile, comenella vita ti può succedereuna volta o due soltanto.

Io, come pazza, correvonel buio e urlavo alle portee alle finestre sprangate:"Siamo liberi, siamoliberi!" Così correndo e gi-rovagando capito in via Fa-rini, all'osteria, stranamen-te aperta a quell'ora. Guar-do dentro e vedo tre soldatitedeschi seduti a un tavolo,sfiniti, assenti. Entro,prendo un fucile appoggia-to al muro e grido: "In alto

Così ho preso i miei pri-mi e ultimi prigionieri. Ilgiorno dopo, domenica 22aprile, li ho condotti in viadel Ghiaccio dove c'era ilconcentramento dei tede-schi catturati. È stato an-che l'ultimo atto della mia

in alto: Maria Suozzi con due partigiani e un soldato americano in. via Pio IX il giorno della liberazione.Sopra: carri armati nel centro di Persiceto (foto Fantozzi).

Su un platanodue tedeschi morti

Su un platano del vialedella circonvallazione da-vanti al ristorante "Giardi-netto", i corpi di due solda-ti tedeschi sono stati vistipenzolare nella giornata disabato 21 aprile, giornoprecedente la liberazione.Altri tedeschi giacevano aterra. Ce ne ha riferito

Gaetano Raimondi, ferro-viere, 24 anni, residente invia Betlemme.

Secondo l'ipotesi delRaimondi, una granata spa-rata dagli alleati ha colpitola piccola pattuglia germa-nica, proiettando sul plata-no i corpi dei due soldati.

È mortol'ortolano

Amedeo Bongiovanni,di 46 anni, ortolano del ca-nonico Don Manete Tome-sani, è morto l'altro giornocolpito da una scheggia digranata.

Per pochi attimi non èriuscito a mettersi in salvonel rifugio antischegge chelui stesso aveva costruito.

Monelli sparanouna cannonataII colpo è caduto nelle campagne

di Calderara di Reno senza conseguenze

II cannone tedesco abbandonalo all'inìzio di via Bologna.

Alcuni ragazzini terribi-li, con un gesto sconsidera-to, fanno temere la ripresadella guerra. E successo ierimattina davanti alla palaz-zina Vecchi e all'annessaofficina, dove da qualche trovato di meglio che tirar-giorno è "parcheggiato" un la. Il cannone era carico edcannone tedesco di grosso è partito un potente proiet-

tile che ha sfiorato un ango-lo della palazzina - uno spi-golo è risultato "mangiato"- e poi è andato a cadere auna distanza di vari chilo-metri, nelle campagne diCalderara di Reno. Per for-tuna senza conseguenze.

Gravemente feritoil partigiano Aldo Fiorini,

un'odissea raggiungere il "RizzoliLo scontro con una pattuglia tedesca è avvenuto

nella campagna persicetana. Colpito dauna pallottola esplosiva

II partigiano Aldo Fiori-ni è stato ferito in combatti-mento sabato 21 aprile. Si èreso necessario il ricoveroall'ospedale Rizzoli di Bolo-gna, dove l'abbiamo raggiun-to ottenendo la dichiarazioneche segue.

«Mi trovavo nelle cam-pagne tra Tivoli e Amolacon Oliviero Azzani e miasorella Silvana. Verso le ore15 vedemmo spuntare at-traverso i campi, le primecolonne americane. Final-mente! Quant'era stata lun-ga quell'attesa!

Non restammo inattivi.Pensammo ai compagni pri-gionieri dei fascisti e il no-stro impulso fu quello diportare loro aiuto. Infor-cammo le biciclette e ci di-rigemmo verso Persiceto.

Eravamo in via Cassola,in fondo alla quale, al cro-cevia, esiste un casolare. Diqui, sbucò sulla strada unapattuglia di tedeschi che ciintimò coi mitra in pugnodi fermarci. Noi eravamoarmati di vecchie pistolecon poche cartucce. Il mo-mento era tragico. Se ciavessero fermati e perquisi-ti, per noi, sarebbe stata lamorte certa. Ci consultam-mo, più con gli occhi checon le parole. Invertimmola marcia e cercammo dispingere a più non posso suipedali delle biciclette. Aquesto punto i tedeschiaprirono su di noi un fuocoinfernale. Un proiettile

spezzò il manubrio dellamia bicicletta. A mia sorellavolò via una ciocca di capel-li.

Ad un tratto sentii co-me una mazzata alla coscia

inerte penzoloni. Guardai:mi avevano colpito con unapallottola esplosiva. Unfiotto di sangue usciva da

una grande ferita che si eraaperta a metà coscia. iMonsentii subito male. Mi la-sciai cadere nel fossatoadiacente alla strada.

Intanto i tedeschi, forseper paura di essere statisentiti e scoperti dagli ame-ricani, che ormai si trovava-no a poche centinaia di me-tri, avevano cessato il fuo-

In un primo tempo, te-metti di morire dissangua-to; con un fazzoletto mi le-gai strettamente la cosciavicino all'inguine, cercandoin tal modo di frenare l'e-morragia.

Gli amici mi vennero insoccorso. Dalla casa vicina(famiglia Casari) presero uncarrettino e con quello mitrasportarono nella lorostalla, sul tetto della qualesventolava già la bandierabianca.

Passai la notte steso suuna brandina con doloritremendi e perdendo moltosangue.

Finalmente il mattinosuccessivo, con la barelladella Croce Rossa, mi tra-sportarono all'ospedale diPersiceto. Qui la diagnosidei medici fu perentoria:bisognava portarmi subitoal Rizzoli di Bologna; di-versamente, avrebbero do-vuto amputarmi l'arto!

Chi e con che mezzo miavrebbero portato a Bolo-gna? I mezzi di trasportoerano irreperibili.

Soltanto il giorno dopoi compagni riuscirono a tro-vare un camioncino sul qua-le, steso sopra un materas-so, tra sofferenze atroci,raggiungemmo Bologna do-po un viaggio terribile chedurò quasi l'intera giornataper l'impraticabilità dellastrada».

// partigiano A Ido Fiorini in una recente immagine.

Ansiaper la sorte

di "Brunello' 'Nessuna traccia

del capo partigianoincarcerato a S. Giovanni in Monte

Adelfo Maccaferri "Brunello".

Nessuna traccia diAdelfo Maccaferri ("Bru-nello"), vicecomandentedella 63a brigata Garibaldi"Bolero". Arrestato nelloscorso marzo, è stato dap-prima imprigionato nel car-cere di San Giovanni in

Persiceto. Quindi, dopo untentativo fallito per farloevadere, è stato tradotto alcarcere di San Giovanni inMonte, a Bologna.

Si dispera ormai di po-ter ritrovare in vita questovaloroso combattente.

Ai lettoriLa redazione si scusa antici- Si accettino come attenuan-patamente con i lettori del- ti le condizioni veramentela Gazzetta di Persicelo per i disagevoli in cui le esiguemolti refusi che costelleran- maestranze di questo gior-no questo primo numero. naie hanno potuto lavorare.

Page 6: Gli anglo-americani a Persiceto Libera anche Decima dopo aspra … · 2013. 9. 3. · gnolo, verso casa mia. En-tra nella prima casa che tro-va e si fa prestare una bici-cletta. Poi

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matrimoniCELEBRATI A SAN GIOVANNI IN PERSICETO

DAL 15.4.1945 AL 22.4.1945

1) Ziosi Alfonso con Morisi Vanda il 19.4.19452) Bonasoni Bruno con Capponcelli Bruna il 21.4.1945 (a

Decima)3) Biondi Vincenzo con Tabarroni Edda il 21.4.1945 (aDecima)4) Martinelli Elio con Goretti Gianna il 21.4.1945 (a Deci-ma)5) Calzati Mauro con Capponcelli Clara il 22.4.1945

natiA SAN GIOVANNI IN PERSICETO

DAL 15.4.1945 AL 22.4.1945

1) Forni Giuliano 16.4.19452) Scacchetti Valter 16.4.19453) Ranzolin Maria Anna 17.4.19454) Finelli Marisa 19.4.19455) Maccaferri Ferdinando 20.4.19456) Pallotti Germana 20.4.19457) Lodi Dina 21.4.1945 (Decima)

morti

A SAN GIOVANNI IN PERSICETODAL 15.4.1945 AL 22.4.1945

1) Campagnoli Acate Arnaldo di anni 382) Franchini Bernardo di anni 413) Ceccarelli Emilio di anni 774) Vecchi Adelina di anni 735) Serra Medardo di anni 226) Moscardini Tonino di anni 377) Stefani Maria Stella di anni 578) Olivieri Augusta di anni 369) Baiesi Leonildo di anni 57

10) Calzati Costanza di anni 5111) Forni Alessandro di anni 2212) Finotti Nevolio di anni 1913) Forni Giuseppe di anni 6114) Forni Oreste di anni 5915) Olivieri Nello di anni 3016) Serra Iole Bruna di anni 1617) Serra Antonio Giuseppe di anni 7018) Manganelli Teodolinda di anni 6519) Scagliarini Bruno di anni 2220) Monari Terzo di anni 3121) Rovatti Luigi di anni 3322) Giovannini Nerina di anni 2723) Serra Vincenzo di anni 3024) Greci Clara di anni 825) Greci Maria di anni 626) Mati Assunta di anni 8227) Gigli Maddalena di anni 7228) Zanieri Adriano di anni 429) Zanieri Ugo di anni 930) Olivieri Rosa di anni 3431) Piazza Maria di anni 1732) Galletti Gualtiero di anni 3533) Morisi Gaetano di anni 5134) Calzati Ettore di anni 5235) Calzati Luciana di anni 1936) Nobili Ebe di anni 1637) Nobili Assirto di anni 2138) Camporese Italo di anni 1939) Tosarelli Anna Maria di anni 2540) Calzolari Adele di anni 8041) Bongiovanni Amedeo di anni 4642) Fraternali Eugenio di anni 7443) Roncarati Sara di anni 2344) Vanelli Guerrino di anni 4245) Sacenti Marianna di anni 4746) Vecchi Giorgio di anni 2447) Bettini Ernesto di anni 1948) Lodi Cornelia di anni 3749) Ravasini Rosina di anni 3450) Savioli Silvio di anni 3551) Cotti Clelia di anni 7152) Ramponi Claudia di anni 6253) Leonangeli Leonetto di anni 2754) Guidotti Arrigo di anni 2355) Magoni Aldino di anni 2356) Serra Alessandro di anni 7657) Pulluli Maria di anni 4258) Pullini Ardea di anni 2059) Candiano Marco di anni 160) Monti Clementina di anni 7361) Barezzi Dario di anni 2662) Ludergnani Giuseppe di anni 3963) Cotti Alessandro di anni 5064) Fava Maria Luisa di anni 21 (a Decima)65) Fava Gabriele di anni 6 (a Decima)66) Fava Anselmo di anni 51 (a Decima)67) Benatti Angiolina di anni 47 (a Decima)68) Piccinini Anselmo di anni 51 (a Decima)69) Bonasoni Gino di anni 18 (a Decima)70) Cotti Armida di anni 22 (a Decima)71) Mirandola Tomaso di anni 79 (a Decima)72) Bussolari Vincenzo di anni 71 (a Decima)73) Borghesani Antonio di anni 73 (a Decima)74) Cocchi Cesare di anni 48 (a Decima)75) Vanelli Ivo di anni 3776) Risi Mario di anni 2477) Bencivenni Bruno di anni 2478) Casari Valter di anni 2279) Gubellini Arduino di anni 3980) Zimmermann Josef di anni 39

15.4.194516.4.194517.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194518.4.194519.4.194519.4.194519.4.194519.4.194519.4.194520.4.194520.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194521.4.194522.4.194522.4.194522.4.194522.4.194522.4.194522.4.194522.4.194522.4.194522.4.194522.4.194522.4.194522.4.194522.4.194522.4.1945

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MARTEDÌ 24 APRILE 1945 l'ultima infamia PAGINA 7

Mi chiamo Emma Casa-ri e ho 23 anni. Sono conta-dina. Anzi, mezzadra: che èil grado più basso fra coloroche lavorano la terra. Sto aTivoli con i miei, in viaCazzola 14. A questa guer-ra di liberazione ho dato unpiccolo contributo comestaffetta. Ma tutti in casamia abbiamo fatto qualco-sa. Abbiamo anche pagato.A mio fratello Walter è toc-cato il prezzo più alto. Èfra i morti di Cavezzo, as-sassinato nel modo più vilee feroce. Aveva 22 anni.

Due mesi fa, febbraio1945, quasi tutta la mia fa-miglia è stata arrestata.Hanno preso Walter, miofratello Wolmer di 14 anni,mio padre, mio zio e duecugini. Siamo rimaste io,mia madre, mia sorella e lanonna. Hanno razziato lemucche, le galline e tutti glianimali da cortile. Ma pote-va andare anche peggio:nella notte, poco prima chearrivassero i tedeschi, io emio padre avevamo nasco-sto una sporta piena di pro-paganda per la libertà e trerivoltelle. E così, dopo unadetenzione di due settima-ne, fra interrogatori e mal-trattamenti, i miei congiun-ti sono stati liberati.

Ma è solo una pausa. Lasituazione precipita pochigiorni prima della liberazio-ne. C'è una spiata, fra il loe il 18 aprile vengono arre-stati dai repubblichini Bru-no Bencivenni, Amieto Az-zani, Ernesto Bettini, Ma-rio Risi, Ivo Vanelli e miofratello Walter.

Sono detenuti nellescuole di Lorenzatico. Ioaccorro e fortunosamenteriesco a scambiare con Wal-ter qualche parola. Ma nonlo vedo. Mi giunge la suavoce da un finestrino delsotterraneo. Mi dice: "Sta'vicino alla mamma e al pa-pa. Abbi cura di loro."

A sentire queste parole,il pensiero mi corre istinti-vamente all'altro mio fra-

Una testimonianza di Emma Casari

Questi giorni di euforìa e di dolorementre i tedeschi fuggonocon sette uomini in catene

Gioia per la liberazione e angoscia per il fratello Walter e gli altri prigionieri.La corsa delle donne in municipio a cercare qualche brandello

di tricolore. La notizia dell'eccidio, in piazza. Una famigliaduramente provata dalla guerra e dalla lotta per la libertà

tello, Lelio, morto a 22 an-ni sul fronte greco, il primogiorno di combattimento.

Gli eventi ormai volanorapidissimi. In questi ultimigiorni, in queste ultime ore,la grande vicenda della libe-razione corre al suo vitto-rioso epilogo. E anche lepiccole personali vicendedei combattenti - che poisono uomini e donne in car-ne ed ossa - s'affrettanoverso lo scioglimento degliultimi nodi.

Sabato 21 si respira ariadi libertà, anche se il can-none tuona senza tregua. Acasa mia un lenzuolo biancosventola in cima alla stalla.La mattina presto prendo labici e mi dirigo verso Persi-ceto. Viene con me FiorinaAzzani. A metà strada, ve-diamo innanzi a noi duecarri armati seguiti da sol-dati a piedi. Sulle prime liprendiamo per inglesi. Masono tedeschi. Ci intimanol'alt. Noi abbozziamo unafuga. Loro sparano. Ci fer-

La scena successiva haper sfondo una casa coloni-ca dove il reparto tedescofa tappa per alcune ore. Lasituazione è confusa, al li-mite del collasso. Molti sol-dati sono ubriachi. Unagranata sparata dagli alleati

colpisce la stalla uccidendoalcune bestie. Nel pomerig-gio una pattuglia di parti-giani venuti da San Gio-vanni ingaggia una sparato-ria. Poco dopo i tedeschi siritirano. Io e la mia amicarestiamo libere.

La notte fra sabato e

sa, con mio padre e mia ma-dre. E la vigilia della libera-zione: ormai si sa, si sentenell'aria. Siamo liberi, sia-mo quasi liberi. Ma sonoore di ansia spasmodica perla sorte di mio fratello e de-gli altri prigionieri. Nellanotte vengono a confortarcitutti quelli della Crocetta.

Noi non abbiamo mai lesi-nato latte o uova.

La domenica mattinavado in bici a Persiceto. Ec-cola la libertà, finalmente.In piazza ci sono gli ameri-cani. Incontro le altre staf-fette partigiane. Siamo li-beri! Corriamo in munici-pio. Pare nostro. Nessun

impiegato Troviamo unsimbolo littorio e lo faccia-mo a pezzi. E poi, freneti-camente, a cercare negli ar-madi, nei cassetti, dapper-tutto. È il tricolore che sivuole. E, trovata finalmen-te una bandiera, tutte astrappare lembi per farnebracciali. Poi di nuovo giù,

in piazza, con ì nostri ves-silli.

Ma mentre fai festa,senti sempre il tarlo dell'an-goscia che ti opprime: dovesono i partigiani prigionie-ri? Si apprende che i fasci-sti, prima della fuga, li han-no consegnati ai tedeschi.E che al gruppo dei persice-

tani si sono aggiunti duepartigiani di San Giorgio diPiano: Luigi Catalucci eAdelio Cacciari.

Che fare? A bordo diun furgoncino, prendiamola strada per Crevalcore.Siamo io, Primo Gandolfi,Silvana Fiorini, OlivieroAzzani. Ogni tanto ci fer-miamo e chiediamo ai con-tadini: "Avete visto unatradotta tedesca con deiprigionieri?" "Sì, versonord", è la risposta. E pro-cediamo. Ma a Caselle è at-testato il fronte. Impossibi-le andare avanti. Incontria-mo Amieto Azzani, uno deiprigionieri, sano e salvo."Dov'è Walter?", gli chie-do. E lui: "Forse è scappa-to, forse s'è salvato." Te-mo che mi si nasconda la

La verità l'imparo ilgiorno dopo, in piazza aSan Giovanni, in questapiazza di gioia e di dolore.L'imparo quasi casualmen-te da un partigiano che for-se non era stato messosull'avviso: "Sei venuta alfunerale di quelli di Cavez-zo?"

Ecco mio padre. Ci ab-bracciamo. Intorno si fa fe-sta: siamo liberi!

Che cosa dirò a mia ma-dre?

Emma Casari

Nella foto sopra: EmmaCasari.Nella foto al centro:partigiani di San Giovanniin Persicelo fotografati aBologna in occasione ài unasfilata alla presenza delgenerale Clark. Da sinistra:Vittorio Vini, AnnaPederzoli, VittorioVeronesi, Tonino Lacchi.

Ultimoallarme

La sera di domenica 22aprile, a liberazione avve-nuta, due aerei tedeschi so-

Giovanni in Persiceto. Ilfatto, inatteso, ha provoca-to un vivo allarme nella po-polazione che si è precipita-ta nei rifugi. Molti cittadinihanno trovato riparo sottoil Teatro Comunale.

La contraerea alleata èentrata in azione in localitàPoggio abbattendo uno deidue velivoli. L'aereo super-stite ha lasciato il cielo diSan Giovanni.

Non si segnalano dannialle persone o alle cose.

A sinistra: tedeschi e fascisti si apprestano a fuggire da San Giovanni in Versicelo. È il 20 aprile. Il giondopo, all'alba, un gruppo di SS parte da Persiceto con i prigionieri. Al centro: la casa del fasciotrasformata in presidio tedesco. Nella foto sotto: la casa del fascio danneggiata da un grappolo di bombe

Amieto Azzani ("Char-lie") è l'unico sopravvìssutodell'eccidio di Cavezzo. Gra-zie al suo racconto, siamo ingrado di ricostruire le ultimeore dei partigiani assassinatidai nazisti.

Alle 6.30 del 21 aprile1945, un gruppo di civili le-gati a coppia per le maniscortati da sei SS escono daPersiceto ed imboccano lastrada per Crevalcore. So-no Vanelli, Casari, Benci-venni, Azzani, Risi, Bettinie due partigiani della 2a

Brigata Garibaldi «Paolo»,anch'essi prigionieri a Per-siceto, Luigi Catalucci di29 anni e Adelio Cacciari di28, ambedue di S. Giorgiodi Piano. Completa il grup-po dei prigionieri un uomosulla quarantina, fascista diCastelfranco Emilia, che laBrigata nera ha consegnatonelle mani dei kamaradennon si sa per quale reato.Le strade del paese rigurgi-tano di tedeschi in fuga.

La piccola colonna pro-cede a passo spedito. Per-ché il trasferimento? Senon hanno formato il ploto-ne di esecuzione prima del-la partenza forse è possibilela salvezza. Chissà, in untrambusto, durante un mi-

"Charlie" racconta l'eccidio di Cavezzo

Scene di caccia, uomini come lepriA Cavezzo l'ultima infamia

La tragica morte di Walter Casari, Bruno Bencivenni, Luigi Catalucci, Mario RisiErnesto Bettini, Adelio Cacciari. Trascinati dalle SS in fuga, una marcia

• dì oltre trenta chilometri, mentre gli alleati incalzano

tragliamento aereo oppurenella confusione della riti-rata. Ognuno formula pen-sieri ma non si parla. Il fa-scista, il cui braccio è legatoa quello di Charlie, potreb-be riferire. A proposito,perché è qui con noi? Perfare la spia? Forse no, per-ché è visibilmente abbattu-to. Ad ogni modo è megliomantenere le precauzionisolite: non parlare.

Ovunque i segni delladisfatta. La Crevalcorese èintasata: camions trainatiin fila di quattro-cinque permancanza di carburante,soldati in bicicletta o a ca-vallo di asini, muli, muc-

che, a grappoli si tengonosu barrocci e carri da conta-dino. Non solo la strada èpiena, ma anche nei campisi vedono attraverso le fo-glie di un verde ancor tene-ro degli alberi soldati e sol-dati in fuga. Hanno losguardo torvo, da ubriachi.Sulle spalle attraversate danastri di proiettili portano,bilanciate, mitraglie o pan-zerfaust, i pugni corazzatianticarro.

È ormai il tardo pome-riggio quando il gruppo ar-riva al ponte sul Panaro diCamposanto. Dalla scortasi levano feroci imprecazio-ni, hanno visto all'inizio

della rampa i due autocarridella compagnia - partiti daPersiceto un'ora prima - infiamme con viveri e muni-zioni. Il grosso delle SS èdall'altra parte del fiume.La marcia piega ora verso lastatale del Brennero, lungoi dieci chilometri del boscoCarrobbio. All'uscita dallaboscaglia un altro paio dichilometri verso il Po. Sonocalate frattanto le tenebre:La notte è punteggiata diincendi, di vampate d'arti-glieria a levante, di bengalae di raffiche traccianti dellacontraerea. Bivio di Cavez-zo: la piccola colonna im-bocca la strada e un'ora do-

po è nel paese. Più di trentachilometri sono stati per-corsi a piedi senza toccarecibo e acqua. È mezzanottepassata. I prigionieri ven-gono cacciati in una cameradell'appartamento di un fa-scista locale. C'è chi crolladi schianto e si addormentain un sonno pesante e chinon riesce a chiudere oc-chio.

È il 22 aprile 1945, do-menica. Sono le 6.30. I pri-gionieri vengono fatti scen-dere nella piazza dorata dalsole. Slegati, in fila india-na, sempre senza che nessu-no dei tedeschi rivolga unaparola, che dia una spiega-

zione, i sette partigiani ed ilfascista sono indirizzati

te verso la statale del Bren-nero. Due chilometri distrada poi alt. A sinistra,ora, nell'aia di quella casa.«Chiudete finestre e porte,presto» gridano ai contadi-ni. I prigionieri sono am-mucchiati sotto il porti-chetto a due arcate del for-no, guardati a vista da dueSS, quello di destra con lamachine-pistole, l'altro colfucile Mauser.

Ancora un paio di ore.Si pensa a tutto: alla fami-glia, agli episodi della vita,alla guerra, alla pace che sta

per cominciare. E ì due gio-vani lì davanti con le armipuntate. Ma cosa voglionofare? Perché non piantanotutto e corrono verso Osti-glia fin che sono in tempo?Sono le 11.30. Dalla stradascendono tre o quattro te-deschi e prelevano il fasci-sta. Ora gli chiederanno dinoi e lo lasceranno andare.Ma l'uomo ha gli occhi dila-tati dalla paura e nell'attra-versare il prato urla: «Nonuccidetemi, non uccidete-mi». Appena è sulla stradauna raffica gli taglia laschiena. Ecco la fine, pen-sano i partigiani. Non si di-ca però che non è stato ten-

tato tutto. Adelio Cacciariscatta all'improvviso e silancia a destra, verso i cam-pi che stanno dietro al for-no, il tedesco non muoveun piede, preme solo il gril-letto della pistola mitraglia-trice e punta nuovamentel'arma contro i prigionieri.Ernesto Bettini sussurra aCharlie: «Io scappo, vieni?»e fulmineamente guizza, asinistra tra il forno e la ca-sa, anch'egli verso i campidietro. Il tedesco dal fucileMauser mira e spara un col-po. Ora o mai più si diceCharlie e mentre il nazistaricarica parte a razzo. Supe-ra Ernesto che giace a ter-ra, cinquanta metri piùavanti, colpito ad una gam-ba ma vivo. «Corri, corri,scappa» grida al compagno.Charlie si butta lungo un fi-lare di alberi e corre a zigzag. Non vede più niente,corre soltanto; il Mauser loinsegue con colpi fitti, sen-za coglierlo. Corre per trechilometri almeno, verso lasalvezza. I tedeschi oraconcludono la strage. Erne-sto Bettini viene finito conun colpo ad una tempia; glialtri, due per volta (comeracconteranno poi ì conta-dini) vengono portati sulla

strada e lasciati come liberi,con l'ordine di scendere neicampi che stanno dall'altraparte ed andare verso Mo-dena. E sparano loro allespalle, a tutti. Alle ore 21arrivano gli alleati.

Remigio Barbieri

Infcrmeriapartigiana

in via Gornia

La base partigiana di viaGiambattista Gornia 22 haavuto talvolta anche la fun-zione di infermeria per icombattenti feriti. In ciò èstata agevolata dalla vici-nanza dell'ospedale SS.Salvatore e dai sentimentiantifascisti del personalemedico.

Secondo quanto ci hadichiarato il patriota LiberoSimoni, il dottor Vecchi,accompagnato da una suo-ra, veniva spesso al rifugiodi via Gornia a curare i par-tigiani ammalati o feriti.

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PAGINA 8 la liberazione di Decima MARTEDÌ 24 APRILE 1945

Una pianura larga ed estesa, dove i due eserciti si fronteggiano perchilometri e chilometri. Trincee tedesche e attività aerea deglianglo-americani, mentre i partigiani sono tutt'altro che inattivi

Nella foto grande: un carro armato leggero alleato.L'immagine è stata ripresa da Cesare Fan tozzi-Sopra: una recente panoramica di San Matteo dellaDecima.Qui a lato: un ritratto fotografico di Libero Poluzzi,giovane partigiano ed estensore di questa cronaca.

Giorno per giorno il passaggio del fronte

Le cinque giornate di DecimaUno stillicidio di bombardamenti in vari punti del territorio. I tedeschi fanno razzia del bestiame,i partigiani intervengono per recuperare le mandrie. Le SS allestiscono fortini e trincee per resistereall'offensiva alleata. Intensa attività delle artiglierie. All'alba del 23 aprile tutto il territorio è liberato

Mercoledì18 aprile

Mi sono svegliato moltopresto. Gli aerei sfreccianoa bassa quota. Le esplosionidelle bombe sono semprepiù frequenti, e le vibrazio-ni della casa in cui mi tro-vo, fra l'altro molto vecchiae malandata, mi fanno deci-dere di abbandonarla moltoin fretta.

Stanno bombardando ilponte in legno posto sul Re-no, in località Bagnetto, giàin parte colpito da altre in-cursioni aeree nei giorniscorsi, ma ora di nuovo agi-bile.

Hanno sganciato unpaio di bombe anche neipressi della Via Calcina,ove stava transitando uncarioggio militare trainatoda cavalli.

Anche la stazione diCrevalcore è sottoposta abombardamento; gli aereivengono a riprendere quotasopra la nostra località, perrigettarsi sull'obiettivo inpicchiata.

Io non dormo più nellamia casa da quando ho as-sunto incarichi speciali nelmovimento partigiano.

Ma nella giornata di og-gi anche i miei genitori han-no ritenuto opportuno ab-bandonare la casa, pensan-do che fra i possibili obiet-tivi dei numerosi aerei,venga scelto anche il "pon-te Pasqualino" sulla stradaprovinciale per Cento,presso il quale la nostra fa-miglia da lungo tempo risie-de.

Questo intensificarsidelle incursioni aeree allea-te, su tutto il nostro territo-rio, sembra debba prean-

vo.Oggi, verso sera, sono

stato invitato assieme ad al-tri partigiani dal nostro co-mandante ad effettuareazioni di disturbo verso letruppe tedesche, le qualistanno concentrando neipressi del confine con Re-nazzo numerosi capi di be-stiame razziati, per trasfe-rirli oltre il Po.

L'operazione si presen-

ta molto difficile, ancheperché i militari hanno co-stretto molti contadini, sot-to la minaccia delle armi,ad accompagnare il bestia-me.

Concordiamo con i con-tadini il comportamento daadottarsi durante il trasferi-mento del bestiame.

Predisponiamo l'attac-co alla colonna al calare del-la notte, allo scopo di di-sperdere la mandria, e nellostesso tempo dar modo aicontadini di eclissarsi.

L'operazione si svolgeregolarmente, ma nel corsodi essa, un ricognitore lan-cia un bengala, ed osservatala nutrita razzia, lancia unospezzone e comincia a mi-tragliare.

Non colpisce nessun uo-mo, ma massacra molto be-stiame.

Giovedì19 aprile

Le incursioni aeree so-no sempre più frequenti;non è più possibile transita-re per le strade con qualchemezzo che non sia una bici-cletta, senza correre il ri-schio di venire colpiti dallemitraglie degli aerei alleati.

In serata abbiamo avu-to una riunione di tutti gliappartenenti alla compa-gnia partigiana operantenel territorio di Decima.

Siamo stati informatidal comandante del repartoche la liberazione di Bolo-gna è imminente, forse èsoltanto un'attesa di pocheore.

Tutti abbiamo ricevutocompiti, tesi ad impedire aitedeschi di razziare le vet-tovaglie dei contadini: par-che il poco bestiame bovinorimasto; ciò in previsionedella imminente ritirata deitedeschi verso Nord.

Venerdì20 aprile

La giornata si presentacaratterizzata da un nume-

ro ancora maggiore di aereiin larga parte caccia-bom-bardieri.

Sporadici sono gli inter-venti; le strade sono deser-te. I tedeschi si muovonosolo di notte.

Lungo la via Sparadellahanno mitragliato un bar-rocciaio, colpendo il caval-lo.

Alcuni aerei hanno con-tinuato a mitragliare i restidei carri ferroviari, da tem-po già immobilizzati sullalinea ferroviaria della So-cietà Veneta Decima-Cre-valcore.

Durante la notte la stra-da provinciale per Cento eFerrara è ininterrottamentepercorsa da colonne di te-deschi che si ritirano.

Gli aerei da ricognizio-ne notturna sorvolano inin-terrottamente la strada,con frequenti lanci di ben-gala, che provocano l'im-mediato abbandono deicarri da parte dei militaritedeschi.

Durante la giornata imiei genitori hanno trasfe-rito qualche piccolo valoredi famiglia, e le poche scor-te alimentari, nonché alcu-ni pezzi di tessuto, pressoun luogo di amici, più di-scosto dalla strada provin-ciale.

Non dormo che pocheore, sempre in posti diversi.

Sabato21 aprile

Solo in serata riceviamola notizia che le truppe al-leate sono entrate in Bolo-gna, già in mano alle briga-te partigiane.

Abbiamo creato un for-tino presso la Casetta detta"Pellacani" munito di unmortaio e due mitragliatricipesanti oltre che di altre ar-mi, compresi alcuni bazoo-ka anticarro, al fine di im-pedire alle truppe tedeschedi abbandonare la stradaprovinciale e di costituirein quella zona punti di resi-stenza.

Oggi, nel pomeriggio,vi sono stati alcuni scontricon i tedeschi. Il nostro co-mandante è stato fermatoda un sottufficiale tedescoche lo voleva perquisire: èstato costretto a sparare.

Il fatto ha creato gran-de confusione fra i tede-schi, ì quali hanno provve-duto a fermare alcune per-sone e metterle immediata-mente al muro per rappre-saglia. Fra gli arrestati visono anche due nostri parti-giani, uno dei quali nel ten-tativo di fuga è stato grave-mente ferito.

Dal fortino poco distan-te viene osservato dai no-

stri compagni il succedersidelle cose, ed immediata-mente partono due_ prolun-gate raffiche di mitragliera,dirette ad un carro sulla viaCasetti.

L'ufficiale tedesco ri-mane sconcertato; abban-dona la zona assieme ai suoiuomini, e lascia cosi anche iprigionieri. Non hannopaura, sono terrorizzati.

Fino a notte tarda sonostato in giro per le campa-gne a contattare persone edispezionare luoghi, al finedi conoscere i movimentidei vari comandi tedeschisparsi un po' ovunque. Hoosservato soprattutto even-tuali punti di fortificazionipredisposti a resistere allaavanzata delle truppe allea-te.

Nella località Sette Fa-miglie, nella parte estremasettentrionale di Decima,da qualche giorno si è in-stallata una compagnia diSS. Hanno predispostotrincee e terrapieni adegua-ti per resistere.

In serata hanno fucilatosette militari dell'esercitotedesco che stavano accin-gendosi alla ritirata.

Domenica22 aprile

Alle prime luci del gior-no ho riferito al comandan-te i risultati della ispezionenotturna, e di quanto stavaaccadendo alle Sette Fami-glie.

Verso le dieci di questamattina, i carri armati al-leati avanzano a ventagliosu di un'area molto vasta.Dal punto di osservazionein cui mi trovo posso vede-re che attorno alla mia casa,ed anche nelle altre case vi-cine, alcuni carri armati te-deschi si posizionano semi-nascosti dai fabbricati stes-si, per contrapporsi ai mez-zi avanzanti.

Inizia così un nutritoscambio di colpi di canno-ne.

Trascorsi pochi minuti,gli aerei localizzano tutti icarri armati. E molto inte-ressante osservare uno spe-ciale tipo di aereo che chia-mano "cicogna", il quale èin grado di fermarsi comesospeso in cielo. Ad ogni

obiettivo, e subito dopo inquei punti vengono concen-trati i tiri delle artiglierie,che non sbagliano quasimai._

E osservando questifatti, che vedo anche colpi-re la mia casa, e subito do-po alzarsi un grande pen-nacchio di fumo e di fuoco.

Un carro armato tede-

sta esplodendo, lanciando agrandi distanze frammentimetallici. La stessa cosasuccede ai carri armati pres-so le altre case vicine,anch'esse in fiamme.

Il fronte si sta lenta-mente spostando versoNord, provo di raggiungerela mia abitazione.

E un grande rogo, ali-mentato da un venticellosostenuto, tipico di questomese.

Le truppe nella loroavanzata verso il paese diDecima, trovano vari puntidi resistenza, i quali provo-cano notevoli distruzioni difabbricati, ed anche nonpochi sacrifici di vite uma-ne.

Casa mia brucia, ma so-no impotente a fermarel'incendio.

Da una finestra apertastanno svolazzando fuoribruciacchiate varie paginedei miei amati libri.

Vicino c'è un campo digrano: vedo diversi corpi dimilitari tedeschi uccisi, ve-do anche due militari allea-ti, supini.

Alcuni proiettili sibila-no nell'aria, provenienti daNord, che testimonianol'attiva resistenza tedesca.

Accompagno un gruppodi militari alleati verso gliargini del Samoggia, suiquali sono stati costruitimolti fortini; strada facen-do incontriamo alcuni par-tigiani che accompagnanoun folto gruppo di militaritedeschi prigionieri.

Chiedo da dove vengo-no.

«Dal Samoggia!» mi di-cono. «I tedeschi son tuttiqua, i fortini sono tutti ri-puliti!»

Ritorniamo anche noi;poi con la camionetta an-diamo verso l'Arginone, manon si può andare oltre.

Alle Sette Famiglie i te-deschi resistono ancora.

Lunedì23 aprile

Nelle prime ore dellanuova giornata, quando an-cora è notte, i tedeschi si ri-

tirano dalle Sette Famiglie,rimangono soltanto alcuniuomini delle SS, che parti-ranno alle prime luci del

Sono andato alle SetteFamiglie verso le nove delmattino. La cicogna sorvolaripetutamente la zona; esoltanto dopo le dieci delmattino, quando i partigia-ni, che dopo non hanno maiabbandonato il luogo, con-sigliano ai contadini diesporre le bandiere bianchesui tetti, la cicogna si allon-tana.

Alle dieci e trenta arri-vano i militari alleati accolticon grande entusiasmo, egrida di gioia.

Il fronte era rimastofermo, e dolorosamentecombattuto per oltre unagiornata.

Sono numerosissimi imorti tedeschi, ed anche ai-

danni materiali.La lunga pena sembra

finita.Ho girato tutto il gior-

no per le varie aziende agri-cole, ormai è sera; chiedoad un contadino che cono-sco se può ospitarmi per lanotte; qui sono troppo lon-tano per tornare nei pressidi casa mia.

Non ha un letto. Glihanno tolto tutto; mi offrealcuni panni e dei teli di ca-napa e di juta.

Prendo alcuni indumen-ti e mi avvio alla stalla, na-turalmente vuota; mi coricoin una mangiatoia piena dipaglia, mi copro con dei telidi juta, e mi addormentoprofondamente.

La guerra è proprio fini-

Libero Poluzzi

QUESTO GIORNALEè un'iniziativa

del Comune di San Giovanni in Persicetoper ricordare il 25 aprile 1945

e tutti coloro che hanno combattutoper la libertà

progetto e realizzazione diMAURIZIO GARUTIcon la collaborazione di

LORIS MAGGI

Hanno collaboratoMario Gandini, Giuliano Risi, Milena Turchi

Valeria Cotti, Teresa Calzati, Fausta ForniMarco Cocchi, Patrizia Veronesi

Patrizia Cremonini, Libero Poluzzi.

Supplemento al n. 4/5/6 1987di "altre pagine", bimestrale del

Comune di San Giovanni in Persicetoaut. del Trib. di Bologna n. 5920 del 3.7.1981

Numero unicoin distribuzione gratuita i°

finito di stampareil 22 aprile 1988

presso la litografia LI.PE. \di San Giovanni in Persiceto 3

1 Persiceto - Assessorato alla Cultura e alla Comunit