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and Integrated Medicine

HIMHOMEOPATHY

d

Organo ufficiale dellaSocietà Italiana di Omeopatiae Medicina Integrata

Anno 1 - Numero 2, Novembre 2010

In copertina: la luna vista dalla Stazione Spaziale in orbita.Per�gentile�conc.�NASA�and�the�Hubble�Heritage�Team�(AURA/STScI).

Direttore�Responsabile:�Gino SantiniDirettore�Scientifico:�Simonetta BernardiniRegistrazione�al�Tribunale�di�Roma�n.�61�del�24�febbraio�2010Periodicità:�Semestrale

©�2010�SIOMI�-�Tutti�i�diritti�riservati.�Nessuna�partedi�questa�pubblicazione�può�essere�riprodotta�o�trasmessain�alcuna�forma,�senza�il�permesso�scritto�della�SIOMI.Le�copie�arretrate�possono�essere�richieste�alla�SIOMI.

Direzione:�c/o�ISMO�-�Via�Adolfo�Venturi,�24�-�00162�RomaAmministrazione,�Pubblicità:�c/o�FIMO�-�Via�Kyoto,�51�-�50126�FirenzeTel.:�055.6800.389�-�Fax:�055.683.355�-�E-mail:�[email protected]

Finito�di�stampare�nel�mese�di�novembre�2010presso�Grafica�Di�Marcotullio�s.a.s.Via�di�Cervara,�139�-�00155�Roma

COMITATO SCIENTIFICOArea di omeopatia e medicina integrata

Simonetta�Bernardini,�Francesco�Bottaccioli,�Tiziana�Di�Giampietro,Carlo�Di�Stanislao,�Peter�Fisher,�Italo�Grassi,�Francesco�Macrì,Ennio�Masciello,�Emilio�Minelli,�Roberto�Pulcri,�Gino�Santini,Massimo�Saruggia,�Gabriele�Saudelli,�Luisella�Zanino

Area accademica e medicina convenzionaleIvan�Cavicchi,�Andrea�Dei,�Giuseppe�Del�Barone,Claudio�Fabris,�Luciano�Fonzi,�Antonio�Panti,Roberto�Romizi,�Mauro�Serafini,�Umberto�Solimene

Editoriale2 Ormesi e omeopatia, dibattito internazionale

di Simonetta Bernardini

In�primo�piano6 L’ormesi, un concetto centrale per la comprensione dell’organismo vivente

di Andrea Dei

Contributi�originali10 I medicinali omeopatici:

una valutazione nel contesto del framework biomedicodi Edward J. Calabrese e Wayne B. Jonas

13 Dietetica e costituzioni omeopatichedi Gianfranco Trapani

24 Studio morfologico sugli effetti di Lycopodium e Nux vomicasu fegato fetale umanodi Grazia Fenu e Filippo Ricciotti

29 Grandi risultati con mezzi modestidi Edoardo Bernkopf

34 L’audit clinico e alcuni esempi di sue applicazioni in omeopatiadi Candida Berti e Edoardo Felisi

I�grandi�personaggi�dell’omeopatia21 Peter Fisher

Il�Royal�London�Hospital�for�Integrated�Medicine

Spotlight���a cura di Gino Santini18 I�criteri�di�un�protocollo�di�fase�I�per�il�proving�omeopatico�•�Omeopatia�e�placebo�nella�rinite�allergica�perenne�•�Efficacia

protettiva�di�tossine�a�dosaggi�low�e�ultralow�•�Microdosi�di�rame�influenzano�l’espressione�dei�geni�cellulari�•�Omeopatia�einfezioni� respiratorie� ricorrenti:� conferme�di�efficacia� •�L’efficienza� riproduttiva�dei� suini� incrementa�con� l’omeopatia

Quaderni�di�Medicina�IntegrataLe cefalee

39 Il contributo della medicina omeopaticadi Roberto Pulcri

42 Il contributo dell’agopunturadi Emilio Minelli

40 Il contributo della fitoterapiadi Carlo Di Stanislao

Case�ReportCasi clinici descritti secondo le Linee Guida del Case Report redatte dalla SIOMI

32 Staphysagriadi Tiziana Di Giampietro

L’omeopatia�raccontata...26 Una indagine omeopatica: tre rimedi e un solo assassino

di Italo Grassi

HOMEOPATY AND INTEGRATED MEDICINE | novembre 2010 | vol. 1 | n. 2 1

SOMMARIO

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EDITORIALE

L’anno che sta per concludersi è stato ricco di risul-tati per quello che riguarda il progetto che laSIOMI volle proporre all’ indomani del Seminario

“Challenging the dose response dogma”, che si svolse aFirenze nell’ormai lontano Aprile 2006. Allora, graziealle riflessioni del prof Andrea Dei e del prof Edward Ca-labrese, maturò in noi la convinzione che il meccanismobiologico della doppia risposta agli xenobiotici (stimo-lante a piccole dosi e inibente ad alte dosi) che stava allabase dell’ormesi, presentasse più di una analogia con ilprincipio della similitudine omeopatica (Human andExperimental Toxicology, 2010).

Tanta fu la nostra convinzione che ci adoperammo daun lato per convincere Andrea Dei ad occuparsi di unamateria che, per sua stessa ammissione, non lo entusia-smava ritenendola una ovvietà, e dall’altro per ottenerefondi di ricerca per avviare all’Università di Firenze studiorientati in tal senso. I fondi per fortuna arrivarono inparte dalla regione Toscana e in parte dell’azienda Boirone questo permise di avviare ricerche scientifiche piuttostocostose, ma che hanno prodotto risultati gratificanti. Eper certi aspetti straordinari.

Questo numero di HIMed vuole essere celebrativo diquesto anno culturalmente felice per l’omeopatia e per-tanto nella rubrica “Primo piano” pubblichiamo uncommento di Andrea Dei ringraziandolo, a nome ditutto il nostro Consiglio Direttivo, per l’aiuto che ha vo-luto offrire alla crescita culturale della nostra SMS. Nelcontempo vogliamo offrirvi la traduzione in italiano diun articolo di Edward Calabrese tratto dalla Belle New-sletter dell’Aprile 20101 nel quale egli riconosce il pro-prio “limite culturale” di oppositore alle osservazioni diHugo Shulz, il biologo che nel 1800 aveva scoperto l’or-mesi e l’aveva, lui per primo, avvicinata all’omeopatia.

Con questo contributo desidero ripercorrere la storiadegli intrecci tra ormesi e omeopatia volutamente co-struiti dalla nostra Società e che hanno caratterizzatoquattro anni di lavoro, dal seminario di Firenze in poi.L’ipotesi che avevamo formulato si è incontrata con ri-flessioni più o meno strutturate che stavano maturandoanche in America (Jonas) e in Europa (Van Wijk) esiamo contenti di poter oggi constatare come in pocotempo si sia creato una visione comune sul possibilemeccanismo d’azione del medicinale omeopatico a con-centrazioni molecolari.

Una volta accettato questo si sono venuti a prefigurarenuovi orizzonti, quali quelli indicati per esempio nelcontributo di Andrea Dei, che riguardano lo sviluppo

futuro della medicina. Si può infatti ragionevolmentepensare sia a una revisione della farmacologia esistente,che dovrebbe venir unificata nella previsione degli effettisia in micro- che in macro-dosi, sia alla progettazione dinuovi farmaci inibitori. C’è da notare che il Dei, se-guendo il suo adorato Pico della Mirandola, auspica ad-dirittura la sintesi degli approcci terapeutici, anche se,forse ripensando alla fine non naturale del genio cheaveva osato sfidare la dottrina tradizionale e a quello chec’ è scritto sulla sua tomba, sottolinea il carattere utopicodella proposizione.

La storia della rivista BELLE NewsletterNel giugno del 2009 ebbi occasione di partecipare aLione ad un incontro discussione fra i ricercatori dellaBoiron, Edward Calabrese, Andrea Dei, il prof. PieroDolara e la dott.ssa Cristina Luceri, entrambi delDipartimento di Farmacologia e Tossicologia dell’Uni-versità di Firenze che ha ospitato le nostre ricerche. ALione chiesi con insistenza all’amico Ed di riflettere, conatteggiamento di apertura, sulle potenzialità che ilfenomeno dell’ormesi poteva offrire alle ipotesi delmeccanismo d’azione del medicinale omeopatico aconcentrazione molecolare. Gli feci presente che se adavviare una riflessione internazionale fosse stato lui, cioèla massima autorità dell’ormesi, la comunità scientificainternazionale si sarebbe accorta dell’importanza diquesto fenomeno anche per quello che riguardava leimplicazioni sul meccanismo d’azione del medicinaleomeopatico.

Calabrese ascoltò la mia riflessione, annuì appena con latesta e non mi disse neanche una parola. Tornato a casaad Amherst, lungi dal far cadere la proposta, egli lasviluppò promuovendo un numero speciale del BELLENewsletter dedicato all’ argomento. Come lui dicenell’introduzione al suo contributo al BELLE Newsletterdedicato a questo tema, nel processo di comprensionedel fenomeno in un’ottica omeopatica è statodeterminante lo scambio culturale che ha avviato conWayne B. Jonas del Samueli Institute, il quale si eraoccupato più volte del fenomeno dell’ormesi nelle suepubblicazioni scientifiche e la lettura dei lavori di VanWijk e Wiegant tra i quali: “The similia principle: resultsobtained in a cellular model system” (Homeopathy,2009).

Il risultato di questo scambio culturale è una bellissimapagina dell’omeopatia e della scienza che si è concre-tizzata nell’ aprile di quest’anno con la pubblicazione sulsito dell’Università di Amherst, nell’ambito del “conven-

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Ormesi e omeopatia, dibattito internazionale

Simonetta Bernardini

Presidente SIOMI, Società Italiana di Omeopatia e Medicina IntegrataE-mail: [email protected]

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zionalissimo” BELLE Newsletter di Calabrese, di undibattito internazionale volto a definire analogie (edivergenze) tra il fenomeno dell’ormesi e l’omeopatia.Finalmente nel mondo dell’omeopatia si parla anche dialtro, non solo di effetto placebo (argomento predilettodai nostri detrattori) e non solo di ipotesi (ahimè, ancorarocambolesche) sul ruolo dell’acqua nella trasmissionedi informazioni dei medicinali ultradiluiti. Possiamodire, in sostanza, che se l’ultradiluito ancora attendespiegazioni plausibili, vi è oggi consenso riguardo lapossibilità di indagare l’attività del medicinale omeo-patico molecolare secondo i concetti dell’ormesi.

Va detto che la posizione dello stesso Calabrese ècambiata negli anni. Infatti, quando la comunità scien-tifica internazionale non era ancora aperta a considerareil fenomeno dell’ormesi, lo stesso Calabrese aveva sceltodi tenere molto ben separata l’ormesi dalle ipotesiavanzate dal suo scopritore, Hugo Schulz. Ricordo chefu proprio il biologo tedesco, il quale si trovò a lavorarealla fine dell’800 in una Europa ancora “scossa” dalleprovocazioni di Hahnemann, a voler vedere nelle sueosservazioni scientifiche la spiegazione del meccanismod’azione del medicinale omeopatico. Questo schierarsi afavore di una lettura scientifica dell’omeopatia gli costòil Nobel per il quale, infatti, egli fu più volte nominatosenza successo. Oggi, come ci dice lo stesso Calabresenell’articolo pubblicato sul BELLE newsletter e chepotete leggere più avanti, poiché l’ormesi non rischia piùdi essere sconfessata dalla scienza contemporanea, essapuò anche permettersi di sopportare le minacce dicommistione con l’omeopatia. E l’omeopatia può dun-que avvantaggiarsene. Peraltro, una volta che la farma-cologia convenzionale avesse preso in considerazionel’attività biologica delle microdosi, essa intrinsecamenteavallerebbe il medicinale omeopatico. E, come suggeritodal Dei nel suo contributo, la farmacologia potrebbediventare una, così come la medicina. Infatti quest’ulti-ma potrebbe, molto semplicemente, avvalersi sia dellaprescrizione di sostanze a forti concentrazioni e ad azioneinibente, sia di sostanze a basse concentrazioni e adazione stimolante a seconda del quadro clinico di ciascunpaziente. In un attimo dunque, se vi sarà maggioreconsenso a queste teorie, potrebbe accadere che un secolodopo Schulz, premio Nobel mancato, ritroverebbe la suacollocazione come artefice di una grande intuizionevalidata dalle conoscenze della nostra epoca. E’ perquesto che Calabrese prende atto di poter diventare luistesso, un tempo convinto detrattore delle intuizioni diSchulz, lo Schulz dell’era attuale! Si chiude un cerchiodunque. Quanto avevamo anticipato nel seminario del2006 oggi viene condiviso a livello internazionale.

Le ricerche all’Università di FirenzeVorrei ora parlare del secondo “regalo” che il 2010 haportato a questo dibattito scientifico, ovvero dellapubblicazione del nostro lavoro su Chemical Biological.2

Il nostro lavoro dal titolo: “Extremely low copperconcentrations affect gene expression profile of humanprostate epithelial cell lines” ha dimostrato l’azione delsolfato di rame spinto fino alla diluizione 10-17M (circauna 9CH in scala hahnemanniana) cioè molto vicino allimite di scomparsa degli ioni rame dalla soluzione.

Questo intervallo di concentrazioni ha richiesto l’uso deiDNA-arrays, che si è rivelato molto affidabile e sensibile.Tale tecnica consente di identificare l’espressione deisingoli geni cellulari, permettendo così di ottenereinformazioni sui meccanismi biologici indotti dallapresenza degli agenti chimici intrusi.

Gli studi sono stati condotti su cellule di prostata umanae sono stati indagati 41000 geni esposti a diluizioniprogressive di solfato di rame comprese tra 10-6 e 10-17

M. Sono stati osservati i geni che vengono sovraespressio sottoespressi rispetto a un analogo sistema in assenzadi rame. Si è osservato non solo che un numero rilevantedi geni (fra 3000 e 800 a seconda della concentrazione)è sensibile alla presenza di ione rame, ma anche che (fattoancor più rilevante) alcuni geni si esprimono in manieramolto diversa in funzione della concentrazione dell’a-gente perturbante.

In particolare, i geni si comportano in maniera diffe-renziata sia con soluzioni 10-6 M che 10-17 M. E’ comedire che la cellula risponde come una grande orchestraal comando di una stessa sostanza, ciò dipendendo,

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esclusivamente, dalla microconcentrazione della stessa!Ovvero: anche il piccolo può avere effetti immensi.Questa riflessione la ritroverete nell’articolo di Calabresee Jonas a proposito della capacità di ampliamento dellareazione biologica, attraverso i geni, messa in atto dallecellule della lucertola muraiola in risposta a piccole dosi.

Ma un’altra osservazione importante di questo lavoro,che non ci risulta sia stata fino ad oggi documentata daaltri ricercatori, è che la espressione genica, nei 41000geni indagati, è molto diversa anche tra le concentrazioni10-15 e 10-17 M. Dunque anche concentrazioni più pros-sime allo “zero molecolare” stimolano una reazionegenica differente lasciando intravedere come un mes-saggio “sussurrato” possa amplificarsi a dismisura nellacellula per la via dei geni cellulari.

Inutile dire, e questo è espresso anche molto chiaramentenelle varie opinioni dei leaders dell’omeopatia che hannocontribuito alla BELLE Newsletter, che tutto questo nonè, o per meglio dire, non è solo omeopatia. Io stessa, nelmio contributo alla BELLE, ho volutamente sorvolatosui concetti più squisitamente omeopatici ritenendo cherestringere il campo a tale visione avrebbe potuto costi-tuire un limite e non un vantaggio anche per l’omeopa-tia. Ma queste osservazioni scientifiche fissano inmaniera incontrovertibile tre concetti base:

• le microdosi delle sostanze hanno un’azione biolo-gica, come dimostrato dalle modificazioni cellulari(sintesi di shock-protein, ad esempio) e genetiche;

• le microdosi hanno azioni differenti sui geni al va-riare della concentrazione della sostanza (come èemerso anche dal nostro lavoro);

• la farmacologia delle microdosi può chiarire anche ilmeccanismo d’azione del medicinale omeopaticomolecolare.

Il nostro gruppo ha in programma di studiare altre so-stanze preparate non solo con il metodo della diluizionema anche secondo il metodo omeopatico della dilui-zione/dinamizzazione e questo allo scopo di verificareanaloghe azioni e eventuali differenze sui geni anche daparte di xenobiotici comunemente qualificati come me-dicinali omeopatici. Va ammesso infatti che anche sulproblema della imprescindibilità della dinamizzazione alfine dell’attività biologica del medicinale omeopatico leconclusioni disponibili sono tutt’altro che definitive.

Nel riferire le nostre ricerche non vorrei fare torto ad altriricercatori italiani che in questi anni hanno dimostratoazioni biologiche (documentabili sulle modificazioni dei

geni o su cellule) in risposta a sostanze in microdosi3, 4, 5,

6. Ma in realtà, ripercorrendo a ritroso le pubblicazioniscientifiche, sono molti i lavori un tempo considerati diomeopatia che oggi possono essere, più appropriata-mente, riletti in chiave ormetica. Si vedano ad esempiole prime ricerche sull’azione biologica di microdosi diASA pubblicate da Dotremepuich fin dagli anni ’80 delsecolo scorso. Oggi il mio auspicio è che, sotto la spintadi questo nuovo “catalizzatore” culturale, gli sforzi diquesti ricercatori possano convergere attraverso la crea-zione di un team di ricerca disposto a lavorare di con-certo nella nostra nazione.

Bibliografia

1. AA. VV., BELLE Newsletter, reperibile su http://www.siomi.it/siomifile/siomi_pdf/BELLE_newslet-ter.pdf.

2. Elisabetta Bigagli, Cristina Luceri, Simonetta Ber-nardini, Andrea Dei, Piero Dolara. Extremely lowcopper concentrations affect gene expression profilesof human prostate epithelial cell lines. Chemical Bio-logical Interactions 188 (2010) 214–219.

3. C. Doutremepuich O. de Sèze, D. Le Roy, MC La-lanne, MC Anne. Aspirin at very ultra low dosage inhealthy volunteers: effects on bleeding time, plateletaggregation and coagulation. Haemostasis. 1990;20(2): 99-105.

4. P. Manduca, S. Marchisio, S. Astigiano, S. Zanotti,F. Galmozzi, C. Palermo, D. Palmieri. FMS Cal-ciumfluor specifically increases mRNA levels and in-duces signaling via MAPK 42,44 and not FAK indifferentiating rat osteoblasts. Cell Biology Interna-tional 29 (2005) 629e637.

5. Silvia Gariboldi, Marco Palazzo Laura Zanobbio,Giuseppina F. Dusio, Valentina Mauro, Umberto So-limene, Diego Cardani, Martina Mantovani, Cri-stiano Rumio. Low dose oral administration ofcytokines for treatment of allergic asthma. Pulmo-nary Pharmacology & Therapeutics, 2009.

6. Salvatore Chirumbolo, Marta Marzotto, Anita Con-forti, Antonio Vella, Riccardo Ortolani, Paolo Bella-vite. Bimodal action of the flavonoid quercetin onbasophil function: an investigation of the putativebiochemical targets. Clinical and Molecular Allergy2010, 8:1.

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APPUNTAMENTI

Corso di formazione

Scuola Nazionale SIOMIdi Omeopatia ClinicaBase, Avanzato, Seminari specialistici Clinical Study

Da gennaio a giugno 2011

Sedi di Roma, Firenze, Bologna, Udine, Cagliari

La Scuola di Omeopatia clinica SIOMI è finalizzata all’insegnamento dellamedicina omeopatica attraverso un metodo didattico che permette di ac-quisire conoscenze progressivamente più complete e di immediata appli-cazione nella pratica clinica. E’ espressione della cultura indipendente dellaSIOMI, tesa a promuovere l’integrazione dell’omeopatia nella medicinacontemporanea secondo i concetti della Medicina Integrata promossi dallaSocietà fin dal 1999. Tutti i docenti sono medici con esperienza più cheventennale di insegnamento e di pratica dell’omeopatia. Il corso residen-ziale, che comprende anche uno stage pratico presso aziende omeopati-che in convenzione con SIOMI, è integrato da moduli di Formazione aDistanza (FAD) pari a 50 ore di didattica (senza crediti ECM), acquistabilianche separatamente. Gli iscritti al Corso frontale, accreditato ECM per 50medici, 50 farmacisti, 50 veterinari e 50 odontoiatri per ogni sede didat-tica) possono usufruire di uno sconto del 40% per l’iscrizione a eventiculturali promossi dalla SIOMI.

Costo del corso frontale: € 800 (IVA esclusa)Soci SIOMI e Ass. di categoria in convenzione: € 640 (IVA esclusa)

Costo della FAD: € 120 (IVA esclusa)Soci SIOMI e Ass. di categoria in convenzione: € 100 (IVA esclusa)

Corso professionalizzante teorico-pratico

Master di II livello in Medicina IntegrataDa febbraio 2011 a giugno 2012

Università di Siena - Polo didattico di Colle Val d’Elsa

Master professionalizzante di Alta Formazione teorico-pratico in Medi-cina Integrata della durata biennale, erogante 80 CFU (Crediti FormativiUniversitari). E’ prevista l’esonero dall’obbligo ECM per tutta la duratadel Master. La frequenza è obbligatoria: sono permesse assenze giu-stificabili fino ad un massimo del 20% dell’attività di stage, tirocini e di-dattica frontale. Al termine del percorso di formazione l’Università diSiena rilascia un diploma di Master Universitario di II livello in MedicinaIntegrata con indirizzo Omeopatia, Fitoterapia o Agopuntura. Il Master,riservato all’area sanitaria, è rivolto alla formazione teorico-pratica inMedicina Complementare di laureati in Medicina, Farmacia, CTF e Odon-toiatria. Parte della formazione è dedicata all’ampliamento delle cono-scenze della medicina con insegnamenti rivolti alla conoscenza deisistemi complessi, PNEI, comunicazione medico paziente, tecnologie perla comunicazione, bioetica, antropologia, farmacologia e tossicologia,sociologia, psicologia, filosofia della medicina e scienza cognitiva inte-grata, storia della medicina, temi connessi alla medicina della Personae all’umanizzazione delle cure. Parte della formazione è dedicata alleconoscenze di una disciplina a scelta da parte dello studente tra Omeo-patia, Fitoterapia o Agopuntura.

La formazione pratica si eroga attraverso stage pratici presso i centritoscani di riferimento per le medicine complementari e presso l’Ospedaledi Medicina Integrata di Pitigliano in collaborazione anche con Universitàdi Medicina Tradizionale di Pechino e il Royal London Hospital of Inte-grated Medicine. Sono inoltre previsti stage formativi pratici per i Far-macisti (tecniche di preparazione dei medicinali omeopatici efitoterapici).

Costo del corso: € 3.100 per l’intero biennioRequisiti di ammissione: Laurea in Medicina e Chirurgia, Odontoiatria,Farmacia, CTF. Iscrizioni entro il 23 dicembre 2010, inviando la docu-mentazione compilata scaricabile all’indirizzo http://www.unisi.it/ma-ster.htm, indicando il percorso didattico prescelto.Segreteria organizzativa: FIMO srl - Via Kyoto, 51 - 50126 FirenzeTel.: 055.6800.389 - E-mail: [email protected]

Referenti per la didattica: Prof. Luciano Fonzi ([email protected]), Prof.Eugenio Bertelli ([email protected]), Prof. Giangabriele Franchi ([email protected]), Dott.ssa Simonetta Bernardini ([email protected])

Seminario interdisciplinare

Tra EBM e prescrizione terapeuticaindividuale: quale ricerca in omeopatiaFocus sul medical audit

Sabato, 5 febbraio 2011 - Firenze, Hotel Rivoli

Il seminario si prefigge lo scopo di approfondire le regole della ricercascientifica secondo l’EBM, gli studi sulla qualità della vita che si prospet-tano più adatti alla valutazione/validazione dell’efficacia dell’omeopatiae le peculiarità della ricerca secondo il medical audit. SIOMI metterà adisposizione il proprio centro informatizzato di raccolta dati per avviarericerche sul medical audit. Il seminario, nello stile della SIOMI, è interdi-sciplinare e tenuto da ricercatori universitari esperti di EBM e Cochrane(prof. Guido Miccinesi, prof. Gianni Virgili) e da medici omeopati espertidi medical audit.

Costo del seminario: € 80 (IVA esclusa)

Seminario gratuito per i soci SIOMI - Crediti ECM richiesti per 80 postiIscrizioni entro il 15 gennaio.

Seminario interdisciplinare

EtnaOmeoMeeting6-8 aprile 2011 - Catania

Seminario di clinica pratica omeopatica sul vulcano più alto d’Europa.L’inaugurazione del seminario si terrà giovedì 6 aprile nella Bibliotecadei Benedettini di Catania. Venerdì e sabato lezioni sull’Etna di clinicapratica con Simonetta Bernardini (Presidente SIOMI), Salvatore Cristaldi(Presidente dell’Associazione Medici e Operatori Sanitari Etnei), EnnioMasciello (omeopata), Gino Santini (omeopata ed esperto in medicinacostituzionale), Luigi Turinese (omeopata e psicoterapeuta). Nella gior-nata di domenica è prevista un’escursione guidata al vulcano.

Crediti ECM richiesti per 50 posti

Programm

i dettagliati su:ww

w.siom

i.itIscrizioni e info: segreteria@

siomi.it

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IN PRIMO PIANO

“Asinus asino, sus sui pulcher est”: un asino èbello per un asino, così come un maiale perun maiale. Similarmente il fatto che l’inte-

razione di un organismo vivente con una sostanza estra-nea implichi effetti qualitativamente diversi e spessoopposti in funzione della quantità della sostanza stessa,presenta attrattive differenti a seconda dell’interessedell’osservatore. Da un punto di vista farmacologico sela sostanza ha effetti inibitori sulla normale operativitàdi un meccanismo biologico, è abbastanza usuale osser-vare altresì come tale sostanza in quantità significativa-mente minori dia origine a effetti stimolatori. L’avevadetto anche Paracelso nel XVI secolo, ma la cosa era stataignorata. Da qui la definizione del fenomeno con l’eti-chetta di ormesi utilizzando un etimo che significa “sti-molazione”. Personalmente trovo l’espressione pocofelice in quanto dettata da una visione strumentalista e,come tale, da definirsi antirealista nella filosofia della co-noscenza. Ma al di là delle mie perplessità filologiche, c’èda sottolineare quale valore euristico, e quindi di orien-tamento, possa costituire l’osservazione di una reattivitàche è funzione della quantità di molecole perturbanti aldi là della natura delle molecole stesse.Viene a scricchiolare uno dei postulati della chimica chelega gli effetti di reattività in corrispondenza biunivocacon la struttura molecolare e con la concentrazione diuna specie. Si guardano con commiserazione i pilastridella chimica farmaceutica. Vengono a cadere i modellitossicologici, a partire dal quello che prevede effetti soloper quantità più alte del No Adverse Exposure Level(NOAEL) fino a quello utilizzato dagli oncologi che cal-colano probabilità finite di cancri a Pechino indotti dachi si accende una sigaretta a Parigi. Gli ampi dibattitiriportati al riguardo in letteratura da Edward Calabresesono estremamente illuminanti a questo proposito1. Al-cuni omeopati, anche se la loro pretesa dell’efficacia disoluzioni ultradiluite è ben lontana dall’essere suppor-tata, intravedono finalmente almeno una parziale giusti-ficazione delle terapie che sono soliti utilizzare2, anchese devono in primis subire il dileggio e le ingiurie deglialtri omeopati che hanno scelto una vita più tranquillacon l’abbracciare acriticamente una fede professionaleintrinsecamente autolimitante3.D’altra parte il credere all’esistenza di una correlazionefra ormesi e omeopatia non è certo una novità. Si ricordache Hugo Schultz, che fu il primo alla fine dell’800 a ri-portare studi dettagliati sull’importanza della dose di tos-sico sulla reattività dei lieviti, credette ciecamente in talecorrelazione, ma proprio per questo, pur essendo piùvolte candidato al Nobel, non riuscì ad ottenerlo per gli

impedimenti posti da una parte della comunità accade-mica, fino a che la sua morte portò a una liberatoria ri-soluzione del problema. Il tema è stato ripreso di recentein una interessante pubblicazione coordinata da Cala-brese e Jonas con il contributo di note personalità dellacomunità omeopatica4-8. L’impressione che si ha nel leg-gere i vari contributi è che la comunità omeopatica sianel suo insieme pervicacemente propositiva, anche se isuoi membri si dividono in quelli che vogliono sfruttarel’ormesi per l’evoluzione della medicina e quelli che, ne-gandola, inseguono un futuro della restaurazione illumi-nata dello status quo ante l’introduzione dell’ormesi.Tuttavia, a dispetto della referenzialità dei detrattori edei dotti accenti che usano per l’occasione, credo ferma-mente che la loro battaglia vada contro la freccia deltempo. Non ho dubbi infatti che l’ormesi lascerà il segnonel futuro della tossicologia e della farmacologia dei pros-simi decenni sia per il fondamentale motivo di rivolu-zione culturale, che verrà esposto più avanti e che finoad oggi in questi contributi nessuno ha avuto il garbo disottolineare, sia per tutta una serie di argomenti rilevantiche possono essere riassunti come segue. Il paradigmadell’ormesi nell’ambito della tossicologia dell’ambientee l’igiene del territorio permette l’utilizzo di nuovi mo-delli e concezioni che implicano significativi risparmieconomici. Questo è di estremo interesse sia per le isti-tuzioni che per le industrie private. In aggiunta a questo,lo sviluppo di tecniche biogenetiche ha portato a carat-terizzare, senza ambiguità, significative risposte dei geniin seguito a perturbazione di agenti a un livello di dilui-zione molecolare estremamente elevato. In un recentestudio, di cui mi onoro di essere il proponente9, è statopossibile mostrare per la prima volta come lo ione rame(II) induca tre reazioni diverse sul DNA umano in fun-zione della concentrazione nell’intervallo 10-6-10-17M.Questa diversità di risposta, che si rivela nella sovra- osotto-espressione di alcuni gruppi di geni in funzionedella concentrazione, mostra le caratteristiche tipiche delparadigma ormetico.Questi risultati aprono la strada allo sviluppo della far-macologia delle microdosi che porterà sicuramente uncontributo significativo allo sviluppo della medicina fu-tura, se non addirittura a una rivoluzione della stessa. In-fine l’ormesi entrerà di diritto nella farmacologia ufficialeper un semplice motivo. Esiste una tendenza fra i tossi-cologi, gli allopati e gli omeopati a formulare l’equazione“ormesi = effetto benefico”. Questo è logicamente veroper tutte le terapie che utilizzano stress o sostanze chesono tossiche ad alte dosi. Pertanto l’uguaglianza è giu-stificata per quel che riguarda molte sostanze oggetto di

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L’ormesi, un concetto centraleper la comprensione dell’organismo viventeAndrea Dei

Dipartimento di Chimica, Università di Firenze, FirenzeE-mail: [email protected]

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studio in tossicologia e molte sostanze madri utilizzatein omeopatia a diluizione rilevante. Ma non è certo veroin generale. Si ricordi che durante la seconda guerramondiale la scarsità di streptomicina portò al tentativodi ridurre le dosi terapeutiche di farmaco con il risultatodi ottenere non già l’eliminazione dell’infezione, ma ilsuo aggravamento. Più recentemente è stato osservatocome le basse dosi di alcuni farmaci anticancro stimolinola proliferazione delle cellule tumorali10-11. Questa e altreconsiderazioni mostrano come l’intera terapia farmaco-logica tradizionale debba essere accuratamente riconsi-derata nei suoi aspetti farmacocinetici, dal momento chequando la biodisponibilità del farmaco raggiunge con-centrazioni significativamente basse si può verificare l’in-sorgenza di nuovi effetti avversi o di effetti nonde siderati.Questo è il senso dell’ormesi come si può evincere dallaletteratura dove il principio dell’asinus asino et sus sui èoperativo, dove cioè ciascuno si limita a mirare al suotraguardo e dove ci si chiede comunemente perchè unfenomeno di così patente rilevanza sia stato ignorato otrascurato per così tanto tempo nella letteratura scienti-fica. La risposta è semplice: l’ormesi non è comprensibilese si adotta un principio lineare di causa-effetto, come latossicologia e la medicina (e la scienza in generale) sonostati soliti usare nel loro sviluppo durante la prima metàdel secolo scorso. Ma il secolo scorso si è caratterizzatoper tre grandi rivoluzioni scientifiche, che sono state ilrisultato della formulazione della teoria della relatività,dello sviluppo della meccanica quantistica e della termo-dinamica del non equilibrio. Quest’ultima ha permessodi definire nella seconda metà del secolo l’essenza del-l’organismo vivente.Ogni organismo vivente è definito da un numero di va-riabili che non sono fra loro indipendenti, ma sono for-temente correlate. Questo tipo di sistema è detto esserecooperativo e non può essere descritto da una serie diequazioni lineari, ma richiede metodi di dinamica non-lineare. L’auto-organizzazione che definisce la vita è pos-sibile solo se si realizza la coerenza e la comunicazionefra tutti i costituenti dell’organismo in modo da consen-tire lo scambio di informazione biologica. Poichè tale si-tuazione richiede una certa configurazione fra icostituenti dell’organismo, ovvero un certo ordine, l’or-ganismo vivente deve essere descritto come uno stato dinon-equilibrio, dal momento che uno stato di equilibrioviene raggiunto quando si raggiunge il massimo disor-dine. Perchè questo stato ordinato si mantenga, ovverosi mantenga quella configurazione, il sistema deve spen-dere (dissipare) energia. Ogni sistema vivente (ovvero si-stema autopoietico12 che è in grado di autogenerarsi e dibadare a se stesso) può essere descritto come un sistemaaperto in stato stazionario lontano dall’equilibrio termo-dinamico13. Lo stato stazionario viene mantenuto da uncontinuo scambio di materia e energia nell’interazionecon l’ambiente che lo circonda. Queste interazioni im-plicano sempre variazioni strutturali del sistema e in talsenso si può dire che sono una fonte continua di danniche alterano il sistema originale di comunicazione. Permantenere lo stato stazionario l’organismo pertanto rea-gisce o riparando i danni, oppure attivando dei percorsi

alternativi in grado di sostituire il meccanismo danneg-giato. In ogni caso quando a seguito di un’interazione ilsistema è spostato dal suo stato stazionario, esso tende areagire nel senso di opporsi alle variazioni indotte dall’in-terazione con l’agente esterno allo scopo di ristabilire lo statostazionario originale. Il punto chiave è che il sistema rea-gisce in maniera tale da mantenere inalterata la sua iden-tità, ovvero la sua organizzazione strutturale.L’e spres sione di questa autoreferenza è data dall’omeo-stasi, che altro non è che un sistema di autoproteggersidalle interazioni con l’ambiente. L’intero sistema quindipuò essere descritto come un sistema cooperativo diunità costituenti (le cellule), le quali devono soddisfaredue requisiti. Il primo è che devono contenere intrinse-camente lo stesso software delle altre (cioè il DNA) chefornisce tutte le informazioni di cui possono avere biso-gno e il secondo è che devono essere in grado di comu-nicare la loro attività che viene svolta seguendo leinformazioni fisiche e chimiche delle cellule circostanti.Questo permette una reazione concertata nei confrontidella perturbazione esterna e questa reazione è primaria-mente volta a annullare questa perturbazione, come è fa-cilmente intuibile dalle seguenti considerazioni.La complessità del sistema organismo non permette unatrattazione matematica completa che riproduca la feno-menologia. Tuttavia anche una ipersemplificata schema-tizzazione di quanto sopra menzionato comporta unaserie di considerazioni qualitative di notevole interesse.Un sistema aperto, come ogni organismo vivente, è ca-ratterizzato dallo scambio di materia con l’ambiente chelo circonda. Questo implica un flusso di una sostanza Xdall’esterno verso l’interno del sistema. Sia [Xext] la con-centrazione di X fuori dal sistema e [Xint] la concentra-zione di X all’interno del sistema. Ammettendo che taleflusso sia semplicemente controllato dalla diffusione,esso sarà proporzionale alla differenza fra la concentra-zione esterna e quella interna [Xext] - [Xint] e il flusso saràmassimo quando [Xint] = 0 e nullo quando [Xint] = [Xext].Pertanto se solo il processo di diffusione è operativo, lavariazione di [Xint] nel tempo sarà data da

δ[Xint]/δt = K ([Xext] - [Xint])

ove K è la costante di proporzionalità.Supponiamo ora che la sostanza X una volta giunta al-l’interno del sistema dia origine a una reazione reversibilecon formazione di una sostanza Y e una reazione irrever-sibile con formazione di una sostanza Z, che viene ad es-sere un prodotto di scarto. Sia la sostanza Z espulsa dalsistema con una velocità proporzionale alla sua concen-trazione. L’intera serie dei processi può essere riassuntanello schema seguente:

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bazione viene a essere annullato dando origine a un pro-cesso esotermico verso l’ambiente con eliminazione diprodotti di scarto. Se questi danni non sono riparati ve-locemente, si possono verificare dei processi irreversibilie tutto il sistema cellulare cambia lentamente e in gene-rale è accompagnato da una perdita della reattività bio-chimica delle cellule. Questi processi irreversibili sono lacausa dell’invecchiamento.Il sistema concertato di meccanismi di difesa diventa piùefficiente quando la perturbazione cresce un po’di inten-sità, come per esempio si verifica quando il sistema cel-lulare viene a interagire con una piccola quantità dimolecole di uno xenobiotico. Come abbiamo detto inprecedenza, da un punto di vista termodinamico il si-stema reagisce in maniera tale da opporsi alla variazioneindotta dalla perturbazione esterna, ma non si limita aquesto. Poichè il suo software è programmato per man-tenere se stesso al variare delle condizioni esterne, il si-stema non si limita a annullare la perturbazione, ma siprepara a una ulteriore interazione rafforzando i suoimeccanismi di difesa, che implicano anche la riparazionedei danni subiti. L’aumento di efficienza viene quasisempre ottenuto stimolando l’intero insieme di cellule afavorire la produzione di ATP. L’ATP è una fonte dienergia libera e, se l’eccesso di ATP non viene utilizzatoper far fronte a una nuova perturbazione, il sistema cel-lulare lo utilizza per effettuare altri tipi di riparazione conun conseguente effetto benefico su tutto il sistema. Ilprocesso stimolatorio è l’origine dell’ormesi, che sullabase delle considerazioni esposte può essere descrittocome risposta adattativa indotta implicante una sovra-espressione dei geni designati alla riparazione dei danni ealla eliminazione dei prodotti di scarto.Questo effetto benefico viene sopraffatto se la perturba-zione è troppo grande. Nell’ambito di questo contributoper semplificare mi limiterò a osservare che questo av-viene quando la quantità di molecole di xenobiotico ètale da inibire o limitare un processo biologico. In questocaso il livello dei danni al sistema genetico aumenta e ilrischio di modificazioni irreversibili dell’intero sistemacellulare diventa grande. Il sistema prova a reagire atti-vando meccanismi alternativi a quelli limitati o inibitidallo xenobiotico e, se la riparazione dei danni avvienerapidamente, è possibile ritornare allo stato stazionariooriginale con rilascio di entropia verso l’esterno. Ma sequesto non si verifica, l’eccesso di entropia prodotto nonviene esportato e rimane all’interno del sistema cellulare.Poichè un aumento di entropia significa sistema menoordinato, in questo caso si ha l’alterazione dell’intero si-stema con minore capacità di reattività e di produzionedi entropia. Questo significa che la sua capacità di difesaè diminuita, così come la sua capacità di riparare danni.Il sistema si adatta a un nuovo stato stazionario, ma c’èda sottolineare che il sistema dei geni ha perso efficienzae la sua capacità di risposta è irreversibilmente diminuita.In questo caso la probabilità di apoptosi aumenta. Tuttequeste considerazioni spiegano l’alta probabilità di effetticollaterali nell’adozione di terapie che sfruttano effettidi inibizione e che quindi devono necessariamente uti-lizzare un numero di molecole di farmaco relativamenteelevato.

Le equazioni associate sono:

δ[Xint]/δt = K ([Xext]-[Xint]) - k1[Xint] + k-1[Y] - kirr[Z]δ[Y]/δt = k1[Xint] - k-1[Y]δ[Z]/δt = kirr [Xint] - κ[Z]

Per uno stato stazionario non si ha variazione di concen-trazione delle specie Xint, Y e Z nel tempo, per cui le de-rivate scritte a destra nel sistema di equazioni sono nulle.Ne deriva quindi che:

k1[Xint] = k-1[Y] e kirr [Xint] = κ[Z]

e che quindi:

[Xint]: [Y]: [Z] = 1: k1/ k-1: kirr/ κ

Questa relazione mostra per prima cosa che per uno statostazionario, anche se il sistema non è all’equilibrio e cisono reazioni irreversibili, il rapporto di concentrazioniè costante, come si verifica in una stato in cui è operatival’omeostasi. La seconda osservazione è che lo stato delsistema non dipende dalle condizioni ambientali ovverodalla concentrazione di X all’esterno del sistema Xext chenon compare nell’equazione. Pertanto lo stato del si-stema, definito come rapporto di concentrazioni, di-pende soltanto dai meccanismi metabolici propri delsistema stesso, che vengono espressi attraverso la serie dicostanti definite nelle equazioni precedenti. Infine ope-rando sulla prima equazione, tenuto conto che k1[Xint]= k-1[Y], si ha la relazione:

[Xint] = K [Xext]/ (K + kirr)

che esprime il fenomeno dell’ormesi, indicando che il si-stema reagisce cercando di contrastare una perturbazioneesterna. Infatti un aumento di kirr porta alla diminuzionedi Xint e quindi a un aumento di flusso di X dall’esternoverso l’interno, mentre la diminuzione di kirr la diminu-zione di flusso. Al limite se kirr si annulla, il flusso cessa.Logicamente vale anche il discorso reciproco che se au-menta Xext, il sistema reagisce in maniera tale da aumen-tare kirr.Come abbiamo detto, ogni interazione con l’ambienteimplica sempre variazioni strutturali. Questo avviene re-spirando ossigeno, assumendo cibi, interagendo con an-tigeni o più semplicemente come interpretazione di unafunzione cognitiva. Deve essere altresì sottolineato chele variazioni strutturali indotte dall’ambiente possono es-sere diverse da organismo a organismo poichè esse di-pendono anche dalle variazioni subite in precedenza. Inquesto senso la vita è un continuo processo di apprendi-mento e ogni interazione quindi viene elaborata in ma-niera diversa dai singoli organismi viventi, inducendorisposte autonome.Tuttavia la risposta è fortemente correlata all’intensitàdella perturbazione. Perturbazioni deboli come respira-zione o variazioni di temperatura dal caldo al freddo pro-ducono piccoli danni e l’ordine originale viene ristabilitousando appropriati meccanismi di difesa. Da un puntodi vista termodinamico il disordine creato dalla pertur-

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Per finire quando la quantità di xenobiotico diventatroppo grande, i danni indotti non possono essere piùriparati, il sistema non riesce a raggiungere un nuovostato stazionario e tende verso lo stato di equilibrio chi-mico del sistema, che implica la morte dell’organismo.In questo caso si ha la morte cellulare per necrosi.Questa brevissima esposizione sottolinea come l’ormesinon sia altro che una normale risposta di un sistema coo-perativo in non equilibrio a una perturbazione non par-ticolarmente intensa. Non deve essere quindi ne’oggettodi meraviglia ne’di considerazioni peculiari. Ho già men-zionato il fatto che il suo sviluppo e la sua applicazionepossono permettere la formulazione di una farmacologiadelle microdosi, che potrebbe rappresentare una rivolu-zione concettuale di estrema importanza per l’evoluzionefutura della medicina. Dal mio punto di vista i prerequi-siti teleologici ci sono e gli anni futuri ci mostreranno sesaranno esistite una volontà politica, una scelta culturalee un supporto economico tali da consentire questa sceltaevolutiva. Questi prerequisiti tuttavia non nascono dasoli, ma si verificano se nasce una leadership culturaledeterminata che potrebbe nascere e essere rappresentatacome corrente di pensiero da una società medico-scien-tifica che si propone primariamente il dialogo fra le di-verse culture mediche. La SIOMI, la cui espressioneculturale è demandata al giornale che ospita questo con-tributo, potrebbe far proprio e prioritario questo propo-sito. Da anni sto rendendo noto il mio sogno utopico diun medico che sfrutti la curva ormetica a forma di J giu-dicando se il momento diagnostico e l’osservazione cli-nica suggeriscano come più appropriata la prescrizionedi una terapia inibitoria o di una stimolatoria. Da chi-mico considero l’esseribilità (mutuo il termine dalla fisicadelle particelle) del sogno come una grande conquista,ma purtroppo è un’utopia simile a quella dei sostenitoridell’esperanto o a quella di Francis Bacon in New Atlan-tis. Sono quasi certo che non si verificherà: l’allopatia el’omeopatia resteranno patrimoni culturali separati, main libera coesistenza complementare. Si verificherà inveceil sogno di Linn Boyd che da grande medico e grandeumanista scrisse nel 1936: “In my opinion it was an awfulpity that two very efficient research approaches in clinical-pharmacology were felt in a mutual contrast, whereas they

could reciprocally fulfill each other”. E sarò fiero per lui,anche se il mio sogno prevedeva che usasse il verbo merge(fondersi) e non fulfill (completarsi). g

Note e ringraziamenti - Una parte di questo manoscrittoè stato pubblicato sui “Cahiers d’hormesis” editi da MaxTetau. Un caldo ringraziamento è dovuto a mia moglieSimonetta Bernardini, Presidente della Società Italianadi Omeopatia e Medicina Integrata (SIOMI), oltre cheper il processo irreversibile dei due figli, per l’assillanteincoraggiamento allo studio di un soggetto che non ri-guarda prioristicamente i miei interessi di ricerca.

Bibliografia

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In questo numero della BELLE Newsletter/HET, perla prima volta nell’arco di vent’anni, si affrontano lepossibili correlazioni tra ormesi e omeopatia (Cala-

brese, 2010A; Calabrese, 2001; Harrison, 2001). Le ra-gioni che spiegano la mancanza di una valutazioneformale esterna e aperta da parte della letteratura sonocomplesse.

Il motivo principale per cui si è evitato un argomentoche rivestiva manifestamente una tale importanza, sottoil profilo storico e del dibattito scientifico in corso, èstato la volontà di molti leader della ricerca sull'ormesidi evitare che il concetto di ormesi venisse in qualchemodo associato all'omeopatia (Calabrese, 2010B). C’èstata la volontà di “distanziare” questi due concetti, af-finché se ne inferisse la distinzione tra ormesi e omeo-patia, per quanto concerne le origini, le basi scientifiche,la valutazione e la convalida sperimentale e le applica-zioni.

In genere, gli studiosi che hanno sviluppato e ampliatoil concetto di ormesi negli ultimi decenni hanno avutoun’educazione e una formazione di tipo scientifico tra-dizionale e sono stati a lungo inseriti nella cosiddettascienza dominante, senza alcun legame con l’omeopatia.Alla luce di questa formazione e di queste esperienze,l’omeopatia veniva considerata una pratica medica fon-data su una prospettiva filosofica anziché una scienza.Questo modo di vedere è stato corroborato dal fatto chenella pratica omeopatica si somministrano preparazionimedicinali in cui i presunti ingredienti attivi non sonoverosimilmente più presenti, a causa delle diluizioniestreme a cui vengono intenzionalmente sottoposti inomeopatia (Calabrese, 2009).

Sebbene la questione non sia stata oggetto di considera-zioni “formali”, fin dai primi passi della BELLE è semprestato chiaro che era fondamentale che gli sforzi per stu-

diare e approfondire l’ormesi si tenessero alla larga dallaprospettiva omeopatica: si riteneva che un’associazionecon l’omeopatia avrebbe pregiudicato gravemente la ri-presa dell’interesse scientifico per l’ormesi, e che il colle-gamento tra le due idee dovesse essere evitato ad ognicosto. Di fatto, l’associazione storica tra i due concettiera considerata una sorta di “lettera scarlatta” sul “volto”dell’ormesi (Calabrese, 2001). Si trattava di un’associa-zione d’idee che andava attenuata, se non addiritturaspezzata.

L’ormesi veniva vista come una scienza legittima e rico-nosciuta, poiché sperimentabile, convalidata, riproduci-bile, con fondamenta evoluzionistiche e basi meccanici-stiche. L’omeopatia veniva invece vista come una praticamedica dai confini sfuocati, comprendente concetti fi-losofici e anche spirituali, il tutto miscelato con un cock-tail bizzarro, ma non per questo convincente, di attivitàtecniche e scientifiche, alcune delle quali suscitavanosemplicemente la perplessità, soprattutto tra i rappresen-tanti delle comunità mediche e scientifiche al di fuoridel mondo omeopatico.

Poiché i professionisti sono molto attenti a tutelare laloro reputazione, era chiaro che nessuna delle personalitàche gravitavano intorno alla BELLE voleva essere asso-ciata all’omeopatia, o essere considerata una sua simpa-tizzante. Al contempo, era frustrante riscontrare che c’eraun flusso praticamente ininterrotto di pubblicazioni diorientamento omeopatico che istituiva un collegamentotra omeopatia e ormesi (Clement, 1997; Eskinazi, 1999;Satti, 2005; Mastrangelo, 2007), magari per cercare diavvantaggiarsi della crescente popolarità di questo feno-meno nella letteratura scientifica e nella comunità scien-tifica allargata.

Nonostante questi sforzi da parte di alcuni dei rappre-sentanti dell’omeopatia, e nonostante le preoccupazionidei leader nell’ambito della BELLE/dell’ormesi, che te-mevano che queste attività/pubblicazioni potessero com-promettere la crescita e l’accettazione dell’ormesiall’interno della comunità scientifica, l’ormesi ha fattonotevoli progressi negli ultimi 15 anni, differenziandosidall’omeopatia e facendo riconoscere le proprie creden-ziali nella scienza dominante, guadagnandosi un postoin alcuni importanti manuali di tossicologia (Klaassen eWatkins, 2003; Hayes, 2008), farmacologia (Hacker etal., 2009) e nelle scienze biomediche in senso lato (LeBourg e Rattan, 2008; Mattson e Calabrese, 2010; San-ders, 2010). Questo suo progresso si riflette anche nel-l’ampio numero di discipline scientifiche in cui l’ormesiha evidenziato un notevole incremento delle citazioni

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I medicinali omeopatici: una valutazionenel contesto del framework biomedicoEdward J. Calabrese, Wayne B. Jonas

Tratto da: “BELLE Newsletter” - www.belleonline.com/newsletter.htm

CONTRIBUTI ORIGINALI

Il concetto di ormesi può fornire un quadro concet-tuale per la valutazione dei preparati omeopatici se-condo il protocollo del post-condizionamentoormetico, basato sulle ricerche di van Wijk e collabo-ratori (Calabrese e Jonas, 2010; van Wijk e Wiegant,2010). Secondo questa proposta, le dosi di medicinalesomministrato devono rispettare i requisiti necessariper poter essere quantificate avvalendosi della chimicaanalitica. Da questo quadro di sviluppo può derivarequel “punto di contatto” scientifico che per moltotempo è mancato tra la comunità omeopatica e quellabiomedica.

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nella letteratura (figura 1). Per esempio, in tutto il de-cennio degli anni ‘80, le parole ormesi o ormetico risul-tavano citate circa 15 volte all’anno nel database Web ofScience. Nel solo 2009, le citazioni erano quasi 2500,con un incremento superiore al 150%

rimentale post-condizionamento di van Wijk e Wiegant(2010) può essere un mezzo per avviare un dialogo scien-tifico costruttivo tra l’omeopatia e le moderne scienzebiomediche. Come si è detto precedentemente, questoquadro concettuale funziona nell'ambito tradizionaledella dose quantificabile somministrata a organi o cellulebersaglio, e colloca diverse ipotesi su fondamenta simili,sempre nell'ambito di un post-condizionamento che èl’approccio operativo e terapeutico standard.

Sono queste le premesse su cui si è deciso di avviare que-sta raccolta di contributi. Abbiamo cercato di rappresen-tare un’ampia gamma di punti di vista: quello dei teoricidell’omeopatia (Fisher, 2010), dei ricercatori (Bellaviteet al., 2010; van Wijk e Wiegant, 2010; Oberbaum etal., 2010) e dei medici omeopati (Bernardini, 2010; Fi-sher, 2010), ma anche quello degli oppositori più scettici(Moffett, 2010) e degli scettici con una mentalità piùaperta (Rattan e Deva, 2010). Tutti sono stati invitati aconfrontarsi sulle possibili interrelazioni tra ormesi eomeopatia, utilizzando come punto focale della discus-sione la nostra proposta iniziale del post-condiziona-mento ormetico, senza però che ciò limitasse in alcunmodo la loro riflessione. La lettura di questi contributiconsente di capire come questi leader considerino l’or-mesi e le sue potenziali applicazioni al campo dell’omeo-patia, e come l’ormesi possa rappresentare un mezzo persperimentare i rimedi omeopatici in ambito biomedico.Questi contributi eloquenti illustrano come sia possibileaddentrarsi in questo argomento, affrontandolo in modocostruttivo.

Vorremmo concludere questa sintesi proponendo un se-condo eventuale “punto di contatto”, che consiste neltrovare delle opportunità di valutazione delle risposte or-metiche a bassissime concentrazioni dotate di applica-zioni biomediche. Questo tipo di esempio può rivestireun notevole interesse per la comunità omeopatica, acausa del concetto delle basse dosi, venendo così a isti-tuire un secondo punto di contatto. Le risposte ormeti-che sono state per lo più studiate in vitro a concentra-zioni comprese tra 10-12 e 10-6 M, ben distanti da quelleche si trovano frequentemente nelle pubblicazioni del-l’omeopatia delle alte diluizioni. In questi casi, è fre-quente l’uso di concentrazioni di 10-30 M. Sta di fattoche nelle concentrazioni inferiori a 10-23 M (il numerodi Avogadro) potrebbe anche non esserci più alcuna mo-lecola. Non sembra pertanto esserci alcun punto di con-tatto tra ormesi e omeopatia al di sotto della soglia delnumero di Avogadro.

Ci rendiamo conto che i ricercatori hanno imparatomolto sulla chimica fisica dell’acqua a seguito dello stu-dio delle altissime diluizioni usate in omeopatia (cfr. ilcontributo di Fisher, 2010). Forse questi studi produr-ranno importanti nuove scoperte che si tradurranno inun nuovo punto di contatto tra omeopatia e farmacolo-gia/tossicologia. Attualmente, non crediamo che questecondizioni siano soddisfatte. Ciò nonostante, esistononumerosi esempi di ormesi a concentrazioni inferiori a10-12 M in un’ampia gamma di modelli biologici, en-dpoint e sostanze chimiche. Uno di questi esempi èquello di Roy e Rai (2004) sugli effetti delle catecola-mine sulla capacità fagocitaria dei macrofagi della lucer-

CONTRIBUTI ORIGINALI

Figura 1 - Numero di citazioni tel termine “hormesis/hormetic”nel database Web of Science.

Nonostante questo desiderio e questa necessità di distin-guersi dall’omeopatia, la situazione è cambiata sensibil-mente a causa di tre attività non correlate tra loro, mache comunque si intersecano. Innanzitutto, nel 2007,una sessantina di scienziati biomedici di alto livellohanno proposto una nuova terminologia integrativa sullostress biologico fondata sul quadro concettuale dell’or-mesi (Calabrese et al., 2007). La novità importante è chequesta terminologia integrava due concetti di estremaimportanza, quello del pre- e del post-condizionamento,dimostrando che si tratta di manifestazioni ormetiche(Calabrese, 2008). Il secondo fattore è la successiva riva-lutazione della ricerca di van Wijk e collaboratori, cheavevano sviluppato un sistema modello terapeutico spe-rimentale come mezzo per studiare i possibili effettidell’omeopatia. La loro metodologia è risultata moltopromettente, e ha consentito di ottenere dei dati speri-mentali riproducibili sul miglioramento della rispostaadattativa a dosi basse in seguito all'esposizione agli stresschimici/fisici utilizzati per simulare una condizione pa-tologica nell’essere umano. Nonostante il loro potenzialeinteresse, queste scoperte non sono riuscite ad imporsinella comunità biomedica. Il dato interessante per la no-zione di ormesi era il fatto che la metodologia di vanWijk e Wiegant (2010) risultava pienamente coerentecon gli esperimenti di Calabrese et al. (2007) sul post-condizionamento ormetico. Secondo la definizione diBellavite et al. (2010), quest’intersezione tra omeopatiae ormesi rappresenta un “punto di contatto” che valevala pena di esplorare in prima battuta, per individuarneeventualmente altri, una volta esaminata più spassiona-tamente questa interrelazione. In terzo luogo, l’ormesiaveva fatto notevoli progressi nell’assicurarsi basi scien-tifiche forti e un’ampia accettazione all’interno della co-munità scientifica, ragion per cui ci siamo sentitisufficientemente fiduciosi, ritenendo che l’ormesiavrebbe potuto facilitare la sperimentazione dell’omeo-patia attraverso le metodiche biomediche moderne,senza con ciò mettere a repentaglio la sua reputazionecrescente. La problematica della dose/esposizione è fon-damentale nello stabilire un punto di contatto tra ormesie omeopatia. Proprio per questo motivo, il modello spe-

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tola muraiola. Nel loro studio hanno riscontrato che ilcAMP agisce come un secondo messaggero, aumentandola risposta stimolatoria/adattativa ad una concentrazionedi 10-18 M e inducendo la produzione di circa 120 mo-lecole ogni 400.000 cellule (ovverosia una molecola dicAMP ogni 3333 cellule). La figura 2 illustra questo par-ticolare rapporto di risposta alla concentrazione. La bassaconcentrazione di cAMP stimolava la sintesi di nuoveproteine, che a sua volta comportava una maggior fago-citosi nei macrofagi, il che lascia supporre l’esistenza diuna via genomica nella risposta stimolatoria alle bassedosi. Bloccando questo processo mediante trascrizione etraslazione, gli inibitori impedivano la stimolazione abasse dosi.

Questi inibitori, tuttavia, non influenzavano l’inibizionead alte dosi, suggerendo l’esistenza di una via non geno-mica per l’effetto inibitorio delle alte dosi. Questo mec-canismo di risposta, pur bisognoso di ulteriorichiarimenti, suggerisce un ampio ventaglio di possibilità,compresa quella dell’amplificazione intercellulare che siavvarrebbe di una cellula quale meccanismo di comuni-cazione cellulare. La consapevolezza del fatto che i mes-saggi critici possono essere inviati ricorrendo a unnumero relativamente esiguo di molecole mostra lagrande efficacia potenziale dei processi di comunicazionebiologica. Questo tipo di modello sperimentale potrebbeanche confermarsi quale ulteriore punto di contatto traormesi e omeopatia. Riteniamo che un sistema modelloche utilizza bassissime concentrazioni di messaggero,come appunto la funzione immune della lucertola mu-raiola, possa rappresentare un esempio che potrebbe es-sere esplorato congiuntamente dall'omeopatia e dallecomunità biomediche.

Infine, siamo grati a Fisher (2010) per il suo commento,secondo cui il nostro “libro bianco” ha contribuito so-prattutto a fare chiarezza, anziché surriscaldare gli animi(Calabrese e Jonas, 2010). Nutriamo la speranza che sipossa dire altrettanto dei nostri commenti di sintesi, chehanno chiarito il comportamento passato della BELLE,e del sistema modello proposto, che consentirebbe di va-lutare i farmaci omeopatici e allopatici secondo l’approc-cio sperimentale del post-condizionamento ormetico.Vorremmo incoraggiare la comunità biomedica e quellaomeopatica a sottoporre le loro opinioni su come son-dare queste intersezioni disciplinari attraverso nuovi ar-ticoli e lettere all’editore. g

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CONTRIBUTI ORIGINALI

Figura 2Effetto del cAMP

sulla fagocitosi(espressione

in percentuale).Da Roy e Ray, 2004.

Simonetta e Daniela (a�Italo�Grassi)�-�Approfittandoancora�della� tua�disponibilità� �vorremmo�sottoportiquesto�caso:�una�bambina�di�9�anni�che�ha�iniziato�aprendere� il� gelsemium�30CH,� 5�granuli� ogni� giornoprima�delle�interrogazioni;�ora�la�mamma�ci�chiede�perquanto�tempo�lo�può�prendere�visto�che�la�bimba�si�è"affezionata�"�al�rimedio�e�non�lo�vuole�più�abbando-nare.

Italo Grassi -�Carissime�Simonetta�e�Daniela,�mi�sietescappate�in�lista.�E'�colpa�mia.�Ma�dal�momento�che�cisiamo�e�visto�che�alcune�colleghe�ci�hanno�detto�cheparliamo�troppo�poco�di�terapie,�vi�dico�come�di�solitomi�comporto�io:�se�il�rimedio�(Gelsemium�30CH,�5�gra-nuli�al�giorno,�se�ho�capito�giusto)�funziona�bene�lo�la-scio�così�per�alcune�settimane,�due�o�tre,�poi�passo�aduna�monodose�settimanale�alla�30CH�per�uno�o�duemesi,�dipende�dal�risultato,�e�se�tutto�va�bene,�passoalla�200CH�monodose�mensile,�come�sempre�diradandoin�base�al�miglioramento,�cioè�ogni�due-tre�mesi�e�cosìvia.�Se�il�Gelsemium�è�il�suo�rimedio�dopo�alcune�voltenon�ci�sarà�più�bisogno�di�assumerlo,�altrimenti�si�con-tinua�con�la�dose�che�più�offre�risultati,�magari�cercandoun�rimedio�più�"definitivo"�o�"simile"�per�i�problemi�delpaziente.�Questa�è�la�mia�opinione�da�non�pediatra�mache�vede�bimbi�anche�piccoli.�Possiamo�anche�sentireil�parere�di�altri�di�questa�mailing...

Luisella Zanino -�Visto�che�si�chiede�a�un�pediatra�di�in-tervenire,�intervengo.�La�ripetizione�per�troppi�giorni�nonsarebbe�“canonica”,�ma�se�la�bambina�si�trova�bene�lo�man-terrei�(suppongo�non�lo�prenda�il�sabato�e�la�domenica).�Sipotrebbe�anche�usare�lo�stratagemma�del�35K,�in�effetti�(il�granulino�magico�che�la�rassicura)�e�passare�alle�dosimensili�di�verum se�necessario�(ansia�da�anticipazione,�tracda�prova�e�altri�sintomi�di�Gelsemium�stabili).�Ma...�chi�nonha�paura�delle�interrogazioni?�Se�poi�la�bambina�è�patolo-gicamente�ansiosa,�inutile�dire�che�il�discorso�è�diverso,�po-trebbe�rendersi�necessario�un�approccio�“integrato”�(magaricon�qualche�colloquio�psi...�per�capire�le�ragioni�dell’ansiapatologica).

Simonetta Bernardini -�Anch'io�vorrei�dire�la�mia�espe-rienza.�Affido�ai�bambini�il�Gelsemium�(io�uso�la�9CH)�findai� sei� anni� d'età.� Lo� portano� a� scuola� e� lo� prendonoquando�lo�ritengono�necessario.�Questa�responsabilizza-zione�è,�almeno�mi�sembra,�un�bel�viaggio.�Nella�mia�espe-rienza,�quando�un�medicinale�non�serve�più�succede�unacosa�molto�semplice:�lo�si�scorda.

Luciano D’Auria -�La�mia�esperienza�sul�dimenticarsi�èidentica!�Tuttavia,�alcune�persone�dimenticano�di�assumereil�medicinale�sin�dall'inizio:�magari�in�questo�caso�si�trattadi�altre�motivazioni...

Gino Santini -�Concordo�con�quanto�detto�da�Italo,�conuna�precisazione�di�fondo:�l’omeopatia�nasce�con�il�formi-dabile�ruolo�di�gestire�delle�cronicità,�basandosi�sull’otti-mizzazione�delle�risorse�del�paziente.�Ma�quanto�affascinaquesta�sua�(anomala?)�capacità�di�gestire�anche�l’acuto...

Dalle pagine di O

meopatiaO

nline...

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CONTRIBUTI ORIGINALI

Le regole nello stile di vita e nel comportamento ali-mentare non sono esclusive di nessuna tecnica te-rapeutica ma devono essere alla base della Buona

Medicina. Queste appartengono alla storia dell’arte Me-dica ed attraversano tutte le culture del mondo cono-sciuto. Un esempio a noi vicino è quello della ScuolaMedica Salernitana

Gli esametri che aprono il Regimen Sanitatis Salernita-num richiamano l'attenzione sul fatto che alla base delRegimen c'è tutta la tradizione greca e araba e ciascunaforisma ribadisce la tensione verso un equilibrio fisicoe mentale, perché l'uomo non è che un microcosmo nelcosmo, in cui tutte le parti sono connesse tra loro.

Haec bene si serves, tu longo tempore vives.

Si tibi deficiant Medici, medici tibi fiant

Haec tria: mens laeta, requies, moderata diaeta.

Quindi niente di rivoluzionario in quanto Hahnemannha affermato nell’Organon al paragrafo 259 e seguenti,il vero sconvolgimento è la forza con la quale riaffermaconcetti da sempre noti ma regolarmente disattesi, inun’epoca dove la medicina curava i pazienti con i salassie le purghe, il cardine della terapia era “allontanare gliumori” disidratare il malato, esattamente il contrario ri-spetto a quanto viene affermato dalla medicina dei secoliseguenti.

Il paragrafo 259 recita: “Dato che nelle cure omeopati-che sono necessarie dosi piccolissime, è ben comprensi-bile che, in esse, sia escluso dal regime dietetico e dalregime di vita, ogni cosa, che in qualsiasi modo possaagire da medicamento, al fine che la dose minima nonvenga sopraffatta, diminuita od anche solo ostacolata,nella sua azione da uno stimolo medicamentoso estra-neo.” (I suoni dolcissimi del flauto che da lungi e nel silen-zio della notte, elevano il cuore sensibile a sentimentisovrumani e all’entusiasmo religioso, diventano impercetti-bili e vani quando siano accompagnati dai clamori e daifragori del giorno).

Nel paragrafo 260 continua: “Per i malati cronici la ri-cerca accurata di ostacoli alla guarigione è ancora più ne-cessaria, poiché la loro malattia, è aggravata da errori,spesso sconosciuti del regime di vita”.

Il ruolo del cibo, la dieta, il livello di attività fisica, lecondizioni psicologiche e la risposta allo stress, sono im-portanti fattori “ambientali” nel mantenimento dellostato di salute e sono fondamentali; la moderna medicinali riconosce come atto preventivo in numerose malattie

metaboliche, da accumulo e delle malattie tumorali. InItalia, la sindrome metabolica interessa circa il 25% degliuomini e il 27% delle donne, ovvero circa 14 milioni diindividui.

L’interazione dei meccanismi che associano un alimentoall’insorgenza di una malattia metabolica o di un tu-more, a causa dell’estrema variabilità nelle varie popola-zioni della costituzione genetica e delle combinazionialimentari, rende difficile capire il ruolo eziologico diuno specifico stile di vita (alimentazione attività fisica,reazione allo stress), anche se tutti gli studi svolti fino adora, dimostrano che se un paziente presenta una sin-drome metabolica ha un rischio molto elevato di svilup-pare altre patologie, ovvero ha un rischio elevato dimortalità, associato a problemi cardiovascolari, malattiecronico- degenerative (diabete, aterosclerosi) ed alcunitumori.

La risposta ad un problema di questo tipo si può trovaresolo in un approccio educativo che deve insegnare dellemodalità di comportamento atte a ridurre i fattori di ri-schio, anche attraverso linee guida prodotte a livello na-zionale come le “Linee guida per il trattamentodell’ipertensione” e le “Linee guida per il trattamento delDiabete”. L’approccio educativo è molto importanteperché tende ad intervenire sulle cause piuttosto che suisintomi, quindi riduce la prescrizione farmacologica,perché questa non è in grado di correggere tutti i fattoricorrelati alla sindrome metabolica, in altre parole quandoi farmaci non possono risolvere il problema si intervienesullo stile di vita e la classificazione che la medicinaomeopatica fa dell’uomo in gruppi di costituzioni diversepuò dare delle indicazioni ulteriori per facilitare questoapproccio. Infatti, il controllo delle abitudini alimentarie dello stile di vita non deve creare una condizione di di-pendenza verso il medico che si occupa del problema oun vissuto negativo (distress) nel paziente. Esistono dellepersone che pur avendo la necessità di affrontare dellemodificazioni anche sostanziali del loro stile di vita edella qualità della loro alimentazione, ad ogni depriva-zione alla quale verranno sottoposti, dovranno affrontaredelle profonde crisi depressive e delle condizioni di sof-ferenza sia fisica che psicologica che porteranno a dellemodificazioni della loro condizione di malattia e nonsempre in modo positivo.

Ad esempio un tipo sensibile Nux vomica migliorerà tan-tissimo se sottoposto ad un buon regime esclusivamentevegetariano, mentre ad un soggetto Arsenicum album lostesso regime provocherà forti coliche addominali. Unpaziente Sulfur sottoposto ad un regime alimentare ri-

Dietetica e costituzioni omeopatiche

Gianfranco Trapani

Medico omeopata, Direttore didattico SMB ItaliaE-mail: [email protected]

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CONTRIBUTI ORIGINALI

goroso e povero di grassi, carni e salumi trarrà subito gio-vamento, mentre un paziente Bryonia avrà delle pro-fonde crisi di malinconia.Sapere che un carbonico sinutre in modo diverso da un fosforico può essere moltoutile per il medico e per il paziente. Tutto questo senzala necessità di arrivare alla nutrigenomica, ovvero il ten-tativo di stabilire con un test genetico quali siano i cibipiù adatti per ogni persona e quali siano quelli che fannomale e che quindi bisogna evitare. L’incertezza tra glioperatori del settore, associata a quella dei pazienti, è ter-reno fertile per queste nuove scoperte non ancora vali-date e non ancora studiate a sufficienza.

Esistono scuole di pensiero che annoverano tra loro pro-fessionisti di fama internazionale e che sostengono la su-periorità di una dieta su un’altra per mantenere lo statodi salute, la dieta vegetariana, quella iperproteica, quellaipoglucidica, quella crudista e così via; tutti noi sap-piamo tuttavia che un tipo di dieta in alcuni pazienticonsente di raggiungere risultati eccezionali, mentre peraltri è assolutamente inutile se non dannosa. Esistonointere popolazioni che raggiungono la terza età in buonasalute mangiando cibi ritenuti non sani, mentre altredove le malattie si sviluppano anche con “diete sane”.

Cercando sul web informazioni sulla nutrigenomica ca-pita di leggere frasi come questa: “l’uomo presenta un forteindividualismo ed occorre, in base alla costituzione fisica,discendenza etnica, circostanze di vita e climatiche, tipo dilavoro, anamnesi ecc., ricercare quale sia il tipo migliore dialimentazione per ognuno. Occorre una ricerca a fondo, contest diagnostici avanzati su ogni singola persona, per stabi-lire quali sia il rapporto tra ogni individuo ed i singoli cibi”(dottoressa Fiamma Ferraro: Malattie croniche).

Sono affermazioni interessanti e condivisibili, ma, al dilà del problema delle allergie e delle intolleranze alimen-tari, la medicina integrata, attraverso la conoscenza dellamedicina omeopatica, come abbiamo visto, offre unostrumento adeguato per individualizzare le prescrizionialimentari dei nostri pazienti.

Le prescrizioni e le indicazioni dietetiche, lasciando sullosfondo per il momento i segni generali, (ovvero le turbedell’appetito, la sete e la fame, e le modalità alimentari,i desideri e le avversioni alimentari, estremamente im-portanti in medicina omeopatica), possono essere in-fluenzate dalla costituzione, dalla diatesi, che definisconola storia clinica di un paziente.

L’inquadramento dell’uomo attraverso le costituzionirappresenta un momento importante nella classifica-zione dei pazienti in gruppi ristretti che presentino dellequalità simili sia sotto l’aspetto fisiologico che sottoquello psicologico. Le costituzioni infatti, oltre ad indi-viduare un aspetto morfologico simile, descrivono anchedei modi di comportamento verso l’alimentazione, le va-riazioni climatiche, il comportamento e le modalità direazione verso le malattie acute. I carbonici sono di sta-tura non elevata, di struttura fisica grossolana e resistonobene alla fatica ed ai disagi, i fosforici sono più magri,minuti e slanciati, fragili sia fisicamente che psicologica-mente e si stancano facilmente. I fluorici sono asimme-trici e dismorfici, squilibrati sia mentalmente chefisicamente.

L’alimentazione della costituzione carbonicaIl carbonico sia da bambino che da adulto ha la caratte-ristica di mangiare molto e di avere le vie di eliminazionedelle tossine (pelle, reni, polmoni, intestino) che nonfunzionano bene e tende ad ingrassare facilmente. Il pro-blema principale del lattante carbonico è se questo vieneallattato con latte artificiale piuttosto che con quello ma-terno. Nel caso di allattamento al seno il rischio di so-vrappeso o di obesità è minore, pur sempre presentedurante lo svezzamento per la fame esagerata del bam-bino, mentre nel bimbo nutrito con latte artificiale, latendenza a dargli troppo cibo provoca facilmente l’ec-cesso di peso e se si associa ad uno svezzamento precocee ricco di proteine animali (carne e formaggi) ecco cheavremo con grande rapidità un piccolo carbonico chetenderà a passare dal sovrappeso all’obesità. In questocaso una buona educazione alimentare, ovvero un allat-tamento al seno esclusivo fino al sesto mese, seguito dauno svezzamento equilibrato e non ricco di proteine ani-mali, permetterà al carbonico di iniziare il primo periododella vita con un peso adeguato alla sua età ed un rischiominore di sindrome metabolica da adulto. Quando il pe-diatra si rende conto che la familiarità alla costituzionecarbonica è molto evidente deve caldeggiare con forzal’alimentazione al seno materno ed in alternativa una ali-mentazione con latte artificiale ben controllata ( le quan-tità di latte devono essere adeguate alla crescita delbambino). Da bambino il carbonico ha il desiderio spic-cato di alimenti indigesti e poco salubri ( zucchero, ge-lati, marmellate, dolci di pasticceria - ricchi di acidi grassitrans-esterificati - patate fritte, merendine, snack, cibifritti, salumi e formaggi). In questo caso si dovrà svolgereuna funzione educativa nei confronti della famiglia e delbambino stesso.

La convenienza dell’inquadramento diatesico consistenella possibilità di comprendere subito i desideri e le av-versioni alimentari del bambino. Si possono così antici-pare, con un notevole effetto empatico con i familiari,le proposte che allora potranno essere fatte con decisioneverso alimenti come la frutta, la verdura, sia cruda checotta e le merende che però escludano dolci e preparatidel commercio. L’evoluzione del piccolo carbonico chesi muove lentamente verso un Sulfur che prima ha dellebuone eliminazioni centrifughe ma poi tende ad accu-mulare ed a manifestare delle patologie tipiche dellaPsora, può essere rallentata e controllata da un buon re-gime alimentare di tipo vegetariano.

Il carbonico adulto conferma la sua lentezza a livello psi-chico ma anche la sua resistenza e tenacia, nella sua len-tezza metabolica e nella tendenza progressiva al bloccodelle eliminazioni centrifughe. L’alimentazione del-l’adulto carbonico dovrà essere leggera, ricca di alimentifacilmente digeribili e che attivino le vie centrifughe dieliminazione, renali, polmonari, cutanee ed intestinali.In particolare, la passione per il latte ed i latticini, che ilcarbonico porta con sé fin dall’infanzia, tende ad aumen-tare il suo sovrappeso ed a peggiorare il suo quadro cli-nico, pertanto eliminando questi prodotti dalla suaalimentazione quotidiana, si riesce a migliorare il meta-bolismo ed a far perdere peso.

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CONTRIBUTI ORIGINALI

La sua dieta deve essere ricca di carni leggere e digeribili(in particolare il pesce azzurro ma anche il pollo, il co-niglio o l’agnello), di verdure come le carote (povera dipatate e zucca perché hanno troppi zuccheri), i pomo-dori (per la loro azione antiossidante), la lattuga, l’indivia(per la presenza di inulina e per la sua azione prebioticasull’intestino) le cipolle ed i fagioli (per la loro azionedrenante), di frutta come gli agrumi (arance, limoni,mandarini, e pompelmo). In pratica un’alimentazionefortemente drenante riuscirà a rallentare l’evoluzioneverso Baryta carbonica e la sclerosi tipica di questa co-stituzione.

Per alcune malattie alle quali è soggetto il paziente car-bonico sono essenzialmente metaboliche gli alimenti diorigine vegetale che possono essere utili sono: a) iperten-sione: aglio, cipolla, fragola, lattuga, pomodoro, limonepera, mandarino; b) iperuricemia: cavolo, e brassicacee,pomodoro, arancio, ciliegia, pesca, prugna e limone; c)iperuricemia e gotta: una dieta ricca di carboidrati con-sente l’eliminazione dell’acido urico mentre una dietaricca di grassi e fruttosio ne favorisce la ritenzione. Inquesto caso bisogna evitare il pesce azzurro, le carni rossee le animelle, la selvaggina, i crostacei, i salumi e gli in-saccati in genere, così come i piselli, e gli asparagi gli spi-naci ed i funghi. I cavoli i fagioli, le lenticchie, hannoun contenuto medio di purine, quindi si devono man-giare con attenzione. Si devono preferire tutte le verduree la frutta, la pasta ed il riso, (escluso il germe di granoed i prodotti integrali).

L’alimentazione della costituzione fosforicaLa biotipologia fosforica può essere presente dalla nascitain persone che hanno una familiarità nella diatesi tuber-colina, e quindi i bambini nascono già magri, lunghi eslanciati con una chiara meiopragia delle alte e basse vierespiratorie, oppure può comparire durante la fase di svi-luppo puberale, quando anche i carbonici crescono inmodo rapido, dimagriscono, e si slanciano in altezza tra-sformando la loro costituzione da carbonica a fosforica.I bambini sono magri, delicati si ammalano facilmenteanche se guariscono altrettanto rapidamente, durantel’adolescenza affrontano dei momenti di crescita rapidaed il loro aspetto si trasforma in persone alte, ma sensi-bili, sia dal punto di vista fisico che psichico e tendonospesso a incurvarsi a livello della colonna toracica. Desi-derano fortemente cibi salati per la necessità di intro-durre sali minerali, inoltre hanno le caratteristichetipiche della costituzione, affrontano ogni problema conenergia e spirito combattivo, cercano di risolverlo ma, senon riescono, esauriscono facilmente le loro capacità re-attive, si stancano e si fermano.

Il lattante fosforico è sempre magro, nervoso ed agitato,chiede sempre latte, ha le fontanelle che si chiudonotardi ed i denti che escono con grande ritardo. Chiedelatte in continuazione, inizia a mangiare poi si stanca ra-pidamente e si ferma, piange e chiede di essere consolato.Nonostante mangi molto non ingrassa mai ed ha diffi-coltà a dormire. Crescendo anche il bambino fosforicochiede sempre del latte, dei latticini, del formaggio, degliyogurt. La sua superattività e la facilità con la quale bru-

cia gli alimenti che introduce, lo rendono immune daidisturbi provocati dall’eccesso di latte e formaggio; il co-lesterolo non aumenta e non si rischia il deposito di cal-cio nelle pareti delle arterie (ovvero è più difficile, neiprimi anni di vita osservare nel fosforico la formazionedi cellule schiumose e lesioni pre-arteriosclerotiche,anche se questo vantaggio si esaurisce nel tempo). Inquesto periodo della vita può essere vantaggioso dare albambino regolarmente uno yogurt intero, naturale coneventuale aggiunta di frutta; infatti darlo tutti i giorniper la sua ricchezza in calcio e minerali è molto utile inun organismo in crescita.

Sia da bambino che da adulto per il fosforico, quando sifavorisce l’assunzione di yogurt bisogna limitare quelladi formaggi e latticini per non provocare un eccesso dicalcio nel circolo sanguigno ed il rischio di una sua pre-cipitazione a livello delle pareti arteriolari. Il fosforicodeve mangiare molto pesce, per la sua ricchezza in saliminerali ed oligoelementi e tra le carni deve preferirequella di cavallo e di maiale magro ed infine l’olio di fe-gato di merluzzo. I formaggi vanno bene tutti, ma in par-ticolare il Parmigiano Reggiano ed i formaggi stagionati,I pesci devono essere quelli grassi come il salmone, learinghe, la trota salmonata, il merluzzo, la sogliola i cro-stacei e le cozze. La frutta deve essere quella più ricca disali minerali e di oligoelementi come i frutti di bosco, ifichi, le fragole, tutti gli agrumi, e la frutta secca come lemandorle, le noci ed i pinoli. Tra le verdure il fosforicopreferirà i cavoli, il crescione, l’indivia, i rapanelli ed icetrioli ed i legumi sia freschi che secchi. Infine si dovràconsigliare il consumo di alghe per il loro grande conte-nuto di calcio e fosforo.

Nella costituzione fosforica ci sono dei farmaci comePhosphorus, Calcarea phosphorica e Pulsatilla che hannouna grande sensibilità agli alimenti freddi come gelati ebevande, pur avendone un gran desiderio. Di solito l’as-sunzione di questi cibi provoca forti dolori addominali,coliche e diarrea. Aver presente questa caratteristica edare il consiglio giusto permette di evitare molti pro-blemi. Infine il fosforico, come il tubercolinico ha la ten-denza ad abusare di alimenti molto salati, e quindi correil rischio di dover affrontare dei problemi di iperten-sione.

L’alimentazione della costituzione fluoricaMentre la costituzione fosforica può essere acquisita,quella fluorica di solito è presente dalla nascita. Il fluo-rico è l’essenza della genialità e dell’instabilità, presentaa livello psicologico una vera incapacità nel mantenerel’attenzione, nel concentrarsi, dimostra le capacità di ungenio associate alla impossibilità a reggere a lungo la con-centrazione e trasforma l’impulso positivo e costruttivoin una sorta di ossessione verso la distruzione per sestesso e per chi vive attorno a lui. La debolezza a livellodelle strutture legamentose elastiche, quindi l’iperlassitàlegamentosa, si trasforma in una sorta di iperlassità psi-cologica. Il lattante fluorico si presenta dismorfico nellastruttura fisica e nel comportamento, il bambino irrego-lare nei risultati a scuola, a volte è il primo della classe avolte è l’ultimo, l’adulto è instabile, geniale ma irregolare

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CONTRIBUTI ORIGINALI

nel comportamento, incapace di un rapporto fisso e dilegami stabili. Il fluorico può spesso evolvere verso le pa-tologie mentali. Il comportamento instabile dal puntodi vista psicologico si trasforma in un comportamentoaltrettanto instabile dal punto di vista alimentare. Il fluo-rico è attirato da tutti gli alimenti che possono essere tos-sici, dai fritti, dai salumi, dai grassi, dai dolci, dall’alcool,sia vino che birra che superalcolici. Purtroppo durantel’adolescenza e, a volte, anche in età adulta, il fluoricopuò essere attirato dall’uso del tabacco, inizia a fumare espesso trasforma questa abitudine in uso di droghe sialeggere che pesanti. Sia da piccolo che da grande ama lecarni condite e speziate, usa pepe, peperoncino ed altresostanze che esaltano il gusto in eccesso, predilige le canidal gusto forte come la selvaggina, le carni di maialegrasso, le carni marinate e frollate, tutte condite consalse, ricche di acidi grassi saturi. Nella sua alimentazionequotidiana ci sono sempre cibi fritti che contengonoacido erucico presente nell’olio di cottura e l’acrilamideprodotta dagli oli che hanno raggiunto e superato ilpunto di fumo e pertanto sono cancerogeni. Mangiamolto volentieri lo zucchero ed i dolci in particolare lozucchero bianco, i pasticcini alla crema, tutti cibi ricchidi acidi grassi insaturi e di zuccheri ad alto indice glice-mico (il pane bianco, le bevande zuccherate, i succhi difrutta, le patate fritte ed i dolci). In pratica tutti i cibiricchi di coloranti, conservanti, additivi, addensanti, sta-bilizzanti, emulsionanti, (salse di condimento, sulle in-salate e sulla frutta per consentirne la conservazione, neigelati, nei milk shake, nelle bevande dolcificate). In-somma curare la dietetica di un fluorico o dare dei con-sigli alimentari ad un fluorico malato, diabetico o celiaconon è semplice.

Mentre per le altre costituzioni i consigli alimentari pos-sono essere occasionali, per il fluorico, di fronte alla suascarsa precisione è bene essere rigorosi, quindi la distri-buzione dei macronutrienti sarà il 50-55% di zuccheri,il 30% dei lipidi ed il 15% di proteine. La sua alimenta-zione dovrà essere ricca di fibre che consentono di ridurrel’assorbimento degli zuccheri introdotti con i cibi, peraumento della superficie di contatto ed riduzione deltempo di transito intestinale (diminuiscono il rischio distitichezza). Quindi il fluorico deve mangiare legumi,verdura cotta e cruda, frutta di stagione, leguminosecome fave, ceci, lenticchie, piselli; cereali come riso, orzo,farro, miglio, segale, avena; cibi integrali come pane in-tegrale, pasta integrale, riso integrale. Tutti gli zuccheridevono essere complessi, a lento assorbimento e la lorodistribuzione deve essere equa ed equilibrata nella gior-nata, almeno cinque pasti. Sono preferibili gli amidi dellapasta poco cotti (la pasta al dente ha gli zuccheri che siassorbono più lentamente di quella molto cotta), ancormeglio se la pasta è integrale, dunque: cereali integrali,prodotti da forno fatti con farine integrali, siano esse digrano, di farro, di avena o altro. Tutti i grassi devono es-sere di origine vegetale poliinsaturi (olio di girasole, mais,soia, germe di grano, tutti a spremitura a freddo) o mo-noinsaturi (olio di oliva extravergine spremuto a freddo)o grassi del pesce come quelli contenuti nel tonno, nelsalmone, nelle aringhe, nelle sardine e nelle acciughe,nello sgombro. Questi ultimi sono ricchi di acidi grassi

polinsaturi essenziali omega 3 ed omega 6, abbassano illivello di colesterolo e diminuiscono anche quello dei tri-gliceridi. Le proteine devono essere sia di origine animaleche vegetale. Le carni devono essere magre o comunqueprivate dei grassi visibili, bisogna convincere il fluoricoche per la sua salute è utile che mangi del pesce, perl’azione degli acidi grassi omega 3 sul sistema immuni-tario, sul cervello e sul sistema cardiovascolare. Non bi-sogna demonizzare l’uovo, per il contenuto di coleste-rolo, ma distribuire bene il suo consumo durante la set-timana, tenendo conto anche del fatto che si consumamolto uovo “nascosto” nella pasta, nei biscotti, nei pro-dotti da forno. In definitiva i consigli alimentari per ilfluorico devono essere molto rigorosi e continuativi.

Riprendendo le teorie di Christian Friedrich SamuelHahnemann, Henry Duprat scrisse nel suo Théorie etTecnique Homeopathique: «La prescription homéopa-tique doit se completer par les indication diététique», eMax Tetau continuò ad enunciare queste teorie verso lafine degli anni 1980. In pratica il modo della medicinaomeopatica è stato molto attento nel corso dei secoli alruolo dello stile di vita per la salvaguardia della salute deipazienti. Negli ultimi anni si osserva come la preven-zione della sindrome metabolica e dei tumori abbia sem-pre come cardine lo stile di vita e la l’alimentazione sana.Gli omeopati sono sempre stati precursori e pionieri inquesto, perché la logica che guida la medicina omeopa-tica è quella di osservare la persona nella sua globalitàguardare tra le altre cose le abitudini alimentari, osservarele modificazioni, e porre molta attenzione ai consigli edalle proibizioni. g

Letture selezionateBeliveau R. Gingras D. “Food to fight the canser. Essen-tial food to help prevent cancer”DK Publishing NewYork 2007.

Duprat H. “Traitè de matière médicale homéopatique”3° edition J.B. bailliere ed Paris 1985.

Servan-Schreiber D. “Anticancer a new way of life” Pen-guin Group 2007.

Teatu M. “Traite de dietetique homeopathique” ed. Si-milia Paris 1988.

http://www.lascuolamedicasalernitana.beniculturali.it/index.php?it/109/regimen-sanitatis

http://www.tumori.net/dieta_e_salute/

OmeopatiaOnlineIl�Forum�virtuale�dei�soci�SIOMI

Riservata ai soci SIOMI in regolacon il pagamento della quotaassociativa per l’anno in corso

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1. Julian O.A. - Matière Médicale Homéopathique. Maloine, Paris, 1962; 254-255. 2. Oscillococcinum® Rassegna della letteratura internazionale – Servizio documentazione scientifica Laboratoires Boiron: a) Saruggia M. - Medicina Naturale, N. 6, novembre 1995. b) Saruggia M. - Medicina Naturale, N. 6, novembre 1994. c) Ferley J.P. et al.- British Journal of Clinical Pharmacology (BJCP), 27,1989; 329-335. d) Casanova P., Gerard R. - Proposta Omeopatica 3, anno IV, ottobre 1988. e) Masciello E., Felisi E. - 40° Congrès de la Ligue Médicale Homéopathique Internationale, Lyon, France, 26-30 mai 1985. f) Papp R. et al - British Homeopathic Journal, Vol. 87, 1998; 69-76. 3. Camurri S. - Erre e Erre Adv, 2002. Medicina Naturale, N. 4, 2003; 81-85. 4. Selkova E.P., et al. - Le malattie infettive (trad. dal russo), 2005, 3, N. 4; 20-24. 5. Julian O.A. - Traité de Micro-immunothérapie dynamisée. Tome II, Librairie le François, Paris, 1977; 334, 341-342. 6. Boulet J.: Homéopathie - L’enfant. Marabout; 14-16, 95. 7. Bernardini S., Di Leone G., Marinelli G.: Omeopatia - Masson, 2005; ¬27-28. 8. Dantas F., Rampes H. - Br Homeopath J., July 2000; 89 Suppl. 1:S35-8. 9. Stehlin I. - U.S. Food and Drug Administration Consumer magazine, 1996. www.fda.gov/fdac/features/096_home.html 10. Rocher C.: Homéopathie - La femme enceinte. Marabout; 14-16. 11. Speciani A.: Gravidanza – Influenza. http://www.eurosalus.it 12. Vidal 2008: - Oscillococcinum J. Roy globule. http://www.vidal.fr/Medicament/oscillococcinum-12433.htm - Oscillococcinum – Homéopathie. Automedication.fr http://www.automedication.fr/medicament/medicament-doscil01-OSCILLOCOCCINUM.html 13. Acanfora M.: OmeoLink - http://www.omeolink.it/pages/domande.htm#RTFToC7 - * KR Media post-test TV Febbraio2008 - Nielsen CMA Dicembre 2007. 14. Dati IMS France - Marché Etat Grippal OTC - Ventes en unités 2009.

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*D.Lgs. 219/2006 art.85: “Medicinale omeopatico senza indicazioni terapeutiche approvate”.D. Lgs. 219/2006 art.120 1 bis: “Trattasi di indicazioni per cui non vi è, allo stato, evidenza scientificamente

provata dell’efficacia del medicinale omeopatico”.Medicinale non a carico del SSN.

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SPOTLIGHT

I criteri di un protocollo di fase 1per il proving omeopatico

Michael�Teut,�Ute�Hirschberg,�Rainer�Luedtke,�Christoph�Schnegg,�JoernDahler,�Henning�Albrecht�and�Claudia�M�Witt�-�Protocol�for�a�phase�1homeopathic�drug�proving�trial�-�Trials,�2010,�11�(80).

Le Materie Mediche da oltre 200 anni vengonoscritte sulla base di quanto emerge dai trial dei pro-ving omeopatici, che selezionano i sintomi pato-

genetici evocati, in volontari sani, dall’esposizione alivelli subtossici del farmaco sperimentato. Una metana-lisi fatta nel 2007 su studi condotti dal 1945 al 1995 haperò mostrato che la metodologia era di livello basso enon conforme ai criteri richiesti per il confronto e la va-lutazione convenzionale.Alla comunità omeopatica occorrono dunque nuovi mo-delli di “ricerca scientifica” che rispettino le Linee Guidadella Good Clinical Practice, la Dichiarazione di Hel-sinki e la legislazione nazionale sui farmaci: cosa nonsemplice, dato che si parte da due interpretazioni di let-tura della malattia e della tecnica terapeutica concettual-mente opposte e dunque, fino ad oggi, indagate conmetodi non confrontabili. Gli aspetti che differisconodagli standard convenzionali sono diversi: a) nelle speri-mentazioni convenzionali i volontari e gli sperimentatorisono informati della natura del farmaco e dei possibilirischi e benefici mentre in omeopatia la natura del far-maco deve essere nascosta per evitare condizionamenti edistorsioni nella rilevazione dei sintomi; b) secondo re-gole di GCP gli studi omeopatici sono classificati “trialdi fase 1”, sebbene non esplorino la sicurezza e la dina-mica quanto possibili altre indicazioni terapeutiche; c)prima dello studio non si possono conoscere/dichiararei sintomi che la sostanza induce/cura né eventuali sin-tomi di tossicità. Da ultimo, manca un accordo nella co-munità omeopatica sull’analisi qualitativa delle variemodalità di espressione dei sintomi dei proving: se nonclassificabili, ci saranno bias in tutti i risultati statistici(inclusi i p-valori) e non potranno essere tratte valuta-

zioni quantitative. In effetti, i criteri per definire i sin-tomi evidenziati nei trial farmacologici omeopatici esi-stono, ma non è ancora chiaro come analizzarli e quantoaffidabili siano.

Omeopatia e placebonella rinite allergica perenne

Morag� A  Taylor,� David  Reilly,� Robert� H  Llewellyn-Jones,� CharlesMcSharry,�Tom�C Aitchison�-�Randomised�controlled�trial�of�homoeopa-thy�versus�placebo�in�perennial�allergic�rhinitis�with�overview�of�fourtrial�series�-�BMJ,�2000,�321�(7259),�471-476.

Lʼobiettivo di Taylor e Reilly era quello di verificarelʼipotesi che lʼomeopatia sia assimilabile ad un pla-cebo, esaminando il suo effetto in pazienti con ri-

nite allergica. Gli autori hanno quindi allestito unostudio multicentrico randomizzato, a doppio cieco econtrollato, reclutando 51 pazienti con rinite allergicaperenne.Lʼintervento su questi pazienti si configurava nella sommi-nistrazione randomizzata di placebo o del preparato isote-rapico (30CH) del principale allergene inalante, evidenziatoda un prick test. Le principali misure di outcome erano levariazioni del picco di flusso inspiratorio nasale e le mo-dificazioni del quadro clinico locale, registrabili, da tre aquattro settimane dopo la randomizzazione, su una scalavisiva analogica. I risultati dello studio hanno mostratocome i pazienti del gruppo attivo esibissero un significativomiglioramento nel picco di flusso inspiratorio, rispetto algruppo di controllo (p=0,0001). In ambedue i gruppi, macon maggior evidenza nel gruppo attivo, era possibile os-servare un miglioramento soggettivo (registrato dalla scalaanalogica). Al contrario un iniziale aggravamento della sin-tomatologia era più comune nel gruppo attivo, rispetto alplacebo (7 casi, 30% contro 2 casi, 7%). Taylor e Reilly con-cludono il loro studio osservando che i risultati rinforzanolʼevidenza, fornita da tre lavori degli anni precedenti, che lediluizioni omeopatiche sono cosa diversa dal placebo.

Spotlight

a cura di Gino Santini

Segretario Nazionale SIOMIDirettore Scientifico ISMO, Istituto di Studi di Medicina OmeopaticaE-mail: [email protected]

Una finestra sul vasto mondo delle pubblicazioni scientifiche, che cerca di evidenziare gli articoli che mettonoin risalto aspetti in qualche modo legati ad una visione della medicina meno rigida di quella alla quale ciha abituato la ricerca clinica accademicamente intesa. La finalità è quella di offrire una visione sinteticae interdisciplinare, tesa a ricomporre i singoli frammenti di scienza, clinica e quant’altro in un quadro piùcomplesso e, forse proprio per questo, più affascinante.

In collaborazione con:

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19HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | novembre 2010 | vol. 1 | n. 2

SPOTLIGHT

Efficacia protettiva di tossinea dosaggi low e ultralow

A.L.�Szeto,�F.�Rollwagen�and�W.B.�Jonas�-�Rapid�induction�of�protectivetolerance�to�potential�terrorist�agents:�a�systematic�review�of�low-�andultra-low�dose�research�-�Homeopathy,�2004,�93�(4),�173-178.

Il concetto che basse esposizioni (subletali) di sostanzetossiche possono indurre tolleranza verso dosaggi piùelevati è nota da molto tempo con il nome di ormesi.

Questo studio ha indagato se sono stati eseguiti studi serie mirati su tossine a bassi dosaggi (LD, ovvero concen-trazioni fino a 10 alla -23M) e ultra-low (ULD, al disotto di 10 alla -23M), in grado di prevenire e curarequeste minacce. Tra oltre 2600, solo cinque studi, ripor-tati in cinque pubblicazioni, sono stati effettuati con unbuon rigore metodologico. La qualità degli studi è statavalutata utilizzando l'indice di qualità scientifica per ri-cerche di laboratorio sui bassi dosaggi tossicologici; sonostati esaminati, in vivo, gli effetti protettivi di un pretrat-tamento con preparazioni LD e ULD a base di tessutoinfetto di F. tularensis in un gruppo di topi, ottenendouna media di mortalità complessiva di molto inferiorerispetto ai controlli trattati con placebo.

Microdosi di rame influenzanol’espressione dei geni cellulari

E�Bigagli,�C�Luceri,�S�Bernardini,�A�Dei�and�P�Dolara�-�Extremely�low�cop-per�concentrations�affect�gene�expression�profiles�of�human�prostateepithelial�cell�lines�-�Chem�Biol�Interactions,�2010,�188�(1),�214-219.

E’ stata studiata l’espressione dei geni di cellule diprostata non cancerogene (RWPE) con la tecnicadel DNA-Array, una metodica ritenuta sensibilis-

sima per permettere di osservare risposte biologiche inseguito a perturbazioni ambientali. Le cellule RWPEsono state trattate con le soluzioni rame (II) a varie con-centrazioni (da 1µM per 10-6 fino a 0,1 fM per 10-17,una concentrazione quindi dell’ordine di una 8-9CH) esono stati indagati 41000 geni umani. Notevoli le con-clusioni. Il rame in diluizioni progressive fino a 10-17Mè capace di modulare l’espressione genica anche alle piùbasse concentrazioni. Alla diluizione 10-17M rispondonoancora 800 geni, tra i quali molti geni coinvolti in nu-merosi processi biologici, come il metabolismo e l’in-fiammazione. Non solo le microdosi delle sostanzehanno un’azione biologica, ma microdosi della stessa so-stanza hanno azioni differenti sui geni al solo variaredella concentrazione della sostanza.

Omeopatia e infezioni respiratoriericorrenti: conferme di efficacia

Elio�Rossi,�Paola�Bartoli,�Marialessandra�Panozzo,�Alba�Bianchi�and�Mo-nica�Da�Frè�-�Outcome�of�homeopathic�treatment�in�paediatric�patients:An�observational�study�from�1998�to�2008�-�Eur�J�Integrative�Med,�2010,2�(3),�115-122.

Al fine di valutare le caratteristiche epidemiologi-che della popolazione pediatrica afferente al Ser-vizio di Omeopatia dell’Ospedale Civile di Luc-

ca, si è composto uno studio osservazionale riguardanteuna popolazione di 2.141 pazienti giunti all’osservazionedei medici strutturati fra il 1998 ed il 2008. Le infezionirespiratorie sono state le patologie più denunciate (61%dei casi), seguite da turbe psicologiche (45,8%), gastro-enterologiche (40,7%) e, infine, dermatologiche (16%del totale). Utilizzando poi il Glasgow HomeopathicHospital Outcome Score (GHHOS), si è potuta notareche una risposta positiva si è riscontrata nel 68% dei casi,soprattutto nei portatori di infezioni ricorrenti delle altevie respiratorie, anche dopo un follow-up di 12 mesi. Irisultati sembrano confermare una risposta positiva inparticolare nei bambini, che presentano malattie respi-ratorie, condizioni molto frequenti e invalidanti.

L’efficienza riproduttiva dei suiniincrementa con l’omeopatia

Francisco�Rafael�Martins�Soto,�Erlete�Rosalina�Vuaden,�Cideli�de�PaulaCoelho,�Leoni�Villano�Bonamin,�Sérgio�Santos�de�Azevedo,�Nilson�RobertiBenites,�Flavia�Regina�Oliveira�de�Barros,�Marcelo�Demarchi�Goissis,Mayra�Elena�Ortiz�Assumpção,�Mariana�Groke�Marques�-�Reproductiveperformance�of�sows�inseminated�with�diluted�semen�treated�with�ho-meopathic�medicine�-�Int�J�High�Dil�Res,�2010,�9�(30),�51-57.

L’inseminazione artificiale è una metodica utilizzataper aumentare l’efficienza riproduttiva dei suini, ela zootecnia è alla costante ricerca di prodotti poco

costosi che migliorino la qualità dello sperma del be-stiame per ottenere mandrie più resistenti e numerose.Nonostante vi siano pochi dati sull’effetto di principiomeopatici sull’attività degli spermatozoi, è stata già ri-portata in altri studi (Soto et al., Vet Zoot, 2009; Mon-tano, Rev Hom, 1981; Lobreiro, Homeopathy, 2007)l’azione in particolare dell’Avena sativa e della Pulsatillasulla fertilità sia maschile che femminile, almeno incampo veterinario. Lo studio proposto è stato effettuatosull’azione dello sperma di due cinghiali di 18 mesi, dicostituzione genetica e performance riproduttiva simile,alimentati e curati nella stessa maniera, raccolto in untempo di 7 mesi, su 123 scrofe inseminate. Sono statiraccolti sedici campioni di sperma standardizzati per vi-talità e concentrazione (criteri di fertilità), trattati rispet-tivamente con Avena sativa 6CH, Pulsatilla 6CH, conAvena sativa più Pulsatilla oppure con un placebo, concui sono state inseminate rispettivamente varie scrofe.Avena sativa è risultata significativamente attiva sulla per-centuale di gravidanze e sul ritorno all’attività riprodut-tiva delle scrofe, mentre la Pulsatilla in questo studio hadimostrato di influenzare negativamente la fertilità deglispermatozoi in contrasto con dati già pubblicati. Questosuggerisce che le potenzialità e gli effetti dei medicinaliomeopatici, in senso stimolante o inibitorio, vanno me-glio indagati per poter ottenere risultati univoci, e chepertanto la selezione del rimedio in campo veterinarionon deve essere fatta solo in base all’organotropismo delmedicinale, ma anche in base ad una tossicologia e unapatogenesi. g

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I GRANDI PERSONAGGI DELL’OMEOPATIA

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Dottor Fisher, lei è tra i più noti medici omeopati almondo e tutti conoscono il suo ospedale nel centro diLondra, il Royal London Homeopathic Hospital. Ci rac-conta come, quando e perché ha scelto di diventareomeopata?

Innanzitutto vi aggiorno: il 16 settembre 2010 il RoyalLondon Homeopatic Hospital (RLHH) ha modificatoil suo nome in Royal London Hospital for IntegratedMedicine (RLHIM). Il cambio riflette meglio ciò chefacciamo sui pazienti e come operano i loro medici. For-niamo più Omeopatia rispetto a qualunque altra terapiae continueremo a procedere così. Ma offriamo anchemolte altre terapie complementari inclusa l’agopuntura,la fitoterapia, la medicina nutrizionale, unitamente avarie tecniche psicologiche, tutte integrate nell’ambitodel National Health Service (NHS) e del centro accade-mico University College London Hospitals, leader incampo medico.

Riguardo la mia storia professionale, mi interessai alleMedicine Complementari mentre ero ancora studentealla Cambridge University. Nel 1972 visitai la Cina, unperiodo molto interessante verso la fine della RivoluzioneCulturale, poco dopo la visita di Nixon, quando, dal1967, solo pochissimi occidentali erano andati in quellanazione.

Mao Zedong era ancora vivo, la “banda dei 4” al mas-simo del potere e la medicina tradizionale cinese forte-mente sostenuta. Ricordo il momento in cui “rimasiabbagliato” (da notare il riferimento biblico: “San Paolorimase folgorato sulla via di Damasco da una luce for-tissima e dalla visione di Gesù); fu quando mi trovai nellasala operatoria dell’ospedale di una piccola città di pro-vincia, e vidi una donna gastrectomizzata con l’addomeaperto, cosciente, mentre parlava con l’anestesista, con3 aghi sul suo orecchio sinistro collegati ad una scatolaelettrica! Pensai “non è possibile, non ce l’hanno inse-gnato a Cambridge!…”

Qualche tempo dopo, ancora studente, mi ammalai. Fuiesaminato da eminenti professori della mia Universitàmedica. Fecero una diagnosi precisa, poi dissero cheerano spiacenti ma nulla poteva essere fatto. Un amicomi consigliò di provare con l’omeopatia, una delle primecose che accadde fu un severo aggravamento! Ma almenoquesto mi convinse che qualcosa aveva fatto e che, even-tualmente, mi avrebbe curato. Più tardi, quando ero unneolaureato, lavorai all’RLHH per 18 mesi, prima di ul-timare il mio tirocinio in medicina interna e reumatolo-gia e vi ritornai nel 1986 come consulente.

Se non sbaglio lei è anche un agopuntore, cosa l’haspinta a studiare ben due medicine complementari?

Non pratico personalmente l’agopuntura, tuttavia hocolleghi molto vicini a me che la esercitano. Praticarel’omeopatia, mantenermi aggiornato con la reumatologiaconvenzionale, dirigere un ospedale e pubblicare un gior-nale internazionale, mi impegna parecchio.

Quale è, secondo lei, il peggior difetto della medicinaconvenzionale oggi? E il peggior difetto dell’omeopatiaoggi?

Il problema più grande nella medicina convenzionale èla pandemia della tossicità da farmaco: questa è collegataalla pandemia delle malattie croniche, la maggior causaoggi di morte in tutti i Paesi. Le persone con patologiecroniche assumono più farmaci e soffrono di maggiorieffetti collaterali. Il più grande problema in omeopatia èil nascere delle così dette “nuove” scuole di omeopatiache sostituiscono la metafora, il simbolismo e la dottrinadelle signature alla similitudine. L’omeopatia è basatasulla similitudine patofisiologia. Le proprietà di una me-dicina non possono essere predette dalla sua posizionesulla tavola periodica (degli elementi) o dalla sua classi-ficazione botanica o zoologica, né dal suo simbolismo.Hahnemann fu molto chiaro su questo punto e forte-mente critico di tali dottrine.

Sappiamo che tra i suoi pazienti vi sono personaggi illu-stri come la regina d’Inghilterra, l’omeopatia è veramentecosì radicata nella tradizione sanitaria inglese? Se così,perchè?

Sono medico di Sua Maestà la Regina dal 2001, esisteuna tradizione di medici omeopatici reali sin dalla metàdel XIX secolo. L’omeopatia non è famosa nel RegnoUnito come in Francia o Germania e questo è, in parte,dovuto al fatto che il sistema in quei paesi è più rispon-dente alla domanda del paziente. Recentemente c’è statauna serie di attacchi all’omeopatia da parte di un gruppodi scienziati che rivendica il fatto che non ci sono provescientifiche a sostenerla e che non dovrebbe essere fornitadal SSN.

Da quanto tempo lei lavora al Royal London Homeopa-thic Hospital?

Io ho lavorato, in un primo tempo, al Royal LondonHomeopathic Hospital nel 1977-78, poi in regime parttime nel periodo 1983-86 e, a tempo pieno, dal 1986.

Il Royal London Hospitalfor Integrated Medicinea cura di Tiziana Di Giampietro

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I GRANDI PERSONAGGI DELL’OMEOPATIA

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Quali servizi di medicina complementare eroga l’Ospe-dale in base alla principale domanda di salute dei citta-dini inglesi al RLHMI, ovvero, quali sono le patologiemaggiormente curate al RLHMI?

Offriamo i seguenti servizi: prenatale, training autogeno,pediatria, terapia per sindrome della fatica cronica, tera-pia comportamentale cognitiva; cure complementari deitumori, dei dolori facciali, delle fibromialgie; medicinagenerale, agopuntura di gruppo, fitoterapia; terapie persindromi del colon irritabile, per insonnia, per proble-matiche muscolo-scheletriche; ipnosi medica, reumato-logia, podologia e digitopressione plantare; terapie perdisturbi da stress e dell’umore; dermatologia, ginecolo-gia; cure per perdita di peso. Con poche eccezioni, la cli-nica è organizzata dal punto di vista clinico (cancro,pelle, etc.) o in base al paziente (donne, bambini),ognuno seguito da medici specialisti che offrono una va-rietà di trattamenti inclusa l’omeopatia, l’agopuntura, lapsicoterapia, le terapie nutrizionali, la fitoterapia, neces-sarie a curare i problemi che si incontrano.

Quali sono i rapporti con i medici del servizio pubblicoinglese? E con quelli degli altri ospedali?

Il RLHIM è parte della University College London Ho-spitals, uno dei centri medici universitari più autorevolidel regno Unito. Solitamente abbiamo buoni rapporticon i colleghi e offriamo molti servizi integrati collabo-rando con colleghi esperti. Per esempio, il nostro serviziopre-natale collabora con l’Elisabeth Garret AndersonHospital, con l’unità ginecologica e pediatrica della Uni-versity College London Hospital; il servizio per il dolorefacciale è integrato con l’Eastman Dental Hospital. Lamaggior parte dei pazienti sono indirizzati al servizioComplementare di cure per i tumori dagli oncologidell’UCLH.

Come e da quante persone è composto il team che lavoraal RLHIM? In che modo è organizzata l’assistenza sanita-ria?

Noi siamo un ospedale del National Health Sevice(NHS) ed i pazienti vengono inviati dai loro medici dibase a noi come in qualsiasi altra struttura di cura secon-daria.

Sappiamo che al RLHH è in funzione una farmacia internaall’ospedale, come è organizzato il servizio?

La farmacia distribuisce medicine omeopatiche, prodottialimentari e farmaci fitoterapici secondo i soliti canonidel SSN, il che significa una cifra fissa per ogni prodotto,(circa 8 euro) non in rapporto al suo costo. I bambini, ipensionati e i disoccupati non pagano nulla. Essa di-spone inoltre di una sezione al dettaglio con vendita di-retta al pubblico.

Ci racconti brevemente la storia del RLHH...

Il RLHH è stato fondato come ospedale omeopatico diLondra da Frederyck Foster Hervey Quin nel 1849. Eglifu tra i primi medici a praticare l’omeopatia in Gran Bre-tagna e studiò con Hahnemann.

Quin era una figura eminente della società londinese,molto ben inserito, essendo stato medico del PrincipeLeopoldo, suocero della regina Vittoria, padre del Prin-cipe Alberto e amico di Charles Dickens. Il primo grandesuccesso dell’ospedale arrivò in occasione della terribileepidemia di colera scoppiata nei sistemi di pompe diBroad street. Il LHH era l’ospedale più vicino allepompe e raggiunse un successo notevole curando le vit-time dell’epidemia. Il tasso di mortalità dell’ospedale fudel 16%, in confronto al 53% dell’ospedale Middlesexsituato nelle vicinanze.

Molti medici omeopatici ben noti furono associati conil LHH nel diciannovesimo e ventesimo secolo, inclusiRobert Ellis Dudgeon, John Henry Clarke, James Com-pton Burnett, Edward Bach, Charles E. Wheeler, JamesKenyon, Margaret Tyler, Douglas Borland, Sir JohnWeir, Donald Foubister, Margery Blackie and RalphTwentyman. Abbiamo anche accolto i rifugiati delle per-secuzioni naziste nelle eminenti persone dei dr. OttoLeeser ed Eric Lederman.

Durante gli anni ‘50 e ‘60 l’influenza del RLHH si dif-fuse a livello internazionale attraverso giovani medicid’oltreoceano che frequentavano l’ospedale per i lororapporti clinici. Tra questi c’era il dr. Chand, medicoomeopata del Presidente dell’India e l’influente omeo-pata argentino dr. Francisco Eizyaga. L’ospedale diventò“Reale” su consenso di Re Giorgio VI nel 1947. Nel1948 entrò a far parte del nuovo NHS.

Il 18 giugno 1972 l’RLHH subì una terribile sciagura acausa di un incidente aereo: 16 medici, che ritornavanodal Congresso Internazionale della Liga Omeopatica aBruxelles, rimasero uccisi. Nel 1981 le sale operatorie edi letti operatori vennero chiusi. L’ospedale rispose svi-luppando e diversificando i suoi servizi di medicina com-plementare. Diventò il centro più grande di medicinaomeopatica di un paese industrializzato sviluppando altritipi di medicina complementare. Verso la fine degli anni’50 il dr. Ralph Twentyman introdusse l’Iscador ed altreterapie complementari per il cancro, in quello che sa-rebbe diventato il primo servizio di medicina comple-mentare per i tumori del NHS. Il dr. Campbell istituì ilprimo servizio di agopuntura del NHS nel 1977 e il dr.Michael Jenkins sviluppò la medicina delle allergie edell’ambiente. Dal 2002 al 2005 il RLHH è stato sotto-posto ad una ampia ristrutturazione per venti milioni disterline, che lo ha trasformato in un centro di terapiadella malattia conclamata e in una struttura di ricerca inomeopatia e terapie complementari. Fu formalmente ria-perto da Sua Altezza Reale il principe di Galles, il 12 ot-tobre del 2005. Dal 2006 al 2008 ci furono pesantiattacchi alla medicina complementare nel NHS. Questosi scontrò con il supporto pubblico e politico perché ilRLHH restasse nel NHS.

Di contro il RLHH rispose con: il primo servizio di fi-toterapia convenzionato; agopuntura clinica di gruppo,consentendo che questa terapia venisse erogata per lecondizioni di dolore comune ad un costo conveniente;il primo corso di medicina integrata complementare nelRegno Unito; l’istituzione dell’NHS Evidence di medi-cina alternativa e complementare, dell’ UK National In-

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stitute for Health and Clinical Excellence’s (NICE) evi-dence (http://www.library.nhs.uk/cam); il servizio di Li-breria Complementare e Alternativa e il Servizio diInformazione (CAMLIS): www.cam.nhs.uk/.

Nel Novembre 2007 lo staff clinico senior e quello am-ministrativo decisero all’unanimità che i tempi eranomaturi per cambiare il nome dell’ospedale in Royal Lon-don Hospital for Integrated Medicine poiché riflettevain modo più appropriato la natura del lavoro svolto. Lanuova denominazione è ufficiale dal 16 Settembre 2010.

Chi paga le visite al RLHIM? In quale modo è coinvolto ilNational British Health System (NHS)? Quanto è l’am-montare della quota che il cittadino deve sostenere perle proprie visite? E i cittadini pagano la stessa quota, in-dipendentemente dal reddito?

Non ci sono costi per le visite e le terapie per i pazientimandati dai loro medici di famiglia. Tuttavia alcune pre-stazioni non sono rimborsate dalla Sanità per cui fac-ciamo anche visite private.

Quanti pazienti affluiscono in media al RLHH ogni anno?Quanti appartengono alla fascia pediatrica, quanti pro-vengono da fuori Londra?

Abbiamo circa 27.000 pazienti all’anno dall’esterno,circa il 70% dei pazienti proviene da Londra e dintorni,il 20% sono bambini.

In tutto il mondo possiamo usufruire della Rivista Ho-meopathy (già British Homeopathic Journal). Può dirciquando è stata fondata? E’vero che di recente ha ricevutoulteriori riconoscimenti per la sua attività scientifica, ot-tenendo un aumento dell’Impact Factor?

Homeopathy è pubblicato da Elsevier, compirà 100 anninel 2011! E’ l’unica rivista dedicata all’omeopatia indi-cata da Pubmed, recentemente ha ricevuto il suo secondoimpact-factor: 1.125. Il sito web è www.sciencedirect.com/science/journal/14754916.

Come si finanzia Homeopathy?

Viene pagato con gli abbonamenti ed è l’organo ufficialedella Faculty of Homeopathy, le cui iscrizioni contribui-scono a sovvenzionarlo.

Per iniziativa di Edward Calabrese, il maggior studiosodel fenomeno dell’ormesi, un dibattito internazionale èrecentemente apparso su BELLE News Letter al quale hapreso parte anche il nostro Presidente della SIOMI. Leicosa pensa della somiglianza tra il principio della simili-tudine omeopatica e l’ormesi riguardo il possibile mec-canismo d’azione di concentrazioni molecolari deimedicinali omeopatici, un tema, come sa, sul quale laSIOMI sta concentrando le ricerche in Italia?

Anche io ho contribuito a questo dibattito. E’ un’areamolto interessante e sottolinea ciò che ho puntualizzatoprima, cioè che l’omeopatia è basata sulla similitudinepatofisiologica, non sul simbolismo o la metafora. Il la-voro di Wiegant sulla similitudine e sull’ormesi è molto

interessante in tal senso. Il problema principale rimanela questione della diluizione ultramolecolare. Homeopa-thy ha pubblicato di recente una edizione speciale suimodelli biologici che è disponibile gratuitamente sul no-stro sito.

Sappiamo che lei è uno degli esperti del Comitato scien-tifico dell’Ospedale di Medicina Integrata di Pitigliano.Come giudica la sua esperienza di consulente della re-gione Toscana e cosa ne pensa del progetto dell’ospedaledi Medicina Integrata?

Sono stato impressionato dal lavoro della gestione regio-nale Toscana. Mi auguro che il RLHIM e l’ospedale diPitigliano abbiano uno stretto e fraterno rapporto.

In Italia l’omeopatia è riconosciuta come atto medico, percui chi non è medico (ad esempio i naturopati) non pos-sono, per legge, prescrivere i medicinali omeopatici.Quale è la situazione professionale dei naturopati oggiin Inghilterra? Che tipo di scuola devono frequentare peresercitare? Possono anche loro prescrivere medicinaliomeopatici? Quali sono i rapporti tra naturopati e omeo-pati? Non pensa che si corra il rischio di una confusionedi ruoli?

Nell’UK non è richiesto essere legalmente registrati perpraticare l’omeopatia (o l’agopuntura, la fitoterapia, ilnutrizionismo) nonostante gli osteopati e i chiropraticilo siano. Non c’è controllo sul loro operato né un registroufficiale per questo gruppo. Questo ha creato peraltrouna situazione di difficoltà e insoddisfazione. C’è unaproposta di legge per registrare gli agopuntori che nonsono membri di un albo professionale, i fitoterapeuti e ipraticanti la medicina tradizionale cinese. Questo ha in-contrato l’opposizione di alcuni soggetti che vorrebberolegittimate le pratiche non scientifiche.

Infine, è possibile per gli omeopati italiani frequentareuno stage al RLHH? A chi devono rivolgersi?

Si, è possibile, nonostante la nostra capacità sia limitata.I medici italiani interessati ad un internato possono con-tattare il nostro Direttore dell’Educazione, la Dott.ssaSara Eames: [email protected]. g

Questa intervista a Peter Fisher è avvenuta mentre il nuovogoverno preannuncia profondi cambiamenti nelle politichee nell’architettura del NHS che danno ragione alle scelte re-centemente operate dall’RLHIM. Infatti nel nuovo ordina-mento una parte significativa del documento, forse la piùoriginale e impegnativa, è dedicata al ruolo dei pazienti edei medici del territorio: “Nothing about me without me”è il motto preso in prestito dal gruppo di Salisburgo, un’as-sociazione internazionale nata per promuovere la centralitàdel paziente. Inoltre, sul versante dell’assistenza ospedaliera,il Libro Bianco conferma la scelta dei precedenti governi la-buristi di semi-privatizzare gli ospedali, conferendo loro ilmassimo dell’autonomia tanto che entro 2-3 anni tutti gliospedali del NHS dovranno trasformarsi in Fondazioni(Foundation Trusts). L’omeopatia, attenta al paziente e aisuoi bisogni, dopo due secoli, torna ad essere attualissima.

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CONTRIBUTI ORIGINALI

dei rimedi è stata scelta tenendo conto di una concen-trazione di media compresa tra diluizioni basse ed alte.Due pozzetti di controllo sono stati incubati con solu-zione fisiologica. I tempi di incubazione sono stati di 10,15, 30 e 45 minuti per tutti i campioni. I frammenti

Figura 1Blu di toluidinaIl fegato fetale

di controllo evidenziala componente

epatocitariache produce

gli eritrociti e quellache produce la bile.

20X

La richiesta sempre più pressante di una metodolo-gia scientifica che testimoni l’efficacia dei rimediomeopatici ha spinto numerosi ricercatori ad in-

traprendere studi scientifici inerenti l’attività biologica efarmacologica delle sostanze più comunemente prescrittedagli omeopati. Il nostro studio è incentrato sull’azionedi due noti rimedi omeopatici,Lycopodium clavatum e Nux vomica, che vengono pre-scritti per uso sintomatico o come simillimum ed hannoazione prevalente sull’apparato digerente. E’ noto cheLycopodium clavatum e Nux vomica vengono spessoprescritti per la loro azione elettiva sul fegato, ove eser-citano un’azione, che secondo i dati presenti in lettera-tura, è capace di alleggerire il senso di pesantezza chespesso i pazienti lamentano di sentire su questo organoche come è noto, in medicina naturale, soprattutto, è ilpunto su cui molti malesseri fisici e psicosomatici paionotrovare una stazione di arresto.Lo stesso Max Tetau, consiglia di somministrare alterna-tivamente i due rimedi la cui efficacia è cosa nota agliesperti del settore ma di dubbia spiegazione scientifica,poiché priva di dimostrazione farmacologica.

Studio morfologico sugli effetti di Lycopodiume Nux vomica su fegato fetale umanoGrazia Fenu* , Filippo Ricciotti* *

* Dipartimento di Scienze Biomediche, Università di Sassari - E-mail. [email protected]** Medico omeopata

Figura 2 - Blu di toluidina. Rispetto al controllo si noti la numerosacomponente delle cellule della linea rossa in via di sviluppo e ladilatazione dei vasi sanguigni. 20X

dopo il trattamento sono stati lavati, fissati, disidratatied inclusi in resina Durcupan. Sezioni semifini sono statecolorate con blu di toluidina ed osservate al microscopioottico, mentre sezioni ultrafini sono state allestite per ilmicroscopio elettronico.

Risultati

Le sezioni osservate al microscopio ottico e colorate inblu di toluidina hanno evidenziato sostanziali modifica-zioni cellulari, sia in riferimento al Lycopodium che aNux vomica rispetto ai controlli. Per ovvii motivi sonostate prese in considerazione solo le sezioni i cui risultatisono stati più evidenti ed in particolare per tempi di in-cubazioni di 45 minuti.Lycopodium: le immagini mostrano, rispetto al controllo(Fig. 1), una evidente ipertrofia della compagine sangui-fera, ovvero vasi intercellulari dilatati e ricchi di eritrocitiche, come è noto, durante il periodo fetale vengono pro-dotti dal fegato (Fig. 2). Anche il microscopio elettronicoevidenzia un lume vasale dilatato ricco di estroflessionidella membrana citoplasmatica, tipicamente correlati allaparete endoteliale dei soggetti adulti, ma non così svi-luppati nelle prime 12 settimane di sviluppo intrauterino(Fig. 3). I frammenti di fegato incubati con Nux vomicaindicano che gli epatociti tendono a compattarsi (fig. 4)a causa di una ipertrofia citoplasmatica legata agli orga-nuli citoplasmatici di secrezione i cui vacuoli appaionorigonfi come se si fosse accentuato lo stimolo alla secre-zione (fig. 5).

Materiale e metodiAllo scopo di identificare un protocollo che possa essereutilizzato per iniziare un percorso di studio che in qual-che modo conduca a dare valenza scientifica ai rimediomeopatici e non potendo utilizzare materiale adulto,l’esperimento è stato condotto su frammenti di fegatofetale umano. I frammenti di fegato fetale umano sonostati prelevati da feti ottenuti da interruzioni volontariedi gravidanza (12° settimana di vita intrauterina). Sonostati allestiti pozzetti di coltura così suddivisi: a) 10 poz-zetti incubati con Lycopodium clavatum 15CH; b) 10pozzetti incubati con Nux vomica 15CH. La diluizione

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CONTRIBUTI ORIGINALI

ConclusioniI risultati preliminari che sono stati ottenuti dai descrittiesperimenti, lungi dal poter fornire una spiegazione esau-stiva sui meccanismi di azione dei rimedi omeopatici, in-dicano tuttavia la possibilità di testare, attraverso colturecellulari, alcune modalità di azione dei prodotti omeo-patici. I lavori in tal senso mancano spesso, come è noto,di una sperimentazione scientifica e ciò rende sempre piùdifficile parlare di omeopatia e cure omeopatiche senzaessere esposti a dibattiti e critiche.Pur salvaguardando tutto ciò che sta dietro la prescri-zione di un rimedio omeopatico che gli addetti ai lavoriconoscono bene, il metodo sperimentale descritto po-trebbe essere un mezzo per ipotizzare, se non tutte, al-meno alcune delle modalità di azione che gli omeopaticiutilizzano, e ipoteticamente mettendo in discussionel'idea che vuole questi rimedi assolutamente privi di ef-fetti ed assimilabili all’acqua fresca.Ulteriori indagini si stanno svolgendo, utilizzando altririmedi, certo la scelta adesso va sicuramente orientata suquelli più conosciuti e distribuiti sul mercato. La spe-ranza è che si ampli sempre di più il numero dei ricerca-tori che possano dedicare del tempo a questo tipo dimodello sperimentale così che si giunga, come per altrediscipline naturali, alla “catalogazione scientifica” deiprodotti omeopatici più diffusi. g

BibliografiaHodiamont Georges, Trattato di farmacologia omeopa-tica, Nuova IPSA Palermo 1984.Kent James T., Repertorio della materia medica omeo-patica, Nuova IPSA Palermo 1994.Tetau Max, La materia medica omeopatica clinica e as-sociazioni bioterapiche, Nuova IPSA Palermo 1990.Julian, Othon André, Dizionario di materia medicaomeopatica, Nuova IPSA Palermo 1995.

Figura 4Blu di toluidina.L’immagine evidenziaepatociti impegnatinella sintesi biliaredisposti a formarecordoni compatti. 20X

Figura 5L’immagine elettronicamostra le cisternedi secrezionecitoplasmaticheed un canalicolo biliarecompresotra le membranecellulari.4000X

La scomparsa di Filippo Ricciotti in un ricordo della dottoressa Grazia Fenu

Lo conobbi quando venne in Sardegna per un ciclo di lezioni sull’omeopatia. Conquistò tutti, me compresa, nel narraredi questa materia così difficile ed allo stesso tempo affascinante. Il Prof. Ricciotti era un fiume in piena che ci trascinava,tenendoci per mano, lungo un percorso irripetibile di diluizioni e di patologie, per poi approdare, con la sua caratte-ristica risata, su una sponda ricca di notizie, di curiosità scientifiche e di esperienze personali che non si potevano di-menticare. Appassionati di ricerca entrambi, lavorammo insieme per diverso tempo. Dopo quasi dieci anni di silenziomi chiama ricordandosi di un lavoro che non avevamo ancora pubblicato ed ecco che riprendiamo a collaborare. Miregala ancora il suo tempo ed i suoi preziosi consigli. Non sapevo che sarebbe stata l’ultima volta. Rimarrà tra i mieiricordi più cari, prodigo di consigli ed appassionato di amore per la ricerca come pochi sanno esserlo.

Figura 3 - La sezione ultrafine evidenzia le protrusioni citoplasmatichedelle cellule endoteliali che formano il vaso sanguigno. 4000X

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Il magistrato, Ortensia Pecca, lo accolse con un sor-riso smagliante, forse un po’ eccessivo per le circo-stanze, un’esibizione di denti bianchissimi, perfetti

da mostrare alla giuria di una corte d’assise più che a unpovero medico tirato giù dal letto alle quattro del mat-tino.Lui, Tarcisio Giretti, medico omeopata, seduto su unagelida sedia di ferro, smorzò l’irritazione di quella bruscaalzataccia stirando braccia e collo ancora intorpiditi dalsonno.- Sulphur può uccidere? - gli chiese il magistrato.Il medico uscì definitivamente dall’ultimo suo sogno.Pensò che si trattasse di una battuta scherzosa, ma videche il magistrato lo fissava seriamente. - Sì, certamente. - rispose allora il medico deglutendosaliva e mordendosi un labbro dal nervoso.- E Pulsatilla va in giro di notte a violentare donne, men-tre Lycopodium vola vestito da pipistrello a succhiaresangue. - Il magistrato scosse la testa e la sua folta chiomadi capelli rossi ondeggiò avanti e indietro.- M’interessa solo sapere se uno di questi tre rimedi puòessere un assassino e tu mi devi aiutare. - Estrasse da uncassetto tre ricette timbrate e firmate dal dottor Duroni:su una c’era scritto Sulphur 200CH una monodose, sullaseconda Tarentula hispanica 200CH una monodose, sul-l’ultima Magnesia carbonica 200CH una monodose. Gi-retti le guardò con espressione trasognata.- Mi hai svegliato alle quattro del mattino per farmi ve-dere delle ricette?- Non intendevo prenderti in giro. - Lo consolò il magi-strato. - Voglio solo sapere, da un esperto in omeopatiaquale sei tu, se una persona alla quale è stato uno di que-sti rimedi, può essere un assassino.Lui la guardò come si osserva un essere che ti viene in-contro salutando con cinque mani e sorridendo con diecibocche. Lei capì e gli chiese di prestarle attenzione. Luiascoltò, senza battere ciglio, i motivi che avevano indottoil magistrato, nonché sua paziente, a convocarlo a quellaassurda ora del mattino nella caserma dei Carabinieri.Poche ore prima c’era stato un delitto. Intorno alle ven-tidue e trenta la donna delle pulizie aveva trovato il ca-davere di Saverio Duroni, l’altro omeopata del paese, excompagno di studi di Giretti. Il medico giaceva, con uncoltello piantato nella schiena, disteso sul pavimento delsuo studio.- Anche se nessun testimone ha assistito all’omicidio, noisappiamo com’è avvenuto il delitto. - Spiegò la dottoressa

Pecca allo sbalordito Giretti. - L’assassino ha preso il ta-gliacarte che stava sulla scrivania e, mentre il dottor Du-roni si era girato, ne ha approfittato per colpirlo allespalle.- Allora perché mi hai fatto venire qua? - Sbuffò il me-dico, con voce stanca e impastata, osservando l’orologioappeso al muro. Non gli era mai stato simpatico il collegaDuroni. Lo giudicava un arrogante e un presuntuoso.Benché gli dispiacesse che fosse stato ucciso, avrebbe vo-lentieri preferito tornarsene a dormire. La dottoressaPecca contrasse il viso e gli lanciò un’occhiata cattiva.- Ad uccidere il dottore è stato sicuramente qualcuno chelui conosceva molto bene. Solo così si spiega il fatto cheDuroni sia stato colpito alle spalle. Inoltre, nell’apparta-mento, non ci sono tracce di scasso, né di lotta e i soldidelle visite si trovano nel cassetto dove il medico li la-sciava. L’assassino non cercava denaro, ma voleva solouccidere. - Il dottor Giretti le rivolse un’occhiata sospet-tosa.- Non penserai che sia stato io? - Ortensia Pecca fececenno di no con la mano.- La segretaria di Duroni, Concetta Marsala, come tuttele sere è uscita dallo studio intorno alle 19. A quell’ora ildottore aveva in programma tre visite. Noi sospettiamosia stato l’ultimo paziente, con il quale il medico avevaavuto una lite furibonda, alcuni mesi fa, causata dallacontesa di un terreno lottizzabile che i due avevano incomproprietà.Il dottor Giretti respirò, si appoggiò allo schienale e,dopo qualche istante chiese: - Cosa aspettate ad arrestarecostui?Il magistrato mosse la mano sinistra, munita di fazzo-letto, ad asciugare alcune gocce di sudore che gli imper-lavano la fronte. Sbuffò: - Si tratta del sindaco di questopaese. Se lo arresto ed è innocente, accadrà un casino in-credibile sui giornali.Prima che l’allibito medico potesse riprendersi, lei con-tinuò: - Senza contare che il sindaco sta urlando da piùdi due ore la sua completa innocenza. Inoltre afferma dinon essere stato l’ultimo dei pazienti, ieri sera. Il dottorDuroni gli ha detto che c’era stato un cambiamento diprogramma e che stava aspettando, senza specificare chi,una delle due donne che avevano la visita prima del sin-daco.Giretti: - Sapete chi sono queste due persone?Il magistrato Pecca: - Le abbiamo già convocate in ca-serma. Sostengono di essere arrivate puntuali all’appun-tamento e di essere state visitate dal dottor Duroni. A

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Un’indagine omeopatica:tre rimedi e un solo assassinoItalo Grassi

Medico omeopata

L’OMEOPATIA RACCONTATA...

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testimonianza di ciò mi hanno consegnato la ricetta diTarentula e di Magnesia Carbonica, mentre al sindaco èstata data quella di Sulphur.Giretti: - So che il mio collega scriveva gli appunti dellevisite su un quaderno. L’avete trovato?E Pecca: - E’ l’unica cosa che manca dallo studio.Il dottor Giretti si grattò l’ispida barba del mento edebbe un’illuminazione. - Dimmi cos’hanno fatto i tre in-diziati quando sono stati portati in questa caserma.Il magistrato: - Li abbiamo divisi e ognuno si trova inuna stanza per conto suo. Ovviamente tutti e tre in unostato d’ansia molto evidente. Il sindaco, a cui è stato datoSulphur, tremava ed era pieno di brividi. E’ stato meglioquando il maresciallo gli ha dato da bere un bicchiered’acqua fresca. La donna a cui è stato dato Magnesia car-bonica ha chiesto un bicchiere di latte, poi si è fatta dareuna coperta e adesso cerca di prendere sonno sdraiatasopra una branda. L’altra donna a cui è stata data Taren-

tula, ha iniziato prima a mordersi le unghie, poi si è tiratanervosamente i capelli, ma ha trovato una certa calmaascoltando musica rap attraverso le cuffie del suo iPod.Giretti puntò l’indice contro la ricetta di Magnesia car-bonica. - Lei è l’assassina!Il magistrato: - Come fai ad essere così sicuro?Giretti: - Perché mentre l’ansia di Sulphur migliora be-vendo acqua fresca e quella di Tarentula ascoltando mu-sica ritmata. Lo stato di agitazione di Magnesia car-bonica, invece, migliora muovendosi e aggrava con il ri-poso e avvolgendosi con qualcosa di caldo come le co-perte; inoltre la vera Magnesia carbonica è intolleranteal latte! Costei non è stata visitata, ma ha solo falsificatola ricetta del medico, imitando la sua calligrafia.Dopo cinque ore di duro interrogatorio la donna con-fessò. Era l’amante del medico, per lui aveva lasciato figlie marito. Lo aveva ucciso poiché lui voleva lasciarla. g

L’OMEOPATIA RACCONTATA...

Gianguglielmo Bergamaschi -�Insisto�su�un�mio�pensiero:�i�prin-cipali�avversari�alla�diffusione�dell'omeopatia�sono�gli�omeopati,�chenel�delirio�del�"io�ho�ragione�e�gli�altri�no"�più�di�chiunque�altro�sidanno�da�fare�nel�limitare�quello�che�è�il�principale�motore�di�questadiffusione�(pare)�inarrestabile:�il�passaparola�dei�pazienti�soddisfatti.�[...]�Personalmente,�decisi�di�NON�essere�"unicista"�ben�più�di�15�annior�sono:�uscendo�da�un�percorso�di�formazione�agopunturale�e�omotossicologica,�ma�affascinato�da�questa�benedetta�omeopatia�unicistahahnemaniana�(???),�riuscii�ad�imbucarmi�in�una�specie�di�incontro�carbonaro�a�Desenzano�sul�Garda,�col�grande�Eliziade�Masi.�Tre�giorni�aparlare�di�Menyanthes...�Alla�fine�dei�tre�giorni�uno�dei�partecipanti,�armati�di�testi�di�San�Tommaso�d'Aquino�e�Dizionario�dei�Simboli,�chieseal�maestro�un�caso�in�cui�fosse�riuscito�a�prescrivere�il�"simillimum".�Risposta:�"Me�lo�ricordo�benissimo,�perchè�è�l'unica�volta�in�cui�riuscii�adusare�il�simillimum..."�(segue�descrizione�del�caso,�Arnica,�per�la�cronaca).�Adoro�l'integrazione�come�applicazione�clinica�personale,�ma�amoanche�gli�integralisti,�perchè�in�ogni�modo�sono�quelli�dai�quali�si�impara�di�più.

Simonetta Bernardini -�Scusa�Gianguglielmo�e�scusatemi�amici,�vorrei�fare�una�riflessione�per�capire:�ma�se�il�grande�Masi�Eliziade�nellasua�esperienza�è�riuscito�una�sola�volta�a�prescrivere�il�simillum�questo�cosa�vuol�dire?�Ha�senso�parlare�di�simillimum?�Ha�più�senso�parlaredi�simile...�Noi�non�siamo�Templari...�Se�ogni�giorno�facciamo�"omeopatia�efficace�prêt-à-porter"�che�spazio�deve�avere�il�dogma?�Dagli�in-tegralisti�si�impara�di�più?�Che�cosa?�Teoria�o�pratica�clinica?�Perchè�se�si�impara�la�teoria�del�simillimum�ma�poi�il�simillimum�non�lo�trovaneanche�Masi,�cosa�si�impara�in�realtà?�Sapere�per�saper�fare.�Un'altra�domanda,�perchè�vorrei�capire:�come�glielo�spieghiamo�ai�nostricolleghi�medici�convenzionali�che�vorremo�portare�l'omeopatia�nella�pratica�clinica�quotidiana�della�medicina�insegnandoli�a�cercare�il�(santo)graal-simillimum�che�però�è�difficilissimo�da�trovare?�Non�sto�dicendo�che�non�credo�nel�simillimum.�Ma�le�parole�per�dirlo,�secondo�unprincipio�di�realtà,�dopo�la�tua�testimonianza�che�è�un�fatto�importante�non�so,�onestamente,�come�trovarle.

Paolo Bellavite -�Capisco�Simonetta�che�la�tua�è�una�provocazione�e�ti�rispondo�in�modo�altrettanto�provocatorio:�Masi�oggi�è�quasi�incom-prensibile�(forse�anche�dai�masiani?)�come�lo�è�San�Tommaso�d'Aquino!�Concordo�che�il�simillimum�non�esiste,�ché�altrimenti�dovrebberoesistere�6.000.000.000�di�rimedi,�bisogna�sempre�accontentarsi�del�simile;�è�anche�vero�che�ci�si�può�avvicinare.�Ma�il�problema�è�spessoequivocato,�per�tante�ragioni.�Io�ho�ben�cercato�di�capire�come�funziona�il�simile�"oltre�Boyd",�per�spiegare�a�me�stesso,�che�se�capisco�io�poiriesco�a�spiegarlo�anche�ai�"convenzionali"�di�mente�aperta�(che�allora�non�sono�più�convenzionali).�Il�punto�non�è�il�simillimum�(che�nonesiste),�né�la�diluizione:�il�punto�è�che�nelle�malattie�(anzi,�nei�malati)�ci�sono�diversi�livelli�del�disordine�che�vanno�dalla�molecola,�alla�cellula,all'organo�e�al�sistema.�Questi�livelli�sono�frattalici�ologrammici,�intrecciati�ovviamente,�ma�disposti�anche�in�un�modo�consequenziale:�adesempio�il�rilascio�di�istamina�è�controllato�dai�basofili,�i�quali�sono�controllati�dai�linfociti�B,�i�quali�sono�controllati�dal�rapporto�TH1/2,�ilquale�rapporto�dipende�da�quanto�cortisone�si�produce,�ma�questo�a�sua�volta�dipende�dall'ipotalamo�e�dall'epifisi,�oltre�che�dalle�citochineetc.�Il�simile�(non�il�simillimum),�anche�se�imperfetto,�per�fortuna�nostra�funziona�spesso�e�volentieri�a�tutti�i�livelli.�L'importante�è�"toccare"il�punto�critico�della�sensibilità�del�sistema�alterato,�per�innescare�la�reazione�secondo�la�regola�di�Wilder�(anche�di�questo�tratta�Boyd,�nonsolo�di�Arndt-Schulz).�Se�vogliamo�andare�a�"capire"�e�soprattutto�"toccare�farmacologicamente"�un�livello�profondo,�o�meglio�precoce�nellacatena�causale�e�quindi�più�generale�e�sistemico,�non�abbiamo�molte�altre�"armi"�del�metodo�inventato�da�Hahnemann�(i�successori�possonoaver�un�po'�perfezionato,�altri�un�po'�peggiorato).�Cioè�sfruttare�le�conoscenze�del�potere�patogeno�dei�farmaci,�a�tutti�i�livelli.�Il�metodo�diHahnemann�(giustamente�Gino�dice�che�sarebbe�più�corretto�chiamarlo�costituzionalista�piuttosto�che�unicista:�il�fatto�di�usare�un�solo�me-dicinale�alla�volta�vale�solo�perché�in�tal�approccio�si�può�capire�meglio�se�ha�funzionato�o�no�nel�follow�up)�ha�senso�solo�se�ci�interessa�quellivello�di�regolazione�farmacologica,�che�non�si�raggiunge�con�nessun�altro�metodo�"convenzionale".

Dalle pagine di OmeopatiaOnline...

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29HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | novembre 2010 | vol. 1 | n. 2

CONTRIBUTI ORIGINALI

All’alba del 27 marzo ’41 dalle basi di Napoli,Taranto, Brindisi e Messina, con la scorta dinumerose cacciatorpediniere, salpavano la

corazzata Vittorio Veneto e otto incrociatori (“Trieste”,“Trento”, “Bolzano”, “Zara”, “Pola”, “Fiume”, “Ducadegli Abruzzi” e “Garibaldi”). Riunendosi in mare, siapprestavano ad effettuare al comando dell’AmmiraglioAngelo Jachino la più importante operazione navale disuperficie concepita della nostra Marina, che intendevamisurarsi direttamente da pari a pari con la Mediter-ranean Fleet britannica dell’Amm. Cunningham.

Lo scontro si svolse al largo di Capo Matapan, iniziò il28, e finì con la dolorosa perdita di 3 incrociatori(“Pola”, “Fiume” e “Zara”), di varie cacciatorpediniere,fra cui l'Alfieri e il Carducci, oltre al danneggiamentodella “Vittorio Veneto”, che, colpita da un siluro, riuscìfortunosamente a rientrare alla base. La nostra RegiaMarina conosceva bene la propria inferiorità, ma un po’per esigenze di propaganda, un po’ per orgoglio militare,un po’ perché stimolata dagli alleati tedeschi, che nesollecitavano un impiego più deciso, aveva voluto tentaredi misurarsi con il nemico secondo gli schemi bellicitradizionali: e fu il disastro.

In medicina le “regole di ingaggio” con le varie malattie,cioè le indicazioni scientifiche e le Linee Guida chedovrebbero illuminare un corretto approccio clinicoprovengono prevalentemente dal mondo anglosassone,sostanziale padrone dei mari scientifici, in cui haimposto anche la lingua, strumento che, è benericordarlo, con i suoi limiti spesso contribuisce a limitareanche i pensieri: a forza di scrivere in inglese si finisceper pensare in inglese e alla lunga può risultare difficilenon solo poter scrivere, ma anche poter pensare quelloche gli anglosassoni non possono pensare.

Sfugge il fatto che quelle anglosassoni e statunitensi inparticolare sono realtà mediche economicamente ricchee scarsamente sensibili alla socialità e alla solidarietà:

negli Stati Uniti si calcolache più di 45 milioni dicittadini non rientranonel sistema statale diassistenza medica, inquanto non possono per-metterselo: questo ovvia-mente non scalfisce ilvalore scientifico delleacquisizioni che il me-desimo sistema produce,anzi ne esalta parados-salmente le potenzialità.

I risultati delle ricerchescientifiche e le inno-vazioni concettuali, te-cniche e tecnologiche cheil progresso determinavengono recepiti in tuttoil mondo, per lo più daesponenti di Centri diEccellenza ben inseritinei circuiti scientificiinternazionali, lodevol-mente presenti anche nelnostro Paese. Tali centri, peraltro, per propria natura,hanno incidenza assai scarsa sull’assistenza territoriale dibase. D’altra parte, sono per lo più, anche se nonunicamente, medici operanti in tali Centri, cioérappresentanti apicali del nostro Sistema SanitarioNazionale, ad elaborare le Linee Guida Nazionali.

Queste regole comportamentali, però, vanno aresponsabilizzare direttamente colleghi che operano inun Sistema Sanitario prevalentemente assistenziale eimprontato alla solidarietà, e quindi in gran parte nonautofinanziato con il diretto o indiretto pagamento deiservizi da parte dell’utente.

Grandi risultati con mezzi modesti

Edoardo Bernkopf

E-mail: [email protected]

Figura 3La corazzata“Vittorio Veneto”.

Figura 1Amm. Angelo Iachino.

Figura 2Sir Andrew BrowneCunningham.

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30 HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | novembre 2010 | vol. 1 | n. 2

CONTRIBUTI ORIGINALI

Per questo, a differenza che nella medicina d’oltreoceano, tale finanziamento risulta cronicamenteinadeguato, e soprattutto quanto mai disomogeneo dalpunto di vista territoriale dalle Alpi alla Sicilia. Lamaggior parte quindi dei medici interessati dalle regolecosì fissate, come i marinai imbarcati sulle Regie Navi aCapo Matapan, non possono sottrarvisi, e rischiano inproprio la difficoltà di rispondere alle aspettative neipropri confronti e alle sempre più frequenti aggressionimedico legali: spesso, come a Caporetto, l’insipienzadegli alti comandi viene scaricata sui soldati.Difficilmente a seguito delle crescita delle necessità“scientifiche” il Sistema può reggerne economicamentee professionalmente all’impatto di una passivatraduzione nella lingua e nel sistema nazionali di ciò cheproviene dagli Stati Uniti, in assenza di linee guida eschemi comportamentali nuovi, frutto di nuove eoriginali elaborazioni “filosofiche” prima ancora chescientifiche o tecniche.

Gli schemi di approccio tradizionale con le malattierespiratorie prevedono l’attenta considerazione di dueordini di fattori: l’agente eziologico provenientedall’esterno (batterio, virus, allergene, elementoinquinante) e le caratteristiche dell’ospite (patterngenetico - famigliare, recettività immunologia, eventualestato allergico): su queste componenti si concentrapressoché tutta la professionalità dei curanti, che,secondo le Linee Guida vigenti, si servono delletradizionali possibilità terapeutiche: farmacologiche,vaccinali, chirurgiche. Sfugge quasi sempre un elemento:la necessità per gli agenti esterni di servirsi di una “portadi ingresso” nell’organismo del paziente, e che lecaratteristiche di questa porta di ingresso possano essereun parametro estremamente importante, non solo nella

patogenesi della malattia, ma anche nell’approccioterapeutico.

Lo schema respiratorio che abitualmente si impiega ariposo può essere di tipo nasale (il più corretto e piùbiologicamente vantaggioso) o orale. Ciò influenza nonpoco le caratteristiche della “porta di ingresso” di cuisopra. La presenza di uno schema respiratorio oralefacilita enormemente l’ingresso di agenti nocivi e by. -passa le molteplici difese presenti nella via nasale, difesespesso più efficaci dei sofisticati trattamenti terapeuticidi provenienza esterna.

La malocclusione dentale e la malposizione mandibolaresono spesso alla base dell’instaurarsi di uno schemarespiratorio orale, e la sua considerazione può risultaredeterminante anche a livello terapeutico: lo schemarespiratorio non costituisce infatti una caratteristica fissadi un soggetto, ma può variare anche spontaneamentenell’arco della giornata e delle sue condizionipsicofisiche, e, sopratutto, costituisce un parametrofisiopatologico modificabile con adeguato trattamento.

Trattare dal punto di vista medico-farmacologico unpaziente che continua a respirare con la bocca è un po’come pretendere di farlo lasciandolo nudo alleintemperie .

Il ripristino di uno schema respiratorio nasale, ottenibilecon l’applicazione di dispositivi endoorali di tipoortodontico comporta una ricaduta positiva a vari livelli:in particolare non può che riverberare positivamentesulla salute respiratoria generale. Il costo di untrattamento ortodontico, abitualmente considerato alto,se paragonato in modo scientifico con i costi degliapprocci diagnostici e terapeutici tradizionali, sirivelerebbe addirittura concorrenziale.

Nella notte del 18 dicembre 1941, nella munitissimabase britannica di Alessandria, l’impiego di tre Siluri aLenta Corsa della Decima Flottiglia MAS (i così detti“Maiali”), mezzi d’assalto subacquei lunghi poco più disei metri ma di originale progetto tecnico e dirivoluzionario impiego tattico, al comando del Tenentedi Vascello Medaglia d'oro al Valor Militare LuigiDurand de la Penne, portò al semiaffondamento dellapetroliera "Sagona" e di due importanti corazzate, la"Valiant" (una delle navi da battaglia di Cunningham aCapo Matapan) e la "Queen Elizabeth“ .

I danni impediranno alle navi di rivedere il mare primadella fine del conflitto. In precedenza, il 25 Marzo 1941,i mezzi d’assalto di superficie, pur sempre barchini dipochi metri, penetrati nella base britannica di Suda,nell’Isola di Creta, avevano affondato l’incrociatore“York”.

Quando nella primavera del ’45, a Valdagno, inprovincia di Vicenza, i guastatori del “Gruppo Gamma”,fra gli ultimi combattenti della Decima, si arresero, oltreall’onore delle armi, ebbero dagli angloamericani l’offertadi collaborare nella guerra contro il Giappone: le piùpotenti marine del mondo riconoscevano con questaofferta la peculiare e irripetibile potenzialità offensivadell’originale esperienza italiana della Decima Mas, checon mezzi modestissimi, ma ben amministrati da uominicapaci e coraggiosi, in grado di elaborare schemi tattici

Figura 4Luigi DurandDe La Penne,

Tenente di Vascello,Medaglia d’Oroal Valor Militare.

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e comportamentali del tutto nuovi e rivoluzionari, avevaottenuto risultati ben maggiori dell’orgogliosa flotta disuperficie, che aveva preteso di muoversi secondo glischemi tattici tradizionali ed abituali, collezionandosconfitte. Il pragmatismo anglosassone non è peraltroubiquitario: ipotesi di percorsi diversi dalle Linee Guidainternazionali, nel nostro sistema sanitario sono permolti motivi difficili anche solo da proporre.

Va ricordato, del resto, che la proposta degli anglo-americani fu rifiutata: neanche ai marò della Decimainteressava l’impiego in acque troppo straniere e lontanedal Mare Nostrum. L’odontoiatria potrebbe avere unruolo molto importante in molte patologie di confine,non solo respiratorie, ma la sua classe dirigente, sia incampo scientifico che associativo, non è attualmente ingrado di interpretarlo. D’altronde, le altre discipline diriferimento nelle patologie di confine non sarebberopreparate ad accettarlo.

APPENDICELa bocca costituisce una porta fra l’organismo el’ambiente esterno: tutte le patologie legate ad elementipatogeni che si mescolano all’aria che inspiriamonecessitano di una porta di ingresso, che nella patologiastessa o quantomeno nella sua gravità non può nongiocare un qualche ruolo. “Tutte le malattie entrano dallabocca!” diceva Confucio.

Quando si respira abitualmente con la bocca anziché conil naso, l’ aria inspirata salta il filtro costituito dall'epitelionasale ciliato e, senza essere preriscaldata, umidificata efiltrata nelle fosse nasali e nei seni paranasali, investe lagola, irritandola cronicamente, e prosegue, sempre incondizioni fisico-chimiche sfavorevoli, nelle basse vie.Solitamente questa situazione, molto comune, vieneattribuita al cattivo funzionamento del naso, legato adanatomie sfavorevoli oppure a condizioni patologichecroniche: in realtà è spesso espressione di unacompetizione fisiopatologica fra naso e bocca,competizione “vinta”, per così dire, necessariamentedalla bocca in quanto dotata di minori resistenze al flussoaereo, ma la cui “vittoria” è pagata dal naso: infatti la suamancata ventilazione predispone alle complicanzepatologiche ricorrenti e croniche, che sono erroneamentescambiate per la causa anziché identificate come effettodi uno schema respiratorio anomalo, vale a dire di unoschema di Respirazione Orale Primaria che ha appuntonella bocca la sua causa prima. Non è solo il ruolo diporta e barriera fra individuo e ambiente a individuarenella bocca un potenziale ruolo patogenetico in moltepatologie, non solo respiratorie.

Nel retrobocca si realizzano la maggior parte delleproblematiche ostruttive, legate al conflitto fra paretefaringea, palato molle e tonsille da un lato con la basedella lingua dall’altro, conflitto che la gestione orto-gnatodontica della postura mandibolare e della dentaturapossono vantaggiosamente modificare. La Sindromedell’Apnea Ostruttiva nel Sonno, la più significativa fraqueste patologie, può sostenere secondariamente tuttauna serie di quadri patologici che possono essere confusicon patologie primarie: GER, Enuresi, ADHD, deficit

di crescita, Ipertensione. La malposizione mandibolarepuò sostenere una cefalea che, per caratteristichecliniche, non si discosta da un quadro emicranico o ditipo tensivo, e con queste ultime cefalee primarie vienespesso confusa, condannando il paziente ad una gestionefarmacologia a vita. Un conflitto fra condilo mandibo-lare e orecchio (tuba di Eustachio in particolare) puòrendere ragione di molti quadri di Otite Media AcutaRicorrente e di Vertigine Parossistica, fino a poter dareuna suggestiva interpretazione della patogenesi, tuttoraoscura, della Malattia di Menière. La compressione delmassetere sul dotto di Stenone predispone alle ParotitiRicorrenti Giovanili, così come alle scialolitiasi del-l’adulto: in queste ultime va sottolineato come sia facileconsiderare il calcolo causa del ristagno salivare, anzichéquest’ultimo causa della precipitazione del calcolo,avviando così il quadro clinico alla reiterazione disuccessive crisi, come tutte le volte che, nell’inter-pretazione di un quadro clinico, si scambia la causa conl’effetto. In molte patologie, la presenza di una anamnesifamiliare positiva, che orienta verso una prognosisfavorevole, costituisce invece motivo di fiducia (oltrechédi conferma diagnostica) se i componenti dello stessoceppo familiare sono accomunati dalla medesimaconformazione anatomica cranio mandibolare di cuil’occlusione dentaria e la postura mandibolarecostituiscono una importante componente.

Infine la postura mandibolare scorretta costituisceelemento non secondario di atteggiamenti scoliotici ocomunque compensatori a livello rachideo che, presi dasoli, rischiano ancora una volta di veder confusa la causacon la conseguenza di un quadro clinico, e di vederconcentrati i curanti sulle conseguenza a lungo terminequali degenerazioni artrosiche e erniazioni discali. g

Figura 5Confucio(28 settembre 551 aC,479 aC).

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PaoloPaolo è un bambino di un anno e sei mesi che si nutredi solo latte materno. Visitato subito dopo la nascita, ècresciuto costantemente al 25° centile fino al terzo mese,quindi ha iniziato un graduale calo ponderale.

I giovani genitori, contrari a terapie farmacologiche e adogni pratica strumentale sul figlio, alla richiesta di unesame delle urine si erano rivolti ad un pediatra amicoche aveva assecondato la famiglia limitandosi a sommi-nistrare dei fiori di Bach senza indagare ed escludere cheil sintomo fosse espressione di altre patologie. Il bimbodel resto era stenico, reattivo, con uno sviluppo neuro-logico adeguato all’età.

Alcun segno di malessere, se si escludeva il rifiuto di ognialimento che non fosse il latte materno e la correlata as-senza di crescita.

Circa 6 mesi dopo rividi il bimbo poiché la madre, esor-tata da un’amica, tornò a consultarmi. Paolo, di 9 mesi,aveva un peso praticamente fermo a quello dell’ultimocontrollo effettuato all’età di tre mesi! La curva di crescitasul grafico tracciava una parallela alle ascisse dal 25° cen-tile a tre mesi al punto di molto sotto il 3° centile sul-l’ordinata dei 9 mesi. Alzai gli occhi sul bimbo, incontraii suoi neri e intensi, i capelli neri, e pensai d’istinto“Iodum”!

Ma non è l’istinto che deve guidare la prescrizione.

Staphysagria

Tiziana Di Giampietro

Medico omeopata, pediatraE-mail: [email protected]

CONTRIBUTI ORIGINALI

Loacker Remedia S.r.l. - Tel. 0471 353 355 - Fax 0471 353 133 - [email protected] - www.loackerremedia.it

La natura è la nostra passione

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Era tra le braccia materne, posizione che difficilmenteabbandonò fino a che, due mesi dopo, cominciò a cam-minare. Il padre sempre presente, assecondava in un si-lenzio amorevole i due.

Naturalmente i genitori rifiutavano analisi del sangue.Valutai lo sviluppo psicomotorio che era assolutamentenella norma: un piccolo, armonico, vispo furetto che tifissava negli occhi, che era interessato all’ambiente, chesi ostinava a volere solo il seno materno, cosa di cui lamadre era intimamente soddisfatta, affermando che co-munque il piccolo “stava bene”.

Il contatto con altri cibi si limitava, anche nei mesi suc-cessivi, a una mollica di pane o un cucchiaino di uovo oun pezzetto di polpetta ogni due o tre giorni. Il ricoveroa 7 mesi nel reparto pediatrico dell’ospedale, dove lavo-rava il collega, non aveva portato ad una diagnosi se nonalla convinzione dei medici che la madre fosse “strana”,con conseguente rottura dei rapporti. Paolo era un pa-ziente “scomodo”, con genitori non collaboranti.

Lo avevano infine dimesso con firma del padre.

Nei primi incontri studiai i genitori per capire ed adot-tare un atteggiamento condivisibile. La situazione, moltodelicata, mi investiva della responsabilità d’essere l’unicaoccasione di contatto per il piccolo.

Da un lato l’urgenza “vitale” di nutrirlo, dall’altra unamadre prevenuta che, se troppo esortata avrebbe potutoallontanarsi di nuovo, perdendo altro tempo prezioso.Un giorno, alla proposta di controllare insieme ogni set-timana la crescita del peso, arrivò ad accusarmi di volervedere il figlio malato per poter fare tante visite.

La guardai negli occhi e vidi una madre che soffriva econ calma le spiegai che, essendo un pediatra conven-zionato, l’aumento del numero delle visite di Paolo nonmi avrebbe portato incentivi economici ma che il miointeresse era per un suo accrescimento costante, indicedi buona salute. Inoltre volevo che non si sentisse sola eavesse in me un riferimento.

Tutto cambiò e i nostri incontri si fecero più sereni finoa che, forse per l’empatia che si era creata, riuscii a farlefare alcuni esami del sangue che risultarono negativianche per la celiachia. Avvertii nel contempo, grazie allasua apertura, la sensazione di una sofferenza interiore eduna dolcezza che le impediva di difendersi.

Mi chiese una visita omeopatica e la scoprii Staphysagria,non per informazioni dettagliate sui sintomi fisici e ge-nerali (in gravidanza aveva avuto, mi riferì, un dispiaceree provato una rabbia), quanto per l’essenza della rea-zione, per la repressione che aveva adottato dell’eventosofferto, i cui particolari non mi svelò e che non inda-gai.

E’ facile trovare nell’anamnesi di questo policreste mal-trattamenti da parte di mariti o di genitori aggressivi cheinducono nella vittima, invece che rabbia e reazione, unsenso di colpa o di vergogna. Chi assume il medicinalepotrà trovare la forza interiore per porre fine al rapportoche lo ferisce.

Le prescrissi Staphysagria 200CH e, mi disse in seguitodi essersi sentita molto meglio. Paolo intanto aveva 12mesi.

Serio, tranquillo e composto, molto sensibile e vulnera-bile aveva la tipologia di un Natrum muriaticum. Avevapaura se lo sollevavo in alto per gioco o se mi trovava colcamice da medico.

La madre era attenta a non portarlo a visita appena sve-glio perché, diceva, era molto irritabile. Ama i dolci. Nonsi ammala mai: un solo episodio di tosse continua ner-vosa. Dorme molto di giorno ma si sveglia di notte. Pre-scrissi allora anche a Paolo una dose di Staphysagria alla200K. Il giorno dopo e per una settimana mangiò conappetito. La curva del peso, in calo sotto il 3° centile, sifermò. Poi tornò a digiunare ed ebbe una gastroenteritecontagiata dai genitori. Consigliai Arsenicum album7CH, Nux Vomica 5CH e dieta adeguata a tutta la fa-miglia e seguì una pronta risoluzione.

Al controllo prescrissi Staphysagria 30 CH in dose. Perun mese non ebbi notizie del bimbo e poi un giorno lamadre mi telefonò per “condividere con me una gioia”:Paolo aveva mangiato a tavola con i genitori ed i nonniun enorme piatto di spaghetti con sugo di carne, il se-condo con contorno e la frutta … era famelico!

L’appetito ad oggi non si è estinto. Paolo non è unbimbo “grasso” ma cresce con regolarità ed il suo svi-luppo, sempre sotto controllo, è tornato al di sopra del3° centile. Il suo appetito non è più un problema.

FebeE’ una bimba di un anno e sei mesi, secondogenita diuna sorellina affetta da Cistinosi esordita come Sindromedi Fanconi ed ora in terapia.

La definizione diagnostica era stata perfezionata durantela gravidanza di Febe, in un periodo molto doloroso perla madre che seguiva la primogenita che peggiorava visi-bilmente il suo stato di salute. Alla nascita Febe presen-tava una malformazione capillare segmentaria conangiocheratomi dell’arto inferiore sinistro ed era etero-zigote per Cistinosi con sospetta miastenia generalizzataa causa del tono muscolare ridotto particolarmente altronco e ai muscoli antigravitari del collo.

La RMN mostrava inoltre un sospetto angioma caver-noso intramidollare in D12-L1.

Si sospetta una Sindrome di Klippel-Trenaunay-Weber.Anche per lei il padre e la dolcissima madre, iniziano iviaggi della speranza fra i centri di eccellenza per la dia-gnosi e il possibile trattamento.

La piccola Febe, pallida e inappetente, ha la stessa espres-sione di dolce fiducia negli occhi con cui mi guarda lamadre. La diagnosi arriva e la terapia viene indicata nelmoderno laser Multiplex che effettua nell’ospedale dellasua città. La madre mi racconta che Febe non ha appetitoe dimagrisce.

Prescrivo ad entrambe Staphysagria 30CH e avverto lamadre che l’effetto potrebbe evidenziarsi dopo un mese.E puntualmente, a distanza esatta di un mese, Febe co-mincia a mangiare.

Entrambi silenziosi, indifferenti, apatici e tristi, malin-conici, solitari, di poche parole, inappetenti. Entrambimigliorati da Staphysagria. g

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La domanda di qualità ha assunto un’importanzaogni giorno più rilevante negli ultimi decennicoinvolgendo aspetti sempre più numerosi della

vita del singolo individuo e della collettività. Dapprima,sono stati i settori produttivi di beni e, in un secondotempo, quelli di servizi che hanno sviluppato sistemi dicontrollo della qualità sempre più raffinati e confacentialle esigenze del mercato e dei consumatori. Un esempiotipico è costituito dalle certificazioni UNI EN ISO 9000e UNI EN ISO 9004:2009 che comprendono un in-sieme di norme di applicazione generale i cui requisitisono costruiti per fornire al cliente una garanzia non at-traverso un semplice controllo sul risultato ma, piuttosto,sul rispetto di procedure predefinite così da limitare ade-guatamente i rischi di non conformità e le modalità permantenere nel tempo il controllo della stessa.

Le stesse problematiche sono state affrontate in medi-cina, sia nel campo dell’organizzazione (clinical audit)che in quello della clinica (medical audit). L’omeopatiamoderna non sfugge alla necessità di adeguarsi, con lesue modalità specifiche, alla necessità del controllo diqualità dei suoi processi.

Dalla fine degli anni ’90, con l’aiuto di alcuni colleghi,abbiamo sentito l’esigenza di analizzare e verificare inmodo più sistematico il nostro operato. Abbiamo appli-cato le procedure dell’audit sia alla nostra metodologiadi prescrizione sia ad alcune patologie, quali l’orticariacronica, l’asma bronchiale e la dermatite atopica.

Il concetto di qualitàAgli inizi degli anni ’80 sono stati realizzati i primi studiche hanno messo in rilievo quali sono gli elementi fon-damentali del ciclo del clinical audit cioè del processo dimonitoraggio e miglioramento della qualità: a) defini-zione; b) elaborazione e valutazione dei metodi per lamisurazione; c) analisi e sviluppo di metodologie con-crete per il miglioramento. Primo elemento da affrontareè quindi la definizione della qualità.

Esistono molte interpretazioni di tale definizione legateai diversi punti di vista dei vari soggetti interessati. Ladefinizione di qualità è quindi fortemente condizionatadalle diverse aspettative di pazienti, professionisti, diri-genti ed enti finanziatori. Per i pazienti la qualità, piùspesso, coincide con l’accesso alle cure migliori e con lapartecipazione alla scelta della terapia, per i professionisticon la disponibilità dei mezzi di diagnosi e cura, per gliamministratori con il raggiungimento di un rapportocosto/benefici favorevole e per gli enti finanziatori conun ottimale sfruttamento delle risorse.

L’altro elemento che determina la pluralità dei metodidi approccio alla qualità è il suo carattere multidimen-sionale.

Se Maxwell, negli anni 80, definì per primo la qualitàdell’assistenza sanitaria, fu Donabedian a dare un impor-tante impulso allo sviluppo del concetto di qualità nellacura della salute proponendo alcune diverse definizioni,tra le quali la più nota prevede tre dimensioni: a) la strut-tura; b) il processo; c) i risultati della cura.

Gli studi più recenti hanno condotto a nuove definizionidella qualità dell’assistenza sanitaria e quella che consi-deriamo più moderna appartiene a Richard Baker, diret-tore dell’unità di ricerca e di sviluppo del ClinicalGovernance dell’Università di Leicester: “La qualità puòessere definita come il giudizio su un elemento dell’assistenzasanitaria. Tale giudizio è determinato dalla misura in cuigli aspetti tecnici dell’assistenza sanitaria concordano con lemigliori prove oggi disponibili, oppure, in mancanza diprove, con l’opinione più accreditata, è conforme alle prefe-renze dei pazienti ed è autorizzato dai codici che regolanola pratica clinica, esplicitamente espressi mediante regola-menti e legislazioni o impliciti nell’opinione pubblica”.

Clinical auditLa definizione del concetto di qualità rappresenta quindiil primo passo verso la costruzione di un sistema di con-trollo che prevede successivamente, come abbiamo giàdetto, l’elaborazione e la valutazione dei metodi per mi-surare e per migliorare la qualità.

Una delle iniziative più significative intraprese nell’areadella pratica clinica e dell’assistenza sanitaria, negli ultimianni, è stata senz’altro il clinical audit, inteso come unmetodo sistematico per la misurazione e il migliora-mento della qualità delle cure e dell’assistenza fornite alpaziente. In questo ambito si inserisce il controllo dellaqualità della prescrizione in medicina, in generale, e inomeopatia in particolare.

Ma che cos’è il clinical audit?

“Il clinical audit è un processo che consiste nel monitorarele procedure utilizzate nella diagnosi, nell’assistenza e nellaterapia, nell’esaminare come le diverse risorse vengano usatein sinergia e nel valutare l’effetto delle cure sui risultati esulla qualità di vita del paziente” (The Department ofHealth (DoH), 1993, “Clinical Audit: Meeting and im-provingstandars in healthcare”).

Esso coinvolge la struttura che concerne la disponibilitàe l’organizzazione delle risorse (umane, strumentali estrutturali) necessarie per l’erogazione del servizio, il pro-cesso che riguarda il modo in cui il malato è accolto e

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L’audit clinico e alcuni esempidi sue applicazioni in omeopatiaCandida Berti, Edoardo Felisi

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gestito dal servizio dal momento in cui è inviato al mo-mento in cui è dimesso, i risultati che esplicitano l’effettodell’intervento clinico sul paziente. Questi ultimi inve-stono una varietà di aspetti, per esempio: l’effetto sullasalute e sulla qualità di vita del paziente, il controllo deisintomi, la soddisfazione del paziente rispetto all’assi-stenza clinica, l’evoluzione della malattia.

Metodi di auditMa in realtà come può essere strutturato il clinical audit?Innanzitutto deve essere definito uno standard di cura(nel senso inglese del termine, più simile a quello italianodi assistenza che non a quello di terapia) che dovrebbeessere idealmente concordato tra tutti coloro che sarannocoinvolti nella gestione del servizio. Lo standard non ne-cessariamente deve avere un valore assoluto, al contrariopuò avere un livello di performance concordato local-mente e che può essere valido, secondo il parere dei sa-nitari coinvolti, solo in una particolare popolazione e inparticolari condizioni.

E’ necessario poi sviluppare i criteri che forniscono in-formazioni pratiche e dettagliate su come ottenere talestandard. Essi devono essere rilevanti, comprensibili, mi-surabili, definiti dal punto di vista comportamentale erealistici.

Lo stesso tipo di procedimento può essere applicato al-l’attività di un singolo medico che opera ambulatorial-mente o a un gruppo di medici che svolgono il lorolavoro in differenti ambulatori, ma con una proceduraconcordata e sovrapponibile, dunque confrontabile. Inquesto caso viene definito medical audit.

Audit e ricercaSi incontra spesso confusione quando si cerca di tracciareuna distinzione tra audit e ricerca; in effetti, ambeduepongono domande sulla qualità dell’assistenza, ma pre-sentano similitudini e differenze. La ricerca contribuiscea determinare che cos’è la buona pratica clinica, l’auditcontribuisce a determinare se questa conoscenza vieneutilizzata nel contesto clinico.

“L’audit è un processo teso ad influenzare le attività diun individuo o di un piccolo gruppo; la ricerca clinicacerca invece di influenzare l’assistenza sanitaria nel suoinsieme.” Crombieet al (1993), “The Audit Handbook:Improving Health care through Clinical Audit”.

Le similarità fra audit e ricerca sono lo spirito di inve-stigazione, l’approfondimento della conoscenza e dellacomprensione, la condivisione di un approccio metodo-logico meticoloso (progetto, procedura, analisi ed inter-pretazione), la richiesta di impegno e supporto, l’uso piùefficace delle risorse e il miglioramento della qualitàdell’assistenza. Le differenze, invece, riguardano soprat-tutto il fatto che nell’audit si realizza la revisione dell’as-sistenza per identificare i miglioramenti possibili e glistrumenti per attuarli, mentre nella ricerca si perseguel’investigazione sistematica tesa ad aumentare il volumedelle conoscenze e l’identificazione del trattamento piùefficace e la definizione della migliore pratica, attraversotrial controllati.

Audit e omeopatiaL’utilizzazione dell’audit in campo omeopatico è un fe-nomeno relativamente recente e fino a ora vi si sono ci-mentati in particolare alcuni gruppi europei.

Il controllo di qualità della diagnosi e della prescrizioneomeopatiche pone i problemi che in generale devono es-sere affrontati nell’audit della medicina convenzionale,come è stato ampiamente esposto precedentemente, manecessita anche della risoluzione di problemi che sonopeculiari al metodo stesso, quali, ad esempio, la perso-nalizzazione della terapia, la difficoltà di definire deglistandard nella terapia di terreno e la scarsità di strutturesanitarie che eroghino un servizio su larga scala. Oggi inItalia l’Ospedale di Medicina Integrata di Pitigliano cioffre finalmente l’opportunità di poter dare un contri-buto rilevante a questa importante area di studio.

Il problema dell’audit in omeopatia è stato per la primavolta affrontato dal gruppo“Clinical Audit, Effectiveness& Quality” del Royal London Homeopathic Hospital(RLHH), coordinato da Fiona Sharples e Robbert van-Haselen, che ha potuto affrontare il problema del con-trollo di qualità riferendosi sia al singolo prescrittore siaad una struttura più complessa in cui l’erogazione delservizio è strettamente connessa al coordinamento di piùprofessionisti e di diversi reparti.

Analizzeremo ora le caratteristiche peculiari del medicalaudit omeopatico: il controllo della prescrizione e delservizio realizzato nell’ambito di un’attività ambulato-riale di un singolo medico o di un gruppo di medici.

Nel medical audit, vengono presi in considerazione ge-neralmente solo il controllo del processo e la valutazionedei risultati, perché gli aspetti strutturali, in questo con-testo, sono considerati marginali, eccetto nel caso di si-tuazioni limite.

In questa situazione possiamo considerare come aspettostrutturale il percorso formativo del medico. Tale per-corso può essere sottoposto a una valutazione e ad unconfronto con uno standard definito dalla comunitàscientifica omeopatica, onde garantire all’utenza un ade-guato livello di preparazione dei professionisti.

Il controllo del processo, che in questo caso è rappre-sentato dalla sequenza di eventi che porta alla prescri-zione, può avvenire soltanto se si verificano alcunecondizioni indispensabili per poter ovviare alla disomo-geneità dei dati: a) metodo di raccolta dei dati ben strut-turato e omogeneo nel tempo; b) registrazione dei datiin una cartella; c) metodologia di selezione dei medici-nali articolata in un sistema di riferimento sufficiente-mente costante (metodo a griglie successive, metodo adaree integrate, repertorizzazione, etc.)

Il controllo del processo prescrittivo è completato infineda altri due elementi fondamentali: la definizione dei cri-teri per la valutazione della qualità dei medicinali e la de-finizione dei criteri per il follow-up. La presenza di questielementi è indispensabile per poter confrontare il pro-cesso che porta alla prescrizione con degli standard dibuona qualità concordati all’interno di un gruppo di re-visione fra pari o con degli standard definiti da associa-zioni professionali.

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La nostra esperienzaCome già accennato ci siamo cimentati nello svolgi-mento di alcuni audit, di cui ora vogliamo riferirvi inmodo specifico.

Il primo fu presentato alle Journées de L’Institut Boirona Lione nel 2000 con la collaborazione del collega der-matologo Giorgio Prandi col titolo “Une approche mé-thodologique homéopathique du traitement desurticaires chroniques”. Abbiamo applicato la nostra me-todologia di approccio al malato cronico a 50 casi di or-ticaria cronica, presentatisi all’osservazione dal gennaio1996 al maggio 1999. Al di là dei risultati ottenuti, que-sta esperienza ci ha consentito di rivedere e verificare ilnostro lavoro nella realtà clinica quotidiana e di acquisirequella visione di insieme che altrimenti rischia di per-dersi nel ritmo dell’attività giornaliera.

Nel marzo 2004 abbiamo presentato ( E. Felisi, C.Berti,G.Di Leone) al III Convegno Nazionale SIOMI, “Lacomplessità in medicina”, un secondo audit dal titolo:“Criteri di selezione dei medicamenti omeopatici in fun-zione della complessità del quadro clinico nel malato cro-nico”. I pazienti affetti da patologie croniche presentanoin genere un quadro clinico alquanto articolato e moltoindividualizzato che richiede un metodo di selezione deimedicamenti che consenta di organizzare razionalmentela mole di dati clinici raccolti e di coordinarla secondouna gerarchia prestabilita. Abbiamo dunque analizzatol’applicazione di tale metodo in un range temporale de-finito. Tale sistema era derivato da quello chiamato a“griglie successive”, ideato dal nostro compianto maestroMarcello Bignamini, metodo costituito da un algoritmoa schema fisso: la scelta dei medicamenti è raggiunta at-traverso una serie ridotta di passaggi predefiniti. Ab-biamo apportato dei cambiamenti per poter renderequesto modello più duttile, facilmente comunicabile econfrontabile con altre metodologie. Abbiamo chiamatola versione di tale procedimento “metodo ad aree inte-grate”, poiché consiste nel raggruppare i principali datiricavabili dalla consultazione omeopatica in quattro areeprincipali, nell’ambito delle quali è possibile operare unascelta ad opzione diretta senza essere condizionati dal ri-gido schema di un algoritmo, con un percorso a passaggiobbligati. La suddivisione dei dati clinici nelle quattroaree sopra descritte è la seguente:

• Area ad alto livello di similitudine: dati lesionali, sin-tomi e modalità caratteristici gerarchizzati.

• Area ad alto valore segnaletico: tipologia sensibile,causalità.

• Area ad alta frequenza: costituzione, modello reat-tivo.

• Area a prevalenza clinica: eziologia (isoterapici), fi-siopatologia (isoterapici), indicazioni cliniche.

Gli elementi contenuti in ciascuna area indicano i me-dicamenti correlati sulla base della legge di similitudinee dell’esperienza clinica. Le aree ovviamente non rappre-sentano dei compartimenti stagni, ma sono tra di lorosovrapponibili, perciò la scelta dello stesso medicinalepuò derivare da aree differenti. In questo audit abbiamoanalizzato il solo processo prescrittivo per valutarne l’af-

fidabilità e la qualità. I risultati terapeutici non fannoquindi parte della valutazione di questo lavoro. Sonostate analizzate 2709 prescrizioni relative a 1357 pazienticon patologie croniche, effettuate da tre medici, dal mesedi settembre 2002 al mese di giugno 2003, in un’areageografica che comprendeva alcune regioni del nord edel sud del territorio nazionale italiano. Tali prescrizionisono state confrontate con uno standard costituito dalmetodo ad aree integrate. Le patologie presentate dai pa-zienti comprendevano: la patologia allergica, ORL, neu-ropsichiatrica, dermatologica, ostetrico-ginecologica,gastroenterologica, pneumologica, dismetabolica, orto-pedico-traumatologica, uro - logica, immunologica, car-diologica e un “varie”.

Sono stati analizzati il numero e le percentuali delle pre-scrizioni indicate da ogni elemento di tutte le quattroaree e sono stati confrontati i valori relativi al totale ditutte le prescrizioni con quelli di tutti i raggruppamentiper apparato o funzioni per valutare l’incidenza della ti-pologia di malattia sulle modalità di prescrizione.

L’analisi delle 2709 prescrizioni nei 1357 pazienti delcampione esaminato ha evidenziato e confermato che iparametri che più spesso ricorrono nella scelta dei me-dicamenti sono la tipologia sensibile, il modello reattivoe i sintomi e le modalità caratteristici, come da sempretramandato dalla tradizione dell’omeopatia clinica. E’stato interessante notare però che gli elementi di deriva-zione clinica hanno assunto nel tempo una maggior im-portanza raggiungendo nel nostro audit una percentualedi prescrizione del 25% circa del totale. Inoltre, nellascelta dei criteri di prescrizione, giocava un ruolo nontrascurabile anche il tipo di patologia da affrontare comeevidenziato dalle diverse percentuali, talora molto di-verse, che i singoli parametri presentavano nelle diffe-renti patologie. Il metodo così sviluppato ci apparivacome un sistema più adeguato, pratico e condivisibile,nel quale l’intuizione clinica poteva essere giustificata econfermata da un processo logico. Quando la comples-sità del quadro clinico non permette la libera espressionedell’intuizione, l’organizzazione logica del metodo adaree sovrapposte permette di ottenere delle soluzioni conuna diversa aderenza interpretativa, giustificate in modologico.

Il terzo audit ha riguardato 100 pazienti adulti con asmaallergico, di età compresa fra i 16 e i 68 anni, 66 fem-mine 34 maschi, osservati da 120 a 4 mesi, 78 soggettiesaminati per almeno tre anni e i soggetti con pollinosiper non meno di 12 mesi. I pazienti oltre all’asma pote-vano presentare oculorinite, rinite e poliposi, sindromeallergica orale, eczema. 48 soggetti soffrivano di sola pol-linosi, 18 di pollinosi e allergia ad acari domestici, 22 dimono-allergia ad acari, nei restanti allergia a derivati ani-mali o alternaria, uno solo allergia ad acari e proteine dellatte vaccino. Al momento della valutazione presa in con-siderazione come baseline per il lavoro, l’82% dei sog-getti esaminati assumeva terapia inalatoria con betaagonisti short acting, il 65% terapia steroidea inalatoria,il 39% terapia con beta 2 long acting associata a steroidi.Per tutti veniva adottato lo stesso metodo di raccolta dati(anamnesi classica, anamnesi omeopatica secondo la me-todologia CISDO, esame obiettivo, esecuzione SPT, in

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alcuni casi valutazione IgE specifiche sieriche, spirome-tria e test di provocazione bronchiale aspecifico con me-tacolina (TPBAm). Tali dati venivano registrati sucartella clinica cartacea e così per i controlli successivi.La terapia omeopatica di fondo poggiava sulla sommi-nistrazione di uno o al massimo tre medicinali omeopa-tici unitari, di solito due, scelti secondo i criteri diselezione attraverso il metodo ad aree a diverso grado disimilitudine elaborato dal CISDO. Quando necessarioveniva indicata anche terapia inalatoria con broncodila-tatori e/o steroidi, di rado con cromoni inalatori, o vice-versa veniva mantenuta la terapia inalatoria e/o conmontelukast orale già in atto, con una progressiva valu-tazione del dosaggio in merito all’evoluzione dei sintomi.

I pazienti venivano controllati in ambulatorio ogni 3-6mesi e la valutazione della sintomatologia era derivata siadal miglioramento soggettivo in percentuale rispetto alprecedente controllo in quattro livelli (<30%, 30-50%,50-80%, >80%), sia dalla riduzione dell’utilizzo di far-maci convenzionali, riferito e registrato in cartella. Du-rante lo studio si è avuto un drop out e dunque lavalutazione finale è stata fatta su 99 persone. Prima deltrattamento omeopatico, 82 pazienti su 99 usavano ste-roidi a breve azione, 65 su 99 steroidi inalatori, 38 su 99un’associazione di steroidi inalatori e brocodilatatori alunga azione. La riduzione di oltre il 50% rispetto al va-lore basale della terapia inalatoria è stata la seguente: peri brocodilatatori a breve azione nell’82% dei soggetti, pergli steroidi topici nel 72%, per l’associazione broncodi-latatore a lunga durata e steroide nel 64%. Su 9 soggettiche assumevano a cicli più o meno frequenti e lunghisteroidi per via sistemica, 7 hanno completamente so-speso questa terapia. Oltre la metà della popolazione stu-diata ha riferito un miglioramento sintomatologicosoggettivo superiore al 50% rispetto alla prima visita ef-fettuata.

Il quarto e ultimo audit ha riguardato la dermatite ato-pica in 53 pazienti dell’ambulatorio di Candida Berti,scelti nel suo archivio cartaceo, selezionando i casi di der-matite atopica trovati in modo consecutivo fra le cartelle,partendo dalla lettera zeta verso la a, per un totale di circa1600 (3,5%). I pazienti sono stati tutti osservati e trattatiper un periodo di almeno cinque anni. Sono stati esclusii bambini con meno di 6 anni, perché è noto che aquell’età un ampio numero va incontro a risoluzionespontanea. L’età della popolazione studiata andava dagli8 ai 44 anni, età media 29,9, 27 maschi e 26 femmine.29 soggetti sui 53 presentavano allergia ad acari dome-stici e 39 pollinosi. 13 soggetti su 53 (24,5%), presenta-vano un’allergia alimentare, due con gravi reazionianafilattiche. In questo caso l’alimento è stato rigorosa-mente escluso e, al termine dell’audit, non ancora rein-tegrato. La metodica di osservazione e di trattamentoerano gli stessi riferiti nell’audit sull’asma. I pazienti ve-nivano controllati in ambulatorio ogni 3-6 mesi e la va-lutazione della sintomatologia era derivata sia dalmiglioramento soggettivo in percentuale rispetto al pre-cedente controllo, sia dalla riduzione dell’utilizzo di far-maci convenzionali, riferito e registrato in cartella. Ladistribuzione della gravità della dermatite atopica eralieve in 22 soggetti (41.5%), moderata in 29 (54.7%),

severa in due (3.8%). Circa i due terzi dei pazienti mo-stravano un miglioramento oltre il 50% rispetto alla sin-tomatologia di partenza sia della dermatite sia del pruritoe la stessa percentuale si osservava anche considerandosolo il gruppo “pediatrico” fra gli 8 e i 18 anni. La ridu-zione del consumo di steroidi topici era proporzional-mente sovrapponibile. Oltre il 60% dei pazientimanifestava, con la terapia, un buon controllo anchedella sintomatologia respiratoria.

ConclusioniIl successo che il clinical audit ha avuto nella medicinaconvenzionale, contribuendo a un notevole migliora-mento dell’assistenza sanitaria, costituisce un importantestimolo per i ricercatori omeopatici che hanno comin-ciato ad affrontare i problemi specifici che tale metodicacomporta nella sua applicazione all’omeopatia. E’ auspi-cabile che tale interesse non si limiti a poche persone par-ticolarmente illuminate, ma che possa coinvolgeresempre più medici che praticano le medicine comple-mentari, integrandole nella medicina convenzionale.

Mutuando il pensiero di Ivan Cavicchi la medicina dellascelta deve essere il terreno da seguire nell’operare me-dico: la conoscenza di più metodiche, una cassetta degliattrezzi, la più ricca possibile, dalla quale prelevare divolta in volta l’utensile più adatto alla situazione da af-frontare, consapevoli della complessità del malato, in au-tonomia e responsabilità. Non una medicina ammini-strata, non l’amministrazione della libertà del medico.L’educazione alla medicina affinché questa esprima unacultura pragmatica della conoscenza, il grado di civiltàdella nostra società. Consci del rischio dell’arbitrarietà,cercando di disporre di più possibilità razionali. Apparedunque necessario operare affinchè il processo di conva-lida dell’omeopatia possa continuare a crescere e l’auditrappresenta un utile strumento a tal fine.

Spesso i medici che lavorano in ambulatorio operano iso-lati nei loro studi, con la difficoltà di poter riflettere sulproprio iter quotidiano, confrontare e condividere leproprie valutazioni. L’acquisizione di un metodo opera-tivo condivisibile appare uno strumento necessario e in-dispensabile per raggiungere questo obiettivo. L’auditmedico può rappresentarne una tappa e un primo mo-mento di confronto, sul quale costruire le basi per unosviluppo metodologico oltre che uno strumento di vali-dazione della stessa medicina integrata. Ci auguriamoche queste esperienze rappresentino il trampolino di lan-cio di studi clinici più complessi. g

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Gianna Gabbanelli -�Questi�sono�gli�accessi�nel�mio�am-bulatorio�negli�ultimi�10�anni,�esperienza�presumo�condi-visibile�con�gli�altri�pediatri...�[...]�Come�evidente,�a�paritàdi�massimale,�la�domanda�in�10�anni�è�triplicata.�Duranteil�picco�della�suina�(lo�scorso�novembre)�ho�fatto�una�mediadi�circa�40�visite�ambulatoriali�al�giorno�e�ho�raggiunto�le50�telefonate�giornaliere�nel�cellulare...�i�lunedì!�Il�PdF�èl'unico�specialista�convenzionato�per�cui�non�è�previstoalcun�filtro!�Con�questi�numeri�come�si�può�pensare�di�uti-lizzare� l'omeopatia� in�ACUTO� senza�una�perfetta� cono-scenza�della�Materia�Medica�supportata�da�un�approccioclinico�SINTETICO!!!�E'�questo�che�va�insegnato�nelle�scuoledi�Omeopatia,�a�prescindere�dalle�ore�e�dalla...�lunghezzadell'interrogatorio,�che�non�sempre�è�un�indicatore�di�qua-lità.�Concordo�pienamente�con�la�Dott.�Bernardini:�10�mi-nuti�possono�bastare...�Direi�quasi�devono�bastare�in�unambulatorio�convenzionato�e�di�fronte�ad�un�paziente�checonosci�dalla�nascita...�Tutto�il�resto�è�noia!�Solo�così�l'omeo-patia�potrà�essere�competitiva�e�"integrata"�nel�nostro�ba-gaglio�terapeutico.�Essenziale�è�che�ognuno�di�noi�facciaciò�che�sa�fare�bene,�con�professionalità�ed�empatia,�e�nonil...�tuttologo!�Lasciamo�il�bambino�al�pediatra�omeopata...

Luisella Zanino -�Quello�che�preoccupa,�a�parte�tutte�letue�considerazioni�sull'uso�dell'omeopatia��(che�condividoquasi�fossimo.."un�uomo�solo"�:-))�è�il�drammatico�aumentodella�domanda!�Un�problema�sociologico,�lo�definirei,�non�me-dico...che�andrebbe�indagato.�È�davvero�domanda�di�salute?O�c'è�anche�qualcos'altro?�Come�pediatri�dovremmo�interro-garci�sulla�incapacità,�nei�giovani�genitori,�di�gestire�in�auto-nomia�la�minima�banalità.�Ma�non�vorrei�annoiare...�i�nonpediatri�e�domando:�anche�gli�altri�specialisti�o�medici�di�me-dicina�generale�hanno�questo�trend?

Tiziana Di Giampietro -�Il�calcolo�che�si�fa�sul�tempo�impie-gato�dal�pediatra�per�curare�una�patologia�acuta�in�un�pa-ziente� che� conosce� nella� sua� costituzione,� tipologia,problematiche�personali�e�familiari�non�è�assolutamente�com-parabile�a�quello�di�un�omeopata�che�vede�alla�prima�visita�ilmalato.�Il�bambino,�salvo�rare�eccezioni,�è�sano�e�nella�fasereattiva�migliore�della�sua�vita.�E�questa�"reattività",�confusada�molti�con�la�malattia,�è�la�causa�per�cui�spesso�ricorre�dalmedico.�L'episodio�acuto,�dal�pediatra�omeopata,�è�spesso�ri-solto�sulle�modalità�di�manifestazione�del�sintomo,�già�allaprima�consultazione�telefonica�e,�in�caso�di�visita,�le�domandeche�rivolge�alla�madre�mentre�si�appresta�a�visitare�il�piccolomalato,�già�lo�orientano�sulle�cause�e�sulle�cure�da�sommini-strare;�l'ispezione�servirà�solo�di�conferma�alla�diagnosi�no-sologica�e�di�conforto�nella�scelta�più�o�meno�mirata.�Quei�10'sottendono�una�conoscenza�profonda�del�paziente�che�avràle�manifestazioni�acute�di�Pulsatilla,�di�Natrum�muriaticum,di�Calcarea�carbonica...�E�che�richiederanno�spesso�anche�soloil�medicinale�di�fondo.�La�velocità�della�prescrizione�è�un�mistodi�esperienza,�di�empatia,�di�conoscenza.�Si�fa�titubanti�al-l'inizio�e�solo�col�tempo�se�ne�avverte�la�sottile�armonia�chefa�chiudere�il�cerchio�intorno�alla�malattia.�La�scuola�può�in-segnare�la�similitudine,�la�costituzione,�la�diatesi,�la�tipologia,la�causalità�e�le�modalità,�le�sensazioni...�l'amore�e�il�tempofaranno�il�resto.

Dalle pagine di O

meopatiaO

nline...

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La complessità delle numerose forme cliniche di ce-falea è stata sistematizzata dall’International Hea-dache Society (IHS) in un capillare lavoro di

classificazione non solo delle cause, da cui risultano al-meno 150 diversi tipi di mal di testa, ma anche dei criteridiagnostici, attraverso una minuziosa descrizione degliinnumerevoli segni e sintomi che ciascun malato puòmanifestare.In questa dettagliata analisi sono state modalizzate, qua-lificate e valorizzate più di ottocento caratteristiche dellecrisi dolorose, seguendo inconsapevolmente e dunqueparadossalmente lo stesso iter del metodo omeopaticoper descrivere le differenti forme di cefalea ed identificarecosì con la massima precisione ciascun caso clinico. Aquesto punto il medico omeopata realizza la diagnosi delbinomio malato/malattia e prescrive il medicinale in fun-zione della similitudine, mentre il medico allopata clas-sifica il tipo di cefalea per adeguare la scelta terapeutica.Confrontare l’inquadramento delle cefalee stabilito dal-l’IHS con la prassi diagnostica omeopatica, sembra unmodello eclatante di medicina integrata, quanto menodal punto di vista della metodologia, ma senza dubbiopuò essere un esempio originale per la descrizione dellaindividualità del malato, caratteristica che è indubbia-mente propria della metodica clinica omeopatica. A con-ferma di ciò colpiscono le corrispondenze tra particolaridati semeiologici riportati dalla classificazione della IHSe le patogenesi di alcuni medicinali omeopatici, come adesempio la modalità del dolore pulsante o martellante,la sua localizzazione unilaterale, l’aggravamento con leattività fisiche, l’associazione con la nausea, il vomito, lafotofobia e la fonofobia, tutti sintomi che evocano le pa-togenesi di alcuni medicinali omeopatici come AtropaBelladonna o Bryonia dioica. Questa sorprendente so-vrapposizione metodologica tra medicina classica e me-dicina omeopatica fa comunque capire quanto siaimportante l’unicità e la soggettività di ciascun malatoed avvicina sempre più le due metodiche verso un pos-sibile obiettivo comune di sottintendere ed evidenziarenella genesi delle cefalee, non solo il quoziente fenotipico(la malattia) ma anche e soprattutto il modello genoti-pico (il malato).

Inquadramento clinicoL’eziologia delle cefalee può essere primaria o secondariae manifestarsi clinicamente sia in forma acuta che cro-nica. Il dolore può essere di forte intensità e soprattuttoprolungato nel tempo provocando sia grave disabilità cheun pesante impatto socio economico nel welfare sanita-

rio. In questa breve esposizione esaminiamo le cefalee adeziologia primaria che rappresentano la maggior parte ditutti i mal di testa (95%) e che sono distinte in quattroentità nosologiche, che comprendono l’emicrania, la ce-falea a grappolo, la cefalea muscolo tensiva e la cefaleaautonomico-trigeminale.

Diagnosi e terapiaLa frequenza, la durata e la gravità della cefalea, i fattoriche la alleviano o la peggiorano, i sintomi e i segni asso-ciati, quali la febbre, la rigidità nucale, la nausea e il vo-mito, sono elementi che, insieme a speciali protocollidiagnostici, aiutano a identificarne le cause. La diagnosisi avvale di indagini neurologiche, metaboliche, endo-crine, di test oftalmologici ed otorinolaringoiatrici e senon è chiara l’origine di una cefalea recente, persistenteo ricorrente, si impone una RMN e/o una TAC, soprat-tutto in presenza di sintomi neurologici.Molti tipi di cefalea sono di breve durata e richiedonouna terapia con blandi analgesici. La terapia delle cefaleeprimitive può essere di tipo preventivo, di interruzioneo analgesico. I calcioantagonisti e gli antagonisti della se-rotonina sono utilizzati nella prevenzione. Per il tratta-mento di interruzione vengono utilizzati i triptani(agonisti della 5-OH-triptamina) e i derivati della segalecornuta. L’indometacina risulta efficace solo nella cefaleaa grappolo. Gli effetti indesiderati correlati all’uso di que-sti farmaci, rappresentano sicuramente un limite ed unostacolo a volte invalicabile, nella soluzione non solocausale ma anche sintomatica della malattia cefalalgica,perché frequentemente i trattamenti prolungati creanouno stato di intossicazione a volte più grave della malat-tia stessa.

TipologiaEmicrania - E’ una cefalea primitiva che perdura perquattro/settantadue ore, pulsante ad intensità variabileda moderata a grave, unilaterale che peggiora con l’eser-cizio fisico, ed è accompagnata da nausea, vomito, iper-sensibilità alla luce, al suono ed agli odori. Sono presentialterazioni del flusso ematico cerebrale ma non è chiarose la vasodilatazione e la vasocostrizione siano una causao un effetto dell’emicrania. Sono stati identificati moltifattori scatenanti come l’estrogeno ciclico, l’insonnia, icambiamenti barometrici e la fame. Lo stress risulta co-munque essere un fattore determinante. Uno dei sintomipiù caratteristici presente in circa il 20% dei casi, è l’aurache consiste in un deficit transitorio reversibile di tipo

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LE CEFALEEIl contributo dell’omeopatiaRoberto Pulcri

Medico omeopataE-mail: [email protected]

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visivo, somato sensoriale, motorio o fasico. Un’aura disolito è associata a irritabilità, irrequietezza e inappetenzae precede per non più di un’ora la crisi dolorosa. La sin-tomatologia segue uno schema definito per ogni pa-ziente, ma i dolori unilaterali non sempre insorgononello stesso lato. Le crisi emicraniche possono presentarsitutti i giorni o soltanto a diverse settimane o mesi di di-stanza.Cefalea a grappolo - E’ una cefalea primitiva che perduradai 15 ai 180 minuti, fortemente invalidante, unilaterale,localizzata in sede periobitaria e/o temporale, che si ri-pete fino a 8 volte al giorno e può essere associata a la-crimazione, congestione oculare, ostruzione nasale,sudorazione del volto e ptosi o miosi.Cefalea muscolotensiva - E’ una cefalea primitiva chedura dai 30 minuti ai 7 giorni, non pulsante di gradolieve o moderato, bilaterale, non è aggravata dall’eserciziofisico e non è associata a disturbi neurovegetativi. Puòessere ritenuta come uno stato di iperalgesia cranica, conridotta modulazione endogena del dolore e con aumen-tato potenziamento del dolore stesso. Contribuisconoalla sua insorgenza più fattori come un’emicrania con-comitante, alterazioni dell’umore, disturbi del sonno estati d’ansia.

Approccio omeopatico alle cefaleeLe teorie sulla genesi della cefalea sono numerose, mapur volendo restare conformi ai criteri cartesiani nei con-fronti di questo binomio sintomo/malattia, è necessarioconoscere e valutare anche il criterio olistico omeopatico,espressione tangibile del binomio sintomo/malato, nellacomplessa interrelazione competitiva tra lo psichismo, ilsistema nervoso, il sistema endocrino e il sistema immu-nitario. E’ necessario tuttavia tenere conto che nell’ap-proccio omeopatico molto o tutto dipende dalla storiaclinica del singolo individuo, sottintendendo con questol’importanza e il valore dell’assetto diatesico, costituzio-nale, ed ereditario, tutti elementi strettamente correlatiche possono concorrere ad esprimere la bioreattività delmalato e a indirizzare il medico nella diagnosi clinicaomeopatica del simillimum, ovvero alla prescrizione dispecifici medicamenti diluiti e dinamizzati che caratte-rizzano la farmacologia omeopatica infinitesimale dellemicrodosi. La possibilità di “classificare” omeopatica-mente le cefalee non può essere considerata una forzaturané deve essere valutata come una eresia, ma va interpre-tata solo come strumento utile alla diagnosi del medica-mento specifico, senza nulla togliere al principiofondamentale della individualità del malato.Esemplificando al massimo questa impostazione pos-siamo rubricare molti medicamenti omeopatici sovrap-ponendo la classificazione dell’ICS ai differenti criteridiagnostici di individuazione omeopatica del simillimum(patogenetico, tipo sensibile, costituzionale, diatesico).Così nelle forme di emicrania a lateralità sinistra ritro-viamo ad esempio Sulfur, Lachesis mutus e Spigelia an-thelmia; nelle forme a lateralità destra ritroviamoLycopodium clavatum, Silicea, Sanguinaria canadensised Iris versicolor; nelle forme a lateralità alterna ritro-viamo Lac caninum; nelle forme di emicrania con aura

ritroviamo Cyclamen, Iris versicolor, Belladonna e Glo-noinum; nelle forme muscolo tensive ritroviamo Ignatia,Gelsemium, Arnica montana.

Esperienza clinicaNella mia personale esperienza clinica la ricorrenza dimalati affetti da mal di testa risulta ovviamente esseremolto significativa, sia per la notevole diffusione socialedi questo disturbo, che non risparmia alcuna età predi-ligendo il sesso femminile (circa cinquanta milioni dipersone in Europa), sia per la frequenza con cui si ma-nifesta (ogni giorno circa due milioni di europei ha unattacco di emicrania), sia per la ricerca di un trattamentonon invasivo in rapporto agli effetti particolarmente tos-sici in pazienti lungamente medicalizzati. Su questa baseho riportato alcuni medicamenti omeopatici che più fre-quentemente ho utilizzato nella mia attività professionalee che hanno dimostrato una notevole efficacia nel trat-tamento delle cefalee.Nux vomica, pianta appartenente alla famiglia delle lo-ganiacee, ricca di alcaloidi, principalmente brucina estricnina, la cui azione tossicologica provoca una stimo-lazione midollare e bulbare con aumento delle percezionisensoriali ed una ipereccitabilità a livello del sistema ner-voso e a livello dell’apparato digerente. Si tratta di sog-getti, in cui la sollecitazione digestiva è sempre relativa astress nervosi, in cui le forti conflittualità nella ricercadelle affermazioni personali si scaricano sul cibo con unatteggiamento di tipo bulimico o nella ricerca di stimoliindotti da eccitanti nervini come la caffeina, l’alcol e fi-nanche le droghe. Nux vomica presenta una cefalea a lo-calizzazione frontale sopraorbitaria o occipitale preferi-bilmente a lateralità sinistra. Esordisce soprattutto almattino al risveglio o poco prima di alzarsi dal letto, as-sociata a vertigini, nausea, e vomito con sensazione dipesantezza frontale e di aumento di volume del cranioin un contesto di autointossicazione in cui prevalgonoerrori igienico dietetici in persone con temperamento bi-liare.Lycopodium clavatum, appartiene alla famiglia delle ly-copodiacee di cui si usano le spore disseccate per prepa-rarne la tintura madre. Considerate per lungo tempoinerti, queste spore contengono numerose sostanze in re-lazione con l’azione farmacologica che possono determi-nare: 4-5% di minerali (ossido di calcio, di magnesio, dizolfo, di alluminio, di silice, di ferro); tracce di manga-nese, di alcaloidi (lycopodina, clavatina, clavatossina) lacui struttura è molto simile a quella della morfina; traccedi glucidi e circa 45/50% di materie grasse come glicerididi acidi saturi e insaturi. La sorgente patogenetica piùimportante di Lycopodium, si manifesta clinicamente alivello delle principali funzioni epatobiliari. Psichica-mente sono caratterizzati da un temperamento irritabile,colerico, autoritario, intolleranti alla contraddizione, esi-genti con se stessi e con gli altri e con tendenza depressivaper mancanza di fiducia in se stessi. Il mal di testa di Ly-copodium è caratterizzato da una emicrania o a localiz-zazione sopraorbitaria destra o con tendenza a evolvereda destra verso il lato sinistro; a carattere congestivo, pul-sante con accentuazione del dolore al minimo movi-

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mento, aggravata dal lavoro intellettuale, dalla lettura,in ambienti troppo riscaldati, insorge soprattutto la serae talvolta è accompagnata a turbe visive (emianopsia ver-ticale destra). Migliora con le bevande calde e ricercandol’aria fresca. Segno caratteristico è la comparsa delle crisise il malato ritarda l’orario dei suoi pasti o se digiuna.Bryonia alba, pianta che appartiene alle cucurbitacee ela cui tintura madre contiene steroli, acidi grassi insaturi,triterpeni, ma soprattutto eterosidi, la cui struttura chi-mica è molto simile a quella dei corticosteroidi. Psichi-camente colerici, irritabili, ostinati ma taciturni. Lacefalea di Bryonia compare sempre in un contesto diepatopatia cronica ed è congestiva, a localizzazione fron-tale od occipitale, con dolorabilità dei globi oculari, sen-sazione come se il cervello stesse scoppiando, aggravatadal minimo movimento, perfino ruotando gli occhi; èmigliorata da applicazioni fredde, dall’immobilità asso-luta e premendo con forza la zona dolente.Cyclamen europaeum è una primulacea la cui tinturamadre contiene saponosidi, oligosacaridi, sali di calcio,potassio e magnesio, silice e ossido di ferro. La sua azionesi sviluppa preferibilmente sul sistema nervoso cerebro-spinale e sugli organi di senso con un tropismo specificoper il nervo vestibolare. Le più recenti patogenesi si sonoarricchite di segni provocati da intossicazioni e sperimen-tazioni in dosi ponderali ed osservazioni cliniche in rap-porto a patologie mestruali, in particolar modo nellesindromi premestruali caratterizzate da emicranie oftal-miche associate a vertigini. Psichicamente Cyclamenesprime un carattere femminile a tendenza depressivo emalinconico, scrupoloso ed ossessionato dal perfezioni-smo, in cui la cefalea può essere l’espressione di una con-flittualità affettiva in quanto scarica contro la propriatesta le pulsioni aggressive che non riesce a rivolgereverso le persone amate. La crisi è sempre preceduta daturbe visive (scotomi, ambliopia, amaurosi) ed inizia disolito su una tempia (tendenzialmente quella sinistra)per poi irradiarsi sulla fronte, provocando una sensazionedi pesantezza sopraorbitaria ed è accompagnata a verti-gini e nausea con o senza vomito. Oltre il contesto cata-meniale (oligomenorrea, amenorrea), il mal di testa diCyclamen può essere anche causato da una latente in-sufficienza epatica per intolleranza ad alimenti grassi edè associata a coliche addominali e diarrea ma in questasituazione il dolore è solo frontale e manca l’aura.

Ignatia amara come Nux vomica appartiene alla famigliadelle Loganiacee ed è anch’essa ricca degli stessi alcaloidistricnina e brucina. Il loro effetto tossicologico antago-nizza la glicina bloccandone l’azione inibitrice post si-naptica. Questo provoca una ipereccitabilità neuro-muscolare, viscerale e psichica con effetti psico analetticie distonici del sistema nervoso. L’effetto più rilevante simanifesta al livello neurosensoriale con agitazione, an-sietà, ed una particolare ipersensibilità emotiva e visceralecon manifestazioni a carattere contraddittorio e parados-sale. La cefalea di Ignatia è in genere una emicrania a lo-calizzazione parietale che compare in seguito ad unaaggressione suscettibile di mobilizzare il sistema neuro-vegetativo ed in particolare dopo intensi schok affettivi,lutti improvvisi, vessazioni o indignazioni trattenute. Ildolore è puntorio, come un chiodo conficcato in unpunto preciso della testa. Alcune volte può essere bat-tente, sopraorbitario o localizzato alla radice del naso.Alla fine della crisi compare di solito una diuresi abbon-dante di urina chiara.In conclusione possiamo affermare che questo lavoro di“confronto” fa parte di un percorso suggestivo ed origi-nale per arrivare a stabilire un traguardo ambizioso, ecioè quello di una medicina unica e interdisciplinare,non dilaniata da contrapposizioni sterili, ma comple-mentare ed integrata che deve passare necessariamentesia attraverso l’abbattimento di certi totem ideologici siaattraverso il superamento di falsi pregiudizi per valoriz-zare la ricchezza di una integrazione dei saperi. g

Letture selezionateD Demarque, J Jouanny, B Poitevin, Y Saint-Jean; Phar-

macologie et matiere medicale homeopathique;Cedeh 1993.

M Guermonprez, Homeopathie, Cedeh 2006.Cahiers de bioterapie, Les cephalees, Ed. Similia juin-

juillet 1994.A Horvilleur, La prescription en homeopathie, Ed. Ma-

loine Paris 1990.C Binet, erapeutique Homeopathique, Ed. Dangles

1977.www.lhs-classification.org/itwww.eurohead.org

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La cefalea o mal di testa è un sintomo che può esserecollegato a patologie anche gravi, che richiedonodi essere riconosciute e diagnosticate. Tuttavia,

spesso, la causa della cefalea cronica resta misteriosa e iltrattamento rimane sintomatico. In seguito a ciò, il pa-ziente è esposto al rischio di patologie iatrogene, anchegravi, correlate all’assunzione cronica di farmaci, spessodotati di una tossicità non piccola, e all’uso compulsivodegli stessi nella speranza di evitare il dolore. La tolle-ranza che nel tempo interviene, fa il resto.L’agopuntura ha dimostrato, attraverso numerosi studiclinici e diverse metanalisi, di costituire un efficace pre-sidio, di potenza almeno pari a quella dei farmaci sia perla cura che per la prevenzione degli episodi acuti. La so-stanziale assenza di effetti collaterali, unitamente all’ef-ficacia, in realtà, la pone di diritto tra gli strumenti diprima scelta per l’affronto di questa patologia nel lungoperiodo.

Cefalea e Medicina Tradizionale CineseInnanzitutto dobbiamo subito precisare che l'approcciodiagnostico alla cefalea da parte del medico esperto diMTC (Medicina Tradizionale Cinese) è, per lo più,molto... occidentale. Infatti la cefalea costituisce unsintomo comune a diverse affezioni, alcune delle qualipossono avere evoluzione anche infausta se non trattateprontamente con procedure chirurgiche, quali, adesempio, la cefalea che compare in corso di ematomasubdurale dopo un trauma o la cefalea d’esordio in casodi neoplasia cerebrale. Resta valido, perciò, l’assuntosecondo cui ogni cefalea di recente insorgenza deve,innanzitutto, essere valutata dal medico che prima,attraverso il colloquio, e poi attraverso esami del sangue,radiologici, TAC, RMN, elettroencefalografia ed ognialtra cosa riterrà opportuna, valuterà se la cefalea èprimitiva (come per lo più accade) o secondaria ad altreaffezioni che richiedono un trattamento particolare ditipo chirurgico o meno.

Fatta questa prima distinzione tra cefalea primaria e se-condaria, il tipo, la frequenza degli attacchi e la zona deldolore consentiranno di diagnosticare il tipo di cefalea.Oggi, infatti, si ritiene che non esista un solo tipo di maldi testa ma gruppi differenti che richiedono, tra l’altro,cure ed approcci differenziati. Tra questi, ricordiamol'emicrania, la cefalea muscolo-tensiva, la cefalea a grap-polo, la cefalea vasomotoria, etc. Quasi tutti questi di-versi tipi di mal di testa possono essere affrontati consuccesso con procedure e prodotti di MTC anche se lamole più rilevante di studi la ritroviamo nel trattamentocon agopuntura della cefalea muscolo-tensiva e dell’emi-

crania ove i risultati si sono dimostrati estremamentepromettenti.I sottili aghi dell’Imperatore Giallo arrecano sollievo alpaziente cefalalgico, affrontando il problema della cefaleanella sua complessità sintomatologica ma senza mai di-menticare che la testa, anche quando duole, è legata adun corpo ed è ponte di collegamento lanciato verso ilpensiero e la mente. Per questo il trattamento tiene contodella globalità del paziente oltreché della classica suddi-visione nosografica in cefalea muscolo-tensiva, emicra-nica, a grappolo, vascolare, nevralgica, primitiva osecondaria ad altre malattie del cranio o generali dell’or-ganismo, etc. Per questo motivo, nella classificazionedelle cefalee, l’agopuntore preferisce parlare di cefalee diorigine esterna, legata ad attacchi di vento-freddo, vento-calore, umidità e corrispondenti abbastanza alla cefaleamuscolo-tensiva e di cefalee ad origine interna. Tra que-ste considera cefalee collegate a disfunzioni del metabo-lismo (cefalee da disturbo del Fegato), ad alterazionineuroendocrine (cefalee da disturbo del Rene), a deficitdi energia, anemia, malattie neurologiche (cefalee da di-sturbi del Qi, del Sangue o da Mucosità-Catarri). L’effi-cacia dell’agopuntura sulle varie sindromi può raggiun-gere percentuali di efficacia anche molto elevate (la ce-falea muscolo-tensiva, su cui l’agopuntura ha dato provedi efficacia documentate anche dalla Cochrane ad esem-pio, risponde nell’85% dei casi alla terapia) con una re-missione della sintomatologia che di solito si prolungaper mesi o anni e non raramente è definitiva. Questofatto è ciò che determina la pratica di sedute “di ri-chiamo” a distanza di 4-6 mesi dall’ultimo ciclo terapeu-tico che ha portato alla remissione della sintomatologia,anche in assenza di recidive. L’agopuntura agisce me-diante un riequilibrio generale del paziente ed intervieneanche su aspetti patologici strettamente correlati al do-lore cefalico quali stress, ansia, depressione, etc.Più in particolare, oggi, sappiamo che esistono punti diagopuntura in grado di sollecitare la produzione di neu-rormoni (encefaline, endorfine) e mediatori cerebrali (se-rotonina, dopamina, istamina, adrenalina), che hannoun ruolo importante nel controllo del dolore. Il ciclo ini-ziale è per lo più composto da una decina di sedute concadenza bisettimanale o settimanale e seguito, in caso diesito positivo, da alcune sedute di richiamo a distanzaanche di mesi. In caso di insuccesso al primo ciclo, primadi dichiarare il paziente non-responder (esiste una pic-cola percentuale di persone che non rispondono all’ago-puntura) si fa seguire a distanza di un mese o più dalprimo, un secondo ciclo di applicazioni. I punti utilizzatiper la terapia della cefalea sono sparsi un po’ in tutto il

CEFALEE

Il contributo dell’agopuntura

Emilio Minelli

Medico omeopata, agopuntoree-mail: [email protected]

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corpo anche se i più importanti sono localizzati a livellodel capo, del collo, delle mani e dei piedi.Spesso, l’agopuntore associa altre forme terapeutiche al-l’agopuntura, secondo indicazioni derivate dalla tradi-zione più antica o dalla più moderna ricerca speri-mentale. Così, al paziente può, talora, essere prescrittoun regime dietetico che serve per aumentare, ad esempio,l’energia, migliorandone la qualità o per eliminare fattoriche possono determinare l’insorgenza di cefalee. In que-sto senso, il formaggio, che determina rallentamenti nellacircolazione dell’energia e del sangue, sino al blocco conproduzione di catarri, viene spesso eliminato dalla dieta.Talora, invece, vengono prescritti alcuni fitoterapici pertonificare l’energia, il sangue, la funzionalità epatica orenale.Più modernamente, infine, si è potuto rilevare come lasomministrazione di alcuni farmaci, anche a piccole dosi,(amitriptilina, clorimipramina, fluoxetina, sertralin, etc.)migliori l’azione antalgica dell’agopuntura. Per questo,talvolta, vengono utilizzati, in corso di terapia così comene vengono eliminati altri (benzodiazepine) che ridu-cono notevolmente l’effetto dell’agopuntura.Ciò detto, però, bisogna ammettere che l’applicazionedell’agopuntura al trattamento della cefalea, passa, an-cora oggi, attraverso l’uso di una metodologia diagno-stica e di una classificazione nosografica strettamentecorrelate al modello epistemologico specifico della MTC.Nelle pagine che seguono cercheremo dunque di illu-strare le forme cliniche principali secondo la diagnosticadifferenziale specifica di questa disciplina.Tradizionalmente e schematicamente, possiamo dividerele cefalee in forme di origine esterna e in forma da squi-libri interni.

Cefalee di origine esternaLe prime dipendono essenzialmente da attacchi da partedi energie cosmopatogene, ovvero energie propriedell’ambiente che si presentano i forma eccessiva operché intervengono in periodi dell’anno che non sonoloro propri, come il freddo in estate o in primavera, operché sono effettivamente troppo intensi. In questi casinon vengono bloccati dalle energie difensive epenetrando a livello del capo sono in grado di bloccarela circolazione a livello dei meridiani del capo e perquesto motivo provocare dolore.

Cefalea: vento-caloreEziopatogenesi - Più frequente nella seconda parte dellaprimavera o in luoghi caldi, è determinata da un attaccoda parte di una energia perversa esterna vento-calore chepuò colpire la testa bloccando la circolazione dell’energiacorretta nei vasi. Questo attacco determina cefalea.Sintomi - Mal di testa con febbre, timore del vento. Ar-rossamento del viso e degli occhi. Sete e desiderio di bere.Stipsi e urine rossastre. Lingua rossa, con induito gialla-stro. Polso superficiale (fu) e rapido (shuo).Principi di trattamento - Disperdere il vento. Purificareil calore.Prescrizione - 16 DM - 20 VB: per disperdere l’energiaperversa vento. 4 GI - 11 GI: per disperdere il vento epurificare il calore. 12 V: per liberare la superficie e re-

golarizzare l’energia difensiva. 5 TR: per drenare il caloreperverso dai meridiani yang.Concomitanze - Se cefalea frontale: 44 S e 4 GI, cui ag-giungere: 23 DM o 14 VB o 8 S o Yintang. Se cefaleatemporale: 43 VB e 2 TR, cui aggiungere: 8 VB o 20 TRo Taiyang. Se cefalea occipitale: 60 V e 3 IT, cui aggiun-gere: 10 V o 14 DM o 16 DM o 19 DM o 20 VB. Secefalea di vertice: 2 F e 16 DM, cui aggiungere: 2 DMo 7 VTecnica di manipolazione - Tecnica di dispersione

Cefalea: vento-freddoEziopatogenesi - L’energia perversa esterna vento-freddopuò colpire la testa, attaccando la circolazione dell’ener-gia corretta, soprattutto nei meridiani tai yang, che cir-colano sulla nuca. Questo attacco determina cefalea.Fino a quando i fattori patogeni esterni si trovano sullasuperficie del corpo, non si hanno sintomi interni a ca-rico di sangue e liquidi.Sintomi - Cefalea che si irradia alla nuca e al dorso, consenso di bastonatura e contrattura muscolare generaliz-zate. Peggiora con il vento e il freddo. Timore del freddo.Assenza di sete. Lingua con induito sottile e bianco.Polso superficiale (fu) e serrato (jin).Principi di trattamento - Disperdere il vento. Eliminareil freddo. Arrestare il dolorePrescrizione - 12 V - 20 VB - 7 P: per liberare il biao,disperdere il freddo, eliminare il vento e arrestare il do-lore. 4 GI: per liberare la superficie e favorire la traspira-zione. 14 DM: per riattivare lo yang nella regione dellatesta. Se cefalea frontale: 44 S e 4 GI, cui aggiungere: 23DM o 14 VB o 8 S o Yintang. Se cefalea temporale: 43VB e 2 TR, cui aggiungere: 8 VB o 20 TR o Taiyang. Secefalea occipitale: 60 V e 3 IT, cui aggiungere: 10 V o14 DM o 16 DM o 19 DM o 20 VB. Se cefalea di ver-tice: 2 F e 16 DM, cui aggiungere: 2 DM o 7 V.Tecnica di manipolazione - Tecnica di dispersione.Moxibustione - Riscaldare 12 V e 14 DM, dopo l’in-fissione degli aghi.

Cefalea: vento-umiditàEziopatogenesi - L’energia cosmopatogena vento-umi-dità può colpire la testa, attaccando la circolazione del-l’energia corretta nei vasi. E’ più frequente nella primaparte dell’autunno o in luoghi caratterizzati da una certaumidità. Questo attacco determina cefalea e, talora, pa-restesie associate.Sintomi - Cefalea (come se la testa fosse in una morsastretta), con testa e membra pesanti e oppressione alpetto. Disuria. Talora, feci molli. A volte febbre conpaura del vento. Lingua con induito bianco e grasso.Polso molle (ru).Principi di trattamento - Disperdere il vento. Eliminarel’umidità. Arrestare il dolorePrescrizione - 23 DM - 16 DM: per disperdere il ventoperverso. 4 GI - 11 GI: per purificare la testa e il viso edeliminare l’umidità perversa. 8 S - 6 M: per drenare e di-sostruire i meridiani yang ming e tai yin. Per eliminarel’umidità.Concomitanze - Se cefalea frontale: 44 S e 4 GI, cui ag-giungere: 23 DM o 14 VB o 8 S o Yintang. Se cefalea tem-

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porale: 43 VB e 2 TR, cui aggiungere: 8 VB o 20 TR oTaiyang. Se cefalea occipitale: 60 V e 3 IT, cui aggiungere:10 V o 14 DM o 16 DM o 19 DM o 20 VB. Se cefaleadi vertice: 2 F e 16 DM, cui aggiungere: 2 DM o 7 V.Tecnica di manipolazione - Tecnica di dispersione.

Cefalee di origine esternaAccanto alle cefalee di origine esterna, abbiamo il gruppodi cefalee, definite di origine interna, in cui la causa deldisturbo va ricercato in uno squilibrio energetico che siproduce, per svariati motivi, a livello della funzionalitàdi organi interni. Spesso, in questo gruppo di cefalee,troviamo forme croniche e farmaco resistenti e una stra-tegia, anche combinata, basata sull’impiego di agopun-tura e fitoterapici può risultare vincente.

Cefalea: catarri e umiditàEziopatogenesi - La Milza in deficit non assolve i suoicompiti di trasporto e trasformazione dell’umidità e ciòdetermina la produzione di catarri. I catarri altro nonsono che una forma concentrata di umidità che produceristagno e blocco nella circolazione dell’energia. Se questifattori invadono la parte superiore del corpo, ostacolanola libera circolazione del qi puro, dando mal di testa.Sintomi - Mal di testa, spesso a baschetto, con senso diovattamento del capo e vertigini. Nausea e vomito, sensodi oppressione e pienezza al petto e dello Stomaco, op-pure iperscialorrea. Frequenti anche disturbi dell’inte-stino con feci molli. Lingua con induito bianco e grasso.Polso xian (a corda) e hua (scivoloso).Principi di trattamento - Trasformare i catarri. Armoniz-zare lo Stomaco. Disostruire i meridiani. Arrestare il do-lore.Prescrizione - 12 RM - 40 S - 36 S: per rinforzare laMilza, armonizzare lo Stomaco, trasformare i catarri. 20DM - Taiyang: per innalzare lo yang puro, disostruire imeridiani e arrestare il dolore. 9 M: per tonificare laMilza ed eliminare l’umidità.Concomitanze - Se vomito severo: 6 MC. Se feci diar-roiche: 25 S. Se cefalee severe: Yintang.Tecnica di manipolazione - Tecnica di dispersione.

Cefalea: stasi di sangueEziopatogenesi - Talora, a seguito di traumi esterni op-pure di forti stress emotivi o di attacchi da energie per-verse di antica data che possono restare latenti prima diprodurre i loro effetti. Talvolta, invece, a seguito di per-dite di sangue con riduzione della forza di irrorazione,si produce una stasi di sangue. In seguito a ciò, si ha ral-lentamento e blocco della circolazione del sangue e delqi nei meridiani e ostacolo alla circolazione del qi puroal capo. Per questo si produce mal di testa.Sintomi - Cefalee con dolore fisso violento e puntorioche data da molto tempo. Vertigini, annebbiamenti vi-sivi, palpitazioni, insonnia. Lingua violacea o talora pal-lida con petecchie. Talora vene sottolinguali dilatate escure. Polso fine (xi) e rugoso (se).Principi di trattamento - Attivare il sangue e disperderele stasi. Disostruire i meridiani. Arrestare il dolore.Prescrizione - 6 M - 10 M - 17 V: per attivare il sanguee disperdere le stasi di sangue. 4 GI: per regolarizzare il

qi e il sangue alla testa, attivare la circolazione nei vasi earrestare il dolore. A seconda della localizzazione dellacefalea, si possono poi utilizzare punti locodolenti conla finalità di sbloccare la circolazione dell’energia e delsangue.Concomitanze - Se cefalea frontale: 44 S e 4 GI, cui ag-giungere: 23 DM o 14 VB o 8 S o Yintang. Se cefalea tem-porale: 43 VB e 2 TR, cui aggiungere: 8 VB o 20 TR oTaiyang. Se cefalea occipitale: 60 V e 3 IT, cui aggiungere:10 V o 14 DM o 16 DM o 19 DM o 20 VB. Se cefaleadi vertice: 2 F e 16 DM, cui aggiungere: 2 DM o 7 V.Tecnica di manipolazione - Tecnica di dispersione.Microsalasso - I punti sul capo, dopo l’infissione degliaghi.

Cefalea: deficit di qi e di sangueEziopatogenesi - In questo caso abbiamo una forma cli-nica in cui il qi e il sangue sono in vuoto a causa di stresso sforzi prolungati oppure per una malattia cronica, ali-mentazione squilibrata, perdite di sangue e di liquidiprotratte. In seguito a ciò vengono meno le funzioni dinutrizione e trasporto dello yang puro al capo. Per questosi determina mal di testa.Sintomi - Cefalee di intensità discreta, ma croniche epersistenti, che si aggravano nel pomeriggio o in seguitoal lavoro e all’affaticamento e che migliorano con il ri-poso. Astenia, respiro corto, palpitazioni, inappetenza,colorito pallido, vertigini, senso di stordimento e acufeni.Lingua pallida con induito bianco. Polso fine (xi), e de-bole (ruo) o rugoso (se).Principi di trattamento - Tonificare il qi. Nutrire lo yine il sangue. Regolarizzare i collaterali. Fermare il dolore.Prescrizione - 17 V - 20 V - 18 V: per stimolare la pro-duzione di sangue e farlo circolare. 36 S - 12 RM - 6RM - 6 M: per tonificare il qi ed il sangue e rinforzare laMilza e lo Stomaco. 20 DM: per tonificare e controllarelo yang. Per tonificare e richiamare il qi. La sua azione è,in massima parte, riconducibile al fatto che è il punto diriunione di tutti i meridiani yang del corpo.Tecnica di manipolazione - Tecnica di tonificazione.Moxibustione - Riscaldare i punti, dopo l’infissione degliaghi.

Cefalea: deficit di Yin di reneEziopatogenesi - Se le essenze vitali del Rene sono esau-rite per un’insufficienza congenita, per eccessi sessuali,per stress o fatica prolungati, per eccessiva assunzione dialimenti caldi, piccanti o disseccanti, si ha un deficitenergetico dei Midolli. Il Cervello, “mare dei Midolli”,è in deficit e questo si manifesta con mal di testa.Sintomi - Mal di testa continuo, vertigini e acufeni. Do-lenzia e debolezza della regione lombare e delle ginoc-chia, calore ai Cinque cuori, febbricola e sudorazionenotturna, perdite protratte di liquidi quali, ad esempio,spermatorrea e leucorrea protratte e incontenibili. Aste-nia, insonnia, agitazione, depressione. Lingua rossa coninduito scarso e secco. Polso profondo (chen) e fine (xi)oppure fine (xi) e rapido (shu).Principi di trattamento - Nutrire lo yin e tonificare ilRene. Favorire la nutrizione dei Midolli. Arrestare il do-lore.

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Prescrizione - 3 Rn - 52 V - 23 V: per nutrire lo yin, to-nificare il Rene e nutrire i Midolli. Taiyang - 20 DM - 6M: per regolare la circolazione del qi nei meridiani e fer-mare il dolore.Tecnica di manipolazione - Tecnica di tonificazione.

Cefalea: liberazione dello yang di fegatoEziopatogenesi - A seguito di ansia, frustrazione e stressemozionali si ha una compressione dello yin di Fegatoche non controlla più lo yang. In conseguenza di questo,si può produrre una liberazione dello yang verso la partealta del corpo, con alterazione della circolazione dei me-ridiani a livello del capo. Ciò provoca la cefalea e, talora,disturbi vertiginosi associati.Sintomi - Mal di testa, talora associato a vertigini, consensazione di distensione come se la testa dovesse scop-piare. Il dolore è, per lo più, localizzato al vertice o alletempie, con irradiazioni dolorose agli occhi e ai seni ma-

scellari. Rossore del viso, arrossamento congiuntivele ebocca amara. Dolori e sensazione di distensione sotto lecoste. Agitazione e irascibilità. Insonnia. Lingua rossacon induito giallo. Polso teso a corda (xian), rapido (shu).Principi di trattamento - Calmare il Fegato. Abbassarelo yang. Arrestare il dolore.Prescrizione - 20 VB - 20 DM - 5 VB: per regolare ilFegato e la Vescica Biliare e calmare il mal di testa. 43VB - 2 F: per purificare il fuoco di Fegato e di VescicaBiliare e abbassare lo yang.Concomitanze - Se cefalea localizzata all’apice del capo:20 DM. Se cefalea temporale: Taiyang. Se congestioneoculare: 1 IT. Se grave agitazione e collera: 18 V - 7 MC.Se sintomi di grave deficit di yin: 2 Rn - 3 Rn.Tecnica di manipolazione - Tecnica di dispersione.Tecnica di tonificazione - 3 Rn - 23 V.Microsalasso - 1 IT - Taiyang. g

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Il contributo della fitoterapiaCarlo Di Stanislao

Medico omeopata, Membro del Comitato Scientifico e Docente dell’Associazione Italiana di Fitoterapia e FitofarmacologiaPresidente della Commissione MNC dell’Ordine dei Medici de L’AquilaE-mail: [email protected]

Fra le varie terapie comunemente impiegate in corsodi cefalea, la fitoterapia ricopre un ruolo di premi-nenza, tanto quanto l’agopuntura e l’omeopatia,

con ampio utilizzo sia nell’adulto che nel bambino e siain corso di forme primarie che secondarie (infiammato-rie, ormonali, oftalmiche, etc.).

Il problema dell’uso della fitoterapia, più che nel caso dialtre terapie alternative e non convenzionali, risiede nelfatto che spesso si fa ricorso ad autoprescrizione e, so-vente, non si informa il medico curante dell’uso di ri-medi vegetali, creando presupposti per interazionifarmacologiche severe e potenzialmente molto gravi.1-4

L’impiego di piante antinfiammatorie, miorilassanti esedative, che sono le più usate nelle cefalee, rende neces-saria una particolare prudenza nei confronti di farmaciche bloccano lipo e cicloossigenasi, agiscono sul sistemanervoso centrale e sulla coagulazione e aggregazione pia-strinica.5, 6

Nelle cefalee tensive, che sono le più frequenti (90%)tra le cefalee, caratterizzate da dolore di qualità grava-tivo-costrittiva al capo, soventemente associato ad au-mento del tono dei muscoli del capo e/o della nuca e inquelle infiammatorie (da sinusite, otite, etc.), il rimediovegetale d'elezione è l’Harpagophytum procumbes, rime-dio della tradizione africana proveniente dal deserto delKalahari, detto anche Artiglio del diavolo o Arpagofito edotato di spiccate attività antiflogistiche ed analgesiche.La pianta si preferisce in decotto ed è meno efficace intintura madre o estratto fluido, perché i principi attivi(arpagoside e procumbide) sono solubili in acqua e nonin alcool. Va detto, comunque, che la farmacocineticadell'Arpagofito (e delle componenti principali, le glico-

sidi iridoidiche) non è stata chiarita e ciò si riflette nel-l'incertezza riguardo al ruolo degli acidi gastrici nell'at-tivazione o disattivazione dei componenti della droga.Una parte della letteratura suggerisce che siano i risultatidell'idrolisi acida (arpagogenina) ad essere attivi in sensoantinfiammatorio ed antireumatico e quindi che il con-tatto con le secrezioni gastriche sia importante. Altri au-tori suggeriscono invece che gli arpagosidi siano piùattivi dei prodotti dell'idrolisi e che quindi i succhi ga-strici siano inattivanti. Circa la galenica e la posologia,in fitoterapia si preferisce, oltre alle preparazioni acqui-site e per la Farmacopea Italiana X, l’estratto secco tito-lato in arpagoside (minimo 1,8%), la cui posologiagiornaliera va da 10 a 16 mg/kg, suddivisi in due som-ministrazioni, meglio se dopo i pasti principali, a causadel gusto molto amaro della droga. L'effetto antinfiam-matorio dipende molto dal modo di somministrazionee dalla natura dell'infiammazione (acuta o cronica). Inparticolare, gli effetti antinfiammatori sono stati più con-vincenti in modelli di infiammazione subacuta (dove ladroga si è dimostrata attiva quanto il fenilbutazone),piuttosto che in modelli di infiammazione acuta.

La pianta e i suoi componenti non sembrano agire conmeccanismo FANS-simile, visto che non inibiscono l'at-tività della COX e non alterano i livelli delle prostaglan-dine. E' probabile quindi che i meccanismi in atto nonsiano gli stessi di quelli dei FANS e che i rischi (effettoirritante sullo stomaco) non siano analoghi.7, 8 L’arpago-fito non dovrebbe essere utilizzato in soggetti già sotto-posti a terapie con farmaci anticoagulanti. La sommini-strazione concomitante di arpagofito e warfarin, infatti,può comportare un incremento del rischio di sanguina-

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mento con possibile insorgenza di porpora.9-11 Inoltre,poichè l’arpagofito possiede proprietà antiaritmiche,12

dovrebbe esserne sconsigliato l’uso in associazione confarmaci antiaritmici (inclusi beta-bloccanti e digossina).La somministrazione di arpagofito può inoltre indurreun incremento della secrezione cloridro-peptica dellostomaco, aumentando la gastrolesività associata all’usodi FANS e riducendo l’efficacia di farmaci anti-H2. In-fine, una possibile sommazione degli effetti può aversiassociando gli estratti di tale pianta a farmaci ipotensivie ad ipoglicemizzanti orali.13

L’Arpagofito, come visto, può provocare talvolta epiga-stralgie con nausea, particolarmente in soggetti affetti dagastrite acuta e/o ulcera peptica, per cui si consiglia diassumere questa droga a stomaco pieno. In alcuni raricasi può provocare dolori addominali con diarrea. An-cora, non è consigliabile nel bambino al di sotto dei 12anni, in gravidanza e durante l’allattamento.14, 15

Nelle cefalee a carattere tensivo con forte impronta psi-chica, si può aggiungere Melissa officinalis, nota per avereazioni sul sistema nervoso centrale di tipo sedativo, an-siolitico e favorente il sonno e dotata anche di azione an-tidolorifica.16, 17 Recentemente si è potuto dimostrare chealcuni flavonoidi in essa contenuti, possono avere attivitàsimile a quella delle benzodiazepine e che uno di essi,l’aspegenina, possiede vigorose azioni miorilassanti.18 Lapianta inibisce l’azione tiroidea ed è controindicata, oltreche in gravidanza e nei soggetti allergici, anche in corsodi ipotiroidismo.19 Si usa l’estratto secco nebulizzato etitolato in acido rosmarinico con un minimo dello 0.2%(Farmacopea Francese X) e il suo dosaggio giornaliero vada 6 a 7 mg. per kg di peso corporeo, suddiviso in duesomministrazioni, preferibilmente lontano dai pasti.

Altro utile rimedio sedativo ed antispasmodico è la Pas-siflora incarnata, che possiede azione sedativa sul sistemanervoso centrale, soprattutto a livello della zona motoriadel midollo spinale ed attivante i centri del sonno e vienedata in estratto secco titolato in isovixetina (minimo0,3%), al dosaggio di 400-600 mg/die, in due dosi ri-fratte, lontano dai pasti. Sono stati descritti fatti vascu-litici dopo assunzione d’estratti di Passiflora. Il fenomenoè comunque reversibile con la sospensione della droga.La pianta non è mai stato associata ad aborti, ma la pru-denza suggerisce un non uso nelle donne gravide comeper la presenza nel fitocomplesso di stimolanti uterini.L’associazione con Melissa ed Iperico ha generato rispo-ste paradossali con ansia ed insonnia persistenti,20 percui non viene consigliata. Altro rimedio indicato nelleforme con impronta psicosomatica a sfondo depressivo,è l’Iperico (Hypericum perforatum), il cui estratto secconebulizzato e titolato in ipericina, minimo 0,2% (Com-missione Tedesca, 1996), con dose giornaliera da 10 a13 mg per kg di peso corporeo, suddivisi in due sommi-nistrazioni una al mattino e l'altra a metà pomeriggio,svolge anche un’efficace azione antidolorifica.21, 22

Va comunque ricordato che l'ipericina ha una forteazione fotodinamizzante e può quindi causare reazionidi fotosensibilizzazione sulle parti di cute esposte al solecon arrossamento, bruciore e prurito. L’incidenza deglieffetti collaterali è del 2,4%, di gran lunga inferiore

anche a quella tipica dei più sicuri antidepressivi non tri-ciclici dell’ultima generazione23. Esso potenzia gli effettifarmacologici dei farmaci antidepressivi di sintesi e inol-tre può interferire con l'azione dei farmaci amfetaminici,della tirosina, del triptofano e dei decongestionanti dellamucosa nasale. L’iperico riduce i livelli plasmatici di di-gossina, di un farmaco contro il virus dell’AIDS comel’indinavir, di un farmaco usato per ridurre le reazioni dirigetto nei pazienti che hanno subito trapianti di organicome la ciclosporina e di molti altri farmaci come la car-bamazepina, la chinidina, il diltiazem, l'eritromicina, lafenitoina, la flutamide, il losartan, la nifedipina, l’ome-prazolo, la simvastatina, gli steroidi, il tamoxifene, il tas-solo, la tolbutamide, la torasemide e il verapamil.24

Uno studio ha dimostrato che l’iperico provoca un fortecalo (-47%) dei livelli nel sangue del metadone, confer-mato anche dalla comparsa di fenomeni di astinenza inparecchi soggetti coinvolti nello studio. Altri studi hannodimostrato che l’iperico riduce nettamente l’efficaciadella pillola anticoncezionale e può quindi provocare gra-vidanze indesiderate.25

Sempre nelle forme tensive, molto utili sono i decotticon 5-12 gr due volte al dì di fiori di Primula (Primulaveris), dotati di proprietà diuretiche, sedative, antispa-smodiche ed utili per eccitazione nervosa, insonnia, pal-pitazioni e vertigini, quindi molto indicati nella cefaleada tensione premestruale, unitamente alla Cimicifuga.Quest’ultima (Cimicifuga o Actea racemosa), in estrattosecco nebulizzato e titolato in glicosidi triterpenici (mi-nimo 2,5%), con dose giornaliera da 0,6 a 1 mg per Kgdi peso corporeo, suddivisi in due somministrazioni pre-feribilmente lontano dai pasti, svolge azione di incre-mento della sensibilità recettoriale estrogenica ed insiemeantiflogistica, sia per la presenza di glicosidi triterpenici(in particolare acteina e 27-desossiacteina), che di flavo-noidi e di acido isoferulico, che di una percentuale piut-tosto abbondante di tannini. La pianta sembra non avererilevanti effetti collaterali, neppure per trattamenti a do-saggi piuttosto elevati e per periodi di tempo abbastanzalunghi. Una recente analisi degli studi clinici ha per-messo di valutare gli effetti avversi di estratto secco tito-lato nell’uomo. Sono stati analizzati 2800 pazienti ar ruo- lati in diversi studi clinici, verificando un’incidenza dieffetti avversi del 5,4%. Di questo con il 97% di disturbilievi, tali da non richiedere l’uscita del soggetto dallo stu-dio.26 Da sola o combinata con Melissa, è molto utilenelle cefalee menopausali.

Una pianta molto utile anche nelle forme miste (tensivee vascolari) è il Blupeurum chinensis, che in alcuni trattatisi indica capace di un’azione psicotropa e ansiolitica edin altri dotato di azione miolitica.27 Si usa in decotto adosaggi di 3 grammi/die, impiegando la radice che, tut-tavia, è controindicata in donne con cicli abbondanti oravvicinati, poiché risulta emmenagoga. Nelle forme ten-sive da stress prolungato, si associa, in decotto, due volteal dì dopo i pasti, con radice di Ginseng (g 1-3) e radicedi Glycyrrizha uralensis, combinazione in grado di incre-mentare il rilascio di ormoni surrenalici.28

Invece, nello forme infiammatorie può aggiungersi al-l’Artiglio del diavolo, il Salice bianco (Salix alba), con

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ben note proprietà antinfiammatorie ed analgesiche edattività simile a quella dell’aspirina. Le sue azioni, dovuteal blocco della sintesi di sostanze che favoriscono l’in-fiammazione per interferenza con gli enzimi destinati aprodurle29, si debbono al silicato di metile, convertito inacido salicilico a livello intestinale, che blocca le lipossi-genasi coinvolte nella conversione dell’acido arachido-nico in mediatori della flogosi. Viene dato soprattuttocome estratto fluido, alla dose di 5-10 grammi/die, paria 15-30 gtt da una a tre volte al dì a stomaco pieno. E’controindicato in portatori di gastrite ipersecretiva o ul-cera gastrica e in chi fa uso di antiaggreganti piastrinici.

Altro rimedio antinfiammatorio molto utile in corso dicefalee otologiche o sinusitiche, è il ribes nero (Ribes ni-grum), per lo più impiegato, a questo scopo, in estrattosecco, il cui dosaggio giornaliero è di 8 -10 mg per kg dipeso corporeo, in due somministrazioni, una al mattinoal risveglio e l'altra nel primo pomeriggio. I componentiprincipali sono degli antocianosidi, sia dimeri che tri-meri. Questi composti sono rappresentati da tre prodel-finidine. Contiene inoltre numerosi flavonoidi. Sonopresenti anche acidi organici, acidi diterpenici, vitaminaC e numerosi sali minerali. Si ritrova anche una piccolaquantità di olio essenziale. Questa pianta è nota per lesue proprietà antinfiammatorie, antidolorifiche e antial-lergiche. Esse sono in parte legate alla sua azione di tipocortisonosimile, dovuta ad uno stimolo diretto sulla cor-teccia surrenalica, con conseguente, aumentata produ-zione di steroidi. Inoltre è in grado di legarsi ai recettoriper il desossicorticosterone (DOCA), svolgendo cosìun’azione simile a quella di questo cortisonico endogeno.

Le sostanze principali per la sua azione terapeutica sem-brano essere le proantocianidine, mentre gli acidi fenolicie i flavonoidi paiono svolgere un ruolo meno impor-tante. Questa pianta è in grado di inibire l’infiamma-zione causata da sostanze infiammatorie nella zampa diratto, con un’azione simile a quella dei salicilati. Esso,inoltre, non provoca danni allo stomaco, a differenza divari FANS e altri antinfiammatori vegetali e può usarsianche in portatori di malattia peptica. Le proantociani-dine si sono dimostrate capaci di combattere la fragilitàdei vasi sanguigni, con una vigorosa azione capillaropro-tettiva sia a livello del microcircolo retinico sia di quelloperiferico. Pertanto trova indicazione (con il Vanninummyrtillus) nelle cefalee di origine oftalmologia, cioè dadisturbi visivi, note anche come astenopie accomoda-tive.31 In caso di emicrania, invece, la piante più attiva èil Partenio (Tenacetum parthenium), per le sue proprietàinibitorie nei confronti della liberazione di sostanze va-soattive. Già nel XVII secolo, in Inghilterra, John Par-kinson sosteneva che il partenio “è molto efficace pertutti i dolori del capo” e cento anni dopo, John Hill scri-veva: “nella peggiore delle cefalee, questa erba superaqualsiasi altra erba nota”.

A tutt'oggi, l'uso prolungato del partenio non sembraproblematico, ma non esistono ricerche sugli effetti alungo termine. Per adulti sani, non in gravidanza o inallattamento, che siano privi di disturbi di coagulazioneematica e non siano sottoposti a terapie con anticoagu-lanti, il partenio è considerato sicuro nelle quantità tipi-camente raccomandate.

Il partenio dovrebbe essere usato in dosi medicinali sol-tanto sotto controllo medico. In caso di insorgenza diinfiammazioni o disordini gastrici, ridurre le dosi o in-terrompere il trattamento. Consultare il medico qualorasi manifestassero effetti indesiderati, o qualora i sintomidi partenza non migliorassero significativamente dopodue settimane di trattamento.32 I principi attivi più im-portanti sono dei lattoni sesquiterpenici chiamati parte-nolidi. L’odore forte della droga è dovuto all’olioessenziale. Contiene anche una certa quantità di flavo-noidi. La formulazione impiegata è quella in estrattosecco nebulizzato e titolato in partenolide, minimo 0,5%(British Herbal Pharmacopoeia, 1990) e la posologiagiornaliera utilizzata negli studi pubblicati in letteraturaè di 6-7 mg/kg/die, suddivisa in due somministrazionipreferibilmente lontano dai pasti. Siccome tali studi sonostati condotti con estratti diversi con titoli diversi, il va-lore posologico suddetto rappresenta un valore medioindicativo.33 Gli studi in vitro hanno dimostrato che ilpartenolide si lega direttamente e inibisce la I-kappa-B-chinasi beta (IKKbeta), che gioca un ruolo fondamentalenel segnale mediato dalle citochine. In particolare essablocca una chinasi suddetta responsabile della stimola-zione dei geni coinvolti nei processi flogistici mediatadalle citochine.

L’azione antiflogistica sia in vitro che in vivo del parte-nolide dipende soprattutto dal gruppo alfa-metilen-lattonico. Tali azioni sono dovute anche ai flavonoidi ein particolare alla tanetina.34 Può provocare reazioni al-lergiche cutanee anche generalizzate e dermatiti di tipoplurinodulare, ma esse regrediscono rapidamente con lasospensione del trattamento. Sono state descritte lesionidi tipo ulcerativo alla mucosa del cavo orale, anch'esserapidamente reversibili con l'interruzione della terapia.A causa della mancanza di studi sulla teratogenicità esulla mutagenicità il suo uso è sconsigliabile in gravi-danza, durante l'allattamento e nel bambino al di sottodei 10 anni di età.35 In alternativa si può usare, in tagliotisana (5g/die) o in TM (25-50 gtt da 1 a 3 volte al dì astomaco pieno), la Sanguinaria (Sanguinaria canadensis),attiva sulle cefalee vasomotorie ma che può aumentarela pressione oculare ed è sconsigliata nei portatori diglaucoma. Contiene alcaloidi isochinolinici ed in realtànon è stata molto studiata sotto il profilo scientifico.Molto più maneggevole e studiata è la Nigella (Nigellasativa), ranuncolacea dell’area mediterranea, di cui si im-piegano i semi, contenenti olio essenziale, saponine, mu-cillagini, acidi organici, attivi sulle cefalee a carattereemicranico. Conosciuto come “il seme Benedetto” damillenni e da una grande porzione della popolazionemondiale, è considerata tra le più preziose erbe fitotera-piche di tutti i tempi ed oltre a combattere l’emicrania,agisce come rinforzante del sistema immunitario. Nonpresenta controindicazioni, se usato in modo corretto,salvo l’assunzione in gravidanza per i suoi effetti abor-tivi.

Nelle forme pediatriche di emicrania è molto utile ilMMG alla 1DH di Rosa canina (posologia: 25 gtt trevolte al dì, lontano dai pasti), che inibisce la formazionedi serotonina dalla tiramina e, quindi, il rilascio di so-stanze vasoattive implicate in tale tipo di cefalea.

CEFA

LEE

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QUADERNI DI MEDICINA INTEGRATA

48 HOMEOPATHY AND INTEGRATED MEDICINE | novembre 2010 | vol. 1 | n. 2

PATO

LOGIA

Dalle etnomedicine orientali36 (Ayuverdica e Cinese), sipossono prendere rimedi di sicura efficacia e manegge-volezza come curcuma e zenzero. Molto usato in Cina èlo zenzero (Zinziber officinalis, in cinese Sheng Jiang), cheagisce inibendo enzimi quali la ciclossigenasi e la 5-li-possigenasi e diminuisce in questo modo la produzionedi importanti mediatori dell’infiammazione come trom-bossani e leucotrieni. Se ne usa la radice (che, più pro-priamente, è il rizoma, ossia il fusto sotterraneo), ingenere sotto forma di decotto, da 3 a 5 gr/die in duesomministrazioni ai pasti. Sono possibili reazioni aller-giche che, in generale, producono eruzioni e, nonostantesia generalmente riconosciuto come salutare, lo zenzeropuò causare mal di stomaco, gonfiore, produzione di gas,specialmente se assunto sotto forma di polvere.

Lo zenzero fresco, se non ben masticato, può causareblocco intestinale, e gli individui che hanno manifestatoulcere, infiammazioni all'intestino, o blocchi intestinali,potrebbero reagire malamente a quantità considerevolidi zenzero fresco. Lo zenzero può anche agire negativa-mente su individui soggetti a calcolosi biliari. Vi sonoanche segnalazioni sul fatto che esso possa influenzare lapressione del sangue, la coagulazione, e il ritmo car-diaco.38

Azione analoga allo zenzero la svolge la curcuma (Cur-cuma longa), spezia nota sopratutto in India, dotata dellastessa azione su molecole proinfiammatorie viste a pro-posito dello zenzero. La medicina ayurvedica, ritiene chela curcuma sia dotata di molte proprietà medicinali emolti la usano in India come antisettico per tagli, scot-tature e contusioni. Medici di questa disciplina riten-gono che contenga fluoride (la forma ridotta del fluoro),elemento essenziale per i denti. È utilizzata anche comeantibatterico. In alcune regioni dell'Asia è assunta comesupplemento alimentare, utile per chi ha problemi di sto-maco. Nel 2004 uno studio dell'UCLA Veterans Affairs,suggerì che la curcumina poteva inibire l'accumulazionedi b-amiloide nel cervello di pazienti con malattia di Al-zheimer e sciogliere le placche esistenti. La Medicina Tra-dizionale Cinese, impiega la curcuma per problemiepatici e alla cistifellea, per le emorragie, per le conge-stioni al petto ed i disturbi mestruali, nelle flatulenze,nel sangue delle urine, nel mal di denti, nelle contusionie ulcerazioni. Possiede proprietà coleretiche (stimolantila produzione di bile da parte del fegato), colagoghe (sti-molanti la contrazione della cistifellea favorendo lo svuo-tamento della bile in essa contenuta), è un epatopro-tettore, stimolante delle vie biliari, antiossidante, fluidi-ficante del sangue. Effettua una buona azione antinfiam-matoria sul tubo digerente oltre a svolgere la funzione diantispasmodico dei muscoli dell'apparato gastrointesti-nale. La curcumina ha proprietà analgesiche, antiartriti-che, antinfiammatorie, antiossidanti, battericide, cola-goghe, digestive, diuretiche, ipotensive, insetticide, ru-befacenti e stimolanti. L'azione stimolante nervosa è ef-ficace sull'epidermide e in particolare sui bulbi piliferi.Particolare attenzione va prestata se si è in presenza diocclusione delle vie biliari o in caso di colelitiasi. Nonsomministrare la curcuma ai bambini di età inferiore ai2 anni e non impiegarla se si è in presenza di problema-tiche legate alla fertilità.

Per l'effetto anticoagulante della curcuma fare attenzionenelle persone con problematiche legate alla coagulazione:dosi eccessive di curcuma possono causare disordini ga-strici. Alle dosi indicate e se non sussistono problemati-che di cui sopra, la curcuma è una pianta sicura. Si usain estratto secco, con curcuminoidi minimi al 14% edose di 1-5 gr, divisi in 4 dosi, in grado di apportare 200-400 mg di curcumina al dì. In decotto potrà essere datasino a 8 g giorno, in 2 dosi; mentre in Estratto Fluido5-14 ml giorno, in 4-5 dosi.

Almeno altre due piante della tradizione erboristica ci-nese sono particolarmente utili in corso di emicrania. Laprima è chiamata Tian Ma, corrispondente al rhizomadella Gatrodia elata, attiva su cefalea ed epilessia, usata oin decotto a dosaggi di 3-9 g/die o di estratto secco a do-saggi di 0,9-1,5g/die, in due somministrazioni lontanodai pasti. L’altro rimedio è Gou Teng, Uncaria rhynchol-phylla, usata in decotto a dosaggi elevati (6-15g), privadi tossicità ed attiva in corso di emicrania. Una formulain decotto, da assumere due volte al dì lontano dai pasti,per cura e prevenzione emicranica in Cina, è detta TianMa Gou Teng Yin, tratta dal testo classico Za Bing ZhengZhi Xin Yi, risalente al I secolo della nostra era, ed ancoraconsiderato il più efficace nella più parte delle situazioniemicraniche.42, 43

Questa la composizione:

• Tian Ma (rhizoma gastrodiae elatae) .....................9 g• Gou Teng (ramulus cum uncis uncariae) .......12-15 g• Shi Jue Ming (concha haliotidis) ...................18-24 g• Zhi Zi (fructus gardeniae jasminoidis) ..................9 g• Huang Qin (radix scutellariae baicalensis) ............9 g• Yi Mu Cao (herba leonuri heterophylli)...........9-12 g• Chuan Niu Xi (radix cyathulae officinalis)..........12 g• Du Zhong (cortex eucommiae ulmoidis).........9-12 g• Sang Ji Sheng (ramulus sangjusheng)...............9-24 g• Ye Jiao Teng (caulis polygoni multiflori) ..........9-30 g• Fu Shen (sclerotium poriae cocos pararadicis) ....9-15 g

Studi recenti condotti presso il Centro ATM del Dipar-timento di Odontoiatria dell’Università di Siena, hannodimostrato l’efficacia di combinazioni (in EstrattoFluido, due volte al dì dopo i pasti, 10 gtt di ciascunprincipio, nello stesso bicchiere d’acqua) di combina-zioni fra Taraxacum officinalis, Angelica archangelica ePassiflora, in corso di algie facciali atipiche con disfun-zioni dell’articolazione temporo-mandibolare. 44, 45 In unlavoro di confronto fra nimesulide e lorazepam, controquesti fitoprincipi per os, si è visto che si ottengono ana-loghi risultati e minor numero di reazioni avverse conl’impiego di droghe vegetali. 46 In conclusione, è evidenteche l’azione di droghe vegetali sia di grande ausilio invarie forme di cefalea da cause diverse.47 Tuttavia soloaumentando e migliorando le ricerche, integrando l’im-piego di farmaci e derivati vegetali e consigliando il ri-corso a medici esperti del settore, si potranno avererisultati migliori attraverso procedure più certe e più si-cure. 48-50

[Bibliografia su www.siomi.it]

CEFALEE

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