GIUSEPPE MATARAZZO Fotografia NVIATO A ENEZIA la ... · LEONARDO SERVADIO a manifestazione più...

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LEONARDO SERVADIO a manifestazione più auten- tica del pensiero architetto- nico del XX secolo: il Razio- nalismo è stato il condensar- si di sogni e ambizioni contrappo- sti all’ancien régime dell’accade- mia. E ha cercato di sistematizza- re l’approccio moderno al proget- to, nel periodo in cui l’accavallarsi di mode e suggestioni, liberate an- che grazie alle nuove tecnologie (l’acciaio, i cementi armati) ha da- to vita a tendenze diverse: a volte lanciate verso un ipotetico futuro (come nelle fantasticherie di An- tonio Sant’Elia), a volte arroccate nella nostalgia degli stili. È stato in- fluenzato dall’utopismo del socia- lismo sognante e si è scontrato con realtà in cui risulta arduo calarsi L dal mondo delle idee. Comunque la sua stagione, segnata da perso- naggi quali Le Corbusier, Mies van der Rohe, Eero Saarinen, ha la- sciato una traccia indelebile. Con notevole sintesi Eugenio Gen- tili Tedeschi, che dall’architettura del secondo dopoguerra è stato un protagonista, ne racconta evolu- zioni e proposte: l’intreccio degli influssi politici, culturali, artistici che dagli anni ’20 agli anni ’50, hanno segnato tante parti della città contemporanea. Razionali- smo. L’architettura della modernità (Jaca Book, pagine 160, euro 20, a cura di Andrea Savio) è il suo ulti- mo libro; esce a tredici anni dalla morte, come espressione critica della lunga stagione da lui vissuta. Torinese, amico di Primo Levi, co- minciò a insegnare nel ’43 a Roma, fu tra coloro che diedero vita a "Metron", la prima rivista di archi- tettura nel dopoguerra e collaborò con Bruno Zevi prima di trasferir- si a Milano dove lavorò con Gio Ponti, continuò la docenza e aprì il proprio studio professionale. In questa città tra l’altro si occupò del- la ricostruzione della sinagoga, che era stata bombardata e di molti al- tri edifici per la comunità ebraica tra cui "Binario 21", il memoriale della Shoah (con Morpurgo). Cos’è stato dunque il razionalismo? Un metodo «che pone la ragione come sorgente e prova della cono- scenza, e tende a dequalificare l’e- sperienza dei sensi» e sul terreno architettonico si è tradotto nella ri- cerca di una funzionalità volta a ri- spondere a necessità industriali e abitative attraverso l’economia spaziale (ad esempio per consen- tire case ben vivibili anche a chi sia privo di disponibilità economi- che). Di qui il rifiuto dell’orna- mento e della monumentalità, e il ricorso a moduli geometrizzati che nelle Unité d’habitation di Le Corbusier trovano una specie di manifesto. Questo però risulta superato da opere quali la cap- pella di Ronchamp in cui le re- gole ordinatrici ricercate dal ra- zionalismo sembrano vanifica- te da espressioni libere, sculto- ree, dense di significato. Spiega Gentili Tedeschi: mentre i vecchi protagonisti della moder- nità si richiudevano «come una ca- sta depositaria del verbo» il mae- stro svizzero-francese recuperava «il richiamo alla libertà dell’imma- ginazione». Sorto svincolandosi dalle pastoie dell’accademia, il ra- zionalismo finì quando il suo mag- giore esponente mostrò che non v’erano procedure inviolabili. Ma la ricerca di equilibri di mas- se, essenzialità e agilità, che tro- va nel neoplasticismo la sua e- spressione più compiuta, per- mane come testimonianza di un «frammento non banale della storia contemporanea». © RIPRODUZIONE RISERVATA ROBERTO CARNERO a storia della casa editrice Interlinea è la storia di un progetto editoriale di qualità, che nel corso degli ultimi venticinque anni ha saputo sfidare le insidie del mercato, tenendo fede all’ideale originario di una produzione mirata, selezionata, attenta a vagliare le proposte non in vista del semplice profitto, ma con l’attenzione alla coerenza di quanto pubblicato. Nata a Novara nel 1992 su impulso di Roberto Cicala, che da allora la dirige, e di Carlo Robiglio, imprenditore illuminato che ha creduto in quel sogno facendolo diventare realtà, Interlinea ha da poco festeggiato il venticinquesimo compleanno, ora celebrato dalla pubblicazione, presso Franco Angeli, del Catalogo storico delle edizioni Interlinea, a cura di Alessandro Curini (saggio introduttivo di Gian Carlo Ferretti, presentazione di Giorgio Montecchi). Gran parte della qualità di questa impresa culturale è legata al profilo del suo primo promotore, Roberto Cicala, che è uno studioso di letteratura contemporanea (fondamentali i suoi contributi sull’opera di Clemente Rebora, ma non solo) e che da diversi anni insegna Editoria libraria e multimediale all’Università Cattolica di Milano. Nella sua città aveva fondato il Centro Novarese di Studi Letterari, a partire dal quale si è poi sviluppata l’idea di una casa editrice, che ha saputo allargare i propri orizzonti dall’ambito locale a quello nazionale e internazionale. Interlinea ha da subito individuato alcuni ambiti privilegiati di azione: la riproposta di classici dimenticati dell’Otto-Novecento, la saggistica letteraria, la poesia, la narrativa per ragazzi. Come scrive Gian Carlo Ferretti nell’introduzione al volume, il nome della casa editrice è significativo e corrisponde a un programma che si è realizzato nel corso degli anni: «Una casa editrice di frontiera, giovane e matura, il cui marchio, e nome, vuole proprio indicare quasi letteralmente il proposito di coprire lo spazio bianco tra le due righe, di pubblicare ciò che la grande editoria sottovaluta, ignora o rifiuta». Per questo più avanti Ferretti parla di «orgogliosa marginalità», che consente di accostare la casa novarese a raffinati editori ben radicati nel loro territorio, ma proiettati su un orizzonte internazionale come Scheiwiller o l’Einaudi delle origini. Non a caso nel catalogo Interlinea troviamo grandi nomi delle critica e della letteratura italiana come Sebastiano Vassalli, Carlo Dionisotti, Carlo Carena, Maria Corti, Luciano Erba, ma anche quelli di giovani poeti, narratori e critici ai quali questo editore ha dato una prestigiosa chance per affacciarsi sulla ribalta e farsi conoscere dal pubblico dei lettori, portato a prendere in considerazione anche i nomi nuovi in virtù della serietà e dell’affidabilità indiscutibilmente riconosciute al marchio. Il volume ora pubblicato da Franco Angeli consente sia di storicizzare questa straordinaria esperienza di editoria di progetto sia di conoscerne puntualmente i diversi campi di interesse, i libri, le collane, gli autori, i temi affrontati in venticinque anni di passione e qualità. © RIPRODUZIONE RISERVATA Alessandro Curini (a cura di) CATALOGO STORICO DELLE EDIZIONI INTERLINEA I primi 25 anni di libri (1992-2016) Franco Angeli. Pagine 250. Euro 28 L GIUSEPPE MATARAZZO INVIATO A VENEZIA rrivò così il 1953. Mio pa- dre diventava sempre meno tollerante e mi pose un aut- aut a breve scadenza: o me ne tornavo alla chimica oppure la mia passione per la fotografia doveva diventare redditizia. Ero a un bi- vio. Chiesi un’ultima chance. Questa: di offrirmi il minimo dei mezzi e di lasciar- mi andare in Sicilia». Fulvio Roiter dal- l’entroterra veneziano di Meolo vuole andare lontano per inseguire il suo so- gno. In altre terre e altri mari. Da Vene- zia alla Sicilia. In sella a un mitico Garel- li Mosquito che spedì nell’isola per po- ter poi vagare lì liberamente per quasi due mesi. L’omaggio della sua città, a due anni dalla scomparsa, inizia da quel viag- gio. La prima foto della mostra allestita ai Tre Oci, sull’isola della Giudecca – Ful- vio Roiter. Fotografie, 1948-2007 (a cura di Denis Curti, catalogo Marsilio) – è quella di un minatore in una zolfara del- l’entroterra siciliano. Nudo - come sta- vano i lavoratori costretti a quel caldo in- fernale -, scalzo, muscoloso e sporco, mentre spinge un carrello nel buio degli abissi, nel ventre infuocato della Sicilia, intriso dall’odore acre e pungente che e- mana il minerale. Roiter è con i minato- ri nelle viscere della terra prima di rie- mergere, faticosamente, alla ricerca del- la luce. Per scoprire dove porta il suo so- gno. Cosa c’è in superficie. Come Ciau- la di Pirandello: «Eccola, eccola là, ecco- la là, la luna. C’era la luna! La luna! E Ciau- la si mise a piangere, senza saperlo, sen- za volerlo, dal gran conforto, dalla gran- de dolcezza che sentiva, nell’averla sco- perta, là, mentr’ella saliva pel cielo, la lu- na, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, della valli che rischia- rava, ignara di lui, che pure per lei non a- veva più paura, né si sentiva più stanco, nella notte ora piena del suo stupore». Eccola la luna. Eccola la luce della foto- grafia per Fulvio Roiter, che da lì può co- minciare il suo viaggio per vedere la lu- na dalle tante prospettive del mondo. Fra continue partenze e continui ritorni nel- la sua città. Da Venezia a Venezia. Fra i suoi canali, le maree, il carnevale, la gen- te, a cui dedicherà i libri più belli, il vero scopo dei suoi progetti fotografici. A lui interessava comporre libri, pubblicare, raccontare compiutamente un’idea e un luogo. Come Essere Venezia, un caso e- ditoriale per la fotografia, che ha vendu- to, dal 1977 (anno di uscita) a oggi, un milione di copie. È Fulvio Roiter che ha contribuito alla diffusione del mito di Ve- nezia nel mondo, rappresentandola co- me città da cartolina. Ma non solo. Per- ché in questo viaggio nell’opera di Roi- ter alla Casa dei Tre Oci, si possono sco- prire anche visioni inedite. Inaspettate. Sorprendenti. Che aiutano a guardare il fotografo veneziano con occhi diversi, più profondi. E poi c’è il mondo, quello meno cono- sciuto di Roiter. Ci sono le fotografie dei suoi viaggi in Africa (in Tunisia, in Costa d’Avorio, ad Agadez, la porta del deser- to), nell’America amazzonica e quella musicale di New Orleans, in Europa, dal- la nebbia del nord, in Belgio, ai caldi Por- togallo e Spagna. «Tutto con una foto- grafia che non era assillata dall’istante, ma dal pensiero – dice Denis Curti –. Il desiderio di raccontare il mondo attra- verso un attrito costante, senza media- zioni e senza menzogne. Roiter ritorna- va più volte nei soggetti. Aspettava la lu- ce giusta, aspettava la pulizia dello scat- to. Come quando in Andalusia si era in- namorato dell’immagine di una donna incinta con suo marito che teneva un bimbo in un marsupio. E voleva realiz- zare l’idea “del dentro e del fuori”, di quel- lo che c’è e di quello che verrà. Fece con- A « spesso una nuova bellezza del mondo. È stato – continua Zannier – uno splendi- do illustratore e un poeta senza tituban- ze, con l’entusiasmo aggressivo ma sor- ridente di un emigrante ottimista che fugge dalla amata campagna veneta con l’obiettivo puntato verso gli spazi lumi- nosi dell’immagine fotografica». La vita professionale di Roiter è anche u- na vita d’amore con la moglie, Lou Em- bo, una fotografa belga, che incontra a Bruges, la piccola Venezia delle Fiandre. È lì che decidono di intraprendere il lo- ro percorso insieme, a due. Di unirsi in matrimonio. Lei portò in dote la sua ca- mera oscura, con cui iniziare una vita di cuore e di fotografia. Di viaggi e di chi- mica, di passioni condivise e di libri. Di foto e di parole. «Può una parola così pic- cola - “foto” - diventare così grande? Pos- sono due sillabe riuscire a portarti in mondi lontani, in posti segreti? Possono raccontarti una favola intima e silenzio- sa? Sì, possono», ammette Jasmine Mo- ro Roiter, giovane nipote del fotografo in un emozionante ricordo del nonno. Sì, le foto possono regalare sorprese straor- dinarie. Possono trasportarci in mondi lontanissimi, pur restando fermi. Ed e- mozionarci. Nel percorrere la mostra ai Tre Oci, nello sfogliare i suoi quasi cen- to libri, le visioni che emozionano non mancano. Si nota un amore viscerale per la sua città. Rappresentata in tutti i co- lori e in tutte le sue manifestazioni. «Do- po tanti anni di fotografie a Venezia – ri- corda la moglie – si meravigliava anco- ra di scoprire nuovi aspetti nelle stesse strade. Il suo motore è stato sempre la bellezza, l’essenzialità, cercata senza su- perbia. Amava ripetere: “Si dice che quando vivi in un posto, finisci per non vederlo più. L’abitudine distrugge l’oc- chio, ma a me salva l’emozione”. E la cu- riosità, aggiungo io». Ora Venezia celebra il suo fotografo, si “riconcilia” con l’artista dal carattere non facile, con un percorso in 200 foto per lo più vintage. Stampe dello stesso Roiter, della famiglia, della Fondazione a lui de- dicata e del circolo La Gondola che Roi- ter frequentava con Paolo Monti. Mol- to bianco nero e qualche fiammata di colore, forse più marginale nella mostra rispetto a quanto lo abbia caratterizza- to nella sua opera, ma certamente si- gnificativa. Come il Leone in festa fra i fuochi d’artificio, la Casa di Bepi a Bu- rano, le maschere del Carnevale, i riflessi dell’acqua alta, il caffè Florian, l’Isola di San Giacomo in Paludo, gli inna- morati a Rio di San Boldo o quel ma- re della laguna dipinto di rosso san- gue, carico di sole al tramonto, di energia, di potenza, con un gab- biano che sembra un doge. In at- tesa di un’onda che accompagni il suo volo. Verso città e persone da incontrare e raccontare. Per «es- sere Venezia». Ma ovunque. Come nel centro della Sicilia, fra i mina- tori di una zolfara. E lì scoprire la lu- ce abbagliante della luna. La luce del- la fotografia che ha sempre guidato Fulvio Roiter. © RIPRODUZIONE RISERVATA Architettura. Gentili Tedeschi e le sorgenti del Razionalimo Una rilettura del movimento che nella prima metà del ’900 cambiò il volto delle nostre città. «Ebbe fine quando Le Corbusier riscoprì l’immaginazione» Interlinea, 25 anni di «orgogliosa marginalità» ROITER Essere Venezia, ovunque tinui avanti indietro finché non riuscì a scattare la foto come voleva lui». C’è una parola che lega tutto il lavoro del fotograto veneziano: è «bellezza». L’infi- nita bellezza che Roiter cercava. Nei luo- ghi, nei volti della gente. E nella donna, icona di bellezza, come si può ammira- re in una piccola e inedita sezione de- dicata a dei nudi femminili classi- cheggianti, marmorei, raffinati che restituiscono armonia a forme per- fette. Sublimi. «Fulvio Roiter, la Bel- lezza non l’ha cercata – scrive nel catalogo lo storico e critico Italo Zannier – ma l’ha costruita e defini- ta in immagine con il suo pensiero ideologico, nel lungo e inesausto iti- nerario di fotografo, iniziato a Meolo e nella “bella” Venezia, e poi in Sicilia e via verso l’Umbria e in cento altre parti del mondo, alla ricerca della sua idea di bellezza che lui ha fissato nell’incantesi- mo di migliaia di immagini definendo Miniera di zolfo, Sicilia 1953 (© Fondazione Fulvio Roiter) Isola di San Giacomo in Paludo, 2005. Sotto, Gondola dall’alto del Ponte di Rialto, 1953 (© Fondazione Fulvio Roiter) Fotografia Alla Casa dei Tre Oci una retrospettiva sull’artista che ha magnificato la laguna veneta Dalle prime foto nella Sicilia più cruda agli scatti in giro per il mondo. La sua idea di bellezza, «non cercata, ma fissata nelle immagini» CHI È LA CHIMICA E LA CAMERA OSCURA La Casa dei Tre Oci di Venezia presenta la prima retrospettiva dedicata al fotografo Fulvio Roiter dopo la sua scomparsa, il 18 aprile 2016, a quasi novant’anni. Era nato a Meolo nel novembre 1926. Si diplomò come perito chimico, ma dal 1947 si dedicò alla fotografia. Nel 1949 aderì al circolo fotografico La Gondola. Nel 1953 partì per la Sicilia. Alcuni scatti di quel viaggio furono pubblicati dalla rivista “Camera” segnando il suo debutto sulla scena internazionale. Nel 1954 la pubblicazione del primo libro fotografico Venice à fleur d’eau. Ne seguiranno un centinaio, molti dei quali esposti in mostra: come Ombrie (Umbria. Terra di San Francesco), 1956; il suo bestseller, Essere Venezia, 1977;Visibilia, 1992; Terra di Dio, 1994. Promossa dalla Fondazione di Venezia con Civita Tre Venezie in partenariato con la Città di Venezia, la mostra resterà aperta fino al 26 agosto (ore 10- 19, chiuso il martedì). (G.Mat.) 24 Domenica 1 Aprile 2018 AGORÀ cultura la recensione

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LEONARDO SERVADIO

a manifestazione più auten-tica del pensiero architetto-nico del XX secolo: il Razio-nalismo è stato il condensar-

si di sogni e ambizioni contrappo-sti all’ancien régime dell’accade-mia. E ha cercato di sistematizza-re l’approccio moderno al proget-to, nel periodo in cui l’accavallarsidi mode e suggestioni, liberate an-che grazie alle nuove tecnologie(l’acciaio, i cementi armati) ha da-to vita a tendenze diverse: a voltelanciate verso un ipotetico futuro(come nelle fantasticherie di An-tonio Sant’Elia), a volte arroccatenella nostalgia degli stili. È stato in-fluenzato dall’utopismo del socia-lismo sognante e si è scontrato conrealtà in cui risulta arduo calarsi

Ldal mondo delle idee. Comunquela sua stagione, segnata da perso-naggi quali Le Corbusier, Mies vander Rohe, Eero Saarinen, ha la-sciato una traccia indelebile. Con notevole sintesi Eugenio Gen-tili Tedeschi, che dall’architetturadel secondo dopoguerra è stato unprotagonista, ne racconta evolu-zioni e proposte: l’intreccio degliinflussi politici, culturali, artisticiche dagli anni ’20 agli anni ’50,hanno segnato tante parti dellacittà contemporanea. Razionali-smo. L’architettura della modernità(Jaca Book, pagine 160, euro 20, acura di Andrea Savio) è il suo ulti-mo libro; esce a tredici anni dallamorte, come espressione criticadella lunga stagione da lui vissuta. Torinese, amico di Primo Levi, co-minciò a insegnare nel ’43 a Roma,

fu tra coloro che diedero vita a"Metron", la prima rivista di archi-tettura nel dopoguerra e collaboròcon Bruno Zevi prima di trasferir-si a Milano dove lavorò con GioPonti, continuò la docenza e aprìil proprio studio professionale. Inquesta città tra l’altro si occupò del-la ricostruzione della sinagoga, cheera stata bombardata e di molti al-tri edifici per la comunità ebraicatra cui "Binario 21", il memoriale

della Shoah (con Morpurgo). Cos’è stato dunque il razionalismo?Un metodo «che pone la ragionecome sorgente e prova della cono-scenza, e tende a dequalificare l’e-sperienza dei sensi» e sul terrenoarchitettonico si è tradotto nella ri-cerca di una funzionalità volta a ri-spondere a necessità industriali eabitative attraverso l’economiaspaziale (ad esempio per consen-tire case ben vivibili anche a chi siaprivo di disponibilità economi-che). Di qui il rifiuto dell’orna-mento e della monumentalità, e ilricorso a moduli geometrizzati chenelle Unité d’habitation di LeCorbusier trovano una specie dimanifesto. Questo però risultasuperato da opere quali la cap-pella di Ronchamp in cui le re-gole ordinatrici ricercate dal ra-

zionalismo sembrano vanifica-te da espressioni libere, sculto-ree, dense di significato. Spiega Gentili Tedeschi: mentre ivecchi protagonisti della moder-nità si richiudevano «come una ca-sta depositaria del verbo» il mae-stro svizzero-francese recuperava«il richiamo alla libertà dell’imma-ginazione». Sorto svincolandosidalle pastoie dell’accademia, il ra-zionalismo finì quando il suo mag-giore esponente mostrò che nonv’erano procedure inviolabili.Ma la ricerca di equilibri di mas-se, essenzialità e agilità, che tro-va nel neoplasticismo la sua e-spressione più compiuta, per-mane come testimonianza di un«frammento non banale dellastoria contemporanea».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

ROBERTO CARNERO

a storia della casa editriceInterlinea è la storia di unprogetto editoriale diqualità, che nel corso degli

ultimi venticinque anni ha saputosfidare le insidie del mercato,tenendo fede all’ideale originariodi una produzione mirata,selezionata, attenta a vagliare leproposte non in vista delsemplice profitto, ma conl’attenzione alla coerenza diquanto pubblicato. Nata a Novaranel 1992 su impulso di RobertoCicala, che da allora la dirige, e diCarlo Robiglio, imprenditoreilluminato che ha creduto in quelsogno facendolo diventare realtà,Interlinea ha da poco festeggiatoil venticinquesimo compleanno,ora celebrato dalla pubblicazione,presso Franco Angeli, delCatalogo storico delle edizioniInterlinea, a cura di AlessandroCurini (saggio introduttivo diGian Carlo Ferretti, presentazionedi Giorgio Montecchi). Gran partedella qualità di questa impresaculturale è legata al profilo delsuo primo promotore, RobertoCicala, che è uno studioso diletteratura contemporanea(fondamentali i suoi contributisull’opera di Clemente Rebora,ma non solo) e che da diversianni insegna Editoria libraria emultimediale all’UniversitàCattolica di Milano. Nella suacittà aveva fondato il CentroNovarese di Studi Letterari, apartire dal quale si è poisviluppata l’idea di una casaeditrice, che ha saputo allargare ipropri orizzonti dall’ambitolocale a quello nazionale einternazionale. Interlinea ha dasubito individuato alcuni ambitiprivilegiati di azione: lariproposta di classici dimenticatidell’Otto-Novecento, la saggisticaletteraria, la poesia, la narrativaper ragazzi. Come scrive GianCarlo Ferretti nell’introduzione alvolume, il nome della casaeditrice è significativo ecorrisponde a un programma chesi è realizzato nel corso deglianni: «Una casa editrice difrontiera, giovane e matura, il cuimarchio, e nome, vuole proprioindicare quasi letteralmente ilproposito di coprire lo spaziobianco tra le due righe, dipubblicare ciò che la grandeeditoria sottovaluta, ignora orifiuta». Per questo più avantiFerretti parla di «orgogliosamarginalità», che consente diaccostare la casa novarese araffinati editori ben radicati nelloro territorio, ma proiettati su unorizzonte internazionale comeScheiwiller o l’Einaudi delleorigini. Non a caso nel catalogoInterlinea troviamo grandi nomidelle critica e della letteraturaitaliana come Sebastiano Vassalli,Carlo Dionisotti, Carlo Carena,Maria Corti, Luciano Erba, maanche quelli di giovani poeti,narratori e critici ai quali questoeditore ha dato una prestigiosachance per affacciarsi sullaribalta e farsi conoscere dalpubblico dei lettori, portato aprendere in considerazioneanche i nomi nuovi in virtù dellaserietà e dell’affidabilitàindiscutibilmente riconosciute almarchio. Il volume orapubblicato da Franco Angeliconsente sia di storicizzarequesta straordinaria esperienzadi editoria di progetto sia diconoscerne puntualmente idiversi campi di interesse, i libri,le collane, gli autori, i temiaffrontati in venticinque anni dipassione e qualità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Alessandro Curini (a cura di)

CATALOGO STORICODELLE EDIZIONIINTERLINEAI primi 25 anni di libri (1992-2016)

Franco Angeli. Pagine 250. Euro 28

L

GIUSEPPE MATARAZZOINVIATO A VENEZIA

rrivò così il1953. Mio pa-dre diventavasempre menotollerante e mipose un aut-aut a breve

scadenza: o me ne tornavo alla chimicaoppure la mia passione per la fotografiadoveva diventare redditizia. Ero a un bi-vio. Chiesi un’ultima chance. Questa: dioffrirmi il minimo dei mezzi e di lasciar-mi andare in Sicilia». Fulvio Roiter dal-l’entroterra veneziano di Meolo vuoleandare lontano per inseguire il suo so-gno. In altre terre e altri mari. Da Vene-zia alla Sicilia. In sella a un mitico Garel-li Mosquito che spedì nell’isola per po-ter poi vagare lì liberamente per quasidue mesi. L’omaggio della sua città, a dueanni dalla scomparsa, inizia da quel viag-gio. La prima foto della mostra allestitaai Tre Oci, sull’isola della Giudecca – Ful-vio Roiter. Fotografie, 1948-2007 (a curadi Denis Curti, catalogo Marsilio) – èquella di un minatore in una zolfara del-l’entroterra siciliano. Nudo - come sta-vano i lavoratori costretti a quel caldo in-fernale -, scalzo, muscoloso e sporco,mentre spinge un carrello nel buio degliabissi, nel ventre infuocato della Sicilia,intriso dall’odore acre e pungente che e-mana il minerale. Roiter è con i minato-ri nelle viscere della terra prima di rie-mergere, faticosamente, alla ricerca del-la luce. Per scoprire dove porta il suo so-gno. Cosa c’è in superficie. Come Ciau-la di Pirandello: «Eccola, eccola là, ecco-la là, la luna. C’era la luna! La luna! E Ciau-la si mise a piangere, senza saperlo, sen-za volerlo, dal gran conforto, dalla gran-de dolcezza che sentiva, nell’averla sco-perta, là, mentr’ella saliva pel cielo, la lu-na, col suo ampio velo di luce, ignara deimonti, dei piani, della valli che rischia-rava, ignara di lui, che pure per lei non a-veva più paura, né si sentiva più stanco,nella notte ora piena del suo stupore».Eccola la luna. Eccola la luce della foto-grafia per Fulvio Roiter, che da lì può co-minciare il suo viaggio per vedere la lu-na dalle tante prospettive del mondo. Fracontinue partenze e continui ritorni nel-la sua città. Da Venezia a Venezia. Fra isuoi canali, le maree, il carnevale, la gen-te, a cui dedicherà i libri più belli, il veroscopo dei suoi progetti fotografici. A luiinteressava comporre libri, pubblicare,raccontare compiutamente un’idea e unluogo. Come Essere Venezia, un caso e-ditoriale per la fotografia, che ha vendu-to, dal 1977 (anno di uscita) a oggi, unmilione di copie. È Fulvio Roiter che hacontribuito alla diffusione del mito di Ve-nezia nel mondo, rappresentandola co-me città da cartolina. Ma non solo. Per-ché in questo viaggio nell’opera di Roi-ter alla Casa dei Tre Oci, si possono sco-prire anche visioni inedite. Inaspettate.Sorprendenti. Che aiutano a guardare ilfotografo veneziano con occhi diversi,più profondi. E poi c’è il mondo, quello meno cono-sciuto di Roiter. Ci sono le fotografie deisuoi viaggi in Africa (in Tunisia, in Costad’Avorio, ad Agadez, la porta del deser-to), nell’America amazzonica e quellamusicale di New Orleans, in Europa, dal-la nebbia del nord, in Belgio, ai caldi Por-togallo e Spagna. «Tutto con una foto-grafia che non era assillata dall’istante,ma dal pensiero – dice Denis Curti –. Ildesiderio di raccontare il mondo attra-verso un attrito costante, senza media-zioni e senza menzogne. Roiter ritorna-va più volte nei soggetti. Aspettava la lu-ce giusta, aspettava la pulizia dello scat-to. Come quando in Andalusia si era in-namorato dell’immagine di una donnaincinta con suo marito che teneva unbimbo in un marsupio. E voleva realiz-zare l’idea “del dentro e del fuori”, di quel-lo che c’è e di quello che verrà. Fece con-

A«spesso una nuova bellezza del mondo. Èstato – continua Zannier – uno splendi-do illustratore e un poeta senza tituban-ze, con l’entusiasmo aggressivo ma sor-ridente di un emigrante ottimista chefugge dalla amata campagna veneta conl’obiettivo puntato verso gli spazi lumi-nosi dell’immagine fotografica». La vita professionale di Roiter è anche u-na vita d’amore con la moglie, Lou Em-bo, una fotografa belga, che incontra aBruges, la piccola Venezia delle Fiandre.È lì che decidono di intraprendere il lo-ro percorso insieme, a due. Di unirsi inmatrimonio. Lei portò in dote la sua ca-mera oscura, con cui iniziare una vita dicuore e di fotografia. Di viaggi e di chi-mica, di passioni condivise e di libri. Difoto e di parole. «Può una parola così pic-cola - “foto” - diventare così grande? Pos-sono due sillabe riuscire a portarti inmondi lontani, in posti segreti? Possonoraccontarti una favola intima e silenzio-sa? Sì, possono», ammette Jasmine Mo-ro Roiter, giovane nipote del fotografo inun emozionante ricordo del nonno. Sì,le foto possono regalare sorprese straor-dinarie. Possono trasportarci in mondilontanissimi, pur restando fermi. Ed e-mozionarci. Nel percorrere la mostra aiTre Oci, nello sfogliare i suoi quasi cen-to libri, le visioni che emozionano nonmancano. Si nota un amore viscerale perla sua città. Rappresentata in tutti i co-lori e in tutte le sue manifestazioni. «Do-po tanti anni di fotografie a Venezia – ri-corda la moglie – si meravigliava anco-ra di scoprire nuovi aspetti nelle stessestrade. Il suo motore è stato sempre labellezza, l’essenzialità, cercata senza su-perbia. Amava ripetere: “Si dice chequando vivi in un posto, finisci per nonvederlo più. L’abitudine distrugge l’oc-chio, ma a me salva l’emozione”. E la cu-riosità, aggiungo io».Ora Venezia celebra il suo fotografo, si“riconcilia” con l’artista dal carattere nonfacile, con un percorso in 200 foto per lopiù vintage. Stampe dello stesso Roiter,della famiglia, della Fondazione a lui de-dicata e del circolo La Gondola che Roi-ter frequentava con Paolo Monti. Mol-to bianco nero e qualche fiammata dicolore, forse più marginale nella mostrarispetto a quanto lo abbia caratterizza-to nella sua opera, ma certamente si-gnificativa. Come il Leone in festa fra ifuochi d’artificio, la Casa di Bepi a Bu-rano, le maschere del Carnevale, i riflessi

dell’acqua alta, il caffè Florian, l’Isoladi San Giacomo in Paludo, gli inna-

morati a Rio di San Boldo o quel ma-re della laguna dipinto di rosso san-gue, carico di sole al tramonto, dienergia, di potenza, con un gab-biano che sembra un doge. In at-tesa di un’onda che accompagniil suo volo. Verso città e personeda incontrare e raccontare. Per «es-sere Venezia». Ma ovunque. Come

nel centro della Sicilia, fra i mina-tori di una zolfara. E lì scoprire la lu-

ce abbagliante della luna. La luce del-la fotografia che ha sempre guidato

Fulvio Roiter.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Architettura. Gentili Tedeschi e le sorgenti del RazionalimoUna rilettura del movimento

che nella prima metà del ’900 cambiò il voltodelle nostre città. «Ebbe

fine quando Le Corbusierriscoprì l’immaginazione»

Interlinea, 25 annidi «orgogliosamarginalità»

ROITEREssere Venezia,

ovunquetinui avanti indietro finché non riuscì ascattare la foto come voleva lui».C’è una parola che lega tutto il lavoro delfotograto veneziano: è «bellezza». L’infi-nita bellezza che Roiter cercava. Nei luo-ghi, nei volti della gente. E nella donna,icona di bellezza, come si può ammira-re in una piccola e inedita sezione de-dicata a dei nudi femminili classi-cheggianti, marmorei, raffinati cherestituiscono armonia a forme per-fette. Sublimi. «Fulvio Roiter, la Bel-lezza non l’ha cercata – scrive nelcatalogo lo storico e critico ItaloZannier – ma l’ha costruita e defini-ta in immagine con il suo pensieroideologico, nel lungo e inesausto iti-nerario di fotografo, iniziato a Meoloe nella “bella” Venezia, e poi in Sicilia evia verso l’Umbria e in cento altre partidel mondo, alla ricerca della sua idea dibellezza che lui ha fissato nell’incantesi-mo di migliaia di immagini definendo

Miniera di zolfo, Sicilia 1953(© Fondazione Fulvio Roiter)

Isola di San Giacomo in Paludo, 2005. Sotto, Gondoladall’alto del Ponte di Rialto, 1953 (© Fondazione Fulvio Roiter)

FotografiaAlla Casa dei Tre Ociuna retrospettiva sull’artistache ha magnificatola laguna venetaDalle prime foto nella Siciliapiù cruda agli scatti in giroper il mondo. La sua idea di bellezza, «non cercata,ma fissata nelle immagini»

CHI ÈLA CHIMICA E LA CAMERA OSCURA

La Casa dei Tre Oci di Venezia presenta la primaretrospettiva dedicata al fotografo Fulvio Roiter dopo la

sua scomparsa, il 18 aprile 2016, a quasi novant’anni. Eranato a Meolo nel novembre 1926. Si diplomò come perito

chimico, ma dal 1947 si dedicò alla fotografia. Nel 1949 aderì alcircolo fotografico La Gondola. Nel 1953 partì per la Sicilia.Alcuni scatti di quel viaggio furono pubblicati dalla rivista “Camera”segnando il suo debutto sulla scena internazionale. Nel 1954 lapubblicazione del primo libro fotografico Venice à fleur d’eau. Neseguiranno un centinaio, molti dei quali esposti in mostra: comeOmbrie (Umbria. Terra di San Francesco), 1956; il suobestseller, Essere Venezia, 1977;Visibilia, 1992; Terra di Dio,

1994. Promossa dalla Fondazione di Venezia con CivitaTre Venezie in partenariato con la Città di Venezia, la

mostra resterà aperta fino al 26 agosto (ore 10-19, chiuso il martedì). (G.Mat.)

24 Domenica1 Aprile 2018A G O R À c u l t u r a

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