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1 L’ombra di Berlusconi. Le rappresentazioni dell’uscita di scena del Cavaliere nei telegiornali italiani Giovanni Barbieri (Università di Perugia) Marco Mazzoni (Università di Perugia) Maria Giovanna Ranalli (Università di Perugia) 1. Introduzione In Italia il 1994 è un anno importante perché contrassegna il passaggio dalla Prima Repubblica un sistema politico sorto nel secondo dopoguerra e incentrato soprattutto sullo scontro tra due partiti, il Partito Comunista e quello della Democrazia Cristiana alla Seconda Repubblica un sistema che si estende fino ai giorni nostri, essenzialmente caratterizzato dal protagonismo di un solo attore politico, Silvio Berlusconi. Fra i fattori che favoriscono tale passaggio va citato lo scandalo di “tangentopoli”, che coinvolse numerosi esponenti di spicco del mondo politico e imprenditoriale italiano, accusati di corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti. Una delle questioni più dibattute che ha caratterizzato l’avvento della Seconda Repubbli ca riguarda le ragioni del successo politico di Berlusconi. Da più parti si è sostenuto che tale successo derivi dal fatto che il leader italiano detenga, oltre ad ingenti ricchezze, sia la proprietà del più importante gruppo televisivo commerciale italiano (Mediaset) che il controllo, come presidente del consiglio di quattro governi, della televisione pubblica (Rai). Ciò è vero; tuttavia, come sostenuto da diversi studiosi (Marletti, 2010; Mancini, 2011; Ginsborg, Asquer, 2011; Diamanti, 2012), le vittorie del centrodestra e del suo leader sono riconducibili anche, e soprattutto, ai cambiamenti culturali e sociali iniziati a manifestarsi già nella Prima Repubblica e giunti a completa maturazione nella Seconda. Il motore dei mutamenti di cui stiamo parlando è la televisione (in particolare, quella commerciale) e la cultura da essa proposta, plasmate sui codici dell’intrattenimento, dello spettacolo e della pubblicità (Boni, 2008); e principale interprete ne è Berlusconi, artefice di quella che da molti è stata definita “l’era del berlusconismo”. Come rimarca Gabriele Turi (2011), il “berlusconismo” è qualcosa di molto profondo che ha investito tutti gli strati della popolazione; la rilevanza dell’aspetto mediatico ne connota gran parte dell’essenza pur non esaurendola, in quanto il “berlusconismo” è un’ideologia che combina assieme il populismo, l’individualismo e il consumismo esasperato (Ginsborg, Asquer, 2011).

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L’ombra di Berlusconi.

Le rappresentazioni dell’uscita di scena del Cavaliere nei telegiornali italiani

Giovanni Barbieri (Università di Perugia)

Marco Mazzoni (Università di Perugia)

Maria Giovanna Ranalli (Università di Perugia)

1. Introduzione

In Italia il 1994 è un anno importante perché contrassegna il passaggio dalla Prima

Repubblica – un sistema politico sorto nel secondo dopoguerra e incentrato soprattutto sullo

scontro tra due partiti, il Partito Comunista e quello della Democrazia Cristiana – alla

Seconda Repubblica – un sistema che si estende fino ai giorni nostri, essenzialmente

caratterizzato dal protagonismo di un solo attore politico, Silvio Berlusconi. Fra i fattori che

favoriscono tale passaggio va citato lo scandalo di “tangentopoli”, che coinvolse numerosi

esponenti di spicco del mondo politico e imprenditoriale italiano, accusati di corruzione,

concussione e finanziamento illecito ai partiti.

Una delle questioni più dibattute che ha caratterizzato l’avvento della Seconda Repubblica

riguarda le ragioni del successo politico di Berlusconi. Da più parti si è sostenuto che tale

successo derivi dal fatto che il leader italiano detenga, oltre ad ingenti ricchezze, sia la

proprietà del più importante gruppo televisivo commerciale italiano (Mediaset) che il

controllo, come presidente del consiglio di quattro governi, della televisione pubblica (Rai).

Ciò è vero; tuttavia, come sostenuto da diversi studiosi (Marletti, 2010; Mancini, 2011;

Ginsborg, Asquer, 2011; Diamanti, 2012), le vittorie del centrodestra e del suo leader sono

riconducibili anche, e soprattutto, ai cambiamenti culturali e sociali iniziati a manifestarsi già

nella Prima Repubblica e giunti a completa maturazione nella Seconda.

Il motore dei mutamenti di cui stiamo parlando è la televisione (in particolare, quella

commerciale) e la cultura da essa proposta, plasmate sui codici dell’intrattenimento, dello

spettacolo e della pubblicità (Boni, 2008); e principale interprete ne è Berlusconi, artefice di

quella che da molti è stata definita “l’era del berlusconismo”.

Come rimarca Gabriele Turi (2011), il “berlusconismo” è qualcosa di molto profondo che

ha investito tutti gli strati della popolazione; la rilevanza dell’aspetto mediatico ne connota

gran parte dell’essenza pur non esaurendola, in quanto il “berlusconismo” è un’ideologia che

combina assieme il populismo, l’individualismo e il consumismo esasperato (Ginsborg,

Asquer, 2011).

2

L’avvento del berlusconismo ha rappresentato la fine della politica tradizionale imperniata

sui partiti di massa, dando il via ad una nuova fase in cui essa, con l’amplificatore dei media,

si è identificata nel consumo, nelle sue modalità e nei suoi oggetti (Mancini, 2011). In questo

senso, Bernard Manin (1995), successivamente ripreso da de Beus (2011), ha connotato la

transizione fra Prima e Seconda Repubblica come passaggio da una “traditional parties’

democracy” ad una “audience democracy”, incentrata sul ruolo dei mass media; si è dunque

avviata “una nuova fase della vita democratica, caratterizzata da una relazione diretta, anche

se spesso mediata, tra leadership e cittadini, e creato anche una nuova idea di interazione

politica, un nuovo modo di fare politica, in cui agire politico ed agire comunicativo mediato

non sono più distinguibili” (Grossi, 2009, p. 48).

La democrazia del pubblico e la connessa “mediatizzazione” della politica, in definitiva,

hanno favorito la trasformazione dei partiti politici in partiti personali (Calise, 2000): il

partito, a differenza di quello che avviene in altri paesi occidentali, non agisce come una

macchina per sostenere il leader, ma viceversa è il leader che crea il partito, fornendogli

regole, valori e identità. Il riferimento è ovviamente a Forza Italia, oggi confluito nel Popolo

della Libertà, il primo partito completamente incentrato sul leader, che Berlusconi creò come

un prodotto da vendere sul mercato elettorale e gestì avvalendosi dei suoi specialisti di

marketing e comunicazione (Poli, 2001; Campus, 2010). Il successo ottenuto da tale modello

di partito – e, più in generale, del “berlusconismo” – sta nel fatto che ad esso si siano

conformate numerose forze politiche; fra queste, seppur con qualche forzatura e i dovuti

distinguo: la Lega Nord guidata da Umberto Bossi, l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro,

Sinistra e Libertà (Sel) di Nichi Vendola, l’Unione di Centro (Udc) di Pier Ferdinando Casini.

Il centro della scena (mediatica) è occupato dai leader: i loro comportamenti, i loro stili di

vita e il loro corpo iniziano a suscitare un forte interesse tra la gente comune, con l’inevitabile

risultato che si è andata sfaldando ogni forma di distinzione fra pubblico e privato, come già

Goffman (1959) aveva previsto. Ne è un esempio l’affaire D’Addario, in cui il coverage dei

media italiani si spinge sino ai dettagli più intimi della fisicità di Silvio Berlusconi; ma ne

sono una prova, come ben argomentato da Mancini (2011), anche le battute, le barzellette e

gli scherzi di Berlusconi: considerate dagli avversari gaffe, hanno rappresentato invece, grazie

agli interminabili tormentoni polemici sui media, utili espedienti che il leader del centrodestra

ha utilizzato per rimanere al centro dell’attenzione giornalistica e rendersi sempre più simile

alla gente comune. Nell’era del berlusconismo, dunque, si è andato delineando un nuovo tipo

di appartenenza, “che si riproduce non più su basi ideologiche, come al tempo della

democrazia dei partiti (di massa), ma semmai carismatiche, fondate comunque

3

sull’identificazione personale. Alimentate dalla capacità del leader di suscitare adesione verso

la propria persona e personalità” (Diamanti, 2012, p. 81).

A questo punto, risulta interessante capire cosa sia successo in Italia a partire dal 16

novembre 2012, giorno delle dimissioni del Governo Berlusconi. Già si parla di fine della

Seconda Repubblica, e quindi del berlusconismo, ma soprattutto della definitiva uscita di

scena di Silvio Berlusconi (che, fra l’altro, ha raggiunto i 75 anni di età). Ma è proprio così? È

veramente bastato l’arrivo di un Governo tecnico, guidato da un esperto (e non politico), il

prof. Mario Monti, che mira a realizzare una politica dei fatti (e non più delle promesse) a

oscurare il protagonismo di Berlusconi? Ed ancora: le rappresentazioni fornite dai principali

mezzi di comunicazione riguardanti la probabile eclissi politica di Berlusconi coincidono con

quelle proposte dallo stesso leader del Centro-destra? Quest’ultimo sta favorendo una sua

eventuale successione – particolarmente delicata data la natura carismatica del personaggio?

Si sta ritagliando un ruolo specifico all’interno del Popolo delle libertà e, più in generale, del

panorama politico italiano?

A queste domande si cercherà di dare adeguate risposte adottando una strategia d’indagine

che dirama in due diversi tipi di analisi: un’analisi dei tempi, basata su un approccio

“quantitativo”, e un’analisi dei testi, basata su un approccio sia “quantitativo” che

“qualitativo”.

In primo luogo, infatti, si calcolerà quanto tempo i telegiornali delle principali reti

televisive italiane – Tg Rai (Tg1, Tg2 e Tg3); Tg Mediaset (Tg4, Tg5 e Studio Aperto); e Tg

del canale La7 (Tg La7) –, considerati come “programmi” d’informazione più seguiti,

dedichino al personaggio Berlusconi, alle vicende in cui è coinvolto, ai suoi interventi, etc.; e

quanto ne dedichino agli altri leader politici: Mario Monti (Presidente del Consiglio),

Pierluigi Bersani (segretario del Partito Democratico), Angelino Alfano (segretario del Popolo

della Libertà), Antonio Di Pietro (presidente dell’Italia dei Valori), Nichi Vendola (presidente

di Sinistra e Libertà), Umberto Bossi (fondatore e segretario federale della Lega Nord), Pier

Ferdinando Casini (segretario dell’Unione di Centro) e Giorgio Napolitano (Presidente della

Repubblica). Rispetto a ciascun leader saranno rilevati: il “tempo di parola” – quanto tempo il

leader parla direttamente dai teleschermi; e il “tempo di notizia” – quanto tempo i giornalisti

parlano del leader.

L’analisi quantitativa del tempo notizia e di quello parola dei politici è stata effettuata

attraverso l’impiego di modelli di tipo additivo (Hastie e Tibshirani, 1990; Ruppert, Wand e

Carrol, 2003). Si tratta di modelli che si comportano essenzialmente come i modelli di

regressione lineare classica, ma permettono di studiare l’effetto di variabili quantitative

4

eliminando l’ipotesi restrittiva di una forma funzionale polinomiale della relazione di tali

variabili con la variabile risposta. In ciascuno di due modelli, il tempo notizia ed il tempo

parola sono stati considerati come variabile risposta. Come variabili esplicative, d’altro lato,

sono state considerate le variabili di cui interessava studiare l’effetto ceteris paribus: la

testata, l’edizione, il politico, l’argomento principale e loro possibili interazioni.

Questa attività ha permesso di rilevare quali siano gli argomenti trattati quando la notizia si

occupa di Berlusconi distinguendo fra il “tempo di parola” e il “tempo di notizia”, e di

effettuare i dovuti confronti con i principali interpreti della vita politica italiana

precedentemente citati1.

Per quanto riguarda, invece, l’analisi dei testi, si prenderanno in considerazione le notizie

riguardanti Berlusconi e trasmesse dai telegiornali di punta delle principali reti televisive

(Tg1; Tg5 e Tg La7) mandati in onda nel prime time2. Utilizzando il software T-Lab (8.1) si

procederà, anzitutto, ad effettuare, un’analisi delle corrispondenze tesa a far emergere

possibili divergenze fra i tre telegiornali nelle occorrenze di parole; e un’analisi delle parole

maggiormente associate alla parola-stimolo “Berlusconi”, sempre differenziata per

telegiornale.

Successivamente, si effettuerà un’analisi del contenuto delle notizie, considerate come un

“testo”; si cercherà, in particolare, di analizzare le modalità in cui si parla di Berlusconi e

delle vicende in cui è coinvolto – e come, anche, egli stesso parli di sé; l’immagine, in

definitiva, che viene “costruita” di questa fase della sua carriera politica. Per realizzare questi

intenti si è utilizzata una scheda di analisi dei Tg in cui l’unità di analisi è rappresentata dalla

“notizia su Berlusconi o suo intervento”, e che è stata compilata avendo come riferimento il

soggetto che comunica la notizia (giornalista; Berlusconi; altri leader; etc.) e il tema della

notizia (processi; successione; crisi economica; etc); ciò vuol dire che per ogni notizia si

hanno tante schede quanti sono i soggetti che comunicano e i temi trattati.

Il periodo di analisi è costituito, per entrambi gli approcci, dai tre mesi successivi alla

caduta del governo Berlusconi (1 dicembre 2011-29 febbraio 2012)3.

Per quanto riguarda le ipotesi della ricerca, queste sono le seguenti:

1 I risultati e i commenti qui presentati sono il frutto di una rielaborazione dei dati originali che Isimm Ricerche

raccoglie per conto dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom). Isimm Ricerche analizza tutti i

telegiornali e tutte le rubriche di approfondimento mandate in onda nell’arco di tutte le ventiquattro ore dalle reti

Rai, Mediaset, La7, SkyTg24, RaiNews24, ponendo l’attenzione sugli attori ed i temi di interesse generale e

politico. 2 Le risorse di cui si disponeva non consentivano di estendere l’analisi oltre a quelli qui presi in considerazione.

3 La predisposizione della ricerca non ci ha consentito di reperire i telegiornali trasmessi dal 17 al 30 novembre

2011.

5

H1. Malgrado la carriera politica di Berlusconi stia ormai giungendo al suo epilogo, egli,

data la sua storia, potrebbe continuare a godere di una forte notiziabilità;

H2. Il telegiornale di Canale 5, rete di proprietà dell’ex premier, potrebbe offrire

un’immagine di questa fase della sua carriera molto più positiva di quella proposta dai

telegiornali delle altre reti.

2. L’analisi dei tempi

2.1 I leader

L’analisi del tempo (di notizia e di parola) che i telegiornali hanno dedicato ai leader

politici mostra come si possano individuare tre diversi nuclei di attenzione: il primo, più

rilevante, incentrato sulla figura di Mario Monti, attuale Presidente del Consiglio (t.n.: h.

26,47; t.p.: h. 7,45); il secondo, meno accentuato ma comunque particolarmente consistente,

che ricomprende il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (t.n.: h. 8,19; t.p.: h. 3,39)

e l’ex premier Silvio Berlusconi (t.n.: h. 9,17; t.p.: h. 3,04); il terzo, di minore importanza,

formato dagli altri leader di partito, fra i quali spicca il segretario del Pd Pierluigi Bersani

(t.n.: h. 4,29; t.p.: h. 2,03) (graf. 1).

Graf. 1 – Tempo di notizia e di parola (in ore) dei leader politici (1 dic. 11 - 29 feb. 12)

Fonte: Elaborazione su dati Isimm Ricerche

Non desta certo sorpresa l’ampio spazio che i telegiornali hanno riservato a Mario Monti,

un dato, questo, alquanto consueto per i titolari della carica di capo del governo, e che risulta

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

0 5 10 15 20 25 30

Tem

po

di p

aro

la

Tempo di notizia

Monti

Nap

Berl Bers

6

del resto rafforzato da altri motivi: la formazione del nuovo governo, l’illustrazione delle

riforme necessarie a superare le attuali difficoltà economiche, le relazioni intessute con i

leader degli altri paesi europei, etc. Altrettanto prevedibile l’attenzione prestata al Presidente

della Repubblica, che ha giocato un ruolo strategico nel promuovere la nascita del governo

tecnico e i cui interventi di moral suasion, di volta in volta diretti a reprimere la litigiosità fra

i partiti, a sostenere le iniziative di Monti, a incoraggiare l’impegno congiunto come valido

contrasto alla crisi economica, sono stati mandati in onda da tutti i telegiornali (da qui un

tempo di parola superiore al tempo di notizia).

È invece molto interessante il dato relativo a Berlusconi: non considerando i precedenti

attori che, grazie al ruolo istituzionale di cui sono investiti, godono di un’ampia copertura

mediatica, l’ex premier rappresenta il personaggio politico di cui i giornalisti si occupano

maggiormente nei tre mesi successivi alla fine del suo governo e che presenta il valore più

alto del tempo di parola.

Le differenze con gli altri leader sono del tutto evidenti, sia rispetto al tempo di notizia:

quasi 5 ore e trenta con Bersani; da più di 7 a oltre 9 ore con gli altri leader; sia rispetto al

tempo di parola: 1 ora e 10 minuti con Bersani; da 2 ore a più di 3 ore e 20 con gli altri leader.

Per rendere ancora più evidente il gap tra Berlusconi e gli altri politici, è a nostro avviso utile

porre l’accento sul fatto che la somma del tempo di notizia dei leader dei due schieramenti

avversi al Popolo delle Libertà, Bersani (Centro-sinistra) e Casini (Terzo polo), è inferiore a

quello del Cavaliere (6 ore e 22 contro 9 ore e 17).

Inoltre, nei tre mesi presi in considerazione l’attenzione dedicata al Cavaliere (t.n.) e gli

spazi concessi ai suoi interventi (t.p.) non sono andati via via esaurendosi – si poteva pensare,

infatti, che quanto più tempo trascorreva dalla data delle dimissioni tanta minore attenzione

sarebbe stata posta sulla figura dell’ex-premier; ma, al contrario, sono andati crescendo,

seppur tenuamente e con delle oscillazioni. A questa conclusione si giunge impiegando un

modello additivo (Hastie e Tibshirani, 1990; Ruppert, Wand e Carrol, 2003) in cui l’effetto

temporale è stato analizzato impiegando una funzione non parametrica. Questo significa che

l’andamento nei tre mesi del t.n. o del t.p. non è stato assunto a priori essere lineare o

polinomiale, ma è stato direttamente stimato dai dati. Questo effetto temporale è stato stimato

congiuntamente all’effetto di altre covariate categoriche quali il politico, la testata,

l’argomento principale ed eventuali loro interazioni. Ciascun modello è stato stimato

trasformando la variabile risposta (t.n. e t.p.) per soddisfare l’ipotesi di normalità utilizzando

la trasformazione logistica. Un’attività di selezione del modello ha portato ad un modello

finale in cui sono risultati significativi i coefficienti dell’interazione fra politico e testata,

7

quelli fra politico e argomento, quelli dell’edizione, ed una forma funzionale diversa per ogni

politico dell’andamento nei tre mesi del t.n. e del t.p. Il graf. 2 riporta le forme funzionali nel

tempo per il solo Berlusconi per motivi di spazio del t.n. (a) e del t.p. (b).

Graf. 2 – Tempi di parola e di notizia riferiti a Berlusconi

(a) (b)

Fonte: Elaborazione su dati Isimm Ricerche

Il personaggio Berlusconi, in definitiva, è molto più notiziabile degli altri politici, e le sue

dimissioni da capo del governo non sembrano aver condotto ad una sua uscita dalla scena

mediatica.

Ciò potrebbe essere dovuto a molteplici ragioni, che si cercherà di individuare

concentrandosi anzitutto sulle possibili differenze fra le reti televisive e sui “temi” che

vengono trattati quando si parla di un determinato personaggio politico o quando è questo a

parlare direttamente. È plausibile, infatti, che siano determinati reti, quelle di proprietà del

gruppo imprenditoriale guidato dall’ex premier, a dedicare particolare spazio alle iniziative e

agli interventi di Berlusconi; o che siano determinati argomenti di attualità, i processi in cui è

coinvolto o il problema della successione della sua leadership, a spingere in tale direzione.

Rispetto a quest’ultimo punto, occorre rilevare che la forte diversità di esposizione fra

Berlusconi e Alfano (quasi 8 ore di tempo di notizia e quasi 2 ore e trenta di tempo parola)

potrebbe indicare che il primo continua a essere percepito e descritto come l’unico e vero

leader del Pdl, a dispetto della nomina di Alfano a segretario nazionale, avvenuta nel giugno

8

20114. Il prossimo paragrafo presenta i coefficienti della parte lineare dei due modelli

suddetti.

2.2 Leader, reti e tg: tempo di notizia

Come si è detto, il primo aspetto da indagare riguarda le differenze nella distribuzione del

tempo di notizia e di parola degli attori politici precedentemente elencati tra i tg presi in

considerazione. Per offrire una lettura più chiara dei nostri dati, si è deciso di parametrizzare i

due modelli additivi, uno relativo al tempo di notizia e uno al tempo di parola, in modo che in

entrambi l’intercetta sia interpretabile come il tempo di parola o di notizia di Berlusconi, nel

Tg1 prime time, in riferimento al tema “crisi economica”. Si ricordi che i modelli sono stati

stimati utilizzando la trasformazione logistica del t.n. e del t.p. e che quindi i valori dei

coefficienti non sono direttamente interpretabili in termini di minuti. La Tab.1 riporta i valori

dei coefficienti ed una loro misura sintetica di significatività per i due modelli (t.n. e t.p.,

rispettivamente).

Tab. 1 – Valori stimati dei coefficienti della parte lineare dei modelli additivi stimati per il t.n.

ed il t.p., e loro livello sintetico di significatività: ‘***’ 0.001; ‘**’ 0.01; ‘*’ 0.05; ‘.’ 0.1 ; ‘

’ non significativi al 10%.

Variabile Modello I TN Stima Modello II TP Stima

(intercetta)a 2.27 3.22

Alfano -0.55 *** -0.14

Bersani -0.48 *** -0.32 *

Bossi -0.78 *** -1.06

Casini -0.78 *** -0.55 ***

Di Pietro -0.76 *** -0.65 ***

Monti 0.57 *** -0.18

Napolitano 0.66 *** -0.19

Vendola -0.99 *** -0.74 ***

Studio Aperto 0.23 * 0.27 .

Tg La7 0.18 * 0.01

Tg2 0.05 0.06

Tg3 0.08 -0.16

Tg4 0.50 *** 0.67 ***

Tg5 0.63 *** 0.60 ***

Alleanze -0.11 -0.91 ***

Sexgate, bancopoli, processi 0.06 -0.62 ***

Politica estera -0.59 . -1.57 **

Riforme e liberal. -0.18 -0.92 **

4 Fino ad allora la vita del Pdl ruotava intorno alla sola figura di Berlusconi, secondo le regole del partito

personale di cui si è parlato in precedenza. La carica di segretario nazionale, caratteristica degli storici e

tradizionali partiti politici, non è, del resto, prevista dalla statuto del Pdl, e nemmeno la precedente Forza Italia

aveva ritenuto opportuno dotarsi di tale figura.

9

Sostegno Gov. Monti 0.10 -0.12

Uscita Berlusconi .45 *** -0.65 ***

Alfano: Tg La7 -0.06 -0.13

Bersani: Tg La7 0.44 ** -0.04

Bossi: Tg La7 0.37 ** -0.12

Casini: Tg La7 0.41 *** 0.05

Di Pietro: Tg La7 0.50 0.36

Monti: Tg La7 -0.01 -0.03

Napolitano: Tg La7 -0.34 ** -0.09

Vendola: Tg La7 0.40 . 0.27

Alfano: Tg2 -0.01 -0.20

Bersani: Tg2 0.23 . -0.15

Bossi: Tg2 0.31 . 0.24

Casini: Tg2 0.35 * -0.03

Di Pietro: Tg2 0.26 . -0.03

Monti: Tg2 0.02 -0.13

Napolitano: Tg2 0.05 -0.02

Vendola: Tg2 0.21 0.30

Alfano: Tg4 -0.34 * -0.67 **

Bersani: Tg4 -0.42 ** -1.19 **

Bossi: Tg4 -0.22 -0.70 *

Casini: Tg4 -0.62 *** -0.96 ***

Di Pietro: Tg4 -0.29 -0.91 ***

Monti: Tg4 -0.66 *** -0.88 ***

Napolitano: Tg4 -0.69 *** -0.68 ***

Vendola: Tg4 -0.58 0.01

Alfano: alleanze 0.30 . 0.55 .

Bersani: alleanze 0.51 1.28 ***

Bossi: alleanze 0.54 ** 1.25 **

Casini: alleanze 0.36 1.15 ***

Di Pietro: alleanze 0.23 0.87 **

Monti: alleanze -0.40 1.38 **

Napolitano: alleanze -1.46 0.00

Vendola: alleanze 1.14 *** 0.85 **

Alfano: sexgate 0.39 -2.52 ***

Bersani: sexgate -0.30 0.28

Bossi: sexgate 0.85 * 1.28 .

Casini: sexgate -0.24 0.39

Di Pietro: sexgate 0.03 0.41

Monti: sexgate -0.71 ** 0.48

Napolitano: sexgate NA NA

Vendola: sexgate -1.10 . -1.10 **

Alfano: uscita Berlusconi 0.26 0.47 .

Bersani: uscita Berlusconi -0.92 *** NA

Bossi: uscita Berlusconi 0.08 NA

Casini: uscita Berlusconi -0.33 0.50

Di Pietro: uscita Berlusconi -0.41 NA

Monti: uscita Berlusconi -1.52 *** -0.79 .

Napolitano: uscita Berlusconi 1.25 0.25

Vendola: uscita Berlusconi NA NA aintercetta: t.n. (o t.p.) medio per Berlusconi, su Tg1 prime time, su argomento ‘crisi economica’ (scala

logaritmica).

Fonte: Elaborazione su dati Isimm Ricerche

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La prima parte del modello I (tab. 1) consente il confronto fra l’intercetta e il tempo notizia

che: gli “altri politici” hanno nel Tg1; il Cavaliere ha negli altri Tg; il Cavaliere ha in

riferimento agli “altri temi” trattati dal Tg1.

Tale confronto permette di avanzare alcune considerazioni particolarmente interessanti:

- I giornalisti del Tg1 durante il prime time parlano significativamente più di Berlusconi

in riferimento al tema “crisi economica” che di tutti gli altri leader di partito; solo le

stime di Napolitano e Monti, ossia di coloro che ricoprono ruoli istituzionali,

presentano valori positivi (+0,65; +0,56) indice di un’attenzione maggiore. Un

risultato, questo, che conferma come gli operatori dell’informazione del Tg1

continuino a considerare Berlusconi un leader politico importante, forse il più

importante , ponendolo al centro di una questione estremamente delicata come la crisi

economica.

- Lo spazio che i giornalisti del Tg4 (+0,50), del Tg5 (+0,62) e, ma in misura

nettamente inferiore, Studio Aperto, concedono a Berlusconi sulla crisi economica è

più ampio di quello assicurato dal Tg1, a conferma, quindi, che la proprietà del più

importante gruppo televisivo privato incide ancora nel garantire visibilità all’ex-

premier. Anche il TgLa7, comunque, si dimostra particolarmente generoso, per delle

ragioni però, come si vedrà affrontando l’analisi dei testi, profondamente differenti.

- Le stime relative ai temi trattati mostrano anzitutto la particolare rilevanza

dell’argomento “uscita di Berlusconi” (categoria che contiene tutte le informazioni

sulla fine del governo Berlusconi e sulla definitiva uscita o sul possibile ritorno del

Cavaliere; +0,44): i giornalisti del Tg1 sono, dunque, molto interessati a quale

potrebbe essere il futuro del leader del centrodestra. Vi sono poi una serie di temi che

riscuotono poca attenzione: “cultura e istruzione”, soprattutto, ma anche “riforma

elettorale”, “corruzione in politica” e “politica estera”. Da notare, infine, sulla base di

quanto si andrà a sostenere nel paragrafo dedicato all’analisi dei testi, l’importanza di

due temi: “Berlusconi: sexgate, bancopoli, processi” e “sostegno al governo Monti”,

che presentano una stima del tempo notizia di Berlusconi che non si discosta da quello

riferito al tema “crisi economica.

La seconda parte del modello I introduce un elemento aggiuntivo, incrociando gli “altri

politici” rispettivamente con le testate dei telegiornali e gli argomenti trattati.

Riguardo alle testate si può osservare quanto segue:

11

- Nel TgLa7 tutti gli “altri politici” presentano un tempo notizia più significativo di

Berlusconi, tranne il Presidente della Repubblica (unica stima negativa; -0,34), e il

Presidente del Consiglio e Alfano (che presentano, però, stime che non si discostano

dalla media). In generale, quindi, nel Tg diretto da Mentana le vicende strettamente

politiche, che coinvolgono tutti i leader di partito, giocano un ruolo di primo piano.

- In tutti e tre i Tg Mediaset, Napolitano e Monti, da un lato – in quanto figure di primo

rilievo, e Alfano, dall’altro – in quanto segretario del Pdl, ottengono stime

significativamente negative. Ciò sembrerebbe ulteriormente rafforzare la tesi secondo

la quale tali Tg continuerebbero a presentare Berlusconi come il protagonista della

scena politica italiana, concedendo meno spazio a chi, per il ruolo ricoperto, potrebbe

incrinarne la visibilità.

- Il Tg2 e, soprattutto, il Tg3 dedicano una particolare attenzione ad alcuni segretari di

partito, come Bersani, Bossi e Di Pietro.

Per quanto concerne, invece, gli argomenti trattati, va rilevato che:

- Come era logico aspettarsi, quando si parla di “Berlusconi: sexgate, bancopoli,

processi” nessun politico (ad eccezione di Bossi; +0,85) ha un tempo di notizia

superiore a quello di Berlusconi stesso; osservazioni simili possono essere avanzate

riguardo all’“uscita di Berlusconi”, che i giornalisti trattano richiamando spesso la

posizione di Napolitano, fautore del governo Monti. Gli operatori dell’informazione

raccontano, quindi, ciò che riguarda più da vicino e in maniera più imbarazzante

Berlusconi senza quasi mai coinvolgere un altro leader di partito.

- Di “alleanze” si parla in riferimento a Vendola, Bersani, Bossi e, ma in maniera più

ridotta, Alfano. Il problema di quali schieramenti potrebbero presentarsi alle future

elezioni è dunque visto come una questione che coinvolge, in maggiore misura, le

forze della sinistra e la Lega.

2.3 Leader, reti e tg: tempo di parola

A differenza del modello I, il modello II prende come riferimento il tempo di parola

(mantenendo la stessa intercetta). I risultati non cambiano molto:

- Berlusconi parla nei Tg della crisi economica più degli altri leader di partito, e i suoi

interventi sulla situazione del paese sono più frequenti nei Tg Mediaset. Il fatto,

dunque, che i Tg Mediaset parlino molto, come si è visto, di Berlusconi e dedichino

ampio spazio alle sue dichiarazioni sembrerebbero connotarli come la “cinghia di

trasmissione” del berlusconismo, o, quanto meno, gli strumenti che garantiscono

12

all’ex premier una permanente visibilità e l’opportunità di manifestare costantemente

il proprio punto di vista.

- Fra i temi trattati, quelli che riscuotono minore attenzione da parte del Cavaliere sono:

“Uscita di Berlusconi” (-0,65) “Berlusconi: sexgate, bancopoli, processi” (-0,62),

“Politica estera” (-1,57) e “Riforme e liberalizzazioni” (-0,92). Sembrerebbe dunque,

in prima battuta, che l’ex-premier non abbia l’intenzione di esprimersi pubblicamente

in maniera prolissa su quelle vicende molto delicate – gli scandali e i processi in cui è

coinvolto; il suo avvenire – che, come si è detto, sono invece di grande appeal per i

giornalisti.

La seconda parte del modello II, che mette in relazione gli “altri politici” con le testate dei

telegiornali e gli argomenti trattati, mostra, riguardo alle testate, quanto segue:

- Differentemente dai Tg Mediaset, nel TgLa7 si riscontra un maggiore equilibrio

rispetto al tempo di parola. Le stime di tutti gli attori politici non presentano

particolari valori di significatività; ciò vuol dire che lo spazio concesso alle uscite dei

leader politici è pari a quello riservato a Berlusconi. Una situazione analoga è quella

del Tg2.

- Fra i telegiornali Mediaset, quello che si qualifica come amplificatore della “voce del

padrone” è il Tg4, che non concede ampi tempi di parola che a Berlusconi (unica

eccezione è Vendola, “accettato”, forse, con il proposito di spaventare la platea

moderata-conservatrice cui il Tg si rivolge).

- Come per il tempo di notizia, anche per il tempo di parola i Tg Mediaset concedono

poco spazio a Napolitano e Monti; ciò che si è sostenuto precedentemente a tale

proposito sembrerebbe quindi trovare ulteriore conferma.

E riguardo ai temi:

- Si è poco sopra evidenziato come il tema “Berlusconi: sexgate, bancopoli, processi”

non riscuota una particolare attenzione da parte del Cavaliere; non si può però dire che

parli di questo argomento in maniera inferiore agli altri politici. Solo il leader della

Lega, infatti, interviene più frequentemente nel dibattito (+1,28; analogamente a

quanto già rilevato riguardo al tempo di notizia), probabilmente in difesa del leader

con cui si era alleato. Il tema, quindi, è prevalentemente un tema di “proprietà” dei

giornalisti, i quali, come abbiamo visto nel modello I, lo trattano senza mai citare

soggetti politici diversi da Berlusconi.

- Quanto appena detto è ancor più vero per l’“Uscita di Berlusconi”, che i leader

politici, ad eccezione di Alfano (+0,47), sembrano “snobbare” quasi del tutto, come se

13

considerassero ormai definitiva tale uscita, o volessero scaramanticamente evitare,

parlandone, di favorire la ricandidatura dell’ex-premier.

- Infine, vi sono alcuni temi di cui tutti i leader politici si occupano più di Berlusconi. È

il caso, ad esempio, del tema “alleanze”, che vede in Bersani e Casini, impegnati nel

costruire un’alleanza tra Pd e Udc, gli attori più attivi. Ma è anche il caso del tema

“riforme e liberalizzazioni”; ciò potrebbe costituire una sorpresa, ma in realtà

riconferma l’“indole” sostanzialmente conservatrice di Berlusconi, sempre oppostosi

alle norme sulle liberalizzazioni di Bersani (2006 e 2007) e schieratosi il più delle

volte dalla parte di quegli ordini professionali (farmacisti, notai, etc.) che le norme

minacciavano.

Si tratta, inoltre, di temi ai quali non vengono dedicati ampi tempi di notizia, e che si

qualificano prevalentemente, quindi, come temi di “proprietà dei politici”.

3. L’analisi dei testi

3.1 Analisi delle corrispondenze e analisi delle associazioni di parole

L’analisi dei testi è stata effettuata attraverso il software T-Lab (7.3), le cui funzioni

permettono di realizzare molteplici pratiche di ricerca: semantic analysis; content analysis;

perceptual mapping; text mining; discourse analysis (Lancia, 2004).

Il corpus totale, formato dalla totalità delle notizie che ruotano, direttamente o

indirettamente, attorno alla figura di Berlusconi, è composto da un unico testo – avendo

precedentemente riportato tutte le trascrizioni dei telegiornali in un unico file – 25.022

occorrenze (numero di volte che un’unità lessicale o parola ricorre all’interno del corpus) e

3.241 lemmi (parole).

Al fine di rilevare le possibili divergenze fra i tre telegiornali presi in considerazione

nell’affrontare l’“argomento” Berlusconi si è effettuata un’analisi delle corrispondenze, che,

per l’appunto, permette di stabilire un confronto (somiglianze/differenze) fra i sottoinsiemi

del corpus (i tre tg), ovvero fra le occorrenze delle parole all’interno dei sottoinsiemi. Il

risultato dell’analisi è rappresentato dal grafico qui sotto riportato, nel quale troviamo

proiettati sul piano cartesiano le relazioni tra i lemmi e le variabili attive (sottoinsiemi del

corpus).

14

Come si può osservare, i tre telegiornali si differenziano fra loro, seppur non in modo

considerevole. In particolare, ponendo l’attenzione sulle parole prossime ai sottoinsiemi (e,

dunque, più utilizzate all’interno di ciascun contesto) si possono notare le seguenti peculiarità:

- i servizi mandati in onda dal tg1 si incentrano prevalentemente sulle posizioni di

Berlusconi e del Pdl (“Alfano”; “vertice”; “intesa”), specie in relazione alle possibili

riforme del mercato del lavoro (“articolo 18”; “liberalizzazioni”) e, ma in maniera

inferiore e in comune con il tg5, al governo Monti (“garantire”; “ribadire”; “governo

Monti”; “sostegno”);

- anche il tg5 lega la figura di Berlusconi, in maniera forse più generica del tg1, ai

problemi dell’Italia (“tassa”; “voto”; “Italia”; “avvenire”; “economia”; “lavoro”); ma

non trascura i processi in cui è coinvolto (“inglese”, riferito a David Mills; “udienza”;

“decisione”);

- il tgLa7, invece, affronta soprattutto le questioni processuali (“corte d’appello”;

“imputato”; “aula”; “Napolitano”; “Ruby”).

Graf. Analisi delle corrispondenze

15

Utilizzando sempre il software T-Lab, si sono successivamente analizzate, rispetto a ogni

telegiornale, le parole maggiormente associate alla parola-stimolo “Berlusconi”, rilevando le

co-occorrenze delle parole (numero di volte in cui due unità lessicali sono

contemporaneamente presenti) all’interno dei contesti elementari (frasi). Nei diagrammi

radiali che esprimono la rappresentazione grafica dei risultati, la parola-stimolo è posta al

centro; gli altri lemmi sono distribuiti intorno ad essa ad una distanza proporzionale al loro

grado di associazione con la parola stimolo, che varia da 0 a 1. Le relazioni significative sono

quindi del tipo uno-ad-uno, tra il lemma centrale e ciascuno degli altri.

Differentemente da prima, qui le differenze fra i tre telegiornali sono molto più sfumate e

meno significative (fig. ). In tutti i telegiornali, infatti, il discorso su Berlusconi è strutturato

intorno alle vicende processuali (“processo Mills”, “processi”, “prescrizione”, etc.) e al

sostegno al governo Monti (“Monti”, etc.). Nel tg1, però, il lemma più fortemente associato

alla parola-stimolo è “Pdl”; e compare anche la parola “assoluzione”, assente negli altri

sottoinsiemi del corpus; e solo nel tg5 accanto al lemma “ex-premier”, utilizzato anche negli

altri tg, troviamo anche il lemma “leader”.

Fig. – Analisi delle associazioni di parole: parole maggiormente associate alla parola-stimolo

“Berlusconi”

Tg1 Tg5

16

TgLa7

3.2 L’analisi del contenuto

Con l’obiettivo di approfondire quanto emerso dalle analisi precedentemente svolte, si è

effettuata un’analisi del contenuto delle notizie riguardanti sia Berlusconi sia i suoi interventi,

trasmesse dai principali Tg del prime time (Tg1, Tg5 e Tg La7). A tale scopo, ci si è serviti di

una scheda di analisi tesa a reperire le seguenti informazioni: il tema/argomento del servizio;

gli attori individuali e/o collettivi al centro della notizia, o che intervengono; la presenza, nei

titoli di apertura, delle notizie riguardanti Berlusconi o dei suoi interventi; il soggetto che

parla/tratta di Berlusconi (Conduttore; telecronista; Berlusconi stesso, etc.); il termine

utilizzato per nominare Berlusconi (Berlusconi; ex premier; cavaliere; etc.); l’immagine

(positiva/neutra/negativa) che il servizio/notizia/giornalista/ politico, etc., offre dell’ex

premier. Inoltre, si è proceduto a una trascrizione integrale dei testi delle notizie,

successivamente esaminati seguendo un approccio ermeneutico teso essenzialmente a far

emergere la compatibilità della rappresentazione costruita da Berlusconi riguardo alle vicende

che lo coinvolgono e, più in generale, alla fase storica che stiamo vivendo, alla possibile

eclissi del “berlusconismo”, con quella o quelle, se differenti, costruite dai tre Tg presi in

considerazione. Ed è proprio su tali rappresentazioni che ora concentreremo la nostra

attenzione (sulle procedure e tecniche dell’analisi del contento si veda Krippendorff, 1980;

Losito, 1996; e Tuzzi, 2003)5.

5 La visione dei Tg e la compilazione delle schede è stata effettuata da Serena Lomaglio.

17

3.2.1 Le rappresentazioni di Berlusconi

L’analisi del testo degli interventi e delle dichiarazioni (anche quelle riportate

indirettamente dal conduttore/telecronista) di Berlusconi mette in luce come il messaggio

mediatico divulgato dall’ex premier decodifichi gli avvenimenti di cui si discute, o che egli

stesso tenta di imporre come oggetto di discussione, attraverso tre diverse ottiche

interpretative:

a) l’assenza di colpe, per quanto riguarda due eventi: l’attività del governo dimissionario

da lui presieduto; le accuse rivoltegli nei processi in cui è implicato;

b) il debito di riconoscenza che il Paese e Monti hanno nei suoi confronti, in relazione a:

la scelta dimissionaria; il sostegno al nuovo governo;

c) la riaffermazione della propria leadership, in relazione a: il suo futuro politico e il

problema della successione.

L’applicazione della prima prospettiva all’azione del precedente governo implica il

riconoscere come la situazione di crisi economica non sia stata affatto dovuta alle presunte

inefficienze imputabili a tale governo o al suo presidente. L’occasione per rivendicare la

validità di questo punto di vista è fornita dall’innalzamento dello spread btp-bund

(differenziale di rendimento fra btp decennali e bund tedeschi) verificatosi quando Monti era

già diventato capo dell’esecutivo. Vale la pena citare, come esempio, il seguente intervento:

L’ex premier va all’attacco contro chi indicò il suo governo come responsabile dell’emergenza finanziaria:

«gli italiani giustamente si chiedono perché lo spread rimane sopra quota 500, quali sono le cause e perché il

cambio di governo non ha calmato i mercati. Nessuno finora ha dato risposte convincenti a queste domande e

risulta sempre più evidente la menzogna di chi aveva indicato il nostro governo come l’unica causa dello

spread elevato e quindi della crisi (tg La7, 31 dic. 2011).

Al precedente governo vengono riconosciuti anche altri meriti: l’essere riuscito a contenere

la spesa pubblica; il non aver introdotto nuove tasse; l’avere garantito ampi spazi di libertà sia

ai cittadini sia alle aziende.

Riguardo invece al processo Mills, questo viene di volta in volta definito da Berlusconi

come: una perdita di tempo; un processo politico; uno dei tanti processi inventati contro di lui;

un processo che riposa sul nulla; l’ultimo dei processi che gli sono stati “cuciti addosso”; etc.

Chiaramente, il buon esito di tale strategia può essere raggiunto solo se al contempo si

individua un “nemico”, colui che, “dietro le quinte”, ha agito con malanimo per provocare un

cambiamento di governo; tale nemico viene ravvisato in “Magistratura democratica”, una

componente dell’Associazione Nazionale Magistrati che si caratterizza per il suo

orientamento politico di sinistra:

18

Una parte minoritaria della magistratura ambisce ad esercitare un ruolo politico per cambiare l’Italia e la

sua azione si è intensificata quando ho cominciato a lavorare su una riforma della giustizia (tg5, 14 dic. 2011).

Oggi in Italia è assolutamente inutile votare perché la sovranità non spetta al popolo che la trasmette

attraverso il voto al Parlamento. La sovranità è gestita da Magistratura Democratica. Questo della

magistratura e del ruolo che svolge la magistratura in Italia è una grave patologia della nostra democrazia

(tg5, 19 dic. 2011).

Del resto, da sempre la retorica berlusconiana ha fatto ricorso alla dicotoma, di schmittiana

memoria, amico/nemico. L’amico è colui che ci è intimamente unito, che si associa a noi – gli

alleati fedeli su cui si può contare; il nemico, all’opposto, colui che è totalmente separato e

dissociato da noi, colui con cui combattiamo pubblicamente, e almeno virtualmente, una

guerra – gli ex-comunisti; la stampa di sinistra; i magistrati che lo hanno inquisito; etc. (su tali

questioni si veda Barbieri, 2007).

La seconda ottica interpretativa concerne, anzitutto, la scelta dimissionaria che si rimarca

non essere stata il frutto di un voto di sfiducia ma della “campagna ossessiva e denigratoria

dei media nazionali e esteri”, che hanno accusato Berlusconi e il governo “per l’alto spread e

la situazione del mercato azionario” – torna, ancora una volta, la contrapposizione

amico/nemico; tale scelta viene definita come un “farsi da parte” o un “sacrificio personale”

diretto a “ridare serenità all’Italia” o a “non danneggiarla” e a “consentire la nascita del

governo tecnico”:

Ho lasciato per senso di responsabilità nei confronti dell’Italia. Data la situazione di crisi se fossi rimasto

avrei danneggiato il paese perché avremmo assistito ad altre terribili campagne mediatiche. Insomma mi sono

fatto da parte con una certa eleganza nonostante avessi la maggioranza in entrambe le Camere. Un sacrificio

fatto anche se ho ancora un largo consenso quasi il doppio rispetto ai miei colleghi Merkel e Sarkozy (tg La7, 3

feb 2012).

Dello stesso tenore appare il giudizio sul nuovo governo tecnico, che, come si è scritto

poco sopra, deve la sua nascita al senso di responsabilità con cui il Pdl ha deciso di

concedergli il suo appoggio; questo governo gode, però, di un sostegno condizionato, e deve

comunque concordare con lo stesso Pdl i provvedimenti che intende attivare:

“Il dialogo tra governo e forze politiche che lo sostengono sia fluido”. È quanto avrebbe chiesto a Monti

Berlusconi invitato oggi a Palazzo Chigi per un colazione di lavoro … “Credo che noi troveremo il modo di

discutere con questo governo i futuri provvedimenti in modo che gli stessi provvedimenti possano arrivare in

parlamento avendo avuto un nostro accordo precedente … credo che sia importante che il governo possa

approfondire i temi con i segretari di partito ma anche con i capi gruppo parlamentari” (tg1, 21 dic. 2011);

Berlusconi ha ribadito quanto già chiesto ieri a Monti. Basta tasse da ora in poi i provvedimenti siano

discussi prima con il Pdl. Quanto al merito Berlusconi ha parlato di un sì necessario alla manovra, abbiamo

scelto il male minore (tg1, 22 dic. 2011);

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Con lo stato maggiore del Pdl Silvio Berlusconi fissa la strategia da seguire nella delicata partita con Monti

sulle liberalizzazioni. Il sostegno sarà leale ma nessuna cambiale in bianco, serve un confronto preventivo (tg1,

19 gen. 2012);

dovrà procedere a grandi riforme istituzionali;

Ed è proprio sulla manovra che Berlusconi rilancia un suo cavallo di battaglia “senza cambiare

l’architettura istituzionale dello stato non si possono fare le riforme» dice l’ex premier. Il suo governo lo ha

sperimentato ora tocca a Monti” (tg1, 15 dic. 2011);

Ma è chiaro che il Cavaliere è andato a Palazzo Chigi per garantire al premier il massimo sostegno

all’azione riformatrice del governo a cominciare dal mercato del lavoro, sul quelle il Pdl si aspetta che

l’esecutivo proceda rapidamente senza subire veti da parte del Pd e dei sindacati. Berlusconi avrebbe ricordato

a Monti di essersi fatto da parte per senso di responsabilità affinché una larga maggioranza del parlamento

potesse convergere sulle riforme necessarie al paese, ma ostacolate dalla sinistra. Quelle riforme che se Monti

porterà a termine, sarebbe stato il ragionamento del leader del Pdl, gli garantiranno l’appoggio del Popolo

della Libertà per andare avanti fino al 2013 (tg1, 22 feb. 2012);

si pone in una linea di continuità con il precedente esecutivo a guida Berlusconi:

Monti è molto bravo e non sto scoprendo adesso le sue qualità dice Berlusconi ricordando di essere stato lui

ad indicarlo come commissario europea nel ’94 (tg La7, 5 feb. 2012);

Ora Monti, sottolinea Berlusconi, “si trova nella posizione ideale per realizzare le riforme che il mio

esecutivo aveva avviato senza poterle portare a termine anche per la riluttanza dei partner della nostra

coalizione” (tg5, 18 feb. 2012);

E poi il cavaliere riscontra una continuità tra il suo programma, quando era al governo, e quello del

professore (tg1, 28 feb. 2012);

avrà, data la sua natura, una durata limitata:

Al Quirinale era presente anche Silvio Berlusconi che parlando a margine con i cronisti ha concordato con

Napolitano sul fatto che in un situazione di emergenza il governo tecnico è un a risorsa ma ha aggiunto resta

pur sempre un’ anomalia (tg5, 20 dic. 2011);

Eppure ha parole di apprezzamento sul nuovo governo “il premier e il ministro Passera sono persone

capaci”, ma il cavaliere ritiene che alla fine di questa esperienza torneranno al loro lavoro (tg1, 15 feb. 2012).

Per quanto riguarda, infine, la questione della leadership del Pdl, Berlusconi esprime più

volte la sua volontà di non ricandidarsi alla carica di Presidente del Consiglio e indica in

Angelino Alfano il suo successore – pur lasciando aperta la porta a possibili primarie,

probabilmente per non urtare gli animi degli eventuali pretendenti.

Ciò non significa che l’ex premier intenda ritirarsi dalla vita politica o rassegnarsi a

occupare una posizione di secondo piano. Dichiara, infatti, di volersi comunque ricandidare in

Parlamento, godendo ancora, a suo avviso, di un vastissimo consenso; e si ritaglia il ruolo di

20

“padre fondatore del Pdl”, che sostiene la nuova generazione di dirigenti politici, contribuisce

a organizzare le campagne elettorali, vigila sul rispetto degli ideali di democrazia e libertà.

In realtà, la sensazione di chi scrive è che Berlusconi voglia continuare ad esercitare

pienamente, seppur dietro le quinte e almeno nel breve-medio periodo, le funzioni di

leadership finora detenute. Una traccia che conduce in tale direzione può essere ravvisata in

un fatto di per sé non particolarmente significativo, ma in realtà di grande rilevanza

simbolica: le riunioni e i vertici del Popolo della Libertà si tengono invariabilmente nelle

residenze private del Cavaliere – Palazzo Grazioli, a Roma; o Villa Gernetto, a Monza; ed è

nel corso di tali vertici che spesso Berlusconi mette al corrente i partecipanti delle decisioni

prese, quali la scelta del nuovo inno che accompagnerà la campagna elettore delle

amministrative primaverili (vertice di Villa Gernetto del 20 febbraio 2012).

3.2.2 Le rappresentazioni dei tg

Dallo studio delle modalità con cui i telegiornali trattano il tema “Berlusconi” emerge

come si possano riscontrare due diverse ricostruzioni mediatiche: l’una copia perfettamente le

rappresentazioni proposte dall’ex-premier, e l’altra, invece, se ne discosta preferendo

un’impostazione autonoma e a volte critica nei confronti sia di Berlusconi sia degli altri

protagonisti politici.

La prima ricostruzione è condivisa dal tg1 e dal tg5. Entrambi, infatti, nel raccontare le

vicende Berlusconi si limitano a riportare ciò che l’ex capo del governo ha detto o ha fatto; il

conduttore e i telecronisti non intervengono minimamente nel racconto, non svolgono alcuna

funzione esplicativa, né commentano criticamente ciò che è avvenuto; spesso, poi, le

questioni più compromettenti per il leader sono del tutto eluse: ne è un esempio il “processo

Ruby”, mai affrontato dal tg1 e trattato dal tg5 un’unica volta (il 30 gennaio) – contro le dieci

volte del tg La 7 (20, 27 e 30 gennaio; 3, 7, 13, 14, 15, 17 e 26 febbraio).

Su una cosa però i due tg differiscono, seppur lievemente. Fra i due, infatti, il tg1 è il più

vicino al modello proposto, tanto che si potrebbe parlare, in questo caso, di “ricostruzione

mediatica passiva”; il conduttore e i telecronisti del tg5, in più, a volte si appropriano della

rappresentazione berlusconiana presentandola come un dato di fatto, se ne servono per

introdurre gli interventi e le dichiarazioni sia dell’ex premier sia anche degli altri politici o per

chiarire come sono andate “veramente” le cose – dando luogo, così, a quella che potrebbe

essere definita “ricostruzione mediatica sponda”. Emblematici, a tale proposito, appaiono i

seguenti stralci di alcuni tg:

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Di spread ha parlato oggi anche Berlusconi osservando, supportato pienamente dai fatti, che non era certo

dovuto al governo precedente, alla politica del governo precedente, la tensione sul rendimento dei titoli pubblici

italiani (tg5, 29 dic. 2011);

[Domanda del conduttore durante l’intervista a Mario Monti]: Al momento del suo insediamento Presidente

come capo del governo, lei ha dato atto al suo predecessore, a Silvio Berlusconi, di aver dimostrato un alto

senso dello Stato facendo un passo indietro. Ecco, come giudica o cosa pensa oggi del sostegno che il leader del

Pdl dà al suo esecutivo – peraltro lo ha ribadito proprio oggi pomeriggio che sarebbe irresponsabile far cadere

Monti – mentre comunque nel Centro destra ci sono un po’ di malumori, di mal di pancia? (tg5, 1 feb. 2012);

[Ricostruzione delle vicende del processo Mills]: Cinque anni per arrivare alla sentenza di ieri dopo che era

chiaro che per il tribunale la prescrizione era scaduta il 14 febbraio scorso, una data che fin dall’inizio del

processo era stata spostata in avanti di due anni dal pubblico ministero De Pasquale stabilendo, decisione per

certi versi unica, che il reato di presunta corruzione non era avvenuto al ricevimento dei famosi 600.000 dollari

da parte di Mills, ma dal momento in cui il presunto corrotto aveva iniziato a spenderli. Questo lungo processo,

dopo ben quattordici anni di indagini planetarie e costosissime, presenta un altro elemento di contraddizione

(…). L’avvocato inglese impaurito e capendo che per uscire da quella situazione per lui pericolosa – il pubblico

ministero voleva solo un nome: Berlusconi – racconta la storia della tentata corruzione. Pochi mesi dopo

ritratta, confessa che in realtà quei 600.000 dollari vengono da un suo cliente, l’armatore Attanasio, ma quella

nuova versione non viene verbalizzata. E in cinque udienze del recente processo, Mills conferma la seconda

versione, addirittura si scusa con Berlusconi per i guai creatigli; il tribunale ha fretta e andando contro una

precedente ordinanza del 2011 taglia tutti i testi della difesa. Longo e Ghedini protestano, chiedono la

ricusazione del collegio, richiesta respinta. La sentenza scontata è cronaca di ieri. Dopo venticinque processi

Berlusconi è a tutti gli effetti un cittadino incensurato (tg5, 26 feb. 2012).

Di tutt’altro tenore appaiono i tg La7: il conduttore si assume il compito principale di

“spiegare” gli eventi cercando di metterne in luce le cause e i risvolti politici, spesso non

evidenti al comune telespettatore; introduce e commenta criticamente, spesso condendo il

tutto con una spiccata dose di humor, ciò che è avvenuto; quando si verificano contrasti fra i

politici non omette di mandare in onda repliche e contro-repliche; spesso affida il commento a

due giornalisti esterni di opposte visioni; non omette di trattare le questioni più scottanti per il

leader, che nei servizi vengono affrontate – differentemente dagli altri tg – non

preoccupandosi di utilizzare espressioni colorite ormai entrate nel linguaggio comune:

“bunga-bunga”, “papi”, “olgiattine”. Ci troviamo di fronte, in definitiva, a una “ricostruzione

mediatica critica”, di cui, qui sotto, si riportano alcuni esempi:

(Il conduttore commenta sulla sospensione delle procedure di assegnazione delle frequenze televisive)

Quindi nella sostanza non si vede perché alle grandi società bisognerebbe dare le frequenze gratis.

Subito durissima la protesta di Mediaset che parla di un atto che sospende in realtà un situazione di legalità

che deve essere invece al più presto ristabilita. Al di là delle mistificazioni che sono circolate il beauty contest è

assolutamente legittimo (tg La7, 20 gennaio 2012).

Nell’aula 6 del terzo piano del Palazzo di Giustizia arriva Silvio Berlusconi per l’udienza del processo Mils

in corsa contro la prescrizione. Cinquanta metri più avanti aula 5 ci sono le ragazze del bunga bunga e

comincia il primo atto della guerra tra olgiattine. “Ruby-gate 2” questo processo che vede imputati Lele Mora,

Nicol Minetti e Emilio Fede per induzione alla prostituzione, favoreggiamento della prostituzione non è ancora

entrato nel vivo è già regala piccoli colpi di scena. Due delle più assidue frequentatrici di casa Berlusconi, la

modella brasiliana Iiris Berardi e la showgirl Barbara Guerra, si sono costituite oggi parte civile contro Nicol

Minetti. Quella stessa Minetti che teneva la contabilità degli affitti delle ragazze al residence olgiattina e si

occupava dei pagamenti dei bonifici. La Berardi sarebbe andata la prima volta ad Arcore da minorenne; è sua

22

l’agenda sequestrata dai magistrati con annotazioni esplicite: papi 2.000, andare da papi eccetera. Di Barbara

Guerra ci sono agli atti le foto non rilevanti ai fini del processo scattate nella villa dell’ex presidente del

consiglio con manette, cappello da poliziotta e scollatura generosa. Ma le due ragazze rivendicano il danno

subito (tg La7, 20 gennaio 2012)

Se Mills è stato corrotto da Berlusconi come si fa a dire che Berlusconi non ha corrotto Mills? Ecco perché

se c’è la sentenza i bookmakers del tribunale puntano tutto sulla condanna. La variabile è la prescrizione. Il

pubblico ministero l’ha spostata in avanti, maggio o luglio con un calcolo spericolato sulle sospensioni per

lodo e legittimi impedimenti. Convincerà la Corte? Nessuno sa quando, secondo il collegio del tribunale muore

il processo. Secondo i boatos del palazzo dicono che per i magistrati, tre donne, anche stavolta per Berlusconi

tutto finiva la settimana scorsa quindi tempo scaduto e salvataggio in corner per l’ex premier con l’unico

dispiacere per le motivazioni tipo processo Andreotti “sei stato un corruttore ma non possiamo farti niente”. I

falchi del Pdl due settimane fa avevano praticamente organizzato una manifestazione davanti al tribunale, un

ritorno alla guerra stile ultima campagna elettorale di Milano persa contro Pisapia. Poi Berlusconi ha fermato

tutto, niente manifestazione, forse s’era fatto due calcoli e ha capito che non ce ne era bisogno (tg La7, 22

febbraio 2012).

4. Una breve conclusione

Dalla nostra analisi emerge soprattutto un dato: i tempi per la definitiva uscita di scena di

Silvio Berlusconi non sono ancora maturi. La copertura che i Tg italiani dedicano alla sua

persona e soprattutto alle vicende che lo vedono coinvolto è ancora alta, soprattutto se

confrontata con gli altri leader politici italiani. Berlusconi viene considerato tuttora come un

leader importante e lui stesso continua ad intervenire sui principali problemi che attanagliano

il paese come se fosse il (vero e forse unico) leader del centrodestra. Ma c’è ancora dell’altro.

I dati, a nostro avviso, mostrano anche che i notiziari italiani hanno bisogno di Berlusconi.

Parlare di Berlusconi e delle sue vicende è stato un elemento portante dei Tg negli ultimi 18

anni, e questi non vi rinunciano neanche dopo la fine di quello si pensa sia stato il suo ultimo

governo – con il risultato che mantengono viva tra gli italiani la sua figura, la sua

(ingombrante) presenza. Anzi, come emerge dall’analisi qualitativa, i due più importanti Tg

italiani del prime time, Tg1 e Tg5, entrambi con un ascolto medio al di sopra dei 6 milioni di

telespettatori, non fanno altro che riprodurre – chi passivamente, chi giocando di sponda – le

rappresentazioni tematiche proposte dallo stesso Berlusconi, comprese quelle riguardanti le

vicende a lui più scomode (i molti processi). L’unica eccezione è il Tg La7, che però presenta

ascolti (quasi due milioni) nettamente inferiori a quelli degli altri due Tg.

In definitiva, l’Italia della Seconda Repubblica fondata da e su Berlusconi trova difficoltà,

e i tg ne sono una prova, a liberarsi del Cavaliere. La grave crisi economica e politica del

paese può realmente portare ad un profondo rinnovamento della classe politica (e alla fine del

berlusconismo), tuttavia i notiziari ci ricordano che fino ad ora Berlusconi non se n’è andato,

anzi è ancora ben presente.

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Riferimenti Bibliografici

Barbieri, G. (2007), La personificazione del male politico, in G. Barbieri, R. Segatori (a cura

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Soveria Mannelli: Rubbettino, pp. 153-168.

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