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Periodico di confronto tra culture: civiltà dei popoli, problemi sociali, scienze, arte e letteratura Direttore responsabile Franco Albanese Comitato di redazione Antonio Scatamacchia, AlessandraCesselon, Nino Fausti, Angela De Leo Anno XVI N.5/2020 D IALETTIC A TRA C ULTURE D IALETTIC A TRA C ULTURE A Roma, come in tutta Italia, inizia una serie di riaperture di musei e gallerie, dopo la totale chiusura imposta dal Covid 19. Nonostante le norme severe di accesso, queste opportunità danno respiro alla nostra voglia di bellezza e cultura. Prima tra tutte la Galleria Borghese che, con l’illuminata gestione di Anna Coliva è tra i primi musei italiani a riaprire al pubblico da martedì 19 maggio. Il Museo ha riorganizzato i servizi e gli spazi e ha attivato tutte le misure neces- sarie per migliorare la fruizione e rende- re l’esperienza dei visitatori piacevole e sicura. Le visite, solo su prenotazione. Da non mancare, la famosa mostra: Raffaello, 1520 – 1483, che riapre dal 2 giugno alle Scuderie del Quirinale, e proroga la sua durata fino al 30 agosto 2020. Riapre anche Palazzo Braschi , con Canova. Eterna Bellezza, che aveva avuto già oltre centoquarantamila visita- tori prima della quarantena ed è stata prorogata fino al 21 giugno 2020. Il fascino del classicismo incanta con le centosettanta opere di Canova e dei col- leghi protagonisti dell’estetica raffinata del mondo italiano d’inizio ‘800. A Palazzo delle Esposizioni di Via Nazionale, le rassegne sono state proro- gate e termineranno quindi il 2 giugno. In mostra: Gabriele Basilico, Milano ritratti di fabbriche 1978/80 uno dei maggiori protagonisti della fotografia italiana e internazionale, e incentrata sul tema della città con oltre duecentocin- quanta opere. In contemporanea l’anto- logica sull’artista americano Jim Dine. Riapertura al MAXXI di Via Guido Reni, dove c’è ancora un evento da non perdere dedicato anch’esso all’architet- tura: Amare l’Architettura di Gio Ponti. Da venerdì 22 maggio e prorogata fino alla metà di settembre. Anche La Galleria Nazionale di Valle Giulia, ex Gnam riapre al pubblico con una nuova mostra nel Salone Centrale. Per chi vuole vedere ancora alcune opere dell’ '800 e '900, prima che sia definitivamen- te disabilitata dalla direzione, nelle sue principali missioni di museo storico. Molto complicato l’accesso ai vari musei, per cui conviene chiedere infor- mazioni specifiche prima di andare. Si prevede quasi sempre l’obbligo di preacquisto con 1 euro da casa, o in prenotazione gratuita, dei biglietti di ingresso, allo scopo di annullare le code in biglietteria e ridurre gli affollamenti nelle sale. E comunque niente visita, non ci si sottopone a termoscanner. Molti altri siti restano invece putroppo chiusi. Alessandra Cesselon Il prof. Arch. Sergio Lenci, mio padre, è stato colpito dai brigatisti di Prima Linea il 2 maggio 1980, ormai 40 anni fa. Gli hanno spa- rato un colpo di pistola alla nuca. Non è morto in quanto il proietti- le è rimasto imprigionato nell’osso spugnoso di quella parte del cra- nio chiamato rocca petrosa. A seguito di questo attentato terrori- stico, egli ha scritto un libro «Colpo alla nuca» (prima edizione Editori Riuniti, Roma 1988; seconda edizione Il Mulino, Bologna 2009) con il quale ha vinto il premio letterario Pieve Santo Stefano, con una giuria composta tra gli altri da Tina Anselmi, Natalia Ginzburg, Miriam Mafai, Nuccio Fava, Paolo Spriano, Corrado Stajano, Saverio Tutino. È poi deceduto per infar- to il 20 marzo del 2001. A sei anni dalla morte, il 20 marzo 2007 gli è stato intitolato un viale a villa Torlonia. Il suo libro è un'auto- biografia scientifica, priva di giudi- zi, che scava nelle ideologie e nei falsi ideologici di quel sistema. Sergio Lenci è stato colpito in quanto «tecnico della controguer- riglia urbana», come scrissero con la vernice sui muri del suo studio, ovvero come progettista di infra- strutture pubbliche che intralcia- vano il cammino di quella guerri- glia urbana teorizzata nel 1969 dal rivoluzionario brasiliano Carlos Marighella nel suo manualetto. Lo hanno preso di mira perché aven- do progettato delle carceri più umane – tra cui la casa circonda- riale di Rebibbia a Roma – rispet- to a quelle di cui era dotata l'Italia pre repubblicana, contribuiva ai loro occhi a «ridurre il potenziale rivoluzionario» di decine di migliaia di detenuti reclusi in strutture vetuste, quindi più moti- vati ad arruolarsi con i rivoltosi. I terroristi pertanto non tolleravano che architetti come Sergio Lenci, ingegneri e altri specialisti lavoras- sero per migliorare la condizione carceraria, volendo lasciare le pri- gioni come delle polveriere piene di un’umanità pronta ad esplode- re. Ma è probabile che questa motivazione ne nascondesse un'al- tra, dettata da interessi nient'affat- to ideologici. Vi è poi da sottoli- neare che se in nome di tale ideo- logia terroristica i detenuti avreb- bero dovuto vivere in uno stato di perenne sofferenza, quando quegli ideologi finirono in prigione, cer- carono – e ciò in palese contrad- Un libro del prof. Arch. Sergio Lenci dizione con quanto precedente- mente postulato – di ottenere una serie di trattamenti migliorativi che quella stessa ideologia prece- dentemente negava. Va detto che gli scritti sul terrori- smo sono in genere analisi stori- che o resoconti di cronaca fatte da terzi, mentre la singolarità di questo libro risiede nell'essere stato scritto da un sopravvissuto che, animato da profondo senso civico, ha potuto raccontare in prima persona l'esecuzione e i postumi della propria condanna a morte. Il commando di Prima Linea che quel venerdì mattina del 2 maggio 1980 andò al suo studio per ucci- derlo era composto da quattro terroristi che salirono al primo piano e quattro che rimasero al livello stradale. Dei primi faceva- no parte Maurice Bignami, Giulia Borelli, Pietro Mutti, Ciro Longo, quest’ultimo l’esecutore materiale dell’attentato. Al livello stradale erano invece rimasti Michele Vis- cardi (certamente), Franco Albe- sano (quasi certamente), Marina Premoli e Susanna Ronconi (pro- babilmente). Maurice Bignami era tra i più noti esponenti di Prima Linea, insieme a Sergio Segio che ne è stato il principale comandante militare, Roberto Rosso che è considerato l'ispiratore ideologico, Marco Donat Cattin figlio del politico Carlo Donat Cattin, Bruno La Ronga considerato un esperto di armi con il compito di addestrare i militanti a sparare. Questi quat- tro – nei mesi di aprile e maggio 1977 a San Michele a Torri presso Firenze – costituirono il “coman- do nazionale” di Prima Linea. A metà degli anni ’80 Padre Adolfo Bachelet – fratello del giu- rista prof. Vittorio Bachelet assas- sinato dalle Brigate Rosse il 12 febbraio 1980 – andava frequente- mente a trovare mio padre al suo studio, e fu lui che, convincendolo, organizzò la visita ai terroristi facenti parte del primo gruppo. Cosa può aver per lui significato incontrare Ciro Longo nel carcere di Paliano, colui il quale gli ha effettivamente sparato, e sentirsi raccontare la dinamica dei due colpi di pistola ? Questi era stato istruito che dopo aver premuto il grilletto la prima volta avrebbe dovuto girargli la testa per prende- re bene la mira e sparare il secon- do colpo alla tempia, ma non se la sentì di farlo per timore di incro- ciare lo sguardo della vittima. Ed è solo grazie a questo «pudore» che mio padre non morì, dato che il secondo proiettile andò a vuoto sul pavimento. Sempre insieme a padre Bachelet si recano poi da Giulia Borelli nel carcere di Bergamo. Se da un lato egli riconosce che gli incontri sono stati positivi, dall'altro si rende conto che i suoi attentatori sono reticenti in merito ai mandanti, essendo troppo forte quel conflit- to di interessi dettato da abilità legali/politiche per uscire al più presto di prigione. La presa d'atto di questa realtà lo porta a ridurre le sue aspettative circa un possibile ampliamento della conoscenza. Il libro si chiude con un lungo scam- bio epistolario con la stessa Giulia Borelli, prima e dopo l’incontro. Ruggero Lenci Ritratto dipinto dal figlio Ruggero Prossime riaperture d’importanti gallerie a Roma, da maggio 2020

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Periodico di confronto tra culture: civiltà dei popoli, problemi sociali, scienze, arte e letteratura

Direttore responsabile Franco Albanese Comitato di redazione Antonio Scatamacchia, AlessandraCesselon, Nino Fausti, Angela De Leo

Anno XVI N.5/2020

DIALETTICAT R A C U L T U R EDIALETTICA

T R A C U L T U R E

A Roma, come in tutta Italia, inizia unaserie di riaperture di musei e gallerie,dopo la totale chiusura imposta dalCovid 19. Nonostante le norme severedi accesso, queste opportunità dannorespiro alla nostra voglia di bellezza ecultura.Prima tra tutte la Galleria Borghese che,con l’illuminata gestione di Anna Colivaè tra i primi musei italiani a riaprire alpubblico da martedì 19 maggio.Il Museo ha riorganizzato i servizi e glispazi e ha attivato tutte le misure neces-sarie per migliorare la fruizione e rende-re l’esperienza dei visitatori piacevole esicura.Le visite, solo su prenotazione. Da non mancare, la famosa mostra:Raffaello, 1520 – 1483, che riapre dal 2giugno alle Scuderie del Quirinale, eproroga la sua durata fino al 30 agosto2020.Riapre anche Palazzo Braschi , conCanova. Eterna Bellezza, che avevaavuto già oltre centoquarantamila visita-tori prima della quarantena ed è stataprorogata fino al 21 giugno 2020. Ilfascino del classicismo incanta con lecentosettanta opere di Canova e dei col-leghi protagonisti dell’estetica raffinatadel mondo italiano d’inizio ‘800. A Palazzo delle Esposizioni di ViaNazionale, le rassegne sono state proro-gate e termineranno quindi il 2 giugno.In mostra: Gabriele Basilico, Milanoritratti di fabbriche 1978/80 uno deimaggiori protagonisti della fotografiaitaliana e internazionale, e incentrata sultema della città con oltre duecentocin-quanta opere. In contemporanea l’anto-logica sull’artista americano Jim Dine. Riapertura al MAXXI di Via GuidoReni, dove c’è ancora un evento da nonperdere dedicato anch’esso all’architet-tura: Amare l’Architettura di Gio Ponti.Da venerdì 22 maggio e prorogata finoalla metà di settembre. Anche LaGalleria Nazionale di Valle Giulia, exGnam riapre al pubblico con una nuovamostra nel Salone Centrale. Per chivuole vedere ancora alcune opere dell’'800 e '900, prima che sia definitivamen-te disabilitata dalla direzione, nelle sueprincipali missioni di museo storico.Molto complicato l’accesso ai varimusei, per cui conviene chiedere infor-mazioni specifiche prima di andare. Siprevede quasi sempre l’obbligo dipreacquisto con 1 euro da casa, o inprenotazione gratuita, dei biglietti diingresso, allo scopo di annullare le codein biglietteria e ridurre gli affollamentinelle sale. E comunque niente visita,non ci si sottopone a termoscanner.Molti altri siti restano invece putroppo

chiusi.

AlessandraCesselon

Il prof. Arch. Sergio Lenci, miopadre, è stato colpito dai brigatistidi Prima Linea il 2 maggio 1980,ormai 40 anni fa. Gli hanno spa-rato un colpo di pistola alla nuca.Non è morto in quanto il proietti-le è rimasto imprigionato nell’ossospugnoso di quella parte del cra-nio chiamato rocca petrosa. Aseguito di questo attentato terrori-stico, egli ha scritto un libro«Colpo alla nuca» (prima edizioneEditori Riuniti, Roma 1988;seconda edizione Il Mulino,Bologna 2009) con il quale havinto il premio letterario PieveSanto Stefano, con una giuriacomposta tra gli altri da TinaAnselmi, Natalia Ginzburg,Miriam Mafai, Nuccio Fava, PaoloSpriano, Corrado Stajano, SaverioTutino. È poi deceduto per infar-to il 20 marzo del 2001. A sei annidalla morte, il 20 marzo 2007 gli èstato intitolato un viale a villaTorlonia. Il suo libro è un'auto-biografia scientifica, priva di giudi-zi, che scava nelle ideologie e neifalsi ideologici di quel sistema. Sergio Lenci è stato colpito inquanto «tecnico della controguer-riglia urbana», come scrissero conla vernice sui muri del suo studio,ovvero come progettista di infra-strutture pubbliche che intralcia-vano il cammino di quella guerri-glia urbana teorizzata nel 1969 dalrivoluzionario brasiliano CarlosMarighella nel suo manualetto. Lohanno preso di mira perché aven-do progettato delle carceri piùumane – tra cui la casa circonda-riale di Rebibbia a Roma – rispet-to a quelle di cui era dotata l'Italiapre repubblicana, contribuiva ailoro occhi a «ridurre il potenzialerivoluzionario» di decine dimigliaia di detenuti reclusi instrutture vetuste, quindi più moti-vati ad arruolarsi con i rivoltosi. Iterroristi pertanto non tolleravanoche architetti come Sergio Lenci,ingegneri e altri specialisti lavoras-sero per migliorare la condizionecarceraria, volendo lasciare le pri-gioni come delle polveriere pienedi un’umanità pronta ad esplode-re. Ma è probabile che questamotivazione ne nascondesse un'al-tra, dettata da interessi nient'affat-to ideologici. Vi è poi da sottoli-neare che se in nome di tale ideo-logia terroristica i detenuti avreb-bero dovuto vivere in uno stato diperenne sofferenza, quando quegliideologi finirono in prigione, cer-carono – e ciò in palese contrad-

Un libro del prof. Arch. Sergio Lencidizione con quanto precedente-mente postulato – di ottenere unaserie di trattamenti migliorativiche quella stessa ideologia prece-dentemente negava.Va detto che gli scritti sul terrori-smo sono in genere analisi stori-che o resoconti di cronaca fatteda terzi, mentre la singolarità diquesto libro risiede nell'esserestato scritto da un sopravvissutoche, animato da profondo sensocivico, ha potuto raccontare inprima persona l'esecuzione e ipostumi della propria condanna amorte.Il commando di Prima Linea chequel venerdì mattina del 2 maggio1980 andò al suo studio per ucci-derlo era composto da quattroterroristi che salirono al primopiano e quattro che rimasero allivello stradale. Dei primi faceva-no parte Maurice Bignami, GiuliaBorelli, Pietro Mutti, Ciro Longo,quest’ultimo l’esecutore materialedell’attentato. Al livello stradaleerano invece rimasti Michele Vis-cardi (certamente), Franco Albe-sano (quasi certamente), MarinaPremoli e Susanna Ronconi (pro-babilmente).Maurice Bignami era tra i più notiesponenti di Prima Linea, insieme

a Sergio Segio che ne è stato ilprincipale comandante militare,Roberto Rosso che è consideratol'ispiratore ideologico, MarcoDonat Cattin figlio del politicoCarlo Donat Cattin, Bruno LaRonga considerato un esperto diarmi con il compito di addestrarei militanti a sparare. Questi quat-tro – nei mesi di aprile e maggio1977 a San Michele a Torri presso

Firenze – costituirono il “coman-do nazionale” di Prima Linea. A metà degli anni ’80 PadreAdolfo Bachelet – fratello del giu-rista prof. Vittorio Bachelet assas-sinato dalle Brigate Rosse il 12febbraio 1980 – andava frequente-mente a trovare mio padre al suostudio, e fu lui che, convincendolo,organizzò la visita ai terroristifacenti parte del primo gruppo.Cosa può aver per lui significatoincontrare Ciro Longo nel carceredi Paliano, colui il quale gli haeffettivamente sparato, e sentirsiraccontare la dinamica dei duecolpi di pistola ? Questi era statoistruito che dopo aver premuto ilgrilletto la prima volta avrebbedovuto girargli la testa per prende-re bene la mira e sparare il secon-do colpo alla tempia, ma non se lasentì di farlo per timore di incro-ciare lo sguardo della vittima. Ed èsolo grazie a questo «pudore» chemio padre non morì, dato che ilsecondo proiettile andò a vuotosul pavimento.Sempre insieme a padre Bacheletsi recano poi da Giulia Borelli nelcarcere di Bergamo. Se da un latoegli riconosce che gli incontri sonostati positivi, dall'altro si rendeconto che i suoi attentatori sonoreticenti in merito ai mandanti,essendo troppo forte quel conflit-to di interessi dettato da abilitàlegali/politiche per uscire al piùpresto di prigione. La presa d'attodi questa realtà lo porta a ridurrele sue aspettative circa un possibileampliamento della conoscenza. Illibro si chiude con un lungo scam-bio epistolario con la stessa GiuliaBorelli, prima e dopo l’incontro.

Ruggero Lenci

Ritratto dipinto dal figlio Ruggero

Prossime riapertured’importanti gallerie aRoma, da maggio 2020

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Dialettica tra Culture

Periodico di confronto tra culture: civiltà dei popolii, problemi sociali, scienze, arte e letteratura

Direzione Amministrazione:Via Camillo Spinedi 4 00189 Roma

Redazione:Via Camillo Spinedi 400189 RomaTel +39 3290516588

e-mail [email protected]

Direttore: Franco AlbaneseComitato di Redazione: Antonio ScatamacchiaAlessandra Cesselon, Nino Fausti, Angela De Leo

Assistente alla grafica: Mirko RomanziCollaboratore Software: Salvatore Bernardo

Hanno partecipato a questo numero:Maurizio AndreolaSalvatore BernardoAlessandra CesselonAngela De LeoNino FaustiRuggero LenciAntonio ScatamacchiaAntonio Spagnuolo

Editore : Antonio ScatamacchiaAutorizzazione Tribunale di Roma n° 5/2002 del14/01/2002Distribuzione gratuita

Venerdì 15 maggio è morto EzioBosso a soli 48 anni, un grande musi-cista, ma soprattutto un uomo amantedella vita che ha regalato emozioni egioia a chi lo ha conosciuto e seguito.Ho avuto la fortuna di assistere al suoultimo concerto lo scorso Nataleall’Auditorium di Roma.Era affetto da una malattia autoimmu-ne neurodegenerativa, malattia del cer-vello che porta alla paralisi progressivadella muscolatura volontaria, la perditadi forza degli arti e dei muscoli, adibitialle funzioni vitali, quali la respirazio-ne e la deglutizione. Da diversi anni simuoveva a stento, costretto su unasedia a rotelle. Nonostante ciò ha con-tinuato a comporre ed a dirigere finoa poche settimane prima di morire,regalando a migliaia di persone emo-

zioni immense ed una grandissimagioia. Ma era anche un uomo profon-damente felice, generoso e che amavala vita. In questi mesi critici siamo stati sommersida una valanga di notizie, tanto che èstato creato un neologismo “infodemia”.La maggior parte di queste informazioninon sono rassicuranti, suscitano ansia,paura o altre emozioni negative e quindigenerano stress. Lo stress è una reazione che ereditiamodai nostri antenati preistorici e di per sénon è negativa, serve a metterci in allertae a prepararci ad affrontare un pericolo.Tuttavia è una reazione che deve durareun tempo limitato in quanto se prolunga-ta ha effetti fisici e psicologici moltonegativi. Durante la reazione da stress, il cervellolibera i neurormoni, sostanze dai nominoti: ADRENALINA, NORADRENA-LINA, CORTISOLO. Questi neurormoniaumentano la nostra capacità di affrontarele avversità: incrementano il respiro, lanostra forza muscolare, la potenza delcuore e permettono di sfuggire ad unpericolo. Ma scampato il pericolo questesostanze devono essere inattivate perchèse rimangono in circolo per lunghi perio-di i loro effetti diventano dannosi.Migliaia di studi scientifici hanno dimo-

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Ezio Bosso commemorato da uno psichiatra

strato che lo stress prolungato è la causadelle principali malattie dei nostri tempi:ipertensione, diabete, malattie reumaticheed alcuni disturbi dell’umore, come ladepressione. Lo stress è la maggior causadi invecchiamento ed è anche implicatoin alcuni tumori. Tutte queste malattiehanno come movente l’attivazione pro-lungata del sistema immunitario checausa l’infiammazione. Durante l’epide-mia da covid19 le maggiori complicanzesono state provocate dall’infiammazionepiuttosto che dal virus. I linfociti, le principali cellule immunita-rie, baluardo contro infezioni malattie etumori, durante i periodi di stress vengo-no depresse o cominciano a funzionarein modo alterato. La stretta relazione tra stress e malattia èormai riconosciuta da tutto il mondoscientifico ed è esperienza comune che

dopo uno stress ci siammali di influenza osi manifesti l’herpes.Anche le emozionipositive influenzano ilsistema immunitario;durante le situazionipiacevoli e di benesse-re si liberano nel cer-vello ormoni come laserotonina, l’ossitocina,le endorfine e la dopa-mina. Uno studio del 2017pubblicato su Natureha dimostrato che laDOPAMINA ormoneche media gli stati di

soddisfazione ed appagamento, determi-na l’aumento delle difese immunitarie. Questa azione è mediata da alcune cellu-le, i linfociti T helper (Th), così chiamateperché aiutano altri linfociti a produrregli anticorpi. E’ stato scoperto che lacomunicazione tra questi due tipi di lin-fociti è molto più rapida e la cooperazio-ne più efficace se viene liberata dopami-na dal sistema nervoso. La dopamina aumenta l’attività dei linfo-citi helper di tipo 1 specializzati nel com-battere virus e batteri. Allo stesso tempoblocca altri due gruppi di linfociti (Th2eTh17) che aumentano in maniera ecces-siva la produzione di anticorpi. I LinfocitiTh2 e th17 sono responsabili delle rispo-ste allergiche e di quelle autoimmuni, adesempio l’artrite reumatoide o la tiroiditeautoimmune.L’azione protettiva della dopamina agiscesu un’altra classe di linfociti definiti TRegolatori (T Reg). La funzione di questecellule, come indicato dal loro nome, èquello di sopprimere la risposta immuni-taria. Quando questa funzione è iperatti-va blocca l’eliminazione delle celluletumorali, di quelle malate e dei i detritiprodotti dall’infiammazione. La dopami-na inibisce i linfociti Treg, quindi la suaazione contribuisce a proteggerci dal can-cro e dallo sviluppo di malattie dell’invec-chiamento come Parkinson edAlzheimer. La soddisfazione e l’appagamento quindici rendono più immuni alle malattie. Unmotivo di più per coltivare il buonumore, l’armonia e la bellezza.La musica come la pittura, l’architettura oaltre forme d’arte, ci può dare piacere edè connessa alla bellezza L’esperienza checi ha trasmesso Ezio Bosso al pari ditanti altri suoi colleghi è che la musica cipuò emozionare, smuovere energie efarci provare piacere. Come diceva EzioBosso ai suoi concertisti prima di unconcerto, “divertiamoci, siamo felici efacciamo divertire gli altri”.http://www.rainews.it/dl/rainews/media/ultima-intervista-di-Bosso-La-musica-sussurra-e-ci-svela-la-vita-ab2fd44e-a0a8-4f1c-a6c9-510b95c71833.html?wt_mc=2.social.tw.rainews_xxx.&wtDott. Maurizio Andreola

Verso la metà di quel decennio mera-viglioso, decisero di aprire una botteguc-cia, dove Maria mise in vendita i suoi fan-tastici lavori all’uncinetto. Ciascuno eraun capolavoro, e poiché B. era stato insi-gnito della medaglia d’oro al valor civile,sviluppò un turismo costante, anche per ibenefici della sua aria salubre. Si trattavadi un negozietto di diciannove metri qua-dri, che era stato la bottega di Ennio. Lochiamarono “Il Bugigattolo”, e tale rima-se anche quando anni dopo si espanse nellocale attiguo di ben 61 metri quadri.Erasmo aveva preso il diploma da ragio-niere alla scuola serale e lavorava oracome impiegato, carriera che continuòfino ai primi anni novanta quando, dopoessere diventato prima vice direttore, poiresponsabile ed infine, per un solo gior-no, direttore, si congedò per andare inpensione. L’attività si arricchì poi di unbuon commercio di biancheria e di cor-redi per neonati e bambini, che contribuìa colmare quel vuoto, insieme alle lezioniprivate nel retro bottega. Tra la fine dei sessanta e l’inizio dei

settanta, B. subì una radicale metamorfo-si. Sviluppò moltissimo nella pianura,diventando una cittadina moderna, quellache vedi oggi, con strutture, strade, nego-zi, mentre il borgo primitivo rimasearroccato su stesso, collegato con la partebassa da una strada a tornanti che sroto-lava le sue spire lungo tutta la collina, finoalla piazzetta del comune, prima dellaporta centrale, viatico per il dedalo divichi e viuzze. “Il bugigattolo” rimase l’u-nico negozio, meta di turisti e residenti,insieme al forno, fin quasi alla fine deglianni novanta, quando chiuse per raggiun-ti limiti di età dei suoi mentori. Maria erasempre presente, dopo aver accudito lasua casa scendeva ad aprire fino al pran-zo, e poi il pomeriggio fino al tramonto,a volte fino a sera. Durante la stagioneestiva, dopo una cena consumata pressola pizzeria o la trattoria, si intrattenevanofuori l’uscio fino a tarda ora, conversan-do tra di loro o con i tanti che passeggia-vano per godere il fresco vespertino eserale. Quella bottega divenne per loro ilfiglio, la creatura da accudire, nella qualetrovavano un ulteriore motivo di comu-nione. E non riesco a dirti quanto eranobelli quando li vedevi stare vicini, come tismuoveva il cuore, non solo a me, o a noiche conoscevamo la loro storia, ma achiunque li guardasse. Sì, era una veraemozione, una cosa di cui far pagare ilbiglietto, come a teatro, solo che ciò cherappresentavano erano una verità. Ladomenica mattina Erasmo si recava a N.per gli acquisti, dietro rigorose dritte disua moglie, e nulla mai entrò dalla portache non fosse stato prima deciso e con-cordato. Maria apriva l’attività fino alle12.00, poi andava a preparare il pranzodomenicale, pronta all’arrivo dell’amato,né mai, mai, non fu puntuale. E fu pro-prio una di quelle domeniche che accad-de, e fu, per tutta la vita, il loro unico,reciproco segreto.Ora tu mi chiederai come faccio a

sapere queste cose, così arcane, ma, se mipermetti, questo resta il mio mistero.Però sappi che non c’è una sola parolainventata o di troppo, è esattamente cosìche andarono i fatti. Verso le 10 di quellamattina si presentò a negozio il dottorOreste Brambilla. Arrivò col suo Panamadi stoffa, la figura elegante, il corpo cura-to dalla pratica sportiva, avvolto in uncompleto di lino color canna da zucche-ro, il duetto cabrio Mercedes lasciatonella piazza in bella vista. Chiese a Mariadi poterle parlare, lei mise il cartello“torno subito” e andarono nel piccoloretrobottega delle lezioni private.Dapprima imbarazzato, poi sempre piùfervente ed appassionato, il dottor OresteBrambilla, cappello in mano, rivelò aMaria il proprio amore, (continua a pag.4)

DUE DI UNO, UNODI DUERacconto (nè lungo nè

breve, giusto, una volta tanto!)Continua dal numero di aprile

Oggi non solo nel settore impren-ditoriale, ma in particolare per ogniindividuo o gruppo di persone intutto il mondo, siamo afflitti da unagrande incertezza, accompagnata daneri presagi. Forse stimolati da unadelle poche certezze che si ravvisano:la domanda di beni e servizi diminui-ranno. La maggior parte degli investitori e

dei responsabili dell´economia ancoranon hanno reagito, si trovano comeparalizzati, come un coniglio in pienanotte sorpreso da fari ad alta potenza,ed altri come una belva rinchiusa nellagabbia.Oltre alla riduzione della domanda,

sono attesi cambiamenti nel modellodi consumo, che sono più difficili daprevedere. Ovviamente alcuni settorisaranno più colpiti di altri, il che rendeimprevedibile l'effetto congiunto intermini di riduzione del PIL.Pertanto, nel settore automobilisti-

co la riduzione della domanda dovreb-be essere maggiore che nel settoreagricolo e nel settore agroindustrialecome in quello tessile, per citare alcu-ni elementi emblematici, oltre a preve-dere cambiamenti nel modello di con-sumo. Per quanto riguarda il turismo, il

petrolio e l'edilizia, il mercato dovreb-be subire un'ulteriore contrazione.Nei servizi, oltre al turismo, il set-

tore bancario, il commercio, la sanità el'istruzione dovranno ristrutturare leproprie infrastrutture e i proprimodelli di gestione, al fine di ridurre icosti e adattarsi al nuovo livello diconsumo e alle nuove esigenze degliutenti. Forse su tutto questo la digita-lizzazione gioca un ruolo di primalinea.Oggi più che mai è necessario tener

conto dei precetti della pianificazionestrategica, ma non quella tradizionale,ma quella che è capace di accettare eattuare cambiamenti rapidi, anche nelfar dell'uso degli strumenti manage-riali al fine di rivedere gli obiettivi coni quali è stato avviato il presente eser-cizio economico. Forse la cooperazione tra le impre-

se, la ricerca di mercato e i parametridi riferimento potrebbero contribuirea delineare gli scenari in base ai quali sipotranno effettuare le analisi SWOT(Valutazione dei punti di: S= forza =Strengths, W= debolezza =Weaknesses, O = opportunità =Opportunities e T= le minacce =Threats) e cosi adeguare gli obiettivi ei traguardi, definire le strategie e con-figurare il nuovo piano d'azione cheporterà alla revisione dei processi eagli adeguamenti di bilancio. Le imprese e le persone che sfrut-

tano l'attuale confinamento, utilizzan-do la tecnologia comunicativa per svi-luppare le proprie giornate di lavoro edi aggiornamento, saranno meno col-pite dagli effetti della pandemia delCOVID 19, e pertanto stanno svilup-pando la migliore capacità di reagire aicambiamenti del mercato. È noto chele crisi creano opportunità, l'attualeconfinamento rappresenta un'ottimaopportunità per sessioni di pianifica-zione partecipativa a distanza e per lericerche di mercato.

Salvatore Bernardo

UNA VISIONEPOST PANDEMIA

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“IL SEGNO”

Segno ancora sul calendario con matita a coloriuna data precisa per non dimenticarela stagione che ripete l'inganno,e ripiego smarrito in cerca di quel voltoche l’attimo dissolve.Non cancella l’eccezionale insistenzala tempesta dei gesti che incidemmo,il riflesso di una piacevole ombrache scivola con insistenza.La speranza che leggevo nell’occhio smarritoè clessidra interminabile lungo smagliature,urla sillabe insensate e mi costringealle tempie, ossessione indiscreta.*Qui tutto è fermo nell’attesa:un azzardo del buio che mi circondaoltre le rughe sempre incise per gli occhi,ed il volto di donna che ricorre a memoriafulmina il baratto nel gioco che precipita.La tua ora recita combustioninella finzione di una danza,e rotola nei vuoti per giocare un agguatoal ritorno improvviso del nulla.Il passo lascia un segno ancora vivoanche se il copione è coppa fuori tempoesatta fuga che scioglie il fulgore di una follia.

Antonio Spagnuolo

Le cose rimandano a cose

Cose che disvelano fatti,volti e parole.Ci sono cose che riportano alla mente al cuore altre cose, esseri inanimati e vegetalia colloquio con memorie sommersepersone lontane e perse, un riallaccio di pensierigermogliano in quelle istanze, una volta assopite e morte,

rigenerano forme e sostanzedietro l’angolo della memoriadi chi o cosa era occultoe torna a progettare riprese

di conoscenza e amore.Grato a quelle rimembranzeridanno certezzache nulla è il nulla scomparso finché non torna in mela sua memoriae diviene ricchezza di limpida coscienza premio nel mondo.

Antonio Scatamacchia

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Il Lago errante

Mi propongo di scrivere in versi ispirandomi aquanto letto nel libro “Il Lago Errante” di SvenHedin ed. Einaudi del 1943. L’autore svedese è unostudioso ricercatore di terre dimenticate nei secoli, chefanno parte dell’antica Via della seta, percorsa daMarco Polo nel 1271, in particolare il deserto che sistende nel Turchestan orientale tra il fiume Tarim ele propaggini del Tibet fino al deserto Astin Tagh. Illago Lop-nor che riceve le acque dal delta del fiume,per i forti venti e i depositi trascinati dall’acque tal-volta torrenziali, si è spostato nel corsi di secoli percontenere in piccoli laghi, paludi e canali le acquediscendenti. Fu Hedin in quei luoghi nel 1896, poiritornò nel 1921, quando intuì studiando il lettosecco del fiume lo spostamento. In quell’anno, ripeten-dosi quanto era accaduto nel 330 d.C., il corso delleacque del Tarim era deviato verso est e il lago era tor-nato a riformarsi lì dove un tempo era stato. Hedinper la terza volta ritornò nel 1934 con una spedizio-ne finanziata dal Governo Cinese a ripercorrere queldeserto e navigando in canali con particolari battelliscavati nei tronchi dei pioppi o su strade rocciose esabbiose su camion, per ritrovare, nel luogo dove avevaprevisto, il Lop-nor e ricavare indicazioni perché sipotesse costruire una strada camionabile che congiun-gesse la città di Tun-Hwang, antica città al confinecon la Serindia, dove si riunivano le strade carovanie-re del percorso nord e sud del bacino del Tarim, conla città di Korla, nel territorio mongolo diBayin’gholin, Xinjiang Cina.

Chi vorrà mi segua in questa fantastica descrizio-ne che tenterò di trasferire in poesia.

Cerere e le spighe dorate

Come Cerere, incedo solenne nei tuoi pensieri...Tu adori il mio corpo dorato, levigato dai ventidi Roma, drappeggiato d’un peplo sottile, di seta leggera.Avanzo sontuosa, nel fulgore d’estate;con passo di danza e polsi sonanti di cembalid’oro.

Mi guardi, coi tuoi occhi di glicine azzurro,mentre raccolgo le spighe in fasci odorosi, di calde fragranze di grano,le giovani gambe scattanti nella aria serena.Tra rossi papaveri e malve violette, Tra tane di timide talpe e grilli saccentim’ incanti col tuo bel richiamoCon giochi slacciati di ogni pudore...

E torno e ritorno ogni giornonell’antro del tuo desiderio...Non puoi fare a meno di me!Io sono il tuo pane fragrante, di torrido sole, la dea dell’estate che cerchi ogni giornoNell’inconscio d’oscuro tormentoche mai ti dà pace.

E tu, sei mia meta segreta nel fare del giornoM’inebria il sapor del tuo corpo,l’afrore di intimi anfratti, le limpide altezze d’empireo dove mi porti, talvolta, sul far della sera.

Non temere più i mostri dell’Ade, dell’inconscio bastardo e profondo,Fiducioso, rifugiati in me,nelle braccia del fresco mio cuore,fino all’orlo, sicuro ed eterno, del più antico cratere del mondo!

Alessandra Cesselon

Inno alla vita

È esile filo d'erba appena natola lancetta che segna l'attimo dal vecchio

al nuovo giorno. Un oh di meraviglia oltre la falce di luna a

levante, sottile come una parentesi appenaaperta sull'alba che verrà.Guardo i vetri che, ai miei occhi stanchi di

forare il buio, non avranno un'altra mezzanotte perché,

funambola io, afferrerò al volo mille ipotesi di stelle per

trarne gli auspici...Ma so che, oltre l'aurora dorata ai vetri

sonnambuli di stupore, l primo rintocco del giorno sarà squillo di

tromba, inno alla Vita...La gioia avrà ancora passi leggeri d'erba

smeraldina.Tenera danza di onde tra brezza di mare e

il suo canto.

Angela de Leo

Il lago dove prima non eraPrimo viaggioLascio che la fantasia navighi tra quelle sponde sabbiose del fiume Tarimnel deserto alle propaggini di Kuruk Taghin quel lontano 1930,su due battelli scavati nei tronchi di pioppicongiunti da tavole che danno stabilitàtra i flutti concatenanti nei misteri dell’oblio di un territorio percorso nei secoli da carovanedi mongoli e cinesi a dorso di trasecolanti cammelli.Quella striscia arsa di terra, che è stata ai tempi romanila via delle spezie con cui le ancelle condivano le carni e delle sete che ornavano il petto delle matrone e le spalle,riscoperta nel XII secolo dopo periodi di oscuramento e

silenzi di storianei viaggi di Niccolò Polo e Matteo zio del piccolo Marcoe di Marco solitario a raggiungere il gran Kubilai Khan,è apparsa, dopo immagini occulte e ignoranza di terre,ai nostri giorni quando si scava tra Mese e Jardangla strada della solidarietà tra berberi, nomadi turchimongoli ed esploratori Chen. Sui passi di quel viaggio ripetuto più volte dallo studioso svedese Sven Hedinvado alla ricerca del lago errante tra sabbie e paludi del deserto di Lou-lan dove tramonti infocatie smerigli incastonati nei profondi azzurri,in uno sfogliare di canne e tamarischi, coprono la spondaper navigare all’ignoto e poi rifiorire in un aperto dove il cielo si confonde con la terra all’orizzontee gli orizzonti nel vuoto dell’immenso deserto. Il viaggio scopre ancora le antiche vestigiadi un mondo sommerso di principi e servi, di contadini e

pastoridi anatre e cigni, di cammelli selvatici, cinghiali e lupiin una atmosfera percossa da turbinii d’aria e rovinose

discese,di torbide folate di sabbia e terse incontenibili visioni, piramidi di pietre a traguardare ai mercanti la viaper non smarrirsi in quel vuoto immenso. E a giorni di quiete dove l’andare per acque e terre fà sognare vicina la rivasi alternano delusioni quando l’emissario che percorro s’inabissa in paludi con bassifondi di sabbia,sì che i battelli spinti da remi s’arrestano e si è costretti a trascinarli per strade fangose tra tempeste di sabbia che trovi tra i capelli,negli occhi, fin dentro le scarpe e fatichi a distinguerti da quell’urlo senza sosta che costringe gettarti a terra.E per impervie salite accecate dal sole percorriquell’abitat secco dove si ergono enormi scalinidi sabbie e dure rocce di sale,che solo la voglia del lago dà motivo alla lotta.Così procedo finché per il caso e la sorte intravedo un altro canale circondato da tamerischiche scorre di lato al corso del fiume.Antonio Scatamacchia

Cerere la dea della terra fertile

“La musica ci insegna la cosa piùimportante che esista: ascoltare. La musi-ca è come la vita, si può fare in un solomodo: insieme”

Ezio Bosso

Page 4: numero maggio 2020 - Dialettica maggio 2020.pdfsano (quasi certamente), Marina Premoli e Susanna Ronconi (pro-babilmente). Maurice Bignami era tra i più noti esponenti di Prima Linea,

lo sconvolgimento dell’anima che nonlo lasciava riposare la notte, quando lei gliappariva come un angelo, la certezza che lasua non fosse una passione passeggera, maun incanto subito che lo prendeva nelleviscere, eccetera eccetera. Insomma, tuttoun parlare di nobili sentimenti, di prospet-tive di vita, di isole lontane, di ricchezza, difuturo, di presente. Tutto un parlare ditutto ciò che quel cuore colpito da undardo avvelenato aveva coltivato nei cin-que anni di presenza nel paese e fin dalprimo sguardo, per poi esserne alimentatogiorno per giorno, ora per ora, minuto perminuto. La fronte imperlata di sudore, le mani

tremanti come spie di assoluta sincerità, ilmedico aveva finalmente ottenuto il rien-tro nella sua terra lombarda, e del restonessuno mai nel paese, sebbene tutti unpo’ segretamente innamorati, non tanto diMaria, ma di quello cui ogni giorno assiste-vamo tra i due coniugi, nessuno mai nelpaese, ti dicevo, avrebbe osato… Così,prima di partire, era lì a dichiarare i suoipuri sentimenti alla donna che avrebbesempre amata per sempre, poteva sperare?Il monologo era stato sciorinato in

quasi mezz’ora di deliquio, alla quale Mariaaveva assistito in silenzio. Ricordava l’arri-vo del dottore medico curante, la casapresa in affitto grazie alla sua intercessione,ed era stato il loro medico di famiglia, unprofessionista serio e capace, sebbene nonfosse servito se non per un mal di panciaed un raffreddore, che ringraziando Dio lasalute non era mai venuta meno. Il dottorOreste si era fatto ben volere, visitava acasa appena chiamato, si faceva presenteper i propri pazienti. La sera al bar interve-niva nei discorsi dei paesani e non disde-gnava le partite a briscola, nelle quali erauna schiappa, e quelle a tressette, doveinvece era un maestro. In verità, non si eramai integrato del tutto, desiderando torna-re nella sua terra natale, dove era possiden-te, per famiglia, di consistenti beni al sole.Insomma, era ricco sfondato, socialmentee professionalmente affermato, un veropartito d’oro che, dopo le prime esperien-ze sentimentali in terra lombarda, com-prensive di un paio di fidanzamenti disgra-ziati, aveva deciso che le donne di lì nonandavano bene per lui ed era andato a cac-cia fuori confine, a B., dove il primo gior-no aveva incontrato Maria.Mentre lui parlava, gli occhi di lei si

erano fatti profondi, attraversati da unatempesta di lampi e di mare infuriato, unavera tormenta, che il dottore aveva inop-portunamente attribuito ad uno scombus-solamento positivo per lui, per cui, quandolei parlò, lui ci rimase ancora peggio.“Dottor Oreste”, gli disse, “Lei è una per-sona perbene e sono lusingata dall’averprovocato nel suo nobile cuore un senti-mento tanto puro e profondo. Ma noncredo di averle mai dato motivo in merito.Nel mio, di cuore, c’è posto soltanto perErasmo. Mentre lei parlava, io pensavo alui, alla nostra vita insieme, ai nostri giorni.Noi siamo due di uno, siamo come le metàdi una stessa verità, unici ed indivisibili.Non posso nemmeno pensare ad una vitasenza di lui, e mi spiace che un uomo dellasua intelligenza e sensibilità non abbiasaputo vederlo. Non c’è nulla che lei ochiunque possa offrirmi e che Erasmo nonmi stia già dando. Per questo, ringrazian-dola per la sua confessione e professionedi amore, la invito a non pensare più a me.Faccia ritorno a casa e trovi lì la donna chepossa renderla felice. Le auguro di trovarequello che io ho già”. Il tono era fermo edeciso, non ammetteva repliche. Il dottorOreste Brambilla, benestante brianzolo,cappello in mano, lasciò il paese dove nonfece mai più ritorno, ma per tutta la vitarestò fedele a quella donna che non potéavere.Nel frattempo, e sta qui la stranezza

delle cose, per cui 2+2 non fa mai 4 né puòfarlo… nel frattempo, e pare incredibileperfino a dirtelo, come possiamo banal-mente parlare di coincidenze, ne convieni?Erasmo era giunto a N. per il consuetogiro di consegne e pagamenti, con l’elencoscritto da Maria sul foglio di un taccuino.Quella mattina c’erano tre aziende da visi-

tare, due di biancheria da letto ed una dioggetti per neonati, bavette, biberon, ciuc-cetti eccetera. Erano i tre soliti fornitori,tre grossisti che facevano da riferimentoper tutta la regione. Il viaggio col furgoneera stato comodo, accompagnato con lamusica dell’autoradio, ed i primi due nego-zianti lo avevano servito celermente, percui era abbastanza in anticipo. Così, quan-do Lucrezia, la padrona della terza azienda,sbrigato l’ordine e la commessa, lo avevainvitato a prendere un caffè nell’ufficio alpiano di sopra, aveva accettato, contraria-mente a quanto era solito fare. Appenaerano entrati, lei aveva chiuso a chiave laporta, “così con ci scocciano”, e messo suuna caffettiera di quelle che si girano, nonso se tu ne hai mai vista una, sono tornatedi moda nei primi anni duemila. Per chiac-chierare si era seduta sul bordo del tavolo,lasciando le cosce tornite scoperte finquasi alla vita. Era una donna molto pro-vocante, ma anche molto bella, di una bel-lezza carnale, mediterranea, occhi nerissi-mi, capelli lunghi ed un seno marmoreo eprominente. Avevano prima parlato del-l’attività, delle novità della casa, ma leiteneva sempre il discorso tra il commercia-le ed il confidente, rideva anche quandonon c’era nulla da ridere. Si era slacciata unbottone della camicia, che già faticava acontenere quel seno generoso. Mentreprendevano il caffè, lanciava ad Erasmoocchiate infuocate. Lui? Lui non ci capivamolto, si chiedeva perché mai quella faces-se tutte ste mosse, era imbarazzato e goffo,non sapeva dove guardare e come scappa-re. Era talmente confuso e sconcertato chequando lei scese dal tavolo finendogli pra-ticamente addosso, la tazzina di caffè glicascò in grembo macchiandogli i pantalo-ni. Lucrezia prese un fazzoletto e con lascusa di ripulirlo mise le mani sui suoigenitali, cercando di baciarlo sulla bocca. Aquel punto lui la scansò e fece per aprire laporta, ma lei lo fermò, dicendogli di nonessere così. Lui la sconvolgeva, era un bel-l’uomo, ma quello che la attirava era lapurezza del suo sguardo, l’onestà ed il can-dore che trapelavano dai suoi gesti. Suomarito non la rendeva felice, e lei avevabisogno di altro, di passione, di amore.Erasmo, allora, con la mano sulla manigliaper garantirsi una via di fuga, le rispose cheinvece lui era l’uomo più felice del mondo“Mia moglie Maria mi dà tutto quello cheun uomo può solo sognare, il nostroamore non prevede lacune e cedimenti.Noi siamo uno di due, non c’è nulla chedesideriamo al di fuori di noi”. Aprì laporta e scese rapidamente le scale, salì sulfurgone e partì sgommando.Nessuno dei due raccontò nulla dell’ac-

caduto, né quel pomeriggio né mai, perpudore, per intima reticenza, ma passaro-no le ore amandosi appassionatamente,come sempre e più che mai. Maria nem-meno chiese il perché di quella macchia,era caffè, era evidente. Vedi, amico mio,come la geometria non può… È insuffi-ciente davanti ai grandi e piccoli misteri?Credi di poter parlare di coincidenza, o c’èforse qualcosa che dobbiamo imparare,imparare davvero, da questi accadimenti? Insomma, amico mio, l’ho fatta lunga.

Per raccontarti i precedenti, sono sceso neidettagli più minuti, ma se non lo avessifatto, tu non avresti potuto capire perchédue più due non può fare quattro, mai, esoprattutto in questo caso. Quindi adessote la faccio breve, prendo la scorciatoia,anche se devo dirti che non ho il donodella sintesi, piuttosto quello dell’analisi;anche se poi, in fondo ed alla fine del tutto,una sintesi dovremo pur farla. Nei trentaanni che seguirono, Erasmo continuò ilsuo lavoro antimeridiano alle poste, ed ilpomeriggio aiutava Maria al Bugigattolo, laloro attività fioriva e rendeva benissimo,sia per l’affetto dei compaesani, che per losviluppo turistico. Anche se B. si era svi-luppato in pianura, non c’era passante ovilleggiante che non si recasse nella partealta per una passeggiata nello splendidomontano, sotto i castani e le querce delparco. E chiunque salisse, non mancava diacquistare un “pensierino” in quello cheera l’unico negozio del borgo. I ricami diMaria andavano a ruba, e lei continuava a

produrli con una dedizione ed ispirazioneche non vennero mai a mancare, anchequando la vista e l’artrosi cominciarono atradire l’avanzare dell’età. Gli anni settantaed ottanta furono per la coppia la stagionedei viaggi, visitarono praticamente tuttipaesi europei, quelli del Maghreb, laTurchia, l’Egitto, con due puntate aiCaraibi ed una alle Canarie, compatibil-mente con gli impegni di entrambi. Queiviaggi aprirono ulteriormente le loro menti,li arricchirono di esperienze, e soprattuttoMaria trovò una inestinguibile fonte di ispi-razione per le proprie mani. Agli inizi deglianni novanta, Adelina entrò a far partedella loro vita e non ne uscì mai più. Mapoi…Eh sì, ma poi. Poi il mondo si corruppe,

qualcosa andò irrimediabilmente alla malo-ra, non solo nell’ambiente, nell’aria, nell’ac-qua, ma nel cuore delle persone. Erasmo eMaria ne ebbero sentore. Lui andò in pen-sione, non prima della nomina a direttore,anche se per un solo giorno, ma questo telo avevo già detto. Così, arrivò il momentodi chiudere il Bugigattolo. Non fu facile,ma nemmeno troppo duro. Il loro amore lisosteneva, facendo sì che qualunque cosadecidessero fosse la migliore possibile.Vendettero i locali, ricavandone unasomma notevole, insomma, tirarono labarca all’asciutto e cominciarono le lorolunghe giornate da “nonnini”. Il tempodivenne quello delle letture, dei lavoretti incasa, dei ricami più preziosi e fantasiosi,venduti o donati ai tantissimi amici ed aifigli e figli dei figli. Non c’era culletta o car-rozzina che non avesse un copriletto diMaria, fino a diventare la cifra distintiva denativi di B. Ma c’era altro. La passione non era mai

venuta meno, nemmeno quando l’etàavrebbe dovuto tacere il richiamo dei sensi.Invece, nessun pudore mai separò i lorocorpi. La loro attrazione diventò intimità,impararono a lavarsi reciprocamente, primanella grande vasca, poi nell’immensa docciache la sostituì. Nemmeno si resero contodel decadimento che, inevitabilmente, sub-entrò. Per tutta la vita non avevano cono-sciuto altro uomo o donna, e questo è il piùgrande privilegio che possa vivere un esse-re umano. Avevano declinato insieme ognistagione dell’amore, ogni fase della lorovita. So che il mio ti sembra moralismo, manon è così. Credo nella libertà individuale enella libera scelta, e lo sai. Ma penso anche,mio caro, che potersi appartenere comeloro, liberamente e coscientemente, sia undono immenso.Nemmeno l’abitudine, le passeggiate, le

attività sempre più cadenzate in orari rigidi,diventarono mai routine o noia. Quandoscendevano al montano, in qualunque sta-gione, passeggiavano mano nella mano. PoiMaria sedeva su una panchina, esposta albelvedere, col suo lavoretto tra le mani. Luile dava in bacio sulla chioma canuta e anda-va al bar per quattro chiacchiere, i com-menti sportivi, una partita a carte. Dopomezz’ora, prendeva un tè caldo, o unabevanda fresca, a seconda delle stagioni, ela portava alla sua sposa. Stavano ancora unpoco, poi, mano nella mano, tornavano acasa. Solo una pioggia torrenziale potevaimpedire tale rito, mattutino nella stagionefredda, vespertino in quella calda. Per que-sto, quel giorno, non essendo stati visti, ilnaso di Adelina aveva allertato tutti.Il notaio Teloficco entrò col sindaco

nella sala consiliare, finalmente tutti prese-ro posto e si fece un silenzio tombale. Illegale aprì la cartellina per estrarne tre foglidattiloscritti ed una busta. Aprì le danze ilsindaco: “Siamo qui per leggere le volontàtestamentarie dei nostri amati cittadini,Erasmo e Maria. So bene che siamo tuttisconvolti per l’accaduto e che non riuscia-mo a piegarcelo (per forza, caro sindaco:2+2=4? Eh no, non funziona così). I “non-nini” sono stati un esempio, per la nostracomunità, per noi tutti, che abbiamo avutoil privilegio di averli tra noi. Quindi, proce-diamo, per loro volontà, alla lettura pubbli-ca del testamento”.Il notaio Teloficco prese tra le mani la

busta sigillata. Era per Adelina, avrebbedovuto leggersela dopo. Quindi, consegna-tala alla donna, che non smise mai di pian-

gere, per almeno nove giorni, si schiarì lagola: “Addì… dell’anno… davanti a meDottor Calisto Teloficco (risatina degliastanti, inopportuna ma inevitabile), notaioin B., presso lo studio sito alla via …. Delcomune di B, provincia di…”. Vedo che tistai annoiando, questi atti pubblici sonocosì tediosi, che Dio solo lo sa. Insomma.La casa ed i beni in essa contenuta andava-no ad Adelina, con una discreta sommetta,utile a darle ben più di una mano per ini-ziare una vita nuova. E di fatti, dopo unpaio di anni, si è presa in casa l’idraulico,vedovo e con due figli grandi. Lei ha conti-nuato a fare servizi in giro, più che altro peroccuparsi qualche ora, ed ha rinunciatoall’illibatezza, scoprendo che, più che unavirtù, era un peso, si vede che la casa deinonnini era talmente piena di amore che…e fa che mi capisci. Il grosso del conto ban-cario, invece, veniva lasciato alle casse delcomune, per creare un fondo di aiuto allefamiglie bisognose, insieme al terreno cheavevano comprato negli anni migliori, chedoveva essere utilizzato per costruirci unacasetta dove tenere attività di sostegno. Che te ne pare? A me sembra molto

coerente. Finita la lettura del testamento, dicui si parlò per mesi, ed ancora oggi tuttiricordiamo, Adelina andò nella sua nuovacasa e, sedutasi in cucina, non aveva moltavoglia di andare al piano di sopra, ma lesarebbe venuta, tra un singhiozzo ed unaltro, una grattata di naso (con la manosinistra) ed una ricca serie di salve da ottostarnuti, lesse la sua. “Cara Adelina, figliolaadorata, quando leggerai questa lettera noinon ci saremo più. La nostra casa, possaesserti confortevole, sappiamo quanto l’haiamata. Di questo, noi ti siamo grati, ericambiamo quanto ci hai donato in questitrent’anni di vita, sempre amorevole e pre-sente. Non sappiamo davvero cosa avrem-mo fatto senza di te. Per questo ti affidiamoun nostro desiderio postumo, sperandonon ti sia grave e certi che saprai acconten-tarci. Abbiamo lasciato un piccolo conto atua disposizione per le spese del nostrofunerale. Non sappiamo chi dei due arrive-rà prima, a questo inevitabile traguardo, mati preghiamo di far cremare chi resterà perultimo. Appena potrai, va sulla cima dellamontagna e disperdi, insieme, le nostreceneri. Dio te ne renderà merito. Grazieancora, possa la vita renderti, moltiplicatoper mille, tutto il bene che tu hai dato anoi.”Già, i corpi… Il medico legale aveva

rifiutato di procedere chirurgicamente, conbisturi, seghe, divaricatori, per disfare quelprodigio e per l’esame bioptico si era affi-dato a lastre, TAC e risonanza. I visi eranodistinti, un collo unico reggeva le due teste.Un tronco, leggermente più largo del nor-male, conteneva i quattro polmoni, i quat-tro reni, due pancreas, due fegati, ma uncuore solo. Si erano addormentati nel soli-to modo, abbracciati, Maria con la testa sulpetto di Erasmo, le sue braccia intorno alcollo dell’amato ed era come se il suo corpofosse sprofondato in quello di lui fino aformare un unicum, perfettamente erma-frodito. I due corpi si erano fusi, ormaiinseparabili, inscindibili, come le due metàdi una lacrima, o di una verità, due diuno… o uno di due, chissà. Nel forno cre-matorio tutto entrò comodamente, e adAdelina fu consegnata un’unica urna. Circatre anni dopo, si recò, insieme all’idraulico,sulla cima del monte e lasciò andare quelcontenuto grigiastro. Un intenso odore dirose e di sapone di Marsiglia riempì l’aria,mentre le ceneri, sospinte dal vento, veleg-giavano nell’alba.Così va il mondo, amico mio, due più

due non fa mai quattro, in questo caso unopiù una ha fatto uno… o forse un milione,un miliardo, o dieci miliardi, chi può dirlo?Chi può dire quale sia, se esiste, l’algebradell’amore?

Fine… Ma anche no…Nino Fausti

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DUE DI UNO, UNO DI DUE Racconto (nè lungo nè breve, giusto, una volta tanto!)