GIURISPRUDENZA SULL’ART. 341 C.P. (OLTRAGGIO A P.U. … Effetti dell'abrogazione della norma ai...

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GIURISPRUDENZA SULL’ART. 341 C.P. (OLTRAGGIO A P.U. PRIMA DELLA DEPENALIZZAZIONE) Cassazione Civile Procedimenti disciplinari:- esimenti- - inapplicabilità In tema di responsabilità disciplinare dei magistrati, attesa la totale diversità dei beni tutelati dagli artt. 336, 337, 338, 339, 341, 342 e 343 cod. pen. rispetto a quello protetto dall'art. 18 del r.d. n. 511 del 1946, nel relativo procedimento disciplinare non è applicabile la speciale causa di giustificazione prevista dall'art. 4 del d. lgs. lgt. 14 settembre 1944, n. 288. (Rigetta, Cons. Sup. Mag. Roma, 14 aprile 2008) Sez. Unite, sent. n. 3758 del 17-02-2009 (ud. del 16-12-2008), D.S.A. c. Ministero della Giustizia (rv. 606661) Cassazione Penale Differenze da altri reati:- resistenza a un pubblico ufficiale Non integra il delitto di resistenza di cui all'art. 337 cod. proc. pen. la condotta ingiuriosa posta in essere, nei confronti di un pubblico ufficiale, quando essa non riveli alcuna volontà di opporsi allo svolgimento dell'atto d'ufficio e risulti priva del nesso di causalità psicologica tra l'offesa arrecata e le funzioni esercitate, ma rappresenti piuttosto l'espressione di uno sfogo di sentimenti ostili e di disprezzo, da inquadrare nell'ipotesi di oltraggio già prevista dall'art. 341 cod. pen. e abrogata dall'art. 18 della L. 25 giugno 1999, n. 205. (Fattispecie in cui l'imputato, senza porre in essere alcun comportamento violento o minaccioso, si è limitato ad ingiuriare gli agenti operanti in occasione di un controllo sulla sua autovettura). (Annulla senza rinvio, App. Reggio Calabria, 22 Gennaio 2008) Sez. VI, Sent. n. 44976 del 13-11-2008 (ud. del 13-11-2008), L.R. (rv. 241660) Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 In sede di giudizio di esecuzione, non é preclusivo della dichiarazione di estinzione del reato ai sensi dell'art. 445, comma secondo, cod. proc. pen. il fatto che, dopo il passaggio in giudicato della sentenza pronunziata ex art. 444 cod. proc. pen., con la quale era stata concessa la sospensione condizionale della pena, il soggetto abbia commesso un nuovo reato, per il quale sia intervenuta pronunzia irrevocabile, successivamente oggetto di "abolitio criminis". (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio il provvedimento del giudice dell'esecuzione che aveva rigettato l'istanza di declaratoria di estinzione del reato, presentata dal condannato a norma dell'art. 445, comma secondo, cod. proc. pen., in relazione al delitto di cui all'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, oggetto di una sentenza emessa dal Gip ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen. concessiva della sospensione condizionale della pena, in base al rilievo che dopo la decisione passata in giudicato era intervenuta condanna definitiva per il delitto di oltraggio commesso in epoca successiva e poi abrogato dall'art. 18, comma primo, L. 25 giugno 1999, n. 205). (Annulla in parte con rinvio, Trib. Vicenza, 17 gennaio 2005) Sez. I, sent. n. 16740 del 04-04-2006 (ud. del 04-04-2006), L.G. (rv. 234260) Cassazione Penale Differenze da altri reati:- resistenza a un pubblico ufficiale Quando il comportamento di aggressione all'incolumità fisica del pubblico ufficiale non abbia la finalità di opporsi allo svolgimento dell'atto di ufficio e quando manchi un nesso di causalità psicologica tra l'offesa arrecata e le funzioni esercitate dal pubblico ufficiale, la condotta violenta non integra il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, ma rappresenta piuttosto l'espressione di uno sfogo di sentimenti ostili e di disprezzo nei confronti del pubblico ufficiale; esso va pertanto inquadrato nell'ipotesi di oltraggio già prevista dall'art. 341 c.p., abrogato dall'art. 18 della legge 25 giugno 1999, n. 205. Sez. VI, sent. n. 37042 del 26-09-2003 (ud. del 09-07-2003), Marino (rv 226798). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 A seguito dell'intervenuta abrogazione degli artt. 341 e 344 c.p., disposta dall'articolo 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205, per i fatti commessi prima della sua entrata in vigore e già contestati come oltraggio, non può trovare applicazione la disposizione transitoria di cui al successivo articolo 19, che stabilisce nuovi termini di decorrenza per la proposizione della querela, perché essa si riferisce esclusivamente a quei reati che sono divenuti perseguibili a istanza di parte per effetto della medesima legge-delega o dei decreti legislativi emanati in esecuzione di essa. Sez. VI, sent. n. 29700 del 16-07-2003 (ud. del 03-04-2003), Zolli (rv 225479). Cassazione Penale

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GIURISPRUDENZA SULL’ART. 341 C.P. (OLTRAGGIO A P.U. PRIMA DELLA DEPENALIZZAZIONE) Cassazione Civile Procedimenti disciplinari:- esimenti- - inapplicabilità In tema di responsabilità disciplinare dei magistrati, attesa la totale diversità dei beni tutelati dagli artt. 336, 337, 338, 339, 341, 342 e 343 cod. pen. rispetto a quello protetto dall'art. 18 del r.d. n. 511 del 1946, nel relativo procedimento disciplinare non è applicabile la speciale causa di giustificazione prevista dall'art. 4 del d. lgs. lgt. 14 settembre 1944, n. 288. (Rigetta, Cons. Sup. Mag. Roma, 14 aprile 2008) Sez. Unite, sent. n. 3758 del 17-02-2009 (ud. del 16-12-2008), D.S.A. c. Ministero della Giustizia (rv. 606661) Cassazione Penale Differenze da altri reati:- resistenza a un pubblico ufficiale Non integra il delitto di resistenza di cui all'art. 337 cod. proc. pen. la condotta ingiuriosa posta in essere, nei confronti di un pubblico ufficiale, quando essa non riveli alcuna volontà di opporsi allo svolgimento dell'atto d'ufficio e risulti priva del nesso di causalità psicologica tra l'offesa arrecata e le funzioni esercitate, ma rappresenti piuttosto l'espressione di uno sfogo di sentimenti ostili e di disprezzo, da inquadrare nell'ipotesi di oltraggio già prevista dall'art. 341 cod. pen. e abrogata dall'art. 18 della L. 25 giugno 1999, n. 205. (Fattispecie in cui l'imputato, senza porre in essere alcun comportamento violento o minaccioso, si è limitato ad ingiuriare gli agenti operanti in occasione di un controllo sulla sua autovettura). (Annulla senza rinvio, App. Reggio Calabria, 22 Gennaio 2008) Sez. VI, Sent. n. 44976 del 13-11-2008 (ud. del 13-11-2008), L.R. (rv. 241660) Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 In sede di giudizio di esecuzione, non é preclusivo della dichiarazione di estinzione del reato ai sensi dell'art. 445, comma secondo, cod. proc. pen. il fatto che, dopo il passaggio in giudicato della sentenza pronunziata ex art. 444 cod. proc. pen., con la quale era stata concessa la sospensione condizionale della pena, il soggetto abbia commesso un nuovo reato, per il quale sia intervenuta pronunzia irrevocabile, successivamente oggetto di "abolitio criminis". (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio il provvedimento del giudice dell'esecuzione che aveva rigettato l'istanza di declaratoria di estinzione del reato, presentata dal condannato a norma dell'art. 445, comma secondo, cod. proc. pen., in relazione al delitto di cui all'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, oggetto di una sentenza emessa dal Gip ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen. concessiva della sospensione condizionale della pena, in base al rilievo che dopo la decisione passata in giudicato era intervenuta condanna definitiva per il delitto di oltraggio commesso in epoca successiva e poi abrogato dall'art. 18, comma primo, L. 25 giugno 1999, n. 205). (Annulla in parte con rinvio, Trib. Vicenza, 17 gennaio 2005) Sez. I, sent. n. 16740 del 04-04-2006 (ud. del 04-04-2006), L.G. (rv. 234260) Cassazione Penale Differenze da altri reati:- resistenza a un pubblico ufficiale Quando il comportamento di aggressione all'incolumità fisica del pubblico ufficiale non abbia la finalità di opporsi allo svolgimento dell'atto di ufficio e quando manchi un nesso di causalità psicologica tra l'offesa arrecata e le funzioni esercitate dal pubblico ufficiale, la condotta violenta non integra il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, ma rappresenta piuttosto l'espressione di uno sfogo di sentimenti ostili e di disprezzo nei confronti del pubblico ufficiale; esso va pertanto inquadrato nell'ipotesi di oltraggio già prevista dall'art. 341 c.p., abrogato dall'art. 18 della legge 25 giugno 1999, n. 205. Sez. VI, sent. n. 37042 del 26-09-2003 (ud. del 09-07-2003), Marino (rv 226798). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 A seguito dell'intervenuta abrogazione degli artt. 341 e 344 c.p., disposta dall'articolo 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205, per i fatti commessi prima della sua entrata in vigore e già contestati come oltraggio, non può trovare applicazione la disposizione transitoria di cui al successivo articolo 19, che stabilisce nuovi termini di decorrenza per la proposizione della querela, perché essa si riferisce esclusivamente a quei reati che sono divenuti perseguibili a istanza di parte per effetto della medesima legge-delega o dei decreti legislativi emanati in esecuzione di essa. Sez. VI, sent. n. 29700 del 16-07-2003 (ud. del 03-04-2003), Zolli (rv 225479). Cassazione Penale

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Questioni processuali È abnorme il provvedimento che, toccando situazioni soggettive costituzionalmente garantite, esorbiti da ogni schema processuale e provochi una situazione irreversibile, sanabile solo attraverso il controllo di legittimità. Ne consegue che non può essere ritenuta tale e, quindi, autonomamente impugnabile, l'ordinanza con cui il tribunale disponga, relativamente ad un procedimento per il reato di cui all'art. 341 c.p., l'interpello previsto dall'art. 19 della legge 25 giugno 1999 n. 205 al fine della presentazione della querela per il reato di cui all'art. 594 c.p., in quanto l'illegittimità derivante dall'erronea applicazione, in tale ipotesi, della disposizione transitoria di cui all'art. 19 della legge n. 205 del 1999, può essere sanata attraverso l'impugnazione dell'eventuale sentenza di condanna che dalla proposizione della querela potrebbe derivare. Sez. VI, sent. n. 17038 del 08-05-2002 (cc. del 19-04-2002), Bertuzzi (rv 222028). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 In tema di oltraggio, la circostanza che all'abrogazione del delitto non abbia fatto seguito l'introduzione di nuove o diverse figure di reato, non esclude la possibilità che la condotta già tipica del delitto abrogato possa integrare altra fattispecie criminosa tuttora prevista e punita dalla legge penale. Ne consegue che, deve ritenersi sussistente il reato di ingiuria aggravata dalla qualità di pubblico ufficiale (o di incaricato di pubblico servizio) ogniqualvolta il giudice di merito abbia verificato la coincidenza delle condotte previste dai due reati, ritenendo che l'offesa al prestigio del pubblico ufficiale sia esattamente corrispondente - in fatto - all'offesa al decoro, prevista per il vigente reato di ingiuria. Sez. V, sent. n. 43466 del 03-12-2001 (ud. del 17-10-2001), Greppi (rv 220281). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 In tema di reato di oltraggio, all'abrogazione della fattispecie incriminatrice (ex art. 18 della legge 25 giugno 1999, n. 205) consegue la possibilità che, qualcosa ne sussistano in concreto i presupposti, il fatto resti sanzionato sotto il profilo dell'offesa all'"onore" o al "decoro" (ex art. 61, n. 10, c.p. e art. 594 c.p.), ma ciò non rende applicabile ai processi in corso la disposizione transitoria prevista dall'art. 19 della legge n. 205 del 1999 citata, che prevede la rimessione in termine per la presentazione della querela esclusivamente per i reati in cui la procedibilità a querela sia introdotta dalla medesima legge; ne consegue che, essendo il reato di ingiuria procedibile a querela anche nella vigenza del precedente regime, in sua assenza il giudice della cognizione deve dichiarare la non procedibilità. Sez. I, sent. n. 33455 del 07-09-2001 (ud. del 10-07-2001), Trovato (rv 219678). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 In tema di oltraggio, l'abrogazione degli articoli 341 e 344 c.p., disposta dall'art. 18 della legge 25 giugno 1999, n. 205, integra un'ipotesi di "abolitio criminis" disciplinata dall'articolo 2, secondo comma, c.p., con la conseguenza che, se vi è stata condanna, ne cessano esecuzione ed effetti penali e la relativa sentenza deve essere revocata, ai sensi dell'articolo 673 c.p.p., dal giudice dell'esecuzione, al quale non è consentito modificare l'originaria qualificazione o accertare il fatto in modo difforme da quello ritenuto in sentenza, riqualificando come ingiuria aggravata dalla qualità del soggetto passivo (articoli 594 e 61, n. 10, c.p.) la condotta contestata come oltraggio e rideterminando, in relazione alla nuova fattispecie penale, la pena già irrogata. Sez. U., sent. n. 29023 del 17-07-2001 (ud. del 27-06-2001), Avitabile (rv 219223). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 A seguito dell'intervenuta abrogazione degli articoli 341 e 344 c.p., disposta dall'art. 18 della legge 25 giugno 1999, n. 205, i fatti precedentemente commessi e già contestati come oltraggio a pubblico ufficiale o a pubblico impiegato possono essere riqualificati dal giudice della cognizione, sussistendone i presupposti, come ingiuria aggravata dalla qualità del soggetto passivo (articoli 594 e 61, n. 10, c.p.), fermo restando, quanto alla condizione di procedibilità, che non può trovare applicazione in tali ipotesi la disposizione transitoria di cui all'art. 19 della predetta legge n. 205 del 1999, che ha introdotto nuovi termini per la presentazione della querela esclusivamente con riferimento a quei delitti che sono divenuti perseguibili ad istanza di parte per effetto della medesima legge. Sez. U., sent. n. 29023 del 17-07-2001 (ud. del 27-06-2001), Avitabile (rv 219224). Cassazione Penale

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Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 L'intervenuta abrogazione, per effetto dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205, dell'art. 341 cod. pen. ha dato luogo non ad una pura e semplice "abolitio criminis", disciplinata dall'art. 2, comma secondo, cod. pen., ma ad un fenomeno di successione di leggi penali nel tempo, inquadrabile nelle previsioni di cui al successivo terzo comma dello stesso articolo; ciò in quanto la condotta già qualificata come oltraggio a pubblico ufficiale dall'abrogata norma incriminatrice sarebbe stata - ed è rimasta - punibile, sia pure meno severamente, in assenza di detta norma, a titolo di ingiuria o di minaccia aggravate ai sensi dell'art. 61, n. 10, cod. pen.. Ne consegue che, facendosi espressamente salvi, nella disciplina dettata dal terzo comma dell'art. 2 cod. pen., gli effetti del giudicato, non può darsi luogo a revoca, ai sensi dell'art. 673 c.p.p., della sentenza di condanna per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale divenuta esecutiva prima dell'intervento abrogativo. Sez. I, sent. n. 3137 del 07-06-2000 (cc. del 26-04-2000), Saoud (rv 216096). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 L'intervenuta abrogazione, per effetto dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205, del reato di oltraggio a pubblico ufficiale, previsto dall'art.341 cod. pen. , non ha dato luogo ad un fenomeno di successione di leggi penali nel tempo, quale disciplinato dall'art.2, comma terzo, cod. pen. , ma ad una vera e propria "abolitio criminis" rientrante, come tale, nelle previsioni di cui al secondo comma dello stesso articolo. Ne consegue che la permanenza nell'ordinamento penale dei reati di ingiuria e di minaccia, aggravati (se commessi in danno di un pubblico ufficiale), ai sensi dell'art.61 n. 10 cod. pen. e rispetto ai quali il reato di oltraggio si poneva in rapporto non di specialità ma di assorbimento, non può costituire valida ragione per negare la revoca, ai sensi dell'art.673 c.p.p., di una condanna per oltraggio inflitta con sentenza divenuta esecutiva prima dell'intervento abrogativo. Sez. I, sent. n. 3165 del 07-06-2000 (cc. del 27-04-2000), Longo (rv 216098). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 L'intervenuta abrogazione, per effetto dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205, dell'art. 341 cod. pen. ha dato luogo non ad una pura e semplice "abolitio criminis", disciplinata dall'art. 2, comma secondo, cod. pen., ma ad un fenomeno di successione di leggi penali nel tempo, inquadrabile nelle previsioni di cui al successivo terzo comma dello stesso articolo; ciò in quanto la condotta già qualificata come oltraggio a pubblico ufficiale dall'abrogata norma incriminatrice sarebbe stata - ed è rimasta - punibile, sia pure meno severamente, in assenza di detta norma, a titolo di ingiuria o di minaccia aggravate ai sensi dell'art. 61, n. 10, cod. pen.. Ne consegue che, facendosi espressamente salvi, nella disciplina dettata dal terzo comma dell'art. 2 cod. pen., gli effetti del giudicato, non può darsi luogo a revoca, ai sensi dell'art. 673 c.p.p., della sentenza di condanna per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale divenuta esecutiva prima dell'intervento abrogativo. Sez. I, sent. n. 2744 del 25-05-2000 (cc. del 11-04-2000), Guerrieri (rv 216039). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 L'intervenuta abrogazione, per effetto dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205, del reato di oltraggio a pubblico ufficiale, previsto dall'art. 341 cod. pen., non ha dato luogo ad un fenomeno di successione di leggi penali nel tempo, quale disciplinato dall'art. 2, comma terzo, cod. pen., ma ad una vera e propria "abolitio criminis" rientrante, come tale, nelle previsioni di cui al secondo comma dello stesso articolo. Ne consegue che la permanenza nell'ordinamento penale dei reati di ingiuria e di minaccia, aggravati (se commessi in danno di un pubblico ufficiale), ai sensi dell'art. 61, n. 10, cod. pen., non può costituire valida ragione per negare la revoca, ai sensi dell'art. 673 c.p.p., di una condanna per oltraggio inflitta con sentenza divenuta esecutiva prima dell'intervento abrogativo. Sez. I, sent. n. 2779 del 25-05-2000 (cc. del 12-04-2000), Aayacha (rv 216041). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 Poiché con l'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205, che ha abrogato l'art. 341 cod. pen., non si è realizzata la totale irrilevanza penale dei fatti in precedenza qualificati come oltraggio, tuttora configurabili come reato ai sensi degli artt. 594 e 61 cod. pen., n. 10, è illegittima la revoca "in executivis" della sentenza di condanna per oltraggio a pubblico ufficiale. Sez. I, sent. n. 2743 del 19-05-2000 (cc. del 11-04-2000), Hattab (rv 216020).

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Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 A seguito dell'entrata in vigore dell'art. 18 della legge n. 205 del 1999, il fatto costituente oltraggio deve ritenersi penalmente irrilevante, con la conseguente applicazione, ai procedimenti in corso, dell'art. 2, comma secondo, cod. pen., non potendo configurarsi quel fenomeno di "espansione normativa" che lo faccia sussumere in ipotesi di ingiuria e/o minaccia aggravate ai sensi dell'art. 61, n. 10, cod. pen., essendo, queste ultime, figure criminose dirette alla protezione di differenti beni giuridici. (Fattispecie relativa a revoca della sentenza di condanna a norma dell'art. 673 cod. proc. pen.). Sez. I, sent. n. 1805 del 17-04-2000 (cc. del 10-03-2000), Errico (rv 215821). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 L'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205, abrogando l'art. 341 cod. pen., ha dato luogo ad una vera e propria "abolitio criminis", nel senso che il fatto costituente il reato di oltraggio non è più previsto dalla legge come reato, dovendosi escludere che il bene giuridico già protetto dalla norma abrogata sia lo stesso che continua a trovare protezione nella perdurante vigenza delle norme penali che puniscono l'ingiuria e la minaccia, ancorché aggravate dalla circostanza di cui all'art. 61, n. 10, cod. pen.; ipotesi di reato, queste, rispetto alle quali l'oltraggio a pubblico ufficiale andava considerato come fattispecie assorbente e non speciale. Rimane quindi esclusa l'operatività della disciplina dettata, per il caso della successione di leggi penali, dall'art. 2, comma terzo, cod. pen., dovendo invece trovare applicazione il disposto di cui al precedente comma secondo del medesimo articolo, relativo appunto al caso della sopravvenuta "abolitio criminis"; il che si traduce, in sede esecutiva, nella necessità di dar luogo alla revoca della sentenza definitiva di condanna, ai sensi dell'art. 673 cod. proc. pen.. Sez. I, sent. n. 1803 del 10-04-2000 (cc. del 10-03-2000), Piccolo (rv 215709). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 Il delitto di oltraggio è stato abrogato dall'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205, sicché il comportamento di colui che offende l'onore o il prestigio di un pubblico ufficiale in sua presenza e a causa o nell'esercizio delle sue funzioni è punibile ai sensi degli artt. 594 e 61, n. 10, cod. pen., su querela di parte. Ne deriva che se, al momento dell'entrata in vigore della legge suddetta, il giudizio è ancora in corso, va dichiarata l'improcedibilità dell'azione penale per difetto dell'istanza di punizione. (In relazione al principio ha precisato la Corte che non trova applicazione l'art. 19 della legge citata (recante disposizioni transitorie) che prevede, ove penda il relativo procedimento, che il giudice informi la persona offesa della facoltà di esercitare il diritto di querela, il cui termine decorre dal giorno in cui la persona offesa ne sia informata. Siffatta disposizione, invero, concerne unicamente i reati perseguibili a querela "ai sensi delle disposizioni della presente legge o dei decreti legislativi da essa previsti"). Sez. V, sent. n. 2127 del 23-02-2000 (ud. del 02-12-1999), Licata (rv 215474). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 Non ricorre l'ipotesi di cui all'art. 2, terzo comma, cod. pen. quando lo stesso fatto sia punito in base a due leggi coeve, allorché una di esse identifichi come reato, sanzionandola in modo meno grave, una delle condotte integranti gli estremi di un diverso reato previsto dall'altra, se la prima legge rimanga in vigore e la seconda venga abrogata. In tal caso, non si verifica l'automatica "espansione" della legge ancora vigente, sia perché il terzo comma dell'art. 2 c.p. - riferendosi a "leggi posteriori" - prevede l'ipotesi di una legge successiva rispetto ad altra anteriore (che non ricorre nella specie), sia perché una diversa interpretazione susciterebbe dubbi di legittimità costituzionale, in quanto comporterebbe l'applicazione della norma rimasta in vigore a un fatto anteriormente verificatosi (art. 25 della Costituzione), così violandosi il principio di irretroattività della legge penale, e urterebbe, inoltre, con l'art. 112 della Costituzione, giacché la norma penale coeva ancora in vigore risulterebbe applicata in mancanza dell'esercizio dell'azione penale. In ogni caso, l'applicazione di tale norma contrasterebbe con la natura del fenomeno dell'abrogazione, che opera "ex nunc": la norma abrogata resta, infatti, vigente, per il periodo anteriore all'abrogazione, impedendo, per lo stesso periodo, l'applicazione della legge rimasta in vigore, onde sarebbe contrario al sistema considerare ampliato, ora per allora, il raggio di azione di quest'ultima norma. (Nel caso, in cui era stato impugnato il provvedimento emesso in sede di incidente di esecuzione di diniego di revoca della sentenza di condanna per il reato di oltraggio, passata in giudicato, la Corte ha revocato questa sentenza, affermando il principio di cui in massima, ed escludendo che, a seguito dell'abrogazione dell'art. 341 c.p. - che prevedeva il reato di oltraggio - per effetto dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205, possa perseguirsi il fatto per i reati di ingiuria o di minaccia). Sez. VI, sent. n. 518 del 11-02-2000 (cc. del 28-01-2000), Marini (rv 215738).

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Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 In caso di "abolitio criminis", poiché tale evento fa venire meno, ancor più che la validità e l'efficacia della norma penale incriminatrice, la sua stessa esistenza nell'ordinamento, ogni giudice che sia formalmente investito della cognizione sulla fattispecie oggetto di abrogazione ha il compito di dichiarare, ex art. 129, comma primo, cod. proc. pen., che il fatto non è previsto dalla legge come reato, in ossequio al precetto di cui all'art. 2, comma secondo, cod. pen., per il quale nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato. In altri termini, essendo venuto meno l'oggetto sostanziale del rapporto processuale penale, e cioè il nesso tra un fatto penalmente rilevante e l'accusato (imputazione-imputato), tale declaratoria è necessariamente pregiudiziale rispetto ad ogni altro accertamento (quale quello relativo alle cause di inammissibilità dell'impugnazione) che implichi, invece, la formale permanenza di una "res iudicanda"; e ciò non diversamente da quanto è imposto al giudice nell'ipotesi di morte dell'imputato, ove pure - in questo caso per il venir meno della componente soggettiva - il rapporto processuale è risolto. (Fattispecie avente ad oggetto il reato di cui all'art. 341 cod. pen., nella quale la Corte di Cassazione, annullando senza rinvio la sentenza impugnata, ha dichiarato che il fatto non è previsto come reato, a norma dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205, pur dando atto dell'inammissibilità dei motivi di ricorso). Sez. VI, sent. n. 356 del 14-01-2000 (ud. del 15-12-1999), El Quaret (rv 215285). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 In tema di applicazione di pena su richiesta relativa a reati unificati dalla continuazione, a seguito di ricorso per Cassazione, qualora per uno dei reati in continuazione sia sopraggiunta l'"abolitio criminis" e il giudice che ha pronunciato la sentenza non abbia determinato la relativa pena, allo scomputo di essa deve provvedere la stessa Corte di Cassazione. Da un lato, infatti, l'annullamento "in parte qua" della sentenza non comporta un effetto rescissorio dell'accordo intervenuto ex art. 444 cod. proc. pen., posto che, in via di principio, le parti, nel concordare sul trattamento sanzionatorio da applicare in relazione a determinate fattispecie, sono in grado di prospettarsi l'eventualità che alcune di queste possano, "in itinere", venire meno, per effetto di cause di estinzione del reato o, appunto, di "abolitio", e dunque presuntivamente accettano, per tale eventualità, che l'accordo sanzionatorio si concentri, previa detrazione della pena "sine titulo", sulle imputazioni residue. Dall'altro, spetta al giudice che dichiara l'"abolito criminis" procedere allo scomputo della pena riferibile al reato non più previsto come reato. A tale ultimo riguardo va infatti precisato che non può essere investito di detta statuizione il giudice "a quo", il quale si è limitato a prendere atto della pena concordata tra le parti, sicché questa, anche se valutata congrua, non è stata dal medesimo determinata. Non ha nemmeno titolo per decidere in proposito il giudice dell'esecuzione, se non quando sia egli stesso a dichiarare l'"abolitio criminis" ex art. 673 cod. proc. pen. Ha invece pieno titolo a farlo il giudice che dichiara l'"abolitio criminis", compresa la Corte di cassazione, non ostandovi la normale estraneità alle funzioni di legittimità delle valutazioni discrezionali connesse a siffatta materia; e ciò in quanto si tratta di potere del tutto marginale e comunque inquadrabile nella generale previsione dell'art. 619, comma terzo, cod. proc. pen., che abilita appunto la Suprema Corte a rettificare la specie o la quantità della pena quando ciò derivi dall'applicazione "di legge più favorevole all'imputato, anche se sopravvenuta dopo la proposizione del ricorso, qualora non siano necessari nuovi accertamenti di fatto". (Fattispecie in tema di oltraggio a pubblico ufficiale). Sez. VI, sent. n. 356 del 14-01-2000 (cc. del 15-12-1999), El Quaret (rv 215286). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 A seguito dell'entrata in vigore dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205, che ha espressamente abrogato l'art. 341 cod. pen., qualora il procedimento penda davanti alla Corte di Cassazione, deve essere annullata la sentenza di condanna per tale reato, in applicazione dei principi della successione della legge penale nel tempo. Peraltro, considerata la natura di reato composto in senso lato del reato di oltraggio, il fatto residuo va qualificato come minaccia aggravata dalla qualità di pubblico ufficiale ex art. 61, n. 10, cod. pen. - della persona offesa dal reato, e, così modificata l'originaria imputazione, l'annullamento deve essere pronunciato senza rinvio per improcedibilità dell'azione penale per mancanza di querela, ove questa non sia stata proposta. Sez. VI, sent. n. 3946 del 13-01-2000 (cc. del 26-11-1999), Marabini (rv 215317). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205

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Poiché il delitto di oltraggio è stato abolito dall'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 e poiché esso tutelava alternativamente il prestigio o l'onore del pubblico ufficiale, la sua abrogazione non rende applicabile l'ipotesi criminosa ex art. 594 cod. pen. (ingiuria), la quale viceversa tutela l'onore e il decoro della persona offesa. Invero, le due fattispecie criminose non sono legate dal mero principio di specialità, dovendosi piuttosto parlare di assorbimento del reato di ingiuria in quello di oltraggio (dal momento che il reato assorbente, pur regolando fatti altrimenti previsti da una fattispecie astratta affine più generica, prevede però, anche fatti non punibili in base alla seconda norma); nel caso di specie, pertanto, l'"abrogatio criminis" non dà luogo ad un'ipotesi di successione di leggi nel tempo. Sez. V, sent. n. 13349 del 27-11-1999 (cc. del 14-10-1999), Ghezzi (rv 215043). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 Ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205, che ha espressamente abrogato il reato di oltraggio (art. 341 cod. pen.), se non siano riscontrabili gli estremi di alcun altro reato perseguibile d'ufficio, la Corte di Cassazione deve annullare senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, con eliminazione della pena inflitta. Sez. VI, sent. n. 13499 del 25-11-1999 (cc. del 12-10-1999), Colombo (rv 214896). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 L'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 ha abrogato la norma che prevedeva il delitto di oltraggio ma non ha fatto venir meno la rilevanza penale dei fatti-reato sussunti nella fattispecie di oltraggio: non può quindi trovare applicazione il comma primo dell'art. 2 c.p. qualora l'azione delittuosa sia stata commessa con minaccia in danno del pubblico ufficiale, conservando il comportamento rilevanza penale, ai sensi degli artt. 612 e 61, n. 10, cod. pen.. Consegue che, se il procedimento sia pendente davanti alla Corte di Cassazione, poiché la diversa qualificazione giuridica impone una verifica della procedibilità dell'azione penale ai sensi del capoverso dell'art. 612 cod. pen., se la gravità della minaccia sia stata positivamente apprezzata già dal giudice di merito con motivazione esauriente e logica, onde tale ultimo reato sia da considerare procedibile d'ufficio, la Corte deve annullare con rinvio la sentenza che ha ritenuto la sussistenza del delitto di oltraggio e rinviare al giudice di merito per la determinazione della pena da infliggere per il delitto di minaccia aggravata. Sez. VI, sent. n. 12277 del 28-10-1999(ud. del 24-09-1999), Dottore (rv 214528). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 In tema di oltraggio a pubblico ufficiale, a seguito dell'"abolitio criminis" di cui all'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205, il fatto, originariamente qualificato come oltraggio a norma dell'art. 341 cod. pen., può eventualmente essere nuovamente qualificato come ingiuria o minaccia, a norma degli artt. 594 e 612 cod. pen., aggravati ex art. 61, n. 10, cod. pen. In tale ipotesi, tuttavia, in mancanza di querela, non può essere fatta applicazione dell'art. 19 della predetta legge, che prevede una sorta di riapertura dei termini per la sua proposizione, con interpello della persona offesa, poiché tale disposizione si riferisce esclusivamente ai reati, come il furto semplice, originariamente perseguibili di ufficio e divenuti perseguibili a querela in forza della stessa legge, e non, quindi, al reato di oltraggio, che è stato invece abrogato. Ne consegue che, nel giudizio di Cassazione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché l'azione penale non può essere proseguita per mancanza di querela. Sez. VI, sent. n. 2949 del 26-10-1999 (ud. del 23-09-1999), Loria (rv 215269). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 In tema di oltraggio a pubblico ufficiale, a seguito dell'abolitio criminis" di cui all'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205, il fatto, originariamente qualificato come oltraggio a norma dell'art. 341 cod. pen., può eventualmente essere nuovamente qualificato come ingiuria o minaccia, a norma degli artt. 594 e 612 cod. pen. In tale ipotesi, tuttavia, in mancanza di querela, non può essere fatta applicazione dell'art. 19 della predetta legge, che prevede una sorta di riapertura dei termini per la sua proposizione, con interpello della persona offesa, poiché tale disposizione si riferisce esclusivamente ai reati, come il furto semplice, originariamente perseguibili di ufficio e divenuti perseguibili a querela in forza della stessa legge, e non, quindi, al reato di oltraggio, che è stato invece abrogato. Ne consegue che, nel giudizio di Cassazione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché l'azione penale non può essere proseguita per mancanza di querela. Sez. VI, sent. n. 11518 del 07-10-1999 (cc. del 13-07-1999), Del Pellegrino (rv 215268).

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Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale In tema di oltraggio a pubblico ufficiale, perché si configuri l'atto arbitrario è necessario che il P.U. ecceda dai suoi poteri con la piena consapevolezza di farlo, per perseguire uno scopo estraneo alle sue funzioni, o che usi mezzi non consentiti dall'ordinamento giuridico o si avvalga del suo potere in modo aggressivo, vessatorio o anche semplicemente sconveniente e non consono alle regole della normale convivenza civile. Ne consegue che la mera illegittimità dell'atto non si identifica con l'arbitrarietà del medesimo. (Ha precisato la Corte che, per l'operatività dell'esimente in questione, devono ricorrere i requisiti dell'attualità e della proporzione tra offesa e reazione; quanto al primo, va precisato che lo stesso deve essere inteso in senso non rigoroso, ma tale comunque da non fare venire meno il nesso di causalità che è senza dubbio alla base della previsione legislativa; quanto alla proporzionalità, anch'essa deve essere prudentemente apprezzata nella prospettiva che la reazione non esorbiti determinati limiti e non si atteggi, a sua volta, come autonoma e ingiustificata offesa). Sez. VI, sent. n. 11093 del 28-09-1999 (cc. del 24-06-1999), (rv 214335). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 Sono reati perseguibili a querela ai sensi della legge 25 giugno 1999 n. 205 non solo quelli per cui tale perseguibilità è stata introdotta, ma anche quelli in cui, a seguito della abrogazione della norma incriminatrice effettuata con la medesima legge, la condotta ha mantenuto il carattere di illecito penale, venendo inquadrata in figure di reato preesistenti, già perseguibili a querela. Tra questi il reato di oltraggio, la cui condotta criminosa, a seguito dell'abrogazione dell'art. 341 cod. pen., è qualificata giuridicamente come reato di ingiuria, perseguibile a querela di parte. Pertanto il giudice deve informare la parte offesa del reato di oltraggio della facoltà di esercitare il diritto di querela. Sez. III, sent. n. 10932 del 24-09-1999(ud. del 14-07-1999), Sinistra (rv 214451). Cassazione Penale Effetti dell'abrogazione della norma ai sensi dell'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 Poiché l'art. 18 della legge 25 giugno 1999 n. 205 ha abrogato, tra gli altri, il delitto di cui all'art. 341 cod. pen., il comportamento di chi offenda l'onore o il prestigio di un pubblico ufficiale in sua presenza ed a causa o nell'esercizio delle sue funzioni, va riqualificato come ingiuria (art. 594 cod. pen), con la conseguenza che, se, al momento dell'entrata in vigore della suddetta legge, il giudizio sia ancora in corso, va dichiarata l'improcedibilità dell'azione penale per difetto di querela. Sez. VI, sent. n. 9968 del 05-08-1999 (cc. del 13-07-1999), Gorziglia (rv 214183). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie Poiché lo Stato italiano non ha ancora dato completa attuazione alla normativa costituzionale di cui all'art. 6 Cost., rendendo concreto il diritto dei cittadini appartenenti alla minoranza riconosciuta di lingua slovena di rivolgersi nella madrelingua alle autorità amministrative italiane, non può invocare le scriminanti dell'esercizio di un diritto o della legittima difesa, neppure nella forma putativa, per la pregiudiziale mancanza della essenziale condizione dell'esistenza di un "diritto", il cittadino appartenente a tale minoranza linguistica che, avendo chiesto al presidente di un seggio elettorale - in occasione di una consultazione referendaria - di conferire con i componenti nella madrelingua e di ottenere la traduzione del quesito referendario in lingua slovena, avuta risposta negativa, abbia usato resistenza nei confronti degli appartenenti alle forze dell'ordine (che, inoltre, oltraggiava), i quali, per ordine del presidente, e a seguito di reiterate proteste da parte dell'interessato, provvedevano al suo allontanamento coattivo dal seggio. (Vedi sentenze della Corte Costituzionale n. 28 del 1982; n. 62 del 1992; n. 15 del 1996). Sez. VI, sent. n. 1400 del 03-02-1999 (cc. del 06-10-1998), Pahor (rv 213327). Cassazione Penale Soggetto danneggiato dal reato Il reato di oltraggio non comporta una lesione diretta al Corpo di appartenenza del pubblico ufficiale: l'offesa, è, infatti, rivolta al solo interlocutore immediato anche se apparentemente coinvolgente un numero indeterminato di persone appartenenti al Corpo dell'offeso. Deve, quindi, essere annullata la condanna al risarcimento dei danni in favore del Comune, peraltro privo di legittimazione a costituirsi parte civile, qualora la frase oltraggiosa - anche se coinvolgente, in qualche misura, l'intero corpo - sia stata pronunciata nei confronti di un vigile urbano. (Nella specie, la frase profferita nei confronti del vigile era del seguente tenore: "La rimozione è abusiva, siete tutti ladri, questa è un'associazione a delinquere". Il giudice d'appello aveva derubricato il reato da quello di cui all'art. 342 c.p., originariamente contestato,

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a quello previsto dall'art. 341 c.p., confermando la condanna al risarcimento dei danni in favore del Comune, ritenuto, peraltro, dalla Cassazione del tutto estraneo all'offesa, anche perché quest'ultima avrebbe potuto, semmai, riguardare il Corpo dei Vigili urbani e non l'ente locale). Sez. VI, sent. n. 1168 del 28-01-1999 (cc. del 30-10-1998), Di Vincenzo (rv 213334). Cassazione Penale Differenze da altri reati:- violenza o minaccia a un pubblico ufficiale La distinzione tra il reato di minaccia a un pubblico ufficiale, di cui all'art. 336 cod. pen. e quello di oltraggio aggravato dalla minaccia, ex art. 341, comma quarto, cod. pen., consiste nel fatto che, nel primo, la condotta minatoria è specificamente diretta a costringere il pubblico ufficiale a fare un atto contrario ai propri doveri o ad omettere un atto di ufficio, nel secondo, la minaccia rimane nell'ambito della manifestazione offensiva, quale espressione di semplice malanimo o disprezzo, a fronte di un atto di ufficio già compiuto. Sez. VI, sent. n. 13404 del 18-12-1998 (cc. del 14-10-1998), De Leonardis (rv 213426). Cassazione Penale Elemento soggettivo del reato In tema di oltraggio, per la sussistenza dell'elemento psicologico del reato non è necessario che l'agente conosca i presupposti normativi del conferimento della pubblica funzione - la cui ignoranza, risolvendosi in ignoranza della legge penale, dà luogo a un errore non scusabile, integrando detti presupposti la fattispecie penale - ma è sufficiente che il soggetto attivo del reato si renda conto che la persona offesa esercita una funzione pubblica. (Fattispecie in tema di reato commesso in danno di "guardiacaccia" nell'esercizio delle sue funzioni di sorveglianza dell'attività venatoria.) Sez. VI, sent. n. 12981 del 11-12-1998 (cc. del 14-10-1998), Modslo (rv 212314). Cassazione Penale Diritto di critica l'esclusione del reato di oltraggio, di cui all'art. 341 cod. pen., le espressioni con le quali può essere sindacata l'attività del pubblico ufficiale debbono essere immediatamente percepite come un giudizio che investe il provvedimento posto in essere da colui che esercita una pubblica funzione. Allorché, invece, la critica non si ponga in un rapporto di immediatezza con l'operato del pubblico ufficiale ma sia indirizzata alla sua persona, non si verte più nei limiti di un dissenso, con la conseguenza che, se le espressioni usate sono munite di un vigore offensivo e idonee a sminuire la dignità del pubblico ufficiale, deve escludersi la liceità del dissenso stesso. Sez. VI, sent. n. 12992 del 18-11-1998 (cc. del 23-10-1998), Roccattello (rv 213036). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale In tema di oltraggio, ai fini dell'applicazione dell'esimente della reazione ad atti arbitrari, ex art. 4 del D.Lgt. 14 settembre 1944 n. 288, non è sufficiente che l'atto del pubblico ufficiale sia illegittimo o dovuto a errore o a colpa, ma deve consistere in un comportamento che manifesti, per capriccio, malanimo, sopruso, settarietà, prepotenza e altri simili motivi, una deliberata intenzione di nuocere. (Nella specie, non è stata ritenuta applicabile la scriminante in relazione al comportamento del vigile urbano che, richiesto dalla persona che poi lo aveva oltraggiato se avesse accertato un'infrazione per divieto di sosta in suo danno nonostante l'omessa collocazione sul parabrezza dell'autovettura del preavviso di accertamento della violazione, non aveva dato alcuna risposta alla domanda: la Corte Suprema ha ritenuto adeguata la motivazione secondo la quale la mancata collocazione del preavviso sul parabrezza era stata determinata dall'esaurimento dei moduli di contravvenzione, e la mancata contestazione immediata della violazione era stata cagionata da un clima di generale confusione - per l'assembramento di numerose persone - e di contestazione dell'operato dei vigili che si era generato in quella circostanza). Sez. VI, sent. n. 11518 del 04-11-1998 (cc. del 02-10-1998), Suriani (rv 212012). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale La richiesta di documenti da parte del pubblico ufficiale per l'identificazione della persona è atto tipicamente rientrante nelle sue funzioni, potendo egli identificare chiunque per motivi di sicurezza e, in concorso di talune circostanze di tempo e di luogo, anche per motivi di ordine pubblico, e pertanto non può costituire atto arbitrario del medesimo pubblico ufficiale, ai sensi dell'art. 4 del D.Lgt. 14 settembre 1944 n. 288. (Nella specie, l'imputato di oltraggio resistenza e lesioni a pubblico ufficiale aveva sostenuto l'arbitrarietà della richiesta dei documenti da parte del pubblico ufficiale, in quanto egli si era limitato a

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svolgere rimostranze per il temporaneo divieto di transito per una pubblica strada - per motivi di ordine pubblico - ignaro delle ragioni di tale provvedimento, onde la richiesta di documenti, di per sé legittima, sarebbe divenuta arbitraria in quanto conseguente a tali rimostranze). Sez. VI, sent. n. 11519 del 04-11-1998 (cc. del 02-10-1998), Chiani (rv 212013). Cassazione Penale Concorso con altri reati:- lesioni personali In ipotesi di concorso delle imputazioni di oltraggio e di lesioni volontarie aggravate dalla qualità di pubblico ufficiale, ai sensi dell'art. 61, n. 10, c.p., devono trovare applicazione entrambe le norme, in considerazione dei differenti beni giuridici protetti dalle due previsioni legislative. Non può, infatti, operare, in tal caso il principio di specialità di cui all'art. 15 c.p., perché la disposizione presuppone che più norme incriminatrici regolino la stessa materia, abbiano, cioè la stessa obiettività giuridica, intesa nel senso d'identità del bene protetto. Sez. VI, sent. n. 7516 del 24-06-1998 (cc. del 26-05-1998), Izzo (rv 211250). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- presenza del pubblico ufficiale In tema di oltraggio a un pubblico ufficiale, la "presenza" di quest'ultimo, richiesta dall'art. 341 cod. pen., prescinde dal contatto fisico o anche semplicemente visivo, essendo estesa a un ambito spaziale tale da consentire al pubblico ufficiale la semplice possibilità di percepire l'espressione oltraggiosa. (Fattispecie nella quale, è stato ritenuto sussistere il requisito della presenza avendo l'agente rivolto l'espressione oltraggiosa non direttamente al pubblico ufficiale ma in circostanze spaziali tali che questi potesse percepirla). Sez. VI, sent. n. 7180 del 15-06-1998 (cc. del 20-05-1998), Marino (rv 211136). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale In tema di oltraggio, la norma dell'art. 4 del D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944 n. 288, che prevede la scriminante della reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale, non autorizza l'interpretazione restrittiva secondo la quale l'arbitrarietà andrebbe identificata con l'illegittimità del fine, negando qualsiasi rilevanza ai mezzi adottati, ed escludendone una loro autonoma illegittimità, ben potendo l'arbitrarietà consistere proprio nel loro uso, come quando una finalità legittima venga perseguita attraverso comportamenti inutili ed eccessivi, tali da comprimere ingiustificatamente diritti fondamentali della persona. (Nella specie, i pubblici ufficiali avevano proceduto all'identificazione dell'imputato, senza che il suo comportamento avesse dato luogo ad alcuna ragione di sospetto, e questi aveva declinato immediatamente le generalità, appena richiestone, esibendo un documento. Successivamente, lo avevano ugualmente sottoposto ad una limitazione della libertà personale costringendolo ad entrare e a trattenersi nell'ufficio di Polizia dove gli offesi prestavano servizio). Sez. VI, sent. n. 6564 del 04-06-1998 (cc. del 04-05-1998), Vitti (rv 210898). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale In tema di oltraggio, affinché possa trovare applicazione l'esimente della reazione ad un atto arbitrario del pubblico ufficiale, è necessario che sussista immediatezza temporale tra la reazione offensiva del prestigio del pubblico ufficiale e l'atto arbitrario di quest'ultimo (Nella specie, la Cassazione ha confermato la decisione del giudice di merito che aveva escluso l'applicabilità dell' esimente per essere avvenuto l'episodio concretante il reato di oltraggio a distanza di più giorni dal supposto atto arbitrario e con intento vendicativo). Sez. VI, sent. n. 1433 del 19-05-1998 (ud. del 22-04-1998), Spinelli (rv 210665). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale Per la sussistenza dell'esimente prevista dall'art. 4 del D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944 n. 288, non basta che il pubblico ufficiale ecceda dai limiti delle sue attribuzioni ma è necessario altresì che la sua condotta illegittima si manifesti in "atti arbitrari", connotati da assoluta estraneità rispetto al fine pubblico perseguito dalla legge e quindi tali da costituire sopruso, prepotenza, prevaricazione o capriccio nei confronti del privato destinatario (Nella specie, la Corte di Cassazione ha escluso la ricorrenza degli estremi della scriminante di fronte al comportamento del pubblico ufficiale che aveva esteso una perquisizione dall'alloggio nel quale il destinatario dell'atto aveva la residenza anagrafica, all'appartamento della moglie separata, ubicato in un diverso fabbricato, in quanto la separazione

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risultava fittizia e la perquisizione doveva essere eseguita nell'effettiva abitazione, seppure non individuata nel decreto relativo). Sez. VI, sent. n. 5572 del 13-05-1998 (cc. del 16-03-1998), Vitali (rv 210650). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie L'accusa, formulata, in termini indiscriminati, nei confronti di un pubblico ufficiale mentre sta svolgendo le proprie funzioni, di lavorare in un ufficio in cui è imperante la corruzione coinvolge il diretto interlocutore e ne offende l'onore ed il prestigio, mortificando e svilendo, nella sua essenza di imparzialità e di correttezza, il ruolo pubblico ricoperto. (Fattispecie in cui era stata rivolta ad una operatrice amministrativa della cancelleria commerciale addetta al rilascio dei certificati la seguente frase: "Tutto il Palazzo sa che nel vostro ufficio qualcuno rilascia con anticipo i certificati, percependo un compenso economico"). Sez. VI, sent. n. 4825 del 23-04-1998 (cc. del 12-03-1998), Pavan (rv 211056). Cassazione Penale Elemento soggettivo del reato L'elemento soggettivo del reato di oltraggio non si identifica con la deliberata intenzione di offendere l'onore ed il prestigio del pubblico ufficiale, ma è costituito dalla mera consapevolezza della potenzialità offensiva della frase pronunciata e dalla volontà di rivolgerla al soggetto passivo del reato. Sez. VI, sent. n. 4825 del 23-04-1998 (cc. del 12-03-1998), Pavan (rv 211055). Cassazione Penale Oltraggio con violenza o minaccia La prospettazione di denunciare taluno all'autorità giudiziaria non costituisce, di per sé, né minaccia né oltraggio; e tanto meno diventa di contenuto oltraggioso quando ad essa si accompagna la specificazione dell'oggetto della denuncia esternata senza arroganza, ma rimanendo nei limiti della protesta espressa in termini civili, anche se risentiti. (Nella fattispecie, è stato escluso che costituisse oltraggio aggravato dall'uso della minaccia l'essersi rivolto al maresciallo dei Carabinieri presente nell'aula del Consiglio comunale con la frase "la denuncio per non aver mantenuto l'ordine pubblico"). Sez. VI, sent. n. 4826 del 23-04-1998 (cc. del 16-03-1998), Episcopo (rv 211058). Cassazione Penale Differenze da altri reati:- violenza o minaccia a un pubblico ufficiale L'assunzione di un atteggiamento di prevaricazione nei confronti del sindaco mentre svolge le funzioni di presidenza del consiglio, realizzato attraverso l'aggressione fisica, anche se questa non si manifesti con il contatto fisico e le percosse, integra il reato di violenza a pubblico ufficiale e non quello di oltraggio a corpo politico o amministrativo e di oltraggio a pubblico ufficiale. (Nell'affermare il principio di cui in massima la corte ha ritenuto integrato il reato di violenza e non quello di oltraggio nella condotta dell'imputato che aveva staccato il microfono del sindaco, aizzato altri consiglieri a ripetere ritmicamente epiteti offensivi, scampanellato reiteratamente affermando in modo stentoreo che il sindaco non avrebbe tenuto consiglio, anche se, una volta terminata l'azione di disturbo, il consiglio era ripreso regolarmente). Sez. VI, sent. n. 2675 del 02-03-1998 (ud. del 29-01-1998), Cito (rv 210358). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie In tema di oltraggio a pubblico ufficiale un'espressione intrinsecamente offensiva - quale, nella specie, "si tolga dalle scatole" -, anche se viene usata nel linguaggio comune, non perde il carattere di antigiuridicità quando è pronunciata in circostanze tali che, esulando dai limiti della critica o della protesta garbata, trasmodi in aperto vilipendio della persona destinataria e della Pubblica Amministrazione da essa rappresentata. Sez. VI, sent. n. 1298 del 04-02-1998 (cc. del 29-09-1997), Carbone (rv 210841). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- causa o esercizio delle funzioni Per la sussistenza del delitto di oltraggio è necessario che intercorra un rapporto causale, anche meramente cronologico, tra l'offesa e le pubbliche funzioni. Ne consegue che la non attualità delle funzioni non vale ad escludere il reato se commesso a causa di esse, e che i personali motivi a delinquere, del tutto estranei alla "ratio", all'oggettività giuridica e all'aggressione del bene protetto in via

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speciale, in tanto non sono preclusivi della particolare tutela di cui all'art. 341 cod. pen. in quanto l'offesa sia arrecata durante l'esercizio delle pubbliche funzioni. Sez. V, sent. n. 5455 del 28-01-1998 (ud. del 28-11-1997), Tamburrini (rv 209564). Cassazione Penale Diritto di critica Per definire oltraggiosa un'espressione, quando si riconosca che essa è derivata da un fatto del pubblico ufficiale non arbitrario ma sottoposto a critica, non si può prescindere dal contesto in cui la frase è pronunziata, ma occorre valutarne l'adeguatezza rispetto alla valenza di quel fatto, muovendo sì dal valore semantico astrattamente assegnato ai termini impiegati, ma non conferendo ad esso carattere decisivo. Non può disconoscersi infatti la stessa possibilità del diritto di critica, quando esso, a causa dell'avvenimento da criticarsi, non potrebbe rappresentarsi se non con parole tali da ingenerare turbamento e mortificazione. Né in tal modo viene a confondersi l'area del lecito in caso di comportamento arbitrario rispetto a quella ammessa nell'ipotesi di comportamento criticabile. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto lecito che un cittadino, accusato in maniera palesemente ingiusta di favoreggiamento abbia detto a dei vigili urbani: "vergognatevi, avete le traveggole. Andate a fare il vostro dovere"). Sez. VI, sent. n. 9102 del 08-10-1997 (cc. del 18-09-1997), Zangrossi (rv 208615). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale In tema di oltraggio, l'esimente prevista dall'art. 4 del D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944 n. 288 non si identifica con l'attenuante della provocazione, ma richiede presupposti e condizioni ben diverse. Essa è inapplicabile in relazione alle sole modalità esecutive dell'adempimento di un dovere funzionale del pubblico ufficiale, richiedendo la commissione di un "atto arbitrario". Non sussiste peraltro contraddizione tra la concessione dell'attenuante della provocazione e l'esclusione dell'esimente speciale, essendo diversi, sul piano oggettivo e soggettivo, i presupposti che condizionano la configurabilità dei due istituti: nella provocazione, infatti, è sufficiente che si sia prodotto uno stato di eccitazione psichica conseguente alla percezione di un comportamento ingiusto posto in essere dalla vittima del reato, mentre per l'esimente dell'atto arbitrario del pubblico ufficiale è necessario dimostrare che il comportamento di costui, causa della reazione offensiva, si sia posto completamente al di fuori della sua funzionale attività ed abbia manifestato, nel contempo, una pervicace intenzione di eccedere dalle proprie attribuzioni per perseguire mere finalità vessatorie. Sez. V, sent. n. 8463 del 18-09-1997 (cc. del 09-07-1997), Foglia (rv 208609). Cassazione Penale Diritto di critica In tema di oltraggio a un pubblico ufficiale, quando l'espressione altrimenti offensiva è strettamente funzionale al ristabilimento della corretta azione dell'ufficio, questa deve considerarsi come lecita manifestazione di diritto di critica che prevale sulle esigenze repressive oggetto dell'art. 341 cod. pen. L'ambito di operatività di tale norma va infatti correlato al suo presupposto di validità: quello che la tutela del prestigio del pubblico ufficiale sia strumentale all'ulteriore interesse del buon andamento amministrativo, eretto a valore fondamentale nell'art. 97 della Costituzione. (Fattispecie nella quale un consigliere comunale, in una seduta consiliare, si era rivolto al Sindaco con le espressioni "tu sei ubriaco ... vai a dormire ... sempre ti addormenti": la Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza con la quale la Corte di Appello aveva confermato la responsabilità penale dell'imputato per il delitto di oltraggio non ammettendolo a provare che il Sindaco, durante quella seduta, era effettivamente ubriaco, condizione in cui frequentemente versava). Sez. VI, sent. n. 6271 del 26-06-1997 (cc. del 15-05-1997), Fiorelli (rv 209323). Cassazione Penale Oltraggio con violenza o minaccia In tema di oltraggio a pubblico ufficiale l'uso di un'espressione minacciosa può essere idonea ad integrare il reato in ragione esclusivamente della capacità di lesione del prestigio di questi e non per la forza di condizionamento della condotta del pubblico ufficiale. Perché la minaccia integri invece la forma aggravata di oltraggio occorre che questa abbia un'effettiva capacità intimidatoria. (Nell'affermare il principio di cui in massima, la Corte ha ritenuto che l'espressione "vi faccio trasferire immediatamente in Sardegna" rivolta ai pubblici ufficiali che procedevano al controllo fosse idonea ad integrare l'oltraggio in quanto diretta a ledere il prestigio di questi ma, sia per il suo contenuto oggettivo che per la qualità del soggetto che l'aveva pronunciata, non fosse tale da integrare l'aggravante della minaccia prevista dall'ultimo comma dell'art. 341 cod. pen.).

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Sez. VI, sent. n. 5973 del 19-06-1997 (cc. del 03-03-1997), Mascaro (rv 208308). Cassazione Penale Differenze da altri reati:- resistenza a un pubblico ufficiale Il criterio distintivo tra il reato di cui all'art. 337 cod. pen. e quello previsto dalla prima ipotesi dell'ultimo comma dell'art. 341 cod. pen., è costituito dallo scopo della minaccia; che, nel primo caso, è diretta ad impedire od ostacolare il compimento di un atto proprio delle funzioni del pubblico ufficiale, mentre nel secondo caso costituisce una semplice manifestazione di disprezzo e di disistima, diretta a ledere l'onore e il prestigio del pubblico ufficiale medesimo. Sez. VI, sent. n. 2716 del 21-03-1997 (cc. del 10-01-1997), Minniti (rv 207168). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- causa o esercizio delle funzioni In tema di oltraggio, (art. 341 cod. pen.) non può ritenersi che la qualità del pubblico ufficiale rilevi sempre e comunque, nei rapporti con gli altri soggetti, indipendentemente dall'attualità dell'esercizio delle funzioni, o dalla riferibilità ad esse del comportamento dell'offeso. (Nella fattispecie, la Corte, con riferimento ad un alterco per motivi di circolazione stradale, ha escluso la configurabilità del reato, benché l'offeso indossasse la divisa di agente di pubblica sicurezza, rilevando come questi, fuori turno di servizio, avesse agito nella circostanza in qualità di privato cittadino). Sez. VI, sent. n. 2727 del 21-03-1997 (cc. del 24-01-1997), Maiello (rv 207170). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale In materia di oltraggio, l'erronea convinzione da parte dell'agente di trovarsi di fronte a un comportamento illecito del pubblico ufficiale non vale ad escludere la responsabilità penale, dato che l'arbitrarietà del comportamento deve essere obiettiva. Sez. IV, sent. n. 10747 del 13-12-1996 (cc. del 05-11-1996), Figus (rv 206333). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale Deve ritenersi atto arbitrario la disposizione data dal Sindaco alla forza pubblica, presente nell'aula comunale, in cui è in corso l'ordinanza del Consiglio, di allontanare i consiglieri dell'opposizione al fine di riportare l'ordine all'interno dell'organo collegiale: invero trattasi di comportamento illegittimo, non consentito da norma alcuna del testo unico della legge comunale e provinciale, che per altro verso oggettivamente manifesta una volontà irrispettosa del diritto delle minoranze di partecipare alla ordinanza sino a quando essa, nel suo complesso, non venga sospesa o sciolta. (Affermando siffatto principio, la Cassazione ha ritenuto che il comportamento di un consigliere dell'opposizione, che aveva rivolto frasi oltraggiose al Sindaco il quale aveva dato la disposizione di cui sopra, fosse scriminato ai sensi dell'art. 4 del D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944 n. 288). Sez. VI, sent. n. 10696 del 12-12-1996 (cc. del 22-10-1996), Nobile (rv 206891). Cassazione Penale Pena A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 341 del 1994, che ha sanzionato l'illegittimità costituzionale dell'art. 341 cod. pen. nella parte in cui prevede quale minimo edittale per il reato di oltraggio la reclusione per mesi sei, è necessario procedere ad una nuova quantificazione della pena anche nel caso in cui il reato di oltraggio sia un reato satellite che abbia contribuito alla quantificazione della condanna solo nei limiti dell'aumento di pena determinato dalla continuazione. (Nell'affermare il principio di cui in massima, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza perché il giudice di merito procedesse ad una nuova quantificazione della pena base e della continuazione). Sez. V, sent. n. 9764 del 13-11-1996 (cc. del 01-10-1996), Patanè (rv 206534). Cassazione Penale Diritto di critica Non rientra nella manifestazione del diritto di critica rivolgersi ai vigili urbani, che stanno procedendo alla contestazione di un'infrazione, con un rigore giudicato eccessivo dall'interessato con la frase "voi non siete nessuno", poiché tale espressione esprime un apprezzamento diretto non al merito dell'atto, ma alla persona, ed è idoneo a ledere il prestigio di cui devono essere circondate le persone che esercitano una pubblica funzione.

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Sez. VI, sent. n. 8304 del 05-09-1996 (cc. del 13-06-1996), Pollina (rv 205930). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale Una perquisizione, invasiva della libertà di domicilio che l'art. 14 Cost. vuole inviolabile, ove sia pretestuosa, perché, secondo quanto si assume, effettuata ai sensi dell'art. 41 del T.U.L.P.S., nonostante la consapevolezza della inesistenza di indizi della presenza di armi, costituisce in modo indubbio, oggettivamente per offensività e soggettivamente per vessatorietà, atto arbitrario del pubblico ufficiale. (Fattispecie in materia di oltraggio). Sez. VI, sent. n. 5564 del 04-06-1996 (cc. del 19-04-1996), Perrone (rv 205067). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- causa o esercizio delle funzioni Per la configurabilità del reato di oltraggio a pubblico ufficiale è necessario che sussista tra l'offesa e le funzioni pubbliche un rapporto di causale o temporale. Per la sussistenza del nesso temporale non basta che il pubblico ufficiale si trovi in servizio, ma occorre che egli stia svolgendo concretamente e attualmente le sue funzioni. Né va confuso l'esercizio in concreto delle funzioni con il carattere permanente riconosciuto al servizio proprio di alcune categorie di pubblici ufficiali: questo carattere va inteso non già nel senso di un continuo esercizio in concreto delle funzioni, bensì nel senso che queste non sono soggette a limitazioni di ordine temporale, sì che i soggetti che ne sono investiti sono legittimati ad esplicarle in qualsiasi momento ove il caso lo richieda. La legittimazione di esercitare la pubblica funzione non significa necessariamente esercizio della stessa per cui se il pubblico ufficiale non stia esercitando in concreto la sua funzione pubblica, non si può imputare all'offensore il reato di oltraggio. (Nella specie, è stato rigettato il ricorso del P.M. avverso sentenza che aveva escluso la sussistenza dell'oltraggio in frasi ingiuriose rivolte ad un carabiniere, nel corso di una discussione meramente privata, con esclusione di ogni nesso fra offesa ed esercizio di pubbliche funzioni). Sez. VI, sent. n. 2719 del 14-03-1996 (cc. del 12-12-1995), Di Nola (rv 204121). Cassazione Penale Differenze da altri reati:- diffamazione Ai fini del delitto di oltraggio è necessaria la presenza del pubblico ufficiale, nel senso materiale (art. 341, primo comma, cod. pen.) o ideale (art. 341, secondo comma, cod. pen.: offesa recata mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritto o disegno, diretti al pubblico ufficiale). La norma incriminatrice postula un rapporto diretto e personale tra il soggettivo attivo e quello passivo del reato, nel senso che la destinazione dell'offesa dev'essere univoca, in modo che, nelle situazioni equiparate, si determina lo stesso rapporto di immediatezza che è immanente nell'oltraggio compiuto alla presenza fisica del pubblico ufficiale. Quest'ultimo, dunque, è il destinatario originario, formale e sostanziale, dello scritto o della telefonata offensiva. Per contro, quando la conoscenza dell'offesa è eventuale, condizionata a circostanze contingenti ed occasionali, si concretizza una comunicazione "in incertam personam", sufficiente e necessaria per la configurabilità del delitto di diffamazione. (Fattispecie relativa all'affissione di manifesti - contenenti offese nei confronti di magistrati del tribunale e della Procura della Repubblica di Bergamo - sui muri della piazza antistante il palazzo di giustizia, nella quale è stato escluso il ricorrere del reato di oltraggio). Sez. V, sent. n. 1718 del 14-02-1996 (cc. del 18-12-1995), Merlo (rv 203828). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie In tema di oltraggio a pubblico ufficiale, l'offesa al prestigio assurge ad esposizione a pericolo di attributi che devono accompagnare l'azione della Pubblica Amministrazione e quindi dei soggetti preposti o componenti dei suoi uffici ed il cui pregiudizio potrebbe risultare ostativo al raggiungimento delle finalità poste dalla legge, od all'efficacia dell'azione pubblica, incidendo sul consenso che la P.A. deve necessariamente avere nella società. Ciò posto il fatto offensivo dell'interesse tutelato dall'art. 341 cod. pen. deve concretizzarsi in una condotta volta a procurare il pericolo di siffatto pregiudizio, non essendo sufficiente a tal fine una manifestazione di critica anche accesa o di villania. (Affermando siffatto principio la Cassazione ha escluso la configurabilità del reato in questione con riguardo o comportamento di soggetto che ebbe a buttare dal finestrino dell'autovettura, il processo verbale di contestazione di contravvenzione in precedenza consegnatogli dai Carabinieri. In particolare la Corte Suprema ha rilevato che non poteva ritenersi doveroso, secondo comune regola civile, custodire detto documento ovvero non disfarsi di esso almeno alla presenza dei pubblici ufficiali). Sez. VI, sent. n. 11579 del 29-11-1995 (cc. del 28-09-1995), Pullella (rv 203860).

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Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale In tema di scriminante di cui all'art. 4 del D.L. n. 288 del 1944, la legge non prevede che la provocazione da parte del privato possa escludere l'arbitrarietà dell'atto del pubblico ufficiale. Poiché l'istituto è giustificato dalla considerazione che sarebbe iniquo punire comportamenti costituenti una naturale reazione psicologica a gravi scorrettezze commesse da chi é preposto all'esercizio di pubbliche funzioni e stante l'obbligo del pubblico ufficiale di improntare sempre il suo comportamento a modalità di correttezza adeguate alla dignità della Pubblica Amministrazione, valore che non è dato al singolo funzionario di disporre neppure indirettamente, è applicabile la suddetta esimente anche quando l'arbitrarietà dell'atto del pubblico ufficiale è conseguenza della provocazione del privato. (Nella fattispecie, l'atto arbitrario del pubblico ufficiale che aveva dato causa alla reazione oltraggiosa dell'imputato costituiva, a sua volta, reazione ad espressioni inurbane di quest'ultimo. La sentenza di condanna, che aveva ritenuta l'inapplicabilità dell'esimente in quanto il comportamento arbitrario del pubblico ufficiale era conseguente a provocazione del privato, è stata annullata con rinvio). Sez. VI, sent. n. 11419 del 25-11-1995 (cc. del 26-09-1995), Saetti (rv 204115). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie La qualità di pubblico ufficiale, a norma dell'art. 357 cod. pen., così come modificato dall'art. 17 della legge n. 86 del 1990, compete ai componenti la speciale commissione dell'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato incaricata di accertare le capacità specifiche delle imprese che con essa intendono contrattare, trattandosi di un'attività disciplinata da norme di diritto pubblico che, oltre ad esplicarsi attraverso l'esercizio di poteri certificativi circa il possesso dei requisiti tecnici richiesti, concorre anche alla formazione della volontà della stessa pubblica amministrazione per ciò che attiene all'iscrizione dell'impresa richiedente nello speciale albo dei fornitori. Sez. VI, sent. n. 9927 del 28-09-1995 (ud. del 10-07-1995), Caliciuri (rv 202872). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie Il preannuncio di un esposto indirizzato al superiore gerarchico non integra il delitto di oltraggio. Ciò perché non riveste valenza minatoria o lesiva del prestigio del pubblico ufficiale la segnalazione all'autorità amministrativa di fatti realmente accaduti e lealmente esposti. (Fattispecie nella quale un'automobilista, invitata da un vigile urbano a non attardarsi in sosta, in attesa di un posto libero nel parcheggio, aveva prospettato una denuncia al comandante del corpo). Sez. VI, sent. n. 9914 del 27-09-1995 (cc. del 13-07-1995), Motolese (rv 202651). Cassazione Penale Concorso con altri reati:- ingiuria recata a militare In caso di offesa arrecata da un militare all'onore od al prestigio di altro militare, avente qualità di pubblico ufficiale, a causa o nell'esercizio delle sue funzioni, l'art. 341 cod. pen. costituisce norma speciale rispetto all'art. 226 cod. pen. mil. pace (ingiuria) in quanto, oltre a tutti gli elementi costitutivi dell'ingiuria militare, la disposizione comune prevede ulteriori elementi specializzanti costituiti dalla qualità personale del soggetto passivo e dal nesso che deve sussistere fra azione e funzioni pubbliche, con la conseguenza che si configura nella specie la giurisdizione del giudice ordinario. Sez. I, sent. n. 3567 del 25-07-1995 (ud. del 14-06-1995), Iannucci (rv 202341). Cassazione Penale Pena In tema di oltraggio a pubblico ufficiale, la sentenza della Corte Costituzionale n. 341 del 1994 ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 341, comma primo, cod. pen., nella parte in cui prevede come minimo edittale la reclusione per mesi sei. Ora, se non può, assimilarsi la dichiarazione d'illegittimità al fenomeno abrogativo e se, dunque, non è dato ravvisare, in conseguenza della detta pronuncia, considerata la natura invalidante della sentenza della Corte Costituzionale, gli effetti propri della successione di leggi nel tempo sono, peraltro, agevolmente riscontrabili - non essendo possibile individuare un esatto rapporto di rispondenza tra la misura della pena inflitta e l'entità dell'editto - i riverberi di tale "decisum" relativamente ai processi non ancora definiti con sentenza passata in giudicato. Ed invero nella motivazione della sentenza n. 341 del 1994 (punto n. 3 del considerato in diritto) si precisa che, a seguito della cancellazione del limite censurato, è possibile individuare (è ovvio, interlocutoriamente, fermo restando il potere discrezionale del legislatore, libero di stabilire, per il reato medesimo, un diverso trattamento sanzionatorio, purché ragionevole), la pena minima da applicare per il reato in questione

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facendo riferimento al limite di quindici giorni fissato in via generale per la pena della reclusione dall'art. 23 cod. pen. Ed allora, pur restando, in via generale, l'esercizio del potere discrezionale del giudice nell'irrogazione della pena condizionato anche dall'editto vigente prima della pronuncia d'illegittimità, quando risulti che la sentenza denunciata si è sicuramente attestata al minimo della previsione edittale con specifico giudizio di valore sul punto, è possibile determinare, in conseguenza della parziale invalidazione dell'art. 341, comma primo, cod. pen., nel "minimum" scaturente dalla pronuncia d'illegittimità la misura della pena concretamente conforme alla detta pronuncia, pervenendo in tal modo all'unica delle soluzioni - in base all'assetto normativo vigente - conforme alla Costituzione. (Nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata perché il giudice "a quo", pur essendo stata irrogata una pena base corrispondente al minimo dell'editto vigente al momento della condanna, si era espresso in termini assolutamente negativi sul fatto, così da non consentire un immediato intervento correttivo sulla misura della pena da applicare, comunque, in sede di rinvio in misura inferiore a quella inflitta). Sez. VI, sent. n. 6177 del 27-05-1995 (cc. del 03-04-1995), Di Mario (rv 201697). Cassazione Penale Pena Posto che la Corte Costituzionale, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale del minimo edittale previsto in mesi 6 dall'art. 341 cod. pen. per il reato di oltraggio, ha affermato altresì che è possibile individuare la pena minima da applicare per tale reato con riferimento al limite di giorni 15 fissato in generale per la pena della reclusione (art. 23 cod. pen.), la Corte di Cassazione, qualora risulti che i giudici di merito hanno inteso in realtà applicare al minimo edittale della pena base, può procedere direttamente alla sostituzione della pena inflitta ex art. 619, comma terzo, cod. proc. pen. Sez. VI, sent. n. 6190 del 27-05-1995 (cc. del 11-04-1995), Bonina (rv 201895). Cassazione Penale Pena La sentenza della Corte Costituzionale del 25 luglio 1994 n. 341, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 341, comma primo, cod. pen. (oltraggio a pubblico ufficiale) nella parte in cui prevede come minimo edittale la reclusione per mesi 6 ed ha individuato la pena minima da applicare nel limite di giorni 15 (fissato in via generale per la pena della reclusione dell'art. 23 cod. pen.), ha efficacia retroattiva rispetto a tutti i rapporti pendenti. Pertanto quando sia impugnata una sentenza applicativa della pena su richiesta delle parti, deve ritenersi caducato negli effetti l'accordo intervenuto in quanto non più rispondente al riferimento normativo considerato al fine della composizione del rapporto: con la conseguenza che la Cassazione deve annullare la suddetta sentenza con rinvio per nuovo giudizio. Sez. VI, sent. n. 5759 del 18-05-1995 (cc. del 25-01-1995), Cimolai (rv 201667). Cassazione Penale Pena La sentenza della Corte Costituzionale del 25 luglio 1994 n. 341, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 341, comma primo, cod. pen. (oltraggio a pubblico ufficiale) nella parte in cui prevede come minimo edittale la reclusione per mesi sei ed ha individuato la pena minima da applicare nel limite di giorni 15 (fissato in via generale per la pena della reclusione dall'art. 23 cod. pen.), ha efficacia retroattiva rispetto a tutti i rapporti pendenti: pertanto la Cassazione, qualora la pena risulti nella sentenza impugnata irrogato nel valore minimo edittale, deve provvedere alla rettifica operando sulla base del computo eseguito dal giudice di merito o determinando quindi detta pena in giorni 15 di reclusione. Sez. VI, sent. n. 5762 del 18-05-1995 (cc. del 25-01-1995), Esposito (rv 201668). Cassazione Penale Pena In tema di oltraggio a pubblico ufficiale, la sentenza costituzionale n. 341 del 1994 ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 341, primo comma, cod. pen., "nella parte in cui prevede come minimo edittale la reclusione per mesi sei". Ora, se non può, certo, assimilarsi la dichiarazione di illegittimità - per giunta coinvolgente non il precetto ma la sola sanzione - al fenomeno abrogativo e se, dunque, non è dato ravvisare, in conseguenza della detta pronuncia, considerata la natura invalidante della sentenza della Corte, gli effetti propri della successione di leggi nel tempo, sono, peraltro, agevolmente riscontrabili, alla stregua delle disposizioni dell'art. 30, primo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87 - non essendo possibile individuare un esatto rapporto di rispondenza tra la misura della pena inflitta e l'entità dell'editto - i riverberi di tale "decisum" relativamente ai processi non ancora definiti con sentenza passata in giudicato. Ed invero nella motivazione della sentenza n. 341 del 1994 (punto n. 3 del

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"considerato in diritto") si precisa che, a seguito della cancellazione del limite censurato, è possibile individuare (è ovvio, interlocutoriamente, fermo restando il potere discrezionale del legislatore, "libero di stabilire, per il reato medesimo, un diverso trattamento sanzionatorio, purché ragionevole") "la pena minima da applicare per il reato in questione facendo riferimento al limite di quindici giorni fissato in via generale per la pena della reclusione dall'art. 23 cod. pen.". Pur restando, in via generale, l'esercizio del potere discrezionale del giudice nell'irrogazione della pena condizionato anche dall'editto vigente prima della pronuncia di illegittimità, quando risulti che la sentenza denunciata si è sicuramente attestata al minimo della previsione edittale con specifico giudizio di valore sul punto, è possibile determinare, in conseguenza della parziale invalidazione dell'art. 341, primo comma, cod. pen., nel "minimum" scaturente dalla pronuncia d'illegittimità la misura della pena concretamente conforme alla detta pronuncia, pervenendo in tal modo all'unica delle soluzioni - in base all'assetto normativo vigente - conforme a Costituzione. Un'operazione, peraltro che diviene impossibile quando l'imputato abbia ricorso anche per l'applicazione delle sanzioni sostitutive di cui agli artt. 53 e seguenti della legge 24 novembre 1981 n. 689, che è riservata all'esclusiva cognizione del giudice di merito il quale dovrà verificare la sufficienza dell'afflittività e della dissuasività della sanzione che si afferma erroneamente non applicata. Sez. VI, sent. n. 3793 del 07-04-1995 (cc. del 25-01-1995), Vercellin (rv 200710). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie Nel gergo comune, pur esprimendo apprezzamento negativo, l'espressione "giovani fanatici" non è offensiva, ma, esprimendo critica per l'eccesso di zelo dimostrata dai destinatari in una sua attività esplicata, ne sottolinea l'esagerazione, causata anche dall'eccessivo entusiasmo per inesperienza. È, perciò, immune da censure la motivazione del giudice di merito che ha ritenuto non costituire il delitto di cui all'art. 341 cod. pen. l'esprimere tale apprezzamento nei confronti di pubblici ufficiali. Sez. I, sent. n. 3637 del 04-04-1995 (cc. del 19-01-1995), Falcone (rv 201936). Cassazione Penale Pena In tema di oltraggio a pubblico ufficiale, la sentenza costituzionale n. 341 del 1994 ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 341, primo comma, cod. pen., "nella parte in cui prevede come minimo edittale la reclusione per mesi sei". Ora, se non può, certo, assimilarsi la dichiarazione di illegittimità - per giunta coinvolgente non il precetto ma la sola sanzione - al fenomeno abrogativo e se, dunque, non è dato ravvisare, in conseguenza della detta pronuncia, considerata la natura invalidante della sentenza della Corte, gli effetti propri della successione di leggi nel tempo, sono, peraltro agevolmente riscontrabili, alla stregua delle disposizioni dell'art. 30, primo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87 - non essendo possibile individuare un esatto rapporto di rispondenza tra la misura della pena inflitta e l'entità dell'editto - i riverberi di tale "decisum" relativamente ai processi non ancora definiti con sentenza passata in giudicato. Ed invero nella motivazione della sentenza n. 341 del 1994 (punto n. 3 del "considerato in diritto") si precisa che, a seguito della cancellazione del limite censurato, è possibile individuare (è ovvio, interlocutoriamente, fermo restando il potere discrezionale del legislatore, "libero di stabilire, per il reato medesimo, un diverso trattamento sanzionatorio, purché ragionevole") "la pena minima da applicare per il reato in questione facendo riferimento al limite di quindici giorni fissato in via generale per la pena della reclusione dall'art. 23 cod. pen.". Ed allora, pur restando, in via generale, l'esercizio del potere discrezionale del giudice nell'irrogazione della pena condizionato anche dall'editto vigente prima della pronuncia di illegittimità, quando risulti che la sentenza denunciata si è sicuramente attestata al minimo della previsione edittale con specifico giudizio di valore sul punto, è possibile determinare, in conseguenza della parziale invalidazione dell'art. 341, primo comma, cod. pen., nel "minimum" scaturente dalla pronuncia d'illegittimità la misura della pena concretamente conforme alla detta pronuncia, pervenendo in tal modo all'unica delle soluzioni - in base all'assetto normativo vigente - conforme a Costituzione. (Nella specie, la Corte ha rideterminato la misura della pena inflitta in giorni quindici di reclusione). Sez. VI, sent. n. 3577 del 04-04-1995 (cc. del 25-01-1995), Neglia (rv 200707). Cassazione Penale Pena In tema di oltraggio a pubblico ufficiale, la sentenza costituzionale n. 341 del 1994 ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 341, primo comma, cod. pen., "nella parte in cui prevede come minimo edittale la reclusione per mesi sei". Ora, se non può, certo, assimilarsi la dichiarazione di illegittimità - per giunta coinvolgente non il precetto ma la sola sanzione - al fenomeno abrogativo e se, dunque, non è dato ravvisare, in conseguenza della detta pronuncia, considerata la natura invalidante della sentenza della Corte, gli effetti propri della successione di leggi nel tempo, sono, peraltro agevolmente riscontrabili alla stregua delle disposizioni dell'art. 30, primo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87 - non

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essendo possibile individuare un esatto rapporto di rispondenza tra la misura della pena inflitta e l'entità dell'editto - i riverberi di tale "decisum" relativamente ai processi non ancora definiti con sentenza passata in giudicato. Ed invero nella motivazione della sentenza n. 341 del 1994 (punto n. 3 del Considerato in diritto) si precisa che, a seguito della cancellazione del limite censurato, è possibile individuare (è ovvio, interlocutoriamente, fermo restando il potere discrezionale del legislatore, "libero di stabilire, per il reato medesimo, un diverso trattamento sanzionatorio, purché ragionevole") "la pena minima da applicare per il reato in questione facendo riferimento al limite di quindici giorni fissato in via generale per la pena della reclusione dall'art. 23 cod. pen.". Tuttavia, quando il reato di oltraggio non sia altro che reato "satellite" di un più grave reato, l'effetto scaturente dalla sentenza n. 341 del 1994 è da ritenere del tutto ininfluente. E ciò perché, una volta ritenuta la continuazione tra più reati, il trattamento sanzionatorio originariamente previsto per i reati "satelliti" non esplica più alcuna efficacia, dovendosi solo aumentare la pena prevista per la violazione più grave. Sez. VI, sent. n. 3578 del 04-04-1995 (cc. del 25-01-1995), Sticco (rv 200708). Cassazione Penale Pena In tema di oltraggio a pubblico ufficiale, la sentenza costituzionale n. 341 del 1994 ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 341, primo comma, cod. pen., "nella parte in cui prevede come minimo edittale la reclusione per mesi sei". Ora, se non può, certo, assimilarsi la dichiarazione di illegittimità - per giunta coinvolgente non il precetto ma la sola sanzione - al fenomeno abrogativo e se, dunque, non è dato ravvisare, in conseguenza della detta pronuncia, considerata la natura invalidante della sentenza della Corte, gli effetti propri della successione di legge nel tempo, sono, peraltro, agevolmente riscontrabili, alla stregua delle disposizioni dell'art. 30, primo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87 - non essendo possibile individuare un esatto rapporto di rispondenza tra la misura della pena inflitta e l'entità dell'editto - i riverberi di tale "decisum" relativamente ai processi non ancora definiti con sentenza passata in giudicato. Ed invero nella motivazione della sentenza n. 341 del 1994 (punto n. 3 del Considerato in diritto) si precisa che, a seguito della cancellazione del limite censurato, è possibile individuare (è ovvio, interlocutoriamente, fermo restando il potere discrezionale del legislatore, "libero di stabilire, per il reato medesimo, un diverso trattamento sanzionatorio, purché ragionevole") "la pena minima da applicare per il reato in questione facendo riferimento al limite di quindici giorni fissato in via generale per la pena della reclusione dall'art. 23 cod. pen.). Ed allora, pur restando, in via generale, l'esercizio del potere discrezionale del giudice nell'irrogazione della pena condizionato anche dall'editto vigente prima della pronuncia di illegittimità, quando risulti che la sentenza denunciata si è sicuramente attestata al minimo della previsione edittale con specifico giudizio di giudizio di valore sul punto, è possibile determinare, in conseguenza della parziale invalidazione dell'art. 341, primo comma, cod. pen., nel "minimum" scaturente dalla pronuncia d'illegittimità la misura della pena concretamente conforme alla detta pronuncia, pervenendo in tal modo all'unica delle soluzioni - in base all'assetto normativo vigente - conforme a Costituzione. Quando invece, un simile giudizio di valore non sia riscontrabile, ovvero non sia stata inflitta una pena corrispondente al minimo dell'editto, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per la rideterminazione della misura della pena. Sez. VI, sent. n. 3587 del 04-04-1995 (cc. del 25-01-1995), Grasso (rv 200709). Cassazione Penale Pena La dichiarata illegittimità costituzionale dell'art. 341, primo comma, cod. pen., nella parte in cui prevede come minimo edittale la reclusione per mesi sei (vedi Corte Costituzionale, sent. 25 luglio 1994 n. 341), va rilevata d'ufficio dalla Corte di Cassazione, poiché la pronuncia influisce radicalmente sul potere discrezionale del giudice di commisurare la congruità della pena alla reale entità del fatto oggetto del giudizio di condanna. Sez. VI, sent. n. 2081 del 28-02-1995 (cc. del 06-12-1994), Stendardo (rv 200555). Cassazione Penale Concorso con altri reati:- oltraggio a un corpo politico, amministrativo o giudiziario Nell'offesa arrecata con un unico atto ad un corpo amministrativo o politico e ai singoli membri del medesimo ricorre l'ipotesi del concorso formale, per cui in tal caso il soggetto agente deve rispondere sia del reato previsto dall'art. 341 cod. pen. sia di quello di cui all'art. 342 cod. pen. L'unica condotta criminosa ha carattere plurioffensivo, ledendo sia il bene giuridico della Pubblica Amministrazione sia l'onore o il prestigio personale del pubblico ufficiale, per cui l'indagine in ordine all'elemento soggettivo si risolve nell'accertamento della consapevolezza, nell'agente, della potenzialità oltraggiosa della frase pronunciata e della volontà di rivolgerla al soggetto passivo del reato. Ne consegue che, qualora il fraseggio oltraggioso, potenzialmente lesivo del corpo politico, amministrativo o giudiziario, sia inidoneo a concretare l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 342 cod. pen., perché non pronunciato al cospetto dell'organo

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medesimo, ma alla presenza di taluno soltanto dei suoi componenti, residuerà il solo delitto dell'art. 341 cod. pen., ad escludere il quale nell'accertamento - della consapevolezza dell'agente che le parole oltraggiose risultano oggettivamente pronunciate in presenza del pubblico ufficiale e in un contesto che necessariamente lo coinvolge - non è lecito addurre la sussistenza della sola intenzione di offendere il corpo nel suo complesso e non anche il singolo suo componente, giacché il vilipendio dell'ente collegiale necessariamente comprende, senza assorbirlo, l'offesa del soggetto che di esso è parte costitutiva. Sez. VI, sent. n. 798 del 24-01-1995 (cc. del 06-10-1994), Trovò (rv 200109). Cassazione Penale Pena In forza della sentenza costituzionale n. 341 del 1994, che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 341, primo comma, cod. pen., nella parte in cui prevede come minimo edittale la reclusione per mesi sei, ove - relativamente al delitto di oltraggio - sia stata pronunciata, prima della decisione costituzionale sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, la Corte deve annullare con rinvio la sentenza impugnata, per l'eventuale applicabilità della disciplina più favorevole all'imputato. (Nella specie, la Corte ha anche precisato che, trattandosi di ricorso avverso sentenza non emessa in dibattimento, ma prima della dichiarazione di apertura del dibattimento stesso, l'annullamento può essere pronunciato in Camera di Consiglio, a norma dell'art. 611 cod. proc. pen.). Sez. VI, sent. n. 4723 del 12-01-1995 (ud. del 01-12-1994), Mollica (rv 200630). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie Gli addetti alle Ferrovie dello Stato, anche dopo l'entrata in vigore della legge 29 gennaio 1992 n. 35 e la conseguente delibera del C.I.P.E. 12 agosto 1992, che ha trasformato l'Ente Ferrovie dello Stato in società per azioni, sono pubblici ufficiali allorché, a norma dell'art. 71, secondo comma, del D.P.R. 11 luglio 1980 n. 753, provvedono alla constatazione dei fatti e alle relative verbalizzazioni nell'ambito di attività di prevenzione ed accertamento delle infrazioni alla polizia dei trasporti. Infatti l'art. 357 cod. pen. (come novellato dall'art. 17 della legge 26 aprile 1990 n. 86 e dall'art. 4 della legge 7 febbraio 1992 n. 181) ricollega esplicitamente la qualifica di pubblico ufficiale non al rapporto di dipendenza tra soggetto ed ente pubblico, ma ai caratteri propri dell'attività concretamente esercitata dal soggetto agente ed oggettivamente esercitata. Risponde perciò di oltraggio a pubblico ufficiale chi offenda il conduttore mentre espleta l'attività certificativa che la normativa gli attribuisce. Sez. VI, sent. n. 11490 del 17-11-1994 (cc. del 30-09-1994), Scazzariello (rv 200286). Cassazione Penale Relazione tra la sentenza e l'accusa contestata Sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa contestata e sentenza solo quando il fatto ritenuto in sentenza si trovi, rispetto a quello contestato, in rapporto di eterogeneità ovvero di incompatibilità, nel senso che viene a realizzarsi una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell'addebito nei confronti dell'imputato posto in tal modo di fronte ad un fatto del tutto nuovo, rispetto al quale non ha avuto alcuna possibilità di effettiva difesa. In tema di oltraggio a pubblico ufficiale costituisce violazione del principio di correlazione la condanna per una condotta commissiva diversa, integrata non solo dalle frasi contestate nell'imputazione, ma da altre espressioni non oggetto di contestazione, sicché la lesione del bene giuridico protetto, identificata nella contestazione come offesa al prestigio del pubblico ufficiale, si risolve, in sentenza, come offesa, invece, dell'onore. Sez. VI, sent. n. 11461 del 17-11-1994 (cc. del 21-09-1994), Peri (rv 200282). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - in genere Non integrano il delitto di oltraggio a pubblico ufficiale gli atti di indelicatezza, di mancanza di riguardo, di scortesia e, comunque, di non consentita familiarità tra i quali certamente rientra il fatto di rivolgersi al pubblico ufficiale con tono confidenziale dandogli del "tu" secondo il costume di un linguaggio proprio di antiche civiltà ancora praticato nel dialetto di molte popolazioni e secondo una prassi ormai generalizzata in tutto il territorio nazionale nei rapporti tra i giovani. Sez. VI, sent. n. 11461 del 17-10-1994 (cc. del 21-09-1994), Peri (rv 200283). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- presenza del pubblico ufficiale

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In tema di oltraggio, la "presenza" del pubblico ufficiale, presupposto indefettibile del reato di cui all'art. 341 cod. pen., è concetto ben diverso dal "cospetto", richiesto dal reato di cui all'art. 342 cod. pen. La "presenza" di richiesta dalla prima norma prescinde dal contatto fisico o anche semplicemente visivo ed è estesa ad un ambito spaziale tale da consentire al pubblico ufficiale la semplice possibilità di percepire l'espressione oltraggiosa. Essa va dunque ben oltre la possibilità di visione diretta e reciproca del soggetto attivo e di quello passivo espressa dal sostantivo "cospetto". Questo presuppone la contemporanea presenza, reciprocamente avvertita, nel medesimo luogo, fronte a fronte, del soggetto attivo e del corpo politico, amministrativo o giudiziario ovvero di una rappresentanza di esso, riuniti in forma propria e solenne, quale ad esempio, con riferimento ad un corpo di polizia, un picchetto d'onore, la banda musicale, un qualsiasi reparto organico schierato o adunato nel corso di una cerimonia o per l'adempimento di funzioni sue proprie, ipotesi di fatto queste ben diverse dalla presenza sparsa e dispersa tra la folla di diversi appartenenti al corpo, come singoli comandati e impegnati in servizio d'ordine in un determinato luogo. Ne consegue che risulta violato il principio di correlazione tra l'imputazione contestata e la sentenza (art. 521 cod. proc. pen.) nell'ipotesi che, tratto l'imputato a giudizio per rispondere del delitto di oltraggio a pubblico ufficiale per aver profferito le parole "polizia boia assassina", in presenza di un soprintendente della Polizia di Stato e di agenti in servizio in una zona dello stadio, venga ritenuto il reato previsto dall'art. 342 cod. pen. Sez. VI, sent. n. 9417 del 31-08-1994 (cc. del 30-05-1994), Marocchini (rv 199527). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie L'esercizio delle funzioni di pubblico insegnante non è circoscritto alla tenuta delle lezioni, ma si estende alle connesse attività preparatorie, contestuali e successive, ivi compresi gli incontri con i genitori degli allievi, al fine di renderli edotti sull'andamento dell'iter scolastico e di fornire loro gli opportuni suggerimenti, allo scopo di una fattiva collaborazione tra scuola e famiglia. (Fattispecie in tema di oltraggio a pubblico ufficiale in danno di docente di scuola media statale da parte di un genitore di alunno). Sez. VI, sent. n. 4033 del 07-04-1994 (cc. del 15-12-1993), Tulina (rv 197966). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale Non costituisce atto arbitrario, ai fini della scriminante di cui all'art. 4 del D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944 n. 288, il semplice atteggiamento ironico del pubblico ufficiale, là dove non si accompagni ad espressioni oggettivamente ingiuriose. (Nella specie la Corte ha rigettato il ricorso dell'imputato di oltraggio che invocava la scriminante dalla reazione legittima all'atto arbitrario del pubblico ufficiale che lo aveva ironicamente qualificato "intellettuale"). Sez. VI, sent. n. 3350 del 18-03-1994 (cc. del 24-11-1993), Giannico (rv 198975). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie Integra gli estremi dei reati di oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale la condotta di colui, che, dopo aver minacciato ed offeso un agente di polizia, lo colpisca con pugni e schiaffi nel momento in cui quegli annota gli estremi di targa del suo autoveicolo. Né rileva che al momento del fatto l'agente si trovi fuori dal territorio ove presta abitualmente servizio, poiché egli è tenuto a redigere rapporto sul fatto-reato cui ha assistito, in adempimento di un preciso dovere istituzionale. Sez. V, sent. n. 9902 del 02-11-1993 (cc. del 06-10-1993), Marangi (rv 196433). Cassazione Penale Differenze da altri reati:- violenza o minaccia a un pubblico ufficiale Ai fini dell'integrazione del delitto di cui all'art. 336 cod. pen., costituisce minaccia idonea a coartare la volontà del pubblico ufficiale e non semplicemente ad offenderne l'onore ed il prestigio, la frase "se volete la guerra, guerra sia" pronunciata all'indirizzo del pubblico ufficiale. (Nella specie, detta frase era stata pronunciata all'indirizzo di un carabiniere che stava procedendo al sequestro di un motoveicolo). Sez. VI, ord. n. 2305 del 25-08-1993 (ud. del 13-07-1993), Quaranta (rv 194954). Cassazione Penale Differenze da altri reati:- violenza o minaccia a un pubblico ufficiale L'efficacia intimidatrice di una frase, che la fa qualificare, a seconda dei casi, come reato di cui all'art. 336 o all'art. 337 cod. pen. ovvero all'art. 612 cod. pen., è direttamente proporzionale all'attuabilità del danno, che ne formi oggetto. Di conseguenza, se il male minacciato si presenta "ex se", non

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concretamente realizzabile, non è configurabile alcuna aggressione, penalmente rilevante, alla sfera psichica del soggetto passivo. Se, però, il profferire alcune parole apparentemente minacciose manifesta, e raggiunge, l'intento dell'agente di esprimere il proprio disprezzo per l'interlocutore, esso integra, a seconda dei casi, gli estremi del reato di cui all'art. 341 cod. pen. o di quello di cui all'art. 594 cod. pen. (Nella specie, la Cassazione ha ritenuto che la minaccia dell'imputato di sodomizzare gli agenti operanti non presentasse alcuna oggettiva attitudine ad intimorire, ma costituisse una plateale offesa al loro prestigio e, dunque, integrasse il reato di cui all'art. 341 cod. pen.). Sez. VI, sent. n. 8008 del 24-08-1993 (cc. del 10-06-1993), Ravidà (rv 194919). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale L'esimente di cui all'art. 4 del decreto legislativo luogotenenziale 14 settembre 1944 n. 288, postulando che il pubblico ufficiale "abbia dato causa al fatto... eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni", presuppone, da un lato, un rapporto causale tra la reazione dell'agente e la condotta arbitraria del pubblico ufficiale e che non può, quindi, farsi consistere di una mera occasionalità dovendo costituire la ragione determinante della condotta offensiva, dall'altro lato, l'illegittimità dell'azione del pubblico ufficiale, improntata ad uno scopo di vessazione e di sopraffazione che, esaurendosi di una finalità esclusivamente personale dello stesso pubblico ufficiale, intercorre il rapporto con l'ufficio pubblico in cui è inserito ed in forza del quale è conferita la qualifica pubblica. Sez. VI, sent. n. 6864 del 09-07-1993 (cc. del 03-05-1993), Scaduti (rv 195413). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie Elemento costitutivo del delitto di oltraggio è l'offesa arrecata all'onore o al prestigio del pubblico ufficiale. Trattandosi di un reato a forma libera, l'azione del soggetto può realizzarsi con qualsivoglia mezzo idoneo e, quindi, anche con semplici atti o gesti, ancorché non accompagnati da espressioni ingiuriose, suscettibili di recare nocumento a quella particolare forma di decoro e di rispetto che deve circondare quanti esercitano una pubblica funzione. (Fattispecie in cui la Corte Suprema ha ritenuto che integra, nei suoi elementi costitutivi, il delitto di oltraggio aggravato dalla violenza la condotta di chi afferri per il bavero un vigile urbano, nell'esercizio ed a causa delle sue funzioni, e, strattonandolo, gli infili nelle pieghe della divisa il verbale della contravvenzione, provocandone poi la caduta). Sez. VI, sent. n. 6337 del 23-06-1993 (cc. del 29-04-1993), Barbaro (rv 194447). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale La macroscopica sproporzione della reazione agli atti arbitrari del pubblico ufficiale esclude la concorrenza della causa di non punibilità di cui all'art. 4 del D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944 n. 288. Infatti, perché tale norma possa trovare applicazione, occorre che le azioni, che potrebbero integrare i reati in essa indicati, dipendano, in termini di causalità e di proporzionalità, dagli atti arbitrari posti in essere dal pubblico ufficiale. Diversamente verrebbe disatteso il principio più generale del ristabilimento dell'equilibrio giuridico, in quanto, anziché giustificare, in via eccezionale, il ripristino di una situazione alterata dall'arbitrio dell'autorità, si consentirebbero, attraverso il riconoscimento di cause di non punibilità, reazioni altrettanto arbitrarie, proprio perché sproporzionate. Sez. VI, sent. n. 5222 del 20-05-1993 (cc. del 11-03-1993), Belanzoni (rv 194025). Cassazione Penale Questioni processuali Il delitto di oltraggio a pubblico ufficiale si configura come reato plurioffensivo che lede il prestigio tanto della Pubblica Amministrazione quanto della persona fisica che la rappresenta (parte offesa primaria: l'una; secondaria: l'altra; mediata: la prima; immediata: la seconda). Ne consegue che, a norma degli artt. 555, primo comma, lett. b), e 558, primo e secondo comma, cod. proc. pen., il decreto di citazione a giudizio per il detto reato va notificato anche al pubblico ufficiale oltraggiato, in quanto soggetto passivo immediato del reato. Sez. VI, sent. n. 116 del 19-04-1993 (ud. del 19-01-1993), Pizziconi (rv 193689). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie In tema di oltraggio a pubblico ufficiale, deve ritenersi che abbia carattere sicuramente ingiurioso la parola "ciarlatano", che, specie nell'uso comune, equivale ad una particolare specie di imbroglione, e precisamente a colui che trae in inganno l'interlocutore sommergendolo con un fiume di parole.

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Sez. VI, sent. n. 8166 del 22-07-1992 (cc. del 05-05-1992), Rosi (rv 191410). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale In tema di reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale, l'art. 4 del D.Lgs.Lgt. n. 288 del 1944 contempla una speciale ipotesi di provocazione, qualificata dallo "status" di colui che la pone in essere. Peraltro anche con riguardo a tale ipotesi trova applicazione il principio secondo cui la provocazione non assume giuridica rilevanza se il fatto ingiusto della vittima, al quale l'autore di un delitto abbia reagito, sia stato determinato, a sua volta, da un precedente comportamento ingiusto da lui posto in essere. (Fattispecie in tema di oltraggio a pubblico ufficiale). Sez. VI, sent. n. 8166 del 22-07-1992 (cc. del 05-05-1992), Rosi (rv 191411). Cassazione Penale Elemento soggettivo del reato Per la consumazione del delitto di oltraggio a pubblico ufficiale, di cui all'art. 341 del cod. pen., non è richiesta la deliberata intenzione di offendere l'onore o il prestigio del pubblico ufficiale, ma è sufficiente la consapevolezza dell'oggettivo significato oltraggioso del proprio comportamento. Sez. VI, sent. n. 475 del 20-01-1992 (cc. del 20-11-1991), Meo (rv 188942). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale Le cause di non punibilità possono dispiegare la loro efficacia sicuramente solo quando sia stata acquisita la piena prova della loro esistenza, non potendo, invece, trovare applicazione nel caso in cui siano dubbi i presupposti di fatto e le condizioni per la loro applicabilità. (Nella fattispecie, questa Corte ha annullato la sentenza del giudice d'appello che, pur non ritenendo pienamente provato l'atto arbitrario del pubblico ufficiale, aveva dichiarato l'imputato non punibile in applicazione dell'esimente prevista dall'art. 4 del D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944 n. 288). Sez. VI, sent. n. 16687 del 19-12-1990 (cc. del 18-06-1990), Vezzoli (rv 186036). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie La frase: "ti ho fatto fare una brutta figura e altre ne farai ancora" pronunciata nei confronti di un pubblico ufficiale, ha un contenuto chiaramente oltraggioso poiché l'asserzione di aver fatto fare una brutta figura ad un pubblico ufficiale lede il suo onore e il suo decoro. Sez. VI, sent. n. 15320 del 21-11-1990 (cc. del 08-06-1989), Pisanelli (rv 185931). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- causa o esercizio delle funzioni All'interno dell'organo collegiale non è possibile ravvisare una offesa posta in essere da uno dei componenti in danno di un altro, che integri gli estremi del reato di cui all'art. 341 del cod. pen., poiché, appartenendo il potere al collegio nella sua inscindibile unità e non ai singoli componenti, mancherebbe il presupposto indispensabile del nesso fra l'offesa e l'esercizio delle funzioni. In tale ipotesi possono essere ravvisabili, secondo i casi, gli estremi del reato di ingiuria ovvero di quelli di minaccia. Sez. VI, sent. n. 15481 del 21-11-1990 (cc. del 11-07-1990), Prostamo (rv 185836). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie In materia di oltraggio, la frase "fate il cazzo che vi pare" è espressione certamente priva di riguardo ed è indice di inurbanità, ma non è idonea a ledere l'onore o il prestigio del pubblico ufficiale. Sez. II, sent. n. 9456 del 03-07-1990 (cc. del 02-06-1989), Mantovani (rv 184771). Cassazione Penale Differenze da altri reati:- corruzione Per la configurabilità del delitto di cui all'art. 322 cod. pen. occorre, tra l'altro, che l'offerta o la promessa di denaro o di altra utilità sia idonea alla realizzazione dello scopo, cioè sia tale da indurre il destinatario al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio; idoneità che va valutata con un giudizio "ex ante" che tenga conto dell'entità del compenso, delle qualità personali del destinatario e della sua posizione economica e che deve essere tale da determinare una rilevante probabilità di causare un turbamento

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psichico nel pubblico ufficiale, sì che sorga il pericolo dell'accettazione dell'offerta. (Nella specie, la Cassazione ha considerato "inidonea" l'offerta di lire cinquemila fatta dall'imputato a due agenti della Polizia stradale affinché si astenessero dal contestargli una contravvenzione al codice della strada ed ha ritenuto che nella suddetta offerta, per la sua irrisorietà e per le sue modalità tendenti a dimostrare il convincimento che gli agenti si sarebbero "venduti" per un nonnulla, fosse ravvisabile un gesto di scherno gravemente lesivo del prestigio dei pubblici ufficiali, e conseguentemente l'ipotesi di reato di cui all'art. 341, comma primo, cod. pen.). Sez. VI, sent. n. 5439 del 13-04-1990 (cc. del 15-12-1989), Destito (rv 184039). Cassazione Penale Oltraggio con violenza o minaccia Il delitto di oltraggio a pubblico ufficiale, aggravato ai sensi della prima parte dell'ultimo capoverso dell'art. 341 del cod. pen., può essere integrato anche da una condotta che si esaurisca nella sola esplicazione di violenza o minaccia al pubblico ufficiale. Sez. VI, sent. n. 5285 del 11-04-1990 (cc. del 17-02-1989), Boi (rv 183986). Cassazione Penale Questioni di costituzionalità Le norme del codice penale che riservano un trattamento punitivo più severo all'oltraggio rispetto all'ingiuria e ne prevedono la procedibilità d'ufficio in luogo di quella a querela di parte non confliggono con il principio di eguaglianza stabilito nell'art. 3 Cost., in quanto esse sono ragionevolmente giustificate dalla protezione dell'interesse, costituzionalmente rilevante, del buon andamento amministrativo. Sez. VI, sent. n. 3080 del 03-03-1990 (cc. del 29-09-1989), Bellini (rv 183550). Cassazione Penale Soggetto attivo del reato Nell'ipotesi in cui l'offensore sia un superiore gerarchico dell'offeso e l'offesa dipenda da cause inerenti l'ufficio o il servizio è ravvisabile il delitto di oltraggio. Infatti, al superiore gerarchico non può disconoscersi un potere disciplinare nei confronti dell'inferiore, che può estrinsecarsi in un rimprovero verbale, in un richiamo severo e, nei casi previsti dalla legge, nell'inizio di un procedimento disciplinare; tuttavia l'esercizio di tale potere non consente al superiore di ledere il prestigio dell'inferiore con un comportamento che sia in contrasto con le norme della civile convivenza e della buona educazione, anche nell'ipotesi in cui l'offesa sia stata determinata da ragioni attinenti l'ufficio o il servizio. Sez. VI, sent. n. 2158 del 16-02-1990 (cc. del 30-10-1989), Interlandi (rv 183360). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale Adempiere un dovere funzionale, quando l'occasione per farlo sorga da una situazione che veda, in qualche modo, coinvolto il pubblico ufficiale, non equivale a porre in essere un atto arbitrario. In realtà, in tutti i casi nei quali lo stato di fatto sia tale da determinare la convergenza di un interesse privato (lecito) del pubblico ufficiale nell'esercizio di un suo compito istituzionale, è palese la necessità che egli agisca con prudenza e discrezione per evitare il pericolo di confusione fra la sfera pubblica e quella privata o il sospetto di illecita strumentalizzazione del suo potere. Tuttavia, è altrettanto innegabile che, fuori dell'ipotesi in cui l'atto di ufficio sia posto in essere in modo sopraffattorio, o comunque lesivo della personalità del privato, la mera presenza dell'interesse del pubblico ufficiale non valga a renderlo, "ipso facto", arbitrario. (Fattispecie relativa a ritenuta insussistenza della causa di giustificazione di cui all'art. 4 del D.Lgs.Lgt. n. 288 del 1944 in relazione al delitto di oltraggio). Sez. VI, sent. n. 2153 del 16-02-1990 (cc. del 25-10-1989), Neri (rv 183359). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - in genere L'oltraggio può consistere non soltanto nell'offesa all'onore del pubblico ufficiale, ma anche nell'offesa al suo prestigio, la quale bene può essere integrata da minaccia la quale, costituendo espressione di sentimenti ostili, importa sempre pregiudizio alla persona rivestita di pubbliche funzioni, ledendone la dignità e il prestigio. Sez. VI, sent. n. 1852 del 10-02-1990 (cc. del 12-10-1989), Costa (rv 183280). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale

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Gli atti che rientrano nell'ambito dei poteri del pubblico ufficiale compiuti esclusivamente per il raggiungimento dei fini propri della pubblica funzione non possono ritenersi arbitrari solo perché posti in essere con scarsa cautela o in modo rude e sgarbato. Sez. VI, sent. n. 1415 del 01-02-1990 (cc. del 16-01-1989), Cuomo (rv 183171). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale Deve ravvisarsi un comportamento omissivo del pubblico ufficiale, rientrante nella categoria degli atti arbitrari, nella condotta di un vigile urbano che si sia limitato a rivolgere ad alcuni automobilisti l'invito a spostare le macchine irregolarmente posteggiate, mentre abbia mostrato ad un altro di non essere disposto a tollerare altrettanto nei suoi confronti, dichiarando di aver già preso il numero di targa per elevare contravvenzione. (La Cassazione ha ritenuto che un tale comportamento, in quanto lesivo di un interesse giuridicamente riconosciuto dell'automobilista contravvenzionato, traducendosi in espressione di parzialità, avesse giustificato la reazione oltraggiosa di costui). Sez. VI, sent. n. 1462 del 01-02-1990 (cc. del 04-03-1989), Luzi (rv 183185). Cassazione Penale Elemento soggettivo del reato In tema di oltraggio a pubblico ufficiale, quando le frasi dirette al pubblico ufficiale siano intrinsecamente oltraggiose e, quindi, eccedenti i limiti del diritto di critica e di civile protesta, l'intento critico dell'agente non esclude il dolo, che è costituito dalla consapevolezza nell'agente della potenzialità oltraggiosa della frase pronunciata e dalla volontà di rivolgerla al soggetto passivo. Sez. VI, sent. n. 16706 del 29-11-1989 (cc. del 14-07-1989), Gatto (rv 182706). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- causa o esercizio delle funzioni L'art. 341 del cod. pen. (oltraggio a un pubblico ufficiale) prevede due ipotesi di reato: quella commessa quando il pubblico ufficiale si trova nell'esercizio delle sue funzioni e quella commessa a causa di esse; in questo secondo caso non è necessario che il pubblico ufficiale stia svolgendo un atto del suo ufficio, ma è sufficiente che l'offesa sia arrecata con riferimento alla qualità rivestita o con astratto riferimento alle funzioni da lui svolte. (Nella specie, è stata ritenuta la esistenza del dovere, da parte di agente di P.S., di intervenire nel caso di pericolo o di possibile violazione della legge penale, specialmente nel caso di reati che pongano in pericolo l'incolumità dei singoli, ivi compresa quella del pubblico ufficiale, ed è stato osservato che le offese e le violenze inferte al pubblico ufficiale dagli imputati, dopo che egli si era chiaramente qualificato, integrerebbero in ogni caso il reato di oltraggio indipendentemente dalla sussistenza dell'esercizio delle funzioni). Sez. VI, sent. n. 16178 del 21-11-1989 (cc. del 22-06-1989), Boscolo (rv 182618). Cassazione Penale Offesa recata in presenza di una o più persone In tema di oltraggio, per l'applicabilità della circostanza aggravante della presenza di più persone, di cui all'art. 341, quarto comma, del cod. pen., non è necessario che gli astanti sentano effettivamente le parole oltraggiose, bastando che abbiano la possibilità di udirle. Sez. VI, sent. n. 15559 del 11-11-1989 (cc. del 07-07-1989), Boschet (rv 182513). Cassazione Penale Diritto di critica Se è vero che la critica mossa all'operato dei pubblici ufficiali è pienamente lecita in quanto rappresenta la manifestazione della libertà di opinione riconosciuta ai consociati, tuttavia ai fini della esclusione del reato di oltraggio, di cui all'art. 341 del cod. pen., le espressioni con le quali può essere sindacata l'attività del pubblico ufficiale debbono essere immediatamente percepite come un giudizio che investe il provvedimento posto in essere da colui che esercita una pubblica funzione. Allorché, però, la critica non si pone più in un rapporto di immediatezza con l'operato del pubblico ufficiale e sia strumentalizzata per portare un attacco indiscriminato alle funzioni del pubblico ufficiale, non si verte più nei limiti di un dissenso, con la conseguenza che, se le espressioni usate sono munite di un vigore offensivo e idonee a sminuire la dignità del pubblico ufficiale, deve escludersi la liceità del dissenso stesso. (Nella specie, è stato ritenuto che le espressioni indirizzate a vigili urbani nell'esercizio delle loro funzioni (intervenuti per sedare una discussione insorta all'interno di un bar), cui l'agente si rivolga dicendo "che c... c'entrano i vigili urbani", "non sono c... vostri", in quanto non si pongono in un rapporto di immediatezza con

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l'operato dei vigili stessi, sono oltraggiose perché, a causa della loro oscenità, sono idonee ad avvilire la pubblica funzione e il decoro e il prestigio di chi la esercita). Sez. VI, sent. n. 15256 del 07-11-1989 (cc. del 26-04-1989), Fedele (rv 182456). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie In tema di oltraggio a pubblico ufficiale, la frase "ora mi avete rotto i c...", benché di uso corrente tra individui di modesto livello sociale, mantiene la sua obiettiva capacità di offendere il prestigio del pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, tanto più quando manchi un qualsiasi rapporto di amicizia tra offeso ed offensore. (Fattispecie di detenuto che, avendo apostrofato con la frase riportata in massima un sottufficiale degli agenti di custodia, se ne riteneva scriminato per l'inoffensività dell'espressione conseguente l'assunto uso corrente). Sez. VI, sent. n. 14145 del 24-10-1989 (cc. del 28-09-1988), Toni (rv 182329). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale Non è consentita l'assoluzione per insufficienza di prove quando il dubbio cade sulla prova di una causa di giustificazione, che, per avere rilevanza deve essere rigorosamente provata, non essendo possibile qualificare dubbia una situazione nella quale ad un fatto certo che comprenda tutti gli elementi oggettivi e soggettivi di un reato, si contrappongono circostanze, incerte nella loro concretezza, relative ad una causa di giustificazione, non compresa fra gli elementi costitutivi del reato. (Fattispecie di assoluzione per insufficienza di prove sulla causa di giustificazione di cui all'art. 4 del D.Lgs. Lgt. n. 288 del 1944. Sez. VI, sent. n. 7841 del 30-05-1989 (cc. del 30-03-1989), Presti (rv 181437). Cassazione Penale Soggetto attivo del reato Nel reato di oltraggio a pubblico ufficiale il soggetto attivo può essere un pubblico ufficiale e tra essi, il superiore nei confronti dell'inferiore. Sez. VI, sent. n. 7554 del 19-05-1989 (cc. del 09-06-1988), Ciruleo (rv 181375). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- causa o esercizio delle funzioni Il mero collegamento di frasi ingiuriose allo "status" di militare non fa scattare l'ipotesi del reato di oltraggio, se tale collegamento non inerisce allo specifico esercizio di quelle pubbliche funzioni che, nell'attività militare, sono espressione dell'adempimento di una pubblica funzione, quale quella di portaordini, quella di disciplina e di polizia militare, quella di ronda. Sez. VI, sent. n. 7102 del 12-05-1989 (cc. del 21-03-1989), Innocenzi (rv 181329). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie Le frasi volgari e offensive sono idonee a integrare gli estremi del reato di oltraggio anche se siano divenute di uso corrente in particolari ambienti perché l'abitudine al linguaggio volgare e genericamente offensivo proprio di determinati ceti sociali non toglie alle dette frasi la loro obiettiva capacità di ledere il prestigio del pubblico ufficiale, con danno della Pubblica Amministrazione da esso rappresentata. (Nella fattispecie è stata ritenuta oltraggiosa la frase "vieni qui scemo, cretino"). Sez. VI, sent. n. 6431 del 27-04-1989 (cc. del 25-02-1989), Cataldi (rv 181175). Cassazione Penale Oggetto della tutela penale Nel delitto di oltraggio l'offesa al prestigio del pubblico ufficiale che la subisca a causa o nell'esercizio delle sue funzioni, si ripercuote sulla Pubblica Amministrazione, dal primo in quel momento rappresentata. Ne consegue che l'eventuale rapporto di amicizia o genericamente di confidenza con l'offensore non esclude, ricorrendone gli altri presupposti, la configurabilità del delitto in questione. Sez. VI, sent. n. 2027 del 11-02-1989 (cc. del 28-11-1988), Cè (rv 180447). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie

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Sussiste il delitto di oltraggio a pubblico ufficiale, punibile ai sensi dell'art. 341 del cod. pen., quando la frase, la parola, l'espressione adoperata siano tali - per il loro contenuto e per le circostanze nelle quali vennero pronunziate - da costituire offesa al prestigio del pubblico ufficiale, il quale, trovandosi nello esercizio delle sue funzioni, rappresenta e interpreta le esigenze della Pubblica Amministrazione. Né rileva che una data locuzione ricorra ormai frequentemente nel linguaggio comune: quando essa si trova inserita in un contesto che esprime, senza possibilità di equivoci, disprezzo e disistima per le funzioni del pubblico ufficiale, in quanto tale, perde il significato anodino e quasi senza importanza acquisito nell'uso comune ed esprime tutta la valenza offensiva che le è propria. (Nella specie, relativa a ritenuta sussistenza del reato, erano state rivolte ai pubblici ufficiali le frasi: "che me ne frega; tanto io ho i miliardi, e poi le vostre multe me le metto nelle balle" e "siete dei buffoni e dei pellegrini"). Sez. VI, sent. n. 413 del 17-01-1989 (cc. del 29-11-1988), Strati (rv 180174). Cassazione Penale Elemento soggettivo del reato L'ignoranza della qualificazione giuridica della persona offesa non vale ad escludere l'elemento psicologico del reato di oltraggio, quando l'agente sappia o debba necessariamente sapere che essa esercita una determinata funzione pubblica. Sez. VI, sent. n. 9604 del 30-09-1988 (cc. del 03-03-1988), Gardoni (rv 179283). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- causa o esercizio delle funzioni In tema di oltraggio, la qualità di pubblico ufficiale del soggetto passivo non è sufficiente per la configurabilità del reato, essendo necessario che l'offesa a costui sia arrecata, oltre che in presenza, a causa o nell'esercizio delle funzioni, con stretto nesso di causalità tra l'offesa e le funzioni esercitate. Sez. V, sent. n. 7745 del 04-07-1988 (cc. del 08-03-1988), Sicilia (rv 178789). Cassazione Penale Concorso con altri reati:- resistenza a un pubblico ufficiale La violenza può integrare un'aggravante del delitto di oltraggio, sempreché, non sia mirata, pure se congiuntamente ad espressioni ingiuriose, a cagionare impedimento all'attività istituzionale del pubblico ufficiale onde paralizzarne l'esito; ove diretta invece a tal fine, essa assume la figura concorrente del delitto di resistenza a pubblico ufficiale. Sez. I, sent. n. 4195 del 07-04-1988 (cc. del 20-11-1987), Caterino (rv 178052). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale La scriminante dell'arbitrarietà dell'atto del pubblico ufficiale, di cui all'art. 4 del decreto legislativo luogotenenziale 14 settembre 1944 n. 288, è ravvisabile unicamente quando il pubblico ufficiale non abbia la potestà di eseguire l'atto che compie. Non è sufficiente ad integrarla l'illegittimità dell'atto stesso che può consistere anche nella sconvenienza e scorrettezza del modo di svolgimento di un'attività conforme, sotto il profilo sostanziale, alle disposizioni di legge che la regolano. Sez. VI, sent. n. 2715 del 27-02-1988 (cc. del 01-12-1987), Cardosi (rv 177714). Cassazione Penale Differenze da altri reati:- violenza o minaccia a un pubblico ufficiale Per la sussistenza del delitto di violenza o minaccia a pubblico ufficiale è necessario sempre che l'azione violenta o intimidatrice sia posta in essere anteriormente alla realizzazione dell'atto che il pubblico ufficiale è chiamato a compiere; qualora, invece, la violenza o la minaccia siano attuate dopo ed a causa di tale atto, il fatto stesso, in quanto offensivo dell'onore o del prestigio del pubblico ufficiale, deve qualificarsi come oltraggio a pubblico ufficiale. Sez. VI, sent. n. 3020 del 13-03-1987 (cc. del 03-12-1986), Favara (rv 175313). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale Al fine di verificare - in tema di oltraggio o resistenza - se il pubblico ufficiale abbia compiuto un atto arbitrario in danno di un imputato che invochi l'applicazione dell'esimente di cui all'art. 4 del D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944 n. 288, è necessario l'accertamento delle reali circostanze nelle quali si svolsero i fatti. (Nella specie, questa Corte ha annullato la sentenza del giudice del merito che aveva escluso la sussistenza dell'esimente in parola e la necessità di ascoltare in proposito altri testimoni indicati

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dall'imputato limitandosi ad affermare che mancava la prova di un atto arbitrario commesso dal pubblico ufficiale, in quanto ciò che l'imputato sosteneva era in contrasto con quanto risultava "dagli atti"). Sez. VI, sent. n. 2562 del 25-02-1987 (cc. del 13-11-1986), Palermi (rv 175236). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale Ai fini dell'applicabilità dell'esimente di cui all'art. 4 del D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944 n. 288, l'atto del pubblico ufficiale deve considerarsi arbitrario non soltanto perché illegittimo o dovuto a errore o a colpa, ma in quanto consistente in un comportamento che manifesti, per capriccio, malanimo, settarietà, prepotenza, sopruso ed altri simili motivi, una deliberata intenzione di eccedere dalle proprie attribuzioni. Sez. VI, sent. n. 788 del 27-01-1987 (cc. del 03-10-1986), Trovato (rv 174928). Cassazione Penale Elemento soggettivo del reato Nel delitto di oltraggio il dolo non è necessariamente "in re ipsa", ma, a seconda delle circostanze, occorre indagare anche sulle reali intenzioni dell'agente (con esclusione, ad esempio, del carattere ingiurioso nel caso di riferimento delle parole a situazioni contingenti non coinvolgenti direttamente il pubblico ufficiale). Quando, invece, sia inequivoco il carattere oltraggioso delle frasi e le stesse risultino obiettivamente profferite in presenza del pubblico ufficiale ed in un contesto che necessariamente lo coinvolge, il dolo deve considerarsi integrato. Sez. VI, sent. n. 12956 del 19-11-1986 (cc. del 10-07-1986), Di Ghero (rv 174336). Cassazione Penale Elemento soggettivo del reato Per la sussistenza dell'elemento soggettivo del delitto di oltraggio non è necessario il dolo specifico di ledere l'onore ed il prestigio del soggetto passivo. Sez. VI, sent. n. 11797 del 27-10-1986 (cc. del 12-06-1986), Testaguzza (rv 174152). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale La scriminante della reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale postula non tanto l'illegittimità dell'atto, quanto l'arbitrarietà del comportamento del pubblico ufficiale o dello incaricato del pubblico servizio, ossia una condotta che esprima settarietà e prepotenza e un modo di agire contrario alle disposizioni di legge ed alle norme del costume sociale. Sez. VI, sent. n. 11796 del 27-10-1986 (cc. del 03-06-1986), Rubei (rv 174151). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- causa o esercizio delle funzioni Qualora un testimone revochi o modifichi nei dibattimenti la precedente deposizione accusatoria resa in istruttoria, e successivamente ritratti la deposizione dibattimentale falsamente prestata, a seguito di giudizio immediato per falsa testimonianza, le dichiarazioni istruttorie, implicitamente confermate "per relationem" con la ritrattazione, perdono il loro valore di testimonianza e, in quanto sostituite dall'atto di ritrattazione che ne prende il posto assumono nell'ambito del procedimento principale, il rilievo di dichiarazioni rese da imputato di reati connessi. Commette pertanto i reati di ingiuria e percosse e non quello di oltraggio violento colui che rechi offesa all'autore della ritrattazione, ingiuriandolo e percuotendolo. Sez. VI, sent. n. 10960 del 15-10-1986 (cc. del 14-05-1986), Ticeller (rv 173983). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie Non integra il delitto di oltraggio a un pubblico ufficiale, di cui all'art. 341 cod. pen., il comportamento del privato che, al momento della notifica di un atto di citazione da parte dell'ufficiale giudiziario, si limiti a fare a pezzi la copia del documento e getti tali pezzi nel cestino, poiché è palese che tale azione non reca detrimento a onore e prestigio del pubblico ufficiale nell'atto in cui questi adempie a un'incombenza del proprio ufficio, né ha per destinatario lo stesso pubblico ufficiale, bensì il committente della notifica della citazione, risolvendosi in un gesto di collera all'indirizzo di costui, benché assente. Sez. VI, sent. n. 9532 del 18-09-1986 (cc. del 17-06-1986), Montefusco (rv 173771).

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Cassazione Penale Differenze da altri reati:- resistenza a un pubblico ufficiale Quando nei confronti del pubblico ufficiale è posta in essere la violenza come opposizione ad un atto d'ufficio ricorrono gli elementi costitutivi del reato di resistenza e non quelli di oltraggio con violenza. Sez. VI, sent. n. 8580 del 25-08-1986 (cc. del 25-03-1986), Benvegni (rv 173611). Cassazione Penale Diritto di critica Il diritto di critica che può essere anche esercitato attraverso uno scritto non può mai trascendere ed eccedere i limiti del lecito; per cui, qualora ciò accada, come nel caso nel quale si definiscono gli amministratori comunali come "un branco di fannulloni e signorotti che sanno dominare qualsiasi gestione pubblica" e si invitino gli stessi a lasciare il posto a persone "più coerenti e più giuste", risulta integro il delitto di oltraggio a pubblico ufficiale. Sez. VI, sent. n. 7250 del 08-07-1986 (cc. del 31-01-1986), Lequio (rv 173370). Cassazione Penale Questioni di costituzionalità È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 341 del cod. pen., in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., rispetto al reato di insubordinazione con minacce ed ingiurie, previsto dall'art. 189 del c.p.m.p. in quanto le scelte effettuate dal legislatore in materia di trattamento sanzionatorio non sono sindacabili in sede di giudizio di costituzionalità. Sez. VI, sent. n. 4873 del 04-06-1986 (cc. del 22-04-1986), Teso (rv 172945). Cassazione Penale Imputabilità Il dolo nel delitto di oltraggio è "in re ipsa" quando le espressioni usate hanno per il loro significato un valore offensivo assolutamente preciso e non suscettibile di interpretazioni ambigue e non è escluso nemmeno dallo stato di ubriachezza in cui si sia trovato l'agente che ha profferito le espressioni oltraggiose. Sez. VI, sent. n. 4873 del 04-06-1986 (cc. del 22-04-1986), Teso (rv 172946). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie In tema di oltraggio, una data locuzione, ancorché ricorra frequentemente nel linguaggio comune, vale a sostanziare il reato di cui all'art. 341 cod. pen. qualora, nell'ambito dell'intero contesto della frase, perda il significato neutro acquisito nell'uso comune ed assuma valenza offensiva per la persona del pubblico ufficiale ed i poteri da questa rappresentati. (Nella specie, è stata ritenuta oltraggiosa la espressione "che c... vuoi" pur considerandosi che essa, secondo un uso ormai diffuso, sia sinonimo di "cosa vuoi"). Sez. VI, sent. n. 4308 del 27-05-1986 (cc. del 12-12-1985), Saullo (rv 172840). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale L'arbitrarietà del comportamento del pubblico ufficiale che rende non punibile l'oltraggio dipende non solo dall'illegittimità obiettiva dell'esercizio della funzione, ma anche dal carattere di prepotenza o di sopruso della condotta, determinata non da colpa, ma dalla consapevole volontà del soggetto di agire al di fuori dei compiti attribuitigli. Sez. VI, sent. n. 4314 del 27-05-1986 (cc. del 13-12-1985), Giorgetti (rv 172843). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale Perché il comportamento del pubblico ufficiale possa essere ritenuto arbitrario, occorre che egli abbia ecceduto nell'esercizio dei suoi poteri con la piena consapevolezza di discostarsi dagli scopi inerenti alla sua funzione o di aver usato mezzi non consentiti dall'ordinamento giuridico nell'ambito della sua attività. Ne consegue che non può considerarsi tale la condotta avuta dai vigili urbani che abbiano fatto presente all'imputato di non poter vendere frutta nel mercato rionale, mentre era in possesso di autorizzazione di vendita limitatamente ad una contrada del Comune ove essi svolgevano le funzioni di vigilanza annonaria. Sez. VI, sent. n. 3586 del 12-05-1986 (cc. del 17-12-1985), Garofano (rv 172636).

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Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie In tema di oltraggio a pubblico ufficiale, contiene un valore offensivo l'espressione rivolta ad un carabiniere, "io non mi lascio dire niente, anche se sei un karpf", profferita dall'imputato in quanto il termine "karpf" è un dispregiativo usato nel gergo tedesco ed indica "carpione". Sez. VI, sent. n. 2248 del 20-03-1986 (cc. del 15-01-1986), Holzmann (rv 172178). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie Il delitto di oltraggio a pubblico ufficiale è un reato a forma libera, in quanto l'azione del soggetto può realizzarsi con qualsiasi mezzo suscettibile di recar nocumento al prestigio dello stesso pubblico ufficiale. Ne consegue che l'espressione "vado di fretta, non ti dò un cazzo", usata dall'imputato nei confronti di un vigile urbano in servizio, costituendo manifestazione di noncuranza e disistima verso il vigile, pur essendo usata frequentemente nel linguaggio comune, contiene pur sempre un carattere oltraggioso, concretandosi nella mancanza di un doveroso riguardo che ogni cittadino deve, invece, avere nei confronti di colui che svolge una pubblica funzione. Sez. VI, sent. n. 2089 del 14-03-1986 (cc. del 28-11-1985), Marrone (rv 172131). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie In tema di delitto di oltraggio a pubblico ufficiale, la frase "non rompermi i coglioni" e "non rompere le scatole a mia moglie" ha un evidente contenuto oltraggioso e lesivo del prestigio del pubblico ufficiale, cui è rivolta, anche se si tratta di espressione usata frequentemente, tanto più se rivolta da un detenuto ad una persona addetta alla sua sorveglianza, verso la quale egli ha il dovere di serbare un comportamento riguardoso. Sez. VI, sent. n. 2091 del 14-03-1986 (cc. del 28-11-1985), Dessì (rv 172133). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - in genere In tema di oltraggio a pubblico ufficiale, quale previsto dall'art. 341 cod. pen., la circostanza che espressioni usate nei confronti del pubblico ufficiale siano di uso corrente in un determinato luogo od anche ad ogni livello sociale non è rilevante ai fini di una esclusione del reato stesso. Infatti, la facilità con la quale vengono talvolta usate anche le espressioni più volgari ed il fatto che una tale abitudine sia diffusa tra persone di scarsa sensibilità non toglie alle espressioni medesime la loro obiettiva capacità di offendere il prestigio di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, tanto più quando la mancanza di qualsiasi pregressa conoscenza o di qualsiasi rapporto di amicizia o di familiarità tra l'offensore e l'offeso lasci alla frase tutto il suo contenuto offensivo. Sez. VI, sent. n. 1229 del 03-02-1986 (cc. del 28-11-1985), Ledda (rv 171770). Cassazione Penale Elemento soggettivo del reato In tema di oltraggio a pubblico ufficiale, quale previsto dall'art. 341 del cod. pen., l'elemento soggettivo è costituito dalla consapevolezza, nell'agente, della potenzialità oltraggiosa della frase pronunciata e dalla volontà di rivolgerla al soggetto passivo del reato, a nulla rilevando il motivo ispiratore della condotta o il fine cui tende l'offesa, che possono essere presi in considerazione unicamente allo scopo di concedere le attenuanti generiche. Sez. VI, sent. n. 1227 del 03-02-1986 (cc. del 20-11-1985), Bavata (rv 171769). Cassazione Penale Pluralità di soggetti passivi Nel caso di offesa verbale rivolta contemporaneamente a più persone, l'azione unica è, in realtà, plurima sotto l'aspetto della sua idoneità offensiva e, quindi, equivale, anche sotto il profilo oggettivo, alla pronuncia reiterata della stessa frase rivolta al singolare alle persone presenti. In tale ipotesi è, pertanto, applicabile l'istituto della continuazione, in quanto l'unicità del disegno criminoso è insita nella modalità stessa di esecuzione dell'azione illecita. Sez. VI, sent. n. 1202 del 03-02-1986 (cc. del 15-10-1985), Minniti (rv 171756). Cassazione Penale

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Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - in genere Nel reato di oltraggio l'offesa può manifestarsi con qualsiasi mezzo idoneo e, quindi, anche semplicemente con atti e gesti suscettivi di ledere il prestigio del pubblico ufficiale, senza che occorra che sia fatto ricorso a contumelie o che si adoperino espressioni intrinsecamente offensive. Sez. VI, sent. n. 10687 del 15-11-1985 (cc. del 04-06-1985), Robertone (rv 171075). Cassazione Penale Questioni di costituzionalità È manifestamente infondata la questione di legittimità dell'art. 341 cod. pen., che punisce l'oltraggio a pubblico ufficiale, in relazione all'art. 189 del cod. pen. mil. pace, che prevede l'insubordinazione di un militare nei confronti di un superiore commessa con minacce o con ingiuria. Infatti tale situazione non viola il principio di uguaglianza dei cittadini stabilito dall'art. 3 Cost., in quanto la configurazione delle fattispecie criminose e la valutazione delle conseguenze tra i reati e le pene appartengono alla politica legislativa e non sono sindacabili, sempre che le sperequazioni non assumano una tale gravità da apparire ingiustificate e dovute ad arbitrio del legislatore. Tale non è il caso delle due norme citate poiché la differenza del trattamento sanzionatorio è dettata dalle esigenze diverse di tutela della disciplina militare e dell'ordinato svolgimento delle funzioni dei pubblici ufficiali. Sez. VI, sent. n. 9940 del 29-10-1985 (cc. del 06-03-1985), Stella (rv 170873). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie Integra gli estremi del delitto di oltraggio, di cui all'art. 341 cod. pen., il gettare piccole pietre addosso a carabinieri in servizio d'ordine durante una partita di calcio, poiché tale fatto costituisce un attentato all'onore ed al prestigio dei medesimi. (Fattispecie relativa a rigetto di ricorso in cui l'imputato aveva sostenuto la sussistenza della contravvenzione di molestia o disturbo alle persone, di cui all'art. 660 del cod. pen.). Sez. VI, sent. n. 9980 del 29-10-1985 (cc. del 03-05-1985), D'Acunto (rv 170888). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- causa o esercizio delle funzioni In tema di oltraggio, il nesso causale tra l'offesa e l'esercizio della pubblica funzione sussiste tutte le volte che, sul piano oggettivo, vi sia correlazione tra l'attività oltraggiosa del reo e l'attività in concreto svolta dal funzionario, indipendentemente dal contesto più o meno occasionale o dal motivo che può aver provocato o determinato l'intervento e l'esercizio della pubblica funzione. Sez. VI, sent. n. 9961 del 29-10-1985 (cc. del 17-04-1985), De Gregorio (rv 170884). Cassazione Penale Pluralità di soggetti passivi Nel caso di offesa verbale rivolta contemporaneamente a più persone, l'azione unica è in realtà plurima sotto l'aspetto della sua idoneità offensiva e quindi equivale, anche sotto il profilo oggettivo, alla pronuncia reiterata della stessa frase rivolta al singolare alle persone presenti. In tal caso è, pertanto, applicabile l'istituto della continuazione, in quanto l'unicità del disegno criminoso, che caratterizza tale istituto, è insita nella modalità stessa di esecuzione dell'azione illecita. (Applicazione in tema di oltraggio a pubblico ufficiale). Sez. VI, sent. n. 10070 del 29-10-1985 (cc. del 21-06-1985), Pampili (rv 170912). Cassazione Penale Pluralità di soggetti passivi Nel caso di offesa verbale rivolta contemporaneamente a più persone, l'azione unica concretizzatasi nella emissione di voce è in realtà plurima, produttiva cioè di più violazioni simultanee con idoneità offensiva equivalente, anche sotto il profilo oggettivo, alla pronuncia reiterata della stessa frase rivolta singolarmente alle persone presenti. Né in tema di oltraggio a pubblico ufficiale può ritenersi che sia leso unitariamente il pubblico interesse alla tutela della funzione pubblica quando siano più i soggetti oltraggiati, poiché l'azione si risolve in distinte offese all'onore e al prestigio di ciascun pubblico ufficiale, con possibilità di applicare l'istituto della continuazione, in quanto l'unicità del disegno criminoso è insita nelle modalità stesse di esecuzione dell'azione illecita. Sez. VI, sent. n. 9945 del 29-10-1985 (cc. del 29-03-1985), Leboffe (rv 170877). Cassazione Penale

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Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale Gli atti scorretti e inurbani del pubblico ufficiale non possono confondersi con l'atto arbitrario e quindi non danno luogo all'esimente prevista dall'art. 4 del D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944 n. 288. Un atto eseguito dal pubblico ufficiale in maniera inopportuna, scorretta o addirittura inurbana, invero, tende pur sempre alle finalità della Pubblica Amministrazione che sono quelle del conseguimento del pubblico interesse, mentre al contrario la arbitrarietà di un atto consiste nel raggiungimento, per suo mezzo, di finalità del tutto estranee a quelle della Pubblica Amministrazione. Sez. VI, sent. n. 9951 del 29-10-1985 (cc. del 03-04-1985), Cavone (rv 170882). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- causa o esercizio delle funzioni Per la sussistenza del delitto di oltraggio a pubblico ufficiale è necessario che fra l'offesa e le pubbliche funzioni intercorra un rapporto di natura causale o meramente cronologica. Nella prima ipotesi il comportamento offensivo ripete la sua causa dalle funzioni di cui è investito il soggetto passivo, ma non si richiede l'attualità delle funzioni medesime, potendo tale condotta verificarsi anche quando il pubblico ufficiale non le eserciti concretamente e sin anche a norma dell'art. 360 del cod. pen. quando il pubblico ufficiale abbia perduto tale qualità. Nella seconda è sufficiente che l'offesa venga recata anche per motivi personali e privati mentre il pubblico ufficiale attende al suo ufficio. Nel caso in cui l'oltraggio venga consumato mediante comunicazione telegrafica, telefonica, ovvero con scritti e disegni, è indispensabile il nesso di causalità fra la pubblica funzione e l'offesa: è cioè necessario che quest'ultima sia commessa "propter officium" e non soltanto in ufficio. Sez. VI, sent. n. 8454 del 02-10-1985 (cc. del 28-05-1985), Del Monaco (rv 170541). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie Il comportamento del privato che al momento della notifica di un verbale di infrazioni, proveniente da un organo investito di pubbliche funzioni, respinga, con contegno altezzoso, l'atto di notifica; trasmodi in frasi sconce, offensive e minacciose profferite perché il pubblico ufficiale se ne faccia portatore "verso colui che lo manda" e al quale le frasi sono dirette, incidendo in modo diretto ed immediato sulla dignità e il prestigio del pubblico ufficiale, integra l'elemento materiale del delitto di cui all'art. 341 del cod. pen.- Sez. VI, sent. n. 7714 del 24-08-1985 (cc. del 14-03-1985), Formichetti (rv 170254). Cassazione Penale Elemento soggettivo del reato Per la sussistenza del delitto di oltraggio a pubblico ufficiale non si richiede il dolo specifico, essendo sufficiente la consapevolezza nel soggetto attivo del significato oltraggioso delle parole usate. Tale consapevolezza è "in re ipsa" quando l'espressione, pur se frequente nell'uso corrente, non ha perso il suo significato di disprezzo dell'operato altrui e conserva un valore offensivo assolutamente preciso e insuscettibile di interpretazioni ambigue. (Nella specie, l'imputato al carabiniere che lo incitava a spostare l'autovettura e ad esibire i documenti aveva rivolto la frase "tu mi hai rotto i marroni"). Sez. VI, sent. n. 6165 del 20-06-1985 (cc. del 26-03-1985), Affuso (rv 169827). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - fattispecie L'appellativo di vice pretore attribuito ad un magistrato ordinario non può in alcun modo considerarsi di per se stesso oltraggioso non avendo la potenzialità lesiva della reputazione del pubblico ufficiale né costituendo manifestazione di un senso di disprezzo o disistima nei suoi confronti. Sez. VI, sent. n. 5951 del 17-06-1985 (cc. del 06-02-1985), Carrese (rv 169770). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- comunicazione scritta Per la configurabilità del delitto di oltraggio, nelle ipotesi di cui al capoverso dell'art. 341 del cod. pen., si richiede che lo scritto offensivo sia oggettivamente rivolto al pubblico ufficiale che, cioè, quest'ultimo sia destinatario diretto dello scritto medesimo, non essendo sufficiente la mera possibilità che l'atto venga portato a conoscenza del pubblico ufficiale cui si riferiscono le espressioni offensive. (Nella specie, si è esclusa la configurabilità dell'oltraggio nell'invio di un ricorso, diretto genericamente al pretore di un mandamento nel quale esplicavano la propria attività due magistrati professionali ad uno dei quali, non titolare dell'ufficio, si riferivano le espressioni ritenute offensive). Sez. VI, sent. n. 5951 del 17-06-1985 (cc. del 06-02-1985), Carrese (rv 169771).

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Cassazione Penale Oltraggio con violenza o minaccia Per la configurabilità dell'ipotesi aggravata prevista dall'ultimo comma, dell'art. 341 del cod. pen. non si richiede necessariamente che la minaccia si aggiunga ad altro fatto offensivo dell'onore e del prestigio del pubblico ufficiale perché il fatto costituente dell'aggravante, cioè la violenza o la minaccia, oltre a limitare, anche in modo astrattamente idoneo, la libertà morale del pubblico ufficiale determina una intrinseca offesa all'autorità e al prestigio del medesimo. Sez. VI, sent. n. 5983 del 17-06-1985 (cc. del 19-03-1985), Consolini (rv 169783). Cassazione Penale Oggetto della tutela penale In quanto reato contro la Pubblica Amministrazione, l'oltraggio è ipotizzabile anche se il destinatario delle espressioni ingiuriose non si sia sentito offeso nel prestigio: il bene tutelato in via principale dalla norma di cui all'art. 341 del cod. pen. è, infatti, il decoro di cui ogni pubblica funzione deve essere circondato e non soltanto l'onore del privato cittadino che tale funzione in concreto riveste. Sez. VI, sent. n. 5393 del 28-05-1985 (cc. del 15-02-1985), Ortisi (rv 169488). Cassazione Penale Diritto di critica Anche nei rapporti tra persone esercenti la medesima attività professionale, se è consentito manifestare giudizi negativi sull'operato del collega, nel legittimo esercizio del diritto di critica, questa ultima deve però rimanere nell'ambito di un dissenso motivato su basi tecnico scientifiche ed espresso in termini corretti, misurati ed obiettivi e non assumere toni lesivi della dignità morale e professionale del collega. Sez. VI, sent. n. 5490 del 28-05-1985 (cc. del 24-04-1985), Zanelli (rv 169532). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale Al fine di verificare - in tema di delitto di oltraggio - se il pubblico ufficiale si sia mantenuto nei limiti delle sue attribuzioni o, oltre che esorbitarne, abbia compiuto un fatto arbitrario in danno di un soggetto, cui abbia contestato una contravvenzione di natura amministrativa, è pertinente e rilevante la prova della sussistenza di una condotta dello stesso pubblico ufficiale, estrinsecantesi nell'impedimento coattivo all'allontanamento del contravventore. Sez. VI, sent. n. 5415 del 28-05-1985 (cc. del 27-02-1985), Matteucci (rv 169501). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - in genere Una espressione intrinsecamente offensiva, anche se viene usata nel linguaggio comune, non perde il carattere di antigiuridicità quando è pronunciata in circostanze tali che, esulando dai limiti della critica o della protesta garbata, trasmodi in aperto vilipendio della persona destinataria e della Amministrazione Pubblica dalla medesima rappresentata. Sez. VI, sent. n. 4320 del 07-05-1985 (cc. del 13-02-1985), Berton (rv 169052). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- causa o esercizio delle funzioni Nell'ipotesi del reato di oltraggio, è irrilevante stabilire se le espressioni offensive furono pronunciate in dipendenza delle funzioni del pubblico ufficiale o per altri motivi in quanto non necessita, per l'integrazione dell'illecito, un rapporto di causalità fra le funzioni esercitate e le ragioni dell'offesa. Sez. VI, sent. n. 3936 del 24-04-1985 (cc. del 21-02-1985), Vuotto (rv 168868). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- comunicazione scritta L'oltraggio mediante comunicazione scritta è configurabile anche quando lo scritto pervenga all'ufficio da cui il pubblico ufficiale dipende purché le espressioni ingiuriose in esso contenute siano dirette in modo non equivoco al pubblico ufficiale che si vuole offendere ed a questi lo scritto venga poi consegnato. In tale ipotesi, infatti, si realizzano sia l'estremo della comunicazione diretta al pubblico ufficiale, che quello del dolo, sia pure nella forma del dolo eventuale. Il valore dell'offesa e la direzione di essa (se cioè essa sia materialmente pervenuta al pubblico ufficiale) costituiscono oggetto di un accertamento demandato alla competenza del giudice di merito, la cui decisione al riguardo non è censurabile in Cassazione.

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Sez. VI, sent. n. 3132 del 04-04-1985 (cc. del 09-01-1985), Benati (rv 168595). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale Nella nozione di atto arbitrario, ai fini dell'applicabilità dell'esimente di cui all'art. 4 del D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944 n. 288, deve ricondursi non un qualsiasi comportamento del pubblico ufficiale illegittimo e obiettivamente contrario all'ordinamento giuridico, bensì un comportamento che manifesti e riveli un carattere di arbitrarietà, capriccio, malanimo, vessazione o sopruso. Sez. VI, sent. n. 3165 del 04-04-1985 (cc. del 13-02-1985), Monjazeb (rv 168599). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale Ai fini dell'applicabilità dell'esimente di cui al D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944 n. 288, nella nozione di atti arbitrari deve ricondursi non un qualsiasi eventuale errore del pubblico ufficiale, ma un comportamento che obiettivamente manifesti o riveli un carattere di prepotenza o di sopruso, determinato non da colpa ma dalla consapevole volontà del pubblico ufficiale di perseguire fini o di usare mezzi che non sono compatibili con il nostro ordinamento giuridico. Ne consegue che la condotta del pubblico ufficiale non deve essere solo illegittima, ma anche deve esternare un atteggiamento soggettivo che si concreti in una deliberata intenzione, da parte dell'agente, di eccedere dalle proprie attribuzioni. Sez. VI, sent. n. 1827 del 23-02-1985 (cc. del 20-11-1984), Catania (rv 168019). Cassazione Penale Differenze da altri reati:- resistenza a un pubblico ufficiale Qualora un soggetto afferri per un braccio e spinga volontariamente un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, commette il reato di cui all'art. 337 del cod. pen. e non già quello di cui all'art. 341 del cod. pen. purché la sua azione sia diretta a costringere il pubblico ufficiale ad omettere un atto del proprio ufficio. Sez. VI, sent. n. 1273 del 06-02-1985 (cc. del 09-11-1984), Faracchio (rv 167733). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - in genere Ai fini della configurabilità del delitto di cui all'art. 341 del cod. pen. un termine oggettivamente ingiurioso può o meno assumere carica offensiva secondo la qualità e i rapporti del soggetto attivo, del destinatario della espressione, delle circostanze in cui esso è adoperato, del tono usato e delle cause che lo determinarono dovendosi in questa distinguere tra quelle costituite dalla reazione a fatti ingiusti da parte del destinatario del termine e quelle di reazione a comportamenti legittimi, anche se sgraditi, della persona in tal modo apostrofata. L'omissione di tali valutazioni si traduce in vizio di motivazione con conseguente nullità della sentenza. Sez. VI, sent. n. 1191 del 06-02-1985 (cc. del 07-11-1984), Niederkofler (rv 167695). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- presenza del pubblico ufficiale Per la sussistenza del delitto di oltraggio non è necessario che il pubblico ufficiale abbia effettivamente udito le espressioni oltraggiose pronunciate nei suoi confronti, essendo sufficiente che abbia avuto la possibilità di udirle. Sez. VI, sent. n. 1173 del 06-02-1985 (cc. del 19-10-1984), Marinoni (rv 167691). Cassazione Penale Questioni di costituzionalità Il principio di eguaglianza tutelato dall'art. 3 Cost. esige che la pena sia proporzionata al fatto commesso: in tali limiti, ben può il legislatore prevedere che per una certa categoria di cittadini sia operante una determinata forma di difesa sociale che intervenga in misura più o meno incisiva nei confronti di coloro che attentano a quel sistema. (Applicazione in tema di eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 341 del cod. pen. in relazione agli artt. 186, 189 cod. pen. mil. pace). Sez. VI, sent. n. 210 del 10-01-1985 (cc. del 27-11-1984), Giovanzana (rv 167332). Cassazione Penale Offesa recata in presenza di una o più persone

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Qualora un sottufficiale, abbia ricevuto da un sottotenente di picchetto, nello svolgimento delle operazioni dell'alzabandiera, l'ordine perentorio di allontanarsi e non vi obbedisca, ma ingiuri il proprio superiore, compie il reato di oltraggio a pubblico ufficiale aggravato dalla presenza di più persone, con l'effetto che la giurisdizione non è del giudice militare, ma del pretore competente per territorio. Sez. I, sent. n. 10224 del 19-12-1984 (cc. del 29-10-1984), Maritati (rv 167149). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - in genere Per la configurabilità del delitto di oltraggio a pubblico ufficiale, il valore offensivo di certe espressioni va stabilito alla stregua dei canoni di valutazione accolti dalla coscienza collettiva. Sez. VI, sent. n. 10600 del 24-11-1984 (cc. del 18-10-1984), Avvantaggiato (rv 166849). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale In tema di reati contro la Pubblica Amministrazione commessi da privati ed, in specie, in materia di oltraggio a pubblico ufficiale, questi eccede con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni allorché pone in essere un fatto ingiusto, e cioè un fatto che, per incompetenza funzionale ovverossia perché rivolto a finalità diverse da quelle inerenti alle pubbliche funzioni da lui esercitate o per altri gravi motivi, risulti ispirato a istinto di sopraffazione, di sopruso, con travalicamento dei limiti entro i quali il potere coercitivo a lui attribuito, può essere svolto. (Nella specie, è stato ritenuto non ravvisabile l'atto arbitrario del fatto di un vigile urbano, che, al diniego di una persona di seguirlo al comando per l'identificazione ed essendosi reso conto che quella voleva allontanarsi, la afferrava per il braccio e le intimava di non muoversi). Sez. VI, sent. n. 10078 del 15-11-1984 (cc. del 22-05-1984), Gambino (rv 166699). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - in genere In tema di oltraggio a pubblico ufficiale, il valore offensivo di talune espressioni del linguaggio deve essere stabilito alla stregua di canoni di valutazione accolti dalla coscienza collettiva ed accertato in base a criteri etico sociali condivisi. Sez. VI, sent. n. 8949 del 22-10-1984 (cc. del 20-06-1984), Cavelli (rv 166246). Cassazione Penale Oltraggio con violenza o minaccia In caso di oltraggio aggravato ai sensi dell'ultimo comma, dell'art. 341 del cod. pen., la minaccia non viene presa in considerazione come elemento che può coartare la libera volizione del pubblico ufficiale, ma solo come elemento che tende a lederne oggettivamente il prestigio. A tali fini, pertanto, non deve essere preso in considerazione l'elemento della capacità intimidatoria della minaccia stessa. Sez. VI, sent. n. 8299 del 06-10-1984 (cc. del 27-06-1984), Vavalle (rv 166002). Cassazione Penale Elemento soggettivo del reato Il dolo del delitto di oltraggio è "in re ipsa", quando le espressioni usate hanno per il loro significato un valore offensivo assolutamente preciso e non suscettibile di interpretazioni ambigue. Sez. VI, sent. n. 7395 del 25-09-1984 (cc. del 18-04-1984), Foraboschi (rv 165682). Cassazione Penale Oltraggio con violenza o minaccia In tema di oltraggio aggravato, la violenza e la minaccia possono essere attuate con qualsiasi mezzo idoneo a turbare la serenità con cui il pubblico ufficiale deve attendere alle sue funzioni, indipendentemente dalla realizzabilità o meno del male minacciato. Sez. VI, sent. n. 7412 del 25-09-1984 (cc. del 23-05-1984), Vigna (rv 165686). Cassazione Penale Concorso con altri reati:- resistenza a un pubblico ufficiale Se la violenza è diretta, congiuntamente ad espressioni ingiuriose, a recare ostacolo all'attività di un pubblico ufficiale, essa non può considerarsi come aggravante del reato di oltraggio, ma dà luogo alla figura concorrente del delitto di resistenza a pubblico ufficiale.

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Sez. VI, sent. n. 6473 del 14-07-1984 (cc. del 12-01-1984), Poggi (rv 165279). Cassazione Penale Differenze da altri reati:- resistenza a un pubblico ufficiale L'oltraggio aggravato dalla violenza o dalla minaccia si distingue dal delitto di resistenza perché mentre nel secondo la violenza o la minaccia tende a coartare il pubblico ufficiale o a resistergli, nel primo esprime semplicemente uno sfogo di sentimenti ostili o di disprezzo. Sez. VI, sent. n. 6473 del 14-07-1984 (cc. del 12-01-1984), Poggi (rv 165278). Cassazione Penale Oltraggio con violenza o minaccia Il fatto, commesso da un militare e qualificato come duplice insubordinazione con minaccia nei confronti di due superiori che lo avevano convocato per motivi di servizio e nell'esercizio delle loro funzioni, si configura come duplice oltraggio con minaccia e come tale punito ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 341, primo e quarto comma, del cod. pen. Sez. I, sent. n. 1463 del 07-07-1984 (ud. del 20-06-1984), Alagia (rv 165211). Cassazione Penale Differenze da altri reati:- resistenza a un pubblico ufficiale Si verte in tema di resistenza, ai sensi dell'art. 337 del cod. pen., quando la minaccia viene usata per ostacolare l'atto di ufficio del pubblico ufficiale, durante il compimento di esso; mentre ricorre il delitto di oltraggio aggravato se la violenza o la minaccia vengono usate "ex post" ed a causa di un atto già compiuto, non ritrattabile. In tal ultimo caso, la violenza o la minaccia perdono la finalità della coartazione della volontà del pubblico ufficiale, esaurendo i loro effetti sul piano dell'offesa al prestigio del pubblico ufficiale, aggravandola. Sez. VI, sent. n. 6009 del 23-06-1984 (cc. del 09-05-1984), Santoro (rv 165000). Cassazione Penale Concorso con altri reati:- lesioni personali Nell'ipotesi in cui l'agente non solo oltraggi il pubblico ufficiale ma gli cagioni anche lesioni personali, i due delitti concorrono e quello di lesioni è aggravato dal nesso teleologico, quando si accerta che la lesione stessa è stata voluta dal reo in aggiunta alla violenza necessaria e sufficiente ad integrare l'ipotesi prevista dall'ultimo comma dell'art. 341 cod. pen. Sez. V, sent. n. 5269 del 06-06-1984 (cc. del 06-03-1984), Cordiozi (rv 164635). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- causa o esercizio delle funzioni Poiché l'agente di P.S. è da considerare permanentemente in servizio, ai fini della configurabilità del reato di oltraggio in suo danno non è necessario che le parole offensive gli siano rivolte mentre egli sta compiendo un atto del suo ufficio, essendo sufficiente il riferimento alle funzioni inerenti al suo grado e alla sua qualifica. (Nella specie, erano state pronunciate le espressioni: "voi della Polizia stradale siete più ignoranti...). Sez. VI, sent. n. 4092 del 08-05-1984 (cc. del 27-01-1984), Ciogli (rv 164026). Cassazione Penale Oltraggio con violenza o minaccia Le due aggravanti della minaccia e della violenza, previste nell'ultima parte dell'art. 341 del cod. pen., hanno carattere unitario e si risolvono in una sola, quando, per la connessione logica per l'equivalenza degli aspetti che ne manifestano la antigiuridicità e per la loro contestualità realizzano una forma di aggravamento - dal punto di vista concettuale - inscindibile. Ne consegue che, in tema di individuazione della competenza per materia in ordine al reato di oltraggio connesso con minaccia e con violenza e in presenza di più persone, deve ritenersi la competenza del pretore. Sez. I, sent. n. 515 del 04-04-1984 (ud. del 08-03-1984), Gambino (rv 163495). Cassazione Penale Concorso con altri reati:- lesioni personali Il delitto di resistenza a pubblico ufficiale e quello di oltraggio aggravato dalla violenza sono riferibili soltanto a quel minimo di violenza che si concreta nelle percosse e non già a quegli atti che, esorbitando

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da tali limiti, siano causa di lesioni personali. In tal caso il delitto di lesioni personali volontarie concorre con i predetti reati. Sez. V, sent. n. 2993 del 03-04-1984 (cc. del 06-03-1984), Morgana (rv 163446). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale L'arbitrarietà del comportamento del pubblico ufficiale che rende non punibile l'oltraggio, dipende non solo dalla illegittimità obiettiva dell'esercizio della funzione, ma anche dal carattere di prepotenza o di sopruso della condotta determinata non da colpa ma dalla consapevole volontà del soggetto di agire al di fuori dei compiti attribuitigli. Sez. V, sent. n. 2870 del 28-03-1984 (cc. del 26-01-1984), Pace (rv 163383). Cassazione Penale Pluralità di soggetti passivi In tema di reato di oltraggio, la appartenenza dei pubblici ufficiali oltraggiati al medesimo ramo della Pubblica Amministrazione non esclude la pluralità degli illeciti penali. Sez. VI, sent. n. 2576 del 21-03-1984 (cc. del 02-12-1983), Puri (rv 163259). Cassazione Penale Differenze da altri reati:- oltraggio a un corpo politico, amministrativo o giudiziario La differenza fra il reato previsto nell'art. 342 cod. pen. e quello di cui all'art. 341 cod. pen. sta nel fatto che nella prima ipotesi viene offeso il Corpo politico, amministrativo o giudiziario "come organo ed al suo cospetto" mentre nella seconda ipotesi l'offesa è rivolta al singolo pubblico ufficiale in sua presenza ed a causa o nell'esercizio delle sue funzioni; a tale ultimo scopo non occorre, peraltro, un contatto visuale con il pubblico ufficiale, essendo sufficiente che egli percepisca in qualunque modo il comportamento offensivo. Sez. VI, sent. n. 2044 del 03-03-1984 (cc. del 20-12-1983), Gadoni (rv 162980). Cassazione Penale Elemento soggettivo del reato Il fatto che una espressione ricorre frequentemente nel linguaggio del volgo non vale a privarla del suo contenuto oltraggioso, essendo sufficiente per il delitto di cui all'art. 341 del c.p. il dolo generico consistente nella consapevolezza nel soggetto attivo del significato ingiurioso delle parole usate. Sez. VI, sent. n. 2044 del 03-03-1984 (cc. del 20-12-1983), Gadoni (rv 162979). Cassazione Penale Oggetto della tutela penale Il delitto di oltraggio a pubblico ufficiale costituisce reato plurioffensivo poiché, oltre a ledere il prestigio personale del pubblico ufficiale, costituisce lesione del bene giuridico della Pubblica Amministrazione consistente nel regolare esercizio dei compiti autoritativi dello Stato. Sez. VI, sent. n. 1474 del 16-02-1984 (cc. del 09-11-1983), Andreone (rv 162683). Cassazione Penale Oltraggio con violenza o minaccia Il reato di oltraggio è configurabile anche nella ipotesi di frasi intimidatorie pronunciate in forma condizionata, pur nella indeterminatezza della condizione. Sez. VI, sent. n. 1497 del 16-02-1984 (cc. del 06-12-1983), Ferretti (rv 162691). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale Nel reato di oltraggio l'erronea convinzione da parte dell'agente di trovarsi di fronte a un comportamento illecito del pubblico ufficiale non vale ad escludere la responsabilità penale, dato che l'arbitrarietà del comportamento deve essere obiettiva. Sez. VI, sent. n. 1482 del 16-02-1984 (cc. del 16-11-1983), Spaltro (rv 162685). Cassazione Penale Oggetto della tutela penale

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L'esistenza di rapporti di amicizia tra l'autore dell'offesa e il pubblico ufficiale non esclude il reato di oltraggio perché soggetto passivo di tale reato è la Pubblica Amministrazione del cui prestigio il pubblico ufficiale che l'impersona non può disporre. Sez. VI, sent. n. 880 del 02-02-1984 (cc. del 06-10-1983), Leo (rv 162452). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - in genere L'oltraggio è un reato a forma libera in quanto l'azione del soggetto può realizzarsi con qualsiasi mezzo suscettibile di recare nocumento al prestigio del pubblico ufficiale, quindi anche con gesti e con atti. Sez. V, sent. n. 556 del 23-01-1984 (cc. del 16-12-1983), Mastroianni (rv 162230). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - in genere Nella nozione di oltraggio, di cui all'art. 341 del cod. pen., rientra ogni manifestazione di disistima nei confronti della pubblica autorità. Sez. V, sent. n. 556 del 23-01-1984 (cc. del 16-12-1983), Mastroianni (rv 162229). Cassazione Penale Oltraggio con violenza o minaccia Per la configurabilità dell'ipotesi aggravata prevista dall'ultimo comma, dell'art. 341 cod. pen., non si richiede necessariamente che la violenza o la minaccia si aggiungano ad altro fatto offensivo dell'onore e del prestigio del pubblico ufficiale, perché il fatto costitutivo dell'aggravante, cioè la violenza o la minaccia, oltre a limitare, anche in modo astrattamente idoneo, la libertà morale del pubblico ufficiale, determina una intrinseca offesa all'autorità e al prestigio del medesimo. Sez. V, sent. n. 556 del 23-01-1984 (cc. del 16-12-1983), Mastroianni (rv 162231). Cassazione Penale Oltraggio con violenza o minaccia Si realizza la fattispecie aggravata di oltraggio di cui all'ultimo comma, dell'art. 341 del cod. pen., anche nell'ipotesi in cui l'agente si limiti a minacciare il pubblico ufficiale con espressioni prive in se stesse di significato offensivo. Sez. V, sent. n. 556 del 23-01-1984 (cc. del 16-12-1983), Mastroianni (rv 162232). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale La ipotizzabilità dell'esimente del fatto arbitrario del pubblico ufficiale non richiede, a differenza di quanto è stabilito per altre cause di esclusione della pena, la proporzione tra reazione e provocazione. Sez. VI, sent. n. 445 del 17-01-1984 (cc. del 28-10-1983), Grillo (rv 162138). Cassazione Penale Imputabilità Nel reato di oltraggio le espressioni offensive pronunciate in stato di ubriachezza sono comunque idonee a recare offesa poiché l'ubriachezza (non derivata da caso fortuito o forza maggiore) non esclude né diminuisce la imputabilità. Sez. VI, sent. n. 11036 del 22-12-1983 (cc. del 04-10-1983), Piras (rv 161825). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - in genere Ai fini della configurabilità del reato di oltraggio a pubblico ufficiale, l'idoneità offensiva delle espressioni oltraggiose va valutata secondo il significato obiettivo delle parole o degli atti. Sez. VI, sent. n. 10606 del 10-12-1983 (cc. del 26-10-1983), Ippolito (rv 161637). Cassazione Penale Diritto di critica Nel reato di oltraggio a pubblico ufficiale l'espressione intrinsecamente oltraggiosa eccede i limiti del diritto di critica e di civile protesta, e l'intento critico da parte dell'agente non costituisce scriminante, prevalendo al riguardo l'esigenza di tutela dell'onore e del decoro di chi è investito di pubbliche funzioni.

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Sez. VI, sent. n. 10606 del 10-12-1983 (cc. del 26-10-1983), Ippolito (rv 161638). Cassazione Penale Oggetto della tutela penale Il reato di oltraggio non è escluso dalla esistenza di rapporti di amicizia tra il soggetto attivo e il pubblico ufficiale, poiché soggetto passivo del reato è la Pubblica Amministrazione impersonata occasionalmente da quel pubblico ufficiale il quale non può disporre del prestigio di essa. Sez. VI, sent. n. 9963 del 22-11-1983, del 03/11/1983), Maggiori (rv 161341). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale Ai fini della applicabilità dell'esimente dell'atto arbitrario al reato di oltraggio a pubblico ufficiale, deve sussistere in quest'ultimo un comportamento che obiettivamente riveli un carattere di prepotenza o sopruso che si concreti nella deliberata intenzione di eccedere dalle proprie attribuzioni, non essendo sufficiente la semplice contrarietà dell'atto all'ordinamento giuridico. Sez. VI, sent. n. 9945 del 22-11-1983 (cc. del 12-07-1983), Calesso (rv 161330). Cassazione Penale Oggetto della tutela penale L'oggetto della tutela penale nel reato di oltraggio a pubblico ufficiale è il prestigio della Pubblica Amministrazione e non quello della persona del pubblico ufficiale, che riceve protezione soltanto riflessa: pertanto il delitto non è escluso dalla sussistenza di rapporti di amicizia o di familiarità con il rappresentante della Pubblica Amministrazione. Sez. VI, sent. n. 9567 del 12-11-1983 (cc. del 07-10-1983), Marenga (rv 161163). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale In tema di scriminante nel reato di oltraggio a pubblico ufficiale, perché l'atto di questi possa essere ritenuto arbitrario è necessario che il pubblico ufficiale abbia ecceduto dai suoi poteri con la piena consapevolezza di discostarsi dagli scopi inerenti alla sua funzione o usare mezzi non consentiti dall'ordinamento giuridico, o di avvalersi del potere discrezionale conferitogli dalla legge in modo aggressivo e vessatorio. Sez. VI, sent. n. 9547 del 12-11-1983 (cc. del 06-07-1983), Brancadoro (rv 161158). Cassazione Penale Differenze da altri reati:- resistenza a un pubblico ufficiale Il criterio distintivo tra il reato di oltraggio aggravato dalla violenza e minaccia e quello di resistenza a pubblico ufficiale sta nella circostanza che nella prima ipotesi la violenza e minaccia hanno solo lo scopo di ledere l'onore e il decoro del soggetto passivo, mentre nella seconda ipotesi tendono a condizionare il pubblico ufficiale nello svolgimento dei compiti a lui assegnati. Sez. VI, sent. n. 8712 del 20-10-1983 (cc. del 05-07-1983), Nasta (rv 160799). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- causa o esercizio delle funzioni Per la configurabilità del reato di oltraggio non è sufficiente la qualità, nel soggetto passivo, di pubblico ufficiale, ma è necessario che l'offesa a costui sia arrecata - oltre che in presenza - a causa e nell'esercizio delle funzioni, con stretto nesso di causalità appunto tra l'offesa e le funzioni svolte. Sez. VI, sent. n. 6108 del 29-06-1983 (cc. del 06-05-1983), Comellini (rv 159679). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale In tema di reato di oltraggio, di cui all'art. 341 del cod. pen., l'atto del pubblico ufficiale è arbitrario quando egli non ha la potestà di compierlo o si avvale del potere discrezionale, attribuitogli dalla legge, in maniera aggressiva o vessatoria. Sez. VI, sent. n. 6119 del 29-06-1983 (cc. del 19-05-1983), Viglierco (rv 159681). Cassazione Penale

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Differenze da altri reati:- resistenza a un pubblico ufficiale Il criterio distintivo tra reati di resistenza a pubblico ufficiale e di oltraggio con violenza è costituito dal fatto che nel reato di resistenza la condotta violenta ha lo scopo di impedire il compimento dell'atto da parte del pubblico ufficiale, mentre nell'oltraggio la violenza è usata al solo scopo di offesa. Sez. VI, sent. n. 4914 del 26-05-1983 (cc. del 09-03-1983), Marin (rv 159228). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- offesa all'onore o al prestigio- - in genere La condotta del reato di oltraggio può consistere non solo in frasi o parole, ma anche in un comportamento di per sé offensivo (cosiddetto oltraggio reale). Sez. VI, sent. n. 3042 del 14-04-1983 (cc. del 04-02-1983), Mureno (rv 158358). Cassazione Penale Reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale I modi sgarbati e irritati eventualmente assunti dal pubblico ufficiale non possono rientrare nella categoria dell'atto arbitrario previsto come esimente dall'art. 4 del D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944 n. 288. Sez. VI, sent. n. 3072 del 14-04-1983 (cc. del 02-03-1983), Magliolo (rv 158370). Cassazione Penale Elemento materiale del reato:- causa o esercizio delle funzioni In caso di offesa al pubblico ufficiale, durante l'esercizio delle pubbliche funzioni o del servizio non occorre che vi sia un rapporto di causalità tra la funzione esercitata ed il motivo dell'offesa, per cui l'oltraggio si configura anche quando l'offesa venga recata per motivi privati. Sez. V, sent. n. 150 del 22-03-1983 (ud. del 14-01-1983), Luongo (rv 158021). Cassazione Penale Differenze da altri reati:- resistenza a un pubblico ufficiale Nel caso di violenza o minaccia al pubblico ufficiale, se la violenza o la minaccia precede il compimento dell'atto del pubblico ufficiale si versa nell'ipotesi delittuosa di cui all'art. 336 del cod. pen.; se è usata durante il compimento dell'atto di ufficio onde impedirlo, si ha resistenza ai sensi dell'art. 337 del cod. pen.; se è usata a causa di un atto già compiuto, si ha oltraggio aggravato ai sensi dell'art. 341, ultima parte, del cod. pen., quando il fatto è offensivo dell'onore e del prestigio del pubblico ufficiale. Sez. VI, sent. n. 2367 del 18-03-1983 (cc. del 21-01-1983), Marinaro (rv 157952). Cassazione Penale Concorso con altri reati:- resistenza a un pubblico ufficiale L'oltraggio violento si distingue dal delitto di resistenza per la direzione oggettiva e soggettiva dell'azione, la quale nel primo è diretta a ledere l'onore e il prestigio del pubblico ufficiale e nel secondo a limitare la sua libertà d'azione - nell'ipotesi in cui la condotta criminosa sia diretta all'aggressione dei due distinti beni giuridici, i reati concorrono. Sez. VI, sent. n. 1826 del 01-03-1983 (cc. del 19-01-1983), Avventuriera (rv 157698). Cassazione Penale Soggetto attivo del reato In tema di oltraggio la locuzione "chiunque" è adoperata dall'art. 341 del cod. pen. per indicare che offensore e responsabile della violazione può essere qualunque persona, sia o non sia pubblico ufficiale. È pertanto giuridicamente possibile la realizzazione dell'azione tipica anche ad opera di altro pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio. Sez. VI, sent. n. 286 del 14-01-1983 (cc. del 26-10-1982), Fortino (rv 156901).