Giornale di Brescia Venerdì 6 Febbraio 2009 43 Cultura ... · Brescia). Sono tre delle quasi 500...

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Data e Ora: 06/02/09 00.37 - Pag: 43 - Pubb: 06/02/2009 - Composite A PALAZZO REALE QUASI 500 OPERE Pubblichiamo la prefazione del Vescovo di Brescia mons. Monari al libro «Non sia turbato il vostro cuo- re», raccolta di meditazioni sul Vangelo di Giovanni del priore dell’Eremo di San Giorgio di Bardolino, don Franco Mosconi (già superiore per 12 anni del- l’Eremo di Camaldoli). Pubblicato dall’editrice Il Margine, il libro verrà presentato stasera alle 20.45 nella Sala Bevilacqua della Pace, in via Pace 10, in un incontro con l’autore organizzato dalla Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura, inserito nel calen- dario delle iniziative della città per i Santi Patroni. I l prologo del Vangelo di Giovanni culmina in un versetto che è decisivo per comprendere il senso della fede cristiana: «Dio nessuno l’ha mai visto; il Figlio unigenito, che è nel (eis) seno del Padre, lui lo ha rivelato». C’è anzitutto un’affermazione di diritto: non è data all’uomo una visione, una conoscenza immediata di Dio. l’intelligenza umana, né l’ascesi, né l’intuizione poetica o filo- sofica possono salire co- sì in alto da contempla- re direttamente la gloria di Dio. Ci è donata, però, un’altra strada per giun- gere a quel Dio che è l’unico pieno riposo del nostro desiderio: Gesù, l’uomo Gesù di Naza- reth. L’esistenza di Ge- sù è «rivolta verso il Pa- dre» (questo è il senso preciso del testo giovan- neo): dal Padre riceve tutto, al Padre riferisce e riporta tutto. I lineamen- ti del volto del Padre sono stampati e riflessi sull’umani- tà di Gesù in modo che chi osservi con attenzione e con amore (con fede) i comportamenti umani di Gesù vi possa scorgere la bellezza stessa del Padre: «Noi abbia- mo visto la sua gloria, gloria come di Unigenito del Pa- dre, pieno di grazia e di verità». Ma come contemplare il Gesù risorto, che con la sua Pasqua è passato da questo mondo al Padre? Le risposte sarebbero tante; ma quella più immedia- ta è: contemplando il Gesù terreno e quindi le Scritture che di questo Gesù terreno ci offrono il ritratto autenti- co, quello che lo Spirito Santo ha tracciato attraverso gli agiografi. Mi piace vedere queste meditazioni di padre Mosconi così: come un aiuto che lui, monaco, offre a tutta la Chie- sa perché possa meglio conoscere le Scritture e quindi contemplare Cristo e quindi giungere a quella conoscen- za di Dio nella quale consiste la pienezza della vita au- tentica: «Questa è la vita eterna: che conoscano Te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo» (Gv 17,3). Naturalmente tocca a me, a voi, a ciascun credente, aprire la Bibbia, leggere, cercare di capire, amare, prega- re. Ma il Signore pone nella Chiesa vocazioni diverse per- ché siano al servizio di tutti. E la vocazione monastica ci «serve» in questo: nel ricordarci continuamente l’unica cosa necessaria dalla quale scaturisce tutto il resto: l’ascolto del Signore. I monaci possono parlare di que- sto perché i tempi delle loro giornate sono determinati dall’ascolto, tutta la loro vita è plasmata dalla parola. Quando padre Mosconi parlò al Convegno ecclesiale dell’ottobre 2006 a Verona ci fece esattamente questo dono: attingendo alla esperienza monastica ci ricordò che nella Chiesa tutto deve scaturire dalla fonte che è Cristo e quindi dalle Scritture nelle quali Cristo è incon- trato. L’ignoranza delle Scritture, ci ricorda il Concilio citando san Girolamo, è ignoranza di Cristo. Adesso padre Mosconi continua la sua testimonian- za con queste sedici meditazioni sul Vangelo di Giovan- ni. Fa quello che san Tommaso raccomandava col suo stile chiarissimo: «Come è meglio illuminare che soltan- to splendere, così è più importante trasmettere agli al- tri ciò che si è contemplato piuttosto che contemplare solamente». Queste pagine nascono dall’amore; ogni parola del Vangelo è stata letta, studiata, capita, accarezzata, ama- ta. E adesso ci viene proposta perché a nostra volta pos- siamo capirla e amarla. Per questo mi permetto di dare un suggerimento ai lettori. Ogni meditazione comincia con una preghiera e col testo biblico; spesso il testo è richiamato nel corso della meditazione. Suggerirei a tut- ti i lettori di riprendere il testo giovanneo iniziale anche alla fine della lettura; e poi di terminare con una nuova preghiera, quella che scaturisce dalla meditazione com- piuta. In questo modo quello che padre Franco ci propo- ne diventa nostro; e soprattutto diventa nostra la paro- la che abbiamo meditato. Luciano Monari Vescovo di Brescia Sopra, Umberto Boccioni, Elasticità, 1912. A sinistra in alto, Giacomo Balla, La Guer- ra, 1916. A fianco, Gerardo Dottori, Forze ascensionali, ante 1919 (dai Civici Musei di Brescia). Sono tre delle quasi 500 opere (compresi foto, libri, disegni d’architettura, film) della rassegna «Futurismo 1909-2009. Velocità + Arte + Azione» in Palazzo Rea- le a Milano, fino al 7 giugno, ore 9.30-19.30, lun. 14.30-19.30, giov. 9.30-22.30, 9, ridotto 7,50, scuole 4,50, catalogo Skira (c’è anche la guida breve), info 0254919, www.futurismo.milano.it. La mostra è organizzata diacronicamente in sei sezioni: Prima del futurismo; le due anime di Marinetti; Gli anni Dieci: il dinamismo plastico; Gli anni Venti: l’arte meccanica; Gli anni Trenta: l’aeropittura; L’eredità del futurismo. Altre sezioni sono sincroniche: Paroliberismo; Libri-oggetto; Cinema; Fotografia; Ar- chitettura; La scena teatrale; Arti decorative e quotidianità. V elocità+Arte+Azione. È il Futurismo 1909-2009 in Palazzo Reale a Milano, la città in cui il movimento nacque. Po- ne l’accento - dicono i curatori Ada Masoero e Giovanni Lista - sulla volontà del Fu- turismo di ridisegnare a propria immagine l’inte- ro orizzonte dell’uomo. Il futurismo, fondato sul dinamismo e la continua trasformazione, è stato fondamentale per il superamento delle frontiere tra pittura, scultura, architettura e arti applica- te, così come per l’uscita dagli statuti tradiziona- li dell’arte, fino all’impiego creativo di nuove tec- nologie. Nel fuoco d’artificio di mostre nel 2009, questa, inaugurata ieri, centenario della pubbli- cazione il 5 febbraio 1909 sulla «Gazzetta del- l’Emilia» di Bologna del Manifesto di Marinetti (ma il botto fu il 20 febbraio, con l’uscita su «Le Figaro» di Parigi) è l’unica che prova a rileggere globalmente, con quasi 500 opere, il futurismo lungo i trent’anni della sua storia, evidenziando in apertura le eredità che raccolse (spiccano qui, oltre a celebri opere che filano la luce del divisio- nismo spiritualista e umanitario di Previati, Se- gantini, Pellizza, Cominetti, e di Balla e Boccioni prefuturisti, anche le ricerche medianico-intro- spettive del bresciano Romolo Romani), e an- dando in cerca, in chiusura (dove compaiono Fontana, Burri, Dorazio, Schifano), dei molti se- mi che gettò dall’Astrattismo al Costruttivismo, dall’Arte cinetica alle Neoavanguardie anni ’60 e ’70, come nella Poesia visiva dei vari Miccini, Mar- cucci, Pignotti che riscoprono il «paroliberismo» (poderoso il catalogo Skira). Terraroli cura le arti decorative Da annotare subito che la sezione delle arti de- corative è curata dal bresciano Valerio Terraroli: mira a dimostrare come l’oggetto d’uso casalin- go e d’arredo sia stato veicolo d’uno sforzo di mo- dernizzazione del vivere quotidiano (con vasi, piatti, vetrate, manifesti, abiti, dagli atelier di Balla e Depero a Tullio Mazzotti, Gio Ponti, Ro- meo Bevilacqua, Diulgheroff, Guido Andlovitz, Guido Balsamo Stella, Tullio Crali, il giovanissi- mo Bruno Munari...). Tipica del movimento fu la volontà di interven- to a carattere universale: ogni aspetto, ogni ele- mento doveva mutare e immolarsi sull’altare del progresso scientifico. Ma alla fine mancò proprio il progetto industriale, sicché poco i futuristi mu- tarono case, vestiti, oggetti, stili di vita. Milano ha nelle raccolte civiche la più importante colle- zione futurista al mondo (grazie a lasciti e acqui- sizioni, già nel 1934 di Canavese con molti Boc- cioni, poi delle raccolte Jucker, Grassi, Boschi) che sarà allestita in permanenza dal 2010 nel- l’Arengario (progetto dell’arch. Italo Rota, auto- re ora con Dj Spooky del gigantesco «intonaru- mori» che nella piazzetta di Palazzo Reale riela- bora «le voci della città»). La polemica, se mai, investe l’assenza - nella disputa tra città dei prestiti più prestigiosi - di veri e propri incunaboli, quale «La città che sale» di Boccioni, l’icona stessa del futurismo milane- se, anche se sono tutti rappresentati i cinque battistrada Balla, Boccioni, Carrà, Russolo, Se- verini. Altra perplessità è data dalla scelta dei cu- ratori di escludere qualsiasi opera allusiva al fa- scismo, riconoscendo tutta la compromissione, ma rivendicando qui il carattere altrettanto tota- lizzante e perciò «incompatibile» del futurismo (anche politico nella «ricostruzione dell’univer- so»). Irrilevante invece una polemica sul piccolo spazio dato a Marinetti, visto che il 12 si apre la mostra monografica sempre qui a Milano alla Fondazione Stelline. L’accelerazione dell’esistenza umana Nella Milano dell’industrializzazione, e che per prima sperimentò l’illuminazione elettrica, si sco- priva l’accelerazione dell’esistenza umana: la ve- locità diventava un valore. E si scopriva la folla, la società di massa, in vivide scene di Bonzagni e Carrà, in notti «elettriche» di Russolo, in danze di tasselli di Severini. Ancora nell’Expo 1906 al Parco Sempione, Milano mostrava una società intraprendente dal punto di vista tecnico, ma af- fezionata nelle arti a riti e gusti borghesi retrò. Aveva ragione Boccioni ad annotare - ed è forse il ritardo politico-culturale che sconta anche og- gi tutto il Paese, con Milano - che «per gli italiani tutto ciò che è moderno è sinonimo di brutto». Ma subito ci fu lo scossone. Il Boccioni giunto a Milano nel 1907 non delineò solo la nozione di sta- to d’animo come combinazione dinamica di ener- gie presenti sia nella materia che nell’uomo, ma scoprì le periferie industriali come febbre della modernità. Nacque l’estetica della città moderna, della strada dove trascorrono incessantemente uomi- ni e oggetti. Ed anche «l’estetica della vetrina», della comunicazione e della pubblicità moderna. La luce elettrica, astrale, aveva aperto anche la strada all’universo di fantasmi liquidi, ai vapori di sogni che conducevano alla poetica degli stati d’animo del nostro Romani e di Boccioni: l’aspi- razione a risucchiare lo spettatore in una vertigi- ne psichica, in parallelo alle cere di Medardo Ros- so che coglieva le figure in un flash, fantasmi pronti a disfarsi nella luce. Il mito esaltante della macchina e della veloci- tà (Balla, Boccioni, Carrà, Russolo, Severini, poi anche Sironi) testimonia invece di un futurismo che si nutrì di una febbre sostanzialmente anco- ra romantica. Ma Boccioni - il più vertiginoso in- novatore nella simultaneità come traduzione del «caos che avvolge le cose» - conferma come la ve- ra e duratura rivoluzione del movimento fu la per- cezione della pluralità di tempi e spazi che carat- terizza l’età moderna (con traduzioni un po’ me- no irruenti, a parte Carrà, in Severini, Soffici, Du- dreville, Dottori, Prampolini, Depero...), e la pro- posta di un’arte che tendesse allo spazio ambien- tale. Qui è ben documentato per gli anni Dieci il futurismo che combina le energie della materia e dell’animo innescato da Boccioni, e il futurismo d’espansione ritmico-geometrica d’una forma nello spazio, attraverso le compenetrazioni iride- scenti ideate da Balla. Boccioni giunge nel 1912 a Elasticità, al Dinamismo di un corpo umano, alle Forme uniche nella continuità dello spazio, Balla nel 1913 ad Automobile+Velocità+Luce. Lo slancio progettuale visionario si ritrova nel- la città futurista di Sant’Elia, di Chiattone, di Marchi. Il Futurismo trovò la forma nuova, ma nel generale ritardo industriale del Paese si ridus- se alla bottega artigiana, come nei piccoli atelier di Casa Balla a Roma e Casa Depero a Rovereto, nella moda, nell’arredo, nel decoro casalingo. Emergono bene in mostra, per gli anni Venti, in nitide costruzioni plastico-geometriche, il culto meccanicistico della macchina (Depero, Diulghe- roff, Fillia, Pannaggi, il sempre innovativo Pram- polini) e, per gli anni Trenta, l’aeropittura che rompe la visione prospettica e trasforma i pae- saggi «appiattiti» in tessuti elastici (Crali, Di Bos- so, Dottori, Oriani, l’ottimo Prampolini ora in dialogo fecondo col surrealismo e l’astrazione materico-organica). Purtroppo nei temi del futurismo ci fu anche il tragico abbaglio della guerra intesa come «ritmo naturale» di rinnovamento, poi evento epico- drammatico. Ma la simultaneità è oggi esperien- za comune nella società mediatica, come la mu- tevole rispondenza psichica alla realtà in peren- ne trasformazione; o, in teatro, la scena attiva: evento plastico, cromatico e luminoso. Fausto Lorenzi Barbara, Benedetta, Regina, tre donne futuriste MODENA Polemiche e tentativi di ricucitura in atto a Modena, intorno al caso scoppiato sul Festival Filoso- fia (nella foto, un momento della manifestazione). Il sindaco Giorgio Pighi, per risanare le fratture create dopo il cambio di vertice (con la nomina di Carlo Altini al posto di Michelina Borsari) aveva proposto di scor- porare la rassegna dalla Fondazione San Carlo, che l’ha gestita finora, ma che non ha rinnovato il contrat- to con la direttrice Michelina Borsari (provocando le dimissioni dell’intero Comitato scientifico e la prote- sta di un folto gruppo di autorevoli studiosi). Il Comitato promotore starebbe ora esaminando la nuova possibilità, ma senza prendere decisioni se non quella di proseguire la discussione. La Borsari ha repli- cato dando «piena disponibilità a lavorare» al nuovo progetto, Roberto Franchini, presidente della Fonda- zione, ha commentato che «ciò che è bene per la città è bene anche per noi» e che quindi «va accolta positiva- mente la proposta avanzata dal sindaco». Ma questo non significa che i problemi siano risolti. Nella lettera diffusa nei giorni scorsi anche alla stam- pa, la Borsari ha ricordato la «Scuola dottorale di altis- sima qualità, che si fa onore sul piano internazionale», cioè la Scuola di alti studi filosofici creata 15 anni fa dalla Fondazione. «Sono fermamente convinta che non sia opportuno recidere le radici che legano la Scuo- la al festival e che gli assicurano un costante passaggio di idee e di risorse intellettuali - ha aggiunto l’ex diret- trice -. La chiave di volta di questo virtuoso sistema di scambi sta nel Comitato Scientifico della Fondazione, ora dimissionario». Il Comitato scientifico è formato da Remo Bodei, Giovanni Filoramo, Tullio Gregory, Francisco Jarauta, Maurice Olender e Wolfgang Schlu- chter. Il punto per la Borsari è quello di creare le condi- zioni perché il Comitato scientifico rientri e perché Fe- stival e Scuola restino uniti. Festival Filosofia, dialogo per cercare una soluzione Si lavora a Modena per sanare le fratture createsi dopo la mancata conferma della direttrice Borsari FUTURISMO A Milano, al Palazzo della Permanente in via Tu- rati 34, una mostra apre una particolare finestra sul futurismo, nell’«Omaggio alle donne del futurismo: Barbara, Benedetta, Regina» (da domani al 22/2, tel. 026599803. Il 10/2, ore 18.30, sarà presentato il volu- me di Mirella Bentivoglio e Franca Zoccoli «Le futuri- ste italiane nelle arti visive», De Luca Editori). Le tre donne sono Barbara Biglieri Scurto, Benedetta Cap- pa che nel 1923 sposò Filippo Tommaso Marinetti, e Regina Cassolo. Qui sono unite da nitide architettu- re di accensioni lirico-astratte, specie d’aeropittura. L’aeropittura era diretta a esprimere «con sintesi, trasparenze e dinamismo - come diceva il manifesto 1929 - l’aviazione, il volo, le velocità aeree, le prospet- tive aeree, gli stati d’animo aerei», ma serviva anche da scandaglio a stati d’animo più intimi. Barbara - brevetto di pilota - fu «aeropittrice-aviatrice-futuri- sta» e tradusse nelle opere le «sensazioni di volo». Pa- esaggi in volo, ma anche moti d’onde, tradusse an- che Benedetta, già apprendista nell’atelier di Balla. Regina Cassolo firmò il «Manifesto tecnico dell’aero- plastica futurista»: scolpì forme in latta e alluminio. Negli anni ’60 dedicò al Garda pastelli su carta dove fissava il ritmo d’una straordinaria partitura percet- tiva. Nella foto: Enrico Prampolini, Ritratto di Bene- detta Cappa Marinetti, 1928, particolare. f. l. Velocità+Arte+Azione per rifare il mondo A Milano, la città in cui nacque, apre una rassegna globale fulcro delle celebrazioni per i cent’anni del movimento Le meditazioni di padre Mosconi sul Vangelo di Giovanni Un monaco camaldolese Cultura & Spettacoli Giornale di Brescia Venerdì 6 Febbraio 2009 43

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Data e Ora: 06/02/09 00.37 - Pag: 43 - Pubb: 06/02/2009 - Composite

A PALAZZO REALE QUASI 500 OPERE

Pubblichiamo la prefazione del Vescovo di Bresciamons. Monari al libro «Non sia turbato il vostro cuo-re», raccolta di meditazioni sul Vangelo di Giovannidel priore dell’Eremo di San Giorgio di Bardolino,don Franco Mosconi (già superiore per 12 anni del-l’Eremo di Camaldoli). Pubblicato dall’editrice IlMargine, il libro verrà presentato stasera alle 20.45nella Sala Bevilacqua della Pace, in via Pace 10, in unincontro con l’autore organizzato dalla CooperativaCattolico-democratica di Cultura, inserito nel calen-dario delle iniziative della città per i Santi Patroni.

Il prologo del Vangelo di Giovanni culmina in unversetto che è decisivo per comprendere il sensodella fede cristiana: «Dio nessuno l’ha mai visto; ilFiglio unigenito, che è nel (eis) seno del Padre, lui

lo ha rivelato».C’è anzitutto un’affermazione di diritto: non è data

all’uomo una visione, una conoscenza immediata diDio. Né l’intelligenzaumana, né l’ascesi, nél’intuizionepoeticao filo-sofica possono salire co-sì in alto da contempla-re direttamente la gloriadi Dio. Ci è donata, però,un’altra strada per giun-gere a quel Dio che èl’unico pieno riposo delnostro desiderio: Gesù,l’uomo Gesù di Naza-reth. L’esistenza di Ge-sù è «rivolta verso il Pa-dre» (questo è il sensopreciso del testo giovan-neo): dal Padre ricevetutto, al Padre riferisce e

riportatutto. I lineamen-ti del volto del Padre sono stampati e riflessi sull’umani-tà di Gesù in modo che chi osservi con attenzione e conamore (con fede) i comportamenti umani di Gesù vipossa scorgere la bellezza stessa del Padre: «Noi abbia-mo visto la sua gloria, gloria come di Unigenito del Pa-dre, pieno di grazia e di verità».

Ma come contemplare il Gesù risorto, che con la suaPasqua è passato da questo mondo al Padre?

Le risposte sarebbero tante; ma quella più immedia-ta è: contemplando il Gesù terreno e quindi le Scrittureche di questo Gesù terreno ci offrono il ritratto autenti-co, quello che lo Spirito Santo ha tracciato attraversogli agiografi.

Mi piace vedere queste meditazioni di padre Mosconicosì: comeun aiuto che lui, monaco, offre atutta la Chie-sa perché possa meglio conoscere le Scritture e quindicontemplare Cristoe quindi giungere aquella conoscen-za di Dio nella quale consiste la pienezza della vita au-tentica: «Questa è la vita eterna: che conoscano Te,l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo»(Gv 17,3).

Naturalmente tocca a me, a voi, a ciascun credente,aprire la Bibbia, leggere, cercare di capire, amare, prega-re.Ma ilSignore pone nellaChiesa vocazioni diverseper-ché siano al servizio di tutti. E la vocazione monastica ci«serve» in questo: nel ricordarci continuamente l’unicacosa necessaria dalla quale scaturisce tutto il resto:l’ascolto del Signore. I monaci possono parlare di que-sto perché i tempi delle loro giornate sono determinatidall’ascolto, tutta la loro vita è plasmata dalla parola.

Quando padre Mosconi parlò al Convegno ecclesialedell’ottobre 2006 a Verona ci fece esattamente questodono: attingendo alla esperienza monastica ci ricordòche nella Chiesa tutto deve scaturire dalla fonte che èCristo e quindi dalle Scritture nelle quali Cristo è incon-trato. L’ignoranza delle Scritture, ci ricorda il Conciliocitando san Girolamo, è ignoranza di Cristo.

Adesso padre Mosconi continua la sua testimonian-za con queste sedici meditazioni sul Vangelo di Giovan-ni. Fa quello che san Tommaso raccomandava col suostile chiarissimo: «Come è meglio illuminare che soltan-to splendere, così è più importante trasmettere agli al-tri ciò che si è contemplato piuttosto che contemplaresolamente».

Queste pagine nascono dall’amore; ogni parola delVangeloèstata letta, studiata, capita, accarezzata, ama-ta. E adesso ci viene proposta perché a nostra volta pos-siamo capirla e amarla. Per questo mi permetto di dareun suggerimento ai lettori. Ogni meditazione cominciacon una preghiera e col testo biblico; spesso il testo èrichiamatonel corsodella meditazione.Suggerirei a tut-ti i lettori di riprendere il testo giovanneo iniziale anchealla fine della lettura; e poi di terminare con una nuovapreghiera, quella che scaturisce dalla meditazione com-piuta. Inquesto modo quellochepadre Franco ci propo-ne diventa nostro; e soprattutto diventa nostra la paro-la che abbiamo meditato.

Luciano MonariVescovo di Brescia

Sopra, Umberto Boccioni, Elasticità, 1912. A sinistra in alto, Giacomo Balla, La Guer-ra, 1916. A fianco, Gerardo Dottori, Forze ascensionali, ante 1919 (dai Civici Musei diBrescia). Sono tre delle quasi 500 opere (compresi foto, libri, disegni d’architettura,film) della rassegna «Futurismo 1909-2009. Velocità + Arte + Azione» in Palazzo Rea-le a Milano, fino al 7 giugno, ore 9.30-19.30, lun. 14.30-19.30, giov. 9.30-22.30, € 9,ridotto 7,50, scuole 4,50, catalogo Skira (c’è anche la guida breve), info 0254919,www.futurismo.milano.it. La mostra è organizzata diacronicamente in sei sezioni:Prima del futurismo; le due anime di Marinetti; Gli anni Dieci: il dinamismo plastico;Gli anni Venti: l’arte meccanica; Gli anni Trenta: l’aeropittura; L’eredità del futurismo.Altre sezioni sono sincroniche: Paroliberismo; Libri-oggetto; Cinema; Fotografia; Ar-chitettura; La scena teatrale; Arti decorative e quotidianità.

Velocità+Arte+Azione. È il Futurismo1909-2009 in Palazzo Reale a Milano,la città in cui il movimento nacque. Po-ne l’accento - dicono i curatori Ada

Masoero e Giovanni Lista - sulla volontà del Fu-turismo di ridisegnare a propria immagine l’inte-ro orizzonte dell’uomo. Il futurismo, fondato suldinamismo e la continua trasformazione, è statofondamentale per il superamento delle frontieretra pittura, scultura, architettura e arti applica-te, così come per l’uscita dagli statuti tradiziona-li dell’arte, fino all’impiego creativo di nuove tec-nologie. Nel fuoco d’artificio di mostre nel 2009,questa, inaugurata ieri, centenario della pubbli-cazione il 5 febbraio 1909 sulla «Gazzetta del-l’Emilia» di Bologna del Manifesto di Marinetti(ma il botto fu il 20 febbraio, con l’uscita su «LeFigaro» di Parigi) è l’unica che prova a rileggereglobalmente, con quasi 500 opere, il futurismolungo i trent’anni della sua storia, evidenziandoin apertura le eredità che raccolse (spiccano qui,oltre a celebri opere che filano la luce del divisio-nismo spiritualista e umanitario di Previati, Se-gantini, Pellizza, Cominetti, e di Balla e Boccioniprefuturisti, anche le ricerche medianico-intro-spettive del bresciano Romolo Romani), e an-dando in cerca, in chiusura (dove compaionoFontana, Burri, Dorazio, Schifano), dei molti se-mi che gettò dall’Astrattismo al Costruttivismo,dall’Arte cinetica alle Neoavanguardie anni ’60 e’70, come nella Poesia visiva dei vari Miccini, Mar-cucci, Pignotti che riscoprono il «paroliberismo»(poderoso il catalogo Skira).

Terraroli cura le arti decorativeDa annotare subito che la sezione delle arti de-

corative è curata dal bresciano Valerio Terraroli:mira a dimostrare come l’oggetto d’uso casalin-go e d’arredo sia stato veicolo d’uno sforzo di mo-dernizzazione del vivere quotidiano (con vasi,piatti, vetrate, manifesti, abiti, dagli atelier diBalla e Depero a Tullio Mazzotti, Gio Ponti, Ro-meo Bevilacqua, Diulgheroff, Guido Andlovitz,Guido Balsamo Stella, Tullio Crali, il giovanissi-mo Bruno Munari...).

Tipica del movimento fu la volontà di interven-to a carattere universale: ogni aspetto, ogni ele-mento doveva mutare e immolarsi sull’altare delprogresso scientifico. Ma alla fine mancò proprioil progetto industriale, sicché poco i futuristi mu-tarono case, vestiti, oggetti, stili di vita. Milanoha nelle raccolte civiche la più importante colle-zione futurista al mondo (grazie a lasciti e acqui-sizioni, già nel 1934 di Canavese con molti Boc-cioni, poi delle raccolte Jucker, Grassi, Boschi)che sarà allestita in permanenza dal 2010 nel-l’Arengario (progetto dell’arch. Italo Rota, auto-re ora con Dj Spooky del gigantesco «intonaru-mori» che nella piazzetta di Palazzo Reale riela-bora «le voci della città»).

La polemica, se mai, investe l’assenza - nelladisputa tra città dei prestiti più prestigiosi - diveri e propri incunaboli, quale «La città che sale»di Boccioni, l’icona stessa del futurismo milane-se, anche se sono tutti rappresentati i cinquebattistrada Balla, Boccioni, Carrà, Russolo, Se-verini. Altra perplessità è data dalla scelta dei cu-ratori di escludere qualsiasi opera allusiva al fa-scismo, riconoscendo tutta la compromissione,ma rivendicando qui il carattere altrettanto tota-lizzante e perciò «incompatibile» del futurismo(anche politico nella «ricostruzione dell’univer-so»). Irrilevante invece una polemica sul piccolospazio dato a Marinetti, visto che il 12 si apre lamostra monografica sempre qui a Milano allaFondazione Stelline.

L’accelerazione dell’esistenza umanaNella Milano dell’industrializzazione, e che per

prima sperimentò l’illuminazione elettrica, si sco-priva l’accelerazione dell’esistenza umana: la ve-locità diventava un valore. E si scopriva la folla,la società di massa, in vivide scene di Bonzagni eCarrà, in notti «elettriche» di Russolo, in danzedi tasselli di Severini. Ancora nell’Expo 1906 alParco Sempione, Milano mostrava una societàintraprendente dal punto di vista tecnico, ma af-fezionata nelle arti a riti e gusti borghesi retrò.Aveva ragione Boccioni ad annotare - ed è forseil ritardo politico-culturale che sconta anche og-gi tutto il Paese, con Milano - che «per gli italianitutto ciò che è moderno è sinonimo di brutto».Ma subito ci fu lo scossone. Il Boccioni giunto aMilanonel 1907 non delineò solo la nozione di sta-to d’animo come combinazione dinamica di ener-gie presenti sia nella materia che nell’uomo, mascoprì le periferie industriali come febbre dellamodernità.

Nacque l’estetica della città moderna, dellastrada dove trascorrono incessantemente uomi-ni e oggetti. Ed anche «l’estetica della vetrina»,della comunicazione e della pubblicità moderna.

La luce elettrica, astrale, aveva aperto anche lastrada all’universo di fantasmi liquidi, ai vaporidi sogni che conducevano alla poetica degli statid’animo del nostro Romani e di Boccioni: l’aspi-razione a risucchiare lo spettatore in una vertigi-ne psichica, in parallelo alle cere di Medardo Ros-so che coglieva le figure in un flash, fantasmipronti a disfarsi nella luce.

Il mito esaltante della macchina e della veloci-tà (Balla, Boccioni, Carrà, Russolo, Severini, poianche Sironi) testimonia invece di un futurismoche si nutrì di una febbre sostanzialmente anco-ra romantica. Ma Boccioni - il più vertiginoso in-novatore nella simultaneità come traduzione del«caos che avvolge le cose» - conferma come la ve-ra eduratura rivoluzione del movimento fu la per-cezione della pluralità di tempi e spazi che carat-terizza l’età moderna (con traduzioni un po’ me-no irruenti, a parte Carrà, in Severini, Soffici, Du-

dreville, Dottori, Prampolini, Depero...), e la pro-posta di un’arte che tendesse allo spazio ambien-tale. Qui è ben documentato per gli anni Dieci ilfuturismo che combina le energie della materia edell’animo innescato da Boccioni, e il futurismod’espansione ritmico-geometrica d’una formanello spazio, attraverso le compenetrazioni iride-scenti ideate da Balla. Boccioni giunge nel 1912 aElasticità, al Dinamismo di un corpo umano, alleForme uniche nella continuità dello spazio, Ballanel 1913 ad Automobile+Velocità+Luce.

Lo slancio progettuale visionario si ritrova nel-la città futurista di Sant’Elia, di Chiattone, diMarchi. Il Futurismo trovò la forma nuova, manel generale ritardo industriale del Paese si ridus-se alla bottega artigiana, come nei piccoli atelierdi Casa Balla a Roma e Casa Depero a Rovereto,nella moda, nell’arredo, nel decoro casalingo.Emergono bene in mostra, per gli anni Venti, in

nitide costruzioni plastico-geometriche, il cultomeccanicistico della macchina (Depero, Diulghe-roff, Fillia, Pannaggi, il sempre innovativo Pram-polini) e, per gli anni Trenta, l’aeropittura cherompe la visione prospettica e trasforma i pae-saggi «appiattiti» in tessuti elastici (Crali, Di Bos-so, Dottori, Oriani, l’ottimo Prampolini ora indialogo fecondo col surrealismo e l’astrazionematerico-organica).

Purtroppo nei temi del futurismo ci fu anche iltragico abbaglio della guerra intesa come «ritmonaturale» di rinnovamento, poi evento epico-drammatico. Ma la simultaneità è oggi esperien-za comune nella società mediatica, come la mu-tevole rispondenza psichica alla realtà in peren-ne trasformazione; o, in teatro, la scena attiva:evento plastico, cromatico e luminoso.

Fausto Lorenzi

Barbara, Benedetta, Regina, tre donne futuriste

MODENA Polemiche e tentativi di ricucitura in atto aModena, intorno al caso scoppiato sul Festival Filoso-fia (nella foto, un momento della manifestazione). Ilsindaco Giorgio Pighi, per risanare le fratture createdopo il cambio di vertice (con la nomina di Carlo Altinial posto di Michelina Borsari) aveva proposto di scor-porare la rassegna dalla Fondazione San Carlo, chel’ha gestita finora, ma che non ha rinnovato il contrat-to con la direttrice Michelina Borsari (provocando ledimissioni dell’intero Comitato scientifico e la prote-sta di un folto gruppo di autorevoli studiosi).

Il Comitato promotore starebbe ora esaminando la

nuova possibilità, ma senza prendere decisioni se nonquella di proseguire la discussione. La Borsari ha repli-cato dando «piena disponibilità a lavorare» al nuovoprogetto, Roberto Franchini, presidente della Fonda-zione, ha commentato che «ciò che è bene per la città èbene anche per noi» e che quindi «va accolta positiva-mente la proposta avanzata dal sindaco». Ma questonon significa che i problemi siano risolti.

Nella lettera diffusa nei giorni scorsi anche alla stam-pa, la Borsari ha ricordato la «Scuola dottorale di altis-sima qualità, che si fa onore sul piano internazionale»,cioè la Scuola di alti studi filosofici creata 15 anni fa

dalla Fondazione. «Sono fermamente convinta chenon sia opportuno recidere le radici che legano la Scuo-la al festival e che gli assicurano un costante passaggiodi idee e di risorse intellettuali - ha aggiunto l’ex diret-trice -. La chiave di volta di questo virtuoso sistema discambi sta nel Comitato Scientifico della Fondazione,ora dimissionario». Il Comitato scientifico è formatoda Remo Bodei, Giovanni Filoramo, Tullio Gregory,Francisco Jarauta, Maurice Olender e Wolfgang Schlu-chter. Il punto per la Borsari è quello di creare le condi-zioni perché il Comitato scientifico rientri e perché Fe-stival e Scuola restino uniti.

Festival Filosofia, dialogo per cercare una soluzioneSi lavora a Modena per sanare le fratture createsi dopo la mancata conferma della direttrice Borsari

FUTURISMO

■ A Milano, al Palazzo della Permanente in via Tu-rati 34, una mostra apre una particolare finestra sulfuturismo, nell’«Omaggio alle donne del futurismo:Barbara, Benedetta, Regina» (da domani al 22/2, tel.026599803. Il 10/2, ore 18.30, sarà presentato il volu-me di Mirella Bentivoglio e Franca Zoccoli «Le futuri-ste italiane nelle arti visive», De Luca Editori). Le tredonne sono Barbara Biglieri Scurto, Benedetta Cap-pa che nel 1923 sposò Filippo Tommaso Marinetti, eRegina Cassolo. Qui sono unite da nitide architettu-re di accensioni lirico-astratte, specie d’aeropittura.

L’aeropittura era diretta a esprimere «con sintesi,trasparenze e dinamismo - come diceva il manifesto

1929 - l’aviazione, il volo, le velocità aeree, le prospet-tive aeree, gli stati d’animo aerei», ma serviva ancheda scandaglio a stati d’animo più intimi. Barbara -brevetto di pilota - fu «aeropittrice-aviatrice-futuri-sta» e tradusse nelle opere le «sensazioni di volo». Pa-esaggi in volo, ma anche moti d’onde, tradusse an-che Benedetta, già apprendista nell’atelier di Balla.Regina Cassolo firmò il «Manifesto tecnico dell’aero-plastica futurista»: scolpì forme in latta e alluminio.Negli anni ’60 dedicò al Garda pastelli su carta dovefissava il ritmo d’una straordinaria partitura percet-tiva. Nella foto: Enrico Prampolini, Ritratto di Bene-detta Cappa Marinetti, 1928, particolare. f. l.

Velocità+Arte+Azioneper rifare il mondoA Milano, la città in cui nacque, apre una rassegna globalefulcro delle celebrazioni per i cent’anni del movimento

Le meditazionidi padre Mosconisul Vangelodi Giovanni

Un monacocamaldolese

Cultura&SpettacoliGiornale di Brescia Venerdì 6 Febbraio 2009 43