GIUGNO 2019 brescia MUSICA - Liceo F. De André...il M Chimeri; studiò pianoforte, organo e armonia...

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brescia MUSICA ANNO XXXIII N° 164 - GIUGNO 2019 BIMESTRALE DI INFORMAZIONE E CULTURA MUSICALE DELL’ASSOCIAZIONE FILARMONICA “ISIDORO CAPITANIOSPEDIZIONE IN A.P. 70% - FILIALE DI BRESCIA 164 arrivata l’estate: tem- po di ferie, tempo di vacanze. A tutti i lettori di BresciaMusica va l’augu- rio di potersi godere un buon periodo di riposo, durante il quale sospen- dere le frenetiche attività che li vedono diversa- mente affaccendati nel corso dell’anno. Ricrearsi e ritemprarsi: magari tro- vando il tempo di riflette- re e di meditare. E a chi proprio non riesce a stare fermo, a chi vuole sem- pre restare impegnato attivamente e pratica- mente, va il consiglio di dedicarsi a qualcosa di divertente sì ma pur sem- pre di intelligente, dove il fare non sia comunque nemico del pensare. Per molti con l’estate arriva anche il tempo della musica. Non è un caso forse se la Festa della musica, quell’inizia- tiva che ormai sta diven- tando una tradizione in molte località d’Europa e d’Italia, ivi compresa Brescia, si celebra pro- prio intorno al solstizio d’estate. Durante il gior- no più lungo, più intensa diventa la voglia di riem- pire le piazze o le strade di suoni e di musica. Nel periodo estivo la vi- di far incontrare la musi- ca, di per sé così carica di storia e di cultura, di- rettamente con la natu- ra. Un concerto estivo al- l’aperto è più esposto al vento e alla brezza, più intriso dei profumi della vegetazione ed è come se fosse più vicino al cie- lo e alle stelle. La musica d’estate e- sce fuori nelle piazze del- le città, ma in pari tem- po trasmigra nei luoghi turistici extracittadini. Va al mare e in montagna, insieme al suo pubblico. E proprio al mare e in montagna questa sua vo- cazione all’incontro tra cultura e natura sembra realizzarsi maggiormen- te. Un’orchestra che suo- na su una piattaforma a picco su un golfo è co- me se dedicasse il suono alle onde del mare. Un gruppo che suona in un passo montano ad alta quota è come se lo de- dicasse ai picchi di roc- cia, neve e ghiaccio. Qui la musica pare simile a un soffio vitale che uni- fica cielo e terra: con un inconscio ricordo di quel- l’armonia cosmica degli elementi che il mondo o- dierno non conosce più segue alla pagina 2 È GIUGNO 2019 IN QUESTO NUMERO: •ANNIVERSARI: LEONARDO DA VINCI, LEONCAVALLO •IL FESTIVAL PIANISTICO •LA STAGIONE LIRICA •LE INIZIATIVE BRESCIANE PER DE ANDRÉ •LA GIORNATA EUROPEA DELLA MUSICA ANTICA •SPAZIO DIDATTICA •SPAZIO AMATORIALE Il 5 per mille per la “Isidoro Capitanio” L’associazione Amici della Banda cittadina di Brescia per lo sviluppo sociale e sostenibile si impegna a sostenere tutte le attività della “Isidoro Capitanio”. Nell’apposita casella della dichiarazione dei redditi scrivete il codice fiscale 9 8 1 5 2 3 9 0 1 7 9 ta musicale si trasferisce all’aperto. Abbandona le sale e i teatri nei quali tro- va riparo durante il resto dell’anno, quando le in- temperie costituiscono u- na seria minaccia. Si e- sce fuori. Nelle città i con- certi trovano degli scena- ri architettonici nuovi e suggestivi. Non più gli am- bienti interni ma quelli esterni. Il pubblico ha oc- casione di ampliarsi, così come si allargano gli spa- zi per il suono: un flusso che si libra e si espande senza barriere. Al turista che visita una città d’arte si offrono se- rate musicali in splendidi luoghi carichi di storia e di cultura. Ma durante l’estate si cerca anche A MARGINE DI UNA POLEMICA TRA MESSNER E JOVANOTTI L’ESTATE TRA MUSICA, AMBIENTE E NATURA di AUGUSTO MAZZONI

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bresciaMUSICA

ANNO XXXIII N° 164 - GIUGNO 2019BIMESTRALE DI INFORMAZIONE E CULTURA MUSICALE

DELL’ASSOCIAZIONE FILARMONICA “ISIDORO CAPITANIO”SPEDIZIONE IN A.P. 70% - FILIALE DI BRESCIA

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arrivata l’estate: tem-po di ferie, tempo di vacanze.A tutti i lettori di

BresciaMusica va l’augu-rio di potersi godere unbuon periodo di riposo,durante il quale sospen-dere le frenetiche attivitàche li vedono diversa-mente affaccendati nelcorso dell’anno. Ricrearsie ritemprarsi: magari tro-vando il tempo di riflette-re e di meditare. E a chiproprio non riesce a starefermo, a chi vuole sem-pre restare impegnatoattivamente e pratica-mente, va il consiglio didedicarsi a qualcosa didivertente sì ma pur sem-pre di intelligente, dove ilfare non sia comunquenemico del pensare.

Per molti con l’estatearriva anche il tempodella musica. Non è uncaso forse se la Festadella musica, quell’inizia-tiva che ormai sta diven-tando una tradizione inmolte località d’Europae d’Italia, ivi compresaBrescia, si celebra pro-prio intorno al solstiziod’estate. Durante il gior-no più lungo, più intensadiventa la voglia di riem-pire le piazze o le stradedi suoni e di musica.

Nel periodo estivo la vi-

di far incontrare la musi-ca, di per sé così caricadi storia e di cultura, di-rettamente con la natu-ra. Un concerto estivo al-l’aperto è più esposto alvento e alla brezza, piùintriso dei profumi dellavegetazione ed è comese fosse più vicino al cie-lo e alle stelle.

La musica d’estate e-sce fuori nelle piazze del-le città, ma in pari tem-po trasmigra nei luoghituristici extracittadini. Vaal mare e in montagna,insieme al suo pubblico.E proprio al mare e inmontagna questa sua vo-cazione all’incontro tracultura e natura sembrarealizzarsi maggiormen-te. Un’orchestra che suo-na su una piattaforma apicco su un golfo è co-me se dedicasse il suonoalle onde del mare. Ungruppo che suona in unpasso montano ad altaquota è come se lo de-dicasse ai picchi di roc-cia, neve e ghiaccio.Qui la musica pare similea un soffio vitale che uni-fica cielo e terra: con uninconscio ricordo di quel-l’armonia cosmica deglielementi che il mondo o-dierno non conosce più

segue alla pagina 2

È

GIUGNO 2019IN QUESTO NUMERO:

•ANNIVERSARI: LEONARDO DA VINCI, LEONCAVALLO

•IL FESTIVAL PIANISTICO

•LA STAGIONE LIRICA

•LE INIZIATIVE BRESCIANEPER DE ANDRÉ

•LA GIORNATA EUROPEADELLA MUSICA ANTICA

•SPAZIO DIDATTICA

•SPAZIO AMATORIALE

Il 5 per mille per la “Isidoro Capitanio”L’associazione Amici della Banda cittadina di Brescia

per lo sviluppo sociale e sostenibile si impegna a sostenere tutte le attività della “Isidoro Capitanio”.

Nell’apposita casella della dichiarazione dei redditi scrivete il codice fiscale

9 8 1 5 2 3 9 0 1 7 9

ta musicale si trasferisceall’aperto. Abbandona lesale e i teatri nei quali tro-va riparo durante il restodell’anno, quando le in-temperie costituiscono u-na seria minaccia. Si e-sce fuori. Nelle città i con-

certi trovano degli scena-ri architettonici nuovi esuggestivi. Non più gli am-bienti interni ma quelliesterni. Il pubblico ha oc-casione di ampliarsi, cosìcome si allargano gli spa-zi per il suono: un flusso

che si libra e si espandesenza barriere.

Al turista che visita unacittà d’arte si offrono se-rate musicali in splendidiluoghi carichi di storia edi cultura. Ma durantel’estate si cerca anche

A MARGINE DI UNA POLEMICA TRA MESSNER E JOVANOTTI

L’ESTATE TRA MUSICA, AMBIENTE E NATURAdi AUGUSTO MAZZONI

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bresciaMUSICA2 -

SOMMARIO DEL N° 164

pag. 1 L’estate tra musica, ambiente e natura di Augusto Mazzoni

pag. 2 La scomparsa di Anna Maria Novelli di e.e.pag. 3 Anniversari:

Leonardo da Vinci di Anna CompagnoniRuggero Leoncavallo di Sergio Negretti

pag. 6 La 56 a edizione del Festival Pianistico di Luigi Fertonani

pag. 8 La “Missa Papae Pauli” di Andrea Fainipag. 9 La primavera musicale di Luigi Fertonanipag. 10 Stagione lirica:

L’opera al Teatro Grande di Roberta Pedrottipag. 11 La Festa dell’Opera di r.p.pag. 12 Rock e dintorni:

I Traffic di nuovo in vinile di Piero TarantolaLe iniziative bresciane per De Andréa cura di Carlo Bianchi

pag. 15 A colloquio con Elena Traversi a cura di Giacomo Baroni

pag. 16 Canti di soldati - 4 di Quinto Antonellipag. 18 Il repertorio antico a Brescia di Sara Tagliettipag. 19 Spazio didattica:

Il progetto “Facciamo la Banda” di Orietta DanieliLa Scuola della Filarmonica “Ligasacchi” di Flero di Renata Lovo

pag. 21 Spazio amatoriale:Riflessioni sul repertorio bandisticodi Mattia Rullo

pag. 22 Bach secondo Koopman a cura di Carlo Bianchipag. 23 Il Concorso per studenti “Cerri-Mazzola”pag. 24 Musica e cucina di Paola Donati

Illustrazioni fuori testo: immagini relative a Fabrizio De André

segue dalla pagina 1

e che forse ha perduto persempre.

Sui concerti in alta monta-gna, per la verità, sussistonoopinioni assai diverse tra loro.C’è chi li apprezza molto e tro-va che costituiscano un mo-mento di grande interesse nelpanorama della vita musicale.C’è chi, al contrario, li trovauna mera trovata pubblicitariadel tutto calata in una logicadi spettacolarizzazione dellacultura. C’è chi infine distinguetra caso e caso, giudicandosenza preconcetti di volta involta. La questione è già stataaffrontata anche su Brescia-Musica (n. 144 di giugno 2015alla pagina 19).

Di recente ha suscitato qual-che eco giornalistica una po-lemica tra Reinhold Messner eJovanotti, che entra proprionel mertito dell’argomento. Ilcelebre scalatore ha criticatoduramente un concerto pro-grammato dall’altrettanto ce-lebre cantante, il quale si esi-birà il prossimo 24 agosto aPlan de Corones (2.275 m. dialtitudine).

Per Messner un concerto co-me quello di Jovanotti porteràsolo a snaturare la montagna,rompendone il silenzio con un

inopportuno inquinamento a-custico.

Jovanotti ha prontamentereplicato a Messner garanten-

do che lo svolgimento del con-certo, sia sul piano dell’amplifi-cazione acustica che su quellodell’inquinamento ambienta-

lasciata da certe pratiche al-pinistiche che davvero rovina-no l’ambiente naturale dellemontagne. Si pensi, per esem-pio, al campo base dell’Eve-rest ridotto a un’autentica di-scarica.

Nel dibattito che ha seguitola polemica, qualcuno ha ap-poggiato le critiche di Messner,qualcun altro la replica di Jo-vanotti. Esponenti del WWFhanno sotenuto che il concer-to risulterà innocuo, se non al-tro perché il turismo di massaha già invaso l’alta montagnacon attività diverse: sportive, ri-creative ecc. Non sarà certoJovanotti a rovinare o a snatu-rare alcunché.

La questione, come si vede,è aperta a una grande varietàdi opinioni. Qui non è la sedeper approfondire più analitica-mente l’argomento. Ci si può li-mitare a un’unica osservazio-ne. Il tema è certo interessan-te, ma nasconde pure i rischi diun equivoco concettuale chesi annoda intorno all’idea delrapporto tra cultura e natura. Itermini di tale rapporto sonosempre alquanto sfuggenti eavvolti da premesse teorichepoco chiare. Perciò i dibattitigiornalistici in proposito corro-no spesso il pericolo di girare avuoto.

le, sarà il più rispettoso possibi-le. Insinuando tra l’altro cheverrà lasciata una situazionemolto migliore rispetto a quella

L’ESTATE TRA MUSICA, AMBIENTE E NATURA

i è spenta improvvisamen-te all’inizio dello scorso mese di maggio Anna Maria Novelli. Era la ni-

pote del musicista brescianoGiovanni Tebaldini di cui la no-stra rivista si è occupata in piùdi un’occasione grazie ancheal fecondo rapporto di colla-borazione con la signora AnnaMaria.

Se negli ultimi anni la figuradi Giovanni Tebaldini è stata ri-valutata e conosciuta in modopiù approfondito nell’ambitodel panorama musicale nazio-nale e internazionale, dopo unlungo periodo di oblio, lo si de-ve proprio a lei e al marito Re-nato Morucci, apprezzato criti-co d’arte, che hanno costituitoad Ascoli Piceno una Fonda-zione e il Centro studi e ricer-che Giovanni Tebaldini ren-dendo praticamente pubblicoil prosperoso archivio musicaledel musicista bresciano e co-struendo una fitta rete di cana-li che hanno consentito unaconoscenza capillare di unmusicista autorevole e riferi-mento importante soprattuttonel campo della musica sacra.

Tebaldini aveva avviato ipropri studi musicali presso l’Isti-tuto Filarmonico “Venturi” conil M° Chimeri; studiò pianoforte,organo e armonia con Vachel-li, Premoli e Remondi. A soliquindici anni, già suonava l’or-gano in alcune chiese dellanostra città ed era maestro deicori al Teatro Guillaume. Suc-cessivamente si iscrisse al Con-servatorio di Musica di Milano,seguendo il corso di armoniacon Angelo Panzini e il corso di

composizione con AmilcarePonchielli. Notevole è stato ilsuo impegno per la riformadella musica sacra, ma anchenon indifferente il suo prodigar-si nell’attività di paleografo peril recupero di antiche partitu-re del Cinque-Seicento. Vera-mente significativa la sua pro-duzione compositiva, soprat-tutto di musica sacra, e altret-tanto florida la sua attività dididatta e critico musicale.

Anna Maria Novelli ha dedi-cato anima e corpo per far sìche si potesse conoscere inmodo approfondito e conse-guentemente si potesse valo-rizzare nella giusta misura l’o-pera del nonno Giovanni Te-baldini.

Ma Anna Maria Novelli è sta-ta anche la “storica maestra diAscoli” (così l’hanno descrittaalcuni giornali marchigiani). Hainfatti dedicato la sua vita pro-fessionale all’insegnamento inparticolare nella scuola ele-mentare a tempo pieno “Gian-ni Rodari” di Porta Capuccina.

È stata lei a portare agli inizidegli anni Settanta proprioGianni Rodari ad Ascoli e a in-traprendere con lo scrittorepiemontese un proficuo rap-porto di collaborazione.

Ci siamo sentiti spesso per te-lefono ma ci siamo incontratisolamente in un paio di occa-sioni, una delle quali particolar-mente cara alla nostra Associa-zione. Era la fine di gennaio del2004 e la “Isidoro Capitanio”metteva in scena al San Barna-ba la favola musicale Se co-mandasse Arlecchino… realiz-zata su testi di Gianni Rodari emusiche di Sergio Negretti nel-l’ambito di un progetto didatti-co finanziato dalla FondazioneCariplo e realizzato con gli alun-ni e gli insegnanti della scuolaelementare della nostra città in-titolata allo stesso Rodari.

Anna Maria Novelli ci fece ilgrandissimo regalo di portarea Brescia per l’occasione la si-gnora Maria Teresa Ferretti mo-glie di Gianni Rodari. Una im-mensa soddisfazione per noi,per tutti i bambini, le maestre eper il numerosissimo pubblicopresente in sala.

Una persona di assolutobuon senso Anna Maria Novel-li, che ha sempre manifestatonei nostri colloqui telefonici en-tusiasmo e passione per le atti-vità a cui si è dedicata e face-va trapelare un non comunesentimento di sincera genero-sità che ha voluto manifestareanche dopo la sua morte do-nando gli organi per permette-re ad altre persone di averenuove prospettive di vita.

e.e.

S

Era la nipote di Giovanni TebaldiniLa scomparsa di Anna Maria Novelli

ERRATA CORRIGEL’articolo su Clara Schumann pubblicato alle

pagine 6 e 7 del numero di aprile di BresciaMu-sica è stato erroneamente attribuito a LauraGalbiati anziché a Gloria Galbiati. Ce ne scu-siamo con l’autrice e con i lettori.

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dell’Organo continuo e deiFlauti glissati, tutti accomunatidalla produzione di un movi-mento ininterrotto dell’aria o diun arco. Come spesso acca-de, i disegni sono incastonatiall’interno di fogli contenentimateriali disparati e purtropposi fermano allo stadio di velocischizzi e appunti da sviluppare.

È così anche per il famosotamburo meccanico, presentesul foglio 837 del Codice Atlan-tico. Si tratta di progetti chepossono affascinare, anche sele realizzazioni pratiche che nesono state fatte appaiono piut-tosto discutibili.

* * *Ma c’è un altro talento di

Leonardo da Vinci che a volteviene trascurato: era anchemusico apprezzato e buoncantore, dotato di capacità diimprovvisazione e composizio-ne, come testimoniano nume-rosi racconti che ne elogianol’abilità. Ricordiamo che Leo-nardo viene chiamato a Mila-no da Ludovico il Moro proprioin qualità di musicista, suonato-re di una lira da braccio di pro-pria invenzione.

“Seguendo la consuetudinedegli strumentisti del ‘400, Leo-nardo non trascrisse però lesue improvvisazioni. Di lui resta-no alcune testimonianze scrit-te: i rebus conservati nei foglidella Collezione Windsor. Sitratta di intrattenimenti di cor-te, ideati assai probabilmentedurante il soggiorno milanese.In almeno 18 rebus Leonardoutilizzò la notazione musicalecombinandola con sillabe, pa-role o frammenti di parole inmodo da formare, sfruttando inomi delle note, motti o picco-le frasi. ‘Amore la sol mi fa remi-rare sol la mi fa sollicita / Sol lafè mi fa sperare / L’amore mifa sollazzare’ 1”.

“L’amore mi fa sollazzare”: lafrase appuntata da Leonardosu una pagina oggi conserva-ta al Royal Library di Windsor èscritta in un modo per i tempi

curioso; sul foglio appare l'im-magine di un AMO da pesca eun pentagramma in cui sonorappresentate in sequenza al-

cune note: RE, MI, FA, SOL, LA.Segue la sillaba ZA e un'ultimanota, un RE.

Musica dunque come armo-

nia, armonia perfetta di pro-porzioni pari a quella tra le par-ti del corpo o tra le parti checompongono un dipinto. Musi-ca come prodotto di macchi-ne, come macchine sonoquelle per il volo, per la guerra,per il gioco, fatte a regolad’arte da un eccellente arti-giano per stupire e per diverti-re. Musica infine come prodot-to di intrattenimento ludico (irebus) e probabilmente – maqui non ci sono fonti per dirlo –per esprimere i suoni di unostraordinario sentire e pensare.

E per avvicinarci a questosentire, ci aiutano i più impor-tanti compositori dell’epoca diLeonardo: il liutista brescianoVincenzo Capirola, il milaneseJoan Ambrosio Dalza, France-sco Spinacino, BartolomeoTromboncino e tanti altri.

* * *NOTA:

1) Note di Massimo Lonardidal Cd La musica a Milano altempo di Leonardo da Vinci -Figurazione delle cose invisibili.

ono passati cinquecen-to anni dalla morte di un genio indiscusso, un uomo il cui sapere enci-

clopedico è sostenuto e ali-mentato dall’osservazione edall’esperienza, oltre che dacapacità sicuramente fuori dalcomune: si è occupato di artemilitare, ottica, idraulica, geo-metria, volo, pittura, stereome-tria, anatomia, statica mecca-nica, ma anche di musica, chedefinisce sorella della pittura,sebbene a essa inferiore per-ché non è permanente.

“La musica non è da esserechiamata altro che sorella del-la pittura, conciossiaché essaè subietto dell’udito, secondosenso all’occhio e componearmonia con la congiunzionedelle sue parti proporzionalioperate nel medesimo tempo,costrette a nascere e morire inuno o più tempi armonici, iquali tempi circondano la pro-porzionalità de’ membri di chetale armonia si compone, nonaltrimenti che faccia la lineacirconferenziale per le mem-bra di che si genera la bellezzaumana”.

“Ma la pittura eccelle e si-gnoreggia la musica perchéessa non muore immediatadopo la sua creazione, comefa la sventurata musica, anzi,resta in essere, e ti si dimostra invita quel che in fatto è una so-la superficie”.

E’ nel Paragone, il prologodel trattato sulle arti figurative,che Leonardo definisce la mu-sica “figuratione delle cose in-visibili”, capace cioè di ricava-re forme da un mezzo che nonè tangibile né visibile.

Della musica ha esplorato lanatura, dunque, ma ne è an-che stato artefice, sia con l’in-venzione di strumenti, sia conle proprie improvvisazioni,composizioni e interpretazioni,vista la sua fama di “musico ebuon cantore”, oltre che – di-remmo con termine moderno– di ideatore e coreografo distrabilianti feste, come la Festadel Paradiso per Ludovico ilMoro.

In base ai molteplici appuntigiunti sino a noi, molti sono isuoi progetti di strumenti musi-cali inediti, articolati, complessie sempre più automatizzati,frutto non soltanto di sempliciconsiderazioni di caratterematematico, ma anche dellaprofonda conoscenza dellamusica, della fisica e dellameccanica.

Nel Codice Madrid e nel Co-dice Atlantico sono contenutigli studi della Piva continua,

Una fama di musico e di buon cantore

ANNIVERSARI

S

LEONARDO DA VINCI (1452-1519)

STRUMENTI E REBUS MUSICALIdi ANNA COMPAGNONI

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ANNIVERSARIbresciaMUSICA4 -siste un bellissimo Cd che documenta l’ope-ra completa per pia-noforte di Ruggero Leon-

cavallo. L’album, registrato dalpianista Marco Sollini, definitoda Claudio Scimone, “grandepoeta della tastiera”, ci con-sente di scoprire un imprevedi-bile Leoncavallo. Si tratta delladocumentazione fonica di 35brani pianistici del partenopeoverace Ruggero Giacomo Ma-ria Giuseppe Emmanuele Raf-faele Domenico Vincenzo, Fran-cesco Donato Leoncavallo,nato il 23 aprile del 1857 nelquartiere Chiaia di Napoli edel quale quest’anno si cele-brano i 100 anni dalla morte.

Il curioso Cd registrato daSollini, attraverso la poeticapianistica del noto autore de IPagliacci ci consegna unasplendida atmosfera musicaledi fin de siècle.

Questo album inizia con unCortège de Pulcinella (Petitemarche Humoristique) dall’in-solita atmosfera moderna.Ascoltandolo ci sembra di udi-re le sonorità e lo stile dell’ErikSatie di Jack in box o quelle diAdieu New York che GeorgeAuric compose nel 1919, annoin cui Leoncavallo morì. Segueuna Valse mignonne garbatissi-ma ed elegante. Il clima di mu-sica da salotto è sicuramentepensato per quei luoghi aristo-cratico-borghesi ove nelle se-rate mondane era possibilegodere dell’ascolto delle raffi-nate romanze di FrancescoPaolo Tosti, quei luoghi ove lamusica sapeva evocare sofisti-cate sensazioni affini a quellesuscitate, nei lettori o neglispettatori, dai drammi di Giu-seppe Giacosa o di GerolamoRovetta. Brani pianistici quali loscherzo Papillon, Valse à la lu-ne o Valse mélanconique, con-tenuti nel sopraccitato Cd,bene potrebbero prestarsi qua-le colonna sonora ideale perun allestimento di Come le Fo-glie, capolavoro teatrale diGiacosa.

Ascoltando i deliziosi Paintinsvivants (Danse de Caractère)ci sembra di vedere il giovaneRuggero nelle sue peregrina-zioni in Egitto quando, in vestedi concertista di pianoforte, siesibiva in diverse sale, forse suesplicita commissione dello zioLeoncavallo-bey, che era allo-ra direttore della stampa al mi-nistero degli esteri, o quando aParigi, versato nella miseria piùassoluta, cominciò ad accom-pagnare le cantanti da caffè-concerto.

Lo stesso Leoncavallo ciinforma che “Pare ch’io abbiaallora fatto delle cose straordi-narie come accompagnatore,perché all’indomani tutte lepiccole agenzie dei caffè-concerto dei sobborghi cerca-vano il petit italien qui était trèsfort…”

* * *Da sempre identificato con il

capolavoro operistico I Pa-gliacci e tuttalpiù con la bellaromanza Mattinata, Leonca-vallo, autorevole esponentedella cosiddetta “Giovanescuola”, meriterebbe di viverenella memoria dei posteri an-che per altre sue composizionidi indubbio pregio. Fra questespicca il poema musicale perorchestra sinfonica e voce di

tenore La Nuit de mai. Questobreve lavoro diviso in 12 braniè ispirato all’omonimo poemadi Alfred de Musset. Recente-mente il tenore Placido Domin-go con l’orchestra del TeatroComunale di Bologna direttada Alberto Veronesi ha regi-strato, per la copertina dellaDeutche Gramophon, unabellissima edizione di questo la-

voro, pressoché sconosciuto algrande pubblico. La musica,molto lirica, è fresca e ispiratae ci consente di scoprire unapregevolissima e godibilissimapagina del repertorio dimenti-cato di Leoncavallo. Ciò chemaggiormente ci colpisceascoltando questo lavoro è lamaestria orchestrale che l’au-tore possedeva.

Da tutta la produzione operi-stica degli eredi della grandeopera romantica italiana, Ma-scagni, Alfano, Franchetti, Gior-dano, Catalani, Puccini, Cilea,Zandonai, si evince una gran-de conoscenza della tecnicaorchestrale. Leoncavallo nonera da meno e in questo suoLa Nuit de mai risulta partico-larmente evidente. Altro ele-

mento inequivocabile che ap-pare chiaro dall’ascolto diquesto ispirato lavoro è il debi-to di riconoscenza che il Veri-smo italiano ha nei confrontidell’opera francese. Molte pa-gine di La Nuit de mai, soprat-tutto quelle per tenore e or-chestra, ricordano fortementelo stile compositivo di JulesMassenet o di Charles Gou-nod.

La sorte non è sempre statafavorevole a Ruggero Leonca-vallo. Il 6 maggio del 1897 ven-ne messa in scena per la primavolta al Teatro La Fenice di Ve-nezia la sua opera La Bohème.La trama del melodramma ètratta da Scènes de la vie deBohème del letterato franceseHenri Murger. Si tratta dellastessa fonte letteraria a cui at-tinse Puccini per la sua Bohè-me. Circa tre anni prima, il pri-mo febbraio del 1896, era an-dato in scena al Teatro Regiodi Torino il capolavoro omoni-mo di Giacomo Puccini. Sem-bra da varie fonti che i duecompositori avessero da tem-po dato vita a una querelle in-torno al diritto di mettere inscena in forma d’opera il lavo-ro di Murger.

Convenne a Leoncavallo in-sistere nella creazione di un’o-pera che inevitabilmente sa-rebbe stata messa a confrontocon uno dei massimi successidi Puccini? Nella tradizioneoperistica settecentesca e delprimo romanticismo il fatto chepiù compositori trattassero ilmedesimo soggetto era cosadi prassi, ma nel tardo romanti-cismo, in un’epoca ove ormaiil grande pubblico era uso allaconoscenza di capolavori as-soluti e memorabili, il confrontoapparve stridente. La veritàcomunque è insita nella diver-sa qualità delle due Bohème.Non è avvenuto, per esempio,ciò che si è realizzato con ilconfronto dei due Barbiere diSiviglia di Paisiello e di Rossini odelle due Manon di Massenete dello stesso Puccini. In questicasi parliamo comunque diopere capolavoro. Il Barbieredi Rossini fa dimenticare quellodi Paisiello che rimane comun-que una bellissima e riuscitaopera. D’altro canto la ManonLescaut di Puccini non solonon oscura la fama della Ma-non di Massenet ma appare,nonostante l’imbrogliato libret-to, opera a sua volta capola-voro e importante esempio dicome si possa trattare la me-desima fonte letteraria in unostile del tutto diverso.

La Bohème di Leoncavallo,pur non essendo priva di bellepagine ispirate, non regge ilconfronto con quella di Pucci-ni della quale addirittura Stra-vinskij ebbe a dire: “Più invec-chio, più mi convinco che LaBohème sia un capolavoro eche adoro Puccini, il quale misembra sempre più bello”.

* * *Altra cosa sono I Pagliacci.

La sicura sensazione di esseredi fronte a un capolavoro l’ab-biamo fin da subito ascoltan-do il Prologue Prelude. Il bellissi-mo e ispirato coup de thèatreci viene consegnato dalla vo-ce baritonale del personaggiodi Tonio che vestiti i panni del

segue alla pagina 5

E

RUGGERO LEONCAVALLO (1857-1919)

“I PAGLIACCI” E NON SOLO di SERGIO NEGRETTI

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bresciaMUSICA - 5segue dalla pagina 4

prologo ci saluta con l’indi-menticabile “Si può, si può. Si-gnore! Signori!… Scusatemi seda sol mi presento. Io sono ilPrologo”. La grande e frescaispirazione di Ruggero Leonca-vallo è immediatamente evi-dente nel “Un nido di memo-rie...” e esplode in tutto il suocoinvolgente romanticismo nel“E voi piuttosto…”.

L’opera appare ricca di feliciintuizioni melodiche che si pre-sentano già dal primo atto. “Ungrande spettacolo a ventitréore” e soprattutto l’aria del te-nore “Un tal gioco” ne sonouna convincente dimostrazio-ne. L’uso del coro sorretto damelodiosità popolare evoca lestesse soluzioni musicali adotta-te da Mascagni per la sua Ca-valleria Rusticana. “Din, don,suona vespero,...” ce lo dimo-stra in modo evidente. La feliceispirazione del compositore simanifesta successivamente nellungo solo di Nedda della se-conda scena. “Vanno laggiù inun paese strano...” esplode intutta la sua trascinante vitalitàattraverso un elegante tempodi valzer. Ma l’indimenticabile,possente, memorabile, cavallodi battaglia di generazioni ditenori, famoso come una HitSong di un moderno musical, ri-mane il celeberrimo “Vesti lagiubba”. Così come il “Nessundorma” della Turandot di Puc-cini è noto al grande pubblicocon il popolare titolo di “Vin-cerò”, quest’aria viene gene-ralmente ricordata come “Ridipagliaccio”. La potenza musi-cale di stampo verdiano esplo-de in “Recitar! Mentre presodal delirio non so più quel chedico e quel che faccio!”. Belloe efficace il testo di questa im-mortale e giustamente celebrearia per tenore, testo che, co-me è avvenuto per tutta la pro-duzione di Leoncavallo, è statoscritto dal medesimo composi-tore.

Importante esempio di musi-cista italiano Leoncavallo, chesulle orme del grande Wagner,così come Arrigo Boito, sapevarealizzare l’idea di opera asso-luta occupandosi personal-mente dell’individuazione deisoggetti, della stesura del libret-to e della composizione dellamusica. Il primo atto si chiudecon il celebre Intermezzo.

Come suggeriva la prassi del-l’epoca, questa riuscita paginaorchestrale riprende importantitemi già ascoltati nell’opera, inquesto caso, per la precisione,nel Prologo iniziale. Questaconsuetudine è documentatain molti esempi illustri. Si pensiagli intermezzi usati da Pucciniper Manon Lescaut o per SuorAngelica o all’intermezzo dellaFedora di Giordano.

* * *La grande intuizione scenica

di Leoncavallo per il secondoatto dell’opera consiste nelcreare una rappresentazionenella rappresentazione. Inapertura vediamo un teatrinoe un pubblico popolare in tre-pidante attesa che inizi lo spet-tacolo a cura dei commedian-ti. Si legge dal libretto “Toniocompare dall’altro lato delTeatro colla Grancassa; era apiazzarsi sull’angolo sinistro delproscenio del teatrino. Intanto

la Gente arriva da tutte le par-ti per lo spettacolo e Peppeviene a mettere nei banchi perle Donne”. Il dramma sta periniziare. Nedda ama Silvio, To-nio brama Nedda, ma rifiutatorivela a Canio la sua trescacon Silvio, Canio brucia di ge-losia per Nedda. E’ accecatodall’odio ed è pronto a trasfor-mare la farsa in tragica realtà.Una rappresentazione che do-vrebbe essere comica e fareuso delle solite pochade tra ilfarsesco e il licenzioso, è inve-ce permeata di sonorità cupee dai sinistri presagi.

Ancora felicissime intuizionimelodiche per Leoncavallo simanifestano già dalla canzo-netta di Arlecchino. Peppe neipanni della maschera venezia-na intona la sua ammirazioneper Colombina impersonatada Nedda: “O colombina, il te-nero fido Arlecchin è a te vi-cin!”. Melanconica e pateticaquesta breve aria necessitache nel cast vi sia un tenoreleggero di tutto rispetto e nonun normale comprimario. Se-gue un gioco delle parti fra iprotagonisti della recita popo-lare. Finchè entra in scena, nel-la finzione della finzione sceni-ca, Canio nei panni di Pagliac-cio, tradito e beffato dalla mo-glie Colombina. La terribile fra-se pronunciata da Colombinae indirizzata ad Arlecchino “Astanotte… e per sempre io saròtua” è la stessa che Canio udìrivolgere da Nedda all’amatoSilvio. Sopraffatto dal dolore ecostretto a entrare in scena neipanni del buffo Pagliaccio,porta la mano al cuore e mor-mora a parte “Nome di Dio!…Quelle stesse parole!”. Il dram-

ma si sta per compiere. Saràl’accorato arioso “No! Pagliac-cio non son!” a rivelarci tutto iltormento interiore di Canio.Grande spunto lirico dallostruggente sviluppo melodicoche raggiunge vette di com-mozione in “Sperai, tanto il de-lirio accecato m’aveva...”,non sfigura al cospetto di “Ve-sti la giubba”. Come è noto nelfinale l’opera poi si evolve intragedia quando Canio al co-spetto di tutto il pubblico com-pie l’assassinio di Nedda e delsuo amante.

È questo il lavoro che indub-biamente consegnò Leonca-vallo a imperitura gloria.

Merita ricordare che Rugge-ro Leoncavallo, oltre ai lavorigià citati, compose le opere IMedici, Chatterton, Zazà, Zin-gari, Mameli, Edipo Re e unapregevole Messa da Requiemche in quest’anno 2019 è statariproposta dalla Orchestra Fi-larmonica italiana, con sede aRovato (Bs), il 25 maggio scor-so presso la chiesa della Ma-donna del Ponte presso Brissa-go, Svizzera.

ANNIVERSARI

Oltre alle opere anche parecchi brani pianistici

CAMPAGNA ASSOCIATIVA

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ad ascoltare Sokolov sono ac-corsi tantissimi appassionati,per un concerto che l’artistaha diviso tra Beethoven eBrahms.

Un Beethoven tra l’altro par-ticolarissimo, con una Sonatascelta tra le prime del corpusbeethoveniano, quella in domaggiore op. 2 n. 3, cui Soko-lov ha fatto seguire le 11 NuoveBagatelle op. 119. Privilegiateinsomma le piccole forme ri-spetto a capolavori complessie ampi, e così è stato ancheper i Klavierstücke op. 118 diJohannes Brahms che hannocompletato la serata. Anche leminiature, così sembrava volerdire Sokolov, hanno la loro nonpiccola dignità; e alla fine, co-me al solito, la consueta e ge-nerosa valanga di bis che tan-to il nostro pubblico apprez-za… e si aspetta.

* * *Un’eco positiva ha destato

anche la prova del pianistaFrancesco Piemontesi con laFilarmonica del Festival e ilConcerto n. 2 in si bemollemaggiore op. n 83 di Brahms,ma ancor più apprezzato èstato il Concerto n. 1 op. 15 diBrahms realizzato al pianoforteda Alexander Romanovsky enel quale la parte orchestralediretta da Pier Carlo Orizio erainterpretata dalla Royal Phi-lharmonic Orchestra; questocomplesso prestigioso, chenella seconda parte si è misu-rato con la Quarta Sinfonia diBrahms, ha dato di sé una pro-va incantevole per la perfezio-ne delle sue varie sezioni, spe-cialmente quelle dei fiati, asso-lutamente straordinarie.

Se sono molti i concerti delFestival degni di menzione e dilode, ce n’è uno che sicura-mente rimarrà scolpito in mo-do particolare nella memoriadei bresciani ed è quello dellaZagreb Philharmonic Orche-stra diretta da Eduard Top-chjan: il tema era quello dellamusica ungherese, o almenoall’ungherese, un genere fortu-natissimo all’epoca di Brahms –che mai mise piede in Unghe-ria – e di Liszt che invece un-gherese lo era per davvero. Ela Zagreb Philharmonic Or-chestra ha deciso di offrire unavisone particolarmente antitra-dizionale quanto affascinantedi questo repertorio portandoin scena anche un vero e pro-prio violinista zingaro, una ce-lebrità come Roby Lakatos checol suo ensemble ha dato unaprova spettacolare e originalis-sima con strumenti come ilcymbalom di Jenö Lisztes cheha punteggiato le “tradiziona-li” musiche in repertorio comela Rapsodia Ungherese n. 2 diLiszt, il grandioso poema sinfo-nico Les Preludes di Liszt fino aibis, con la celebre Czarda diMonti.

Ormai i pianisti giovanissiminon bastano più, i bambini

segue alla pagina 7

bresciaMUSICA6 -

a 56ª edizione del Festi-val pianistico interna-zionale di Brescia e Ber-gamo di quest’anno a-

veva un titolo che all’inizioavrà sicuramente lasciato per-plesso più d’uno, con quel suomotto “Musica velata” che aprima vista sembrava alluderea qualcosa di non positivo: ineffetti invece, com’è stato poiampiamente spiegato, si trat-tava del giudizio che RobertSchumann aveva espresso neiconfronti della musica del gio-vane Johannes Brahms, musi-ca che attraverso una riccascrittura pianistica “velava”,sottintendeva accenti orche-strali. Eccolo quindi il tema delFestival di quest’anno che, vo-lendo forzare l’idea iniziale, sipotrebbe ricondurre a una sor-ta di saga familiare fra RobertSchumann, la moglie ClaraWieck e il giovane genio mu-sicale e amico di famigliaJohannes Brahms, come tritti-co di protagonisti.

Non è così, naturalmente,ma la tentazione di personaliz-zare il tema di quest’anno ècomunque molto forte, quasinaturale. Anche per questo gliorganizzatori hanno deciso diadottare uno stile più moder-no, più attuale nel presentaree raccontare il Festival sul cuisito ha infatti trovato spazio unvero e proprio racconto a pun-tate – una per ogni settimana –sui profili Facebook e Insta-gram del Festival allo scopo dinarrare le vicende non solomusicali ma anche umane diquesti tre straordinari perso-naggi. Ovviamente utilizzandoun linguaggio in sintonia con lenuove tecnologie, con l’obiet-tivo di avvicinare un pubblicodecisamente diverso, quellodei giovani sempre più iper-connessi. Il materiale per que-sto racconto a puntate certonon mancava: primo attoreRobert Schumann, spirito liberoe visionario, autore del celebresaggio La Musica Romantica,poi la moglie Clara Wieck,grandissima pianista e a suavolta autrice (anche se nonabbastanza riconosciuta all’e-poca e fino a oggi), infine il so-lare ragazzone JohannesBrahms che irrompe nella lorovita e in quella della musicaeuropea. E le vicende della vi-ta, il tentativo di suicidio di Ro-bert, la sua vita terminata inuna clinica per malattie men-tali… sì, proprio abbondantissi-mo il materiale, basterebbenon per un racconto, ma addi-rittura per uno o più romanzi.

* * *E veniamo ora al Festival e

alla sua serie di concerti comesempre fittissima e che que-st’anno ha portato al TeatroGrande di Brescia una serie dicapolavori che il pubblico hagradito moltissimo a partire dalconcerto inaugurale, il 16 apri-le al Teatro Grande con “EinDeutsches Requiem” op. 45 diJohannes Brahms, capolavoro

L

LA 56 A EDIZIONE DEL FESTIVAL PIANISTICO

UN RACCONTO A PUNTATEdi LUIGI FERTONANI

assoluto del genio di Amburgorealizzato dalla Basel Sympho-ny Orchestra e dal Coro dellaMDR di Lipsia sotto la direzionedi Marek Janowski e con lapartecipazione di due notevolivoci soliste, quella del baritonoWilhelm Schwinghammer equella del soprano ChristinaLandshamer. Dobbiamo direche è stata per noi un’espe-rienza particolarmente emo-zionante grazie all’ottimo livel-lo delle sezioni orchestrali e co-rali che hanno dato a questepagine imponenti quello smal-to, quella luminosità che nonsempre si ritrova con complessianche importanti. Sappiamobenissimo che a livello di po-polarità “Ein Deutsches Re-quiem” non può certo compe-tere col K 626 in re minore diMozart, ma in Brahms la visionedella morte esce del tutto da-gli schemi medioevali ad e-sempio della sequenza delDies Irae per giungere, attra-verso i versi dei poeti tedeschi,a qualcosa di estremamente

gamasca, e “incastrare” le da-te dei due calendari deve ognivolta rivelarsi un’impresa quan-to mai ardua.

Come sempre, nomi famosidel pianismo internazionale sisono alternati a giovani ormaiaffermati e a promesse a voltegiovanissime: molto apprezza-to a questo proposito il secon-do concerto del calendariocon George Li, ventitré anni egià notissimo, ascoltato dapresidenti come Obama e dacapi di governo come la Mer-kel, che a Brescia ha portatoprima Beethoven, poi un Inter-mezzo di Brahms e infine lapoesia romantica in musicadel Carnaval op. 9 di Schu-mann.

Rispetto ai calendari deglianni precedenti sicuramentesingolare è stata la scelta dipresentare il recital di GrigorySokolov quasi subito, il 26 aprilementre l’amatissimo artista rus-so costituiva di regola quasiuna tradizionale chiusura a giu-gno del Festival. Naturalmente

intimo, un concetto quasi dol-ce della morte pur nella durez-za del distacco dalla vita.

Una serata inaugurale vera-mente riuscita, seguita da unafittissima serie di altri appunta-menti: a questo proposito ab-biamo registrato però più diuna lamentela del pubblicoper com’è stato organizzatoquest’anno il calendario, chesi sarebbe voluto meglio distri-buito nel corso delle varie setti-mane; certo non dev’esserefacile organizzare il tutto, an-che tenendo conto che il Festi-val si svolge su due sponde,quella bresciana e quella ber-

Concerti sinfonici e pianisti di ogni età

La Zagreb Philharmonic Orchestra

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prodigio sono sempre piùbambini e sempre più prodi-giosi, come la stupefacentedodicenne Alexandra Dovganche a San Barnaba ha raccol-to un successo personale gran-dissimo, ormai lanciata nelmondo del concertismo inter-nazionale; certo, dopo averassistito a una prova così spet-tacolare, vien sempre da chie-dersi quanti e quali siano i sa-crifici che questi talenti semprepiù precoci devono affrontare,e che sicuramente avrannopiù d’una difficoltà a vivereun’infanzia e un’adolescenza“come si deve”.

* * *Poi ci sono gli spiriti liberi co-

me Stefano Bollani, per i qualinon sembrano esserci limiti. Alui il Festival di quest’anno hadedicato un appuntamentoche vale la pena ricordare: si èsvolto a Bergamo, nel moder-nissimo Teatro Creberg, ed èuna collaborazione particolarecol mondo del jazz e della mu-sica nuova. Bollani, per il pub-blico del Festival – molti i pull-man di bresciani che si sono re-cati a Bergamo – ha suonatotra l’altro il suo Concerto Azzur-ro per pianoforte e orchestra inuna serata che allineava an-

che la Rapsodia in Blue di Ger-shwin e il Boléro di Ravel.

E a proposito di concertispeciali non si può certo omet-tere quello con l’Orchestra e ilCoro del Teatro alla Scala conla direzione d Riccardo Chaillye un programma che, oltre al-la Sinfonia n.1 di Brahms, pro-poneva la Missa Papae Pauliche il padre del celebre diret-tore, il compositore LucianoChailly, aveva scritto in onoredel Papa bresciano. Un eventoeccezionale per le due cittàdel Festival, ripreso dalla Rai eproiettato con un maxischer-mo allestito in piazza Paolo VI.Musica molto suggestiva, coninterventi insistiti di campanetubolari e un’ottima prova delcoro del Teatro alla Scala. Tral’altro Riccardo Chailly è statoprotagonista, nella sede delVescovado di Brescia dopo lavisita alla casa natale di PaoloVI e del magnifico museo di ar-te moderna, di un incontrocon i bresciani durante il qualeha colloquiato con Pier CarloOrizio ma rispondendo di buongrado anche alle domandedegli appassionati sulla Messaper il Papa bresciano che a-vrebbe diretto al Teatro Gran-de.

E fra le iniziative speciali le-gate al Festival anche la proie-zione nel Refettorio del Museo

Diocesano del documentario“Jusqu’au bout - nella Parigi diBizet” di Elvio Annese, l’annua-le progetto di Intesa Sanpaoloprodotto dalla Musicom, comesempre prezioso tassello stori-co–musicale di alto livello.

Molte cose ancora ci sareb-bero da dire su questo Festival,ma una prova in particolare lavogliamo segnalare ed è quel-la dell’ultimo concerto del Fe-stival, che si svolgeva nel Chio-stro del Museo Diocesano: pro-tagonista la violoncellista EricaPiccotti che doveva essere ac-compagnata al pianoforte daFilippo Gamba, indisposto eche è stato sostituito a tempodi record da Monica Cattaros-si. Qui abbiamo visto in azioneun talento naturale e giovanis-simo – Erica Piccotti ha solovent’anni – e che non si fermacerto davanti alle difficoltà: laserata era ventosa, si portavavia la musica dal suo leggioma lei imperterrita e sublime ciha regalato con Monica Cat-tarossi prima i Phantasiestückeop. 73 di Robert Schumannnella versione violoncellista,poi la Sonata per violoncello epianoforte op. 69 di Ludwigvan Beethoven; e infine un biscome Salut d’amour di EdwardElgar, con cui il Festival ci hadato l’appuntamento al prossi-mo anno.

Il lungo sodalizio fra la Banda cittadina di Brescia e Giancarlo Fac-chinetti ha rappresentato una costante nella produzione composi-tiva del maestro bresciano. Tale era l’apprezzamento, la stima el’interesse che Facchinetti nutriva nei confronti della “Isidoro Capi-tanio” da spingerlo a coinvolgerla addirittura quale protagonista inscena nell’allestimento della sua opera La finta luna, nel corso del-la quale un gruppo strumentale del nostro organico eseguiva unaoriginalissima e enigmatica marcia.Generoso come persona, sincero amico e collaboratore perma-nente della nostra Associazione, musicista curioso, disposto asperimentare sempre nuove strade artistiche, Facchinetti, nel cor-so della sua vita, ha saputo onorare la nostra compagine strumen-tale regalandole una serie di bellissime composizioni originali.Una proficua intesa artistica con Facchinetti ebbe inizio già al tem-po del compianto Giovanni Ligasacchi. Infatti l’allora direttore del-la Banda cittadina concordò ed elaborò una efficace trascrizioneper organico bandistico delle celebri 5 Canzoni cecoslovaccheprecedentemente composte da Facchinetti per un organico came-ristico. Sempre su spinta di Ligasacchi e soprattutto del suo suc-cessore, il maestro Arturo Andreoli, videro la luce due splendidi la-vori quali Fantasiestück e Scherzo per banda. Fu la volta poi di Ca-priccio per pianoforte, fiati e percussione composta appositamen-te per la Cittadina e per il noto pianista bresciano MassimilianoMotterle. Conclude il catalogo di opere per banda di Facchinettiuno splendido ed efficace adattamento per coro cameristico, fiatie percussione del suo spassosissimo ma raffinatissimo La Fieradegli animali.Con profondo affetto e riconoscenza abbiamo voluto omaggiare lamemoria di Giancarlo Facchinetti raggruppando in questo Cd tuttii lavori bandistici composti per noi dal maestro, a testimonianza diun indimenticabile percorso artistico con lui condiviso in anni di at-tività svolta nella nostra città.Giancarlo Facchinetti è stato per molto tempo componente delConsiglio di amministrazione della “Isidoro Capitanio”.Tutti le incisioni sono live, tratte da registrazioni effettuate in occa-sione di concerti eseguiti dalla Banda cittadina nel Teatro Grandedi Brescia.

Cd

strum. G. Ligasacchi / rev. G. Mariotti 5 Canzoni su temi cecoslovacchi (1981)

rev. S. Negretti Marcia da La finta luna (1987)

Fantasiestück (1992)

Scherzo (1998)

Capriccio per pianoforte, fiati e percussione (2006) Pianoforte: Massimiliano Motterle

La Fiera degli animali (2009) La trota - La lucciola - Il setter - L’orango - La formica - L’istrice La giraffa - Il coniglio - Il pidocchio - Il cobra Testi di: Alessandro Bottelli, Emanuela Beretta, Margherita Gulino Ensemble vocale “Sifnos”

Associazione Filarmonica “Isidoro Capitanio”Banda cittadina di Brescia Direttori: Sergio Negretti e Giuliano Mariotti

Registrazione, mixaggio e mastering: Andrea Squassina 6th Floor Recording Studio - Brescia

Un sentito e sincero ringraziamento a tutti gli strumentisti dellaBanda cittadina di Brescia che, nel corso degli anni, grazie al lorocostante e volontario impegno, hanno contribuito a mantenere al-to il livello esecutivo della “Isidoro Capitanio” e hanno reso possi-bile la realizzazione di questo Cd.

È stato presentato lo scorso 18 giugno nella SalaGiudici di Palazzo Loggia il Cd Giancarlo Facchinettiper la Banda cittadina di Brescia.Il Cd è in distribuzione presso la sede dell’Associa-zione Filarmonica “Isidoro Capitanio”, all’interno delparco pubblico di via Odorici, a 5,00 euro per i socidella Banda cittadina e a 10,00 euro per i non soci.Info: [email protected]

tel. 0303756449.

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Un evento molto atteso e seguito

aveva pensato di sostenere levoci dei coristi, anziché conl’orchestra, con ben 14 cam-pane tubolari. Di quell’idea èrimasta, nella versione finale,una presenza significativa de-gli strumenti, come elementodi risonanza e amplificazionedel tessuto sonoro della Missa,che segue la tradizionale se-quenza Kyrie, Gloria, Credo,Sanctus e Agnus Dei.

Tante anticipazioni hannoinevitabilmente stuzzicato lacuriosità degli appassionati diascoltare la composizione, ol-tre che musicisti e voci dellaScala guidati da un grandemaestro; per placarla, immagi-nando insufficienti i posti inTeatro, è stato allestito unmaxi-schermo in piazza PaoloVI, con le telecamere RAIpronte ad offrire una diretta (inlieve differita) e alcune repli-che anche per chi non volessemuoversi dal salotto di casa.

Il Teatro era inevitabilmentegremito, con numerose auto-rità e ospiti di riguardo presen-ti, dal sindaco di Milano Giu-seppe Sala al Vescovo di Ber-gamo Francesco Beschi. Sulpalco, sono intervenuti il sinda-co di Brescia Emilio Del Bono,Letizia Moratti – presidente diUbi Banca, principale sponsordel concerto – e il Vescovo diBrescia Pierantonio Tremolada.

Si respirava, insomma, l’ariadi una serata da ricordare. Mu-sicalmente, però, il concertonon è sembrato all’altezza del-le attese. La prima sinfonia diBrahms, che apriva il program-ma, è stata affrontata con ilfreno a mano tirato; Chailly –specialmente nel primo movi-mento – non riusciva ad impri-mere la giusta energia allaponderosa macchina sonorabrahmsiana, che restava pri-gioniera della sua complessità,malgrado la buona prova del-le singole sezioni orchestrali e inparticolare dei fiati. Una letturamolto introversa, che toglievamordente ai toni epici e tragicidella sinfonia, brillando solo neimovimenti centrali.

Assai migliore la prova del-l’orchestra, e più ancora delcoro condotto da Bruno Caso-ni, nella Missa Papae Pauli. Qui,però, è stata la stessa Messa adeludere: al di là dell’indiscuti-bile valore storico, l’opera ap-pare precocemente invec-chiata, con impronte di IgorStravinskij sin troppo marcate epiù di qualche eccesso retori-co. Certo, si nota una scritturasapiente, soprattutto delle partivocali, e alcune sequenze col-piscono per intensità drammati-ca, ma troppo spesso si ha l’im-pressione di assistere a un eser-cizio di stile. Anche l’inserimen-to “massiccio” delle campanein partitura, a tratti molto effica-ce, smarrisce la sua incisivitànelle ossessive ripetizioni.

L’ottima interpretazione hacomunque convinto il pubbli-co, che ha tributato a Chailly etutti i musicisti lunghissimi ap-plausi.

bresciaMUSICA8 -

a parola evento, spesso usata a sproposito, è cer-tamente appropriata perdescrivere il concerto

che Riccardo Chailly, alla testadell’orchestra e del coro delTeatro alla Scala – di cui è datempo direttore musicale – hatenuto al Teatro Grande di Bre-scia lo scorso 30 maggio. Nonsoltanto per il valore degli inter-preti – fuori discussione – maper il tema della serata: la ce-lebrazione della canonizzazio-ne di Papa Paolo VI, con la pri-ma esecuzione bresciana del-la Missa Papae Pauli di LucianoChailly, padre del direttore.

Scritta a seguito della forteimpressione suscitata dal viag-gio di Paolo VI in Israele, la Mis-sa si ricollega idealmente alpassato, e in particolare al mo-dello della Missa Papae Mar-celli di Giovanni Pierluigi da Pa-lestrina, capolavoro del Rina-scimento musicale.

La prima esecuzione avven-ne a Roma, nel 1964, e la regi-strazione, così come la partitu-ra, vennero donati al pontefi-ce dal compositore, che si pre-sentò all’udienza con l’interafamiglia, compreso il quattor-dicenne Riccardo. Un ricordorimasto profondamente im-presso nella memoria del futu-ro direttore d’orchestra, cheproprio per questo ha volutovisitare, una settimana primadel concerto – il 24 maggio – iluoghi di Giovanni BattistaMontini, a Concesio.

Accompagnato dalla mo-glie, Gabriella Terragni – anchelei artista, e più precisamentepittrice, con lo pseudonimo diGA – e da Pier Carlo Orizio – di-rettore artistico del Festival Pia-nistico, tra i promotori del con-certo – Chailly è stato accoltoalla Collezione Paolo VI dalpresidente dell’AssociazioneArte e Spiritualità Giovannima-ria Seccamani Mazzoli e daFausto Montini, nipote del pon-

LA “MISSA PAPAE PAULI” DI LUCIANO CHAILLY

SPIRITUALITÀ ANTICA, SENSIBILITÀ MODERNAdi ANDREA FAINI

L

tefice, che lo ha introdotto allastoria della famiglia. Un breveincontro privato ha fatto dapreludio alla visita guidata del-la collezione, che raccoglie glioltre settemila dipinti, disegni,stampe, medaglie e sculturedel Novecento appartenute aGiovanni Battista Montini.

Nelle sale dell’esposizione,Chailly ha potuto respirare equasi toccare con mano il for-te legame di Paolo VI con gliartisti, che nel suo pensierohanno un ruolo determinantenella testimonianza della fede:“[…] Noi onoriamo assai l’arti-sta proprio perché […] compiequasi un ministero parasacer-dotale accanto al nostro: noi

go legato al ricordo personaledell’uomo di straordinaria gen-tilezza che ebbi la fortuna diconoscere così giovane, gra-zie a mio padre”.

* * *Nella stessa giornata, il diret-

tore è intervenuto anche nellaSala dei Vescovi della CuriaDiocesana per presentare laMissa Papae Pauli, precisandoche si tratta di un’opera unicanel catalogo del padre, che sidedicò prevalentemente al-l’opera lirica – ne scrisse tredici– e al balletto. Anche la sceltadel linguaggio è degna di no-ta: distaccandosi dalla dode-cafonia, suo vocabolario di ri-ferimento, Chailly padreguardò al passato, e in parti-colare al canto gregoriano ealla polifonia rinascimentale,per costruire un discorso musi-cale più accessibile, che com-binasse spiritualità antica esensibilità moderna.

Altro elemento caratteristi-co evidenziato dal direttore èil ruolo delle campane: origi-nariamente Luciano Chailly

quello dei misteri di Dio, e luiquello della collaborazioneumana, che descrive presentie accessibili quei misteri”.

Prima ancora che dalle ope-re in mostra, Chailly e la mogliesono rimasti colpiti dall’allesti-mento, curato dal precedentedirettore Paolo Bolpagni (l’at-tuale è Paolo Sacchini) e dal-l’architetto Michele Piccardi: ipannelli svelano i capolavoriprogressivamente, come neldipanarsi di una rappresenta-zione teatrale.

La visita si è conclusa tra lemura della casa natale di Gio-vanni Battista Montini, con ilmaestro e la moglie visibilmen-te emozionati. “Credo sia bellis-simo ricordare Paolo VI con lamusica” ha dichiarato Chaillyin questa occasione. “Comepochi ha saputo cogliere le si-militudini tra fede e arte, e sonoconvinto che la musica avessenel suo cuore un posto specia-le. Per me, rimane la forte emo-zione di aver visto la stanza incui è nato: gli anni hanno mo-strato l’importanza storica delpapato di Montini, ma io riman-

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La giuria era guidata dalmaestro Ruggero Ruocco ecomprendeva i maestri GianniAlberti, Sergio Marengoni, Lu-ca Morassutti ed Emilio Ghezzi;naturalmente queste competi-zioni musicali, al di là degli esitifinali, costituiscono sempreun’occasione preziosa per igiovani musicisti che abbianola voglia di confrontarsi, dimettersi in gioco.

* * *Uno spettacolo che sicura-

mente avrà molto colpito i bre-sciani è la performance itine-rante della Compagnia DidierThéron di Montpellier: “La Gran-de Phrase”, proposta originalis-sima che ha coinvolto i cittadi-ni che si trovavano a passareper corso Zanardelli nel pome-riggio di sabato 11 maggio:con i loro inconfondibili costumiche li trasformano in una sortadi enormi e morbide – ma agi-lissime – palle questi artisti han-

no letteralmente conquistato ipassanti con una serie d’irresi-stibili quadri itineranti all’inse-gna del buonumore.

In occasione del Concertodi Primavera organizzato per iltesseramento annuale a VillaFenaroli di Rezzato l’Associa-zione Istituto del Radio “OlindoAlberti” ha rinunciato – per unavolta – a un concerto a base dibrani operistici per proporreuna “colonna sonora” realizza-ta da La Real Tango - OrquestaTipica, con la partecipazionedel maestro Mauro Stretti e perla parte musicale EmanuelaFacinoli al pianoforte, GinoZambelli al bandoneon, Vin-cenzo Albini al violino e AlessioMenegolli Grandi al contrab-basso: il programma di tanghie milonghe ha portato il pub-blico nel mondo carico di pas-sione delle danze latinoameri-cane, dall’Argentina al Brasile.

Un importante avvenimentomusicale, che avrebbe dovuto

tenersi in piazza della Loggia, èstato invece prudentemente“dirottato” – visto il meteo cosìincerto – nella chiesa di SanGiuseppe il 21 maggio: l’ap-puntamento del progetto “Ri-sorsanziani” della Spi-Cgil Lom-bardia - Generazioni verso l’Eu-ropa Futura ha scelto l’Orche-stra Bazzini Consort guidata daAram Khacheh per interpretarela Sinfonia n. 9 “Dal NuovoMondo” di Antonìn Dvoràk. Unimpegno davvero non facile,ma che è stato realizzato concura e passione sia dal giovanedirettore sia dal complesso, perl’occasione caratterizzato daun organico particolarmenteampio. Il pubblico era numero-sissimo, agli applausi l’orchestrae il loro direttore hanno rispostoancora con Dvoràk, offrendo inbis la Danza Slava op. 46 n. 8del compositore boemo.

E ancora il Bazzini Consort ci-tiamo per segnalare la nascitadi una nuova serie musicale,

una rassegna che ha tutte lecarte in regola per ottenere unottimo successo, programmatafra il luglio l’agosto di questaestate: il Talent Musica Festivalpresentato in Loggia combinainfatti due realtà già operanti,quella della Talent Music Aca-demy diretta da Paolo Baglierie l’attività nella chiesa di SantaMaria del Carmine, con i VespriMusicali organizzati da PetraMagdowski. L’idea è però di-versa ed è quella di proporre imigliori allievi dell’Accademianella cornice del Refettorio delMuseo Diocesano, e ogni ve-nerdì un concerto in Santa Ma-ria del Carmine che veda pro-tagonisti giovani solisti “accom-pagnati” dagli strumentisti delBazzini Consort: una confermadella versatilità del complessodiretto da Aram Khacheh, chea un anno appena dalla suafondazione è già in grado di af-frontare “avventure” diverse esempre più complesse.

a nostra carrellata sul-l’attività musicale bre-sciana fra maggio e giu-gno di quest’anno inizia

con l’ultimo appuntamento de-dicato alla musica da cameradell’Ensemble Teatro Grandeper il calendario della Societàdei Concerti: domenica 5 mag-gio al Ridotto del Grande San-dro Laffranchini al violoncello eAndrea Rebaudengo al pia-noforte hanno interpretato laSonata per violoncello e pia-noforte in fa maggiore op. 5 n.1 di Ludwig van Beethoven e laSonata in do maggiore per vio-loncello e pianoforte, op. 119 diSergej Prokof’ev mettendo aconfronto due mondi musicaliovviamente profondamente di-versi, quello di un Beethovengiovanile e dallo spirito pervasoda un forte e solare ottimismo,con quello della maturità diProkof’ev. Una realizzazione dialto livello, seguitissima dal pub-blico bresciano a conferma delsuccesso di questi concerti do-menicali al Ridotto del TeatroGrande.

A proposito della valorizza-zione dei giovani talenti musi-cali segnaliamo la vittoria delQuartetto d’archi Echos dellaseconda edizione del Concor-so borsa di studio nazionaleper giovani musicisti “Gasparoda Salò” organizzato dal LionsClub Brescia Host in collabora-zione col Conservatorio “LucaMarenzio”: la finale, sabato 11maggio, si è svolta nella bellissi-ma cornice di San Cristo e ilQuartetto Echos, formato daAndrea Maffolini e Ida Di Vitaai violini primo e secondo,Giorgia Lenzo alla viola e Mar-tino Maina al violoncello, si èaggiudicato i 3.000 € del primopremio mentre il secondo,2.000 €, è andato al Trio Cha-gall di Lorenzo Nguyen, Edoar-do Grieco e Francesco Massi-minio. Infine il terzo, 1.000 €, èstato attribuito al Duo violinisti-co Adelphai formato dalle so-relle Debora e Letissia Frac-chiolla; al quarto e al quintoposto, a pari merito, il Quartet-to d’archi Garimberti e il Va-gues Saxophone Quartet.

Naturalmente non è stato fa-cile per la commissione delconcorso, presieduta dal mae-stro Ruggero Ruocco, valutarele prove delle cinque formazio-ni cameristiche, non solo per ladiversità dei programmi presen-tati – particolarmente comples-si – ma anche per la diversitàdegli organici di questi gruppi: ilDuo Adelphai ad esempio haproposto il primo tempo dellaSonata op. postuma di Ysaÿe eil Quartetto Echos il primo movi-mento del Quartetto “lettere in-time” di Janàcek. A nostro pa-rere avrebbe meritato un mag-giore rilievo il Vagues Saxopho-ne Quartet, che ha interpretatoun pezzo davvero notevole, unmovimento del Quartetto op.109 di Glazunov.

Diversi appuntamenti in teatro, nelle chiese, all’aperto

LA PRIMAVERA MUSICALE

CONCERTI, CONCORSI, SPETTACOLIdi LUIGI FERTONANI

L

[Foto Umberto Favretto]

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Un cartellonecon titoli di Rossini, Verdi, Ravel e Puccini

no darle sostanza plausibile.Certo, la compagnia è interes-sante, con voci emergenti co-me quelle di Marigona Qerkezi,già allieva dell’AccademiaRossiniana di Pesaro, e ClarissaCostanzo, del baritono MichelePatti, dei tenori Giulio Pelligra eMatteo Falcier, come del puregiovane ma più rodato (e vec-chia conoscenza del Grande)baritono Gezmin Myshketa.

Si gioca sul sicuro, invece,per Aida: l’allestimento saràquello di Franco Zeffirelli realiz-zato per il teatro di Busseto.Uno dei lavori più felici delmaestro fiorentino recente-mente scomparso, che al suosolito sfoggio di sfarzo ha pre-ferito lasciar correre l’immagi-nazione dello spettatore sug-gerendo la folla che ammira iltrionfo più che il trionfo stesso.Francesco Cilluffo, Maria Tere-sa Leva e Samuele Simonicini,in locandina, sono nomi nonignoti al Grande e ben rodatinel loro repertorio.

Rodatissimo è poi GianluigiGelmetti, veterano fra i diretto-ri italiani e chiamato a reggerele sorti di Macbeth, ancoracon un cast che schiera volti evoci familiari come quelli di An-gelo Veccia e Silvia Dalla Be-netta.

* * *Fra tanta grandiosità, un

guizzo di leggerezza viene dalNovecento. La stagione si aprecon un accostamento incon-sueto quanto frizzante fraL’heure espagnole di Ravel(1911) e Gianni Schicchi diPuccini (1918). Ancora la Fran-cia, ancora Parigi e la sua pro-pensione all’esotismo fa capo-lino con il lavoro di Ravel, masiamo in tutt’altro clima: unacommedia a sfondo eroticotutta circoscritta in un appar-tamento in un turbine coniuga-le ed extra coniugale. Un soloambiente e una questione darisolversi tutta in famiglia ancheper Puccini, solo che in questocaso il problema è un testa-mento scomodo, l’amore èpuro come ogni primo amorefra soprano e tenore. Fra gio-vani affermati (Serena Gam-beroni, Sergio Vitale), in ascesa(Agostina Smimmero) e vete-rani (Andrea Concetti, ma so-prattutto Mario Luperi, che hadebuttato nel 1977), la com-pagnia di canto promette diconvincere e divertire con unbell’affiatamento.

Dopo il bell’aperitivo all’a-perto con la Festa dell’Opera,l’antipasto leggero e saporitodel dittico inaugurale sembraproprio l’ideale per prepararsialle tre portate sostanziose diRossini e Verdi, fra cui si frappo-ne non un classico del balletto,ma una creazione del 2016 ba-sata comunque su una fiabafamiliare, La bella e la bestia, ele musiche di un principe delladanza come Cajkovskij.

Il menù, d’ispirazione italofrancese, sembra intrigante:non resta che assaggiare.

bresciaMUSICA10 -

L’OPERA AL TEATRO GRANDE

GRANDIOSITÀ E UN PO’ DI LEGGEREZZAdi ROBERTA PEDROTTI

ensa in grande la sta-gione 2019 di Opera-Lombardia: dei quat-tro spettacoli che com-

pongono la stagione lirica bre-sciana, ben tre titoli sono legatialla tradizione del grand-opé-ra, con balletti, scene di massa,grandi effetti scenici. Guillau-me Tell (1829) per questa tradi-zione è addirittura uno dei mo-delli esemplari, precedente aicapolavori di Meyerbeer eHalévy, coevo della Muette dePortici (1828) di Auber, mette inscena un poderoso affrescopolitico in cui emergono l’am-piezza del racconto, l’impor-tanza del coro come perso-naggio, l’integrazione di dueestese sequenze coreutiche,l’accentuazione della couleurlocale (il ranz de vaches svizze-ro citato sin dall’ouverture).Rossini era entrato gradual-mente nel sistema parigino:un’opera (anzi, cantata sceni-ca) italiana per l’incoronazionedi Carlo X, Il viaggio a Reims;una riscrittura di Maometto II,Le siège de Corinthe, in cui af-fina di scena in scena la confi-denza con l’idioma e le con-suetudini locali passano in unasola partitura dalla traduzioneal nuovo, distinto capolavoro;Moïse et Pharaon un grandiosodramma biblico, ancora unavolta non del tutto originale maancorato a un precedente la-voro, Mosé in Egitto, che tutta-via viene rielaborato subitocon radicale disinvoltura; Lecomte Ory, francesissima e pic-cante commedia medievale,lieve, ambigua e allusiva. Infinearriva Guillaume Tell, e Rossinicompone quel monumentoche consacra il suo maturatostile francese e la sua esperien-za di drammaturgo musicale,quel capolavoro che i compo-sitori più giovani accoglierannocome una Bibbia.

Il Pesarese, poi, non scriveràpiù opere: le contingenze poli-tiche creano controversie con-trattuali, questioni familiariacutizzano i suoi problemi ner-vosi, si allontana dal teatroquel tanto che basta per deci-dere di non tornarvi più e dedi-carsi alla musica sacra e ca-meristica, tenendo salotti dovesi radunano i più importanti ar-tisti del tempo, seguendo lacarriera di colleghi e cantantidelle nuove generazioni. Il suoultimo capolavoro operistico,frattanto prende il volo e per-de i pezzi, tradotto si travisa inun’opera d’altro spirito e d’al-tro respiro, sempre meno lega-ta al belcanto, sempre più sog-getta a tagli, finché, dopo la

storica incisione integrale diGardelli con Caballé, Geddae Bacquier, è il Rossini OperaFestival, con le produzioni del1995 (Gelmetti, Pizzi, Pertusi,Dessì, Kunde) e del 2013 (Ma-riotti, Vick, Alaimo, Rebeka,Florez), a segnare la rivalsa delGuillaume Tell così come Rossi-ni l’ha scritto e concepito.

* * *Dalla nascita del grand-opé-

ra, agli echi più tardi, vediamoVerdi che a Parigi nel 1865, nonper l’Opéra ma per il ThéâtreLyrique, deve riaggiornare ilsuo Macbeth e non solo inter-viene su una serie di dettaglimelodici nell’articolazione deltesto, non solo sostituisce un’a-ria della Lady, “Trionfai, securialfine”, con “La luce langue”,ma si adatta anche alla sensi-bilità del pubblico transalpinoinserendo i balletti nella scenadelle streghe del terzo atto,rendendo grandioso il finalecon il coro e un inno alla legit-timità dinastica ristabilita. In-somma, il Macbeth che noiascoltiamo abitualmente èun’opera italiana che ha ba-gnato i panni nella Senna, mache in realtà alla Senna guar-dava, un po’ di traverso, giànella prima versione fiorentinadel 1847, quando Verdi scrive-va per un teatro dove già eraarrivato – in traduzione – il Ro-bert le diable di Meyerbeer,grand-opéra ricco di effetti so-vrannaturali che aprono lastrada a streghe, spettri e ap-parizioni nel Macbeth.

E poi c’è Aida, commissiona-ta non già per l’occasione spe-cifica dell’inaugurazione delCanale di Suez (1869, mentre laprima dell’opera è del 1871),quanto per dar lustro al teatrodel Cairo, che il Kedivé, melo-mane, ambiva a far cresceredi prestigio. La produzione hada subito un respiro internazio-nale, si coinvolgono forze fran-cesi come specializzate in alle-

stimenti grandiosi di drammistorici, Verdi naturalmente nonpuò esimersi dal comporre duescene di danza – negli appar-tamenti di Amneris e per ilTrionfo – né di dare ampio spa-zio a maestosi quadri corali,che tuttavia sembra abbianoproprio lo scopo di rendere an-cor più eclatante la solitudinedei protagonisti e far risaltarel’intimità delle loro scene.

Tutta questa grandiosità nonè fine a sé stessa, ma è parte diun disegno drammaturgicoche, in maniera diversa in cia-scuna di queste tre opere, fa ri-saltare temi politici (il camminoverso la libertà nel Tell, la setedi potere che conduce al de-litto e alla follia in Macbeth, il

contrasto fra i sentimenti e leimposizioni di una società divi-sa in caste e in tempo di guer-ra in Aida) e sottigliezze psico-logiche.

Staremo a vedere come tut-to questo verrà realizzato, inuna stagione ambiziosa, chedesta l’attesa dei melomani.Certo, lascia un tantino per-plessi l’idea di tornare al Guil-laume Tell in italiano, sceltache pare, quantomeno, ana-cronistica (tanto più che a Bre-scia di opere inconsuete infrancese, tedesco, italiano neabbiamo viste parecchie negliultimi anni): attendiamo di ve-dere come la concertazione diCarlo Goldstein, la regia di Ar-naud Bernard e il cast sapran-

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STAGIONE LIRICA

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tezza – peraltro non manca,quest’anno nella tavola roton-da condotta da Angelo Folet-

bresciaMUSICA - 11n un assolato pomeriggio di giugno senti, nel corso, in centro, serpeggiare le note della sinfonia del

Barbiere di Siviglia e capisciche quello di cui ti occupi è lacosa più bella del mondo. Chesiamo fortunati, e un po’ ci sicommuove per quei quattroragazzi con sassofono, allievidel Conservatorio, che inanel-lano trascrizioni e sinfonie ope-ristiche circondati da una pic-cola folla attenta, fra cui duebimbetti piccoli piccoli che sul-le note della Danza di Rossini silanciano in balli scatenati. Poi,basta voltarsi, e un’altra musi-ca richiama l’attenzione dallafacciata del Teatro Grande:tutti con il naso in su per un Ne-morino o una Regina dellaNotte che si affacciano dalterrazzo del Massimo cittadino,mentre un’altra frotta di curiosis’infila nel portone aperto, percuriosare nel foyer, nel caffé,magari fra i palchi.

Questa è la Festa dell’Operadi Brescia, la giornata in cui lamusica invade la città, sor-prende chi non se l’aspetta,gioca con chi si è presentatopuntuale e consapevole al-l’appuntamento, e sta in ag-guato. Per strada, en plein air,ma anche in angolini segretiche la città svela per l’occa-sione (quest’anno, per esem-pio, il gioiellino del salotto cine-se nella Rotary House di Palaz-zo Averoldi).

Il flash mob si evolve, con mi-ni concerti che germoglianoper le strade, nei centri com-merciali, in metropolitana, maci sono anche tavole rotonde,incontri più o meno seri, spetta-coli dedicati ai più piccoli, ap-puntamenti raffinati o rielabo-razioni jazz o commissioni acompositori contemporanei (loscorso anno in omaggio a Pel-léas et Mélisande di Debussy,quest’anno al Macbeth ver-diano), recital classici che spa-ziano dal barocco all’Ottocen-to e oltre. Poi, naturalmente, ledanze si chiudono in grandestile, il fitto programma di e-venti gratuiti sparsi per Bresciasi concentra in due grandiconcerti, sempre gratuiti, nellemeraviglie del Teatro Grande,la vera casa dell’opera prontaad accogliere tutti dopo le fol-lie festose, e del Tempio Capi-tolino.

* * *Dal 2012 a oggi la Festa si è

rinnovata ed è rimasta fedelea sé stessa, anche il cambia-mento di data da settembre agiugno, se perde un po’ laprossimità con l’imminente Sta-gione lirica, è premiato da unosplendido sole e dalla parteci-pazione numerosissima di bre-sciani e turisti giunti per l’occa-sione.

Ci siamo noi che con l’operaconviviamo ogni giorno, ci so-no i curiosi, ci sono gli ignari, su-bito coinvolti. Una folle journéedi musica libera da ogni confi-ne e freno inibitorio, a muover-si fresca e spensierata, ma nonbanale, in mezzo alla gente.Qualcosa non sarà perfetto?Può darsi, ma lo spirito non ècerto quello del Beckmesser inuna Festa, e anche a volerlofare, i rilievi sarebbero davverominimi.

Lo spazio per un pizzico di se-rietà – speriamo non di pesan-

to con la sottoscritta, Paolo Lo-catelli e Luca De Zan a parlaredi opera e critica musicale nel-

l’epoca di internet e dei socialnetwork.

“Chi dice che l’opera è

noiosa non ne ha mai vistauna” sentenzia Pippo nella bel-la storia Topolino e il codice ar-monico (Artibani/Mottura, To-polino 3028, 4 dicembre 2013)e non gli si può dar torto. Bastaconoscere, esplorare, e, se ilteatro mette magari un po’ disoggezione, nell’opera ci sipuò anche imbattere per stra-da, stringere la mano, scam-biare quattro chiacchiere... eforse decidere di rivedersi, alGrande, alla Scala, al Regio oalla Fenice!

Un giorno così, per incontra-re l’opera, è davvero un even-to speciale, atteso nella suagioiosa unicità (semel in annolicet insanire, mentre folleggia-re oltre misura stucca), ma an-che nella sua qualità, nella va-rietà di eventi che coinvolgo-no le forze del Conservatorio,della Banda cittadina, di piani-sti, ensemble strumentali e dischiere di cantanti giovanissimi(e che splendida esperienza epalestra può essere cantareper una volta così, senza rete,in mezzo alla gente!) e più af-fermati. Per non far torto a nes-suno dei validissimi più o menonoti interpreti di questa festa,citiamo per tutti una gloria lo-cale, il mezzosoprano AnnalisaStroppa, fra gli interpreti delgalà conclusivo diretto da unmaestro del calibro di ValerioGalli.

Dall’alba al tramonto, di mu-sica non si fa indigestione – an-che perché, volendo, si cam-mina parecchio – ma ci si ine-bria. Una sbornia felice che la-scia appagati e non storditi,proprio come quando si brindafra amici con un vino o un li-quore di qualità.

Sì, l’opera è proprio la cosapiù bella del mondo: siamo for-tunati, condividiamola e fe-steggiamola!

r.p.

Per tuttala giornata un fitto succedersi di appuntamenti

LA FESTA DELL’OPERA

UNA SBORNIA FELICE

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bresciaMUSICA12 - ROCK E DINTORNI

ad avere dischi con differentisetlist tra un paese e l’altro. IBeatles saranno il caso più cla-moroso. La Capitol in Usa fececome si suol dire una “macel-leria musicale” degli album deiFab Four che probabilmentevollero usare la famosa foto-grafia della “Butcher Cover”proprio per una delle ennesi-me compilation senza caponé coda della Capitol. Comeè noto sulla copertina di queldisco (Yesterday and Today) iquattro si fecero fotografarevestiti da macellai con pezzi dicarne sanguinolenta e coltel-lacci. La copertina fu subitobandita e il disco ritirato per es-sere pubblicato con una co-pertina differente.

* * *Ma torniamo a noi. Arrivia-

mo a Mr Fantasy. Il disco escenel dicembre 1967 e vede laband muoversi sui terreni chegià erano stati anticipati daisingoli. La musica è di improntaprevalentemente psichedelicama con un approccio a trattijazzato e a tratti soul. Highlightdell’album è Dear Mr Fantasybrano che diventerà un trattodistintivo del gruppo e che Ste-ve esegue dal vivo ancoraadesso con grande successo.Assoluto capolavoro, la canzo-ne è stata interpretata da mol-tissimi artisti (Grateful Dead,Gov’t Mule, Jimi Hendrix adesempio). In questo albumWinwood fa la parte del leonementre Mason si defila in branidi minore impatto. Da qui na-sceranno le divergenze artisti-che tra i due e il rapporto di-venterà sempre più conflittua-le. Mason lascia la band ma virientra per incidere il secon-do disco chiamato semplice-mente Traffic e pubblicato nel1968.

E qui Mason piazza la zam-pata vincente. La sua FeelinAlright fa il paio con Dear MrFantasy e avrà moltissime co-ver (la più nota è quella di JoeCocker) soprattutto da musici-sti soul. Finalmente Mason di-venta protagonista e lascia lasua impronta, non solo su que-sto disco ma proprio nella mu-sica della band. Le influenzesoul e psichedeliche si incon-trano anche in Pearly Queenfirmata da Winwood. I duebrani caratterizzano l’improntamusicale di tutto il disco: unpo’ di Summer of love, soul ejazz quanto basta. Ma le diver-genze tra Winwood e Masoncontinuano e Mason lascianuovamente il gruppo.

Winwood ricorda infatti: “Noitre (Capaldi , Wood e lo stessoWinwood) andavamo in studioe insieme discutevamo sullecanzoni. Mason invece si pre-sentava con la canzone giàpronta e noi dovevamo farglida gruppo di supporto”. Ma-son in pratica non farà maiparte in pianta stabile dei Traf-fic anche se lo ritroveremo in

segue alla pagina 13

I TRAFFIC DI NUOVO IN VINILE

UN’EDIZIONE BEN CURATA, MA INCOMPLETAdi PIERO TARANTOLA

rendiamo lo spunto dalla pubblicazione di questo box in vinile che raccoglie la pro-

duzione inglese dei Traffic dalperiodo 1969 al 1974 per alcu-ne considerazioni. Il prepoten-te ritorno del vinile ha dato lapossibilità di avere nuovamen-te tra le mani vinili d’epocaperfettamente rimasterizzaticon l’artwork originale. Quan-to sia importante anche laconfezione di un Lp è statoampiamente discusso nel pre-cedente numero della rivistacon particolare riguardo allamostra presso lo spazio AREFche aveva proprio come argo-mento l’artwork delle coperti-ne dei dischi in vinile. Per quan-to riguarda il box quindi gli al-bum sono stati rimasterizzati evengono presentati nella loroforma originale (copertinaapribile, pink eye label e cosìvia). Viene aggiunta una inte-ressante riproduzione del po-ster promozionale pubblicatoai tempi per ogni album. Mavediamo la storia di questaband inglese ai tempi moltopopolare e oggi un poco di-menticata anche se SteveWinwood ottiene ancora ungrande successo personale.

Nel Maggio 1967 propriol’enfant prodige Steve Win-wood ha da poco lasciato loSpencer Davis Group, ha for-mato i Traffic insieme al batte-rista Jim Capaldi, al flautista-sassofonista Chris Wood e il po-listrumentista Dave Mason.

I primi singoli della band ot-tengono un discreto successo,più in America che in Inghilter-ra ma se vogliamo ascoltare

questi singoli niente da fare.Nel box non li troviamo. Infattiin questa edizione sono riporta-te solo le edizioni inglesi. I primisingoli saranno invece presentinella prima edizione Usa del-l’album d’esordio. Le politichediscografiche erano infatti dif-

ferenti tra Usa e Inghilterra. InUsa si preferiva inserire il singoloall’interno dell’album (a scapi-to di altri brani), in Inghilterra in-vece il singolo veniva pubbli-cato separatamente. Questoaccadeva in molte occasionie i Traffic non furono quindi u-

na eccezione. Un altro celebresingolo Smiling Phases sarà pre-sente solo su Lp in America manon in Inghilterra.

Queste politiche discografi-che venivano decise senzanemmeno interpellare i mem-bri della band che si trovavano

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bresciaMUSICA - 13ROCK E DINTORNI

Chris Wood è distrutto dall’usodi droghe, Winwood non reg-ge i ritmi da rockstar e improv-visamente abbandona. ChrisWood si trascinerà per alcunianni sempre afflitto dalla di-pendenza da droghe e alcool.Morirà di polmonite nel 1983senza riuscire a completare ilsuo album solo Vulcan chesarà dato alle stampe soltantonel 2008.

* * *Jim Capaldi avrà una valida

carriera da solista ma saràstroncato da un tumore allostomaco nel 2005. Winwood èancora l’elegante signore cheabbiamo ammirato lo scorsoanno al Vittoriale in un concer-to strepitoso.

segue dalla pagina 12

un album live Welcome to theCanteen uscito nel 1971.

Esce un nuovo singolo(Shangai Noodle Factory / Me-dicated goo) senza Mason mapoi Winwood abbandona perprendere parte all’effimeroprogetto Blind Faith insieme aEric Clapton, Ginger Baker e Ri-ch Grech.

La band dura lo spazio di unmattino. Un solo album pubbli-cato, un contestato tour ame-ricano (il pubblico chiedevabrani dei Cream e dei Trafficma la band eseguiva solo ma-teriale originale), un successivotour europeo accolto moltobene anche perché finalmen-te i Blind Faith concessero alpubblico quanto richiesto. E iTraffic?

La casa discografica pubbli-ca allora Last Exit (non com-preso in questo box, ma per-ché?) che contiene il singolo dicui sopra , qualche avanzo daiprimi dischi e una facciata live.

Certamente la pubblicazio-ne di questo disco è dovuta alfatto che c’era del materialeda pubblicare, la band era instand by (o forse si era addirit-tura sciolta) e quindi ecco unaltro disco che raccoglie vec-chio materiale non ancorapubblicato.

* * *Archiviata rapidamente l’e-

sperienza Blind Faith, Winwoodtorna in studio. John Barley-corn Must Die nasce comeprogetto per un suo album so-lo. Poi Winwood coinvolge Ca-paldi per le percussioni e il ma-nager della Island lo convin-ce a richiamare anche ChrisWood. E l’album esce a nomedei Traffic. È il 1970.

Siamo di fronte a un cambia-mento epocale. La psichedeliaè morta e sepolta, la tendenzava verso il progressive ma que-sto album è molto di più. Trovia-mo una interessantissima (e uni-ca) alchimia tra musica pro-gressive, jazz, folk e soul. Un uni-cum irripetibile. Dalla rivisitazio-ne della antica ballata tradizio-nale John Barleycorn al jazz diGlad, celebre strumentale cheapre il disco e che è noto an-che a chi di musica masticapoco. Assoluto capolavoro.Ovviamente in una qualsiasi di-scoteca che si rispetti questoalbum ha un posto d’onore. Ilproblema è che oggi pochicomprano dischi, però con tut-ti gli strumenti che abbiamo adisposizione (YouTube, spotify)possiamo ascoltare John Bar-leycorn. E allora facciamolo.

Il 1971 vede l’ampliamentodella band che, allo storico trioWinwood, Capaldi e Wood ve-drà aggiungersi altri elementiche varieranno di album in al-bum. I tre dischi The Low Sparkof High Heeled Boys, Shoot Outat the Fantasy Factory e Whenthe Eagles Fly sono pure di ele-vato livello e vengono consi-derati tra i più importanti del fi-lone “prog” che ai tempi an-dava per la maggiore

Tre grandi album. Da notarela celebre copertina con gliangoli tagliati di Low spark. Lastessa scelta artistica per la co-pertina verrà fatta anche per ildisco successivo che esce nel1973.

La band si scioglie nel 1974:

Il cofanetto appare quindiben curato anche se alcunescelte editoriali non convinco-no. Come abbiamo visto chicompera questo oggetto nonavrà l’intera discografia deiTraffic su vinile. Mancano alcu-ni brani fondamentali usciti susingolo e compresi comunquesu un antologico pubblicato

anche in Inghilterra. Inoltre nonè presente Last Exit che co-munque contiene una faccia-ta in studio. Rimangono poifuori due live Welcome to theCanteen (con Mason ospite) eil doppio On the Road uscitonel 1973. I soliti bene informatidicono che era pronto proprioun box completo (con singoli elive) ma che Winwood bloccòtutto. Inoltre se proprio voglia-mo essere pignoli nel 1994 uscìun altro disco dei Traffic: Farfrom Home che vedeva Win-wood e Capaldi alle prese conmateriale nuovo e di ottimo li-vello. Seguirà al disco ancheun breve tour in Usa. Il disco èdedicato a Chris Wood e sullacopertina possiamo vedereuno stilizzato suonatore di flau-

to. Sarebbe stata una ottimaoccasione per avere la stam-pa in vinile di questo bel discoattualmente ingiustamente di-menticato.

Operazione incompleta quin-di che delude i fans e che nonvedo come possa attrarrenuovi compratori che in ognicaso non avrebbero l’operacompleta. Non è però l’unicocaso. Bizzarre scelte editorialipenalizzano ad esempio uneccellente cofanetto dedica-to a Lou Reed. Tutti i dischipubblicati finalmente in vinile.Era ora. I dischi sono tanti e ilprezzo naturalmente adegua-to. Non solo i dischi di studioma anche i live. Peccato però,manca un disco. La scelta ap-pare incredibile perché se pos-so fare uno sforzo economicoper avere l’intera discografiadi Lou Reed non lo farò di cer-to per avere tutti i dischi tranneuno. Incomprensibile. Le stessescelte autolesionistiche sonostate fatte ad esempio perGeorge Harrison. Un paio dianni fa è uscito un bellissimo (ecostoso) box in vinile che perònon conteneva alcuni singoli eil celebre Concerto per il Ban-gladesh una delle sue produ-zioni più famose. Chi avràcomperato questo megabox?Forse i beatlemaniaci più esa-sperati (e nemmeno tutti). Perònon si capisce il senso di farequeste riedizioni parziali o co-munque monche.

Diverso il discorso per DavidBowie oggetto di una riedizio-ne dell’opera in diversi boxestremamente curata, con ine-diti, remix e chi più ne ha più nemetta. Il fan di Bowie potrà in-vece dichiararsi soddisfatto. In-somma la storicizzazione dellamusica rock prosegue con altie bassi e va probabilmente la-sciata a chi conosce bene lastoria artistica del protagonistae non a discografici senza scru-poli che non fanno nemmenolo sforzo di ristampare una an-tologia o un 45 giri.

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Il ventennale della morte celebrato intensamente

offerte alla grande audience.Certo non sono mancati studiaccademici approfonditi, maal pubblico generico è statoproposto più che altro un DeAndré ‘da etichetta’. La nostraè invece una politica culturalefinalizzata a far convivere ledue cose. Giornate in cui sipropone il concerto di canzo-ni, ma anche momenti di stu-dio. Questi possono dare visibi-lità alle novità accademiche e

clinare questi temi lungo lamanifestazione, fare ‘esplode-re’ letteralmente l’album tra-mite concerti e performance.L’altro concetto fondamenta-le è l’intreccio con la città e isuoi spazi. Portare queste inizia-tive nelle scuole, all’aperto,nelle cooperative sociali. Perl’intervento nella casa di Ver-ziano abbiamo coinvolto lacomunità di S. Benedetto alPorto, quella di Don Gallo”.

* * *Il Festival ha beneficiato di

alcuni sponsor privati, ma an-che di un forte sostengo daparte dell’Amministrazione co-munale di Brescia. L’idea diuna giornata di studio per que-st’anno è rimasta in nuce, limi-tata alla presenza di MartinaVavassori che tramite il suo li-bro ha parlato del processocompositivo di De André. L’al-tro volume presentato, nellagiornata inaugurale, quello diGiorgio Cordini, si inserisce in-vece nel filone della memoria-listica, affiancandosi agli scrittidi altri conoscenti e collabora-tori di De André. Tuttavia, co-me tutti i musicisti, Cordini rie-sce anche a dare spunti di uncerto interesse per un discorsocritico come quello invocatoda Adami. In particolare, du-rante una presentazione del li-bro svoltasi presso la Libreria Ri-nascita il 23 gennaio, Cordiniha accennato a un aneddotoche non aveva mai racconta-to prima (nel libro pp. 75-76)“ma indicativo di quanto DeAndré tenesse al suo ruolo dimusicista” – ha rimarcato il chi-tarrista.

“Si parla spesso dell’arpeg-gio di Amico fragile – continua-va Cordini – che Fabrizio face-va in un modo ineguagliabile,perché io e Michele Ascoleseabbiamo spesso provato a ri-farlo mentre lui cantava, e il ri-sultato non era mai lo stesso,nelle dinamiche, nell’intensità.Ma ora vorrei citare un altroesempio. Avete presente lacanzone Disamistade? Si trovanell’album Anime salve. Non èuna canzone molto eseguitadalle cover-band di De André.Noi stessi come Mille anni an-cora non la facciamo quasimai. Nella sezione centrale diquesta canzone c’è un incisostrumentale con una bellissimaparte di archi, molto particola-re ed elaborata, con accordiche scendono cromaticamen-te. In quegli anni De Andréaveva collaborato molto conPiero Milesi, che appunto hacurato arrangiamenti per Ani-me Salve. Era un direttore d’or-chestra molto conosciuto nel-l’ambito della musica leggeraspecie per le sue competenzesulla scrittura degli archi. Quan-do grandi nomi come Zucche-ro o Vasco Rossi avevano biso-gno di un arrangiamento suiviolini o sui contrabbassi, chia-mavano lui”.

“Ora, quando io ho sentitoDisamistade, ed eravamo alle

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ome previsto, il 2019 ha portato una venta-ta di iniziative sulla fi-gura di De André so-

prattutto nel territorio brescia-no, da lungo tempo privilegia-to nel rapporto col cantautoregenovese. In particolare il Fe-stival De André svoltosi in cittàdal 12 aprile al 4 maggio pro-mosso dall’Associazione “Cielivibranti” con la direzione artisti-ca di Alessandro Adami haconvogliato lungo quattrogiornate di appuntamenti unaserie di sollecitazioni prove-nienti da vari soggetti, come laBandaFaber diretta da Fran-cesco Andreoli e ovviamente ilLiceo di Scienze umane intito-lato proprio a De André. Con-certi, conferenze, mostre, spet-tacoli, laboratori didattici, pro-getti divulgativi in zone di im-pegno sociale (la Casa di re-clusione di Verziano) che han-no attirato una notevole fettadi cittadinanza.

Ai nostri microfoni Adami haspiegato come l’idea origina-ria prevedesse una singolagiornata dedicata a De An-dré, che ha coinciso infine conil 4 maggio, a conclusione del-la rassegna, dove infatti si sonoconcentrate le maggiori inizia-tive.

Sono state in particolare levie e le piazze del centro stori-co, dall’alba al tramonto, aospitare le manifestazioni deibambini e i concerti dei ragaz-zi risultanti dai laboratori didat-tici, e la sera l’esibizione delgruppo storico Mille anni anco-ra che annovera tre ex di DeAndré, Giorgio Cordini, ElladeBandini e Mario Arcari.

Tuttavia, la quantità di stimo-li scaturiti dal ventennale, co-me dicevamo, ha portato gliorganizzatori a strutturare unvero e proprio Festival in diver-se giornate. In quella giornatainaugurale del 12, dopo unconcerto-anteprima all’Audi-torium di Castel Mella che havisto studenti del Liceo De An-dré insieme al trio Arcari-Bandi-ni-Cordini, spiccava al LiceoDe André in città la mostra acura di Walter Pistarini e Rolan-do Giambelli, la presentazionedel libro di Cordini I miei ottoanni con Fabrizio De André, ela sera, al Collegio Lucchini, ilconcerto con il trio degli ex adaccompagnare la voce diAdami. La giornata successivadel 29 aprile prevedeva inve-ce la presentazione del libro diMartina Vavassori, Fabrizio DeAndré. Artigiano della canzo-ne.

Nel complesso, il Festival hamostrato un taglio decisamen-te comunicativo e popolare,“ma lo scopo della manifesta-zione vuole anche essere quel-lo di ragionare”, ha ribaditoAdami durante il nostro collo-quio. “Nel corso di questi ven-t’anni non sono certo manca-te manifestazioni di affetto neiconfronti di De André, ma cre-do non siano state altrettantele occasioni di riflessione alta

C

prove della tournée di Animesalve, ho subito avuto la sensa-zione che quell’intermezzo congli archi fosse opera di Milesi.Uno dei primi giorni di prove, ioe Fabrizio eravamo seduti unodi fianco all’altro, lui come alsolito stava fumando 2-3 siga-rette contemporaneamente…e io gli dico: ‘Sai Fabrizio, leprove stanno venendo bene,e che belli gli archi di Disami-stade. Milesi è stato propriobravo a scrivere quella parte’.Al che, Fabrizio mi lancia unosguardo: ‘Scusa tanto, maguarda che quella parte cel’ho messa io…’. E prende lachitarra per farmi vedere co-me quelle note degli archi ineffetti corrispondono a unaprogressione che aveva inven-tato lui. Io ovviamente mi sonoscusato, e poi non ne parlam-mo più. Ma questo per direche era anche in grado di rea-lizzare passaggi armonici piut-tosto complessi”.

Nell’esempio musicale in pa-gina, riproduciamo il passag-gio a cui si riferisce Cordini – unponte modulante fra le duemacro-sezioni della canzone,che corrisponde al minutaggio2’00”-2’30” e viene ripreso co-me conclusione. L’espedientedello scivolamento cromatico,i.e. successione di accordi ap-partenenti a tonalità distanti,derivava forse dagli insegna-menti di chitarra ricevuti da DeAndré in gioventù, come han-no rimarcato Claudio Cosi eFederica Ivaldi (FDA. cantasto-rie fra parole e musica) o forseda retaggi di musica classicaascoltata e sedimentata? Inogni caso, è l’esempio di unaspetto tecnico su cui si puòragionare anche a livello divul-gativo, in sintonia con la politi-ca culturale preconizzata daAdami. Il lavoro sui testi e le te-matiche umane potrà essereaffrontato con atteggiamentianaloghi.

allo stesso tempo fare brecciaa livello popolare”.

Ci si può chiedere se questasarà la sfida anche per il futuro.

“Per il futuro, il nostro proget-to è di organizzare ogni anno ilFestival intorno a un album diDe André e cercare di ragio-nare sui suoi temi impiegandogli strumenti della critica, dellafilologia, approcci comparati-stici, invitando musicisti e stu-diosi… e allo stesso tempo de-

LE INIZIATIVE BRESCIANE PER DE ANDRÉ

TRA STUDIO E DIVULGAZIONE a cura di CARLO BIANCHI

ROCK E DINTORNI

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lena Traversi è una ta-lentuosa cantante liri-ca bresciana, dalla splendida carriera. Nel

1996 si diploma nel Conserva-torio di Brescia con l’insegnan-te Ida Bormida, perfezionan-dosi poi con il maestro AlainCharles Billard. Dopo esperien-ze nel coro della Fenice di Ve-nezia e dell’Arena di Verona,debutta come solista nel 2000,quando sul palco del TeatroBonci di Cesena interpreta Su-zuki in Madama Butterfly, in se-guito alla vittoria del concorso“Primo palcoscenico”. Da lìcomincia un’ascesa fortunatis-sima, che la porta a lavorarenei maggiori teatri italiani edesteri come l’Opera di Fran-coforte, l’Auditorium Nacionaldi Madrid, l’Arena di Verona, laFenice di Venezia, il Petruzzellidi Bari, il Teatro Lirico di Caglia-ri, il Ponchielli di Cremona, ilComunale di Ferrara, giustoper citarne alcuni, e con diver-si tra i più grandi registi e diret-tori, come Carlo Maria Giulini,Massimo De Bernart, RaphaelDe Burgos, Riccardo Frizza, Re-nato Palumbo, Marcello Rota,Myung-Wung Chung.

Una passione per la musicaa tutto tondo che l’ha vistaconfrontarsi non solo con il re-pertorio operistico, ma anchecon il repertorio Barocco, quel-lo sacro e liederistico, la musi-ca del Novecento e molto al-tro.

Come si è avvicinata al can-to e quando ha capito che sa-rebbe diventata la sua profes-sione?

“Ho iniziato a interessarmi al-la musica suonando le percus-sioni nella Banda cittadina diBrescia con il maestro Ligasac-chi. Probabilmente c’era già unpo’ di passione, perché ho de-ciso di proseguire provando an-che altri strumenti come il flautoe il sax, che però non ho maiportato troppo avanti. Da gran-de, ho deciso di fare il Conser-vatorio invece dell’università,ma solo per un approfondi-mento, per diletto. Mi sonoiscritta casualmente, il canto èstato un po’ un pretesto, nonpensavo assolutamente di ave-re le doti necessarie o una pas-sione vera. Invece a 26 anni hoiniziato il Conservatorio e ho im-parato a conoscere la voce, labellezza del suono. Da ragazzi-na per un breve periodo avevofatto la cantante rock, quindimi piaceva cantare, ma nonavevo impostazione vocale.Nell’impostare la voce in modolirico invece ho scoperto qual-cosa di meraviglioso, il piaceredel canto. Dal terzo anno diConservatorio ho cominciato alavorare nel coro della Fenicedi Venezia; finiti gli studi sonostata all’Arena di Verona perquattro anni. Dal 2000 ho poiiniziato la carriera da solista”.

Nel 2000 infatti fa il suo de-butto in Madama Butterfly alTeatro Bonci di Cesena...

“È stata la prima opera cheho cantato. Ho vinto un con-

corso preparandomi per Su-zuki, un ruolo da mezzo sopra-no. Dopo che ho debuttatohanno iniziato ad arrivarmi unsacco di proposte di lavoro, eho scoperto che cantare l’o-pera è una cosa meravigliosa”.

Com’è stata l’esperienzacon Carlo Maria Giulini?

“Un’altra cosa fantastica,perché mi aveva scelto pereseguire la Messa in si minoredi Bach. Purtroppo lui non si èsentito bene in occasione delconcerto vero e proprio, chequindi è stato diretto da un al-tro direttore, ma le varie provele ho fatte proprio con lui”.

Tra tutti i ruoli che ha inter-

pretato qual è quello che l’haappassionata di più?

“Sarebbe una scelta difficile,perché ogni volta che cantoun’opera penso sempre chesia la più bella che ho mai fat-to. Mi sono cimentata in diversigeneri, dal Seicento all’Otto-cento, e adoro cose un po’fuori repertorio come Sogno diuna notte di mezza estate diBritten. La mia interpretazionepreferita poi non è stata inun’opera, ma nei Folk Songs diBerio. Ho sempre avuto unapassione per la musica con-temporanea di un certo tipo.Ma ho amato anche il Baroc-co, Monteverdi, Puccini, Rossi-

ni. Insomma, mi piace tutta lamusica in generale”.

Tra i direttori d’orchestra,quali ricorda con più affetto?

“Ho avuto la fortuna di lavo-rare con tanti grandissimi, chemi hanno veramente emozio-nato e dato tantissimo. Peròsono rimasta molto affezionataa una delle mie prime esecu-zioni, il Requiem di Mozart diret-to da Massimo De Bernart. In luiho visto una forma di genioche ho incontrato ancora,però mi ha sicuramente colpi-to perché ha davvero trasfor-mato un’orchestra in pochigiorni, facendo un’esecuzioneche secondo me è stata fan-

tastica. Poi ho ovviamente la-vorato con molti altri maestri,da ognuno si impara qualco-sa, però lui è quello che mi è ri-masto di più nel cuore”.

E tra i registi invece?“Anche a questo è difficile ri-

spondere. Ho lavorato con tan-ti grandi. Forse mi ha colpitoparticolarmente Ronconi, checon un modo di fare moltotranquillo sapeva comunqueottenere tantissimo, e avevaanche lui una forma di genio.La regia che aveva allestito delCapriccio di Strauss era incredi-bile, meravigliosa. Ultimamen-te, a Torino, ho fatto parte del-la Traviata con la regia diBrockhaus. Questa versioneviene definita ‘La Traviata deglispecchi’, perché parte daquesta idea di duplicare il pal-coscenico con un grandissimospecchio che dà un’impressio-ne visiva fantastica, perfino perchi canta. Sembra sempre divedere un dipinto, ed è un’e-mozione fortissima. Si tratta diuna regia storica, che c’è datanti anni e ha avuto un gran-dissimo successo”.

Lei ha avuto modo di lavora-re sia in Italia sia all’estero.Quali sono le principali diffe-renze che ha trovato tra l’am-biente italiano e quello inter-nazionale?

“Entrambi hanno dei pro edei contro. Si sente che l’Italia èil paese in cui è nata l’opera,che è la culla del canto, per-ché ci sono una conoscenza eun calore speciali. Però l’esteroè più ordinato rispetto ai nostriteatri, che magari in questo pe-riodo sono un po’ in crisi. Si ve-de una differenza di organizza-zione. Sicuramente in Italia c’èuna fortissima storia che co-munque vive nei teatri e unafortissima professionalità, però èun momento difficile. All’esteroquesto non si coglie. Nonavranno avuto la nostra fortunanel corso dei secoli, però oggisono più professionisti nel porta-re a termine uno spettacolo”.

In cosa è impegnata in que-sto periodo?

“A Torino riprenderemo ‘LaTraviata degli Specchi’, checanteremo poi a Lubiana. Do-po agosto invece sarò impe-gnata in uno spettacolo di mu-sica barocca basato sul mitodi Orfeo, L’Orfeo in Arcadia. Iocanterò una cantata meravi-gliosa di Scarlatti, faremo unospettacolo che comprenderàdanza e canto alla Reggia diCaserta. Infine, non c’è anco-ra nulla di concreto, ma se neè già parlato, mi piacerebbemoltissimo insegnare. Quandovedo che negli altri nasce lastessa emozione che ho io, vor-rei poterli aiutare a coltivarla.Forse nascerà una collabora-zione con la Banda di Brescia,è una cosa che spero vada abuon fine e ne sarei molto or-gogliosa. Sarei molto contentadi poter insegnare lì, perchéper me sarebbe anche un ritor-no, visto che sono partita pro-prio dalla banda”.

E

A COLLOQUIO CON ELENA TRAVERSI

LA VOCE, UNA SCOPERTA MERAVIGLIOSA a cura di GIACOMO BARONI

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La storia esemplaredel coro della Sat

n una corrispondenza da Bolzano per “La Libertà”, Barba Piero, nome di bat-taglia, come sappiamo,

di Piero Jahier, annuncia la co-stituzione di un coro alpino de-stinato a esibirsi per tutto il Tren-tino e, autocitandosi, scrive:“Per compagnia i soldati hanportato alla guerra le più bellecanzoni paesane e le hancantate colle mitraglie a spallacome le cantavano prima colsacco di emigrazione sullaschiena. Son passati attraverso

I

della patria: “Chi batte il mar-ciapiede, chi si intrufola nellebeghe di parte nell’illusione difare il bene della patria, vengalassù e si convincerà che se v’èun amore di patria che possadirsi assoluto lo si prova sulle ci-me delle nostre Alpi spaziandolo sguardo di giù verso le uber-tose pianure d’Italia” 53.

In sostanza solo lassù, nei luo-ghi scomodi e sofferti dellamontagna, sembra possa con-tinuare quell’assenza di conflit-tualità sociale rivelatasi in guer-ra.

* * *Nulla di originale: nelle com-

memorazioni dell’Associazionenazionale alpini ricorrono i me-desimi motivi, e ancor più chia-ramente i valori del mondo al-pino, i suoi modelli di vita di-ventano anello di congiunzio-ne tra il tempo di guerra e iltempo di pace: “Chi è stato unbuon montanaro è stato an-che un buon soldato-alpino” 54.

La mistica della montagna siesprime, soprattutto, nel ritodel canto (gli alpinisti e i mon-tanari sono gli alpini del tempodi pace): “Fanno tutto cantan-do: passeggiano cantando,bevono cantando, mangianocantando; sono in dubbio secantino anche dormendo” 55.(Troviamo l’affermazione sul“Bollettino” della Sat; ma nonsembra direttamente ripresadalle Scarpe al sole di PaoloMonelli e da quella mitologiaprimitivistica?).

Da parte sua, Gigino Battistinella lunga descrizione dellaDomenica Sosatina sollecitacon passione la liturgia popola-re del ricordo della guerra re-dentrice. Scrive sotto il titoloCanto di marcia, esplicitamen-te jahieriano: “Quattrocentogiovani, inquadrati da una di-sciplina di amore, calcano conpasso alpino cadenzato e de-ciso, le vie della loro città; e,come deciso e fermo è il loroandare, così essi son ben saldiin quegli ideali, che loro inse-gnò il grande alpino Martire.[...] Marciano i Sosatini al ritmodi quelle stesse canzoni che glialpini d'Italia consolarono edesaltarono nella lunga guerra,di quel loro inno che invoca epretende un domani degno diloro. Sono l’avanguardia e l’im-magine di tutto un Popolo inmarcia verso la conquista deisuoi diritti. Sorge mistico e so-lenne come se fosse una sol vo-ce possente, in cui si fondonoquelle limpide e squillanti dellesosatine con quelle robuste ebronzee dei loro compagni, lostorico Inno degli Alpini” 56.

Sullo stesso numero del “So-satino”, Ernesta Bittanti Battistipresenta, a uso dei giovani so-ci, un primo repertorio di cantinazionali, popolari, alpini (o,come si anticipa nel sommario,Canti sosatini - Canti trentini ecanti alpini), con l’invito a rie-vocare, anzi a rivivere, l’iden-tità virtuale che nel canto sistabilisce per un attimo tra chicanta e gli “eroi”: “Ecco tra ivostri, l’Inno degli sciatori checantavano i nostri alpini inguerra. Sia questo il vostro innocentrale. Quando lo cantere-te, vi risponderà, in cerchio, lalinea del fronte, con tutta la fe-de, con tutti i palpiti, con tutto

segue alla pagina 17

la terra veneta e le han preso,passando, tutte le sue canzoni.Ora son diventate di tutto l’e-sercito e al congedo le riporte-ranno in memoria fino alle ulti-me case, in fondo all’Italia” 51.

Il concerto, per iniziativa delservizio P della I armata, si tie-ne a Trento il 12 aprile 1919 e ri-propone il repertorio raccoltoin Canti di Soldati, che già co-nosciamo.

Con questo primo concertole canzoni della guerra italia-na, tramite Jahier, trovano nelTrentino una nuova terra d’ele-zione e, insieme, uno straordi-nario laboratorio in grado di

dar vita alla tradizione dei cori“di montagna”.

Già nel 1919 viene ricostituitala Società degli alpinisti tridenti-ni (Sat) e di lì a poco, nel gen-naio 1921, è fondata la Sosat,la Sezione operaia della Sat.

A favorirne la nascita ci sonoil figlio e la vedova di CesareBattisti: nella Sosat portano l’u-manitarismo patriottico, la soli-darietà superiore, interclassi-sta, “cementata dal comunesangue versato”, i motivi e-spressi da Cesare Battisti nelsuo ultimo discorso di Milanosugli alpini. Da parte sua ilgruppo dirigente della Sosat

lega il tema della “razza mon-tanina” a quello dell’educazio-ne nazionale. Già nel primomanifesto del 1922 indirizzatoagli operai, Nino Peterlongo,primo presidente della Sosat,scrive che le Alpi “sono lascuola della tua educazione.Sulle Alpi tu incominci a cono-scere il tuo paese, e ne imparila costituzione, ne acquisti i pri-mi barlumi della storia” 52.

Come si legge sulle paginedel “Sosatino”, il bollettino del-la sezione operaia, in monta-gna si realizza la collaborazio-ne fra le classi sociali, la fratel-lanza tra gli uomini nel nome

DURANTE IL PRIMO CONFLITTO MONDIALE

CANTI DI SOLDATI - 4 di QUINTO ANTONELLI

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bresciaMUSICA - 17segue dalla pagina 16

il valore e la gloria del popoloitaliano!” 57.

Il piccolo repertorio non haorigine dal patrimonio folklori-co trentino, ma proviene diret-tamente dal canzoniere di Pie-ro Jahier, proprio da quei Can-ti di Soldati pubblicizzati e mes-si a dimora nel Trentino del1919. Sulla figura e l’“azionemilitante” del tenente Jahier,impegnato in una vera e pro-pria opera di educazione e dipersuasione del popolo-solda-to, abbiamo detto e non insi-stiamo.

* * *A metà degli anni Venti, la

Sosat trasforma una praticacanora informale e diffusa inun coro che avrà un rapidosuccesso nazionale, tanto daimporre una tradizione (o me-glio, inventa un canone, un re-pertorio “di montagna”, unamodalità di esecuzione). Unaleggenda di fondazione fa ri-salire la nascita al maggio del1926, ma si tratta, come ab-biamo cercato di precisare inaltra sede, di una memorianon priva di contraddizioni e dicensure 58. Quello che è certo èche il coro della Sosat si rendericonoscibile al congresso del-la Sat di Cavalese di fine ago-sto 1927: “Questo formato daottimi e robusti elementi, spallequadrate, petti tarchiati, dàsubito prova del suo valore edella sua bontà con l’esecu-zione di canti popolari, di can-zoni di guerra e di inni patriotti-ci che vivificano l’ambiente, sepure ve n’è bisogno” 59.

Negli anni precedenti (neglianni della formazione) il coroformato dai fratelli Pedrotti eda alcuni loro amici aveva ab-bandonato l’accompagna-mento musicale (le chitarre e imandolini del Club Armonia) e,lasciate da parte le “sosatine”,aveva optato per un canto co-rale maschile fortemente strut-turato (in cui non mancava l’in-fluenza del canto liturgico e piùin generale della coralità par-rocchiale così come emerge-vano dalla riforma ceciliana) 60.

Anche il coro della Sosat, dasubito, condivide gli spazi sacrie i raduni combattentistici. Il 16agosto 1928 si esibisce al Rifu-gio Contrin, sulle Dolomiti diFassa, in occasione di un radu-no delle “penne nere”, dopoche l’onorevole Angelo Mana-resi, nominato proprio quell’an-no commissario straordinariodell’Associazione nazionale al-pini, aveva offerto al “Gerarcadel Fascismo” Augusto Turati“l’anima stessa degli alpini ve-terani che sono semplici e par-chi di parole, ma altrettantoprodighi di generosità e di can-zoni”. Il contesto non è inno-cente, l’offerta del gerarcaManaresi non è una metaforadal momento che è lì a dimo-strare l’avvenuta “normalizza-zione” dell’Ana, la sua obbe-diente sottomissione al regime,dopo che il prefetto di Milanosu ordine del governo avevaimposto le dimissioni del consi-glio direttivo 61. Introdotti, dun-que, dall’onorevole Manaresi, isosatini cantano davanti al se-gretario nazionale del Partitofascista, al prefetto di Trento,Vaccari, ai generali Zoppi eGraziani, al segretario politico

Tuninetti, vero regista dell’in-contro. Secondo la cronacadel “Brennero”: il coro “ha fattorivivere, attraverso le belle can-zoni dei Sosatini, che sono unafioritura di canti di trincea, dimotivi nostalgici e di inni pa-triottici, agli alpini radunati nel-la vasta cerchia dei monti igiorni indimenticabili del Sacrifi-cio, delle aspre e cruente bat-taglie e delle fulgide vittorie” 62.

Il successo di quell’esibizio-ne, in un contesto tanto politi-co, proietta il coro sulla ribaltanazionale. L’anno successivo,nell’aprile 1929, il coro è a Ro-

ma, al raduno nazionale deglialpini e canta, nelle piazze ro-mane, ancora le canzoni delleAlpi e della trincea, e poi si esi-bisce al Circolo degli artisti, alTeatro Dal Verme e alla Casadella radio 63. Al ritorno, cantasulla tradotta che, come scriveil redattore del “Brennero”, re-stituisce alla città di Trento “lafalange scarpona che riaf-fermò attraverso a questa ma-nifestazione la rinascita e la ri-costruzione della stirpe nel suocostume paesano e guerriero,famigliare e prolifico, cattolicoe monarchico, in una unità dispirito che splende serena-mente: lo spirito fascista” 64.

(continua)

* * *NOTE:

51) Barba Piero, Il canto in massadei soldati, in “La Libertà”, 29 gen-naio 1919; cfr. anche ivi, 7 febbraio1919. Il concerto si tiene a Trentonella sala della Filarmonica. A com-mento del programma «La Libertà»

del 12 aprile 1919 scrive che i cantidi soldati proposti “sono la rivelazio-ne del gran cuore italiano che havinto la guerra. È un cuore serenoquello che portava le mitraglie aspalla cantando i capelli della suadonna o il mazzolin di fiori. È uncuore buono, necessario al mon-do, e come ha vinto la guerra vin-cerà la pace”.

52) La Sosat agli operai trentini,ivi, 10 agosto 1922. Già questo pri-mo appello è corredato da una se-rie di canti alpini: “Precede la serieil famoso inno al Trentino che com-pendia tutte le armonie del nostropopolo forte, che racchiude il soffiogagliardo delle nostre anime tena-ci. Segue l’inno a Trento […]. L’innodella Sosat, la canzone del Sosati-no”.

53) Dall’excelsior all’excelsissimo,in “Il Sosatino”, a. III, 1924, 4.

54) G. Oliva, Il mito della guerranell’Associazione nazionale alpini,in La Grande Guerra. Esperienza,memoria, immagini, a cura di D.Leoni e C. Zadra, il Mulino, Bologna1986, pp. 493-517, qui p. 505.

55) Settimana alpinistica dellaSosat, in “Bollettino Sat”, a. XIII,1922, 5-6, p. 23.

56) G. Battisti, Domenica sosati-na, in “Il Sosatino”, a. III, 1924, 4, pp.5-6.

57) E. Battisti, Perché si canti!,ibid., p. 10.

58) Cfr. Q. Antonelli, Le originidella coralità alpina tra storia e leg-genda, in La Sat. Centotrent’anni,1872-2002, a cura di C. Ambrosi e B.Angelici, Trento 2002, pp. 261-74.

59) I gagliardetti della Sat adu-nati a Cavalese, in “Il Brennero”, 30agosto 1927.

60) Cfr. C. Martinelli, M. Orsi, P. G.Rauzi, La coralità alpina del Trenti-no. Dalla modernizzazione secola-rizzata alla cristallizzazione dell’i-dentità, Arca, Trento 2000, pp. 33-48. Ma anche M. Sorce Keller, Tradi-zione orale e canto corale. Ricercamusicologica in Trentino, Forni, Bo-logna 1991, pp. 53-4.

61) Cfr. A. Pastore, Alpinismo estoria d’Italia. Dall’Unità alla Resi-stenza, il Mulino, Bologna 2003, pp.145-81. Sulla figura di Angelo Mana-resi si veda anche R. Serafin - M. Se-rafin, Scarpone e moschetto. Alpini-smo in camicia nera, Centro docu-mentazione alpina, Torino 2006.

62) Il coro della Sosat al Contrin,in “Il Brennero”, 18 agosto 1928.

63) La domenica romana delleSentinelle della Patria, ivi, 9 aprile1929.

64) La valanga dei verdi dell’Al-pe trentina alla storica sagra scar-pona, ivi, 9 aprile 1929.

Il coro della SAT perpetua il repertorio

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IL REPERTORIO ANTICO A BRESCIA

PERBACH, CHE MUSICA!di SARA TAGLIETTI

Mazzetti e Livio Ticli che hannoaccompagnato le loro vocicon clavicembalo, liuto, flautodiritto e viola da gamba.

* * *Ma non solo professionisti

dell’arte musicale. Nella splen-dida cantoria dell’organo diSanta Maria del Carmine han-no avuto l’opportunità di esibir-si anche gli allievi del Labora-torio PermaForm del Diparti-mento di musica antica dellaScuola Diocesana di musica“Santa Cecilia”, appassionatidel repertorio antico che daqualche anno si cimentano

Brescia sotto la guida di Clau-dia Pasetto e vanta un notevo-le curriculum di esperienze inItalia e all’estero.

L’attività formativa si do-vrebbe porre obiettivi non solodidattici ma volti alle cosiddet-te outreach activities vale a di-re attività di divulgazione chemirano alla formazione non so-lo di musicisti fine a se stessi mamusicisti e studiosi consapevolidel contesto socioculturale nelquale il repertorio che vanno aeseguire è nato. Con questoimportante obiettivo, nell’am-bito del repertorio antico, sonodiverse le iniziative che i Palma

Choralis Early Music Ensemblestanno dando vita in città enon solo. Lo scorso autunno si èsvolto il Tasso Music Festival, incollaborazione con l’Ateneo diBrescia e le città di Bergamo,Bologna e Ferrara in un proget-to mirato alla valorizzazionedel patrimonio letterario e mu-sicale di Torquato Tasso e dellasua epoca. Non solo musicama anche poetica e fruizionedel patrimonio: per l’occasio-ne infatti sono state mostratecon libero accesso numerosestampe musicali conservatepresso la Biblioteca Ariostea diFerrara e la Biblioteca Queri-niana di Brescia.

L’attenzione verso un pubbli-co più giovane ha visto il coin-volgimento del Liceo classicostatale Arnaldo, in questa oc-casione come durante l’Inter-national Archive Day durante ilquale alcune classi del liceosono state ospiti dell’Archiviostorico diocesano, dove erastato organizzato un laborato-rio sulle fonti antiche e l’analisipoetica applicata alla musicariscuotendo successo ed entu-siasmo tra i giovani liceali.

Per quanto riguarda la for-mazione di giovani musicisti,presso il Conservatorio dellacittà, dal 2017 è stato attivato ilDipartimento di musica antica,diretto da Giovanna Fabiano,docente di clavicembalo e ta-stiere storiche, che propone al-l’interno della rassegna con-certistica degli studenti ancheesecuzioni del repertorio ba-rocco.

* * *È chiaro ormai che l’atten-

zione per la musica antica e lasua valorizzazione non puòprescindere dalle fonti e dallaloro valorizzazione. Il Fondo "Lu-ca Marenzio”, che dal 2009 èproprietà della Civica Bibliote-ca Queriniana, grazie alla suacospicua raccolta di microfilmmusicali (oltre 600 unità) conti-nua a essere fonte di incredibi-li scoperte. Dal 2017 il Fondo èstato trasferito presso l’Archiviomusicale del Seminario vesco-vile di Brescia gestito dalla Fon-dazione Diocesana Santa Ce-cilia ed è in atto una raccoltafondi per poterne permetterela catalogazione nell’OPACSBN, rendendo realmente frui-bile il corpus delle edizioni astampa attestate tra il 1490 cir-ca e il 1740 che riportano com-posizioni musicali di autori natio attivi a Brescia in quell’epo-ca. Tra i microfilm è consultabi-le l’opera teorica di Valerio Bo-na Regole del Contraponto etCompositione brevemente rac-colte da diversi Auttori del1595, completa dei suoi esem-pi musicali stampati nel 1596 inMilano appresso li heredi diFrancesco et Simon Tini chesarà oggetto di una edizione

segue alla pagina 19

bresciaMUSICA18 -he Brescia non sia mai stata solo la città indu-striale divenuta famo-sa nel mondo ormai è

dato certo e non a caso l’in-tenzione di Palazzo Loggia è dimuoversi verso la candidaturaa Capitale della Cultura 2022.

Si può dire che la città stia vi-vendo un suo “Rinascimentoculturale”, a giudicare dal nu-mero sempre maggiore dieventi e manifestazioni cheanimano le vie del centro daqualche anno, eventi che ve-dono una crescente parteci-pazione dei cittadini.

Da qualche anno si percepi-sce una viva attenzione ancheal repertorio musicale antico,un ritorno che in realtà non stu-pisce – la nostra città è semprestato un polo musicale moltoattivo – ma non può che ren-dere più propositivi tutti gli entipromotori della musica e dellacultura in genere.

A partire dal ritorno tanto at-teso delle Settimane Barocchebresciane, la bella novità diquesto 2019 è stata la primapartecipazione per la nostracittà alla Giornata Europeadella Musica Antica, eventonato nel 2013 ma che solo il 21marzo di quest’anno i brescia-ni hanno avuto modo di vive-re. L’occasione per scoprire esensibilizzare il grande pubbli-co verso un repertorio di cui lanostra città custodisce testimo-nianze di rara bellezza, ascol-tando risonare melodie da vo-ci e strumenti in luoghi che aloro volta sono stati osservatorisilenziosi nei secoli passati. Pro-motrice dell’iniziativa è stata inprimo luogo la Fondazione Dio-cesana “Santa Cecilia” in col-laborazione con la Diocesi diBrescia, Associazione AmiciChiesa del Carmine Onlus,Fondazione Casa di Dio Onlus,il Liceo “Veronica Gambara” eil patrocinio del Pontificio Istitu-to di Musica Sacra di Roma.

L’aspetto che ha colpito po-sitivamente è stato l’approc-cio con cui si è presentato ilvasto repertorio al pubblico:non semplici concerti ma “le-zioni concerto” che hanno vi-sto i maestri Alberto Chiari alclavicembalo, Luigi Panzeri eMarco Ruggeri all’organo oClaudia Franceschini e SergioMalacarne rispettivamente al-l’organo della Chiesa di SantaMaria del Carmine e alla trom-ba. Un passo avanti rivolto ver-so il pubblico nell’intento, co-me detto poc’anzi, di incuriosi-re e avvicinare piuttosto chemantenere il distacco elitarioche erroneamente è semprestato attribuito al repertorio ri-nascimentale e barocco.

L’intento è proprio quello dicalarlo nella quotidianità, toc-cando con mano e osservan-do da vicino anche le fonti cu-stodite negli archivi grazie al-l’esperienza di Mariella Sala,responsabile dell’Archivio mu-sicale del Seminario diocesanodi Brescia, e passeggiando trail cantiere con il restauratorePaolo Mariani e il responsabiledei lavori Giuseppe Spataroche stanno interessando losplendido organo Antegnati-Serassi del Duomo Vecchio. Aconclusione della giornata nel-la piccola chiesa di San Gior-gio si sono esibiti i Palma Cho-ralis Early Music Ensemble, rap-presentati dai maestri Marcello

nello studio della materia dallefonti musicali antiche grazie adun efficace strumento di lettu-ra musicale che per secoli fuprassi quotidiana nelle Scholæcantorum, la solmisazione –sotto la guida dei maestri Maz-zetti e Ticli.

Dal 2018 presso il Dipartimen-to di musica antica sono statiattivati anche corsi di flautotraversiere e traverso tenutoda Silvia Pighi e viola da gam-ba con la giovane gambistaAlessia Travaglini, che ha termi-nato il biennio specialisticopresso il Dipartimento di musi-ca antica del Conservatorio di

C Attività concertistica, didattica, editoriale e di catalogazione

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bresciaMUSICA - 19segue dalla pagina 18

critica a cura di Marcello Maz-zetti e Livio Ticli nei prossimi me-si.

Di “Rinascimento” è lecitoparlare anche per l’attenzioneche dall’estero si sta focaliz-zando sul nostro piccolo cen-tro cittadino, creando connes-sioni con istituzioni e studiosistranieri che nell’ambiente mu-sicale, in realtà, non sono maimancate. Nel 2017 e 2018 si èdato avvio all’InternationalEarly Music Summer School &Festival, una summer school in-ternazionale e allo stesso tem-po un festival, che ha portatoin città numerose performan-ce offerte dagli allievi tra cui 40studenti tra i 19 e i 24 anni pro-venienti dalla University of Mas-sachusetts-Amherst e diretti daTony Thornton. Diversi contattisono già attivi per i prossimimesi anche tra la nostra città ealcuni studenti di San Paolo delBrasile, per lo studio delle fontiantiche e un approfondimentosulla pedagogia musicale ap-plicata a questo repertorio.

L’impressione dal retrogustoamaro che si percepisce inmodo latente è che, nono-stante l’intenzione sempre cre-scente di valorizzare un reper-torio ancora concepito comedistante dall’ascoltatore me-dio, ci sia troppo poca colla-borazione tra le istituzioni citta-dine e scarsa sia la diffusionepubblicitaria. L’entusiasmo daparte degli organizzatori e pro-motori è palese ma spesso la ri-cezione da parte del pubblicoè stata scarsa, non per man-canza di curiosità quanto perassenza di comunicazione.Qualche passo si sta muoven-do in questa direzione – comesi potrà vedere nella nascitadel volume scritto a più manisul mecenatismo privato dellaFamiglia Gambara, progettocoordinato dal Dipartimento diEconomia dell’Università diBrescia e che coinvolgerà stu-diosi di diversi ambiti – le colla-borazioni tra il Liceo Arnaldo ofra l’Ateneo di Brescia e il Di-partimento di musica anticadella Scuola Diocesana di mu-sica Santa Cecilia ne sono unesempio.

Sarebbe proficuo un mag-giore coinvolgimento anche dialtri istituti di istruzione secon-daria superiore, nonché delTeatro Grande, che a metàdel Seicento divenne sede del-l’Accademia degli Erranti,gruppo di intellettuali aventi loscopo de l’isercitamenti di let-tere, d’arme e di musica. Masenza scomodare gli antichiaccademici, un’alleanza tra leistituzioni avrebbe come fineultimo la valorizzazione del pa-trimonio culturale in tutte le sueforme.

Dalla musica, all’arte culina-ria, dalla pittura alla sartoria, inun arco temporale sì ampio emultiforme ma dai rami stretta-mente intrecciati tra loro esi-steva un unico sfondo alla vitaquotidiana dei nostri prede-cessori, all’epoca come aigiorni nostri. Solo in questa dire-zione, unita a un ottimo appa-rato pubblicitario, si potrannosostenere nuove iniziative e sipotranno rendere vivi echi mu-sicali che per decenni sono ri-masti inaccessibili e continua-no ad esserlo.

l nostro teatro cittadino è da sempre motivo di gran-de orgoglio per tutti noi. Non molte città ne vanta-

no uno ugualmente bello. Lasua celebre acustica ha meri-tato i recenti plausi da partedel direttore stabile dell’orche-stra del Teatro alla Scala di Mi-lano, Riccardo Chailly.

Cuore pulsante della vitaculturale, e non solo culturale,cittadina, da tempo ci ha abi-tuato a proposte di grande in-teresse: un Festival pianistico dieccellenza, una stagione liricadi alto livello e poi concerti, avolte nella splendida cornicesettecentesca del Ridotto, bal-letti, conferenze e iniziative vol-te ad ampliare la preparazio-ne musicale della cittadinanzae molto altro. Penso ad esem-pio alla simpaticissima “Tuttipazzi per l’Opera” che da anniaffianca la stagione operistica.

Anche la Banda Cittadina,come ben sa l’affezionato pub-blico della Isidoro Capitanio,ogni anno conclude con suc-cesso la stagione concertisticaoffrendo alla cittadinanza unconcerto nel Teatro Grande.

Tra le proposte culturali so-praccitate ce n’è una che for-se, più di molte altre, suscita sim-patia ed interesse, in particola-re per la giovane età dei prota-gonisti: mi riferisco al concerto-saggio conclusivo del progetto“Facciamo la Banda”, giuntoalla quarta edizione.

“Facciamo la Banda”, rivol-to ai giovani dai nove ai dodi-ci anni, si pone l’obiettivo diavvicinare alla musica attra-verso l’esperienza didatticadel “fare musica”.

Quindi sabato 25 maggio2019, alle ore 17.00 ecco inscena i giovani allievi dei corsidi musica d’insieme.

Dopo l’introduzione e i rin-graziamenti di rito rivolti dalpresidente Luigi Fertonani e dalmaestro Sergio Negretti, apro-no il concerto gli allievi del pri-mo anno di corso. Sono picco-li, molto piccoli; la serietà el’atteggiamento composto pe-rò sono quelli di consumati pro-fessionisti. Qui non si scherza,non è dato a tutti potersi esibi-re nel Massimo teatro cittadi-no.

Riconosco tra loro, come neigruppi che seguiranno, le fac-cine compunte di molti allievidella scuola frequentata daimiei nipotini, quelli che vedouscire elettrizzati alla fine dellelezioni quotidiane.

Per alunni giovanissimi, unmaestro giovane: Andrea Squas-sina. Di lui si è già parlato piùvolte nelle pagine di questa rivi-sta. Preparato musicalmente edidatticamente, il che gli con-sente di stabilire buoni rapporticon i giovani allievi, Andrea èuna di quelle figure, maturateanche nell’ambito della scuoladella Banda cittadina, di cuil’Associazione può andare fie-ra.

Che successo e che applau-si per questi piccoli musicisti, in

alcuni casi poco più grandi delloro strumento! Le musiche daloro eseguite sono sempre frut-to di un’accurata ricerca voltaa intercettare composizioni ori-ginali o plausibili adattamentidi un repertorio sapientementecalibrato sulle loro capacità eche consenta ai giovani stru-mentisti di potersi esprimeremusicalmente nei diversi gradidi difficoltà.

* * *Si esibisce poi la Banda gio-

vanile junior, quella costituitadagli allievi che hanno allespalle almeno un biennio diformazione. Successivamentel’esibizione degli allievi del se-condo e terzo anno, semprediretti dal maestro Squassina.

A rinforzo dei giovanissimi or-ganici (un piccolo aiuto è con-sentito), gli insegnanti che lihanno seguiti nel percorso diformazione: Sara Esti (flauto),Antonino Castronovo, Luisa Re-stivo, Silvio Restivo (clarinetto),Vittorio Zani (sax), Filip Uljarevic(tromba), Alessandro Alghisi(corno), Francesco Salodini(trombone), Daniele Balzarini,Chiara Di Santo e AlessandroPeroni (percussioni).

L’ultima parte dello spetta-colo prevede l’esibizione dellaBanda giovanile senior, per in-tenderci la “Isidoro Capitanio”di domani. Squassina cede ilpodio alla maestra Maccabia-ni. Marina Maccabiani dirigeda anni la Banda giovanile e ifrutti della sua competenza

musicale, delle sue capacitàdidattiche e del suo impegnosono sotto gli occhi di tutti.

Ho già detto più volte chechi non lavora in ambito scola-stico non può sapere quale fa-tica comporti lavorare conbambini e adolescenti, qualeimpegno ci sia alle spalle di unlavoro come questo, ma è al-tresì vero che nessuno può sa-pere la gratificazione e la sod-disfazione che riceve un edu-catore quando ha la certezzadi avere dato il proprio, seppurpiccolo, contributo alla forma-zione dei cittadini di domani.

Ma che bravi questi ragazzidella Banda giovanile. Ma sesono tutti così bravi cosa si puòfare? Raddoppiare l’organicodella Banda cittadina? Darevita a una seconda banda? Sivedrà!

Tra gli applausi entusiasti digenitori, nonni, zii, compagni discuola venuti ad offrire il pro-prio sostegno, amici e simpatiz-zanti, i giovani musicisti ringra-ziano il pubblico e si avvianoverso l’uscita degli artisti chedà su piazzetta Paganora,quella, per intenderci, da cuiescono dopo le loro esibizioni ipiù grandi nomi del panoramamusicale internazionale. Non èda tutti poterselo permettere!

Fuori, ad attenderli con legit-timo orgoglio, i genitori a cui liriconsegna, Enio Esti, esaustoma efficientissimo come sem-pre. L’operazione di riconse-gna richiede tempo ed estre-ma attenzione: qui si tratta dimateriale umano prezioso, e,perché no, forse di qualchenome eccellente del panora-ma musicale di domani.

Se questi sono i cittadini didomani il futuro non ci fa paura.

SPAZIO DIDATTICA

I

L’esibizione al Teatro Grande il 25 maggio scorso

Il progetto “Facciamo la Banda”Impegno e gratificazionedi ORIETTA DANIELI

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A FLERO

LA SCUOLA DELLA FILARMONICA “LIGASACCHI”di RENATA LOVO

va del Garda, piazzandosi alquarto posto in seconda cate-goria.

Con gli obbiettivi di avvici-nare all’esperienza musicalesempre più giovani, nel 2012inizia il corso propedeutico allaformazione della Banda giova-nile intercomunale di Flero ePoncarale con la collaborazio-ne dell’Istituto comprensivo“Rinaldini” di Flero-Poncarale(scuole elementari e medie) eil patrocinio degli Assessoratialla cultura di Flero e Poncara-le. In poco più di un anno na-sce la Banda giovanile con unorganico di circa 40 ragazzi di-stribuiti su tutte le classi stru-mentali a fiato. Tale progettosensibilizza ulteriormente la co-

munità civile all’esperienzamusicale. Nel frattempo l’Istitu-to comprensivo “Rinaldini” sicandida all’indirizzo musicalee nel 2014 ottiene cattedre perl’insegnamento curricolare dicorno, tromba, sassofono epianoforte nella scuola media.Nel 2016 Marco Verzicco assu-

bresciaMUSICA20 -

a Scuola di musica di Flero festeggia quaran-t’anni: era il 1979 quan-do il maestro Matteo

Verzicco fondò la scuola su in-vito di Lorenzo Prandelli, all’e-poca assessore alla Cultura delComune di Flero nell’ammini-strazione del Sindaco BrunoBarbaglio. Le lezioni si svolge-vano inizialmente negli am-bienti dell’Oratorio poi nelleclassi della vecchia scuola ele-mentare in orario extrascolasti-co. L’attività musicale, fin dasubito, comprendeva l’inse-gnamento di strumenti a cor-da e a fiato, oltre al pianofortee si rivolgeva a giovani e adul-ti. Numerosi musicisti che il M°Matteo Verzicco chiamò a in-segnare nelle varie classi stru-mentali sono oggi affermatidocenti presso i Conservatori elicei musicali italiani. Particolar-mente significativa per gli allie-vi fu la partecipazione in queglianni all’attività dell’orchestradella scuola.

Nel 1989 la Scuola di musicadi Flero trova la sede presso lastorica Villa Grasseni, importan-te edificio comunale. Nel 1994,in seno alla Scuola di musica,nasce la Banda intercomunaledi Flero e Poncarale. Entrambi iComuni sovvenzionano il pro-getto per dotarsi di una Bandache partecipi attivamente allavita civile dei rispettivi paesi inoccasione di servizi comme-morativi e concerti istituzionali.Al progetto prendono partealunni e insegnanti della Scuo-la di musica e in breve tempo ilgruppo si consolida raggiun-gendo una buona preparazio-ne musicale al punto che nel1999 e nel 2001 la Banda inter-comunale si classifica al terzoposto nella seconda categoriadel Concorso bandistico nazio-nale di Frosinone.

Nel 1998 la banda viene inti-tolata al maestro Giovanni Li-gasacchi, figura chiave nelpanorama bandistico italianoe direttore storico della Filar-monica “Isidoro Capitanio” -Banda cittadina di Brescia. Nel2003 nasce il Festival Bandisti-co di Flero: tre concerti che sitengono nel primo weekend diottobre, dal 2017 presso il Tea-tro “Le Muse”. Nelle varie edi-zioni vi hanno partecipato im-portanti realtà bandistiche trale quali la Filarmonica “IsidoroCapitanio” di Brescia, l’Orche-stra di Fiati della Valtellina, la Fi-larmonica “Mousiké” di Gazza-niga, l’Orchestra di fiati “BrixiaeHarmonie”, la Brescia Wind Or-chestra, il Corpo bandistico“Dino Fantoni” di Dossobuono,l’Orchestra di fiati di Valleca-monica, la Banda del Liceomusicale “Veronica Gambara”di Brescia.

Nel settembre del 2008 Mat-teo Verzicco lascia la direzionedella Filarmonica “Giovanni Li-gasacchi” al figlio Marco man-tenendo il ruolo di direttoredella Scuola di musica. Nel2010 la Banda partecipa alConcorso internazionale di Ri-

L

me anche la direzione dellaScuola di musica. Nel 2017 laBanda giovanile partecipa al-la 13° edizione nazionale di“Giovani in concorso” di CostaVolpino (Bg),

La didattica portata avantidalla Scuola contempla lezionisettimanali di flauto, oboe, cla-rinetto, corno, tromba, trom-bone, percussioni, pianoforte,chitarra, violino e violoncelloche prevedono la partecipa-zione obbligatoria al corso diteoria e solfeggio. Per gli allie-vi di strumenti a fiato in etàscolare le lezioni sono orientateverso un indirizzo bandistico: al-la fase di approccio e consoli-damento dei fondamentali siaffiancano lezioni di musica

d’insieme, per approdare pri-ma alla Banda giovanile poi al-la Filarmonica.

Durante il corso annuale distudi si tengono due saggi de-gli allievi aperti al pubblico, ilprimo a febbraio e il secondoa fine maggio: appuntamentimusicali molto partecipati an-che in termini di pubblico chevi assiste. Entro la fine di mag-gio gli allievi possono confer-mare la frequenza all’annosuccessivo mentre a settembresi ricevono le iscrizioni di nuoviallievi, compatibilmente con ladisponibilità di posti in ciascu-na classe strumentale. Gli alun-ni della scuola primaria delleclassi quarte di Flero e Ponca-rale, a inizio anno scolastico,durante un sabato mattina,vengono accolti presso laScuola di musica per una lezio-ne concerto nella quale ven-gono presentati tutti gli stru-menti a fiato. Per i primi anni distudio la Scuola di musica met-te a disposizione dei giovanimusicisti gli strumenti musicali. Ilcorpo docenti segue un meto-do di studio efficace nel solcodi una filosofia didattica condi-visa con la Scuola di musica.

La Scuola organizza annual-mente appuntamenti musicaliper la Banda giovanile qualicampus musicali e partecipa-zioni a raduni in altri comunibresciani (nel 2019 a Palazzoloe a Adro). Per la Filarmonica“Ligasacchi” pianifica gli ap-puntamenti e i concerti. Nel-l’ultimo quinquennio si sono or-ganizzati concerti in collabora-zione con istituzioni musicalibresciane quali la Filarmonica“Isidoro Capitanio” di Brescia,la Filarmonica “S. Cecilia” diSarezzo, il Coro filarmonico diBrescia, la Banda di Darfo Boa-rio Terme, la Banda cittadina diIseo.

La Scuola di musica, organiz-zata e strutturata presso la VillaGrasseni” di Flero in via Mazzini11, è amministrata da un Con-siglio con carica triennale at-tualmente presieduto da Fe-derica Bono.

Quest’anno si celebral’anniversario deiquarant’anni dalla fondazione

SPAZIO DIDATTICA

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laborare una riflessione sui criteri di scelta di un repertorio bandistico diriferimento induce a in-

terrogarsi sul valore epistemo-logico dei risultati prodotti dal-la ricerca, ossia i cataloghi e leliste dei brani per banda ritenu-ti “di qualità”, e dei processi at-tuati per realizzarli. L’interroga-tivo che sottende questa ana-lisi è se una selezione di musicapossa essere obiettiva e non vi-ziata dal limite soggettivo dellasensibilità del redattore. Sepossa rispondere, in definitiva,a criteri artistici oggettivi.

Secondo Clifford Towner levalutazioni normative sonospesso influenzate dalle prefe-renze personali di un individuo.Queste preferenze sono a suoparere “accettabili” nell’ambi-to del puro godimento musica-le, ma devono essere ridotte oeliminate quando si valuta lapresenza o la mancanza di“meriti artistici degni di nota”. Alfine di ridurre i pregiudizi dei sin-goli, afferma che uno strumen-to di valutazione normativa do-vrebbe contenere un chiaroelenco di parametri rispetto alquale considerare criticamenteuna composizione; seppur sog-gettivi, tali criteri aiuterebberoa eliminare le preferenze, spo-stando l’attenzione sugli ele-menti strutturali di un’opera. Unprimo elenco dei lavori da sot-toporre a giudizio dovrebbe,inoltre, avere il consenso diun’ampia platea di esperti; aquesto proposito, citando lateoria sociologica di “saggezzadella folla” ripresa ed elabora-ta dallo scrittore statunitenseJames Surowiecki, sottolineacome l’accordo tra una molti-tudine di esperti sia utile per bi-lanciare il diverso gusto perso-nale, creando una “valutazio-ne normativa superiore”.

La teoria della “saggezzadella folla” è parte integranteanche di An evaluation ofcompositions for wind bandaccording to specific criteriaof serious artistic merit, tesi del1973 di Acton Eric Ostling Jr.; lafinalità dell’opera è l’elabora-zione di un processo per valu-tare le composizioni di musicaper fiati, a partire da una listadi opere scelte e secondo die-ci criteri che ne avrebbero de-finito il merito artistico. La tesi fusuccessivamente integrata emodificata dallo studioso JayWarren Gilbert, in un lavoro del1993, e dal già citato CliffordTowner, nel 2011.

Secondo Ostling, è innanzi-tutto indispensabile chiarire ilconcetto di wind ensemble. Asuo parere si definiscono inquesto modo i gruppi con unminimo di dieci strumenti a fia-to, una strumentazione “mista”(ad esclusione, quindi, di en-semble di soli legni, ottoni opercussioni), un utilizzo deglistrumenti ad arco limitato allapartecipazione del violoncelloe/o del contrabbasso, o a par-ti esclusivamente “a solo” diviolino e/o viola, e, infine, l’ap-

bresciaMUSICA - 21

porto di un direttore. A diffe-renza di Ostling, Gilbert integrala definizione iniziale con lapresenza degli strumenti a per-cussione; Towner sottolinea, in-vece, come la descrizione diOstling escluderebbe la prati-ca dell’Abblasen o l’Harmo-nie, tradizionalmente più pic-cole di dieci elementi e gene-ralmente senza direttore, il cuicontributo per la letteraturadei fiati è tuttavia, a suo pare-re, essenziale.

Definito il concetto di windensemble, Ostling analizza la ti-pologia di composizioni da se-lezionare in vista di una loro va-lutazione normativa. Elencaquattro categorie, di cui dueparticolarmente significative:nella prima include, ovviamen-te, le composizioni originali perl’ensemble con le caratteristi-che su citate, nella seconda letrascrizioni approvate dall’au-tore o scritte dal compositorestesso. Towner fa notare chel’approvazione dell’autore aun rifacimento della sua stessaopera non è sempre manifestae documentabile; inoltre, a suoparere, è logico pensare cheun compositore desideroso diun totale controllo sul processodi trascrizione non voglia rinun-ciare a esserne lui stesso l’arte-fice. Di conseguenza limita i la-vori di trascrizione a quelli com-posti dall’autore, eliminando leopere scritte su approvazione.Anche Gilbert rimuove dall’e-lenco di Ostling alcune cate-gorie di opere musicali: le mar-ce e le fanfare.

* * *La sezione più complessa da

definire con oggettività è quel-la che, nel lavoro di Ostling, ri-guarda la scelta dei criteri perdeterminare quelli che illustracome “meriti artistici”. L’autoreopera un mix tra le moderneconcezioni della filosofia dellamusica, la ricerca nella storia enella teoria musicale; propone,a partire dalle premesse diquesti studi, dieci criteri. Il primoriguarda l’organizzazione delbrano, che deve avere forma(non necessariamente una for-ma), e mostrare un bilancia-mento corretto tra ripetizioni econtrasti; la composizione de-ve, poi, creare l’impressione diuna scelta consapevole e co-sciente da parte dell’autore;deve riflettere un lavoro “arti-gianale” nell’orchestrazione,

dimostrando un giusto equili-brio tra il “tutti” e i momenti piùtrasparenti, e tra i colori dei solie dei gruppi; deve essere suffi-cientemente imprevedibile daprecludere un’immediata com-prensione del suo significatomusicale; il suo “percorso” dalprincipio ai suoi “obiettivi” finalinon deve essere completa-mente diretto e ovvio; devepresentare qualità omogeneaper tutta la sua lunghezza enelle sue varie sezioni; deve es-sere coerente nel suo stile, tra-sparente nella comprensionedei dettagli tecnici, presentareidee chiare e non avere pas-saggi futili o insignificanti; deveriflettere ingegnosità nel suosviluppo, coerentemente con ilcontenuto stilistico scelto; è ge-nuina nel linguaggio, non pre-tenziosa; dimostra una validitàmusicale che trascende fattoridi importanza storica o utilitàpedagogica.

Nel suo processo verso lacompilazione di un repertoriobandistico di qualità, Ostlingprova innanzitutto a redigereuna lista di composizioni in ba-se alla sua esperienza persona-le. Invia l’elenco prima a Fre-derick Fennell, per chiedernel’ampliamento, successiva-mente a un gruppo di cinquedirettori esperti della musicaper fiati. Si avvale anche delleliste redatte dalla Fourth An-nual Wind Ensemble Conferen-ce del 1973 e della Fifth AnnualWind Ensemble Conferencedel 1975. Amplia nuovamentel’elenco con materiale prodot-to durante o dopo la creazio-ne della lista originaria. Il risulta-to finale consta di 1469 com-

posizioni. Delega agli espertida lui successivamente inter-pellati il compito di pronunciar-si sulla totalità di queste operesecondo una scala costituitada sei gradi di “giudizio”: se lo“0” avrebbe identificato unacomposizione non nota, il “5”rappresentava invece unacompleta concordanza dell’o-pera con i dieci criteri su citati.Ne risultò un elenco di 314composizioni considerate di “ri-levanza artistica”.

Nella sua opera del 1993 Gil-bert amplia la lista di Ostling in-serendo lavori più recenti e av-valendosi dell’aiuto di un mag-gior numero di associazioni,come la WASBE e la CBDNA, edi esperti, come John Paynter;elimina, tuttavia, come già ci-tato, le marce e le fanfare.Towner incrocia, invece, i risul-tati dei precedenti lavori edestende ancor di più il numerodi esperti coinvolti.

Gli studi di Ostling, Gilbert eTowner sono solo alcuni tra gliinnumerevoli scritti sul reperto-rio bandistico; pur nella consa-pevolezza che l’interpretazio-ne delle fonti, anche quelle ar-tistiche, è “viziata” dal limitesoggettivo dell’interprete e delperiodo storico in cui vive, i lo-ro studi, considerati in questanon esaustiva rassegna comeparadigmatici di una indagineben più ampia, rispondono acriteri di ricerca scientifici. Se èvero che “la chiave del suc-cesso di qualsiasi ensemble stanella qualità del suo reperto-rio”, l’obiettivo è forse quello diproporre alle bande un reper-torio di qualità commisurato alloro livello.

Opere come quella diOstling, Gilbert e Towner nonsolo aiutano a farlo, ma rendo-no manifesto anche il processodi creazione di tale repertorio,consegnando al lettore sia lapossibilità di consultare le ope-re lì selezionate, sia di avere glistrumenti per poter “classifica-re”, seppur nella inevitabilesemplificazione delle dieci “re-gole” di Ostling, opere a lui no-te.

E

Una valutazione normativa al di là dei gusti personali

RIFLESSIONI SULLA SCELTA DEL REPERTORIO BANDISTICO

ACCORDARSI CON UNA PLATEA DI ESPERTIdi MATTIA RULLO

SPAZIO AMATORIALE

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noforte. Vedo che i pianistihanno molta più forza di mequando suonano. Le corde so-no molto più pesanti. Sul clavi-cembalo c’è proprio un’altratecnica. È un altro modo ditoccare i tasti. È curioso, ma sedevo fare una scala veloce sulpianoforte non mi viene moltoregolare, sul clavicembalo in-vece sì. Il lavoro delle dita de-ve essere sempre moltoprofondo per rendere il fraseg-gio, l’espressione, le sfumature.Spesso agli allievi mi trovo a di-re ‘stai suonando, ma non sisente’”.

Come ascoltatore invece,che opinione ha del Bach suo-nato al pianoforte? Le celebriinterpretazioni di Glenn Gould?

“Quelle non le amo molto.

necessario andare in profon-dità. Invece sul clavicembalosì, bisogna fare molta più pres-sione. Sul pianoforte inoltre siusa molto il movimento diavambraccio, sul clavicemba-lo molto meno, e parzialmenteanche sull’organo, il lavoro èessenzialmente con le dita e ipolsi. Per me suonare sul pia-noforte… mi risulta molto pe-sante”.

Lei pratica Bach anche sulpianoforte?

“No. Però talvolta, quandonon ho a disposizione organi oclavicembali, mi trovo a doverstudiare sul pianoforte. Adesempio, la settimana prossi-ma sarò a Roma, a S. Cecilia.Non hanno un clavicembalo ecredo che dovrò usare il pia-

nistiche bachiane, Koopmanha anche accettato di scam-biare qualche parola nella sa-crestia della Chiesa. La primadomanda che mi corre allamente, paradossalmente, ri-guarda un altro strumento.

Presumo che nelle sue nu-merose masterclass lei abbiaincontrato allievi che suonanoanche il pianoforte. Quali sonole difficoltà che insorgono nelmomento in cui si passa dalpianoforte al clavicembalo, oall’organo, dovendo magarisuonare gli stessi autori, comeBach?

“La prima fondamentale dif-ferenza è che il pianoforte ri-chiede meno articolazione. Sipuò suonare anche con untocco molto leggero, non è

Mi è sempre sembrato troppoegocentrico, Gould. Ci sonoalcuni pianisti che fanno unBach molto musicale. Ho senti-to pianisti tedeschi che aven-do molta pratica di Mozarthanno suonato delle magnifi-che Variazioni Goldberg. Ricor-do un concerto italiano moltobello fatto da Alicia de Larro-cha. Non dico che Bach non sipossa suonare sul pianoforte,ma è più logico sul clavicem-balo. Per Bach il pianoforte erauno strumento troppo nuovo.Sul clavicembalo la polifoniadella sua scrittura risalta moltomeglio. Se si suona una fuga diBach sul pianoforte, usando latecnica del clavicembalo, ilsoggetto risulta troppo forte.Sul clavicembalo c’è molta piùlibertà nell’uso delle dita per-ché a differenza del pianofortenon abbiamo escursione dina-mica, o meglio, è ridotta al mi-nimo. È anche vero che i primipianoforti o fortepiani della se-conda metà del Settecentoavevano una meccanica chenon si distanziava così tantodal clavicembalo come il pia-noforte di oggi. Il grosso cam-biamento si è verificato all’ini-zio dell’Ottocento”.

Cosa pensa dei clavicem-bali costruiti da Michael Mie-tke che furono impiegati daBach?

“Il problema dei cembaliMietke è che nessuno di noi hamai sentito il suono originale,nemmeno di quelli custoditi aCharlottenburg a Berlino. Ilcembalo bianco a una tastie-ra non è in condizione di suo-nare una sola nota. Ci sonocembali originali che hannoconservato anche il suono co-me i Rückers o Taskin, ma iMietke no, non è rimasta laparte interna, le corde… certosono curioso come tutti di sen-

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ncora energico ed en-tusiasta, in primavera il celebre organista e clavicembalista Ton

Koopman è stato protagonistanel centro città di una master-class internazionale di interpre-tazione bachiana, il 12 e 13aprile, rispettivamente nellaChiesa di S. Maria dei Miracolie nella Sala “A. Bazzini” delConservatorio. L’iniziativa ri-spondeva a una sinergia fra ilConservatorio, rappresentatodel docente organista GiorgioBenati, e l’Associazione “BachConsort Brescia”. Il primo gior-no è stato dedicato esclusiva-mente alla prassi organistica,sull’organo Koch della Chiesain corso Martiri della libertà. Hainiziato Luciano Carbone conla Triosonata n. 5 in do maggio-re BWV 529 e successivamenteGiulio Francesco Togni con laFantasia e fuga in sol minoreBWV 542. Ha chiuso la mattina-ta Giovanni Mandonico con laPassacaglia et Thema fugatumin do minore BWV 582. Si è ri-preso nel pomeriggio conFrancesco Botti che ha esegui-to il Preludio e fuga in si minore(BWV 544); la coreana Yi SangKyoung con il Preludio e fugain mi minore (BWV 548); GiuliaRicci con il Preludio e fuga in laminore BWV 543, e ha termina-to l’organista Enzo Pedretti conil Preludio e fuga in Sol maggio-re BWV 541.

Il secondo giorno della ma-sterclass è ripreso sempre sulKoch della Chiesa dei Miracoli.Nicola Dolci ha eseguito il Prelu-dio e fuga in re maggiore (BWV532), Andrea Piacentini il Con-certo in la minore di Bach-Vival-di BWV 593 e Marco Azzola ilPreludio e doppia fuga in mimaggiore BWV 566. Nel pome-riggio la masterclass si è trasferi-ta nella sala “Bazzini” del Con-servatorio “Marenzio” che èdotata di un organo meccani-co a tre tastiere e 25 registri co-struito dall’organaro Franz Za-nin. Erano a disposizione anchedue clavicembali: un Granzieracopia Hemsch e un Formentellicopia Zell. Le lezioni sono ripre-se con la russa Alexandra Fila-tova che ha eseguito all’orga-no la Triosonata n. 3 in re mino-re (BWV 527). A seguire trecembalisti: il russo Nikolay Ma-letskov con la Toccata in sol mi-nore (BWV 915), Giulia Ricci conil Concerto brandeburghese n.5 (BWV 1050) e la giapponeseRyoku Yokohama con la SuiteFrancese n. 5 in Sol maggiore(BWV 816).

Al termine della masterclass,Koopman, affiancato da Gior-gio Benati, che è anche diret-tore artistico del “Bach ConsortBrescia”, ha consegnato aipartecipanti i rispettivi attestatidi frequenza. Nutrita la presen-za di studenti italiani e stranieri,quarantadue fra partecipantiattivi e uditori. Al termine dellaprima giornata, dopo aver di-spensato consigli e dimostra-zioni pratiche sulle modalità diesecuzione delle pagine orga-

A

A BRESCIA UNA MASTERCLASS

JOHANN SEBASTIAN SECONDO KOOPMANa cura di CARLO BIANCHI

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tire un Mietke restaurato, maun restauro può comportaredelle inesattezze. Mi ricordo diun cembalo a Berlino, un Oe-sterlein che forse però è unMietke. Il padre di Oesterleinera un accordatore di pia-noforti e clavicembali e suopadre era allievo di Mietke.Forse è suo padre che ha co-struito il clavicembalo, o forseappunto è addirittura unMietke. La costruzione pare lasua. E a quel punto credo chepotrebbe essere un Mietke cheha usato anche Bach. Ho avu-to modo di suonarlo negli anniOttanta, aveva le corde delcembalo italiano in ottone,adesso invece le hanno cam-biate, e non so per quale moti-vo. Ho fatto un concerto in te-levisione con i Berliner Philhar-moniker su questo strumento,bellissimo, enorme… è moltobello per il contrappunto, cheviene messo particolarmentein rilievo. È un cembalo utilissi-mo per capire bene una fuga,per analizzarne la struttura”.

Riguardo agli allievi che haascoltato nella prima giornata,come le è parso il livello gene-rale?

“Molto buono. In particolarequesta ragazza di Faenza, Giu-lia Ricci, che ha suonato il Pre-ludio e fuga in la minore BWV543 a cinque voci. Aveva par-tecipato anche a un’altra ma-sterclass a Milano dove avevasuonato il Preludio e fuga in solmaggiore BWV 541”.

Giorgio Benati, che ha assi-stito all’intervista, notava cheIn questi ultimi anni il livello de-gli allievi si è innalzato di molto,anche grazie a Internet. “Oragli studenti tramite Internethanno modo di confrontare illoro apprendimento con altrerealtà ricevendone stimoli e ar-ricchimenti. In Internet sono di-sponibili anche partiture e con-tributi musicologici, gratuita-mente. Meravigliose opportu-nità di crescita che solo unadecina d’anni fa non esisteva-no”.

La parte della masterclasssvoltasi nella sala “Bazzini” delConservatorio è stata videore-gistrata per l’archivio del Con-servatorio. Due interviste conKoopman e Benati realizzateda Marco Taio (responsabiledelle produzioni audio e video)sono disponibili sulla paginaFacebook del Conservatorio,così come alcuni frammenti diesecuzioni. L’attività del “BachConsort Brescia” prosegue pro-prio in questi giorni con l’inizia-tiva “Amati Organ Gala 2019”,presso la Basilica Collegiatadei Santi Nazaro e Celso in cor-so Matteotti. Una serie di seiconcerti sull’organo Luigi Ama-ti 1803 - Giani 2015 ad accom-pagnare ogni volta vari stru-menti, flauto, tromba, percus-sioni, una voce di soprano. Va-rio il repertorio con numerosicompositori dal Rinascimentoal Novecento. Gli ultimi dueconcerti sono in programma il18 luglio con Giorgio Benati im-pegnato in un repertorio fran-cese, e il 25 luglio Fausto Ca-porali suonerà Rossini e ac-compagnerà i percussionistiMario Scolari e Pietro Michelet-ti in una serie di improvvisazionisul Polittico Averoldi del Tizianopresente nella Collegiata.

Solo ora comprendo quantosia temibile una guerra. E nonperché l’ho studiata a scuola:la scienza e la storia ci fannoconoscere ciò che avviene nelmondo, ma solo l’arte ci puòfar provare davvero dei senti-menti, ci trasmette dei mes-saggi sempre e comunque,anche quando ascoltiamomusica solo per svago, o leg-giamo per distrarci. Impariamosempre qualcosa anche se in-consapevolmente. E in questosenso l’arte è utile. “Una can-zone, [...] deve servire a qual-cosa”: diceva Fabrizio De An-dré che, fedele a questa idea,in tutta la sua carriera si impe-gnò a scrivere testi di denunciasociale e politica, per scuoteregli animi dei suoi ascoltatori. Lesue idee e riflessioni entranonell’anima attraverso la musi-ca e ci rimangono.

Ma anche altre forme d’artesanno trasmettere emozioniforti: in “Guernica e la guerracivile spagnola” di Pablo Pi-casso, ad esempio, la guerra èrappresentata attraverso lostravolgimento e la deforma-zione di cose e persone. Anco-ra una volta bombe: Guerni-ca, una città spagnola, fu rasaal suolo dal bombardamentoaereo ad opera della LegioneCondor e dell’Aviazione legio-naria fascista d’Italia, la seradel 26 aprile del 1937. Fu una

strage, come spesso succede,soprattutto di donne e bambi-ni.

Ma ad avermi aperto il cuo-re e gli occhi rispetto agli orroridella guerra, è stata soprattut-to la voce che un poeta prestaa una bambina di sette anni,morta a causa dell’esplosionedella bomba atomica di Hiro-shima, il 6 agosto 1945: Aprite-mi, sono io di Nazim Hikmet.Molte strofe mi hanno colpito,anzi, la poesia intera. È moltoforte, ma fa capire cosa suc-cesse. Riporto solo alcuni versimolto significativi: “[...] Ancheadesso ne ho sette perché ibambini morti non diventanograndi. / Avevo dei lucidi ca-pelli, il fuoco li ha strinati, / ave-vo dei begli occhi limpidi, ilfuoco li ha fatti di vetro. / Unpugno di cenere, quella sonoio / poi il vento ha disperso an-che la cenere. / […] Per piace-re mettete una firma, / per fa-vore, uomini di tutta la terra /firmate, vi prego, perché il fuo-co non bruci i bambini / e pos-sano sempre mangiare lo zuc-chero”.

Come si potrebbero aggiun-gere altre parole? L’arte, men-tre fa pensare, consola con lasua bellezza.

Maria FerrariClasse III A

Scuola secondaria di primogrado “G. Marconi” - Brescia

/ ci salva l’aviatore che labomba non getterà”.

L’avevo imparata da bam-bina e mi divertivo a ripeterlaper la sua musica allegra eorecchiabile e il testo sotto for-ma di filastrocca. Spesso ascol-tavo in auto quella e altre can-zoni di De André, anche se lecantavo senza pensare moltoal testo: mi piaceva la melodiae mi piaceva sentire la passio-ne di papà nel cantarle.

Solo ora comprendo il senso,il messaggio delle parole di Gi-rotondo, che è terribile: in tuttele guerre i civili, soprattutto i piùindifesi, cioè i bambini, si trova-no in situazioni disperate e, nonpotendo far nulla, continuano acercare qualcuno che li possasalvare da quell’inferno: “Chi cisalverà? Il soldato, l’aviatoreche la guerra rifiuteranno, ilBuon Dio che però è già scap-pato”. Nonostante ciò, alla finela bomba che porta distruzionee morte viene sganciata co-munque; e purtroppo i pochibambini rimasti soli al mondo,perché tutti gli altri sono morti inconseguenza della guerra, nonimparano la lezione, come si di-ce, appunto, negli ultimi versi:“La terra è tutta nostra, Marcon-diro ‘ndera / ne faremo unagran giostra, Marcondiro ‘ndà /abbiam tutta la terra Marcondi-ro ‘ndera / giocheremo a far laguerra, Marcondiro ‘ndà”.

“Una canzone, come ognialtra forma di espressione arti-stica o para artistica, deve ser-vire a qualcosa: può servire acreare un attimo di distensio-ne, un momento di spensiera-tezza e certe volte può essereutile a far pensare, meditare sudeterminati problemi”. Com-menta queste parole tratte dallibro Fabrizio De André. Sotto leciglia chissà. I DIARI (Milano,2016), che raccoglie gli scrittidel cantautore genovese.

L’orrore della guerra

Un libro che ho letto recen-temente si intitola Johnny il se-minatore scritto da FrancescoD’Adamo. Per me è un roman-zo bellissimo, narra di un ragaz-zo che sognava di fare l’avia-tore, ma che poi abbandonal’esercito e torna a casa, an-che se la guerra di “laggiù”non è finita, perché ha visto glieffetti di ciò che “seminava”:le mine che amputavano oaddirittura in certi casi uccide-vano i civili, soprattutto bambi-ni innocenti. E come un flashmi è riaffiorata alla mente lacanzone Girotondo: “L’areo-plano vola, Marcondiro ‘ndera/ l’areoplano vola, Marcondiro‘ndà / se getterà la bomba,Marcondiro ‘ndero / se getteràla bomba chi ci salverà? / Cisalva l’aviatore che non lo farà

Nell’ambito del Festival PianisticoIl Concorso per studenti

ra i più di quattrocento elabo-rati giunti alla segreteria della 34ª edizione del Concorso “Giu-seppe Cerri - Carla Mazzola”, ri-

servato agli studenti bresciani e legatoal Festival Pianistico Internazionale diBrescia e Bergamo, la commissione –presieduta da Luigi Fertonani e formatada Giacomo Comini, Fulvia Conter, An-tonella Crisci, Gabriella Effedri, RobertoGazich, Paola Lamartina, DonatellaFrancavilla Mazzola e Cecilia Vigorelli –

ha giudicato 148 di questi elaboratiscritti meritevoli di un premio che è sta-to loro consegnato nel pomeriggio disabato 6 aprile in San Barnaba, grazieall’ospitalità e al patrocinio del Comu-ne di Brescia. La cerimonia è stata pre-ceduta come di consueto da un breveconcerto, realizzato quest’anno dal“Quartetto in viaggio” formato dallechitarre di Alessandro Bono e RominaBrentan, dal violino e dal violoncello deiloro figli Amos e Nausicaa.

I premi sono stati generosamente do-nati da Ubi Banca, dalla Musicom di Mi-lano e dal Festival Pianistico. Il premiospeciale “Carla Mazzola”, offerto dallefamiglie Colosio e Pedini e dalla famigliaMazzola che dal 2016 hanno istituito unpremio speciale in ricordo di Carla Maz-zola, per molti anni presidente del con-corso, è andato all’elaborato di MariaFerrari della III A della Scuola secondariadi primo grado “Guglielmo Marconi” diBrescia, che volentieri pubblichiamo.

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i sono alcune prepara-zioni basilari che si do-vrebbero fare a occhi chiusi per poter ben

destreggiarsi in cucina. Gli im-pasti sono ai primi posti in clas-sifica e la pasta fresca, la pa-sta all’uovo della nonna, nellanazione della pasta, la fa dapadrona.

La proporzione solitamenteè di 1 uovo ogni 100 g di farina0, si prepara la classica fonta-na di farina su un piano, si uni-scono le uova e il sale, per poiimpastare il tutto fino a ottene-re una pasta liscia e senza gru-mi. Impastare è un buon eser-cizio antistress, magari ci fa re-cuperare anche un po’ sul sen-so di colpa – abbiamo fattoesercizio fisico e quindi man-giamo a cuor leggero. Questoè vero se non sei un “unghiato”chitarrista classico… gli impastihanno la brutta abitudine diappiccicarsi sotto le unghiedella mano destra. Eresia: gliimpasti si fanno egregiamenteanche con l’aiuto dei robot dacucina. Meno fatica (menounghie a rischio). Meno scuseper non fare un po’ di eserci-zio, mi spiace.

Dopo aver impastato la pa-sta va fatta riposare unamezz’oretta per poi dividerla intanti pezzi che andranno sfo-gliati, a mano per i più volente-rosi, con gli appositi attrezzi amanovella per gli altri.

Così possiamo avere l’ingre-diente base per cimentarcicon gli spaghetti alla chitarra.Si trovano anche in commer-cio, ma ovviamente non avre-ste la stessa soddisfazione chenel prepararli. Questo partico-lare spaghetto è di sezionequadrata e abbastanza gros-so, dal diametro di circa 2-3mm. E sono ottimi con i sughipiù corposi, quindi sul condi-mento non resta che sbizzarrirsi.

Il loro nome deriva dallo stru-mento che serve per realizzarli,la chitarra, appunto, strumen-to tradizionale nella cucinaabruzzese dove è chiamato“maccarunàre”. Questa “chi-tarra” è costituita da un telaioin legno sul quale vengono te-si alcuni fili d’acciaio: già dauna sommaria descrizione sipercepisce che il nome “chi-tarra” rimanda direttamente aquello dello strumento musica-le.

La pasta va sfogliata conun’altezza di 2-3 mm. Dopo diche si posiziona la sfoglia sul te-laio e delicatamente si passasopra il mattarello in modo checon la pressione le corde tagli-no la pasta, che cadrà al disotto, pronta per essere cotta.

Solitamente la chitarra per-mette di tagliare due diversi ti-pi di pasta: dal lato dove i filisono più distanti si ottengonole fettuccine, dal lato con i filipiù ravvicinati gli spaghetti. I fi-li sono fissati al telaio con chio-di che non ne permettono lo

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MUSICA E CUCINA

SPAGHETTI ALLA CHITARRAdi PAOLA DONATI

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Bimestrale di cultura musicaledella Associazione Filarmonica “Isidoro Capitanio”

Direttore responsabile MATTEO VANETTI

Direttore editoriale AUGUSTO MAZZONI

Comitato di redazioneORIETTA DANIELI, PAOLA DONATI, LUIGI FERTONANI, VASCO FRATI,

RENATO KRUG, GIANFRANCO PORTA, RUGGERO RUOCCO, DINO SANTINA,ENIO ESTI (segreteria e pubblicità)

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Autorizzazione del Tribunale di Brescia con Reg. al n. 37/1985 il 28/10/1985

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Ingredienti per 4 persone:400 gr. di farina, 4 uova,acqua e sale q.b.

Per la preparazione vedere in pagina

spostamento ma danno lapossibilità di regolare la tensio-ne dei fili stessi avvitando o al-lentando due viti apposita-mente posizionate ai lati del-l’attrezzo – altra somiglianza,con le meccaniche della chi-tarra (musicale). L’operazioneè molto spesso necessaria per-ché le corde, del tagliapastacome quelle dello strumento,con l’uso possono perdere laloro normale tensione renden-do più difficile il lavoro. Al cuo-co come al musicista! Ovvia-mente se si toccano corde intensione si può avvertire unsuono e passare il dito sullecorde che tagliano la pasta èun’operazione a volte fonda-mentale per permettere aglispaghetti di cadere al di sottodei fili, senza rimanerne impi-gliati: la vibrazione prodotta in-fatti favorisce il distacco dellasfoglia.

Non vi resta che invitare unamico chitarrista a cena, percondividere buona cucina ebuona musica insieme.

Ricetta

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