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  • Alcune nozioni di microeconomiaEconomia Politica - Corso Progredito

    Claudio Sardoni

    Anno accademico 2011-2012

  • ii

  • Indice

    Premessa v

    1 Introduzione ad alcuni concetti di base 11.1 Razionalita` . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11.2 Il concetto di equilibrio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11.3 Il problema dellottimizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2

    2 Teoria della produzione 52.1 Limpresa e i fattori della produzione . . . . . . . . . . . . . . 52.2 La funzione di produzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62.3 Breve e lungo periodo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62.4 La produttivita` dei fattori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

    2.4.1 Produttivita` marginale decrescente . . . . . . . . . . . 72.4.2 Rendimenti di scala . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

    2.5 Massimizzazione del profitto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82.6 Curve dei costi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92.7 La concorrenza perfetta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

    2.7.1 Il ricavo marginale in concorrenza perfetta . . . . . . . 122.8 Equilibrio dellimpresa nel breve periodo in concorrenza perfetta 132.9 Equilibrio dellimpresa in monopolio . . . . . . . . . . . . . . . 13

    2.9.1 Confronto fra prezzo in monopolio e in concorrenza . . 152.10 Una semplificazione sui costi (di breve periodo) . . . . . . . . 16

    iii

  • iv

  • Premessa

    In queste note sono fornite alcune nozioni di base della microeconomia chepossono essere utili per una migliore comprensione di alcuni temi di macroe-conomia.

    C. S.

    v

  • vi

  • Capitolo 1

    Introduzione ad alcuni concettidi base

    1.1 Razionalita`

    Sia i consumatori sia le imprese sono considerati agenti economici. Si ipotizzache gli agenti siano razionali. Questo significa che, nel prendere decisioni, essi

    considerano tutte le alternative possibili; considerano tutte le informazioni disponibili o acquisibili; ordinano le alternative in ordine di preferenza; scelgono lalternativa maggiormente preferita.

    1.2 Il concetto di equilibrio

    E` un concetto al centro di gran parte dellanalisi economica.In una data situazione, un singolo agente si trova in una posizione dequi-

    librio quando non ha alcun motivo di mutare le proprie decisioni e compor-tamenti (il proprio piano), a meno che non intervengano fattori nuovi chemodificano la situazione data. Un insieme di agenti (per es. tutti coloro cheoperano in un certo mercato) e` in equilibrio se i piani individuali sono tutticompatibili fra loro.1

    1Si considerino due agenti a e b che debbono acquistare e vendere rispettivamente ilbene x. Si supponga che ad un prezzo di x pari a p a desideri acquistare 100 unita` dix, mentre allo stesso prezzo b desideri vendere 75 unita` di x. Si tratta evidentemente diuna situazione che non e` di equilibrio: i piani dei due soggetti sono incompatibili fra loro.

    1

  • Lo studio dellequilibrio pone una serie di importanti problemi analiti-ci. Vi e` innanzi tutto il problema dellesistenza di un equilibrio, ma un altroimportante problema e` quello della stabilita` dellequilibrio. Un punto di equi-librio e` stabile se si tende a tornarvi dopo aver subito un disturbo di naturatemporanea. Vi e` infine il problema dellunicita` del punto di equilibrio.

    1.3 Il problema dellottimizzazione

    Agenti economici razionali si comportano in modo ottimizzante, nel sensoche prendono decisioni ed attuano comportamenti che diano loro il migliorerisultato possibile in termini dellobiettivo che si sono posti.

    Piu` precisamente, un problema di ottimizzazione e` costituito da tre ele-menti: le variabili oggetto di scelta; la funzione obiettivo; linsieme dellepossibili alternative.

    Le variabili di scelta

    Gli agenti prendono decisioni a riguardo di variabili che possono controllare eche incidono sul risultato che vogliono ottenere. Per esempio, un consumatoreeffettua scelte sulla quantita` di un bene da consumare; il bene di consumo e`la variabile su cui il consumatore effettua la sua scelta.

    La funzione obiettivo

    E` una funzione che mette in relazione le variabili su cui si esercitano le sceltee un valore da ottimizzare. Per esempio,

    U = f(x)

    e` una funzione obiettivo che mette in relazione lutilita` U di un consumatore(il beneficio che trae dal consumo del bene) e la quantita` del bene x chedecide di consumare. In questo caso si tratta di trovare il valore di x chemassimizza U .

    Linsieme delle alternative possibili (feasible set)

    E` linsieme delle alternative possibili disponibili allagente. La funzione

    U = f(x1, x2)

    Si realizzera` un equilibrio quando ad un certo prezzo pe la quantita` di x che a intendeacquistare e` identica alla quantita` di x che b intende vendere.

    2

  • descrive linsieme delle alternative possibili per un consumatore, cioe` tuttele possibili combinazioni dei beni x1 e x2 che danno diversi livelli di utilita`.

    In generale, le variabili di scelta sono sottoposte a dei vincoli. Innanzitutto le quantita` di beni debbono essere non negative:

    xi 0 (i = 1, 2)

    Inoltre ce` il problema del fatto che lammontare di risorse disponibili per ilconsumatore e` limitato e quindi non puo` destinare al consumo dei due benipiu` delle risorse possedute. In simboli,

    x1p1 + x2p2 S

    dove p1 e p2 sono i prezzi dei due beni ed S e` lammontare di risorse possedute.Questo significa che linsieme delle alternative possibili per il consumatore inesame non e` costituito da tutte le possibili combinazioni di x1 e x2, ma solodi quelle che soddisfano i vincoli indicati sopra.

    La soluzione del problema di ottimizzazione

    La soluzione di un problema di ottimizzazione e` un vettore di valori del-le variabili di scelta che appartiene allinsieme possibile e massimizza (ominimizza) la funzione obiettivo.

    Se f(x) e` la funzione obiettivo e la soluzione del problema e` x, si ha che

    f(x) f(x) per tutti gli x F

    dove F e` linsieme delle alternative possibili.

    3

  • 4

  • Capitolo 2

    Teoria della produzione

    2.1 Limpresa e i fattori della produzione

    Limpresa e` il luogo in cui la produzione di beni (o servizi) e` organizzata edattuata. Lobiettivo dellimpresa (o dellimprenditore) e` la massimizzazionedel profitto realizzato mediante la produzione e vendita dei beni.

    Limpresa acquista i servizi dei fattori della produzione al fine di produrrebeni o servizi. In genere, i fattori della produzione vengono raggruppati intre grandi categorie:

    Lavoro: include tutte le attivita` umane finalizzate alla produzione. Il prezzodel servizio del fattore lavoro e` il salario.

    Terra: include tutti i fattori naturali impiegati nella produzione. Il prezzodel servizio del fattore terra e` la rendita.

    Capitale: include tutti i fattori naturali impiegati nella produzione. Ilprezzo del fattore capitale e` linteresse.

    Limpresa paga i servizi dei fattori della produzione al loro rispettivoprezzo. La spesa totale sostenuta dallimpresa per il pagamento dei servizidei fattori costituisce il costo totale dellimpresa.

    La differenza fra quanto limpresa ricava dalla vendita di cio` che produce(ricavo totale) e il costo totale sostenuto e` il profitto. Se il ricavo totale e`inferiore al costo totale, si ha un profitto negativo, cioe` una perdita.

    Il profitto auisce allimpresa. Esso e` la remunerazione del rischio chelimpresa prende quando decide di produrre. Infatti, in caso di perdite, essesono a carico dellimpresa.

    5

  • 2.2 La funzione di produzione

    E una funzione che stabilisce la relazione che intercorre fra quantita` prodottadi un bene (o servizio) e quantita` dei fattori della produzione impiegati.1 Siaq la quantita` prodotta di un certo bene Q,

    q = f(x1, x2, , xn)q > 0xi > 0 (i = 1, 2, , n)

    dove xi e` la quantita` del generico fattore isimo impiegato nella produzionedi q. La quantita` prodotta e` non negativa cos` come sono non negative lequantita` di fattori impiegati.

    2.3 Breve e lungo periodo

    Nello studio della produzione e` importante distinguere fra breve periodo elungo periodo:

    Breve periodo. Si dice breve periodo un intervallo di tempo entro cui none` possibile far variare (aumentare o diminuire) le quantita` di tutti ifattori. Esistono cos` fattori fissi (quelli la cui quantita` non puo` esserevariata) e fattori variabili (quelli la cui quantita` puo` essere variata).Tipicamente si assume che per limpresa, nel breve periodo, il capitalesia il fattore fisso mentre il lavoro e` il fattore variabile.

    Lungo periodo. Si dice lungo periodo un intervallo di tempo sufficiente-mente lungo da rendere possibile la variazione (aumento o diminuzione)di tutti i fattori. In altre parole, nel lungo periodo non esistono fattorifissi.

    Assumendo che esistono solo due fattori della produzione (x ed y), lafunzione di produzione riferita al breve periodo puo` essere scritta come

    q = f(x, y) (2.1)

    y = costante

    La funzione di produzione di breve periodo e` ad una sola variabile. Lafunzione di lungo periodo e` invece una funzione a due variabili:

    q = f(x, y) (2.2)

    1La dizione corretta e` quantita` di servizi dei fattori impiegati. Per brevita` si usera`spesso la dizione quantita` di fattori.

    6

  • 2.4 La produttivita` dei fattori

    Consideriamo inizialmente la relazione fra produzione del bene e quantita` deifattori nel caso in cui un solo fattore e` variabile.

    Produttivita` totale. E` la quantita` prodotta del bene ottenuta impiegandoun fattore in quantita` variabile e laltro in quantita` fissa. Essendo (2.1)la funzione di produzione, la produttivita` totale e`:

    TP = q = f(x, y) (2.3)

    Produttivita` media. E data dal rapporto fra produttivita` totale e quan-tita` impiegata del fattore:

    AP =TP

    x=f(x, y)

    x(2.4)

    Produttivita` marginale. E lincremento di produttivita` totale derivanteda una variazione infinitesima della quantita` del fattore

    MP =dq

    dx=f(x, y)

    x(2.5)

    2.4.1 Produttivita` marginale decrescente

    Tradizionalmente si assume che valga la legge della produttivita` marginaledecrescente. Gli incrementi di produzione (produttivita` totale) derivanti daincrementi infinitesimi del fattore sono sempre positivi, ma inizialmente essisono crescenti, raggiungono un massimo e poi cominciano a decrescere. Cio`significa che

    q

    x> 0 (2.6)

    e che, per valori di x > x,2q

    x2< 0 (2.7)

    Quindi la produttivita` marginale raggiunge il suo massimo in x = x.

    2.4.2 Rendimenti di scala

    Cos` come si studia la relazione fra variazione del prodotto e variazione diun fattore tenendo tutti gli altri costanti, si studia anche la relazione fravariazione del prodotto e variazione proporzionale di tutti i fattori. In questocaso si parla di rendimenti di scala. I rendimenti di scala possono esserecrescenti, costanti o decrescenti.2

    2Ovviamente ci si trova nel lungo periodo, in quanto tutti i fattori possono variare.

    7

  • Rendimenti di scala crescenti. Si hanno rendimenti di scala crescenti quan-do il prodotto varia in misura piu` che proporzionale rispetto alla varia-zione dei fattori.

    Rendimenti di scala costanti. Si hanno quando il prodotto varia nellastessa proporzione dei fattori.

    Rendimenti di scala decrescenti. Si hanno quando il prodotto varia inmisura meno che proporzionale rispetto alla variazione dei fattori.

    Se si assume che la funzione di produzione e` omogenea, i rendimenti discala possono essere facilmente descritti nel modo seguente. Considerata unafunzione omogenea di grado n e un > 1,

    f(x, y) = n(x, y)

    Si hanno rendimenti di scala crescenti se n > 1; rendimenti di scala costantise n = 1; rendimenti di scala decrescenti se n < 1.

    q = f(x, y)

    q = f(x, y) = nf(x, y) = nq

    quindi,

    n > 1 qq

    = n >

    n = 1 qq

    =

    n < 1 qq

    = n <

    2.5 Massimizzazione del profitto

    Il profitto e` dato dalla differenza fra ricavo totale e costo totale. Il ricavototale e` il prodotto tra il prezzo al quale il bene e` venduto. Pertanto,

    RT = pq (2.8)

    dove p e` il prezzo del bene Q.Il profitto totale e` quindi,

    pi = pq C = pq (xpx + ypy) (2.9)Il problema da risolvere e` la massimizzazione della (2.9).

    8

  • Per semplicita`, consideriamo un caso in cui un solo fattore e` variabile. La(2.9) si riduce a

    pi = pq (xpx + ypy) (2.10)Il massimo della (2.10) si determina ponendo la derivata prima di pi rispettoad x uguale a zero e la derivata seconda minore di zero, cioe`

    dpi

    dx= p

    q

    x px = 0 (2.11)

    ed2pi

    dx2= p

    2q

    x2< 0 (2.12)

    Dalla (2.11) si ottiene che

    pdq

    dx= px (2.13)

    che significa che il profitto e` massimizzato nel punto in cui il valore dellaproduttivita` marginale del fattore uguaglia il prezzo del fattore stesso.3

    Consideriamo una particolare versione di questo problema di massimiz-zazione. Si supponga che il fattore variabile sia il lavoro, l (misurato in ore)e che il prezzo di unora di lavoro sia il salario w. In questo caso la funzionedel profitto da massimizzare e`:

    pi = pq lw ypye deve essere

    dpi

    dl= p

    dq

    dl w = 0

    cioe`dq

    dl=w

    p

    Limpresa massimizza il profitto quando impiega una quantita` del fattorelavoro tale per cui la produttivita` marginale del fattore (dq

    dl) e` uguale al salario

    reale, cioe` il rapporto tra il salario nominale w e il prezzo del bene p.

    2.6 Curve dei costi

    Abbiamo finora considerato il costo dellimpresa come una funzione dei prezzie delle quantita` dei fattori della produzione impiegati dallimpresa. Natural-mente, data la funzione di produzione, il costo puo` sempre essere espresso

    3La (2.12) implica che nel punto di massimo del profitto la produttivita` marginale delfattore e` decrescente.

    9

  • come funzione della quantita` prodotta. Dora in avanti, i costi saranno espres-si come funzione della quantita` prodotta. Qui ci concentriamo sui costi dibreve periodo.

    Le varie definizioni di costo di breve periodo sono le seguenti.

    Costo fisso (CF ). E il costo relativo ai fattori fissi impiegati. Esso e` quindiindipendente dalla quantita` prodotta e costante.

    Costo fisso medio o unitario (CAF ). E dato dal rapporto fra costo fissoe quantita` prodotta q. Il costo fisso unitario e` funzione decrescentedella quantita` prodotta. Tende asintoticamente a zero (Figura 2.1).

    CAF =CFq

    (2.14)

    CAF

    q

    Figura 2.1: Costo fisso medio

    Costo variabile totale (CV ). E il costo relativo ai fattori variabili impie-gati. E funzione crescente della quantita` prodotta.

    Costo variabile medio (CAV ) . E dato dal rapporto fra costo variabiletotale e quantita` prodotta.

    CAV =CVq

    (2.15)

    Costo totale (CT ). E ovviamente la somma di costo variabile totale e costofisso,

    CT = CV + CF (2.16)

    Il costo totale e` certamente funzione crescente di q.

    10

  • Costo totale medio (CAT ). E dato dal rapporto fra costo totale e quantita`prodotta,

    CAT =CTq

    = CAV + CAF (2.17)

    Costo marginale (CM). E lincremento del costo totale imputabile ad unincremento infinitesimo della quantita` prodotta. Percio`,

    CM =dCTdq

    =dCVdq

    (2.18)

    Se si accetta lipotesi di produttivita` marginale decrescente, al variare diq il costo totale dovra` necessariamente comportarsi nel modo seguente. CTcresce dapprima meno che proporzionalmente di q, ma da un certo punto inpoi esso prende a crescere piu` che proporzionalmente. Il costo variabile totaleha lo stesso comportamento. Il costo totale e quello variabile sono descrittidalle due curve in Figura 2.2, dove OF e` il costo fisso.

    O

    CVT

    qO

    q

    F

    CT

    Figura 2.2: Costo variabile totale e costo totale

    Dallipotesi di produttivita` marginale decrescente deriva anche che il co-sto totale medio, il costo variabile medio ed il costo marginale hanno tuttiun andamento cosiddetto ad U: sono funzioni di q dapprima decrescenti,raggiungono un minimo e poi diventano crescenti.

    La curva del costo marginale interseca quella del costo medio totale e delcosto medio variabile nel loro punto di minimo (Figura 2.3).

    2.7 La concorrenza perfetta

    Un mercato e` in regime di concorrenza perfetta se valgono le seguenti ipotesi.

    11

  • CM

    CAV CAT

    q

    Figura 2.3: Costo marginale, costo variabile medio e costo totale medio

    1. Tutti gli operatori sul mercato (venditori ed acquirenti) sono di dimen-sioni infinitesime rispetto alla dimensione del mercato nel suo comples-so.

    2. Il bene prodotto dalle imprese operanti sul mercato e` perfettamenteomogeneo.

    3. Tutti gli operatori sul mercato godono di perfetta informazione.

    4. Nel lungo periodo, ce` perfetta liberta` di entrata e di uscita dal mercato

    Per quanto riguarda specificamente le imprese, lipotesi di concorrenzaperfetta implica che la singola impresa non e` in grado di modificare il prezzodel bene prodotto mediante variazioni della sua quantita` prodotta. Daltrocanto, non e` razionale per limpresa cercare di vendere ne ad un prezzo piu`basso ne ad un prezzo piu` alto di quello di mercato. Pertanto, per limpresain concorrenza perfetta il prezzo e` dato. Cio` significa che la singola impresaha di fronte a se una curva di domanda perfettamente elastica.

    2.7.1 Il ricavo marginale in concorrenza perfetta

    Il ricavo marginale e` lincremento del ricavo totale dovuto ad un incrementoinfinitesimo della quantita` venduta. Formalmente,

    RM =dRTdq

    =d(pq)

    dq(2.19)

    RM e` il ricavo marginale e RT e` il ricavo totale.

    12

  • Poiche in concorrenza perfetta il prezzo resta costante al variare dellaquantita` prodotta dalla singola impresa, ne deriva che il ricavo marginalecoincide con il prezzo che, daltro canto, non e` altro che il ricavo medio (RT

    q).

    Cio` si verifica immediatamente calcolando la derivata nella (2.19).

    RM = p (2.20)

    2.8 Equilibrio dellimpresa nel breve periodo

    in concorrenza perfetta

    Limpresa e` in equilibrio quando massimizza il suo profitto,

    pi = pq CT (q) (2.21)

    Affinche pi sia massimo, deve essere

    dpi

    dq=

    (pq)

    dq dCT (q)

    dq= 0 (2.22)

    ed2pi

    dq2< 0 (2.23)

    Dalla (2.22), tenendo conto della definizione di ricavo marginale in concor-renza perfetta, si ottiene

    p = CM (2.24)

    Dalla (2.23) e (2.24), si ottiene

    CM > 0 (2.25)

    In concorrenza perfetta, limpresa massimizza il suo profitto nel punto in cuiil costo marginale uguaglia il prezzo ed e` crescente.

    OC e` il prezzo; OA e` la quantita` che massimizza il profitto. Larea delrettangolo OABC e` il ricavo totale; larea del rettangolo OAED e` il costototale e larea del rettangolo DEBC e` il profitto (Figura 2.4).

    2.9 Equilibrio dellimpresa in monopolio

    Anche in monopolio lequilibrio dellimpresa si realizza quando e` massimiz-zato il profitto. La differenza sostanziale rispetto alla concorrenza perfettae` che in monopolio, il prezzo non e` un dato per limpresa ma e` funzione

    13

  • CD

    O

    CM

    CATB

    E

    A

    Figura 2.4: Equilibrio dellimpresa

    decrescente della quantita` prodotta. Di conseguenza, il ricavo marginale e`anchesso funzione decrescente del prezzo.

    RM =d(pq)

    dq=dp

    dqq + p (2.26)

    Affinche il profitto, pi, sia massimo deve essere

    dpi

    dq= RM CM = 0

    ovveroRM = CM (2.27)

    ed

    dq(RM CM) < 0

    ovverodRMdq

    0 poich e la derivata della quantita` rispetto al prezzo e` negativa.

    15

  • Si vede immediatamente che

    lim

    p CMp

    = 0 (2.32)

    Quando lelasticita` della domanda e` infinita, siamo in concorrenza perfetta equindi non ce` alcun eccesso del prezzo rispetto al costo marginale.

    Daltro canto, tanto piu` piccola e` lelasticita` della domanda, tanto mag-giore e` leccesso del prezzo di monopolio rispetto al costo marginale.

    2.10 Una semplificazione sui costi (di breve

    periodo)

    Si puo` fare lipotesi che il costo marginale sia costante, CM = CM . Cio`equivale ad ipotizzare che la produttivita` marginale dei fattori variabili siacostante. Se il costo marginale e` costante, lo e` anche il costo variabile medioche, anzi, risulta coincidente con il costo marginale: CAV = CM .

    In questo caso, il costo totale e`

    CT = CF + CV

    CV = CAV q = CMq

    (CF e` il costo fisso e CV il costo variabile totale).In altre parole il costo totale cresce linearmente in q.

    CT

    CV

    q

    Figura 2.6: Costo totale e costo variabile quando il costo marginale e` costante

    16

  • CTM

    V

    Figura 2.7: Il costo medio totale

    Il costo medio totale, CAT =CFq

    + CAV , e` continuamente decrescente in

    q e tende asintoticamente a CAV (Figura 2.7).Spesso si fa lipotesi che il costo marginale sia costante e che limpresa,

    in concorrenza non perfetta, applichi un mark-up sul costo medio:

    p = (1 + )

    (CFq

    + CAV

    )Per semplicita`, spesso, CF

    qviene incluso nel mark-up, ottenendo

    p = (1 + )CAV (2.33)

    Consideriamo in maggior dettaglio CAV . Il costo variabile totale e` lasomma del costo sostenuto per pagare i lavoratori (wl) e il costo delle materieprime. Se queste ultime per semplicita` non vengono considerate, si avra`

    CV = wl

    Il costo variabile medio pertanto e`

    CVq

    = wl

    q(2.34)

    lq

    e` linverso della produttivita` media del lavoro.6 Indicando la produttivita`con ,

    p = (1 + )w

    (2.35)

    6Cioe` la quantita` prodotta da ununita` di lavoro. Si noti che la produttivita` media quicoincide con quella marginale, ipotizzata costante.

    17

  • Il rapporto w

    e` il costo del lavoro.Se si suppone che le imprese adottino la strategia di mantenere il mark-

    up costante quando variano i costi, quando w aumenta e rimane costante,il prezzo aumenta nella stessa proporzione del salario. In altre parole, unaumento del costo del lavoro genera un proporzionale aumento del prezzo.

    Dalla (2.35) si hap = (1 + )w

    Ricordando che = ql,

    qp

    l= (1 + )w (2.36)

    qpl

    e` la produzione pro-capite espressa in valore.7 Il membro di destra del-la (2.36) ci dice come questa produzione e` distribuita fra lavoratori (w) eimpresa (w).

    Si supponga che la produttivita` non vari e che limpresa non muti ilprezzo, in questo caso un aumento del salario deve necessariamente implicareuna riduzione della quota del prodotto che va allimpresa. In altre parole, sideve ridurre il mark-up. Se limpresa non e` disposta a ridurre il mark-up, siavra` necessariamente un aumento del prezzo.8

    7Si puo` dire che e` il valore della produttivita`.8Mantenendo lipotesi che limpresa intende mantenere costante il mark-up, quando il

    salario varia e varia anche la produttivita` sono possibili tutti i risultati per quanto riguardail prezzo: il prezzo resta invariato poiche la produttivita` cresce tanto quanto il salario; ilprezzo diminuisce poiche la produttivita` cresce piu` del salario; il prezzo aumenta poichela produttivita` cresce meno del salario.

    Si puo` esprimere tutto cio` in termini di tassi di variazione. Si prenda la (2.35) in formalogaritmica e si derivi rispetto al tempo (t) per ottenere i tassi di variazione di p, w e .

    1

    p

    dp

    dt=

    1

    w

    dw

    dt 1pi

    d

    dt

    18