Giornale Maggio 2010, n.5 - Partito Disastrato

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PER GLI ABBONATI: Il Catalogo della Mostra “Oltre il Ponte” sulla Resistenza

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il Ponte, maggio 2010 Il Partito Disastrato del Molise.

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PER GLI ABBONATI:

Il Catalogo della

Mostra “Oltre il Ponte”

sulla Resistenza

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Apertureautomatizzate

Impianti civilied industriali

Piattaformaaerea

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N. 5/2010 • 3

Il Partito Disastrato del Molise di Paolo De Chiara 4

PD, lost in Termoli di Massimo Campanella 7

CARTA CANTA. Meglio perdere da poetache vincere da mercante!di Paolo De Chiara 10

L’Università del Molise ad un biviodi Sergio Sorella 11

La Costituzione da rispettaredi Alessandro Corropoli 12

“La Forza del valore Lavoro”di Erminia Mignelli 14

Squilibri in Sanitàdi Adelina Zarlenga 17

Nuova tragicommedia a “Teatro San Francesco”di Daniel Cifelli 19

ALBUM FOTOGRAFICO:Il “deserto” Storico di IserniaFoto di Luciano Cristicini 20

La lotta alle Mafie è la lotta per i dirittidi Elisa Tomasso 22

65° Anniversario dellaLiberazione dal nazifascismo.25 Aprile a Monte Marroredi Paolo De Chiara 24

25 Aprile 1945: Liberazionedell’Italia dal nazifascismodi Carlo Onorato 27

Giaime Pintor: morire per delle ideedi Elisabetta Esposito 28

Rispetto per il Lavorodi Valentina Di Cristofaro 31

In Ricordo di Gheorghe Radu,morto di lavoro in Molise 32

IL GUASTAFESTE. Lesa Maestà con diffidadi Paolo De Chiara 32

“Dobbiamo essere dei cittadini attivi”redazione 33

L’Acqua perduta di Claudio de Luca 34

DETTI E CONTRADDETTI.Grasso: “Voglio stare fuori dalla politica” redazione 37

La grave situazione della scuola italianadi Umberto Berardo 38

La chiesa del Cannetodi Alessandro Cimmino 40

Lo sguardo dei giovani sui diritti umanidi Marianna Cocca 44

Una lunga esperienza con Emergencygruppo Territoriale Emergency di Isernia 44

Nicola Dusi Gobetti. Forma e inconsciodi Tommaso Evangelista 46

Abbonamento annuale Ordinario Euro 15,00 - Enti e Uffici Euro 25,00Estero Euro 40,00 - Sostenitore Euro 52,00

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Direttori Gaetano Caterina e Paolo De ChiaraDirettore responsabile Aldo SpedalieriHanno collaborato a questo numeroUmberto Berardo, Massimo Campanella, Daniel Cifelli, Alessandro Cimmino,Marianna Cocca, Alessandro Corroppoli, Luciano Cristicini, Paolo De Chiara,Claudio de Luca, Valentina Di Cristofaro, Elisabetta Esposito,Tommaso Evangelista, Erminia Mignelli, Carlo Onorato, Sergio Sorella,Elisa Tomasso, Adelina Zarlenga, Gruppo territoriale Emergency di Isernia.

Editore Associazione “Il Ponte” - Via Nobile, 11 - CampobassoCASELLA POSTALE 31 - CAMPOBASSO tel. 349.3909650 - fax 0874 418753Autorizzazione del Tribunale di Campobasso del 20-07-2007 n. 7 giàAutorizzato dal Tribunale di Larino il 24-12-1987 n. 4 - Iscrizione al ROC n.15720, già n. 6281

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ABBONAMENTI

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PARTITO DISASTRATO

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“Il Pd sconta la presuntuosa po-chezza dei propri strateghi,l’incapacità di capire davvero il

sentimento popolare”. In questo modoCurzio Maltese su Repubblica del 30 mar-zo scorso ha commentato il disastro elet-torale del Partito Democratico a livellonazionale. Anche, e soprattutto, in que-sta Regione è facile fare l’equazionePd=Partito Disastrato. Non si capiscecosa questo partito rincorra. Cosa i di-rigenti (gli stessi fallimentari e com-missariati della passata gestione) han-no in mente. Molte scelte, probabilmentequasi tutte, non trovano riscontri logici.Di una politica messa al servizio dei cit-tadini. Come si fa, ad esempio, a spie-gare il famoso inciucio di Venafro?Dove centro-destra e centro-sinistra sisono trasformati nella stessa cosa.Con un unico obiettivo. La conquista delComune. Per un politico, Cotugno, vici-nissimo all’attuale presidente dellaGiunta Regionale. Lo sGovernatore Mi-chele Iorio. Lo criticano tanto. Lo accu-sano. Ma poi ci fanno gli inciuci. Il sin-daco di Venafro ha avuto l’onore di far-si votare da pezzi dalla sua maggioran-za e da pezzi di quella opposizione. Secosì può esser definita. Il Pd strinse, in-sieme all’Italia dei Valori, un accordo po-litico. Oggi, pezzi del partito di AntonioDi Pietro sono ancora una parte inte-grante di quell’amministrazione bi-par-tisan. Provate a sentire i responsabili re-gionali del partito dei Valori. Loro nonsono d’accordo. Nessuno è d’accordoagli inciuci. Ma cosa vuol dire respon-sabile regionale di un partito se poi i pro-pri iscritti non possono essere presi acalci dopo questi squallidi accordi, chedi politico hanno ben poco? Quali sonole funzioni dei responsabili di partito? Ri-cordate la sorte degli inciucisti del Par-

tito Disastrato? Uscirono dall’ammini-strazione comunale sol perché cambia-rono casacca i due famosi democratici:l’attuale consigliere regionale Massi-miliano Scarabeo (nella foto in compa-gnia con Rosy Bindi) e lo “scomparso”(dalla scena politica) Caruso, nominatoall’epoca segretario cittadino del Pd diIsernia. I famosi cambi di casacca, in sti-le mercato delle vacche, hanno sempreinteressato la nostra Regione. Il presi-dente de “Il Regno del Molise” ne èl’esempio vivente. Come molti suoi at-tuali alleati. Ma non manca la concezionedel mercato nemmeno nell’altra parte.Quella che dovrebbe contrastare con azio-ni concrete la politica fallimentare di que-sta radicata maggioranza. Quella che do-vrebbe opporsi. Ma, ormai, questa pa-rolina serve solo per capire la momen-tanea collocazione di questi dilettanti del-la politica. Come fa un’opposizione se-ria a fare il suo mestiere se è in conti-nuo e stretto contatto con la parte dacontrastare? Come una minoranza cre-dibile può rifiutare un accordo con il suoalleato, l’Italia dei Valori, durante le pro-vinciali di Isernia, per tentare di spode-stare il predominio del centro-destra nelfeudo politico e familiare di Michele Io-rio? Come una forza politica può accre-ditarsi agli occhi dei cittadini se gli stes-si non capiscono la tattica politica (fal-limentare) di questi incompetenti dellapolitica? Perchè a Venafro il Pd(-L) puòallearsi con l’IdV, insieme al centro-de-stra, e non può farlo, senza il PdL, persostenere la candidatura di AntonioSorbo alla Provincia di Isernia? Soprat-tutto dopo aver assaporato la presidenzaMauro. Quali possono essere le spie-gazioni? Questi scienziati della politicala motivazione la trovano sempre. Sonopronti a trasformare la sconfitta in vittoria

e la vittoria in sconfitta. Sono, quindi, daregistrare con piacere le dichiarazioni ri-lasciate su Nuovo Molise dal segretarioregionale del Pd(-L) Danilo Leva. Al con-trario di Bersani, ha preso atto della scon-fitta. Senza però dimettersi. La politicadi Leva, che è la politica di Ruta, che èpoi la politica della Macchiarola (il primosegretario che ha lasciato il segno,quello meno se leggiamo i disastrosi datielettorali), di Totaro e di altri defunti delPd è iniziata male sin dal famoso con-gresso che lo ha incoronato. In quel con-testo il giovane segretario non si è ac-contentato di appoggiare una mozione.Ne ha appoggiate diverse. Come le ba-toste prese dal Partito Disastrato. La piùclamorosa fu quella alle scorse politiche(2008) dell’asse di ferro Massa-Ruta. En-trambi bocciati e trombati dagli elettori.Oggi Augusto Massa (già consigliere co-munale, consigliere regionale, sindaco,presidente della provincia, segretario dipartito e senatore), con umiltà, ha rico-minciato il giro. Dopo la sconfitta controDi Bartolomeo (attuale sindaco di Cam-pobasso) è di nuovo consigliere comu-nale. Vedremo se ricomincerà la nuovascalata verso altri lidi. Roberto Ruta, in-vece, dopo l’addio alla politica ha ripresola sua corsa interrotta. “Lascio un par-tito radicato sul territorio con centinaiadi amministratori locali, dirigenti e migliaiadi iscritti e militanti. Ho realizzato il so-gno della mia vita, quello di fare politi-ca ai massimi livelli. Oggi prendo atto del-la sconfitta e mi faccio da parte” dichiaròin una “commovente” conferenza stam-pa lo sconfitto Ruta (16 aprile 2008). Lostesso giorno si leggeva su Altromolise.it:“Roberto Ruta si ritira a vita privata. A40 anni lascia la politica dopo la secondabruciante sconfitta nel giro di 18 mesi.Prima la batosta alle regionali quando,

di Paolo De Chiara

Partito Disastratodel MoliseNon si capisce cosa i dirigenti (gli stessi fallimentari e commissariati della passata gestione)hanno in mente. Molte scelte, probabilmente quasi tutte, non trovano riscontri logici. Come sifa, ad esempio, a spiegare il famoso inciucio di Venafro? Come fa un’opposizione seria a fare ilsuo mestiere, cioè opporsi, se è in continuo contatto con la parte da contrastare? Comeun’opposizione credibile può rifiutare un accordo con il suo alleato, l’Italia dei Valori, durante leprovinciali di Isernia, per tentare di spodestare il predominio del centro-destra nel feudo politicoe familiare di Michele Iorio? Come si possono spiegare le scelte su Termoli e Montenero?

Facciamola finita, venite tutti avanti nuovi protagonisti, politici rampanti, venite portaborse, ruffiani e mezze calze, feroci con-duttori di trasmissioni false che avete spesso fatto del qualunquismo un’arte, coraggio liberisti, buttate giù le carte tanto ci saràsempre chi pagherà le spese in questo benedetto, assurdo bel paese. Non me ne frega niente se anch' io sono sbagliato, spiacere è il mio piacere, io amo essere odiato; coi furbi e i prepotenti dasempre mi balocco e al fin della licenza io non perdono e tocco. da Cirano, di Francesco Guccini

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alla guida del centrosinistra, nel no-vembre del 2006 è stato battuto net-tamente da Michele Iorio. Ora la scon-fitta più inattesa, quella nella sfida perun seggio in Parlamento. Ruta, deputa-to uscente, aveva sulla carta una dotedi voti tale da metterlo al riparo dall’at-tacco dell’Italia dei Valori. Ma alla pro-va dei fatti le cose sono andate diver-samente. Il ciclone Di Pietro ha travoltotutti. E Ruta, come Augusto Massa, si èritrovato fuori dalla corsa non solo peri meriti dell’avversario ma anche per i de-meriti propri”. Si era spezzato l’asse diferro. Il pensiero unico Massa-Ruta nonaveva funzionato. “Qualcuno è in gradodi segnalare documenti che disvelino unRuta-pensiero? Per l’ex deputato si po-trebbe benissimo fare a meno dei me-dia: non parla, non scrive, non rilasciainterviste. È un mistero mediatico, vivedi politica ma ne è l’ectoplasma. Del PDmolisano è la sfinge e l’oracolo, il tes-sitore oscuro e il timoniere ombra”.(Giuseppe Tabasso, Altromolise.it, 2 ot-tobre 2009). Ruta parla poco. E quelpoco che dichiara nemmeno corrispondealla realtà. Dice di voler abbandonare la

politica, ma ne è troppo attratto. In findei conti Ruta nasce da una famiglia im-pegnata in politica. Lui è nato conquesta passione. Ne avremmo fatto ameno. Però bisogna convivere anche conla passione di Ruta. Che, molte volte, pro-duce anche danni e disatri. Nel governoombra di Veltroni, Ruta è il segretario om-bra della Macchiarola. Un saggio ispi-ratore per la consigliera provinciale diCampobasso, diventata pure segretariodel neonato Partitino Disastrato. Tal-mente saggio che la segretaria Mac-chiarola, con una mozione di sfiducia, ten-tò (come prima firmataria) in tutti i modidi far cadere una delle poche amminis-trazioni in mano a questo bizzarro cen-tro-sinistra molisano. Ragioni troppoimportanti e insormontabili non potevanofar proseguire la presidenza D’Ascanio(proveniente dai Democratici di Sinistra,oggi nell’IdV). La Macchiarola d’Arco ave-va una sola missione. Abbattere l’am-ministrazione di centro-sinistra. Ma la suaproposta venne sonoramente bocciata.Un bel risultato. Soprattutto agli occhi deisuoi elettori. Gli stessi elettori che han-no creduto nel nuovo, ma freddo, prog-

etto politico. Ma qual è il gioco politicodel centro-sinistra molisano? Far caderei propri eletti o pensare a creare un’al-ternativa valida? Il partito, targato Mac-chiarola, venne commissariato. Fu invi-ato dal quartier generale romano un com-missario. L’unica novità per gli iscritti. Percambiare pagina? Il commissario traghet-tò la barca, già sfondata dalle cervel-lotiche scelte, al nuovo congresso re-gionale. E chi lo vinse? Gli stessi di pri-ma. Il gruppo che oggi fa capo a Leva(segretario), a Ruta (presidente), e allastessa Macchiarola (ancora consigliereprovinciale). La stessa dirigenza falli-mentare di ieri, già commissariata. Boc-ciata da tutti. Un cambio di rotta talmentebrusco che ha riportato la barchetta delPd a navigare nella stessa direzione.Quella fallimentare degli ultimi anni. Conuna novità. Roberto Ruta, sconfitto ecommissariato, ne è diventato il presi-dente. Rotto l’asse con Massa, si è cre-ato il nuovo asse con Danilo Leva, in arteD’Aleva. In omaggio al politico che ispi-ra i movimenti del segretario. QuelD’Alema, maestro degli inciuci con ilNano di Arcore, che in questi ultimi giorniha tentato di aprire il Pd a Fini. Lo stes-so ragionamento fatto nei mesi scorsidal suo discepolo molisano. Aprire il par-tito ad un ex An per il Comune di Termoli.Il ragazzo farà strada. La stessa di baf-fetto. Il giovane segretario molisano,sconfitto tempo fa alle elezioni comunalinella sua Fornelli, si è rifatto in consiglioregionale. I suoi inizi risalgono allanotte dei tempi. Prima nella Sinistra Gio-vanile e poi nei Democratici di Sinistra.Bestia nera di Candido Paglione, uscitodal consiglio regionale dopo la sconfit-ta rimediata proprio contro il suo ex pupil-lo. In questo contesto, non essendocispazio né per i maestri né per i discepoli,si può solo dire che anche l’ex assessoreregionale Paglione ha contribuito, insiemead altri (che ora si mangiano le mani),a creare questo mostro della politica re-gionale. Una macchina costruita per lasconfitta. Ma il duo meravigliao Ruta-Levaha deciso di scrivere la storia di questoPartito. Del loro partitino. In negativo.Dopo le decisioni, che poco hanno dipolitico, per le amministrative di Termolie di Montenero non ci sono parole perqualificare questa dirigenza molisana.Non contenti di rimanere in letargo con-tinuano a impegnarsi per auto cancel-larsi. Senza comprendere che i cittadi-ni sono stufi di turarsi il naso. Per ac-cettare certe decisioni. A Montenero diBisaccia, con il contributo del con-sigliere regionale di Sinistra, Ecologia eLibertà Mauro Natalini, e per le loro stu-pide beghe interne con Antonio Di

L’ex consigliere del PdScarabeo brinda con Rosy Bindi

“Lezione” agli alleati“Il dato certo e unico dal quale cominciare ad analizzare a mente fredda e con

rigore politico il voto per le Amministrative di Termoli è di certo legato alla man-cata vittoria dello schieramento di centrodestra al primo turno. Una corazzata inar-restabile, con una molteplicità di liste, che si è dovuta arrendere e adesso dovràfare i conti con il ballottaggio. […]. Il risultato del Partito democratico non può es-sere letto in maniera disgiunta da quella che è l’evidenza dei numeri: il Pd ha so-stenuto il suo candidato Sindaco – al quale non può che andare l’attestazione piùampia di stima e di fiducia – con una sola lista attestandosi intorno al 6% , risultatoquesto, in linea con quelli degli altri partiti del centro sinistra, Idv inclusa che, anzi,rispetto alle precedenti elezioni europee, perde addirittura il 21% dei consensi:dato che dovrebbe far riflettere il Coordinatore regionale dell’IDV sul proprio par-tito e sul proprio operato. Nel contesto di un’elevata frammentazione partitica, do-vuta al proliferare delle liste, il 6% raggiunto dal Partito insieme all’8,70% otte-nuto nel complesso rappresentano per noi un punto di partenza, uno ‘step’ su-perato insieme, senza timore di confrontarci e di realizzare le nostre idee, senzaimposizioni, senza alleanze ‘usa e getta’ e nel massimo rispetto reciproco delleposizioni personali e politiche“.

Danilo Leva, segretario regionale del Partito Disastrato del Molise, 30 marzo 2010

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Pietro, hanno consegnato candidamente,su un piatto d’argento, l’amministrazioneai loro presunti avversari politici. A Ter-moli il Partito Disastrato ha dato ilmeglio di sé. Prima ha annunciato “le pri-marie dell’Amore”. Ma quando si sonoaccorti che potevano perderle, come giàsuccesso ad Isernia con Antonio Sorbo,hanno compiuto la marcia indietro. Seesiste un candidato poco gradito allaburocratia e se, cosa più importante, ilcandidato non scelto da loro rischia divincere non si possono certo investiredi questa responsabilità i cittadini. I sim-patizzanti e gli iscritti servono solo permettere il visto sulle loro scelte. La tec-nica è la stessa. Ruta ne è il maestroassoluto. Oggi mi ritiro, domani ritornoattivo. Esco prima dalla finestra e poi ri-entro dalla porta. Creano e disfano a loropiacimento. Dopo il tira e molla arriva an-che per Termoli il candidato ideale.Quello scelto dalla burocratia e impos-to ai cittadini. Filippo Monaco non andavabene. Era un iscritto del Pd. Megliopescare all’esterno. È un ottimo indicedi apertura. Dopo riunioni, incontri,

scambi di accuse, alchimie, strategie ecavolate varie si arriva alla sintesi. Fi-nalmente una donna. E che donna.Con tutte le carte in regola. Impegnata,già candidata con l’IdV alle europee, bel-la, brava e affascinante. Ed esterna. Ap-partenente ad una formazione creatadopo l’uscita dei Tre moschettieri dall’IdV(Giuseppe Astore, Massimo Romano ela stessa Erminia Gatti). L’intenzione eraquella di Costruire Democrazia all’internodel Pd. Ma lo spoglio darà ragione aMonaco. Sostenuto dalla cittadinanza,da una parte del Pd e da diversi partitidi centro-sinistra. La politica suicida diquesto Pd, oltre a portare risultati pes-simi in quasi tutte le competizioni, ha fat-to perdere tutte le amministrazioni locali.Resta la sola Provincia di Campobasso.Ma conoscendo questi personaggi del-la politica di minoranza (intellettuale) èfacile fare un piccolo pronostico. Lo ave-va annunciato otto anni fa Nanni Moret-ti in piazza Navona. Il suo grido di allarmeè rimasto inascoltato. Questi dirigenti pervincere devono saltare due, tre o quat-tro generazioni. Se vincono, ma non vin-

cono, restano. Se perdono restano lostesso. Chi ha chiesto le dimissioni delduo meravigliao? Il consigliere Petraroia,candidato al congresso come segretarioregionale, il giorno dopo le primarie diededel mercante al nuovo segretario Dani-lo Leva (“Meglio perdere da poeta che vin-cere da mercante!”). Oggi, però, siede trai componenti della segreteria del “mer-cante”. Se questa è la lotta interna nelPartito Disastrato e se quella degli ulti-mi anni è l’opposizione di questo centro-sinistra per i molisani ci saranno anco-ra tanti anni di politica, anche questamolto fallimentare e disastrosa, delvariegato centro-destra molisano. È la-pidario il responsabile dei Giovani Pd,Giuseppe Macoretta: “Da oltre tre anniil Partito Democratico del Molise ed il cen-tro sinistra stanno ottenendo solo scon-fitte ed il Partito Democratico registra uncrollo dei consensi che lo ha portato aprendere il 12% alle elezioni europee edil 6% alle elezioni comunali di Termoli. Èarrivato il momento di interromperequesta tendenza all’azzeramento del par-tito in Molise, è arrivato il momento divoltare pagina e di intraprendere un per-corso di creazione di un progetto politi-co credibile ed alternativo alle politichedi gestione del potere del centro-destra.[…]. È necessario un cambio di rotta ri-spetto a quanto fatto dalla segreteria re-gionale in questi mesi, per iniziare a co-struire un partito forte e radicato”.Nessuno, però, ha chiesto apertamen-te le immediate dimissioni (per totale in-capacità politica) per i responsabili del-lo sfascio. In questo deserto non esisteun’alternativa valida. Credibile. Che siavicino ai bisogni reali della gente. Dellepersone che hanno problemi seri da ri-solvere. Questi professionisti dell’an-tipolitica pensano solo a scalare ilpotere. Non riescono più a capire che lagente è ormai stufa dei loro modi di fare.Della loro presenza. Delle loro parole. Undetto catalano può riassumere la politi-ca di questi pseudo politici (di destra edi sinistra): “Ci pisciano addosso e ci di-cono che piove”. Con questa legge elet-torale e con le primarie utilizzate a loropiacimento potremo trovarci facilmenterappresentati da questi dilettanti. IlParlamento italiano è aperto, ormai, a tut-ti. Ci sarà sicuramente posto anche peri Leva molisani. Almeno non faranno piùdisastri in questa Regione, già forte-mente disastrata e inserita in un tremen-da morsa. Da un lato il fallimentare cen-tro-destra, dall’altro il fallito centro-sinistra.I molisani sono in buone mani.

PARTITO DISASTRATO

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Il segretario regionale delPd Danilo Leva

Il presidente del Partito Disastratodel Molise Roberto Ruta

Il tavolo dei dirigenti: da sinistra Ruta, Leva,D’Ambrosio, Massa, Lopa, Macchiarola

Michele Iorio ringrazia per il risultato delle elezioni amministrative del 2010. Non so se il Presidente della Giunta re-gionale del Molise ha intenzione, pubblicamente, di ringraziare… qualcuno. Se lo farà, però, mi piacerebbe, da perso-na di (centro) sinistra, che porgesse i suoi ringraziamenti anche ai vertici del Partito Democratico molisano. Franco DiBiase, 15 aprile 2010

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Chi non conosce lo sceneg-giato americano Lost, storiaper alcuni versi avvincente,

per altri - molti altri – improbabile esurreale, di un gruppo di uomini e don-ne miracolosamente sopravvissutiad una sciagura aerea, irrimediabil-mente persi su una misteriosa isoladel Pacifico, sconosciuta alle mappe,protagonisti di avventure paradossalie inverosimili, spesso al di fuori diqualsiasi logica, contraddittorie e in-garbugliate al punto da sfuggire dimano agli stessi sceneggiatori? Daquesto punto di vista, la famosa se-rie di J.J. Abrams ricorda una storiaa noi più vicina, non certo così sug-gestiva e nemmeno tanto appassio-nante, ma altrettanto paradossale eper molti aspetti incoerente e irrea-le: quella andata in onda a Termoli inoccasione delle elezioni comunali. Nelnostro personalissimo Lost in Pd trai protagonisti troviamo un partito po-litico, i suoi dirigenti regionali comesceneggiatori e un occulto produtto-re esecutivo. Sono loro i naufraghi diun movimento concepito come ver-sione tricolore del Change di Obama

e quasi subito diventato un partito sen-za linea, identità politica e culturale,protagonista in Molise di proverbialisconfitte. Basti ricordare che solo finoa qualche anno fa i due partiti chehanno dato vita al Pd, prima di fon-dersi, governavano saldamente la cit-tà e la Provincia di Campobasso, po-tevano contare su una numerosasquadra in consiglio regionale ed era-no maggioranza a Termoli. L’impro-babile copione degli sceneggiatori delnostro Lost in Pd, questa volta è sta-to pensato e scritto per la città di Ter-moli e per il candidato sindaco delcentrosinistra, Filippo Monaco, sociofondatore, tesserato, consigliere delPd, assessore e vicesindaco nellagiunta Greco. Per alchimie politichecomprensibili e note soltanto a pochiprescelti, il partito ha scaricato l’exvicesindaco ed ha scelto di appog-giare in corsa solitaria Erminia Gatti,ex Idv e fondatrice con Massimo Ro-mano del movimento Costruire de-mocrazia. A sostenere il piddino, in-vece, l’Italia dei Valori, la Federazio-ne della Sinistra, l’associazione Li-beratermoli e altre due formazioni ci-

LA DISFATTA DI TERMOLI

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Grandi strateghi o naufraghiirrimediabilmente persisull’isola misteriosa dellapolitica molisana i verticidel locale PartitoDemocratico? La vicendadelle elezioni comunali diTermoli restituisce ancorauna volta l’immagine di unPD come grande occasioneperduta, di un partitosmarrito nei bizantinismidella politica, destinato ascomparire dentro le decinedi contraddizioni che loattraversano.Chi lo ha distrutto e chi loricostruirà? Sono ledomande che si pongonomolti iscritti, tantisimpatizzanti e tutti glielettori del centrosinistramolisano

di Massimo Campanella

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LA DISFATTA DI TERMOLI

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viche. Un cortocircuito politico in gra-do di mandare in confusione iscritti,simpatizzanti ed elettori del Pd, di con-durre il centrosinistra a una nuovasconfitta, di portare il partito ai minimistorici nelle amministrative in comu-ni superiori ai 15mila abitanti e, perla prima volta nella storia del Pci-Pds-Ds-Margherita-Popolari, a non espri-mere rappresentanti nell’ammini-strazione della cittadina adriatica.Una scelta difficile da interpretare arigor di logica. Roba da analisti, in-somma, non solo politici.

GRANDI STRATEGHI OSPECIALISTI INBATOSTE?

Ma la storia è lunga e va raccontatatutta se si vuole arrivarne a capo. Pro-cediamo con ordine. Tutto ha inizio neldicembre scorso, con lo scioglimentodella giunta guidata da Vincenzo Gre-co (vicenda che meriterebbe un ap-profondimento a parte) e l’indizionedi nuove elezioni. Nei due mesi che se-guono, le febbrili trattative e i tenta-tivi di accordi tra le parti mettono inrisalto quella che sembra esserel’unica vera intenzione del gotha re-gionale del Pd: impedire a tutti i co-sti la candidatura “naturale” di Filip-po Monaco, esponente del partito eunico cavallo competitivo della scu-deria verdebiancorossa, come suc-cessivamente i risultati dimostre-ranno. Per seguire la strada maestradella democrazia partecipativa, non-ché una prassi cara al partito di Ber-sani e Letta, i vertici locali indiconole primarie per ritirarle a stretto girodi posta, quando si rendono conto chel’ex vicesindaco gode dell’appoggio ditutte le formazioni della coalizione, diuna buona fetta degli iscritti e di mol-ti ex amministratori. La repentina eprecipitosa ritirata degli strateghidel Pd ha come unico effetto il calovertiginoso della credibilità e dell’af-fidabilità di un partito, e forse anchedi un’intera coalizione, agli occhi di unelettorato sempre più confuso e ar-rabbiato, stanco di tatticismi e ma-gheggiamenti da prima Repubblica. Ilcoup de théâtre pensato dagli sce-neggiatori del nostro Lost in Pd per re-cuperare al calo di audience (oltre chedi immagine e credibilità) va addirit-

tura oltre il pensabile: dapprima il par-tito dell’asse Leva-Ruta avanza lacandidatura di Lino Spagnuolo, notoesponente di destra; successivamentepropone quella di un ex Verde, FioreAufiero, all’oscuro di tutto, che cor-tesemente e correttamente declinal’invito quando apprende la notizia dal-la stazione sciistica austriaca nellaquale sta trascorrendo le vacanze. In-fine va a vuoto anche l’ultima dellecandidature ‘anomali’: quella del-l’ex vicequestore Lagrasta, non gra-dita all’intera coalizione. I tempistringono, siamo oramai a marzoinoltrato. I nostri naufraghi, ancora im-possibilitati a mettersi in contatto conil mondo esterno, incontrano sul-l’isola misteriosa Erminia Gatti. La gio-iosa macchina da guerra messa a pun-to dallo stratega Ruta e guidata dal

segretario Leva, per ritrovare la stra-da di casa si affida al volto emergentedella politica molisana, già esponen-te di punta dell’Italia dei Valori e fon-datrice del movimento Costruire de-mocrazia, fuoriuscita dal partito gen-tilmente accompagnata secondo al-cuni, sbattendo secondo altri, la por-ta in faccia all’ex pm di Mani Pulite.A proporre il suo nome è AntonioD’Ambrosio, nel frattempo paraca-dutato sull’isola e rientrato nei ran-ghi dopo aver annunciato a dicembrel’intenzione di stracciare la tessera delPd e candidarsi alla guida di un listonetrasversale e moderato, capace di ac-chiappare consensi da destra a si-nistra. A ufficializzare la candidaturadi Erminia Gatti è il segretario regio-nale che si affanna a spiegare le ra-gioni del mancato appoggio a Mona-

Erminia Gatti

Filippo Monaco con Enrico Letta, in fondo si intravedeil giovane segretario del Pd Leva

Ormai è chiaro a tutti, la strategia del nuovo gruppo dirigente del PD molisano (segretario, vicesegretario e presidente per intender-ci) è quella di mantenere legati i vari satelliti che lo compongono, costi quel che costi, pur di salvaguardare il destino politico dei sin-goli capobastone che li compongono e non quello del Molise. Se questa è la situazione attuale in cui si è cacciato il PD molisano esono convinto sia questa, il PD non potrà essere più il mio partito. Nicola Messere, vice sindaco di Molise, 17 febbraio 2010

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co in nome della discontinuità conl’amministrazione Greco: “Non ci hamai convinto la scelta di una perfet-ta continuità con quella esperienzaperché tale opzione politica non ap-passiona e non convince, prima di tut-to, la città di Termoli. Filippo Mona-co, invece, ne è totale espressione inquanto la sua candidatura è stata se-lezionata dagli uomini e dall’appara-to politico di quell’amministrazione[…] A Termoli il Partito Democraticocorre alle elezioni con il proprio sim-bolo, i propri uomini e con Erminia Gat-ti candidato Sindaco. Chi ha compiutoscelte in alternativa consapevolmen-te ha deciso di porsi fuori dal partito.Tra l’altro auspico che non si parli piùdell’argomento, perché, credo, essostesso non interessi più di tanto i cit-tadini termolesi che chiedono ai par-titi politici di individuare proposte esoluzioni utili a risolvere i problemidella collettività. Il resto sono soloquestioni interne che saranno disci-plinate dai principi sanciti dallo Sta-tuto del Pd”. A questo punto si fa lar-go una domanda inquietante: sonoloro gli scomparsi? O loro sono gli uni-ci vivi e tutti gli altri sono morti? La ri-sposta agli sceneggiatori del nostroLost arriva direttamente dalle urne: lacoalizione guidata da Monaco ottieneun buon 26.75% dei consensi e,contro ogni pronostico, sfiderà alballottaggio la corazzata Di Brino, are-natasi al 45.25, malgrado il traino del-le dieci liste che la compongono e l’ap-poggio in prima persona del gover-natore Iorio e dei suoi principali cori-fei. Il Pd, con il 5.68, tocca invece il suominimo storico e non esprime nessunrappresentante in Consiglio. Un datoche sembra non turbare più di tantoi massimi esponenti del partito e il suosegretario il quale, analizzando “amente fredda e con rigore politico ilvoto per le amministrative di Termo-li”, si dice ora pronto all’apparenta-

mento con Filippo Monaco, in vista del-la battaglia finale dell’11 e 12 aprile.Un “volemose bene” all’amatricianaun po’ tardivo e, dicono i malpensanti,quantomeno sospetto nei confronti diuna candidatura tanto osteggiata,soprattutto se lo si legge alla luce deirisultati elettorali e della successivaattribuzione dei seggi in consiglio. Co-munque vadano le cose, per effettodella cosiddetta “anatra zoppa”, alleliste di centrodestra che hanno so-stenuto Di Brino andranno 19 seggi.Sette alla coalizione che ha appog-giato Monaco, tre allo schieramentodi Remo Di Giandomenico ed unsolo seggio al Pd, destinato tra l’altroalla candidata sindaco Erminia Gattiche del Pd ancora non è. Dov’è il truc-co quindi? Con l’apparentamento, incaso di sconfitta al ballottaggio, il Pdavrebbe partecipato alla divisione deisette seggi spettanti alla coalizione diMonaco e ne avrebbe ottenuti due, unoper la Gatti e l’altro per il più votatodella lista. Ciò avrebbe provocatol’uscita di due consiglieri della coali-zione che aveva sostenuto Monaco alprimo turno: uno dell’Idv, l’altro di Par-tecipazione Democratica. Ma c’è del-l’altro. Al danno si sarebbe aggiuntaanche la beffa del nome da ripesca-re. A rientrare sarebbe stata infattiLaura Venittelli, rutiana di ferro, op-positrice tra le più dure e ferme ver-so la candidatura di Filippo Monaco.Sarebbe stato davvero troppo, tantoche l’ex vicesindaco rifiuta l’appa-rentamento, al ballottaggio correràsenza il simbolo del Pd sulla schedae, contemporaneamente, incasseràl’appoggio di due pezzi da novanta delpartito: a sostenere Monaco in piaz-za, nel rush finale, ci saranno RosyBindi prima, vicepresidente del Pd, eil vicesegretario Enrico Letta poi.Qualcosa vorrà dire? I risultati sarannoquelli che tutti già conosciamo: Di Bri-no, voto più voto meno, riconferma isuoi numeri ed è eletto sindaco del-la città, mentre Monaco ottiene unsuccesso, anche personale, con qua-si 1700 preferenze in più rispetto aquelle raccolte dalla coalizione alprimo turno. Siederà in consiglio coni sei rappresentanti del suo gruppo econ la forza del consenso espressodai termolesi.

IL PD DA RITROVAREL’analisi “a mente fredda e con ri-

gore politico” predicata da Leva al-l’indomani dei risultati del primo tur-no, andrebbe forse fatta dai vertici re-gionali del Pd proprio a partire da qui,da questi dati, dai fatti fino a questopunto descritti e dalla conduzionecomplessiva delle scelte operate ne-gli ultimi quattro mesi. Cifre allamano confermano che Monaco era, senon l’unico, sicuramente il miglior can-didato possibile per il centrosinistra.I numeri dicono anche che il Pd escea pezzi dalla competizione di Termo-li, frantumato dalle sue stesse stra-tegie, dalle ambiguità e dagli arzigo-golati tatticismi che assomigliamo piùa ripicche personali che a scelte det-tate dalla volontà di costruire il benecomune. Bizantinismi che nulla han-no a che vedere con la Politica – quel-la con la p maiuscola – mal digeriti dasostenitori e iscritti al partito, addi-rittura insostenibili agli occhi delsemplice cittadino o del simpatizzantedisinteressato. Cosa fare allora perevitare che il PD molisano diventi ir-rimediabilmente lost? Nel futuro pros-simo il partito dovrà impegnarsi a ri-pristinare i contatti con il mondo ester-no per recuperare quella fetta del-l’elettorato che oggi sembra sparitanel nulla, dissolta, dispersa. Unadifficile ma necessaria trasforma-zione lo attende: da partito verticisticoqual è, raccolto intorno ai nomi e allefigure di Ruta, Leva e Macchiarola, ilpartito dovrà disegnare un nuovopercorso che accolga e dia spazio atanti giovani, donne e personalitàprovenienti da esperienze diverse dicentrosinistra, realizzando al suo in-terno una struttura più trasparente, piùaperta, più duttile. È peraltro fonda-mentale maturare un processo uni-tario con tutte le forze di centrosini-stra, a partire dall’Idv per finire a Si-nistra Ecologia e Libertà, altrimenti lacondizione di lost non riguarderà so-lamente il PD ma l’opposizione tuttae l’intera sinistra molisana. Un nomeattorno al quale cominciare ad ag-gregare c’è già, ed è quello di FilippoMonaco. Lo avranno capito i dirigen-ti?Monaco in comizio

Quali le cause della caduta della giunta di centrosinistra che dal 2006 ad un mese fa ha guidato il Comune di Termoli? Per i nostri lettori che hanno partecipato al son-daggio lanciato dal nostro giornale, qualche settimana fa, sono due le principali cause della caduta di Greco: la guerra che gli ha fatto il Partito Democratico e il "vol-tafaccia" di Enzo Criniti. In totale, queste due risposte, raccolgono oltre il 60 per cento dei voti del sondaggio. Hanno votato al 25 gennaio 2010 ben 1.728 persone.Altromolise.it, 25 gennaio 2010

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RUBRICA

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“Non mi interessano accordi di potere che rendono aridala politica e aggregano soggetti per meri opportunismi in modoeterogeneo e senza una base valoriale condivisa. […].Preferisco cuore, anima, passione e chiarezza di posizione.Meglio perdere da poeta che vincere da mercante!”

Michele Petraroia, consigliere regionale PD, 26 ottobre2010

Ti esprimo le mie più vive congratulazioni per la recenteelezione al vertice della segreteria regionale del Partito De-mocratico in Molise. L’investitura popolare arrivata attraver-so le Primarie darà certamente vigore alla tua attività politi-ca in seno al PD. Con il partito che coordinerai in qualità disegretario regionale auspico per il futuro un confrontosereno e costruttivo come è giusto che sia tra chi si trova arappresentare l’opposizione in regione e chi rappresenta, in-vece, in Europa le istanze dell’intero nostro territorio, il Molise.Con questo auspicio ti invio i miei auguri di buon lavoro.

Ufficio Stampa, Aldo Patriciello, 27 ottobre 2009

“In Molise la vittoria di Danilo Leva rappresenta un risultatomolto positivo, anche perché ottenuto con numeri convincentirispetto agli altri candidati. A Danilo Leva, dunque, i miglioriauguri per quello che rappresenta solo l’inizio di un percor-so che solo se seguito da tutto il partito potrà esaltare unavolontà popolare espressa con una così importante parteci-pazione. I cittadini hanno consegnato alla politica del cen-trosinistra un messaggio forte. Chiedono una politica alter-nativa, un progetto per lo sviluppo democratico e civile”.

Francesco Totaro, portavoce Partito Democratico Con-siglio regionale del Molise, 27 ottobre 2009

“L’elezione di Danilo Leva a segretario regionale del P.D. vaaccolta come un segnale significativo che può produrre effet-ti positivi nel confronto politico a prescindere dalle rispettiveposizioni ed ideologie. […]. Buon lavoro, quindi, a Danilo Levae, per quanto mi riguarda sia a livello personale che di parti-to, piena disponibilità al confronto nell’interesse della nostragente che si sta allontanando sempre di più dalla politica stan-ca delle risse e delle speculazioni sulle vicende personali, trop-po spesso strumentalizzate per distogliere il cittadino dai veriproblemi del Paese. Ben venga una nuova stagione politica dove,nel rispetto dei reciproci convincimenti, ci si rimetta tutti in dis-cussione per offrire un contributo importante che apra semprea prospettive di benessere e di democrazia”.

Mario Pietracupa, consigliere regionale ADC 28 ottobre2009

“Le primarie del PD sono finite, abbiamo un nuovo segre-tario regionale al quale vanno i doverosi auguri per il lavoroche dovrà portare avanti nei prossimi mesi perché il partito alivello regionale possa risalire la china e per far dimenticarele debacle elettorali recenti, perché si possa avere un parti-to coeso, nel quale maggioranza e minoranza abbiano pari di-gnità e ogni iscritto e ogni soggetto vicino a questo partito pos-sa esprimersi e possa contribuire a creare una vera forza diopposizione e di alternativa all’attuale governo regionale”.

Maria Antonietta Tutolo, Giulia Di Paola, 3 novembre 2009

Nella giornata odierna, i rappresentanti regionali del PD,Costruire Democrazia e Sinistra Ecologia e Libertà hanno ap-provato la proposta di regolamento per lo svolgimento delleprimarie da tenersi a Termoli il 14 febbraio 2010, per la sceltadel candidato sindaco nelle prossime consultazioni comunali.[…]. Le suddette forze politiche, congiuntamente alle altre for-ze di centrosinistra, si impegneranno fino alla formalizzazio-ne delle candidature affinché maturino le condizioni per unacandidatura unitaria.

PD Danilo Leva, Costruire Democrazia Massimo Romano,Sinistra ecologia e Libertà Mauro Natalini, 21 gennaio 2010

“Non ci hai mai convinto la scelta di una perfetta continuitàcon quella esperienza perché tale opzione politica non ap-passiona e non convince, prima di tutto, la città di Termo-li. Filippo Monaco, invece, ne è totale espressione in quan-to la sua candidatura è stata selezionata dagli uomini e dal-l’apparato politico di quell’amministrazione […]. A Termoli ilPartito Democratico corre alle elezioni con il proprio simbo-lo, i propri uomini e con Erminia Gatti candidato Sindaco. Chiha compiuto scelte in alternativa consapevolmente ha deci-so di porsi fuori dal partito”.

Danilo Leva, segretario regionale del Pd, 16 marzo 2010

“Noi del Partito Democratico siamo pronti all’apparentamentocon Filippo Monaco“. Nel contesto di un’ elevata frammentazionepartitica, dovuta al proliferare delle liste, il 6% raggiunto dalPartito insieme all’8,70% ottenuto nel complesso rappresentanoper noi un punto di partenza, uno ‘step’ superato insieme, sen-za timore di confrontarci e di realizzare le nostre idee, senzaimposizioni, senza alleanze ‘usa e getta’ e nel massimo rispet-to reciproco delle posizioni personali e politiche.

Ufficio stampa PD, 30 marzo 2010

Meglio perdereda poeta chevincere damercante!

di Paolo De [email protected] /paolodechiaraisernia.splinder.com

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UNIVERSITÀ

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Oggi è diventato sempre più at-tuale il tema del rapporto traUniversità e territorio anche

alla luce dei drastici tagli voluti dal go-verno e dell’entrata in vigore del fe-deralismo fiscale, in uno scenario cheridisegna il ruolo della Regione nelladeterminazione della legislazione con-corrente. I sistemi di istruzione, for-mazione e ricerca, insieme con ilmondo della cultura in generale, sonoal centro di un progetto di smantella-mento della centralità del ruolo delpubblico, che corrisponde al progettoregressivo del Governo di costruire unasocietà più frammentata, più ignorante,più manipolabile. In tale processo, lepolitiche di Governo penalizzano in pri-mo luogo le aree del Sud, aggravan-do ulteriormente le tante criticità pre-senti nel sistema di istruzione. Esisteun nesso inscindibile tra i livelli di istru-zione di un Paese e la sua maturità de-mocratica, e che la conoscenza si pre-senta come il più formidabile stru-mento di progresso economico e civiledisponibile. Ecco perché è importan-te investire sulla qualificazione del-l’intero sistema di ricerca e formazione,come in genere tutti i Paesi avanzatihanno scelto di fare. Come si collocal’Università del Molise in questo sce-nario? Sembra che manchi un serioconfronto che intervenga sui nodifondamentali quali il rapporto con la

Regione, sui temi: programmazione del-l’offerta formativa nel territorio; rac-cordo delle offerte tra scuola ed uni-versità; rapporto con il servizio sani-tario regionale, vista l’istituzione del-la facoltà di medicina; interventi eco-nomici a sostegno dell’ateneo moli-sano. Nel Molise ci vuole una Uni-versità pubblica che non privilegi l’av-vio di corsi di studio con una pro-grammazione di tipo autoreferenziale;che non consideri strategica la proli-ferazione e la polverizzazione delle sediuniversitarie su un territorio come quel-lo molisano, propenso ai localismi, chenon consente forme efficaci di coor-dinamento mettendo a rischio, in talmodo, la parità nel diritto allo studioe la garanzia dei livelli essenziali del-le prestazioni; che non privilegi le ester-nalizzazioni ed i rapporti privatistici fi-nendo per imporsi, in un contesto so-cio-politico tradizionalmente clientelare,come nuovo e privilegiato soggetto didrenaggio delle risorse pubbliche di-sponibili. Emergenza sempre più evi-dente con la nascita della Facoltà diMedicina. Un’Università alla qualenon sia consentito di rassegnarsialla sostanziale residualità delle atti-vità di ricerca e che sappia, invece, ac-cettare il tema della ricerca e del suosviluppo non solo come prioritario mapregiudiziale rispetto alle ragioni del-l’esistenza stessa di un polo univer-

sitario sul territorio. Un’Universitàcapace di esprimere organi di gover-no che sappiano confrontarsi con i sog-getti politici, le parti sociali, la pubblicaopinione; che tenga distinte le funzionidi gestione dalle funzioni di indirizzopolitico, amministrativo e di controllo;che rivendichi ed eserciti pienamentela funzione dell’autonomia e accetti,allo stesso tempo, una valutazione ter-za effettuata su parametri qualitativi.Un’Università che sappia riconosceree valorizzare il lavoro del personale do-cente, tecnico ed amministrativo, ga-rantendo un’adeguata formazionecontinua ed un sistema trasparente direclutamento. Un’Università che miriall’eccellenza e sia riconosciuta dalmondo produttivo, sociale, istituzionalecome un fattore decisivo di valorizza-zione delle risorse umane e materia-li disponibili sul territorio. Una ricercache possa decollare in Regione sullabase della istituzione di una sede per-manente di confronto sulle politicheper l’innovazione; che veda nel raf-forzamento e nella specializzazione de-gli enti pubblici di ricerca un fattore diimplementazione e trovi nell’esisten-za nel polo universitario regionale ilpunto di riferimento principale per larealizzazione di un sistema di ricercaregionale applicata allo sviluppo pro-duttivo del territorio, che eviti il rischiodella formazione di poli della ricercaal servizio quasi esclusivo di interes-si esterni o estranei alla Regione. Lepolitiche integrate di ricerca, forma-zione ed innovazione industriale de-vono rappresentare nel Molise l’avviodi un nuovo ambito legislativo finoraassente, che assicuri per il sistemadella ricerca risorse ordinarie libe-randola dalla precarietà ed inefficaciadella proliferazione di progetti fini a sestessi.

L’Università delMolise ad un bivioNel Molise ci vuole una Università pubblica che non privilegi l’avvio di corsi di studio con unaprogrammazione di tipo autoreferenziale; che non consideri strategica la proliferazione e lapolverizzazione delle sedi universitarie su un territorio come quello molisano, propenso ailocalismi, che non consente forme efficaci di coordinamento mettendo a rischio la parità neldiritto allo studio e la garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni.

di Sergio Sorella (FLC – Cgil, segreteria regionale del Molise)

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CARTA COSTITUZIONALE

Pur condividendo appieno gli in-terventi fatti a proposito della Co-stituzione su questa rivista, ul-

timi quelli dello scorso numero di Mas-simo Campanella e di Valentina di Cri-stofaro, tenterò di fare un ragionamentosulla Costituzione affinché quest’ultimanon diventi solo un’icona o un santinoda difendere, ma qualcosa di tangibilee meno liturgico. La riforma del cen-trodestra prevede l’elezione diretta delPresidente del Consiglio. È vero o nonè vero che il centro-sinistra per anni hateorizzato il fatto chel’elezione diretta delcapo del governo fos-se più democraticadell’elezione parla-mentare? È vero onon è vero che si èspinto e si spinge sul-la governabilità, sullastabilità invece chespingere sul vero pro-blema che ha l’Italia,ovvero la democrazia,la collegialità, la par-tecipazione? Non fun-zionano così le ele-zioni dei sindaci e deipresidenti delle re-gioni? Il presidenzia-lismo e l’elezione di-retta del premier èerrata e negativa sia che avvenga peril Capo del Governo sia che avvenga peri Sindaci o per i Presidenti di Regione.La riforma del governo Berlusconi pre-vede un’altra cosa negativa: il conferi-mento al capo del governo di poteri fino

ad oggi ad appannaggio del Presiden-te della Repubblica come, ad esempio,il potere di nomina e di revoca dei mi-nistri. Non è così che già funzionano leRegioni e i Comuni? Non sono già oggiil sindaco Di Bartolomeo e il presiden-te Iorio che nominano, senza alcuna pos-sibilità di controllo democratico daparte delle assemblee elettive, gli as-sessori? Assessori che diventano sem-plici tecnici senza alcun ruolo vero. Inol-tre la riforma di Berlusconi prevede che

ci sia solo un ramodel Parlamento, laCamera. L’altro, ilSenato, diverrebbeun organo regiona-le, una Camera del-le Regioni. Non èpiù previsto alcunvoto di fiducia. PerRegioni e Comuni èancora peggio: nonc’è nemmeno unvoto sul program-ma! Il Presidentedella Regione o ilSindaco non sonotenuti nemmenoad andare in aula achiedere il voto sulprogramma e, diconseguenza, Co-muni e Regioni, daquesto punto di vi-

sta, funzionano ancora peggio di comeprevede la riforma Berlusconi, in una for-ma ancora più presidenzialista. L’altrafaccia del presidenzialismo è l’ipotesifederalista che in questi giorni post votoregionali la Lega va minacciando di at-

tuare: spezzata l’Italia, l’unico ele-mento di unità nazionale, anche dal pun-to di vista simbolico, rimane il capo delgoverno. Divide et Impera. La riforma fe-deralistica conferisce poteri alle regio-ni, oltre a quelli già conferiti nel 2001dalla riforma Amato (titolo V della Co-stituzione). Quella riforma fu causa diuna miriade di ricorsi alla Corte Costi-tuzionale da parte del governo controle Regioni e viceversa. Il centrodestrainvece di correggere quegli errori, chie-de di andare oltre, di procedere nel caose nello spezzettamento delle compe-tenze alle Regioni, come nel caso del-la Sanità, della scuola e della polizia am-ministrativa: questa è una logica aber-rante. Produrrebbe la frantumazione deidiritti sociali, aggravando la già pessi-ma situazione attuale. Occorre inveceoperare per riunificare l’Italia a partiredall’unitarietà delle condizioni sociali:un unico sistema fiscale basato sul prin-cipio della progressività, condizioni sa-lariali identiche per tutte le parti del Pae-se, ricostruzione del sistema unico deitrasporti. Il problema vero è che si ten-ta di dividere l’Italia socialmente ed isti-tuzionalmente per portare il Nord delPaese ad essere il primo satellite delmotore forte dell’Unione Europea (Fran-cia – Germania): satellite dell’Europa diMaastricht, delle banche e del capita-le. Contemporaneamente il Sud sarebbericacciato nel Mediterraneo, più vicinoall’Africa che all’Europa. Il modo miglioreper stravolgere la Costituzione è quel-lo di attualizzarla, di difenderla in modorituale e formale. Con la mano sinistrasi produce una difesa formale e ritua-le della Costituzione e con la mano de-

La Costituzioneda rispettareCon la mano sinistra si produce una difesa formale e rituale della Costituzione e con la manodestra si calpesta nei fatti: mentre il centrodestra sostiene uno stravolgimento aperto dellaCostituzione, il centrosinistra ne sostiene uno nascosto, nella sua difesa rituale. L’articolo 11 dellaCostituzione dice testualmente: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertàdegli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. I padri costituentihanno utilizzato un termine preciso non casuale. Il “ripudio” è un termine preciso e forte. Ilfascismo ci aveva portati in guerra; i partigiani e i costituenti hanno scritto senza equivoco che laguerra era da ripudiare. È ridicolo parlare di missioni di pace in Iraq o in Afghanistan.

di Alessandro Corroppoli

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Art. 1L’Italia è una

Repubblica de-mocratica, fonda-ta sul lavoro.

La sovranità appartie-ne al popolo, che la esercitanelle forme e nei limiti della Costitu-zione.

Art. 11L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla li-

bertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle con-troversie internazionali; consente, in condizioni di parità congli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un or-dinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni;promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivoltea tale scopo.

Art. 42La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appar-

tengono allo Stato, ad enti o a privati.

La proprietà pri-vata è riconosciu-

ta e garantita dallalegge, che ne deter-

mina i modi di acquisto,di godimento e i limiti allo

scopo di assicurarne la funzionesociale e di renderla accessibile a tutti.

La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla leg-ge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse ge-nerale.

La legge stabilisce le norme ed i limiti della successionelegittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.

Art. 43A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente

o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, alloStato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utentideterminate imprese o categorie di imprese, che si riferiscanoa servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazionidi monopolio ed abbiano carattere di preminente interessegenerale.

CARTA COSTITUZIONALE

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stra si calpesta nei fatti: mentre il cen-trodestra sostiene uno stravolgimentoaperto della Costituzione, il centrosi-nistra ne sostiene uno nascosto, nellasua difesa rituale. L’articolo 11 della Co-stituzione dice testualmente: “L’Italia ri-pudia la guerra come strumento di of-fesa alla libertà degli altri popoli e comemezzo di risoluzione delle controversieinternazionali”. I padri costituenti han-no utilizzato un termine preciso non ca-suale. Il “ripudio” è un termine precisoe forte. Il fascismo ci aveva portati inguerra; i partigiani e i costituenti han-no scritto senza equivoco che la guer-ra era da ripudiare. È ridicolo parlare dimissioni di pace in Iraq o in Afghanistan.L’articolo 1 afferma che l’Italia è una Re-pubblica democratica fondata sul la-voro”. Riconosce e valorizza il ruolo dellavoro e dei lavoratori. Come il fascismoaveva calpestato i lavoratori e i loro di-ritti, così i partigiani e i costituenti han-no rimesso al centro i diritti dei lavo-ratori. L’Italia di oggi è fondata davve-ro sul lavoro e sui lavoratori oppure sulprofitto e sui mercati, nuovi valori del-

la politica e della cultura neoliberista,insieme allo sfruttamento e all’arric-chimento facile (come si vede dai con-tinui scandali per corruzione che si ve-rificano nel nostro Paese). Per rispettarel’articolo 1 della Costituzione biso-gnerebbe almeno abrogare la legge 30e mettere al centro la difesa dei dirittidei lavoratori, reintrodurre una nuovascala mobile per dare dignità ai salari.L’articolo 42: “La proprietà privata è ri-conosciuta e garantita dalla legge, chene determina i modi di acquisto, di go-dimento e i limiti allo scopo di assicu-rarne la funzione sociale e di renderlaaccessibile a tutti. La proprietà privatapuò essere, nei casi previsti della leg-ge, e salvo indennizzo, espropriata permotivi di interesse generale”. Qui si par-la a chiare lettere della possibilità di“espropriazione” della proprietà privata,la quale per altro deve avere dei “limiti”di carattere sociale. A me pare propriol’opposto di ciò che è avvenuto in Ita-lia e in Molise: pensiamo come è av-venuta la costruzione della centrale tur-bogas e l’espropriazione dei terreni e

ditemi dove è il carattere sociale. Leg-gete attentamente cosa dice l’artico-lo 43: “Ai fini di utilità generale la leg-ge può riservare originariamente otrasferire, mediante espropriazione esalvo indennizzo, allo Stato, ad enti pub-blici o a comunità di lavoratori o di uten-ti determinate imprese o categorie diimprese, che si riferiscano a servizi pub-blici essenziali o a fonti di energia o asituazioni di monopolio ed abbiano ca-rattere di permanente interesse ge-nerale”. Ancora ricorre il termine“espropriazione”, questa volta non ri-ferito alla proprietà privata in genera-le ma alla proprietà dei servizi pubbli-ci. In Italia è avvenuto tutto il contra-rio di ciò che prescrive la Costituzione:la privatizzazione dell’energia, delle te-lecomunicazioni, dei servizi pubblici lo-cali, acqua, gas, trasporti. Il primo go-verno Prodi tra il 1996 e il 1998 si van-tò in Europa di aver raggiunto il recorddi privatizzazioni in Italia. Chi ha cal-pestato la Costituzione aprendo una au-tostrada all’opera apertamente de-molitrice di Berlusconi?

Costituzione Italiana

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SINDACATO

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Il Comitato Direttivo della CgilMolise, eletto al VII Congresso chesi è svolto per due giorni a Cam-

pobasso alla presenza di 128delegati,mi ha confermata per i prossimi quat-tro anni segretario generale. L’elezioneè avvenuta con 49voti favorevoli, su 54presenti, e 5voti contrari. Questo risul-tato avviene alla conclusione di un per-corso congressuale iniziato il 9 dicem-bre 2009 con ben 236 assembleetenute in tutti i luoghi di lavoro e sulterritorio alle quali hanno partecipato6390 lavoratori, lavoratrici, giovani, pen-sionate e pensionati. In questo con-gresso si confrontavano due mozioni:“i diritti e il lavoro oltre la crisi”, primofirmatario Guglielmo Epifani, ha ot-tenuto in Molise il 75,26% dei con-sensi, e “La Cgil che vogliamo”, primofirmatario Domenico Moccia, ha con-seguito il 24,74% dei consensi sui5465 voti. Si sono svolti tutti i con-gressi di categoria, confermando incinque categorie i segretari generali Spi(Sandro Taverniti); Flc (Sergio Sorella);Fp (Gugliemo di Lembo); Slc (Luigi Rus-so); Filcams (Francesco Spina) mentrein quattro categorie sono stati eletti:per la Fillea Pasquale Sisto, per la FiltGiorgio Simonetti, per la Fisac LuigiSansone, per la Flai Lorenzo Calce men-tre al Nidil, la federazione dei precari,è stato eletto il giovane coordinatore

Paolo Marinelli. Abbiamo dato vita adun difficile ma straordinario eserciziodemocratico coinvolgendo lavoratori elavoratrici, pensionate e pensionati perdefinire insieme proposte concrete eper dare risposte ai tanti interrogativiche il Governo e gli imprenditori igno-rano. Noi rappresentiamo il luogovero di aggregazione, di dibattito, di con-fronto, di socialità, di critica e di pro-poste. Il valore della confederalità è fon-

di Erminia Mignelli (segretario regionale Cgil Molise)

“La forza delvalore Lavoro”Nel Congresso regionale della Cgil Molise si sono confrontatedue mozioni. “I diritti e il lavoro oltre la crisi”, primo firmatarioGuglielmo Epifani, ha ottenuto il 75,26% dei consensi. “La Cgilche vogliamo”, primo firmatario Domenico Moccia, haconseguito il 24,74% dei consensi sui 5465 voti.

Erminia Mignelli,segretario generale Cgil Molise

Il tavolo dei relatori al Congressoregionale Cgil

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SINDACATO

damentale per agire e fare sindacato,un valore necessario per assicuraretutele in un epoca in cui si mette in di-scussione tutto il dirittodel lavoro. I nostri iscrittihanno più di noi lapercezione di essere partedi un mondo Cgil e ne col-gono in maniera pregnanteil valore, il senso di ap-partenenza, il tratto distin-tivo. La confederazione puòessere assimilata ad unorgano del “corpo umano”.Al cuore, un cuore pulsanteche tiene in vita, che fa cir-colare il sangue e che scan-disce i tempi della nostraazione. Questo congressoha messo al centro “laforza del valore del La-voro”. La nostra Regione èschiacciata dalla crisi e dairitardi storici mai superati.Deve fare i conti con un Gov-erno regionale che neglianni ha messo insiemesolo dichiarazioni programmatiche e us-ato le risorse in modo clientelare. IlMolise ha sulle spalle una povertà in-frastrutturale che si pensa di risolverecon il mito delle autostrade e degli aere-oporti. Registra oggi la drammaticitàdella crisi di un sistema industrialesoggetto alle convenienze delle multi-nazionali o all’abbandono del campodi finti imprenditori dediti esclusiva-mente alla speculazione. Fa i conti con

un ricorso ampissimo agli ammortiz-zatori sociali che determinano unariduzione di reddito e una conseguente

crisi a catena nei consumi.Oggi rischiamo la deserti-ficazione. Da un lato cisono responsabilitàpolitiche, dall’altro unaclasse imprenditoriale sen-za imprenditorialità vera.Tanti speculatorimascherati da imprendi-tori, senza il senso etico del-l’impresa e del lavoro. Suquesti punti sono convenutii numerosi interventi deidelegati, ed è emersa lavolontà di dimostrare cheil confronto, tra i due doc-umenti congressuali, tal-volta anche aspro, non hadistolto la Cgil dal suo do-vere di chiedere alla polit-ica regionale il cambio dimarcia. Una politica inca-pace di andare al di là delcaso per caso, e di proporre

un piano a lungo termine, pure in pre-senza di una forte capacità di spesa,scarsamente incisiva, perché clientelaree con un forte deficit di program-mazione. Nel corso della tavola rotondacon la presenza del Presidente del-l’Associazione Industriali, del segretarionazionale Enrico Panini, dell’Assessoreal Bilancio e Programmazione Gian-franco Vitagliano che ha proposto diconvocare, a breve, gli stati generali per

sottoporre un piano di sviluppo dellaRegione. Dove sindacati e imprese ve-dranno riconosciuto il loro ruolo. Taleproposta non ci appassiona. Quello cheserve è un progetto di sviluppo chiaroe con buone pratiche da condivideree attuare. La Cgil ha dimostrato conquesto congresso di saper fare sintesi,votando e approvando un documentopolitico unitario. La gravità dei problemici chiama a un lavoro comune per fron-teggiare le tante emergenze del sis-tema produttivo e sociale, per cui sirivendica alle istituzioni, politiche con-crete in grado di rilanciare il sistemaproduttivo ed occupazionale del Molise.In un paese dove si registra un re-stringimento degli spazi democratici,una destrutturazione del diritto del la-voro, l’impoverimento dei valori etici emorali, l’affermarsi dell’illegalità comenorma a noi la responsabilità e il com-pito complicato, essendo unico puntodi riferimento, di fare opera di riedu-cazione della società. Solo il filo rossoche parte da Di Vittorio intriso di valorie di progettualità che collega gli uominie le donne di quegli anni con quelli dioggi, con le loro lotte e con il loro en-tusiasmo ci potrà dare una mano peressere forti e consapevoli nell’af-frontare le sfide dei prossimi mesi e rin-novare quell’orgoglio di appartenere adun grande sindacato. Come di Vittorioriuscì a non far togliere il cappello ailavoratori in presenza del padrone a noioggi spetta il compito di non far piegarepiù la schiena la potere.

Si sono svolti tutti icongressi dicategoria,confermando incinque categorie isegretari generaliSpi Sandro Taverniti,Flc Sergio Sorella,Fp Gugliemo diLembo, Slc LuigiRusso, FilcamsFrancesco Spina,mentre in quattrocategorie sono statieletti: per la FilleaPasquale Sisto, perla Filt GiorgioSimonetti, per laFisac Luigi Sansone,per la Flai LorenzoCalce mentre alNidil, la federazionedei precari, è statoeletto coordinatorePaolo Marinelli.

I delegati mentre votano

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SANITÀ

N. 5/2010 • 17

Diritto alla salute. È questo che rivendicano i cittadini molisani. La sanità della Regione è in deficit, e nel si-stema dei tagli e della razionalizzazione è finito anche l’Ospedale “Francesco Caracciolo” di Agnone. In posi-zione strategica, la struttura ospedaliera è un luogo di convergenza di vaste zone dell’Alto Molise, oltre che

dell’Alto Vastese e del Medio Trigno. Un importante punto nevralgico per l’economia e per l’assistenza sanitaria del-la popolazione molisana che vive tra le montagne. Tra la fine di marzo e gli inizi di aprile, le proteste in piazza e i cor-tei della gente della località montana sono stati numerosi. Ad Agnone è stato costituito un Comitato Civico, Il Citta-dino C’è, a sostegno del “Caracciolo”. Tra i difensori della struttura ospedaliera il sindaco Gelsomino De Vita e il re-sponsabile Pastorale Sanitaria della diocesi di Trivento, Don Francesco Martino. E così, volendo giocare con un pa-radosso, mentre in America Obama riforma il sistema sanitario, allargando l’assistenza ai più, nella piccola realtà mo-lisana, lo squilibrio economico ha messo in crisi la Regione. Origine di tale confusione, un’economia regionale in dif-ficoltà, che il Ministero della Salute e dell’Economia hanno proposto di risollevare tempo fa, imponendo nuove rego-le, legate ad un piano di rientro economico. Tra queste, l’istituzione della figura di un Commissario autonomo, checome è noto, corrisponde al Presidente della Regione Michele Iorio. Poi, il Ministero ha nominato un Sub Commis-sario alla Sanità, Isabella Mastrobuono, direttore sanitario, dalle competenze più tecniche. Per la riforma della sani-

di Adelina Zarlenga

Squilibri in SanitàLa vicenda e le proteste, per difendere l’Ospedale di Agnone

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SANITÀ

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tà l’idea del Sub Commissario è stata quella di attenersi allanormativa nazionale, applicandola alla realtà locale. Il pro-blema viene sollevato per la riduzione dei posti letto dellestrutture ospedaliere con scarsità demografica. La percen-tuale da rispettare, secondo tali regole, prende come rife-rimento il numero degli abitanti, e sarebbe passata da 9 per1000 abitanti a 3,5 oltre all’applicazione di un turn-over mol-to più rapido per la permanenza dei pazienti. Secondo il sin-daco di Agnone e i sindaci di tutta la Comunità Montana, cosìcome quelli dei paesi dell’interland, che fanno parte del ter-ritorio abruzzese, applicare tali norme è incongruente conuna realtà che ha una densità di popolazione molto vasta,e cioè sparpagliata in un territorio ampio. Di qui la neces-sità di sostenere il presidio ospedaliero, per la sua impor-tante posizione geografica e socio-economica, che fanno del-l’area di Agnone una zona montana a regime speciale, comestabilito dalla Legge Reg. 1/4/2005, n.9. Dopo una verifi-ca delle effettive esigenze dell’Ospedale, sulla questione deiposti letto e di conseguenza, del personale che lavora nel-la struttura, il 6 aprile i sindaci dell’alto territorio molisanohanno presentato un documento al Presidente della Regione,che è stato già approvato, in cui si sostiene la permanen-za del presidio ospedaliero quasi così com’è e che l’area diAgnone, come zona speciale montana, ha diritto ad un fi-nanziamento annuo non inferiore al 6% del Fondo naziona-le sanitario Regionale. Fino ad oggi, il finanziamento desti-nato al territorio alto molisano non ha mai superato il 4,5%.Gli amministratori dei vari paesi coinvolti nella questione, cosìcome i cittadini e le associazioni che sostengono il “Ca-racciolo”, con il Comitato Il Cittadino C’è e il Vescovo di Tri-vento Domenico Scotti, hanno dimostrato, con la manife-stazione del 21 marzo e con la più recente dell’8 aprile, svol-tasi a Campobasso, che bisogna proteggere il territorio in nome del diritto alla salute. Si chiede autonomia gestio-nale, in modo da evitare un allontanamento dei cittadini dalle strutture della Regione, e una maggiore attenzione perl’assistenza territoriale, che va oltre le singole strutture ospedaliere. Per quanto riguarda il problema posti letto, il do-cumento presentato dai sindaci alto molisani cerca di trovare una soluzione che possa dare concretezza alle esigenzedei cittadini, proponendo una riduzione da 70 a 61, in modo da aderire alla normativa della razionalizzazione, ma ap-poggiare la realtà locale. Oltre ai reparti ospedalieri “classici”, restano «di supporto come UU.OO.SS. (unità ospeda-liere sanitarie) dipartimentali autonome i Servizi di Radiologia, Farmacia e Laboratorio Analisi». Quest’ultimo è con-siderato uno dei più attivi del Molise. Gli animi sembrano placati. Secondo le promesse, l’Ospedale manterrà la suaautonomia, conserverà le strutture e le unità operative necessarie, salvo qualche piccolo taglietto qua e là. In fondo,come si dice.. ”basta che ci stà la salute!”.

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POLITICA COMUNALE

N. 5/2010 • 19

Al peggio non c’è mai fine, dice unvecchio adagio. E se fosse ancheil titolo di una canzone, beh, forse

questa farebbe da perfetta colonna sono-ra al momento che attraversa il consigliocomunale. Il mese quarto di quello che vacaratterizzandosi come vero “annus horri-bilis” a Palazzo San Francesco, si è aper-to ufficialmente in data 8 aprile, ultima “sta-zione” di una Via Crucis cominciata qual-che mese fa e che proprio sulla “stazione”,questa volta ferroviaria, sta vivendo i suoimomenti più drammatici. “Approvazione del-la scheda normativa PS/8 relativa alla zonadi trasformazione area stazione FS, delloschema di convenzione disciplinante la fu-ture cessioni e dello studio urbanistico perla trasformazione dell’area”. Dietro questolinguaggio tecnico e poco comprensibile aicomuni mortali, si cela l’ultimo ostacolo perl’amministrazione guidata dal sindaco Me-logli. Ma facciamo un passo indietro. Il pro-getto di riqualificazione dell’area stazionenel centro di Isernia, si basa sull’accordotra il Comune e la “Società Sistemi Urba-ni” che si occupa della dismissione dellearee delle Ferrovie dello Stato sull’intero ter-ritorio nazio nale. Esso prevede che ad Fsvenga concesso di edificare su circa6.680metri quadri, realizzando una cuba-tura di quasi 18mila metri cubi, ma ancheil cambio di de stinazione d’uso dell’ex de-posito merci ubicato presso l’attuale ter-minal degli autobus, che sarà utilizzato perattività commerciali, con bagni pubblici ge-stiti dalle Ferrovie, al servizio degli utentidel terminal. Al Comune, in cambio, verràceduta un’area di circa 15mila mq (quasipari a quella della villa comunale) da de-stinare a verde pubblico e ad attività socialie culturali. Verrà ceduta al Comune anchel’attuale Officina della Cultura, già in fittoalla Provincia, nonché l’area su cui sorgela palazzina in prossimità del passaggio alivello e l’ex casotto del casellante postosu corso Garibaldi. Nei giorni della buferascatenata da parte della stampa locale, chepuntava il dito contro possibili interessi per-sonali e potenziali abusi edilizi da realizzarenella nuova zona, è intervenuto lo stessoMelogli, spiegando che il Comune, in fase

d’asta avrebbe potuto anche riservarsi il di-ritto di prelazione ed acquistare l’intera area,magari scongiurando la costruzione dei fa-migerati tre palazzi. Quest’ultimo punto, cheavrebbe dovuto e potuto smorzare le po-lemiche, sembra non aver convinto nes-suno. Lo scorso aprile, Melogli si è pre-sentato al cospetto del consiglio, renden-dosi conto subito che in aula tirava un’ariet-ta niente male. L’assessore all’Urbanisti-ca Celestino Voria ha letto l’ennesima re-lazione sull’accordo per tentare di “illumi-nare” i consiglieri. Al termine del suo in-tervento, il sindaco Melogli, capendo chein caso di votazione la sua proposta sa-rebbe stata bocciata, ha ritirato l’argomento:una mossa criticata da molti, ma perfet-tamente in linea con i giochi della politica.In seguito al ritiro, il presidente del Consi-glio Domenico Testa ha sospeso momen-taneamente la seduta, scatenando le ire del-l’opposizione. Tra scene di delirio genera-le, la minoranza ha indetto una conferen-za stampa seduta stante, arrivando achiedere le dimissioni del sindaco per boc-ca del consigliere Sposato, secondo il qua-le, “il primo cittadino è vittima e prigionierodella sua maggioranza”. Ma chiedere la te-sta sempre ben pettinata del capo del-l’esecutivo è divenuto nei giorni successi-vi il principale sport da praticare. Per far que-sto, alcuni come il consigliere Angelaccio,hanno tirato in ballo anche le stesse “re-gole del gioco”: “Il Consiglio è cominciatocon uno strano errore del Presidente Testail quale, o avrebbe dovuto evitare di far par-lare sindaco e assessore e far ritirare il pro-getto da subito oppure avrebbe dovuto con-sentire a qualcuno della minoranza diesprimersi in merito. Ci hanno tolto la pa-rola, evitando di ascoltare il nostro pareree creando un precedente preoccupante. Me-logli anziché farsi bocciare sonoramente ilprogetto, ha convenuto di ritirarlo per il ‘benecomune della città’. È certamente un’am-ministrazione che fa sorridere quantome-no per i modi affascinanti e fantasiosi coni quali sono capaci di trasformare le in-crespature in ricami di pregio e le loro ‘Wa-terloo’ in gloriosi ‘sbarchi in Normandia’.Il punto di vista dell’Idv rimane quello co-

munque di non edificare assolutamente nul-la e anzi di recuperare tutta l’area o granparte di essa per attrezzarla in modo eco-sostenibile. L’idea vincente sarebbe di pa-gare Trenitalia e liberarsi di loro per potergestire tutta l’area così come questa cittàdesidera o sogna”. Va giù ancor più duraAlleanza per il Futuro-La Destra, partito re-suscitato per l’occasione, vicino all’exvice sindaco Giovancarmine Mancini: “È evi-dente che la sfiducia è nell’aria ed è giun-to il momento di mettere la parola fine aquesta fase di agonia e di cattiva gestio-ne amministrativa. Sarebbe indegno con-tinuare a torturare la città in questo modo.La città appare ogni giorno sempre più in-gessata e succube di queste conflittualitàe così parimenti il sindaco è ostaggio di unamaggioranza disgregata che si disinteres-sa dei problemi e dei bisogni che affliggo-no i cittadini e appare invece tutta presa dadissidi politici interni. Ci chiediamo, allora,cosa aspetta il sindaco a ripartire dacapo, cosa aspetta ad azzerare l’attualegiunta: sarebbe un gesto di lodevole re-sponsabilità politica, dopo le tante umi-liazioni a cui la sua stessa maggioranza losta esponendo da tempo. In alternativa ilprimo cittadino dovrebbe evitare ulteriori in-dugi e rassegnare le proprie dimissioni afronte di una crisi politica conclamata e pri-ma che i danni diventino irreversibili”. Cri-tiche dell’opposizione certo, ma non biso-gna dimenticare i termini reali della que-stione. La maggioranza in questo mo-mento è formata da una consistente fran-gia di dissidenti che hanno deciso di met-tere il bastone tra le ruote all’amministra-zione cittadina. La questione stazione,inoltre, proprio in seno alla maggioranza hacreato “nuovi personaggi”, verrebbe da dire“nuovi mostri”, come il folletto autopro-clamatosi re della rivolta intestina, Enzo Pon-tarelli. Il consigliere del Pdl è riuscito a strap-pare qualche minuto di visibilità davanti alletelecamere cittadine, dopo mesi e mesi dioblio. Succede anche questo nel teatrinodella politica locale: ognuno si organizzacome può per “passare la nottata”, osten-tando sempre la difesa del sommo con-cetto: “il bene dei cittadini”. E dei loro voti.

di Daniel Cifelli

Nuova tragicommedia a“Teatro San Francesco”Al termine del suo intervento, il sindaco Melogli, capendo che in caso di votazione la sua proposta sarebbestata bocciata, ha ritirato l’argomento: una mossa criticata da molti, ma perfettamente in linea con igiochi della politica. In seguito al ritiro, il presidente del Consiglio Testa ha sospeso momentaneamente laseduta, scatenando le ire dell’opposizione. Tra scene di delirio generale, la minoranza ha indetto unaconferenza stampa seduta stante, arrivando a chiedere le dimissioni del sindaco per bocca del consigliereSposato, secondo il quale, “il primo cittadino è vittima e prigioniero della sua maggioranza”.

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Il “deserto” Stocorso Marcelli (nei pressi della Cattedrale)

La ringhiera in ferro smaltato (XXI sec. d.C.)

corso Marcelli

foto di Luciano Cristicini

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torico di Iserniapiazza San Pietro Celestino V: Il deserto e… l’Asso di Coppe

Il “gazebo” imperiale in piazza Concezione

Affittasi e Vendesi in vico II Afflitto

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“… Mario Francese, MicheleReìna, Giorgio Ambrosoli, BorisGiuliano, Calogero Di Bona,

Cesare Terranova, Lenin Mancuso,Giovanni Bellissima, Salvatore Bolo-gna…”. Un brivido percorre la schie-na mentre ascolti tra gli oltre 900 nomisalire al cielo. Sembra che mentre sisusseguono con ordine, uno dopo l’al-tro, ogni nome pronunciato vada ad in-contrarsi con il cielo e a cercare e achiamare quel soggetto, quella per-sona, quella storia, quel dolore. Sia-mo in via santa Cristina, nel centro sto-rico di Campobasso. Nella piazzolaadiacente gli immobili ultimamente se-questrati alla Sacra Corona Unita.Luogo simbolico. È il 21 marzo. XV Gior-nata della Memoria e dell’Impegno inricordo delle vittime di mafia. Sono le16 e qualche minuto. I nomi vengonoletti da uno spiazzo leggermente so-praelevato rispetto alle poche perso-ne accorse disposte in discesa, lun-go la scalinata del vicolo. Libera,l’associazione di don Ciotti presente

anche in Molise, ha sistemato stri-scioni, cartelloni e posto materiale in-formativo su di un banchetto. Tutto mol-to sobrio. Dei narcisi gialli circondanoil ‘pulpito’ e concorrono a dare al mo-mento un tocco di primavera, un toc-co di speranza. E di colore. Ma l’istan-te, che pare eterno, è di grande rac-coglimento. L’atmosfera è pregna dicommozione, mista a sdegno pertanta ingiustizia. Che ora si condensain nomi. Più di 900 le persone am-mazzate dalla mafia. E il pensiero nonpuò che andare ai familiari delle vitti-me. Solo chi già ci è passato può com-prendere cosa significa perdere un fi-glio. Cosa significa perdere un padree una madre e un fratello e una sorella.E il proprio amore. La propria vita. E inquesto caso, al dolore ‘personale’ perla tragedia, si unisce la rilevanza socialee politica e civile della perdita. È tut-to molto straziante. Ma il 21 marzo èil primo giorno di primavera. E quei fio-ri che ne emanano il profumo non sonolì per caso. E quell’eco di nomi che ri-

LEGALITÀ

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“La lotta alleMafie è lottaper i diritti”

di Elisa Tomasso

Lettera di protesta per i silenzidel Tg1: “Così viene tradito il ruo-lo del Servizio Pubblico”La Fondazione Libera Informazione de-nuncia fermamente il modo vergo-gnoso in cui il Tg1, principale giornaletelevisivo del Servizio Pubblico, ha trat-tato la Giornata della Memoria e del-l’Impegno in ricordo delle Vittime del-le mafie che si è svolta a Milano il 20marzo su iniziativa di Libera e di Av-viso Pubblico. Nell’edizione delle13:30 il Tg1 ha ignorato l’evento,mentre in quella delle 20:00 vi ha de-dicato una notiziola di meno di tren-ta secondi, coperta da genericheimmagini, in coda al notiziario e ad-dirittura dopo la notizia dell’estrazionedel lotto. Si è ignorato così in modooffensivo e grottesco un grande cor-teo di 150.000 persone (cifre ripor-tate dalla stampa di opinione comeil Corriere della Sera e La Stampa) chesi è svolto nel cuore di Milano riem-piendo piazza Duomo, in ricordo del-le Vittime delle mafie, presenti cen-tinaia di familiari, per denunciarel’avanzata degli interessi criminali chemettono in pericolo la democrazia. IlTg1 è venuto meno al fondamentaledovere di rappresentare la real-tà nella completezza dell’informa-zione e al ruolo della Rai come Ser-vizio Pubblico finanziato da tutti i cit-tadini.(Roberto Morrione, XV giornata della me-moria e dell’impegno, lettera indirizzata alPresidente della Rai Paolo Garimberti, alConsiglio di Amministrazione della Rai, al-l’Usigrai, al Comitato di redazione del Tg1e per conoscenza alla Federazione Nazio-nale della Stampa Italiana, Roma 21 mar-zo 2010)

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suona per tutto il piccolo centro sto-rico della città non va verso la terra,ma verso il cielo. I morti ammazzatinon sono morti per nulla. Tante real-tà positive sono sorte dal moto di ri-bellione seguito ad ognuna di quelleperdite. Gli uccisi dalla mafia sono an-cora vivi e camminano al fianco di chisi impegna sul versante della giusti-zia, della legalità e dell’impegno.Giornata della memoria, sì. Perché èimportante ricordare, da’ dignità e va-lore a quelle persone scomparse e aisopravvissuti ai loro cari. Ma è fon-damentale impegnarsi, perché soloquesto, invece, da’ senso al dolore chealtrimenti resterebbe chiuso in sé stes-so e sterile. Impegnarsi giorno dopogiorno, nella fatica e nel silenzio.Come suggerisce don Ciotti, avversoagli sterili proclami. Impegnarsi in-sieme, non ognuno per conto proprio.A ricordarlo è il consigliere regionaleMichele Petraroia, che invita a rac-cordare tutte le realtà che in Molise,in un modo o nell’altro, già si occupanodi legalità e giustizia sociale. Don Sil-vio Piccoli a Termoli, Paolo De Chiaraad Isernia, Don Carlo Conti a Triventoinsieme a Leo Leone, Libera Campo-basso e i tanti altri semi sparsi qua elà in questa terra paradossalmentecosì poco abitata e così tanto inter-namente divisa e scollegata. Questoè il primo anno che anche in Molise sicelebra questa giornata in unione,potrebbe dirsi, ‘spirituale’ a quanto fat-to da Libera a Milano nei due giorni pre-cedenti. Se a questo segno si succe-deranno ‘sogni’ concretizzati, ce lo diràla storia di questa piccola regione. Nel-la consapevolezza che la storia non sifa da sé, ma con il contributo di tutti,passo dopo passo, giorno dopo giorno.

LEGALITÀ

N. 5/2010 • 23

PERCHÈ SIAMO STATI A MILANO

“Legami di legalità, legami di responsabilità” sonoquelli che uniscono i tanti studenti, amministratori, rappresentanti del mon-do della scuola, della politica, del sindacato, giovani e adulti che anchequest’anno si sono dati appuntamento per la “Giornata della memoria edell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie”. Legami che saldano ilfondamentale lavoro dei magistrati e delle forze di polizia all’impegno cul-turale e sociale, altrettanto necessario: i progetti sui beni confiscati, i per-corsi nelle scuole, l’informazione approfondita, la testimonianza dei famigliaridelle vittime. Legami che avvicinano il Nord al Sud in una dimensione sem-pre più ampia di consapevolezza e corresponsabilità. Siamo stati a Mila-no, il 20 marzo, per ribadire che le mafie e le tante forme d’illegalità, cor-ruzione e abuso non sono un problema circoscritto, ma un furto di benecomune che ci colpisce tutti e al quale tutti possiamo e dobbiamo ribel-larci. Ad accoglierci c’è stata la Milano motore economico del Paese, maanche una città che ha dimostrato di saper sviluppare gli anticorpi alla cri-minalità e alla corruzione, offrendo testimonianze di coraggio e generosi-tà. Il primo nome che viene in mente è quello di Giorgio Ambrosoli, fede-le alla giustizia al punto di sacrificare la vita ai suoi principi, principi chetraggono forza solo dalla nostra coerenza, responsabilità e adesione vera.E certo non possono essere dimenticate le vittime innocenti delle bom-be mafiose del 27 luglio 1993, in via Palestro. Tre vigili del fuoco, CarloLacatena, Stefano Picerno e Sergio Pasotto e un vigile urbano, Alessan-dro Ferrari, accorsi sul luogo dell’attentato per fare il proprio dovere, e ilcittadino marocchino Driss Mussafir, colpito dalle bombe mentre sostavain strada su un giaciglio di fortuna. Venuto in Italia in cerca di dignità elavoro, Driss ha trovato la morte così come tanti altri immigrati trovano l’emar-ginazione, il rifiuto, lo sfruttamento. Anche per loro siamo stati a Milano,perché nella sua essenza la lotta alle mafie è lotta per i diritti, per una giu-stizia fondata sulla prossimità. Questo ci chiedono le vittime delle mafie,un impegno che anche in Lombardia trova espressioni vere e trasversa-li: accanto alle numerose associazioni, ai gruppi di volontariato, c’è il la-voro di tanti bravi e onesti amministratori, esponenti del mondo della scuo-la, della cultura, del sindacato. C’è una Chiesa davvero attenta alla sto-ria delle persone e pronta, per voce del suo Vescovo, a denunciare la de-riva dal sociale al “penale”, richiamare una sicurezza che sappia coniu-gare regole e accoglienza. E con lei la voce di altre Chiese, ugualmenteimpegnate a saldare solidarietà e giustizia, dimensione spirituale e impegnocivile. Come non manca, a Milano, la sensibilità inquieta della città aper-ta alla dimensione internazionale. Sono state numerose, il 20 marzo, lepersone arrivate da paesi di tutta Europa e dall’America Latina: associa-zioni, famigliari delle vittime, giornalisti della carta stampata e delle televisioni.A testimonianza di una consapevolezza che cresce e va sostenuta e ali-mentata, di un impegno che deve attraversare i confini, valorizzare le dif-ferenze e superare le “diffidenze”, nel segno dei diritti, della correspon-sabilità, del comune desiderio di giustizia.

(Luigi Ciotti, Milano, 21 aprile 2010)

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25 APRILE

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25 Aprile a Monte Marrone“Omaggio a Pintor e ai caduti della Resistenza”

con la Mostra Tematica “Oltre il ponte”

«Se voi volete andare inpellegrinaggio nel luogodove è nata la nostraCostituzione, andate nellemontagne dove caddero ipartigiani, nelle carceridove furono imprigionati,nei campi dove furonoimpiccati. Dovunque èmorto un Italiano perriscattare la libertà e ladignità, andate lì, ogiovani, col pensiero,perché lì è nata la nostraCostituzione».Piero Calamandre discorso ai giovani sullaCostituzione nata dalla Resistenza, Milano, 26gennaio 1955)

Il Monumento Nazionaledi Monte Marrone

65° Anniversario della

Liberazione daLapide ad ignominia

Lo avrai camerata Kesselring il monumento che pretendi da noi italiani

ma con che pietra si costruirà a deciderlo tocca a noi. Non coi sassi affumicati dei borghi inermi

straziati dal tuo sterminio non colla terra dei cimiteri

dove i nostri compagni giovinetti riposano in serenità non colla neve inviolata delle montagne

che per due inverni ti sfidarono non colla primavera di queste valli

che ti videro fuggire. Ma soltanto col silenzio dei torturati

Più duro d'ogni macigno soltanto con la roccia di questo patto

giurato fra uomini liberi che volontari si adunarono per dignità

e non per odio decisi a riscattare la vergogna e il terrore del mondo.

Su queste strade se vorrai tornare ai nostri posti ci ritroverai morti e vivi collo stesso impegno

popolo serrato intorno al monumento che si chiama ora e sempre

RESISTENZA.(Piero Calamandrei)

A cura di Paolo De Chiara

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N. 5/2010 • 25

al nazifascismo

La mostra: alcuni momenti

l cortile interno del Museo

L’interno dell’edificio museale,che ospita la mostra sulla Resi-stenza, di Rocchetta al Volturno

Il sindaco di Rocchetta AntonioIzzi e il consigliere regionale Mi-chele Petraroia

Il ceppo, con la bandiera della Pacee la corona di fiori, di Giaime Pintor

La commemorazione nella piazza diCastelnuovo a Volturno

I rappresentati dei partiti e delle associazioni pre-senti alla commemorazione

Il segretario della Cgil Erminia Mignelli con l’ex se-gretario del sindacato molisano Michele Petraroia

La commemorazione al ceppo di Giaime Pintor

Il presidente del comitato G. Pintor Marcello Miniscalco e il sindaco di Rocchetta Antonio Izzi

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Particolare del ceppo, con le storiche montagne,dedicato a Pintor

La commemorazione davanti al Monumento Na-zionale di Monte Marrone

L’allegria che si respira sulle montagnedella Resistenza molisana

La commemorazione. Nella foto Giuseppe Iglieri,Patrizia Carnevale, il sindaco Izzi e gli Alpini

I tanti presenti alla Commemorazione al Monu-mento Nazionale di Monte Marrone

I canti di resistenza durante il banchetto tra lemontagne di Monte Marrone

L’Associazione “Tito Barbieri” di Ripabot-toni

“Bella Ciao” cantata da tutti i presenti. Nella foto Mi-chele Petraroia, il presidente dell’Arci di Isernia CelesteCaranci, Fabrizio Russo dei Riserva Moac, Sergio Cal-leo, Cosmo Caranci, Salvatore Borriello

Il corteo al Monumento Nazionale di Monte Marrone Un particolare del Monumento dedicato ai Caduti dellaResistenza Italiana

Ha aderito alla manifestazione il Comitato diCoordinamento “25Aprile – Monte Marrone”

composto da:

ANPI CampobassoAss. Culturale “I CARE” – Mi Preoccupa, Mi

Riguarda, Mi CoinvolgeAss. Culturale “Stefano IADOPI”Ass. Multietnica Tikanè Assiem

Ass. Sociale e Culturale “Giuseppe Tedeschi” -Onlus

Ass. Socio Culturale “Tito Barbieri” –RipabottoniArci IserniaCgil MoliseCittà Nuova

Collettivo 2kappa8 – Alternativa StudentescaEcodem Molise

Federazione della Sinistra (Partito dellaRifondazione Comunista e Comunisti Italiani)

Federazione Pd IserniaFGCI MoliseGiovani Pd

Blog LospecchioIl Ponte, mensile molisano

Italia dei ValoriLa Provincia dei Cittadini

Massimo Gaglione per MagistraturaDemocratica

Movimento Regionale dei Cristiano SocialiPartito Comunista dei Lavoratori

Partito della Rifondazione Comunista – CentroStorico di IserniaPartito Socialista

Sinistra Ecologia e Libertà, gruppo consiliareProvincia di Isernia

SLAI Cobas – Fiat TermoliSTEP - Studenti è PartecipazioneUnione degli Studenti di Isernia

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RESISTENZA

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Èsotto gli occhi di tutti che, a65anni da quella vittoria della ci-viltà sulla barbarie, il tentativo di

vanificare o annacquare il dato storico(umano, ideale, morale, culturale, di ri-scatto civile e sociale) contenuto in quel25 aprile è sempre latente nella melmo-sa e insidiosa realtà politica italiana. Mail popolo, che ha a cuore le sorti dell’Ita-lia, deve impedire che ciò accada difen-dendo quei valori di libertà, riconquistaticon la lotta di Liberazione, affinché di-ventino patrimonio nazionale comune e for-za democratica per costruire un futuro mi-gliore per tutti. Di questi importanti av-venimenti, che segnano la nuova storiad’Italia, se ne parla poco anche in certi am-bienti politici e sociali molisani. Quasi cisi vergognasse di far sapere che propriodalla nostra terra è partito il primo tentativoorganizzato di resistenza armata contro ilnazifascismo da parte del Corpo di Libe-razione che all’alba del 31 marzo 1944 oc-cupò Monte Marrone. Ed è ancor più gra-ve dimenticare sia la partecipazione e ilruolo avuto dagli stessi molisani in quel-la lotta. Da dove nacque la Repubblica, poila Costituzione che sancisce principi di giu-stizia e riconosce a tutti i cittadini, sen-za esclusione alcuna, uguali diritti e do-veri, pari opportunità di affermazioneumana e culturale, sia nel lavoro che nel-la società. Principi questi che, per una clas-se politica inadeguata, è più comodo igno-rarli o, ancora peggio, modificarli per ad-domesticarli a loro favore, anziché appli-carli correttamente nell’interesse di tut-ti i cittadini. Va ricordato che il 25 lugliodel 1943, il Gran Consiglio fascista di-chiarò la fine del regime. Il re, a quel pun-to, riprese le sue funzioni costituzionali,incaricò il Maresciallo Pietro Badoglio diformare un nuovo governo che, dopo se-grete trattative con gli anglo-americani, l’8settembre annunciò l’armistizio. Così il po-polo italiano si ritrovò contro in quella guer-

ra (dichiarata il 10 giugno 1940) i fasci-sti della Repubblica di Salò guidati da Mus-solini e i nazisti che avevano invaso l’Ita-lia. Fu proprio sulle nostre montagne, a Ca-stelnuovo al Volturno, ove sorge il Monu-mento Nazionale ai Caduti della Resistenzadi Monte Marrone che, il primo dicembre1943, Giaime Pintor, con l’intento di pas-sare il fronte sacrifica la sua giovane vitad’intellettuale e di eroe per riscattare la di-gnità dell’uomo contro le barbarie. I ricordidi orrore e di sgomento di quei funesti gior-ni, ancora vivi nel nostro cuore e nella no-stra mente, vanno ai martiri di Fornelli, del-le Fosse Ardeatine, di Marzabotto, della Ri-siera di San Saba, ai campi di sterminio,ai forni crematori di Buchenwald, Au-schwitz, Birkenau, ect., organizzati e pro-grammati dalla belva umana per la di-struzione fisica del popolo ebraico e di tut-ti coloro che erano ritenuti diversi per i lorocostumi di vita, modi di pensare, per ap-partenenza etnica, politica e religiosa. Euna volta ancora, vogliamo cogliere l’oc-casione per ricordare il 25 aprile con “unagloriosa pagina della liberazione, scrittadai valorosi e combattenti molisani” mes-sa in luce dallo storico Silvio Tasselli di Mi-lano, che con le sue ricerche nei Museied Istituti Storici di Londra, e poi con al-tre molteplici e mirate iniziative, è riusci-to a ricostruire la storia dei Corpi Specialiinglesi, arrivando, così, a ricostruire anchela storia della Compagnia che, formata da68 italiani, di cui 22 molisani, da 23 traufficiali, sottufficiali e soldati polacchi, com-batté con questi ultimi per liberare la cit-tà di Ancona e Pesaro dai nazifascisti. Edè merito del Presidente dell’AssociazioneNazionale Mutilati e Invalidi di Guerra, An-tonio di Perna di Isernia, se oggi cono-sciamo i nomi e le gesta eroiche dei no-stri corregionali, come lo stesso Tassellitestimonia in una sua lettera inviata al DiPerna: “Un grazie infinito per la tua fatti-va collaborazione senza la quale non sa-

rei riuscito a recuperare molto materialeriguardante il personale molisano”. Eccoin breve la loro storia. Nel gennaio del1944 a Roccasicura (Is) fu costituita, concontadini, operai, studenti ed ex militarimolisani, la 111^ Compagnia ProtezionePonti, addestrata dai polacchi come Com-mandos, che poi diventerà la II^ Compa-gnia Commando formata da soli italiani.Per 20 di loro conosciamo generalità e pro-venienza, ed erano: 2 di Capracotta, 5 diCarovilli, 1 di Castel di Sangro (AQ), 1 diCivitanova del Sannio, 3 di Forlì del San-nio, 1 di Frosolone, 1 di Oratino, 1 di Roc-camandolfi, 1 di Roccasicura, 3 di Sessanodel Molise, 1 di Vastogirardi. Per due di loro,purtroppo, non è stato possibile rintracciaree ricostruire alcunché. Non tutti i 22combattenti molisani ritornarono sani e sal-vi: vi furono feriti, morti e decorati al V.M.,anche con medaglia d’Oro. Ora la docu-mentazione completa è a disposizione ditutti, presso la sede dell’Associazione Na-zionale Mutilati e Invalidi di Guerra di Iser-nia. Ma ancora non tutto è venuto allaluce. Molti eroi sono stati dimenticati. Per-ciò, ancora una volta, cogliamo l’occasioneper ricordare che un giovane di nome Ti-baldo, dimorante con la madre Bice e il pa-dre Angelo in Forlì del Sannio, forse appena18enne, si arruolò con gli alleati e morì inun’operazione contro i tedeschi. Di certoè ancora presente il pianto della madre chedopo pochi mesi morì di dolore. Abbiamodiversi e utili ricordi da poter mettere a di-sposizione di chi ha il dovere e la possi-bilità anagrafica di ricostruire con atti so-lenni e segni tangibili, la storia di quel gio-vane che sacrificò la propria vita per la Pa-tria e che merita di essere riconosciuto ericordato come eroe caduto per la libertà.Per noi che in quel periodo eravamo fan-ciulli, poter oggi approfondire, dare ordi-ne e valore storico a quei fatti, che ci era-no confusamente noti, è davvero una gran-de soddisfazione.

25 aprile 1945:Liberazione dell’Italiadal nazifascismoStoria di popoli: uomini, luoghi, fatti e misfatti da non dimenticare.

di Carlo Onorato

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GIAIME PINTOR

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Brillante, ambizioso, dinamico,magnetico, sagace, elegantee impeccabile nella sua divisa

militare come nei giudizi taglienti, dif-fidente verso le ideologie, Giaime Pin-tor emerge come una figura dal com-plesso profilo umano e storico dallemolteplici sfaccettature: amico fida-to dei giovani comunisti romani, par-tecipe della sorte degli studenti te-deschi, ebrei o antinazisti, che tra il1934 e il 1938 trovarono rifugio in Ita-lia, fino a che Mussolini non li co-stringerà ad un secondo esilio. Chis-sà quale promettente futuro avrebbeavuto quel ragazzo, l’abile traduttoredi Rilke, militare impegnato nellacommissione per l’armistizio con laFrancia e poi nella difesa di Roma aporta San Paolo; ma ci pensa la guer-ra a stravolgere il promettente cam-mino del rampollo di una famiglia del-la piccola nobiltà sarda, pendolare frala Sardegna e la capitale. Fa un cer-to effetto pensare che oggi Giaime Pin-tor compirebbe novantun’anni. Natoa Roma il 30 ottobre 1919 vi conse-guì la maturità classica nel Liceo Ma-miani e nel giugno del ‘40 la laureain giurisprudenza. Ma già allora, mol-to più della cultura accademica lo in-teressavano i libri di letteratura, di sto-ria, di filosofia, liberamente scelti e levive esperienze umane. Così nei luo-ghi dei suoi numerosi viaggi come Tri-poli, Besançon, dove frequentò dei cor-si universitari, Parigi, città della Ger-mania e dell’Austria e anche durantebrevi escursioni come a Malta, Inter-laken o sulla riviera francese, ebbel’occasione di poter conoscere giovanidi varie nazionalità. Un vita da subi-to intensa la sua. Il padre Giuseppe,minore di cinque fratelli di una anticafamiglia antifascista della piccola no-biltà sarda, funzionario al Ministero dei

Lavori Pubblici e musicista dal tem-peramento appassionato e inquieto;la madre Adelaide Dore, di famiglia sar-da, ma cresciuta a Firenze, vivacis-sima, di ingegno prontissimo e argu-to, insegnante e scrittrice per ragaz-zi. Furono loro i primi a condurre Giai-me al gusto per la lettura, per la mu-sica, per le arti, esaltandone la cu-riosità per gli uomini e per il mondoe affinando il suo spirito critico, sen-za mai dargli la sensazione di esse-re un enfant prodige. Caratteristichequeste, assorbite tutte con prontezzadal giovane Pintor, che pienamenteconsapevole del suo valore e ambi-zioso in senso costruttivo, riesce adessere elemento centrale di molti am-bienti, senza essere assorbito da nes-suno. Ambienti come quello dei rifu-giati, studenti tedeschi ebrei e anti-nazisti, fonte molto importante dellasua passione per la letteratura tede-sca e poi le case; quella dei Mazziotti,quella dei D’Amico e quella dei Ka-menetzky (soprattutto con il coetaneoMikhail Kamenetzki, figlio di esuli rus-si, nel dopoguerra corrispondentedagli Usa e poi direttore del “Corrie-re della Sera”) nelle quali allarga ecompleta i suoi orizzonti. Da buon co-noscitore della cultura tedesca Giai-me fu tra i primi a denunciare l’ideo-logia che aveva prodotto il mostro na-zista: condusse l’attacco contro l’ir-razionalismo e le sue diverse espres-sioni, dal mito del “sangue e della ter-ra” alla mistica nietzschiana del su-peruomo, dall’esaltazione dell’inu-mano alla celebrazione degli orrori.Questi, egli scriveva, sono gli idoli acui sacrifica la parte più corrottadell’Europa e ad essi occorre con-trapporre un “nuovo illuminismo”, incui l’onestà dei propositi sia sorrettadalla chiarezza delle idee. Un ventenne

che già si sente parte pienamente at-tiva e responsabile del sistema cul-turale italiano: Pintor non esita a stron-care senza appello scrittori afferma-ti (i poeti del nazismo, e dopo lungaesitazione anche l’amato Ernst Jün-ger). Riconosce con sicurezza testi diinteresse documentario (I Proscritti divon Salomon) o portatori di un nuovoparadigma letterario (Niente di nuovosul fronte occidentale di Remarque),non si sente tenuto alla reverenza neiconfronti dei classici (come il Werther)e dà prova di saper distinguere i “frut-ti buoni” del romanticismo da quellivelenosi, recuperando Kleist, Nietz-sche, Rilke. Ma a Pintor non sfuggivaneanche l’importanza di Sartre. Esi-stenzialismo quale filosofia comestrumento di vita, per una generazio-ne che sapeva di “rischiare la vita” ecercava – come Pintor stesso dice -di possedere il concreto, che signifi-cava allora non discettare, ma viveree anche morire. Ancora oggi l’eredità

di Elisabetta Esposito

GIAIME PINTOR:morire per delle idee1 dicembre 1943: cadeva sul Volturno, a 24 anni, una delle più limpide figure della culturaantifascista europea.

Partigiani

Carissima Anna, eccomi a te con questo mio ultimo scritto prima di partire per la mia condanna. Io muoio contento d'aver fat-to il mio dovere di Vero Patriota. Mia cara sii forte che dal cielo pregherò per tè, che tu per me sei sempre stata l'unica con-solazione in questi momenti di grande dolore mi confortavo solo con tè. […]. Cara ora ti racconto un po' della mia vita e in-comincio subito «il giorno 27 fui preso portato a Vercelli in prigione dove passai senza interrogazione… LETTERE DI CONDANNATIA MORTEDELLA RESISTENZA ITALIANA - Ignoto

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dei suoi scritti letterari e politici nonci appare consumata ed offre ancoraun modello valido agli uomini di cul-tura e ai militanti politici del nostrotempo, perché Giaime Pintor ha vis-suto intensamente, in tutta la suadrammaticità, il problema dei rapportitra politica e cultura. In anticipo di pa-recchi anni su un percorso comune a

molti intellettuali nel dopoguerra, Pin-tor, che pure si era incluso in una “ge-nerazione senza maestri”, si affrancagradualmente da un maestro grandee scomodo: Benedetto Croce. Lo fa inletteratura, come mostra molto chia-ramente Nardi, individuando una lineanon crociana che va da Jahier a Vit-torini; lo fa in politica, abbandonando

l’antifascismo formale dei vecchi li-berali per prendere parte alla guerrapartigiana. Superato in questo modoCroce, Pintor resta davvero “senzamaestri”, nella necessità di costruirein proprio dei punti di riferimento persé e per la sua generazione. Per de-cenni Pintor è stato un “capo gene-razione postumo”, come ha scritto Ita-

L’ultima lettera di Giaime Pintor al fratello Luigi.PER MIO FRATELLOCarissimo,parto in questi giorni per un’impresa di esito incerto: raggiungere gruppi di rifugiati nei dintorni di Roma, portare loro

armi e istruzioni. Ti lascio questa lettera per salutarti nel caso che non dovessi tornare e per spiegarti lo stato d’animoin cui affronto questa missione. […]. La guerra ha distolto materialmente gli uomini dalle loro abitudini, li ha costretti aprendere atto con le mani e con gli occhi dei pericoli che minacciano i presupposti di ogni vita individuale, li ha persua-si che non c’è possibilità di salvezza nella neutralità e nell’isolamento. Nei più deboli questa violenza ha agito come unarottura degli schemi esteriori in cui vivevano: sarà la “generazione perduta” che ha visto infrante le proprie “carriere”;nei più forti ha portato una massa di materiali grezzi, di nuovi dati su cui crescerà la nuova esperienza. Senza la guerraio sarei rimasto un intellettuale con interessi prevalentemente letterari: avrei discusso i problemi dell’ordine politico, masoprattutto avrei cercato nella storia dell’uomo solo le ragioni di un profondo interesse, e l’incontro con una ragazza oun impulso qualunque alla fantasia avrebbero contato per me più di ogni partito o dottrina. Altri amici, meglio disposti asentire immediatamente il fatto politico, si erano dedicati da anni alla lotta contro il fascismo. Pur sentendomi semprepiù vicino a loro, non so se mi sarei deciso a impegnarmi totalmente su quella strada: c’era in me un fondo troppo for-te di gusti individuali, d’indifferenza e di spirito critico per sacrificare tutto questo a una fede collettiva. Soltanto la guer-ra ha risolto la situazione, travolgendo certi ostacoli, sgombrando il terreno da molti comodi ripari e mettendomi brutal-mente a contatto con un mondo inconciliabile. Credo che per la maggior parte dei miei coetanei questo passaggio siastato naturale: la corsa verso la politica è un fenomeno che ho constatato in molti dei migliori, simile a quello che av-venne in Germania quando si esaurì l’ultima generazione romantica. Fenomeni di questo genere si riproducono ogni vol-ta che la politica cessa di essere ordinaria amministrazione e impegna tutte le forze di una società per salvarla da unagrave malattia, per rispondere a un estremo pericolo. Una società moderna si basa su una grande varietà di specifica-zioni, ma può sussistere soltanto se conserva la possibilità di abolirle a un certo momento per sacrificare tutto a un’uni-ca esigenza rivoluzionaria. È questo il senso morale, non tecnico, della mobilitazione: una gioventù che non si conserva“disponibile”, che si perde completamente nelle varie tecniche, è compromessa. A un certo momento gli intellettuali de-vono essere capaci di trasferire la loro esperienza sul terreno dell’utilità comune, ciascuno deve sapere prendere il suoposto in una organizzazione di combattimento. Questo vale soprattutto per l’Italia. Parlo dell’Italia non perché mi stia piùa cuore della Germania o dell’America, ma perché gli italiani sono la parte del genere umano con cui mi trovo natural-mente a contatto e su cui posso agire più facilmente. Gli italiani sono un popolo fiacco, profondamente corrotto dalla suastoria recente, sempre sul punto di cedere a una viltà o a una debolezza. Ma essi continuano ad esprimere minoranze ri-voluzionarie di prim’ordine: filosofi e operai che sono all’avanguardia d’Europa. L’Italia è nata dal pensiero di pochi intel-lettuali: il Risorgimento, unico episodio della nostra storia politica, è stato lo sforzo di altre minoranze per restituire all’Europaun popolo di africani e di levantini. Oggi in nessuna nazione civile il distacco fra le possibilità vitali e la condizione attualeè così grande: tocca a noi di colmare questo distacco e di dichiarare lo stato di emergenza. Musicisti e scrittori dobbia-mo rinunciare ai nostri privilegi per contribuire alla liberazione di tutti. Contrariamente a quanto afferma una frase cele-bre, le rivoluzioni riescono quando le preparano i poeti e i pittori, purché i poeti e i pittori sappiano quale deve essere laloro parte. Vent’anni fa la confusione dominante poteva far prendere sul serio l’impresa di Fiume. Oggi sono riaperte agliitaliani tutte le possibilità del Risorgimento: nessun gesto è inutile purché non sia fine a se stesso. Quanto a me, ti as-sicuro che l’idea di andare a fare il partigiano in questa stagione mi diverte pochissimo; non ho mai apprezzato come orai pregi della vita civile e ho coscienza di essere un ottimo traduttore e un buon diplomatico, ma secondo ogni probabilitàun mediocre partigiano. Tuttavia è l’unica possibilità aperta e l’accolgo. Se non dovessi tornare non mostratevi inconso-labili. Una delle poche certezze acquistate nella mia esperienza è che non ci sono individui insostituibili e perdite irre-parabili. Un uomo vivo trova sempre ragioni sufficienti di gioia negli altri uomini vivi, e tu che sei giovane e vitale hai ildovere di lasciare che i morti seppelliscano i morti. Anche per questo ho scritto a te e ho parlato di cose che forse tisembrano ora meno evidenti ma che in definitiva contano più delle altre. Mi sarebbe stato difficile rivolgere la stessa esor-tazione alla mamma e agli zii, e il pensiero della loro angoscia è la più grave preoccupazione che abbia in questo mo-mento. Non posso fermarmi su una difficile materia sentimentale, ma voglio che conoscano la mia gratitudine: il loro af-fetto e la loro presenza sono stati uno dei fattori positivi principali nella mia vita. Un’altra grande ragione di felicità è sta-ta l’amicizia, la possibilità di vincere la solitudine istituendo sinceri rapporti fra gli uomini. Gli amici che mi sono stati piùvicini, Kamenetzki, Balbo, qualcuna delle ragazze che ho amato, dividono con voi questi sereni pensieri e mi assicuranodi non avere trascorso inutilmente questi anni di giovinezza.

(Giaime Pintor, Napoli, 28 novembre 1943)

… Il mattino del 29 fui chiamato davanti a tutti i fascisti di Vercelli. Io non ho risposto mai alle loro domande le sole parole erano queste "che non so niente e che non sono partigiano". Maloro mi hanno messo davanti mille cose per farmi dire di si ma non usciva parola dalla mia bocca e pensando che dovevo morire. Il giorno 31 mi fu fatto la prima tortura ed è questo mi han-no strappato le ciglia e le sopraciglia. Il giorno 1 la seconda tortura "mi hanno strappato le unghie, le unghie delle mani e dei piedi e mi hanno messo al sole che non puoi immaginare, ma por-tavo pazienza e dalla mia bocca non usciva parola di lamento". Il giorno 2 la terza tortura "mi hanno messi ai piedi delle candele accese ed io mi trovai legato su una sedia mi son venuti tuttii capelli grigi ma non ho parlato ed è passato"…. LETTERE DI CONDANNATI A MORTEDELLA RESISTENZA ITALIANA - Ignoto

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lo Calvino. La famosa lettera scrittaal fratello Luigi, tre giorni prima di mo-rire, giustamente definita da Parri “ildocumento più alto e nobile della guer-ra di Resistenza”, fornì la più completagiustificazione della leggenda creatasiattorno a Giaime. Una lettera-mani-festo di una generazione antifascistadivenuta uno dei simboli della Resi-stenza stessa. La breve e intensa vita

di Pintor terminò tragicamente a Ca-stelnuovo al Volturno, il 1 dicembre del1943 su una mina tedesca, nel ten-tativo di attraversare con l’aiuto del-l’intelligence inglese la linea del fron-te Gustav insieme a quattro compa-gni per recarsi a Roma, dove si sa-rebbe dovuto unire alla Resistenza. Igiorni di Giaime si chiudono dunquecosì, brutalmente, ai piedi di Monte

Marrone, lasciandoci in eredità una le-zione prodigiosa di coraggio e umanità.Il suo nome, Giaime Pintor, caduto aventiquattro anni per libertà, è lega-to per sempre alla storia della Resi-stenza e farà eternamente parte di unpatrimonio culturale comune che nonpuò essere distrutto o sommerso daeventi contingenti, né dal corso futu-ro degli anni

È apparso giorni or sono su alcuni organi di stam-pa locali, un vergognoso e ripugnante articolo distampa, in cui, sotto il nome della sigla “Alleanzafascista”, veniva gratuitamente vilipesa e denigra-ta la Resistenza, sino ad offendere gravemente lamemoria di Jaime Pintor, il compagno partigiano checadde per la libertà a Castelnuovo il 1 dicembre1943, sino a definire incredibilmente come “schiaf-fo alla memoria” la richiesta di dedicare un monu-mento alla sua vita, spezzata a soli 24 anni e do-nata per la lotta di Liberazione dalla barbarie na-zifascista. Chi lo ha scritto deve avere la testa comeuna camera oscura che guarda gli oggetti capovolti:coloro che erano dalla parte del nazifascismo (cioèil più grande crimine mai visto contro l’umanità) sa-rebbero “vittime” mentre la Resistenza e la lottadi Liberazione sarebbero “massacro di innocenti”.In pratica è come definire il carnefice quale vittimadella sua preda. Demenzialità a parte, si tratta diincredibili offese alla memoria di migliaia di eroicipartigiani (peraltro in gran parte comunisti) che do-narono le loro giovani e preziose vite per liberarel’Italia dalla feccia nazifascista, dopo un ventenniodi dittatura sanguinaria esercitata da Mussolini, il

criminale fantoccio di cui si servirono industriali, banchieri e latifondisti italiani, per dominare e reprimere nel san-gue le classi lavoratrici e popolari. Di fronte a tali deliranti falsità riemerge la necessità di rimuovere le carenzedella pubblica istruzione circa la memoria della Resistenza, dell’Antifascismo, dei valori di libertà ed uguaglian-za espressi dalla lotta partigiana di Liberazione. Riemergono il carattere scellerato dell’amnistia del 22 giugno1946 con cui Togliatti diede il colpo di spugna ai crimini fascisti (nell’ottica stalinista e controrivoluzionaria dellaspartizione Est-Ovest), la grande ingiustizia dell’“armadio della vergogna” nel quale furono insabbiati tutti i pro-cessi per i crimini contro l’umanità commessi dai fascisti italiani (non solo contro le popolazioni africane e bal-caniche ma anche contro migliaia di innocenti della popolazione italiana nelle stragi, nei rastrellamenti e nelle per-secuzioni, donne e bambini inclusi. Riemerge soprattutto la necessità di rendere attuali i valori della Resistenzacon la ripresa delle lotte per la libertà, la giustizia sociale e l’uguaglianza in cui credevano i partigiani. Ma deveemergere – e per questo ci rivolgiamo anche a voi - la indignazione di tutti verso un modo grossolano e superfi-ciale di concepire il giornalismo, come appare in quei media locali che incredibilmente si limitano a riprodurre in-tegralmente un comunicato di delirante offesa alla memoria della Resistenza, senza neanche prenderne le distanzee dunque fungendo da mero megafono della esaltazione dei crimini nazifascisti. Il giornalismo non può metteresullo stesso piano la civiltà e la barbarie, il fascismo e l’Antifascismo, la Resistenza e la repubblica di Salò. Il peri-colo culturale e sociale di tali atteggiamenti è sotto gli occhi di tutti, soprattutto di questi tempi. Pretendiamo unvostro intervento: è la stessa Costituzione che vi impone di farlo. Fate capire ai vostri colleghi molisani che, intali casi, non si tratta di un normale e legittimo confronto tra due tesi aventi pari dignità, nell’ambito di una nor-male dialettica democratica, perché chi esalta il nazifascismo si pone necessariamente fuori dai valori fondamentalidella civiltà umana.

(Tiziano Di Clemente, coordinatore regionale P.C.L., lettera aperta inviata al Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti del Molise,2 aprile2010)

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Partigiani

… Il giorno 4 fui portato in una sala dove c'era un tavolo sul quale mi hanno teso in un laccio al collo per dieci minuti la corrente e fui portato per tre giorni fino al giorno 6 allasera alle ore 5 mi dissero se avevo finito di scrivere tutto ciò che mi sentivo ma non ho ancora risposto e voglio sapere la mia fine che devo fare, per dirlo alla mia cara Anna e midissero quella tremenda condanna e mi feci vedere molto orgoglioso ma quando fui portato in quella tremenda cella di nuovo mi inginocchiai mi misi a piangere avevo nelle miemani la tua foto ma non si conosceva più la tua faccia per le lacrime e i baci che ti ho fatto. […]. …. LETTERE DI CONDANNATI A MORTEDELLA RESISTENZA ITALIANA - Ignoto

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“Otto ore di lavoro, otto di sva-go, otto per dormire”. Questouno dei tanti slogan che pro-

nunciavano i lavoratori di tutto il mon-do il primo maggio del 1890 perchiedere alle pubbliche autorità diridurre per legge la giornata lavorati-va a otto ore. Nell’agosto del 1891 ilII congresso dell’Internazionale, riunitoa Bruxelles, assunse la decisione direndere permanente la ricorrenza.D’ora in avanti il 1 Maggio sarebbe sta-to la “festa dei lavoratori di tutti i pae-si, nella quale i lavoratori dovevanomanifestare la comunanza delle lororivendicazioni e della loro solidari-età”. Le cose sono cambiate, grazie al-l’evoluzione del comune sentire ealle lotte sindacali. Sono cambiate, sot-to molto aspetti in negativo. Perché an-cora nel mondo in tanti,troppi, muoiono sul lavoro. Secondo

un rapporto dell’ILO, ogni giorno 1mil-ione di persone resta vittima di un in-cidente sul lavoro, e circa 5.500 per-sone muoiono: 229 all’ora. Ricor-diamo l’operaio Sergio Capitani scom-parso nella Centrale termoelettrica diTorre Valdaliga e la morte di sette op-erai appartenenti alla Thyssen Group.Il 1 maggio è considerato “la festa deilavoratori”. Ma quali lavoratori? Dovesono? I disoccupati in Italia hanno su-perato quota tre milioni. I senza lavoronel secondo trimestre dell’anno risul-tano essere 3,2 milioni e il tasso didisoccupazione sarebbe del 12,1%.Secondo una recente indagine del-l’Usfol i contratti a termine veri e pro-pri in Italia sono circa un milione. Poici sono un milione e 200mila collab-oratori, a progetto e simili, chiamati“finti” autonomi, 300 mila gli interinalie a chiamata. Per non parlare dei la-

voratori a part-time, degli apprendisti,di quelli che hanno un contratto di in-serimento, senza dimenticare i lavo-ratori in nero. Rientrano tra queste“categorie di lavoratori” anche quel-la dei precari che, secondo i dati del-l’Istat, coinvolge in Italia 3.757milionidi persone. Nonostante questi datisconcertanti c’è chi continua a dire chela crisi che sta colpendo l’Italia, cosìcome le altre nazioni, sarà presto su-perata; ma come sarà possibile seogni giorno si calcolano centinaia didisoccupati, di lavoratori in cassa in-tegrazione, di fabbriche, attività checontinuano a chiudere? Marx ha af-fermato che certamente “il lavoroproduce meraviglie per i ricchi, ma pro-duce lo spogliamento dell’operaio.Produce palazzi, ma caverne per l’op-eraio. Produce bellezza, ma defor-mità per l’operaio. Esso sostituisce illavoro con le macchine, ma respingeuna parte dei lavoratori ad un lavorobarbarico, e riduce a macchine l’altraparte. Produce spiritualità, e producel’imbecillità, il cretinismo dell’operaio”.E il più delle volte succede questo, iricchi continuano ad oziare nelle lororegge e chi ha vero merito si ritrovadisoccupato o precario.

PRIMO MAGGIO

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Rispettoper il lavoro

I disoccupati in Italia hanno superatoquota tre milioni. I senza lavoro nelsecondo trimestre dell’anno risultanoessere 3,2 milioni e il tasso didisoccupazione sarebbe del 12,1%.Secondo una recente indaginedell’Usfol i contratti a termine veri epropri in Italia sono circa un milione.Poi ci sono un milione e 200milacollaboratori, a progetto e simili,chiamati "finti" autonomi, 300 milagli interinali e a chiamata. Per nonparlare dei lavoratori a part-time,degli apprendisti, di quelli che hannoun contratto di inserimento, senzadimenticare i lavoratori in nero.

di Valentina Di Cristofaro (Step, Studenti è Partecipazione)

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Inostri politicanti, soprattutto re-gionali, non sono abituati alledomande dei giornalisti. Di quel-

li con la schiena dritta. Che fanno il pro-prio mestiere con serietà e dignità. Chenon si accontentano di ricopiare gli in-numerevoli comunicati stampa che,ogni giorno, ingolfano le redazionidegli organi di informazione. Una pre-cisazione è obbligatoria. Molti sono gli“iscritti all’Ordine” che preferiscono an-dare a braccetto con la politica. Per-dendo la loro funzione principale:quella di informare. Trasformandosi inmegafono per questo o quel politi-cante. E quando, gli eletti, sbattono ilmuso contro chi le domande le fa e leripete per avere una risposta (non cam-pata in aria) allora gridano al com-plotto. Si stracciano le vesti. Si scan-dalizzano per la “lesa maestà”. L’al-tra sera l’intero Paese ha conosciutoancor di più, grazie alle telecamere diReport, lo sGovernatore del Molise (ri-cordiamo, tra i tanti, gli interventi di al-cuni giornalisti su Repubblica, Il Gior-nale, Diario, l’Unità, l’Espresso, Panora-ma). Il servizio andato in onda domeni-ca 18aprile ha mostrato a tutt’Italia ilcomportamento della classe dirigentemolisana. Le domande scomode nonsi possono fare. Se arrivano si mi-naccia la querela. Non si entra nel mer-ito della domanda. Per spiegare. Il do-vere di rispondere, soprattutto daparte di chi rappresenta le Istituzioni,viene scambiato come una cosa inutilee, soprattutto, dannosa. Per loro.Meglio non farle sapere certe cose.Meglio parlare di altro per confonderele idee. Per stravolgere la realtà.Quello che gli italiani hanno visto a Re-port, in Molise, si ripete quasi quo-tidianamente. Chi si permette di leg-

gere o di riprendere i titoli di un quo-tidiano locale viene diffidato. Non sitratta di difendere la linea di un quo-tidiano e di chi lo gestisce. Può esserecondivisibile o meno. Si può apprez-zare o criticare. L’intento di questi dilet-tanti della politica è quello di in-timidire. Meglio prima chiedere il per-messo. Per evitare problemi. Per viverein maniera tranquilla. Senza grattacapi.Senza la dignità di fare al meglio il pro-prio mestiere. Dopo lo sGovernatore,seccato (secondo il suo punto divista) da questa “campagna diffama-toria” è arrivato il turno di Cannata, ilrettore a vita dell’Università del Molise.E se qualche “pazzo” scende in piazzaper manifestare per una libera infor-mazione vengono meno all’appunta-mento proprio i giornalisti. Chi ha il do-vere di difendere una libera stampa?I politici della minoranza? O gli stes-si operatori del settore? Sono moltoutili, per fare chiarezza, le parole di unmaestro del giornalismo italiano, IndroMontanelli: “Il giornalista è unguardiano pubblico. Ognuno deve fareil suo lavoro. I giudici devono giudicare,i poliziotti devono indagare, gli uffici-stampa devono fornire le informazioni.E noi giornalisti dobbiamo controllareche questo accada secondo le re-gole. Se non accade, dobbiamo sco-prirlo, e poi gridarlo”. Anche con la mi-naccia di diffide o di querele. Bastapoco per fare il proprio dovere. Chi nonne è capace può fare altro. Questo valesia per chi governa un territorio e siaper chi ha il dovere di controllare, comeun cane da guardia, il potere politico.Il corto-circuito tra controllore e con-trollato porta ad una’altra cosa. Alservilismo. E di servi sciocchi se netrovano già tanti.

IN RICORDO DI GHEORGHE RADU

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Paolo De [email protected]

35 anni, immigrato regolare,rumeno, lavorava come uno schiavo

nei campi vicino Campomarino,lavorava per un salario da fame

sotto il sole d’estate. Si guadagnava onestamente davivere. È stato trovato morto sul

ciglio di una strada.Si può morire per guadagnarsi

onestamente da vivere?

(Art. 1 Costituzione Italiana)L’Italia è una Repubblica democra-

tica, fondata sul lavoro

Programma:Ore 10:30 Omaggio al Ceppo funebre di Ghe-orghe Radu nelle campagne di Nuova Cli-ternia, Campomarino; Commemorazione re-ligiosa. Deposizione Corona con gli interventidei rappresentanti delle Associazioni edei partiti politici che hanno aderito.Ore 12:00 Piazza di Nuova Cliternia, inter-venti e dibattito sul significato del PrimoMaggio.

HANNO ADERITO:Associazione Culturale I CARE – Mi Preoc-cupa, Mi Riguarda, Mi Coinvolge, Cgil Moli-se, Collettivo 2kappa8 – Alternativa Stu-dentesca, Costruire Democrazia, Fgci, Gio-vani Pd, il Ponte – mensile molisano, Italiadei Valori, La Fonte, Partito dei Comunisti Ita-liani, Partito Democratico, RifondazioneComunista, Sinistra Ecologia e Libertà,STEP - Studenti è Partecipazione.

1° MAGGIOFESTA DEL LAVORO A

CAMPOMARINO, FRAZIONE NUOVA CLITERNIA”

“GheorgheRadu, morto di

lavoro in Molise”

Lesa maestàcon diffida

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TERREMOTO

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“Giusi Pitari è una delle colon-ne portanti del nostro Ateneo,dei suoi studenti ed oggi anche

della sua città. Una città ferita chepiange le sue vittime e che lotta perriprendersi la sua città. Una città chevede scendere in piazza la sua gen-te per sporcarsi ancora le mani di pol-vere e liberare gli spazi dove tornarea vivere”. In questo modo è interve-nuta Laura Ciolli, la sorella di Danilo,alla manifestazione svoltasi a Isernialo scorso 27 marzo. Dove è stato pre-sentato il libro 38 Secondi della pro-fessoressa Giusi Pitari, una dellepersone più attive in questi mesi aL’Aquila. Soprattutto con il movi-mento delle carriole, che da diversotempo ha deciso di sfidare l’immobi-lismo delle Istituzioni, soprattutto, persuperare la propaganda politica pro-dotta sul terremoto. Sono intervenu-ti all’iniziativa anche il direttore delmensile il Ponte Paolo De Chiara, il me-dico Gustavo Domenici e l’autrice dellibro Giusi Pitari. “È lì che si vuole tor-nare – ha affermato nel suo interventoLaura Ciolli - in quel centro storico cheè l’anima di ogni aquilano. Una cittàche a noi membri dell’AssociazioneMusica e Cultura“Danilo Ciolli” hadato tante gioie, in-segnandoci la vita.E, al tempo stesso,il più grande dei do-lori. Portandosi viaDanilo in quei fa-mosi 38secondi. Untempo così breve epure abbastanza

lungo per cambiare la vita di molti dinoi. Il mondo trema, il cuore trema ela polvere e le lacrime sono tutto ciòche ci resta. L’Aquila degli aquilani, maanche l’Aquila degli studenti. DaniloL’Aquila l’aveva scelta. Amava quellacittà come la sua seconda casa ed è,quindi, da lì che vogliamo iniziare”. Ladocente di Biochimica presso la Fa-coltà di Biotecnologie dell’Universitàde L’Aquila Giusi Pitari è stata moltochiara: “le testimonianze le dobbiamofar conoscere a tutti. L’Italia è un ter-ritorio sismico, abbiamo tantissimi pe-ricoli. Non dico che ci deve esser sem-pre qualcuno a difenderci, ma per que-sto qualcosa si può fare. Dobbiamofarlo noi. Non dobbiamo aspettare piùche venga qualcuno da fuori, così perla ricostruzione de L’Aquila, così perla ricostruzione dei paesi del Molise.Dobbiamo essere dei cittadini attivi epresenti. Noi adulti lo dobbiamo in-segnare ai ragazzi. Siamo noi con ilnostro racconto, con piccole cose chepossiamo cambiare. E cambiare vuoldire anche rendere onore a tutte le per-sone che non ci sono più”. Il libro 38Secondi è dedicato ai suoi studenti.“Ho voluto regalare questo libro agli

studenti – ha chia-rito la professores-sa Pitari – perchéabbiamo avuto tan-ti morti. 309 sonoveramente tanti,troppi. Ma 55 ra-gazzi sono di più.Ho voluto riportarei secondi descrittidai ragazzi e ho ri-

portato anche la testimonianza di unragazzo che non c’è più. Nicola Bian-chi, un mio studente. Ho descritto tan-te cose che poi si sono avverate. Hodescritto lo stare insieme e dopo un-dici mesi di disgregazione completa,in cui ci siamo odiati tra di noi, ci sia-mo riusciti. E stiamo cercando di direche non va bene niente a L’Aquila. Nonci sono più gli studenti. Non ci sonotante cose banali. Però qualcosa stasuccedendo. L’Università è rimasta alsuo posto, nonostante gli sciacalli chevolevano prendersi questa Istituzioneche è importante culturalmente edeconomicamente. È successo ancheun altro miracolo. I ragazzi non ci sono,ma ci sono. Ci hanno scelto nuova-mente. L’incasso di questo libro va in-teramente alla ricostruzione di un la-boratorio didattico. Perché ci tenevoa regalare qualcosa ai miei ragazzi.Loro sono i miei figli”.

Dobbiamoessere deicittadini attivi

redazione

Presentato a Isernia il libro 38 Secondi di Giusi Pitari, la docenteaquilana impegnata per la ricostruzione della sua città. Allamanifestazione dello scorso 27 marzo sono intervenuti il presidentedell’Associazione “Musica e Cultura” Laura Ciolli, il direttore delmensile il Ponte Paolo De Chiara e il medico Gustavo Domenici.

Giusi Pitari, Paolo De Chiara, Laura Ciolli, GustavoDominici

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Nelle aree industrializzate l’ac-qua viene sprecata soprat-tutto per generare energia. Per

produrre un kg di manzo servono15.500 litri, per una tazza di caffè 140e per far crescere 1 kg di mais 900.Sull’acqua potabile può contare l’87%della popolazione mondiale, e sonopoco meno di 4 miliardi le persone chefruiscono di una rete idrica dentrocasa. Purtroppo assommano a 884milioni quelle che non possono con-tare su acqua sicura e sono 2,6 mi-liardi coloro che non sono dotati di ser-vizi igienico-sanitari idonei. L’Italia èuno dei Paesi al mondo che può van-tare la maggiore disponibilità d’acquanonché quello che ne consuma di piùin Europa; ed è il terzo al mondo dopo

Canada ed USA, sebbene le condut-ture siano un colabrodo. Gli italianiamano la minerale, consumandone -mediamente - 194 litri all’anno. È daritenere che, almeno nel Basso Mo-lise, prediligeranno le bollicine per unasituazione molto speciale. Secondol’ARPA, prima di essere depurate, leacque del lago di Guardialfiera sa-rebbero assimilabili ad una fogna acielo aperto. Ciò nonostante – perio-dicamente - la Regione Puglia insistenel richiedere aliquote maggiori deicontenuti dell’invaso. Lo fa a ragion ve-duta, visto che il Presidente di Moli-se Acque dichiara, spesso e volentieri:che “la ventesima regione vanta un si-stema idrico molto sviluppato”; chel’acqua viene presa direttamente dal-la sorgente e distribuita, con dei ser-batoi, in tutta la regione; che, aven-done a disposizione un surplus, il 70%di tale risorsa viene venduta pure allaPuglia e alla Campania.

Acque di ieri. Il Biferno dà gioie e do-lori. Disseta, ma è pure in grado di ren-dersi estremamente pericoloso (comenel caso dell’alluvione del 2003) perl’intera zona posta a valle della diga,sino al Nucleo industriale di Termoli edall’agro di Campomarino. Però, due se-coli or sono, il maggior corso d’acquamolisano rappresentava solo una cro-ce per il territorio, tanto da essere as-

surto a simbolo del suo isolamentogeografico. Tra il 1840 ed il 1880, ilfiume veniva descritto da Francesco Jo-vine come “un liquido invalicabileostacolo tra le due parti del Molise. Pae-si distanti tra loro pochi chilometri ri-manevano anche sei mesi senza co-municazioni. Le notizie delle nascite, del-le morti venivano gridate da corrieri cheraggiungevano la sponda e che, agran voce, per superare il fragore del-le acque, comunicavano a qualcuno ac-corso sulla sponda opposta la notizia.Fatti di guerre, cadute di dinastie, di con-giunzioni di astri arrivavano dopo seimesi, quando avevano perduto ogni si-gnificato, ogni carattere emotivo“.

Acque di oggi. Il Molise avrà pure ac-qua in sovrappiù, ma rimane un fat-to: prima di ogni estate, le Autorità lan-ciano sempre gridi d’allarme perl’“indigenza” dell’invaso del Liscione.Il fatto è che a Molise Acque sannobene che dei milioni di metri cubi ero-gati ogni anno, arrivano a scorrere dairubinetti di casa appena 60 parti su100, con punte di perdita del 45% nelcomune di S. Martino in Pensilis, del53% in Larino e dell’81% a Venafro.Ed ecco perché l’utenza molisana malsopporta che si cedano quasi 4 mi-lioni di mc d’acqua ai pugliesi ed aicampani, pure perché la questione idri-ca in Puglia ha dell’incredibile a cau-

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Dal Biferno ai rubinetti dicasa, dai geologi airabdomanti, dalle pretesedella Puglia alla diversafatturazione dei consumi:tutto quello che avrestevoluto sapere sul ciclodell’acqua ma che nonavete osato chiedere.di Claudio de Luca

di Claudio de Luca

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L’ACQUA PERDUTA

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sa dei tanti vizi gestionali. A questopunto viene da pensare a possibili fon-ti di approvvigionamento alternative.Gli esperti dicono che ciò possa es-sere possibile almeno in Molise. Ba-sti pensare alle acque “carsiche”, pre-senti nel cuore del massiccio mate-sino, dove se ne perdono milioni dimetri cubi. Sarebbe fantascientificoprevedere di giungere a valutare la fat-tibilità dell’utilizzo di un tesoro na-scosto così rilevante? Non riuscireb-be più che opportuno sollecitare l’af-fidamento ai geologi per reperirequeste risorse nel sottosuolo?

Geologia e rabdomanzia. E se il “Go-vernatore” ritenesse caro l’utilizzo diquesti professionisti, il suggerimentosarebbe quello di affidarsi alla rab-domanzia. Questa pratica viene lar-gamente utilizzata in America, in Ca-nada ed in Russia dove molte Com-pagnie se ne servono quando voglionodotare di riserve i nuovi stabilimenti.Ed i rabdomanti non solo ritrovano fiu-mi sotterranei quando riescono purea precisarne la profondità ed il gradodi purezza. In Italia, sono stati censitiun centinaio di rabdomanti, di cui 5in Molise (ed uno a Larino). Il mestiereè antico per essere stato inauguratotre secoli fa dagli abati francesi Bau-li e Mermet. Nell’estate del 2009, taleOrazio Barrui ne ha scoperto una peril Comune di Arzana in Sardegna. Magli esperti della Confagricoltura con-sigliano di non spendere tempo, ener-gia e soldi con pratiche qualificate “im-probabili”, ma di rivolgersi ai geologi.Ebbene, il rabdomante trentino LuigiCantonati sostiene che, oltre i 60–70metri di profondità, questi ultimi nonpotrebbero sostenere la “concorren-za” di una persona ipersensibile cheè in grado di percepire liquidi pure ol-tre i 100, stabilendo bene spessol’esatta profondità della falda. A suf-fragio di tale verità, i tecnici diun’azienda di Capriolo (BS), affidan-dosi ai legnetti vibranti, hanno potu-to scavare un pozzo di 102 metri. Per-sino in Germania si fidano, e stima-no che questi soggetti abbiano suc-cesso 96 volte su 100.

La situazione idrica della Puglia. Pri-ma di chiedere l’acqua al Molise, laRegione Puglia dovrebbe rimboccarsile maniche per far lievitare le proprierisorse. Occorre predisporre pianiper il recupero delle perdite, per co-struire dissalatori e per completare l’in-terconnessione del sistema idrico. Ivicini gestiscono 2mila dipendenti,

10mila operatori e lavoratori nell’in-dotto, 800miliardi di fatturato. Tuttoquesto concreta il più grande acque-dotto d’Europa che, partendo dal-l’Avellinese, ingabbia il fiume Sele,mentre in Basilicata un’altra condot-ta incanala l’invaso del Pertusillo e sene porta a casa le acque. Nel 1999,il Ministero del Tesoro (che ne è il pro-prietario) decise di cederlo all’Enel incambio di mille miliardi, del risana-mento dei debiti (altri 500) e di inve-stimenti per 5.700 in quattro anni. LaRegione parlò di “scippo”, e si opposecon successo; ma, la verità era chenon aveva piacere di veder finire inmano allo Stato un’azienda che, in pe-riodo elettorale, serviva (e serve) adassumere localmente centinaia dipersone. Perciò, bene si comprendeperché il grande giornalista Mario Mis-siroli ebbe a definire quell’acquedot-to un’opera che “da quando esiste, hadato più da mangiare che da bere“.

La situazione del Molise. In un re-cente convegno, tenutosi sulla costa,è stato detto che l’acqua molisana èun bene prezioso da gestire molto ocu-latamente. Ciò perché una sua cor-retta amministrazione presupponenon soltanto la tutela degli interessidi chi con questo elemento lavora (in-dustrie ed agricoltori) quand’anche diquelli quotidiani del cittadino comune.Però, oltre all’esigenza di una correttagestione, occorrerebbe pure atteg-giarsi intelligentemente nei consumi.Stefano Sabatini, Presidente di Moli-se acque, prevede che, nel giro di unanno, l’acquedotto possa giungerepure sulla costa, cosicché l’acqua nondovrà più transitare attraverso l’im-pianto di depurazione della diga diGuardialfiera bensì, dalla sorgente, fi-nire direttamente nelle case. Ma per-marrebbero: il problema degli allacciabusivi ai serbatoi comunali duranteil periodo estivo, quando i consumi lie-vitano esponenzialmente; il disagioprovocato dalle perdite nelle reti co-munali; il fatto che molti utilizzino l’ac-qua potabile per irrigare. Un dato mol-to confortante: in media, la spesa deimolisani per i consumi idrici è di150euro per famiglia (su base annua)contro i 1.500-2.000 euro dei francesi.

Come e perché variano le tariffe. Nel2008, la spesa media mensile di unafamiglia italiana di tre persone si è at-testata intorno ai 18euro. A livello ter-ritoriale, il record per il costo più ele-vato se l’è aggiudicato Agrigento(spesa annua di 440 euro), seguita da

Arezzo (410) e da Pesaro e da Urbi-no (409); diversamente i costi più con-tenuti sono stati quelli sopportati daMilano (103 euro), Treviso e Isernia(108 e 109 euro). Altro capitolo do-lente è quello degli impianti di fo-gnatura e di depurazione, di cui sa-rebbe privo (rispettivamente) il 15 eil 30% del Paese. A fronte di una retetotale di 337.452 chilometri di ac-quedotti, il servizio di fognatura (com-plesso infrastrutturale di circa 165milachilometri) coprirebbe soltanto l’84,7%della popolazione. Detta quota scen-de al 70% per quanto riguarda i si-stemi di depurazione. A livello regio-nale, quest’ultimo capitolo vede la Si-cilia maglia nera (con una coperturadel 53,9%), seguita da Toscana(62,7%), Campania (67%) e Sardegna(68%). Quanto alla rete fognaria, le si-tuazioni più critiche riguardano Sar-degna e Liguria (entrambe 75%), Um-bria (77,1%) e Veneto (78,1%).

La Privatizzazione. Negli ultimi tem-pi si parla tanto di acqua anche in Mo-lise, ma soprattutto si discetta dellaprivatizzazione della risorsa. Il sistemaidrico nazionale è quello che è: quan-titativi sprecati (3-4mila miliardi di me-tri cubi ed il 50% in alcune zone delPaese, con un danno di 6miliardi dieuro) ma soprattutto una gestionecomplessiva poco lungimirante dallarete ai depuratori sino agli impianti dipotabilizzazione. Perciò bene si com-prende perché la prima conseguenzanegativa finisca con il riverberarsisull’importo della fattura, peraltrooneràto da balzelli palesi ed occulti.Sorge spontanea una domanda: per-ché i detentori del sistema delle for-niture non vogliono attuare la sepa-razione tra chi dispone delle infra-strutture e pianifica gli investimenti echi – nei fatti – detiene la gestione del-l’intero sistema? Sulla cosiddetta“privatizzazione” v’è chi conduce,pure a livello molisano, una battagliapolitica, sostenendo che essa non por-terebbe ad alcunché di buono. Se-condo una stima largamente accettata,l’intera filiera varrebbe 10 miliardi l’an-no tra rete da potenziare, conservaree riparare e gestione vera e propria, in-tendendo per quest’ultima la condu-zione, la fatturazione, il call center, gliallacci e l’assistenza. Oggi tutto que-sto si ritrova ad essere nelle mani dipochi soggetti di vario colore politico.Althesys ha certificato che, ove si in-vestissero 20 miliardi (4,2 per i ma-teriali e 15,6 per l’installazione di ac-

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quedotti, di fognature e di impianti didepurazione), sarebbe possibile ri-sparmiarne 130 nel giro di un quartodi secolo. Secondo i contenuti diquesto studio, occorrerebbero 51milachilometri di nuove reti (30mila di ac-quedotti e 21mila di fognature) e170mila da riparare e da rifare, di cui125mila esclusivamente di acque-dotti. Ne consegue che, con un costocalcolato in 127mila euro/km, il si-stema potrebbe riallinearsi ai parametriUe e, in 25 anni, l’utenza potrebbe be-neficiare di 130 miliardi, senza con-siderare il venir meno dei costi di ma-nutenzione e degli impatti ambienta-li. Se tutto questo fosse vero, qualisono i motivi per cui gli attuali gesto-ri non investono, benché la situazionesia sull’orlo del collasso? Il problemaè politico e trae origine da un sistemadi potere che si oppone da un quin-dicennio alla legge Galli, disatten-dendone in larga parte i precetti. Lacitata normativa prevede: la gestione(diretta ed in economia) del servizio idri-co, da parte dei Comuni, attraverso lemunicipalizzate pubbliche, ed a fron-te di oltre 8mila soggetti gestori; la co-stituzione di Ambiti territoriali ottima-li (Ato) per macroaree territoriali, suf-ficientemente grandi da poter opera-re con interventi di manutenzione e diristrutturazione, in economia di scala,su di un numero di abitanti consistente(più o meno 3 milioni) e senza inciderenegativamente sulla fatturazione del-la prestazione; l’obbligo di affidare lagestione del servizio ad un unicosoggetto per ogni Ato, attraverso unaregolare procedura di gara. Purtroppo,la soluzione all’italiana, utilizzata datante amministrazioni periferiche e dal-la maggioranza di Governo datata1995-2001, ne ha disinnescato ipossibili benefici. Cosicché gli Ato sonostati spalmati sui territori di ciascunaprovincia italiana, ma non su basi re-gionali. Per ciò stesso, essi hanno su-perato il centinaio, sino ad avere ac-quisito ciascuno un numero di clienti(350mila) insufficiente a program-mare gli investimenti necessari. Que-sto sistema ha portato ai risultati re-gistrati dalla KPMG, secondo cui – sudi un campione pari a oltre il 25% del-la rete idrica - le criticità sarebbero ve-ramente tante, sintetizzabili in una spe-requazione tra costi operativi (che ar-riva fino all’88%) ed in un prelievo inbolletta per investimenti pianificati –ma non realizzati – inferiore pureall’82% del fabbisogno reale. È stata

registrata una perdita di rete del 53%(acquedotto pugliese e condotte mo-lisane) contro una media nazionale del30%. Insomma, un vero e proprio af-fronto inferto alla buona gestione, inispecie se riferita alla media Ue deiPaesi più avanzati (che oscilla tra il 15ed il 20%).

La diversità dei costi. Le conse-guenza di una amministrazione cosìfallimentare ha finito con il ripercuo-tersi sui costi; e, a parità di tariffe edi costi di gestione, l’Ato di Bacchi-glione (140 comuni del Padovano, delVeneziano e del Vicentino) investe mol-to più dell’Ato unico della Sardegna,mentre l’Acquedotto pugliese imponetariffe superiori del 52% a quella del-l’Ato Roma 2 a parità di numero diutenti e con una percentuale d’inve-stimento molto più bassa. SecondoKPMG, per rimettere le cose a postoservirebbero 55 miliardi. Senza di que-sta importante somma, le bollette nondiminuiranno e la rete finirà in pezziancor più di quanto non lo sia già men-tre i costi reali lieviteranno a secon-da delle convergenze politiche locali.Ad aggravare ulteriormente il quadroeconomico, c’è il conflitto tra gli Atoe le ex-municipalizzate, che spesso siscambiano i manager e che, in ispre-gio alla normativa italiana ed al dirit-to comunitario, affidano le reti in ge-stione senza avere effettuato gare re-golari. Da questa abnorme situazionevengono favorite le municipalizzate cuiè stato consentito di fare shopping inBorsa, tramite fusioni ed acquisizio-ni. Queste si vedono garantire una ren-dita di posizione in virtù della possi-bilità di trasformarsi in spa, fruendodi benefici fiscali e della possibilità diquotarsi. In tal modo riescono a por-tare sul mercato pure la “dote” con-cretatasi con l’acquisizione degli ac-quedotti e delle fognature; e ciò ben-ché si tratti di beni demaniali che nonpotrebbero – se non indebitamente -ingrossare il portafoglio di un soggettogiuridico una volta pubblico.

Tre firme per ribadire:fuori l’acqua dal mer-cato! Fuori i profitti dal-l’acqua!

Depositati in Cassazione iquesiti referendari per l’acquapubblica

Il 31 marzo sono stati depositatipresso la Corte di Cassazione iquesiti per i tre referendum chechiedono l’abrogazione di tutte lenorme che hanno aperto le portedella gestione dell’acqua ai priva-ti e fatto della risorsa bene comuneper eccellenza una merce. La rac-colta delle 500mila firme neces-sarie per l’ammissione dei refe-rendum inizierà nel fine settimanadel 24-25 aprile, una data simbo-lo per quella che il Forum dei Mo-vimenti per l’Acqua intende comela Liberazione dell’acqua dalle lo-giche di profitto. Secondo padreAlex Zanotelli chi pagherebbe di piùdalla privatizzazione dell’acquasarebbero i poveri, “la nostra vit-toria servirà non solo nel panora-ma italiano ma darà anche unascossa all’Unione Europea. SeParigi ha ripubblicizzato l’acqua, senelle Costituzioni di Bolivia e Uru-guay l’acqua è definito bene co-mune non mercificabile, possiamofarcela anche noi”.

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DETTI E CONTRADDETTI

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“Preferisco non entrare nelmerito di alcune dellequestioni perché non amo

i magistrati che fanno politica. Lo dicosinceramente. È una delle cose che micrea enorme imbarazzo. Ho l’impres-sione che ci stanno più magistrati inParlamento di quanti ce ne stanno nel-le aule giudiziarie. Ed è una moda chefrancamente non mi trova molto con-senziente. Ho accettato il cortese in-vito dell’autore (de Il Regno del Moli-se, Vinicio D’Ambrosio, ndr.) perché tut-to ciò che movimenta la sensibilità so-ciale mi trova, indipendentementedal colore politico, quando il cittadinoprende coscienza dei suo diritti e del-le sue situazioni credo che sia l’uni-co strumento vero che può cambiarequalcosa. La situazione del Molise èla situazione dell’Italia. La logica del po-tere è uguale dappertutto. Chi tiene ilpotere tende a farne l’uso che vuole echi non tiene il potere deve subire leregole. […]. Non credo più nelle in-chieste giudiziarie e nemmeno nelle de-nunzie. Perché ormai, e credo che que-sto sia palese, arrivano pacchi di de-nunzie, però alla fine la logica di ge-stione della cosa pubblica rimane im-mutata. […]. Credo che sia giunto ilmomento, al di là degli schieramentipolitici, di avere una sensibilità sociale.E questo è il motivo per cui sto qui.Voglio mantenermi lontano dalla po-litica. Sono arrivato a 75anni rima-nendo pulito, almeno credo, sino ad oranessuno ha potuto dire un cavolo. Iovoglio stare fuori dalla politica. Però ilterreno su cui, mi auguro sentitamente,possa avvenire un cambiamento è lapresa di coscienza della società civi-le. Anche perché ho accumulato tan-te di quelle frustrazioni che stavo perchiudere e non volevo più sentire par-lare di diritto, perché per quanto mi siasforzato non ho mai incontrato la giu-stizia. Spero che esiste Dio perché senon ci sta manco quella divina è unafregatura completa. Credo che peròuna società civile possa prendere inmano le cose. Avevo cercato di orga-

nizzare un convegno alcuni anni fa, cir-ca 14anni fa. Poi ho capito che la cosasi prestava a speculazioni politiche emi sono ritirato sotto la tenda, perchéritengo che i magistrati non possonofare due mestieri. Già lo fanno male.Immaginate quando fanno anche al-tri mestieri. Dove casca l’asino è nel-la gestione del denaro del pubblico.Scusate la battuta da caserma. La ge-stione del denaro pubblico mi sembraquelle belle frasi che, quando aveva-mo vent’anni, sussurravamo alle bel-le ragazze ma poi pensavamo a tut-t’altre cose. Così avviene con il denaropubblico. Tutti vogliono gestire il potereper il bene pubblico, però alla fine,guarda caso, rimane sempre qualchesoldo che scivola da qualche parte. Inuno Stato moderno quello che è de-terminante è la gestione del denaropubblico. Non ci stanno santi. A par-te il fatto che le ideologie sono uffi-cialmente morte, perché a questo pun-to è un’ammucchiata dove non riescopiù a distinguere rosso, bianco onero. Ormai credo che sia tutta una bel-la ammucchiata di potere. L’Ammini-strazione è determinante nella ge-stione del potere. Perché è quella chedà il danaro. C’è stato, e questo è unaltro episodio bellissimo tipico italia-no, una bella trovata. Il ministro Bas-sanini decise, bontà sua, che la poli-tica e l’amministrazione dovevanoessere separati. Il politico faceva lastrategia dell’amministrazione e poic’era un dirigente che aveva la re-sponsabilità della gestione degli attiamministrativi e quindi anche degli attidi spesa. Questo emerito signoredopo essersi inventato la separazio-ne a un certo punto ha fatto una pic-cola cosa: lo spoil sistem. Chi ha il po-tere politico nomina il direttore gene-rale. Quindi politico che arriva, direttoregenerale che arriva, dirigente che ar-riva. Questo che cosa significa? Sic-come in base a questo spoil sistemadesso ai dirigenti il contratto glielo fail politico. Allora, signori miei, se tuttiquanti noi abbiamo la contezza dei bi-

lanci familiari capite benissimo che seil ministro dice al futuro direttore ge-nerale “la sera vieni a casa a lavare ipiatti” quello ha due alternative: o sicontenta dell’uovo sodo la sera comecena oppure va a lavare i piatti al mi-nistro. Questo è lo spoil sistem, dovechi è stato spogliato è la società civile.[…].

Giuseppe GRASSO, capo Procura regionale del-la Corte dei Conti, presentazione de Il Regno delMolise, Isernia, 27 febbraio 2010

Il direttore generale Autorità di Ge-stione del PSR 2007-2013 … DE-TERMINA … di istituire la Com-

missione di valutazione ai fini del-l’espletamento di tutte le procedureper l’affidamento del servizio di As-sistenza Tecnica e Gestionale delProgramma di Sviluppo Rurale della Re-gione Molise 2007/2013, così com-posta: Giuseppe Grasso (presidente),Antonio Francioni direttore D.G. III –AdG PSR (Componente), Domenico Vi-tale (componente), Nicola Pavone Di-rigente Servizio Supporto al PSR (se-gretario).

(Regione Molise, Direzione Generale III, de-terminazione del direttore regionale n.81 del 12marzo 2010, l’Autorità di Gestione dott. Anto-nio Francioni)

Un altro imbarazzante passag-gio dalla Magistratura agli af-fari della politica regionale.

Dopo il caso dell’ex presidente dellaCorte d’Appello di Campobasso, NicolaPassarelli, adesso è il turno di un al-tro magistrato in pensione. GiuseppeGrasso, ex Procuratore della sezionemolisana della Corte dei Conti, oggi inpensione, è stato nominato presidentedella commissione che valuterà gli esi-ti della gara per l’affi damento del Ser-vizio di Assistenza Tecnica e Gestio-nale del Programma di Sviluppo Ruraledel Molise 2007/2013. Entrambe lenomine, sia quella di Passarelli che diGrasso, sono perfettamente legittimema sotto il profilo politico appaionoinopportune.

(Nuovo Molise, sabato 10 aprile 2010)

DALLA CORTE DEI CONTI ALLA COMMISSIONEGiuseppe Grasso: “Vogliostare fuori dalla politica”

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SCUOLA PUBBLICA

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La diffusione dei dati sulle in-sufficienze in condotta e nellealtre materie relative al primo

quadrimestre di quest’anno scolasticoraccolti nell’80% delle scuole secon-darie italiane di primo e secondo gra-do presenta risultati preccupanti suiquali non possiamo rifugiarci, come hafatto la Gelmini, in dichiarazioni tele-visive da ottimismo di circostanza qua-li “è una scuola che torna a pensareche sia fondamentale anche la valu-tazione del comportamento” oppure“le insufficienze possono essere tran-quillamente recuperate prima dellafine dell’anno”. Gli studenti con un “5”in condotta nella prima parte dell’annosono 63.525 e risultano undicimila inpiù rispetto al 2009, localizzati pre-valentemente nelle regioni meridionali.Nella scuola media gli indisciplinativanno dai 5.014 della prima ai 6.187della terza, mentre nelle superiori sipassa dai 16.347 del primo anno agli8.950 dell’ultimo. Il 76% degli allie-vi presenta in pagella insufficienze indiscipline quali matematica, ingle-se, seconda lingua straniera ed ita-liano. Se a questi aggiungiamo gli ele-menti emersi dalle indagini condottenegli ultimi anni e quelli presenti in ta-luni volumi di recente pubblicazione,il quadro sul funzionamento dellascuola italiana si fa preoccupante. Lacomprensione di un telegiornale, adesempio, avviene con grande difficol-tà all’incirca per l’80% degli spettatoriin possesso del diploma di licenza me-dia ed addirittura, secondo un’indaginecondotta da economisti di diverse uni-versità del mondo, non più del 20%della popolazione italiana possiede leabilità fondamentali per orientarsinella società quali quelle di lettura,scrittura e calcolo. La dispersione

scolastica, ovunque molto alta, va dal41% della Sardegna al 22% dell’Um-bria e del Molise e, volendo essere piùprecisi, su 1.000 bambini che si iscri-vono alla prima elementare, solo 171arrivano alla laurea e cioè l’8,8% del-la popolazione italiana a fronte di unamedia Ocse del 15%. Il fenomeno delbullismo, inoltre, è la testimonianza piùeclatante del fallimento di tanti Istitutiche non riescono a venirne a capo. Sespostiamo la nostra osservazionesul mondo universitario, notiamo che,pur avendo sul territorio ben novan-tatré sedi, nella graduatoria tra le pri-me quattrocento università al mondotroviamo solo quella di Bologna al173° posto e nessuna riesce ad at-trarre studenti stranieri se non per lo0,1% degli iscritti. Eppure per lascuola italiana spendiamo il 3,5% delPil, che, anche se destinato purtrop-po nella quasi totalità per le spese digestione più che per l’organizzazionedell’istruzione, é in linea con la me-dia Ocse, ma non appare molto ra-zionale se è vero che siamo capaci dispendere quattro miliardi di euro per167mila collaboratori scolastici, ovveroin media un bidello ogni due classi.Tra l’altro abbiamo un rapporto tra do-centi ed alunni che è di 9 a 100 con-tro 7 a 100 della media Ocse.

I TENTATIVI DI RIFORMA. Nel corsodegli ultimi 40anni non c’è stato Mi-nistro che non si sia cimentato conun tentativo di cambiamento dellascuola italiana, ma, se escludiamol’obbligo scolastico per tutti, l’auto-nomia degli Istituti ed il tempo pieno,già in fase di ridimensionamento, ilsistema scolastico sembra ancora fer-mo alla riforma Gentile. La scuola ele-mentare pare ottenere da anni risul-tati abbastanza soddisfacenti, men-

tre quella secondaria, soprattutto diprimo grado, richiede innovazioni so-stanziose sul piano metodologico econtenutistico che purtroppo nonsono mai arrivate, né s’intravedonoall’orizzonte. I recenti tentativi del go-verno obbediscono unicamente a ri-sparmi di spesa in un periodo in cui,al contrario, bisognerebbe incentivarecultura e ricerca; ecco allora le in-voluzioni didattiche nella scuola ele-mentare, il ridimensionamento deltempo scuola nella media con la pos-sibilità di creare pluriclassi, la liqui-dazione di tutte le sperimentazioni dalbasso ed i nuovi regolamenti per lesuperiori che, se vedono una certamodernizzazione, sia pure ancoraconfusa, degli istituti tecnici e l’eli-minazione della qualifica triennale nei

di Umberto Berardo

La grave situazionedella Scuola italianaPopper ha scritto che la sapienza di un essere umano consiste nella capacità di usciredall’ignoranza per acquisire quanta più conoscenza è possibile, perché la cultura è l’unica adarci teorie, metodi ed idee per risolvere i problemi e vivere in maniera accettabile. Rendersicoscienti di questa importante funzione della scuola ed operare perché essa diventi reale èquanto di meglio possiamo fare.

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SCUOLA PUBBLICA

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professionali, che sono sempre piùschiacciati quindi dai primi, non fan-no intravedere neppure l’ombra di unaformazione moderna nei licei, dove so-stanzialmente si propone un restylingdi pura facciata fondato sull’esalta-zione dell’inglese, la retorica della di-dattica laboratoriale, l’insegnamentodi una materia in lingua straniera edil latino come elemento identitario inquattro indirizzi su sei. I licei resta-no, per così dire, ibridi, mentre sa-rebbe stato necessario rivederne i cur-ricula con l’inserimento ad esempiodi scienze sociali, quali diritto ed eco-nomia, previste solo per l’indirizzo discienze umane. Tutti oggi, sia pure daposizioni ideologiche e politiche di-verse, sottolineano l’inefficienza delsistema scolastico italiano. La scuo-

la nel nostro Paese, oltre a non ga-rantire livelli culturali adeguati, non èriuscita a ridurre in maniera accet-tabile le disuguaglianze sociali. Ha pre-ferito promuovere abilità piuttosto checapacità, ha scelto di trasmettere unsapere già dato invece che promuo-vere ricerca e confronto critico. Nonè stata capace di produrre cultura eformazione, né lo è tuttora. Sui graviproblemi dell’edilizia scolastica nonc’è da dilungarsi. Occorre sottolineareche la situazione di sicurezza degli edi-fici ha una condizione di precarietà im-pressionante.

LE PROSPETTIVE. Se lo stato di ef-ficienza della scuola italiana è quel-lo delineato, abbiamo la necessità dioccuparci delle prospettive da indivi-duare per renderla capace di una for-mazione ottimale per i cittadini. Su-perare la debolezza politica nell’indi-viduazione di innovazioni utili ed il si-lenzio assordante degli operatori cul-turali e dei genitori, provare a defini-re e proporre riforme dal basso perconfrontare le ipotesi e costruireidee è l’unica strada praticabile per co-struire un sistema formativo in gradodi guardare al futuro. Qualora sapre-mo studiare e confrontare concezio-ni pedagogiche e didattiche e guardareanche a realizzazioni in itinere altro-ve, forse riusciremo a pensare in li-bertà per immaginare una scuola di-namica e funzionale. Sulla riorganiz-zazione della rete scolastica sul terri-torio del Molise, per la quale anche re-centemente il tavolo tecnico convocatodall’assessore regionale Di Sandro nonha fatto altro che prendere tempo el’ufficio di presidenza della giunta re-gionale continua a diffondere pro-messe fatte finora di sole parole in li-bertà, abbiamo elaborato, organizza-

ti in un gruppo di studio, una propostapresentata su il Ponte (primavera2009) che ci auguriamo possa con-tribuire a definire una legge regiona-le sull’istruzione per gestire in manieraottimale il sistema formativo, di cuisperiamo che nel frattempo si defini-scano a livello nazionale i livelli es-senziali delle prestazioni. È chiaro achiunque che la scuola italiana soffredi un’organizzazione poco razionale edi una carenza atavica di fondi. È dun-que su questi assi portanti che bi-sogna intervenire. Riteniamo che bi-sogna investire adeguatamente sul-l’istruzione pubblica per dare uneguale diritto allo studio a tutti i cit-tadini, così come per assicurare plu-ralismo di idee, multiculturalità econfronto di posizioni sui modelli va-loriali ed esistenziali. La prima ope-razione da fare sul sistema scolasti-co è quella di riordinare i cicli sul pia-no metodologico, didattico e curricu-lare, collegandoli altresì vertical-mente. Esiste la necessità di eliminarei testi scolastici unici e di fondarel’istruzione sull’attività di ricerca e diconfronto con orari da definire auto-nomamente negli istituti sulla basedelle esigenze degli alunni e delle fa-miglie. La scuola deve ridare uno spa-zio importante all’educazione ad uncomportamento corretto, fondandolasulla disciplina come condivisione diregole e relazioni democraticamentestabilite e condivise. Non è mettendoin competizione le sedi scolastiche ole sezioni, che si può risolvere il pro-blema dell’efficienza dell’insegna-mento, ma creando le condizioni per-ché tutto il personale sia inserito nelsistema per merito e messo nelle con-dizioni di conservare grande profes-sionalità in tutto il corso della carriera.La qualificazione e l’impegno dei do-centi può passare, comunque, solo seci sarà anche un riconoscimento eco-nomico adeguato al valore degli stes-si, che non può essere quello degli at-tuali parametri offerti dallo Stato. KarlPopper ha scritto che la sapienza di unessere umano consiste nella capaci-tà di uscire dall’ignoranza per acqui-sire quanta più conoscenza è possibile,perché la cultura è l’unica a darci teo-rie, metodi ed idee per risolvere i pro-blemi e vivere in maniera accettabile.Rendersi coscienti di questa impor-tante funzione della scuola ed operareperché essa diventi reale è quanto dimeglio possiamo fare.

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STORIA E ARCHEOLOGIA

L’insediamento ecclesiastico diSanta Maria di Canneto o delCanneto, come denuncia la

stessa denominazione, si collocanel paesaggio fluviale - un terreno unavolta palustre sulla riva destra del Tri-gno -, a poca distanza da Roccaviva-ra, nel medesimo ambito ove in etàromana era fiorente una grande villarustica, specializzata nella commer-cializzazione di vino ed olio. È un luo-go tra i più affascinanti del Molise: unalone di mistero circonda la fonda-zione, la storia, le stratificazioni ar-chitettoniche (ed anche le recenti ope-razioni di ripristino e di restauro) di tut-to il complesso che al principio ospi-tò degli eremiti e, successivamente,un monastero dei Benedettini. Inorigine, le prime notizie risalgono al706 d.C., la chiesa era molto più pic-cola e comprendeva un’unica aula; neltempo subì modifiche ed amplia-menti fino a raggiungere la confor-mazione definitiva nel XII secolo, in unclima di rinascita culturale ed eco-nomica, secondo i canoni dell’archi-tettura romanica. La pianta, me-diante cinque colonne a destra e quat-tro robusti pilastri e una colonna a si-nistra, si divide in tre navate termi-nanti in altrettanti absidi semicirco-lari. La facciata a doppio spiovente,con conci sagomati di diversa gran-dezza, viene caratterizzata, in alto, daun semplice, piccolo oculo, affianca-to da due protomi - mostri con ca-ratteri somatici resi appositamente in-decifrabili; quello a sinistra reca trale zampe la testa di un toro, l’altro adestra la testa di un animale non pre-cisabile - e, in basso, da un portale(realizzato con materiale di recupero,disposto in modo non regolare, difattiil complesso conventuale, come giàaccennato, sorse sul sito di una vil-la romana il cui funzionamento si pro-trasse a lungo, dal I al V secolo d.C.)

sormontato da una lu-netta decorata. In essasi collocano l’Agnellocrocifero, emblema diCristo sacrificato e ri-sorto, e un leone alato,altro emblema di Cri-sto, definito nell’Apo-calisse «leone dellacittà di Giuda» (per al-cuni studiosi, invece,questo mostro alato

La chiesadel Canneto

di Alessandro Cimmino

Santa Maria delCanneto - facciata

Absidi

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sarebbe l’immagine del male); sullosfondo tre teste umane, forse San Ca-sto (vescovo della vicina Trivento), SanPrimiano e San Firmiano, tre martiricristiani, e due teste di animali unadelle quali sembra raffigurare unbue. L’archivolto è decorato con untralcio ricco di grappoli d’uva, simbolodella vita eterna, mentre sulla baseun’iscrizione menziona l’abate Rai-naldo, rettore del monastero tra il1137 e il 1166, a cui si deve la co-struzione dell’edificio. Lungo tutti imuri esterni si possono osservare,disseminati qua e là, conci scolpiti conmotivi geometrici, vegetali, zoomorfi,databili tra il VII e il IX secolo oltre adiverse iscrizioni di epoca romana emedievale. La croce cerchiata innal-zata sulla cuspide del tetto è di re-cente fattura e poggia su una steledecorata con una grossa corolla dimargherita e, più in basso, con unacomposizione di foglie di quercia. L’in-terno presenta copertura a capriate(un tavolato in legno ha rimpiazzatole originarie canne alla fine dell’Ot-tocento); solo una parte della nava-ta destra, in corrispondenza del cam-panile, sostiene una volta a botte. Ilpavimento di mattoni venne sostituitocon l’attuale in pietra nel 1934. I ca-pitelli delle colonne sul lato destro sidifferenziano l’uno dall’altro: il primoè decorato con foglie, caulicoli e unaprotome umana, il secondo ha, al cen-tro, un piccolo rilievo circolare con sog-getto non decifrabile, il terzo mostrasu tre lati motivi vegetali e sull’altrouna protome animale tra foglie, il quar-to viene racchiuso da foglie angola-ri, il quinto, infine, è costituito dallabase di una colonna recuperata; tut-ti gli elementi sono resi in manieragrossolana e dimostrano che la strut-tura organica del capitello corinzio dacui sono, nella maggior parte dei casi,derivati non era più compresa. L’uni-ca colonna dell’altra fiancata ha ca-pitello liscio. Rilevante è il pulpito (lar-ghezza m 3,80 - altezza m 3,85) sullato sinistro della navata centrale, ca-ratterizzato da quattro colonne chesorreggono tre archi (l’ultimo, più am-pio e più alto, porta incisa, con ca-ratteri carolingi, la data 1223: «annodomini millesimo duecentesimo vi-gesimo tertio»); anche in questocaso le decorazioni dei capitelli sonodissimili (l’unico elemento in comu-

ne è l’astragalo a forma di corda): suuno viene rappresentato un animalefantastico, con due corpi ed una te-sta, che azzanna una figura umana,sugli altri tre sono scolpite trine e fo-glie ora rigide ora dai movimenti si-nuosi.

La parte superiore si suddivide insette piccole nicchie separate da co-lonnine; all’interno di ogni nicchia,tranne nella centrale che presenta unleggio e i resti degli artigli di un’aqui-la (simbolo dell’evangelista Giovanniche come il rapace ha vista acuta e,

STORIA E ARCHEOLOGIA

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Pianta della chiesa di Santa Maria del Canneto con la posizione, attuale e precedente,del pulpito e con i capitelli delle colonne

Lunetta del portale principale

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STORIA E ARCHEOLOGIA

ispirato da Dio, riesce sempre a ve-dere oltre), si trovano piccole sculturedi monaci in vari atteggiamenti di pre-ghiera e di lavoro: illustrano appun-to la regola benedettina dell’ora et la-bora. Le figure mostrano una buonapadronanza tecnica ma, anche se ani-mate da pathos, appaiono rigide, scar-samente caratterizzate nonostanteuna certa attenzione alla resa dei det-tagli. Bassorilievi e formelle com-pletano la composizione: sulla fron-te, subito dopo l’ultima nicchia di de-stra, si nota uno strano essere, undrago alato dotato di testa umanafemminile; sul fianco sinistro, al di sot-to di una lastra con un ricercato tral-cio di vite, un animale, su cui si in-nesta il busto di una figura umana (for-se una donna) che indossa un parti-colarissimo cappello a punta, afferrala coda di un altro animale con la te-sta di un uomo. Tutte le cornici(come pure il leggio) sono intagliatecon una fitta trama di motivi vegeta-li. L’opera, così come la vediamo oggi,è il risultato del lavoro di artisti vis-suti in epoche diverse oltre che delreimpiego di materiale scultoreo pro-veniente dallo spoglio di architetturepiù antiche. La pic-cola tribuna fino alprincipio degli anni’30 del Novecentoera collocata inun’altra posizione:a ridosso della pri-ma arcata della na-

vata di sinistra ossia dentro il pre-sbiterio, sul fianco dell’altare mag-giore, dove svolgeva, probabilmente,la funzione di ambone (adibita non allapredicazione ma alla lettura del Van-gelo). In quel periodo Don DuilioLemme - arciprete di Roccavivara dal1929 al 1962 - avviò, dopo un lungoabbandono, una serie di lavori di re-stauro e di ripristino che inclusero, tral’altro, anche lo spostamento della tri-buna. Molte di quelle operazioni,alla luce delle moderne teorie di re-stauro, sono inammissibili, ad esem-pio il rifacimento “stilistico” del pro-tiro aggettante, in seguito per fortu-na rimosso, del tutto lontano dalla ti-pologia dei protiri romanici nell’areadell’Italia meridionale. Tuttavia alcu-ni esperti, tra cui Franco Valente, ri-tengono che il pulpito, casualmenteo consapevolmente, sia stato ricol-locato proprio nella posizione in cuisi trovava nel 1223; in origine peròesso, forse, era stato concepito e rea-lizzato con un altro impianto compo-sitivo, con gli archi del prospetto tut-ti uguali. Ad avvalorare questa ipotesic’è la differenza di dimensioni - ancorapiù evidente in una foto scattata pri-

ma dello spostamen-to (1931) e pubblica-ta in un saggio di Mi-chele Galluppi del1941 - tra la parte in-feriore della strutturaportante, più lunga, equella superiore del

Torre campanaria

Santa Maria del Canneto - interno

Pulpito

�Pulpito - fianco sinistro�Pulpito (particolare del parapetto)

�Il pulpito in una foto del 1931

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STORIA E ARCHEOLOGIA

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parapetto, più corta, anche conside-rando il terminale angolare di destramancante (un piccolo fusto costitui-to da una serie di foglie sovrapposte,come si vede sul lato sinistro). Sul-la fronte dell’altare maggiore si puòosservare un bassorilievo - un paliottodatato tra VII e X secolo, uno dei po-chi motivi superstiti della chiesa pri-mitiva - che secondo alcuni studiosiraffigura l’Ultima Cena, secondo altriun banchetto tra monaci. La lastra, in-completa, presenta evidenti tracce dicalpestio poiché utilizzata a lungocome gradino dell’ingresso princi-pale. L’abside centrale in origine eraaffrescata e vi si apriva una monofora(simile a quelle delle due absidi la-terali); anziani del luogo ricordano cheil catino presentava un dipinto con uncielo stellato e una colomba in volo,più in basso una ghirlanda di fiori e,ai lati della monofora, una serie di fi-

gure di santi. Sul lato sinistro dellachiesa s’innalza la torre campanariaalta ben 25 metri (in origine era mol-to più bassa, l’aspetto attuale risaleal XIV secolo come testimonia la data1329 incisa su un concio). Ha pian-ta quadrata e struttura massiccia, in-gentilita appena da due piani di triforee dal coronamento con merli. Nellamuratura sono state inglobate, oltrea lapidi e frammenti scultorei di etàromana, le statue di due leoni dallecaratteristiche romanico-gotiche che,probabilmente, sorreggevano le co-lonne del protiro andato perduto(leoni stilofori). L’ampio parco che cir-conda il santuario accoglie tra i via-li: platani, tigli, pini, aceri, pioppi, ibi-schi, oleandri, arbusti di ogni generee in primavera si colora di rose, pri-mule, viole, gerani, belle di notte.

La natura si armonizza perfetta-mente con i manufatti umani. Quan-

do visiti questo posto ti accorgi di en-trare in uno spazio senza tempo, inuna sorta di oasi di pace, che infon-de un senso antico di serenità. Loscorso anno sono stati celebrati nel-la piccola chiesa del Canneto (riapertaal culto nel 1935) oltre settanta ma-trimoni. Molte coppie non erano mo-lisane né avevano legami con la re-gione, erano solo sotto l’influsso del-l’incantesimo del luogo.

Paliotto d’altare

PRECISAZIONE

Nel numero di novembre 2009 de il Ponte a pagina 8/9 (ru-brica “Ambiente e Territorio”, articolo di Fiora Luzzatto) è statopubblicato un servizio giornalistico che testimonia lo sviluppoedilizio di Isernia. In tale numero la rivista ha affrontato la si-tuazione edilizia nelle due province della Regione, dedicandoall’argomento la copertina del numero, con l’ottica delle po-litiche urbanistiche in termini generali, senza alcun riferi-mento a specifiche imprese o soggetti in particolare. Siprecisa che le singole frasi dell’articolo non sono diretta-mente correlate alle singole foto che figurano impaginatea fianco e che rappresentano una situazione generale. Setale servizio giornalistico ha generato equivoci ce ne scu-siamo con i lettori e con gli eventuali interessati.

In un momento storico in cui ci si interroga sul futuro dello svi-luppo urbanistico è fondamentale non dimenticare la tutela del territorio. Si

precisa, infine, che il nostro servizio giornalistico è coerente con una linea editoriale seguita intutti i numeri della rivista in attuazione del diritto costituzionale all’informazione dei cittadini.

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ASSOCIAZIONI

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Il gruppo241 Amnesty International diCampobasso, nell’intento di diffondere iprincipi della Dichiarazione Universaledei Diritti Umani del 1948 e consapevo-le dell’importanza dell’arte e della creativitàdei giovani come mezzi di trasmissione divalori quali il rispetto e la tolleranza tra gliesseri umani, organizza e indice il ConcorsoFotografico “FRAME THE HUMAN RIGHTS!”rivolto agli studenti delle Scuole Secondarie

di Secondo Grado della provincia di Cam-pobasso. Il tema del concorso è “Fotografai diritti umani”. Le opere artistiche in garadovranno approfondire i principi sanciti dal-la Dichiarazione Universale dei DirittiUmani, con particolare attenzione ai sin-goli diritti proclamati dai trenta articoli del-la Dichiarazione, ossia i diritti individuali,civili, politici, economici, sociali e culturalidi ogni persona. L’obiettivo di tale inizia-

tiva è quello di sensibilizzare i ragazzi aitemi trattati dalla Dichiarazione oltre cheinvitare l’opinione pubblica a riflettere sul-l’importanza dei diritti umani attraverso “losguardo” dei giovani. Le iscrizioni al con-corso dovranno pervenire entro e non ol-tre il 14 maggio 2010 tramite posta elet-tronica. Invitiamo tutti gli interessati a con-tattare l’indirizzo [email protected] perqualunque informazione.

di Marianna Cocca

Lo sguardo deigiovani sui diritti umani

REGOLAMENTO CONCORSOArt. 1: Il gruppo Amnesty International 241 di Campobasso, nell’ intento di diffondere i principi della Dichiarazione Universale

dei Diritti Umani del 1948 e consapevole dell’ importanza dell’arte e della creatività dei giovani come mezzi di trasmissione divalori quali il rispetto e la tolleranza tra gli esseri umani, organizza e indice il Concorso Fotografico “FRAME THE HUMAN RIGHTS!”;Art. 2: Il tema del concorso è “Fotografa i diritti umani”. Le opere artistiche in gara dovranno approfondire il tema dei principi san-citi dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, con particolare attenzione ai singoli diritti proclamati dai trenta articoli dellaDichiarazione. Il testo della Dichiarazione Universale può essere scaricato al seguente link www.amnesty.it/dichiarazione-univer-sale-diritti-umani-uomo.html. Le opere in gara dovranno essere fotografie, in formato digitale; Art. 3: Il concorso è aperto agli stu-denti delle Scuole Secondarie di Secondo Grado della Provincia di Campobasso. Modalità di partecipazione. Art. 4: Le iscrizionial concorso dovranno pervenire entro e non oltre il 14 maggio 2010 tramite posta elettronica, all’indirizzo: [email protected]. Nell’oggetto dell’e-mail dovrà essere fatto chiaro riferimento al concorso “Frame the human rights”. Entro 24ore dall’invio dell’iscrizione si riceverà una mail di conferma; Art. 5: L’e-mail dovrà comprendere necessariamente, in allegato, lefoto in concorso. Ogni autore può partecipare con un massimo di tre foto, in bianco e nero o a colori, in tecnica digitale. Nel cor-po dell’e-mail dovranno essere indicati, pena l’esclusione dal concorso, i seguenti dati: nome, cognome, indirizzo, recapito tele-fonico, indirizzo e-mail, titoli delle foto. L’invio dell’e-mail è valido come dichiarazione di conoscenza e accettazione del regolamentoconcorsuale, con particolare riferimento alla responsabilità sull’originalità delle opera presentata. Inviando l’e-mail, il partecipantedichiara inoltre che i dati forniti sono veri e acconsente al loro trattamento (D. Lgs. 196/03) da parte degli organizzatori del con-corso. Selezione e premiazione. Art. 6: Modalità del concorso: Le votazioni da parte della Giuria avranno inizio il 15 maggio 2010.Non sarà oggetto di valutazione il materiale pervenuto oltre la mezzanotte di venerdì 14 maggio. La giuria sarà formata da attivi-sti del Gruppo Amnesty 241 di Campobasso, membri del Consorzio Zonacinque – fotografi associati di Campobasso ed altri sog-getti esperti nel campo artistico. La giuria terrà in considerazione, nella sua valutazione, l’attinenza delle opere ai principi propridi Amnesty International e al tema del concorso e la loro qualità artistica. I giudizi della Giuria sono inappellabili. A seguito dellavotazione verrà dichiarato un vincitore e, in base ai punteggi ricevuti, verrà stilata una classifica. Verranno premiati i primi 3 clas-sificati. La giuria si avvale della facoltà di allargare la rosa dei premiati nel caso in cui si convenga che l’opera abbia le caratteri-stiche per una menzione speciale. Art. 7: Premiazione. I premi messi in palio sono: Iscrizione ad Amnesty International + libro fo-tografico Amnesty + gadget Amnesty a scelta tra quelli del catalogo del gruppo Amnesty 241. Una pubblicazione Amnesty a scel-ta + gadget Amnesty a scelta tra quelli del catalogo del gruppo Amnesty 241. Un gadget Amnesty a scelta tra quelli del catalogodel gruppo Amnesty 241. Il giorno 20maggio verrà resa nota la classifica e verrà comunicata direttamente via mail ai partecipanti,agli indirizzi indicati sulla scheda di adesione. Ai vincitori verranno indicate le modalità per il ritiro dei premi. Successivamente,verrà organizzato un evento pubblico, al quale i partecipanti al concorso saranno invitati e durante il quale verranno esposte tut-te le foto in concorso. Accettazione. Art. 8: La partecipazione al concorso implica la totale accettazione del presente regolamen-to. I partecipanti al concorso esonerano l’organizzazione da qualsiasi responsabilità nei confronti di terzi che possano ritenersilesi dalla loro esibizione o da dichiarazioni false in merito alla paternità dell’opera. L’organizzazione declina ogni responsabilitàper danni, incidenti o quant’altro possa aver luogo prima, durante e dopo la manifestazione per fatti indipendenti dalla volontàdegli organizzatori stessi. Art. 9: È facoltà dell’organizzazione modificare lo svolgimento del concorso e il presente regolamentoqualora si verificassero cause indipendenti dalla volontà degli organizzatori stessi. Art. 10: È facoltà dell’organizzazione diffondereil concorso attraverso i mass-media e utilizzare immagini relative ai partecipanti e le loro opere, senza nulla dovere a questi ulti-mi a nessun titolo. Art. 11: L’organizzazione si impegna a selezionare le opere indipendentemente dalla provenienza culturale, ge-nere, orientamento sessuale dei partecipanti. Si assicura il rispetto del trattamento dati sensibili a norma del Decreto Legislati-vo 196/2003. Art. 12: Il gruppo Amnesty International 241 si riserva il diritto di utilizzare le foto pervenute per scopi divulgativie promozionali che non abbiano finalità di lucro, menzionando sempre il nome dell’autore. Tutte le opere candidate al concorsosaranno trattenute dal gruppo Amnesty International 241 per il successivo utilizzo, del quale si darà ampia comunicazione ai sog-getti interessati.

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Noi volontari abbiamo spessooccasione di ascoltare il rac-conto della vita negli ospeda-

li di Emergency, delle storie che in essisi incontrano, dalla voce di chi vi ha pre-stato direttamente la sua opera. Il 18marzo scorso abbiamo organizzatoun incontro ad Isernia con il dottor An-tonio Rainone, che ha raccontato la sualunga esperienza di lavoro con Emer-gency (tredici missioni in sette anni)come chirurgo generale, prevalente-mente in Afghanistan, ma anche in Sier-ra Leone e, in ultimo, in Cambogia pres-so il Centro di Emergency di Battam-bang, in una zona poverissima e for-temente colpita dalla presenza dimine. Il territorio cambogiano è uno deipiù densamente minati al mondo: il si-stema sanitario cambogiano risente an-cora dei passati conflitti e dell’elimi-nazione di medici e infermieri voluta dalregime di Pol Pot. La sospensione deiprogrammi di vaccinazione a partire da-gli anni settanta ha permesso la dif-fusione di malattie come poliomielitee tetano. Nel paese l’assistenza sa-nitaria pubblica non è gratuita: cibo, me-dicine e anche il sangue per un’even-tuale trasfusione devono essere pagatia parte. La spesa per l’assistenza sa-nitaria risulta quindi gravosa anche peruna famiglia media cambogiana, ne-gando, di fatto, il diritto alla cura. Dal1998 l’ospedale di Emergency, oltrealla chirurgia di guerra per le vittime del-le mine antiuomo, si è occupato di chi-rurgia d’urgenza, traumatologia, chi-rurgia ortopedica e ricostruttiva (per pa-zienti affetti da malformazioni come ilpiede torto o gli esiti della poliomieli-te) e chirurgica plastico-ricostruttiva (peril trattamento, ad esempio, di labbro

leporino e ustioni). Negli ultimi annil’ospedale ha assunto le caratteristi-che prevalentemente di un ospedaletraumatologico essendo per fortunasempre meno i feriti da mine, grazie adun’opera di sminamento efficace e allaconoscenza e delimitazione dei terri-tori minati. Diversa la situazione in Af-ghanistan. Qui le mine sono ovunque,sparse durante le vecchie guerre e quel-la in corso, che sembra ormai dimen-ticata. Antonio ha lavorato in tutti e tregli ospedali di Emergency, a Kabul, adAnabah nella valle del Panshjr e La-shkhar-gha, nella provincia pashtun diHelmand, oggi il centro dell’offensivaanti talebana. Non solo mine, in Af-ghanistan, ma pallottole come quellache ha attraversato l’omero della vit-tima più giovane, un neonato al suo pri-mo giorno di vita, ed incidenti dovuti alladura lotta per l’esistenza quotidiana.L’Afghanistan rappresenta l’esperien-za più dura anche per il personale sa-nitario, per la vita che si è costretti acondurvi, senza alcuna possibilità diuscire, di distrarsi e per il duro lavoroche attende il chirurgo, ore ed ore insala operatoria, specie in caso di“mass casualty”, quando arrivano nel-lo stesso momento un gran numero diferiti. Le immagini della Sierra Leonemostrano paesaggi di una bellezza ma-gica, spiagge e mare bellissimo, coloristraordinari che fanno a volte dimen-ticare una guerra lunghissima finita dapoco e i cui segni ancora permangono.Un paese bellissimo e poverissimo,quasi completamente privo di assi-stenza sanitaria nazionale: non esi-stono buone scuole di formazione néstrutture sanitarie in grado di rispon-dere adeguatamente ai bisogni di tut-

ta la popolazione, dove l’aspettativa divita è di circa 34/37 anni e la morta-lità infantile è tra le più alte del mon-do. In Sierra Leone, Rainone ha presoparte presso l’ospedale di Goderich an-che al programma di dilatazione en-doscopica esofagea a cui vengono sot-toposti i bambini che accidentalmen-te bevono la soda caustica con cui lemamme fanno il sapone. L’esofago inquesti casi può diventare sottile comeun ago da cucito, rendendo impossibileuna nutrizione adeguata. Il tratta-mento richiede molto tempo perchè im-plica dilatazioni progressive, successivenel tempo, e molta pazienza. Ogni in-tervento di dilatazione richiede l’ane-stesia generale e il programma duraanni, fino a quando il bambino non èdi nuovo in grado di ingerire cibi soli-di. L’ospedale di Emergency e’ ormaidiventato il centro di riferimento di tut-ta la Sierra Leone per questo tipo dipatologia. Antonio ci ha mostrato solofoto di protagonisti di storie a lieto fine,ci ha raccontato del suo lavoro consemplicità, senza enfasi, dicendo diaver fatto semplicemente quello cheera giusto fare, contribuire a salvare viteumane, distrutte dalla follia della guer-ra. Ci ha ricordato qualche cifra per fareraffronti, per indurre a qualche rifles-sione: tra il 2002 e il 2009 l’Italia haspeso quasi due miliardi di euro per fi-nanziare la missione in Afghanistan. Ilmantenimento dei tre ospedali diEmergency in Afghanistan e del Cen-tro di maternità di Anabah costerà cir-ca 5 milioni per il 2010. Dal pubblicointervenuto all’incontro sono venute do-mande sull’attività di Emergency e quel-la, inevitabile, su come sia possibile,dopo aver operato in queste realtà, tor-nare a lavorare negli ospedali italiani,le Aziende della salute, in un sistemain cui anche la salute è ormai merce.Antonio dice di aver risolto a modo suoquesta contraddizione, rinunciando, de-finitivamente, a rientrare a far parte delnostro sistema sanitario nazionale.

ASSOCIAZIONI

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Emergency, gruppo territoriale di Isernia

Una lungaesperienza conEmergencyIl 18 marzo scorso abbiamo organizzato un incontro ad Isernia con il dottorAntonio Rainone, che ha raccontato la sua lunga esperienza di lavoro conEmergency come chirurgo generale, prevalentemente in Afghanistan, maanche in Sierra Leone e, in ultimo, in Cambogia presso il Centro diEmergency di Battambang, in una zona poverissima e fortemente colpitadalla presenza di mine.

[email protected] 338.3342683www.emergencyisernia.splinder.com [email protected]

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ARTE

Entrare nello studio d’arte di Ni-cola Dusi a Colli al Volturno ècome addentrarsi in un luogo

atemporale riempito di arte e di ricor-di, una sorta di Wunderkammer dal-l’inconfondibile odore di antico dove sitrovano, quasi in simbiosi, oggettid’antiquariato, opere antiche e tele mo-derne. In un angolo, nella penombra,una scrivania stracoma di libri e pastelli,fogli sparsi e schizzi, prove di colore epiccoli bozzetti. Nato a Mantova nel1954, Dusi si forma presso l’IstitutoStatale d’Arte di Mantova e proseguegli studi all’Università di Parma, pres-so la facoltà di Storia dell’Arte, otte-nendo in seguito, negli anni ’90, l’iscri-zione all’Albo dei Periti ed Espertid’Arte.

L’ambiente mantovano di quegli anni,con influssi da Milano, dalle Biennali diVenezia, dall’Austria e dalla Francia, fudi certo un ambiente stimolante. Cosalo ha spinto verso la pratica pittorica ecosa ha segnato maggiormente la suaformazione artistica?

“Mantova a quel tempo era una cit-tà in fermento; da una parte si respi-

rava la tranquilla vita di provincia e dal-l’altra, invece, vi era un forte entusia-smo artistico con accenti di novità. Miopadre, Carlo Dusi, anch’egli affermatoartista, già dal dopoguerra con altri col-leghi aveva collaborato con la prima gal-leria del sindacato artisti. Si lavoravasul recupero del cubismo sintetico in-teso come scomposizione delle formee non dei piani, ma vi era anche un cer-to recupero del realismo in chiave so-cialista. Con lui, sin da piccolo, ho co-minciato ad appassionarmi di arte gi-rando per una miriade di mostre. Neglianni della mia giovinezza, invece, si co-minciavano a respirare i primi odori diavanguardia. Intorno al ’65 arrivano leprime novità della pop art americana eviene aperta un’importante gallerianella piazza centrale di Mantova. Era si-tuata in un’antichissima prigione me-dievale e si chiamava l’Inferriata. Dal-la piazza la gente poteva osservare leopere all’interno. Vi si esponeva pittu-ra, scultura, poesia visiva; si respiravaun’aria internazionale e i cataloghiche vi si stampavano erano sempre mol-to aggiornati”.

Suo padre Carlo è stato un importanteesponente del gruppo “Corrente”, pre-sente alla Biennale di Venezia del ’48,tra le più significative del dopoguerra,e alla Collettiva al salone delle Nazio-ni di Parigi nell’83; che rapporto vi eracon lui e quale stimoli e influenze, invece,ha ricevuto rispettivamente dall’Istitu-to Statale d’Arte e dall’Università?

“Mio padre è stato il mio primomaestro. Era una persona severa magiusta; odiava le persone che si van-tavano ed i vari nepotismi; non accet-tava compromessi e per questo fu an-che penalizzato. Quando da giovane miè capitato di esporre insieme a lui fi-guravo sempre come allievo e mai comefiglio, col nome d’arte di Nicola Gobetti.Qualche critico, suppongo, se ne fosseaccorto poiché, a livello figurativo, hosempre cercato di ispirarmi alle sue ri-cerche e adesso, più che prima, tentodi seguire le sue orme, in particolare ra-gionando sulla scomposizione dall’in-terno della figura umana, cercando an-che nuove soluzioni. L’istituto Statale,debbo dire, è stata un’esperienza de-terminante per la mia formazione arti-

NICOLA DUSI GOBETTI.Forma e inconscio.

di Tommaso Evangelista

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ARTE

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stica; molti dei docenti avevano espo-sto e esponevano alle Biennali ma inclasse erano dei perfetti accademici epuntavano molto sulla tecnica. Ricordocome ci facessero disegnare con pen-narelli al posto delle matite, appunto percorreggere ed evitare le incertezze.L’Università, infine, mi ha dato un so-lido bagaglio storico e teorico; vi inse-gnava il professore Arturo Quintavalle,tra i più grandi storici dell’arte italiani,e le sue lezioni erano interessantissi-me e aggiornate”.

Ha incominciato presto ad esporre.Che strada perseguivano le sue primericerche?

“Ho partecipato alla mia prima col-lettiva a 16 anni a Venezia, con un grup-po di artisti mantovani; ero il più gio-vane. La mia prima mostra personaleè stata nel 1974 alla galleria La Torredi Mantova mente nel 1978 sono sta-to premiato nella Sala della Stampa diMilano nell’ambito del prestigioso Con-corso Internazionale d’Arte Contem-poranea Torre d’Ansperto, con in giuriaSassu e Kodra. Riguardo ai miei inizi mirifacevo ad elementi e stilemi arcaici,che vagamente richiamavano icono-grafie delle popolazioni sudamericaneo certe trame delle stoffe andine.Realizzavo delle figure su tavole riciclate,

ad olio e smalto, quasi dei feticci pri-mitivi, oppure, in una sorta di elemen-tare pratica litografica, riportavo su unatela i colori che stendevo su un altrosupporto ottenendo un negativo dellelinee”.

Osservando questi primi lavori noto unforte ricorso alla geometrizzazione del-le forme ma anche un certo espres-sionismo che fa si che le immaginiemergano quasi da una sorta di in-conscio collettivo; nei lavori successivi,invece, si percepisce una maggior libertànel tratto e nella raffigurazione. Comesi è evoluto il suo stile?

“Il critico Benvenuto Guerra parlava,circa i miei primi lavori, del ripescaggiodegli archetipi che abbiamo nell’in-conscio in virtù di una sorta di istinti-va regressione. Successivamente ho co-minciato a distruggere la geometria re-cuperando, contemporaneamente, lamateria. Colpito dalla pittura america-na e dall’espressionismo astratto ho la-vorato con maggior libertà esecutiva te-nendo sempre ben presente la figuraumana, il corpo e la sua scomposizio-ne. Il segreto nell’arte, e lo diceva spes-so mio padre, non è dipingere ma sa-pere quando fermarsi. Naturalmente poiconta la padronanza della tecnica e del-la figurazione. Gli americani, dai quali

pur sono attratto, non hanno alle spal-le l’arte classica o il Rinascimento; laloro è un’arte vergine e ingenua. È im-pensabile invece per un artista europeofare a meno delle proprie origini, dellostratificarsi di stili e periodi. In futurovoglio continuare su questa linea di ri-cerca, tra materia, forma e sua scom-posizione”.

A proposito di origini quali artisti delpassato l’hanno colpita o ispirata e, con-temporaneamente, da quali artisti mo-derni ha tratto influenze e stimoli?

“Del passato ho sempre adorato l’ar-te veneta e la preponderanza dei valoritonali su quelli timbrici; mi riferisco inparticolare a Giorgione e Giovanni Bel-lini. Del ‘400 apprezzo la staticità del-le forme, la linea di contorno e il colo-re irreale in funzione esclusivamente dise stesso e non della figura, tutti valoriche si perderanno nel manierismo e sa-ranno riscoperti solo agli inizi del ‘900.Di moderni, invece, naturalmente amoPicasso, poiché la sua arte ha una ri-sposta per ogni problema formale e poiMirò e Klee, che stimo particolarmen-te. I suoi paesaggi sono paesaggi in-terni, dell’anima, oscuri e luminosi; epoi c’è l’astrattismo americano e ita-liano con Capogrossi e Vedova, consi-derato sempre un maestro”.

La discussione sarebbe ancora lun-ga e le domande ancora molte; ripen-sando ad un paio di libri usciti fuori dal-la nostra conversazione (Balzac eYung) posso affermare come l’arte diDusi si muova in perfetta armonia tramateria e inconscio, ricerca onirica e ri-cerca formale. Nel Capolavoro scono-sciuto di Balzac, il protagonista, Fren-hofer, impiega una vita a lavorare su unritratto il quale, una volta scoperto, mo-strerà solo una massa informe di ma-teria tanto l’artista era rimasto os-sessionato dalla ricerca del vero e diuna pittura incarnata. In Psicologia e Al-chimia, invece, Yung ha messo in luceil significato intrinseco del lavoro al-chemico come ricerca spirituale e il le-game tra alchimia e inconscio. Il pro-cesso figurativo di arrivo ad una formasignificante, allora, è come il processoalchemico che conduce dal mondomateriale, degli archetipi, alla coscienzadi sé”.

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