Le mille vite sospese tra Harmanli e Sofia · 2016. 6. 27. · Dal 2014 ogni anno l’Unhcr...

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pattugliatore d’altura, accompagnati con grande at- tenzione dai marinai e affidati ai volontari. Una mamma, con due figli di 3 e 5 anni, sta per par- torire e viene portata all’ospedale ma c’è tempo per una doccia preparata dagli scout (l’acqua è scalda- Tre giovani ad Harmanli (G. Mastromatteo) «Ho dovuto rifiutare – racconta – era troppo pericoloso. Nessuno di noi sa nuotare. L’unica cosa importante per me è la sicurezza della mia famiglia». Il viaggio, via terra, le è costato circa 3mila euro. Quello che le era rimasto, glie- p C n s g h p d s t d m G t B a n l n t D g r s r l l c v d c « s «Lavoro e dignità contro gli squilibri sociali» PAOLO VIANA arlo Costalli critica il Jobs Act – «troppi sgravi contributivi il primo anno» – e Lorenzo Or- naghi risale addirittura a Bismarck, il quale «tosava i sudditi come pecore avendo peraltro cura di lasciarli in vi- ta…», per spiegare che la crisi del Welfare State è tutt’uno con il decli- no del lavoro, «che ha perso centra- lità». Alla fine, monsignor Fabiano Longoni rammenta che la questione è antropologica: rivolto al parterre, costituito dai giovani del Movimen- to cristiano lavoratori che ieri hanno completato la summer school con u- na tavola rotonda sul "lavoro degno" alla Università Cattolica, il direttore dell’ufficio per la pastorale sociale e del lavoro della Cei sottolinea come «il lavoro non sia avulso dal riposo e dalle relazioni af- fettive. Dobbiamo ricondurlo a una visione antropolo- gica che rispetti e promuova la di- gnità della persona umana se voglia- mo superare gli squilibri economi- co-sociali che por- tano alla Brexit». La discussione sul concetto di lavoro nel magistero di papa Francesco, promossa dal Cen- tro di Ateneo per la dottrina sociale della Chiesa e introdotta dal profes- sor Evandro Botto, è stata aperta dal presidente del Mcl Carlo Costalli, se- condo il quale «incrementare il tas- so di occupazione è possibile cam- biando in profondità l’approccio cul- turale verso le poli- tiche del lavoro, te- nendo presente bassi salari e pro- duttività». Questo cambio di passo si ottiene se si consi- derano i fabbisogni di flessibilità, si a- dottano politiche attive contro la per- dita di lavoro, si su- perano gli squilibri territoriali e il sommerso. Se dal terzo settore sono arrivate del- le ricette anticrisi, gli accademici hanno analizzato le criticità che per- sistono. Il presidente di Aseri, Orna- ghi, ha ricondotto la crisi del welfare a quella della politica, che «ha rispo- sto ai problemi elementarizzando i processi decisionali e cancellando i passaggi intermedi, proprio nel mo- mento in cui avrebbe avuto bisogno di condividere di più». Secondo il ca- po del Dipartimento di sociologia dell’Università Cattolica di Milano, Giancarlo Rovati, alla base della dif- ficoltà di condividere vi è un proble- ma educativo che investe gli stessi luoghi di lavoro, «complici della ri- duzione funzionale delle singole per- sone alle prestazioni richieste dal- l’organizzazione economica. Il com- pito di formare la personalità e le ca- pacità viene attribuito alla famiglia e alla scuola, ma si deve constatare che incontrano progressive diffi- coltà a svolgerlo, a causa della crisi di autorevolezza del mondo adulto nei confronti dei più giovani e della crisi di consenso sulle funzioni del- la scuola». © RIPRODUZIONE RISERVATA C Il convegno Costalli (Mcl): cambi l’approccio alle politiche occupazionali Ornaghi: la politica ha fatto degli errori

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Page 1: Le mille vite sospese tra Harmanli e Sofia · 2016. 6. 27. · Dal 2014 ogni anno l’Unhcr richiede che ven-gano operate 30mila rilocazioni dalla Bulga-ria, per motivi umanitari.

L’uomo, 31 anni, avevaaiutato due sirianisimpatizzanti della

Jihad a imbarcarsi suun volo per Malta lo

scorso novembre

Terrorismo, somalo arrestato per favoreggiamento del Daeshlla vista degli agenti della Digos di Bergamo ha cer-cato di scappare, buttandosi dalla finestra di un al-

bergo di Roma. Ma Ali Awil Khadar, somalo di 31 anni,alla fine è stato bloccato e arrestato: la polizia di Berga-mo lo cercava dallo scorso novembre, quando avrebbeaiutato due siriani simpatizzanti della Jihad, uno deiquali minorenne, a imbarcarsi all’aeroporto bergama-sco di Orio al Serio su un volo per Malta con passapor-ti falsi che sarebbero stati forniti ai due proprio da AliAwil Khadar. Per questo su di lui pendeva da mesi un fer-mo disposto dalla Direzione distrettuale antiterrorismodi Brescia con le accuse di favoreggiamento dell’immi-

grazione clandestina ed il reato di assistenza a personeche partecipano ad associazioni terroristiche.Alla fine è stato arrestato giovedì notte: secondo la po-lizia l’uomo, noto come “Mohammed”, farebbe parte diuna presunta organizzazione internazionale dedita altraffico di migranti diretti in Europa da Paesi extraeuro-pei. Ieri mattina in una conferenza in questura a Berga-mo è stato spiegato che Ali Awil Khadar avrebbe «orga-nizzato, facilitato, fornito documenti falsi e accompa-gnato in Italia diversi extracomunitari, tra cui i due cit-tadini siriani arrestati lo scorso novembre all’aeroportodi Orio e destinatari di provvedimenti cautelari in ma-

teria di terrorismo, perché ritenuti vicini all’Isis». Un“dettaglio” che al somalo, che era scampato alla cattu-ra proprio grazie ai documenti falsi identici a quelli chelui stesso forniva agli altri immigrati, ma che era in pos-sesso anche di un permesso per rifugiati politici, non sa-rebbe importato più di tanto. Dietro il pagamento di mi-gliaia di euro avrebbe infatti fornito il passaporto nor-vegese “tarocco” a Ahmad Alali Alhussein, alias FaowazArhad, siriano di 31 anni noto come “il vigile urbano”dello Stato Islamico perché ritratto in alcune foto trova-te sul suo cellulare con indosso una divisa della poliziastradale dell’Isis o mentre imbraccia un kalashnikov.

A

Domenica26 Giugno 201616 A T T U A L I T À

ANTONIO MARIA MIRAINVIATO A REGGIO CALABRIA

ultimo sbarco di 745 migranti a Reggio Ca-labria ha gli occhi prima sgomenti e poi sor-ridenti di una bimba nigeriana di 3 anni,

mentre scende da nave Vega in braccio a un mari-naio stringendo un orsacchiotto Winnie the Pooh.Ha la tenerezza di un uomo senegalese che cinge colbraccio la moglie incinta e di-ce merci, grazie, ai soccorri-tori. Ha la forza delle mani deivolontari unite nella recita dei"Padre nostro", che segna l’i-nizio di questa lunga giorna-ta di accoglienza. «Affidiamoal Signore questi nostri fra-telli, augurando loro il beneche cercavano. E a noi di ac-coglierli sempre con la gioianel cuore e il sorriso sempresulle labbra», dice BrunaMangiola, scout del Masci eresponsabile del Coordinamento ecclesiale sbarchidella diocesi. Sono qui in 30 dalle 7 dopo la fatico-sa giornata di ieri con l’arrivo di 400 migranti. Un po’di riposo e poi di nuovo in banchina.Ci sono scout dell’Agesci e del Masci, volontari del-la Papa Giovanni XXIII, di S.Egidio, del Cvx, dellaCaritas, Suore Scalabriniane e della Carità di S. Gio-vanna Antida Thouret. «Ma anche tanti volontari dinessuna associazione, anche di fuori Reggio – cispiega Bruna –. Ieri al corso di formazione hannopartecipato in più di cento e abbiamo sempre piùpersone che si offrono. Che bello!», aggiunge sorri-dente. Ma altri offrono cose e soldi, l’anno scorso17mila euro. I volontari operano fianco a fianco, inperfetta collaborazione con le donne e gli uominidella Prefettura, della Questura, dei Servizi sociali.E poi ancora Croce rossa, Protezione civile, medici.«Siamo una grande famiglia – commenta GiovanniFortugno della Papa Giovanni –, possiamo essereorgogliosi di quello che facciamo». E questo è mol-to importante perché Reggio Calabria è diventatauno dei punti principali per gli sbarchi: 17.700 per-sone nel 2015 e già 9mila quest’anno. Un impegnoche va oltre l’accoglienza al porto. Perché alcunestorie drammatiche si risolvano.Come quella di un bimbo di 4 anni del Camerun ar-rivato oggi da solo. «La mamma con altri due figli nonè riuscita a imbarcarsi – ci racconta ancora Giovan-ni –. È riuscita a far salire solo lui su un barcone, af-fidandolo a una signora. Lei non ce l’ha fatta ed è ri-masta in Libia. Ora ci stiamo attivando per verifica-re se riuscirà a imbarcarsi in un secondo tentativo.Perché vogliamo assolutamente che il piccolo si ri-congiunga con la mamma». Intanto già da oggi saràospitato nella "Casa dell’Annunziata" della PapaGiovanni a Reggio Calabria. E sono davvero tante ledonne e i minori in questo sbarco, 152 e 78. E diecidonne sono incinte. Sono loro i primi a scendere dalpattugliatore d’altura, accompagnati con grande at-tenzione dai marinai e affidati ai volontari.Una mamma, con due figli di 3 e 5 anni, sta per par-torire e viene portata all’ospedale ma c’è tempo peruna doccia preparata dagli scout (l’acqua è scalda-

’Lta con un pannellino solare). A dare una mano duesuore e alcune volontarie. Ce n’è anche una musul-mana. Scherzano coi bambini. «L’ho conquistato,siamo diventati amici», sorride Noemi mentre ve-ste il maschietto. La bimba guarda contenta i vesti-tini puliti e ancor di più quando la volontaria le met-te il "lucida labbra". Piccoli gesti di amore, come il"ciao, ciao" di Bruna ai migranti mentre la nave at-traccava. Ma c’è anche da combattere gli sfruttato-

ri. Così ecco sbarcare i pre-sunti scafisti. Sono 5: due e-giziani e un marocchino, unsenegalese, un nigeriano, tut-ti molto giovani, ci spieganogli uomini della Polizia. Dopol’identificazione sarannomessi a disposizione dell’au-torità giudiziaria. Tutti gli al-tri, in gran parte subsaharia-ni, si mettono ordinatamen-te in fila per un primo scree-ning medico.I volontari consegnano suc-

chi di frutta, acqua, merendine. Poi vengono nu-merati e fotografati. Li attende un lungo viaggio inpullman. Andranno, scortati, in Piemonte, Lom-bardia, Trentino, Veneto, Campania e Puglia. È il mo-mento del bilancio. «Mi porto a casa un bagaglio disperanza – ci dice Bruna –, i loro occhi, la loro sof-ferenza. Mi sono ricaricata d’amore». Intanto duebimbi si divertono suonando delle trombette gio-cattolo. Uno mi guarda. Sorrido e lui sorride. Bastacosì poco...

© RIPRODUZIONE RISERVATA Volontari al lavoro ieri a Reggio Calabria dopo lo sbarco dei profughi (Antonio Maria Mira)

Un condominio privato, in cui vivonoalcune decine di famiglie italiane,usato come centro di accoglienza permigranti: una decisione sgradita aicondomini i quali, ieri, hanno dato unnuovo impulso alla protesta che vaavanti da oltre un mese, scendendo instrada e bloccando il traffico. Accadea San Nicola la Strada, piccolocomune alle porte di Caserta.Semplice il nodo della questione: icondomini italiani non vogliono gliimmigrati, «perché – dicono – nonrispettano le regole condominiali eperché non hanno alcuno spazio persvolgere attività ricreative». Anche ierimattina, così come il 31 maggioscorso, alcune decine di persone sonocosì scese in strada bloccando perquasi un’ora viale Carlo III, importantee trafficata arteria che attraversanumerosi comuni del Casertano. Ilbando della prefettura di Casertaprevede l’arrivo nel condominio di 116migranti; al momento ne sono arrivatialcune decine, quasi tutti africani eadolescenti.

CASERTA

Profughi in condominiola protesta dei residenti

Le mille vite sospese tra Harmanli e SofiaDrammi e attese dei rifugiati in Bulgaria: «È il gioco dell’oca, siamo pedine»

Tre giovani ad Harmanli (G. Mastromatteo)

GILBERTO MASTROMATTEOHARMANLI (BULGARIA)

al rubinetto del lavandino scende unfilo d’acqua. Va a irrorare melanzane,zucchine e pomodori nella bacinella di

plastica. «La cena di stasera – dice Amina, a-sciugandosi le mani – avessi imparato a nuo-tare, a quest’ora starei cucinando a casa mia,in Germania. E non sarei qui in Bulgaria, ad a-spettare». Amina ha 28 anni e viene da Alep-po. Cinque mesi fa, quando ha deciso di fug-gire alla volta dell’Europa con suo maritoBrahim e i suoi due figli, un trafficante del suoquartiere le ha proposto un passaggio in bar-ca per l’isola greca di Lesvos, attraverso l’Egeo.«Ho dovuto rifiutare – racconta – era troppopericoloso. Nessuno di noi sa nuotare. L’unicacosa importante per me è la sicurezza dellamia famiglia». Il viaggio, via terra, le è costatocirca 3mila euro. Quello che le era rimasto, glie-

Dlo ha sottratto la polizia di frontiera bulgara,quando l’ha fermata al confine. «E ci è andatabene – dice – altri li hanno picchiati o fatti at-taccare dai cani».Oggi la famiglia di Amina vive nel centro di ac-coglienza di Harmanli, a una trentina di chilo-metri dal confine con Turchia e Grecia. Una de-crepita caserma dell’esercito bulgaro, trasfor-mata in una struttura ricettiva da 2.700 postiletto, per i migranti in arrivo dalla Turchia. «Loscorso anno era pieno – testimonia Ivo, uno de-gli operatori della Dab, l’Agenzia di Stato per irifugiati – poi i migranti sono stati spostati in al-tri centri». Attualmente ce ne sono 235. La metàsono bambini. Per lo più curdo-siriani, dellazona di Qamishli. Ma non mancano iracheni epalestinesi.Come Abdel Karim, 20 an-ni, di Gaza. La spalla sini-stra marchiata da una lun-ga cicatrice. «Gli israelianihanno bombardato il miopalazzo – racconta, tra idue letti a castello della suastanza – sono rimasto sot-to le macerie per ore. Pocodopo ho deciso di andar-mene, di raggiungere laGermania e rifarmi una vi-ta. E invece aspetto qui, inBulgaria, da mesi». Come tutti, Abdel Karimattende che gli venga riconosciuta la protezio-ne internazionale, per essere trasferito nel-l’ambito del programma europeo di rilocazio-ne. Ma i numeri sono sempre inferiori alle at-tese. E i tempi si dilatano.Dal 2014 ogni anno l’Unhcr richiede che ven-gano operate 30mila rilocazioni dalla Bulga-ria, per motivi umanitari. Ma il numero dei tra-sferimenti non supera mai la metà. A farsi ca-rico della maggior parte dei richiedenti asilo èla Germania, con circa 10mila trasferimenti al-l’anno. «Agli altri non resta che l’attesa» dice Ra-chid Alaui, anche lui siriano di Qamishli, arri-vato in Bulgaria nel 2013. Uno dei pochi che hadeciso di rimanere. Oggi ad Harmanli lavoracome mediatore culturale, per la Croce Rossa.«La situazione è migliore rispetto al passato –spiega – oggi i numeri sono più contenuti. Ma

gli arrivi dalla Turchia non si sono fermati».Al momento sono meno di un migliaio i mi-granti accolti nelle varie strutture dislocate nelPaese. A Sofia i centri d’accoglienza sono tre,nei quartieri di Ovcha Kupel, Vrazhdebna eVoenna. Poi c’è il piccolo centro allestito nelvillaggio di Banya, tra la capitale e Plovdiv. In-fine i due centri di Pastrogor e Harmanli, po-sti accanto al confine. Tra l’uno e l’altro, nellacittadina di Lyubimets, sorge invece un centrodi detenzione, per chi attraversa il confine il-legalmente.Hassan, curdo di Kobane, era transitato da lì nel2014, poco dopo essere fuggito dall’avanzatadi Daesh. «Sono arrivato in Svizzera – raccon-ta – ho vissuto a Zurigo per due anni. Poi han-

no scoperto che avevo leimpronte digitali in Bulga-ria. E mi hanno rispeditoad Harmanli». Effetti del re-golamento di Dublino, checostringe i richiedenti asi-lo ad aspettare il propriodestino nel primo Paesemembro dell’Unione eu-ropea dove sono stati regi-strati.«Sembra il gioco dell’oca enoi siamo le pedine» diceHawta Hiwa, 26 anni, di Su-

laymniyya, nel Kurdistan iracheno. Una a unaripercorre le caselle della sua partita. «Turchia,Bulgaria, Serbia, Ungheria, Austria, Germaniae Svezia. Sono arrivato nel 2015 a Kalmar e cisono rimasto 14 mesi. Lavoravo in un risto-rante, in nero. Due settimane fa mi hanno ri-portato qui. Non voglio rimanerci. La mia vitaè in Svezia. Qui ad Harmanli le condizioni so-no pessime. I ragazzi sono nervosi, basta unniente per venire alle mani. Succede ogni sera».Tra le brande si trascorre il tempo come si può.Qualcuno gioca a Tawla, il backgammon delmondo arabo. Mohamed Khair inizia a suona-re una melodia curda con il suo Ud, il mando-lino mediorientale. Tutt’attorno si forma un pic-colo capannello di bambini sorridenti e adultipensosi: «Pensavamo che l’Europa ci avrebbeaccolto in maniera diversa. Sbagliavamo».

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Reportage

Amina, Abdel Karim,Hassan: nei centri di

accoglienza improvvisatidel Paese attendono damesi la “rilocazione”

«Lavoro e dignità contro gli squilibri sociali»PAOLO VIANA

arlo Costalli critica il Jobs Act– «troppi sgravi contributivi ilprimo anno» – e Lorenzo Or-

naghi risale addirittura a Bismarck, ilquale «tosava i sudditi come pecoreavendo peraltro cura di lasciarli in vi-ta…», per spiegare che la crisi delWelfare State è tutt’uno con il decli-no del lavoro, «che ha perso centra-lità». Alla fine, monsignor FabianoLongoni rammenta che la questioneè antropologica: rivolto al parterre,costituito dai giovani del Movimen-to cristiano lavoratori che ieri hannocompletato la summer schoolcon u-na tavola rotonda sul "lavoro degno"alla Università Cattolica, il direttoredell’ufficio per la pastorale sociale edel lavoro della Cei sottolinea come«il lavoro non sia avulso dal riposo e

dalle relazioni af-fettive. Dobbiamoricondurlo a unavisione antropolo-gica che rispetti epromuova la di-gnità della personaumana se voglia-mo superare glisquilibri economi-co-sociali che por-tano alla Brexit».La discussione sulconcetto di lavoro nel magistero dipapa Francesco, promossa dal Cen-tro di Ateneo per la dottrina socialedella Chiesa e introdotta dal profes-sor Evandro Botto, è stata aperta dalpresidente del Mcl Carlo Costalli, se-condo il quale «incrementare il tas-so di occupazione è possibile cam-biando in profondità l’approccio cul-

turale verso le poli-tiche del lavoro, te-nendo presentebassi salari e pro-duttività». Questocambio di passo siottiene se si consi-derano i fabbisognidi flessibilità, si a-dottano politicheattive contro la per-dita di lavoro, si su-perano gli squilibri

territoriali e il sommerso.Se dal terzo settore sono arrivate del-le ricette anticrisi, gli accademicihanno analizzato le criticità che per-sistono. Il presidente di Aseri, Orna-ghi, ha ricondotto la crisi del welfarea quella della politica, che «ha rispo-sto ai problemi elementarizzando iprocessi decisionali e cancellando i

passaggi intermedi, proprio nel mo-mento in cui avrebbe avuto bisognodi condividere di più». Secondo il ca-po del Dipartimento di sociologiadell’Università Cattolica di Milano,Giancarlo Rovati, alla base della dif-ficoltà di condividere vi è un proble-ma educativo che investe gli stessiluoghi di lavoro, «complici della ri-duzione funzionale delle singole per-sone alle prestazioni richieste dal-l’organizzazione economica. Il com-pito di formare la personalità e le ca-pacità viene attribuito alla famigliae alla scuola, ma si deve constatareche incontrano progressive diffi-coltà a svolgerlo, a causa della crisidi autorevolezza del mondo adultonei confronti dei più giovani e dellacrisi di consenso sulle funzioni del-la scuola».

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CIl convegno

Costalli (Mcl): cambil’approccio alle

politiche occupazionaliOrnaghi: la politicaha fatto degli errori

Le voci e i volti

Giovani, scout, religiosi al portoper l’ultimo sbarco: a bordo

anche donne incinte e minorisoli. «La loro sofferenza

per noi è una ricarica d’amore»

Migranti, il volto amico della solidarietàInsieme ai volontari di Reggio Calabria che ieri hanno accolto 745 persone