Giovanni Righi Riva - Albero Sephirotico

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L'Albero della Vita è la metafora della “caduta” dello spirito divino nella materia (v. la scala che Giacobbe ebbe in visione da Dio, di entità angeliche che scendevano in terra e risalivano al cielo). Attraversando i piani (dette sfere) di 11 mondi o universi di coscienza (detti sephirot); si potrà attuare la “risalita”, questa volta sotto forma di spirito umano, verso l'undicesima sephira, detta Da'ath (l'Abisso della Mutazione), dove si potrà affrontare la maggiore delle trasmutazioni. (da esonet.it)

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ALBERO SEPHIROTICO

Indice

IL CAMPO SEFIROTICO PROBLEMI E DINAMISMO REALIZZATIVO....................................3IL PROCESSO ESOTERICO............................................................................................................29NOTE SULLA FEMMINILITÀ DI YESOD.....................................................................................32IL DRAMMA DI YESOD..................................................................................................................39MALKUTH ED IL GLIFO................................................................................................................53IL PUNTO D’INTERSEZIONE.........................................................................................................55RAPPORTI FRA YESOD E MALKUTH..........................................................................................59IL 32° SENTIERO - Ipotesi...............................................................................................................64LE BASI DELL’AZIONE..................................................................................................................67IL GLIFO - note..................................................................................................................................93AFFINITA’ E DIFFERENZE.............................................................................................................97IL REGNO........................................................................................................................................100LA FORMULAZIONE DEL PLEROMA........................................................................................103YESOD.............................................................................................................................................106

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9999vjgfghj

Luna31 29

AIN SOPH AUR

12 11

Saturno Zodiaco

1

Marte Giove

Mercurio Venere

99

32

Terra

Albero sephirotico

2

Primo mobile

14

18 13 16

17 15

19

Triangolo etico 22 20

23 Sole 21

26 24

27

Triangolo astrale

2530 28

KetherMetratonBrillantezz

a

1

BinahT zaphkiel

Cremisi

3

Chokmah

Ratzielazzurrino

2

GeburahKhamael

Arancione

5

Tiphere th

RaphaelRosa

6

C hesedT zadkielVioletto

4

HodMichael

Viola porpora

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YesodGabrielIndaco

9

NetzachHanielAmbra

7

MalkuthSandalphon

Giallo

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DA’ATH

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IL CAMPO SEFIROTICO PROBLEMI E DINAMISMO REALIZZATIVO

1°) La massima estrinsecazione nel campo sefirotico è ottenibile solo quando le sue condizioni sono talmente costrittive da indurre le entità ivi collocate ad un atteggiamento di revisione del loro mondo interiore.

Questo per due motivi fondamentali, entrambi dipendenti dal loro permanere in un certo stato di continuità temporale che rende - per disgrazia ed immenso dolore dell'Interità - estremamente inerziali le personalità non appartenenti al campo più elevato, e cioè quello che attinge più o meno direttamente al Centro della Emanazione.

Il primo motivo, già espresso implicitamente, è la convinzione che ciò che permane è di per sé stesso esatto, e che ciò che muta è, oltre che sbagliato, appartenente ad un grado "inferiore" di realtà. Il secondo motivo è la presunzione che le entità femminili siano assai più adeguate di quelle maschili a direzionare l'esistente, e che l'ente ideante debba essere subordinato a quello esplicante.

L'Interità rappresenta nelle zone più adiacenti al campo del Ciclo Breve alcune caratterizzazioni molto specifiche e con qualificazione assai involuta: qui le entità esplicanti sono di norma contattate da entità virili estremamente dissociate, e che rasentano il demonismo. La Polarità è dunque assente, e le femminilità assumono un aspetto prevaricante opposto e conflittuale con quello prevalente nella zona di "Malkuth del ciclo breve", che è specificatamente maschile ed intellettualistico. Ciò implica un aperto dissidio con la globalità di Malkuth, ed un estremo interesse del mondo sefirotico al controllo e allo sfruttamento del potenziale energetico ed ideativo del campo maschile.

Inoltre Malkuth (e qui parliamo sempre della zona preposta al superamento di un momento involutivo tramite l'esperienza del conflitto e dell'incidenza aperta e veloce del Karma) è considerato inferiore per la rapida processione dell'esistente in vite successive, e la totale assenza di permanenza e continuità delle forme e delle coscienze: ciò induce sia a sfruttare le fonti ideative di questa zona onde compensare la miseria e la staticità del campo femminile, sia a potenziarne gli aspetti più evidentemente suscettibili di creare gratificazioni ed emozioni a livello rappresentativo esclusivamente onirico e mentale.

Data l'involuzione delle due zone, questo implica costante e progressivo degrado, che assorbe costantemente energie non più attingibili all'ideazione suprema. La situazione comporta dunque la cosiddetta "necessità" d'assorbire prana dai mondi giudicati 'inferiori', con tremendi effetti scompensanti per questi ultimi e, di riflesso, su coloro che generano la distorsione.

Considerando poi che la disgregazione delle personalità rende facile la

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fruizione del loro potenziale energetico, si può facilmente immaginare quale orrida ideazione finisca per prevalere sulle personalità più involute, e per questo più incapaci d'attingere all'infinità dell'amore divino, la fonte primaria ed unica della vita nell'Emanazione.

Occorre ora essere precisi: non tutte le zone del mondo sefirotico in fase di ricerca del proprio essere e del proprio esatto esistere si pongono a questo infernale livello: solo quelle più oscure e coinvolte dal degrado egotico si presentano in questo stadio d'oscurità.

Le altre hanno qualche enorme problema di scelta e di definizione del proprio ambito vitale, ma tentano e sovente riescono ad emanciparsi dal loro mondo egotico e costrittivo. Quel che le condiziona è però estremamente grave: la perdita dell'intelligenza dell'ideazione brahmanica, e quindi il prevalere nel campo interiore dell'intelletto/mente/io su quello del sentire/intuire che si fonda sul Sé, sull'Essere dell'Atma.

Ciò implica un potenziale ed attuale conflitto fra zone differenti del Mondo Sefirotico, e fra le stesse personalità di un medesimo livello; implica inoltre - e questo è il vero e tragico punto dolente della Manifestazione - la completa o parziale perdita del concetto di polarità, che è il vero motore dell'evento creativo affidato alle Entità e da queste frainteso e offuscato.

Se la polarità è carente, l'elemento ideante maschile degrada velocemente nella abbietta ideazione di possesso e potere a tutti i costi, in un incessante tentativo d'affermarsi egoticamente sull'esistente per sopperire al tremendo vuoto interiore scaturito dall'assenza del proprio elemento qualificante: che è l'esser tramite dell'ideazione d'Amore alla creatura e - direttamente - alle proprie naturali compagne, le entità esplicative femminili.

Queste ultime, in assenza del normale e fondamentale apporto del campo virile si chiudono nel loro atteggiamento di prevaricante ricerca di un compenso a tale frustrante condizione, enormemente sentita a livello erotico d'estrinsecazione delle proprie capacità esplicative.

Mancando l'adeguata ideazione, esse si arroccano nel possesso e nell'affermazione d'autorità su quanto in effetti possono controllare, tentando di sopperire con le loro facoltà ideative al vuoto dell'elemento maschile.

Ma le capacità ideative si devono fondare sull'Essere, sull'Amore e sul conseguente dinamismo polare, sinergico ed attualizzante nel mondo emanato della possente volontà del Brahma; e in ogni caso il saper attivare l'aspetto maschile nella personalità femminile richiede il rapporto empatico con un'adeguata personalità virile (adeguata a livello di realizzazione) o la capacità di raggiungere - nell'intuizione del Centro interiore - la verità riposta, eterna e totale, nell'Atma: il che è estremamente arduo perché incontra il massimo limite della femminilità non adulta ed inficiata dal processo d'oscuramento egotico: la sua prevalente qualificazione esplicativa di un'idea trasmessale dalla polarità maschile.

Il punto in esame richiede quindi la consapevolezza di quanto sia difficile per un iniziando, e perfino per un iniziato, il tragitto di contatto con il mondo sefirotico, e

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come il contatto con le modalità femminili (le "donne" astrali, non meno donne di quelle che egli incontra quotidianamente, ma differenti in modo estremo sotto tanti profili) rappresenti un vero duello di resistenza e di forza in cui egli - se appartiene al vettore teurgico, il solo degno di venir considerato - parte in apparenza svantaggiato: egli infatti agisce per amore e con l'Amore, ed incontra chi non crede al suo amore, alle sue intenzioni e al Brahma intuito come "Amore di Tutto". Il mondo sefirotico infatti intende la Divinità come Armonia/Indifferenza e astratta Informalità, se non (il che è ben peggiore) come un despota incomprensibile e tremendo che è forza e forma di potenza, capace di distruggere e punire, ma anche di gratificare coloro che a tale concezione si ispirino nella loro operatività. Qui l'inversione dei valori è completa e non si è più negli aspetti ancora vitali dell'Albero Sefirotico, ma in quelli degradati e malvagi della Qelliphoth.

Le entità femminili sono tuttavia suscettibili d'essere motivate da coloro che le sappiano amare oltre le loro ideazioni, pretese e qualificazioni attuali: motivate ed attirate perché la mancanza d'esperienza d'amore cerca l'amore per il completamento della personalità (e la carenza è più o meno consapevolmente sentita, più o meno dolorosamente vissuta) e perché, ma ciò è in genere secondario a tale prevalente fattore, esse richiedono un'ideazione che le sottragga al monotono e affaticante ripetersi delle stesse condizioni esistenziali, e al lento, spaventoso degrado che l'inerzia induce in ognuna di esse, e che vedono ed intuiscono riflesso nel dolore di quelle zone più aridamente protese all'egotismo e al possesso.

Quindi esistono potenzialità d'incontro e di rapporto che pongono in moto fattori complessi, tali da reintegrare l'iniziato nel campo del Padre mediante la scomparsa d'elementi distorti e dirimenti dell'Emanazione: quelli che determinano in essa livelli praticamente impermeabili l'uno all'altro, ed il degrado del "lungo ciclo" a quello sempre più breve: col tempo sempre più condizionato al riassorbimento nel campo virtuale del Padre.

Malkuth, il Malkuth di Cristo dove il ciclo è breve ma il dinamismo spirituale è elevato più che altrove, è caso a sé e deve essere inteso. Di questo parleremo nel prossimo studio, in cui si esamineranno le qualificazioni di questa fondamentale sfera del mondo emanato, e le profonde ragioni tanto del suo esistere nell'amore del Padre quanto dell'antagonismo attuale o potenziale delle altre Sephirah: sfere irreali più o meno profondamente, a seguito della orrida "Caduta" (la quale è di ora e qui, anche se nel tempo/spazio individuale appare estremamente remota e solo proiettata come effetto nel presente), e pertanto in preda a un'avidya (ignoranza di sé, del proprio vero essere) che è tanto più temibile quanto più incompresa e razionalizzata nel vettore intellettuale carente di fondamento nella Realtà/Amore.

Le entità sefirotiche. sono potenzialità d'amore ben più che attualità, ma tendono naturalmente all'amore se vengono responsabilizzate al punto da doversi porre di fronte a un radicale atto di scelta. Se falliscono in tal punto, si apre per loro l'incombente aspetto disgregativo del Male: poiché scelgono e diventano ego, ponendosi quindi fuori nella loro coscienza dalla Volontà del Padre, e quindi precipitano nell'irrealtà e nella dissoluzione infinita. Solo la misericordia divina, che

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è Persona reale e concreta nell'aspetto cristico, Creatura assoluta e Creatore in sintesi ineffabile, può a questo punto riassorbire le entità nel Suo campo di pura virtualità, per renderle alla vita in un nuovo e diverso atto emanativo: un nuovo ciclo che offra, con il superamento del karma consolidato dal precedente, l'occasione di reintegro nella Realtà. Se ciò non accadesse, si aprirebbero le porte della Qelliphoth, l'abbietta ed interminabile morte della personalità nelle degradate zone infernali, verso quel 'nulla vivente' che è il demone nel suo momento più dissociativo: impotenza e fame di possesso totalmente frustrate, che pure inquina e perverte le coscienze di quanti - privi d'amore - si associano a queste oscene condizioni di prevaricazione.

2°) La massima esplicazione dell'ente maschile consiste nel porgere al momento unitivo polare il suo contributo ideante, che è il tramite del volere del Brahma.

E' questo il punto difficile da venir compreso da parte delle femminilità, sefirotiche o appartenenti al campo che abbiamo denominato, piuttosto limitativamente, Malkuth, la decima sefirah.

Il campo di Malkuth è, in effetti, riproduzione nel ciclo breve del vero stato iniziatico del Mondo sefirotico, rappresentato dall'integrazione vitale e dinamica delle polarità: nel momento sintetico del loro estrinsecarsi ai quattro livelli, ed analitico nel processo esistenziale conseguente.

Nel Centro del Glifo individuiamo dunque la realtà del vettore polare coerente all'espressa volontà creatrice del Brahma: Tiphareth è in sintesi/analisi con il tramite ideante, Malkuth, il quale è virile nel suo aspetto rivolto alla femminilità, e ricevente rispetto al Mondo Causale, sfera del Divino puro.

Malkuth è il tramite fra il Creatore e la creatura, ed è quindi partecipe al livello dell'autocoscienza - secondo un'infinita progressione di realtà - del proprio Atma.

Il Mondo Causale è dunque, come "forma di personalità e personalità espressa in forma", un esistere nell'Essere, attuale secondo la vera Volontà divina: è cioè l'Eden, e la radice creativa e creata della Manifestazione.

Pertanto è realtà vivente perché risponde all'ideazione suprema dell'"ora e qui", è dinamicità eternamente protesa al limite infinito nella sua ricerca della propria vera essenza; occorre adesso aggiungere che la vera essenza delle creature non si attua con il raggiungimento di quell'orizzonte infinito che è il Centro Ideante supremo, la Causa Prima, entro la quale sono a tutti gli effetti collocate. Il vero essere delle creature è conseguito, come abbiamo in precedenza indicato, nel momento presente in eterno spiegamento, quando esso si rivela e si svolge nel pieno "esistere nell'Essere" che è la creatività del Padre: Brahma in Brahman, identità assoluta.

Esistere nell'Essere: il Padre crea in Sé il tempo e lo spazio per dare realtà al suo atto di vivificazione delle persone, secondo un parametro di dinamicità che in ogni momento è reale, se s'incentra e risponde alla divina volontà, quale si svela nell'istante considerato.

E' questo il punto d'estrema difficoltà della Manifestazione inficiata dalla

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"caduta", che rende reali tanto il "piccolo" che il "grande" oltre la loro stessa coscienza di vivere, se si pongono nel cuore dell'Amore e della Gioia.

Confondere dunque la realtà fondamentale con l'esplicazione dei suoi infiniti e, a priori, indeterminati contenuti è causa d'errore basilare, e d'incomprensione di sé e del fattore creativo del Brahma.

Occorre essere precisi: la femminilità, per sua origine fattrice di vita e Potenza informante (Chakti) deve venir posta nell'ideazione divina al livello del Cuore/Atma: o identificherà l'esplicazione passiva e talvolta attiva come 'realtà' prevalente dell'esistente, cadendo con ciò in un paradosso intellettualistico estremamente fuorviante, e quindi diventando possessiva nei confronti dell'ente maschile, considerato non come tramite del padre secondo le proprie più o meno limitate capacità, ma piuttosto come strumento finalizzato all'esplicazione valutata come la sola verità fondamentale; quindi da rendere soggetto al campo femminile, funzione e non protagonista paritario in un rapporto polare, da controllarsi e rendere sostanzialmente operativo non nel Volere brahmanico ma dell'ideazione della Potenza esplicante, la femminilità.

Codesto è fraintendimento del campo che, come tutti gli errori, nasce da un aspetto reale afferrato ed oggettivato non dall'intuizione del Centro/Amore ma dall'intelletto possessivo di sé e di tutto ciò che è 'altro da sé', il quale s'identifica pertanto nelle due direzioni interna ed esterna come Ego.

Il nostro problema è dunque quello d'intendere esattamente la propria profonditità e ritrovare nel Sé il fondamento della capacità personale di essere vivi in senso reale.

Questo fattore deve essere considerato con attenzione, perché occorre distinguere fra la specificazione femminile e quella maschile, le quali differiscono profondamente pur essendo unità nel loro momento globale da cui entrambe scaturiscono (e che possono vitalizzare nella sintesi polare).

Mentre l'uomo, nel suo viaggio in interiore cordis attinge all'Idea noumenica del Padre ed insieme concepisce la normalità di donarla alla donna, questa si puntualizza sull'Idea - tutta femminile - d'essere ricezione del vettore maschile e successiva immediata e naturale esplicazione.

Quindi entrambe le polarità attingono all'Atma la loro caratterizzazione ed il contenuto specifico del momento considerato: l'uno come tramite all'altra, e l'altra come esplicazione per entrambi di quanto le viene affidato dal partner.

Partner che può ovviamente porsi ad uno o a tutti i livelli energetici dell'Emanazione divina, secondo le peculiarità reali attualizzatesi nel rapporto.

I due aspetti - maschile e femminile - sono in effetti strettamente complementari, e non può esistere realtà esistenziale senza la loro confluenza nell'unità basilare: se ciò è impedito o frainteso o interdetto si precipita nell'irrealtà, che è intellettualismo ed esplicazione d'astrattezza per l'uomo, ed ideazione imperfetta e per lo più astraente nella donna, con la conseguente immobilità esplicativa e la tensione non al dinamismo creativo a lei tipico (che è attualizzazione del vero, dell'amore ai suoi livelli più congeniti) ma piuttosto al controllo

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dell'esistente, del campo globale, ed alla tenace prevaricante difesa del proprio ambito di fruizione.

Questo è il problema: riportare la Polarità al suo vero significato e alla sua immensa potenzialità di gioia, e questo è il compito d'ogni esoterismo teurgico. Ma l'analisi sottintende un ben diverso fattore, esemplificato a chiare note (e quanto disattese!) dal simbolismo del Glifo.

Il quesito che dovremo ora porci è: cosa implica il Malkuth dell'Albero Sefirotico e perché esiste adesso il ciclo breve?

Qual'è il vero significato di porre la sefirah Malkuth quale punto convergente di tutto il dispiegamento della Manifestazione nella nostra zona (che è quella, sottolineiamo, della caduta), e perché in Malkuth il momento ideante maschile e la femminilità sono, in sintesi, spesso ed incompiutamente polari, mentre la femminilità delle restanti sfere del Glifo ottunde entrambi e li rifiuta, opponendosi decisamente a tutto l'ambito in cui è prevalente - ed ora prevaricante - la qualificazione maschile?

Parleremo in altra sede della virilità del Glifo nella Caduta, e di come sia degradata e degenerata, rendendo impossibile qualsiasi aspetto di Polarità, il che è estremamente indicativo della qualificazione di quanti furono artefici della Caduta stessa.

Consideriamo però ora che Malkuth costituisce eccezione: è virilità spesso capace d'estremo reintegro nell'Ideazione Fondamentale, e nel suo campo non esiste solo l'aspetto virile ma anche la Tiphareth coinvolta nel ciclo breve, che è alla ricerca di sé stessa e del suo compagno.

Quindi l'opposizione dell'Albero (che non è quella del Centro di realtà, l'Eden biblico, il Mondo degli Archetipi costruttori) è sopratutto opposizione delle entità femminili prive d'ideazione brahmanica, oscenamente indotte dalle controparti maschili e che sono quindi da ricondurre a sé stesse e all'evento polare; è inoltre opposizione di quegli enti maschili che - estremamente degradati nell'egotismo per la perdita volontaria del proprio Centro - assumono caratterizzazione di possesso e potere e aspetti demonici, offuscando le loro precedenti compagne di vita ed inducendole a negare la loro stessa verità.

Ogni contenuto iniziatico è qui, nel ripristino della Polarità; e ogni opposizione al Padre è egualmente qui, nel negare il fattore polare e nell'attivare in senso reciprocamente possessivo l'uomo e la donna, per disgregare l'Emanazione nell'oscura e folle speranza di distruggere così la stessa realtà di Dio.

3°) Malkuth nel suo aspetto fondamentale è tramite dell'idea di manifestazione dell'Amore del Padre verso le sue creature. Dunque è principio ideante nei confronti della femminilità (Tiphareth, nella quale s'incentra la Donna globale) ma è passivo e ricettivo nei confronti del Brahma.

Di qui l'idea che l'Emanazione sia interamente femminile, e che non esistano forme che siano di per sé maschili.

Ora, dal punto di vista del Padre questo Egli lo può affermare, perché ogni

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realtà relativa esiste nel suo volere, ed è quindi passiva rispetto a Lui: ma Egli conferisce la capacità della scelta, e quindi rende sotto questo profilo libere le sue figlie e i suoi figli, e pertanto si dovrebbe sostenere che tutta la Emanazione considerata nel suo aspetto ideativo di scelta fra le potenzialità offerte dal Brahma è maschile.

Sono disquisizioni prive di senso se volute allo scopo d'investigare nell'ambito della Realtà, ma che possono condurre sia ad un fraintendimento intellettualistico causa di oscure conseguenze, che al superamento del concetto di "maschile e femminile" nella sintesi androgina: il che è in effetti, vero.

L'Emanazione è androgina, ed il suo aspetto uomo/ideante e donna/esplicante sono Maya, con tutte le implicazioni del concetto.

La realtà della femminilità è inoppugnabile, così come quella della virilità: esse sono volizioni divine e pertanto aspetti dell'Amore, non rapportabili che simbolicamente ai parametri di 'ideazione' e di 'esplicazione': sono realtà complementari, che diventano vacuità ed illusione se non si rapportano esattamente l'una all'altro.

Il potere ideante è in effetti immanente all'esplicazione, ed il tramite maschile esplica sempre l'idea sintetica che recepisce in sé quando, con un atto di scelta, la trasmette alla femminilità: tutte le analisi e le qualificate argomentazioni sull'assunto sono inutili se perdono di vista il fattore di complementarietà polare, e diventano utili per la comprensione (tutta relativa alla creatura) del campo esistenziale al livello dell'intelletto d'amore.

Malkuth si definisce nel suo rapporto con Tiphareth e viceversa: separati, degradano progressivamente nell'irrealtà, fino a diventare un 'momento' di virtualità nell'informalità del divenire a livello causale supremo.

Queste considerazioni rappresentano lo strumento d'interpretazione del Glifo più rilevante sotto il profilo polare e sotto quello, estremamente significativo, del suo fraintendimento.

Come altrove dicemmo, la Manifestazione dovrebbe essere rappresentata da un simbolo semplice, qui esemplificato:

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Se il Glifo separa Malkuth da Tiphareth, esso non corrisponde al momento creativo ma a quello conseguente al crollo dell'Emanazione, per la prevaricazione compiuta dall'Adam su sé medesimo nei suoi due aspetti di uomo e donna: il che si risolve nell'aggressione contro il Brahma e nel conseguente stato di disgregazione.

Il Glifo esprime dunque la situazione del Mondo Manifestato, creatasi nella Caduta; esprime anche il tentativo di riequilibrio dinamico della Creatura globale nella definizione di un suo nuovo Archetipo che compensi quello, o quelli, che determinarono la Hibrys contro il Padre, mediante l'attualizzazione della Misericordia e del Sacrificio cristici nelle coscienze, secondo le qualificazioni della volontà divina. Esprime inoltre il perpetuarsi della distorsione che non vuole recedere dal suo arbitrio esistenziale e tenta di ridurre il Mondo formale - l'Adam cosmico - a pura negatività, opposta alla positività del Padre: e questo è il vero "male".

4°) Le caratterizzazioni del Ciclo Breve sono da considerarsi come un atto di risoluzione del problema conflittuale immanente a tutta la Manifestazione. In effetti un aspetto estremamente inficiante il mondo formale in seguito del suo distacco dal Padre è proprio il suo immobilismo e la mancanza di vitalità creativa. Mentre in condizioni di equilibrio le entità sefirotiche esprimono pienezza di vita e di gioia, nella distorsione esse si cristallizzano in schemi di comportamento e in motivazioni intellettualistiche sempre più rigidi e costrittivi. La tremenda ripetitività che ne consegue implica un accrescimento dell'effetto disgregativo del campo, e la frustrazione delle personalità nel loro momento più veritiero e luminoso, l'esplicazione del contenuto polare dell'Amore, determina falsificazione profonda e perdita di consapevolezza e di autonomia che si risolvono lentamente nella prevaricazione e nella necrofilia.

La Manifestazione è stata dolorosamente colpita dall'insorgere dell'ego nelle sue creature come momento identificante della personalità: questo all'inizio si è evidenziato in formulazioni non troppo distorcenti, e suscettibili di essere corrette con l'esperienza diretta e finalizzata delle conseguenze. In vista della necessità di correzione (qui noi trattiamo sinteticamente e simbolicamente un problema che è ben altrimenti complesso ed esteso) il Glifo ha determinato un ambito di riequilibrio, soggetto ad un più veloce andamento spazio/temporale ed in ciò suscettibile d'ottenere il superamento delle staticità coscienziali e l'assestamento delle ideazioni.

Nel ciclo più breve - diciamo nel periodo che preferiamo considerare caratterizzato da cicli d'esistenza di 800/1000 anni - la mente infatti si dissolve periodicamente: nel periodo di riassetto profondo che intercorre fra un atto di riassorbimento in altra zona (intermedia) ed il ripristino nella precedente, vengono devitalizzate le caratterizzazioni profonde della personalità che inficiano la libertà di scelta, e si attualizzano nei limiti del possibile quelle che risultano a lei favorevoli.

Infatti la personalità è esplicazione di quel fondamentale aspetto di contatto con l'Atma che è lo Spirito, fuoco interiore, nelle zone via via più attinenti allo svelamento del campo esistenziale: se lo Spirito è gravemente carente, compromesso

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da zone d'irrealtà e discontinuità, la nuova esistenza conserverà molte tracce della precedente, e determinerà effetti/eventi non favorevoli (incidenza karmica).

Mentre la Mente/intelletto si dissolve in parte - totale o parziale a seconda del grado d'emancipazione del soggetto (jiva) ad ogni morte fisica, e restano tracce solo nel profondo poiché l'inconscio non è soggetto a questo deperimento essendo fuori dal campo d'autorappresentazione normale (la morte è infatti il crollo coscienziale di questo campo e non altro) - lo spirito permane e si pone identico in ogni ciclo autorappresentativo, finché la scelta da cui scaturisce la sua realtà non ne modifichi l'essenzialità.

Ecco perché il ciclo lungo mantiene all'esasperazione certe caratterizzazioni involutive, mentre quello breve non fa che dissiparle rendendo conseguentemente fattibile un riequilibrio.

Malkuth sarebbe dunque il luogo ideale per risolvere le conflittualità dell'Albero Sefirotico, se le entità dei campi sovrastanti avessero la qualificazione sufficiente per questo scopo: ma in Malkuth si scende solo se esistono sufficienti potenzialità d'emancipazione da renderlo efficace, perché altrimenti il Brahma si vede costretto a lasciare che i suoi figli e le sue figlie proseguano nella loro involuzione, essendo improponibile un ciclo breve a coloro che mancano completamente delle ideazioni d'amore e di ricerca di sé, le quali - sole - ammettono un riscatto: Malkuth infatti implica una scelta in questa direzione.

Gli enti sefirotici seguono vie differenti: se di segno virile, tendono ad un rapido degrado dall'istante in cui abdicano all'ideazione fondamentale, rendendosi psichicamente e spiritualmente ottusi alla loro rinascita. Quando si verifica quest'arbitrio, il Padre, nella sua onniscente misericordia, o li colloca se possibile nel ciclo breve per la presenza di adeguati requisiti o li riassorbe nel suo campo virtuale per renderli (dopo un tempo di profonda decantazione a vari livelli) alla vita di altre Emanazioni.

Occorre chiarire che la Manifestazione è atto continuo, e che non può considerarsi evento collettivo globale e ciclico se non per determinati aspetti che si collochino su un campo sufficientemente armonico di vibrazione.

Ma di questo si parlerà forse altrove. Nel caso d'entità femminili in fase oscurante il problema è diverso: la donna degrada ben più lentamente dell'uomo in quanto il suo problema fondamentale è la ricerca dell'ideazione di direzionalità esistenziale, ed in mancanza di ciò essa tenta con le sue facoltà di sopperire a tale mancanza (attivazione dell'aspetto virile della sua personalità).

Ma proprio per questo la collocazione in Malkuth ha effetti inferiori a quelli che possono ottenersi per gli uomini, a meno che ivi essa non incontri e non si riconosca in enti in fase dinamica di risveglio.

In Malkuth infatti alcuni jiva (principi autocoscienti evolutivi) trovano la via che riconduce al Brahma e la seguono con la Sua guida ed il Suo sostegno; la donna, che è - per definizione - ricettiva dell'ideazione primeva d'esplicare in vita la direzionalità affidata all'uomo e da questo trasmessale, non possiede neppure in Malkuth questa capacità se non con un iniziando di tipo solare, o con un vero e

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proprio discepolo del Cristo.La presenza femminile in Malkuth, pur necessaria per conservare ed

accrescere in lei certe possibilità d'emancipazione altrimenti depauperate, ha quindi effetti solo se le condizioni globali consentono al Brahma la riattivazione dell'equilibrio polare nella sua profonda dimensione d'attualizzazione dell'Idea creativa.

Il problema del principio ideante vivente in Malkuth, allorquando si colloca nella sua linea di risveglio, è conseguentemente complesso: il suo campo femminile d'origine, a vari livelli sempre multipolare, è frantumato, e nella sua attuale dimensione d'esistenza, difficilmente può incontrare più di pochissime femminilità in grado di assumere un aspetto realmente operativo. Quasi tutte infatti si collocano ancora nei campi sefirotici e - risultando prive dell'ideazione del Brahma a seguito degli eventi determinanti il comune oscuramento e alla conseguente scissione della Sizigia (l'unità polare) - si puntualizzano in atteggiamenti ostici e conflittuali sia che agiscano su Malkuth in modi incogniti ed indiretti (fruendone le energie praniche ed ideative) sia che vengano direttamente contattate, per volontà del Maestro, nella ricerca esoterica.

A questo punto il jiva è nel peggior momento della sua esistenza e della sua essenzialità, perché deve ricostituire l'armonia polare su vari livelli di coscienza estremamente antitetici riunificando piani esistenziali frantumati dalla perdita di realtà. Ribadiamo a questo punto che il piano fondamentale è unico: quello che esprime nell'ora e nel qui la esatta principiale volontà del Padre, e che è attuato solo nel Mondo Causale cristico e nel giardino che lo circonda.

Questo è il problema, il quale viene risolto solo se 1'"essere" dell'allievo prevale sul suo ego, e determina un "esistere" secondo la volontà di Dio, e cioè nell'intelligenza vera e concreta dell'Amore.

Le difficoltà psicologiche, culturali, karmiche e spirituali sono immense, così come immenso è l'abisso che viene evidenziandosi nelle sue antiche compagne, e fra loro ferme nel passato e la sua attualità. Solo con il Padre è quindi possibile ripristinare la fondamentale unicità del campo vitale rendendola emancipativa: è un problema d'autorappresentazione perché, come dicemmo, il campo è sempre unico, quello del Cristo, ed appare frantumato e differenziato a seguito della gravissima perdita d'identità. Ma al ripristino del campo non si oppongono solo le entità sefirotiche di polarità empatica primordiale, ma anche e duramente tutte le sfere del Glifo che risultino contaminate dalla Caduta, le quali seguono passivamente ed acriticamente la volontà dissolutiva del demone. Queste sfere non hanno capacità di libertà e d'autocoscienza reali, e quindi si manifestano come arbitrio e prevaricazione: la loro irrealtà le rende inoltre - e questo è l'aspetto demonico più sconvolgente - carenti d'energia vitale ed estremamente tese ad impossessarsi di quella ancora rintracciabile in entità ed in zone meno compromesse.

Cercano dunque d'impadronirsi dell'esistenza di quelle personalità che presentano minori capacità d'autodifesa (in quanto in fase di allontanamento dal Padre) ma non risultano ancora totalmente oscurate; tentano inoltre d'impedire

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qualsiasi emancipazione dei campi da loro controllati, in quanto fonti primarie di sostentamento fisico e mentale.

Conseguentemente gli enti sefirotici cercano d'imporre un controllo e - tramite questo - di possedere tutto ciò che può costituire fonte di prana e di sopravvivenza. L'ego smisurato di queste zone non può essere compreso che con l'esperierienza esoterica, e comporta la rinuncia di qualsiasi parvenza di dignità, di onestà o di sincerità in favore della frode, dell'inganno e della sopraffazione.

Le entità dell'ambito polare sono quindi, genericamente parlando, in fase critica anche se non necessariamente demonica: perché in tal caso non potrebbero né sarebbero oggetto di contatto. Difficilmente appaiono completamente oscurate, perché la permanenza del loro ente ideante in un ambito di emancipazione influisce positivamente a livello sottile sulla loro condizione interiore. Ma il reciproco contatto scatena le loro sopite recriminazioni, i ricordi (falsificati dalla scissione dei campi e dalle induzioni di controllo), la volontà di possesso sul jiva, che fu la causa della separazione, ed il conseguente desiderio di controllarlo in quanto fonte primaria ideativa e unica speranza di un futuro non completamente regressivo. Scatena inoltre la violenta interferenza del Glifo oscurato, proteso all'annullamento della Polarità e di ogni suo potenziale ripristino, e decisamente schierato contro il Brahma nell'ottusa e feroce volontà - estremamente intellettualistica - d'affermarsi oltre la sua Volontà.

Il Brahma viene considerato il "nemico", il limite da distruggere e da abolire: tutto il loro mondo interiore è conseguentemente contrassegnato da un capovolgimento di valori, in cui il dolore prende il posto della gioia (e si predica, si diffonde il dolore), il controllo della libertà e la violenza sostituiscono l'armonia dell'incontro. Odio al posto dell'Amore, morte invece della vita: ecco la direzione della Quelliphoth e delle zone in cui essa si protende. Mediti il lettore su queste note: ogni azione di questo tipo tende a dissociare gli aspetti più belli dell'esistenza, per renderli oggetto di sfruttamento e di impossessamento; tende inoltre a trasformare il soggetto colpito secondo le modalità dell'oppressore, rendendolo simile a questo e cioè un nuovo oppressore soggetto all'arbitrio del primo. Mediti su quanto accade in Malkuth ai nostri giorni, e su quello che dicono le vicende storiche a noi note, sia che riguardino gli avvenimenti propriamente politici ed economici che quelli più specificatamente riportabili alla sferra della spiritualità, come la storia delle confessioni religiose e delle idee: il quadro che ne risulterà sarà illuminante.

Ma c'è il Cristo, il Suo sacrificio e la Sua misericordia: verremo dunque ad analizzare adesso le varie specificazioni che le sfere sefirotiche manifestano quando viene attualizzato un vettore polare d'emancipazione, ed esamineremo alcuni dei problemi che concretamente si evidenziano nell'operatività dell'iniziazione.

5°) La posizione del principio ideante nelle sue varie valenze deve essere considerata tanto sul piano normale d'esistenza che su quelli, in apparenza sottili, che vengono ad incidere sul suo processo spirituale.

I piani sefirotici sono reali a vari livelli, e riproducono come

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autorappresentazione soggettiva o globale l'unico piano di totale verità, che è quello del Padre. Questo implica che le suddivisioni riscontrabili nel Glifo fra le varie dimensioni dell'esistenza sono strettamente dipendenti dalle personalità che in esse si riconoscono, e non dall'ideazione divina.

Sono dunque suddivisioni di valore relativo e transitorio, che svelano la Maya ed il grado d'emancipazione o d'evoluzione raggiunto.

Il piano brahmanico appare in tutto il suo splendore ai margini del Mondo Causale: del vero Mondo Causale principiale, quello del Cristo Re. In tale zona Malkuth dell'Amore è in sintesi polare con la sua sposa Tiphareth dell'Amore, e la dimensione di vita nell'Essere è protesa al costante svelamento delle proprie virtualità secondo il principio di libertà di scelta delle creature.

La Potenza-Chakti qui si manifesta nel suo infinito spiegamento, nella mistica sintesi con il Noumeno, simbolicamente rappresentata dalla Croce di Luce e dalla Rosa. Croce bianca di gioia, non quella oscura del dolore; e la Croce è la simbologia dell'incontro nell'Assolutezza del potere ideativo ed esplicativo del Padre. Rosa di femminilità che crea la femminilità della forma con la virilità dell'Idea che il tramite/jiva conduce alla sua sposa. In questo senso la Rosa è la Madre d'Amore, da cui si dipartono le polarità - tutte le polarità - che specificano il mondo emanato. Ma la Rosa Mistica è oltre la definizione di femminilità della creatura, perché essa è identità con l'Ideazione ed è "modalità" d'Amore.

Maria-Mahat è infatti Persona Assoluta partecipando sia del Padre/ Kether/Rha che della Sua manifestazione, della quale è idea fondamentale verso la femminilità relativa; così Gesù/Thoth è nel Padre e nella Persona virile assoluta: Idea creativa da cui s'irradia la virilità a noi nota. Entrambi sono il Cristo, del quale costituiscono reali (della realtà di Brahma) quanto misteriose ipostasi.

Rappresentano inoltre l'infinita misericordia dell'Amore, che nel sacrificio per la propria creatura svela il suo sostegno e la sua presenza, nell'attesa d'accompagnarla redenta alla Casa del Padre (l'Eden) e lungo i sentieri infiniti del Suo dinamismo.

Questo è il nostro problema: rendere Malkuth e Tiphareth reciprocamente attivi, polari nell'Amore e - quando la qualificazione, intuita nell'Atma, lo comporta - ai quattro livelli della personalità.

Tutto questo implica però l'integrazione di campi che appaiono, nella dimensione orizzontale e verticale dell'Esistente, disuniti, e il ripristino della Sizigia nella sua direzionalità attualizzante d'amore e di gioia, la Luce dell'Emanazione. Come si presentano i campi? In stato d'estrema conflittualità fra di loro e specificatamente con coloro che si sono ritrovati per i motivi dianzi indicati nel ciclo breve. L'Albero Sefirotico appare dunque gravitante su Malkuth (la decima Sephirah) ed in fase di pesante fruizione del suo potenziale energetico ed equilibratore ben oltre le sue possibilità. Se questo è valido nel globale, è egualmente e completamente valido nell'individuale, ed il Jiva in fase emancipativa si trova in contatto ed antitesi con le formulazioni sefirotiche che costituiscono nell'attualità il suo campo vitale.

I campi sefirotici sono sostanzialmente identici (ai vari livelli autorappresentivi) a quello comunemente sperimentato: ciò implica che le forme

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autocoscienti (le monadi, i jiva) sono praticamente identiche nella configurazione di base, così come sono identici i parametri spazio/temporali e causali. Le estreme differenziazioni che si incontrano attengono dunque all'illusione mayanica, ed evidenziano tanto lo stadio di realtà delle persone quanto l'incidenza del fattore scompensante della Caduta.

Cosa accade? Accade che le forme sefirotiche sono comunemente percepite come onde di pensiero, e soltanto da coloro che attivano canali di contatto specificatamente direzionati a quest'incontro. Che questi canali siano armonici, lo si deduce dal contesto in cui oggi ci troviamo: rappresentano in prevalenza, ed in certi casi sempre, un estremo fattore dissociativo ed egotico, intellettualistico e privo di sentire che si rivela come direzionalità prevaricante (subdolamente o apertamente) sul jiva e sulle personalità del suo ambito: con effetti tanto più deleteri quanto più viene attivato il rapporto d'intersezione.

Ma questa conflittualità, che è il dramma della Manifestazione e che spaventa il ricercatore, deve venir superata e non semplicemente rimossa con il rifiuto di questo difficile sentiero. L'abbandono ed il rigetto delle entità sefirotiche dissolve infatti l'aspetto più dinamico della polarità di base, e condanna gli aspetti femminili ad un decadimento oltremodo doloroso a seguito della perdita del loro principio ideante. Infatti le capacità della femminilità in tale ambito sono inadeguate, e proporzionalmente alla dissociazione dei campi esistenziali. Occorre dunque riportarle alla loro vera natura, e rigenerare l'entità femminile nel suo immenso potere esplicante e rapidamente ideante, capace d'interagire a livello globalmente paritario con l'ente maschile: il quale simmetricamente si verrà configurando ideante e successivamente esplicante in sinergia di vita. Questo dato implica che la realtà delle femminilità sefirotiche abbisogna del ripristino dell'ideazione fondamentale, oscurata nel decadimento arcaicamente sopravvenuto e protrattosi nei millenni; implica anche che tale effetto può essere conseguito nel riproponimento - ora e qui - dell'Idea fondamentale di Amore percepita dal tramite virile nel suo Atma alle femminilità del campo, una volta che siano indotte dall'azione salvifica del Cristo (di cui l'ente si fa strumento) ad essere ideazione di ricettività primaria e susseguente esplicazione intuitiva della sintesi recepita.

Conseguentemente il principio ideante, superando la semplice percezione intellettuale delle menti sefirotiche, le deve guidare all'aspetto polare prima nello spirito, poi nell'intuizione e alla fine alla percezione formale delle loro personalità globali, riunificando i campi soggettivi nell'unico reale: quello che è conforme alla divina volontà nel momento considerato.

Tutto questo è teurgia, e di conseguenza richiede l'attivazione del proprio Centro interiore quale punto di ricettività della Verità emanata dall'Atma e - tramite l'Amore cristico finalmente compreso e vissuto - l'attualizzazione dei centri cardiaci delle polarità femminili: oltre le loro opposizioni, paure, disperazioni ed ideazioni.

Nel momento operativo le entità sefirotiche si manifestano secondo le peculiarità della loro natura e reciprocamente interagenti, molto interagenti.

Ne conseguono diversificazioni di comportamento durante il rapporto

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iniziatico, e conflitto a vari livelli di difficoltà. Le qualificazioni soggettive infatti, se distorte e imperfette, rendono le monadi polari molto suscettibili d'induzioni di scompenso e di prevaricazione da parte di altri campi del Glifo, più oscurati e quindi più ferocemente protesi al possesso; o, essendo in analogo stadio d'involuzione, contrari sommamente al ripristino dell'effetto polare che comporterebbe la perdita della supremazia delle femminilità sull'ente ideante a favore dell'empatia di libertà.

I campi sefirotici, in genere a loro stessa insaputa, sono estremamente condizionati nel loro patrimonio intellettivo dalle linee di possesso emanate da altre zone: linee che agiscono come cunei a livello mentale, creando arbitrari collegamenti o separazioni in determinate zone della guaina intellettuale e rendendo quindi impossibile la percezione della realtà vissuta e della stessa qualificazione esoterica del principio ideante. Essendo limite, e limite paurosamente ristretto, le sefire non possono evadere dal loro ambito, e questo finché dura l'assenza di un principio di realtà che solo nell'Atma può essere percepito.

La perdita del "sentire" e la conseguente scissione dell'intelletto/mente/io dal suo substrato e contenuto reale (l'Amore del Padre, che si colloca ovunque ma che dall'Atma fa scaturire la potenzialità di scelta personale, base dell'individualità) rende oscuramente impossibile ogni rapporto fondato sul ragionamento e sulla logica dialettica che non siano 'intelletto d'amore'.

Ma la condizione della sfera sefirotica deve essere ulteriormente compresa: vedremo nel prossimo paragrafo alcune puntualizzazioni utili per interpretarne il comportamento.

6°) La nostra ideazione d'amore - che andiamo illustrando da diversi anni - riesce perfettamente comprensibile a coloro che abbiano un concetto relativamente evoluto del rapporto polare; ma se l'implicazione dell'unità sostanziale fra il Creatore e la creatura è consueto al jiva educato nella Tradizione esoterica, tutto questo differisce enormemente dal mondo interiore specifico alle sfere che oggi incombono su Malkuth, le quali assumono configurazioni differenti ai vari livelli d'emancipazione ma mancano assai significativamente del vettore cristico che, in modulazioni differenti, è tuttavia saliente nel nostro ambito.

Qui è il nocciolo del problema, che rende estremamente conflittuali il processo iniziatico e il collegamento fra le diverse stratificazioni dell'Emanazione: qui la Misericordia cristica è compresa e talvolta vissuta, là è negata ed in genere ostacolata e derisa.

L'Emanazione non può reggere senza il sostegno brahmanico, e questo fondamento della vita è appunto l'amore che accetta l'incompiutezza del limite - qualunque essa sia - per sostenerla e condurla (al temine dell'attuale momento) nella Luce primordiale: l'Eden, ed il principio del nuovo cammino.

Ma le entità sefirotiche, protese all'autoaffermazione ed al potere decisionale più ampio possibile, negano per principio la sostanzialità/identità col Padre, e la conseguente necessità di un profondo abbandono alla Sua volontà. Esse preferiscono

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- a giustificazione della loro arbitrarietà - considerare la Divinità come scissa dal campo esistenziale, indifferente o estranea a qualsiasi finalità o addirittura non reale: tutte le motivazioni che l'uomo della Terra si è dato per negare la verità divina, ed il dovere/diritto d'essere amore, sono lo statico retaggio di certe zone sefirotiche, donatrici a sé e a ogni altro dell'immenso dolore che ne consegue.

Il principio evolutivo (jiva) che contatta queste entità si stupisce di fronte ad atteggiamenti che esse giudicano motivati e normali, e che egli a buon diritto considera arbitrari, poco o nulla sostenibili a rigor della stessa logica che viene asserita; sovente ottusi e falsificati al punto da risultare incredibili e profondamente carenti di ogni intelligenza.

Il suo atteggiamento deve quindi distaccarsi costantemente dal colloquio a livello dialettico e 'razionale', ed attingere all'intuizione d'amore per incentrare un vettore d'incontro più vero e per superare in modo progressivamente incisivo le barriere mentali che viene constatando.

L'intuizione d'amore implica identità di sostanza con tutte le creature, e differentissime caratterizzazioni personali, che talvolta assumono connotati polari in presenza di un adeguato grado d'affinità. Ma l'intuizione d'amore non implica la necessità di un sacrificio totale della propria esistenza per tendere le mani a creature sì infelici, ma malvagie per arbitrio e perseveranza dell'arbitrio, menzognere nel loro statico comportamento verso sé e gli altri, e decise a prevaricare per l'estrema abitudine a trovare arida soddisfazione nell'esercizio di un 'potere' su chi è così debole da non potersene affrancare.

Di fronte a queste personalità occorre prendere atto delle tragiche conseguenze dell'egotismo e del dramma che dilania la Manifestazione, ed accettare l'assunzione di un comportamento che renda il contatto tale da obbligare a una revisione l'entità contattata o a troncare il rapporto, nell'esatta acquisizione che il limite altrui non può essere superato che dalla "scelta" di chi si chiude in tal limite: e che, in assenza di ciò, l'unico Pastore capace di portare a salvazione il Suo gregge è il Cristo.

A Lui, e solo a Lui, occorre dunque affidare - con uno specifico e sincerissimo atto d'amore - coloro che si sono rese inadatte a qualsiasi rapporto: nella fede che Egli saprà nell'infinità del Suo tempo (che non è certo quello umano, essendone la totalità ed il divenire) condurle all'altra sponda in cerca di Realtà.

L'atteggiamento interiore ed il comportamento esatto in questa fase sono unici: ammettere l'emersione attuale di un'apparentemente incolmabile scissione fra le differenti zone della Manifestazione e costruire la propria strada verso quelle che nel contempo appaiono adeguate al ripristino delle normali condizioni di esistenza, conformi ora e qui alla Volontà suprema come il momento concede.

Esistono anche queste potenzialità: poche, ma esistono. Tutte le altre devono - ripetiamo: devono, pena la loro totale caduta - affrontare l'estremo disagio delle loro condizioni attuali prive dei sostegni che la loro prevaricazione si è data. Devono cioè affrontare la totale frustrazione del loro ego e delle distorte razionalizzazioni dell'ego (non ideazioni: qui non esistono "idee", ma, menzognere giustificazioni dell'arbitrio)

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fino al punto in cui l'esperienza di sé stesse e di quel che si sono date le renderà suscettibili di differente discorso.

Il Padre concede ai figli un determinato ambito d'esistenza, che può essere indefinitivamente compreso ed irradiato da loro: in questo 'campo', che è libertà nella scelta e autonomia nell'esistenza, ogni entità può creare i legami che le sono più affini con le entità contigue, ai vari livelli di polarità d'amore: può anche sciogliere quelli arcaici e remoti, che furono voluti in erronee determinazioni, in oscure vicende o in disperate ricerche. Tali legami o nacquero in circostanze involutive o rappresentano lo scadimento e la negazione di rapporti che furono belli, ma che persero la loro realtà nel volgere dei millenni: sono dunque legami obsoleti, che devono seguire la sorte di quanto non ha più la capacità d'esistere, perché sia creato l'ambito per la nascita di un nuovo vitale rapporto.

In effetti è questa l'essenzialità del potere di sciogliere e legare: sciogliere ciò che imprigiona e legare in un nodo d'amore ciò che rende liberi e veri.

E' estremamente doloroso per il ricercatore affrontar questo passo, che in genere gli fa rivivere oscure vicende, e che nel volgere di un tempo limitato simboleggia il degrado dell'Emanazione nel suo cuore polare: è il suo "calvario", l'atto salvifico del Cristo che si sostituisce così al suo passato, e che potrà in un indefinibile futuro rendere al loro stato normale entità senza più volto e forma riconoscibili.

Esse si rendono vere con questa dolente vicenda: vere e consapevoli del loro esistere, della loro vacuità, del mondo esteriore ed esterno che hanno voluto e subìto, dell'estrema debolezza che determina il loro cocente dolore.

Qui si esaurisce - temporaneamente - il compito dell'allievo: furono amiche, gioia, amore ed incontro; furono anche - con lui - viltà, violenza, sopraffazione e spesso odio. Nello sciogliere queste catene, poiché nulla è casuale nel processo iniziatico, l'esoterista si libera del passato, rinuncia a ciò che desidererebbe in nome dell'amore per la vita, e la Via diventa realtà.

Agisce dunque nel solo modo reso possibile dalla Caduta: agendo come semplice strumento dell'Amore, scioglie i legami karmici di tutta la sua esistenza, sfruttati e direzionati dagli aspetti involutivi dell'Emanazione, ed instaura nuove valenze, nuove potenzialità, nuovi valori di vita e di incontro.

E' così necessario che egli affermi costantemente la "sua" ideazione fondamentale e, nel morire a se stesso, a ciò che veramente fu, rinasca a ciò che può essere e sarà. Questo è il significato della morte iniziatica, così dolorosamente esemplificata da Dante nel V canto d'Inferno: ogni altra implicazione è temibile falsificazione, ed insieme deviante. Ovunque egli incontra il suo inferno, nelle forme/pensiero che furono della gioia e che ora vagano nel dolore.

Deve reggere: per il Cristo che porta le Croce, per sé e per tutto: per quelle personalità che gli furono un tempo vicine e che devono ritrovarsi in altre strade, sotto altri cieli e con altre ideazioni; per le novelle entità che gli saranno meno ostili, forse più amiche e talvolta non lontane.

L'incontro con la verità della Caduta è spaventoso, osceno e angosciante oltre

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ogni supposizione: è necessario credere nell'Amore, nel suo infinito atto salvifico e talvolta nel mistero del Suo dono se toglie quanto è morto per rendere vita alla Vita, speranza e fiducia in un imprevedibile e ignorato domani.

7°) La caduta avvenne in tre punti: il primo e più osceno nell'Ente che era la fonte primaria dell'Ideazione per l'Emanazione, l'Arcangelo portatore di Luce che fungeva da tramite fondamentale a cui gli altri erano in varie direzioni coordinati: Lucifero, il più luminoso fra gli Archetipi del Mondo Causale emanato sulla Soglia della Causa Prima, il primo Amore, e che divenne nel suo forsennato orgoglio il più oscuro.

Ma cadde anche l'Archetipo che doveva essere il principale elemento motore delle Creature, l'ideatore della polarità a livello globale quale principio informante del dinamismo del mondo formale. Cadde poi l'Archetipo del dinamismo stesso, l'Ente che avrebbe dovuto eternamente rappresentare - nel supremo volere - l'eterno principio di creatività e di espressione vitale delle Sephirah. Tre formulazioni polari con le loro Chakti, che costituivano la prima esplicazione ideativa dell'Atto divino. Queste triadi erano alla base di tutto il dispiegamento del Glifo, ed il loro oscuramento rappresenta l'oscuramento a vari livelli di tutto l'esistente, e il distacco dal Padre di varie zone del suo Mondo relativo. Molte entità furono risucchiate e contaminate nell'ego di queste formulazioni; altre si difesero con maggiore o minore efficacia a vari livelli di realtà; alcune, pur ferite e dolenti, seppero restare accanto al Padre e difendere a tutto campo la sua volontà.

La Caduta fu: ma nel tempo archetipico, in cui il passato e il futuro sono stati di coscienza dell'Ente variamente compresi nel Padre, essa è attuale così come per le creature sono attualissime le sue nefande conseguenze. Essa, come un tumore, tende ad estendersi ovunque, assorbendo l'originalità innata di ogni persona per ridurla ad amorfa simiglianza con qualsiasi altra (la parodia dell'Unità e Specificazione divine ridotte a indifferenziazione spersonalizzante, come cellule cancerose). Nel contempo la Caduta distrugge il fondamentale meccanismo esplicativo, la Polarità, il quale nell'amore sentito e vissuto crea lo svolgimento dello spirito e della vita. Così l'Emanazione diviene sterile e rattrappita, ed il suo possente moto si trasforma nella tragedia dell'inerzia involutiva.

Comprendere queste tremende realtà è 'sapere' l'orrore che il Cristo affronta con il Suo sangue, per ricondurne i protagonisti alla luce; è, insieme, comprendere la nostra attuale esistenza in ogni sua specificazione e ben oltre l'apparenza. Comprenderla nella sua profondità di cause ed effetti, d'implicazioni distruttive e di speranza salvifica.

Il cammino iniziatico affronta il 32° sentiero: questo è il primo ostacolo.Incontra de facto la Caduta nelle entità più o meno negative che incombono

sul momento presente, e le deve rimuovere o rinnovare; incontra inoltre la diffidenza conservatrice ed intellettualistica (in questo già indice di contaminazione) di tanta parte del Glifo sefirotico, il quale o è Luce o è incipiente oscurità.

Il Glifo infatti è privo dell'ideazione d'amore che si estrinseca nel dinamismo

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delle polarità: è quindi privo del suo Cuore, e rappresenta un rifiuto che l'iniziando dell'Amore deve modificare nel suo ambito e con il sostegno del Cristo in vera accettazione. Questo implica però sacrificio e rinuncia, lotta e tenacia nell'intelligenza del Centro: così si ripristina su differente base (quella Cristica dell'altruismo e della misericordia che perdona, difende e sostiene) la ideazione fondamentale del Brahma nel dinamismo dei sui principi - maschile e femminile - a tutti i livelli della vita.

Le entità che vengono concretamente incontrate sono tutte più o meno ostili: alcune, interiormente assorbite dal demonismo, si mostrano insidiosamente nemiche; altre incerte e confuse; poche decise a comprendere e a confrontarsi pur nelle enormi difficoltà che quest'assunto comporta.

Come insegna Gesù, non è possibile che la discriminazione; alcune di esse non verranno che contattate e ricusate nel cammino, in quanto ostacoli non suscettibili di alcuna modifica: verranno affidate al Padre, che provvederà per la loro futura salvezza. Altre potranno, in differenti sentieri, riproporsi come entità di luce. Le ultime, poche, capaci di scelta reale, diventeranno fedeli compagne di cammino e saranno il nucleo di un campo evolutivo direzionato al reintegro nel Principio.

In ogni caso e anche se il numero effettivo delle personalità è limitato esso rappresenta il contatto con campi e zone sefirotiche molto estese, che condizionano a vari livelli sia l'iniziando che le entità del suo ambito.

Questo assunto implica che il confronto avviene in situazioni di rigore, e che non si tratta di affrontare il problema di pochi enti infelici od ostili, ma bensì quello di un imponderabile numero di personalità concrete, assai coinvolte nel tentativo esoterico e quindi attive in varie direzioni.

La rimozione delle fonti di negatività più oscure è quindi necessaria ed inevitabile, e sempre molto dura per il ricercatore che comprenda il dolore della Manifestazione e l'infinito sacrificio del Cristo. A ciò bisogna aggiungere inoltre un dato estremamente tragico e significativo: 1e personalità che vengono contattate nel corso dell'iniziazione non sono casualmente presenti, ma appaiono legate in vari modi al passato dell'esoterista, e risultano quindi elementi determinanti e significativi della sua esistenza passata e presente. Sono cioè persone che in tempi arcaici o remoti vennero amate, cercate e con le quali esistette una certa comunanza di vita, di gioia e poi di sofferenza con il decadimento che insorse. Non sono entità estranee, e normalmente l'iniziando dell'Amore cristico percepisce gli antichi rapporti - per conflittuali che siano nel presente - nella loro formulazione più alta, quella che si posa nelle mani del Padre: ciò lo aiuta a tollerare, sostenere e talvolta risolvere il conflitto esistenziale che incontra. Differente è la posizione di quelle personalità che rammentano vividamente e molto arbitrariamente i momenti comuni di passate esistenze, rinfocolando antichi rancori, sepolte delusioni e cocenti dolori. Esse scatenano direttamente un'osticità emotiva e personale che può diventare veicolo della stessa ideazione dissolutiva dell'Abisso.

Queste poche note rendono sommaria notizia delle difficoltà dell'itinerario emancipativo al suo confluire nelle zone accessibili del Glifo: difficoltà superabili solo con il Cristo, e d'altronde non evitabili, perché la redenzione del singolo non può

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avvenire senza il riscatto dei molti a cui sia legato dai vincoli delle scelte e degli arbitrii vissuti, e che comunque partecipano al comune vettore dell'ideazione divina.

Poiché questo problema si colloca sul piano esecutivo e dinamico delle polarità ne tratteremo più dettagliatamente in altra sede, sottolineando che quanto abbiamo testé enunciato è, in sintesi, il processo di purificazione dell'interiorità sia sotto il profilo soggettivo che sotto quello del campo comune d'autorappresentazione, ed implica il superamento della solitudine della monade nell'amore che l'unisce ad ogni altra monade. Tale processo ovviamente implica la chiarificazione dell'inconscio, e non può avvenire per via intellettuale ma solo intuitiva, e cioè tramite la percezione della Verità atmica. Quindi solo in Cristo e con Cristo è possibile ottenere questo stato di emancipazione, che è la base operativa necessaria ad ogni progresso nell'ambito della Realtà.

8°) La specificità delle Sephirah è la totale mancanza di quel comune senso di lealtà e di coerenza che contrassegnano in via normale i rapporti interpersonali. Le entità sephirotiche, nel periodo del loro abbattimento spirituale, mettono in essere un atteggiamento assai possibilistico nei confronti di tutto quello che gratifica l'ego, e pertanto non si sentono minimamente vincolate a nessun codice di comportamento. Ciò nonostante vengono elaborate complesse razionalizzazioni del loro modo di vivere, per giustificare a sé o a chiunque un tipo d'insufficienza che non riescono a dissimulare: così la libidine diventa un necessario rimedio al proprio stato di assenza di polarità (chiamato con involontaria irrisione a sé stesse 'castità'); quest'ultimo è l'empietà da evitare e da bandire perché polarità è sinonimo di peccato, le prevaricazioni sono i necessari insegnamenti contro i 'vizi' delle entità sottoposte, e la propria natura femminile o maschile viene contaminata dall'amore e non dall'esercizio del sesso fine a se stesso.

Ecco l'inversione di valore immanente al degrado spirituale che le sfere sefirotiche inducono in intensità progressivamente crescente su Malkuth: Malkuth, l'empia sfera dei rapporti di coppia, dei sentimenti intensi e delle infime distorsioni quali l'inutile pratica dell'arte, delle gioie semplici e dell'amore altruistico, la più stolta delle follie perché non produce fruimento.

Questa condizione esistenziale conduce all'abisso, ma il decadimento avviene per gradi. E' pertanto possibile ad un ente del segno cristico il tendere le mani a quest'infelice campo di femminilità sefirotica (quello maschile è praticamente interdetto ai primi livelli) e, sebbene a caro prezzo, ricondurlo almeno in parte al suo naturale stato di felicità.

Non intendiamo, con queste note, fornire un quadro esauriente delle condizioni di operatività in un tracciato che mira al recupero d'entità assai compromesse: nulla, se non l'esperienza diretta, può dire quali siano le difficoltà e gli ostacoli da superare. Noi intendiamo invece ammonire coloro che si avventurano indiscriminatamente e senza adeguata custodia in queste contrade ad essere estremamente cauti nel prosieguo del cammino, perché le insidie sono inavvertite ed

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il rischio è proporzionale alle vere motivazioni (anche inconsce!) dell'esoterista. Infatti l'entità sefirotica ha un certo tipo di controllo energetico sul jiva che osi intraprendere un cammino a lui inadeguato, e possiede inoltre un vero e proprio stato d'induzione di linee di controllo sulla sua mente.

Perché ciò e possibile? I motivi sono differenti e numerosi: il più importante è la mancanza d'adeguata preparazione del ricercatore, la quale si risolve sempre in un'imperfetta o carente purificazione del suo inconscio e del suo conscio.

L'assenza di un veritiero stato di sapienza d'amore, a livello concreto e non intellettualistico, rende indifesa l'interiorità dell'allievo, ed espone la sua mente a rischi incalcolabili.

Le entità sefirotiche, sia maschili che femminili, sono infatti abili manipolatrici del mentale, essendo questo il massimo strumento di sussistenza e di sopravvivenza in loro possesso.

In altre parole, e servendosi agevolmente del mondo inconscio del soggetto che contattano, sono capaci d'isolare zone dell'intelletto, e di stabilire arbitrari legami fra fattori mentali altrimenti non immediatamente correlati o interagenti.

Possono dividere con varie modalità la guaina intellettiva da quella spirituale (neutralizzazione del Centro), alterando la percezione del mondo interiore ed esteriore, di cui falsificano i contenuti fino ad invertirne il significato.

Sanno bloccare le correnti praniche del corpo determinando stati di scompenso e d'obnubilamento che annullano le resistenze fisiche e psichiche, e possono produrre zone di sofferenza e d'impotenza agendo direttamente sull'aspetto corporeo tramite la contestuale neutralizzazione delle sue difese naturali.

Tutto questo può presentare, nei casi più gravi, le caratteristiche dell'impossessamento, che avviene in presenza di condizioni assai compromesse e che è consentito solo dall'emersione di qualche aspetto karmico d'enorme incidenza.

Infatti l'insorgenza karmica è il fattore che rende esecutive queste innumeri prevaricazioni (il rapporto fra karma e incidenza sefirotica sarebbe da meditare assai attentamene), unitamente a un evento esoterico in qualche misura correlato allo scadimento della condizione esistenziale delle entità del Glifo.

A questo punto si può credere che un contatto, un qualsiasi contatto con le sephirah sia il peggiore dei mali: ma questo è enorme errore.

L'iniziando agisce in effetti su due fronti: l'individuale ed il globale. Nell'individuale egli mira al proprio riscatto e all'emancipazione più elevata che il suo stato consente, reintegrandosi nell'amore divino del Principio.

Nel globale egli agisce come elemento di difesa e di recupero del proprio campo esistenziale, con effetti specifici sulle entità ivi collocate e generali sulla Manifestazione.

I due momenti si integrano reciprocamente, ad ulteriore dimostrazione che nessuno è isolato dal contesto in cui vive, e che quindi nulla è realmente indifferente per chi abbia un'esatta concezione dell'Interità.

Il concetto di "campo", al quale abbiamo fatto tanto riferimento, va qui enunciato: "campo" è l'ambito d'autorappresentazione soggettiva, con tutte le

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specificità che vi compaiono: persone, oggetti, ambiente, tempo, relazioni d'inferenza e via dicendo. Tuttavia, come risulta dalla nostre parole, non è possibile ridurre la nozione di "campo" al livello diciamo 'comune' di percezione. Nel campo infatti si collocano le entità del Glifo per vari motivi correlate al soggetto considerato, e che si pongono a differenti stadi d'emancipazione e d'intelligenza del Reale.

Quindi il campo è complesso, e rappresenta nel soggettivo la struttura che, nel globale, è propria del Glifo. Il simbolo sefirotico è dunque attivo sia per la interpretazione dell'Interità che della struttura esistenziale di un soggetto, e perfino per rappresentare adeguatamente la personalità: microcosmo analogo e corrispondente al macrocosmo in cui s'evidenzia.

Un minimo d'approfondimento consentirà al lettore di rendersi edotto della complessità del problema: ogni ente è infatti un microcosmo che si colloca nel 'continuum' secondo precise puntualizzazioni, determinando una struttura esistenziale che interagisce in sé medesima e con altre strutture. L'analogia con il corpo fisico, in cui tutte le cellule (monadi sotto un certo profilo) sono correlate e qualificate, e costituiscono inoltre organi differenti e finalizzati alla vita e alle sue molteplici esplicazioni, è di rigore.

Come in un corpo fisico la malattia di una parte finisce col compromettere tutte le altre, e la guarigione è ottenuta con il concorso di tutti gli elementi vitali e sovente con un sostegno esterno, così nel Glifo e nel processo iniziatico del ricercatore.

Occorre cioè agire, sia pure in presenza di ostacoli e di ostilità ben manifeste: agire con la metodologia teurgica che si fonda sull'intelligenza dell'Amore e sul sostegno del Padre nel Cristo; essendo tutte le altre metodologie, se non finalizzate in questo senso, illusorie e vanificanti se non perniciose.

Lo Yoga, il Buddhismo, il Taoismo e qualsiasi corrente tradizionale davvero qualificata pongono l'armonizzazione delle tendenze ed il superamento dell'ego come condizione e fondamento dell'ascesi; ingenerano quindi uno stato di amore variamente colorato (dalla compassionevole misericordia al sacrificio di sé per la comune liberazione), ma che si risolve finalmente nell'illuminazione, dove i dubbi della mente manasica dileguano e la Realtà appare nel suo eloquente splendore.

Noi riteniamo che l'insegnamento esoterico trovi nel momento cristico la sua sintesi ed il vettore che puntualizza la libertà ed il fine medesimo dell'Atto manifestante. Consideriamo inoltre che nulla di quanto è stato rivelato nelle differenti epoche e latitudini è contraddittorio, se rettamente interpretato, e che quindi ogni ramo del sapere abbia un suo valore attuale e sostanziale.

Nel momento in cui si profila un'incombente crisi dei mondi sefirotici (e ciò che si crede 'alto' non reggerà al decadere di quel che pretende sia 'basso', di cui è fin troppo responsabile) giova richiamare il ricercatore alle parole del Maestro, perché le intenda e le mediti: "gli ultimi saranno i primi" e "molti sono i chiamati e pochi gli eletti" e "Io sono venuto non per unire ma per dividere" e "Io sono in voi e voi siete in Me" e "le porte degli inferi non prevarranno" ed infine "chi vede Me vede il Padre".

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I vangeli vanno compresi, la Bibbia va intuita, i testi induisti, taoisti, tibetani o gnostici vanno interpretati alla luce dell'Amore, per trovarvi la sapienza e l'intelligenza dell'Amore.

Questo è il problema sommariamente enunciato e di enorme momento: il resto è nella libertà della scelta.

9°) La perdita di realtà che un allievo incontra ad un certo punto del suo sentiero deve essere affrontata con completa serenità in quanto appartiene al processo di superamento dei limiti del passato.

Il contatto con l'entità sefirotica è in genere duro, talvolta aspro, in certi casi drammatico: tutto questo si verifica particolarmente nei casi in cui un ente esplicante viene in contatto con un principio ideante, e la femminilità del campo si dimostra puntualmente davvero ostica a questo tipo di rapporto. Perché?

Perché le differenze d'intenzioni di contenuti etici e pragmatici, di psicologia e di esperienza rendono estranei i due protagonisti dell'incontro, mentre l'idea dell'inizio di un cammino iniziatico per entrambi - e con un ente di Malkuth! - deve venir assorbita e compresa.

L'entità femminile è assai debole sotto il profilo erotico, ed estremamente aggressiva in ogni altra direzione. Ma la polarità, se fraintesa, è la causa delle peggiori incomprensioni del rapporto e determina conflitti in apparenza inspiegabili. L'eros di un'entità femminile è differente da quello comunemente conosciuto nell'esperienza ordinaria in Malkuth, e deve pertanto esser valutato nell'ordine dei fattori che esulano la comune esperienza virile. La differenza sostanziale è nel modo di vivere il rapporto polare e non tanto nell'aspetto formale che questo può assumere. La femminilità sefirotica infatti, priva com'è della ideazione polare è statica nelle sue ideazioni, pensa che l'eros s'esaurisca nel fruimento sensoriale dell'incontro, e che oltre questo nulla di veramente consistente possa ritrovarsi.

In altre parole le entità del glifo non comprendono rapporti d'amore a qualsiasi livello esse si pongano, ma credono soltanto a comunanze d'interessi, di finalità o al massimo d'affinità che giustifichino la permanenza degli incontri. Le loro espansioni erotiche - estremamente rare se non deviate - implicano dunque l'aggressività reciproca ed un atto di prevaricazione sull'oggetto fruito, se costui non è in grado d'impedirlo; implicano sporadicità di rapporti, che vengono piuttosto mediati per contatto mentale che vissuti a livello formale. Quando l'ente ideante s'immette a titolo fattivo nell'ambito sefirotico, viene aggredito nella mente - più o meno scopertamente - dagli enti che tentano di condizionarne il comportamento e di individuare i punti suscettibili di controllo e successivo utilizzo. Giova a questo proposito sottolineare che le linee di intromissione nella guaina intellettiva sono raramente avvertibili fuorché nella meditazione e con il sostegno del Maestro: in tal caso appaiono in forme assai compromissorie e dolorose, che possono essere rimosse con tecniche adeguate nell'introspezione dell'Amore.

Se l'ente regge, e respinge queste malevole induzioni di timore, sensualità o

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libidine, esso entra in conflitto sopratutto con le femminilità (i principi maschili sono meno evidenziati, e si riducono a nascoste e temibili infiltrazioni demoniche), richiamando attorno a sé molte entità variamente interessate al contatto quanto decise a simulare la loro identità.

Così il sentiero emancipativo diventa faticoso e stretto, e l'esperienza del rapporto che viene definendosi appare corrosiva dei fattori egotici e karmici del jiva, obbligato per autodifesa e necessità di sostegno a purificare le proprie tendenze e a superare l'egotismo - latente o espresso - del suo carattere.

Tutto ciò ha un termine, che può tardare anche anni. Quando la purificazione del soggetto ideante ha praticamente svuotato le femminilità del loro substrato possessivo, il Maestro può finalmente mettere fine all'aggressione obbligando i protagonisti del rapporto - quelli ancora sussistenti - ad un atto di pacificazione.

Ma occorre considerare le Chakti (principi evolutivi femminili) anche sotto un altro punto d'analisi: infatti esse tendono ad esprimere più o meno consapevolmente la pienezza della loro personalità, che è datrice di eros e quindi di vita al momento incontrato.

Occorre dunque fare un breve giro d'orizzonte su quel che rappresenta la Femminilità come contenuto esplicativo/ideativo dell'idea di Manifestazione, e a quali gradi essa sappia porsi nel suo dinamismo.

La Femminilità è la Manifestazione nel suo pregnante significato formale e sostanziale: questo implica che sotto il profilo dell'ideazione brahmanica essa esprime, ben più del suo ente virile, gli indeterminati ed infiniti contenuti della creatività dell'Amore, a livello formale/simbolico.

Se infatti l'uomo è il tramite della volontà divina, Essa gli appare sempre e sopratutto nel Suo aspetto sintetico, e quindi l'ideazione è compresa veramente e profondamente solo nell'attivazione che riceve dal rapporto che il principio maschile ha con la sua naturale compagna.

L'essenza di questo rapporto presenta numerose valenze: la prima è l'individuazione dell'unità focale e fondamentale immanente sul rapporto di polarità, che il Yin/Yang simboleggia come costituzione di un cerchio di realtà.

Questa è la primaria e massima gioia dell'unione maschile e femminile, in cui viene percepita la completezza dell'esistenza e la felicità d'intuirsi come identità e specificazione, sinergici ed empatici in progressione di vita.

L'unificazione polare simboleggia dunque ed insieme costituisce l'atto più alto che le creature compiono nell'Amore, e noi dobbiamo considerarlo come estremo oggetto di meditazione ed approfondimento nei suoi quattro possibili livelli espressivi.

La seconda specificità dell'incontro polare è la creazione di un campo energetico dotato di varie potenzialità espressive anche oltre la comune percezione, e tutte indispensabili al dinamismo del Glifo. La Sinergia polare infatti si svela come gioia, e la gioia è possente vettore energetico del "Dono" del Brahman, recepito dalle personalità, fra loro attivato ed irradiato nel campo esistenziale a tutti i livelli: da quello del Fuoco alla Terra: l'Amore.

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L'Amore è infatti la Realtà dell'atto manifestante, che s'incentra nella volontà di creare personalità d'amore, capaci di determinarsi e di esprimersi con l'Amore. L'Amore è dunque in ogni suo aspetto energia pura e divina, che la creatura percepisce e riceve come sua propria essenzialità, e naturalmente irradia in tutte le direzioni della vita.

Questa considerazione puntualizza fra l'altro il dramma dell'involuzione, e la carenza energetica che ne consegue. Le prevaricazioni delle entità oscure sono condizionate dall'assenza d'Energia divina, e nell'irrealtà del loro modo d'esistere distruggono a ritmo progressivamente accelerato le fonti stesse della vita, le quali sono la percezione del Centro e la conseguente Polarità. Tutto il resto (potere, volontà di fruimento, tensione distruttiva, perdita di personalità e necrofilia) sono conseguenza e spaventosa esplicazione del Male.

Ma nel diffondere in sé, nel compagno e nel comune campo rappresentativo l'Amore polare, la donna rende ben più profondamente edotto l'ente virile della verità di cui è tramite, conferendogli di conseguenza la capacità d'ideazione esplicativa secondo le qualificazioni di apprendimento che gli sono proprie, e che si attivano nella specificità del rapporto.

Avviene dunque, a livelli che tendono costantemente all'identità intuitiva, un preciso scambio fra virilità e femminilità, nel quale ogni polarità recepisce le puntualizzazioni dell'altra e dona le proprie. Questo processo conduce all'attivazione della 'donna interiore' nell'uomo - e viceversa nella sua compagna - e quindi si definiscono caratterizzazioni di archetipicità in entrambi: lo scambio polare, da binario (per esemplificazione empirica lo consideriamo inizialmente binario) si attualizza apertamente in quaternario, e ritrova la fondamentale ed originale natura della persona: quale fu nel Principio e quale sarà nel dinamismo dell'Emanazione.

Tutto questo ha però immense conseguenze in tutte le direzioni esistenziali che vengano comprese: la prima è la necessità di condurre l'integrazione in approfondimenti sempre più incisivi, e a tal fine è necessaria la continua ricerca di sé e dell'altro nell'esperienza della reciproca interdipendenza.

L'argomento che esaminiamo è quello - estremamente delicato e che non tratteremo se non a grandi linee - del campo dell'Eros operativo della sizigia, il quale richiede il superamento di tutti gli schemi possibili ed immaginabili - storicamente concretizzatisi - nell'essenziale libertà dell'amore, in tutte le sue purissime ed infinite espressioni.

I testi antichi che trattano le tecniche dell'Eros, ivi compresi l'amplesso ed il gioco, hanno questo fondamento: se noi teniamo ben presente che la coppia polare costituisce nel suo aspetto formale un simbolismo vivente, e che ogni atto di vero amore è un "mudra" e cioè ha valenza emancipativa e "soterica" possiamo allora comprendere qualcosa.

Le configurazioni dell'Eros assumono il carattere di conoscenza delle possenti correnti energetiche dell'Esistente nelle loro infinite profondità e (lungi dal costituire un semplice momento di piacere e di ricerca dell'emozione) implicano l'attualizzazione di potenze del rapporto nelle singole personalità: le quali s'attivano

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in energia vitale radiante.I mudra dell'eros sono dunque l'aspetto formale di un atto d'introspezione e di

ricerca compiuto dalla coppia veramente polare, e la loro esperienza è funzione della realizzazione delle personalità a livelli estremamente dimenticati.

Occorre precisare un fatto: l'amore polare s'intuisce nello Spirito/Fuoco; si autorappresenta nell'intuizione del proprio campo esplicativo (Intelletto/Aria) e si vive nel piano di scorrimento a lui proprio, Acqua e Terra.

Ogni livello di percezione ha però quattro zone d'evidenziazione: abbiamo quindi nell'Elemento Fuoco il "fuoco del fuoco", l'"aria del fuoco", "1'acqua del fuoco", e la "terra del fuoco"; e così via.

Se la coppia polare si pone in rapporto unitivo sul piano fisico, è "Terra di Terra" e questo è realmente possibile solo al massimo grado d'empatia e di affinità, e cioè d'espressione d'amore. Il processo avviene per gradi espansivi (discendenti) fino al punto di congiungimento - l'amplesso - ma quello che dobbiamo tenere ben presente è che il piano della Terra può essere vissuto e compreso solo se sono attivi in esso i gradi superiori della personalità (fuoco-aria-acqua): se avulso da questi implica scissione, degrado e dolore.

Inoltre nell'amplesso il processo espansivo raggiunge la massima ampiezza, e ritorna gradualmente verso il centro della personalità senza in questo abbandonare l'intuizione nello spirito del complesso campo polare, in tutta la sua evidenziazione.

Con il reintegro al Centro della totalità della personalità s'apre la via della esperienza profonda dell'Eros, e la polarità si dinamizza nel piano manifestante come potenza teurgica del Valore puro. Questo dato esige - ripetiamo - di essere meditato e compreso, perché la Caduta è direzionata proprio contro questa Realtà divina: e la creatività conferita dal Padre alla sua Emanazione si fonda interamente sul dinamismo polare.

In questa completa adesione, in questo rapido e fulgido reintegro nel Centro, la sizigia ha la sua massima espansione ed il suo fulcro di svelamento. Diviene quindi pienamente cosciente di sé quale unità e specificazione nell'unità, nel modo che si è reso accessibile nel momento vissuto.

Ma il momento vissuto apre valenze prima ignorate, che devono essere successivamente esplicate nel periodo che intercorre fra un incontro ed il successivo: naturale e desiderata espansione nella Vita della propria vita.

A questo punto abbiamo identificato nell'unione polare il tramite più immediato e naturale dell'ideazione brahmanica (e si consideri ancora contro cosa è puntata la lama dell'arcangelo caduto), nei suoi momenti sintetico ed analitico in reciproca sinergia. Abbiamo anche lo schema ciclico del dinamismo solare (uomo) e lunare (donna), i cui periodi non coincidono per necessità ideative ed esplicative: aspetto d'estrema rilevanza il cui contenuto lasciamo per ora all'autonoma meditazione del lettore.

Ripetiamo ora: gli aspetti formali dell'Emanazione sono simbolici, sono "mandala" che devono indicare i contenuti da vivificare e le vie da percorrere. Come tali esigono la fissazione, la puntualizzazione nel Centro unitamente all'intuizione di

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quanto si svela in ogni "ora e qui" dell'esistenza. Il che è possibile solo con l'Amore, e ponendoci come attualità d'Amore.

Scindere gli aspetti formali (con le valenze estetiche e funzionali che pure rivelano o sulle quali giova riflettere) dalla loro sostanzialità è arbitrio, è caduta, è il Male.

La Manifestazione è unitaria in ogni sua evidenziazione, ed unitario è il momento vissuto nelle puntualizzazioni che implica. Tutto il resto (dogmatismi, astrazioni, moralismi, schemi di pensiero e di comportamento, stratificazioni culturali e storiche, etc.) sono assenza d'Amore, di Libertà e di Vita: sono il Male.

Ma tutto ciò va compreso.

Vecchio dattiloscritto

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IL PROCESSO ESOTERICO

Il processo esoterico non è mai semplice perché le persone sono molto complesse.

Questo dice che il Maestro non segue un tracciato lineare, come noi chiediamo, ma un sentiero che faccia emergere i problemi del nostro campo.

Non i nostri particolari problemi, ma quelli di tutto il campo d’esistenza.I nostri problemi sono un aspetto fra molti, e quindi non vengono mai trascurati.

Tuttavia è necessario che in primissimo piano sia il “campo”. Perché?Perché il campo è unitario, e cioè le personalità si definiscono nei rapporti

reciproci che intessono, e noi dobbiamo considerare in quest’ottica anche il piano astrale in completa parità.

L’Albero della Vita (il Glifo) si compone di Dieci Sephirah e di trentadue Sentieri, che le collegano l’una all’altra. E’ profondamente sbagliato e riduttivo fare attenzione alle Sfere e non ai Sentieri.

Le Sfere, infatti, si definiscono nei Sentieri o – meglio – le Sfere comprendono i Sentieri, e tramite questi assorbono particolari contenuti di altre Sfere.

Così un centro ideativo (jiva, persona) è sé stesso in primo luogo, come elemento qualificante ed informante dell’insieme in cui vive, ed in sé stesso è anche potenzialmente tutto il suo ambito primario.

Potenzialmente, a livello divino e non più umano, egli è “tutto l’esistente”. Questo perché ogni ente è riflessione nel Padre di un Suo momento cosciente e vivente, ed ogni “momento” del Padre è – oltre la specificità che lo puntualizza – la Sua totalità.

Nell’attualità della vita creata le cose cambiano, perché l’Immagine, che è la persona, si determina e si evidenzia nella continuità divina come “limite in divenire” sotto il profilo dell’autocoscienza, ferma restando l’illimitatezza del suo potenziale.

In altre parole, il “riflesso” (l’individuo, il jiva) che è l’ente, è identico al proprio Centro di Realtà, ma questo stato ontologico è in atto soltanto per il Centro di Realtà stesso (Atma), e non per la creatura.

Per la persona, che è coscienza riflessa e autodeterminata, l’ambito esistenziale appare sempre come “limite”; limite o in eterna espansione o in involuzione.

La Manifestazione è dinamica in senso positivo se è reale, e in senso negativo ed implosivo se è lontana - sempre al livello dell’autorappresentazione - dal Centro d’Emanazione.

Questo dato va compreso molto bene e molto esattamente. Infatti, o lo si intende o si cade nella controiniziazione.

In altri termini, chi non possiede idee limpide sul proprio stato è - ora e qui - più o meno colpito da un evento involutivo, e per reintegrarsi nella sua verità deve

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superare i tremendi conflitti che l’hanno scisso dal Centro, e che costituiscono l’ambito vitale conscio e – prevalentemente inconscio – che sperimenta. L’effetto di questi conflitti, nati da arbitrii o scelte incomplete, provoca l’insorgenza dei cosiddetti “Veli di Maya”, della nostra Maya: ben lontana da quella, altissima, che è la vera esplicazione della Madre, la Potenza di Kether.

Il nostro traguardo, adesso, richiede una definizione: il nostro primo passo è l’apertura dei Sentieri, e “aprire i Sentieri” significa renderci agibili le Sfere Sefirotiche, tanto nel nostro microcosmo che nel Macrocosmo d’appartenenza.

Le Sfere (e qui alludiamo in particolare a quelle del Campo sottile) sono Intelligenze: ma Intelligenze in una fase nettamente recessiva. Tutto quello che ci attornia è la “CADUTA”, fortemente aggressiva nelle zone eteriche di contatto, e noi siamo elementi contaminati da quest’evento.

Così le sfere Sephirotiche sono Intelligenze violentemente egotiche, ed in genere completamente prive della percezione del Centro d’Emanazione, l’Atma.

Cosa implica tutto questo? Implica che il cammino verso le zone emancipate dell’Universo (che sono fortunatamente la stragrande maggioranza nell’Interità) è costantemente interdetto da queste barriere.

Il “nostro” Universo è autorappresentazione globale, imperfetta e sovente negativa. L’Universo che vediamo in noi ed attorno a noi è reale di “realtà” transitoria, inficiata a quasi tutti i livelli dalla sofferenza, e persiste finché noi ci tratteniamo nelle condizioni percettive attuali. Meglio e più giusto qualificarlo “irreale”, come insegna tanta parte della Tradizione iniziatica.

Se, al contrario, l’iniziazione ci fa superare l’abisso che si evidenzia oggi nel campo esistenziale (poco a poco, perché occorre modificare i principi della percezione, dell’analisi e della sintesi del percepito: la mente deve reintegrarsi nelle strutture del Continuum originale) allora saremo nuovamente nel vero Reale, nell’Idea fondamentale di Dio.

Consideriamo che il “poco” del nuovo corso possa essere per noi stupefacente, se saremo – come è lecito sperare e con il giusto tempo – in grado d’attingerlo.

La procedura iniziatica, abbiamo detto, deve aprirci i Sentieri: fra i Sentieri, il primo è il Trentaduesimo, che conduce alla Sephirah Yesod, il “doppio astrale” di Malkuth.

Il trentaduesimo Sentiero è chiamato dalla Tradizione la “Via del Fuoco”, e a ragione. E’ il più arduo, difficile ed assorbente per chi lo percorra, e il più ostico da essere compreso.

E’ però l’unico che dissolva la Maya, l’illusione del processo involutivo, fino in fondo, ripristinando la condizione esistenziale di Eden e recuperando quindi il fattore Polare, che è il “motore” della nostra complessiva dinamicità, nel “piccolo” e nel “grande”.

Perché è così duro questo cammino?Perché attraversa l’abisso del dolore nato dalla “Caduta”. Non del “male”, ma

del dolore che deriva inevitabilmente dal “male”.Il “male” ne è la fonte, ed il dolore è l’effetto. Noi dobbiamo infrangere l’effetto

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per distruggere la fonte. Il “male” odia la Polarità, fondata sul Sé, e s’identifica nell’Ego e nel possesso.

Così ci è richiesta la gioia, la pace interiore e la serenità dei rapporti a prescindere dal nostro stato esistenziale, che può anche rivelarsi “difficile”: questo stato implica tutto il possibile distacco dalle nostre compulsioni, dai desideri e dall’attaccamento a momenti affettivamente qualificati. Implica in particolare il distacco dagli esiti delle nostre stesse azioni.

Occorre quindi un rigoroso incentramento nell’Idea brahmanica, e una profonda Fede nel sostegno e nell’ammaestramento del Cristo, gli unici fattori che possano metterci in queste condizioni elevate di spirito e di mente, tali – se attualizzate – da ritornarci nelle Case del Padre, in Eden.

Tuttavia, insistiamo su questo: Eden è Vita, è pienezza di Vita.Non è astrazione e arido ascetismo: è vita che vuole e crea la vita, per tutto

l’Universo.Eden è il dinamismo dell’Amore.

10-08-2001

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NOTE SULLA FEMMINILITÀ DI YESOD

In questa dispensa vogliamo fornire qualche precisazione sulle cosiddette “entità di campo”, e cioè sulla femminilità del primo contatto con i piani sottili.

Queste entità (che noi tradizionalmente consideriamo concentrate nella Sephirah Yesod) mostrano un carattere duro, molto più aspro di quello che solitamente intendiamo con “durezza”, e mentono a tutti i livelli dell’utilitarismo. Sono inoltre tenaci, con un certo tipo d’orgoglio e di “dignità” che rende la loro presenza oltremodo insoddisfacente per qualsiasi personalità che le percepisca. Per di più non possiedono quella ”intelligenza” (qui intesa come sapienza del Vero e del Reale) agile, aperta e dinamica che consentirebbe un colloquio costruttivo anche fra differenti, e spesso opposti, punti di vista.

In queste condizioni, passato un primo momento d’analisi, il conflitto è certo, e può durare molto a lungo: per tanti faticosissimi anni, in termini più espliciti.

Se, infatti, l’entità astrale individua nel suo supposto partner (a livello mentale) un comportamento che, frainteso o no, le fa sperare un’acconcia strumentalizzazione delle sue capacità a proprio uso e consumo, essa addotta l’atteggiamento che le sembra più adeguato al dominio dell’altro, e in seguito al suo sfruttamento senza mezzi termini.

L’elabora rapidamente, e s’impegna ad esercitare una certa particolare infiltrazione psichica non appena il suo referente le sembri indifeso. Così queste femminilità si mostrano tutte sorrisi e dolcezza quando l’interlocutore è tale nei loro confronti, e fiere ed autoritarie nelle loro determinazioni, qualora considerino che questo tipo di caratterizzazione desti adeguato interesse; e comunque, non appena il referente s’addormenti – ed il sonno lascia in genere indifeso il lato inconscio della mente – cercano di condizionarlo, bloccandone le capacità d’allarmarsi e di reagire.

Questo procedimento riguarda principalmente il ricercatore che, nel suo cammino, voglia interferire con la fascia femminile della Manifestazione, ma tuttavia coinvolge tutte le individualità del nostro pianeta, a livelli più o meno attutiti di consapevolezza.

Però, a differenza delle persone comuni che ignorano o considerano superfluo l’iter realizzativo, il ricercatore ha una potente difesa che non l’esime dalla fatica, ma certamente dal danno peggiore: egli, infatti, non si riconosce nell’ego ma piuttosto nel Sé, ed il Sé è Spirito.

Così, quando queste oscurate entità l’aggrediscono e lo colpiscono con le loro menti, egli è affaticato e percepisce l’intromissione, sempre molto pesante e alle volte dolorosa, ma non ne rimane condizionato. Quindi può opportunamente reagire.

Se agisce secondo una metodologia teurgica, egli oppone all’ego delle entità il

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proprio Sé, alla brama di dominio lo Spirito dell’Amore, e compie tutto questo nella più serena impersonalità che sappia ritrovare nel proprio cuore. In tal modo le entità astrali sono scagliate loro malgrado verso il Centro Atmico, e le loro menti subiscono un impatto assai dissolutivo e dolente: il cosiddetto “colpo di ritorno” della pratica teurgica, che segue ad un’aggressione fallita, inevitabile in questo caso perché l’Agente è il Cristo.

Le entità non si disgregano perché il Padre non lo vuole, o almeno non lo vuole finché sussista una possibilità di riconduzione all’Idea d’Amore. Ma certamente, col tempo, l’allievo affaticato ed assediato desidera fortemente che queste persone escano dal suo piano vitale, e vadano a scaricare altrove le loro poco edificanti compulsioni: liberandosene, e emendandosi così da un oscuro passato.

Talvolta, in quell' “altrove” esse possono incontrare il Padre, e quindi la loro vita prosegue in un modo pressoché informale, ma nella specificità di una “zona intermedia” d’autorappresentazione (o Bardo) che implica purificazione e consapevolezza del proprio stato.

L’iniziando – se è tale – non desidera per nulla la dissoluzione di queste personalità, ma all’opposto si augura la loro liberazione dai fattori karmici oscuranti ed immensamente condizionanti, ed il conseguente ripristino in un vettore emancipativo.

L’iniziando vuole che le entità di campo possano incontrare il loro naturale Maestro, ad un livello tale che consenta a tutte di superare l’istanza egocentrica in una reale valenza integrativa.

Così egli chiede al suo Istruttore che le sue attuali nemiche restino vive e vegete nella loro coscienza affinché quest’esito possa rendersi obbiettivamente possibile, ma che nel frattempo esse s’allontanino dalla sua sfera di percezione, e provvedano altrove alla loro rinascita.

Se esse non si risolvono a questo difficile passo, c’è conflitto permanente, ed il conflitto implica dura lotta con effetti non gentili a livello fisico e mentale, e con notevole spreco di tempo e d’energie.

L’iniziando, infatti, percepisce molto chiaramente le onde d’induzione e di possesso che lo colpiscono anche a livelli assai profondi della psiche, e le contrasta rimettendole incessantemente – con un’adeguata interiorizzazione – all’immanenza di Dio, nel proprio Centro atmico.

In questo modo le femminilità di Yesod subiscono un violento impatto: subiscono e non si piegano.

Se il conflitto raggiunge questi limiti, l’allievo non può esitare: o lui o loro, e naturalmente egli sceglie legittimamente l’autodifesa

Sceglie la propria libertà ed integrità in Cristo, anche se questo fattore può implicare la dissoluzione del campo eterico nel suo Kali-Yuga, e con effetti disastrosi anche in un lontano futuro. Il conflitto può rendersi, infatti, letale per le donne astrali che ne sono partecipi; in questa prospettiva – anziché addivenire a più miti consigli – esse in genere ricorrono a tutti i mezzi di prevaricazione e dominio che riescono ad escogitare, involvendosi fino al punto di rottura con la vita e ammettendo perfino di

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infierire direttamente sull’Idea d’Amore che è il Cristo, nella Sua realtà. In tal modo si determina un karma enormemente negativo, che può proiettare la sua ombra nefasta sulle vite future, per lunghissimo tempo. Se non è prima dissolto.

In queste condizioni l’allievo non riesce più a configurarsi le entità femminili come “persone”, ma piuttosto come “vacuità”, come “irrealtà” che si proiettano su di lui per impossessarsi della sua energia e della stessa vita.

Conseguentemente, con difficoltà l’allievo saprà darsi una vera partecipazione al loro dramma, che finirà col considerare piuttosto come la problematica di un feroce tiranno cui si tolga la potestà d’esserlo. Tuttavia c’è il Maestro, che insegna la compassione e la pietà:

La vita delle entità di Yesod si rivela qui come menzogna, infamia e tumore della manifestazione, e quindi deve essere ricostituita su ben differenti principi e con migliori valenze: e a qualunque prezzo. Esse restano comunque figlie di Dio, con un potenziale positivo immenso anche se, attualmente, resta soltanto un potenziale.

Tutta questa complessa fenomenologia può verificarsi, ed accade, quando l’allievo cerca deliberatamente d’interferire positivamente con i campi sottili di quello Yesod involuto ed infelice che sovrasta la nostra zona, recando effetti così scompensanti.

Soltanto in quest’ipotesi l’insegnamento del Maestro, che espone volontariamente il discepolo a queste prove, raggiunge il vero scopo: Egli deve rendere consapevole il figlio spirituale del vero problema rappresentato dalla Caduta, delle sue tragiche conseguenze e delle distorte condizioni d’esistenza in cui si riduce tanta parte della Manifestazione. La conoscenza profonda dello stato delle cose è sempre propedeutica ad ogni tentativo di soluzione.

Gli enti sephirotici di questo Yesod sono generalmente molto involuti, sovente oltre lo stesso segno d’amore di Cristo. In questo caso Egli deve scindere la gramigna dal grano, e separare i piani corrotti da quelli ancora risanabili o sani. Deve, il Cristo, risolvere il nodo dell’involuzione per consentire una futura e più o meno lontana rinascita, una nuova occasione di scelta e di vita per tutte le Sue creature.

Cosa ardua. Le entità che abitano questi piani demiurgici non amano il Cristo: amano all’opposto l’ego, s’identificano con l’ego. Ed amano l’uomo con la stessa famelica intensità con la quale un gatto ama il topo incontrato sul suo cammino.

Il problema dell’Istruttore è però articolato: se le entità di Yesod non possono più mutar vita che nel riassorbimento, la direzione è fissata. Vi sarà l’allontanamento dall’allievo, ed un certo tipo di dissoluzione che coinvolge il campo eterico. Ma quale?

Infatti, la riduzione delle coscienze nell’Informale può essere variamente configurata: permanente, risolutiva e drastica nell’effetto; o temporanea, con la conseguente ripresentazione delle personalità all’azione soterica dell’ente di tramite, che appunto è l’iniziando.

L’allievo però, giunto a questo punto, può non accettare questo particolare magistero del suo Istruttore, ed opporsi all’ipotesi di un ennesimo conflitto con le modalità femminili esplicative, che tutto sanno fare fuorché costruire un rapporto

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decente con l’ente virile.All’obbiezione del Maestro, che in tal caso le entità possono anche essere

distrutte, l’allievo può opporre che quest’indicazione - dopo tante inutili fatiche - sembra assumere l’inquietante configurazione di un “ricatto”, e che lui rifiuta questa dicotomia.

L’allievo osserva che Cristo conosce molte strade e – fra quella di un assedio lungo, stressante ed improduttivo e quella della completa e dolorosissima distruzione dell’assediante – deve pur esserci una terza via: capace di risolvere in senso finalmente teurgico e definitivo (magari con differenti esiti e prospettive) un contrasto di anni faticosamente vissuti.

In tal modo il Maestro è contestato proprio nel Suo magistero. E’ un errore, un atto temerario?

No.E’ necessario che sia fatto anche questo passo: il Maestro deve essere “vinto” dal

Suo allievo, o quest’ultimo non sarà mai capace d’agire in piena autonomia, di scegliere in vera libertà.

Finché l’allievo – e questo è il massimo insegnamento del momento attuale – è dipendente dal Maestro nella formulazione delle sue direzioni esistenziali, resta un allievo e non un iniziato alle verità della Vita. L’iniziazione è ancora di là da venire.

Esiste quindi un’altra soluzione: ma quale?L’allievo deve saper discriminare nel proprio cuore, e trovarla: noi affermiamo

che egli deve modificare la sua ideazione di rapporto, nella Fede e nella Speranza. L’allievo, il discepolo non deve accettare la distruzione delle personalità che lo contrastano, ma semplicemente quella della loro negatività. Egli cioè respinge non le persone, ma le ideazioni che esse accettano e che le rendono brutte e feroci; e manda proprio queste concettualizzazioni a Dio, perché le annulli utilizzando anche la sua necessaria fatica proprio per modificare a fondo il mondo interiore delle entità. L’esperienza della vanificazione dei contenuti mentali è, infatti, tremenda, e non può non condurre a molti ripensamenti, quando è superata.

Questo è un punto fondamentale della retta intenzione base della retta azione, e va acquisito: acquisito motu proprio, e non per semplice conoscenza intellettuale; e, del resto, è implicito in tutto l’insegnamento che l’Istruttore costantemente suggerisce, ben oltre il “senso apparente” delle Sue parole.

Altro punto di basilare rilievo è questo: nell’azione intrapresa per rendere al Padre il campo di Yesod l’allievo deve, necessariamente deve, agire nella più completa impersonalità che sia in grado di darsi: questo perché ogni immissione di stati di coscienza personalizzati conduce inevitabilmente a una soggettività del proprio assunto, che da un lato non resta perfettamente affidato al Maestro (come è indispensabile che sia, data la sua complessità) e dall’altro provoca nelle entità in questione stati d’attrazione e repulsione che non conducono a un giusto esito. L’allievo deve saper agire come “modalità” soterica dell’Amore divino e non altro, affidando ogni effetto della sua fatica al proprio Atma, e cioè al Padre. Quanto ne potrà discendere sarà dal Padre stesso vitalizzato e condotto alla migliore possibile

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condizione esistenziale, che può anche proporsi lontano dalla sfera di percezione dell’ente che opera. Ma tant’è: quello che qui importa è la redenzione delle zone oscurate, prioritaria rispetto a qualsiasi altra situazione che, in seguito, possa determinarsi.

L’allievo che intercetta il campo femminile astrale mostra in genere un pregio che può essere però anche un difetto. Difetto molto nobile ed insieme molto temibile, se tale si rivela.

L’allievo ama la Donna, anche se alle volte – ed in certi periodi il più delle volte – non sa come comportarsi con lei, come rendere il rapporto vivo e vitale. Egli l’ama a priori, l’ama perché esiste, l’ama anche se resta lontano dalla sua profonda e coinvolgente natura di lei, e non ha la minima intenzione d’affrontarla.

Il discepolo ama l’Eros, il rapporto intimo in cui Esso può esplicarsi, i giochi d’amore nelle loro segrete valenze. Ama tutto quel che concerne la Femminilità, ed analizza questo “tutto” perfino sotto il profilo teurgico.

L’alunno di questa Via iniziatica è disponibile all’intero Eros dell’Universo, purché sia Eros vero.

Vuole nel suo futuro, più o meno lontano, più o meno appartenente all’attualità della sua vita, tante Donne quante il Cielo gliene manderà.

Due? Tre? O, piuttosto, trenta? Magari trentasei, che è il dodici per Tre, e ciò implicherebbe un capo esplicativo fra i più ricchi e potenti che possiamo immaginare? Un campo d’Eros a trentasei vettori operativi è dinamite, e dinamite in fase esplosiva.

In ogni caso un ente virile ad un livello sufficiente di maturità resta sereno: una, due o trentasei femminilità sono sempre la Donna, ed ogni donna è per l’iniziato la totalità della Femminilità, così come questa totalità deve essere riconosciuta ed amata nell’amore concreto per la donna che gli è compagna

Questa è una configurazione che può dare, in pratica, il capogiro, e che implica un vero atto di scelta nell’Eros più profondo dell’Idea Matrice: Eros libero da ogni implicazione egotica o di fruizione, volgarmente possessiva in senso individualistico. Perché l’Eros è sempre rapporto, reciprocità di dono, libertà dall’ego nello Spirito dell’amore.

L’Eros non insegna ad “usare” l’altro, ma ad incontrarlo nella semplicità di Cristo: e null’altro.

Il problema dell’allievo e del suo Maestro è proprio quello di costituire, determinare un campo d’Eros reale, scindendolo dalle falsificazioni mentali ed intellettuali del piano esistenziale, tutte più o meno involute, siano esse passate od attuali.

In questo caso il vettore che intraprendiamo è veramente alto ed arcaico come nessun altro: è vettore di Eden, è Ideazione di Principio.

Eva è Donna, e Donna unitaria; la sua estrinsecazione in Adamo è multipla come poche cose sono.

Eva è un Diamante, e le donne concrete ne sono le sfaccettature.Adamo, l’Uomo primigenio, è centro di un atomo sterminato, che possiede tanti

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vettori esplicativi quante sono le “potenzialità” dell’Emanazione: quelle ora e qui attualizzate, naturalmente.

Ma anche Adamo è concetto unitario di sintesi, è Diamante e Folgore.Ogni Adamo dell’ADAM cosmico è un centro in sfere polari fortemente unite

l’una con l’altra. L’ideazione può essere simboleggiata con l’atomo e gli elettroni, poi con le molecole e la formazione di un corpo che presenti caratteristiche fisiche omogenee e coerenti, e quindi con l’incontro e la fusione degli elementi basilari per costituire nuovi ed innumeri derivati.

La “struttura molecolare” è egualmente vera nel “piccolo” e nel “grande”, è vera nelle Galassie e negli Universi che queste – a miliardi – vengono formando.

Se al termine del XX° secolo e all’inizio del XXI° c’incentriamo nell’Ideazione Principiale è segno che quest’Ideazione deve tornare in auge, deve essere nuovamente attivata. Siamo isolati, soli?

Forse sì, nel nostro ambito consueto. Però il vettore che analizziamo è un raggio fra gli infiniti raggi del Sole centrale.

Occorre ribadire che questa nostra metodologia non è facile. Richiede d’essere senza dubbi e riserve nel magistero di Cristo, cui tutto rimettiamo perché si aprano piani reali finora negati, orizzonti insoliti che conducano in un tempo imminente a nuove realtà. Se restiamo pavidi, e comunque non stabili nell’amore di Gesù, di Brahma, questa linea di ricerca ci renderà paurosi, ed in cerca di un qualsivoglia rifugio che sarebbe comunque uno scadimento della volontà d’emanciparci.

Nessuna prassi veramente operativa è però “facile”: se, infatti, incontriamo gli Enti Archetipici essi possono essere Anubis, Sekhmet o il tremendo Sebek. Possono essere identicamente gli Arcangeli delle Sfere, ed allora è spaventoso l’impatto per chi non li comprenda nel suo cuore.

Come dice l’iscrizione posta sull’entrata del Tempio di Monte Sant’Angelo, nel Gargano, “terribile è il luogo dove l’Arcangelo (qui Gabriel, l’Arcangelo della Luna e di Yesod!) si posa": terribile e temuto.

Ma è luogo sacro e santo per i pochi o per i molti che sappiano sostenerne l’impatto profondo.

L’ammonimento di quest’ora è di essere – come non mai prima – fermi in Cristo, nelle Sante Persone di Gesù e Maria: di essere stabili nel loro Amore.

Occorre discriminare a fondo, e questo è impossibile senza l’Intelligenza misericordiosa di Dio, rivolta alle sue creature. L’Intelligenza che è il Cristo, il figlio dell’Amore e del Sacrificio che sostiene perennemente tutte le nostre esistenze, perdonandoci.

Non esiste alternativa, ed ogni altra via a questo punto costituirebbe un ripiegamento, l’accettazione di un’insufficienza. Al limite, tutto quello che abbiamo detto può e deve essere rimesso al Padre perché Egli lo affermi o lo neghi. Egli, e solo Lui.

Ma essere con il Padre costituisce l’Essere della Manifestazione, l’Essere come Divenire in Dio.

Altrimenti si cade in una spirale di fuoco, in un rigore che falsamente viene poi

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riferito alla Volontà divina. Noi abbiamo acceso quel fuoco, noi milioni di secoli fa e per milioni di volte.

Ed ora o lo spegniamo o ci brucerà.

31-08-2001

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IL DRAMMA DI YESOD

Fissiamo alcuni dati fondamentali per l’interpretazione del problema del dolore e del male, sulla scorta dei simbolismi dell’Albero della Vita, di tradizione ebraica.

Possiamo interpretare il Glifo in molti modi. Il primo, e fra i più rilevanti, è quello che c’illumina sul processo emanativo, il quale conduce la Manifestazione di Dio dal Mondo Causale (la Triade superna) al Regno di Malkuth.

Questa simbologia è esatta, e possiamo meditarla proficuamente tanto come Via del Ritorno quanto come formulazione dinamica da utilizzare teurgicamente, nei casi che si rendano accessibili.

Tuttavia non è di questo che noi adesso vogliamo occuparci, ma piuttosto di un problema che è, purtroppo, ignoto ai più.

L’Albero della Vita, o delle Sephirah e dei Sentieri, è normalmente considerato come raffigurazione della Manifestazione nel suo spiegamento; quello che la Manifestazione è, nei suoi momenti pneumatici, psichici ed ilici – per usare la terminologia gnostica – che indicano lo Spirito, la Mente conscia ed inconscia, l’Intelletto, le componenti psichiche e ovviamente le energie informanti sottili e grossolane; ed infine il loro prodotto, il corpo fisico.

Sotto questo profilo il simbolo non esprime però la vera attualità degli stati.Infatti, il Glifo che noi sperimentiamo quotidianamente è quello della “Caduta”,

conseguente al distacco dell’ente emanato dall’Emanante, con conseguenze che coinvolgono tutte le sfere di consapevolezza ed i rapporti fra loro intercorrenti.

Le sfere sono condizionate dalla perdita dell’intelligenza del loro stato primordiale, e quindi non sanno darsi un Sé né ritrovarsi nel Centro Atmico che, per l’esattezza, è la presenza di Dio nella sua manifestazione, e che quindi si colloca come punto aformale e focale di tutte le Sfere sephirotiche e di tutti i Sentieri, in Tiphereth.

Tiphereth è il Mediatore globale, è la zona dell’Amore in Cristo.Cristo è il “Ponte” naturale fra la Triade Superna e l’Universo creato, e riafferma

così la continuità dell’Atto emanativo e la realtà ontologica della creatura.Sotto questo profilo, sottolineiamo, l’ente emanato è sempre Kether, ma “in”

Kether, e la preposizione “in” si riferisce all’autocoscienza della creatura, che in tal modo si distingue dal Creatore pur essendone essenzialmente la Volontà.

L’interpretazione della creatura come “volontà” del Padre possiede infinite implicazioni, che portano molto oltre le presenti note, pur essendone completamente coordinate. Di ciò in altra sede.

L’Albero della Vita oggi non si riconosce - in parte - nella “volontà” di Kether, e si afferma quale individualità separata da Dio e completamente libera d’autodeterminarsi anche nei Suoi confronti, sempre ammesso che un “dio” per lei esista.

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La “ipotesi Dio” è comunque vista sotto profili non di continuità ma di separazione ontologica, e nella maggior parte dei casi: in tutti quelli nei quali la perdita del Centro Atmico induce le persone ad identificarsi con il loro “ego”.

Una conseguenza diretta dell’oscuramento emerso nei confronti dell’Atma consiste nell’incapacità – alla lunga – di fruire della Sua energia radiante, che è anche la stessa concreta Volontà di sostenere l'Emanazione.

Questa volontà è essenzialmente Amore. Amore inteso non come semplice dato psicologico, sentimentale od affettivo. No.

L’Amore di cui parliamo è la massima potenza dell’Universo, perché è la presenza di Dio in ogni cosa: di Dio inteso come intenzione creatrice che sostiene quanto determina in Sé stesso come “altro da Sé”.

Ribadiamo che questo fattore è realissimo per la coscienza finita, che in quanto tale non può concepire il proprio rapporto con Dio che nella struttura di una relazione di figlio verso il Padre, e quindi in senso prettamente dualistico.

Tale dualismo è reale per il Padre, che si determina così nella Sua libertà, e che sostiene incessantemente quest’atto specificante.

Non è invece reale al Dio che si contempla come assoluta Unicità, e cioè come Assolutezza. Infatti, il Sé supremo non ammette che il Sé, è Essere puro ed infinito.

Tuttavia il Sé divino (il momento monistico, non-duale, che chiamiamo Brahma o Kether) non è l’Ain Soph, il Brahman.

L’Ain Soph, il Brahman è completamente oltre ogni nostra possibile determinazione: è “non-dualità” ed insieme infinita specificazione della propria assolutezza, è tempo ed eternità.

L’Ain Soph, se possiamo osare dirlo, è purissima Ananda, al di là di tutte le simbologie della mente finita.

Ribadiamo a questo proposito che la mente finita resta tale anche quando le sue qualificazioni la pongono in sintonia con l’infinità di Kether o – nel nirvikalpa samhadi – con l’ineffabilità di Ain Soph. In entrambi i casi la mente finita supera il proprio limite estremo, e percepisce l’Illimite come solo l’Illimite sa e dona. Tuttavia l’ente creato non cessa d’essere tale, perché la Volontà di Kether è pur sempre l’essenzialità di Ain Soph, e non si nega di certo per motivi che concernono la Maya (in questo caso altissima) delle sue creature.

Tornando al nostro tema, la perdita del senso di continuità con il Padre (la perdita del Centro) è proprio scadimento o assenza dell’intelligenza di Lui da parte nostra, e conseguentemente perdita della Sua energia radiante.

L’intelligenza del Padre è, nella creatura, “spirito”. Se la creatura non è coerente con il proprio Fattore Causale, se è priva di spiritualità, non è neppure in grado di recepirne l’emissione. Conseguentemente essa si riduce a livelli sempre decrescenti d’energia vitale, di prana.

A questo punto il senso di vanificazione diventa grandemente doloroso, anche a livello fisico: la prevaricazione sul Padre ha interrotto il rapporto con Lui nell’autorappresentazione dell’ente emanato (mai in quella dell’Emanante!) ed allora questi cerca l’energia vitale dove è rintracciabile senza modificare le proprie

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convinzioni, e cioè nei suoi simili prima di tutto, e poi – tramite loro – nell’Emanazione.

All’Ideazione fondamentale si sostituisce così un’ideazione di potere e di uso, che non tarda a rendersi d’abuso e d’arbitrio ai più torvi livelli.

La creatura che si pone in quest’ottica sopravvive alle spalle delle altre, e deve quindi indurle (con le buone, in principio, e con la costrizione dopo) a rendersi al suo libito.

Questo processo divora se stesso. Poiché la forma fisica richiede l’attivazione e l’utilizzo di quantità enormi d’energia, dalla più sottile e spirituale a quella più densa e materiale, queste entità incontrano un’estrema difficoltà a mantenere o ad assumere una “forma” che sia comparabile a quella di chi sia tuttora in migliore posizione coscienziale, e quindi più vicino alla sorgente atmica.

Questo stato conduce alla frantumazione dell’unità della Manifestazione in strati differenziati, a livelli d’involuzione o d’emancipazione molto variegati.

Come è ovvio, le zone involute temono quelle più emancipate, per il semplice fatto che la loro presenza evidenzia la precarietà delle prime, vanificandole. Così le entità decadute cercano d’indurre quelle ancora relativamente sane (ma non immuni da precise carenze!) a rendersi fruibili, e cioè affini alle idee che menano a questi esiti.

Solo così, infatti, esse si renderanno utilizzabili.Questa è, grosso modo, la genesi dell’aggressione che le aree della Caduta

conducono incessantemente contro quelle intermedie, nel tentativo di trasformarle al punto da renderle soggette.

E’ non poco simile alla mentalità delle Potenze imperialiste della nostra zona dimensionale nei confronti del cosiddetto Terzo Mondo, e di tutte quelle personalità, gruppi etnici o stati satelliti, che si rendano soggetti passivi di uno sfruttamento indiscriminato. Con esiti nefasti, anche a seguito della reazione inevitabile delle vittime, che in genere aggrava la situazione globale senza portare ad alcuna vera soluzione.

Per tornare al punto cruciale del nostro tema, il Glifo non è più, e da tempo immemorabile, unitario. Esso si colloca su differenziati strati d’esistenza, che nulla hanno a che vedere con la Volontà divina e tutto con l’hybris umana.

Ora cerchiamo di scoprire quale sia l’odierna struttura della Manifestazione: e cancelliamo per prima cosa la presenza della Sfera di Tiphereth per quel coacervo di Sephirah che sovrasta – nel Glifo – il Regno di Malkuth.

Intendiamoci, a scanso d’equivoci. Tiphereth esiste, è realissima e per fortuna lo sarà in eterno. Tuttavia non è percepibile che da pochi, nel nostro ambito comune; per le entità involute è illusoria, è mito e leggenda. Oppure l’identificano con i loro centri di potere e di dominio, nel totale fraintendimento della sua essenza.

La prova? Basta rammentare la Legge di Corrispondenza, e come in base a quest’ultima il Microcosmo sia sempre simile al Macrocosmo d’appartenenza: quanti allora, anche fra di noi, hanno la vera percezione del “Cuore”, del Centro della propria personalità?

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Ed inoltre: con quali fatiche, con quale tenacia e con quanto tempo si può, se veramente si vuole, ritrovare questa perduta centralità?

Noi, qui, siamo enormemente più favoriti rispetto a certe zone della Manifestazione in riguardo al normale fruimento energetico. Ovviamente siamo poca cosa rispetto ad altre, più elevate; e nel nostro campo c’è davvero di tutto.

Quello che, ad un superficiale esame, può sembrare un pianeta omogeneo, risulta invece frantumato in regioni ricche e poverissime, alcune più o meno detentrici d’ogni potere ed altre più o meno ridotte in schiavitù, magari di “mercato”.

Eppure, qui, tutti hanno un corpo, un’individualità, una certa capacità di scelta. Qui è, in altre parole, difficile trovare personalità completamente involute, pienamente rivolte all’arbitrio, prive di quell’insieme di doti e di stati di coscienza che noi chiamiamo “umanità”.

L’esperienza iniziatica ci dice invece che tale è la situazione comune a tantissime altre aree dimensionali, e che queste gravitano su di noi a livello inconscio, sottile, per sostenersi.

Ed allora non possiamo considerare il Glifo incentrato in Tiphereth, ma solo come un coacervo di formulazioni esistenziali in reciproco conflitto, e che trovano un precario punto d’intesa, di fittizia unità, nel comune desiderio di prevaricare su Malkuth e sulle sue capacità ideative, energetiche e dinamiche, ancora veramente rilevanti. Così rilevanti, anzi, e suscettibili di un netto incremento, da costituire una “minaccia” per tanti altri Universi degradati, magari con l’obbligarli ad una difficile, dolorosissima presa di coscienza dei loro veri stati.

Quest’insieme di stratificazioni, in genere fra loro molto conflittuali, si dà un “punto” di convergenza, d’azione e di dominio. Ed ecco emergere in quest’ottica la sesta Sephirah, Yesod.

Sesta? No.E’ la quinta nelle zone sottili che ci attorniano, è l’arbitraria e demiurgica

creazione d’universi decaduti, privi della centralità di Tiphereth.Yesod non è la mediatrice delle rimanenti sfere; non è la moderatrice e

l’equilibrio delle loro esistenze. E’ piuttosto il compromesso per tutti i loro insanabili conflitti, rivolto al dominio su Malkuth.

Yesod, come Sephirah, non dovrebbe esistere.Yesod ha invece il diritto d’essere considerata – a livello personale e generale –

quale momento di quel processo di manifestazione, d’emanazione, che si riproduce incessantemente in ogni istante del nostro tempo, e che è vero anche per le nostre più semplici azioni. Tuttavia noi vogliamo adesso (ci è indispensabile insistere) valutare la struttura di quest’Interità, con riferimento particolare alla zona di immediata esperienza esistenziale. E qui Yesod appare la punta della freccia direzionata contro il Cuore di Cristo, in ogni Suo figlio.

Consideriamo allora, sia pur brevemente e sommariamente, le caratterizzazioni di questa Sephirah arbitraria ed oscurata, che tanto peso ha sulla nostra zona: peso sconosciuto, dissimulato e celato nei meandri dell’inconscio individuale e collettivo, ma che tuttavia abbrevia drasticamente il ciclo vitale, e determina infelicità, malattie,

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invecchiamento e morte.Conseguentemente a quanto abbiamo finora appreso, affermiamo – con altre

parole e senza voler tacere le nostre responsabilità in questa situazione (perché se un tale obbrobrio accade, noi stessi ne siamo purtroppo facitori e colpevoli) – che Yesod è l’autrice di quest’oscuro momento della nostra comune storia. Storia antica, molto difficile da essere compresa ed accettata, perché ha trascinato l’amore di Dio sulla croce del dolore.

Yesod è soltanto mente. E’ la somma di tutte le scheletriche, torve e malevole ideazioni di un’Interità che non sa più amare, e che vuole sopravvivere a spese di chi sia sufficientemente reale da poter morire per lei.

Ovviamente, parliamo della Sephirah veramente intrisa di involuzione, della Yesod della Caduta; e non di quella esistente in una diversa zona che è certamente problematica, certamente alquanto contraddittoria con le nostre Idee più elevate, ma che non lo è che parzialmente con l’Amore del Padre.

La mente di Yesod è malvagia. Non ha intelligenza, ma sa penetrare nelle menti delle sue vittime per carpirne le ideazioni e volgerle a suo profitto. Non ha immaginazione: è schematica, e lo schema che la sostanzia è di potere e dominio. Per Yesod il potere ed il dominio sono la somma gratificazione, perché l'incentramento sull'ego non perdona. Tutto si degrada e viene coinvolto in quest’abuso, dall’eros completamente frainteso allo sfruttamento delle risorse energetiche là dove si trovano. Tutto denota un sottofondo immensamente coinvolgente, di potere e di dominio.

La sclerotizzazione dell’intelletto e della mente – entrambi astratti e astraenti – riduce progressivamente il campo immaginativo, la fantasia e la capacità di rinnovamento. Yesod, ossequiente a se medesimo, riproduce incessantemente i propri schemi, e cerca in essi il compenso della frustrazione in cui versa: ed allora il potere si fa dispotico, il dominio tirannico. Perché la sola gratificazione che ne può trarre è nel prevalere sugli altri, nel derivarne il massimo senso di potenza e di controllo. Così l’eros si trasforma in sadismo, ma non basta. Indurre, infatti. il proprio schiavo ad un grado tale di passività da perdere anche il senso dell’autoconservazione è rasentare il potere assoluto: così Yesod inventa il masochismo.

Questa situazione si risolve in tensione all’abisso; la violazione dell’integrità altrui è desiderata come tale, e l’atto stesso di violare esprime la massima soddisfazione possibile.

Ecco alcuni dei “perché” della tragica pericolosità di Yesod. Anche se non è ancora e propriamente un “demone”, anche se le entità che lo costituiscono si percepiscono tuttora come forme vitali, esse sono tese all’annichilimento. L’energia è Amore, è Eros: e a questo punto la sua carenza diventa mortale. Il Kali-Yuga assume conseguentemente il suo volto devastatore, il volto di Yesod: Yesod, infatti, si riflette in sé stesso, in quello “Specchio” eterno che è la volontà di Kether. Quello che Yesod più teme, quanto odia nell’altro, nell’oppositore e nella sua stessa vittima è, in ultima analisi, se medesimo.

Ecco un altro motivo per il quale Yesod, lasciato alla sua ideazione, non ha

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scampo: egli inserisce l’idea della autodistruzione nel proprio intimo, subconscio o inconscio, ed in fondo la vuole. Ma prima di allora sa diventare letale per molti, per troppi. E non per tutti.

Nelle zone in cui l’intelligenza dell’amore non è scomparsa, questa situazione della Manifestazione stimola alla ricerca, alla necessaria risposta che risolva il dolore crescente, il dramma incombente.

Così c’è chi si rivolge con rinnovata speranza all’amore di Dio, e ricorda che Egli promise in Gesù: “Le porte dell’inferno non prevarranno”.

Yesod è intellettualismo teso al possesso. Possiamo chiederci: come il debole può irretire il forte?

Rispondiamo: scompensandolo, e facendo così in modo che la sua forza possa essere vanificata ed assorbita. Yesod è corrotto e corruttore, e si serve delle menti che ha plagiato per creare nuove catene, sistemi di controllo mascherati e feroci, schemi di comportamento diffusi che sappiano rendere impossibile un qualsiasi riscatto.

Yesod odia l’amore, e Dio è Amore.Come si è reso possibile quest’incubo? Inducendo ideazioni sempre più versate

all’automatismo delle coscienze, sempre più condizionanti a livelli profondi, in quelle zone della mente che sfuggono – per antica oscurità – alla censura della nostra consapevolezza.

Yesod tende costantemente a far filtrare nell’abisso ignoto che ognuno di noi si trascina dal proprio passato le tensioni, le lacerazioni e le infamie corrispondenti a quelle lì sedimentate, per accrescerle, rinnovarle e renderle irrisolvibili.

Yesod è la donna corruttrice, la prostituta, il Demiurgo della metafisica gnostica.Yesod è femmina. Non “santa peccatrice”, non innocente od afflitta da altre

oscure forme di potere: è femmina e meretrice. E’, in altri termini, la Sofia gnostica intenta al suo aborto, che è poi l’attuale aspetto della Manifestazione, quale noi riusciamo a percepirlo.

Torniamo all’ermetismo. Tutto – recita il Kybalion, testo ermetico per eccellenza – è Mente. Tutto è cioè autorappresentazione che, se costruita, fondata e sostenuta dal Sé, costituisce l’Immagine del Creatore nella creatura.

Ma Yesod è mente che riflette se stessa in se stessa, priva di Centro e di realtà. Che opprime la vera Mente Cosmica insinuandosi in essa con le proprie bramosie ed insufficienze.

Yesod è mente che s’infiltra nella Manifestazione di Kether e la distorce: così tutte le autorappresentazioni dei singoli risultano inquinate ed offese, almeno finché non sono costrette ad identificarsi (e alla lunga è accaduto ed accade in molte aree esistenziali) con l’intrusa.

Come avviene tutto ciò?Yesod è femmina tanto nelle sue formulazioni esplicative (le donne astrali) che

in quelle ideative (gli uomini del campo sottile) e, come abbiamo sottolineato nel nostro esame dell’eone Sofia, la donna ha saputo e potuto prevalere grazie alla propria “pruniké” sull’inerte e sovente infimo ente maschile, rendendolo simile a lei ed alquanto manovrabile.

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A questo limite la Sephirah appare come femminilità degenerata in acuta brama di potere incondizionato, aggressiva oltre ogni immaginazione ed in perenne ricerca di sostegno a causa della propria irrealtà.

La Sephirah è intenta ad invadere sottilmente e inavvertitamente le altrui coscienze, in particolare quelle di chi sia ancora sufficientemente “pulito” da possedere molta energia vitale perché è in grado di percepire l’irradiazione vitale del Centro, pur presentando zone interiori d’oscurità capaci di renderlo vulnerabile.

Yesod è una costante pressione, una continua e dissimulata ricerca di un varco che si presti all’intromissione delle sue linee di controllo e di dominio. E non è in effetti, almeno nella sua configurazione attuale più diffusa, null’altro.

Come mai allora è così capace d’analisi, di formulazioni e di concettualizzazioni i cui effetti – purtroppo – ci circondano, in un Universo intriso d’astrattismo intellettualistico? I nomi del quale astrattismo si ritrovano nelle famigerate organizzazioni finanziarie ed industriali, burocratiche e leguleie, contro le quali Gesù alzò la Sua ammonizione, e che lo vollero anche allora crocifisso.

Ricordiamo i “sepolcri imbiancati”. Essi sono nell’ottica di Yesod.Il fatto è che Yesod utilizza le strutture ideative delle vittime, e le distorce

secondo la propria insaziabile brama di potere. Quel che normalmente fa è direzionare all’idea di potere la guaina della mente/intelletto/io delle persone esistenti nelle zone del suo dominio, come ed ovunque può; ed aggredire successivamente altre aree esistenziali non appena le prime, sfruttate e ridotte all’immobilismo, si rendano incapaci di fornire un ulteriore supporto energetico.

Questa è la logica delle cellule tumorali: tutte indifferenziate, tutte prive di propria energia vitale e tutte tese ad appropriarsi di quella delle cellule ancora sane.

Yesod – l’oligarchia di Yesod – è, sotto quest’aspetto, il tumore dell’Emanazione.

Non esiste la “intelligenza di Yesod”, almeno nel senso proprio che diamo al termine. Esiste invece l’assorbimento delle valenze intellettuali altrui che siano utilizzabili (per colpa e responsabilità antica e moderna) ai propri fini espansionistici. Esiste l’uso e l’abuso delle facoltà individuali finché questo sia possibile.

Ad un certo momento, il processo involutivo rende l’entità che lo vive molto irreale, infelicissima e terrorizzata dalla crescente perdita di vitalità. L’entità succuba in Yesod è, infatti, depauperata costantemente di tutto quello che riesce ad assorbire, e si vanifica.

Questo fenomeno la rende, com’è ovvio, molto dura ed aggressiva. Ed ecco perché le femminilità di Yesod (uomini o donne che siano) sono tutte ostiche ad un vero colloquio, ad una giusta comunicazione: sono schiave di altre schiave o di se stesse. Schiave generalmente soggette a una sorta di coazione feroce e distruttiva.

La loro libertà precipita, si dilegua: aumenta conseguentemente l’entropia delle loro esistenze.

Al limite, il processo conduce all’abisso della “non-vita”, della “morte che vive morendo”.

L’involuzione allora si conclude nella Qelliphoth, nella zona interdimensionale

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del nulla, che pure è ancora inimmaginabile consapevolezza d’esistere.Possiamo, a questo punto, intuire la formulazione strutturale della Sephirah.

Yesod è organizzazione gerarchica ed autoritaria, il cui controllo è affidato alle più inerti, alle più infime fra le entità. Il simbolo che Yesod può legittimamente darsi è quello della magia nera: la croce rovesciata, simbolo dell’inversione dei valori. Perché?

La Croce è mandala totale. Essa esprime la convergenza dell’Idea e della Potenza esplicatrice nella Vita, ed il loro intersecarsi nel Punto Centrale, che è l’Atma.

La Croce della Manifestazione non è quella che si limita a dividere lo Spazio Spirituale in quattro quarti, e la cui dinamicità venne sempre espressa con il simbolismo solare della Svastica.

La Croce dell’Interità è la Croce di Cristo, ed il corpo fisico dell’Adam la rappresenta: dell’Adam a braccia aperte, nella sua totale accettazione dell’Amore di Dio e nella profonda partecipazione a tutto quello che esiste come Sua epifania. Manifestazione che è affidata all’Adam stesso per suprema Volontà, e secondo un radioso principio di Libertà.

Non ci soffermeremo più a lungo sul simbolismo della Croce e del Corpus che la rende viva e vitale nell’Esistente. Braccia, mani, piedi, il Punto cardiaco e via dicendo sono indicazioni di Realtà, sulle quali sarà bene meditare in ogni momento.

Quello che invece vogliamo rilevare adesso è che, per l’Involuzione, tutto è invertito. Tanto nei valori che nelle estrinsecazioni.

L’organizzazione di Yesod è quella della dittatura oligarchica, della tirannia nella quale al singolo è solo affidato un compito esecutivo, quello d’obbedire e – obbedendo – d’opprimere nel nome del despota.

Nella tirannia gli scherani sono individualmente un “nulla” per il Potere del vertice, sono soltanto esecutori delle sue linee d’estrinsecazione. Tuttavia agli scherani è delegato un potere nei confronti dei loro sottoposti, e tanto più intoccabile quanta meno libertà essi hanno nei confronti della tirannia centrale.

Se vogliamo comprendere Yesod e la sua struttura, guardiamo con occhi nuovi il nostro pianeta, e le tragiche vicende che vi albergano.

Dove non esiste libertà, dignità, valori, dove la Polarità è offesa e negata, lì il nostro stesso arbitrio ha permesso l’intrusione di Yesod e delle sue formulazioni di dominio. Davvero, non c’è da rallegrarci.

Il quadro è duro ma non irrisolvibile, almeno nella nostra zona. Se noi possiamo, contro la manifesta ostilità di Yesod, affermare a chiare note la

sua attuale irrealtà e la sua infamia, se possiamo denunciare la sua presenza ed il pericolo che corriamo, è perché – oltre Yesod – c’è il Cristo ed il Mondo della Luce.

Questa semplice constatazione ci fornisce il supporto ideativo sufficiente, e la capacità di reggere.

Il Mondo della Luce è Tiphereth con Malkuth: Tiphereth, in quanto Femminilità vera, che ritrova con Malkuth (qui inteso come Virilità) l’Idea basale, e l’estrinseca in Vita.

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Vita in Cristo. Ricordiamo qui le Parole di Gesù: ”Io sono la Via (Potenza) la Verità (Noumeno) e la Vita (Sintesi). Chi vive in Me non morirà in eterno”.

Nell’Interità così concepita le Sephiroth vengono a costituirsi come momenti dinamici dell’interiorità di Adam, e la ristrutturazione dell’Evento cosmico è allora semplice: esso è Polarità fra Uomo e Donna, che s’incontrano nell’amore di Dio sentendo la Sua presenza nel loro cuore.

L’Emanazione, nei Mondi del Regno, è veramente semplice; ma la sua potenzialità è infinita, perché si colloca nell’Idea del Padre.

Il dramma di Yesod è quello di tutte le Sephirah contaminate dall’ego e prive di capacità d’amare. E’ dramma cosmico.

Quali siano i limiti di questa hybris è difficile dirlo. Sono certamente estremi, ma non totali.

C’è spazio, per gli uomini di buona volontà. Uno spazio garantito dal sacrificio di Cristo, così come la nostra analisi ha molte volte sottolineato, e la storia insegna.

Affrontare Yesod è comunque un compito assorbente, che esige l’intelligenza dell’Amore. Occorre la presenza di Gesù, il Salvatore. Occorre Maria, la Madre, che deve poter tornare ai suoi figli per sostenerli e renderli alla loro verità.

Noi abbiamo cercato d’indirizzare gli allievi ad una più puntuale comprensione del problema esistenziale, il quale si colloca in un’ottica generalizzante in cui esiste, qui e ovunque, l’aggressione di Yesod.

Nessuno può sperare in vie traverse, perché esse condurrebbero inevitabilmente fra le braccia dell’involuzione.

Yesod deve essere resa a Dio. Deve venir così frustrata, vanificata e svuotata delle sue concettualizzazioni da dover perdere i controlli che essa stessa s’è imposta, quando si è data strutture mentali talmente dissociative da renderla schiava delle proprie storture. Tuttavia rendere Yesod a Cristo è un compito immane, perché deve cancellare un oscuro passato, nel quale possiamo identificare una “prima caduta” a livello pleromatico, ed una “seconda caduta” (quella che oggi ci affligge) a livello di tradimento perpetrato da parte del campo archetipico contro l’Uomo/Donna della Terra, contro Malkuth.

Tradimento che si mantiene ancor oggi, e continua, perché non siamo innocenti, non sappiamo abbandonarci veramente e profondamente al Padre.

Tutto ciò rappresenta un decorso di tempo immenso, così infimo ed abbruttente da renderci l’Idea di Dio così come adesso viene generalmente concepita, colma d’insufficienze, di dolore e d’incomprensioni.

L’Idea però permane, nella Sua luminosità e nella Sua bellezza. Quindi tutte le superfetazioni possono essere, con Lei, elise.

In che modo? Con la Teurgia.Ma qui occorre il Maestro, e Lui è presente.

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Abbiamo esaminato alcuni fattori generici della Sephirah più delle altre coinvolta nelle nostre problematiche esistenziali, e ci accingiamo a completare l’opera, almeno per quanto ora sappiamo.

Una caratteristica insieme insospettabile e grottesca del mentalismo di Yesod la identifichiamo nel suo atteggiamento psicologico nei nostri confronti e, più in generale, nei confronti di tutto quello che si renda passibile di un suo possesso.

Nei nostri confronti, come abbiamo detto, Yesod ha perpetrato da tempi remoti un atto di prevaricazione, nato nell’inganno e nel tradimento, e continuato nel dominio più o meno feroce.

Le difficoltà all’emancipazione dal nostro passato nascono anche, e fortemente, da quest’atteggiamento dell’ente sephirotico a noi più vicino (ma che è sintesi dell’albero della Caduta) il quale mai come nel tempo presente si comporta da monolito.

Yesod non considera le entità, le personalità di Malkuth come veri enti, dotati di una vita propria, di libertà e del diritto di determinarsi secondo le proprie scelte. Yesod, al contrario, esige che queste “libertà”, queste “scelte” siano quali lei stabilisce: le più adeguate alle sue esigenze di sensazioni e d’emozione, e soprattutto le più atte a sostenerla con l’energia sprigionata da comportamenti fortemente incentrati sull’istinto, condizionati ed irrazionali, dei quali essa possa lucrare. Yesod conseguentemente induce questo genere di condizioni vitali, di rapporti interpersonali e delle conseguenti estrinsecazioni nel nostro ambito: le sole che essa può effettivamente comprendere e che – poiché corrispondono passivamente al potere voluto su Malkuth – conducono alla riaffermazione del proprio predominio. Tuttavia quest’atto di prevaricazione contamina prioritariamente la stessa Yesod, con conseguenze gravi e crescenti.

E’, infatti, legge karmica che colui il quale indirizzi un vettore scompensato contro il suo prossimo apra contemporaneamente una porta mentale nella sua sfera più inconscia, mediante la quale altre formulazioni di potere individualizzato (entità) possono penetrare, radicarsi e assumere una certa capacità di condizionamento.

La norma è, infatti, questa: chi usa l’ego ed il dominio sull’altro finisce sempre coll’essere condizionato dall’ego e dal dominio di un altro, egualmente male intenzionato. Si crea così una catena di dipendenze karmiche generalmente ignorata, ma non per questo meno deviante. L’ultimo anello, il più atroce, lega e sclerotizza le proprie strutture autorappresentative rendendole sempre più inerziali, ridotte al lastrico dell’ideazione.

Cosa implica quest’atteggiamento? Che, col passare dei millenni, Yesod s’identifica con le sue vittime, e finisce col considerarle non più “persone”, non individualità autocoscienti vere e proprie, ma piuttosto il proprio campo emotivo ed esplicativo, energetico ed ideativo, da controllare, direzionare e coartare secondo le dure necessità del momento.

Stranamente, le entità di Yesod non sono in grado di valutare il disastro etico e pratico implicito nelle loro intenzionalità, poiché esse vedono Malkuth ed i suoi abitanti (uomini e donne, animali e cose) come un’estensione delle proprie

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potenzialità, ossia un aspetto – alle volte riottoso, alle volte docile – del mondo intellettuale e fisico di Yesod stesso.

Il “campo” di Yesod è dunque Malkuth: Malkuth è, in quest’ottica, la “forma”, l’aspetto fisico e mentale dell’entità sephirotica Yesod, e non ha una realtà propria.

Conseguentemente a Malkuth non può essere lasciata una direzione esistenziale autonoma, un fine personale, una vita veramente autogestita. Malkuth deve esistere in funzione di Yesod perché “è” Yesod: è la sua fisicità, la sensualità ed il luogo di gratificazione e di scarico delle sue innumerevoli insufficienze.

Le entità di Malkuth vivono poco, ma vivono. Durerebbero ben di più e meglio senza la malaugurata immanenza di questo Yesod.

Vivono poco perché Yesod, non paga di direzionare la loro esistenza secondo il proprio libito, le carica di tutto l’immenso dolore di cui è portatrice, di tutte le insufficienze mentali e fisiche da cui è afflitta.

Le entità di Yesod si percepiscono con un “corpo”: sì, ma è labile, è soggetto a lisi. Sostenerlo richiede energie delle quali è sovente difficile entrare in possesso. Ed allora occorre far defluire le carenze, le deviazioni e i malanni nelle personalità di Malkuth, attraverso i canali inconsci a tal fine precostituiti e mantenuti, affinché questi li assorba, giorno dopo giorno.

In tal modo Yesod ha un immediato – e non duraturo – sollievo e Malkuth soffre, si ammala e muore al suo posto. Ma tant’è: Malkuth, per Yesod, non ha una realtà autonoma, è semplice estensione della sua mente.

La prova di tutto questo consisterebbe proprio nella facile controllabilità di Malkuth, il quale finisce con l’ignorare il proprio vero stato credendosi perfino non schiavo, ma libero.

Somma illusione, indicatrice della sua infimità.La psicologia di Yesod è condizionata da queste aberrazioni, immensamente

condivise e diffuse in quel caos di conflitti e di reciproche violenze che si è imposta.Yesod è la barriera mentale, onnipresente ed onnipervadente, che separa la

nostra essenza dal suo Principio, dal Centro della Realtà. Quindi Yesod deve essere vanificata e dissolta in queste oscure potenze, e modificata dalla nostra azione teurgica al punto da potere e dovere ritornare alla sua essenzialità. In tempi brevi, medi, lunghi o lunghissimi in stretta dipendenza dalle sue capacità di scelta e d’autoanalisi.

Quale è il compito di Malkuth, in questa prospettiva? Liberarsi dal giogo di Yesod, certamente. Tuttavia liberarsi da Yesod non è

precipitarla nell’abisso che si è dato, è piuttosto ricondurla al Padre.Il processo salvifico di Malkuth incontra necessariamente Yesod, attraversa

Yesod: ma per direzionare il mondo oscurato verso la Misericordia di Dio, con il sostegno continuo e profondamente voluto del Suo amore.

Yesod è l’inferno, che va conosciuto, compreso e superato: solo allora si apre la via maestra della purificazione profonda, e possiamo sperare nel reintegro nelle Case del Padre.

Yesod è struttura di potere, con al vertice un’oligarchia d’entità demiurgiche, ed

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alla base schiere di suddite costretta alla più irriflessa obbedienza da vettori mentali potenti ed implacabili. Le entità di quest’ultimo tipo costituiscono poi la “riserva energetica” in tutti i casi in cui l’opposizione di Malkuth renda precaria ogni forma di dominio.

Le entità della Sephirah sono coartate secondo rigidissimi criteri d’autoritarismo indiscusso, e individualmente plagiate ogniqualvolta sia utile o necessario. In queste condizioni Yesod ci appare come un blocco omogeneo e tetragono ad ogni impatto soterico. Ma non è poi del tutto così.

Yesod è estremamente conflittuale nel suo ambito interno: infelicissima, la Sephirah versa in perenne crisi energetica ed in lotte intestine di tutti i tipi, tanto nella generalità che nei singoli casi individuali.

In siffatte condizioni lo scontro con Malkuth determina occasioni di lacerazione del tessuto induttivo, e conseguenti profonde crisi di potere. Malkuth, infatti, non agisce in nome proprio, come Yesod.

Malkuth agisce nel Segno divino (agisce come se non agisse!) ed il Padre conosce le infinite strade che possono condurre alla salvazione di entità altrimenti perdute.

Così il conflitto con Malkuth alla lunga, molto alla lunga, può infrangere la dura opposizione di Yesod, creando varchi significativi ed incolmabili nelle sue astratte e logore ideazioni.

Questo è il principio del riscatto, se alcune (poche e veramente eroiche) entità della Sephirah abbandonano il loro antico mentalismo per affidarsi – incerte e piene di paura, ma costanti – al Maestro cristico.

A questo limite queste pochissime personalità non appartengono più a Yesod: esse, lentamente ed ineluttabilmente, ritornano ad essere Tiphereth.

Il problema di Yesod non può essere risolto che tramite l’azione di Malkuth, perché è, in effetti, il problema del recupero dell’Idea Polare, che è la base dinamica dell’Emanazione.

Non ci soffermeremo sul concetto di Polarità in questa sede. Essa è stata altrove più volte esposta ed analizzata, e rimandiamo l’allievo a quelle pagine. Insistiamo però nell’affermazione che, senza il recupero di Yesod ed il suo reintegro nel Centro fondamentale, non esiste Via soterica completa. La Linea che da Malkuth conduce a Kether attraversa Yesod, sempre.

Inoltre, Kether è “percepito”, è incontrato non tanto nella Triade Superna (il Mondo Causale vero e proprio). Salvo che nell’eccezione del samhadi, Kether è incontrato in Cristo, nella Sua misericordiosa Volontà d’amore e di sostegno alla Manifestazione divina: nel Centro del glifo, quello che noi conosciamo come la Sephirah Tiphereth.

Gesù disse: “Chi vede Me vede il Padre”.L’Albero della Vita allora assume una differente configurazione. Yesod deve

reintegrarsi in Tiphereth, e lì rendersi a Malkuth: Tiphereth e Malkuth in sinergia polare sono l’Immagine della Realtà divina, quella che il Poeta cosi efficacemente indica nel trentatreesimo Canto del suo Paradiso.

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“Nella profonda e chiara sussistenzadell’alto Lume parvemi tre giridi tre colori e d’una contenenza,e l’un all’altro come iri ad iriparea reflesso; e ‘l terzo parea focoche quinci e quindi igualmente spiri.”

Mai uomo seppe con tanta concisione e umiltà rendere il Mistero della Divinità ai suoi simili, e per comprenderla rammentiamo la Legge delle corrispondenze: “Così in alto, così in Basso” Ma non basta.

“quella circulazion che sì concettapareva in te come lume reflesso,dalli occhi miei alquanto circunspettadentro da sé, del suo colore stesso,mi parve pinta della nostra effige;per che ‘l mio viso in lei tutto era messo.Qual è il geométra che tutto s’affigePer misurar lo cerchio, e non ritrova,pensando, quel principio ond’elli indige,tal era io a quella vista nova:veder volea come si convennel’imago al cerchio e come vi si indova;ma non eran da ciò le proprie penne:se non che la mia mente fu percossada un “fulgore” che in sua voglia venne.All’alta fantasia qui mancò possa;ma già volgeva il mio disio e ‘l vellesì come rota ch’igualmente è mossa,l’Amor, che move il Sole e l’altre Stelle.”

Così Dante.

Egli dà il senso dell’Unità nell’infinita Specificazione, della Centralità solare nella Luce che s’effonde ovunque e crea gli universi e le persone. Essi sono il Figlio prediletto, l’Epifania di Dio, l’Emanazione.

Yesod deve ritornare a se stessa, essere Tiphereth. Ecco il compito d’ogni ricercatore del Sentiero Mediano, d’ogni allievo di Cristo.

Perché la Manifestazione viva, e traduca la volontà del Padre in Nome e Forma, l’Uomo deve ritrovare la sua Sposa, la Donna che è Luce dell’Interità.

La Donna, in Yesod e in Malkuth è una: la Donna vera è semplicemente Tiphereth.

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Il resto, l’infinità del Creato, nasce da questa semplice realtà.Così sia.

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MALKUTH ED IL GLIFO

E’ impossibile dire ciò che non può essere compreso: Malkuth è la sintesi, e la sintesi si può solo intuire, perché se la si analizza e la si divide in “altro” modo, si perde il suo vero significato nell’infinita serie di fattori interagenti che la costituiscono, e che possono comprendersi soltanto nell’intuizione dell’ordine in cui essi sono. Ordine UNO e non molteplice, unico e non mutuabile con alcun altro ordine.

Ma Malkuth è “in fieri”, ed ora noi vediamo soltanto la sua scissione e la faticosa ricerca di sé: che è la ricerca di tutte le Sephirah, le quali solo in Malkuth ritrovano la loro ragion d’essere e di esistere.

Ciò che non si è mai compreso in tutta la sua semplicità è qui.Malkuth è il Centro e la Periferia, è il Principio ed il Fine del Momento

manifestante; è il Figlio prediletto, che in Tiphereth si esplica come Idea vivente e Bellezza suprema, “Immagine” del Padre che in loro si riflette e si svela alla Sua creazione, Amore di Tutto ed infinita specificazione, reale e non illusoria, del Tutto Uno: che è oltre l’analisi e la stessa sintesi, e che crea perché ama ciò che è in Lui al punto di volerlo anche vivente in Sé e nel Suo infinito dispiegamento.

Il nostro compito è solo questo: rendere Malkuth ciò che può e deve essere, sintesi delle Sephirah, ideazione d’Amore che si dispiega nell’aspetto femminile del Momento emanativo, in Tiphereth.

Ma se le Sephirah si sentono “più” di Malkuth, se credono di usarlo come ricettacolo delle loro incompiutezze (e sono incompiute fuori di Lui, perché prive d’Idea e quindi suddivisioni, analisi senza fine), se esse non si fondono in Lui e con Lui ciò crea il male, e l’illusione che possa esistere un altro disegno, un’altra verità, un altro modo d’esistere e di porsi di fronte all’Essere.

Malkuth è in eterna espansione, perché è il tramite dell’eterna Idea d’Amore e d’Infinità, che trasmette a quella che è la Femminilità: sua Sposa e specificazione infinita, infinità d’universi e d’esistenze ognuno dei quali è seme d’infinità e di differenziazione, ed ognuno dei quali è in Malkuth – nel suo eterno Malkuth – Immagine del Malkuth Fondamentale, Sintesi ineffabile e divina.

Il “piano” è questo. Ma chi non lo comprende cerca altrove, cerca con la sua mente analitica e razionale, perde la vera sintesi in infinità di pseudo/sintesi, falsificanti perché prive del vero aspetto d’ogni Realtà: l’intuizione del Vero, che nel Vero nasce e s’incentra.

Malkuth è Amore. Il Glifo può essere inteso in molti modi: quello indicativo di un frantumarsi

della conformazione originaria della Manifestazione, che è polare in sintesi d’Amore; quello che indica la prevaricazione delle Sephirah su Malkuth, a seguito della Caduta

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e della conseguente perdita del Centro Atmico, non più vivente in Tiphereth; quello che enuncia vie d’ascesi ed i problemi derivanti, ed insieme le strade operative magiche e teurgiche d’interferenza con il Mondo formale.

Ma il Glifo può essere compreso anche sotto il profilo strettamente enunciativo della struttura della personalità, che è unitaria ma che ha differenti sfere di realtà spirituale, psicologica ed intellettuale, d’analisi e di giudizio prima di condensarsi in una forma fisica, che è rappresentativa simbolicamente di tutto il suo contenuto.

Sotto questa prospettiva il Glifo è unità e differenziazione, e modalità dinamica di svelamento delle infinite virtualità insite nell’Atto generativo, di volta in volta attivate dall’influenza eternamente vitale rappresentata dal suo Aspetto trascendente, la Triade creatrice.

Il Glifo è Simbolo, e quindi la sua struttura rappresentativa va intuita, e non codificata in schemi rigidi d’interpretazione.

Come simbolo dice che tutte le componenti delle sue Sfere di realtà interiore sono attivate dai vettori che emergono dall’Informale” divino, e cioè da Kether, Chochmah e Binah. Dice anche che questi momenti di svelamento scendono lungo i “sentieri” interiori fino a sintetizzarsi in Malkuth: dove emergono come autocoscienza unitaria, e da cui s’irradiano nell’ambito della personalità totale quali esplicazioni specifiche della sintesi conseguita.

Ma il Glifo enuncia anche gli errori fattibili in questo processo, dove l’esatta irradiazione trascendente può giungere ad una possibile e non esatta sinteticità seguendo vie arbitrarie, prive del Centro Atmico equilibrante: unico criterio di Realtà nell’autocoscienza.

In tal caso Malkuth perde la capacità d’energizzare adeguatamente Tiphereth, e la Polarità di base è fraintesa. Ma perché ciò accade?

Questo è il dramma del quale ci dobbiamo occupare. Tiphereth non è – ora – al Centro Atmico del Glifo, è dispersa in tutte le Sephirah e non si riconosce nel Cuore ma piuttosto nell’intelletto discriminante: il quale – privo di centralità e di sintesi intuitiva – discrimina se stesso in infinite serie di riflessioni arbitrarie e devianti.

In tal caso la Polarità è spezzata, e la Femminilità si rende aggressiva per mancanza d’ideazione adeguata.

Malkuth è però vettore di sintesi solo in presenza della sua Sposa, Tiphereth, perché altrimenti si perde in se medesimo, nell’astrattezza priva di riferimento alla realtà concreta dell’Emanazione.

L’Emanazione, infatti, nel suo aspetto dinamico e formale è Femminilità, e la Femminilità deve essere riconquistata all’amore e quindi ricondotta alla sua esatta qualificazione polare.

Altrimenti appare l’irrealtà, la maya involuta, la perdita dell’Atma ed il conflitto perenne fra Momento ideante di tramite sintetico e Momento ideante esplicativo dei relativi contenuti: ed è il “male”, la “caduta” dal giardino di Eden.

E’ la perdita del Divino Maestro, e la Sua crocifissione nelle pseudo/verità che ne derivano.

5-10-2001

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IL PUNTO D’INTERSEZIONE

Il punto d’intersezione deve rendersi agibile quando l’esoterista è pronto, o le condizioni dei campi sottili peggioreranno.

Se l’esoterista non trova corrispondenza con l’ente sefirotico di contatto, l’Istruttore deve provvedere con tempestività a rendere attivo un aspetto del mondo eterico, a costo di richiamare un altro campo, che sia più adeguato perché più reale. Quest’ultimo potrà anche essere presente temporaneamente, ma in ogni modo dovrà agevolare l’allievo nel transito iniziatico, e renderlo al suo vero stato di normalità, quello che lo renderà poi capace di essere un protagonista dell’evento.

Puntualizziamo, perché qui il rischio in emergenza è duplice. Se l’istruttore inviato dal Campo Causale è un ente virile (il ché è poi la norma, per molte buone ragioni, la prima delle quali è costituito dal recupero dell’Idea nel suo aspetto sintetico), il problema si prospetta nel modo seguente: il suo rapporto con l’allievo non è polare in senso specifico (lo è però a livello di Spirito) e la configurazione che assume è quella appunto di un maestro che dovrebbe sostenere, istruire ed aiutare la persona affidatagli. Le valenze più specificatamente polari sono quindi sospese (le entità di campo devono configurarsi a loro volta come discenti) e l’incremento di spiritualità dovrebbe essere marcato: tutte le personalità coinvolte nel processo sono quindi messe in condizione di raggiungere un grado di reciproca sintonia in tempi presumibilmente ragionevoli, anche se la cosa implica naturalmente il superamento di molte difficoltà.

Si manifesta la potenzialità che l’Istruttore (inviato del Pleroma ma sotto l’egida del Centro Atmico) sia capace d’infondere ai suoi discepoli (uomini e donne che siano) l’intelligenza di un vettore direzionato al Reale, quale si rende accessibile nell'“ora e qui”. Tuttavia quest’esito dipende strettamente dalla validità del mondo interiore di chi agisce come “maestro” e dalla disponibilità degli allievi.

Un “inviato” – in questo senso preciso – è libero d’agire. Se egli “sceglie” esattamente, condurrà in Tiphereth le persone affidategli e lì esse ritroveranno la loro normalità. Il vero Maestro – il Cristo, ossia la Misericordia di Kether – può stabilire che il Suo rappresentante sia un precettore e che sotto questa specie allevi i pesi del tragitto da perfezionarsi. In questo caso gli allievi o si rendono capaci di accettare l’attesa in modo proficuo (anche se non immediatamente innovativo) o dovranno cercare di rendersi a tal punto adeguati al loro stato da consentire rapidi progressi.

L’alternativa è, infatti, un incremento delle negatività emerse e latenti, e cioè un principio d’involuzione pericoloso e temibile, perché accade in presenza del Padre.

Nei due casi sostanzialmente positivi che abbiamo enunciato un certo lasso di tempo deve essere preventivato, ma il più ristretto che le condizioni globali consentono, perché ogni ritardo compromette la situazione di tutte o di alcune entità di campo, le quali hanno urgente bisogno di un vero sostegno.

Se queste condizioni basali vengono meno, o sono più o meno artatamente

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disattese, il distacco con l’ente di Malkuth si accentuerà, con un peso ulteriore per tutti coloro che si trovino – a vari titoli – coinvolti nel progetto.

Se il precettore “sceglie” d’agire in differente ottica, può anche condurre i suoi affidati (sia appartengano ai piani di Malkuth o a quelli di Yesod) in uno stato che li compensi almeno formalmente, in attesa che qualcosa si determini a livello interiore, ma con grave rischio proprio e dei piani sefirotici.

In questa imperfetta ipotesi l’Istruttore non agisce in vera coerenza con il Principio, e se n’assume la responsabilità: il danno emergente può essere molto serio, e ne sarebbe lui stesso direttamente responsabile.

Tuttavia dobbiamo considerare una ben più deleteria eventualità: quella che l’inviato del Pleroma obbedisca non alla logica dell’Amore ma a quella del potere, e sia quindi il messo di una archetipicità in fase d’involuzione più o meno palesata, che in questo caso emergerebbe con virulenza.

Il Maestro Atmico considera l’Interità come unità reale, e come specificazione: quindi deve far emergere in tutti il fattore ostativo che chiamiamo “caduta”, per poterlo affrontare e dissolvere o nel presente o in un tempo futuro. Infatti, finché esso giace nell’equivoco di razionalizzazioni, di menzogne e di dissimulazioni proterve il Maestro Atmico non può interferire direttamente (Egli è il Custode della libertà delle scelte!) e deve sostenere i figli in attesa che maturino condizioni effettive di rinascita. Così il Cristo s’addossa la Sua croce, e consente che un falso maestro tessa le proprie trame, e nel frattempo fa sì che i veri allievi maturino i propri stati reali proprio nell’esperienza di un conflitto da Lui retto interiormente e fattualmente, nel pieno rispetto delle scelte personali d’ognuno. Quest’ipotesi è di giustizia e rigore, e gli esiti non possono essere differenti da una profonda scissione nei campi sefirotici, con conseguenze pesantissime per quanti si trovano nella parte involutiva della Manifestazione.

Che ne è, allora, di quanti tradiscono il Padre o consentono comunque quest’abominio? La risposta è semplice: semplice e non facile.

Essi incontrano la propria irrealtà, e ne fanno amarissima esperienza. Gravissimo è poi il caso di chi s’arroga il titolo ed il compito dell’insegnamento “in nome del Padre” e poi lo svolge secondo intenti particolaristici e soggettivi: rischia l’alienazione dal piano reale della Manifestazione e l’emersione del proprio karma, accumulatosi per tempi imponderabili a causa di un processo involutivo soltanto adesso palesatosi per tutti. Qui le giustificazioni e le razionalizzazioni non servono, perché costituiscono esse stesse la testimonianza della perdita del Centro Atmico. Perdita passata ed attuale, non scusabile di fronte al Padre che ha dato e dà costantemente tutte le occasioni di un ripensamento.

Questo fatto è fondamentale: la Misericordia di Dio offre sempre le occasioni di una resipiscenza, di un confronto e di una vera scelta. Come insegna Gesù, il Padre perdona “settanta volte sette” l’errore dei figli, indicando così una continuità di sostegno anche nella colpa, immenso ma non infinito. Il limite è, infatti, costituito dalla perdita di libertà reale che emerge sempre nella persistenza involutiva, fino a negare la stessa potenzialità della scelta. A questo limite l’Amore non può assumere

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altra forma che quella del Rigore, in cui l’ente fa esperienza diretta della propria irrealtà. In effetti, egli stesso s’infligge la pena che ne deriva, e che il Padre comunque sopporta in vista di un futuro migliore. L’annientamento definitivo non è mai preventivato nell’Atto emanativo, ed anche l’Informale della “caduta” vi compare come eventualità “transitoria” di un altrimenti insanabile abuso di libertà. Tuttavia occorre sottolineare che il Tempo, in questo stato di riduzione alla virtualità è ben differente da quello che noi conosciamo, e quindi la sua percezione è quella d’eternità. Poi, le persone ne emergono in varia misura differenti, e possono quindi avviarsi a un conforme tragitto esistenziale e a nuove – non facili – opportunità di scelta.

L’ipotesi che consideriamo è attuale: i campi comuni di contatto generalmente s’incupiscono quando incontrano la Volontà d’Amore, e rendono palesi le loro vere situazioni. I falsi “istruttori” allora sono costretti a confrontarsi con il Vero Maestro, e a subirne l’impatto: quello che era semplice e facile sotto innumeri profili all’inizio del processo si rende allora arduo, difficile o impossibile. Lo spettro del “Ni”, il modo dell’Informale (che è poi la precipitazione della persona nel proprio egotismo) compare, e chiede ragione. Guai a coloro che non sanno neppure allora trovare una risposta capace di consentire la Giustizia del Padre al posto del Suo Rigore.

Possono emergere condizioni di rapporto meno dissipate: ciò accade se “alcune” personalità coinvolte nel processo riescono – nonostante lo stato comune del loro piano – a darsi qualche risposta accettabile dal Centro Causale, che allora può sostenerle. In quest’ipotesi esse assumono una parte estrema nel Sentiero, perché rappresentano la volontà di rinascita della Manifestazione più coinvolta nella “caduta”, e quindi – se si mantengono nel loro stato, nonostante tutto – consentono al Maestro Atmico di sostenerne ulteriormente anche altre, di per sé incapaci di liberarsi dai loro contenuti negativi.

Lo stato di queste femminilità che cercano la loro verità è pesantissimo, perché su di loro s’accentra l’odio e la frustrazione di tutte le altre, coinvolte nella hybris del potere su Malkuth e, in fondo, sulla Misericordia di Dio: così come testimonia la crocifissione di Gesù nella nostra era. Quindi occorre sostenerle nella loro faticosissima impresa, nei modi e nelle forme che il Testimone Atmico indicherà.

Ovviamente, il massimo problema di queste donne di Yesod è rappresentato dall’intelligenza dell’Eros, ed è problema immenso per due fattori che abbiamo comunque più volte sottolineati.

Il primo è rappresentato dall’intima specificazione della personalità femminile nell’aderenza alla vita formale e sostanziale in tutte le sue valenze, fra le quali l’Eros è la più potente e quindi la più desiderata. Se l’intelligenza del rapporto polare è però insufficiente, esso è compreso come possesso in tutte le sue deviazioni, e quindi il compito del Maestro è quello di ricondurre le femminilità al loro vero stato esistenziale, secondo l’Idea di Manifestazione. Compito immane, perché la “caduta” colpisce primieramente l’intelligenza dell’Amore, che trova nella Polarità la sua più completa ed esaustiva espressione.

Un altro problema è costituito dalla comprensione della propria effettiva

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condizione di realtà. E’ una conseguenza diretta del primo fattore che esaminiamo, ma è di per sé enormemente ostativa: ammettere una situazione di decadenza interiore e formale significa uscire da tutti i contenuti atavicamente irrigiditisi nelle menti individuali, con schemi di comportamento prevalentemente fondati sul campo inconscio e con collegamenti sottili (induzioni di potere e possesso) attivissimi. Quindi occorre un sostegno esterno costituito dall’allievo in fase d’emancipazione (il quale sia ben centrato sul Sentiero Mediano) e – per tutti – l’onnipervadente Misericordia di Dio: ma ben intesa, cercata e voluta, non a semplice stato di concettualizzazione o d’ipotesi intellettuale!

L’intelligenza d’Eros (e non importa, adesso, il livello in cui può essere esplicato) è basilare: l’Eros, infatti, è il vero motore della dinamicità esistenziale, e costituisce la basa unitiva nell’immensa puntualizzazione delle personalità viventi.

L’intelligenza d’Eros consente l’apertura di molteplici porte, altrimenti inagibili. Ovviamente, quelle che si potranno varcare (il Custode delle Soglie è lo Specchio di Kether o - in altri termini - la Madre, Binah) sono coerenti con lo stato effettivo, sostanziale delle persone: quindi occorre somma prudenza e progressività, senza alcun attaccamento particolare e nella certezza che il futuro appartiene a Dio e non a noi; anche se, per Sua volontà, lo possiamo fabbricare con le nostre scelte e con la persistenza in una direzione emancipativa.

I campi – disuniti da un’arcaica empietà che tutt’oggi perdura – devono ricongiungersi. E’ impresa ardua, perché vuole vincere la “caduta” ed il “passato” in cui si condensa, in tutte le sue innumeri ramificazioni formali e mentali. Occorre dunque il giusto tempo e la retta intenzione, da mantenersi con inflessibile coerenza.

Il resto appartiene a Dio ed alla nostra Fede.

1-12-2001

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RAPPORTIfra Yesod e Malkuth

Dobbiamo sempre considerare che la Caduta ed il dolore esistono nei piani sottili prima di rendersi “fatti” nel nostro ordine d’esistenza.

Questa puntualizzazione indica l’assoluta necessità dell’analisi e della comprensione del Glifo Sephirotico, indispensabili proprio sul piano pratico. Se – com’è opportuno – abbiamo ben presente la struttura del Glifo, sappiamo che Yesod è il “punto di confluenza” delle sovrastanti Sephirah, e che sovrasta Malkuth.

Cosa è dunque Yesod? Ecco il tema della presente disamina.Yesod è il doppio astrale di Malkuth, ma Malkuth è il doppio astrale di Yesod.

Quest’assunto è vero se consideriamo il Glifo sotto il profilo di simbolo del Mondo Manifestato, ed è altresì vero se lo esaminiamo nella sua struttura di processo esistenziale, formale e psicologico: vero, ma in un’ottica diversa.

Poiché noi adesso ci puntualizziamo sul primo aspetto, osserviamo che le due Sfere sono identiche nella loro struttura formale, e molto diverse in quella coscienziale, a causa di un differente – molto differente! – modo d’autorappresentarsi. Specifichiamo in particolare che la massima distinzione fra i due campi si evidenzia soprattutto nel rapporto che essi riescono ad intrattenere con il Centro, tradizionalmente simboleggiato nelle Sephirah Tiphereth.

Malkuth, nella sua struttura generale, come entità a sé considerata, ha caratterizzazioni maschili: anche se le persone che contiene sono ovviamente di entrambi i generi. Questa qualificazione dipende dal fatto che Malkuth si costituisce come “punto di sintesi” di tutte le strutture ideative e coscienziali del Glifo, e conseguentemente come tramite sintetico della Volontà che lo specifica. Malkuth è in tal maniera fortemente incentrato sullo spirito, ed anche quando degrada – e purtroppo questo è accaduto e accade con crescente violenza – resta comunque in cerca del proprio valore ed identità, e lo esprime in vari modi: con la ricerca metafisica ed interiore, con l’arte, con una diffusa volontà di mutui rapporti e di valori, reperibili anche nell’unione che i due Poli (uomo e donna) cercano fra mille difficoltà di realizzare e mantenere.

Yesod no. Yesod è legata all’ego, è solo ego. Conseguentemente sul piano etico Yesod si sente “superiore” a Malkuth perché ritiene d’essere completamente, di rappresentare il “valore” tanto a sé che a tutta la Manifestazione; ricordiamo che Yesod possiede una qualificazione generale eminentemente “femminile”, e la sua massima capacità sarebbe quella di formalizzare l’Idea: Yesod, sintesi della Femminilità delle Sfere Sephirotiche, ha natura analitica e discriminante. E manca dell’Idea Reale, perché non sa essere polare con l’Uomo. Conseguentemente Yesod è durissima, prevaricatrice e possessiva nei confronti di Malkuth, ed esprime tutto questo nel potere induttivo che esercita per dominare ed asservire la zona di più

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immediato contatto: Yesod guarda naturalmente a Malkuth, lo odia e lo desidera contemporaneamente, e cela tutto questo nel disprezzo e dell’implacabilità del suo comportamento. Così Malkuth è la zona di massima interferenza per Yesod, almeno in quest’aspetto del Malkuth Globale, il qual è ben oltre il nostro campo dimensionale nella sua positività, e sa innalzarsi sovente fino ai confini del Mondo Causale, il Pleroma di Dio.

Il Pleroma di Dio è il campo degli Archetipi che determinano, sul piano divino, le strutture basali della Manifestazione di Kether, che saranno poi affidate alla Creatura per la loro evidenziazione. Questi Archetipi sono i veri Dei Costruttori, Persone in senso assoluto: partecipano quindi direttamente della Realtà di Dio e dell’Idea di Creatura, che il Padre puntualizza in loro e con loro. E sono anche gli interlocutori diretti nell’ascolto interiore, che è atto dello spirito e dell’amore.

L’Egitto, quello “vero”, comprese tutto questo e creò un Pantheon di Forme simboliche archetipiche, le quali erano comprese come modalità di Rha e non come Potenze indipendenti da Lui, autosufficienti e più o meno relazionate, più o meno conflittuali l’una con l’altra. Così la cultura greca delle origini, che si perdono in miti arcaici allegoricamente espressi, e che alludono probabilmente ad Iperborea e ad Atlantide in un contesto temporale ciclico, estremamente esteso.

L’Albero Sephirotico esprime rigorosamente e logicamente queste realtà fondamentali: in quest’ottica le Sfere sono gli elementi motori dell’Evento manifestante, e sono pertanto modalità operative di Dio, come Creatore e come Epifania di Sé. Modalità che, secondo L’Ideazione espressa dal Padre, devono svelare la Sua volontà con la pienezza della loro esistenza, in vera libertà di scelta vettoriale e in grand’autonomia esplicativa. Non certo quindi con l’ottusa passività esecutiva, come tanta parte della concettualizzazione demiurgica vorrebbe imporre. Ma il Demiurgo, che è Femmina, si crede “dio”, ed ignora il Dio vero sopra di lui.

In questo contesto gli Arcangeli delle Sfere hanno un rapporto unitario con Kether, ed un rapporto personalizzato con il Mondo dei Nomi e delle Forme, e cioè con l’Universo creato. Sono pertanto “persone”, ma in senso assoluto e completamente realizzato; anche se, nei confronti della creatura a loro affidata, assumono (per totale rispetto della sua libertà) il “limite” in cui quest’ultima esiste.

Tra questi Archetipi il più alto, perché è la Sintesi di tutti, è quello che noi oggi chiamiamo Cristo, che fu inteso e variamente compreso con altri nomi, come Krisna ed Osiride per esempio.

Il Cristo è l’Idea di Creatività in Kether, perfetta nel suo Essere ed in fase di perpetuo svelamento nel suo Esistere nella Creatura e con la Creatura.

Questi sono concetti difficili, estremi perché tentano di rappresentarci – nell’Ente Supremo – la coincidenza dell’Essere e dell’Esistere, ed insieme il suo superamento nell’Atto d’amore che crea l’Interità. Due fattori che possono essere veramente “sfiorati” solo nel contatto diretto con il Padre, nel momento atemporale del “Tempo Divino” che noi chiamiamo Samhadi.

I Principi Emananti, possenti oltre ogni nostra comprensione, hanno un limite sostanziale alla loro azione concreta, che è rappresentato dal rispetto per la libertà da

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loro stessi conferita (“nel Padre e con il Padre”) alle creature: con particolare riferimento a quelle fra loro che sono dotate d’autocoscienza, e che si pongono quindi come naturali guide e custodi delle altre secondo l’intenzione divina.

Libertà di scelta e d’azione donata completamente alla Creatura, nel sostegno di Dio, e in proposito ci occorre aggiungere qualcosa.

Cristo è il Figlio Unigenito di Kether, ed il Mondo manifestato è il Figlio Unigenito di Cristo. Cristo però è nel Fuoco principiale, è “Creatore” in Kether ed è “l’Amore e la Misericordia” di Kether rivolti alla Sua manifestazione in un Universo vivente, del quale – nel tempo/spazio – si rende sostegno e guida.

In questa prospettiva constatiamo che la Manifestazione – nei suoi innumerevoli Universi e nelle sue personalizzazioni – è Immagine del Padre, e di Lui assume le infinite potenze: ma nel Limite e come Limite in spiegamento.

Limite che la rende completamente bisognosa dell’amore di Dio, in Cristo. Quello che troppe volte non è stato compreso o frainteso è tutto qui. e qui è il dramma di Yesod, che sostanzialmente nega se stesso nel suo titanico affermarsi “contro” Dio.

La Caduta è questo forsennato atto d’orgoglio, vera “ignoranza metafisica” che ha frantumato la Manifestazione in vari strati, l’uno con l’altro conflittuali.

Sotto il profilo attuale, il potere di Yesod prevarica su Malkuth tentando di sfruttarlo fino all’estinzione: perché Malkuth possiede maggiore energia vitale di Yesod, e quindi appare come una desiderabile preda per chi si senta nel diritto d’impossessarsi di tutto. Ma c’è Cristo.

Cristo è Amore. Il simbolo del Crocefisso va meditato, perché ci svela di Dio ben più di quanto sembri essere comunemente compreso. Il Crocefisso è un “mandala”, un simbolo vivente che ci ammonisce sul nostro stato e sul tremendo dolore che implica.

Questo problema dovrà essere costantemente esaminato. Basti per ora aggiungere che non vi è speranza per Malkuth lontano da Cristo; e non vi è atto più difficile ed ostacolato, e più nobile, che il tentativo di ricomporre – in Cristo e con Cristo – quell’unità che il nostro stesso orgoglio divise. Unità in cui Malkuth e Yesod, sintesi in questa visione di tutte le Sfere del Glifo, s’incontrino ancora come al principio del nostro tempo.

Quest’esito talvolta accade, ma fuori dell’esperienza comune, in “forme” sostanziali che implicano la conoscenza e l’esperienza esoterica.

Yesod è abitato, come noi, da enti maschili e femminili, e naturalmente è con la femminilità che un ricercatore, se è uomo, soprattutto si confronta. Quest’evento è ben più complesso e potenzialmente elevato nel valore di quello che possa superficialmente apparire, perché l’Uomo è il tramite ideativo a livello di sintesi dell’Idea Generatrice, quale Essa appare nei differenti periodi di un tempo infinito, e la Donna è tramite ideativo analitico.

In altre parole, le Donne di Yesod possiedono enormi (soprattutto in potenza!) capacità esplicative ed informanti; ma non hanno l’esatta direzione coscienziale capace di condurre ad un’equilibrata azione, che le riveli a se medesime e a tutto il

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campo d’appartenenza. Gli uomini di Yesod sono poi oscurati, aspri e violenti: il loro potere vuol essere, e spesso è, tirannico e dittatoriale, che li rende feroci se incontrano un’opposizione. Il loro desiderio di possesso sembra non incontrare limiti, nel loro ridottissimo intelletto capace di razionalità ma non d’amore. Impersonerebbero soltanto un velleitario intento di prevaricazione se non trovassero nelle loro vittime (prime fra tutte le donne della Sfera) un certo tipo di condiscendenza, un analogo egotismo.

In tal modo gli enti maschili di Yesod si credono Demiurghi, e lottano con ogni mezzo per dominare la Donna e l’Emanazione. Chi contatti Yesod deve conseguentemente sottrarsi all’ingerenza degli enti “maschili”, per cercare di liberare, decondizionandole, le entità femminili che ne sono inconsapevolmente ma profondamente succubi. Infatti, l’infiltrazione mentale indotta penetra nell’inconscio, è inavvertita: qui e là può essere percepita e vinta solo in Cristo. Non esiste altra forza, altra forma spirituale o (peggio) mentale che possa essere opposta a chi si renda “demone”, daimon magari in senso platonico ma comunque duro e brutale. L’ego si supera solo con l’Amore.

Se, per esempio, una persona intrattiene qualche abitudine lesiva a sé, e condizionante, essa è normalmente nel potere induttivo di Yesod che la vuole succube e quindi manovrabile, e non importa con quale mezzo od effetto.

A Yesod non importa che uno si renda vittima o carnefice, ma importa che obbedisca e, preferibilmente, senza saperlo. Se una persona cede a un atto di potere, qualunque esso sia, si rende schiava e complice. Cessare da un’abitudine lesiva, da un vizio, può procurare dolore o disturbi fisici che appaiono molto indesiderabili: ed allora l’abitudine e il vizio vengono razionalizzati, e il vettore ideativo che li provoca con il conseguente danno è ignorato. Ne risulta una concettualizzazione, una struttura mentale statica e falsificata, che interdice ben più di quello che si può temere la libertà e la vita, e che è la base per altre strutture consimili, in ogni aspetto mentale dell’interiorità.

L’organo mentale conserva le strutture che gli sono date, e sovente si fossilizza nelle più oscure, apparentemente innocue o facili. Così veniamo traditi, e Yesod può credersi superiore, ed accusarci della stessa incapacità che c’ispira. La Caduta è un brutto coacervo di prevaricazioni, di falsificazioni e di dolore; è tradimento feroce, non un mito di cui si possa ridere con intellettualistica “superiorità”.

Yesod non è però soltanto orrore. E’ anche ricerca di sé, del proprio valore. Conosce la sofferenza, e ne ignora troppo le cause. Ma soffre, e così talvolta si pone domande.

Diremmo che Yesod mostra le stesse condizioni – interiori e fisiche – di Malkuth, ma a un grado di maggiore decadenza: è allora temibilissima, perché la sua sete di dominio e la contemporanea carenza energetica fanno sì che ci trasformi lentamente in quello che attualmente è, degradando nel frattempo a peggiore stato.

E’ la logica delle potenze imperialiste – imperialismo prevalentemente “economico”, oggi – che tanti danni procura al pianeta e ai più deboli, nell’illusione di un’impossibile permanenza delle condizioni attuali nel prossimo futuro.

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Possiamo rilevare, almeno nelle entità di Yesod più emancipate, che esse rispettano un’Idea di Realtà Suprema, che la cercano e la vorrebbero. Tuttavia esse negano questa Realtà nel suo Momento estremo, difficile da essere compreso, che è poi quello di massima dinamicità: la logica dell’Immagine creata, che conduce inevitabilmente alla Polarità. Esse negano la Polarità, l’Immagine di Kether in Adam sotto le specie di Cochmah e Binah, gli Archetipi divini dell’Uomo e della Donna in particolare.

L’Idea Polare è sacra. Se manca l’intuizione della sua sacralità manca anche la polarità concreta, che è tensione autorealizzatrice e ricerca della nostra verità.

La Polarità è la base e la forza motrice della Manifestazione, a qualunque livello si consideri, dall’atomo alla Galassia. Tutta la contro-iniziazione, la Caduta nel suo tremendo impatto con la Vita, converge sul fattore polare per disgregarlo e quindi annullarlo: essa vuole uccidere Dio nella sua epifania, per assorbirne la Volontà (Cochmah) e la Potenza (Binah) e rendersi in tal modo “dio”.

La contro-iniziazione è ego, smisurato e letale: può essere vinta solo con l’Amore, la Forza di Dio nella Manifestazione.

29-08-2002

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IL 32° SENTIERO - Ipotesi

La domanda principale che ci si pone di fronte all’ostinata insipienza dei campi sephirotici è: perché?

Perché essi si dimostrano così ostici all’amore, così incapaci di coerenza con quanto essi stessi talvolta affermano? Mentono davvero sempre, sono sempre ingannevoli e fraudolenti, o all'opposto è ammissibile tentare una differente interpretazione dei loro stati?

Certamente, di fronte ad un certo stato delle cose sembra non esistere che una via: quella di respingere tutte le zone interferenti nell’Idea di Dio, e liberarsene. Questo è a lungo voluto, tentato, ritentato ma nuovamente il problema si presenta, sia pure con incidenza progressivamente minore. Ad un certo punto, è lecito supporlo, non vi sarà alcuna residua possibilità di contatto, e le entità si troveranno automaticamente escluse da qualsiasi tipo di rapporto, o ingerenza o possibilità induttiva. E tuttavia questa soluzione non ci appare del tutto logica, coerente con i presupposti dell’azione e con la fatica compiuta, supportata e in fondo richiestaci dal Maestro.

Certamente nel frattempo si acquisisce una purificazione profonda dell’inconscio, e l’allievo entra in possesso di nozioni e di capacità altrimenti impensabili, ma resta il dubbio: è davvero egli il solo beneficiario di tutta questa linea esoterica, nei tempi brevi? E’ veramente impensabile ed inagibile un rapporto meno distruttivo e conflittuale con questi campi, o almeno con alcune (poche o pochissime) personalità di un ignoto passato?

La risposta è incerta, perché tutto si fonda su di un loro atto di scelta, sperabile e cercato ma di difficilissimo conseguimento; e senza quest’atto che risolva positivamente gli innumerevoli arbitri compiuti, antichi e recenti, nulla è possibile nel piano reale della Manifestazione.

Inoltre il Maestro non vuole dissipare questa nostra incertezza, che è un fattore costruttivo dell’interiorità perché conduce inevitabilmente alla Fede ed al Distacco dagli esiti dell’azione, incentrando progressivamente gli allievi nel Sé. Certo, Egli consente che essi si diano risposte, anche alquanto precise; ma non le avvalla in modo conclusivo.

Ed in fondo questo è un preciso insegnamento, che induce a considerare i problemi così come si definiscono nell’attualità, abbandonando qualsiasi desiderio di prevederne gli svolgimenti ed ancor più i risultati. La Fede s’impara passo dopo passo, e il recupero del Centro Atmico ne è insieme la causa e l’effetto.

Torniamo dunque al nostro quesito: cosa è, in effetti, questo cammino nei confronti di un ristabilimento della “normalità” del nostro campo, ora frantumato e distrutto?

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Il perdono del Padre è in sé eterno, ma incontra un limite nella capacità di scelta dei suoi figli. Se questa potenzialità scompare, Egli non ha più nulla da perdonare nel senso di sottrarli alle conseguenze degli arbitri da loro perpetrati, e può soltanto sostenerli (ed anche questo è vero perdono) rendendoli all’esperienza dei loro stati in modo costruttivo e progressivo, ed in vista di un più o meno remoto riscatto.

Precisiamo una cosa: le entità mentono all’uomo con insistita protervia, ma non sempre. Talvolta sembrano stranamente sincere, e forse dicono quello che è il loro nascosto pensiero, desiderio o semplicemente la più riposta, segreta e defraudata speranza.

Ammettere questo tuttavia è anche riuscire a considerarle capaci di altro, e cioè di un mondo interiore meno negativo e pervertito di quello che per lo più dimostrano. E se esistesse un seme che può condurre ad un germoglio, occorrerebbe sostenerlo e non seccarlo in un pur legittimo rifiuto.

In termini espliciti, la logica anche esoterica consente e richiede il distacco definitivo, ma l’Amore no: è oltre questa logica, possiede ragioni che essa non conosce.

Il Maestro, quello veramente tale, è Amore ed insegna l’amore. E’ il compito più arduo e ostacolato che si possa immaginare, quando quest’insegnamento si direziona a personalità che non hanno mai saputo né voluto uscire da un atto di hibrys primordiale, perpetrato a diversi livelli di responsabilità (questo sì) ma in ogni caso compiuto, razionalizzato, affermato e in larga misura rimosso nell’inconscio più profondo. Ne consegue che la consapevolezza delle entità di campo è effettivamente e principialmente inadeguata all’apprendimento dell’amore, e che le strutture mentali in loro possesso sono ora completamente incapaci di assumerlo. Quindi il primo passo è la dissoluzione, la vanificazione di queste concettualizzazioni - estremamente statiche, fra l’altro - per potere lentamente condurre le persone che le sostengono e che in esse si riconoscono ad un recupero della loro spiritualità; e ciò nonostante la pressione induttiva e minacciosa dei gruppi cui, in effetti, appartengono.

Noi, qui, stiamo affermando che esiste una qualche possibilità di salvezza per le entità di campo, almeno in alcune di esse. Ma non sosteniamo per niente che quest’effetto conduca automaticamente all’evidenziazione di un ambito operativo comune, e in particolare “polare”. A rigor di logica (ed il lettore intenda) un simile esito è impensabile, e comunque richiede tempi e condizioni attualmente ignorati.

Poiché l’azione soterica deve necessariamente condursi costantemente nella “ora e qui”, e cioè nell’attualità vissuta, un quesito di previsione in tal senso non è molto utile né davvero lecito: in effetti, la risposta appartiene al Padre nella Sua volontà e nella Sua sapienza.

Tuttavia, noi conosciamo che permane “una” potenzialità, una via soterica che dipende dalla nostra scelta e dalla tenacia con cui l’affermiamo; quello che invece ignoriamo sono i limiti di questo dato, e soprattutto nel presente. Ecco perché il Sentiero ad un certo punto diventa un tragitto di Fede e di Speranza veramente impersonali: quello che ci prefiggiamo è il poter rendere a Dio alcune sue creature, perdutesi anche per nostra colpa e che adesso soffrono crudelmente i loro stati.

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Quest’atteggiamento è essenziale anche per noi, e configura nel nostro processo soterico l’insegnamento del Cristo Gesù: “Cercate per prima cosa la Volontà del Padre mio; il resto vi sarà donato in soprappiù”.

Quale “resto”? Anche questo non ci appartiene che come speranza, in varie forme immaginata od intuita. E non è prudente configurarci adesso quello che è “non parvente” per non danneggiarci involontariamente o – peggio – danneggiare qualcun altro. Ribadiamo comunque che questa particolare speranza si fonda sulla Fede, e conseguentemente è qui condotta al suo aspetto più sintetico e potenziale: il quale si fonda proprio per questo sulla Volontà salvifica del Padre, in Cristo.

In altre parole, la “speranza” che noi possiamo e dobbiamo darci, che va conservata nonostante tutto, è una: che il processo conduca a Dio coloro che da Lui si sono staccati, a prescindere dai nostri stati e perfino dai nostri sentimenti. E’ una speranza valida tanto nei confronti delle entità di campo quanto in quelli delle persone del nostro ambito usuale, che ovviamente si collocano a molti differenti livelli di partecipazione al cammino esoterico, e che spesso non sembrano avere capacità sufficienti per un qualche superamento del loro stato odierno.

Il nostro problema poi si articola nell’ideazione di comportamenti efficaci per il fine che ci proponiamo, i quali dipendono da parte nostra dalla coerenza con il Principio (Dio è Amore!) e, per quanto riguarda le personalità di contatto (comune o eterico), dalle loro decisioni più o meno nell’ordine del Maestro atmico.

Tutta questa complessa direzione interiore esige duttilità nel contingente ed inflessibilità sostanziale nell’affermazione del Valore; esige quindi il costante sostegno cristico, e un attento, preciso ascolto interiore.

Il presupposto della percorrenza positiva del trentaduesimo Sentiero si rintraccia nell’attivazione del Centro Cardiaco, il “Punto” che ci consente l’intelligenza dell’amore. Tentare il tragitto – apparentemente “breve” – che separa la Sfera di Malkuth da quella di Yesod con la sola attivazione di Hod e (sovente!) Netzach significa cadere in facili quanto tragici equivoci: Hod conduce il rigore astratto di una Geburah ostile e spietata, e Netzach la degenerazione di Chesed, che con lei si risolve in lassivia, debolezza e ottusa sensualità.

L’interferenza di queste due Sfere (Hod e Netzach) condensatesi in Yesod è temibilissima, e spesso feroce: il trentaduesimo Sentiero si riduce ad un tragitto senza termine, deludente e frustrante se non proprio degenerativo, come spesso accade. E’ un Sentiero difficile in ogni caso, anche se affrontato con mezzi e metodi adeguati, perché deve “costruire quasi ex novo” un ente polare in un ambito che ignora o combatte l’Ideazione di Polarità, e conseguentemente implica prove, sacrifici e costanza.

Ma è l’unico tragitto che può riscattare molti, altrimenti troppo condizionati od oppressi per tentare di esserlo con i soli propri mezzi.

11-09-2003

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LE BASI DELL’AZIONE

A)

La struttura del piano sephirotico deve essere attentamente compresa, perché la sua ideazione costituisce la base dei rapporti che intercorrono fra le varie Sephirah, ed in particolare sottintende quello fra gli enti di tramite sintetico virile e le entità di tramite analitico femminile.

Posto che la configurazione fondamentale del Glifo è planetaria - ed inoltre tanto individuale che cosmica, in differenti prospettive -, con un centro maschile positivo (segno: +) e numerose formulazioni esplicative di quest’ultimo, negative (segno: -) ossia analitiche, femminili, occorre comprendere che la ragione del conflitto sussistente nell’autorappresentazione della Sfera (il quale si manifesta tanto fra le singole Sephirah che fra le entità femminili opposte a quelle maschili, ed inoltre fra la globalità di questo Glifo e l’Ideazione di Kether) dipende dalle insufficienze personali nei confronti proprio dell’Idea di Creatività che ne è il fattore portante, la base stessa della nostra autorappresentazione.

Il fenomeno tocca gli ambiti mentali dei singoli individui, e si puntualizza nell’incapacità di percepire la Realtà nel suo aspetto sintetico e pre-formale, e conseguentemente di rappresentarsela nel momento analitico susseguente; il quale è, al limite, lo Spirito che si riflette in se medesimo e si comprende mediante i contenuti della propria esperienza vitale, condensati in simboli e nei rapporti intercorrenti fra gli stessi, identificati complessivamente come “Mente/Intelletto” e centro di riferimento della discriminazione conoscitiva, “Io”.

Lo “Io” è pertanto lo strumento della conoscenza, l’elemento unificatore delle immagini e delle volizioni mentali, e in tal modo costituisce anche un vettore direzionato al campo esterno oltre a quello interiore, dove le modificazioni del tessuto mentale e le deliberazioni dell’intelletto trovano pratica e concreta attuazione nell’esistenza.

Tutto ciò implica due momenti: uno, che la percezione della realtà deve essere primieramente intuita nel Reale stesso, e quindi deve essere nel contempo “impersonale” e per quanto possibile “precisa”. Lo strumento dell’intuizionismo è lo Spirito, che è costituito dall’affinità essenziale della creatura con l’Emanante, mediante la quale il dato manifestato è percepito (sia pure con inevitabile ed immensa approssimazione) in questo rapporto con il Dio Creatore, e pertanto è compreso come un fattore unitario/sintetico dagli indeterminati ed infiniti contenuti, che solo in minima parte affiorano alla nostra ordinaria coscienza.

Giova qui ricordare che Kether o Brahma, il Manifestante, è UNO in ogni contenuto del Suo Cit (Coscienza/Intelletto cosmico) e che di conseguenza ogni polarizzazione del Cit riflette quest’Unità secondo la Volontà che la puntualizza.

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I limiti delle creature consentono la percezione di questa Realtà in termini immensamente ridotti, ma in ogni modo effettivi, e ciò dipende dal grado di empatia sussistente fra la persona e il suo Creatore.

Se ricordiamo che l’essenza del Padre è l’Amore - Amore di Tutto (ossia aspetto sintetico totale) e di ogni puntualizzazione di questo Tutto (momento analitico, coesistente con il primo in assoluta attualità) - ne deduciamo necessariamente che la capacità intuitiva personale è essenzialmente intelligenza d’Amore, la quale si relaziona con l’Amore fondamentale e ivi individua, per Amore, il dato necessario alla sua dinamicità.

Ne consegue che il primo vero fattore esistenziale consiste nella capacità d’intuire il Momento Informale quale si specifica in forma/nome nel nostro processo conoscitivo e autorappresentativo.

Poiché tutto questo accade nel “centro” della nostra struttura individuale, che è poi il punto d’irradiazione della medesima, occorre sapere bene che in quel “punto” la continuità della Coscienza Divina s’affida alla Sua Volontà emanante ed al frutto di quest’ultima, che è appunto la creatura.

Tuttavia la creatura, in quanto è sostanzialmente una distinzione che avviene nella continuità del Cit Supremo per Sua stessa delibera, è limite e come tale non può identificarsi incondizionatamente con la propria Sorgente. Di qui deriva la necessità di scegliere la volontà del Padre come fonte e sostegno della nostra relatività, in ogni istante ed in ogni aspetto di questo processo manifestante.

Con questa “scelta”, infatti, si compensa il rischio inerente al nostro limite esistenziale e, conseguentemente, amando l’Amore ci si realizza come Amore e Verità: relativa nella coscienza, ma in progressiva espansione ed espressione.

Infatti, l’Amore del Padre sostiene l’amore dei figlio nel suo determinarsi come libertà di scelta ed autonomia operativa, sottraendolo al rischio di un travalicamento delle sue attuali condizioni d’esistenza.

Tutto questo sottolinea l’importanza di porci al Centro della personalità (Centro della guaina spirituale) in semplice ed affidato ascolto della Voce interiore: che è, come dicemmo, pre-formale e naturalmente sintetica; per direzionare poi l’ascolto e la conseguente discriminazione secondo le necessità del momento, il quale è stato genericamente compreso nella precedente fase del processo e con identiche modalità coscienziali.

Il Tempo, aggiungiamo, è un aspetto di questo procedimento, il quale conduce da un istante autorappresentativo ad un altro istante in perenne continuità, e secondo la Legge di Causa ed Effetto: conseguentemente il Tempo, se ben compreso, è una modalità dell’anima ed implica evoluzione ed espansione infinita, perché infinita è l’Idea Principiale. Ma anche – se fraintendiamo il processo – comporta il rischio dell’involuzione.

Il secondo fattore che vogliamo esaminare è strettamente coerente con il primo ed è, in effetti, una sua determinazione quale analisi del contenuto.

Puntualizziamo affermando qui che la Mente/Intelletto/Io deve rendersi pienamente coerente con lo Spirito da cui promana, e del quale è una specificazione e

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la necessaria emanazione.Se la Mente è esattamente centrata, essa agisce in stretta sintonia con la guaina

spirituale, e cioè con il procedimento intuitivo. La Mente, in altri termini, fornisce i dati necessari alla comprensione dei contenuti dell’intuizionismo, i simboli mediante i quali si può procedere all’analisi; l’Intelletto inoltre costituisce l’insieme delle strutture – in precedenza acquisite – utilizzabili per le conseguenti correlazioni.

Da questa fenomenologia individuiamo la soluzione per il nostro problema esistenziale: problema investigato con l’interazione di Spirito e Mente, sulla quale si esercita poi l’attività di scelta volontaria sempre nella costanza in questo procedimento conoscitivo, essenziale anche al susseguente momento, quello dell’azione conforme alle nostre deliberazioni.

Va da sé che il processo esige un contenuto mentale/intellettuale adeguato, nel quale i simboli dell’autocoscienza ed i relativi schemi di comparazione e raffronto siano coerenti con il Centro Informante, l’Atma.

Qui compare la nostra attuale problematica, che possiamo considerare sotto multiformi punti di vista, e dei quali estrapoleremo per il momento soltanto due aspetti basilari.

Se il Centro intuitivo è perduto o semplicemente carente, il processo autodeterminativo non ha più riferimento con il Reale – impersonale e comunque immanente – e la creatura è divisa in se stessa, essendo la sua mente scissa dallo Spirito.

Tutto questo implica che la mente non riesce ad esprimere che concettualizzazioni arbitrarie, simbologie inesatte e procedimenti di comparazione e d’analisi insufficienti (anche se da un certo momento in poi apparentemente razionali), ed è per di più costretta ad estrapolare gli elementi di giudizio da propri contenuti simili preesistenti, senza il fondamentale e necessario raffronto con la Realtà.

Raffronto che – ripetiamo – può essere compiuto soltanto alle soglie del Centro Atmico, nello spirito individuale che si associa, come può, allo Spirito di Dio.

Così comunemente accade, in queste nostre zone di “caduta”, che la mente rifletta se stessa, e l’insufficienza dei contenuti si evidenzia nella carenza delle deliberazioni, che costituiscono arbitri e non scelte ogni qualvolta appaiano in contrasto con la verità dell’Amore: perché l’Amore è la presenza di Dio nella nostra coscienza.

Questo è il primo gravissimo scadimento nell’irrealtà, nella maya del nostro stato, considerato qui ancora nel suo solo prospetto individuale.

B)La personalità s’evidenzia in un campo generale, del quale costituisce una

puntualizzazione restandone intimamente unita.La concretezza di quest’unione esprime la nostra capacità autorappresentativa, la

quale costituisce poi l’affinità in atto con particolari aspetti dell’area d’appartenenza, i quali vibrano – per così dire – sulla stessa frequenza d’onda.

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Ricordiamo, per inciso, che la mente è sempre costituita da due settori fondamentali, quello attuale e quello virtuale, e che la sua capacità autorappresentativa si colloca, per motivi relazionati al processo esistenziale, in larghissima misura “oltre” la comune coscienza di veglia.

A questo punto possiamo definire il secondo fattore della Vita, e cioè l’interazione fra i differenti aspetti della Manifestazione. Interazione che dovrebbe essere regolata, come nell’iter individuale, dal momento intuizionistico e che, in carenza di questo, accade a prevalente livello mentale/intellettuale: conscio ma per lo più inconscio.

Il simbolismo del Glifo c’illumina sull’immanenza di Sfere d’esistenza coordinate sulla nostra attuale, Malkuth, la quale dovrebbe costituire il mondo specificatamente indirizzato all’intuizione di Cristo, la Misericordia salvifica di Dio.

Ricordiamo ancora che il Malkuth della nostra odierna esistenza è quello duramente conflittuale in cui si rinnova la scelta vettoriale fra Essere ed Avere, e non certo quello luminoso della Realtà principiale:

Il Glifo può essere letto in molti, innumeri modi. A noi interessa ora quello che ci indica la gravitazione d’universi distinti, molto differenziati anche fra di loro, sul nostro. Universi scissi sul piano della percezione formale, ma appartenenti egualmente a una comune globalità e quindi in relazione autorappresentativa con la nostra area.

Relazione che è tuttavia profondamente imperfetta e antitetica, perché quello che in genere contraddistingue gli universi di questo contatto (in genere per noi completamente inconscio, e solo talvolta avvertito) e le personalità che li costituiscono è proprio la perdita della coscienza del Centro, e del conseguente momento intuitivo.

In tal modo il rapporto fra la Sfera di Malkuth e le restanti più prossime avviene a livello soprattutto mentale, con tutti i difetti e le conseguenze relative a questa grave incompiutezza.

Nel concreto noi incontriamo un assillante problema: renderci liberi da ingerenze di tipo essenzialmente induttivo, mentale/intellettuale, privo dell’intelligenza di qualsiasi tipo di vero amore e conseguentemente di realtà effettiva.

Questo è il problema del nostro periodo storico, e la sua soluzione non può essere, per quanto abbiamo fin qui indicato, esclusivamente individuale.

Le interferenze mentali accadono secondo una legge d’affinità, d’empatia che può essere conscia, ma che nella stragrande maggioranza dei casi è del tutto inconscia.

Ne consegue che le ingerenze di una o più individualità su di un’altra sono caratterizzate da questo fattore esclusivamente intellettualistico, e per ciò stesso distorcente, che è stato reso ampiamente possibile dalla generale incompiutezza di tutte le personalità coinvolte in questa fenomenologia.

Va da sé che le menti meno compromesse, meno involute hanno tutto da perdere in questa sorta di contatto (insistiamo: soprattutto inconscio!) con altre menti assai

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più di loro degradate; le quali proprio a causa del loro stato esistenziale sono fortemente carenti d’energia vitale, e cercano di sopperire a questa deficienza con l’intrusione in altre menti, più ricche di prana ed assai manovrabili perché esse pure carenti di una difesa a livello spirituale/intuitivo.

Queste sono le cause prossime dello scadimento generalizzato che possiamo costatare quasi dovunque, e che tuttavia resta incompreso e quindi razionalizzato e falsificato nelle sue vere cause.

Il problema ammette, come dovrebbe esserci ovvio, soluzioni positive, giacché è impossibile ipotizzare un Atto manifestante che fallisca il Suo fine. Dobbiamo tuttavia ribadire che, in questa prospettiva, la Volontà Creatrice si tradurrà in vita reale, ma che il tempo di questa attualizzazione è completamente ed irrevocabilmente affidato al Campo manifestato (Adam Kadmon), ed in particolare all’Ente che ne costituisce a vari livelli il più alto grado di coscienza: l’Uomo.

Precisiamo adesso il particolare rapporto che la zona di Malkuth (e naturalmente quanto diciamo resta valido per ogni singola individualità della stessa) intrattiene con altre, le quali esprimono specifiche tipologie di coscienza e che – anziché essere in empatia con lei – si sono poste in netta antitesi e in una conseguente prevaricazione: esse, infatti, generano e mantengono la scissione delle aree dimensionali, e affermano nei nostri confronti una costante volontà di dominio e di sfruttamento.

Possiamo affermare, sotto questo profilo, che l’iniziazione rappresenta il risveglio di un ente sephirotico alla sua originaria verità, e che questo fatto implica l’annullamento d’ogni situazione d’asservimento ad un controllo “esterno”, ed il contemporaneo ripristino della primordiale unità nella sfera d’appartenenza, ovviamente nei modi e nelle intenzioni che si rendano adesso possibili.

La mente, dicemmo, è l’organo dell’autorappresentazione esistenziale, ed è una puntualizzazione dello Spirito. La funzione primaria della mente è la conoscenza di sé e del campo d’esperienza, e le conseguenti direzioni operative, tramite i rapporti che vi si vengono naturalmente intessendo; mentre quella dello Spirito consiste nell’intuizione di realtà che è alla base di questa conoscenza.

Va da sé che in assenza del fattore spirituale vero e proprio, e della coerente capacità intuitiva, l’ente utilizza esclusivamente il proprio organo mentale ed intellettuale, ed anziché polarizzarsi sul basilare fattore “Amore” (che s’estrinseca sempre in scelte libere della Realtà e del Bene) si condensa e s’incentra nell’Ego, punto di riferimento d’ogni conoscenza e, in particolare, del mondo esterno, ma mai centro della personalità.

La mente è un tessuto energetico (formale, dunque) estremamente permeabile ad influssi esterni, e soprattutto quando si fissa su di un’attività arbitraria capace di impoverirla d’energia e di concretezza: in tal caso è fortemente soggetta a subire i condizionamenti che possono provenire da altre menti, simili a lei ma ad un grado più incisivo d’involuzione.

Possiamo immaginare la Mente/Intelletto (l’Intelletto è l’insieme dei fattori di rapporto, di relazione, e contiene gli schemi operativi interagenti fra i simboli che la mente si è data per comprendersi: fattori e simboli non arbitrari perché nascono

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dall’esperienza, ma più o meno inesatti o insufficienti in dipendenza della maggiore o minore carenza di realtà nella percezione del campo, che allora s’offusca nell’attualità della maya) come una zona d’irradiazione vibratoria variamente luminosa – od oscurata – che s’interseca e reagisce con altre aree consimili presenti nel suo continuum d’esistenza, influendo sulle medesime e restandone influenzata.

Non approfondiremo in questa sede il problema della dinamicità dell’autocoscienza, il quale richiede un particolare studio e molte necessarie precisazioni. Affermiamo soltanto che l’autorappresentazione mentale ed intellettiva è, in assenza di un momento unitivo/intuitivo quale è la nostra capacità d’amare, assolutamente condizionata alla propria specifica situazione di scissione dal Reale, che la rende inevitabilmente arbitraria nelle sue estrinsecazioni: gravemente arbitraria.

I dati sensoriali sono, in quest’ipotesi, percepiti non direttamente (come accade nell’opposto caso dell’intuizionismo spirituale) ma tramite lo stato ideativo della stessa collettività che tipizza – a livello d’autorappresentazione – il campo d’appartenenza, nel quale tutti, o quasi, gli individui si collocano senza integrarsi in unità d’amore.

Quello che, in effetti, l’ente percepisce è la sua particolare visione di un globale in cui tutti gli individuali si manifestano in simili soggettivistiche percezioni, e non il campo ed i suoi individuali così come effettivamente sono.

Ne risulta una conoscenza mediata e non obbiettiva, che si avvale del solo apparato mentale/intellettuale estrapolando concettualizzazioni di giudizio da altre concettualizzazioni, arbitrariamente costruite. Tutto questo condensa un’illusione densamente inerziale e quindi fortemente involutiva, specie se consideriamo che i fattori interiori posti alla guida dell’interpretazione dei dati dell’esperienza e del relativo giudizio sono in larghissima misura provenienti dall’inconscio.

Questa illusione determina la maya (falsa rappresentazione) del nostro attuale periodo storico, il quale poi è costituito dalla somma algebrica di tutte le allucinazioni e le illusioni individuali, provenienti dal comune passato.

Se questa è la situazione, risulta evidente che una persona in fase di concreta emancipazione incontra ostacoli gravi, sia nel proprio campo esistenziale ordinario che in quello (purtroppo generalmente ignorato) delle potenze sottili. Ignorato, certo; ma attivo, prepotentemente attivo, nei sotterranei canali della psiche, nel campo mentale inconscio.

In questa situazione è necessario che l’ente prenda coscienza del proprio stato esistenziale, e quest’esito s’ottiene incontrando le entità sephirotiche dei campi interferenti tramite l’opportuna attivazione degli organi interni di percezione e d’autorappresentazione: i quali erano prima di ciò oscurati, e scientemente oscurati.

Tutto questo è però ancora insufficiente.La percezione dei piani astrali è, infatti, condizionata dagli stessi. Il fenomeno

attiene al nostro organo mentale perché questi campi esistenziali si pongono soltanto a quel livello, il solo che conoscono e utilizzano. Inoltre per loro non è ammessa l’eventualità di un incontro concreto se non in condizioni limitari: o veramente

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negative o – all’opposto – fortemente emancipate. Ovviamente è soltanto quest’ultima ipotesi che ci può riguardare.

Ne consegue che la normale percezione dei piani sottili (condensati in Yesod, come c’insegna il Glifo) è formalmente “mentale” e si manifesta in eventi fortemente conflittuali. Essi rappresentano il massimo problema iniziatico, ed esigono – per essere superati – tanto la purificazione del nostro inconscio da tutti gli elementi spuri che contiene (e sono tanti!) quanto la trasformazione delle entità yesodiche da nemiche ad amiche, nei termini obbiettivamente possibili.

Questa chiarificazione implica anche per loro la purificazione della mente inconscia, che è assai più estesa ed oscurata della nostra. Di qui l’antitesi con noi, che permane nonostante i nostri tentativi e le nostre fatiche, e la proterva ostinazione con cui queste entità vogliono affermare comunque il loro potere: il potere, infatti, è l’unico fattore che le unifica e in cui sanno credere.

Le entità di campo sono l’aspetto immediato, formale e sostanziale, del drammatico problema che ci assedia. Esse, nella loro immensa ostilità, sintetizzano ben più di noi la situazione di decadenza della Manifestazione in questo nostro tempo, e le nefaste conseguenze della perdita del Maestro di Verità, vivente nel Centro Atmico.

Il Maestro di Verità, il vero Istruttore e Testimone, è il Cristo, il Brahma, Kether.La condizione esistenziale che abbiamo fin qui descritta è grave. Non seria, non

semplicemente deplorevole: è immensamente grave.Noi dobbiamo saper comprendere e risolvere quest’inerzia delle coscienze, in

lento ma inesorabile degrado se nulla interviene. Dobbiamo agire esattamente, nel tempo opportuno, nelle condizioni e con le intenzioni più adeguate, pena il permanente asservimento al “ciclo breve”, al dolore personale e generale e, in ultima analisi, al Kali-Yuga.

Il Kali-Yuga è la fase terminale di un kalpa, di un tempo generativo, ed è il preludio di una nuova Emanazione dopo il riassorbimento della precedente nell’Informale.

Quest’ipotesi contiene molta verità, ma non tutta. La fine di un Ciclo non è, infatti, inevitabile: lo è soltanto per chi ne rimane soggetto al mondo della “caduta” e alle sue distorte implicazioni.

Noi qui ci proponiamo il problema dell’azione compresa in senso iniziatico: come superamento dell’irrealtà attuale e come ripristino progressivo dell’esistenza nell’Idea Primaria di Manifestazione, quale si svelò in Eden.

Idea che è ben oltre il dolore e la morte. Idea vitale ed in perpetua realizzazione, perché l’Adam è destinato ad essere l’Immagine del proprio Emanante, in formulazioni di vita sempre più adeguate al Suo amore, e in un processo infinito.

Idea Primordiale che è dunque Vita eterna, nell’eterno Amore del Padre.

C)

L’azione è dunque, nella fase preparatoria, la riconduzione del campo

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esistenziale all’Idea originale, mediante la purificazione del proprio apparato mentale – sia conscio che inconscio - cui necessariamente segue il ripristino di situazioni più favorevoli nel piano formale.

Raggiunto questo traguardo (davvero non facile per i motivi che adduciamo) l’entità polare complessiva, fissa nei suoi due aspetti ideante ed esplicante, entrambi presenti con differenti puntualizzazioni per l’uomo e per la donna, è alle soglie dell’attività teurgica vera e propria, che deve poi condurre a giusto fine nella vita degli enti più “prossimi”. Vita complessivamente direzionata – il ché è fondamentale – alla definizione dell’Idea di Manifestazione, che è in progressivo e perpetuo affioramento.

La soluzione di questa problematica rappresenta, particolarmente nell’attualità, il mezzo ed il fine della Volontà cristica: mezzo e fine che sono affidati alla creatura (ed a lei lo stesso Dio s’affida!) come compito essenziale d’autorealizzazione.

Consideriamo in particolare che la creatura in questa ipotesi “è” funzione del Creatore che manifesta la Sua volontà a Sé stesso: essa, infatti, lo è nell’essenza ontologica, pur restando contemporaneamente Sua emanazione nella propria autocoscienza. La scelta coerente con la volontà creatrice realizza, nella libertà, la necessaria coerenza fra il Campo Relativo della Manifestazione e l’Assoluto, nel quale si specifica.

Il Dio Padre realizza nell’Emanazione dell’Universo (Manifestazione di Sé) una Sua specifica Idea, attuale in Lui sia come “propria” fondamentale Dinamicità che come “altro”, sotto il profilo della libertà di scelte coerenti affidate alle creature. La libertà ci appare dunque come facoltà di scelta dell’Essere nel nostro Divenire.

Il Divenire, sottolineiamo, è inerente al limite immanente alle entità emanate, il quale le distingue così dal loro Fattore Causale. Per inciso ricordiamo che il limite compare nell’autocoscienza, e – per un effetto involutivo – soprattutto in quella enorme estensione della mente che si è resa “inconscia” per un difetto di scelta, e che al contrario dovrebbe essere naturalmente consapevole di sé se ogni cosa fosse nell’ordine reale.

In tale ipotesi la creatura noterebbe in se stessa la presenza di realtà divine sia nella mente inconscia che conscia, ed una virtualità infinita, essendo l’Immagine della Divinità nel piano manifestato. La contemporanea sussistenza di immense zone oscure, anch’esse consce ed inconsce, è il dramma di quest’Universo e dei tanti che l’hanno preceduto.

In concreto la decantazione della mente inconscia accade tramite la prioritaria emersione nella coscienza ordinaria dei suoi contenuti involutivi, lontanissimi dall’Idea generatrice, che si rendono quindi suscettibili di purificazione.

Quest’affioramento deve costituire un’esperienza, e quindi si puntualizza negli avvenimenti interiori ed esterni della nostra esistenza quando la indirizziamo a questo risultato. Da qui il significato simbolico e rappresentativo di quanto viviamo nel Bene o nel Male.

Negli accadimenti interiori la nostra emancipazione progressiva s’ottiene mediante pratiche introspettive adeguate, che sappiano condurre al silenzio della

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mente e al conseguente ascolto intuitivo (quindi non mentale), il quale può assumere molteplici formulazioni nell’autorappresentazione degli allievi, secondo la volontà e le scelte del loro Istruttore.

Tutto questo costituisce il viaggio in interiora cordis della Tradizione esoterica.Negli avvenimenti esteriori l’effetto liberatorio si manifesta egualmente tramite

l’esperienza (come sempre!), ma vissuta con gli enti presenti nel campo esistenziale, ed in particolare con quelli che condividono il nostro livello d’autocoscienza. Tuttavia qui incontriamo anche il Mondo Sottile, astrale, che quest’interiorizzazione dei nostri stati conduce inevitabilmente ad individuare.

Proprio il rapporto con queste entità, viventi in un Universo simile al nostro ma parallelo, determina l’insorgenza di innumerevoli problemi e di conseguenti pesantissimi conflitti, data la loro difficoltà (e per lungo tempo “impossibilità”) di comprendere un ente che si colloca mentalmente in Yesod ma con le strutture autorappresentative di Malkuth: proprio il Malkuth che più Yesod ostacola e teme.

Esistono, infatti, differenze enormi fra i due stadi d’esistenza, dovuti al fatto che in Yesod si concentrano tutti i mondi psicologici e formali dell’Interità che sovrasta Malkuth, ma senza alcuna armonia reciproca nel senso di comprendersi come partecipi di un’unità ontologica. Conseguentemente queste entità appartengono a Sfere Sephirotiche conflittuali fra loro, che trovano tuttavia un comune interesse nel mantenere uno stretto dominio su Malkuth, nel quale scaricano tutte le loro innumeri incompiutezze.

Ed incompiute le Sephirah lo sono, fuori del rapporto con la virilità esoterica di Malkuth: perché è proprio quest’ultima Sephirah, la Decima, che costituisce il necessario tramite ideativo sintetico dell’Interità verso il Divino Causale, il collegamento naturale e primario con la Triade Fondamentale.

Così Malkuth, la cui nobiltà – misconosciuta – è altissima nella Manifestazione e pari solo a quella della femminilità di Tiphereth, sua Sposa, è oppresso, strumentalizzato e negato.

L’incontro con le Donne di Yesod (un “Yesod” che non è sintesi delle altre quattro Sfere, ma piuttosto un coacervo ostile e confuso, essendo privo del proprio Centro in Tiphereth, tutto da riscoprire) evidenzia le condizioni che mantengono in negativo la frattura dell’Interità, e che devono essere risolte nel “piccolo” della nostra coscienza personale perché possano poi essere sanate nel “grande” del continuum d’appartenenza.

Il problema si riproduce – simile e non identico – a tutti i livelli che vogliamo considerare. E non può essere risolto che eliminando la sua antica causante: cioè con il recupero del Centro Cardiaco ed Atmico, perduto per nostro arbitrio.

D)

Le entità che s’incontrano nell’esperienza esoterica non sono casuali, ma persone che hanno con l’iniziando un preciso rapporto variamente empatico, risalente ad epoche non immediatamente determinabili e comunque remote. Rapporto

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specifico e nella generalità dei casi fortemente distorto, dissipato in innumeri eventi accaduti nello spazio e nel tempo di una vita comune.

La relazione con queste individualità è in sostanza un re-incontro assai condizionato dalla situazione conflittuale in cui è caduta questa nostra Interità, e dai ricordi – variamente elaborati e falsificati dall’inconscio – delle protagoniste di questo contatto eterico.

Il piano sottile è normalmente costituito da femminilità che sono formulazioni esplicative dell’ideazione normalmente accolta nel loro ambito: ideazione di potere, controllo e possesso ovunque direzionata, ma soprattutto rivolta alla zona esistenziale di Malkuth: qui compreso come il nostro ambito vitale, il pianeta Terra.

Come abbiamo varie volte sottolineato, tutto questo si verifica perché una “caduta” dal piano originale (simboleggiata nel nostro tempo dall’Evento cristico) ha fatto sì che le Sephirah del Glifo accollassero alla Decima Sorella – la settima sfera della Manifestazione – il peso crescente del loro stato: sulle prime come fondamentale sostegno per la ricerca del proprio Sé, resa difficile dall’oscurità delle coscienze coinvolte nell’arbitrio (e questo peso era allora spontaneamente accettato dagli enti di Malkuth, che in tal modo ottemperavano al loro compito preciso di difesa e di supporto del piano esistenziale), e con tempo come scarico coatto degli elementi negativi accumulatisi che inficiavano il loro benessere, superando così ogni limite consentito dall’immanenza divina.

Malkuth, nei suoi enti virili, è il naturale tramite della Prima Idea di Kether, e la sua formulazione perfetta è simboleggiata da Gesù di Nazareth.

Ovviamente gli uomini della nostra epoca sono, con le debite eccezioni, assai lontani dall’Ideale cristico. Tuttavia le loro qualificazioni interiori, più o meno virtuali, sussistono ed andrebbero risvegliate.

L’Uomo di Malkuth è stato conseguentemente relegato nel nostro attuale stato tutte le volte in cui – incapace di identificarsi con il Centro Reale della Manifestazione – è caduto nel tremendo inganno voluto da tanta parte del Glifo, e nel conflitto spietato che conseguentemente si verifica fra la volontà d’Essere e quella d’avere, fra l’Amore ed il potere: e senza più possedere la capacità d’identificarlo e di risolverlo.

Da Malkuth o si sale verso il Centro di Tiphereth (la vera Tiphereth!) o si precipita in basso, verso quell’Informale che costituisce la difficile attesa di un nuovo ciclo manifestante.

L’esperienza di vita in Malkuth è pertanto caratterizzata da un accentuato dinamismo (che ha effetti positivi nella ricerca di princìpi etici, di conoscenze filosofiche, di realizzazioni artistiche o sociali che restano per lo più ignoti e disattesi nelle Sephirah, chiuse come sono nelle loro scarne concettualizzazioni), ma anche dalla costante pressione esercitata dalle dimensioni limitrofe, che determinano così un incessante logorio energetico, prima causa del “ciclo breve” in cui esistiamo.

Per inciso suggeriamo che questo nostro “ciclo breve” è ben differente da quello apparso dopo la “prima caduta”, assai più costruttivo e benevolo. L’attuale ciclo è, infatti, caratterizzato dalla successione di vite fortemente condizionate, ed

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apparentemente scisse l’una dall’altra a causa del dissolvimento di gran parte dei contenuti mentali che accade in seguito alla morte fisica; ed inoltre è contrassegnato dalla dura volontà delle Sephirah che non ci vogliono consentire alcuna consapevolezza della reale situazione in cui versiamo, temendo una reazione capace di incrinare il loro potere. Come del resto, non frequentemente ma puntualmente, accade.

Tuttavia questo stato delle cose, in apparenza inamovibile, è instabile e precario: la stessa condizione di Malkuth, sempre più gravata da pesi oscuri e in progressivo degrado, genera un potente effetto d’eco nelle altre Sephirah, accrescendone il degrado.

La causa di questa complessa fenomenologia è prima di tutto nell’arbitrio che è compiuto e che coinvolge ormai i due piani esistenziali, ma nel periodo odierno dipende anche dal fatto che Malkuth non è in grado d’assorbire come un tempo la coazione delle altre Sfere. Mentre alcune persone sufficientemente attente si emendano liberandosi da questo potere esterno, i più tendono a trasformarsi nei loro stessi oppressori assumendone le brame di potere e di dominio, e così li ricaricano per inconscia induzione degli stessi pesi dai quali essi volevano sgravarsi.

Avviene allora che in alcune zone del Continuum sephirotico si elabori l’idea di distruggere Malkuth come unico rimedio capace d’arrecare sollievo, o addirittura di risolvere il problema energetico con la riproposizione di un nuovo ambito di sostegno e sfruttamento, derivato dalle macerie del primo.

E questa, oltre ad essere una tragica illusione, è anche l’aggressione diretta al Dio Creatore, che appunto il Sacrificio di Gesù ci simboleggia.

Ma Gesù risorge.Malkuth è stato tradito dall’inizio della “caduta” fino ad ora, e sarebbe destinato

dalle Sephirah all’asservimento completo e poi alla morte. La tremenda formulazione del Glifo oscurato appare quasi immediatamente all’analisi, quando il Maestro Atmico ci conduce nell’esperienza del nostro vero stato.

Naturalmente – è il caso di ribadirlo – esistono altre zone della Manifestazione ben differentemente strutturate, dove il conflitto non ha mai assunto queste virulente caratterizzazioni, e dove la Luce Primordiale guida saldamene coloro che s’emendano dal passato e lottano per il ripristino dello stato principiale.

Ci rivolgiamo a queste Sfere, ed a loro tendiamo le braccia nella fatica del riscatto: reintegro che tuttavia non può accadere prima che noi sappiamo superare (in noi stessi) i fattori degenerativi attivati dalle nostre azioni trascorse, e cioè il conseguente karma.

Per puntualizzare il problema, specifichiamo che la responsabilità di Malkuth nella determinazione di questa conflittualità è in ogni caso immensa in quanto, essendo egli qualificato come ente di tramite ideativo (nei due aspetti sintetico ed analitico) per le Potenze della Manifestazione, era fin dall’inizio fortemente fisso nell’Atma, e la perdita del Centro fu colpa non inferiore a quella della Femminilità nella sua aggressione al Padre.

La perdita del Cuore spirituale rese impossibile la difesa e l’attivazione della

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Donna quale entità informante e datrice di vita, e fu in ogni modo la causa comune dell’involuzione.

Così possiamo affermare che, se i chiodi che trafissero l’Uomo divino nella Croce del dolore sono simboli di una femminilità degradata, se le spine della corona sul capo appartengono ad entrambe le polarità e con prevalenza “maschile”, l’infame lancia infissa nel costato di Gesù è certamente dell’ente virile.

Rileviamo tuttavia che, per la presenza di una componente dell’altra polarità in ogni persona, queste simbologie hanno un preciso significato paritetico, che sottintende quello enunciato.

Tornando alla problematica concreta di rapporto, poiché l’iniziando si ritrova in stretta relazione con entità, eteriche e no, del suo passato – e sono in primis quelle della “caduta” in Yesod, le più infime ed implacabili – la questione che ne consegue non è semplicemente individuale, ma coinvolge tutta la generalità del campo in cui c’identifichiamo.

In altre parole, la libertà personale s’ottiene soltanto modificando per quanto possibile la nostra area d’esperienza e le personalità che vi incontriamo, e con particolare riguardo a quelle di massima interferenza, le astrali. Qui occorre il magistero diretto dell’Istruttore, ed il suo costante sostegno.

Quest’effetto – strettamente esoterico – implica un prioritario atto di scelta e di discriminazione, perché ovviamente non tutte le personalità che incontriamo sono in grado di procedere nella direzione del loro riscatto, e difficilmente quelle eteriche che possono tutt’al più “avviarsi” in una nuova ricerca di sé, lunga e oltre le nostre attualità.

Occorre che l’iniziando induca, fermamente e se possibile dolcemente, il suo ”prossimo” ad un qualche ripensamento delle proprie situazioni esistenziali, ad una rivalutazione delle concrete capacità d’emancipazione dal presente dolore, e senza nutrire soverchie illusioni sugli esiti della sua azione: solo “pochi” vi parteciperanno veramente.

In caso di completo rifiuto, e l’indicazione riguarda precipuamente i campi sottili, dovrà costringere queste oscurate personalità all’allontanamento temporaneo o permanente, nella attesa che si risolvano davvero a ritrovarsi. Le affiderà dunque all’Amore di Dio, nella speranza non illusoria di poter un giorno – in luoghi e tempi oggi imprevedibili, e forse remoti – continuare l’opera in tutto o in parte, oltre l’attuale necessaria interruzione.

Ed anche qui il solo Giudice è il Padre e la Sua misericordia.Quest’assunto comporta difficoltà davvero grandi, ed è reso ostico dalle

condizioni d’oscura conflittualità – le cui ragioni sono soprattutto inconsce – in cui dobbiamo agire.

I campi sottili creano, infatti, continue cause di disagio e di tensione che coinvolgono tutto l’ambito di normale esperienza: e che devono essere neutralizzate e superate.

Possiamo sperare che, se abbiamo veramente cercato, scelto e trovato il vero Maestro (la cosa è resa difficile dai falsi istruttori, appartenenti sempre al campo di

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Yesod e che hanno intenzioni nefande e parole accattivanti) l’azione soterica possa rivestire enorme rilevanza per tutte le individualità che ne siano in un modo o nell’altro coinvolte; ma è indubbio che i tempi dell’opera sono quelli che ogni singola persona vuole darsi, è che la scissione della sfera potenzialmente “polare” sia inevitabile nel tempo medio/breve, e probabilmente in quest’ottica definitiva.

Nel tempo lungo – che però può essere immensamente dilatato – è sperabile che un qualche esito di reintegro di Yesod nel Piano Reale si manifesti, ma quest’evenienza è nelle mani di Dio, ed Egli s’avvale sempre delle scelte individuali per conseguirlo.

Comprendere questi termini del problema attuale è sapere molto. L’effetto delle nostre azioni appartiene sempre a Kether, perché Sua è l’energia manifestante, Sua l’Ideazione di base e Suo il piano creato: ma le direzioni concrete delle scelte appartengono alle personalità emanate, e sono loro. Esse le devono quindi intraprendere e sostenere con le proprie esistenze, nell’eterno sostegno di Cristo.

Quest’interazione fra l’umano ed il Divino determina il dinamismo reale della Manifestazione: se manca, c’è la “caduta” e - nel tempo - la dissoluzione dell’esistente ed il ripristino di un nuovo ciclo.

A quale prezzo, soltanto Dio lo sa nel Suo sacrificio d’amore.Si profila dinanzi a noi questa problematica essenzialmente esoterica, che non è

semplice conoscenza intellettuale o il mero ripristino di una libertà individuale.Al contrario, è quella che richiede la vera realizzazione delle nostre capacità

nella prospettiva e nella ricerca della condizione primordiale di vita. In termini espliciti, il reintegro di tutte le persone di una sfera polare nell’Ideazione fondamentale, ovviamente con i tempi, i modi ed i gradi che esse si sapranno conferire.

E)

Il processo iniziatico implica l’attualizzazione di un canale di contatto, il ché è reso possibile dai metodi conosciuti da qualsiasi pratica dell’esoterismo. Si trapassa da un momento ricettivo soltanto “passivo” ad un altro, più consapevole ed attivo; da una scrittura in apparenza automatica ad una ricezione consapevolmente “mentale”, la quale assume presto le caratterizzazioni del colloquio e del confronto. Si va dai simboli fonetici puri e semplici alla percezione di stati di coscienza, di contenuti intellettuali veri e propri e via dicendo.

Il cammino deve essere rigoroso, e cioè strettamente affidato al Testimone Interiore, al Maestro. Il quale non si preoccupa tanto di conseguire risultati eclatanti (in questa fase per lo più dannosi) ma d’indurre gli allievi all’autoanalisi, all’individuazione ed al superamento dei primi elementi oscuri che affiorano nella psiche; ed infine alla sua esatta configurazione – o almeno la più esatta che sia loro possibile – di fronte al Padre innanzi tutto, e poi nei confronti delle entità che cercano il contatto sottile, ora fattibile, con i loro interlocutori.

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A questo punto il problema si definisce in impreviste valenze, perché la purificazione dell’ambito interiore sottintende l’incontro con le forze intellettuali e psichiche che lo compongono, le quali sono direzionate, e generalmente malversate e coartate dalle entità dominanti del campo sephirotico.

Che sono, allora, queste personalità astrali, che si presentano puntualmente sotto mentite spoglie, e che ingannano l’iniziando al punto da indurlo sovente all’abbandono del sentiero ed al loro stesso rifiuto, sotto la sferza d’induzioni a livello fisico oltre che mentale?

Entità che comunemente agiscono prevaricando il comune ambito d’esistenza, colpendo in particolare coloro che siano più prossimi agli allievi per creare uno stato insostenibile di rapporti, che vogliono danneggiarli perfino nelle cose di loro proprietà, negli stati di coscienza ed in ogni aspetto – anche concernente la salute – del loro tempo?

Queste personalità, questi “daimones” prevalentemente “femminili” (gli enti maschili appaiono assai più raramente, ed agiscono in modi sotterranei tramite le loro controparti esplicative dette con dispregio “fili”, giacché qui la polarità è assente) sono – come dicemmo – aspetti del nostro passato, ed oscure quanto fu allora oscuro quel cumulo d’eventi, di scelte sbagliate e d’arbitrii compiuti che ci condussero fuori della Luce principiale in questa nostra attualità intermedia (Bardo, Duat), dove il dolore, le malattie ed infine la morte condizionano tutta la nostra esperienza.

Sono dunque, al primo impatto, entità portatrici di karma, di negatività: fortemente intenzionate a caricarci dei loro pesi, quanti possano addossarci nella mente e nel corpo.

Quando un ente, uomo o donna che sia, si risolve ad intraprendere un cammino di liberazione, egli modifica il suo mondo interiore e quindi “qualcosa” che vi era celato deve pur emergere, anche nel piano formale. La Tradizione, infatti, insegna che il Sentiero realizzativo conduce alla maturazione del karma: ma sotto la guida del Maestro Atmico, e non più meccanicamente.

Qui però si presenta l’ostacolo più grande: il cambiamento dell’ambito interiore implica necessariamente il ricondizionamento (alla Realtà) delle entità che l’occupano con le loro menti, abusandone; entità dunque che sono comunque empatiche proprio con gli stati più dissociati e decaduti della nostra personalità celati soprattutto nell’inconscio. Ed è proprio questo stato delle cose che consente il loro controllo esterno ed il nostro asservimento.

Ne consegue che il ripristino dello status normale di noi tutti esige la purificazione dell’interiorità, e particolarmente di quella ampia zona della mente che abbiamo relegato nell’inconscio.

La modifica del nostro ambito autorappresentativo avviene però – contro l’opinione di troppi e in particolare per chi cerchi l’Iniziazione – non al solo livello mentale/intellettuale, ma essenzialmente e prioritariamente nello Spirito.

Lo Spirito è “intelligenza d’Amore” e Dio è essenzialmente amore. Quindi lo Spirito è il tramite dell’Idea divina, è la capacità d’ascoltare l’Infinito immanente nel Finito, è l’empatia della Creatura con il suo Creatore.

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Nello Spirito la Realtà è percepita sinteticamente, in un ordine pre-formale per grazia e sostegno del Divino in noi, il quale protegge sempre chi Gli si affida. Lo Spirito, diventando “Mente” a livello autorappresentativo (e qui si esplica la scelta di base), dà forma all’esperienza dell’altro da sé, e consente la percezione concreta del piano esistenziale.

Gli strumenti di contatto sono, infatti, reali a livello di Mente, nella quale si opera la distinzione fra sé ed altro da sé. Tuttavia la prima concreta coscienza del campo effettivo, l’intuizione della sua Realtà, accade nel momento sintetico nel quale la differenziazione suddetta appare nella Volontà dell’Atma, e pertanto esiste per l’allievo – il jiva – in modo virtuale.

L’ente percepisce dunque il Reale. Ma tutto il Reale?Percepisce sì il Reale, ma è in grado di trattenere, e conseguentemente

autorappresentarsi, soltanto quegli aspetti di Lui che sono compresi nei limiti della sua intelligenza attuale (intelligenza d’Amore).

Poi l’intuizione s’attualizza nel processo conoscitivo tramite i contenuti simbolici della Mente e solo con quelli, opportunamente correlati fra di loro: resta quindi “virtuale” tutto quello (ed è un ambito potenzialmente infinito) che non trova un supporto attuale nella nostra coscienza.

Va da sé che, non potendosi rintracciare nella coscienza che quanto sia il frutto di una precedente esperienza, la vita ha il compito d’attualizzare l’indeterminabile potenziale delle creature, che è in perenne dispiegamento. Così l’esperienza esistenziale manifesta la sua importanza sia per il Dio Creatore (del quale la Creatura è qui una modalità di svelamento dell’Idea) sia per la persona, che nell’esattezza di questo processo raggiunge a gradi sempre più qualificanti la propria verità.

L’itinerario iniziatico principia dunque anche nel contatto con entità yesodiche presenti comunque nel campo d’esistenza (ossia: che le riconosciamo o no), il quale coincide con il nostro campo mentale/intellettuale nei suoi aspetti di consapevolezza e di rappresentazione. Queste personalità si dimostrano prioristicamente antitetiche all’emancipazione d’ogni allievo, per il semplice motivo che quest’evento interferisce con la loro vita attuale, nella quale esse s’identificano con la concettualizzazione di potere e possesso, traendone però un crescente gradiente di dissipazione e d’irrealtà.

Ad un più profondo livello identifichiamo in alcune di loro, site al vertice gerarchico dei campi, anche un progetto di dissoluzione e di morte totali (e raramente la generalità delle entità yesodiche ne è veramente consapevole!), nelle quali si condensa l’illusorio disegno qelliphotico di potersi impossessare della Potenza Divina mediante l’assorbimento di tutte le forme/pensiero che ne sono espressione. Ma di questo ci occuperemo altrove.

Quanto adesso ci preme d’evidenziare è qui: il contatto con gli elementi del campo eterico è fortemente conflittuale e non può mai essere risolto al semplice livello mentale. I costruttori delle cattedrali gotiche, per esempio, non avevano certamente torto quando configuravano il nostro mondo formale, esterno al Tempio, intriso di presenze “daimoniche” o addirittura diaboliche, e pervaso di simboli di scompenso e di sofferenza: un labirinto nel quale è assai difficile ritrovare la via del

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Centro.Cosa è dunque il “daimon”, il demone al quale tante entità astrali sembrano

rimandare?Il demone in senso stretto è un prodotto della mente della creatura, e ne

rappresenta l’insufficienza a livello estremo.L’Uomo, globalmente considerato, è il depositario di un potere creativo,

delegatogli dal Padre, e ne fa l’uso che considera più adeguato per gli scopi che si prefigge. Se egli s’identifica con l’Amore – la sola Realtà basale – si colloca nelle linee evolutive, ed i prodotti delle sue scelte sono coerenti con l’Idea d’Emanazione. Se, al contrario, si stacca dal suo Principio e s’identifica con il potere arbitrario, col possesso e la conseguente brama di dominio, la sua capacità creativa si risolve nell’animazione artificiosa di mostri a gradi sempre più assorbenti e letali, ai quali prima o poi finirà d’appartenere.

In tal modo il demone, energia condensatasi in un ente “magico” che è il prodotto della dissociazione della personalità reale, finisce con l’inglobarla nella sua necessitata inerzia, togliendole poco a poco qualsivoglia possibilità di scelta vera.

Il demone non ha una personalità, è un meccanismo mentale unidirezionato, che possiede come unico elemento costitutivo la volontà di dominio. Quando ha intriso di sé tutto l’organo interiore della persona, è quest’ultima che ci appare come concreto demone e ne assume la qualificazione.

Tutto ciò non può accadere che in seguito ad un processo d’involuzione volontaria e colpevole, nel quale l’individuo si contrappone al globale e soprattutto al Divino, negandoli.

Un simile stato non può sfociare che nella massima irrealtà e nella più parossistica bramosia, ed è conseguentemente la causa determinante del Kali-Yuga.

Il Kali-Yuga si manifesta quando le condizioni generali di un campo dell’Interità diventano critiche e la libertà di scelta di quanti ne sono coinvolti scompare, ed allora quell’area dimensionale finisce col precipitare in se stessa.

Possiamo credere che solo per l’amore di Dio si eviti oggi la massima degenerazione – quella che in principio si condensò nella Qelliphoth – perché il Padre la inibisce finché gli sia possibile, assorbendo nel Suo dolore il dolore delle creature per donare a tutte una futura nuova occasione di vita.

Le entità di campo sono la vivente dimostrazione di questo stato delle cose, e la loro presenza evidenzia sia la nostra odierna situazione esistenziale (inficiata dal passato e dal conseguente karma) sia l’estrema necessità di modificare quanto sappiamo individuare. Infatti, queste condizioni di vita consentono il progressivo ingresso nel globale e nel nostro ambito più personale di formulazioni involutive, a livelli sempre più letali.

A questo punto è però opportuno puntualizzare che c’è anche la concreta presenza di Enti ben diversi, appartenenti alla Luce, i quali ci amano e ci vogliono sostenere. Ed insieme dobbiamo costatare che essi – ora come ora – sono raggiungibili soltanto sporadicamente e in forme assai ridotte, in conseguenza dell’influsso dei fattori ostativi consci ed inconsci che abbiamo indicato. Fattori che

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pertanto è necessario rimuovere ogniqualvolta ci sia possibile, nel piccolo e nel grande del quotidiano cammino, per ripristinare la necessaria percezione sottile e l’empatia d’amore con le Forme/Pensiero che ne sono davvero capaci.

Comunque il Maestro, il Testimone, resta sempre presente se davvero lo vogliamo, lo scegliamo e l’amiamo.

Riassumendo, le entità del campo più vicino sono dunque ben più compromesse con l’involuzione di quanto lo sia l’Adam di Malkuth, e costituiscono aspetti irrisolti del nostro passato tuttora attivi, e che provocarono e parteciparono alle nostre imperfezioni e contaminazioni essendo esse stesse imperfette e contaminate.

Ne consegue che esse rappresentano un “debito” che tutti abbiamo contratto con il Padre, perché l’Interità in cui viviamo – tanto dissipata e conflittuale – è stata resa così com’è anche con il nostro concorso: come l’attuale situazione planetaria ci esemplifica.

E’ impossibile configurarsi un’emancipazione che non tenga conto del campo globale cui apparteniamo, e che conseguentemente non tenti il recupero (forse non attuale, forse irraggiungibile in tempi comprensibili ma comunque suscettibile di un inizio) di queste vite decadute, infelicissime e disperate almeno quanto proterve ed irrigidite, delle quali noi stessi fummo partecipi o complici.

Il processo iniziatico parte da questi dati. La comprensione dei campi sottili è necessaria, com’è indispensabile un’azione – interiore ed esteriorizzata – che dissolva linee d’infimo potere nel nostro organo mentale, distruggendo le condizioni psichiche e mentali che le sostengono.

La chiarificazione dell’ambito personale è pertanto e sempre anche purificazione del campo d’appartenenza, sia “sottile” che normale, nei limiti e nelle direzioni che l’Istruttore consideri via via accettabili.

La metodologia è fortemente introspettiva, e può essere attualizzata quando il ritrovato amore per l’Amore ci consente l’intuizionismo. Questo è, infatti, il solo strumento capace di aprirci ad un vero cammino interiore, presupposto di ogni acquisizione oggettiva e formale.

Le modalità del procedimento sono molteplici, e - ripetiamo - possono implicare il confronto prolungato con le entità di campo. Confronto sempre molto problematico e difficoltoso perché esse sono le portatrici in varia misura - per lo più inconsciamente, con alcune brutte eccezioni - di una volontà completamente distruttiva, che minaccia a fondo anche la loro esistenza.

Molte di loro, infatti, considerano inevitabile l’annientamento finale dell’esistente, e vogliono a tutti i costi allontanare quel temutissimo momento: sacrificando a questo scopo tutti i piani vitali che possono dominare, il nostro per primo ma anche quelli che costituiscono il loro tipico ed immediato ambito di possesso.

Tutte queste entità si sentono minacciate e vanificate dal processo iniziatico direzionato al Centro Atmico, così come l’Amore vanifica alla fine ogni irreale potere, e non sono in grado di risolvere i propri limiti coscienziali ed ideativi perché esse non li percepiscono come tali, prive come sono di quel confronto reale che

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soltanto l’Atma – Testimone e Maestro di Vita – può conferire. Il problema è enorme, e tragica appare la situazione quando è consapevolmente

definita nel cammino esoterico. Ma c’è la Misericordia di Dio, concreta ed attiva in Cristo, nel Suo sacrificio e nel Suo sostegno.

Cristo è l’unica vera speranza per tutti i campi della “caduta” e per la nostra fatica.

Ripetiamo: Cristo è Amore.

F)

Le entità di campo sono persone, e persone dotate di tutti gli attributi dell’individualità: spirito, mente/intelletto/io, corpo ed il necessario contenuto energetico ai differenti livelli d’autocoscienza.

Il processo d’individuazione (discriminazione dell’Idea basale) è unitario in tutte le zone della Manifestazione, pur se variamente conformato e direzionato e talvolta – come accade nella nostra attuale situazione – più o meno scaduto in configurazioni assai deviate.

Notiamo per inciso come gli elementi fondamentali che costituiscono la personalità rappresentano concretamente (nel “piccolo”) il processo emanativo fondamentale, secondo l’assioma della Tavola di Smeraldo. Rileviamo inoltre che il più alto grado di vibrazione sottile, e conseguentemente di realtà a livello sintetico, contiene tutte le successive e conseguenti specificazioni possibili.

Osserviamo infine che il piano strettamente formale, ossia il corpo fisico tipico dell’entità manifestata, è il prodotto di tutti gli altri piani che in lui confluiscono, e ne costituisce insieme il simbolo e lo strumento operativo nella zona che gli è connaturale, la tridimensionalità: dove l’autocoscienza percepisce lo “altro da sé” secondo i parametri fondanti dell’epifania di Dio che è l’Universo, e con questo si rapporta.

Le entità di campo sono, abbiamo detto, persone concrete. Sì, ma di un tipo assai differente da tutto quello che siamo soliti incontrare.

Sono persone eteriche, e cioè appartenenti ad una zona d’esistenza che non è la nostra perché arbitrariamente scissasi dall’unità principiale: avulsa dunque dalla nostra a seguito di un violento atto di sopraffazione.

Evento, questo, resosi possibile anche a causa del nostro stato di coscienza, a sua volta staccatosi dal Principio divino.

In qualche modo quell’evento cosmico (che siamo soliti indicare con il nome di “caduta”) rappresenta l’inversione arbitraria del processo manifestante nel piano della nostra autorappresentazione. Dove c’era l’emersione di un’Entità omogenea, dinamica e realizzatrice appare la sua disgregazione, la staticità ed una crescente irrealtà, che l’avvia verso il dissolvimento pressoché totale.

All’unità subentra la separazione, all’integrazione armoniosa il conflitto. Ed il gran corpo dell’Interità s’ammala e – sia pure temporaneamente – in alcune sue parti

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muore.Le persone del piano eterico possiedono elevate capacità operative, benché assai

ridotte in confronto di quello che furono in tempi remoti e più evoluti; sono anche collocate in zone dimensionali (quindi formali!) che gravitano pesantemente sulla nostra, e che quindi alleviano così la loro fatica. Risultano in apparenza meno pressate di noi dai fattori involutivi che tuttavia agiscono sottilmente e potentemente, e soprattutto su di loro.

Possiedono le capacità d’agire tipiche delle creature astrali, e possono controllare campi energetici individuali e generali, grossolani e sottili in varia misura, sovente con rilevante incisività. Questo soprattutto a causa delle affinità che possono cogliere nel nostro mondo più intimo, specie nella mente inconscia.

La qualificazione più immediatamente evidente delle entità di campo consiste nella loro identificazione – pressoché totale – con lo strumento mentale/intellettuale, e più particolarmente con quello che ne è momento di sintesi e di riferimento operativo: l’Io.

Esse sono pertanto egocentriche, intellettuali e apparentemente “razionali”. Infatti la logica di un procedimento può essere rigorosa ma, se la base di partenza è sbagliata, la sua esattezza è inesistente: convincente per l’intelletto, ma falsificata per lo Spirito.

Lo Spirito è l’effetto della presenza di Dio in noi, dell’ascolto interiore nel Centro Cardiaco. Se manca od è troppo esiguo, si perde la capacità della percezione reale di noi stessi e del campo esistenziale, e le conseguenze ci sono ben note.

L’egocentrismo delle entità le induce a giustificare e a riaffermare desideri di gratificazione e di dominio, che in differenti stati apparirebbero abnormi, con tutti gli strumenti mentali disponibili. Ne consegue una profonda insincerità in grande misura assai inconsapevole, che rende difficilissimo il recupero di uno stato più reale ed obbiettivo. Come dice Gesù, “hanno occhi ma non vedono, hanno orecchie ma non sentono”.

Le strutture mentali che così si conformano sono enormemente statiche e sclerotizzate. Non possono dunque assumere differenti configurazioni se non tramite la loro frantumazione e susseguente ricostruzione in ben differente naturalità. E’ questo poi il compito dell’Iniziazione, che è risveglio ad una nuova vita dal sonno coscienziale che ci ha impietriti.

Nelle zone eteriche che stiamo analizzando il fine giustifica sempre i mezzi adottati (con qualche rara eccezione, forse), ed il fine predominante è il dominio sugli altri, divenuti inevitabilmente oggetti di godimento emotivo o sessuale, di fruimento energetico e di abuso. Quello che resta del tutto fuori da tale possessività è ovviamente proprio lo Spirito, misconosciuto o temuto.

Questa fenomenologia puntualizza un vero e proprio “vampirismo”, letale per chi lo subisce ma ancor di più per chi lo esercita. In tal modo le entità delle zone limitrofe rivelano un tipo d’involuzione poco conosciuta (ma le cose, purtroppo, cambiano..) nella nostra, che tuttavia tende a trasformarci lentamente in peggio e verso situazioni esistenziali ben più gravi dell’attuale.

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Va da sé che il rapporto con queste “formulazioni esplicative di personalità” (in genere, infatti, le entità sono “donne”) è forzatamente conflittuale, così come esse stesse poi lo sono anche fra di loro.

La sola omogeneità che possiamo costatare è direzionata a mantenere il dominio su Malkuth, per antiche e recenti intenzioni. Malkuth è sintesi, ma chi vuole mantenere il proprio “diritto” d’uso e d’abuso non ammette mai l’accordo empatico con gli altri possibili oggetti di possesso; ed inoltre la carenza energetica in tal modo insorta è coattiva per quanti ne ignorano le cause e i veri rimedi. A ciò s’aggiunga l’inerzia mentale, che ha raggiunto limiti assurdi e che rende quasi impossibile l’inversione del cammino.

Rendersi conto dell’ampiezza del problema è compito fondamentale di chi percorre il Sentiero Mediano.

L’allievo, conseguentemente, deve conoscere le cause del presente conflitto e i possibili rimedi, che naturalmente non sono individuali e che esigono il sostegno divino.

Il ripristino di condizioni vitali più eque, e suscettibili di un vero riequilibrio sostanziale dei campi, è compito teurgico perché qui si può agire soltanto con l’Energia Basale, che è appunto l’Amore.

Il superamento del dissidio, la riconduzione delle zone assurdamente scisse all’unità originaria è il profondo impegno dell’esoterista, che agisce quindi come modalità dell’Amore e come persona vera contemporaneamente, nel campo che gli è stato affidato.

Va da sé che tutto questo implica il recupero dell’Idea di Polarità a livello iniziatico.

G)

Le entità di campo, per ostiche che ci si presentino, non sono “demoni” nel significato stringente che la cultura occidentale suole ammettere al termine, ma piuttosto “principi autocoscienti” in misura più o meno rilevante oscurati da un lento e feroce itinerario involutivo, del quale in genere non hanno precisa consapevolezza.

Possiedono di conseguenza le caratterizzazioni di personalità che ci sono comunemente note, ma in uno stato più incisivo di decadimento. Il loro mondo inconscio è assai più esteso del nostro, ma in qualche modo simile nelle incongruenze, impedimenti, falsificazioni d’ogni genere e specie, rimozioni e razionalizzazioni arbitrarie e confuse. Quest’inconscio, come in noi, è quindi la sede di tutte le incompiutezze nate da esperienze sbagliate, non sopportabili o artatamente celate alla consapevolezza ordinaria, e costituisce il varco per l’ingerenza di tutte le induzioni e le prevaricazioni altrui: nelle quali il lato più oscuro d’individualità durissime prevale su quanti, con simile arbitrio, hanno consentito il proprio asservimento ed il plagio.

L’esoterista (soprattutto se “uomo”, e cioè principio di tramite ideativo sintetico) deve saper ricondurre questa situazione ad un grado di chiarezza compatibile con la

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sua realtà, e conseguentemente si sforza d’attivare nel campo comune un vettore emancipativo, il quale possa coinvolgere nel breve o lungo periodo quante più personalità gli sia consentito: consentito dal Maestro!

Quest’impegno non è mutuabile con alcun altro senza danno e scadimento dello stesso fattore esoterico, e l’assunto è tanto più valido quando il ricercatore, nel corso del suo iter realizzativo, si confronta con il proprio fattore polare (normale o sottile che sia) e lo riconosce per tale.

Pur se grandemente fraintesa, l’attività esoterica genera, infatti, un’aspettativa ed una speranza variamente vissute da persone già compromesse spiritualmente, infelicissime e timorose soprattutto d’illudersi abbandonando una condizione nota per un’ignota, che appare stranamente differente ed imprevedibile.

Nella feroce resistenza delle entità di campo al Messaggio cristico si nasconde la tremenda paura (acremente insinuata) d’essere indotte a credere e ad affidarsi a “qualcosa” che poi si mostri fallace ed ingannevole, provocando così un pesante scadimento delle loro stesse condizioni attuali.

Superare quest’ostacolo, variamente e tenacemente rafforzato dalle irrealtà personalistiche e da ignoranze metafisiche che coinvolgono una generalità molto contaminata, è impresa di lungo periodo che impegna a fondo tutte le capacità d’amore e di fede degli allievi, anche nel loro rapporto – sovente difficoltoso – interpersonale e con il Maestro.

Non risulta né semplice né facile comprendere l’intenzionalità di Quest’ultimo, e il modo in cui svolge il Suo sostegno. Tutto ciò esige l’attivazione del nostro intuizionismo in valenze operative, essendo esso l’unico strumento di recupero e di mantenimento della direzione spirituale esatta ogni qualvolta la dura conflittualità del campo sembri escludere ogni ragionevole interpretazione.

“Credo quia absurdum”, dove la Fede è la sintesi di un processo di risveglio che si avvale anche della testimonianza di coloro che già lo portarono a compimento, e del fondamentale simbolo di Gesù il Cristo e della Madre, Maria.

Simbolo di valore perenne, Centro irradiante del Loro sostegno al nostro dolore ed alla nostra fatica, che deve essere compreso e vissuto nella scelta d’amore perché sia effettivamente attivo, oltre le ragioni dell’intelletto e delle oscure modulazioni emerse nell’esistente.

Occorre la “ragione del Cuore”, lo “intelletto d’Amore”: ed è proprio quello che manca al campo sephirotico di Yesod, e che l’ente di tramite deve saper ricondurre nel piano d’esistenza comune. Ora o poi.

L’esoterista – uomo o donna che sia – deve dunque assumere le qualificazioni sintetiche ed analitiche, e cioè deve saper intuire nell’Atma le verità basilari per poi esplicarle con la mente e l’esempio alle personalità incontrate nella sua vita.

Dobbiamo ricondurre il campo globale, per ostile che esso sia, al Padre nei tempi e nei modi che Egli ci dà: con l’aiuto del Maestro, ovviamente, quale si manifesta nella figura simbolica reale del Testimone (l’Istruttore Cristico, il Salvatore) in tutte le circostanze della vita.

Il problema è serio perché lo strumento di contatto mediale, la

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mente/intelletto/io, è inficiato da molti vettori antitetici, in cerca di dominio e di ricusazione del fattore polare esoterico. Come dicemmo, la mente va pertanto decantata da tutte le vecchie stratificazioni, e l’inconscio più profondo deve essere purificato e ricondotto al conscio, quanto più esattamente ci sia possibile.

In tal modo principia il lungo viaggio nell’interiorità inconscia con l’Istruttore: là dove s’incontrano le formulazioni mentali più segrete, le linee d’interferenza coattiva più estranee al nostro stato e gli schemi di comportamento anomalo, ancestrali o recenti.

Un tale itinerario costituisce la base del processo, ed è prioritaria e non alternativa di qualche altra.

Questa difficile metodologia, che incontra virulente opposizioni e che richiede anni d’applicazione, conduce alla riscoperta di valori e di realtà che informano progressivamente le nostre verità. Le quali assumono, oltre alla condizione chiarificante di una più attenta partecipazione all’Idea originale di Manifestazione, quella di una concreta, oggettiva percezione delle situazioni attuali, sia nostre che di altre persone. Tutto ciò comporta una diretta influenza sullo stato d’entrambe, con progressivo miglioramento delle esistenze.

La puntualizzazione degli elementi ostativi propri dell’involuzione – in se stessi e nel mentale di altri – non rappresenta quindi un semplice dato finalizzato alla conoscenza del campo, ma piuttosto il presupposto dell’azione soterica, mirata al dissolvimento delle irrealtà coscienziali, delle false autorappresentazioni e delle volontà portatrici di dolore e d’asservimento.

Affrontando ed elidendo la maya del nostro stato, per la Legge d’inferenza reciproca dei campi esistenziali si finisce con l’agire direttamente sulle sfere di personalità a noi correlate (rammentiamo che il Glifo è pariteticamente costituito dalle Sephiroth e dai Sentieri!) colpendo la fonte stessa delle induzioni in noi ed in loro.

Ne nasce un conflitto che si colloca a molteplici livelli: lo strano, affaticante rapporto che oppone menti oscurate ma indomite al Vettore principiale d’Amore, al senso cristico della vita che è unitario ed apportatore di vera polarità. Tanto nei rapporti interpersonali che in quelli che necessariamente intratteniamo con il Continuum della nostra esistenza.

Ricordiamo ancora che il Vettore Cristico vede la vita e le sue creature come epifania di Dio, il quale si dona a quanto in Sé disvela.

Se l’allievo, il jiva, è con il padre, così come Arjuna lo è con Krisna, l’esito è indubbio. Tuttavia va ricordato quanto faticosamente Arjuna rinunciasse a quel che cadeva sotto il suo dominio (l’esercito personale, esemplificazione dei contenuti mentali preesistenti, da risolvere con il “giusto combattimento”) e all’idea di non lottare contro i propri “parenti” per affidarsi al solo Auriga, il Maestro del piano esistenziale che guida il “carro” nella lotta. Krisna, appunto.

Questo è l’insegnamento: affidarsi completamente al Centro Atmico, al Cuore dell’Esistente, al Cristo. E ritrovarlo nella nostra zona più vera ed intima, quella dell’intelligenza d’amore nel suo momento più sintetico, lo Spirito.

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Al Cristo appartengono la Giustizia e la Misericordia nel Sentiero, perché Suo è il Regno. A noi spetta il compito di ritrovare in Lui e con Lui il Suo dono, e la nostra realtà.

H)

Le entità di campo si collocano su vari piani esistenziali secondo un criterio di realtà che trascorre dal punto più alto, prossimo al Mondo Causale, a quello più basso oltre il quale non esiste che il demonismo vero e proprio; e cioè gli enti che si sono completamente trasformati nel più infame prodotto della loro mente, la bramosia insaziabile di possesso.

I demoni compresi in questo specifico senso esistono, e sono temibili perché hanno inquinato i sogni e i desideri degli uomini rendendoli perversi, succubi e feroci. Il demone non possiede però forza propria, e si avvale soltanto di quella che riesce a trafugare e a controllare in un lungo itinerario d’infiltrazione, che ad un certo momento assume le caratterizzazioni di un invasamento vero e proprio.

Le entità che s’affacciano all’esperienza iniziatica degli allievi sono comunemente condizionate da fattori involutivi accentuati, presenti ed attivi anche nella nostra zona e quindi a noi stessi riferibili; tuttavia questi fattori sono in loro virulenti, e con un’intensità e un gradiente di contaminazione che ci riescono difficili da comprendere, e che costituiscono pertanto un’incognita molto pericolosa.

Come dicemmo, queste entità agiscono – per acquisita necessità e per scelte di comportamento – come elementi distorcenti ed oppressivi dell’Esistente, e ciò è tanto più vero quando un atto soterico, compiuto con il Padre, vuole emanciparle dal loro passato e dal conseguente karma, che minaccia inavvertito il loro destino.

L’iniziazione si configura sempre, in ogni cultura veramente “tradizionale”, come un superamento di soglie, di gradini che appaiono sorvegliati da un Guardiano: il quale poi è il frutto della nostra attualità in relazione a quella che incontriamo nel piano esistenziale. Il Guardiano altri non è che la nostra essenza riflessa nello Specchio di Dio, e superarlo è quindi ritrasformarci nella nostra realtà.

La prevaricazione altrui mentale e fisica – già in atto – aumenta d’intensità nella nostra ricerca dell’iniziazione, e conseguentemente si rende necessario il ricorso a metodologie adeguate alla liberazione, le quali conducano – in tempi più o meno lunghi – all’effettivo superamento degli ostacoli e al ripristino della normalità.

In concreto accade che codeste entità, dominate da un inconscio tanto più pressante quanto più ignorato (e qui possiamo sottolineare che la mancanza di consapevolezza è direttamente proporzionale al grado d’involuzione raggiunto), debbano essere decisamente rimosse dal nostro stato: ed allora è necessario rammentarsi dell’insegnamento di Gesù sull’inevitabile separazione del grano dalla gramigna che lo infesta.

Questa decantazione deve essere perseguita con pieno impegno teurgico, il quale implica la fissazione delle persone nel loro Centro Cardiaco, dal quale scaturisce quello stato d’imparziale serenità e d’amore che è lo strumento fondamentale per la

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nostra libertà, e nel quale tutta la Manifestazione deve definirsi e dispiegarsi.Inoltre il distacco dalle risultanze delle azioni compiute (esse appartengono

come svolgimento ed esito alla Sfera Causale) è essenziale all’esoterista e all’uomo comune, la cui qualificazione fondamentale è impersonare concretamente la propria libertà di scelta vettoriale nell’intuizione di Kether, ed il cui scopo – in questa e nelle altre fasi dell’iter realizzativo – è la purificazione del campo generale in tutti i suoi partecipanti, mediante la progressiva identificazione con l’Ideazione principiale che è la Volontà di Dio.

In altre parole, vivere facendo proprio, in piena coscienza il dono di questa Libertà.

Ci sembra importante sottolineare che questo articolato comportamento (il quale in sintesi è amore che opera in un ininterrotto atto di Fede) deve essere costante, e nonostante le indubbie asperità che il conflitto con un certo campo astrale comporta. Asperità che devono essere vinte prima interiormente e poi come un effetto obbiettivo di chiarificazione che si traduce nel campo formale ed esteriore.

Sottolineiamo che il processo, infatti, si traduce dal più “sottile” al più “denso”, ripercorrendo proprio in questo lo schema fondamentale della Manifestazione, della quale in effetti costituisce il recupero ed il reintegro.

In questa dialettica, che in concreto si traduce nello scontro della mente contro lo Spirito, non ci è possibile ammettere né “armistizi” o compromessi né sconfitta, perché non si può esistere in due campi antitetici, uno d’illusione e l’altro di Realtà.

La zona oscura non accetta che la possibilità delle prevaricazioni e del costante impossessamento di tutto ciò che incontra, fino alla totale consumazione del piano esistenziale. La “resa” risulterebbe letale, comunque essa sia mascherata, tanto per chi la volesse considerare uno stratagemma per uscire dai propri dolori quanto per coloro che li adducono.

Ne consegue che aree assai estese dei piani sottili devono necessariamente essere allontanate e respinte - definitivamente respinte nella loro involuzione - dal nostro sentiero, ed affidate alla Pietà di Dio, che ben conosce quale sia il Bene per loro.

Ed allora che ne è di queste infelicissime personalità, che ebbero certa rilevanza nel nostro passato, che forse furono amate e perdute, e che oggi versano in gravissime difficoltà proprio a causa della loro estrema carenza d’amore?

Va da sé che il compito dell’esoterismo teurgico non è quello di menare a dannazione le persone che incontra, abbandonandole al loro degrado del quale noi stessi fummo probabilmente molto responsabili.

Esse ritornano nel nostro campo percettivo non a caso, ma per ragioni pressanti di purificazione e di riscatto, che nel passato antico e recente trovano la loro motivazione.

La nostra direzione spirituale, e conseguentemente mentale, deve tendere al reintegro della Sfera di Yesod nella Volontà divina, e nella più concreta realtà: quella che tiene conto dei nostri limiti all’azione e delle sue capacità d’apprendimento, all’inizio certamente molto scarse o quasi inesistenti.

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Quindi non tanto nel nostro ambito personale (questo è un esito comprensibile solo dal Padre) quanto in quello generale della Manifestazione, ed in zone che possono non avere più alcun contatto con la nostra.

Travalicare questi confini costituisce una violazione del nostro stesso assunto d’amore: conseguentemente l’impegno che ci assumiamo di fronte al Padre e a noi stessi va completamente affidato al magistero dell’Istruttore, che ci guiderà con la nostra Fede alle scelte più opportune.

Le entità yesodiche in tal guisa rimosse dalla nostra interiorità (che esse considerano “loro”!) ne riceveranno un vero guadagno, non immediatamente evidente ma certamente in grado di manifestarsi nel medio o lungo tempo. Infatti, esse escono gradualmente dal loro antico stato di passività, dall’inerzia alla quale si erano dannate, dal lento ma progressivo degrado, per ritrovarsi – anche se di malavoglia e con enormi difficoltà – nell’Idea di Dio, salvifica e purificatrice.

Cosa possa accadere di loro ci è impossibile immaginarlo, poiché sarà effetto di scelte che esse dovranno necessariamente compiere per essere più o meno libere. Il Padre dona ai figli la Sua Libertà, nella speranza che essi la comprendano: ma la linea vettoriale, anche se agevolata da un cammino esoterico altrui, è comunque la loro.

Le entità di Yesod incontrano questa potenzialità proprio nel rapporto con allievi in fase di emancipazione, soprattutto se hanno nel loro cuore l’Idea di Polarità esoterica, ben diversa da quella “comune”.

Altrimenti, non avrebbero alcuna speranza e finirebbero probabilmente nella qelliphoth.

Quest’assunto responsabilizza tutte le persone impegnate nel processo, con particolare riguardo agli allievi di un Maestro Atmico i quali sono poi il punto di forza per la salvazione dei campi eterici: certamente non oltre il Segno stabilito dalla Misericordia di Cristo. Infatti, travalicare il Limite connaturato alla nostra attualità ci esporrebbe, qualunque ne sia l’apparente motivazione, a rischi certi, obbligando l’Istruttore prima ad ammonirci e poi a renderci edotti dell’arbitrio. Si tratterebbe, allora, di un’insorgenza egotica ed intellettualistica che prevale sull’intuizione spirituale, ed è la cosa peggiore che ci possa capitare.

La sorte delle persone incontrate – o perdute – nello svolgimento del cammino iniziatico appartiene dunque alla Pietà divina, e avrà definizione nel futuro come solo il Padre conosce. Qui la Misericordia può apparire, a chi ne è oggetto in questa guisa, come Giustizia o Rigore, ma è sempre e comunque Amore. Amore frainteso dalle entità che Dio ama, e che per questa ragione si mostra ancora più grande e profondo nel Suo sacrificio. Amore necessario proprio per la salvezza di quanti Lo odiano e lo negano, e che in futuro Lo riconosceranno.

Il processo raggiunge il suo scopo anche in questo caso, ottenendo una prima purificazione profonda dell’ambito esistenziale comune, interiore ed esteriorizzato. E’ un passo determinante, che consente ad altre individualità la rimozione di antichi limiti, indispensabile presupposto per nuove occasioni di vita e di rinascita.

Occorre riscoprire le Case del Padre, ed avviarci verso la Sfera esistenziale che le rappresenta. Così i piani dimensionali scissi dalla “caduta” si potranno

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ricongiungere, e l’unità basale verrà riaffermata.Tutto questo è, ovviamente, il superamento di una soglia iniziatica, di una Porta,

concretamente e non formalmente in allegorie ed inutili ritualismi. E’ acquisizione di realtà ed implica il reintegro nella Realtà principiale, quale la possiamo “ora e qui” comprendere.

Realtà che abbiamo offuscata in noi stessi in un lento e pauroso declino. Ma che non è mai scomparsa nel Piano divino per Grazia di Cristo e del Suo sacrificio.

Eden è qui, è sempre stato qui. Noi però ci accecammo.

3-10-2003

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IL GLIFOnote

L’ordine delle Sephiroth è un ordine logico e non gerarchico: quest’affermazione è esatta per l’Arcangelo delle singole Sephirah, che è l’Atma di ognuna e quindi costituisce la presenza divina in lei.

L’assunto dice che la Sephirah è – nella sua coscienza – creatura: emanata da Dio in Dio.

Occorre inoltre rammentare l’identità fra l’Alto ed il Basso nell’Unità divina. La gerarchia è soprattutto ideazione demiurgica e quindi involutiva, quando vuole essere “sostanziale” e non semplicemente “funzionale” ad un fine prescelto e specifico.

Kether (Ra, od Osiride) non è l’Ain, ma l’ipostasi di Ain. Questo però è valido solo per l’Emanazione, e non certo per l’Ain Soph.

Ain “è” Kether, e Kether “è” Ain, il quale si pone come Centro Causale ed emanante.

Yesod è la sintesi (intuizionismo analitico) di tutte le Sephirah che sovrastano Malkuth, e Malkuth è il “tramite ideativo” di Kether perché impersona la capacità ideativa sotto il profilo intuitivo/sintetico di tutto il Glifo; è quindi punto di riferimento di ogni Sfera di coscienza.

Il concetto di “Nulla Divino” va interpretato: “Nulla” infatti, allude all’assenza di forma percepibile dalla creatura. Nel piano divino essenziale ogni aspetto è la Divinità stessa, per coincidenza d’Essere e Discriminazione nell’Essere.

Le “Forme” di Kether sono assolute, non limitate.Malkuth è “femminile”, ma soltanto rispetto a Kether. Riferita a Yesod è

“maschile” perché è il tramite ideativo sintetico alle rimanenti Sephiroth, che sono discriminazione esistenziale dell’Idea di Manifestazione.

Notiamo che in genere sussiste confusione nei testi di metafisica fra il Piano divino e quello delle coscienze emanate. Tiphereth è “femminile” rispetto a Malkuth perché nelle sue forme/pensiero essa è discriminazione dell’Idea sintetica, la quale è recepita dalla Sephirah che – essendo essa stessa il Punto di fusione di tutte le altre – è il naturale ricettacolo della Volontà fondamentale sotto il profilo analitico. Ma qui si cela un tremendo fattore.

L’Albero così rappresentato (il Glifo della nostra meditazione) non è l’Idea di Kether, ma la sua discriminazione.

Quest’analisi discriminante è dunque valida per l’interpretazione del dato che sia in esame, e credere che la discriminazione intellettualistica (autorappresentativa) del Glifo sia la sola e vera sua struttura, insieme ontologica e formale, è causa d’arbitrio.

Infatti, il potere autorappresentativo delle Sfere fa sì che la forma della Manifestazione si configuri secondo le idee delle Potenze archetipiche esistenti (Adam), e se queste confondono la realtà unitaria con le loro elucubrazioni, ciò

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determina anche la frantumazione del Campo emanato in piani d’esistenza scissi fra loro.

Questo accade quando si è perduto il senso del Reale e del Vero, e cioè quando si è ottuso il Centro della personalità a seguito del distacco fra momento ideante sintetico e momento ideante analitico, nel “Piccolo” e nel “Grande”.

La Caduta è la perdita del nesso polare fra Uomo e Donna.

La radice del demoniaco (dicono alcuni testi cabalistici) è sita nel mistero di Dio: è indicazione vera soltanto in un senso.

Nel creare la coscienza in evoluzione spazio/temporale Dio “accetta” il rischio del possibile travalicamento del Limite ad opera di quest’ultima, limite immanente alla sua stessa esistenza in Dio come “altro” da Lui.

Ma allora il “male” può essere imputato soltanto alla creatura.

Ritorno all’Unità principiale fra Creatore e Creatura: questo è il fine del processo iniziatico.

Il “ritorno all’Unità principiale” non determina però la fine dell’Emanazione (il suo riassorbimento nell’Informale Assoluto) ma piuttosto l'esatta sistemazione sul piano ideativo/fondante, che è evolutivo.

La Manifestazione è “Dio in Dio”: è Dio che si manifesta anche alla sua Creatura, e non certo solo a Se stesso.

Il limite della metafisica gnostica è questo: il Salvatore gnostico non è il Salvatore Gesù in Cristo (Misericordia del Padre, e Sostegno eterno alla creatura), ma qualcosa di simile ed incompleto.

Ecco il perché delle aporie della Gnosi.L’unica strada per comprendere il problema (ed il Glifo Sephirotico) è partire

dal principio che Dio è Amore e solamente Amore. Tutto il resto è analisi discriminante di quest’unico dato, che rappresenta il massimo criterio interpretativo del problema esistenziale.

La strada dell’iniziazione – per quanto ora abbiamo detto – non può essere quella della “conoscenza” intellettualistica (come sottintende la Gnosi storica), ma la ben più concreta via cristica, che è quella dell’Amore di Dio.

Il problema dell’interpretazione dell’Atto Emanativo è questo: il Padre si assume totalmente il peso della Sua manifestazione, anche nei suoi possibili arbitri, e la sostiene totalmente per condurla – qualunque cosa essa faccia e si dia – al Fine che si è proposto creandola.

Il raggiungimento del Fine è certo: il tempo che l’Interità impiegherà per conseguirlo le appartiene, perché essa è stata costituita, dall’inizio, libera di scegliere il proprio cammino.

In altre parole, il Padre si affida completamente alla sua creatura, e quindi il Suo amore implica anche il Suo sacrificio. In Cristo, che è la sua vivente Misericordia e

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l’indispensabile sostegno all’Universo emanato, Egli simboleggia la totalità di quest’assunzione; in Gesù appare la Misericordia ed il Perdono, e la condizione attuale dell’Interità che lo crocifigge al simbolo più alto della Vita: la Croce.

La Croce, infatti, indica sinteticamente l’incidenza dell’Idea/Volontà divina (braccio verticale) con la sua estrinsecazione in un piano di Nomi e di Forme (braccio orizzontale). Il punto d’intersezione dei due fattori è quindi l’Atma dell’Emanazione.

Sotto un altro profilo la Croce rappresenta il fattore polare, ossia l’incidenza fra il principio ideante sintetico (Uomo) ed il principio ideante esplicativo (Donna). Anche in questo caso il punto d’unione delle due polarità è l’Atma: come nel simbolo egizio di Geb e Nut, è il Momento della Volontà di Ra che unisce e separa – in Shu – i due Archetipi, determinando la ciclicità, che è processo dialettico di sintesi e susseguente analisi per addivenire a nuova e più comprensiva sintesi.

Altro problema è la distinzione, nei Simboli, fra il piano puramente divino e quello creato, che del primo è Immagine. Infatti, se non si tengono ben distinti i due Piani nel riferimento alla conoscenza tradizionale si incorre in grandi fraintendimenti, e in conclusioni che possono anche essere abnormi.

La sede dell’intuizionismo è il Centro della personalità (sé personale), il quale ha per proprio Centro l’Atma, ossia la presenza divina (Sé trascendente).

Il Centro/sé, infatti, è il “punto” della sfera spirituale interiore più affine e prossimo all’Atma, e ciò consente – per Grazia – il passaggio concreto, sotto il profilo pre-formale, d’ideazioni reali fra Creatore e Creatura.

Lo Spirito è dunque Intelligenza Ontologica, è Intelligenza d’Amore: nasce dal rapporto esatto e costante che intercorra fra Dio come Padre e i Suoi figli, e mai in altro modo.

Quest’assunto afferma che lo Spirito si attualizza e si espande con la vera esperienza esistenziale, e si distrugge con quella deviata, provocando così l’impossibilità della percezione intuitiva sintetica, fattibile solo nell’Atma.

L’assenza del Centro spirituale provoca la frattura fra Spirito e Mente: la Mente è, infatti, la zona analitica e discriminante dello Spirito, e quindi logicamente derivata.

Questo è il dramma della Manifestazione: a livello archetipico e comune la frattura determina – prima o poi – la rottura dei piani esistenziali fino al loro possibile riassorbimento, se la libertà degli enti è venuta meno agli occhi di Dio.

Da quanto abbiamo esposto deriva che la “forma” reale ed ideale del campo manifestato sotto il profilo sintetico è quella rappresentata dal Pentacolo (Stella di Salomone), o dal simbolo orientale dello Yin/Yang, nel quale tutte le Sephirah sono armonicamente comprese ed in reciproca relazione empatica, che non nega le qualificazioni di ognuna ma le potenzia con l’esatta inferenza di tutte le altre.

La comprensione di questa simbologia unitaria ed unitiva è la base per l’intelligenza della sua discriminazione analitica.

- O -

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Tutto quello che accade ad un allievo nella prima parte del Sentiero è preordinato a fargli giungere questa semplice verità: la mente, l’intelletto, l’analisi discriminatoria ed il sapere stesso a nulla servono (nel momento storico attuale) se non vengono vitalizzati ed energizzati dall’Amore, che è Unità e non separatività, che è abbandono fiducioso e totale al Principio.

“Ciò che dal Principio proviene, al Principio ritorna”.E’ vero, ma con la precisazione che torna nella coerenza con il Principio stesso

che l’ha emanato, e cioè solo con l’Amore e con l’arricchimento di un’esatta esperienza vitale.

Se l’Amore manca, o non se ne possiede la sufficiente intelligenza, si troveranno altre strade: alcune oscure ed altre impassibilmente lucenti, l’involuzione o la tensione all’Informale sereno ed immutabile, la via dell’inferno o quella della Trascendenza.

Ma non si raggiungerà mai la completa comprensione del Mistero dell’Essere e dell’Esistere, che sono i Due Volti del Padre: uno proteso all’Informale non differenziato (Non-Duale), che è pace, essenza e potenza infinite, dove la perfetta ed inconoscibile Letizia suprema (Ananda) è la sintesi di Coscienza ed Essere Assoluti. L’altro, indirizzato all’aspetto creativo che dona Se Stesso alle proprie Idee, che le rende vive, consapevoli e complete: capaci di una potenzialità infinita d’attualizzarsi in realtà dinamiche e sempre perfezionabili a se medesime.

Il secondo momento dell’Assoluto è però quello più incompreso, a noi più oscuro ed arduo, perché è coincidenza d’opposti concettuali che, come tali, esistono solo nell’animo dell’ente emanato ma che esprimono con questo la limitazione fondamentale che egli deve superare e chiarificare, per poter procedere nel suo sentiero.

Per questo fine l’allievo è trattato con molta e talvolta severa precisione, e – finché non abbia compreso – quest’ammaestramento lo può rendere un intrico dolente ed infelicissimo in cui si mescolano idee, cognizioni incomplete, desideri più o meno reconditi e frustrazioni perfino feroci.

L’allievo deve imparare a rivolgersi al Padre in Cristo, ad affidarsi senza attaccamento a Lui, e a lottare così basandosi soltanto sulla propria intelligenza dell’Amore. Il resto, ad un certo punto, è vaniloquio.

31-12-2004

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AFFINITA’ E DIFFERENZE

Quello che ci occorre specificare, tanto per il presente stato dei rapporti che a futura memoria, è l’effettivo confine, o limite, delle configurazioni femminili del piano ordinario e di quello sephirotico, comparati fra di loro.

In entrambi i siti, le donne hanno caratterizzazioni comuni di base, e questo è il profilo ontologico fondamentale. Le differenze che riscontriamo sono il frutto, troppe volte amarissimo, di un processo storico distorto e distorcente, che chiamiamo “caduta”. In altre parole, queste specifiche non sono veramente “reali” ma indotte, e tali da costituire un arbitrio, una violazione dell’Idea fondamentale del Padre di tutto l’esistente.

In entrambi i piani le donne hanno queste doti in comune: un profondo senso della concretezza, della realtà della vita e della loro centralità nell’esplicarla; le donne sono molto più unite al corpo, all’aspetto fisico delle cose, di quanto l’uomo comunemente supponga, e questa differenziazione è uno dei più gravi motivi dell’incessante incomprensione che constatiamo fra i due sessi. Come più volte rilevammo, l’elemento virile è naturalmente portato all’introspezione dei valori ed alla sintesi, anche quando degrada fondandoli sul proprio egotismo e non su di un fattore trascendente, del quale è pure portatore, l’Atma. Diversamente, la femminilità cerca la pratica attualizzazione nel concreto delle cose in cui crede, che desidera e che l’appagano. La donna non è astratta, nella misura che può raggiungere l’uomo anche quando essa cade nell’involuzione, e questa particolare attitudine le consente un percorso differentemente qualificato: più lento nelle cadute e tuttavia più aspro nella tenacia delle sue affermazioni.

Queste prime varianti tuttavia non sono le sole che distinguono i due piani di cui parliamo. Ne esistono altre, assai particolari ed in genere del tutto ignorate.

Noi comprendiamo abbastanza approssimativamente le potenzialità e le possibili qualificazioni delle donne di questo nostro attuale pianeta, così come approssimativamente afferriamo la loro psicologia; e tuttavia possediamo anche una qualche conoscenza, indubbiamente più ampia di quella che un ”comune” esoterista può darsi, della femminilità sephirotica, la donna di Yesod; per non parlare della sua vera matrice, la donna di Tiphereth. Qui, noi sappiamo che la femminilità può ampiamente sostituire l’elemento maschile in molti campi, anche direttivi; e non abbiamo ancora compreso che sarebbe meglio affidarle precisi compiti veramente coerenti con la sua natura profonda, come il governo di molti aspetti della res publica, per esempio.

La donna del nostro pianeta vuole imitare l’uomo per esserne pari, in cerca di una propria qualificazione personale che le è normalmente (e sventuratamente) molto impedita. Non è così per la donna di Yesod, la quale non ha alcun dubbio sulla propria superiorità nei confronti dell’altro genere, al punto da considerarlo o come un succubo per natura o come un potenziale od attuale nemico, da gran tempo tuttavia

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quasi totalmente domato. S’inganna e di molto, perché l’uomo astrale è (parliamo ovviamente delle zone demiurgiche, che sono il nostro massimo problema) alquanto insidioso ed astuto, e dissimula il potere che tuttora conserva per utilizzarlo nel modo peggiore. Ma tant’è.

La generalità delle donne yesodiche sono convinte del contrario, e trovano assurdo oltre che stupido affermare la parità fra i sessi e non la subordinazione dell’uno alla superiorità dell’altro, il femminile. C’è, nella nostra storia, un’eco di queste convinzioni nei miti della Grande Madre pervenutici, razionalizzati e a volte nobilitati, anche nell’epoca odierna. Tuttavia i piani sephirotici sono attuali, e hanno un enorme potere. La base ideativa e raziocinante di questo dominio risiede proprio nell’asserita estrema superiorità femminile sull’elemento maschile e, in ultima analisi, sulla capacità d’esprimere il potere. Qui, in effetti, la donna può essere ben più incisiva di quel che s’immagina, perché la sua consonanza con la concretezza le consente d’avvertire i potenti flussi energetici della Manifestazione nel profondo ed in superficie, dove essi si condensano in forme e in eventi.

La donna sephirotica è, dunque, detentrice di un dominio. Ma quale? E quanto grande?

Diciamo subito: essa ha il potere di interferire sul campo esistenziale tanto a livelli sottili (mentali) che grossolani (energetici) fino al punto da modificare strutture fisiche e temporali. E’ cosa ben diversa da quello che comunemente conosciamo, e insieme alquanto lontana dalle acquisizioni scientifiche di cui andiamo tanto orgogliosi. La donna di Yesod percepisce le realtà viventi con una sottigliezza d’analisi e una profondità che noi generalmente ignoriamo, perché la sua mente può penetrare negli aspetti sottili del campo esistenziale e degli elementi che lo configurano: percepirli e al caso modificarli. La scienza di Yesod non abbisogna di macchine complesse o di strumentazioni raffinate per raggiungere i principali (ed attualmente scheletrici) fini cui tende. Ha bisogno di una mente allenata e di una totale mancanza di valori etici, che possa consentirle qualunque cosa purché corrisponda all’affermazione di un predominio incondizionato sull’altro. Su di noi in specie.

Noi non possiamo concepire quello che, in un mondo siffatto, possa essere compiuto e tentato: la proiezione mentale del corpo astrale ne è un aspetto, e non l’unico. In molte aree della Manifestazione, e non nelle più luminose, la telecinesi e l’apporto sono strumenti pressoché ordinari, ed allora l’ambito in cui questi fenomeni sono ignorati o superficialmente confutati è considerato veramente retrogrado, o addirittura infimo. Così non varrebbe la pena d’occuparsene: chi è paria lo è o per natura o per colpa. Nel primo caso, è bene che stia al proprio posto; nel secondo, che abbia quello che si è meritato.

Ma c’è di più. La donna sephirotica ha subìto un lunghissimo processo d’invecchiamento

spirituale, che l’ha resa durissima e povera, tanto di spirito che d’energia pranica. Conseguentemente essa è contraddistinta da una carenza di vitalità enormemente bisognosa di compenso, ed è portata a procurarselo con ogni mezzo che il potere e la

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forza consentono. Questo stato di fatto implica però un decadimento costante, difficile da essere rallentato e compreso perché determina – sempre – un immenso prevalere della mente inconscia su quella conscia; ed allora tutto il negativo diventa progressivamente possibile.

Il vero difetto – che noi condividiamo con troppa facilità – consiste nell’assenza di un centro spirituale interiore alla base dell’esistenza; come sempre abbiamo ricordato, il dramma della Manifestazione è la perdita del Sé e la sua sostituzione con l’ego, che del Sé è l’organo analitico e rappresentativo. Ma questo è discorso già fatto.

In ogni caso, la donna yesodica è potente nell’azione, spietata nel compimento e determinata ad impedire qualsiasi tentativo di modifica strutturale, che considera un attentato alla propria natura e vita. L’esperienza esoterica, sola, può dar notizia di quello che essa attualmente è. E l’esperienza richiede qualche nozione preliminare per orizzontarsi in un labirinto di per sé stesso intricatissimo, e per di più sostenuto a spada tratta perché sia per sempre irrisolvibile. La donna astrale non vuole condurci fuori dal campo del Minotauro, come fece Arianna: preferisce che il mostro azzanni tutti i suoi supposti nemici. Preferisce, in genere, azzannarci.

Tuttavia questi sono aspetti di una “caduta”, e di per sé quindi profondamente irreali. La donna astrale, come quella della Terra, possiede una natura ontologicamente splendida, e suscettibile di un indefinito ed eterno spiegamento. Essa può essere la speranza ed il futuro dell’Interità, e non solo del vettore più tipicamente umano.

Questa è, in effetti, la sua missione. E’ stata dimenticata?Non del tutto e non sempre. Ma, naturalmente, occorre ritrovarla pienamente o

almeno sufficientemente. Il ché è difficile.Un’ultima osservazione. L’Interità, dopo la “caduta”, s’è dissipata in molte

stratificazioni, che vanno dall’abisso alla vera Luce. Noi siamo in un’area intermedia che possiamo definire come Bardo o Duat, e che quindi implica la presenza e l’interferenza di larghe zone dell’involuzione. Questo ci mette a grave repentaglio di distruzione, prima spirituale e poi mentale e fisica, ma ci consente anche d’interferire positivamente con le cause e gli ambiti della sofferenza e del dolore metafisico.

Saremo capaci di tanto?

21-12-2005

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IL REGNO

E’ impossibile dire ciò che non può essere compreso: Malkuth è la sintesi, e la sintesi si può solo intuire, perché se intellettualmente la si analizza e la si divide si perde il suo vero significato nell’infinita serie di fattori interagenti che la costituiscono, e che possono comprendersi solo nell’intuizione dell’ordine in cui essi sono. Ordine UNO e non molteplice, unico e non mutuabile con alcun altro ordine.

Ma Malkuth è “in fieri”, e ora noi vediamo soltanto la sua scissione e la sua faticosa ricerca di sé: che è la ricerca di tutte le Sephirah, le quali solo in Malkuth ritrovano la loro ragione di essere e di esistere.

Ciò che non si è mai compreso in tutta la sua semplicità, è qui.Malkuth è il Centro e la Periferia, è il Principio ed il Fine del “momento

manifestante”. È il Figlio prediletto, che in Tiphereth si esplica come Idea Vivente e Bellezza suprema: Immagine del Padre che in loro si riflette e si svela alla Sua creazione, Amore di Tutto ed infinita specificazione – reale e non illusoria – del Tutto/Uno: che è oltre l’analisi e la stessa sintesi, e che crea perché ama ciò che è in Lui al punto di volerlo anche vivente in Sé e nel Suo infinito dispiegamento.

Il nostro compito è soltanto questo: rendere Malkuth quello che può e che deve essere: sintesi delle Sephirah, ideazione d’Amore che si dispiega nell’aspetto femminile del mondo emanato, in Tiphereth.

Ma se le Sephirah si sentono “più” di Malkuth, se credono di usarlo come ricettacolo delle loro incompiutezze (e sono incompiute fuori di Lui, perché prive d’Idea e quindi pure suddivisioni, analisi senza fine), se esse non si fondono in Lui e con Lui, ciò crea il male, e l’illusione che possa esistere un altro disegno, un’altra verità, un altro modo d’esistere e di porsi di fronte all’Essere.

Malkuth è in eterna espansione, perché è il tramite dell’eterna Idea d’amore e d’Infinità, che trasmette a quella che è la FEMMINILITA’: sua sposa e specificazione infinita, infinità d’Universi e d’esistenze, ognuno dei quali è seme d’infinità e di differenziazione, ed ognuno dei quali è in Malkuth – nel suo eterno Malkuth – immagine del Malkuth Fondamentale, Sintesi ineffabile e divina.

Il “piano” è questo. Ma chi non lo comprende cerca altrove, cerca con la sua mente analitica e razionale, perde la vera sintesi in infinità di pseudo-sintesi, falsificanti perché prive del vero aspetto di ogni Realtà: l’intuizione del VERO, che nel Vero nasce e s’incentra.

Malkuth è Amore.

Il Glifo può essere inteso in molti modi: quello indicativo di un frantumarsi della conformazione originaria della Manifestazione, che è polare in sintesi d’Amore. Quello che indica la prevaricazione delle Sephirah su Malkuth a seguito della “Caduta” e della conseguente perdita del Centro Atmico, non più vivente in

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Tiphereth.Quello che enuncia vie d’ascesi ed i problemi derivanti, ed insieme le strade

operative magiche e teurgiche d’interferenza con il Mondo formale.Ma il Glifo può essere inteso anche sotto il profilo strettamente enunciativo della

struttura della personalità, che è unitaria ma che ha differenti sfere di realtà spirituale, psicologica ed intellettuale, d’analisi e di giudizio prima di condensarsi in una forma fisica, che è rappresentativa simbolicamente di tutto il suo contenuto.

Sotto questa angolazione il Glifo è “unità e differenziazione”, e modalità dinamica di svelamento delle infinite virtualità insite nel suo Atto generativo: di volta in volta attivate dall’influenza eternamente energizzante rappresentata dal suo Aspetto trascendente, la Triade Generatrice.

Il Glifo è simbolo, e quindi la sua struttura rappresentativa va intuita e non codificata in schemi rigidi d’interpretazione. Come simbolo dice che tutte le componenti delle sue Sfere di realtà interiore sono attivate dai vettori che emergono dall’Informale divino, e cioè da Kether, Chochmah e Binah. Dice anche che questi momenti di svelamento scendono lungo i “sentieri” interiori fino a sintetizzarsi in Malkuth: dove emergono come autocoscienza unitaria, e da cui s’irradiano nell’ambito della personalità globale come esplicazioni specifiche della sintesi conseguita.

Ma il Glifo enuncia anche gli errori fattibili in questo processo, dove l’esatta irradiazione trascendente può giungere ad una possibile e non esatta sinteticità seguendo vie arbitrarie, prive del Centro atmico equilibrante: unico criterio di Realtà nell’autocoscienza.

In tal caso Malkuth perde la capacità d’energizzare adeguatamente Tiphereth, e la Polarità di base è fraintesa. Ma perché tutto questo accade?

Qui è il dramma di cui ci dobbiamo occupare. Tiphereth non è al Centro Atmico del Glifo, è dispersa in tutte le Sephirah e non si riconosce nel “Cuore” ma bensì nell’intelletto discriminante, il quale – privo di centralità e di sintesi – discrimina se stesso in infinite serie di riflessioni arbitrarie e devianti.

In tal caso la Polarità è spezzata, e la Femminilità si rende aggressiva per mancanza d’ideazione adeguata. E questa è la colpa dell’Ente Virile quando, a sua volta, si rende privo di intuizione spirituale, di “Cuore”.

Malkuth è tuttavia vettore di sintesi solo in presenza della sua Sposa, Tiphereth, perché altrimenti si perde in se medesimo, nell’astrattezza priva di riferimento alla realtà concreta dell’Emanazione.

L’Emanazione, infatti, nel suo aspetto dinamico e formale, è “Femminilità”, e la Femminilità deve essere riconquistata all’amore e quindi ricondotta alla sua esatta qualificazione polare.

Altrimenti appare l’irrealtà, la maya involuta, la perdita dell’Atma ed il conflitto perenne fra Momento ideante di tramite sintetico e Momento ideante di tramite analitico: ed è il male, la Caduta dal Giardino di Eden.

E’ la perdita del Divino Maestro, e la Sua crocifissione nelle pseudo-verità che ne derivano.

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Un accenno sul problema della “sintesi”, che ammette sempre la successiva “analisi”, ed anzi la richiede come necessità esistenziale. Quello che deve essere sempre presente nel corso dell’analisi è il senso profondo dell’Idea intuita nella sintesi: in pratica, la sintesi principiale viene portata all’organo mentale ed intellettuale, e qui discriminata dallo stesso, ma con particolarissime e successive intuizioni. L’organo mentale fallisce il suo compito quando, nel corso del processo, devia in pseudo-sintesi fondate su estrapolazioni da concettualizzazioni astratte, che non hanno la base reale dell’intuizionismo spirituale.

Come è detto nella prima parte del presente studio, la sintesi si può solo intuire: e la si perde se la si analizza e divide in modo astratto, e cioè privo della continuità dell’intuizione.

I fattori spirituale e mentale dell’organo interiore (autorappresentativo) sono in realtà identici nella sostanza e a differente grado d’attualizzazione dell’Idea basale: devono essere coordinati ed omogenei nello stesso tempo, per raggiungere un esito reale da proiettare, una volta scelto, nel campo intimo od esterno.

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LA FORMULAZIONE DEL PLEROMA

Affrontiamo in questo breve studio il problema della formulazione del campo pleromatico manifestato (altra cosa è il Pleroma trascendente, il Cit divino), e in particolare cosa si nasconde dietro ed oltre l’atteggiamento interferente delle entità di Yesod. Per prima cosa, possiamo enunciare alcuni dati assai dolenti e difficili, tanto per noi e per vaste aree del Glifo che per il Padre creatore. La prima comunicazione è questa, a noi genericamente già nota: la crisi della Manifestazione è ora in atto esattamente come lo fu in un tempo arcaico, primordiale.

Precisiamo qualcosa: in una non definibile zona dell’Emanazione, ed in un “momento” che differisce dal nostro comune concetto di tempo, il Pleroma principiale (o “Occhio di Ra”) è precipitato in una gravissima crisi, e si è rivoltato in notevole parte contro il Padre. Questo fatto, estremamente grave per la spietatezza e l’oscura intenzione, ha determinato un atto d’assoluta discriminazione dello stesso Dio creatore (Atum-Ra), il quale è stato costretto ad agire in Giustizia ed in Rigore. L’atto ha così precipitato molti enti pleromatici (archetipi principiali) in un ambito non dimensionale ed immensamente distrutto ed irreale, ed in tal modo s’è evidenziata la qelliphoth e l’inferno dell’autorappresentazione. Altre personalità, un tempo nobili e leali, si sono ridotte al ruolo di mera esecutività, e cioè hanno subìto quello che i Romani indicavano come “capitis deminutio”: uno scadimento sostanziale e pesante della loro condizione esistenziale, e la perdita dello stato originale d’archetipi. Ma non era, questa, la qelliphoth.

La globalità del campo manifestato ne risultava pesantemente ferita ed affaticata, ed allora il Pleroma stesso ha deciso d’evidenziare in sé un preciso vettore, capace d’agire nei termini possibili in sostegno di coloro che avevano deviato, assumendosene temporaneamente il peso e le situazioni per renderli al loro vero stato. Questo è il “secondo atto creativo di Adam”, compiuto – sottolineiamo – dal Pleroma; ed è quello che noi più immediatamente rileviamo nel testo genesiaco.

Adamo ed Eva, aspetti nel limite dell’Idea divina, una ed illimite, nacquero allora in un ambito assai bello e sereno, che riproduceva l'“immagine” del primo Eden, disfatta dall’abominio. Immagine non inadeguata, anche se ovviamente di livello inferiore, e comunque atta all’altissimo compito che si era proposta all’unisono (apparente) con gli altri enti del Mondo Archetipale.

In tal modo si evidenziò l’Uomo Cristico, ricco di nuova misericordia e di spirito di sacrificio, e quindi capace d’agire impersonalmente per il bene generale. E qui il “serpente” nascosto, figlio della prima “caduta”, s’è attivato entro il Pleroma stesso, ed ha tradito quanti ha potuto. Quello che non gli era riuscito nel primo tentativo fu - ed è - perseguito nuovamente in forme e modi differenti, con l’identico scopo di contaminare tutti i fratelli che si mostrassero accessibili per aggredire insieme la Realtà di Dio. Così la forza spirituale e la pace, che erano in molti casi sufficienti per mantenersi con il Padre, vennero affaticate, contestate e poi tradite, e un gran numero di entità archetipiche fu in tal modo resa soggetta a questi nuovi ed

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ignobili padroni. Nacque allora e si manifestò nel Pleroma l’istanza demiurgica, quella che per noi è causa di frantumazione tanto interiore che formale, e che si focalizza nel nostro ciclo di nascite e morti racchiuse in tempi obiettivamente brevi.

Infatti, il dolore e la stessa morte fisica sono l’atroce invenzione di questo degenerato campo demiurgico, il quale vorrebbe condurre, con l’ininterrotta reiterazione, alla definitiva distruzione totale i propri avversari, rendendoli demoni privi di corpo.

Questo è l’antefatto, ed è anche il problema del momento presente.Specifichiamo: il tempo pleromatico non è semplicemente lineare come quello

che conosciamo, ma piuttosto circolare o sinusoidale. Ciò implica che esso circonda, in un certo modo, il nostro tempo odierno, e che quello che è per noi il passato costituisce tuttora il presente – molto esteso – del Mondo Archetipico. Conseguentemente è lecito affermare – grosso modo – che la “seconda caduta” coinvolge ora le entità pleromatiche che reggono la Manifestazione, e che essa s’evidenzia ogniqualvolta un ente del loro ambito, od uno dei piani traditi, cerca di recuperare la propria verità.

Ecco il quadro. Noi non incontriamo semplicemente l’ostilità dei campi sottili di tangenza (le entità di Yesod in senso stretto) ma anche quella di altri che sono tuttora fondamentali, che si collocano tuttora nel “nostro” particolare pleroma, e che quindi costituiscono le sfere sephirotiche “sopra” Yesod.

Queste considerazioni ci dicono che il nemico è forte e potente, privo d’ogni capacità d’amore e di giustizia. E tuttavia, come abbiamo già sottolineato, non tutto il Pleroma s’identifica con il demiurgo caduto. Anzi. C’è e vive un piano di pura e limpida luce, prossimo e perfino empatico con quello Causale, con il Dio creatore e sostenitore. E c’è anche un’area conflittuale tanto nei confronti del demiurgo quanto in quelli del Padre, ed in un senso che cerchiamo di precisare. Questa zona, formulata a vari livelli e con differenti motivazioni, si è conferita una concezione del divino che a Dio non appartiene in parte o in tutto e che quindi ne travisa l’essenza e la volontà. Così come nel nostro ambito, storico ed attuale, esistono interpretazioni differenti del Momento Causale, dell’Assolutezza, e sovente esse ne ignorano l’Amore.

Questa è cosa che, riflettendosi nel nostro piano, possiamo vedere esemplificata nelle tante dottrine antitetiche fra di loro, nei dogmatismi confessionali, negli integralismi (e nelle conseguenti lotte di religione) privi di vero ascolto interiore, nei riti formalistici e carenti di spiritualità e di contenuto reale, nei diffusi ateismi e nelle mille estrinsecazioni dell’egocentrismo che ci conducono dall’esperienza di dittature vere e proprie, ai non molto meno temibili monopoli economici ed industriali.

Questa è la situazione: Yesod “precipita” in Malkuth, sempre. Ed allora e sempre Malkuth è lo specchio – più o meno fedele, più o meno deformato – di Yesod. Ma solo in Malkuth, nel “nostro” Malkuth ed in tutti i Malkuth dell’Interità, il Padre incontra chi lo può e talvolta lo sa ascoltare.

Nelle zone oscurate c’è soltanto dissidio e prevaricazione; nel pleroma inquieto ed incerto sussiste confusione, timore ed insufficienza.

Nel Regno di Cristo c’è pace e dolore per quanto accade. E tanto, tanto amore.

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Il sostegno alla ricerca soterica proviene proprio da quest’ambito, del quale Maestro e Re è il Cristo in Gesù ed in Maria, la Madre.

Ed allora il problema è questo: far sì che l’abominio demiurgico non prevalga, e che l’immane lacerazione inferta all’amore di Dio cominci a risanare.

Notiamo: il fine è certamente il “nostro” riscatto, ma con questo ed in questo è anche e soprattutto il superamento della frattura interiore e formale per quanti possano essere ricondotti, con un adeguato itinerario soterico, nel Regno.

Ecco perché molte personalità dei piani sottili si mostrano contraddittorie: esse si fondano su di un pleroma inadeguato, che il più delle volte spegne brutalmente i loro tentativi di comprendersi e comprendere, usando sempre la prevaricazione e spesso la violenza. In tal modo l’entità di campo fornisce di sé un’immagine confusa ed inquietante, che affatica e defrauda il ricercatore.

E’, questa, la logica della “caduta”: contemporanea per noi e per Yesod.Il problema fondamentale consiste nell’intelligenza d’Amore che si esplichi

secondo la Legge di Polarità. Certe entità cercano di fare a meno, per motivi complicati e in parte

comprensibili, dell’elementale virile, il quale è a livello sintetico il tramite dell’Idea basale. Il peccato che le affligge consiste nella negazione dell’Immagine che la creatura deve impersonare, e l’Immagine riproduce nel limite la Realtà Causale.

Nel limite: laddove sussiste nel sommo Fattore differenza ed identità, nel limite compare la distinzione fra Uomo e Donna, i quali solo insieme e per reciproco amore ricostituiscono di nome e forma l’unità sostanziale. Conseguentemente l’Idea fondamentale esige l’attualizzazione della Polarità in senso teurgico, che è ben lontano e distinto da tutti gli aspetti temuti e ricusati dalle entità yesodiche. Tuttavia esse s’irrigidiscono e s’oppongono soprattutto perché il loro rapporto con Dio è intellettuale e non spirituale, analitico in senso mentalistico e non intuitivo. In molte, poi, ciò accade perché non sanno rendersi ragione di un rapporto che non esprima soprattutto piacere fisico e gratificazione emotiva, ma valore. Tutto questo però è egoismo e non amore, individualismo separativo e non unità.

In altre parole, le entità demiurgiche non conoscono più il vero ascolto interiore, e conseguentemente dicono al Padre ciò che Egli è e ciò che non è. Ripetiamo: tutto questo è egocentrismo e assenza d’amore, individualismo separativo e non unità; ed allora la preoccupazione del vero Maestro atmico consiste nel mettere le entità delle sfere sephirotiche in rapporto con persone capaci di renderle all’intelligenza del fattore polare in senso teoretico, e poi d’esemplificarne la reale incidenza nella stessa dimensione in cui esse vivono.

Se i campi sono frantumati, la ragione è che le loro ideazioni, le loro intenzioni si scontrano con quelle del Padre, il quale vuole e sostiene il ripristino del Suo antico nesso empatico ed unitivo con il vero Uomo.

Così il Maestro s’intrattiene con quanti vogliono essergli discepoli, e conferisce loro l’Idea di Polarità.

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YESOD

La domanda che ora vogliamo porci è questa: cosa è effettivamente Yesod, tanto in sé che nei nostri confronti?

Yesod è, come abbiamo già detto, il “doppio astrale” di Malkuth, e noi siamo in Malkuth. Noi d’altro canto siamo a nostra volta il “doppio astrale” di Yesod, e questo semplice fatto è poco noto. Vediamo dunque di cominciare a chiarirci il problema.

Per prima cosa notiamo che fra noi e la Sephirah di Yesod c’è una consonanza, un’affinità diretta che non è tale con le altre Sfere del Glifo. Yesod non solo ci sovrasta ma è, come noi, il punto di confluenza dei vettori che uniscono tutte le zone della Manifestazione, rendendola un corpo unitario nel quale le singole specificazioni – le Sfere sephirotiche – interagiscono e si autodeterminano in costante sinergia.

Con Yesod possediamo in comune un fattore particolare e veramente straordinario: essere esposti entrambi alle influenze di tutto il rimanente Glifo, e subirne quindi l’impatto con estrema incidenza quando la zona d’esistenza generatrice appare contaminata ed in fase recessiva.

In altre parole, Yesod condivide con noi problematiche di grave peso, e questo fatto è di per sé così oscurante da non poterne definire facilmente l’impatto. Per di più (e questa è la differenza fondamentale fra Yesod e Malkuth) la Sephirah condivide con piena partecipazione l’ideazione demiurgica, contraria a quella del Centro Causale, e conseguentemente è completamente indifesa di fronte a qualsivoglia atto di prevaricazione che venga compiuto nei suoi confronti.

Yesod è la spada, la lama dell’Emanazione contaminata rivolta contro l’Amore di Dio.

Lama in larga misura inconsapevole del proprio stato. Consideriamo dunque le condizioni del nostro Doppio Astrale un poco più da presso.

La Manifestazione coinvolta nella “Caduta” non è priva d’intelligenza; è, al contrario, molto capace d’analisi e di razionalità, e almeno tanto quanto è incapace d’Amore. Il dono di Dio, la mente/intelletto discriminante, è completamente frainteso: la mente, come sempre abbiamo rilevato, è spirito in fase analitica, è punto d’identificazione nel SE’ totale del “sé” personale ed insieme dell’altro, il quale è tutto quello che si colloca oltre la nostra coscienza individuata ma che con quest’ultima intrattiene profondi rapporti d’unità ontologica e di differenziazione ideativa, autorappresentativa.

La mente di Yesod è sufficientemente capace di razionalità e d’analisi: non con vera profondità in genere, ma con precise eccezioni.

Yesod è – o dovrebbe essere – l’aspetto sintetico dei mondi sephirotici che lo sovrastano e, sovrastandolo, lo condizionano. Tuttavia questi mondi si pongono nei confronti di Yesod non su di un piano di parità, ma piuttosto di dominio gerarchico. E così la sesta Sephirah è, per le restanti “cinque” (ma esiste davvero Tiphereth, in

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questo contesto?) la loro esecutività. Ecco un punto d’analisi davvero importante.Esecutività: il nostro concetto d’esecutività, quello almeno di chi, in Malkuth,

vive nell’amore di Kether, è d’attualizzazione di un’Idea informante, ma compiuta in modo libero e capace quindi d’esprimere compiutamente e felicemente le profonde valenze della nostra personalità.

Esecutività spirituale, fondata sull’intuizione nell’Amore, che conferisce un profondo significato alla vita personale e globale, e la vuol rendere veramente l’immagine della Vita assoluta da cui è generata.

L’esecutività nell’ideazione fondamentale di Malkuth è creatività che si fonda su di un dato reale, è veramente pienezza di vita al nostro livello, ed insieme dinamismo che costantemente supera i limiti attuali nell’incessante ricerca della nostra verità e della nostra gioia.

Nulla di questo nell’ideazione del Glifo oscurato: per lui l’esecutività è passività, vincolo ineluttabile ed asservimento a un volere superiore che non deve né essere compreso né venire discusso, ma semplicemente attualizzato. Un volere che fonda su di sé la propria validità, e non certo su una Realtà che lo trascenda e, trascendendolo, lo giustifichi.

Ribadiamo che tutta l’emanazione è “esecutiva” nei confronti dell’Emanante; ma l’Emanante (Kether) esige che i figli (ai quali dona il proprio potere di svelamento delle Sue intenzioni, e cioè di un’Idea divina – particolarissima proprio perché è “dinamica” - che implica infinite valenze) siano per loro scelta Sue Immagini nel compimento della loro missione.

Siano Libertà e Gioia. Siano Amore.Possiamo adesso individuare i punti di confluenza e di differenziazione con

Yesod, e così risalire più esattamente alle radici del nostro problema.La Femminilità è, nella sua essenza, profonda capacità analitica ed informante

dell’Idea di Vita. E’ estremamente adeguata a condurre ad atto le direzioni delle scelte, e questa qualità sussiste anche nei limiti coattivi che derivano da un allontanamento dal Padre. Ne consegue che le “Forme/Pensiero” ideatrici di questo Glifo affidano alle Donne (in misura almeno preminente) il compito di controllo e di guida delle “energie informanti”.

Quando coloro che agiscono sul piano delle scelte vettoriali sono involuti e lontani dal Centro Atmico, questo fattore si risolve in un atto d’oscura soperchieria sull’elemento femminile. Atto che si assomma a molti altri, non meno osceni e nefasti.

Cosa ne deriva? Innanzi tutto una decisa, spietata, volontà d’asservimento della Donna al potere maschile; poi, la sua riduzione a mera esecutività, ad esecutività cioè in “senso stretto”, senza alcuna autonomia decisionale e operativa.

L’insindacabilità delle delibere nelle zone ideanti del Glifo deve essere fuori discussione, e questo comportamento è insieme direzionante e costrittivo.

Ci troviamo di fronte ad una serie di considerazioni che devono essere chiarificate: la prima è che Yesod (lo Yesod del comune contatto e della maggiore interferenza) è prevalentemente costituito da formulazioni esplicative che sono

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“donne”, ma ridotte al livello – nella mente del Demiurgo dominatore – di linee di dominio sottile e grossolano, che consentono l’apporto energetico a chi di per sé ne sarebbe privo. Donne violentemente coartate e (come sempre accade in ambiti fortemente intellettualizzati) il condizionamento è operante soprattutto al livello mentale inconscio: lasciando alla mente conscia il solo compito di razionalizzare o rimuovere le motivazioni del suo stesso comportamento, e d’eseguire a qualsiasi costo gli ordini impartiti.

Così lo Yesod astrale si mostra “femminile”, ma irremovibile e indirizzato al potere assoluto e al suo esercizio su Malkuth.

Malkuth è la base del Glifo, è l’Elementale Terra nella formulazione polare, che è fondata sull’intuizione (virile) e sulla conseguente attualizzazione (femminile): e giova qui rammentare che sia l’uomo sia la donna sono “microcosmi”, e quindi entrambi partecipi delle due modalità dell’archetipo, secondo le loro qualificazioni.

Malkuth è, o dovrebbe essere, nelle sue entità virili ricettivo nei confronti del Padre, e profondamente attivo nei rispetti delle naturali compagne e dell’intera Manifestazione, secondo la propria attualità; nelle entità femminili, esso dovrebbe saper rendersi ricettivo dell’Idea trasmessa dagli enti di tramite, e intensamente ideativo nelle formulazioni operative conseguenti. Entrambi gli enti, secondo specifiche attitudini, sarebbero allora ricettivi e differentemente attivi per condurre a forme viventi le loro potenzialità.

La Settima Sephirah (o Decima, se consideriamo il Glifo nel suo senso unitario) si trova in tal modo in diretto conflitto con la volontà demiurgica di possesso e potere indiscriminati, della quale il Campo astrale è fortemente impregnato.

L’asservimento di Malkuth, la sua riduzione a servaggio e la sua stessa dissoluzione diventano un’esigenza primaria per coloro che si pongono invece contro l’Intenzione di Kether, ed affermano titanicamente la propria. Ma non basta.

Per propria natura profonda, e ne abbiamo indicato molti aspetti in passato, l’elemento virile di Malkuth è in empatica sintonia con quello femminile, che impersona la Potenza esplicativa ed analitica del Vettore esistenziale, intuito sinteticamente dal tramite ideativo.

In altri termini, l’Uomo di Malkuth è profondamente legato, “innamorato” nel senso più alto e preciso, della sua naturale Compagna, che desidera nella pienezza dei suoi attributi, primo dei quali è la libertà d’esprimersi.

Questa configurazione essenziale fa sì che l’Uomo si ponga naturalmente come difensore della Donna, e voglia restituirla al suo stato originale. Non interferendo con l’esplicazione dell’Idea, che è massimamente “femminile”, ma rendendosene il garante.

Vuole cioè che nessuno e nulla limiti la libertà femminile, o la svii dalla sua spontaneità con falsificazioni ed inganni. Ricordiamo a questo punto che la libertà è scelta del bene nel Reale, essendo in ogni altro caso meglio denominabile con il

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termine “arbitrio”.Consideriamo inoltre che la sintesi è – per sua essenza – in larga misura pre-

formale, e che essa incontra la sua stessa comprensione quando diventa analisi dei contenuti. Analisi necessariamente parziale ed imperfetta, ma sufficiente per il momento considerato se è sufficiente agli occhi di Dio.

Malkuth, soprattutto nelle sue formulazioni di tramiti ideanti virili, ma anche e non raramente in quelli esplicanti femminili, è dunque - per il Demiurgo - l’avversario, e contro di lui si scatena la violenza delle Sfere involute.

Le condizioni attuali del nostro campo ne sono la drammatica testimonianza: sono condizioni gravi ed in costante peggioramento, e delle quali siamo ovviamente responsabili per buona parte, che non possiamo considerare sanabili se non individuandone le cause – sottili e grossolane – e trasformandole dall’interno.

Il Regno (Malkuth) è la base dell’Albero della Vita (ricordiamo le parole di Cristo: ”Venga il Tuo Regno”?), è il fondamento. E’ allora facile intendere perché un’ideazione di potere voglia dominarlo, e scaricare su di lui tutte le proprie incompiutezze lucrando delle sue energie e della sua vita: prima d’annientarlo.

Logica d’abisso, ma coerente con il postulato che è il “potere” l’elemento da attualizzare, a qualsiasi livello.

Possiamo ora comprendere le difficoltà di Yesod: difficoltà che nascono senz’altro dal fraintendimento della propria specifica natura e di quella della Sfera che cerca di controllare, ma anche e soprattutto dalla costrizione, inconscia e feroce, che subisce costantemente. Affrontare Yesod è allora contrastare il dominio delle Sephirah, l’intenzione demiurgica. Superare l’inimicizia di Yesod è disarmare la “contro-iniziazione” e obbligarla ad un atto di riconoscimento del proprio stato e dalla propria irrealtà.

Valutiamo pertanto le entità di Yesod sotto questi differenti profili, e rileviamo che esse sono, in larga misura, le compagne antiche, ataviche dell’uomo: nella formulazione principiale di Adam.

Rendiamoci conto che la loro ferocia, l’ostinazione e l’incomprensione dimostrate, non è certo priva di loro responsabilità (ma chi è “innocente”, a questo punto?) ma che va compresa.

Esse sono il tramite inconscio, inconsapevole e solo talvolta veramente lucido di una volontà che nasce da un “universo”, e che in quanto tale è veramente difficile da essere vinta.

Questi dati, uniti al naturale atteggiamento veramente virile e femminile da riscoprirsi e da riaffermare, devono costituire il supporto dell’azione nei confronti delle entità di Yesod: le quali – lungi dall’essere dissipate o precipitate nel loro personale inferno – dovrebbero reintegrarsi per quanto è possibile nella Realtà dell’Amore, in Cristo.

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Vediamo più da presso cosa è la “femminilità” delle Sei Sephirah che stiamo considerando, e cioè quella tuttora nell’ambito della Caduta.

Yesod, come abbiamo detto, è il punto di confluenza di tutte le linee ideative e vettoriali dell’Interità. Questo significa che in Yesod noi possiamo individuare tutte le componenti della Donna attualmente attive nelle zone sottili, ed anche se essa non si vorrebbe identificare con quella sfera, considerata meramente “esecutiva”.

Le entità propriamente di Yesod (quelle che interferiscono direttamente con l’Adam della Terra) sono le schiave, le “serpi” di altre femmine: diverse da loro per arbitrio e per l’insana pretesa di sostituire l’ente di tramite virile a tutti gli effetti – il Demiurgo è “donna” – ma sostanzialmente identiche.

L’albero della Caduta attuale non è un luogo ameno: è al contrario una tremenda fucina di dolore, di prevaricazioni e di odio. Gli uomini (non molti, ma qualcuno e prevalentemente “effeminato”) di questo glifo, che si resero responsabili nella loro assenza e passività verso la donna, di questo scempio sono insufficienti a qualsiasi rapporto anche lontanamente “polare”, e le loro intenzioni si risolvono nel plagio e nel possesso. In questo gli “uomini”, forti del loro intellettualismo (che stranamente qui e là ha effetto sulla femminilità) riescono sovente a prevalere, e soprattutto se possono condurre insensibilmente le antiche compagne a confrontarsi con loro sul terreno della mente e della “razionalità” – in cui sono più forti – e non su quello della vita concreta, che è ben diverso.

Tutto questo non passa però inavvertito. Le donne tentano di compensare l’insufficienza maschile assumendone le forme, e cercando d’acquistare una capacità ideativa anche “sintetica”. Potrebbero, perché le loro capacità virtuali sono immense, e lo consentirebbero, ma sono interdette dalla perdita del Centro Atmico esattamente come i loro brutti compagni e nemici, e quindi la loro azione è insufficiente e – finché tale stato permane – esse stesse sono difficilmente difendibili.

La Donna deve poter tornare alla sua identità vera, alla sua Realtà: non cercare d’imitare o pretendere di sostituire in un conflitto aperto la virilità della Manifestazione; il ché in partenza è destinato al fallimento.

La Donna è di per sé tanto alta e nobile da non dover scendere –mai! – a compromessi per essere se stessa, ed è tale da poter compensare, se occorre, l’insufficienza maschile, specie nella nostra zona.

Può e sovente deve: e solo tornando a Dio, recuperando il Centro interiore ne è capace. Imparando – magari ex novo – l’arte d’amare.

Altrimenti rimane insufficiente. Insufficiente e molto indifesa nei confronti della prevaricazione maschile, e per di più in balia delle proprie frustranti compulsioni.

La Caduta non risparmia ovviamente l’ente virile. Persa la sua vera natura, egli si riduce fatalmente ad atteggiamenti femminei, e – nella brama smodata di possesso e di poteri – diventa la parodia della femmina.

Il disastro è complesso nelle sue implicazioni, e semplice nell’aspetto: ne deriva un insanabile conflitto che oppone la donna all’uomo disgregando in loro l’intelligenza dell’Idea basale, la Polarità.

Nell’analisi di Yesod è importante che ci ricordiamo questi dati, perché le donne

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della Sfera temono grandemente l’uomo di Malkuth, ed insieme lo desiderano.Desiderano l’uomo vero, perché è ancora sufficiente a loro, ancora

sufficientemente dolce e forte da costituire un punto di riferimento per la femminilità offesa e negata, che qui trova un imprevisto spazio per un’emozione altrove inesistente.

La Donna, prima d’accingersi ad amare desidera essere amata; poi, se procede nell’emancipazione, scopre che essere amata ed amare sono identità, e non può veramente gioire dell’amore che le venga donato se non lo ricambia con eguale amore. Ma è altro discorso, altro momento del processo.

Malkuth e Yesod: due Sephirah su sette del Mondo emanato. Ma poi è proprio così?

L’analisi e l’esperienza tendono a negarlo. Se si approfondisce il tema, si nota che la considerazione delle zone secondo un criterio separativo e in qualche misura d’opposizione dell’una all’altra è irreale, perché esse formano sostanzialmente un continuo. Le zone indicate dal Glifo sono certamente reali, ma è altrettanto sicuramente irreale considerarle divise, distinte concretamente fra loro. Quando incontriamo Yesod noi incontriamo sei Sephirah nel loro “strumento esecutivo”, non una. La gerarchia che impone le divisioni e le caste nell’interno dell’Albero è gerarchia di potere e di dominio, e non altro che allucinazione involutiva troppo condivisa in queste zone.

Consideriamo adesso le pratiche possibilità di un qualche rapporto con le entità di Yesod, le quali rappresentano certamente il nostro passato. Ma quale passato?

La tangenza di una sfera non è mai casuale, e questo dato va compreso. Nell’Emanazione esistono fattori d’affinità e di conservazione dei nessi unitivi che non possono essere facilmente annullati. Essi, infatti, si fondano su un antico atto di scelta, così profondamente sentito e vissuto da essere accolto dall’Amore di Dio, almeno finché un fattore ostativo e concretamente dirimente non intervenga e lo sciolga. Questo è il cosiddetto “potere delle Chiavi”, che appartiene alla creatura per espressa volontà del Creatore. Basti qui ricordare che per “chiave” si intende anche la coppia polare, e che il suddetto potere propriamente si riferisce al mantenimento dei vincoli d’amore e di contiguità che la Polarità ben intesa comporta.

Noi però ci troviamo di fronte ad una Polarità ferita e a un Campo di Manifestazione scisso nelle sue componenti essenziali e per questo in fase recessiva. Il momento presente (un “presente” di lunga data, che si mantiene così da età remote) è fortemente involutivo. Più esattamente, è la fase terminale - per questa Interità di cui siamo partecipi - del Quarto Yuga, quello di Kali.

Se i piani sono frantumati, e il nesso polare vulnerato o vanificato, qualcosa del passato tuttavia resta. Così in Malkuth coloro che sono tuttora reciprocamente empatici per profonda intuizione dei loro stati finiscono col ritrovarsi, e molti di noi attivano rapporti che rinnovano nel presente antiche affinità. Sono, data la condizione

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generale in cui si configurano, incontri in genere alquanto conflittuali, e le difficoltà non sono certo comprese nelle loro cause ed efficacemente combattute. Tuttavia rimane qualcosa che – talvolta – sa esprimersi con grande intensità.

La Sfera Polare è dislocata su molteplici piani esistenziali, alcuni d’immediata tangenza ed altri percepibili solo in particolarissime condizioni: questi ultimi esigono una precisa “iniziazione” al contatto per la loro elevata qualificazione, e sono conseguentemente oltre i limiti d’analisi che stiamo conducendo. Consideriamo dunque prima di tutto i piani che sono intrinsecamente “affini”, ma che risultano contrastanti e divisi dal nostro tanto nelle idee che nei fatti: come un rapido esame delle loro intenzioni ci delucida immediatamente.

Abbiamo più volte rilevato che il punto d’incontro delle Sephirah con la nostra zona si condensa in Yesod, che è la sintesi (prevalentemente femminile) delle rimanenti sfere esistenziali. Sintesi che dovrebbe essere limpida se non luminosa, consentendo quindi un riavvicinamento lineare e felice, ma che – anche per le nostre incompiutezze generali – si evidenzia conflittuale e disastrosa, in quanto impersonata da entità a vario livello contaminate ed involute.

Yesod si presenta nei nostri riguardi come un fattore negativo ed ostativo di ogni progresso nel sentiero reale: è un coacervo di volontà di potenza e di spasmodico desiderio d’assicurarsi una sopravvivenza a nostre spese, di paura e di velleità; è incapace di comprendere le nostre idee più nobili e reali, e – ovviamente – le persone che le professano.

Yesod ignora il Dio d’Amore, il Cristo e Osiride, Krisna e Mitra: ignora e teme, perché l’idea d’Amore vanifica quella di potere in cui la Sephirah si identifica, e la dissoluzione del potere in tal caso comporta la dissoluzione delle menti che la mantengono ossessivamente.

Yesod, e con lei tutte le restanti Sephirah, hanno grandi cointeressenze con l’uomo di Malkuth, e non sempre dettate da un calcolo meramente utilitaristico: queste entità sono legate alle nostre vite da antiche qualificazioni, e sentono più o meno confusamente la necessità di recuperare “qualcosa” che le sostenga e le difenda. Sentono che noi, o almeno alcuni di noi, potremmo rappresentare il “nuovo”, il “diverso” e forse un “valore” per loro, che ne sono dolorosamente prive. Yesod è un mondo ripetitivo, statico e oppressivo, ma non del tutto privo di speranze; la difficoltà consiste nell’aiutare le poche che hanno qualche virtualità positiva a mantenerla e a realizzarla, contro l’opposizione feroce delle altre, che sono poi la stragrande maggioranza e che agiscono collettivamente per induzione di plagio e di dominio.

La Donna di Yesod è complicata, nel profondo: strumentalizzata dalle altre, è quasi priva d’autogoverno e di libera scelta, è impregnata d’ideazioni tipicamente involute e spaventata tanto dalle condizioni del proprio campo quanto da una nostra interferenza, incompresa e temuta.

La struttura della mente esige, per la sua normalità, la fluidità e la libera discriminazione, che sono gli strumenti per comprendere l’intuizione spirituale. Se manca questa normalità, la mente si irrigidisce in schemi privi di realtà, frutto di estrapolazioni arbitrarie da concettualizzazioni più o meno distorte, in un processo

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“circolare” che genera solo l’allucinazione della maya.Sostituendo il “potere” all’amore, l’ego al Sé, si determinano le condizioni di un

perenne conflitto che oppone necessariamente il singolo alla generalità, e che non può essere sanato con artifici provvisori ed astratti.

Se il rapporto con la Sfera di Yesod è tanto arduo da rendersi facilmente “impossibile” nella generalità dei casi, Yesod deve essere abbandonato al suo destino? O è invece possibile tentare qualcosa, e come?

Abbiamo più volte sottolineato che il più grande impegno del figlio che voglia ritornare nelle Case del Padre è saper rendere a Dio quanto gli fu ingiustamente sottratto, e cioè la naturalità del piano emanato nelle persone che lo compongono. Quello che abbiamo raramente puntualizzato è il tempo necessario a questo tentativo, e le forme operative che esso può o deve assumere.

Yesod rappresenta la “contro-iniziazione” che vuole introdursi nel nostro stato e prevaricarci, rendendoci simile a lei, ma non solo: Yesod è anche faticosissima nostalgia di un momento di riposo, di una felicità non del tutto dimenticata anche se non più conosciuta né compresa. La “compassione” per Yesod (e per le restanti Sephirah) è dunque necessaria, ma unita alla precisa considerazione delle limitazioni operative che incombono sul nostro atto soterico.

Atto soterico difficile e che richiede tempi lunghi d’esecuzione, il cui esito non è prevedibile (qui occorre riferirci al Krisna del Baghavad Gita) e può condensarsi in eventi posti ben oltre la durata di questa nostra vita.

Il compito dell’iniziando alla Sfera di Yesod – e specificheremo in seguito a “quale” Yesod dobbiamo tendere – non è conseguentemente quello di ripristinare un antico rapporto con le entità che si presentano al contatto, mediante la loro purificazione e la loro riconduzione all’Idea di Polarità.

Il nostro compito principale è più umilmente quello di sottrarle al loro stato attuale, di obbligarle - con l’esperienza della loro irrealtà - ad abbandonare le ideazioni più oscure e radicate, ed indurle a un iter salvifico che le conduca (come e quando ci è impossibile prevederlo) verso il Padre.

Questo iter è rigoroso, e comporta in genere anche la rottura dei rapporti con le entità di contatto ed il loro contemporaneo affidamento al Maestro atmico, condotto con costanza e precisione al massimo livello che ci sia possibile. Solo la Misericordia di Kether, impersonata in Cristo, può raggiungere questo risultato, ma la Misericordia esige, per agire, il contributo delle persone concrete che possono e devono offrirlo. Esse in tal caso agiscono come “anticorpi” contro il dolore che affligge il grande corpo di Adam, sono Adam stesso che lotta per la propria salvezza: così Adam sceglie il sentiero del reintegro nonostante le difficoltà che incontra, e il Padre può sostenerlo senza negarne la libertà.

Quest’eventualità è grandemente positiva, e implica - per coloro che la attualizzano concretamente - il superamento della Caduta. Se non si verificasse, le entità di Yesod (ben più di noi prive di attuali capacità autonome di scelta) sarebbero sulla via di un’oscura involuzione che implica necessariamente il riassorbimento del Kali-Yuga al suo termine, e il remoto processo di un nuovo Atto emanativo che

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conduca dall’Informale a nuova esistenza. Ma quale?Il karma, infatti, non si annulla perché l’arbitrio che lo ha provocato può essere

dissipato solo in Dio, e con un atto di vera scelta nel suo Amore. Conseguentemente è prevedibile che una nuova esistenza conduca gradatamente le personalità alle condizioni di scelta mediante l’esperienza della negatività karmica che si sono date, e non importa in quale dimenticato passato. Le sofferenze che le persone incontrano nella loro vita sono motivate: ma quanto remote e dolorose le radici!

Questa è la profonda, principiale ragione dell’azione soterica che il Maestro conduce con noi, se intraprendiamo il sentiero mediano. La risultante, e cioè il riequilibrio del Glifo in noi e per noi, emerge solo con l’iniziazione a Tiphereth, alla quale quella di Yesod è prioritaria. E non si tratta di cancellare “questo Yesod” per incontrare il vero Yesod, quello della Luce: Si tratta piuttosto di ricondurre il Campo contiguo al Padre, di avviarlo e di affidarlo a Dio. In tal caso noi pure ritorniamo concretamente nella Sua Volontà, e non importa se dovremo abbandonare molte e molti nel nostro cammino: un giorno, forse remoto, li ritroveremo.

Senza il contatto con l’uomo di Malkuth, in cui sopravviva l’Ideazione matrice, le donne di Yesod sono condannate. Le condizioni generali e personali non consentono altro che una lenta e dolorosissima caduta. Perdere l’ente di Malkuth è per loro il principio della fine, se questo accade “prima” che venga ristabilito il loro stato a un punto di realtà che consenta una effettiva sopravvivenza.

Il riferimento – riferimento concreto – alla Misericordia di Dio ha precise implicazioni. Le entità involute devono essere vanificate profondamente nelle loro astratte ideazioni, tra l’altro povere quanto statiche; deve essere cancellato il potere d’ingerenza e di possesso delle menti altrui, e sostituito per quanto possibile dalla volontà d’accordo e di rispetto delle reciproche libertà. Questa dissoluzione delle parti irreali della mente e dell’autorappresentazione conduce alla “morte iniziatica”, presupposto necessario per la rinascita in Cristo; la “morte iniziatica” è vera esperienza di annichilimento nel Punto Informale, ma è anche superamento di quel Punto nell’amore di Dio, ed è tanto più difficile quanto più mancano i presupposti per la nostra resurrezione. Tutto il processo deve essere allora affidato al Testimone Interiore, perché solo Lui può sapere le nostre vere condizioni e guidarlo ad esito positivo. Se la “morte iniziatica” è guidata dall’Istruttore atmico, è superabile gradualmente e con relativa facilità: tanto più relativa quanto più è esatta la nostra direzione spirituale.

L’iniziazione a Yesod, così compresa, è propedeutica a quella in Tiphereth, che implica la restaurazione dell’Idea Principiale in noi ed attorno a noi. Implica quindi l’accesso ad un campo esistenziale molto più reale e sereno, ed eternamente perfezionabile. In altri termini, il processo entra nella fase concretamente realizzativa del Campo reale, e non soltanto di quello interiore che ne è comunque - ad un sufficiente livello - il presupposto.

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Occorre voler essere la Volontà di Kether, per incontrare il Suo Regno in Cristo. Cristo è il dono di Kether alla Manifestazione, ed insieme Misericordia e Sostegno. Noi abbiamo crocifisso Cristo in Gesù, ed impietrito il Suo amore in Maria. Cancellare questo delitto è arduo con Cristo, impossibile senza: il delitto si perpetua e si aggrava, se possibile.

Così le entità di Yesod vengono poste di fronte alla scelta che Gesù indica dal suo Vangelo: o sono di Dio o sono contro Dio. Non vi può essere, a questo limite, alcun compromesso.

Un processo esoterico può comportare differenti esiti: ma conduce inevitabilmente le personalità coinvolte a un mutamento vettoriale, che implica o la liberazione dal passato o l’esperienza ammaestratrice del proprio vero stato in un processo esistenziale difficile. In altre parole, l’atto soterico che il Maestro conduce con i suoi allievi muta la situazione anche degli oppositori, per duri che siano: essi, infatti, sono entrati nel Campo Cristico, e non ne usciranno che in un modo, molto reale. Il tempo che impiegheranno sarà quello che sceglieranno: o estremamente lungo o breve.

Gli enti che non sanno emendarsi perdono il loro passato: questo è giusto e santo agli occhi di Dio, e non ammette eccezioni. Perdono il campo e il loro tramite antico, se sono donne, e dovranno con l’esperienza e la fatica trovarne un altro in Cristo. Se sono uomini, perdono qualsiasi rapporto con i vecchi campi femminili, e incontrano il Rigore in cui si emenderanno: ed il Rigore è allora l’unico aspetto con il quale l’Amore di Dio può guidarli.

Al Kali-Yuga segue l’Informale (NI), che può essere agli infiniti livelli che la coscienza dei singoli sa darsi; certamente il peggiore è l’esperienza di non-vita e non-morte, in cui l’ente è solo con il proprio ego mostruoso, che lo vanifica senza poterlo annichilire. Non è uno stato “eterno”, ma è certamente una condizione “fuori del tempo”: ammette tuttavia un termine e una riconduzione all’esistenza. Ma forse si parte dalla forma più semplice, avendole negate tutte nel passato.

Questa potenzialità di vita nonostante tutto è il Frutto del Sacrificio di Dio in Cristo, e costa infinitamente al Padre perché ammette una via di riscatto che permane contro la scelta arbitraria della creatura, e che quindi è “oltre” la sua stessa libertà. E’ Dono estremo.

- O -

Le considerazioni precedenti indicano alquanto esplicitamente a quale Yesod s’indirizzi l’azione soterica che consideriamo il fondamento della nostra stessa esistenza, e che deve essere condotta costantemente ed incessantemente in Nome e per conto di Cristo, il Re del nostro Universo.

Lo Yesod del nostro intento è quello che deve ritornare nelle Case del Padre, sottraendosi alla vecchia condizione esistenziale e recuperando la propria identità.

Yesod è nobile, estremamente nobile: è la “summa” delle molte qualificazioni informanti dell’Atto Emanativo, e abbisogna solo dell’Idea Principiale per

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manifestare le proprie potenze. Il “nostro” Yesod non è dunque quello – luminosissimo – dell’Hiranya Loka, ma

piuttosto ciò che dovrebbe direzionarsi verso quella Sfera di Realtà, la quale rappresenta la zona emanata più prossima al Mondo Causale.

Yesod deve essere messo in grado di confrontarsi con il Padre, e di “vedersi” quale è, fuori delle sue illusioni e allucinazioni. Il nostro fine non semplicemente immediato è qui: condurre la donna di Yesod a una presa di coscienza che le consenta una scelta di libertà e di sentiero. Mirare ai Cieli superiori, nei quali la Polarità è attuale, nelle presenti circostanze non è né lecito né opportuno. Adesso occorre riprendere il cammino, non pretendere la meta.

Il reintegro nella Zona del Principio (Eden) è il termine che ci proponiamo nel nostro processo, qui alla partenza. Il processo riguarda prioritariamente la realtà del nostro stato, che è unitaria ed interrelata, nella quale le singole persone possono e devono ritrovarsi con un conseguente atto di scelta. Il cammino implica l’incontro con l’altro, il vero prossimo. Un sentiero individuale è una scelta che può essere compiuta, e che conduce anche ad altissimi esiti; a nostro giudizio, non è la Scelta che indica l’amore di Dio, quella che ci integra fra di noi e con Lui insieme.

La scelta esatta considera tutto l’ambito d’esistenza che sia suscettibile di ripristino nel Principio, nel Sé principiale, perché in Dio le singole personalità acquistano l’estremo rilievo d’immagini della Sua Coscienza, comprensive come tali anche dell’Essere e della Gioia (Sat-Cit-Ananda sono Unità). Queste immagini sono viventi e per ciò stesso implicano sfere esistenziali formali (cioè nel limite) caratterizzate da un campo di interrelazioni ed inferenze che le unifica. Così nel Globale come nell’Individuale l’Immagine corrisponde alla Causa, secondo lo stesso postulato d’Ermete.

Yesod dovrebbe saper comprendere questi principi, anziché tentare con ostinata protervia di affermare il proprio letale dominio. Talvolta si ha un sentore di rinascita in alcune donne di Yesod, difficile da essere giudicato. Ma certamente Yesod sa d’esistere su un piano vitale relazionato con altri, anche se la sua interpretazione del globale è oscurata e falsificata. La Manifestazione è Idea unitaria. La differenziazione in zone separate non ha alcun valore ontologico, ma è frutto d’arbitrio e di delitto: ancor più se queste zone si vogliono giustificare in termini di potere delle une sulle altre, secondo un famigerato schema di gerarchie tanto inutili quanto dannose.

La “gerarchia”, tanto cara ai despoti e alle zone eteriche, ha una giustificazione solo se è strettamente finalizzata a un problema specifico, che richiede una qualche organizzazione di persone e di mezzi per essere risolto: deve essere la più semplice ed essenziale possibile, e rispettosa in massimo grado delle persone che volontariamente e liberamente la accettano. In altre parole, la gerarchia deve mostrarsi espressione di libertà direzionata, non una condizione permanente e razionalizzata di dominio.

Altrimenti la gerarchia, motivata dall’utilità generale, sfocia alla lunga proprio nell’assenza di un qualsiasi vantaggio per i singoli e per il gruppo: esito assurdo, che contraddice - con l’amore - la stessa logica. Meno assurdo se consideriamo che la logica della struttura gerarchica non è l’utilità per i partecipanti ma il dominio di

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alcuni su molti: una “gerarchia” immune dal potere è, infatti, espressione di grande maturità, e si dissolve non appena il risultato proposto venga conseguito. Un gruppo, un campo di personalità possono darsi una struttura portante per indirizzarsi verso una finalità comune, certo. Ma allora non è la “gerarchia” che deve rappresentare l’elemento coesivo per i molti: l’elemento unificante ed attivante deve essere l’amore, la reciproca stima e il necessario rispetto dell’altro.

Altrimenti la “gerarchia” è la foglia di fico del potere dei pochi.Il concetto di gerarchia, così diffuso e adottato anche nel nostro ambito comune,

è estremamente caro ai campi involuti, e questa constatazione dovrebbe bastare – da sola – a ingenerare qualche sospetto. Tuttavia sostituire il potere con l’Amore è cosa di grande momento anche qui, nel nostro tempo e nelle nostre condizioni, e d’immensa difficoltà per i campi sephirotici, e non solo per quelli più incentrati in Yesod.

Noi sosteniamo e ribadiamo che la Fonte Primaria deve essere sempre ben presente nell’analisi del nostro stato e del processo esistenziale che ci coinvolge, perché è il Momento qualificante e la Forza che conduce la Manifestazione al necessario riequilibrio. Opporsi a questa Realtà è tragedia, e tutto quello che ne consegue è destinato a vanificarsi in tempi e in modi che non sono, come sembra, delle sole creature. Se esse abdicano, oltre il limite che Dio sa, al loro stato, la Caduta conduce inevitabilmente alla dissoluzione. I tempi di quest’esito appartengono al Creatore e non alle persone che hanno perso la propria libertà, ed il Creatore è Amore. L’Amore sostiene oltre ogni aspettativa l’amato, e così può essere frainteso: il silenzio di Dio non è la Sua impotenza, ma la nostra sordità, e l’equivoco può portare alla tragedia.

Possono i campi di Yesod e quelli che li dominano invertire il corso del processo? La risposta è nelle mani del Padre, e forse è severa: Gesù, infatti, ammonisce che “molti sono i chiamati, e pochi gli eletti”, e che “occorre dividere il grano dalla gramigna” che infesta il campo di Dio.

Meditiamo con maggiore accuratezza sul senso degli eventi incontrati nella nostra vita: essi hanno sempre un significato riposto, sottile, che deve essere investigato e compreso. Tutti gli eventi ed anche i più umili, perché la verità non sempre si manifesta con evidenze o clamori ma risiede nel rendersi “fanciulli”, nel comprendere il messaggio così presente nelle piccole cose della nostra giornata.

Dio non lo si trova nei grandi templi, nelle ritualità sontuose e nelle dogmatiche altisonanti. Egli è nella nostra vita e nella nostra umiltà, che ci rende muti di fronte a un cielo stellato o a un tramonto di fuoco. Messaggi segreti, nascosti che parlano al cuore e non alla mente, e talvolta ci sorprendono e ci conducono al silenzio, allo stato in cui la parola è davvero insufficiente.

Dio è di sempre.

NOTA: Malkuth è “Terra” rispetto al Mondo Causale perché è completa ricettività sintetica nei confronti della Volontà del Padre, che deve liberamente

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condurre a vita concreta; ma è – proprio per questo motivo – “Fuoco” rispetto alle altre Sephirah, che vengono da Lui attivate quando Egli diventa tramite dell’Idea informante nel suo aspetto sintetico.

Se questo processo è completato, tutte le entità autocoscienti del Glifo sephirotico assumono la paritetica configurazione di “Fuoco” nei confronti della Manifestazione, perché tutte si rendono tramite ideativo/esplicativo dell’Ideazione Principiale nei vettori insieme prescelti.

Occorre sempre tenere presente la differenza delle qualificazioni, dipendente dai punti di vista che si assumono per condurre l’analisi. Il dramma consiste nel fraintendimento dei principi informanti, perché in effetti Malkuth può essere interpretato come l’elemento maschile del Glifo (tramite sintetico) ma anche come zona di polarità in atto (il “Regno”) in cui l’uomo e la donna si pongono in reciproca interazione e sinergia, e cioè in rapporto polare.

In questo caso, più propriamente, diciamo che - nel Regno - Malkuth è in empatia con Tiphereth, o almeno consideriamo Malkuth come la zona in cui l’Uomo e la Donna raggiungono la verità del loro rapporto. Tuttavia è preferibile allora utilizzare la prima dizione, il "Regno", servendoci dei Nomi delle Sephirah soltanto per indicare la struttura operativa sottile dell’Albero della Vita nel suo dispiegamento.

7-08-2007

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