Alcune nozioni tecniche per la fotografia d’architettura · Alcune nozioni tecniche per la...

14
1 Alcune nozioni tecniche per la fotografia d’architettura Per una fotografia tecnicamente perfetta, occorre un nega- tivo o una diapositiva tecnicamente perfetti, un negativo tecnicamente perfetto deve essere nitido ed esposto corret- tamente. 1 Data questa premessa, bisogna prendere atto che non sempre è possibile raggiungere la perfezione, ogni situazione di ripresa è diversa da un’altra (illuminazione non uniforme, presenza di elevati contrasti fra zone in ombra e zone in forte luce, impossibilità di disporsi nella posizione più idonea per effettuare la ripresa fotografica, ecc) bisogna comunque scegliere il miglior compromesso possibile. Per giungere ai migliori risultati, dobbiamo conoscere alcune re- gole fondamentali e gli strumenti necessari per controllare ed evitare la maggior parte dei difetti che si presentano in una fotografia. La luce è l’elemento fondamentale che rende possibile l’ese- cuzione di ogni fotografia, infatti è proprio la luce (bianca nel suo insieme), che rende visibile ogni oggetto, nelle sue sfu- mature di colore, in base al maggiore o minore assorbimento e riflessione delle radiazioni luminose che compongono il suo spettro (un oggetto appare nero se la sua superficie assorbe tutto lo spettro, colorato o bianco in base alla parziale o totale riflessione). La conoscenza delle proprietà della luce compo- sta (riflessione, rifrazione, diffrazione) e delle sue caratteristi- che cromatiche (temperatura colore espressa in gradi Kelvin, differenze di lunghezza d’onda per i vari colori), insieme alla conoscenza delle leggi ottiche e delle sue aberrazioni, sono alla base del procedimento fotografico. 2 La fotografia si fonda suI principio della camera oscura: un soggetto illuminato riflette la luce e proietta la sua immagi- ne attraverso l’obiettivo sulla pellicola, dove si forma un’immagine latente che verrà chimicamente rivelata col processo di sviluppo. I componenti essenziali di una fotocamera, dalla più sempli- ce ed economica (tipo usa e getta), a quella più complessa, sono costituiti da un obiettivo, una camera oscura e da un supporto pellicola; è la precisione costruttiva e la qualità ot- tico-meccanica dei congegni e strumenti di controllo (miri- no, otturatore, esposimetro, ecc.) che la compongono a far- ne la differenza (anche nel prezzo) e a renderla più o meno idonea per l’utilizzo che ne dobbiamo fare. Massimo Battista Un raggio di luce bianca scomposto con un prisma, produce uno spettro con tutti i colori originariamente presenti nella luce bianca (sopra). Di un raggio di luce bianca che arriva su un corpo azzurro, viene riflessa soltanto la componente azzurra, mentre tutti i colori residui vengono assorbiti dal corpo. (Ernst A. Weber, La foto, Roma1989) Camera oscura a foro stenopeico (Ansel Adams, La fotocamera, Bologna 1989)

Transcript of Alcune nozioni tecniche per la fotografia d’architettura · Alcune nozioni tecniche per la...

1

Alcune nozioni tecniche per la fotografia d’architettura

Per una fotografia tecnicamente perfetta, occorre un nega-tivo o una diapositiva tecnicamente perfetti, un negativotecnicamente perfetto deve essere nitido ed esposto corret-tamente.1 Data questa premessa, bisogna prendere attoche non sempre è possibile raggiungere la perfezione, ognisituazione di ripresa è diversa da un’altra (illuminazione nonuniforme, presenza di elevati contrasti fra zone in ombra ezone in forte luce, impossibilità di disporsi nella posizionepiù idonea per effettuare la ripresa fotografica, ecc) bisognacomunque scegliere il miglior compromesso possibile. Pergiungere ai migliori risultati, dobbiamo conoscere alcune re-gole fondamentali e gli strumenti necessari per controllareed evitare la maggior parte dei difetti che si presentano inuna fotografia.

La luce è l’elemento fondamentale che rende possibile l’ese-cuzione di ogni fotografia, infatti è proprio la luce (bianca nelsuo insieme), che rende visibile ogni oggetto, nelle sue sfu-mature di colore, in base al maggiore o minore assorbimentoe riflessione delle radiazioni luminose che compongono il suospettro (un oggetto appare nero se la sua superficie assorbetutto lo spettro, colorato o bianco in base alla parziale o totaleriflessione). La conoscenza delle proprietà della luce compo-sta (riflessione, rifrazione, diffrazione) e delle sue caratteristi-che cromatiche (temperatura colore espressa in gradi Kelvin,differenze di lunghezza d’onda per i vari colori), insieme allaconoscenza delle leggi ottiche e delle sue aberrazioni, sonoalla base del procedimento fotografico.2

La fotografia si fonda suI principio della camera oscura: unsoggetto illuminato riflette la luce e proietta la sua immagi-ne attraverso l’obiettivo sulla pellicola, dove si formaun’immagine latente che verrà chimicamente rivelata colprocesso di sviluppo.

I componenti essenziali di una fotocamera, dalla più sempli-ce ed economica (tipo usa e getta), a quella più complessa,sono costituiti da un obiettivo, una camera oscura e da unsupporto pellicola; è la precisione costruttiva e la qualità ot-tico-meccanica dei congegni e strumenti di controllo (miri-no, otturatore, esposimetro, ecc.) che la compongono a far-ne la differenza (anche nel prezzo) e a renderla più o menoidonea per l’utilizzo che ne dobbiamo fare.

Massimo Battista

Un raggio di luce bianca scomposto con un prisma, produce uno spettro contutti i colori originariamente presenti nella luce bianca (sopra).Di un raggio di luce bianca che arriva su un corpo azzurro, viene riflessa soltantola componente azzurra, mentre tutti i colori residui vengono assorbiti dal corpo.(Ernst A. Weber, La foto, Roma1989)

Camera oscura a foro stenopeico(Ansel Adams, La fotocamera, Bologna 1989)

2

Fondamentale è conoscere la propria attrezzatura e capirese è idonea per il genere di fotografia che vogliamo fare.La fotocamera che usiamo è adatta alla fotografia di archi-tettura? Più grandi sono le dimensioni dell’immagine mag-giori saranno i dettagli che la pellicola riuscirà a registrare eriprodurre sulla fotografia.Le fotocamere si possono dividere in tre gruppi in base alformato di pellicola: fotocamere di piccolo, medio e grandeformato.

Le fotocamere di piccolo formato, comunemente utilizzanopellicola 35 mm e la dimensione immagine è di mm 24X36;in questo gruppo si possono collocare le fotocamere digita-li, che al posto della pellicola utilizzano un supporto digitale(CCD) di dimensioni generalmente più piccole del 35 mm(ad esempio il CCD della fotocamera professionale NikonD1 misura 15,6X23,7 mm), costituito da tanti sensori (pixel)che reagiscono alla luce con impulsi elettrici formando l’im-magine elettronica.

Le fotocamere di medio formato, utilizzano pellicola in rulli120 o più raramente 220, con una dimensione immagine chesecondo il modello è di cm 4,5X6, cm 6X6, cm 6X7, cm 6X9.

Le fotocamere di grande formato, utilizzano pellicola in lastre(cioè in singoli fogli di pellicola da inserire al buio in appositicontenitori “chassis”) con una dimensione immagine che se-condo il modello è di cm 10X13, cm 13X18, cm 20X25.

Le fotocamere si possono suddividere ulteriormente in baseal sistema di mira che utilizzano per inquadrare (delimitare ilcampo di ripresa effettivo) e regolare la messa a fuoco del-l’obiettivo sul piano della pellicola: fotocamere con mirinoseparato, reflex monobiettivo e a visione diretta.Un’ulteriore distinzione si può fare tra le fotocamere con ot-tiche intercambiabili, chiamate anche a sistema, e quelle adottica fissa, in quest’ultimo gruppo rientrano le fotocamerecosiddette compatte, considerate le meno adatte per la fo-tografia d’architettura.

Nelle fotocamere con mirino separato il sistema di osserva-zione ed inquadratura del soggetto è indipendente e diversodall’obiettivo che realizza l’immagine fotografica, il mirino,però, può essere collegato col sistema di messa a fuocoutilizzando un telemetro che misura la distanza del soggettoprincipale. Le fotocamere con mirino separato non offronola precisione d’inquadratura degli altri sistemi, l’asse del-l’obiettivo e quello del mirino non coincidono (difetto di pa-rallasse), ma le migliori fotocamere di questo tipo, sonoadatte alla fotografia d’architettura (ad esempio le fotoca-mere a sistema Leica M), perché offrono un’elevata lumino-sità del mirino, la correzione della parallasse ed un’esattez-za di messa a fuoco telemetrica, soprattutto con le ottichegrandangolari, difficilmente raggiungibile dagli altri sistemi.Queste fotocamere possono utilizzare obiettivi di elevataqualità con schemi ottici più semplici e più corretti (peresempio i grandangolari con schema ottico simmetrico, nonretrofocus, perché in queste fotocamere, a differenza dellereflex, che devono lasciare spazio allo specchio ribaltabile,la parte posteriore dell’ottica può essere posta all’internodel corpo macchina anche molto vicino al piano pellicola,rispettando l’effettiva lunghezza focale dell’obiettivo).L’Hasselblad SWCM 6X6, per esempio, è una fotocamera

Sezioni trasversali e schemi ottici: di una reflex monobiettivo 35 mm, di unareflex monobiettivo 6X6 cm, di una fotocamera reflex biottica 6X6 cm e diuna fotocamera a corpi mobili a visione diretta di grande formato. Lo schemaottico, nelle reflex monobiettivo, generalmente è di tipo retrofocus perlasciare spazio allo specchio ribaltabile, nelle altre è di tipo simmetrico(Ansel Adams, La fotocamera, Bologna 1989)

3

progettata per l’utilizzo dell’obiettivo grandangolare ZeissBiogon di 38 mm, molto corretto e privo di distorsioni, stu-diato proprio per la fotografia architettonica ed industriale.Un discorso a parte meritano le fotocamere digitali a mirinoseparato dove l’inquadratura può essere controllata a po-steriori, cioè dopo lo scatto, sullo schermo LCD.

Nelle fotocamere reflex monobiettivo, il soggetto inquadra-to è osservato attraverso lo stesso obiettivo che registral’immagine sulla pellicola, con un sistema composto da unospecchio ribaltabile, inclinato di 45°, e da un prisma che ri-flette l’immagine sullo schermo di messa a fuoco posiziona-to nel mirino. Le fotocamere reflex monobiettivo di elevataqualità, meglio se meccaniche e manuali non autofocus,che permettono il controllo di tutti i parametri necessari peruna corretta esposizione, sono ritenute molto adatte alla fo-tografia d’architettura. Queste fotocamere che di solitosono parte di un sistema (obiettivi, schermi di messa a fuo-co, accessori ecc.) consentono l’inquadratura precisa delsoggetto, la visualizzazione dell’angolo di campo, delle di-mensioni dell’immagine, della prospettiva, di mettere a fuo-co con precisione l’obiettivo, di avere una visione approssi-mativa della profondità di campo nitido, di regolare il dia-framma e il tempo di posa, e con alcuni obiettiviespressamente progettati, di correggere la convergenzadelle linee col decentramento ottico (ad esempio, nel siste-ma Nikon, gli obiettivi decentrabili PC Nikkor 35 e 28 mmconsentono con lo spostamento di 11 mm dell’asse otticoin tutte le direzioni, ma sempre perpendicolare al piano pel-licola, di mantenere la fotocamera in bolla e inquadrare adesempio il tetto di un edificio senza inclinare la fotocamera,con la possibilità di visualizzare l’effetto sull’apposito vetri-no reticolato, che nelle Nikon della serie F può essere sosti-tuito a quello standard).

Le fotocamere con visione e messa a fuoco diretta sul vetrosmerigliato, posto sullo stesso piano del portapellicola,sono di solito di grande formato. Queste fotocamere chia-mate a corpi mobili, a banco ottico ed anche universali, sa-rebbero e sono le più adatte per la fotografia d’architettura.Sono costruite in modo tale che i supporti (corpi) portaobiettivo e porta lastra, collegati tramite un soffietto estensi-bile, si possano muovere e regolare indipendentemente traloro. Con queste fotocamere abbiamo il controllo assolutodi tutte le funzioni e la più ampia possibilità di regolazioni,come il decentramento ottico anteriore e del supporto pelli-cola posteriore per controllare la geometria e la convergen-za dell’inquadratura, o il basculaggio anteriore e posterioresull’asse ottico e sulla base, per consentire con l’inclinazio-ne dei piani sui quali sono posti l’obiettivo e la lastra, di con-trollare ed estendere la profondità di campo nitido. Questotipo di fotocamere più ingombranti (anche se pieghevoli) epiù pesanti richiedono l’uso del cavalletto, sono più difficilida utilizzare, sia per i movimenti e regolazioni di cui sonocapaci, che per la corretta inquadratura e messa a fuocodell’obiettivo. L’immagine sul vetro smerigliato appare esat-tamente uguale, invertita alto-basso e destra-sinistra, diquella che impressionerà la pellicola o lastra fotografica.Queste fotocamere richiedono di solito un periodo più omeno lungo di apprendistato, che una volta terminato, daràla possibilità di realizzare fotografie tecnicamente perfette ecosì ricche di dettagli, difficilmente paragonabili con quelleprodotte con altri sistemi fotografici.

Schema del sistema di messa a fuoco con telemetro(Ansel Adams, La fotocamera, Bologna 1989)

L’inquadratura dei primi piani nelle fotocamere a mirino separato risente deldifetto di parallasse tra mirino e obiettivo(Ansel Adams, La fotocamera, Bologna 1989)

Schema ottico di un obiettivo grandangolare di tipo retrofocus, il complessoprogetto ottico consente di allontanare il punto focale F’ pur mantenendoinvariata la lunghezza focale del piano principale H’. Ricorrendo a questo tipodi disegno viene lasciato lo spazio sufficiente al ribaltamento dello specchionelle fotocamere reflex monobiettivo(Maurizio Capobussi, Giuliana Scimè, Fotografo, Milano 1984)

Spaccato di una fotocamera a mirino separato 35 mm di elevata qualità tecnica(Günter Osterloh, Leica M. Alta scuola di fotografia, Milano 1991)

4

Qualsiasi obiettivo, semplice o composto, proietta un’im-magine circolare sul piano di messa a fuoco, la dimensionedi questo cerchio immagine ne determina l’utilizzo. Gliobiettivi progettati per il piccolo formato non possono esse-re utilizzati per un formato più grande proprio perché il lorocerchio immagine copre poco più del formato della pellicola35 mm, mentre al contrario, obiettivi progettati per i formatipiù grandi possono essere adoperati, con eventuali adatta-tori, per i formati più piccoli. La dimensione del cerchio im-magine, o angolo di copertura, negli obiettivi progettati perle fotocamere a banco ottico, è importante perché rendepossibili quei movimenti di decentramento e basculaggioche caratterizzano tali fotocamere.

La lunghezza focale di un obiettivo, tecnicamente è la di-stanza dal punto nodale posteriore, situato in prossimità deldiaframma e il piano sul quale sono messi a fuoco i soggettiposti all’infinito, determina il rapporto di riproduzione che ilsoggetto inquadrato avrà sulla pellicola. Ad esempio unobiettivo di focale 100 mm forma un immagine alta 3 cm diun dato soggetto posto ad una certa distanza sia sul forma-to 24X36 mm che sul 10X13 cm, ma il soggetto nel 24X36occuperà quasi tutta l’altezza, mentre nel formato 10X13una piccola porzione. Nel formato piccolo L’immagine saràriprodotta come dettaglio isolato mentre in quello più gran-de sarà riprodotta con l’ambiente circostante; nel piccoloformato l’obiettivo di focale 100 mm si comporterà come unobiettivo tele (lunga focale) mentre nel formato più granderisulterà come un grandangolo (corta focale).

Tutti gli obiettivi proiettano sul piano pellicola un immagine circolare,nell’esempio l’immagine circolare prodotta da un obiettivo progettato per il35 mm che copre un pò piu del formato pellicola, perché la zona vicina aibordi risulta progressivamente meno luminosa e nitida(Günter Osterloh, Leica M. Alta scuola di fotografia, Milano 1991)

Esempi dimostrativi dell’utilizzo del decentramento ottico per correggerel’inquadratura e la convergenza delle immagini e del basculaggio dell’obiettivoper estendere la profondità di campo nitido(Ansel Adams, La fotocamera, Bologna 1989)

5

L’angolo di campo dipende dalla lunghezza focale rapportata al formato pellicolanello schema: dall’alto focale normale, grandangolare e tele riferita al 35 mm(Alexander Spoerl, Tutti i segreti della fotografia, Milano 1974)

Rapporto tra lunghezza focale di un obiettivo e grandezza dell’immagine(Andreas Feininger, Il libro della fotografia, Milano 1970)

La focale di un obiettivo è direttamente proporzionale alla mi-sura dell’immagine riprodotta, se lo stesso soggetto del-l’esempio precedente, viene fotografato con un obiettivo di fo-cale doppia, 200 mm, anche l’altezza dell’immagine riprodottasarà doppia cioè 6 cm; con un obiettivo di focale dimezzatacioè di 50 mm, l’altezza risulterà dimezzata cioè di cm 1,5.In ogni fotocamera il relativo obiettivo di focale normale èdeterminato dalle dimensioni del formato di pellicola cheusa. Per obiettivo normale si intende un obiettivo con ango-lo di campo di circa 45°, la cui lunghezza focale è all’incircauguale alla misura della diagonale del formato pellicola uti-lizzato: ad esempio per il 24X36 mm, la cui diagonale è dicirca 42 mm, l’obiettivo normale di solito è un 50 mm, per il6X6 cm la diagonale è di circa 85 mm l’obiettivo normale disolito è un 80 mm, per il 6X9 cm la diagonale è di circa 108mm l’obiettivo normale di solito è un 105 mm, per il 10X13cm la diagonale è di circa 150 mm l’obiettivo normale di so-lito è di 150 mm, per il 13X18 cm la diagonale è di circa 225mm l’obiettivo normale di solito è di 200-250 mm, per il20X25 cm la diagonale è di circa 320 mm l’obiettivo normaledi solito è di 300 mm.Se un dato soggetto viene fotografato con fotocamere didiverso formato, equipaggiate col relativo obiettivo norma-le, il campo inquadrato cioè l’angolo di visuale e la prospet-tiva saranno più o meno equivalenti. Il soggetto sarà ripro-dotto in grandezze proporzionalmente più grandi rispetto alformato utilizzato e quindi più ricco di dettagli.

Focale breve = immagine piccola

Focale più lunga = immagine più grande

lunghezza focale50 mm

lunghezza focale150 mm

distanza tra oggetto e apparecchio = °°

distanza tra oggetto e apparecchio = °°

brevelunghezza focale

maggiore lunghezza focale

immaginepiccola

immaginepiù grande

6

Rapporto tra formati pellicola ed area inquadrata con obiettivo di ugualelunghezza focale e con lo stesso rapporto di riproduzione: formato digitale15,6X23,7 mm, 24X36 mm, 4,5X6 cm, 6X9 cm, 10X13 cm, 13X18 cm.La riduzione dell’immagine, a parità di campo coperto, al variare dei formati.

7

La pellicola fotografica, è costituita, da un supporto traspa-rente (pellicola) e da uno (pellicola B/N) o più strati (pellicola acolori) di gelatina (emulsione fotografica), all’interno della qua-le, sono presenti i sali di argento sensibili alla luce; la quantitàdi questi sali dipende dalla dimensione, più piccoli sono piùfitti sono, più grandi sono più radi ma più sensibili sono.Per quanto riguarda la scelta della pellicola, bisogna tenerpresente, che all’incrementare della sua sensibilità alla luce(valore oggi espresso in ISO International Standard Organisa-tion che riunisce le precedenti scale ASA American Standard

Association e DIN Deutsches Institut fuer Normung) cioè, alvalore ISO più alto, corrisponde in genere una maggiore di-mensione della grana (i cristalli di bromuro d’argento che col-piti dalla luce, reagiscono e dopo lo sviluppo si trasformanoin argento metallico, determinando il chiaro-scuro del negati-vo) quindi una minor capacità di riprodurre i particolari piùfini; è chiaro che con le pellicole di sensibilità più bassa chehanno la grana più piccola e più fitta, avviene il contrario, cioèdopo lo sviluppo l’immagini risultano più definite.

Differenze di granularità (particolare ingrandito) nelle fotografie riprese con pellicola di bassa (ISO 32/16°), media (ISO 125/22°) e alta sensibilità (ISO 400/27°)(Günter Osterloh, Leica M. Alta scuola di fotografia, Milano 1991)

8

La corretta esposizione alla luce di una pellicola, che ne de-termina il giusto grado di densità e contrasto, dipende dallaquantità (intensità di luce) e dalla durata del tempo (tempodi esposizione), in cui la luce impressiona la pellicola in basealla sua sensibilità.

Lo strumento che misura l’intensità della luce è l’esposimetrofotoelettrico, che può essere interno alla fotocamera o sepa-rato, a luce riflessa nel primo caso, a luce riflessa e o inciden-te nel secondo, in generale è composto da una o più cellesensibili alla luce che reagendo alla sua intensità produconoenergia elettrica misurabile (fotocellule al selenio) oppure neoppongono una certa resistenza sempre misurabile (fotoresi-stori al solfuro di cadmio CDS, o fotodiodi al Silicio).I sistemi di misura della luce adottati dagli esposimetri,sono di due tipi: a luce riflessa e a luce incidente. Nel primotipo, la fotocellula dell’esposimetro, che di norma è taratasul potere riflettente di una superficie uniforme (cartoncinogrigio al 18%), misura l’intensità della luce riflessa dal sog-getto, in funzione della proprietà riflettente del soggettostesso e quindi influenzata dal suo colore; nel secondo tipo,la fotocellula coperta con un diffusore semisferico opalino,misura direttamente l’intensità luminosa della luce, questamisurazione risulta più sicura e più precisa perché non in-fluenzata dal soggetto, ma la fotocellula deve essere posi-zionata in prossimità del soggetto stesso e puntata versol’obiettivo, cosa non sempre possibile.Nelle fotocamere dotate di esposimetro interno, che può es-sere spot, semispot o a lettura media secondo l’angolo dimisura, in genere sono visibili direttamente nel mirino deisimboli, che danno i valori di corretta o sovra o sottoesposi-

zione, calcolati dall’esposimetro in funzione dell’intensità lu-minosa e della coppia di valori tempo-diaframma impostati.Gli esposimetri esterni generalmente indicano l’intensità del-la luce in valori di esposizione EV, che riportati su un quadran-te calcolatore, indicano tutta la serie di accoppiamenti corret-ti tra i valori di diaframma e relativo tempo di esposizione.

L’esposizione di una pellicola, di cui conosciamo la sensibili-tà (perché espressa in ISO dal fabbricante), è controllataquindi da due strumenti correlati tra loro: il diaframma del-l’obiettivo e l’otturatore. Il diaframma è costituito in generaleda un gruppo di lamelle incernierate tra loro, il cui movimento,in maniera analoga all’iride dell’occhio umano, regola la mag-giore o minore apertura, quindi la quantità di luce che attra-

Esempi di esoposimetri fotoelettrici in alto a sinistra esposimetro con possibilità di lettura sia a luce riflessa che incidente, in basso esposimetro a luce rilflessa ditipo spot, a destra schema di esposimetro con lettura a luce riflessa (sopra) e a luce incidente (sotto)(Guglielmo Izzi, Francesco Mezzatesta, La natura, Milano, 1979)

Tavola esemplificativa delle combinazioni tra diaframma e tempo di posa peruna data sensibilità (32 ASA) con condizioni di luminosità media(Andreas Feininger, Il libro della fotografia, Milano 1970)

Aperture didiaframma

Corrispondentitempi di posa

Messa a fuoco

Profonditàdi campo

Resa degli oggettiin movimento

Conclusioni

f:1,4 f:2 f:2,8 f:4 f:5,6 f:8 f:11 f:16 f:22 f:32

1/1000 1/500 1/250 1/125 1/60 1/30 1/15 1/8 1/4 1/2

La sempre minore profonditàdi campo richiede una semprepiù accurata messa a fuoco

La sempre maggiore profondi-tà di campo compensa unameno accurata messa a fuoco

Limitatissima - limitata - media - sempre più estesa

Nitidissima - nitida - leggermente mossa - sempre più mossa

Quanto più azione o movi-mento del soggetto sono rapi-di, tanto più brevi sono i tempidi posa necessari per ottenerefotografie nitide

Quanto maggiore è la profondi-tà del soggetto, tanto più pic-cola deve essere l’apertura deldiaframma per ottenere suffi-ciente profondità di campo

Tempi di posa brevi perché lefotografie siano fatte a mano

Bisogna usare il treppiede

9

versa l’obiettivo. L’otturatore che può essere di tipo centrale,posto al centro dell’obiettivo, o a tendina, posto in prossimitàdel piano pellicola, regola la durata cioè il periodo di tempodurante il quale la pellicola è esposta alla luce. L’otturatorecentrale può essere a semplice ghigliottina o a più lamelleche aprono e chiudono il flusso luminoso, quello a tendina ècostituito da tendine metalliche o di tela gommata che scor-rendo una dietro l’altra, in prossimità del piano focale, lascia-no una fessura, l’ampiezza di questa fessura e il suo movi-mento scopre e ricopre per un certo tempo la pellicola.Ad una data sensibilità e a pari condizioni di luce corrispon-dono una serie di coppie di valori diaframma-tempo, chedaranno la stessa esposizione; all’aumentare della quantitàdi luce, cioè alla maggiore apertura del diaframma, dovràcorrispondere una minore durata del tempo e viceversa; lascelta quindi di un dato valore di apertura del diaframmaimplica la scelta del corrispettivo tempo di esposizione. Ivalori di diaframma, secondo la scala internazionale stan-dard, sono espressi in frazioni f/D cioè la lunghezza focaledivisa per il diametro del foro efficace dell’obiettivo: f:1-1,4-2-2,8-4-5,6-8-11-16-22-32, e sono in sequenza geometri-ca, ogni valore di diaframma (f-stop) trasmette il doppio o lametà della quantità di luce rispetto al valore adiacente.3 Gliotturatori, sempre secondo la scala stardard, sono tarati infrazioni di secondo 1-1/2-1/4-1/8-1/15-1/30-1/60-1/125-1/250-1/500-1/1000-1/2000 più la posa a tempo (B o T), inmaniera tale che ad ogni valore successivo corrisponda untempo che è la metà rispetto al precedente e viceversa. Inteoria quindi, esponendo una pellicola, di una data sensibi-

lità e in presenza di un dato valore di intensità luminosa, insuccessione, secondo le coppie di tempo-diaframma cor-rette, dovremmo avere sempre risultati equivalenti, in gene-rale è proprio così, ma in presenza di bassa intensità lumi-nosa, quando per la corretta esposizione è richiesto l’uso diun tempo più lungo di un minuto, questa equivalenza non èpiù rispettata per effetto della non reciprocità della pellicolaalla luce, perciò per avere effettivamente lo stesso grado didensità sul negativo, l’esposizione deve essere incrementa-ta di un certo valore che dipende dal tipo di pellicola in uso(alcune pellicole professionali, riportano scritto nel fogliettoillustrativo, l’incremento in f-stop da utilizzare per compen-sare l’esposizione a causa dell’effetto di non reciprocità).4

Nelle fotocamere a controllo manuale questa scelta è la-sciata al fotografo, che in base al tipo di fotografia potràscegliere il più opportuno valore di diaframma per estenderela profondità di campo nitido oppure usare un tempo diesposizione molto rapido per fermare un soggetto in movi-mento, rispettare la corretta esposizione data dall’esposi-metro, oppure volutamente sottoesporre o sovraesporre perrendere nella fotografia alcune parti più scure o più chiare,secondo il gusto e l’interpretazione personale della realtà.Nelle fotocamere automatiche e/o a programma (quasiesclusivamente di piccolo formato), questa scelta è fatta di-rettamente dal computer interno alla fotocamera che gesti-sce in maniera elettronica, in base appunto ad un program-ma che privilegia la rapidità oppure la qualità, il giusto valoredi tempo e di diaframma.

Tipi di otturatore: a ghigliottina, centrale a cinque lamelle e a tendina sul piano focale(Alfredo Ornano, Il libro della foto, Milano 1952)

Il diaframma si ottiene dividendo la lunghezza focale (f) per il diametro efficace dell’obiettivo(D); diaframma totalmente aperto, parzialmente chiuso e chiuso(Alexander Spoerl, Tutti i segreti della fotografia, Milano 1974)

f/D = diaframma

10

Esempi di messa a fuoco a distanze diverse, relativa profondità di campo nitido ed estensione della nitidezza con la chiusura del diaframma, dall’alto:messa a fuoco del primo piano 5 m, diaframma f:2 profondità di campo da ca. 4,80 m a 5,20 m;messa a fuoco dello sfondo 15 m, diaframma f:2 profondità di campo da ca. 13,5 m a 17 m;messa a fuoco del piano intermedio 7,5 m, diaframma f:2 profondità di campo da ca. 7,10 m a 7,95 m;messa a fuoco del piano intermedio 7,5 m, diaframma f:16 profondità di campo da ca. 5 m a 15 m.(Günter Osterloh, Leica M. Alta scuola di fotografia, Milano 1991)

11

Il diaframma regola la quantità di luce trasmessa, ma è an-che uno strumento determinante per migliorare la resa otti-ca dell’obiettivo e l’estensione della profondità di campo ni-tido. Un obiettivo regolato ai diaframmi intermedi rende almeglio, la chiusura ulteriore del diaframma, aumenta pro-gressivamente la profondità di campo ma per effetto delladiffrazione della luce porta ad un decadimento generale del-l’immagine.

Un obiettivo proietta, su un piano posto ad una distanzaequivalente alla sua focale, un’immagine nitida di un ogget-to posto all’infinito, tutto ciò che è posto ad una distanzaminore dell’infinito per essere nitido necessita di una regola-zione, un incremento della distanza obiettivo-pellicola, lacosì detta messa a fuoco. Aumentando progressivamentequesta distanza, metteremo a fuoco oggetti sempre più vi-cini, se la messa a fuoco dell’obiettivo è regolata su unadistanza doppia rispetto alla sua lunghezza focale, il rappor-to di riproduzione è di 1:1 cioè il soggetto è riprodotto nellesue dimensioni reali, oltre questo limite si entra nel campodella macro o micro fotografia.

La messa a fuoco avviene per piani, se l’obiettivo è regolatosu una certa distanza, tutti i soggetti posti a quella distanza,cioè sul quel piano, saranno nitidi, i soggetti più vicini o piùlontani saranno progressivamente meno nitidi. Se fotografia-mo perpendicolarmente un soggetto bidimensionale adesempio un quadro o un disegno, basta regolare l’obiettivosulla distanza che intercorre tra il piano pellicola e il piano deldisegno per avere tutto perfettamente nitido. Se invece foto-grafiamo un soggetto tridimensionale (la maggioranza delleriprese fotografiche) questo non sarà posto su di un unicopiano, ma su tanti piani in relazione alla sua estensione inprofondità. Nell’immagine proiettata sul piano pellicola,l’obiettivo disegnerà un insieme di punti nitidi per il pianomesso a fuoco, ed un insieme di cerchi più o meno grandi(cerchi di diffusione o confusione), per i piani posti più vicinio più lontani da quello della messa a fuoco. La profondità di

La profondità di campo nitido aumenta con la chiusura del diaframma perché ladimensione dei cerchi di confusione prodotti dai punti fuori fuoco, diminuisceprogressivamente con la riduzione dell’apertura relativa dell’obiettivo(Andreas Feininger, Il libro della fotografia, Milano 1970)

campo nitido dipende principalmente da tre fattori: dalla di-stanza del soggetto, dalla lunghezza focale e dalla chiusuradel diaframma dell’obiettivo. I cerchi di diffusione (prodottidai punti del soggetto che si trovano su piani diversi da quel-lo su cui è regolata la messa a fuoco), saranno riprodotti piùpiccoli e saranno visti dall’occhio umano come punti, perciònitidi, più sarà distante il soggetto, più sarà corta la focale,più chiuso sarà il diaframma e viceversa.

La nitidezza, altro elemento fondamentale per la riuscitadella fotografia, è determinata oltre che dalla corretta messaa fuoco dell’immagine del soggetto inquadrato sul pianopellicola (con la regolazione dell’elicoide dell’obiettivo o conlo spostamento micrometrico dei corpi mobili nei banchi ot-

Schema illustrativo dell’influenza del diaframma e della lunghezza focale di un obiettivo sulla profondità di campo nitido a parità di distanza di messa a fuoco.(Maurizio Capobussi, Giuliana Scimè, Fotografo, Milano 1984)

f:2 f:8 f:22 grandangolo normale lungo fuoco

12

Variando la distanza di ripresa cambia la prospettiva. La scultura viene riprodotta nella stessa grandezza pur variando la distanza di ripresa, ma lo sfondo sembraavvicinarsi man mano che viene aumentata la focale degli obiettivi da 50, 120, 250, 500 mm. In questo caso non cambia solo la prospettiva, ma anche il rapportodelle grandezze fra il primo piano e lo sfondo. (Ernst A. Weber, La foto, Roma 1989)

tici), da altri fattori: la profondità di campo nitido che vieneincrementata con la chiusura del diaframma; la sfocatura damovimento provocata dal movimento del soggetto e/o daquello della fotocamera; la risolvenza dell’obiettivo e dellapellicola cioè la capacità di riprodurre i particolari più fini.Per ovviare alla sfocatura provocata dal movimento del sog-getto, si ricorre alla scelta di un tempo di otturazione rapido;per evitare la sfocatura provocata dal movimento della foto-camera, chiamato anche micromosso, si ricorre all’uso di unsupporto stabile e robusto come il cavalletto o treppiede alquale fissare saldamente la fotocamera, in modo tale darenderla statica e con l’uso dello scatto flessibile o dell’au-toscatto evitare la più piccola vibrazione.

Dopo alcune informazioni tecniche qualche suggerimentopratico, la fotografia di un soggetto architettonico è quasiesclusivamente quella di un soggetto statico, perciò nonsono giustificati errori, nella ripresa fotografica, dovuti allafretta, non si deve cogliere l’attimo fuggente. La fotografiadeve essere posata, valutare e ragionare con calma, utile èanche prendere appunti sui vari parametri e regolazioni usa-te per fare la fotografia, una volta sviluppata e o stampatapotremo, appunti alla mano, capire se e dove abbiamo sba-gliato, fare esperienza, gli errori se correttamente valutatiinsegnano. Bisogna valutare la luce, la sua direzione, latera-le, frontale o controluce, la sua intensità, per capire quantoprofonde saranno le ombrre sul soggetto, se possibile sce-gliere l’ora più adatta per eseguire la ripresa, sapendo che

13

per riprodurre i dettagli più fini del soggetto e i particolaridell’ornato, una luce non diretta ma velata, morbida, conombre deboli, come quella data da un cielo velato o poconuvoloso, è la migliore, al contrario una luce forte, laterale oradente, amplificherà l’effetto rilievo anche delle superficipiù uniformi e lisce come quelle del cemento armato o del-l’intonaco. Inoltre se adoperiamo pellicola a colori dobbia-mo anche valutare le caratteristiche cromatiche della luce:al variare delle ore durante la giornata e delle condizioni at-mosferiche, varia anche la risposta cromatica della pellico-la, ad esempio col cielo coperto avremo una luce più freddae al tramonto più calda rispetto a quella delle ore centrali colcielo sereno. Le pellicole a colori per luce diurna sono tarateintorno ai 5400° Kelvin, che corrispondono alla luce del solenelle ore centrali della giornata e alla luce del flash elettroni-co, quelle per luce artificiale sono tarate sui 3200°-3400°che corrispondono alla luce delle lampade survoltate tiponitraphot o alogene. Se la temperatura della luce che illumi-na il soggetto non corrisponde a quella della pellicola inuso, saranno evidenti sulla pellicola delle dominanti di colo-re tendenti o al blu o al rosso, che possono essere correttericorrendo ai filtri di conversione e/o di correzione. La pelli-cola B/N risente in minima parte di questi effetti cromatici, lefotocamere digitali in genere hanno la possibilità di bilancia-re il bianco. Ricorrere all’utilizzo del flash è sempre sconsi-gliato, anche per le fotografie di interni poco illumiinati, per-ché la luce del flash è poco controllabile, di scarsa portata3-5 m e non uniforme, meglio utilizzare la luce ambiente ol’illuminazione delle lampade.Bisognerebbe sempre scegliere, per ogni soggetto, l’obiet-tivo di maggior lunghezza focale, il cui angolo di campoconsenta la sua inquadratura totale, per poter sfruttare almassimo il formato pellicola. Gli obiettivi a focale variabile(zoom), molto usati nel 35 mm, sarebbero utili ma la lorocomplessa costruzione ottica, implica spesso una minorecorrezione della distorsione, che in alcuni modelli varia daquella a barile a quella a cuscino, o viceversa, al variare del-la focale, rendendo questo tipo di obiettivo poco utilizzabileper la fotografia di architettura, dove la riproduzione corret-ta delle linee verticali e orizzontali è fondamentale.5

Valutare le caratteristiche del soggetto e le sue dimensioni,l’intensità e la direzione della luce che lo illumina, individua-

L’uso del paraluce consente di eliminare i raggi di luce che danneggerebberol’immagine con la loro riflessione sulle lenti(Alexander Spoerl, Tutti i segreti della fotografia, Milano 1974)

Esempi dimostrativi di distorsione(Ansel Adams, La fotocamera, Bologna 1989)

Temperatura del colore espressa in ° Kelvin della luce diurna e artificiale(Guglielmo Izzi, Francesco Mezzatesta, La natura, Milano 1986)

luce naturale temperatura del colore °k luce artificiale

10000°

8500°cielo azzurro luce al nord

7500°cielo nuvoloso

6200°cielo sereno sole intenso

4600°alba e tramonto

3750°luna

5400°flash elettronico

3200°lampada alogena

1900°candela

9000°

8000°

7000°

6000°

5000°

4000°

3000°

2000°

1000°

2900°lampada100-200W

Soggetto Distorsione Distorsioneoriginale a barilotto a cuscinetto

14

re la miglior posizione di ripresa sapendo che il rapportoprospettico dei volumi è determinato dalla distanza.Posizionare il treppiede, che deve essere il più solido e piùrobusto possibile, in modo tale che appoggi bene sul terre-no o sul pavimento, metterlo a livella con la regolazione del-l’estensione delle gambe così che la testa possa ruotare inpiano, fissare la fotocamera sulla testa del treppiede e con-trollare l’inquadratura nel mirino.Per valutare la profondità di campo, mettere a fuoco il pianopiù vicino del soggetto e controllare la distanza riportata sul-l’elicoide, poi mettere a fuoco il piano più lontano e controllar-ne la distanza, quindi posizionare l’elicoide della messa afuoco sulla distanza intermedia e verificare sulla scala degliindici di profondità a quale diaframma corrisponde l’intervallotra le due misurazioni, oppure valutare visivamente sul vetrosmerigliato del mirino, se la fotocamera lo consente, l’esten-sione della profondità di campo chiudendo il diaframma.Misurare con un esposimetro l’intensità della luce e il rap-porto tra le zone più luminose e quelle in ombra con piùmisurazioni, quindi scegliere la coppia tempo-diaframmapiù idonea. In mancanza di un esposimetro fotoelettrico, sipuò valutare approssimativamente l’esposizione basandosisul foglietto illustrativo allegato alla pellicola, che indica deivalori tempo-diaframma per le principali situazioni di ripre-sa, pieno sole, sole velato, cielo nuvoloso ecc.Utilizzare il paraluce dell’obiettivo e o uno schermo, per evitareche raggi di luce indesiderata colpiscano le lenti producendoriflessi e aloni sulla pellicola, scattare la fotografia col comandoflessibile ed annotare le regolazioni ed i parametri utilizzati.Se con un’unica ripresa non è possibile riprendere l’interosoggetto, per l’estensione delle sue dimensioni, si può ese-guire una serie di fotografie, cercando di mantenere semprela stessa distanza, cioè spostandosi in linea parallela al sog-getto stesso, e in modo tale da inquadrare, di volta in volta,circa un terzo dell’immagine precedente, per poter rimonta-re in seguito, l’intera sequenza, come se fosse una sola im-magine. Un’altra possibilità è quella di eseguire una seriepanoramica di riprese fotografiche, per esempio per foto-

Determinazione della distanza iperfocale usando la scala della profondità dicampo in un obiettivo per fotocamera Hasselblad,e schema illustrativo della distanza iperfocale(Ansel Adams, La fotocamera, Bologna 1989)

grafare i prospetti degli edifici di una piazza, si deve posizio-nare la fotocamera, possibilmente al centro della piazzastessa, su di un solido treppiede messo perfettamente a li-vella, quindi eseguire la serie di riprese, ruotando in piano latesta del treppiede, solidale con la fotocamera, secondol’angolo di copertura dell’obiettivo in uso, o, come nel casodescritto prima, sovrapponendo ogni volta una parte dell’in-quadratura precedente.Se dovessi consigliare un’attrezzatura fotografica, indichereicome più pratica e versatile quella comprendente una fotoca-mera reflex 35 mm manuale e meccanica, magari di tipo pro-fessionale, facente parte di un sistema, (personalmente co-nosco ed apprezzo il sistema Nikon della serie F, ma altreattrezzature sono ugualmente valide), corredata da un obiet-tivo normale 50 mm meglio se di tipo macro, utile per le ripro-duzioni di disegni ed altro, un medio grandangolare 35 mm o28 mm preferibilmente di tipo decentrabile, tutti muniti di pa-raluce, un vetrino di messa a fuoco con reticolo ortogonale,un esposimetro esterno con la possibilità di leggere la luceincidente, un buon treppiede, una livella a bolla e uno scattoflessibile. Purtroppo questo tipo di fotocamere sono semprepiù rare nei cataloghi, ma nel mercato dell’usato sono di faci-le reperibilità con molti accessori ed obiettivi.

6

1 Cfr. Andreas Feininger, Il libro della fotografia, Milano 1970.2 Cfr. Günter Osterloh, Leica M. Alta scuola di fotografia, Milano 1991.3 La quantità di luce trasmessa dall’obiettivo è proporzionale all’area della suaapertura cioè al quadrato del diametro (ad esempio un diaframma f:4 è il doppiodi un diaframma f:8 ma la quantità di luce trasmessa è il quadruplo), perciò lasequenza di valori f-stop è suddivisa in valori intermedi che tengono conto del-l’incremento di fattore 1,414 che è la radice quadrata di 2, poiché la trasmissionedella luce dipende dall’area del diaframma. Cfr. Ansel Adams, La fotocamera,Bologna 1989, Andreas Feininger, op. cit.4 Cfr. Ansel Adams, op. cit., Andreas Feininger, op. cit.5 Cfr. Alfredo Ornano, Il libro della foto, Milano 1952; Ansel Adams, op. cit.;Günter Osterloh, op. cit..6 Per un maggiore approfondimento sugli argomenti trattati può essere utile laconsultazione, oltre a quelli già citati, dei seguenti testi di tecnica fotografica: Mau-rizio Capobussi, Giuliana Scimè, Fotografo, Milano 1984; S. Guida, Il nuovo fotoli-bro, Milano 1955; Guglielmo Izzi, Francesco Mezzatesta, La natura, Milano 1986;Alexander Spoerl, Tutti i segreti della fotografia, Milano 1978; André Thévenet, N.Bau, Il libro completo dei piccoli formati, Milano 1965; Ernst A. Weber, La foto.Come si compongono e come si giudicano le fotografie, Roma 1989.

Scala distanze

Profondità di campo

Diaframmi

Tempi di otturazione

Profonditàdi campo

Distanza Messa a fuoco iperfocale all’infinito

Profondità di campo

1/2 Messa a fuoco distanza sulla distanza iperfocale iperfocale