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  1 IL GIORNALISMO SPORTIVO IN ITALIA Storia, evoluzione e linguaggio nella carta stampata Di Nauta Aldo 0000254864

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IL GIORNALISMO SPORTIVO IN ITALIAStoria, evoluzione e linguaggio nella carta stampata

Di Nauta Aldo 0000254864

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INDICE

1 – LE ORIGINI E LA STORIA 3

1.1 – Gli albori del giornalismo sportivo in Italia 31.2 – La stampa sportiva nel periodo fascista 41.3 – la IIª Guerra Mondiale e ciò che segue 5

2 – SPORT E GIORNALISMO: L’EVOLUZIONE RECENTE 7

2.1 – Gianni Brera, la sua corrente e il vento nuovo 72.2 – 1982: il boom dei quotidiani sportivi e la rivoluzione Palumbo 8

3 – IL LINGUAGGIO SPORTIVO 8

3.1 – I forestierismi, i bellicismi e la prosa sportiva 8

4 – IL CALCIO NEI QUOTIDIANI SPORTIVI 10

4.1 – Calcio e quotidiani: un matrimonio di interesse 10

APPENDICE

Intervista a Matteo Marani, direttore responsabile del “Guerin Sportivo”

BIBLIOGRAFIA

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1  – LE ORIGINI E LA STORIA

1.1 Gli albori del giornalismo sportivo in Italia

Il fenomeno delle implicazioni territoriali e sociali della diffusione della stampa sportiva in

Italia è vecchio più di un secolo. Le prime notizie, infatti, circa pubblicazioni di contenuto

esclusivamente sportivo risalgono all’ultimo ventennio dell’Ottocento e interessano Milano e

Torino. Tutto ha inizio con pubblicazioni periodiche riservate alle discipline di maggior richiamo

nel periodo neoclassico dello sport di fine ottocento: ippica, scherma, ginnastica, tiro a segno. La

prima società sportiva della quale abbiamo notizia è la “Reale Società Ginnastica del Valentino” di

Torino, fondata nel 1833 dallo svizzero Obermann. Quello poi che si ritiene il primo foglio sportivo

italiano risale al gennaio del 1865 quando il “Club Alpino Italiano di Torino” inizia a pubblicare il

“Bollettino Trimestrale del Club Alpino di Torino”. Il 1° gennaio 1866 è pubblicato a Livorno “La

Ginnastica”, composta da due pagine e con periodicità quindicinale. L’amore per lo sport dei primi

giornalisti specializzati è palese nelle prime stampe, le quali non sono ideate a scopo di lucro bensì

per aiutare le varie discipline e gratificare i giornalisti stessi, spesso primi atleti oltre che descrittori

d’imprese atletiche. Alla fine dell’Ottocento lo sport ha già trovato una sistemazione chiara nel

panorama della stampa nazionale, guadagnando frequenti apparizioni nelle pagine dei periodici e

dei quotidiani politici. Dai semplici bollettini si passa a veri e propri giornali specializzati sulla

materia.

Nel 1881, una data che per molti segna la vera nascita della stampa sportiva italiana, l’editore

Gorlini pubblica per la prima volta a Milano lo “Sport Illustrato”, il quindicinale e poi settimanale

de “La Gazzetta dello Sport”. Non si può ancora parlare di veri e propri giornali ma più

semplicemente di fogli utili per fornire le notizie dell’attività sociale nello stile ridondante e

ufficiale dell’epoca in esame. Tra gli inizi del secolo e la prima guerra mondiale apparvero

numerose testate sportive. A Torino nel 1901 nasceva “La Stampa Sportiva”, il supplemento

settimanale della “Stampa”. Nella stessa città vedeva la luce nel 1912 il “Guerin Sportivo”, diretto

da Giulio Corradino Corradini e circondato da una schiera di giovani, improvvisati. Il “GuerinSportivo” fu precursore della chiacchiera sportiva, alimentata dal disegno satirico e da un

incontinente spirito polemico. Anche a Torino nel 1913 ebbe vita “Lo Sport del Popolo”, un foglio

illustrato che subì un rapido declino. Più intensa fu la diffusione del giornalismo sportivo in

Lombardia, dove tra il 1880 e il 1915 apparvero sessantatré testate. Achille Beltrame esordiva nel

disegno sportivo sulla “Domenica del Corriere” del 9 marzo 1902; la “Illustrazione Italiana”, il 22

marzo 1903, dedicava la sua prima copertina al calcio. Su tutta la stampa sportiva del tempo

dominava “La Gazzetta dello Sport”, divenuta trisettimanale nel 1909, in occasione del primo Girod’Italia, e quotidiana durante l’edizione del 1913 della corsa ciclistica. Già si rivelava anche in Italia

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un elemento tipico della stampa sportiva di tutto il mondo: il ruolo di promozione delle

manifestazioni sportive. Dal 1909 la “rosea” si assunse l’organizzazione del primo giro ciclistico

d’Italia e già alla vigilia della guerra aveva toccato il tetto di centomila copie.

Nasceva intanto la prima generazione di giornalisti sportivi, di disegnatori, di caricaturisti: un

mondo di figure nate dall’improvvisazione e talvolta dal talento: Ettore Berra, Emilio Colombo,

Eugenio Colmo e Giorgio Muggiani.

Se il giornalismo sportivo ebbe la sua culla tra Milano e Torino, esso non fu del tutto assente nel

resto della penisola. A Roma nel 1905 era nato il primo giornale sportivo della capitale: “Roma

Sport”; a Napoli nel 1902 era stato fondato da Adolfo Cotronei e Vittorio Argento il settimanale

“Tribuna Sport”. Il giornalismo dell’epoca rifletteva la preminenza degli altri sport sul calcio, che

appariva come l’ultimo arrivato tra i motivi dell’interesse sportivo in Italia. Esso non era trattato in

rubriche specifiche, ma veniva inserito in quelle degli “Sport Atletici”, in cui figurava anche il

biliardo. Sulle pagine dei giornali dominava il ciclismo. L’accesso del football all’attualità rimase a

lungo ambiguo: nelle riviste illustrate del tempo spesso si confondevano le immagini del calcio con

quelle del rugby o del football americano. Spesso la vaga attenzione per il nuovo gioco faceva posto

a una sorta di puntigliosa cronaca nera in cui avevano esclusivo risalto gli incidenti di gioco o gli

scontri tra supporters. Solo negli anni a ridosso della prima guerra mondiale l’immagine del calcio

cominciò a precisarsi e a consolidarsi. Nel 1913 appariva “Football”, il primo periodico italiano

dedicato esclusivamente al calcio, fondato da Cesare Fanti.

Era l’avvento dell’età del calcio in Italia? Certo, non mancava chi ancora considerava il football

come un fenomeno passeggero, ma i più gli davano per scontato un qualche futuro.

1.2 – La stampa sportiva nel periodo fascista

Lo slancio col quale viene ripresentato lo sport dopo la Prima Guerra Mondiale nasce anche da

un’evidente reazione psicologica contro gli orrori del conflitto, la gente dimostra di volere

dimenticare in fretta, di voler svagarsi. Il Giro d’Italia e il campionato di calcio ricominciano subito,inoltre, nel 1920 la rappresentativa azzurra partecipa alle Olimpiadi di Anversa. Viene così

alimentata una possente ondata idealistica e di lì a poco tutta la stampa sportiva si mobilità

volontariamente per una campagna propagandistica fervidamente bellicista. La molla che spinge

alla diffusione della passione per lo sport è soprattutto data dal fascino delle competizioni

agonistiche. L’Italia fascista utilizzerà furiosamente lo sport come strumento di propaganda.

L’ingerenza del regime fascista fu forse molto più profonda nel giornalismo sportivo che in altri

settori della vita nazionale. Questo perché il Duce vedeva lo sport come mezzo di educazione dellemasse. Per il fascismo la società sportiva è superpolitica, militare quasi. I periodici sportivi che

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escono a decine in tutta Italia servono egregiamente a disciplinare e a potenziare i nostri sport così

benefici per l’addestramento militare del popolo.

Si possono distinguere tre fasi nell’evoluzione della stampa sportiva durante il ventennio

fascista. Negli anni tra il 1924 e il 1934 si verifica una vera e propria esplosione di fogli sportivi.

Nel primo periodo, oltre a pubblicazioni periodiche come il quindicinale “La Boxe Illustrata”, la

rivista mensile “Gran Sport” e il bisettimanale barese “Il Sud Sportivo”, vede la luce nel 1927 “Il

Littoriale” diretto da Leandro Arpinati. Anche a Roma nasce un brillante settimanale satirico, “Il

Tifone”, diretto da Ennio Viero e concepito come la replica centro-meridionale al “Guerin

Sportivo”. Complessivamente alla fine del 1928 i periodici specializzati ammontano a cinquantotto

unità. Si registrano poi due anni di attesa durante i quali tutta l’editoria nazionale attende la

riorganizzazione dell’ambiente sportivo da parte del regime fascista.

Il periodo che intercorre dal 1931 al 1934 è caratterizzato da alcuni sconvolgimenti come cambi

di testate, mutamenti nella periodicità, fusioni tra giornali e trasformazioni di carattere

amministrativo. Nello stesso periodo ricompaiono anche ben trentaquattro pubblicazioni che

avevano cessato di essere stampate anni prima tra cui il “Calcio Illustrato”.

Nel 1934, però, si chiude il periodo d’oro della stampa sportiva, la quale, nel decennio

successivo, si dedicherà piuttosto allo sfruttamento del successo creatosi fino a quando la politica

estera e militare di Mussolini porterà il Paese nella palude della Seconda Guerra Mondiale. Il

periodo d’oro si è concluso ma lascerà una traccia indelebile nella storia della stampa italiana. In

questo periodo il giornalismo si incarna soprattutto in Emilio Colombo. Il suo stile, che ricorda a

volte modi rozzi e accademici, parla al “cuore” della folla grazie ad un linguaggio semplice.

La stampa sportiva fascista si è differenziata molto dalla stampa pre-bellica e bellica. A

differenza del passato in cui nascevano fogli che proclamavano con orgoglio di occuparsi di tutti gli

sport, nel periodo fascista sono numerosissimi i fogli che dedicano la propria attenzione ad una sola

disciplina sportiva. Durante il fascismo i gusti tendono a differenziarsi e il generico sportivo del

primo ‘900 scompare per lasciar posto al tifoso del calcio, del ciclismo, al frequentatore degliippodromi. Si tratta in sostanza di un nuovo tipo di lettore che si interessa ed appassiona ad una

specifica disciplina e che di essa vuole sapere tutto: ecco quindi che l’editore tende a soddisfarne le

esigenze offrendogli un giornale tutto suo.

1.3 – la IIª Guerra Mondiale e ciò che segue

Alla fine del 1946 può dirsi terminata la fase più incerta e provvisoria della storia della stampa

sportiva del secondo dopoguerra. Negli anni successivi essa farà registrare, infatti, uno sviluppostraordinario: ciò, sia per l’importanza sociale acquisita dallo sport, sia per l’aumento numero dei

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tifosi e dei praticanti e sia per l’organizzazione più completa che essa ha saputo darsi. Graduale

ripresa dell’attività agonistica, rinnovamento e riorganizzazione dell’editoria, sono i presupposti che

stanno alla base della “rentrèe” sulla scena giornalistica della stampa sportiva, decisa più che mai a

riconquistare l’antico splendore. E vi riuscirà tant’è vero che quando nel 1950 Emilio Colombo

chiederà l’ammissione dell’Italia all’Association Internationale de la Presse Sportive, il suo

presidente, Victor Boin, sarà ben felice di accettare la richiesta del nostro Paese.

Le novità si susseguono. I due quotidiani di Roma e Milano non restano soli a dominare il

mercato nazionale come negli anni trenta. La riconquista della libertà di espressione modifica il

panorama di tutta la stampa italiana, trasformandone le tecniche ed i contenuti, allargandone

sensibilmente il raggio di diffusione. Più che un periodo di giornalismo sportivo si può parlare di

un’epoca di grandi giornalisti sportivi definibili anche come “cantori”. Colombo, De Martino,

Ambrosini, Brera e Casalbore. Qualcuno sostiene che questi cantori erano innamorati più di loro

stessi che dello sport e rileggendo le loro prose viene a galla un marcato protagonismo. Forse si

trattava di una rivincita necessaria nei confronti di se stessi dato che lo sport era visto allora come

attività esclusivamente muscolare, il lessico doveva necessariamente essere elementare affinché

potesse essere compreso da tutti i lettori. Era proprio un amore per lo sport e non il frutto di

interessi velati quel loro seguire gli atleti, celebrando e inventando imprese, coprendo scandali,

celando malefatte e ignorando imbrogli. La stampa sportiva si consolidò creando i presupposti

dell’odierna editoria specializzata. In molti casi il prestigio individuale di questo o quel cantore

servì alla redazione sportiva per renderla più importante all’interno del giornale politico.

Rifiorisce il mercato e ai vecchi periodici, di cui sopravvivono i più vitali come “Il Calcio

Illustrato” e “Il Tifone”, se ne aggiungono molti nuovi tra i quali “L’Automobile”, il “Calcio

Lombardo” e “Lo Sport del Mezzogiorno”. Ad ogni modo, gli avvenimenti giornalistici più

importanti dell’immediato dopoguerra sono rappresentati dalla fondazione a Bologna e a Torino di

due pubblicazioni destinate a raddoppiare, nel giro di pochi anni, il numero dei quotidiani sportivi

del Paese. “Stadio” nasce a Bologna nel 1945; “Tuttosport” viene fondato a Torino sempre nel1945.

Cambia il punto di vista di fronte al fatto agonistico e all’organizzazione che lo realizza; cambia

la mentalità, si accentua la tendenza all’ironia e alla denuncia. Il nuovo giornalismo sportivo deve

modificare radicalmente la propria tecnica per tutta una serie di ragioni di fondo che vanno dalla

diffusione delle trasmissioni radiofoniche prima, poi televisive. Si deve fare i conti, inoltre, con un

lettore più frettoloso, più avido, pettegolo e indiscreto. Il nuovo lettore è alla ricerca ossessiva della

notizia particolare e del retroscena. Il lavoro compiuto dai propagandisti del regime nei vent’anni difascismo ha lasciato evidentemente tracce profonde nell’animo dei giovani, condizionandoli ad

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interessarsi al campionato di calcio oppure al Giro d’Italia. Lo stadio e il giornale sportivo sono i

templi di una nuova sede. Ora ci sembra chiaro che un giornale sportivo non può spendere pagine in

argomenti che interessano solo poche persone. Nel giornale c’è un rapporto spazio-lettore: più uno

sport è popolare e più spazio ha a disposizione. La stampa italiana al calcio concede intere pagine

perché è seguito da milioni di persone. In sostanza, oggi il giornale è un’impresa e come tale tende a

comportarsi in modo razionale.

2  – SPORT E GIORNALISMO: L’EVOLUZIONE RECENTE

2.1 – Gianni Brera, la sua corrente e il vento nuovo

Pochi anni dopo la fine della guerra, gli editori de “La Gazzetta dello Sport” sostituiscono alla

testa della redazione Emilio De Martino con un giovane giornalista, Gianni Brera. Poco incline alla

funzione direttiva, Brera rimase solo per breve tempo al timone del giornale rosa ed in seguito ha

poi connotato le pagine sportive di tanti giornali quotidiani, da “Il Giorno” a “La Repubblica”, ha

retto settimanali come il “Guerin Sportivo” ed alcuni mensili.

La qualità del giornalismo sportivo si elevò moltissimo negli anni tra il 1950 e il 1980. In

precedenza la formula giornalistica della rubrica sportiva era completamente diversa: assenti lo

spirito critico e le analisi tecniche, prevalente la passionalità, con abbondanza di cronaca descrittiva

e toni enfatici. Il mutamento avviene agli inizi degli anni Cinquanta quando Brera avvia e sviluppa

la parte critica e interpretativa dell’evento sportivo. Grazie a Brera il giornalismo sportivo è entrato

nei salotti buoni, anzi nei migliori salotti, e la stampa specializzata ha goduto di una nuova

collocazione, meglio rispettata dentro e fuori le redazioni. Brera ha cominciato ad essere conosciuto

per il “come” del suo scrivere, non solo per il “cosa” descriveva o raccontava. In certi casi ha

persino smesso di essere legato all’evento, esercitando una funzione d’indagine. Il suo fare

giornalismo sportivo era polemico e tecnicizzato.

Sotto il profilo del linguaggio sportivo, Brera fu una figura di spicco: sciogliendo lo sport da

vincoli di sotto-cultura, ha inventato un linguaggio nuovo che ha permesso di raccontare l’eventosportivo in termini sempre accessibili a un largo pubblico. La sua prosa era aspra, originale anche

nell’impasto nel quale il gergo tecnico e una leggera presenza del dialetto lombardo s’intrecciavano

con una struttura sintattica svelta, brusca, moderna.

Brera finì col diventare il caposcuola di una corrente che viene battezzata come “difensivistica”,

perché privilegia l’assetto difensivo a quello offensivo dello schieramento, partendo dal vecchio

principio del “prima non prenderle”. Le giustificazioni che lo scrittore pavese adduce per le sue

teorie affondano le radici nella storia italiana che dovrebbe aver insegnato al nostro popolo, secondo

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Brera, a non attaccare per primo pagando poi lo scotto di brucianti sconfitte non solo a livello

sportivo.

2.2 – 1982: il boom dei quotidiani sportivi e la rivoluzione Palumbo

Al processo di evoluzione dei quotidiani sportivi ha dato una spinta e una legittimazione il

torneo mondiale di calcio del 1982 in Spagna. Sulla scia della vittoria mondiale conquistata dalla

nostra nazionale, il pubblico si è affezionato alla stampa specializzata. L’assestamento dei

quotidiani sportivi italiani, dopo la vittoria nell’estate del 1982, su una tiratura mediamente doppia

rispetto ai giorni precedenti l’avvenimento, ha portato ad un accrescimento numerico delle

redazioni. Nel 1983 le vendite dei giornali quotidiani in Italia hanno finalmente superato la soglia

delle sei milioni di copie vendute, quota, inoltre, assai modesta in rapporto alla popolazione. In ogni

caso, le oscillazioni del giornalismo sportivo appaiono sensibilmente condizionate dagli eventi

agonistici. Le alte tirature non possono essere spiegate solamente in questi termini. Si potrebbe

addirittura assumere come anno di partenza il 1976, quando la direzione de “La Gazzetta dello

Sport” passò a Gino Palumbo.

La nuova formula adottata da Palumbo ha dato un’ulteriore spallata (naturalmente in positivo)

alle tirature della “rosea”. Il nuovo direttore poté operare sulla Gazzetta con piena libertà. La grafica

cambiò completamente, e con essa la scrittura del giornale. Schiacciati da titoli forti, accompagnati

da tabelline per offrire le cifre che altrimenti chiederebbero, se “messe in prosa”, tanto spazio di

ogni articolo, gli interventi classici del giornalista sono stati non solo ridotti, ma addirittura resi

superflui. Nessun bisogno, insomma, di leggere anche l’articolo: possono bastare il titolo, il

sommario e l’annesso tabellino cronologico e statistico.

Palumbo ha inventato, firmandolo lui stesso, il neretto di prima pagina, offrendo

un’impostazione molto popolare al giornale. La Gazzetta fu per cinque anni, dal 1983 al 1988, il

giornale più venduto in Italia. Tuttavia il cambiamento descritto, è il calcio a essere lo sport

“occupante” il giornale. Come si può facilmente notare, le ragioni del boom sono molteplici, fra cuil’aumento delle trasmissioni sportive in televisione, che hanno ulteriormente alimentato l’interesse

del pubblico, fornendo cosi nuovi lettori ai giornali sportivi. La società sente vivo il desiderio di

evasione, il distacco dalla politica trovando sollievo nel quotidiano sportivo. L’individuo ritrova la

sua identità più nella squadra del cuore che nel sindacato. Sono gli albori della società del consumo.

3  – IL LINGUAGGIO SPORTIVO

3.1 – I forestierismi, i bellicismi e la prosa sportiva

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Quello della stampa sportiva è un linguaggio particolare che si è lentamente evoluto col

trascorrere degli anni di pari passo con la metamorfosi del giornale stesso. Fatto di passione e di

propaganda all’inizio, il linguaggio del cronista sportivo in seguito si è vivacizzato arricchendosi di

nuove espressioni capaci di riflettere il ritmo particolare dell’azione agonistica. Contro tali

innovazioni linguistiche si sollevarono le critiche dei puristi che non potevano tollerare lo scempio

dell’italico idioma. Tuttavia, ai cronisti sportivi non mancò l’appoggio di illustri letterati di

mentalità aperta e anticonformista: Pascoli, D’Annunzio, Simoni sorridevano con indulgenza

davanti alle invenzioni stilistiche di quei giornalisti un po’ strambi e anzi non disdegnavano di

collaborare con essi e, all’occorrenza, di difenderli.

Da uno sguardo panoramico allo stile della stampa sportiva, si può fare un’immediata

constatazione. L’avvenimento agonistico essendo per sua natura fatto di velocità e dinamismo,

richiede una trattazione altrettanto concisa, concreta, quasi stilizzata; e non potendo esso essere

ridotto in formule matematiche, il linguaggio sportivo si è orientato verso l’uso di una terminologia

tecnica la cui pesantezza viene attenuata col ricorrere all’epica, alla perifrasi, alla metafora. La

medesima esigenza di brevità e concretezza nella trattazione della materia sportiva è all’origine di

un nuovo indirizzo assunto dalla stampa specializzata: il graduale imporsi del criterio valutativo su

quello informativo.

Quello che il lettore sportivo cerca il lunedì mattina sul giornale è il commento,

sull’avvenimento del giorno prima o, durante la settimana, un giudizio su una certa situazione del

mondo dello sport; ciò che lo spinge a comprare il giornale sportivo rimane sempre il desiderio di

trovarvi una valutazione, un’opinione che egli farà propria discutendo al bar con gli amici. Gli

amanti delle cronache sportive sono persone semplici, e di conseguenza il linguaggio del giornale

deve essere rigorosamente adatto al loro livello culturale.

Il giornalista narra e critica allo stesso momento, la notizia non è separata dal commento. Ed è

proprio questa la formula vincente dei giornali sportivi: capacità di informare e di entusiasmare. Il

compito principale dei giornalisti sportivi è quello di far conoscere ai lettori cose che in genere giàconoscono in modo che, tuttavia, appaiano come nuove. Il giornalista sportivo è un cronista che

deve trasformare la cronaca, restando al tempo stesso entro i suoi ambiti. Di conseguenza, nel

giornalismo sportivo l’oggetto della notizia non è l’avvenimento in sé, ma ciò che quest’ultimo

significa nell’immaginario del pubblico.

Caratteristica del linguaggio sportivo è di essere ricco di “forestierismi”, cioè di parole

provenienti da lingue straniere utilizzate per definire determinate situazioni tecniche. Ci sono due

possibili spiegazioni di questo fenomeno, una di ordine storico e l’altra di natura psicologica.Storicamente sappiamo che gran parte degli sport dell’era moderna furono importati nell’Ottocento

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dall’Inghilterra; di lì sono immigrati anche in Italia con il corredo dei relativi tecnicismi. In secondo

luogo, il successo dei forestierismi è dovuto al fatto che il termine straniero incute “un certo rispetto

verbale, fa moderno, efficienza, progresso; corrisponde a quella volontà del parlante di distinguersi

che spesso è alla base di certe scelte linguistiche” [Vantaggio: 1994].

Il linguaggio sportivo fa ricorso, nel suo lessico, anche a metafore, vocaboli o locuzioni tratte

dal linguaggio bellico o militare. Ogni partita di calcio rappresenta simbolicamente una piccola

guerra, nella quale lo scopo di ciascuna squadra è di ottenere un risultato migliore dell’altra. A

questa situazione si adegua il linguaggio, anche perché, “la notevole capacità di adattare alcuni

movimenti e azioni dei giochi collettivi ad analoghe situazioni della guerra, favorisce alcune

trasposizioni” [Bascetta: 1962].

Il linguaggio sportivo ha proprie caratteristiche di stile che si sono evolute, formando quella che

è stata definita la tipica prosa sportiva. Si tratta di una prosa libera, svincolata da quella letteraria

tradizionale, e senza dubbio più disinvolta di quelle di ogni altro linguaggio settoriale. Le sue

esigenze fondamentali sono due: brevità delle frasi che compongono un articolo ed elevato grado di

espressività delle stesse.

4  – IL CALCIO NEI QUOTIDIANI SPORTIVI

4.1 – Calcio e quotidiani: un matrimonio d’interesse

“Quando la Nazionale di basket ha vinto il campionato del mondo, l’abbiamo sparata in prima

pagina ma non abbiamo venduto una copia in più”. Questa fu la risposta di Gino Palumbo,

interrogato sul fenomeno del calcio. Ciò per affermare quanto il calcio sia considerato anche dagli

stessi giornalisti lo sport per antonomasia.

Il rapporto fra il calcio e la stampa sportiva è mutato profondamente negli ultimi anni in ragione

di due situazioni particolari: in primo luogo si è evoluto lo stesso fenomeno sportivo nel senso di

una maggiore spettacolarità; in seconda battuta si è avuto un notevole aumento nella pratica

sportiva e della partecipazione indiretta agli avvenimenti da parte della gente comune. Il calcio ne èun esempio: domina come disciplina largamente diffusa e popolare, e tale dominio si riflette nella

distribuzione degli spazi e nel taglio degli argomenti proposti ai lettori. Il calcio risponde

ampliamente ai criteri base dello spettacolo sportivo. Il calcio è lo sport che fa vendere di più ed è

dunque doveroso dargli tutto lo spazio necessario.

Il calcio si è dunque trasformato in questi anni in un prodotto-servizio. In altri termini, è

divenuto business e ha trovato nei mass media (nel caso particolare, la stampa sportiva) una

visibilità che definire pubblicità non è azzardato. D’altro canto, i mass media stessi – il cui obiettivoè la conquista di quanto più audience possibile – hanno trovato nel calcio uno straordinario alleato.

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Si spiega cosi il matrimonio d’interesse fra la stampa sportiva e il gioco del calcio. Lo stesso

interesse è comunque reciproco. Si pensi al rapporto tra la stampa e una società calcistica:

quest’ultima ha nel suo potere comunicativo e nella propria immagine il principale bene aziendale.

Premesso questo, ogni servizio che comparirà sui giornali sarà una forma di pubblicità gratuita e, se

opportunamente gestito, foriero di vantaggi in quanto a trasparenza, immagine e comunicabilità.

Si deve comunque osservare che questo permanente collegamento fra mass media e calcio può

avere delle influenze reciproche non sempre benefiche. Di conseguenza la pratica sportiva

finalizzata soltanto a mete di promozione economica è certamente effetto dell’interazione, in questo

caso infelice, fra mass media e sport.

APPENDICE

Bologna, 7 aprile 2008

Come e quando è nata la passione per il giornalismo sportivo?

È una passione nata almeno venti anni fa. Da sempre spettatore e appassionato, durante il liceo ho

cominciato ha ragionare sul fatto che potesse diventare anche una professione.

Come è cambiato il mestiere del giornalista in questi anni?

Completamente. Abbiamo assistito ad una rivoluzione tecnologica, forse la più importante nella

storia del giornalismo. L’arrivo della rete, del web, delle nuove tecnologie ha portato un

cambiamento nei modi di lavoro, nei tempi. Ad esempio, le fotografie digitali hanno stravolto il

modo di archiviare e di gestire le fotografie. È cambiata la fruibilità delle notizie.

 Lei è il direttore del “Guerin Sportivo”. Quale può essere la ricetta per il successo di un giornale

sportivo?

Se la conoscessi, l’applicherei. Credo che nel caso del “Guerin Sportivo” la ricetta dovrebbe essere

un pubblico specializzato, appassionato, che vuole ulteriori approfondimenti sulle notizie.

Dobbiamo sempre più specializzarci per soddisfare un pubblico esperto che va alla ricerca di notizie

più dettagliate che non possono dare, per tempi proprio fisiologici, gli altri mass media.

Quali elementi non possono mancare nelle pagine di un giornale sportivo?

Varietà, colore, emozione, entusiasmo, positività sono ingredienti imprescindibili per il giornalismosportivo.

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 I quotidiani on line sostituiranno un giorno quelli tradizionali?

La carta stampata, se fosse stata debole, sarebbe già stata soppiantata da tempo dalla televisione. In

fondo, la parola scritta ha una forza intramontabile. Magari fra quarant’anni il giornale sarà solo

elettronico; comunque sia, ritengo che almeno per i prossimi quindici anni sarà molto difficile

trovare un abbandono del cartaceo.

BIBLIOGRAFIA

C. Bascetta, il linguaggio sportivo contemporaneo, Firenze, 1962.

F. Cavallaro, il giornalismo sportivo, Padova, 2005.

P. Facchinetti, la stampa sportiva in Italia, Bologna, 1966.

A. Papa, G. Panico, storia sociale del calcio in Italia, Bologna, 2002.

L. Vantaggio, sport e stampa sportiva, Roma, 1994.