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Volume X N˚ 2/2018 in questo numero LA FARMACONUTRIZIONE DALLA FISIOPATOLOGIA ALLE APPLICAZIONI CLINICHE Latte materno e farmaconutrizione Dieta chetogena: oltre l’epilessia cosa c’è? Giornale di Gastroenterologia Epatologia e Nutrizione Pediatrica Organo ufficiale SIGENP B IOMEDIA editore www.giornalesigenp.it Quando la nutrizione diventa terapia Farmaconutrizione e immunonutrizione: il ruolo della nutrizione enterale Le diete FODMAPs La nutrizione personalizzata: dalle scienze “omiche” al singolo individuo La dieta priva di glutine

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Volume XN˚ 2/2018

in questo numero

LA FARMACONUTRIZIONE DALLA FISIOPATOLOGIA ALLE APPLICAZIONI CLINICHE

Latte materno e farmaconutrizione

Dieta chetogena: oltre l’epilessia cosa c’è?

Giornale di GastroenterologiaEpatologia e Nutrizione Pediatrica

Organo ufficiale SIGENP

BIOMEDIAeditorewww.giornalesigenp.it

Quando la nutrizione diventa terapia

Farmaconutrizione e immunonutrizione: il ruolo dellanutrizione enterale

Le diete FODMAPs

La nutrizione personalizzata: dalle scienze “omiche” alsingolo individuo

La dieta priva di glutine

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VOLUME X - N˚ 2/2018 - TRIMESTRALE

Giornale di GastroenterologiaEpatologia e Nutrizione PediatricaOrgano ufficiale SIGENP

CONSIGLIO DIRETTIVO SIGENP

Presidente Carlo Agostoni

Vice-PresidenteCostantino De Giacomo

SegretarioMaria Immacolata Spagnuolo

Tesoriere Marina Aloi

ConsiglieriMariella Baldassarre, Angelo Campanozzi, Mauro Cinquetti, Raffaele Iorio

Direttore ResponsabileRaffaella Agosta

Direttore EditorialeAntonella [email protected]

Assistenti di Redazione Anna Dilillo, Tommaso Alterio

Capo Redattore

Francesco CirilloCoordinatore della rubrica Pediatric Hepatology

Comitato di RedazioneSalvatore [email protected]

Mariella [email protected]

Barbara [email protected]

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Teresa [email protected]

Fortunata [email protected]

Antonio Di [email protected]

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EditoreBiomedia srlVia L. Temolo 4 - 20126 MilanoTel. 0245498282 - Fax 0245498199www.biomedia.net

Coordinamento EditorialeLucrezia [email protected]

RedazioneAndrea Biasin [email protected]. 0245498282

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AdvertisingLucrezia Monterisi, Elisa [email protected]. 0245498282

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SOMMARIO

EditorialeM. Diamanti

Quando la nutrizione diventa terapiaWhen nutrition becomes a therapeuticapproachA. Campanozzi

Latte materno e farmaconutrizioneBreast milk and PharmaconutritionM.E. Baldassarre, V. Rizzo

Farmaconutrizione e immunonutrizione:il ruolo della nutrizione enteralePharmaco nutrition and immunonutrition:the role of enteral nutrition M.I. Spagnuolo, N. Cecchi

La dieta priva di glutineGluten free dietV. Dominijanni, G. Naspi Catassi, C. Catassi

Le diete FODMAPsLow FODMAPs dietE. Scarpato, A. Staiano

La nutrizione personalizzata: dalle scienze“omiche” al singolo individuoPersonalized nutrition:from omic sciences to the personV. De Cosmi, C. Agostoni

Dieta chetogena: oltre l’epilessia cosa c’è?Ketogenic Diet:therapeutic option beyond epilepsyD. Elia, A.C. Campana, V. Russo,S.M. Bernabei, D. Marino, T. Capriati

REPORT E CONGRESSIIl Forum dei Giovani Ricercatori: edizione 2018M.E. Baldassarre, L. Stronati, S. Cucchiara

Long-term maintenance therapy with thelowest effective dose of viscous budesonidein pediatric eosinophilic esophagitisD. Volpe, S. Oliva, S. Cucchiara

Nutritional status in newly diagnosedinflammatory bowel disease children: aprospective, comparison, single centre studyM. Martinelli, E. Scarpato, C. Strisciuglio,M.R. Serra, E. Miele, A. Staiano

Hepatitis E in Italy: a silent presenceM.G. Clemente, P. Castiglia, R. Antonucci,K.B. Schwarz

Study of intestinal permeability inex-premature children with history ofintrauterine growth restriction and persistentheight and weight growth delayG. Margiotta, C. Russo, S. Filoni, S. Persichilli,J. Gervasoni, F. Scaldaferri, A. Gasbarrini,V. Giorgio

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COME SI DIVENTA SOCI DELLA SIGENP

L’iscrizione alla SIGENP come Socio è riservata ai medici e professionistidi estrazione non medica, che abbiano dimostrato interesse clinico o diricerca nel campo della gastroenterologia nutrizione ed epatologiapediatrica e che operano nelle varie strutture e settori di attività delServizio Sanitario Nazionale o in regime libero professionale ovvero conattività lavorativa nel settore che l’associazione rappresenta.Per assumere la qualifica di socio è necessario inviare una domandaindirizzata alla Segreteria dell’Associazione, corredata da curriculumprofessionale scientifico. Le domande di ammissione all’Associazionevengono vagliate dal Consiglio Direttivo che delibera sul loroaccoglimento a maggioranza semplice.In seguito ad accettazione della presente domanda da parte del ConsiglioDirettivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni perregolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP.

Soci ordinari e aderenti• € 50,00 quota associativa annuale SIGENP senza abbonamento DLD• € 90,00 quota associativa annuale SIGENP con abbonamento DLDSoci junior (età non superiore a 40 anni)• € 30,00 Quota associativa annuale SIGENP con DLD on-line

Per chi è interessato la scheda di iscrizione è disponibile sul portale SIGENP

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La Farmaconutrizione dalla Fisiopatologia alle

applicazioni cliniche

EDITORIALE

Carissimi Soci e Colleghi,

ho ricevuto quest’anno il grande onore di essere designata come Direttore Editoriale del Giornale SIGENP e diquesto ringrazio tutto il CD ed in modo particolare il Presidente Agostoni. Mi sento però di rivolgere un salutoparticolare ed un grande ringraziamento a Mariella Baldassarre, che mi ha preceduto in questo ruolo e che hasaputo tracciare una linea editoriale ed un network di rapporti umani di grande impatto e che continuerà afornire il proprio contributo come membro del comitato editoriale. Il mio obiettivo è di riuscire a diffonderemediante tale strumento ed in modo sempre più fedele e puntuale, le principali novità relativa alla ricerca inambito gastroenterologico, epatologico e nutrizionale. Con il comitato editoriale abbiamo ritenuto opportunointrodurre una rubrica denominata “La Gastroenterologia in tasca”, che si propone di pubblicare degli algoritmisemplici e pratici in grado di aiutare il clinico nell’interpretazione delle più comuni alterazioni laboratoristichein ambio di gastroenterologia, epatologia e nutrizione. Per “inaugurare” la mia attività ho voluto dedicare ilnumero monotematico alla farmaco-nutrizione. La farmaco-nutrizione rappresenta attualmente un grandecapitolo della nutrizione clinica che si occupa di comprendere la basi fisiopatologiche e tutte le possibiliimplicazioni cliniche della nutrizione con finalità farmacologiche. La farmaco-nutrizione rappresenta quindiuna risorsa importante in ambito clinico, soprattutto in età pediatrica, in cui essa può consentire di ridurrel’impiego di farmaci ad elevata tossicità e ad importante impatto sulla crescita. La trattazione dei singoliargomenti partirà dalle considerazioni fisiopatologiche che sono alla base della farmaco-nutrizione e più ingenerale della immuno-nutrizione fino alle singole applicazioni cliniche. Il numero monotematico viene apertoda Angelo Campanozzi che si sofferma sulle potenzialità della immuno-nutrizione e della farmaco-nutrizionenel modulare le risposte metaboliche ed infiammatorie innescate dalle patologie. A partire da tale contributo acarattere introduttivo, segue, secondo un ordine che tiene conto dell’età del potenziale impiego dei vari interventinutrizionali trattati, la trattazione da parte di Mariella Baldassarre, delle caratteristiche farmaco-nutrizionalidel latte materno. Imma Spagnuolo e Nicola Cecchi ci introducono poi nel mondo della nutrizione enterale, cherappresenta molto spesso la modalità di somministrazione anche delle diete chetogene, in bambini affetti daepilessia farmaco-resistente, come sottolinea Domenica Elia. Il numero si articola poi in tre ulteriori trattazioniche riguardano la gestione farmaco-nutrizionale delle patologie mediante la somministrazione di dietespecifiche per os. Il trattamento nutrizionale in tali casi può essere riservato a specifiche patologie: l’esempioclassico è rappresentato dall’uso della dieta priva di glutine nella malattia celiaca, come sottolinea VeraDominijanni. Talvolta la modulazione farmacologica effettuata mediante nutrienti somministrati per via oralepuò riguardare gruppi di patologie, come sottolineato da Annamaria Staiano che affronta le potenzialiapplicazioni delle diete a basso contenuto di FODMAPs nei disordini funzionali gastrointestinali. Infine ValentinaDe Cosmi si sofferma sulle potenzialità future della nutrizione personalizzata, “cucita” sulle caratteristiche deisingoli individui, in un’ottica di prevenzione e di terapia. Il numero si conclude quindi con il report relativo alForum dei Giovani Ricercatori SIGENP, curato da Mariella Baldassarre, Laura Stronati e Salvatore Cucchiara eche anche quest’anno ha visto molti giovani cimentarsi e destreggiarsi tra tutor più “attempati” su argomentimolto spesso innovativi e di elevata rilevanza scientifica.

Non mi resta che augurarvi una buona e proficua lettura!

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A CURA DI Antonella Diamanti

Quando la nutrizione diventa terapiaWhen nutrition becomes a therapeutic approach

56 GIORN GASTR EPATOL NUTR PED 2018;X:2

LE ORIGINI

Che la nutrizione possa avere un ruolo determinantenella promozione della salute, non è certo un concettorecente. “Fa’ che il cibo sia la tua medicina e la medicina sia il tuocibo” scriveva Ippocrate nel V° secolo a.C., individuandocosì nell’alimentazione una vera e propria dignitàterapeutica, in aggiunta al suo ruolo fondamentale peril metabolismo energetico e la crescita. A distanza dialcuni secoli, Galeno (II° secolo d.C.), nella sua opera“Sulla proprietà dei cibi”, non solo confermava il ruoloterapeutico dell’alimentazione, ma riconosceva - per laprima volta - il ruolo farmacologico (lassativo odiuretico) di alcune sostanze presenti negli alimenti,sottolineando l’importanza delle diverse modalità dicottura dei cibi per il mantenimento di tali effettiterapeutici. Più recentemente, arrivando alla medicinacontemporanea, destò incredulità il supposto ruoloterapeutico della nutrizione enterale (NE) in pazientiadulti affetti da malattia di Crohn. I primi dati furonopubblicati nel 1973 su una rivista chirurgica1, perchél’osservazione fu fatta in pazienti che, non rispondentialla terapia farmacologica, erano stati candidati allaresezione intestinale. La somministrazione enterale diuna miscela elementare per 3 settimane, prescrittacome supporto per consentire adeguate condizioninutrizionali pre-intervento, in alcuni di loro era riuscita- da sola - a indurre la remissione clinica, di fattoallontanando ogni necessità di terapia chirurgica. Dopoalcuni anni venne documentata l’efficacia della NEanche in pazienti pediatrici con Crohn2 e si compreseche non necessariamente dovesse esseresomministrata una miscela elementare, risultandougualmente efficace anche una miscela polimerica3.

L’IMMUNONUTRIZIONE

In quello stesso periodo, iniziò l’interesse scientifico neiconfronti di studi che valutassero il ruolo di alcuni

Angelo CampanozziClinica Pediatrica, Dipartimento diScienze Mediche e ChirurgicheUniversità di Foggia

ABSTRACT

The role of Nutrition on inflammation and on themodulation of immunity is important, even if few evidencesstill exist explaining its mechanisms of action. Nutritionalapproach is nowadays used in clinical practice, withtherapeutic results that are well beyond the improvementof fat and fat-free mass. Research in the field ofPharmaconutrition could open scenarios unimaginableuntil recently.

Indirizzo per la corrispondenza

Angelo CampanozziClinica Pediatrica Dipartimento di Scienze Mediche e ChirurgicheUniversità di FoggiaE-mail: [email protected]

KEY WORDS

Immunonutrition; pharmaconutrition; nutritional therapy;clinical nutrition; children.

doi: 10.19186/ggenp_2018.011

LA FARMACONUTRIZIONEdalla fisiopatologia alle applicazioni cliniche

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substrati nutrizionali sulla modulazione dellarisposta immunitaria e della flogosi tissutale. Talearea di ricerca, definita Immunonutrizione4, da subitosi rivelò di enorme importanza per tentare di ridurregli episodi infettivi e la durata dei ricoveri, in pazientisottoposti a chirurgia maggiore5. Il fine principale dell’Immunonutrizione è quello dimodulare le risposte metaboliche infiammatorie,somministrando miscele enterali arricchite da uncocktail di arginina, glutamina, acidi grassi omega-3, antiossidanti e nucleotidi6. Tali regimi nutrizionali,quindi, non solo forniscono energia e compostiazotati, ma riescono a modulare la rispostainfiammatoria, migliorano l’immunità cellulo-mediata e sono anche in grado di ridurre ilmalassorbimento legato al danno mucosaledell’intestino. Sembrerebbe inoltre chel’immunonutrizione funzioni sia nei pazienti denutritiche in quelli normonutriti, confermando quindi unaefficacia terapeutica che andrebbe ben oltre il solomiglioramento dello stato nutrizionale7. Il problemaè che gli studi di immunonutrizione, proprio perchébasati su un cocktail di substrati, non sono stati ingrado di far comprendere il ruolo di ciascun nutrientenel determinare l’effetto clinico osservato.

LA FARMACONUTRIZIONE

Solo successivamente si è riusciti ad attribuiredifferenti funzioni e meccanismi d’azione ai singolisubstrati nutrizionali8,9. Si è compreso quindi chel’arginina è essenziale per la funzione linfocitaria edè precursore sia dell’ossido nitrico chedell’idrossiprolina, la quale ha un ruolo chiave nellariparazione tissutale. Il suo dosaggio ottimale è statoriportato essere 0.09 g/kg/die in NutrizioneParenterale (NP) e 0.2 g/kg/die in NE10. Gli acidigrassi omega-3 possiedono importanti proprietàantiflogistiche, in quanto riducono la trascrizione difattori proinfiammatori e modulano la produzione dieicosanoidi. La loro efficacia è stata dimostrata, aldosaggio di 5-15 mg/kg/die in NP11, in pazienti conIBD, Asma, Fibrosi cistica, Lupus e Psoriasi12,13. LaGlutamina svolge un ruolo antiossidante ed è unsubstrato per cellule a rapido rinnovo. Risultandoquindi fondamentale per linfociti ed enterociti,determina una migliore funzione immunitaria ed unincremento della funzione assorbitiva della mucosaintestinale. Il dosaggio enterale suggerito è 0.5g/kg/die14,15.Sappiamo oggi che alcuni nutrienti si comportano

come veri e propri agenti farmacologici, in grado dimodulare – da soli e a dosi elevate - l’attività delsistema immunitario e le conseguenze cliniche adesso correlate. Tutto ciò ha aperto la strada ad unanuova e affascinante branca della nutrizione clinica,la Farmaconutrizione16. Essa studia gli effetti di dosisovra-nutrizionali di alcuni specifici nutrienti che,forniti per via enterale o parenterale, sono in gradodi modificare alcune risposte biologiche, con effettiterapeutici su processi patologici in corso. I beneficiottenuti dalla somministrazione di tali substratiappaiono legati alle loro proprietà chimiche efisiologiche intrinseche, essendo del tuttoindipendenti dal miglioramento dello statonutrizionale. I nutrienti potrebbero essere somministraticonsiderando i loro effetti farmacologici in specifichepatologie, divenendo la farmaconutrizione partesostanziale di una più ampia strategia terapeutica.Sarebbe necessario però chiarire quale via disomministrazione sia la più efficace (es.: glutaminaper via enterale o parenterale?), quali siano i pazientiche potrebbero trarne giovamento (es.: l’arginina puòessere indicata in alcuni pazienti con ridottafunzione linfocitaria, risultando dannosa per altri conelevato stress ossidativo in atto), in quale momentodella storia clinica bisogna intervenire con lafarmaconutrizione, per quanto tempo e a qualidosaggi per le diverse patologie. Altro campo in cui non poche sono le incertezze èquello delle possibili interazioni tra farmaconutrienti.Non è assolutamente detto, infatti, che gli effettifarmacologici dei singoli substrati siano osservabilianche in caso di co-somministrazione. Interazionigià descritte riguardano arginina e glutamina,glutamina e nucleotidi, Glutamina e folati, omega-3e vit.E11.Molti sono i campi in cui l’approccio nutrizionale hagià dato prova di efficacia terapeutica, anche sepoche sono le evidenze sui relativi meccanismid’azione; basti pensare all’effetto di zenzero emiscele idrolizzate sui tempi di svuotamentogastrico17, o alla chetosi indotta dall’alimentazionecome strumento per ridurre la massa grassa in obesie per ridurre le crisi epilettiche in soggettifarmacoresistenti18.Si sono quindi aperti, grazie alla terapia nutrizionale,scenari affascinanti e complessi, cui la ricercascientifica non ha ancora trovato il modo di daredelle risposte precise.

GIORN GASTR EPATOL NUTR PED 2018;X:2 57

LA FARMACONUTRIZIONEQuando la nutrizione diventa terapia

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58 GIORN GASTR EPATOL NUTR PED 2018;X:2

Lo studio di possibili interazioni tra nutrienti egenoma potrebbe essere la strada da percorrere.

BIBLIOGRAFIA

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CAMPANOZZI A.

KEY POINTS► La terapia nutrizionale ha un ruolo ben dimostrato in alcune patologie.

► Sappiamo oggi che alcuni nutrienti si comportano come veri e propri agenti farmacologici, in grado dimodulare – da soli e a dosi elevate – l’attività del sistema immunitario e le conseguenze cliniche ad essocorrelate.

► La Farmaconutrizione studia gli effetti di dosi sovra-nutrizionali di specifici nutrienti che, forniti per viaenterale o parenterale, sono in grado di modificare alcune risposte biologiche, indipendentemente dalmiglioramento dello stato nutrizionale.

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GIORN GASTR EPATOL NUTR PED 2018;X:2 59

Latte materno e farmaconutrizioneBreast milk and Pharmaconutrition

INTRODUZIONE

L’allattamento al seno è il modo naturale e consigliatodi sostenere la crescita sana e lo sviluppo dei bambini.Il latte materno è un alimento completo, vivo e mutevole,che contiene tutti i nutrienti necessari nelle proporzioniideali per una crescita ottimale. Il latte di ogni madre èdiverso e si adatta in modo specifico ai bisogni del suobambino; la sua composizione cambia nel tempo.Il colostro, prodotto nei primi giorni di vita del neonato, èun liquido giallo arancio, denso, ricco di proteine, di saliminerali e di anticorpi di difesa. Permette al neonato diadattarsi meglio alla vita extrauterina e lo protegge dalleinfezioni. Dopo il 3° giorno il colostro viene sostituito dallatte di transizione (fino al 20° giorno circa) e poi dal lattematuro, molto più chiaro, di consistenza più acquosa,con un sapore più dolce. Col passare dei giorni infatti ilcontenuto di lattosio aumenta per favorirel’accrescimento del tessuto celebrale. Anche il contenutodi grassi aumenta in modo da fornire una maggioreenergia, mentre le proteine diminuiscono perchél’accrescimento corporeo del bambino tende a rallentare.La composizione del latte cambia anche dall’inizio allafine della poppata: all’inizio il bimbo riceve soprattuttoliquidi e lattosio, cioè energia a disponibilità immediataper calmare la sua sete e la sua fame; poi il latte siarricchisce di proteine e di grassi, che rappresentanoenergia a disponibilità ritardata, necessaria per lacrescita. Alla fine della poppata vi è un ulteriore aumentodei grassi che inducono il senso di sazietà.Le qualità e la composizione del latte non dipendonodalla dieta materna. Non esistono latti “cattivi” o “troppoleggeri”. È necessario uno stato di malnutrizioneveramente grave e prolungato perché il latte materno nerisenta. La varietà della dieta materna poi modifica ilsapore del latte e il gusto del bambino sarà orientato adaccettare i cibi che incontrerà in seguito.

COMPOSIZIONE DEL LATTE MATERNO1

Il latte materno è un’emulsione di particelle grasse in unfluido. È in gran parte costituito da acqua in cui sono

Maria Elisabetta Baldassarre (foto)

Valentina RizzoDipartimento di Scienze Biomedicheed Oncologia UmanaSezione di Neonatologia e TINUniversità degli Studi “Aldo Moro”, Bari

ABSTRACT

Human milk represents the optimal nutrition for infants andis the key to sustaining health, growth and cognitivedevelopment. The World Health Organization (WHO)recommends that infants should be exclusively breastfedfor the first 6 months of life and subsequently receivesuitable complementary foods while breastfeedingcontinues up to 24 months of age or beyond. Human milkfeeding in early life may fundamentally and permanentlychange the biology, health and developmental outcomes ofthe organism.

Indirizzo per la corrispondenza

Maria Elisabetta BaldassarreDipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia UmanaSezione di Neonatologia e TINUniversità degli Studi “Aldo Moro”piazza G. Cesare 11, 70124 BariE-mail: [email protected]

KEY WORDSHuman milk; prevention; childhood obesity.

doi: 10.19186/ggenp_2018.012

LA FARMACONUTRIZIONEdalla fisiopatologia alle applicazioni clinicheA CURA DI Antonella Diamanti

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60 GIORN GASTR EPATOL NUTR PED 2018;X:2

BALDASSARRE M.E., RIZZO V.

presenti zuccheri (lattosio e oligosaccaridi), proteine,grassi, vitamine, minerali, fattori protettivi, enzimi edormoni.

Acqua

Costituisce l’87% del suo volume. Serve per produrrenuove cellule, eliminare le scorie e compensare leperdite abbondanti del lattante attraverso le urine eil sudore.

Proteine

La maggior parte è sintetizzata dalle cellule dellaghiandola mammaria. La composizione delleproteine del latte umano è tale da renderleassimilabili al 100% da parte dell’organismo dellattante. Sono costituite da:• caseina: grossa proteina ricca di fosforo riunita in

piccoli aggregati contenenti calcio, magnesio efosforo facilmente digeribili;

• alfa lattoalbumina: necessaria per l’assimilazionedel lattosio, presente in abbondanza nel latteumano e indispensabile per l’accrescimento dellecellule celebrali;

• lattoferrina: serve a legare il ferro e a favorirnel’assorbimento intestinale. Nell’intestino lascia ilferro necessario per lo sviluppo dei batteri nonpatogeni contribuendo alla formazione della floraintestinale benefica, utile per la difesa dalleinfezioni. Grazie a questa proteina tutto il ferrocontenuto nel latte materno viene assimilato eutilizzato;

• immunoglobuline: difendono l’organismo dalleinfezioni. Il latte è ricco di immunoglobuline A ditipo secretorio (IgAs) che aderiscono alla mucosaintestinale formando una specie di “vernice”sull’epitelio intestinale che impedisce il passaggiodi proteine estranee, germi e virus;

• aminoacidi liberi: si distinguono in aminoacidi“essenziali”, che non possono essere sintetizzatidall’organismo, ma che sono indispensabili allasua sopravvivenza e debbono essere forniti daglialimenti, e in aminoacidi non essenziali, chel’organismo è in grado di produrre da sé. Il lattematerno è molto ricco di cisteina e taurina,quest’ultima indispensabile per la moltiplicazionee la funzionalità delle cellule cerebrali, del cuore edei muscoli, della retina oltre che per ilmetabolismo dei grassi;

• enzimi: sono indispensabili per la produzione e ladistruzione delle molecole e delle cellule. Sono

presenti il lisozima, che esplica un’azionefavorevole sul metabolismo di numerose sostanzee la lipasi, necessaria alla digestione dei grassi dellatte;

• fattore di crescita epiteliale: ormone che influenzala crescita e lo sviluppo del tratto intestinale.

Zuccheri

Il latte contiene 70 grammi per litro di zuccheri,rappresentati da 60 grammi di lattosio e da 10grammi di oligosaccaridi.Il latte di donna è molto più ricco di lattosio rispettoal latte di tutti gli altri mammiferi. Il lattosio a livellointestinale favorisce lo sviluppo dei lattobacilli cheacidificano l’ambiente intestinale impedendo losviluppo di germi “patogeni” ed incremental’assorbimento del calcio. Il lattosio è scisso primadell’assorbimento in glucosio e galattosiodall’enzima lattasi che è già presente nel feto eraggiunge il suo picco alla nascita. Il glucosio egalattosio svolgono importanti funzioni nelle cellulecerebrali, muscolari, adipose e a livello epatico. Ilgalattosio in particolare è indispensabile per laproduzione dei cerebrosidi, i componenti di base deltessuto cerebrale. Gli oligosaccaridi sono fibreprebiotiche che favoriscono lo sviluppo e la crescitaintestinale dei lattobacilli e dei bifidobatteri.

Grassi

La quantità dei lipidi nel latte umano è di circa 40grammi per litro, ma varia da donna a donna, inrelazione all’ora della giornata, all’età del bambino,alla quantità di latte prodotto.I grassi sono costituiti per il 98% da trigliceridi, inproporzione del 50% insaturi e del 50% saturi. Daalcuni grassi insaturi deriva l’acido arachidonico(AA), necessario per la formazione dei neuroni e delleprostaglandine, e l’acido docosaesaenoico (DHA).Livelli più alti di DHA e AA nel sangue sono associatiad un migliore sviluppo cognitivo e della vista.Gli acidi grassi saturi del latte umano hanno unaparticolare composizione che li rende meglioassimilabili da parte dell’intestino.I trigliceridi del latte inoltre trasportano le vitamineliposolubili (A, D, E, K) attraverso la mucosaintestinale permettendo così il loro assorbimento.

Vitamine

Il latte umano contiene tutte le vitamine di cui ilbambino ha bisogno, nelle proporzioni ideali, fatta

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LA FARMACONUTRIZIONELatte materno e farmaconutrizione

eccezione della vitamina K che per tale motivo vasupplementata nei primi 3 mesi di vita, momento incui inizia la capacità di sintesi autonoma di vitaminaK nel lattante.

Sali minerali e oligoelementi

Il latte materno contiene da 100 a 200 mg di sodioper litro, poco cloro e poco potassio per nonsovraccaricare di lavoro il rene. Il rapporto fra calcioe fosforo è ben equilibrato e consente un ottimoassorbimento di questi elementi a livello intestinale.Il fluoro è contenuto in quantità sufficiente nel lattematerno. Il ferro è contenuto nelle giuste proporzionie viene assorbito in modo ottimale (tra il 20% e il 40%contro il 10% di quello contenuto nel latte vaccino edel 4% di quello contenuto nelle formule arricchite inferro). Nel latte umano l’assorbimento del ferro èfavorito da alti livelli di lattosio e di vitamina C. Zinco,rame e manganese sono biodisponibili in manierasignificativamente inferiore nelle formule rispetto allatte materno.

LATTE MATERNO E FARMACONUTRIZIONE

Gli effetti più importanti del latte materno in terminidi farmaco-nutrizione riguardano la prevenzionedelle infezioni, dell’obesità e delle allergie.

Latte materno e infezioni

Potrà sembrare apparentemente lontano il rapportotra infezioni e nutrizione, ma in realtà un lattante oun bambino che si ammala spesso è un bambino chesperimenta inappetenza ed un cattivo rapporto colcibo, fattori che possono giocare un ruolo importantenello stato di nutrizione. Inoltre l’isolamento sociale(i giorni di asilo saltati, la mancata frequenza diambienti popolati da altri bambini) incide certamentesullo sviluppo neuromotorio ed esperienziale, di cuil’alimentazione fa parte. È dimostrato che i bambiniallattati al seno si ammalano meno nel corso deiprimi anni di vita.Il latte materno svolge un importante ruolo diprotezione “immunologica” nei confronti delbambino attraverso fattori cellulari, immunologici ebiologici. I fattori cellulari, rappresentati dai leucociti, sonoindispensabili per combattere le infezioni. Il lattematerno, in particolare il colostro, è un tessutovivente molto simile al sangue perché contienenumerosi globuli bianchi; i macrofagi “fagocitano” ibatteri e producono fattori biologici di difesa. I

linfociti producono immunoglobuline, soprattuttoIgAs.I fattori immunologici sono rappresentati dalleimmunoglobuline, anticorpi specifici prodotti dallamadre in base alle stimolazioni antigeniche ricevute(vaccinazioni o infezioni spontanee), che proteggonoil bambino da quasi tutti i germi e i virus coi quali lamadre è venuta in contatto nel corso della sua vita.Suppliscono alla mancanza di produzione autonomadel lattante, che inizia dopo qualche settimana dallanascita. Si è visto inoltre che la presenza di IgA nellatte materno stimola la produzione di IgA da partedel bambino stesso: come se il sistema immunitariomaturo della mamma “insegnasse” a quelloimmaturo del bambino come funzionare, conbenefici a lungo termine.Il Lisozima contribuisce distruggendo le pareti deibatteri e rafforzando l’azione delle immunoglobulinee della lattotransferrina. Quest’ultima, contenuta in tutte le secrezioni, ècapace di fissare e rilasciare il ferro. Ha effettoantianemico e batteriostatico in quanto bloccal’accrescimento e la moltiplicazione dei germi.Il Complemento e l’Interferone hanno entrambi uneffetto antinfettivo.I fattori biologici sono rappresentati dal fattore dicrescita crescita epiteliale che influenza la crescitae lo sviluppo del tratto gastrointestinale favorendoanche la crescita dei Bifidobattteri e dei lattobacilliche influenzano la motilità intestinale e ostacolanola moltiplicazione dei germi putrefattivi. I lattobacillisintetizzano le vitamine del complesso B e lavitamina K e favoriscono l’assorbimento di calcio,grassi e vitamina D. Importante tutto il sistemamodulatorio delle citochine. L’IL-8 è una citochinaproinfiammatoria coinvolta nella patofisiologia dellaNEC. L’interleuchina 1-β può stimolare la secrezionedell’IL-8 attraverso l’attivazione del fattore ditrascrizione nucleare κB (NF-κB) nelle celluleintestinali. Il latte materno sembra inibire talepathway di attivazione. Il latte materno potrebbepertanto essere protettivo nei confronti dellosviluppo di NEC neonatale mediante la “down-regolazione” dell’espressione genica dell’IL-82.

Latte materno e obesità: le proteine

L’allattamento al seno riduce il rischio nel bambinoe nell’adolescente di sviluppare la più comune dellemalattia ad origine dismetabolica nei paesiindustrializzati quale l’obesità. L’entità dell’effetto

LA FARMACONUTRIZIONELatte materno e farmaconutrizione

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protettivo dell’allattamento materno è di circa il 10%,ma tende a essere meno evidente con l’aumentaredell’età del bambino3. L’obesità è infatti una malattiaad eziologia multifattoriale e con il cresceredell’individuo diversi fattori ambientali (abitudinialimentari e motorie, stile di vita) tendono a ridurrel’impatto dei numerosi effetti protettivi legatiall’alimentazione al seno4. Le proteine sono imacronutrienti del latte umano più studiati inrelazione al rischio obesità. Numerose proteinecontenute nel latte materno (insulina, adiponectina,leptina e, più recentemente, il suo recettore)sembrano contribuire al complesso meccanismo diregolazione degli apporti nel lattante5. L’assunzionedi queste proteine col latte materno, insieme a fattoridi carattere meccanico (minor flusso di latte al senorispetto al biberon e maggior affaticamento nellasuzione, ecc.) contribuirebbe alla migliore capacitàdi autolimitazione degli apporti nel lattantealimentato al seno rispetto a quello alimentato conlatte adattato. Inoltre i risultati di più studiconcordano nel dimostrare un’associazione traelevato apporto proteico nei primi anni di vita eaccrescimento della massa adiposa nelle etàsuccessive6,7. I meccanismi attraverso i qualil’elevata assunzione di proteine causa unincrementato rischio di depositare trigliceridi ineccesso sono in corso di definizione. Convincentievidenze supportano l’ipotesi del coinvolgimento difattori ormonali (IGF-1, insulina) e dellaconcentrazione di specifici aminoacidi (aminoacidiramificati) nel processo d’incremento della cellularitàadiposa e nell’accumulo di depositi lipidici indottodall’elevato carico proteico8.

Latte materno e obesità: i fattori epigenetici9

Con il termine di epigenetica, dal greco epi (επί):sopra, genetica: geni, “sopra il dna”, si fa riferimentoa tutti quei fattori in grado di modificarel’espressione genica e quindi il fenotipo di unindividuo. I fattori epigenetici non alterano lasequenza nucleotidica del dna, ma ne modificanol’espressione. I meccanismi epigenetici, checomprendono le acetilazioni e le metilazioni post-traduzionali del dna, sono la base per comprenderela relazione tra organismo e ambiente. Negli ultimianni si discute molto sull’ epigenetica nutrizionale,ovvero sugli effetti che i diversi nutrienti possonoavere nei confronti del dna o della cromatinaattraverso modifiche della loro espressione. Il latte

materno è un fattore epigenetico nutrizionale ingrado di influenzare l’espressione genica e quindi ilfenotipo, attraverso diversi meccanismi. Il“peroxisome proliferator-activated receptor-γ” (pparγ2) è un fattore di trascrizione espresso negliadipociti che ne regola la differenziazione, lasensibilità all’insulina, il metabolismo dellelipoproteine. Tra le numerose varianti del gene pparγ2, una delle più comuni è il polimorfismo pro-12ala.Il polimorfismo pro-12ala del gene ppar γ2 èassociato ad un più elevato valore di BMI nelbambino e ad obesità in età adulta. L’allattamento alseno in misura-dose dipendente modula in modofavorevole l’effetto negativo del polimorfismo pro-12ala sull’incidenza di obesità. In altri termini,bambini con questa variante allelica, e quindipredisposti all’obesità, se allattati al seno, vedonoannullarsi l’effetto negativo della variante allelica,rispetto a chi riceve latte artificiale.

Latte materno e obesità: gli oligosaccaridi prebiotici

Gli oligosaccaridi presenti nel latte di donnapresentano all’estremità riducente una molecola dilattosio che può essere allungata da disaccaridi delgalattosio e N-acetilglucosamina e modificata dafucosio e/o acido sialico10. Ad oggi sono statiidentificati più di 200 diversi oligosaccaridi nel latteumano. Molti dei loro effetti biologici sono altamentestruttura-specifici. Sono caratterizzati da un’elevatavariabilità inter-individuale nella composizione, eintra-individuale nel corso della lattazione. Dopoessere stati ingeriti resistono alla degradazioneintestinale e giungono al colon, costituendo unsubstrato utilizzabile da alcune specie batteriche (adesempio Bifidobatteri), favorendone la crescita e,conseguentemente, modificando la composizionedel microbiota intestinale. La composizione el’attività della flora che riveste l’intestino svolge unruolo cruciale nel modulare il trofismo della pareteintestinale e parte della sua attività biologica, inparticolare immunitaria e metabolica. Infine talioligosaccaridi possono essere in parte assorbitidall’intestino ed esercitare azioni a livello sistemico.È stata dimostrata sia nell’animale che nell’uomoun’associazione tra microbiota intestinale e obesità.Il trattamento antibiotico nei primi mesi di vita puòcomportare effetti metabolici a lungo termine11. Èquindi verosimile che la manipolazione delmicrobiota intestinale, indotta da oligosaccaridi,possa essere utile a scopi preventivi e/o terapeutici

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LA FARMACONUTRIZIONELatte materno e farmaconutrizione

dell’eccesso ponderale e/o delle sue conseguenzemetaboliche. Alderete TL, et al. hanno recentementedimostrato l’ipotesi che differenze nellacomposizione di oligosaccaridi nel latte umanosiano associate alla crescita e alla composizionecorporea nei primi 6 mesi di vita12. In particolare, unamaggiore diversità degli oligosaccaridi misurata nellatte materno 30 giorni dopo il parto è risultataassociata ad una minor adiposità nel lattante ad unmese di vita. All’età di 6 mesi, per ciascun mg/ml dilatto-N-fucopentoso misurato in più nel lattematerno, si osservava una riduzione di 1,1 kg di pesocorporeo e 0,79 kg di massa grassa. Sempre a 6mesi, per ciascun mg/ml in più di fucosil-disialilatto-N-esaosio e latto-N-neotetraosio misurati nel lattematerno, si riscontrava un incremento dello 0,04% eduna riduzione dello 0,03%, rispettivamente, dellamassa grassa. Ovviamente si tratta di datipreliminari, che necessitano di conferma in altra epiù ampia casistica. Inoltre, dovranno esserecompresi i meccanismi di azione con cui i diversioligosaccaridi o mix di questi promuovono levariazioni della deposizione di massa adiposa neilattanti. Non dimentichiamo infatti che è statoidentificato un meccanismo di veicolazione entero-mammaria di batteri di origine intestinale maternanel latte e quindi l’assunzione diretta di batteri daparte del lattante attraverso il latte della nutrice13. Illatte di donna avrebbe quindi fisiologicamenteproprietà sia pre- che pro-biotiche che devono inbuona parte ancora rivelare quali effetti comportanoin vivo sia a livello intestinale che metabolico.

Latte materno e allergie

I benefici per la salute indotti dall'allattamento alseno e dal latte umano sulla prevenzione delleallergie possono essere attribuiti alle proteine e allecomponenti immunologiche presenti nel latte umanotra cui le immunoglobuline, le citochine e alcunecellule specifiche. L’assunzione attraverso il lattematerno degli alimenti, che sono stati primaprocessati e modificati, gioca ugualmente un ruoloimportante nell’induzione della tolleranza orale. Nel1936 un primo studio condotto su più di 20.000bambini con un follow-up di 9 mesi ha dimostratocome l’allattamento al seno abbia determinato unariduzione dell’incidenza di eczema di 7 volte neibambini allattati con latte materno14. Tuttavia, laletteratura medica successiva a questaosservazione fornisce risultati contrastanti

includendo studi che mostrano un effetto protettivodell'allattamento al seno, nessun effetto, e anche unaumento del rischio di malattie atopiche in neonatiallattati al seno. Le ragioni relative a questi daticontrastanti e confondenti comprendonol’impossibilità di controllare l’introduzione dei cibisolidi nella dieta in relazione all’età del bambino, ladieta materna, i diversi criteri diagnostici per lamalattia allergica, e la “causalità inversa” (madri dineonati ad alto rischio tendono ad allattare di piùrispetto alla popolazione generale). Il rapportodell’American Academy of Pediatrics (AAP) del 2012suggerisce un effetto protettivo dell’allattamento alseno esclusivo condotto per più di 3 mesisull’insorgenza di asma, dermatite atopica edeczema, sia nelle popolazioni a basso che ad altorischio (27% e 42% rispettivamente nei neonati abasso rischio e in quelli con una storia familiarepositiva). La maggior parte dei dati disponibilisull’allattamento al seno si basa però su studiosservazionali. Per questo motivo, gli studisull'allattamento al seno presentano diversi fattoriconfondenti, tra cui la natura retrospettiva dellamaggior parte di essi (che hanno nell’erroresistematico il loro principale ostacolo), la difficoltànella differenziazione tra allattamento al senoesclusivo e parziale e, nella maggior parte dei casialtre variabili difficili da valutare in modo corretto(nei paesi industrializzati le madri di neonati allattatial seno appartengono ad più alta classe socio-economica, hanno un più alto livello d’istruzione e diQI, non fumano, hanno una dieta sana, una minoreesposizione occupazionale ad agenti tossici egeneralmente una qualità di vita migliore) . Ad oggiè stato completato solo uno studio prospettico, ilPROBIT (Promotion of Breastfeeding InterventionTrial), effettuato in Bielorussia. Nello studio PROBITè stata utilizzata una randomizzazione per clusterallo scopo di confrontare popolazioni in cui venivaeffettuata una promozione all’allattamento al seno(percentuali di allattamento esclusivo a 3 mesi di età:43,3%) rispetto a popolazioni simili nelle quali nonveniva effettuato alcun intervento di promozionedell’allattamento al seno (percentuali di allattamentoesclusivo a 3 mesi di età: 6,4%)15. Il PROBIT non haevidenziato alcun effetto protettivo sul rischio dimanifestare sintomi di allergia e diagnosi di malattieallergiche nelle popolazioni con un tasso più elevatodi allattamento materno.A prescindere da questi risultati, i benefici

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dell’allattamento al seno sulla salute richiedono diraccomandare l’allattamento materno a tutti ibambini, compresi coloro che hanno una storiafamiliare positiva per patologie atopiche.È importante continuare a studiare ancora icomponenti del latte materno, miniera inesauribile diinformazioni per il futuro della salute del bambino, edi indagare il contributo degli alimenticomplementari, ancora largamente inesplorato,prospettando nuovi orizzonti per la nutrizionedell’infanzia.

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KEY POINTS► Il latte materno gioca un ruolo importante nella prevenzione delle infezioni e dell’obesità infantile

► Principalmente coinvolti nella prevenzione dell’obesità sono la qualità e quantità delle proteine, i fattoriepigenetici, gli oligosaccaridi prebiotici

► Ancora controverso è il ruolo del latte materno nella prevenzione delle allergie

► È sempre importante raccomandare l’allattamento esclusivo al seno per almeno i primi sei mesi di vita,continuando se possibile fino a due anni

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Farmaconutrizione e immunonutrizione:il ruolo della nutrizione enterale

Pharmaco nutrition and immunonutrition:the role of enteral nutrition

La nutrizione enterale spesso rappresenta un utileapproccio nutrizionale in età pediatrica ed ha unadimostrata efficacia sulla crescita staturo-ponderale inbambini affetti da patologie croniche coninteressamento gastro-intestinale. Attualmente, si sonosviluppate nuove aree di ricerca per identificare il ruolodi formule arricchite con singoli componenti o unacombinazione di substrati chiave i quali potrebberosvolgere un ruolo cruciale nel modulare la rispostaimmunologica e anti-infiammatoria in corso di episodicritici favorendo la guarigione tissutale oltre che lacrescita. La farmaco-nutrizione, pertanto, rappresentauna branca ampia e nuova di ricerca in ambitonutrizionale in cui singoli componenti delle miscele dinutrizione enterale vengono valutati al fine di identificareuna terapia nutrizionale specifica per singola malattia1.Anche la nutrigenomica rappresenta un nuovo edinteressante modello di efficacia nutrizionale e fariferimento al ruolo dei singoli nutrienti in grado dimodificare direttamente o indirettamente l'espressionegenica negli enterociti, il rilascio di citochine e nelmodulare la funzione immunitaria sistemica ed intra-luminale2. Quattro nutrienti sono stati oggetto di recentiricerche: glutammina, arginina, acidi nucleici, e acidigrassi essenziali, in particolare n-3 acidi grassi.Nell’adulto sono numerosi gli studi che documentanol’efficacia della farmaco-nutrizione, in modo particolarein pazienti critici ed in fase pre-operatoria. Piùrecentemente iniziano ad esserci maggiori evidenzedell’efficacia della nutrizione “come farmaco” anche inetà pediatrica. Alcuni RCT, effettuati in bambini ricoveratiin Terapia Intensiva per sepsi, distress respiratorio enecessità di ventilazione meccanica per più di 5 giornihanno dimostrato che l’inizio precoce entro 12 h dalricovero di una nutrizione enterale contenenteglutammina, arginina, ℧-3 acidi grassi, e antiossidanti,ha ridotto il numero di episodi respiratori e si è ridottala richiesta di Nutrizione Parenterale, in quelli in cui laNP è stata comunque necessaria o lo è stata per tempipiù brevi3. La malattia di Crohn (CD) e la colite ulcerosarappresentano un modello molto interessante di

LA FARMACONUTRIZIONEdalla fisiopatologia alle applicazioni clinicheA CURA DI Antonella Diamanti

Maria Immacolata Spagnuolo1 (foto)Nicola Cecchi2

1Dipartimento di Scienze MedicheTraslazionaliUniversità Federico II, Napoli 2AORN Santobono Pausilipon - Napoli

ABSTRACT

A new area of nutritional research in pediatrics is potentialimmunonutrition in critically ill children with enteralnutrition. Formulae are enriched with single components ora combination of key substrates that might play a crucialrole during intermediary metabolism in sepsis,inflammation, tissue healing and growth. Pharmaconutritionis an extended concept where single components areinvestigated in a stepwise scientific procedure in order toidentify effective disease-dedicated nutrition therapy. Anynew formula needs to be evaluated, if possible incomparison to a normal diet or the reference formulation todemonstrate its safety and efficacy (equal or superior tostandard formula). Finally, nutrigenomics refers to thefindings that nutrients directly or indirectly alter geneexpression in enterocytes, cytokine release and modulateimmune function within and outside the gut.

Indirizzo per la corrispondenza

Maria Immacolata SpagnuoloDipartimento di Scienze Mediche Traslazionali Università degli Studi di Napoli Federico IIVia Pansini 5, 80131 Napoli E-mail: [email protected]

KEY WORDS

Pharmaconutrition; immunonutrition; enteral nutrition;children

doi: 10.19186/ggenp_2018.013

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SPAGNUOLO M.I., CECCHI N.

disregolazione del sistema immunitario e delmicrobiota in cui il ruolo della dieto-terapianutrizionale, in particolar modo per via enterale, si èmostrata efficace quanto l’uso di steroidi sistemicisia nel ridurre l'infiammazione, i sintomi, il tempo diinduzione della remissione4, ma anche superiore nelraggiungimento della guarigione mucosale4. Taleapproccio nutrizionale può essere definito comeassunzione esclusiva di una formula elementare opolimerica esclusiva quando somministrataoralmente o attraverso sonda nasogastrica peralmeno 6-8 settimane. Il meccanismo per cui talenutrizione determina una downregulation delprocesso infiammatorio e la guarigione mucosale nelCD è ancora poco chiaro. Gli studi sulla NE si sonoconcentrati sui singoli componenti delle formulazionicome la fonte di azoto e la composizione lipidica6.Una recente Cochrane su studi comparativi haconfermato che le formule con proteina intera sonoefficaci nell'indurre la remissione così come leformula aminoacidiche5. Alcuni RCTs hanno provatoad identificare la concentrazione ottimale dei lipidi(bassa contro alta) e la composizione di grassi(MCTS versus trigliceridi a catena lunga, ℧-6polinsaturi versus acidi grassi monoinsaturi, e ℧-3acidi grassi polinsaturi)6.Tuttavia, i risultati sono tuttora controversi, con unatendenza non significativa verso una miglioreefficacia di programmi di nutrizione a bassocontenuto di trigliceridi a catena lunga7. La nutrizioneenterale esclusiva e non parziale, in età pediatrica,riduce l’infiammazione nei bambini con CD a paritàdi incremento ponderale7. Si è osservata inoltre unarapida riduzione della PCR e della VES e dell’IL-6 giànei primi 3 giorni dall’introduzione della NE ancoraprima di osservare i vantaggi dal punto di vistanutrizionale6,7. Di conseguenza è ipotizzabile che nonsia il cambiamento nello stato nutrizionale cheinduca precocemente la remissione in CD. La NE èresponsabile di modifiche del contenuto del lumeintestinale e del microbiota, ed è in grado dimodulare la risposta delle citochine. Leach et al.8,hanno studiato le modifiche dei principali gruppibatterici intestinali Bacteroides, Clostridiumcoccoides, Clostridium leptum e Bifidobatteri,durante e dopo NE nei bambini con CD rispetto aicontrolli, e hanno correlato questi cambiamenti allaattività di malattia ed infiammazione intestinale. LaNE ha avuto un effetto significativo sullacomposizione del philum predominante con

persistenza dopo l’intervento nutrizionale per 4 mesi.I cambiamenti della flora intestinale hanno effettiimportanti sulla diversificazione e rappresentazionedei diversi philum intestinali con conseguenti diversilivelli di acidi grassi a catena corta, in particolare delbutirrato. Nei modelli animali, il butirrato è statocoinvolto nei meccanismi genetici di segnalazionesu cellule epiteliali e, si è visto, modifichila secrezione dell’IGF e di Il-88. Tra tutti ifarmaconutrienti, numerosi studi sono stati condottisui probiotici che sembrano mostrare una buonaevidenza di efficacia clinica principalmente per iltrattamento e la prevenzione della pouchite cronicain pazienti sottoposti a colectomia per la coliteulcerosa e per la prevenzione di enterocolitenecrotizzante da moderata a grave nei neonatipretermine9. Il sistema immunitario intestinale el'espressione genica dei tessuti, possono risponderedirettamente alle sostanze nutritive e ai probiotici siaai loro metaboliti che indirettamente alle alterazionidell'ambiente del lume intestinale, in particolare laflora intestinale in particolare del microbiota9. Iltermine nutrigenetica definisce l’effetto (benefico)dei nutrienti sull’espressione genica e la risposta allecitochine su mucosa intestinale. Alcune citochinebenefiche come TGF possono essere introdottecome componente naturale del latte vaccino. Unaformula a base di caseina per la NE con contenutoapprezzabile di TGF è particolarmente efficace inpazienti con CD. Il TGF ha una vasta gamma diattività compreso la regolazione mucosale neiprocessi di induzione della tolleranza e neimeccanismi antinfiammatori, nella modulazionedell'espressione di IgA che sono favorevoli neltrattamento di CD. Studi recenti su bambini coninsufficienza intestinale cronica benigna (IICB) allosvezzamento hanno dimostrato un effettopositivo sulla tolleranza immuno-allergologica allareintroduzione dell’alimentazione. I bambini svezzaticon NE con aminoacidi avevano un rischio più bassodel 50% nel sviluppare allergia alimentare ed inparticolare allergia alle PLV rispetto ad unapopolazione di bambini svezzati con formulastandard. E’ ipotizzabile che in questi pazienti conalterata permeabilità secondaria al danno intestinaledell’IICB possono avvantaggiarsi del ruoloimmunomoregolatorio degli AA10. In conclusione lafarmaco-nutrizione rappresenta un nuovo modellodi studio per i meccanismi di immunomodulazionedei vari nutrienti e in particolar modo degli effetti

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LA FARMACONUTRIZIONEFarmaconutrizione e immunonutrizione: il ruolo della nutrizione enterale

benefici della nutrizione enterale come “farmaco”oltre che come “nutriente”.

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KEY POINTS

► La nutrizione enterale spesso rappresenta un utile approccio nutrizionale in età pediatrica ed ha unadimostrata efficacia sulla crescita staturo-ponderale in bambini affetti da patologie croniche coninteressamento gastro-intestinale.

► La farmaco-nutrizione,rappresenta una branca ampia e nuova di ricerca in ambito nutrizionale in cuisingoli componenti delle miscele di nutrizione enterale vengono valutati al fine di identificare una terapianutrizionale specifica per singola malattia.

► La malattia di Crohn (CD) e la colite ulcerosa rappresentano un modello molto interessante didisregolazione del sistema immunitario e del microbiota in cui il ruolo della dieto-terapia nutrizionale,in particolar modo per via enterale, si è mostrata efficace quanto l’uso di steroidi sistemici sia nel ridurrel'infiammazione, i sintomi, il tempo di della remissione, ma anche superiore nel raggiungimento dellaguarigione mucosale.

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A CURA DI Antonella Diamanti

La dieta priva di glutineGluten free diet

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INTRODUZIONE

La dieta senza glutine (Gluten-Free Diet = GFD), qualetrattamento elettivo della celiachia, fu introdotta dalpediatra olandese Willem Dicke agli inizi degli anni ’50del secolo scorso. L’intuizione geniale di Dicke, che nongli valse il premio Nobel solo per la sua scomparsaprematura, prese spunto dalla osservazione che ibambini celiaci avevano presentato paradossalmentemeno sintomi durante il tragico “inverno della fame” del1944 in Olanda, quando per la loro alimentazione eranodisponibili solo tuberi di tulipani e non farina difrumento. L’impiego della GFD, dai tempi di Dicke ad oggi, hasalvato centinaia di migliaia di vite umane. Nonostantei significativi progressi nella conoscenza dellaepidemiologia, fisiopatologia, clinica e diagnosi dellamalattia celiaca, a tutt’oggi la GFD rimane la pietramiliare del trattamento di questa patologia. Negli ultimianni inoltre, è stato evidenziato che i campi diapplicazione di questo trattamento dieteticocoinvolgono anche altri disturbi glutine-indotti, oltre laceliachia. Lo scopo di questo articolo è quello diillustrare le peculiarità di questo trattamento,soprattutto in riferimento alle applicazioni cliniche edalle caratteristiche nutrizionali.

IN COSA CONSISTE LA DIETA PRIVA DI GLUTINE

La GFD si basa sull’esclusione delle proteine nonidrosolubili (prolamine) contenute in alcuni cereali,responsabili del danno intestinale caratteristico dellamalattia celiaca. Nonostante ci si riferisca ad esse conil termine generico di “glutine”, propriamente parlandoquesto è un complesso proteico esclusivo del grano einclude due principali tipi di proteine: gliadine eglutenine. Le proteine dell’orzo e della segale, altrettantotossiche per il paziente celiaco, invece, si chiamanorispettivamente ordeine e secaline. L’avena,originariamente esclusa nella GFD, non presentatossicità per il celiaco, come ampiamente dimostrato da

Vera Dominijanni (foto)Giulia Naspi CatassiCarlo CatassiClinica PediatricaUniversità Politecnica delle MarcheAncona

ABSTRACT

The gluten-free diet (GFD) remains the cornerstonetreatment for celiac disease, by allowing the gradualdisappearance of symptoms and serum antibodies, and thenormalization of the intestinal histological architecture. Thisdietary treatment is required in other gluten-relateddisorders, particularly non celiac gluten sensitivity. Giventhe newly discovered fields of applicability of this therapy,it is important to increase the awareness of healthprofessionals about GFD indications and modality.

Indirizzo per la corrispondenza

Carlo CatassiS.O.D. di Clinica Pediatrica ad indirizzo genetico-metabolico e gastro-nefrologicoDipartimento di Scienze Cliniche Specialistiche edOdontostomatologicheA.O. Universitaria “Ospedali Riuniti” di Ancona - Università Politecnica delle MarcheVia Filippo Corridoni 11, 60123 AnconaE-mail: [email protected]

KEY WORDS

Gluten-free diet; celiac disease; non-celiac glutensensitivity; amylase/trypsin inhibitors; FODMAPs; wheat.

doi: 10.19186/ggenp_2018.014

LA FARMACONUTRIZIONEdalla fisiopatologia alle applicazioni cliniche

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numerosi studi clinici, a patto che non siacontaminata da glutine1.Oltre a grano, orzo e segale, la GFD prevedel’esclusione di altre varietà di frumento quali triticale,cous-cous, farro, spelta e kamut. Considerandoquesta lista e tenuto conto dell’importante ruolo cherivestono i cereali nella dieta mediterranea, si calcolache il glutine sia la proteina più rappresentata nellaalimentazione della popolazione europea, con unintake di circa 10-20 g/die. Rappresentano pertantoalimenti da sostituire con succedanei gluten-free:pane, pasta, semolino, pizza, grissini, crackers,biscotti, seitan, birra, malto, aceto di malto, il “vero”lievito di birra. La tossicità del malto è dovuta al fattoche questo è un idrolisato parziale di prolaminedell’orzo. Non contengono invece glutine:glutammato, sciroppi di glucosio, dolcificanti,maltodestrine.I cereali consentiti nella GFD sono riso, mais, miglio,quinoa, amaranto, manioca/tapioca, grano saracenoe il teff. Per il paziente affetto da celiachia, pertanto,la dieta consiste in una combinazione di cibi chenaturalmente non contengono glutine (cerealiconsentiti, frutta, verdura, carne, pesce, latte ederivati) e di prodotti del commercio in cui la farinadi frumento sia stata sostituita da farina priva diglutine.

RUOLO DELLA DIETA PRIVA DI GLUTINE NELTRATTAMENTO DELLA CELIACHIA

Una stretta aderenza alla dieta priva di glutine porta,generalmente nell’arco di settimane/mesi, allaregressione dei sintomi, alla normalizzazione deireperti laboratoristici ed istologici e alla riduzione delrischio di complicanze associate alla malattiaceliaca (carenza marziale, patologie autoimmuni,osteoporosi).Attualmente, l’aderenza alla dieta viene valutata, nelfollow-up, mediante intervista dietetica, valutazioneclinica e dosaggio dei marcatori sierologici (TTG-IgA). Purtroppo nessuna di queste tecniche è scevrada limiti di sensibilità nell’identificare minime,ancorchè significative, trasgressioni. La cinetica discomparsa di TTG-IgA è ampiamente variabile edipende, oltre che dalla compliance al trattamento,dal livello anticorpale di partenza. Nella maggiorparte dei casi con buona aderenza alla GFD, i TTG-IgA si normalizzano entro due anni di trattamento2.

DIETA PRIVA DI GLUTINE: I PROBLEMI APERTI

Sebbene sia concettualmente semplice pensare adun trattamento che consiste nell’eliminazione delglutine dalla dieta, il cambiamento imposto aipazienti affetti da malattia celiaca ha un profondoeffetto sulle abitudini alimentari di tutta la famiglia.In particolare, le principali barriere sonorappresentate dalla disponibilità, dai costi e dallasicurezza dei prodotti gluten-free e dal rischio dicontaminazione.Quest’ultimo è l’aspetto più rilevante, legatoall’alimentazione fuori casa o all’assunzioneinvolontaria di glutine con alimenti di produzioneindustriale, specialmente i prodotti “pronti damangiare” (salumi, sughi pronti, maionese, etc). Nel2007 è stato dimostrato, attraverso uno studioprospettico in doppio cieco, placebo-controllato, chel’ingestione protratta di tracce di glutine (10-50mg/die) danneggia la mucosa intestinale nei pazientiaffetti da malattia celiaca. Grazie a questo studio, èstato stabilito che un contenuto di glutine inferiore a20 mg/kg (o “ppm”: parti per milione) negli alimentietichettati come “gluten-free” garantisce lasicurezza dei prodotti3. Purtroppo, anche alimenti gluten-free in originepossono essere contaminati durante il processo diraccolta, macinatura, conservazione e lavorazione.Per tale motivo è necessaria una sorveglianza strettadella filiera produttiva, unitamente a regole stringentisulla contaminazione ed a verifiche analitichesistematiche. Tale problematica è stata evidenziatarecentemente dall’analisi di 200 prodotticommerciali gluten-free, in parte naturalmente prividi glutine ed altri etichettati come tali. Da questostudio4 è emersa una percentuale maggiore dicontaminazione nei prodotti naturalmente privi diglutine (16%) rispetto all’assenza di contaminazionein quelli con il marchio certificato. Tra i cereali, quellipiù a rischio di contaminazione sono risultati il granosaraceno e l’avena, tra i legumi le lenticchie. Perquanto riguarda i costi della GFD, è stato osservatoche spesso il minor costo riflette una minore qualitàdei controlli e quindi una maggiore esposizionedell’alimento al rischio di contaminazione4.Il mercato dei prodotti gluten-free è in espansione,ma il loro prezzo continua ad essere elevato seconfrontato con i prodotti equivalenti contenentiglutine. In molti Paesi occidentali, come in Italia, ipazienti ricevono assistenza finanziaria percompensare questi costi elevati e ciò rappresenta un

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LA FARMACONUTRIZIONELa dieta priva di glutine

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forte incentivo alla aderenza al trattamento.

ASPETTI NUTRIZIONALI DELLA DIETA PRIVA DIGLUTINE

Il glutine non ha un elevato valore biologico, inquanto povero di aminoacidi essenziali quali la lisinae la metionina, per cui la sua esclusione dalla dietanon ha risvolti clinici degni di nota, ma ha effettinegativi sulla consistenza degli alimenti, dalmomento che questa proteina possiedecaratteristiche viscoso-elastiche che la rendonointeressante per l’industria alimentare. Una GFD salutare deve essere composta da frutta evegetali, alimenti gluten-free appositamenteformulati, legumi, fonti animali di proteine, fruttasecca, prodotti caseari ricchi di calcio, vitamina D eacidi grassi ω-3.I soggetti celiaci attuano talora scelte dietetichedifferenti dalla popolazione generale,essenzialmente legate al timore dellacontaminazione e alla minore palatabilità di alcuniprodotti gluten-free. Uno studio italiano pubblicatonel 2017 ha analizzato il differente consumo diprodotti a base di cereali tra la popolazione celiacae quella sana, riscontrando un maggior utilizzo dibiscotti e crackers nei primi a scapito diun’assunzione inferiore di pane rispetto al gruppo dicontrollo. La dieta priva di glutine potrebbe quindi, inpresenza di scelte dietetiche non corrette, aumentareil rischio di sovrappeso e obesità a causa dellosquilibrio nutrizionale e al contenuto ipercaloricodegli alimenti gluten-free. Inoltre, l’elevato contenutodi zuccheri altamente assorbibili potrebbecontribuire all’insorgenza di resistenza insulinica,aumentando il rischio di sindrome metabolica5.Negli ultimi 20 anni è emerso che gli individui celiaciin trattamento dietetico presentano un apportosubottimale di fibre, calcio, folati e vitamina B12,mentre non ci sono evidenti differenze tra la dietalibera e la GFD riguardo all’apporto di energia e dimacronutrienti. La carenza di fibre e ̀ dovuta alladifficolta ̀ di inserire cereali integrali nella GFD.Se si segue una GFD varia ed equilibrata non e ̀necessario assumere integratori di particolarinutrienti, fatta eccezione talora per il ferro il cuideficit sembra non correggersi in alcuni soggetti6.Alcune carenze possono essere bilanciateaumentando l’assunzione di avena, grano saracenoe lenticchie non cross-contaminati.L’avena rappresenta una buona fonte di β-glucano,

il maggiore componente della frazione solubile dellafibra alimentare, il quale possiede la capacità diattenuare il picco glicemico e la risposta insulinicapost-prandiale e di favorire il trasporto degli acidibiliari nell’ultimo tratto intestinale promuovendonel’escrezione, riducendo così i livelli di colesterolo LDLplasmatico. Oltre a questi importanti aspetti, l’avenaaumenta la palatabilità e la varietà della GFD,aumentando l’aderenza al trattamento7.Il grano saraceno ha proprietà antiossidanti,neuroprotettive, ipolipemizzanti (riduce il colesteroloplasmatico), anti-diabetiche e anti-ipertensive.Le lenticchie sono ricche di proteine, amido, folati,tiamina, acido pantotenico, vitamina B6, fosforo,ferro e zinco.

L’ARCIPELAGO DEI DISTURBI GLUTINE-DIPENDENTI

In anni recenti è divenuto chiaro che la nosografiadelle intolleranze al glutine è più complessa diquanto si ritenesse in precedenza. Oltre allaceliachia, alla dermatite erpetiforme ed alla allergiaal frumento sono state descritte altre entità, quali laatassia da glutine e la sensibilità al glutine nonceliaca (non celiac gluten sensitivity = NCGS)(Fig. 1)8. A parte sono poi da considerare le situazionidi presunta intolleranza al glutine “auto-diagnosticata” dal paziente stesso, talora nellaconvinzione, peraltro erronea, che la dieta priva diglutine possa essere impiegata nella curadell’obesità o quale schema alimentareparticolarmente adatto per il soggetto che praticaattività sportiva di livello agonistico. La NCGS è un disturbo caratterizzato damanifestazioni intestinali (gonfiore, doloreaddominale, diarrea) ed extra-intestinali (stanchezzacronica, cefalea, “foggy mind”) che compaiono dopouna breve latenza rispetto alla ingestione di glutine,in soggetti nei quali è stata esclusa una forma diceliachia o di allergia al frumento. La frequenza dellaNCGS non è ancora del tutto chiara, ma sembraessere nell’ordine del 2-3% della popolazionegenerale, specie adulta, quindi più frequente dellaceliachia stessa. La diagnosi di NCGS si basa sucriteri clinici, poiché non è ancora stato individuatoun biomarker specifico di questa condizione. Sia laNCGS che gli altri disturbi glutine-dipendenti sicurano con la dieta senza glutine. Al vaglio della ricerca attuale sono i possibili rapportitra la NCGS e manifestazioni psichiatriche eneurologiche quali la schizofrenia, le sindromi

DOMINIJANNI V, NASPI CATASSI G, CATASSI C.

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allucinatorie e l’autismo infantile. Alcuni bambiniautistici trovano giovamento dalla dieta senzaglutine e senza caseina. Nonostante manchinoevidenze certe di efficacia, l’effetto terapeutico diquesto intervento dietetico è di grande interesse,poiché potrebbe dipendere da un meccanismo ditossicità del glutine completamente diverso daquello descritto nella celiachia, sinteticamentedescritto nel paragrafo seguente9.

UNA CONNESSIONE TRA GLUTINE, INTESTINO ECERVELLO?

E’ stato ipotizzato che peptidi derivanti dal glutine (edalle proteine del latte) possano stimolare i recettorioppiodi a livello cerebrale, causando possibilimanifestazioni di tipo neuro-psico-comportamentale. La sequenza degli eventi,schematizzata nella Fig. 2, sarebbe la seguente: (a)durante la digestione, il glutine viene scisso in piccolipeptidi, alcuni dei quali, richiamando la strutturadella morfina, sono stati definiti “esorfine”. Esorfinedi origine alimentare sarebbero presenti anche inaltri cereali (riso, mais) e nel latte; (b) questi peptididel glutine potrebbero superare la barriera intestinalenei soggetti con intestino iper-permeabile(cosiddetto “leaky gut”). L’aumento dellapermeabilità intestinale può essere indotto dal

glutine stesso, poiché questa proteina alimentarestimola il rilascio della zonulina da parte dellamucosa intestinale, con conseguente aumento dellapermeabilità para-cellulare per apertura delle tightjunctions; (c) i peptidi del glutine raggiungono in talmodo il torrente ematico. A riprova di questapresenza sta il riscontro di peptidi del glutine nelleurine a seguito di ingestione di alimenti contenentiglutine; (d) una volta superata anche la barrieraemato-encefalica, specie se disfunzionante a causadi stress, farmaci o altre noxae, le esorfine derivantidal glutine potrebbero comportarsi come leendorfine, stimolando i recettori oppiodi cerebrali,con conseguenti effetti sul versante neuro-comportamentale9. Alcune evidenze scientifiche supportano ilmeccanismo fisiopatologico suddetto, quali (a) ladimostrazione che la gliadina aumenta lapermeabilità intestinale paracellulare; (b) il riscontrodi aumentata permeabilità intestinale, valutata con iltest lattulosio/mannitolo, nei pazienti con autismo enei loro familiari; (c) la frequente presenza dianticorpi anti-gliadina nativa di classe G nei soggetticon NCGS, quale “spia” del passaggio transmucosaledi peptidi del glutine; (d) nella cavia, lasomministrazione endo-cerebrale di esorfinedetermina marcate alterazioni del comportamento

LA FARMACONUTRIZIONELa dieta priva di glutine

Figura 1Lo spettro dei disturbi glutine-correlati.

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DOMINIJANNI V, NASPI CATASSI G, CATASSI C.

che richiamano quelle dell’autismo, con attivazionedelle aree corticali visive e uditive responsabili dellemanifestazioni allucinatorie; (e) quantità di esorfinesuperiori al normale sono state riscontrate neipazienti con schizofrenia, psicosi post-partum edinfantili10.Sul versante clinico, alcuni studi supportano ilconcetto che un sottogruppo di bambini affetti daautismo possano presentare miglioramenti neuro-comportamentali a seguito dell’introduzione delladieta priva di glutine, tuttavia tali risultati non sonostati confermati da altri studi. Pertanto mancanoevidenze certe sulla opportunità di raccomandarequesto trattamento dietetico nei bambini conautismo. Vale la pena sottolineare come siaparticolarmente complesso realizzare studi clinicisui rapporti tra alimentazione e autismo, permancanza di endpoint ben definiti, difficoltà dimantenere la procedura del doppio cieco, necessitàdi intervento prolungato, etc.

IL GLUTINE NON È L’UNICO COLPEVOLE

Per quanto riguarda la natura dell’agente“offendente” nei disturbi glutine-dipendenti, iriflettori della ricerca sono puntati attualmente sucomposti diversi dal glutine.L’attenzione è oggi focalizzata sul possibile ruolodegli inibitori dell’amilasi/tripsina (amylase/trypsininhibitors = ATIs), frazione proteica che rappresental’1-4% delle proteine totali del frumento. Soprattuttograzie agli studi di Detlef Schuppan e del suo gruppodi Mainz (Germania), è stato messo in evidenza chegli ATIs sono potenti induttori della risposta immuneinnata a livello intestinale, soprattutto grazie alla lorocapacità di stimolare i TLR4 enterocitari. Pertantoessi potrebbero giocare un ruolo patogenetico nellaceliachia, ma soprattutto nella NCGS nella quale eragià stato ipotizzato un maggior coinvolgimento dellarisposta immune innata. E’ interessante notare cheil quantitativo di ATIs sembra essere nettamente

Figura 2Il possibile rapporto tra glutine alimentare e le funzioni cognitive/comportamentali.

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LA FARMACONUTRIZIONELa dieta priva di glutine

superiore nei grani “moderni” rispetto a quelli“ancestrali” (es. monococco), riscontro che potrebberendere merito dell’attuale aumento della frequenzadei disturbi glutine-correlati11.Inoltre, il frumento rappresenta una delle principalifonti alimentari di FODMAPs (Fermentable Oligo-, Di-and Mono- saccharides And Polyols, cioè mono- di-oligo- saccaridi e polioli fermentabili). I FODMAPssono carboidrati scarsamente assorbiti nell'Intestinotenue. Includono oligosaccaridi contenenti fruttosio,galatto-oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi ealditoli (come sorbitolo, mannitolo, xilitolo emaltitolo). A causa del loro scarso assorbimento, iFODMAPs possono determinare aumento dellafermentazione intestinale, con aumentataproduzione di gas e di metaboliti, quali gli acidigrassi a catena corta (SCFA) in grado di stimolare lasecrezione intestinale di acqua ed elettroliti.Numerosi studi hanno documentato che i FODMAPsgiocano un possibile ruolo patogenetico soprattuttonella sindrome del colon irritabile, ma probabilmenteanche nelle malattie infiammatorie cronicheintestinali, nella sindrome dell’intestino corto, nelladiverticolite, etc. La dieta priva di FODMAP prevede,tra le altre, l’esclusione del frumento e derivati,poiché questo cereale è ricco di fruttani, compostiappartenenti al gruppo dei FODMAP12.

DALLA NCGS ALLA NCWS IL PASSO È BREVE

Le recenti acquisizioni sui possibili triggers diversidal glutine rimettono in discussione la stessadefinizione della NCGS. Molti esperti ritengonopreferibile parlare di Non Celiac Wheat Sensitivity(NCWS), proprio perché appare molto probabile checomponenti del frumento diversi dal glutine, qualiappunto gli ATIs e i FODMAP, possano essereimplicati nella genesi di alcuni di questi quadri clinici.La questione non è solo semantica, poiché resta dachiarire se i cereali gluten-free diversi dal frumentodebbano essere esclusi dalla dieta dei soggetti affettida NCGS/NCWS.

CONCLUSIONI

La dieta senza glutine rimane il trattamento di sceltadi una delle patologie più diffuse al mondo, cioè lamalattia celiaca. L’avvio di questo trattamentoporta, nell’arco di alcune settimane/mesi, allanormalizzazione delle alterazioni istologicheintestinali e dei livelli sierici dei biomarkers (anti TTGIgA ed EMA), nonché alla scomparsa dei sintomi

presenti prima della diagnosi. L’aderenza alla GFD,per quanto impegnativa, è oggi più semplice rispettoal passato, grazie alla notevole varietà di prodotticertificati senza glutine e garantiti anche perl’assenza di significativa contaminazione. La GFDtrova oggi impiego anche nel trattamento di altridisturbi glutine-dipendenti, quali la NCGS. Inconsiderazione della maggiore diffusione di questotrattamento, è auspicabile una parallela diffusione, alivello medico, della conoscenza delle indicazioni emodalità attuative di questo importanteprovvedimento terapeutico.

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KEY POINTS► Nonostante i significativi progressi nella conoscenza della fisiopatologia e clinica e della malattia celiaca,

a tutt’oggi la dieta priva di glutine (Gluten-Free Diet = GFD) rimane la pietra miliare del trattamento di questapatologia.

► La GFD consiste in una combinazione di cibi, bilanciata da un punto di vista nutrizionale, che naturalmentenon contengono glutine (cereali consentiti, frutta, verdura, carne, pesce, latte e derivati) e di prodotti delcommercio in cui la farina di frumento sia stata sostituita da farina priva di glutine.

► Una stretta aderenza alla GFD porta alla regressione dei sintomi, alla normalizzazione dei repertilaboratoristici ed istologici e alla riduzione del rischio di complicanze associate alla malattia celiaca(carenza marziale, patologie autoimmuni, osteoporosi).

► La GFD trova oggi impiego anche nel trattamento di altri disturbi glutine-dipendenti, quali la NCGS (NonCeliac Gluten Sensitivity), caratterizzata da manifestazioni intestinali ed extra-intestinali che compaionodopo una breve latenza rispetto alla ingestione di glutine, in soggetti nei quali sia stata esclusa una formadi celiachia o di allergia al frumento.

► Negli ultimi anni è emerso che i disturbi definiti glutine-correlati possano essere innescati da componentidel frumento diversi dal glutine, quali gli ATIs (inibitori dell’amilasi/tripsina) ed i FODMAPs (mono- di-oligo-saccaridi e polioli fermentabili), acquisizioni che hanno aperto nuove frontiere per il trattamento deglistessi.

DOMINIJANNI V, NASPI CATASSI G, CATASSI C.

74 GIORN GASTR EPATOL NUTR PED 2018;X:2

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GIORN GASTR EPATOL NUTR PED 2018;X:2 75

LA FARMACONUTRIZIONEdalla fisiopatologia alle applicazioni clinicheA CURA DI Antonella Diamanti

Le diete FODMAPsLow FODMAPs diet

Elena ScarpatoAnnamaria Staiano (foto)Dipartimento di Scienze MedicheTraslazionali, Sezione di PediatriaUniversità “Federico II” di Napoli

ABSTRACT

Diet is frequently associated with gastrointestinal (GI)symptoms, especially in subjects with functional GIdisorders (FGIDs). In recent years, interest has been focusedon the low fermentable oligosaccharides, disaccharides,monosaccharides, and polyols (FODMAPs) diet, that seemsto be effective in the management of GI symptoms.

Indirizzo per la corrispondenza

Annamaria StaianoDipartimento di Scienze Mediche Traslazionali Sezione di PediatriaUniversità degli Studi di Napoli Federico IIVia Pansini 5, 80131 Napoli E-mail: [email protected]

KEY WORDS

FODMAPs; functional gastrointestinal disorders; eliminationdiet; short-chain carbohydrates.

doi: 10.19186/ggenp_2018.015

INTRODUZIONE

Negli ultimi anni è notevolmente aumentato l’interessenei confronti delle diete di eliminazione quale opzioneterapeutica per la gestione di numerosi disturbi,soprattutto del tratto gastrointestinale (GI). La maggiorparte degli studi clinici disponibili riguarda soggetti condisordini funzionali gastrointestinali (DFGI),prevalentemente sindrome del colon irritabile (SCI) estipsi funzionale, malattia diverticolare e malattieinfiammatorie croniche intestinali1. Tale interesse è statogenerato dal riscontro che, in particolare tra i soggettiaffetti da SCI, la percezione di soffrire di un’intolleranzaalimentare è doppia rispetto alla popolazione generale,con il 60% dei pazienti con SCI che riferisce la comparsadi sintomi GI entro 3 ore dall’assunzione di specificialimenti2. Questa percezione ha determinato unprogressivo aumento nell’autoprescrizione di diete dieliminazione; gli alimenti che più frequentementevengono associati alla comparsa di sintomi GI sono ilglutine, il lattosio ed in generale tutti i FODMAPs1.L’acronimo FODMAPs (oligosaccaridi, disaccaridi,monosaccaridi e polioli fermentabili) definisce un gruppodi carboidrati a catena corta che vanno incontro aprocessi di fermentazione colonica da parte delmicrobiota intestinale. Tra gli alimenti ricchi di FODMAPssono inclusi quelli contenenti frutto-oligosaccaridi (FOS;es. grano e cipolle) e galatto-oligosaccaridi (GOS; es.legumi), disaccaridi (es. latticini e prodotti caseari),fruttosio in eccesso rispetto al glucosio (es. pere e mele),e polioli (es. dolcificanti artificiali)3. L’obiettivo di questoarticolo è quello di analizzare le evidenze disponibili circal’utilità della dieta a basso contenuto di FODMAPs nellagestione dei DFGI.

MECCANISMO D’AZIONE DEI FODMAPs

Come già accennato, i FODMAPs sono carboidrati acatena corta che tendono ad accumularsi a livellocolonico a causa di un incompleto assorbimento a livellodel piccolo intestino, per mancanza di enzimi idrolitici

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76 GIORN GASTR EPATOL NUTR PED 2018;X:2

SCARPATO E, STAIANO A.

specifici e/o a saturazione dei sistemi diassorbimento esistenti. Nell’ambito dei disaccaridi, il principale FODMAP èrappresentato dal lattosio il cui assorbimento siverifica a seguito dell’idrolisi in galattosio e glucosioda parte della lattasi intestinale. Tuttavia, l’attivitàdella lattasi tende a decrescere in età adulta,risultando deficitaria nel 70% della popolazionegenerale, con conseguente insorgenza dimalassorbimento di lattosio. Per quanto riguarda imonosaccaridi, un importante ruolo nella comparsadi sintomi GI è svolto dal fruttosio, che vieneassorbito grazie a specifici trasportatori dimembrana intestinali (i principali sono GLUT5 eGLUT2). L’assorbimento del fruttosio dipende daquello del glucosio, ed è massimo quando il rapportoglucosio:fruttosio è di 1:1, con mancatoassorbimento del fruttosio presente in eccesso. Ipolioli, contenuti principalmente nei dolcificantiartificiali e nella frutta, vengono assorbitipassivamente in relazione al peso molecolare e conimportante variabilità inter-individuale3.I FODMAPs che si accumulano a livello del piccolointestino determinano un incremento dell’osmolaritànel lume intestinale, con conseguente richiamo diacqua. In aggiunta, a livello colonico, vanno incontroa processi di fermentazione da parte del microbiotaintestinale con produzione di acidi grassi a catenacorta (SCFA) e gas. I FODMAPs hanno effetti GIpositivi per quanto riguarda la stimolazione dispecifici ceppi benefici del microbiota(prevalentemente Bifidobatteri), la regolazione dellafunzione immunitaria, la produzione di SCFA el’incremento della massa fecale (utile soprattutto neisoggetti stitici). Tuttavia, l’aumento dell’osmolaritànel lume intestinale e la produzione di gas possonoessere responsabili di un’eccessiva riduzione dellaconsistenza delle feci e della distensione addominaleche in soggetti con ipersensibilità viscerale ealterazioni della motilità, come ad esempio i soggetticon SCI, possono portare alla comparsa di sintomi GI. Considerato che gli effetti dei diversi FODMAPs sonoadditivi tra loro e dose-dipendenti, è stato ipotizzatoche una riduzione del carico di FODMAPs assuntipotesse essere utile nella gestione dei sintomi insoggetti affetti da disordini del tratto GI4.

EFFETTI DELLA DIETA A BASSO CONTENUTO DIFODMAPs

L’utilità della dieta a basso contenuto di FODMAPsnella gestione dei sintomi GI è stata indagata in

diversi studi e revisioni sistematiche, che hannopreso in considerazione prevalentemente soggettiaffetti da DFGI. Nella maggior parte degli studidisponibili, si parla di dieta a basso contenuto diFODMAPs quando l’assunzione quotidiana nonsupera gli 0.15 gr/kg/die (max 9 gr/die). In età pediatrica, l’efficacia di una dieta a bassocontenuto di FODMAPs nel controllo dei sintomi GI èstata valutata in un solo studio in cieco,randomizzato cross-over, condotto da Chumpitazi etal. nel 20155. Lo studio prevedeva la valutazionedell’efficacia di una dieta a basso contenuto diFODMAPs nella gestione dei sintomi GI,confrontandola con una dieta americana tipica(contenente 0.7 gr/kg/die di FODMAPs; max 50gr/die) e ricercando anche l’esistenza di unacorrelazione tra risposta alla dieta e microbiotaintestinale. Nei 33 bambini con SCI arruolati il primotrattamento dietetico veniva assunto per 48 ore,successivamente veniva eseguito un wash-out di 5giorni prima di passare al secondo schemanutrizionale. Gli autori hanno registrato una riduzionesignificativa del dolore addominale in corso di dietaa basso contenuto di FODMAPs, sia rispetto alla dietatipica americana che rispetto al baseline. Inoltre,negli 8 soggetti definiti come “responders”, cioèpresentanti un miglioramento solo in corso di dieta abasso contenuto di FODMAPs, sono state evidenziatedelle differenze nella composizione del microbiota albaseline, con predominanza di ceppi a maggiorecapacità saccarolitica (es: Bacteroides,Ruminococcaceae, Faecalibacterium prausnitzii),aventi cioè una maggiore capacità di fermentarecarboidrati complessi. Tuttavia, nonostante i risultatipromettenti, è necessario sottolineare che unimportante limite di questo studio è la breve duratadella dieta, eseguita per sole 48 ore.Il numero di studi riguardanti soggetti adulti è piùelevato. Tra questi, lo studio di Staudacher et al. del20126 nel quale veniva confrontato l’effetto di unadieta a basso contenuto di FODMAPs rispetto alladieta abituale su microbiota intestinale, sintomi GI eproduzione di SCFA, in 41 soggetti con SCI. I loro datihanno evidenziato un maggior controllo dei sintomiGI, con una riduzione nella frequenza e nell’intensitàdei sintomi (soprattutto distensione e doloreaddominale), e un miglioramento della frequenzaevacuativa e della consistenza delle feci in corso didieta a basso contenuto di FODMAPs. Tuttavia, èstata riscontrata una riduzione nella concentrazionee nella proporzione di Bifidobatteri fecali nei soggetti

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GIORN GASTR EPATOL NUTR PED 2018;X:2 77

LA FARMACONUTRIZIONELe diete FODMAPs

a dieta a basso contenuto di FODMAPs.Successivamente Halmos et al.7 hanno confrontatol’effetto di una dieta a basso o alto contenuto diFODMAPs praticata per 21 giorni, su 30 soggettiaffetti da SCI e 8 controlli sani. Lo score dei sintomiGI nei soggetti con SCI è risultato essere più bassoin corso di dieta a ridotto contenuto di FODMAPsrispetto alla dieta standard. Inoltre, un miglioramentodei sintomi è stato riportato nel 70% dei soggetti conSCI, ma non nei controlli sani. Infine, nei soggetti conSCI e diarrea è stata registrata una riduzione dellafrequenza evacuativa in corso di dieta a bassocontenuto di FODMAPs. Più recentemente Bohn etal.8 hanno condotto uno studio multicentrico,randomizzato, in singolo cieco sull’effetto di 4settimane di dieta a basso contenuto di FODMAPsrispetto ad una dieta svedese standard, nellagestione dei sintomi GI in 75 pazienti con SCI. I lorodati hanno mostrato una riduzione significativa dellaseverità dei sintomi GI in entrambi i gruppi rispetto albaseline, senza differenze sostanziali tra i due tipi diintervento dietetico. Tuttavia, in entrambi i gruppisono state identificate delle rilevanti variazioni negliapporti nutrizionali rispetto al baseline. Una revisione sistematica condotta nel 20164 haincluso 22 trial che valutavano l’efficacia di una dietaa basso contenuto di FODMAPs nella gestione deisintomi correlati a DFGI. Gli autori hanno riportatouna riduzione negli score dei sintomi GI e unmiglioramento nella qualità di vita, in corso di dieta abasso contenuto di FODMAPs. Tale revisionesistematica supportava l’efficacia della dieta a bassocontenuto di FODMAPs nella gestione dei DFGIdell’adulto, nonostante si ritenessero necessariulteriori studi condotti su un maggior numero disoggetti.

RISCHI DELLA DIETA A BASSO CONTENUTO DIFODMAPs

Sebbene i dati attualmente disponibili siano a favoredell’utilizzo della dieta a basso contenuto diFODMAPs per controllare i sintomi GI, è importantesottolineare che tale regime dietetico è fortementerestrittivo. Pertanto, andrebbe praticato solo con ilsupporto di dietisti esperti per evitare la comparsa dideficit nutrizionali, secondari soprattutto allariduzione dell’apporto di fibre (restrizione di cereali everdure), vitamine (restrizione di frutta e verdura) ecalcio (restrizione di latte e derivati). Inoltre, la dietaa basso contenuto di FODMAPs è stata associataall’insorgenza di alterazioni nella composizione del

microbiota intestinale, con riduzione del numerototale di batteri fecali, riduzione dei ceppi produttoridi butirrato e riduzione dei ceppi prebiotici9. Gli effettia lungo termine di tali alterazioni non sono ancoranoti ed andrebbero studiati in maniera piùapprofondita.

CONCLUSIONI

Le evidenze attualmente disponibili suggerisconoche la dieta a basso contenuto di FODMAPs possaavere un ruolo nella gestione clinica dei soggettiadulti affetti da SCI. In età pediatrica, i dati sonopromettenti ma ancora insufficienti perraccomandarne l’utilizzo di routine, soprattutto inconsiderazione del rischio di carenze nutrizionali emancanza di dati in merito all’effetto a lungo termine.E’ comunque fondamentale che eventuali restrizionidietetiche siano limitate all’eliminazione di alimentiper i quali esista una chiara correlazione conl’insorgenza di sintomi GI, e che ogni interventodietetico sia effettuato con la supervisione di dietistiesperti.

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A CURA DI Antonella Diamanti

La nutrizione personalizzata: dalle scienze“omiche” al singolo individuoPersonalized nutrition: from omic sciences to the person

78 GIORN GASTR EPATOL NUTR PED 2018;X:2

Nell’ultimo ventennio, i sistemi innovativi chepermettono il sequenziamento veloce del DNA hannofornito informazioni complessive su numerosimeccanismi fisiologici e patologici del nostro organismoe hanno generato un’enorme quantità di dati. L’impiegodi questi approcci molecolari ha portato all’introduzionedel suffisso “omico” nel settore scientifico, favorendo lanascita delle cosiddette scienze “omiche” come lagenomica che analizza l’organizzazione e la strutturadei geni nel contesto dell’interno genoma, latrascrittomica che analizza tutti i trascritti di un datoorganismo, l’epigenomica che studia i cambiamenti delDNA che non coinvolgono modifiche nella sequenza, lametabolomica che esamina l’insieme dei profilimetabolici di diversi processi cellulari, la proteomica cheanalizza le proteine espresse da una cellula o da unorganismo su larga scala, la lipidomica che studia iprofili lipidici, solo per citare alcuni esempi. Tutte questescienze hanno il compito di analizzare e studiarespecifici aspetti che devono essere considerati nella lorocomplessità1.L’attenzione si è a mano a mano spostata da unapproccio alla medicina, alla ricerca e alla diagnosticaspecifico per malattia ad un altro, più complesso,paziente specifico. Questa premessa ha creato la stradaper un nuovo campo che prevede la personalizzazionedella salute: la “medicina personalizzata”, ossial’insieme delle decisioni e delle pratiche mediche sumisura per il paziente. Questo nuovo modello medico sipuò applicare anche al campo della nutrizione. In questosettore l’applicazione delle conoscenze derivanti dalsequenziamento del genoma umano ha permesso infattidi studiare come i geni e il cibo che mangiamointeragiscano in modo reciproco e hanno permesso diconcludere come una nutrizione personalizzata èquanto mai utile e auspicabile in ottica di prevenzione eterapia.I cambiamenti del nostro modo di mangiare hannocontribuito all’aumento del numero di persone

Valentina De Cosmi1,2 (foto)Carlo Agostoni1

1Pediatria a Media Intensità di Cura,Fondazione IRCCS Ca’ GrandaOspedale Maggiore Policlinico, Milano;Dipartimento di Scienze Cliniche e diComunità (DISCCO), Università degliStudi di Milano2Pediatria a Media Intensità di Cura,Fondazione IRCCS Ca’ GrandaOspedale Maggiore Policlinico. Milano

ABSTRACT

Changes in our nutrition greatly contributed to the recentmetabolic syndrome epidemic. Personalized diets that takeinto account blood glucose response, dietary habits,physical activity, and gut microbiota may successfully lowerpost-meal blood glucose and its long-term metabolicconsequences. Nutrigenetic, nutrigenomic and themicrobiome study will led to a personalized approach tonutrition.

Indirizzo per la corrispondenza

Valentina De CosmiPediatria a Media Intensità di Cura, Fondazione IRCCS Ca’Granda Ospedale Maggiore PoliclinicoVia della Commenda 9, 20122 MilanoE-mail: [email protected]

KEY WORDS

Personalized nutrition; nutrigetic; nutrigenomic; glycemicresponse; food.

doi: 10.19186/ggenp_2018.016

LA FARMACONUTRIZIONEdalla fisiopatologia alle applicazioni cliniche

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sovrappeso e obese nel mondo; nel 2000 per laprima volta questo numero è stato superiore a quellodelle persone sottopeso2. Negli ultimi anni l’apportocalorico della popolazione è aumentato,privilegiando il consumo di snack, bevande dolci, cibipronti e altamente energetici, a discapito di cibifreschi, frutta e verdura. A tutto questo si aggiungela sedentarietà. La natura epidemica globaledell’obesità si può facilmente comprenderepensando come, nel passato, l’obesità eraconsiderata una condizione dei Paesi industrializzatilegata a un elevato tenore socioeconomico, oggi èaumentata nei Paesi in via di sviluppo e colpisceanche le persone socialmente più svantaggiate.Resta però ineliminabile l’osservazione che ilrapporto tra alimenti ed effetti metabolici, con lerelative conseguenze cliniche, non si manifesta inmaniera chiara ed evidente, ma soprattuttoattraverso studi osservazionali e i grandi numeri.Nella prospettiva dell’individuo, il valore deglialimenti e della prevenzione sembra avere effetti inqualche modo misurabili solo nella parte diprevenzione secondaria, a diagnosi della patologiadi base già effettuata (es. l’utilizzo di diete a bassotenore di grassi saturi e basso indice glicemico neldiabete di tipo II). A livello individuale, poco èmisurabile relativamente agli effetti di una dietabilanciata sugli indicatori di salute e malattia(prevenzione primaria). Vale la pena ricordare chesovrappeso/obesità e dislipidemia (attualmenteritenuti comunque prevenibili) sono a loro volta soloindicatori, e non stati di malattia conclamata. Il Weizmann Institute di Rehovot, in Israele, si ècontraddistinto negli ultimi anni per l’impegno nelleattività di ricerca per la migliore definizione nelcampo della nutrizione personalizzata anchenell’ambito della prevenzione primaria. Il maggioregruppo di ricerca in questo senso, sotto la guida diEran Elinav, ha studiato la tendenza a sviluppareobesità e diabete di soggetti adulti in relazione alconsumo alimentare di zuccheri ed allacomposizione del microbioma intestinale3.L’obiettivo del suo lavoro è stato di validarescientificamente l’ipotesi che persone diverserispondano in modo diverso ad alimenti uguali, chea loro volta possono essere salutari per qualcuno edannosi per altri allo stesso tempo, partendo dallaipotesi che ogni individuo presenta una reazioneindividuale ai cibi consumati4. I ricercatori sono partiti da ciò che sta alla base

dell’insorgenze di obesità, pre-diabete e diabete ditipo II, a loro volta collegati ad altre manifestazioni,e che possiamo genericamente racchiudere dentroal termine “sindrome metabolica”: gli elevati livelli diglicemia post prandiale. In 900 persone (una coortedi 800 e una di controllo formata da 100 persone),ugualmente distribuite tra maschi e femmine, è statoposizionato un microchip sottocutaneo in grado dimisurare la glicemia ogni 5 minuti per 7 giorniconsecutivi, in totale sono stati analizzati 1,5 milionidi valori di glicemia. Ai partecipanti era stato chiestodi registrare su un sito creato appositamente per ilprogetto, le proprie abitudini quotidiane, indicando inmaniera accurata il cibo consumato e le attivitàsvolte, tra cui il sonno e l’attività fisica. L’unicamodifica che il gruppo di studiosi ha apportato allaquotidianità dei partecipanti, è stato il primo pastodella giornata, scelto tra 4 pasti standard decisi inmaniera sperimentale con 50 g di carboidrati. Di ognipartecipante poi è stata eseguita un’accurataanamnesi alimentare, dello stile di vita e indaginiantropometriche. Infine, di ognuno, è stato raccoltoun campione di sangue e uno di feci, per indaginigenetiche e valutazioni metabolomiche e delmicrobioma fecale4. I ricercatori hanno dimostrato che esiste, tra lepersone, un’elevata variabilità nella rispostaglicemica post prandiale, sottolineando quanto siaopportuno fornire alla popolazione intera regole dicomportamento alimentare personalizzate, create adhoc per ciascun individuo. Per fare ciò, i ricercatorihanno derivato degli algoritmi, che, partendo dalleinformazioni fisiologiche e riguardanti lo stile di vitadel soggetto, sono stati in grado di fornire consiglialimentari e comportamentali individualizzati. Non è solamente il DNA che “dialoga” con il cibo einfluenza la risposta a determinati alimenti, ma èvero anche il contrario. Ossia che il cibo puòmodificare il nostro DNA modulando l’espressione dialcuni geni. In questo contesto si inseriscono,rispettivamente, la “Nutrigenetica” e la“Nutrigenomica”. Entrambe studiano lecaratteristiche genetiche di un individuo e le diverserisposte ai nutrienti. La regolazione dell’espressionegenica può avvenire attraverso tre meccanismi:metilazione degli istoni, metilazione del DNA emicroRNA e i cibi possono influenzare tutti e trequesti meccanismi.Parallelamente alla rivoluzione nutri -genetica e-genomica, si inserisce la ricerca sul microbiota

GIORN GASTR EPATOL NUTR PED 2018;X:2 79

LA FARMACONUTRIZIONELa nutrizione personalizzata: dalle scienze “omiche” al singolo individuo

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80 GIORN GASTR EPATOL NUTR PED 2018;X:2

intestinale: un complesso ecosistema dimicroorganismi che vivono all’interno del nostroorganismo. Anche in questo caso diversi cibipossono influenzare le popolazioni microbicheresidenti nel nostro organismo e viceversa, i ceppimicrobici intestinali possono portare ad unaparticolare tipologia di risposta piuttosto che adun’altra5. L’approccio olistico che considera la persona nel suoinsieme e in tutte le sue espressioni pone attenzionesia alle molecole che ai fattori legati allo stile di vita,come lo stress, l’ambiente e la nutrizione. Lanutrizione gioca un ruolo importante nella Medicinadelle 4P: Personalizzata, Predittiva, Preventiva ePartecipativa, che si avvale delle informazioni“omiche” per evidenziare il concetto di benesserepiuttosto che quello di malattia6. In particolare lanutrizione personalizzata nasce per favorire uncambiamento duraturo nel comportamentoalimentare, modellato sul singolo individuo, al fine dimigliorare la salute di tutti gli individui.

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V. DE COSMI, C. AGOSTONI

KEY POINTS► Una nutrizione personalizzata è utile e auspicabile in ottica di prevenzione e terapia.

► I geni e il cibo che mangiamo interagiscono in modo reciproco.

► Persone diverse rispondono in modo diverso ad alimenti uguali.

► “Nutrigenetica” e “Nutrigenomica” studiano le caratteristiche genetiche di un individuo e le diverserisposte ai nutrienti.

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GIORN GASTR EPATOL NUTR PED 2018;X:2 81

Dieta chetogena:oltre l’epilessia cosa c’è?

Ketogenic Diet: therapeutic option beyond epilepsy

INTRODUZIONE

Definizione e tipologie di diete chetogeneLa dieta chetogena (DC) è un regime nutrizionalecaratterizzato da un alto apporto lipidico associato a unapporto proteico moderato e glucidico povero. La DCclassica prevede un rapporto preciso tra grammi digrassi e grammi di proteine più carboidrati(generalmente tra 4:1 e 3:1 ma sono possibili ancherapporti di 2:1 e 1:1 a seconda della patologia di base).Abitualmente la quota di grassi viene copertaprevalentemente da trigliceridi a lunga catena (LCT) masempre più spesso viene utilizzata una associazione coni trigliceridi a catena media (MCT), i quali essendo piùchetogeni consentono di modulare l’apporto incarboidrati o di aumentare i valori di chetonemiamantenendo invariato il rapporto chetogeno. Una formameno rigida di DC è la Modified Atkins Diet (MAD) in cuiil basso introito di carboidrati si associa a una minorelimitazione dell’apporto proteico; questa forma di DCviene utilizzata prevalentemente in caso di insufficienteaderenza al protocollo classico1. Esiste anche la dieta abasso indice glicemico (LGID) in cui si utilizza una quotaglucidica più elevata (fino a 40-60 g di carboidrati) conun rapporto chetogeno medio di 1:1. Questa variante diDC induce livelli di chetosi molto più bassi1. In Tabella 1vengono riassunte le caratteristiche delle diversetipologie di DC.

Controindicazioni ed effetti collaterali

La DC si basa sui lipidi come fonte energetica principaleper cui non va mai utilizzata nei pazienti con un disturbodel metabolismo dei grassi in cui potrebberomanifestarsi eventi avversi potenzialmente fatali. Primadi iniziare il trattamento dietetico, si deve condurresempre un accurato screening volto ad escludere lecontroindicazioni assolute rappresentate da: deficitprimitivo di carnitina, deficit di carnitinapalmitoiltransferasi I o II, deficit di carnitina translocasi,difetti della beta-ossidazione (MCAD, LCAD, SCAD),deficit di 3-idrossiacil-CoA a catena lunga e a catena

LA FARMACONUTRIZIONEdalla fisiopatologia alle applicazioni clinicheA CURA DI Antonella Diamanti

Domenica Elia (foto)Anna Carmen CampanaVittoria RussoSilvia Maria BernabeiDaniela MarinoTeresa CapriatiUnità Operativa Semplice di Nutrizione ArtificialeOspedale Pediatrico Bambino Gesù Roma

ABSTRACT

The Ketogenic Diet (KD) was born as a therapeuticcomplement for refractory epilepsy and metabolic diseases.Recently, there is a growing interest in using KD as co-adjuvant option for brain cancer, migraine, autism, obesityand in others conditions. The aim of this topic is to describehow KD can target these different medical conditionhypothesizing possible mechanisms involved.

Indirizzo per la corrispondenza

Domenica EliaUnità Operativa Semplice di Nutrizione ArtificialeOspedale Pediatrico Bambino Gesù RomaPiazza S. Onofrio 4, 00165 RomaEmail: [email protected]

KEY WORDSKetogenic diet; dietary therapies; tumors; migraine; autism.

doi: 10.19186/ggenp_2018.017

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media, deficit di piruvato carbossilasi, e porfiria1,2. A prescindere dalle controindicazioni assolute, è benesapere che, la DC può sempre causare effettiindesiderati sia a breve termine (nausea, vomito,diarrea, inappetenza, letargia transitoria, ipoglicemiaed acidosi) che a lungo termine (stipsi, iperuricemia,ipoproteinemia, iperlipidemia, ipocalcemia,osteopenia, calcolosi renale e ritardo della crescita)motivo per il quale questa dieta, quale che sial’indicazione, deve sempre essere gestita dapersonale esperto1,2.

INDICAZIONI VECCHIE E NUOVE

Tradizionalmente, la DC è considerata il trattamentodi prima scelta per due disordini del metabolismoenergetico cerebrale: il deficit di GLUT1 e il deficit dipiruvato deidrogenasi (PDH) e come una alternativaterapeutica nelle forme di epilessia farmaco-resistente dopo il fallimento dei primi 2 o 3 farmaciantiepilettici3,4. Negli ultimi tempi, però, la letteratura si è arricchitadi studi relativi alla possibile applicazione della DCanche ad altre situazioni cliniche e patologie. Questorappresenta un campo interessante sebbene si trattidi segnalazioni sporadiche. Al momento non esistonoevidenze solide sulla applicabilità tout court della DCal di fuori delle indicazioni classiche e saranno

necessari ulteriori studi per valutarne l’efficacia e lasicurezza.

Patologie neurologiche

In ambito neurologico, aldilà delle forme di epilessiafarmaco-resistente si è riscontrata una certaefficacia della DC nella sindrome di Dravet (epilessiamioclonica severa dell’infanzia), nella epilessiamioclono-astatica, nella emiplegia alternante, neglispasmi infantili resistenti a vigabatrin ecorticosteroidi, nella malattia di Lafora e nellasindrome di Rett. Esistono anche dei report diefficacia nei cosiddetti “stati di male” nei quali la DCa rapporto molto alto (3:1 - 4:1) è stata in grado disupportare l’intervento farmacologico fino allarisoluzione dell’evento critico. I dati disponibili nonsono sufficienti per dare raccomandazioni definitivema suggeriscono che la DC può rappresentare unaopzione disponibile4,5. Il meccanismo d’azione anticonvulsivante della DC èancora oggetto di studio ma sicuramente èmultifattoriale (Figura 1). Dal punto di vistastrettamente biochimico una dieta con alto apportolipidico (80-90% di grassi) e basso apporto incarboidrati è in grado di determinare una modifica delpH e dell’equilibrio acido-base a livello cerebrale mache questo sia il meccanismo d’azione non è stato

Tabella 1Tipologie di diete chetogene

Protocolli in uso Distribuzione macronutrienti Rapporto chetogenico

DC 4:1 90% Lipidi 6% Proteine 4% Glucidi

4:1

DC 3:1 88% Lipidi 6% Proteine 6% Glucidi

3:1

DC con MCT 82% Lipidi (40% MCT) 7% Proteine 11% Glucidi

2:1

MAD 65% Lipidi 30% Proteine 5% Glucidi

1:1

LGID 60% Lipidi 30% Proteine 10% Glucidi

0.7:1

DC: dieta chetogena; MCT: medium Chain Triglycerides; MAD: Modified Atkins Diet; LGID: Low Glicemic Index Diet.

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LA FARMACONUTRIZIONEDieta chetogena: oltre l’epilessia cosa c’è?

confermato2. L’azione principale deriva dallaformazione dei corpi chetonici (CC) comeacetoacetato (AA) e beta-idrossibutirrato (BHB) chehanno, di per sé, un effetto anticonvulsivante e,inoltre, rappresentano una fonte di energia alternativaper cuore, muscolo scheletrico e cervello in situazionidi carenza di glucosio. Al di là dell’effetto metabolicoacuto, però, è l’adattamento alla chetosi cronicaindotta dalla DC che esita in un miglior controllo dellecrisi. Questo accade sia per azione diretta dei CC siaperché la DC attiva numerosi “programmi” endogenimetabolici e genetici che stabilizzano e/oottimizzano il metabolismo cellulare contrastando ladisfunzione neuronale associata alle crisi convulsive. La chetosi cronica conduce a livelli aumentati di AAe acetone e questi due CC sono in grado di attivare icanali K2P determinando una iperpolarizzazione dei

neuroni che ne limita l’eccitabilità (aumento dellaresistenza alla crisi convulsiva) a livello pre e post-sinaptico. In effetti è stato osservato uninnalzamento dei livelli di acetone cerebrale inpazienti epilettici responders alla DC. La riduzionedell’apporto glicidico inoltre sembra diminuire ilfattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF) e lasegnalazione trkB nel cervello (il pathway TrkB/BDNFpromuove l’ipereccitabilità neuronale) determinandouna limitazione del sintomo (convulsione). La chetosicronica poi modifica in modo indiretto anche il ciclodell’acido tricarbossilico (TCA) determinando unaumento del glutammato e, quindi della sintesi diacido γ-aminobutirrico (GABA) che è unneurotrasmettitore inibitorio. Dall’altro lato la chetosicronica e l’aumento degli acidi grassi polinsaturi(PUFA) a livello cerebrale sposta l’equilibrio della

Figura 1Meccanismi anticonvulsivanti della dieta chetogena.FFA: free fatty acids; PUFAs: polyunsaturated fatty acids; K2P: Two Pore Domain Potassium channels; TCA: ciclo degli aciditricarbossilici; GABA: acido gamma amino butirrico; UCPs: uncoupling proteins mitocondriali; PPARα: peroxisomeproliferator-activated receptor-α; IL-1β: interleuchina 1β; ATP: adenosine trifosfato; NE: norepinefrina; PCr:Cr ratio: ratiofosfocreatina: creatina; PGC1: coattivatore di PPARα; KATP: canali del potassio ATP dipendenti; BDNF: brain-derivedneurotrophic factor; Nrf1: Nuclear Respiratory Factor 1; TrkB: turn Key Enzyme; Fosf ox: fosforilazione ossidativa; Segno↑: aumenta; segno ↓: diminuisce.

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cellula nervosa dalla via glicolitica cellulare a quellafosforilativa mitocondriale. I PUFA - agendoattraverso la trascrizione nucleare del fattoreperossisomal proliferator-activated receptor-α(PPARα) e del suo coattivatore PGC1 - inducono eamplificano l’attività delle proteine didisaccoppiamento (UCP) mitocondriali checoordinano e up-regolano decine di geni legati almetabolismo cellulare ossidativo (biogenesimitocondriale). L’effetto finale di questo pathway è laridotta produzione di specie reattive dell’ossigeno(ROS) con conseguente riduzione della disfunzioneneuronale e della neurodegenerazione (effettoneuroprotettivo). D’altra parte l’espressione di PPARαè inversamente correlata all’espressione dellacitochina IL-1β la cui riduzione è associata a unariduzione della ipereccitabilità e a una maggiorestabilità delle cellule nervose. La biogenesimitocondriale è un meccanismo che permette diaumentare la capacità di produzione di ATP emigliorare le riserve energetiche. Questo determinaun aumento del rapporto fosfocretina:creatina (PCr:Cr) nella cellula con conseguente migliore outputGABAergico. Questo meccanismo si somma allaelevata produzione di GABA indotta dalla chetosi, eporta a una ulteriore ridotta eccitabilità neuronale. Inultimo la riduzione dell’intake glicidico insieme aglielevati acidi grassi liberi e alle alte concentrazioni diadenosina trifosfato (ATP) e citrato prodotteagiscono inibendo ulteriormente la glicolisi. Questoa sua volta attiva i canali KATP metabolici conconseguente iperpolarizzazione neuronale ediminuzione della eccitabilità (azione anticonvulsivae neuroprotettiva)2,5. Anche se gli studi non sonomolto numerosi, una certa efficacia è stata osservataanche nell’epilessia secondaria a sclerosi tuberosa.In questo caso la maggior parte delle manifestazionicliniche è correlata a una iperattività del complessomammalian Target Of Rapamicin (mTOR)6 e la DCagirebbe, almeno in parte, determinandone lainibizione (vedi Figura 2).

Patologie metaboliche

Nella sindrome da deficit di GLUT1, il trasporto diglucosio attraverso la barriera emato-encefalica èalterato, e questo porta a ritardo dello sviluppo, crisiepilettiche e disturbi del movimento. Il deficit di PDHè un’altra patologia metabolica caratterizzata dadisabilità neurologica ed acidosi lattica, in cui ilpiruvato non riesce ad essere metabolizzatocorrettamente. In entrambe queste patologie la DC,

fornendo corpi chetonici (CC), permette di bypassareil difetto metabolico fornendo al tessuto cerebraleuna fonte alternativa di energia. In questi casi la DCandrebbe instaurata il prima possibile e mantenutaper tutta la vita del paziente. In ambito metabolico laDC ha sortito risultati positivi in studi occasionalianche nell’Iperglicinemia non chetotica (NKH),nell’Iperinsulinismo congenito in pazienti selezionatinon responsivi alla terapia medica, nella Glicogenositipo III, nelle Encefalopatie mitocondriali. Imeccanismi che giustificano l’utilizzo della DC inqueste patologie sono sostanzialmente analoghi aquelli delle patologie neurologiche (effettoanticonvulsivante e neuroprotettivo).

Patologie neuromuscolari

Esistono recenti evidenze che la DC, grazie alla suaazione neuroprotettiva sia in grado di influenzare insenso positivo la funzione motoria. Sulla base diquesto razionale gli effetti della DC sono statisperimentati anche in patologie come la sclerosilaterale amiotrofica (SLA), la sindrome di Angelman(AS), le miopatie mitocondriali, l’Alzheimer e ilParkinson. In particolare il miglioramento della funzione motoriasarebbe in parte legato ai meccanismi già descritti diswitch metabolico cellulare (sia il cervello che ilmuscolo consumano circa il 20% delle riserveenergetiche e in questi organi i CC sono una fonteenergetica più efficiente del glucosio in quanto sonometabolizzati più velocemente e bypassano la viaglicolitica entrando direttamente nel ciclo TCA), dieffetto antiossidante (la riduzione dello stressossidativo e l’aumento del glutatione mitocondriale edell’attività della glutatione perossidasi proteggeanche il tessuto muscolare oltre che quello nervoso)e di miglioramento della trasmissione sinaptica(attraverso la riduzione del rilascio vescicolare delglutammato che stabilizza la funzione sinaptica eaumenta l’output del GABA). L’azione della DC sullafunzione motoria però è anche mediata dal controllodella omeostasi cellulare tramite vie di segnale (peresempio in alcune malattie neuromuscolari c’è unaderegolazione delle vie mTOR e della proteina chinasiattivata dalla adenosina monofosfato ossia AMPKimplicate nella proliferazione energetica, nelmetabolismo cellulare e nella biosintesi delleproteine) e al suo effetto antiinfiammatorio (la DC siassocia a una elevata espressione di interferonegamma, a un’aumentata espressione di PPARα cheinibisce citochine proinfiammatorie come NF-kB, IL6

LA FARMACONUTRIZIONEDieta chetogena: oltre l’epilessia cosa c’è?

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LA FARMACONUTRIZIONEDieta chetogena: oltre l’epilessia cosa c’è?

e TNFα; il βidrossibutirrato poi inibiscel’inflammosoma NLRP3 che controlla la attivazionedella caspasi 1 e il rilascio di altre citochineinfiammatorie quali IL1β e IL 18). Questi ultimimeccanismi sono riassunti nella Figura 2.

Dieta chetogena e danno traumatico encefalico

Il danno traumatico encefalico (DTE) comprende tuttequelle lesioni encefaliche conseguenti a un’azionetraumatica. Il DTE primario è la diretta conseguenzadella azione lesiva sulle strutture cranioencefaliche(lacerazioni dello scalpo, fratture craniche, contusionie lacerazioni dell’encefalo, sofferenza assonalediffusa e raccolte ematiche intracraniche). Il DTEsecondario si manifesta clinicamente eradiologicamente dopo un certo lasso di tempo

(minuti, ore o giorni) e pur essendo innescatodall’evento traumatico non risulta direttamentecorrelato a esso (la sua fisiopatologia a tutt’oggi nonè completamente compresa). Il danno secondariopuò essere caratterizzato da alterazioni sistemiche(ipotensione arteriosa, iponatriemia, ipercapnia eipossiemia, iperglicemia e ipertermia) o intracraniche(incremento della pressione intracranica,vasospasmo, infezioni ed epilessia con conseguentialterazioni emodinamiche, metaboliche e ischemichea carico del tessuto cerebrale). Esistono alcuneevidenze (per lo più su studi animali) che la DC possaridurre l’insulto cerebrale dopo un trauma agendoprincipalmente sul danno secondario. I meccanismid’azione riportati sono: 1) la riduzione della apoptosicellulare dopo insulto cerebrale; 2) la riduzione

Figura 2FFA: free fatty acids; MSU: monosodium urate (crystals); ATP: adenosina trifosfato; BHB: beta idrossibutirrato; NLRP3:inflammosoma NOD-like Pyrin 3 receptor; ASC: Apoptosis Associated Speck-like protein contenente a CARD (è unadattatore); TCA: ciclo degli acidi tricarbossilici; ROS: specie reattive dell’ossigeno; IL-1β: interleuchina 1β; IL-18:interleuchina 18; mTOR: mammalian Target of Rapamicin; AMPK: adenosina monofosfato chinasi; 2DG: 2-desossiglucosio;Gluc: glucosio; IGF1: Insukin Grothw Factor; NADPH: nicotinamide adenina dinucleotide fosfato; PI3K: Fosfo Inositide 3chinasi; AKT: protein chinasi B; Segno ↑: aumenta; segno↓: diminuisce.

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dell’edema cerebrale; 3) il miglioramento dellafunzione cognitiva e motoria. In realtà non esistonoancora risultati da studi sull’uomo relativi a questaapplicazione7.

Dieta chetogena e tumori

Negli ultimi anni si è prospettata la possibilità di unintervento dietetico specifico, sfruttando l’effettoantiangiogenico e proapoptotico della DC, nei tumoricerebrali a sostegno delle classiche opzioni ditrattamento (resezione chirurgica, chemioterapia,radioterapia e trattamento delle complicanze qualiaumento della pressione intracranica e idrocefaloostruttivo). I tumori cerebrali sono i tumori solidi piùfrequenti e con più alto tasso di mortalità in etàpediatrica. Il medulloblastoma in particolarerappresenta quasi il 25% di tutti tumori maligni delsistema nervoso centrale (SNC) prima dei 15 anni. Il meccanismo d’azione principale della DC nei tumorisarebbe legato alle caratteristiche metaboliche dellecellule neoplastiche (caratteristiche particolarmenteaccentuate nelle cellule del SNC) che utilizzanoprevalentemente la via glicolitica (al posto dellafosforilazione ossidativa) per la produzione di ATPcome fonte energetica di sopravvivenza (questo è ilcosiddetto “effetto Warburg”) e che non sono in gradodi utilizzare i chetoni come fonte energeticaalternativa a causa di una disfunzione mitocondrialee della inibizione degli enzimi necessari perl’utilizzazione dei chetoni stessi. La DC, pertanto,sottraendo glucosio e fornendo materialeinutilizzabile per le cellule neoplastiche (chetoni) nebloccherebbe o rallenterebbe la crescita8. Inoltre,come effetto secondario della riduzione del glucosioanche i livelli di insulina, Growth Hormone (GH) eInsulin Growth Factor (IGF1) si riducono. Questi ultimisono importanti fattori di crescita per le celluletumorali. In Tabella 2 sono riassunti i principali trialattualmente aperti sull’argomento (uno solo èpediatrico). Nel 1995 Nebeling fu il primo ad utilizzarela DC in due bambini affetti da tumori cerebraliresistenti alle terapie convenzionali.Successivamente nel 2010 Zuccoli prova la DC sullamadre di 65 anni affetta da glioblastoma, conevidenza di assenza di progressione tumorale nelperiodo della dieta e fino agli 8 mesi successivi. Nel2011, Schmidt sperimenta la DC in 16 pazienti masolo 5 completano il periodo di tre mesi senzamanifestare progressione di malattia durante la dieta.

Nel 2015 Schwartz tratta due pazienti e fa unacompleta revisione della letteratura che su un totaledi 32 pazienti affetti da glioma di alto grado rileva unaremissione prolungata di malattia (tra i 5 mesi ed i 4a anni), a fronte di una dieta priva di importanti effetticollaterali9.Al momento le evidenze relative a questaapplicazione sono ancora limitate. Gli studi in fasepreclinica sono stati allargati anche su altri tipi ditumore: le maggiori evidenze (>3 studi) sono stateriportate per il glioblastoma mentre piccolo o nessunbeneficio è stato riportato per altri 2 tipi di tumorecerebrale (astrocitoma e medulloblastoma). Nessunbeneficio è riportato per il neuroblastoma. Buoneevidenze sono disponibili per tumori della prostata,del colon, del pancreas e del polmone. In tutti questicasi la DC viene utilizzata come terapia adiuvante espesso deve fare i conti con gli effetti collaterali dellachemioterapia e della terapia radiante (nausea,inappetenza, alterazione dei sapori e altri disturbigastrointestinali).

Dieta chetogena e obesità

La DC potrebbe avere una qualche applicabilità anchenelle situazioni di obesità grave ed in particolarepotrebbe essere presa in considerazione prima didecidere per un intervento di chirurgia bariatrica. LaDC induce perdita di peso con i seguenti meccanismi:1) restrizione calorica e riduzione dell’appetito(dovuto all’effetto altamente saziante delle proteinee anoressizzante dei CC, nonché agli effetti sugliormoni che controllano l’appetito); 2) riduzione dellalipogenesi e aumento della lipolisi; 3) maggioreefficienza metabolica nel consumo dei grassi (comedimostrato dalla riduzione del quoziente respiratorioa riposo); 4) aumento della spesa energetica dovutoal costo metabolico della gluconeogenesi e allatermogenesi indotta dalle proteine. Peraltro la DCgarantisce il mantenimento del trofismo muscolare eun miglioramento di markers infiammatori emetabolici (come dimostrato dagli studi sulla DC neicasi di diabete non insulino-dipendente e di obesitàassociata a steatosi epatica e iperinsulinismo).Quando l’obiettivo è la perdita di peso non ènecessario impostare un regime di DC classico mauna MAD (Modified Atkins Diet) con un rapportochetogeno 1:1 può essere più che sufficiente.Naturalmente anche questo è un campo in cui non cisono indicazioni condivise per cui andrebberochiaramente definiti i tempi e le modalità di

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LA FARMACONUTRIZIONEDieta chetogena: oltre l’epilessia cosa c’è?

applicazione anche allo scopo di evitare un aumentodi peso successivo alla sospensione della dieta (ilcosiddetto effetto yo-yo) e di favorire ilmantenimento di un obiettivo (la perdita di almeno il10% del peso corporeo mantenuto per almeno unanno) che si associ effettivamente alla riduzione delrischio di diabete e di malattie cardiovascolari10.

Dieta chetogena e emicrania

L’emicrania è una condizione neurologicaparossistica con molti aspetti sovrapponibili allaepilessia (entrambe sono caratterizzate da unacondizione di ipereccitabilità cerebrale e spesso ifarmaci usati per trattare la epilessia e quelli pertrattare la emicrania sono gli stessi). La sua

Tabella 2Trial clinici aperti allo stato attuale sull’effetto della DC in oncologia

Tipo di tumore Intervento(Età)

Numero identificatore

Luogo Stato

TCMR/R DC (P) NCT03328858 Florida, USA R in corso

G DC (A) NCT01535911 Michigan, USA R in corso

CRm DC/LGIT/dieta insulinemica (A) NCT02092753 Germany 150 pz

GM DC (A) NCT01865162 Maryland, USA R in corso

CR DC (A) NCT01716468 Pennsylvania, USA 11 pz

GR DC + digiuno + CT + RT(A) NCT01754350 Francoforte, Tubinga,Germany

AttivoNR

G DC + CT + RT (A) NCT02046187 Arizona, USA 14 pz

PC DC (A) NCT03194516 Maryland, USA R in corso

GR DC + CT (A) NCT02939378 Beijing, Cina R in corso

L-SNC DC + CT (A) NCT02939378 Beijing, Cina R in corso

TTC DC + RT (A) NCT01975766 Iowa, USA 14 pz

G DC + CT + RT (A) NCT03451799 California, USA R in corso

GM DC + CT + RT (A) NCT02302235 Maryland, USA R in corso

CRp DC + CT + RT (A) NCT01419483 Iowa, USA 5 pz

GM DC come tx adiuvante NCT03075514 Liverpool, UK R in corso

CR polm DC + CT (A) NCT01419587 Iowa, USA 11 pz

G DC + CT + RT (A) NCT02046187 Arizona, USA 14 pz

GM DC + CT + RT (A) NCT03160599 Guangdong, Cina R in corso

G MAD (A) NCT03278249 Ohio, USA R in corso

CAM DC (A) NCT01716468 Pennsylvania, USA 17 pz

CR o/e DC (A) NCT03171506 Alabama/Birmingham 57 pz

G DC CT + RT (A) NCT01535911 Michigan, USA R in corso

GM MAD (A) NCT02286167 North Carolina USA R in corso

TCMR/R: tumore cerebralo maligno ricorrente/refrattario; P: pediatrico; A: adulto; R: reclutamento; G: glioblastoma; CRm:Carcinoma mammella; GM: glioblastoma multiforme; CR: carcinoma; GR: glioblastoma ricorrente; CT: chemioterapia; RT:radioterapia; NR: non reclutati; PC: CR della prostata; L-SNC: linfoma del SNC; TTC: tumori della testa e del collo; CRp: CRdel pancreas; CRpolm: CR polmonare; CAM: CR avanzato metastatico; CRo/e: CR ovarico ed endometriale.

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patogenesi è multifattoriale. La prima osservazionedi un effetto positivo della DC su questo tipo didisturbo fu quella relativa a pazienti obesi eemicranici che sottoposti a dieta ipocalorica (conrestrizione glucidica) riducevano sia il peso che lafrequenza degli attacchi di emicrania con unapersistenza del beneficio anche ad un anno dalla finedella dieta. Si pensa che la DC agisca nella emicraniain quanto modula la eccitabilità corticaleinfluenzando la dinamica dei sistemineurotrasmettitoriali cerebrali maggiori (inparticolare la DC determina una normalizzazione delrapporto tra due neurotrasmettitori dall’effettoopposto il GABA e il glutammato e un aumento delrilascio di serotonina). Inoltre, il consumo di CC riducei fenomeni neuroinfiammatori e protegge contro lostress ossidativo nei neuroni aumentandol'ossidazione di NADH e diminuendo la produzione diROS nei mitocondri (in particolare è il BHB adesercitare questo effetto antiinfiammatorio e dipotenziamento del metabolismo energetico cellularecerebrale)11. In ultimo sembra avere un ruolo anche labiogenesi mitocondriale (i CC influenzano la 3-idrossi-3-metilglutaril-CoA sintasi mitocondriale)motivo per cui alcuni ricercatori propongono a scopopreventivo l’uso di stimolatori metabolici come lariboflavina (vitamina B2) e il Coenzima Q10.

Dieta chetogena e psichiatria (autismo e disturbo dadeficit dell’attenzione/iperattività)

Mentre la DC ha una lunga tradizione in neurologianon ha un chiaro ruolo nella terapia dei disturbimentali. Esistono degli studi – sebbene nella metàdei casi realizzati su modelli animali e con limitataestensione a condizioni analoghe nell’uomo – basatisulla ipotesi che le alterazioni delle vie delmetabolismo energetico possano avere un ruolo nellafisiopatologia di alcuni disturbi mentali quali disturbobipolare, depressione, schizofrenia, disturbo dellospettro autistico (ASD)12 e potenzialmente disturboda deficit di attenzione/iperattività (ADHD). D’altraparte la nota comorbilità tra epilessia e disturbimentali potrebbe indicare l’esistenza di meccanismicomuni. Attualmente non ci sono prove sufficienti perl’uso della DC nei disturbi mentali, e non è un’opzionedi trattamento raccomandata però è necessarioricordare in campo pediatrico gli studi relativiall’autismo e al disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD). I disturbi dello spettro autistico (DSA) sono disturbi

dello sviluppo pervasivi i cui criteri diagnostici sono iseguenti: a) deficit persistenti nella comunicazionesociale e nell’interazione sociale in tutti i contesti; b)limitati e ripetitivi modelli di comportamento,interessi o attività; c) sintomi presenti nella primainfanzia; d) sintomi che limitano e danneggiano ilfunzionamento quotidiano.La terapia di questi disturbi è in primiscomportamentale e in seconda istanzafarmacologica al fine di controllare alcunicomportamenti associati difficilmente responsivi(iperattività, disattenzione, compulsioni e rituali,sbalzi d’umore, irritabilità, aggressività, disturbi delsonno). La DC è stata introdotta di recente, conl’obiettivo proprio di controllare la sferacomportamentale e la stabilità umorale. Inletteratura, per quanto riguarda l’uso della DC neltrattamento di bambini con comportamento autistico,troviamo uno studio pilota prospettico, su 30 bambinidi età compresa tra 4 e 10 anni. In questo studio èstata somministrata la dieta di John Radcliffe (unaDC classica con il 30% di grassi MCT). La dieta venivaproposta per 6 mesi complessivi ma con intervalli di4 settimane interrotti da due settimane senza dieta.Il 40% dei bambini non ha rispettato o non ha tolleratola dieta. Del restante 60%, due bambini concomportamenti autistici più miti hanno mostrato unbuon miglioramento della concentrazione e dellacapacità di apprendimento, del comportamentosociale e della interazione, mentre gli altri hannomostrato un miglioramento da lieve a moderato. Èinteressante notare che gli effetti benefici della DCpersistevano anche dopo l’interruzione della dieta11.Il numero limitato di segnalazioni di miglioramentonon è sufficiente ad attestare la praticabilità della DCcome trattamento per il disturbo e inoltre questadieta trova in questa patologia lo scoglio della scarsacompliance da parte di bambini che già di per sépresentano selettività alimentare e che sono pocodisposti a modificare le proprie abitudini (anchealimentari). L’ADHD è un disordine mentale comune nei bambinie spesso caratterizzato da alterazioni epilettiformiall’EEG. In uno studio prospettico di bambini conepilessia in DC si rilevava dopo 1 anno di dieta unmiglioramento significativo dell’attenzione e delfunzionamento sociale. Specificatamente sull’ADHDesiste solo uno studio animale (non ci sono studisull’uomo): è uno studio prospettico, randomizzato indoppio cieco controllato con placebo condotto su

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LA FARMACONUTRIZIONEDieta chetogena: oltre l’epilessia cosa c’è?

animali (21 cani con comorbidità ADHD ed epilessia)che ha confrontato gli effetti della DC e di una dietastandard su outcomes quali eccitabilità,inseguimento, addestrabilità. La DC migliora icomportamenti legati alla ADHD. I meccanismi delmiglioramento del comportamento rimangonosconosciuti sebbene gli autori ritengono che lealterazioni del metabolismo energetico cerebrale nesiano alla base.

Dieta chetogena e dolore

Nella letteratura esistono ipotesi di utilizzo della DCper trattare il dolore neuropatico cronico sfruttandole sue capacità stabilizzanti/neuroprotettive eantiinfiammatorie. I meccanismi postulati sono iseguenti: 1) fisiopatologia analoga a quelladell'epilessia: si pensa che il dolore cronico - come leconvulsioni – sia causato da un aumentodell’eccitabilità neuronale (neuroni periferici e/ocentrali). Infatti i farmaci anticonvulsivanti sonospesso prescritti con beneficio per il doloreneuropatico scarsamente sensibili ai classicianalgesici; 2) la riduzione del metabolismo glicoliticosembra essere di per sè anticonvulsivante sia seindotta con la dieta (digiuno, restrizione calorica, DC,MAD) sia se indotta da farmaci come il 2-desossiglucosio (2-DG). Il digiuno e il 2-DG sonoanche analgesici per cui potrebbe esserlo perestensione anche la DC; 3) il neuromodulatoreadenosina può essere analgesico (è coinvolto neglieffetti dell'agopuntura) ed esso è stimolato daicambiamenti metabolici (digiuno, DC, 2-DG). Anchel’esercizio fisico modula il dolore tramite unmeccanismo adenosina mediato. Nonostante questesuggestioni sono molto pochi i lavori che hannoindagato questa applicazione (dolore croniconeuropatico) della DC.

CONCLUSIONI E ASPETTI PRATICI DELLA DIETACHETOGENA NELLE APPLICAZIONI NON CLASSICHE

Nonostante la relativa mancanza di dati clinici, c'èuna letteratura emergente relativa all’applicazionedella DC (e delle sue varianti) al di fuori delleindicazioni cliniche ufficiali. L’aspetto interessante èche un unico e semplice cambiamento dietetico puòdeterminare un miglioramento sintomatologico in ungran numero di disordini con patofisiologia anchemolto diversa. La chiave comune potrebbe essererappresentata da alterazioni del metabolismo

energetico così che se il meccanismo iniziale cheinnesca la DC è diverso a seconda della patologiapotrebbero esserci effettivamente uno o più percorsifinali condivisi. Sono necessari altri studi sia in vitroche in vivo per supportare questa ipotesi. Dal puntodi vista pratico, invece, il problema più importantenelle applicazioni non classiche è la mancanza di unprotocollo di intervento o di una linea guida chesappiamo essere determinante ai fini dell’efficacia deltrattamento e della sua sicurezza (comparsa egestione di eventuali effetti collaterali sia a breve chea lungo termine). Nelle patologie ufficiali (epilessiafarmaco-resistente e deficit enzimatici GLUT 1 ePDH) è in uso un protocollo nato da una Consensusche prevede una fase iniziale di induzione seguita daun aumento graduale del rapporto chetogeno fino alraggiungimento di valori di chetonemia attesi (2.0-4.0 mmol/L) in base alla risposta clinica3. Nelle altrepatologie invece, vanno individuati gli outcomes estabiliti i criteri per la valutare la risposta clinica.Sicuramente una cautela va osservata nell’aumentodel rapporto chetogeno in relazione al tipo dipatologia nella quale vogliamo sperimentare la DC.Nel caso dell’obesità è abbastanza facile ottenere inmodo rapido un dimagrimento e un controllosull’appetito senza aumentare di molto il rapportochetogeno perché la formazione dei CC è favoritadalla semplice restrizione calorica. Nelle situazioni incui non è presente sovrappeso come condizioneprimaria (per esempio cefalea, autismo, malattieneuromuscolari e tumori) è necessario usare unrapporto chetogeno più alto perché è l’unico modoper ottenere e mantenere stabile un valore dichetonemia adeguato. In realtà potrebbe esseresufficiente modulare il disegno della DC sulla rispostaclinica in quanto spesso si ha una risposta positivaanche per valori di chetonemia non necessariamenteideali (2.0-4.0 mmol/L) ma più bassi (1.0-2.0mmol/L).I grandi limiti alla applicabilità di questo interventodietetico in età pediatrica sono la scarsa palatabilitàche incide sulla compliance a lungo termine (questoè vero anche per le applicazioni classiche della DCossia le patologie metaboliche e neurologiche) e laassenza di una standardizzazione dei tempi e dellemodalità di applicazione allo scopo di garantire laminimizzazione degli effetti collaterali (a breve e alungo termine) e il mantenimento di un adeguatopattern di crescita.

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90 GIORN GASTR EPATOL NUTR PED 2018;X:2

ELIA D., CAMPANA A.C., RUSSO V., BERNABEI S.M., MARINO D., CAPRIATI T.

KEY POINTS

► The Ketogenic Diet (KD) is the first therapy for metabolic disease such as GLUT1 and PDH deficiency anda possible therapy for refractory epilepsy.

► Despite the relative lack of clinical data, there is an emerging literature supporting the broad use of the KDand its variants against a variety of conditions: tumors, autism, migraine, traumatic brain injury,improvement of motor function, obesity.

► The mechanism of actions in these different conditions are likely diverse but alterations in energymetabolism appear to be a common theme.

► It is important to evaluate the potential positive effects in relation to possible side effects in order to be ableto make ketogenic diet safety and to define a protocol of action in these not classical applications of KD.

BIBLIOGRAFIA1. Hartman AL, Vining EPG. Clinical aspects of the Ketogenic

Diet. Epilepsia 2007;48:31–42.2. Freeman J, Veggiotti P, Lanzi G, et al. The ketogenic diet: from

molecular mechanism to clinical effects. Epilepsy Res2006;68: 145-80.

3. Kossoff EH, Zupec-Kania BA, Amark PE, et al. Optimal clinicalmanagement of children receiving the ketogenic diet:recommendations of the International Ketogenic Diet StudyGroup. Epilepsia 2009;50:304–17.

4. Bough KJ, Rho JM. Anticonvulsant mechanism of theketogenic diet. Epilepsia 2007;48:43-58.

5. Henderson CB, Filloux FM, et al. Efficacy of the ketogenic dietas a treatment option for epilepsy: meta-analysis. J ChildNeurol 2006;21:193-8.

6. Gano LB, Patel M, Rho JM. Ketogenic diets, mitochondria, andneurological disease. J Lipid Res 2014;55:2211-28.

7. McDougall A, Bayley M, Munche SEP. The ketogenic diet as a

treatment for traumatic brain injury: a scoping review. BrainInjury 2018;32:416-22.

8. Oliveira LP, Mattingly S, Shirrmacher R. A nutritionalperspective of ketogenic diet in cancer: a narrative review. JAcad Nutr Diet 2018;118:668-88.

9. Schwartz K, Chang HT, Nikolai M, et al. Treatment of gliomapatients with ketogenic diet: report of two cases treated withan IRB-approved energy-restricted ketogenic diet protocoland review of the literature. Cancer Metab 2015;25:3.

10. Paoli A. Ketogenic diet for obesity: friend or foe. Int J Environ.Res. Public Health 2014;11:2092-107.

11. Maalouf Sullivan PG, Davis L, Kim DY, Rho JM. Keton inhibitmitochondrial production of reactive oxygen speciesproduction following glutamate excitotoxicity by increasingNADH oxidation. Neuroscienze 2007;145: 256-64.

12. Evangeliou A, Vlachonikolis I, Mihailidou H, et al. Applicationof a ketogenic diet in children with autistic behavior: pilotstudy. J Child Neurol 2003;18:113-8.

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REPORT E CONGRESSIA CURA DI Mariella Baldassarre, Laura Stronati, Salvatore Cucchiara

GIORN GASTR EPATOL NUTR PED 2018;X:2 91

Il Forum dei Giovani Ricercatori: edizione 2018

Ancora una volta ci siamo ritrovati a Roma, nellabellissima cornice della residenza “La Borghesiana”nei giorni 16-18 marzo, per il “Forum dei GiovaniRicercatori”, insieme a 20 giovani tra specializzandi estudenti all’ultimo anno del corso di studi in medicina,provenienti da tutt’Italia. Il Forum è un’iniziativa unicain Italia ed è organizzata dalla Società diGastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica(SIGENP), con l’obiettivo formativo di approccio inmodo completo alla metodologia della ricerca, apartire dalla capacità di analisi critica dellaletteratura, sino ad arrivare a scrivere un lavoroscientifico vero e proprio, passando per laconoscenza dei metodi statistici. Il programma èstato densissimo ed ha offerto quest’anno dellenovità importanti, quali il confronto con biologimolecolari e gastroenterologi dell’adulto. Le lezioni frontali sono state tenute da SalvatoreCucchiara (Roma, Le qualità di un giovanericercatore), Domenico Alvaro (Roma, Comeimpostare un progetto di ricerca), Claudia Carissimi(Roma, Come integrare le tecniche “omiche” nellaricerca biomedica), V. Fulci (Roma, Bioinformatica:applicazioni nella ricerca medica), A. Spagnoli (Roma,Studi osservazionali e studi sperimentali), CesareHassan (Roma, Effettuare e interpretare una meta-analisi), Marina Aloi (Roma, Organizzare e pianificareun trial clinico), Costantino De Giacomo (Milano,Scrivere un abstract e presentare una comunicazioneorale), Salvatore Oliva (Roma, Come scrivere unarticolo scientifico), Carlo Agostoni (Milano, Applicareper un grant), Mariella Baldassarre ed Antonio DiMauro (Bari, Effettuare una ricerca bibliografica suipiù comuni motori di ricerca), Laura Stronati (Roma,Ricerca traslazionale), Giuseppe Maggiore (Pisa,Ricerca clinica), Vincenzo Cesi (Roma, Comebrevettare un’idea).

I lavori a piccoli gruppi, suddivisi per aree tematiche(gastroenterologia, epatologia, gastroenterologianeonatale) sono stati coordinati dai tutors (MariellaBaldassarre, Antonio Di Mauro, Antonella Diamanti,Giusi Ranucci, Francesco Cirillo, Salvatore Oliva eMarina Aloi), ed hanno rappresentato momenti diesercitazione pratica interattiva, volta allasimulazione di una ricerca bibliografica, dellarichiesta di un grant, o della realizzazione di unprotocollo di studio. Tutti i giovani hanno presentatoil proprio abstract nell’ambito di ciascun gruppotematico: è stato poi selezionato in ogni gruppo unabstract per la sessione plenaria dell’ultimo giorno(questi contributi sono pubblicati su questo numerodel Giornale). Tra questi il migliore in assoluto è statoconsiderato quello di Danila Volpe (Roma). Taleiniziativa da diversi anni è supportatafinanziariamente dalla DICOFARM, azienda da sempremolto vicina alla SIGENP, che continua ad investirenella formazione dei giovani, alla quale va un enorme“GRAZIE”. L’atmosfera creatasi nei due giorni vissutiinsieme ha regalato ad ognuno la sensazione di farparte di una “squadra”. Ai momenti di studio edascolto si sono alternati momenti di autenticodivertimento, che hanno contribuito a realizzare unclima di festa. Ulteriore novità di quest’anno è stata lavideoregistrazione delle lezioni frontali (grazie allacollaborazione di Domenico Posa), che saranno abreve a disposizione sul sito della SIGENP(www.sigenp.org), nell’ottica di condividere laconoscenza e la cultura con tutti coloro che nonhanno potuto prendere parte ad una iniziativa cosìbella.

Mariella Baldassarre, Laura Stronati, SalvatoreCucchiara

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92 GIORN GASTR EPATOL NUTR PED 2018;X:2

BALDASSARRE M., STRONATI L., CUCCHIARA S.

LONG-TERM MAINTENANCE THERAPY WITH THELOWEST EFFECTIVE DOSE OF VISCOUSBUDESONIDE IN PEDIATRIC EOSINOPHILICESOPHAGITIS

D. Volpe, S. Oliva, S. Cucchiara

UOC di gastroenterologia, epatologia e endoscopiadigestiva pediatrica, Azienda OspedalieroUniversitaria Policlinico Umberto I, Roma

Background and aims: Oral viscous budesonide(OVB) is efficacious in inducing and maintainingclinical/histological remission in pediatricEosinophilic Esophagitis (EoE). However, it has notbeen established whether lowest effective dosemight be identified, and whether treatment can beinterrupted once patients have achieved remissionafter a history of frequent relapses. This study aimsto identify the lowest effective dose of OVB byprogressive halving dosage and to evaluate itsefficacy on clinical, endoscopic and histologicalremission.Methods: We prospectively enrolled active pediatricEoE patients (diagnosed according to the ESPGHANcriteria, J Pediatr Gastroenterol Nutr 2014;58:107-18) with an history of early relapse following topicalsteroids withdrawal (<6 months). Patients receiveda homemade suspension of OVB prepared by mixinginhaled budesonide with viscous solutions of sodiumalginate (<150 cm: 0.5 mg bid; >150cm: 1 mg bid).After 12 weeks of induction therapy patientsachieving a complete histological remission (a peakeosinophil count of <6/HPF in all esophageal levels)underwent a maintenance remission phase halving

the dose every 24 weeks up to a minimum of 0.25mg/day and 0.125mg/day (single eveningadministration). Endoscopy was performed at0,12,36,60 and 84 weeks. In case of symptomaticand/or histological flare-up, patients received astep-up therapy with the previous effective dose.Clinical symptom score (CSS) (Gupta SK, ClinGastroenterol Hepatol 2015;13:66-76), endoscopy(EoE Endoscopic Reference Score, EREFS, modified;Gut 2013;62:489-95) and histology (count ofeosinophils/hpf at all esophageal levels) wereevaluated. Serum cortisol was evaluated at baseline,12,36,60 and 84 weeks.Results: We enrolled 26 children (16 male, 10 female;median age 11 years, range 5-17). After 12 weeks ofinduction therapy with OVB, 23 patients (88%) werein clinical, endoscopic and histological remission.During the progressive halving therapy, remissionwas still observed in 21 (81%), 17 (65%) at 36 and 60weeks, respectively. At the final 84-weekassessment, 14 patients (54%) maintained remissionby the lowest evening dose (0.25 and 0.125 mg/day).No significant difference in cortisol levels wasobserved during the study period. Only one oralcandidiasis was recorded.Conclusions: This first pediatric study on long-termmaintenance therapy with OVB in pediatric EoEshowed that a progressive dose reduction waseffective in maintaining remission over 84 weeks.However, the lowest effective dose differs amongpatients and should be determined by halving thedose over the different follow-ups.

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GIORN GASTR EPATOL NUTR PED 2018;X:2 93

REPORT E CONGRESSIIl Forum dei Giovani Ricercatori: edizione 2018

NUTRITIONAL STATUS IN NEWLY DIAGNOSEDINFLAMMATORY BOWEL DISEASE CHILDREN: APROSPECTIVE, COMPARISON, SINGLE CENTRESTUDY

M. Martinelli, E. Scarpato, C. Strisciuglio, M.R. Serra,E. Miele, A. Staiano

Department of Translational Medical Sciences,Section of Paediatrics, University “Federico II” ofNaples

Objectives and Study: The aims of this study were tocharacterize the incidence of malnutrition andmicronutrients´ deficiencies in newly diagnosed IBDchildren and to compare with a group of healthycontrols. Method: We prospectively enrolled newly diagnosedIBD children coming to our referral center betweenSeptember 2015 and October 2017. A group ofhealthy children referred to our primary care centerfor routine well-child visits was also recruited.Anthropometrics data [weight, height, body massindex (BMI)], triceps, biceps, subscapular and iliaccrest skinfolds, waist, arm and wristcircumpherences were evaluated at the enrollment.In addition, a qualitative and quantitativeassessment of nutritional intake was performedthrough the administration of a validated foodfrequency questionnaire. Finally, the enrolledpatients underwent the following blood panel: fullblood count, ferritin, inflammatory indexes [C-reactive protein, erythrocyte sedimentation rate],albumin and other organ function markers, vitamins(A, B12, D, E and folate) and minerals (calcium,copper, phosphorus, magnesium, zinc, iron, sodium,potassium, clorum). For the IBD group dataregarding demographic characteristics, diseaselocalization according to Paris classification, diseaseactivity indexes and ongoing therapy were alsocollected. Results: Forty-six children affected by IBD [(CD:24(52.1%), UC:22 (47.9%); median age: 12.8 yrs; range2-17.6; M/F: 26/20)] and 43 healthy controls [medianage: 11.1 yrs; range 4.7-17; M/F: 21/22)] wereconsecutively enrolled. IBD children showedsignificantly decreased mean values of BMI [17.5versus (vs) 19.6 kg/m2, p=0.008], biceps (5.9 vs 7.3mm, p=0.02), subscapular (8.4 vs 11.5 mm, p=0.001)and iliac crest skinfolds (6.6 vs 8.2 mm, p=0.03),wrist (14.8 cm vs 15.7 cm, p=0.01) and waist

circumpherences (63.5 cm vs 67.5 cm, p=0.05) whencompared to healthy patients. The mean daily caloricintake was not significantly different between IBDand healthy patients (1696.7 vs 1692.6 Kcal; p=0.9),although IBD children showed a significantdecreased fibers intake respect to the controls (16.2vs 24.3 g, p=0.03). When compared to the controls,IBD children had significantly lower calcium (9.2 vs9.6 g/dl, p=0.001), clorum (103 vs 106 ug/dl,p=0.001) and iron blood levels (34.8 vs 89.9 mg/dl,p=0.0001). In addition, children with IBD showed ahigher incidence of vitamin A [20/46 (43.4%) vs 6/43(13.9%), p=0.002] and folate [14/46 (30.4%) vs 4/43(9.3%), p=0.01] deficiencies. Vitamin D mean valueswere decreased in both IBD and healthy patients andwere not significantly different (20.2 vs 24.2 ng/ml,p=0.1). In details, 7 out of 46 (15.2%) IBD childrenshowed a vitamin D deficiency (< 10 ng/ml)compared with 4 out of 43 controls (93%) (p=0.5),while 29/46 (63%) IBD children had vitamin Dinsufficiency (<30 ng/ml) versus 26/43 controls(60.4%) (p=0.8). Only, 10/46 (21.7%) children withIBD and 13/43 (30.2%) controls had normal vitaminD values (>30 ng/ml) (p=0.8).Conclusion: Our results suggest that IBD children atdiagnosis are at higher risk of malnutrition and maypresent micronutrients deficiencies. We identified ahigh percentage of vitamin D insufficiency anddeficiency in both IBD and healthy controls,suggesting that a revision of the current cut-offsshould be envisaged.

HEPATITIS E IN ITALY: A SILENT PRESENCE

M.G. Clemente1, P. Castiglia2, R. Antonucci1, K.B.Schwarz3

1Pediatric Clinic, Department of Surgical,Microsurgical and Medical Sciences, University ofSassari Medical School, Sassari, Italy 2Department of Biomedical Sciences – Hygiene andPreventive Medicine Unit, University-AOU of Sassari,Sassari, Italy3Pediatric Liver Center, Johns Hopkins UniversitySchool of Medicine, Baltimore, MD, USA

Background: Hepatitis E virus (HEV) was discoveredin the 1980s and has been considered as beingconfined to developing countries. To date, HEVrepresents the leading cause of enteric viral hepatitis

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94 GIORN GASTR EPATOL NUTR PED 2018;X:2

BALDASSARRE M., STRONATI L., CUCCHIARA S.

infection worldwide. Previously defined as animported asymptomatic and self-limiting disease inhigh-income countries, hepatitis E has beenassociated with a broad spectrum of subclinical andclinical manifestations with hepatic and extra-hepatic sequelae; ranging from mildly acute liverimpairment to chronic liver disease inimmunosuppressed individuals. Moreover, HEVinfection has been peculiarly associated with a highmortality and morbidity rate during pregnancy, dueto acute liver failure and obstetric complications.Globally, the reported prevalence rate amongdeveloped countries varied from 4% in New Zealandto 52.5% in the Midi-Pyrenees, southwest France,with an average of 18,12%. Despite thatautochthonous infections have been increasinglyreported in industrialized countries (Europe), HEVremains an underestimated emerging pathogen inItaly. The purpose of this critical review was tocollect country specific data on the HEVepidemiology in order to: (I) determine the reportedHEV seroprevalence rates in Italy, (II) describe theepidemiological trend and regional variability; (III)identify emerging predisposing factors and potentialsources of infection (IV) determine high-risk groups;(V) describe concordance among serologicalimmunoassay and (VI) outline feasible preventivestrategies. Methods The critical review was made through aliterature research from PubMed, Scopus, Embaseand Cochrane database, using the keywords“hepatitis E in Italy” and “hepatitis E seroprevalencein Italy”. Original studies published from January1994 to date, which included at least 50 samples inthe cohort, have been included. No age restrictionwas observed and all studies were written in theEnglish or Italian language. Moreover, data werestratified by study period, geographical region;enzyme immunoassays (EIA) and cohort type(general population, blood donors, pregnant women,paediatric/adolescent population, at-risk populationand immigrants. The statistical analyses of thereported regional seroprevalence have been done.The screening method was used to adjust theprevalence value according to the sensitivity andspecificity of the essay. Only estimatedseroprevalence rates with a lower positive value forconfidence intervals (C.I.) at 95% have beenconsiderate statistically significant.

Results: 176 publications were initially identified bytitle and abstract and 27 articles were included in thefinal data analysis. A total of 21.882 individuals havebeen tested for anti-HEV immunoglobulin (Ig) Gand/or anti-HEV IgM, representing only 0,036% of thecurrent Italian population. All sera samples werecollected from 1978 to 2015 and providedinformation regarding 13 different regional areas:Abruzzi, Apulia, Calabria, Latium, Lombard, Marche,Molise, Piedmont, Sardinia, Sicily, Republic of SanMarino, Tuscany and Veneto. Food-borne zoonosisappears to be the major source of infection and it islinked to genotype 3. Over three decades, the HEVseroprevalence varied from 0.12% to 49% amongblood donors, with the highest rates being reportedfrom the central region of Italy. However, a greatgeographical variability was observed among theItalian regions with an average prevalence of 10,25%in this cohort. The seroprevalence rates found in thepaediatric and the pregnant women cohort was 0.4%and 3.4% respectively. The Bayesian analysis of thereported seroprevalence rates, among Italianregions, has shown that the screening methodologywas adequate in term of sensitivity and specificityonly in two studies. Thus, the estimated HEVprevalence in Abruzzi, Calabria and Lombardyreflects the real spreading of infection. Conclusion: To the best of our knowledge, thecurrent article represents the first critical review ofHEV IgG seroprevalence in Italy. Although aphylogenetic and evolutionary analysis has statedthat HEV might have been present in the Italianterritory since the early 90s, nowadays it is still asilent and understudied entity. At present, HEV isundoubtedly endemic in Italy. However, areas ofuncertainty remain due to the lack of genotype-specific immunosorbent assays and their variabilityin terms of sensibility and specificity. Currently,major gaps remain both in paediatrics/adolescentsand pregnant women cohort. These limitationsempathize the necessity of a comparably standardseroprevalence study at a national level, in order toimprove estimation of the real prevalence ofHepatitis E, to monitor HEV strains circulating in theterritory and to create an interventional plan directedat a regional level.

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GIORN GASTR EPATOL NUTR PED 2018;X:2 95

REPORT E CONGRESSIIl Forum dei Giovani Ricercatori: edizione 2018

STUDY OF INTESTINAL PERMEABILITY IN EX-PREMATURE CHILDREN WITH HISTORY OFINTRAUTERINE GROWTH RESTRICTION ANDPERSISTENT HEIGHT AND WEIGHT GROWTH DELAY

G. Margiotta, C. Russo, S. Filoni, S. Persichilli, J.Gervasoni, F. Scaldaferri, A. Gasbarrini, V. Giorgio

UOC Pediatria, Fondazione Policlinico UniversitarioA. Gemelli, Università Cattolica del Sacro Cuore,Roma

Background and aim: Intestinal permeability (IP) isan important marker for intestinal barrier integrity.Some recent studies showed that prematurity, evenmore when associated with inrtrauterine growthrestriction (IUGR), can lead to alterations of IP. Nostudy exists in humans. We aimed to perform a pilotstudy to assess IP in a pediatric population withpersistent growth retardation and a history ofpreterm birth and IUGR.Material and methods: We reviewed 1360 clinicalcharts of neonates born prematurely betweenJanuary 2009 and March 2012. We selected childrensmall for gestational age (SGA), with a documented

history of IUGR, persistent height and weight growthdelay, no history of congenital, metabolic,gastrointestinal, neurologic, cardiac or surgicaldiseases. All children performed Lactulose/Mannitol(L/M) ratio test to assess IP. Results: We enrolled 12 patients (6 males, age range4-8 years), and 10 healthy patients (6 males, age range 8-10 years) for comparisonpurposes. IP was significantly increased in casescompared to controls (0.0945±0.063 vs0.0158±0.006, p <0,05), being pathologically high (>0,003) in 100% of patients compared to 5% ofhealthy subjects. Conclusions: IP is increased in ex-prematurechildren with a history of IUGR, suggesting a role inthe persistent growth delay. Further studies onlarger series are needed to clarify IP role in thepathogenesis of persistent growth restriction.

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