Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo...

68
TRIANGOLO ROSSO Giornale a cura dell’Associazione nazionale ex deportati politici Nuova serie - anno XX N. 4 novembre 2001 Sped. in abb. post. Art. 2 com. 20/c legge 662/96 - Filiale di Milano www.deportati.it IT DOPO LA TRAGEDIA DELL’11 SETTEMBRE Il dramma degli ebrei italiani nella relazione della commissione Anselmi a pagina 10 Spoliazioni prima del lager Per il governo tedesco, gli internati militari italiani non sono “schiavi di Hitler” a pagina 56 La questione degli indennizzi risposta giusta? …Ma la guerra è la Un articolo del presidente nazionale dell’Aned dopo gli attentati e i bombarda- menti in Afghanistan da pagina 4 Convegno internazionale su totalitarismi e storia dell’Universo concentrazionario in ultima L’operaio Signorelli dalla Falck a Mauthausen a pagina 48 I testimoni del Novecento A Genova a fine novembre C’era anche l’Aned alla marcia della pace Perugia-Assisi Una delegazione del- l’Aned ha partecipato all’entusiasmante mar- cia della pace Perugia- Assisi. Guidato dal pre- sidente Gianfranco Maris, un gruppo di ex deportati e familiari pro- venienti da Milano, Roma e altre città, con il gonfalone dell’Aned e i cartelli recanti i no- mi di principali campi si sterminio ha manife- stato con l’Anpi, assie- me a più di 20.000 mi- la persone, Una pre- senza molto applaudi- ta che vuole significare l’impegno di chi ha combattuto il nazi-fa- scismo nella battaglia di oggi contro ogni for- ma di violenza e so- praffazione.

Transcript of Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo...

Page 1: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

TRIANGOLOROSSOGiornale a cura

dell’Associazione nazionaleex deportati politiciNuova serie - anno XXN. 4 novembre 2001Sped. in abb. post. Art. 2 com. 20/clegge 662/96 - Filiale di Milano

www.deportati.it

ITDOPO LA TRAGEDIA DELL’11 SETTEMBRE

Il dramma degli ebrei italiani nella relazione della commissione Anselmi

a pagina 10

Spoliazioni prima del lager

Per il governo tedesco,gli internati militari italiani non sono “schiavi di Hitler”

a pagina 56

La questione degli indennizzi

risposta giusta?

…Ma la guerra

è la

Un articolo delpresidentenazionaledell’Aneddopogli attentatie ibombarda-menti inAfghanistan

da pagina 4

Convegno internazionale su totalitarismi e storiadell’Universo concentrazionario

in ultima

L’operaio Signorelli dalla Falck a Mauthausen

a pagina 48

I testimoni del Novecento

A Genova a fine novembre

C’era anche l’Aned alla marcia della pace Perugia-Assisi

Una delegazione del-l’Aned ha partecipatoall’entusiasmante mar-cia della pace Perugia-Assisi. Guidato dal pre-sidente GianfrancoMaris, un gruppo di exdeportati e familiari pro-venienti da Milano,Roma e altre città, conil gonfalone dell’Anede i cartelli recanti i no-mi di principali campisi sterminio ha manife-stato con l’Anpi, assie-me a più di 20.000 mi-la persone, Una pre-senza molto applaudi-ta che vuole significarel’impegno di chi hacombattuto il nazi-fa-scismo nella battagliadi oggi contro ogni for-ma di violenza e so-praffazione.

Page 2: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

2

Questo numeroIT

Triangolo Rosso

Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici nei campi nazisti Una copia lire 5.000. Abbonamento lire 20.000via Bagutta 12 - 20121 Milano.Tel. 0276006449 - Fax 0276020637.E - mail: [email protected]

Direttore: Gianfranco Maris

Ufficio di presidenza dell’Aned Gianfranco Maris (presidente)Bruno Vasari Bianca PaganiniDario SegreItalo Tibaldi Miuccia Gigante

Comitato di redazioneGiorgio BanaliEnnio ElenaBruno EnriottiFranco GiannantoniIbio Paolucci (coordinatore)Pietro Ramella

Redazione di RomaAldo Pavia

Collaborazione editorialeFranco MalagutiMaria Rosa TorriMarco MicciMonica PozziIsabella CavasinoLaira Cardamone

Numero chiuso in redazione il 15 ottobre 2001Registr. Tribunale di Milano n. 39,del 6 febbraio 1974.

Stampato da:

Via Picasso, Corbetta - Milano

pag. 3 11 settembreMa la guerra è la risposta giusta?

pag. 4 Combattere il terrorismo senza coinvolgere popoli,etnie e religioni

pag. 10 Rapporto generale commissione Anselmipag. 11 Quando i soldi sanno di lacrime e sanguepag. 17 Un libro di Enrica Basevi: la storia delle infami spoliazionipag. 19 Ogni ebreo che scappa ha il suo prezzopag. 23 Dalle confische alle razzie delle bandepag. 26 Si allontana la verità sul ruolo di Pio XII e lo sterminio

pag. 28 Testimoni di GeovaPrima delle SS arrivò il fascismo

pag. 30 L’inglese David Irving Storico sì, ma anche “razzista e antisemista”

pag. 34 Il massacro di Cefalonia La gloria ridotta a un polpettone gastro-erotico

pag. 38 Il libro “Odissea rossa”Un eroe comunista fucilato da Stalin

pag. 41 La storia di AgapitoIl detenuto spagnolo che salvò un italiano

pag. 42 Martina FrancaQuel lungo viaggio nel novecento con i ragazzi

pag. 45 I nostri ragazziIncontro di studenti d’Europa sul “Colle dei partigiani”

pag. 46 Incontri con Luigi Bozzato“Non scorderemo quel che è stato”

pag. 47 Progetto di lavoro di un liceo a Catania“Noi non dimentichiamo”

pag. 47 Busto ArsizioRiccardo, morire a 17 anni a Flossenburg

Testimoni del novecentopag. 48 Angelo Signorelli, metalmeccanico

Era un numero, diventò un uomo

pag. 54 Internet il sito dell’AnedLa mole enorme della nostra memoria va stretta persino nella grande rete

pag. 55 Il perdono tedesco e il governo fantasma

pag. 58 Il “Sopravvissuto di Varsavia”Nella musica di Schönberg la tragedia della Shoah

pag. 60 Un primo successo della protesta degli ex deportatiNon si farà l’autostrada nel campo di Ravensbruck?Chiude la discoteca di Auschwitz. Si apre un supermercato“Angeli” in aiuto al piccolo tempio

pag. 62 BibliotecaSuggerimenti di lettura

pag. 66 Giorno per giorno

Mettere marchio Guado

Page 3: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

3

Ma la guerra è la rispostagiusta?

IT11 settembre 2001

Ibio Paolucci

Sui cinturoni dei soldati dellaWehrmacht c’era scritto:“Gott mit uns”, Dio con noi.

Se ne deduceva che se era con lo-ro non poteva essere nello stessotempo con i loro nemici: gli in-glesi, gli americani, i sovietici.Un Dio nazista? I kamikaze che sisono scagliati contro le torri ge-melle di New York, non avevanocinturoni ma credevano ferma-mente di andare, subito dopo laloro orrenda azione, in paradiso,accolti a braccia aperte dal loroDio, Allah.

Galileo Galilei, che osò con-testare la teoria tolemaica,rischiò di finire sul rogo,

sul quale, peraltro, sostenendo al-tre teorie, finì Giordano Bruno,assieme a tantissimi altri, questavolta in nome del dio dei cattolici.Pol Pot, che non credeva in nes-sun dio e che si professava ateo,fece massacrare un milione e piùpersone in nome di un “ideale”aberrante, frutto di uno stravolgi-mento criminale della teoriamarxista.

Tutto questo ci viene in men-te pensando a chi ritieneche, dopo l’infame carnefi-

cina di New York, si debba proce-dere ad una guerra di civiltà.Quale civiltà? Quella musulmana ha eguali titolidi quella cristiana. Di quella diOsama Bin Laden e dei suoi se-guaci tutto si può dire, ma noncerto che si tratti di civiltà. E dun-que stiamo attenti a non imbocca-re strade senza ritorno. La pace è un bene troppo prezio-so per inquinarla con parole d’or-dine stravolgenti.

Chi ha sofferto l’inferno deicampi di sterminio ha titoliper ricordare che il fanati-

smo, comunque si manifesti, por-ta sofferenze, miseria, morte. Lafame nel Terzo mondo, vergognadel nostro secolo e di quelli passa-ti, non si combatte con le bombe ei missili umani. Va da sé che i col-pevoli di orrendi misfatti di terro-rismo, che hanno causato la mortedi migliaia di persone innocenti,devono essere puniti. Ma la giusti-zia non si raggiunge con un usoindiscriminato della forza. Lasconfitta del terrorismo si può ot-tenere operando per diminuire ladisparità fra Nord e Sud e per spe-gnere quei focolai di intolleranzae di guerra presenti un po’ ovun-que nel mondo e specialmente nelMedio Oriente, prima di tutto per-venendo alla cessazione del con-flitto fra israeliani e palestinesi,già costato migliaia di morti.

Sembra lontano, oggi comeoggi, un clima di coesistenzapacifica tra due Paesi. Ma a

questo risultato, se si vuole davve-ro la pace, si deve pure arrivare.La solidarietà con gli Stati Uniti,colpiti dal barbaro attentato, è do-verosa. Ma alle parole di Bush cheinvoca Dio, sentenziando che nonpuò essere neutrale, e tanto menoa quelle del ministro della Difesa,Donald Rumsfeld, che non esclu-de l’uso di armi nucleari, preferia-mo le dichiarazioni di un altroamericano, l’insegnante diBrooklyn Shannon Carr: “Nonvoglio più gente che soffre. È fa-cile chiedere sangue se si vive aDes Moines, ma noi abbiamo su-bito l’orrore dell’attentato mentreil resto della nazione ha visto solele immagini in tv. Ci vuole giustizia, ma la guerranon è la risposta giusta”.

Page 4: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

4

Un articolo del presidentenazionaledell’Aned dopoi tragici fattidell’11settembre e ibombardamentiUsa inAfghanistan

L’attacco terroristico dell’11 settembre al-le torri gemelle di New York ed al Pentagonoha aperto nel cuore del mondo, un lutto in-colmabile per la dimensione del dramma, peril numero delle vite umane travolte.Gli Stati Uniti d’America sono ora spa-smodicamente mobilitati sul piano milita-re con i bombardamenti sull Afghanistaniniziati il 7 ottobre. Il mondo è in ansia perla minaccia che incombe su ogni uomo esu ogni donna, per le dimensioni del conflitto,per i suoi contenuti, per le sue conseguen-ze sulle libertà, sui diritti, sulle conquiste so-ciali, sui problemi insoluti e laceranti del-la fame, delle malattie, dell’analfabetismo,delle disuguaglianze, dell’emarginazionedi popoli interi.Si pensava che la conclusione della guerrafredda avesse risolto l’incubo dell’olocau-sto nucleare e aperto un orizzonte di coo-perazione internazionale e che i rigurgitinazionalisti e gli antagonismi etnici e reli-giosi non avrebbero più avuto alcun pesorilevante. Francis Fukuglyama pronosticòla fine della storia.

La supremazia mondiale degli StatiUniti non ha consentito, come fu pro-nosticato, di porre il punto fine alla sto-

ria. Ed ecco i suoi spettri, e, con essi, gli in-cubi e i mostri che il sonno della ragionepotrebbe far rivivere. La condanna del terrorismo è stata unanime,la solidarietà e l’offerta di collaborazione agliUsa sono state unanimi, per una lotta con-tro il terrorismo che non può e non deveescludere neppure le azioni militari. L’Europa ha lanciato il suo segnale politi-co ed il suoa impegno a fianco degli StatiUniti in modo solenne, con una dichiara-zione comune sottoscritta dai capi di statoe di governo, dal presidente dellaCommissione europea Romano Prodi, dal

presidente del parlamento europeo NicoleFontaine e dall’alto rappresentante dell’Un-ione Europea per la politica estera Solana.Nella dichiarazione comune si afferma chel’attacco dei terroristi è stato compiuto con-tro tutte le società aperte, democratiche,multiculturali.La dichiarazione ha giudicato intollerabileche alcuni paesi consentano sul loro terri-torio l’azione di reti terroristiche e richie-sto che gli esecutori, i mandanti ed i com-plici siano ovunque ricercati e puniti.

Alcuni Stati europei, tuttavia, pro-spettano impegni “politici” e sem-brano perplessi ad entrare nel terre-

no della risposta militare che gli Stati Unitihanno intrapreso. E così la Nato.La risposta al terrorismo deve essere limpida,nella quale il diritto internazionale, la di-gnità dei popoli siano garantiti e il rispettodegli innocenti. La volontà collegiale dell’Onu deve esserela base riconosciuta dell’azione contro ilterrorismo, nella quale si debbono e si pos-sono riconoscere tutti i popoli offesi nei lo-ro valori fondanti.La risposta al terrorismo può e deve esseresia militare che diplomatica, politica, civi-le, culturale, economica, se si vuole con es-sa pervenire non solo a distruggere le cen-trali dei delitti ma anche a porre le basi diuna pace nella quale tutti i popoli indistin-tamente possano riconoscersi.Qual è, in ciascuno di questi settori, la mi-sura giusta della risposta?Anche quando batte un’ora grave, che cia-scun popolo e ciascun uomo richiama alleproprie responsabilità ed ai propri doveri, an-che quando le decisioni non possono cheessere estremamente ferme, anzi, soprat-tutto quando così la storia ci chiama perscelte decisive, sempre si deve rifiutare ilsentimento come unica analisi ed unica ra-gione dell’azione.Non è vero che cercare di comprendere le

di Gianfranco Maris

Combattere il tecoinvolgere popo

Page 5: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

5

cause di ciò che è accaduto possa scadere nel-la sua giustificazione.Gli eventi debbono essere sottoposti ad unaanalisi stringente, che passi attraverso lastoria, la religione, l’economia, i diritti.La dimensione dell’odio che investel’America non è normale.La tesi che l’aggressione terroristica e l’o-dio siano provocati dall’ingiustizia e dalledisuguaglianze, che sicuramente nel mon-do vi sono, e dal crescente divario tra unOccidente straricco e un Terzo mondo stra-povero, non esaurisce l’analisi delle bom-be umane e nulla attinge alla conoscenzadella disperazione e della miseria e dellaconnessa degenerazione di una fede intol-lerante ed estremista in larghi settori dellaumanità.

Questi fattori di pericolo devono esseremeditati e capiti, ancor prima di por-re in essere la repressione dei re-

sponsabili della aggressione terrorista, per-ché i pericoli mortali devono essere com-battuti anche con la repressione, ma non ascapito di una battaglia più generale e de-mocratica per trovare le strade per la ridi-stribuzione della ricchezza nell’ambito del-la globalizzazione e per garantire a tutti gliuomini i diritti fondamentali, anche quellieconomici, dovunque, in ogni territorio ein ogni tempo. Ciò non significa affatto ope-rare, per combattere il terrorismo, una op-zione esclusivamente politica, perché il ter-rorismo deve essere represso anche conmezzi di polizia e, se è necessario, milita-ri, sia pure estremamente mirati.Ciò significa che la lotta contro il terrorismonon deve coinvolgere i popoli e non devecoinvolgere le etnie e non deve coinvolge-re le religioni, ma non deve neppure esse-re pretesto e neanche occasione per difen-dere un quadro di vastissimi interessi eco-nomici, quali sono quelli presenti nell’am-bito dei paesi dove si trovano le fonti ener-getiche del mondo.

11 settembre 2001 IT

errorismo senza oli, etnie e religioni

Ladisperazionee l’incredulitàdei cittadinidi New Yorkdi fronte agli attacchialle torrigemelle. Un eventoche ha colpitoil mondointero.

Page 6: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

6

Combattere il terrorismo senza

Percentuali dimusulmani sul totale della poolazione

La popolazione musulmana nel mondo

La difesa di una supremazia econo-mica, di dimensioni mondiali, ba-sata sulla difesa di interessi econo-

mici di pedrominio nel campo energetico(Canada, Venezuela, Mar Caspio, Iran,Russia, Libia, Arabia Saudita) non deve“inquinare” la giusta azione di repressio-ne e di prevenzione di un terrorismo che agi-sce criminalmente e sconvolge le pro-spettive di raggiungimento di traguardi digiustizia e di libertà e di benessere in tut-to il mondo.Non si deve dimenticare che varie civiltàhanno dovuto affrontare, nel corso dei se-coli passati, il problema di come sopravvi-vere di fronte all’Occidente mosso da ra-gioni “commerciali”.I giapponesi si trovarono davanti alle navidell’ammiraglio americano Perry, che vo-leva aprire il Giappone al commercio e da-vanti alle cannoniere inglesi a Nagasaki,che imposero addirittura anche il commer-cio dell’oppio.

I cinesi cercarono una soluzione nella tra-dizione, con la rivolta dei boxer, ma poi im-boccarono la via della modernizzazione distile sovietico e ora quella di stile occiden-tale.

Igiapponesi si misero ad imitare con os-sessione tutto ciò che era occidentale.Nel 1914–1918, finita la prima guerra

mondiale, i francesi e gli inglesi si spartironoil vicino Medioriente con l’accordo di Sykes,ed i trattati di pace, nel 1920, insediarono mo-narchie autoritarie in paesi con confini trac-ciati con il righello, arbitrariamente.Proprio queste divisioni, questi confini, fu-rono fonte di grandi conflitti dopo il 1945.Gli Stati Uniti intervennero nel Mediorientedopo la seconda guerra mondiale con gliaccordi di spartizione del mondo. Il problema della sopravvivenza, come ci-viltà, di fronte all’occidente si è posta nelNovecentoanche per i musulmani, sia do-po la prima guerra mondiale e, soprattut-

Page 7: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

7

to, dopo la seconda, con risposte incon-grue che sono andate dal rifugiarsi nellatradizione a forme di occidentalizzazionefondate sull’adozione dei codici svizzeri oitaliano in sostituzione della legge isla-mica, il tutto immerso in una commistio-ne di interessi che accomunava tra lorotutte le classi dominanti di tutti i paesi eche consentiva ai potenti dei paesi islami-ci di mantenere fermi i rapporti sociali in-terni dei loro paesi, nel quadro di arric-chimenti senza limiti e di indigenza al-trettanto senza limiti, in condizioni di vi-ta caratterizzate da bassi consumi e gravilimiti dei diritti.

Per i fondamentalisti questa occiden-talizzazione del mondo islamico è unanatema ed ai loro occhi il processo di

occidentalizzazione è visto come un pro-cesso di annientamento.Vedono negli stessi governanti e nelle stes-se istituzioni all’interno dei singoli paesiislamici un tradimento che dà all’Occidente,grazie alla tecnologia che questo possiede,la possibilità di controllo su tutte le risorsedel mondo, comprese quelle del creatore.Obiettivo dichiarato è la liberazione delMedioriente e la punizione dei traditori isla-mici.

Non c’è dubbio che nell’azione chedeve mobilitare tutti i paesi e gli uo-mini dell’Occidente, accanto al-

l’impegno per reprimere il terrorismo, de-ve collocarsi anche un’azione che rimuovale ragioni che spingono tanta gente nelle fi-le della guerra santa con la missione di uc-cidere e di uccidersi.Tutte le vite sono sante.Bisogna togliere al fondamentalismo isla-mico le sue ragioni di essere e solo se riu-sciremo a vedere il mondo come un tutt’u-no che riflette, in ogni sua parte, la totalitàe rispetta le disuguaglianze come ricchez-ze, capiremo qual deve essere il giusto cam-mino della modernità.Il terrorismo e i terroristi devono esserecombattuti e repressi, ma il Medioriente edi popoli del Medioriente, gli islamici, han-no bisogno di giustizia, di diritti e di di-gnità.

11 settembre 2001 I documentiITcoinvolgere popoli, etnie e religioni

L’isola diManhattan,cuore dellacittà di New York e il WorldTrade Center,centrodirettivodell’economiainternazionale.

Page 8: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

8

IT11 settembre 2001 I documenti

Le pagine che qui riproduciamosono tratte da un numero del“Triangolo Rosso” apparso più

di 10 anni or sono: esattamentenel marzo/aprile del 1991: era in

corso il conflitto del Golfo con tuttele conseguenze che oggi possiamopienamente valutare.

L’Aned prese allora nettamenteposizione mettendo in rilievo lanecessità di bloccare la guerra e

di ridare la parola alla politica.

Di qui il titolo di quelle pagine“UNA GUERRA, LE GUERRE”“ e di qui i documenti dell’Aned

di cui si afferma che “la liberazio-ne del Kuwait non potrà essere

raggiunta mediante l’annientamentofisico di un Popolo “ e che se “gliassetti politici della regione sarannosconvolti, il pericolo di una ripresadel terrorismo arabo, la sconfittadelle correnti moderate dell’Olp,l’insorgenza del fondamentalismoislamico, la conflittualità esasperataNord-Sud saranno tristi realtà deldopoguerra.

Questo giudizio, letto a dieci annidi distanza da quegli avvenimen-ti, ci appare oggi quanto mai

profetico.

1991

Page 9: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

9

Page 10: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

10

Quando i soldi

Con decreto delpresidente del Consigliodei ministri il 1° dicembre1998 è stata istituita unacommissione alla quale èstato affidato “il compitodi ricostruire le vicendeche hanno caratterizzatoin Italia le attività diacquisizione dei beni dicittadini ebrei da parte diorganismi pubblici eprivati.” La commissione,presieduta dall’on. TinaAnselmi, ha concluso isuoi lavori il 30 aprile2001, dopo ventotto mesidi attività.La commissione hanaturalmente esaminatouna grande mole didocumenti ed hacontattato direttamente oindirettamente numerosiorganismi in grado difornire documentazioneutile ai fini della ricerca.La commissione ha svoltoun’attività complessadovuta in primo luogoalla vastità dellespoliazioni ed alla gravitàgradualmente crescentedei provvedimenti razzialied ha dovuto affrontare,come sottolinea lapresidente, “difficoltàconnesse con ladislocazione degli archivi,con la loro parzialedistruzione dovuta ad

eventi eccezionali, con illoro mancato riordino”Ciò malgrado, dice TinaAnselmi, “sono in gradodi affermare che lacommissione ha raccoltouna vastadocumentazione dioggettivo interesse.” Darilevare tra l’altro lavalidità dell’iniziativagovernativa di affidare aduna commissione ilcompito di esplorare unaspetto che non era maistato affrontato in terminicomplessivi.A conclusione dei suoilavori la commissione harivolto alcuneraccomandazioni fra lequali: che le istituzionipubbliche e privateoperanti nel settoreculturale e scientificosviluppino la ricercastorica sulla persecuzioneantiebraica fascista enazista in Italia; ilsostegno a tutte leiniziative che, ancheattraverso laconservazione dellamemoria delle vittimedella Shoah in Italia,operano per creare unacoscienza civile edun’attitudine permanentee consapevole al rispettodei diritti personali esociali.

di Ennio Elena

OLTRE DUE ANNI DI ATTIVITÀ

RAPPORTO GENERALE

COMMISSIONE ANSELMI

Dal catalogo Per non dimenticare la Shoah edizioni Proedi

Page 11: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

11

sanno di lacrime e sangue

LE SPOLIAZIONI DEI BENI DEGLI EBREI IN ITALIA

Parlando il 6 settembre 1934a Bari, Mussolini irrise l’i-deologia razziale nazista,affermando di “guardare consovrana pietà a talune dot-trine d’Oltralpe”. Due anni dopo quelle dot-trine cui il duce guardavacon “sovrana pietà” comin-ciarono a diventare precisedisposizioni che anticipa-vano la legislazione perse-cutoria.Nel dicembre ‘36-gennaio‘37 Mussolini si espressecontro nuove collaborazio-ni di ebrei al suo quotidianoIl popolo d’Italia. Nel ‘38Mussolini impartì ai capi digabinetto dei ministeri del-la Guerra, della Marina edell’Aeronautica una diret-

tiva ufficiale per la non am-missione di ebrei nelle ac-cademie militari.Nell’agosto del ‘38 il mini-stro dell’Educazione na-zionale vietò il conferimentodi supplenze e incarichi diinsegnamento a “docenti dirazza ebraica”, salvo ecce-zioni da lui medesimo au-torizzate. Nel settembre del ‘38 laConfederazione fascistadei lavoratori del creditoe della assicurazione chie-se ai segretari delle Unioniinterprovinciali della stes-sa di “sottoporre” al fede-rale le proposte di “even-tuali ulteriori assunzioni… di elementi di razzaebraica.”

grassero con i loro capita-li resi liquidi o più sempli-cemente li trasferissero inPaesi dove non c’era rischiodi persecuzione, fu au-mentata la vigilanza su diessi, specie quella confi-naria.Il caso più clamoroso disvendita segnalato è senza

dubbio quello del quotidia-no triestino il Piccolo. Nel periodo estate- autun-no 1938, a conclusione diuna complessa trattativa, ilgiornale, che il proprietarioa luglio valutava anche 15milioni di lire, venne cedu-to per due milioni e alcunecompensazioni.

Autunno 1938. Sono pas-sati quattro anni dal discor-so di Bari e le “talune dot-trine d’Oltralpe” , dopo ilprologo, sono diventate leispiratrici della persecuzio-ne contro gli ebrei.Mussolini non vuole esse-re secondo a Hitler nell’an-tisemitismo. C’è un’intensacampagna di stampa e quel-li che prima erano episodisignificativi ma limitati di-ventano un’implacabile of-fensiva a tutto campo. Il cer-chio della persecuzione sistringe, la vita per gli ebreidiventa più difficile, giornodopo giorno, e per parecchidi essi impossibile.Scacciati- Circa 8.100 ebreinon furono ammessi a ri-siedere in Italia. Circa lametà lasciò il nostro Paeseentro il marzo 1939. Coloroche non potevano ottempe-rare all’obbligo di lasciare

l’Italia (occorreva infatti checi fosse un’altra nazione di-sposta ad accoglierli e i sol-di per pagarsi il viaggio) nonavevano altra scelta che illavoro clandestino e l’im-poverimento raggiunse di-mensioni spaventose.Licenziamenti- Entro il 4marzo 1939 licenziati tutti idipendenti pubblici di “raz-za ebraica”, ossia impiega-ti dello Stato, delle provin-ce, dei comuni, delle azien-de municipalizzate, ecc.Per gli insegnanti e gli altridipendenti scolastici la da-ta del licenziamento fu il 14dicembre 1938. I professo-ri universitari ordinari estraordinari espulsi furono96, pari al 7 per cento deicomponenti la categoria; gliinsegnanti delle scuole me-die e superiori che seguiro-no la stessa sorte furono 279.I licenziamenti non rispar-

Premessa indispensabile alvaro delle leggi contro gliebrei era naturalmente ilcensimento di coloro cheavrebbero dovuto essere per-seguitati e dei loro beni.Il censimento, effettuato il22 agosto 1938, accertò lapresenza in Italia di 58.412residenti nati da almeno ungenitore ebreo o ex ebreo,suddivisi in 48.032 italianie 10.380 stranieri residenti

nel nostro Paese da oltre seimesi. La successiva defini-zione giuridica di “appar-tenente alla razza ebraica” ri-dusse il numero degli as-soggettati alla persecuzio-ne a circa 51.100.Censite le persone si passònell’autunno del 1938 ai pri-mi censimenti dei beni, so-prattutto per quanto riguar-da i depositi bancari, ma nonin modo generalizzato.

Vista la gran brutta aria chetirava, ci furono natural-mente vendite, svendite, ri-strutturazioni del patrimonioper renderlo esportabile.Nell’agosto del 1938 il ca-po della polizia segnalavaai prefetti che “gli ebrei sta-

rebbero procedendo …al di-sinvestimento dei loro beninon strettamente liquidi,reinvestendo il ricavato nel-l’acquisto di gioielli e an-che di oro…”Di fronte alla possibilitàche i perseguitandi emi-

Contrariamente al signifi-cato negativo che questotermine assume, risultavainvece positivo in relazio-ne al censimento degli ebreidel ‘38, perché circa 6.500

di essi ottennero il prov-vedimento di “discrimina-zione” che comportava l’e-senzione da un ristretto nu-mero di norme persecuto-rie.

Il censimento

I “discriminanti”

La grande persecuzione

La svendita de “il Piccolo”

Page 12: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

12

miarono neppure gli uffi-ciali in servizio: dall’esercitone furono espulsi 81, 27 dal-la marina.In genere i licen-ziati avevano diritto alla pen-sione o ad un’indennità dilicenziamento. Poi tocca atutti gli ebrei impiegati inenti e imprese parastata-li o privati ma controllatio sostenuti dallo Stato.Lemisure persecutorie non ri-sparmiano niente e nessuno:impiegati in scuole private,banche di “interesse na-zionale”, imprese privatedi assicurazione.I cittadini italiani di “razzaebraica non discriminati”non potevano essere dirigentidi aziende situate in Italia in-teressanti la difesa della na-zione. Lo stesso divieto per am-ministratori o sindaci diqueste aziende.E se dall’a-gosto del ‘39 gli ebrei nonpossono più esercitare laprofessione di notaio e digiornalista ai divieti nonsfuggono neppure quelli im-piegati negli alberghi.Terra bruciata- Terra bru-ciata per coloro che eser-citavano una serie nume-rosa di professioni: medico-chirurgo, farmacista, vete-rinario, ostetrica, avvoca-to, ingegnere, architetto,ecc. Se non erano “discri-minati” e purché non notiantifascisti e di “specchia-ta condotta morale” dalmarzo del ‘40 venneroiscritti in elenchi specialie abilitati ad esercitare laprofessione “esclusiva-mente a favore di personeappartenenti alla razzaebraica”, tranne casi dicomprovata urgenza. I “discriminati” venneroiscritti in elenchi aggiunti;

tutti furono esclusi dallapossibilità di esercitare perconto di enti pubblici.

■ Diritti d’autore

Nell’agosto del 1938 vienevietata l’adozione nellescuole medie di libri di testod’autore o coautore di “raz-za ebraica”, divieto estesonel febbraio del ‘39 anchealle carte geografiche mu-rali.Le opere di autori ebreivengono progressivamenteescluse dai programmi deiteatri lirici e di prosa , dal-le trasmissioni musicali del-la radio, dai cataloghi dellecase discografiche, dalle sa-le cinematografiche, fino adessere bandite dall’interosettore dello spettacolo. Le case editrici cessanopressoché del tutto di pub-blicare nuove opere di au-tori ebrei tra la fine del ‘38e gli inizi del ‘39; nel feb-braio del ‘40 ritirano quasitutte quelle già in commer-cio. Il 30 settembre del ‘38viene reso noto l’elenco de-gli autori scolastici vietatiche comprende 114 nomi Èil caso di rilevare come que-ste ultime misure persecu-torie abbiano impoveritonon solo gli interessati maanche il panorama cultura-le del Paese.

■ Il suicidiodi Formiggini

Una delle vittime illustri deiprovvedimenti persecutoriè stato, fra gli altri, il gior-nalista ed editore modene-se Angelo Fortunato For-miggini. Formiggini creò

una serie di collane: Classicidel ridere, Medaglie, Apo-logie, Profili. Pubblicò nel‘28 un Chi è con successiveedizioni. Fondò l’IstitutoLeonardo per la propagan-da della cultura italiana.Scrisse nel ‘23 “La piccoz-za filosofica del fascismo”.In segno di disperata prote-sta contro le leggi razzialiche colpivano la sua attivitàsi tolse la vita gettandosidalla torre Girlandina.

■ Anche i colombi viaggiatori

Persino l’allevamento di co-lombi viaggiatori era proi-bito agli ebrei ( per il timo-re che usassero i volatili perintese col nemico?) insie-me a tutte le attività lavora-tive possibili e immagina-bili tra le quali: raccolta dirottami metallici, venditadi libri scolastici, guida tu-ristica, interprete, affitta-camere, titolare di agen-zia viaggi e turismo, eser-cizio di pensione, eserci-zio bar e spacci di alcolici(esteso successivamente aiconiugi ariani subentranti),commercio oggetti antichie d’arte e di libri usati, per-sino la gestione di scuole diballo.Con questi divieti emolti altri che si sussegui-rono nel tempo agli ebreiveniva impedito di lavoraree quindi di vivere.

■ Il dramma degli am-bulanti

Il divieto di esercitare que-sta attività venne stabilito il30 luglio 1940 e il 12 no-vembre dell’anno dopo este-so ai coniugi “ di razza aria-

na subentranti”, il che si-gnificava impossibilità divendere la licenza. In ter-mini numerici l’esclusionedal commercio ambulantefu la più consistente. In par-ticolare riguardò Roma do-ve la misura, secondol’Unione delle comunitàisraelitiche italiane, colpi-va “circa 900 capi-famigliadel popolino, tutti con mol-tissimi figli ed altre perso-ne a carico (e l’Unione ag-giungeva che, “in mancan-za di ogni possibilità di tro-vare una via di uscita a que-sta loro situazione potreb-be spingere parecchi a pro-cacciarsi in modo illecito imezzi della vita per loro e iloro congiunti.”

■ Speriamo che sia maschio

Nella ricerca di nuove re-strizioni all’attività degliebrei nel novembre-dicem-bre 1942 fu deciso che i co-niugi di “razza ariana” innessun caso potevano su-bentrare al coniuge di “raz-za ebraica” e che il coniu-ge “ariano” di un matrimo-nio misto poteva conserva-re o ottenere la licenza solose questi era il maschio del-la coppia.

■ La fame

Nel dicembre del 1940 gliebrei furono esclusi dal-l’elenco dei poveri, e cioènon poterono usufruire del-l’assistenza pubblica; pri-ma del 1942 le famiglie bi-sognose di razza ebraicafurono escluse, salvo casi

Quando i soldi sanno di lacrime e sangue

RAPPORTO GENERALE

COMMISSIONE ANSELMI

Page 13: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

13

eccezionali, dall’assisten-za invernale” prestata da-gli Enti comunali di assi-stenza; dal luglio 1938 ces-sò il contributo statale di11.500 lire a favore degliasili infantili israelitici. Nel marzo del ‘42 venne ad-dirittura proibito agli ebreidi acquistare carne di bas-sa macellazione presso l’ap-posito spaccio del rioneTrastevere.Del resto già al-

la fine del 1938 un diri-gente dell’Unione delle co-munità israelitiche italia-ne parlava di “impellentidolorose necessità di tanticorreligionari stranieri di-venuti improvvisamenteindigenti, mentre comin-cia ad avanzarsi lo spettrodell’indigenza di correli-gionari connazionali col-piti dai recenti provvedi-menti.”

L’ebreo non è più un diver-so ma un nemico. Alla per-secuzione dei diritti e deibeni subentra quella dellevite. La data in cui avvienequesto radicale, drammati-co cambiamento, è il 14 no-vembre 1943 quando si riu-nisce a Verona l’assembleadel nuovo partito fascistarepubblicano (Pfr) che ap-prova un “manifesto pro-grammatico” nel quale sistabilisce: “Gli appartenentialla razza ebraica sono stra-nieri. Durante questa guer-ra appartengono a naziona-lità nemica.”Le affermazioni program-matiche trovano pronto ri-scontro nei provvedimentipersecutori decisi dallaRepubblica so-ciale italiana(Rsi) , lo statofantoccio creatodopo la libera-zione di Mus-solini dal GranSasso, meglionoto come“Repubblichet-ta di Salò” dalnome della lo-calità gardesa-na dove aveva sede il gover-no.Trovano applicazione da par-te della Rsi e dei tedeschi iquali, dopo l’8 settembre,istituiscono nelle regioninordorientali del Paese due“zone” speciali: la zona dioperazione Prealpi, com-prendente la province diBolzano, Trento e Bellunoe la zona di operazione lito-rale adriatico comprenden-te le province di Udine,Gorizia, Trieste, Pola, Fiume

e Lubiana. In esse assumo-no sia la responsabilità mi-litare che quella civile, Nelresto della penisola (trannenaturalmente il Sud dove sierano trasferiti il governoBadoglio ed il re in seguitoalla precipitosa fuga daRoma l’8 settembre) la re-sponsabilità civile viene as-sunta dalla Rsi.Secondo i dati del rapportole persone residentinell’Italia centrale e setten-trionale classificate di “raz-za ebraica” e assoggettatealla persecuzione delle vitefurono circa 43 mila , sud-divise in circa 8 mila stra-nieri e 35 mila italiani. Diesse circa 500 riuscirono apassare la linea del fronte e

a raggiungere leregioni meridio-nali; altre 5.500-6.000 riuscirono arifugiarsi inSvizzera; circa7.700-7.900 ven-nero arrestate nel-la penisola per poiessere deportate ouccise in Italia: piùprecisamente vifurono 6.720 de-

portati oggi identificati(5.896 uccisi e 824 soprav-vissuti) , 680-880 deporta-ti dei quali non è stato pos-sibile appurare i nomi (pre-sumibilmente per lo più uc-cisi) e 299 uccisi in Italiaper eccidio o comunque perresponsabilità dei persecu-tori. Circa 29.000 personeclassificate “ di razza ebrai-ca” vissero in clandestinitàfino alla Liberazione e cir-ca un migliaio partecipò al-la Resistenza.

Dopo i beni, la vita

Gli appartenentialla razza ebraica

sono stranieri.Durante questa

guerraappartengono a nazionalità

nemica.

Page 14: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

14

La nuova fase della perse-cuzione antiebraica fu ge-stita solo dai tedeschi nelledue “zone speciali”, dap-prima dai soli tedeschi e poida questi assieme agli ita-liani nelle altre regioni.Tra metà settembre e i pri-mi di ottobre i tedeschi pro-cedettero all’arresto e al-l’internamento di ebrei delCuneese, all’uccisione di 56ebrei sulla sponda piemon-tese del lago Maggiore, alrastrellamento di ebrei inprovincia di Ascoli Piceno,a Trieste, a Roma, in Tos-cana e nel triangolo Torino-Genova- Milano.Gli ebrei arrestati dai tede-schi e dagli italiani venneroraggruppati in carceri o cam-pi della penisola e poi de-portati ad Auschwitz. Ini-zialmente i convogli parti-rono dalle località degli ar-resti; dal febbraio del ‘44dai campi di concentra-mento degli ebrei arrestati:Fossoli di Carpi, in provin-cia di Modena, e poi, dal-l’agosto 1944, a Bolzano-Gries. Nel litorale adriati-co gli ebrei arrestati dai te-deschi vennero concentratia Triste, dapprima nel car-cere del Coroneo e poi nelcampo della Risiera di SanSabba: da lì furono deportatiad Auschwitz.

■ “Maledetti figli di Giuda”

Il 30 novembre ‘43 il mini-stro dell’Interno della Rsidiramò un ordine con il qua-le veniva disposto l’arrestoe l’internamento di tutti gliebrei… a qualunque nazio-

nalità appartengano” e il lo-ro internamento “in campi diconcentramento provincia-li in attesa di essere riuniti incampi di concentramentospeciali appositamente at-trezzati.”L’indomani cominciò l’al-lestimento dei campi ed iquestori iniziarono ad ef-fettuare gli arresti.Successivamente venne de-ciso di escludere dall’inter-namento i membri di fami-glie miste, i malati gravi egli ultrasettantenni.Tra i provvedimenti adotta-ti contro il “nemico” ebreoci fu l’aumento della sor-veglianza al confine con laSvizzera. Il comando della II legio-ne “Monte Rosa” dellaguardia nazionale repub-blicana confinaria, fiero dei58 arresti eseguiti “dai pri-mi di ottobre ad oggi” e deirilevanti valori sequestra-ti”, il 12 dicembre ‘43 scris-se al capo della provinciadi Como: “ È così che lacorsa verso il confine de-gli ebrei, che con la fuganell’ospitale terra elvetica– rifugio di rabbini- tenta-no di sottrarsi alle provvi-denziali e lapidarie leggiFasciste (sic!) è ostacolatadalle vigili pattuglie dellaGuardia nazionale repub-blicana che indefessamen-te, su tutti i percorsi anchei più rischiosi, con qualsiasitempo ed in qualsiasi ora,con turni di servizio vo-lontariamente prolungati,vigilano per sfatare (sic!)ogni attività oscura e mi-nacciosa di questi maledettifigli di Giuda.”

■ Sequestro e confisca

L’ordine di polizia del mi-nistro dell’Interno del 30novembre stabiliva, oltre al-l’arresto e all’internamen-to degli ebrei, che “tutti i lo-ro beni, mobili ed immobi-li, debbono essere sottopo-sti ad immediato sequestro,in attesa di essere confisca-ti nell’interesse della Repub-blica sociale italiana la qua-le li destinerà a beneficiodegli indigenti sinistrati dal-le incursioni aeree nemi-che”. La confisca dei beni vennedecisa con un decreto legi-slativo del 4 gennaio 1944.Il decreto riguardava i benidi tutte le persone fisicheclassificate di “razza ebrai-

ca”, sia italiane, anche sediscriminate, sia straniere,anche se non residenti nel-la Rsi. Esse non potevano posse-dere nel territorio della Rsi“aziende di qualunque na-tura…terreni… fabbrica-ti…titoli, valori, crediti ediritti di compartecipazio-ne di qualsiasi specie… al-tri beni mobiliari di qual-siasi natura.”

■ Persino i fascisti si vergognavano

I decreti di confisca veni-vano pubblicati sullaGazzetta ufficiale d’Italiaed elencavano tutti i beniposseduti dall’ebreo: azien-de, terreni, fabbricati, cre-diti vari, valori depositati

Arresti, deportazioni, eccidiArresti, deportazioni, eccidi

Quando i soldi sanno di lacrime e sangue

RAPPORTO GENERALE

COMMISSIONE ANSELMI

Le immagini che illustrano l’articolo sono tratte dal catalogo Gli Ebrei a Venezia1938-1945 edizioni Il Cardo

Page 15: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

15

nelle banche, mobili di ar-redamento, soprammobi-li, stoviglie, lenzuola, ve-stiario, spazzolini da den-ti, ecc. Verso la fine di apri-le 1944 il ministrodell’Educazione nazionalesegnalò alla presidenza delConsiglio dei ministri chela lettura di decreti di con-fisca elencanti “2 paia dicalze usate” o , “1 bandie-ra nazionale, 1 bidè, 1 en-teroclisma”, o ancora “unamaglia di lana fuori uso, 3mutandine usate sporche”ecc. suscitava “negativi ap-prezzamenti.”Successivamente i mini-steri competenti avvisaro-no i capi delle province(nuova denominazione deiprefetti, N.d.r.) che “unaelencazione molto partico-lareggiata dei beni… nonappare assolutamente op-portuna” e che “la descri-zione di tali oggetti è trop-po dettagliata e minuziosa,sì da comprendere indu-menti intimi: oggetti discarsissimo valore o stret-tamente personali e tali chela enunciazione può deter-minare e determina com-menti che sarebbe bene evi-tare.”

■ Furti e saccheggi

Se fino all’8 settembre ‘43la spoliazione dei beni de-gli ebrei avvenne, pur coni suoi odiosi aspetti perse-cutori, quasi esclusivamentead opera dello Stato sullabase di norme stabilite, do-po tale data subentrò l’ar-bitrio.Nota infatti il Rapporto co-me il processo di spoliazio-ne venisse “affidato, da un

lato , all’iniziativa di istitu-zioni fortemente indeboli-te e quindi sempre più go-vernate dall’arbitrio dei fun-zionari ad esse preposte e,dall’altro, all’intervento disoggetti privati, portati adapprofittare di più o di me-no della loro vicinanza aiperseguitati in difficoltà, al-le loro famiglie e alle lorocose.”“Abiti da sposa, corredi, gio-cattoli, quadri, strumentimusicali, interebiblioteche: lascomparsa dioggetti con unvalore simboli-co e affettivo ol-tre che materia-le, rappresentòper molti la spa-rizione del pro-prio passato,della tradizionefamiliare, l’en-nesima manife-stazione di untaglio netto con la vita pre-cedente, di un mondo defi-nitivamente perduto. Così come le abitazioni pri-vate anche molti negozi,dai grandi magazzini allemodeste botteghe di quar-tiere, erano stati oggetti diruberie e devastazioni peropera di nazisti e fascistidi Salò.”Episodi del genere si veri-ficarono in numerose pro-vince dell’Italia centro-me-ridionale.Il più clamoroso, e anche ilpiù noto, è quello compiu-to contro gli ebrei romaniai quali i tedeschi, nel set-tembre ’43, imposero unataglia di cinquanta chili d’o-ro in cambio della salvez-za, impegno tradito ventunogiorni dopo.

■ “Come, dobbiamoanche pagare? !”

Per gestire e liquidare i be-ni ebraici espropriati, nel1939 venne istituito l’Egeli,sigla che significa Ente digestione e liquidazione im-mobiliare che, essendo sta-to incaricato anche di altricompiti dopo lo scoppio del-la guerra come la gestione dibeni di cittadini di nazio-nalità straniera, cesserà la

sua attività sol-tanto nel 1997.L’Ente per lagestione deibeni espro-priati si avval-se anche del-l’attività di unaserie di ban-che.Secondo il rap-porto sul fini-re del 1946 ibeni ebraici fu-rono quasi tut-

ti restituiti ma allora si po-se lo spinoso problema del-le richieste ai cittadini espro-priati delle spese di gestio-ne, avanzate dall’Egeli odalle banche. Si calcolava che a tutto il1947 i compensi dovutiall’Egeli ammontassero apiù di 22 milioni di lire cuiandavano aggiunti 3 milio-ni e 300 mila lire relativi aibeni gestiti extra Egeli. Le richieste sollevarono for-ti proteste da parte degli in-teressati, sostenuti dall’U-nione delle comunità israe-litiche italiane, i quali chie-devano l’annullamento daparte dello Stato di quantopreteso argomentando in so-stanza: “Come, ci hanno de-predato e dobbiamo anchepagare ?!”

I tedeschi,nel settembre ’43,

imposero una taglia

di 50 chili d’oro in cambio

della salvezza,impegno tradito 21 giorni dopo

Page 16: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

16

Lettera di protesta

In una lettera all’Unione del-le comunità israelitiche del’48,Arrigo Vita scrive: “…visegnalo che l’Istituto S.Paolodi Torino mi ha richiesto lasomma di L. 18.650 per lagestione del mio allog-gio…durante il periodo na-zifascista…Ho rifiutato dipagare ritenendo che l’Egeliabbia avuto la funzione dicampo di concentramentoper i nostri be-ni…”.Un’altra lette-ra, dai toni mol-to più duri, del-la quale nonviene citato ilmittente, venneinviata al SanPaolo il 23 no-vembre 1947 edice: “ Con di-sinvoltura ora …definite ilgoverno della Repubblicasociale ‘sedicente governo’mentre lo avete fedelmenteservito interpreti ed esecu-tori di tutti i soprusi esco-gitati dai nazifascisti con-tro i perseguitati razziali…“Ma affinché non vi sembriquesta mia uno sfogo pole-mico per disconoscere leVs/’benemerenze’ deside-ro raccontarVi alcune Vs/responsabilità nei ns/ con-fronti come saggio di ciòche sarà accaduto a quasitutti gli altri; gli assassina-ti senza eredi non hanno piùvoce e lasciano per ora a voiil godimento dei frutti deiloro beni…“Il 5 febbraio 1944 presen-ti Vs/ funzionari e si direb-be col Vs/ compiacente e in-differente consenso, è av-venuto che nazifascisti be-

ne informati saccheggias-sero masserizie e arredi nel-l’alloggio di mia madre enegli uffici delle mie so-cietà…Il 26 agosto con col-pevole infingardaggine eleggerezza avete consentitola preordinata asportazionedei mobili dall’ufficio del-la ditta con lo scempio dipreziosissimi e insostitui-bili documenti di archivio,

documenti, ecc.oltraggiosamen-te svuotati per ter-ra e abbandonatialla loro inevita-bile dispersio-ne…E così anda-rono perduti tut-ta la corrispon-denza dei miei ca-ri defunti, mano-scritti e poesie

inediti di letterati miei ami-ci, libri, documenti notarliecc. e una collezione di 2000francobolli antichi...“La cosiddetta Vs/ gestio-ne si è limitata a cristalliz-zare gli affitti nella misuradi quelli del 1934…“Ed ora dopo oltre 21 mesici presentate in forma pe-rentoria un conto globale dioltre il doppio di quanto fa-ticosamente percepito. Aparte la questione moraleche segnalerò al ministerodelle Finanze, sarebbe inam-missibile fa pagare alle vit-time della persecuzione lespese di una gestione esco-gitata a loro danno da aguz-zini, per impadronirsi del-le proprietà di candidati al-le camere a gas. Vi segnaliamo il fatto chenoi non vi abbiamo nomi-nati ns/ tutori.”

Di fronte a numerose presedi posizione come questaneppure la riduzione del 50per cento delle somme ri-chieste annunciata nel 1951veniva giudicata soddisfa-cente dall’Unione.Il compromesso- Anche senel rapporto non si hannoindicazioni più precise, sem-brerebbe che si sia giunti adun compromesso propostoin modo informale dall’U-nione. Il ministero delTesoro, sulla base di sue va-lutazioni etiche, economi-che, giuridiche, pervenivaalla conclusione di abban-donare ogni azione di recu-pero dei crediti rappresentatidai compensi di gestione acarico dei proprietari giàperseguitati e a puntare al-l’incameramento dei benidegli ebrei non rivendicatidagli aventi diritto dopo l’a-brogazione delle leggi raz-ziali

Abbiamo deciso dipubblicare questorapporto, sfidando il suocarattere spessoinevitabilmenteburocratico, per dare undocumentato contributoalla conoscenza di pagineforse meno note macertamente non menosignificative di che cosaabbia rappresentato inItalia e in Europa lalunga parentesi dellabarbarie nazista e fascistae per ricordare fra iprotagonisti del ‘900donne e uominisconosciuti che con la lorosofferenza hannocontribuito a scrivere lanostra storia recente.

Quando i soldi sanno di lacrime e sangue

RAPPORTO GENERALE

COMMISSIONE ANSELMI

Ed ora dopo oltre 21 mesi ci

presentate in formaperentoria un conto

globale di oltre il doppio di quanto

faticosamentepercepito.

Page 17: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

17

Ed ecco la storia delle infami spoliazioni

Enrica Basevi,I beni e la memoria. L’argenteria degli ebrei: piccola “scandalosa” storia italiana (con scritti intro-duttivi di Amos Luzzatto e Roberto Finzi), Rubbettino, Soveria Mannelli (Cz) 2001, pp. 194, 24.000 lire.

E sempre nel 1943-1945 accadde che le confische ven-nero precedute, accompagnate e, qualora incomplete,seguite da furti, saccheggi e distruzioni.

L’azione della dogana nel 1938-1939 fu molto uti-le allo stato fascista. Non è stato possibile ap-purare quanto abbia fruttato e forse non sarà

più possibile appurarlo, causa la distruzione di documentiall’epoca classificati “ordinari”, ma i valori sequestratiagli ebrei contribuirono certamente, nel loro piccolo,all’attuazione delle politiche interna ed estera del re-gno. I licenziamenti del 1938-1943 furono oggettiva-mente molto utili ai non ebrei, già duramente colpitidalla crisi economica, dagli effetti delle sanzioni, dallericadute delle imprese belliche. I furti del 1943-1945furono molto utili a chi li effettuò, sia che li utilizzasseper se stesso sia che li utilizzasse per il proprio ruolonella Repubblica Sociale Italiana. Le case confiscatenel 1943-1945 furono molto utili ai capi delle provinceche poterono alloggiare i comandi militari tedeschi o icaporioni fascisti fuggiti dalle città liberate evitando diricorrere alle case dei concittadini “ariani”. I depositibancari confiscati agli ebrei di Ferrara furono moltoutili a quel capo della provincia, che li utilizzò per esi-genze della guardia nazionale repubblicana (in effetti sitrattò di prelievi temporanei, poi restituiti alle banche;ma in tal modo egli evitò di ricorrere ad impolitici pre-stiti forzosi da parte di ferraresi “ariani”. I documentirazziati in qualche archivio di comunità ebraiche furo-no molto utili ad alcuni commercianti che li usarono peravvolgere i generi commestibili venduti. Culle e calze fu-rono talora ridistribuite a bisognosi, rendendoli cosìgrati verso le autorità repubblichine.

Edopo la guerra cosa accadde? Accadde che vi fuuna restituzione talora completa, talora parzia-le, talora nulla. In termini generali, si può dire che

la gran parte dei beni è stata restituita e che le manca-te restituzioni si annidano nei beni delle famiglie inte-ramente distrutte dalle deportazioni o ignare dei beniposseduti dal parente deportato, nei beni degli stra-nieri espulsi o uccisi, nei beni oggetto di furti, distru-zioni, vendite deprezzate, ecc. Vi sono poi dei beni rimasti o finiti in possesso del-l’amministrazione pubblica e da essa non restituiti perignavia o effettiva volontà. Tra questi rientrano gli ar-genti artistici di Alessandro Basevi, oggetto dello “scan-daloso” libro scritto dalla figlia Enrica (alla quale variconosciuto il merito di aver fatto sempre prevalere laserietà della studiosa). Si tratta del primo libro dedicatoa una vicenda italiana di mancata o incompleta resti-tuzione di un bene razziato a una persona all’epocaclassificata di “razza ebraica”.

Michele Sarfatti

Ho incontrato e conosciuto Enrica Basevi nel cor-so dei lavori della commissione per la ricostru-zione delle vicende che hanno caratterizzato in

Italia le attività di acquisizione dei beni dei cittadiniebrei da parte di organismi pubblici e privati, la “com-missione Anselmi”, istituita dal presidente del Consigliodei ministri D’Alema per riferire sulla spoliazione av-venuta in Italia dal 1938 al 1945 ai danni degli ebrei,attiva dal dicembre 1998 all’aprile 2001.Abbiamo, noi della commissione Anselmi, aperto seriearchivistiche mai consultate e fascicoli già noti. Siamoentrati negli archivi dello Stato e delle banche, abbia-mo ricevuto documentazione dalle compagnie di assi-curazione e dalle poste, abbiamo scritto a uffici della giu-stizia e a case editrici, ci siamo interessati a vicendeindividuali e abbiamo seguito i processi generali.Abbiamo così ricostruito come si svolse la spoliazionee come si svolse la successiva opera di restituzione. Eabbiamo fatto ciò tenendo presente che avvenne unavera e propria “persecuzione del lavoro e dei beni” de-gli ebrei, ma che essa non fu, ahimè, l’aspetto princi-pale della persecuzione antiebraica.In sostanza cosa accadde? Nel 1938-1943 accadde chegli ebrei che lasciarono la penisola, per espulsione o perdecisione “volontaria”, vennero depauperati con stru-menti doganali e che gli ebrei che rimasero nella peni-sola vennero depauperati con divieti lavorativi semprepiù estesi, con la progressiva riduzione dell’assistenzapubblica, coll’esproprio economicamente punitivo diquote di proprietà immobiliare.

Nel 1943-1945 accadde che agli ebrei venne con-fiscato “legalmente” ogni “bene” posseduto:denaro contante, azioni, titoli pubblici, deposi-

ti bancari, polizze assicurative, diritti economici d’au-tore, terreni, case, mobili, culle, soprammobili, argen-teria, gioie, quadri, tappeti, stoviglie, pellicce, vestia-rio, materassi, coperte, lenzuola, spazzolini da denti, au-tomobili, biciclette, macchine da scrivere, macchinefotografiche, generi commestibili, arredi di negozi, mer-ce di negozi, macchinari industriali, merce immagaz-zinata, bandiere d’Italia, cauzioni per il noleggio di ap-parecchi telefonici, orologi d’oro e di metallo, certifi-cati dati come corrispettivo (punitivo) degli espropriimmobiliari del 1938-1943, mutande pulite e sporche,depositi effettuati in occasione di concessioni com-merciali, fitti arretrati di inquilini, centrini da tavola,valigie, eccetera. Ovvero: tutto quanto di pregiato e divile fa parte della vita e in qualche modo costituisce lavita stessa.

Per la prima volta nel libro di Enrica Basevi

Page 18: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

18

La collezione di argenteria venne razziata a Genovadai nazisti, ricomparve alla fine della guerra inAlto Adige, finendo infine nelle mani dell’agen-

zia pubblica Arar (Azienda recupero e alienazione re-siduati bellici). Il libro parte dal trafugamento degli og-getti e narra la battaglia postbellica del padre control’Arar (cioè contro lo Stato) per rientrarne in possesso.Chi lo aprirà, appurerà di persona che il risultato del-la battaglia non costituisce motivo di orgoglio. Ancheperché l’autrice ci documenta che la rivendicazione(“reclamo” o “pretesa”, nel linguaggio burocraticodell’epoca) dei beni razziati fu ostacolata anche da per-sone come Ernesto Rossi – presidente dell’Arar – chepure erano state indubitabilmente contrarie alla cam-pagna e all’azione antisemita. Così avvenne che l’Arar classificò “residuato bellico”di pertinenza statale tutta l’argenteria degli ebrei ab-bandonata dai tedeschi in ritirata, si trasformò in verae propria controparte degli ebrei rapinati, iniziò a ven-dere all’asta l’argenteria di Alessandro Basevi dopoaver saputo che questi la stava rivendicando, pretese in-fine (e ottenne) da questi una taglia non lieve al mo-mento della riconsegna degli oggetti non ancora venduti.L’argenteria venduta all’asta dall’Arar non apparte-neva solo a Basevi. In complesso l’Arar (e quindi loStato) ottenne un introito minimo di otto milioni di lire,nel 1947-1948 (pag. 134). L’argenteria riconoscibilecome ebraica (per la forma degli oggetti o per orna-menti e lettere) fu invece restituita, ma solo dopo lunghe,faticose e offensive trattative.

A l termine della lettura, il lettore non potrà evi-tare di far proprie le considerazioni fatte del-l’autrice nel corso della narrazione, come: “Per

quanto riguarda la questione ebraica, si può pruden-temente anche avanzare una ipotesi: che anche all’in-terno delle forze ciellenistiche, salvo eccezioni, sia sta-ta praticata una sottovalutazione, o una rimozione di fat-to dell’urgenza di por mano con completezza al pro-blema del reintegro dei perseguitati, con tutti gli aspet-ti connessi” (pag. 44); o: “Quello che stupisce quandosi leggono oggi questi documenti, e si osserva in parti-colare l’atteggiamento dei dirigenti dell’Arar (…) è ilfatto che non sorga mai un atteggiamento legalitarionei confronti degli ebrei, di nuovo cittadini italiani atutti gli effetti (pag. 105).In conclusione va riferito che contro questo libro serioe amaro si è levata alta la spada critica dell’irrefrena-bile Sergio Romano, il quale sul Corriere della Sera del26 giugno scorso lo ha accusato di essere “giudeocen-trico”, confermando così la propria appartenenza alcorpo degli ambasciatori dell’antico Stato mentale digiudeofobia.

RAPPORTO GENERALE

COMMISSIONE ANSELMI

di Franco Giannantoni

UNA FRA LE PAGINE PIÙ SC

“Ogni ebreo c

Per superare la frontiera, gli “spalloni”incassavano fra le 5 e le 20 mila lireper persona, a seconda dellaprofessione. Seimila furono gli ebreiche riuscirono a raggiungere la Confederazione Elvetica,seicento furono respinti. Gran parte dei beni delle vittimedivenne patrimonio “privato” della Rsie degli occupanti. Alla Liberazione,la Svizzera fece pagare il costodell’internamento ai suoi “ospiti”.

Page 19: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

19

ONVOLGENTI DELL’ULTIMO CONFLITTO MONDIALE

he scappa ha il suo prezzo”

Alla caduta del regime fa-scista, il 25 luglio 1943, se-condo gli studi più recenti,si sarebbero trovati in Italiacirca 45 mila persone che,per la Direzione generaledemografia e razza del mi-nistero dell’Interno, si po-tevano definire di razzaebraica; circa 6.500 eranostranieri o apolidi. Alla pro-clamazione della resa dell’8settembre 1943 sarebberostati nel Paese circa 43 mi-la ebrei, dei quali circa 35mila italiani e 8 mila stra-nieri ed apolidi. Di questi 43 mila, si salve-ranno in Italia, nella clan-destinità circa 29 mila, men-tre risulteranno deportatidall’Italia occupata dai te-deschi e governata dalla Rsicirca 8 mila, dei quali oltre6 mila vennero uccisi. Deglialtri, circa 500 riuscirono arifugiarsi nell’Italia libera-ta e oltre 6 mila in Svizzera.(…). Almeno 600 circa sa-rebbero stati respinti allafrontiera(…). La maggiorparte avrebbe ritrovato unnascondiglio in Italia (…);numerose persone sarebbe-ro state catturate (…) e uc-cise ad Auschwitz.

■ Risvolti patrimonialidella clandestinità e della fuga

Come ogni momento e fa-se della persecuzione an-

tiebraica nell’Italia fascistae neofascista dal 1938 al1945, anche quella del ten-tato espatrio per ottenerel’asilo ha risvolti economi-co-patrimoniali (…). Dopol’8 settembre 1943 il perse-guitato, divenuto clandesti-no, si riduce a far conto suisoli mezzi propri, ma poi-ché sono in atto sequestri econfische di tutti i beni“ebraici”, mantenere la di-sponibilità di tali mezzi di-venta sempre più compli-cato. (…).In quei mesi il seque-stro/confisca anche di po-chi denari potè significare lacondanna alla cattura e al-la morte: perché poche lirerappresentavano il mezzoper resistere una settimanain più, per corrompere nel-l’eventualità dei funzionari,per pagarsi la clandestinitào l’espatrio. Ecco perché i risvolti eco-nomico-patrimoniali dellapermanenza in clandesti-nità come del tentativo diespatrio furono centrali: peril fatto che denari, gioiel-li, beni di fortuna in gene-rale non furono più la mi-sura di un tenore di vita, mail confine stesso fra la vitae la morte. Ciò costrinse ipossessori a portare sem-pre con sé tutto ciò che ave-vano in beni mobili, dena-ro, preziosi: in breve, so-prattutto contanti e ogget-ti negoziabili. E impose lanecessità di abbandonarenel fuggire tutti i beni nonrealizzati o non realizzabi-li-merci, scorte, aziende-esponendoli così al sac-cheggio di chiunque. (…).

(…). Le fonti più significa-tive-specie fra i fondi delloSchweizerisches Bundesa-rchiv, a Berna, e dell’Arch-ivio di Stato (già Cantonale)a Bellinzona per ricostruirele vicende patrimoniali deifuggiaschi sono senz’altro ilverbale d’interrogatorio,riempito da ufficiali di po-lizia dei comandi territorialidell’esercito svizzero (…)e il questionario, compila-to invece dal rifugiato stes-so durante la quarantena incampo contumaciale, en-trambi inseriti entro ilPersonaldossier di ciascunprofugo.Il verbale d’interrogatorioè un modulo di 22 domande(tedesco, francese, italiano)dove si registrano dati ana-grafici, motivi, circostanzee percorso della fuga, lo sta-to di salute, le conoscenzein Svizzera, patrimonio.(…). Le domande sono 22.(…). Al punto 16, Motivi ecircostanze della fuga co-me pure percorso seguito-del verbale d’interrogato-rio non è raro trovare testi-monianza di sequestri e con-

fische di beni, spoliazioni,saccheggi e sottrazioni d’al-tro genere subiti dal profu-go in Italia o nella patria d’o-rigine (quando straniero oapolide) sino dall’introdu-zione delle leggi razziali (perl’Italia ovviamente dal1938); del prezzo pagato du-rante la fuga e l’espatrio ver-so l’Italia se stranieri ed apo-lidi e dall’Italia verso laSvizzera, se residenti in ter-ritorio nazionale. Nel questionario si ha alpunto 21 “Specificazioneesatta dei beni patrimonia-li in Svizzera e all’estero”.(…). Da entrambi si rica-vano indicazioni su quan-to salvato o perduto in Italiacome beni dopo l’8 set-tembre 1943 (…).A fronte dei molti che di-chiarano di non possede-re più nulla (…)si hannodifatti coloro che forni-scono dettagli su quantopossiedono o ritengono dipossedere, fatti salvi sac-cheggi, distruzioni, se-questri, confische, ruberieo altro, intervenuto dopola fuga (…).

Generalità e dati statistici Le fonti

La frontiera

L’unico modo per gli ebreidi espatriare dopo l’8 set-tembre 1943 fu il modo clan-destino, reato punito sem-pre da una legislazione se-vera, inasprita ancora di piùper lo stato di guerra, e at-traversando un confine con-trollato in modo stretto suentrambi i lati. Raggiungerlofu già di per sé impresadrammatica per (…) l’im-

possibilità di circolare li-beramente per l’Italia oc-cupata se non con documentid’identità falsi, appoggian-dosi a filiere di soccorso perogni necessità, anche mini-ma. Documenti e transitiinoltre costavano cifre nonindifferenti. (…). Dopo l’ar-mistizio e l’occupazione te-desca, per una settimana cir-ca, dal 9 al 16 settembre,

Nelle foto qui accanto.Due istantanee colgono lo stesso dramma: i soldatitedeschi si avvicinano perobbligare gli ebrei raccoltinel parco di villa Concordiaa salire sul camion.

Page 20: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

20

RAPPORTO GENERALE

COMMISSIONE ANSELMI

l’intero confine restò quasisguarnito per lo squaglia-mento per primi dei presi-di frontalieri (…). Tedeschie neofascisti ripresero peròpresto in pugno il control-lo. Prima misura adottata sindal 16 settembre 1943, ful’occupazione germanicadella fascia di confine conl’invio a Varese della V se-zione della Grenzwache del-la scuola reclute diInnsbruck, con responsabi-lità di vigilanza sull’irre-golare confine montagnosoe lacuale fra il Varesotto eil Canton Ticino. Sulla frontiera, in coope-razione con la Grenzwache,tornarono forze operativeitaliane: la guardia alla fron-tiera, Mvsn, poi Gnr di fron-

tiera, composta da militi fa-scisti che avrebbero dovu-to garantire un servizio ri-goroso e l’impermeabilitàal confine. Incaricate del-la sorveglianza, la 1° le-gione Gnr “Monviso” (…),la 2° legione “Monte Rosa”,la 3° legione “Vetta d’Italia”. (…). Ulteriore provvedi-mento restrittivo (…) undecreto del duce del 24maggio 1944 istituì una zo-na chiusa della profonditàdi tre chilometri, con di-vieto di transito e soggior-no, salvo con carta di le-gittimazione, e obbligo disgombero di quasi tutti iComuni frontalieri, lungol’intera frontiera con laConfederazione elvetica trala Valle d’Aosta e laValtellina.

Coloro che intesero affron-tare i rischi dell’espatrio at-traverso le maglie semprepiù strette del controllo, do-vettero ricorrere, vicino olontani che abitassero dallaSvizzera, a chi li accompa-gnava ed entrare perciò incontatto con persone del luo-go, abitanti sulla fascia difrontiera, che sapessero co-me fare. Si trattava nellamaggioranza dei casi di con-trabbandieri o di spalloni-che da sempre attraversa-vano il confine illegalmen-te con merce, specie il riso,da vendere al mercato ne-ro. Conoscendo il territoriodi montagna e il sistema diguardia della zona di con-fine, i turni delle sentinelleche qualche volta erano inaffari con loro o erano più

malleabili se della guardia difinanza piuttosto che dellaGnr confinaria, sapevanodove sostare, quand’era me-glio passare, e si precosti-tuivano dei punti d’appog-gio. Poiché inoltre erano alcorrente delle sanzioni incaso d’arresto, di rischi e di

La dinamica

Alcuni ebrei mentre lascianoil carcere di Varese portandole poche cose che ancoraerano riusciti a salvare.

Page 21: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

21

“Ogni ebreo che scappaha il suo prezzo”

trucchi del mestiere, l’e-sperienza li rese guide am-bite. Diventati un riferimento peri fuggiaschi, all’intensifi-carsi delle richieste e dei pe-ricoli, i contrabbandieri pre-tendevano compensi chetrattavano sulla base deimezzi di chi si metteva nel-le loro mani: ogni ebreo hail suo prezzo, si disse.Commercianti, industriali,professionisti, erano valu-tati cifre esose. Per altri le cifre variano, sic-ché le testimonianze sonoad un tempo stesso mono-cordi ma anche assai diver-se. Dori Schonheit Bonfiglioli:“era gente che lo faceva pertanto guadagno, costava 5mila lire a testa”; LillaHassan Coen: “ci volevano5 lire per un franco, abbia-mo pagato ai contrabban-dieri 12 mila lire per quattropersone”; Bruna Cases: “cihanno dato i soldi per il con-

trabbandiere, il camoinci-no chiuso da un telone.,l’at-tesa in casa di contadini,prezzo: 10 mila lire a per-sona; Clara Servi Calò:“consegnammo ai contrab-bandieri quanto pattuito, 5mila lire a testa; Maria LuisaCases: “ci indicarono unasignora di Lanzo d’Intelvi(…) le lasciammo 40 mila li-re, allora una somma enor-me. (…) Elena Kahn Aschieri:“a Gabriella Bergmann han-no imposto l’alt; c’era unojugoslavo che ha detto: hasoldi? Mi dia le 15 mila li-re del passaggio. Metà le ha date alle guardieitaliane, metà ai tedeschi euno ha detto: siamo au-striaci, non abbiamo nien-te a che fare coi tedeschi,così hanno preso i soldi enoi siamo passati”. (ndc:il prezzo per ogni passag-gio variò dalle 5 sino alle10-15 mila lire per perso-na).

che e/o fasciste già ricor-dati, provocò in particola-re fra l’autunno 1943 e l’e-state 1944, il periodo dimassima affluenza di fug-giaschi verso la frontieraitalo-svizzera, uno stillici-dio di arresti e deportazio-ni di ebrei, previo seque-stro e/o confisca di tutti gliaveri che, come detto, era-no costretti a portare su disé nel tentativo di espatriarein modo fortunoso. Si legge in un rapporto delcolonnello Mereu al capodella provincia di Como“(…) che i favoreggiatoridegli espatrii in argomen-to (…) tentavano di gua-dagnare il suolo elveticoa comitive giudaiche soli-te a nascondere nei loropiù o meno cenciosi bot-tini, preziosi e valori sot-tratti alla ricchezza na-zionale (…)”. In qualche caso le liste por-tavano il dettaglio degli ave-ri sequestrati e/o confiscati

al posto frontiera, prima del-l’istruzione del verbale uf-ficiale. (…). Tali verbali rappresentava-no in genere lunghi elenchidi denari, averi, gioielli epreziosi vari di difficile va-lutazione. Il denaro contante ed i benicosì sequestrati venivano ingenere affidati in custodiaalla locale prefettura in at-tesa di altra destinazione.(…). Questi averi, salvo una par-te restata in loco, recupera-ta e restituita alla fine dellaguerra da funzionari del Clncomasco “interni” alla pre-fettura, verranno inviati nelgiugno 1944 alla direzionegenerale di PS del ministe-ro degli Interni neofascista,a Valdagno (Vicenza). Rinvenuti a fine guerra da-gli alleati nella cassafortedi quella Direzione genera-le, verranno consegnati al-la locale filiale della Bancad’Italia.

Anche gli ebrei che riusci-rono a ottenere asilo inSvizzera (come già dettocirca 4.500 italiani e 1.700fra stranieri ed apolidi) do-vettero in larga misura met-tere in gioco il proprio pa-trimonio, date le minuzio-se e severe procedure di con-trollo sugli averi previstedalla normativa svizzera su-gli stranieri. (…). Quanto ciascuno aveva consé veniva inventariato, riti-rato, depositato presso laBanca popolare svizzera aBerna, dietro rilascio di unaricevuta, bloccato su un con-

to che non maturava inte-ressi, a garanzia del rim-borso delle spese d’inter-namento. I rifugiati venivano inoltreavvertiti dell’obbligo di ver-sare anche le somme even-tualmente ricevute in se-guito, pena sanzioni cheavrebbero potuto arrivareall’internamento o al refou-lement (ndc: respingimen-to) nel Paese di provenien-za. Oro, diamanti, preziosi, og-getti d’arte, collezioni difrancobolli, restavano “diproprietà dei depositanti”

L’interposizione ai confinidi più agguerrite pattuglietedesche e neofasciste in-caricate di controllare tuttala linea di frontiera italianaper disincentivare e bloc-care il fenomeno degli espa-tri venne fra l’altro reclam-ta in forma esplicita al con-gresso nazionale del Partitorepubblicano fascista, aVerona, il 14 novembre1943. Ad accennarne è il delega-to della provincia più inte-ressata all’espatrio clande-stino, Paolo Porta, com-missario federale di Como.

“Da noi abbiamo deciso chetutta la linea di confine siatenuta dalla milizia con-finaria. Dal 18 settembre la linea diconfine è stata presidiata daveri militi rivoluzionari (bra-vo) perché le guardie di fi-nanza portavano di là gliebrei, i profughi, tutti (voci:50 mila lire per persona),con biglietti da 1.000 a 5.000lire, da noi erano più a buonmercato. (…)”. (…). Il rafforzamento del di-spositivo di controllo di-frontiera mediante i repar-ti e le formazioni germani-

Gli arresti Il costo dell’internamento e della “liberazione”

Page 22: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

22

che non ne potevano di-sporre fino al rimpatrio sen-za il consenso della divi-sione di polizia. Ad ognuno era consentitodi trattenere 50 franchi sviz-zeri e pochi oggetti perso-nali; gli apparecchi foto-grafici vengono presi in con-segna dal comandante sviz-zero dei campi d’interna-mento (…). Nel periodo d’internamen-to i rifugiati con mezzi ave-vano diritto al Taschengeldo argent de poche, pari a 30franchi mensili a persona,prelevati dal conto perso-nale. (…). Per “liberazionedal campo”, quindi dal con-trollo militare sugli inter-nati, si intendeva l’autoriz-zazione a risiedere in pri-vato, a dipendenza della au-

torità cantonali di polizia.La “liberazione” non era undiritto, ma una concessio-ne della polizia federale de-gli stranieri. Per lasciare ilcampo bisogna essere cit-tadini italiani (…) e dove-vano avere mezzi finanzia-ri per almeno un anno, 5.000franchi, con diritto ad unprelievo massimo mensilestabilito, nell’apposito con-to presso la Volksbank aBerna o un garante che as-sicurasse vitto ed alloggio. La “liberazione” dal cam-po si rivelò costosissima,sicché era alla portata solodei più abbienti.

RAPPORTO GENERALE

COMMISSIONE ANSELMI

Dalle confiscIl ruolo decisivo nell’operazione deipodestà comunali, degliamministratori dei beni dellacomunità semita e dei “parà” delRaggruppamento Arditi di Tradate

Queste foto, scattate da un soldato tedesco, ritraggono un gruppo di ebrei sorpreso nei pressi di Dumenza, estremo lembo di terra

Il 6 dicembre 1943, pochigiorni dopo “l’ordine di po-lizia n. 5” del ministrodell’Interno Guido BuffariniGuidi, con cui veniva ordi-nato il concentramento inappositi campi di tutti gliebrei di ogni nazionalità re-sidenti sul territorio nazio-nale ed il sequestro dei lorobeni mobili ed immobili inattesa “di essere confiscatinell’interesse della Rsi”, laprefettura di Varese, con una

circolare al questore, ai ca-rabinieri e ai vari podestàdella provincia, ordinò l’i-nizio degli accertamenti perstabilire la consistenza delpatrimonio degli ebrei ita-liani, dei discriminati e deicittadini stranieri. È la prima notizia ufficialesull’argomento che antici-pa quella relativa alla piùvasta operazione di seque-stro e di confisca dei beniebraici.

Page 23: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

23

IL “SACCO” DEGLI EBREI IN PROVINCIA DI VARESE

he alle razzie delle bande

italiana, mentre stava tentando di varcare il confine con la Svizzera.

La circolare n. 4764, firmatadal capo della provincia diVarese Pietro Giacone, unmilitare di carriera, pregavadi “accertare, con gli estre-mi e i dati necessari, desu-mendoli dal catasto comu-nale, dagli atti acquisiti e daaccertamenti riservati, espe-riti in linea diretta, tutti i be-ni mobili ed immobili cherisultino comunque di per-tinenza di ebrei o di discri-minati” o i nominativi deiloro detentori. Fu l’inizioformale della grande razziadel fascismo di Salò che siscatenò sia nelle città chesul confine con la Svizzera,con una violenza senza pa-ri, vittima una comunità

braccata senza speranza, fat-ta spesso di vecchi, bambi-ni, donne. Un’operazionefacilitata dal fatto che il go-verno Badoglio fra il 25 lu-glio e l’8 settembre 1943colpevolmente non avevaprovveduto ad annullare lalegislazione antisemita esi-stente, a cominciare dai da-ti del censimento razzialedel 1938. Il 6 dicembre fu-rono inviate le richieste for-mali ai podestà di Ispra, diTradate, di Varese, diGavirate, di Busto Arsizioper una trentina di famiglie.La circolare per il podestàdi Cocquio Trevisago fuemessa il 7 dicembre e ri-guardava tre famiglie. Altri

podestà (fra cui, per la se-conda volta, quelli di Varese,Gavirate e Tardate) furonoavvisati il 15 dicembre: era-no quelli di LavenoMombello e di Arcisate, cen-tri di villeggiatura, dove erapossibile trovare un buonnascondiglio in attesa dicompiere il balzo definiti-vo verso la salvezza nel vi-cino canton Ticino. Non èstato possibile sapere, man-cando la corrispondente do-cumentazione, gli esiti de-gli accertamenti podestari-li anche se, lo si vedrà piùavanti, nei confronti di nu-merose famiglie ebree se-gnalate dalla prefettura diVarese vennero emessi de-creti di sequestro e di con-fisca dei beni. Il solo ri-scontro, assimilabile allo

spirito del provvedimentoprefettizio del 6 dicembre1943, è contenuto in una let-tera che il maresciallo mag-giore Giovanni Parigi, co-mandante dei carabinieri diTradate, inviò il 18 dicem-bre 1943 alla prefettura e al-la questura di Varese, infor-mando che “il 21 ottobreu.s., in seguito a precetta-zione ordinata dalle auto-rità germaniche, è statoprovveduto, da parte di que-sto comando all’inventariodei mobili e dei materialivari esistenti nelle ville sot-tosegnate di proprietà diebrei”. Le ville degli eredi Cohen,dell’ingegnere SalomoneMayer, delle signore MariaAnna Vita Donati e TildeVita Meyer in territorio di

La circolare del prefetto

Page 24: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

24

RAPPORTO GENERALE

COMMISSIONE ANSELMI

Abbiate Guazzone “ad in-ventario ultimato e per di-sposizione delle predette au-torità militari germaniche,furono affidate all’Aeronau-tica italiana che ha occupa-to i locali. La presa di possesso è sta-ta effettuata dal capitanoGiovanni Finocchiaro del-l’aeroporto di Venegono”. Altre ville di proprietà ebrai-ca furono letteralmente “raz-ziate” nello stesso periododai parà del “Raggrup-pamento Arditi” di Tradateche utilizzarono mandati diperquisizione firmati, adogni richiesta, dai loro stes-si comandi. Gli assalti furono condotti amano armata, in gran partesenza che nessuno potesseopporre resistenza o vanta-re i propri diritti. I proprietari come nel casodell’ingegnere OdoardoFano erano lontani, in fugadai loro aguzzini; altri era-no già stati arrestati e tra-sferiti in Germania, altri era-no già stati ingoiati dallefiamme di Auschwitz.Il ragionier Anania Lomazziera il funzionario dellaCassa di Risparmio delleProvince Lombarde (unodei quindici istituti di cre-dito incaricati dalla Rsi di“amministrare” e “custo-dire” i valori sequestratiagli ebrei) “incaricato del-la sequestratela dei beni deisudditi ebraici”. Interrogato dal marescial-lo della Gnr di Malnate il30 aprile 1944 circa le ope-razioni dei parà di Tradatein seguito ad alcune prote-ste giunte ai comandi Gnrdi Varese, rispose, offren-do un quadro dettagliato diciò che era accaduto: “al-

lorchè comparvero inTradate i primi elementidel costituendo Raggrup-pamento Arditi Paracadu-tisti, notai che si diederoun gran daffare per visita-re le abitazioni degli ebreidimoranti nel comune dadove asportarono quantopoteva occorrere per alle-stire gli alloggi degli uffi-ciali e dei sottufficiali. Le dimore ebraiche, visita-te dai cosiddetti incaricatidi sorvegliare che la robanon venisse sottratta da par-te della popolazione, eranola villa della vedovaSternfeld, la casa di OscarSternfeld, la villa di AdolfoPirani, la villa del comm.Mayer con annessa azien-da agricola in AbbiateGuazzone e casa inCastelnuovo Bozzente, lavilla Donati, la villa Coen,la villa Truffini abitata dal-la famiglia di Egardo Levydi Torino.Dalle predette case furonoasportate in quantità note-vole ogni sorta di merce, diindumenti personali, bian-cheria, stoviglie, porcella-ne, quadri, tappeti, pellic-ce, biciclette, argenteria,mobili, materassi, coperte,bottiglie di finissimi liquo-ri, lattine di olio che risul-tarono vendute a 400 lire alfiasco, oltre a materiale chetrovavasi rinchiuso in cas-se e bauli. Sta di fatto che gli indizia-ti disponevano d’autovet-ture per lo svolgimento del-le loro “mansioni” e per tra-sportare altrove il materia-le, oltre alle numerose par-tenze in treno di militari convalige”. Era la conferma che, auto-nomamente dall’emana-

zione delle disposizioni dilegge da parte della Rsi, icomandi germanici e anchealtri corpi militari italiani(in questo caso i parà), era-no intervenuti direttamen-te sui beni ebraici, abusan-do dei loro poteri. Il 7 ed il 10 dicembre 1943,il capo della provincia diVarese aveva inoltre firmatoaltri due comunicati con iquali ordinava “il sequestrodi tutte le opere d’arte” diproprietà di famiglie o diistituzioni israeletiche (iproprietari e i detentori do-vevano presentare, entro il15 dicembre, una denunciaal sovrintendente alle gal-

lerie del territorio) ed invi-tava “tutti coloro, privatiod Enti, che a qualsiasi ti-tolo detengono o posseg-gono in godimento o in usoo in precario beni appar-tenti a persone di razzaebraica” a farne denunciaalla prefettura entro il 20dicembre pena, per gli in-dempienti, l’applicazionedelle sanzioni previste dal-le leggi di guerra”.Il 15 dicembre 1943 il con-sigliere di prefettura diVarese Decio Jodice Boffillofirmò i primi due decreti disequestro di beni apparte-nenti a famiglie ebraichedella provincia.

In questo caso, il pugno diferro coi guanti di velluto. Ildecreto n. 26.894 colpìAchille e Carlo Norsa diLuino sequestrando loro“un’area urbana, una casadi tre piani, di 12 vani, li-breria, sala da pranzo e mo-bili fuori uso”. Il decreto n. 26.895 riguardòRenata ed Angelo Colombocon il sequestro di “una vil-la con giardino annesso disette locali ed accessori,completamente ammobi-liata sita in Vedano Olonain via Manzoni 14”. Prima che terminasse que-sto tragico anno, quello deldebutto, il capo della pro-vincia di Varese firmò altriquindici decreti di seque-stro per cittadini ebrei resi-denti a Gavirate, Varese,Dumenza, Saronno, Caldè,Ispra, Tardate, Sumirago,Vergiate, Malnate. Nella gran parte si trattavadi proprietà immobiliari e

di terreni. Ma le “razzie”non furono solo gestite a ta-volino, sulle carte offerte atambur battente, senza titu-banza, del collaborazioni-smo podestarile. Molte maturarono nel cor-so delle disperate fughe ver-so il confine, interrotte daibrutali arresti, un fenome-no particolarmente massic-cio nel Varesotto per la vi-cinanza alla Svizzera e peruna certa facilità orografi-ca che aveva funto da cala-mita, richiamando in zonacentinaia di ebrei, singoli oin gruppi da ogni parted’Italia, alcuni assistiti dal-le benemerite organizza-zioni di soccorso, laico o re-ligioso, dalla Delasem ge-novese, all’Oscar di donAurelio Giussani e donNatale Motta, alla “rete del Clnai” dell’ingegnerGiuseppe Bacciagaluppi(“Joe”), ai gruppi di donPietro Folli di Voldomino

Pugno di ferro, guanto di velluto

Page 25: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

25

te, quattro mutande di te-la usate, due cappelli peruomo usati, otto cravatteda uomo usate, due len-zuola ad una piazza usate,un berretto da uomo ed unasciugamano usato, seilampadine tascabili senzapila rotte, una borsa da don-na di tela cerata ed un por-

ta carte di tela cerata”. Lo stesso accadde a PiaDella Torre di 61 anni e aIsaac Yeni di 74 anni, diSalonicco, abitanti a Milanoed arrestati il 2 ed il 6 di-cembre 1943 in frazioneDue Cossani di Dumenzaquando l’espatrio pareva or-mai sicuro.

collegati con il cardinalBoetto.A Rosa Levi e a TeofiloMoully, milanesi, trasferi-tisi in attesa dell’espatrioin casa di Ida Fossati, invia Littoria 4 a Dumenza,frazione Due Cossani, unpaesino sopra Luino, tappaprivilegiata dei fuggiaschi,la polizia fascista seque-strò, come è indicato in unumiliante, feroce e detta-gliatissimo decreto, il n.27.640 Div. III, “un baulein legno a quattro scom-partimenti in buono stato

d’uso, tre soprabiti di lanausati, un impermeabile usa-to, un paio di pantaloni dipigiama usati, un paio dipantaloni corti uomo usa-ti, tre paia di mutande lanada uomo usate, un paio pan-taloni corti uomo usati, trepaia mutande lana da uo-mo usate, due camicie uo-mo usate, un paio calze, uncorpetto, due canottiere dauomo usate, un vestito dauomo colore nocciola e unpaio pantaloni usati, novecamicie da uomo usate, duecamicie da notte uomo usa-

Il decreto n. 27.639 riportain modo maniacale, pezzoper pezzo, il povero baga-glio della coppia, affidatoai carabinieri di Runo: “unabicicletta marca Gragnolinocompleta di accessori, dauomo, verniciata grigia, inbuono stato d’uso; quattrovaligie di cui una grande difibrone, due piccole di fi-brone, una e l’altra di tela;una cesta contenente libriscolastici e romanzi vari;due lenzuola a due piazzedi cotone; un paio di panta-loni grigi da uomo usati; unvestito da uomo bleu usato;due tovaglie da tavola, treasciugamani, quattro pan-nolini, cinque tovaglioli, unafedera, un paio di mutandeda donna, tre paia di calze dauomo e tre paia di calze dasignora, un reggipetto, quat-tro colli per camicia da uo-mo, una camicia da donna,una giacca da uomo bleuusata, un pigiama celeste,una maglia di lana da don-na, otto colli per camicia dauomo e otto paia di calze dauomo usati, due cravatte dauomo, una tenda per fine-stra, due camicie da uomousate, un orologio da polsoper uomo, guasto, senza cin-turino”.

Una spoliazione che non te-neva conto neppure delleminime necessità di so-pravvivenza, che sottraevatutto senza pudore e che,espediente “per procurarealle esauste casse dello Statoun po’ d’ossigeno” assun-se, con il decreto legge del4 gennaio 1944 n. 2, una di-mensione ancora più preoc-cupante: agli ebrei non erainfatti più consentito di pos-sedere valori, titoli, creditie diritti di compartecipa-zione di qualsiasi specie nédi essere proprietari di altribeni mobiliari di qualsiasinatura. Il capo della provincia diVarese anticipò di qualchegiorno il provvedimentodel 4 gennaio 1944 e, uti-lizzando l’ordinanza mi-nisteriale n. 5 del 1° di-cembre 1943, pose sottosequestro alla signoraAngelina De Angelis ve-dova Levi, non solo mas-serizie, mobili, arreda-mento (di cui era detento-re il denunciante, l’ammi-nistratore ariano ragionierUmberto Ermolli: ecco laprova provata della colla-borazione italiana senza laquale la Shoah avrebbeavuto una dimensione più

Il povero bagaglio

Dalle confischealle razzie delle bande

Le immagini di questoarticolo provengonodall’archivio privatodell’autore.

Page 26: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

26

ridotta!) ma anche un con-sistente numero di titoli elibretti bancari “detenutidal podestà di Varese”. Gli ebrei furono, nello stes-so tempo, privati della pos-sibilità “di essere proprie-tari e gestori di aziende né diavere di dette aziende la di-rezione né assumervi co-munque l’ufficio di ammi-nistrazione o di sindaco”. Il 17 maggio 1944 fu emes-so un decreto di sequestronei confronti della Società in

accomandita sempliceAscarelli e C. di BustoArsizio. Il provvedimento del capodella provincia di VareseMario Bassi venne assuntosulla base di una denunciapresentata il 30 dicembre1943 dal direttore dell’a-zienda che aveva segnalatoche i soci della “Ascarelli”erano gli ebrei Luigi e PioDel Monte e EmilioAscarelli, i primi di Como,il terzo di Napoli.

Gazzetta Ufficiale del Regnod’Italia) registrò l’ultimodecreto del capo della pro-vincia Mario Bassi contro ibeni dell’ebreo FlavioSonnino di Saronno.Come per gli ultimi mesi del1943, i decreti colpirono be-ni immobiliari, terreni, au-tomobili, barche, motoci-clette, biciclette, libretti ban-cari, moneta cartacea, con-ti correnti. L’esempio certamente piùclamoroso per la consi-stenza patrimoniale è rap-presentato dal decreto del12 gennaio 1944 che di-spose il sequestro delleaziende cartarie dei Mayerin Valle Olona. Sulla base di una denun-cia presentata il 20 di-

cembre 1943 alle autoritàdella Rsi dal ragionierRiccardo Marinoni, pro-curatore legale delle s.a.s.Vita Mayer, il capo dellaprovincia di Varese prov-vide ad emettere il decre-to contro la società, il cuicapitale sociale era di 9 mi-lioni. Il provvedimento riguardò“tutto il fabbricato, magaz-zini per l’industria, scorte egiacenze in esso esistenti,terreni e stabili per abita-zione dei funzionari e inLonate Ceppino, Cairate,Castelseprio; e, ancora, ilcapitale sociale investitonella società dai soci pre-detti di razza ebraica e daicorrentisti non soci ma dirazza ebraica”.

Il sequestro riguardò mobi-li di ufficio, automezzi, tes-suti finiti e greggi del ma-gazzino, filati, crediti ver-so banche e clienti, liqui-dità di cassa. In un clima di grande con-fusione e di altrettanta vo-racità, per evitare che le va-rie polizie private al serviziodi questo o quel gerarca di-sponessero direttamente deibeni, da Salò fu fatto sape-re che era vietato dare ai be-ni sequestrati una destina-zione di tipo privatistico,beneficienza compresa, eche tutto dovesse finire sot-to il controllo dell’Egeli(Ente e gestione liqui-dazione beni immobiliari)dopo l’emanazione del de-creto di confisca. Un provvedimento che nonmise al riparo il patrimonioammassato nel magazzinocentrale dell’Egeli varesi-no, in piazza XX settembredove, secondo il vice bri-gadiere della Gnr NapoleonePisoni, incaricato dei tra-sporti delle merci seque-

strate, bande di fascisti e ditedeschi, razziavano le mer-ci senza porsi alcun proble-ma di controllo. La caccia ai beni ebraici daparte delle autorità salotinedi Varese non cessò mai. L’invito rivolto ai Podestàda parte della Prefettura eradi mantenere sempre vigi-le il controllo anche perchéla spada di Damocle dei 17miliardi quale “contributodi guerra”, da dover versa-re ogni mese all’occupan-te, era diventato un proble-ma assillante.Fra il 3 gennaio e il 16 mag-gio 1944, periodo dopo ilquale l’attività della prefet-tura si esaurì (e con essa gliarresti degli ebrei pur es-sendo entrato in vigore dal-l’estate il decreto della zo-na chiusa), i decreti di se-questro e di confisca furono48. Gennaio fu il mese più pe-sante con 33 decreti. Il 16maggio la Gazzetta Ufficialed’Italia (al sud il governocontinuava a stampare la

A Maurizio Dentes (e/oDente), un commerciantemilanese di 28 anni, arre-stato con due sorelle nelLuinese, furono sequestra-ti due orologi, due catenined’oro, un temperino di me-tallo, 4 assegni della Comitdi 200 lire ciascuno, n. 3 bi-glietti di banca da 500 lireciascuno, n. 7 biglietti dibanca da 100 lire ciascuno;a Luisa Franco di 51 anni eGiuseppe Jona di 56 anni,arrestati nella fascia di con-fine, furono sequestrati “li-re 14. 940 in biglietti di ban-ca, 60 franchi svizzeri inoro, un orologio in oroLongines”; ad Ennio Segrè,34 anni, avvocato di Milano,arrestato a Luino con il fra-tello Odoardo, “lire 2 mila

in biglietti di banca da mil-le lire, franchi 30, franchi2,50 in argento”; ai fratelliLivio e Graziano Levi,“1038 pelli di agnello, ca-pretto e coniglio, 97 pellic-ce confezionate, 4.740 me-tri di seta”; a Cadum Cohen,31 anni, arrestata a Velatedi Varese “lire 500, un oro-logio da polso, un anello inoro bianco, una catenina dacollo con medaglietta, og-getti e valori vari”; ad ElenaTreves Luria ed ErnestoTreves, con la villa trasfor-mata in sede del Comandodell’Aeroporto di Venegono,titoli azionari, vari librettidi conto corrente per un va-lore di 715. 898 lire; aGiacomo Perugia, 74 anni,arrestato a Saltrio, “un li-

RAPPORTO GENERALE

COMMISSIONE ANSELMI

Dalle confischealle razzie delle bande

La voracità verso le aziende

Il sequestro di beni preziosi,assegni, carta moneta

Page 27: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

27

bretto di risparmio delCredito Varesino con depo-sitata la somma di lire 10mila”. Di ben altra consi-stenza fu il bottino, fruttodel sequestro del 16 mag-gio 1944 ai danni di FlavioSonnino e dei figli Sandro,Piera, Carlo “vista la lette-ra del signor Premoli Pietrodi Saronno del 1° dicembre1943 con la quale dichiara diessere intestatario di 900azioni di lire 1000 della SAPreganzioli di effettiva pro-

prietà del sunnonominatoSonnino Flavio, oltre a unterreno di ettari 0,54 in co-mune di Gerenzano”. Non mancò qualche cla-morosa marcia indietro co-me nel caso di Vita Sai, na-to a Sciangai, milanese d’o-rigine, che ricorse contro ilprovvedimento dell’11 gen-naio 1944 con il quale gliera stata tolta la disponibi-lità della villa di viaHermada 6 in Varese, di-ventata sede del comando

militare provinciale.Vita Sai dimostrò, carte al-la mano, che era figlio di ge-nitori di nazionalità italia-na, di cui uno solo di razzaebraica che, alla data del 1°ottobre 1938, appartenevaa religione diversa da quel-la ebraica. Vita Sai non era dunqueebreo così come non lo era-no i suoi figli Francesco,Max, Astorre, legittimati,affermò la prefettura diVarese nel decreto di disse-

questro, per ristabilire l’or-dine “a prestare servizio mi-litare in pace e in guerra”.I più, sappiamo, non torna-rono dall’inferno dei lager edei loro beni, spesso, si per-se la traccia. Chi si salvò do-vette penare per riavere ilmaltolto e avere l’amarasorpresa, se i beni erano sta-ti amministrati dalle ban-che, di dover pagare anchespese ed interessi.

Franco Giannantoni

Si allontana la verità sul ruolo di Pio XII

e lo sterminio degli ebrei

Chissà quanti anni dovranno ancora trascorrereper conoscere la verità sul ruolo avuto da Pio XII,papa Pacelli, durante la seconda guerra mondia-

le e sui suoi imbarazzanti silenzi di fronte allo stermi-nio degli ebrei programmato dai nazisti. La commissione storica cattolico-ebraica internazio-nale, costituita nel 1999 per raggiungere qualche risul-tato, è virtualmente sciolta.I tre membri ebraici hanno manifestato la loro indi-sponibilità a poter proseguire i lavori, per l’impossibi-lità a consultare gli archivi della Santa Sede dichiarati,a partire dall’anno 1922, inacccessibili. I componenti della commissione di matrice ebraica, ilbelga Bernard Suchecky, espertodel pontificato di Pio XI, l’israe-liano Robert Wistrich, docente al-l’università di Gerusalemme, esper-to di ebraismo europeo in epocamoderna, il canadese, studiosodell’Olocausto, Micheal Marrus,coordinati dallo statunitenseSeymour Reich, presidente del co-mitato ebraico per le consultaziuoniinterreligiose, si sono dimessi.

Gli undici volumi degli Acteset Documents du Saint Siègerelatifs a la seconde guerre

mondiale, pubblicati per ordine diPaolo VI a partire dal 1965 (e ter-minati nel 1981 sotto GiovanniPaolo II) non sono risultati suffi-cienti per rispondere in modo sto-ricamente obiettivo alla domandafondamentale: “perché Pacelli tac-que?”. Né hanno colmato il vuoto,

47 domande di approfondimento suggerite dall’esamedegli stessi “Actes”. Un Preliminary report della com-missione mista vaticana-ebraica, al lavoro dall’ottobredi due anni fa, aveva sottolineato come, per sapere laverità, fosse indispensabile aprire quegli archivi vaticanied ecclesiastici sinora chiusi agli studosi.

Cosa che continua, perpetuando l’assillante mi-stero sulla figura di un papa in odore di santità. “LaSanta Sede ci ha boicottato avevano commenta-

to mesi fa i tre storici di parte ebraica della commis-sione essa impedisce la ricerca nei suoi archivi. Siamostati costretti a sospendere ogni collaborazione”. Secca

la risposta di parte contraria: “nes-suno aveva mai promesso in antici-po che gli archivi vaticani sarebbe-ro stati aperti alla ricerca, almenoper il prossimo futuro. La parte ebraica sta travisando ilmandato su cui era nata la nostracooperazione”. Restano dunque sen-za esito gli interrogativi-chiave:quanto sapeva Pacelli dello stermi-nio?

Perché non rispose alle invo-cazioni di aiuto per gli ebreiche giunsero persino da una

parte della chiesa polacca? Comemai si preferì aiutare gli ebrei con-vertiti, a scapito di coloro che re-stavano fedeli alla loro religione?Soprattutto: perché non ci fu alcu-na energica protesta pubblica del-la Chiesa contro le autorità tede-sche?

Sciolta la commissione mista cattolica-ebraica dopo due anni di lavoro

Page 28: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

28

La “persecuzione religiosa”

Testimoni di GeovaPrima delle SS arrivò il fascismo

Dueincontri

La Congregazione cristia-na dei Testimoni di Geovaper ricordare i correligio-nari deportati nei lager na-zisti, ha organizzato, nel cor-so dell’anno, due incontri aMilano e Sesto San Gio-vanni. Alle iniziative han-no partecipato rappresen-tanti di amministrazionipubbliche, della cultura edella società civile (tra cuil’Aned). Le manifestazioni – comeabbiamo ricordato anche nelnumero precedente diTriangolo Rosso – sono sta-te integrate da una mostradi 36 pannelli, provenientidalla Germania, dalla proie-zione di un documentariovideo I Testimoni di Geova,saldi di fronte all’attacconazista e dalla testimonianzadi superstiti o loro parenti.

Fino ad oggi sono stati ot-tocento gli incontri (uni-versità, scuole, comuni ecarceri) per inquadrare sto-ricamente il tema della “bu-rocrazia dello sterminio”nazista, che ha perseguitatoper motivi razziali ebrei ezingari, per motivi ideologicigli oppositori politici e permotivi religiosi appunto iTestimoni di Geova. Prima di rievocare la dram-matica repressione nazistaoccorre ricordare, a chi inItalia vuole riscrivere i te-sti di storia, che il fascismo,fu maestro di repressione:oltre agli antifascisti infat-ti perseguitò, ben prima del-le ignobili leggi razziali del1938 che avrebbero colpi-to i cittadini di razza ebrai-ca, i seguaci della Bibbia,come risulta dall’esame dicinque circolari diramatedal Ministero dell’Internonel periodo 1929-1940, con-tenute nei fascicoli deposi-

tati presso l’Archivio cen-trale dello Stato a Roma.Non può passare sotto si-lenzio il fatto che la discri-minazione fu dettata da uncalcolo meschino, volto acompiacere le autorità reli-giose con cui il regime, perallargare il suo consenso,stava intessendo i contatti,che avrebbero portato alConcordato dell’11 febbraio1929 tra lo “Stato italiano ela Santa Chiesa”.Tra il 1927 ed il 1943 in unelenco di 142 persone arre-state e mandate al confinoper motivi religiosi, 83 era-no Testimoni di Geova. Conlo scoppio della guerra ven-tisei furono condannati dalTribunale speciale fascista,a quasi 190 anni comples-sivi di carcere per aver dif-fuso pubblicazioni biblicheche, secondo gli inquiren-ti, prendendo posizione con-tro il conflitto, avevano of-feso la dignità del duce, delre, del papa e di Hitler. Tragli arrestati alcune donne,Maria Pizzato e le sorelleProtti. Riferendosi ad Albina ProttiCuminetti, una detenuta co-mune fece la seguente con-siderazione: “A lei che nonvuole uccidere hanno datoundici anni e a me che houcciso mio marito ne han-no dati dieci…”.

Due Testimoni italiani co-nobbero l’agghiaccianteesperienza dei lager nazi-sti: Salvatore Doria, dete-nuto nel carcere di Sulmonadove scontava undici anniinflittigli dal Tribunale spe-ciale fu deportato prima aDachau e poi a Mauthausen. Liberato dagli alleati, ri-tornò in Italia, ma duramenteprovato nel fisico morì nel1951 a 43 anni. Narciso Riet, nato inGermania da genitori ita-liani, braccato da fascisti re-pubblichini e nazisti per dif-fusione di pubblicazioni bi-bliche, venne arrestato aCernobbio e deportato aDachau. Sottoposto ad atroci torture,fu assassinato prima dellaliberazione dei campi. I relativamente pochi casid’arresto e deportazione checolpirono i Testimoni ita-liani, si spiegano con la lo-ro scarsa presenza nella pe-nisola, che secondo le fon-ti variava da un minimo di100 ad un massimo di 250seguaci.In Germania, all’avvento diHitler al potere, i Bibel-forscher (Studenti biblici)erano circa 20.000. Nel luglio 1933, con le leg-gi che sopprimevano ogniparvenza di democrazia, fu-rono dichiarati fuori legge.

Arrestati e confinati a cominciare dal 1927 anche per compiacere le autorità della Chiesa in vista del Concordato – Dichiarati fuorilegge in Germania nel 1933:iniziava il genocidio per soffocare la loro obiezione di coscienza

di Pietro Ramella

Page 29: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

29

Le motivazioni? Ha scrittoBruno Segre: “Per i nazisti,i Testimoni incarnavano tut-to ciò che i nazisti odiavano. Il Movimento era interna-zionale, influenzato dall’e-braismo attraverso l’utiliz-zazione dell’Antico Te-stamento e la sua escatolo-gia; predicava il comanda-mento che ordinava di nonuccidere e quindi rifiutava ilservizio militare…”. Essi, infatti, pur essendoscrupolosi nell’osservare leleggi, si scontrarono con l’i-deologia totalizzante del na-zismo, poiché si rifiutava-no, per una questione di fe-de, di imbracciare le armi, dilavorare per l’industria bel-lica, di aderire al partito na-zista e di osannare il Fürher.Bibbie e pubblicazioni bi-bliche furono confiscate edate alle fiamme, i creden-ti picchiati e arrestati peraver partecipato a riunioni diculto, alcuni internati neicampi di concentramento direcente istituzione. Quelli impiegati nelle am-ministrazioni pubbliche,vennero licenziati, i loro fi-gli pesantemente discrimi-nati a scuola e bocciati, mal-

grado gli ottimi voti, perchési rifiutavano di parteciparealle adunanze paramilitari. Unici, tra tutte le confes-sioni religiose, i Testimonidi Geova presero posizionecontro il regime denun-ciando sulle loro pubblica-zioni clandestine la barbariedell’ideologia hitleriana,tanto che la Gestapo formòun’unità speciale per per-seguitare quanti, di nascosto,continuavano a praticare ediffondere i precetti dellaloro fede.

Nel 1938, anno della “not-te dei cristalli”, (una nottedi terrore, che scatenò con ladistruzione dei negozi ebrai-ci, un’ondata di uccisioni,violenze e arresti), su 20.000Testimoni circa la metà finìnei campi d’internamento,dove furono contraddistin-ti dagli altri prigionieri daun triangolo viola cucito sul-l’uniforme. Per il tratta-mento spietato 2.000 di lo-ro vi trovarono la morte.Nei lager essi continuaro-no coerenti a resistere pas-sivamente tanto che per rom-pere la loro solidarietà si de-cise di sparpagliarli in bloc-chi diversi. Ma poi si dovette fare mar-

cia indietro quando ci si ac-corse del pericolo rappre-sentato dal loro attivismo“missionario”.Nel corso della secondaguerra mondiale, circa 300Testimoni furono condan-nati alla pena capitale daitribunali militari quali obiet-tori di coscienza ed in granparte decapitati, perché lafucilazione era ritenuta unapena troppo mite. Nello stesso periodo, ap-profittando dell’isterismobellico, i nazisti presero neiconfronti dei figli dei “geo-visti” misure inumane.Infatti, negando ai genitorila patria potestà, li strappa-rono alle famiglie per affi-darli a “centri di rieduca-zione”, affinché fossero edu-cati all’ideologia nazista.La storia dei Testimoni diGeova nella Germania na-zista ha avuto un aspetto sin-golare: essi, unici tra tutti idissidenti, avevano la pos-sibilità, sia da internati cheda obiettori, di riacquistarela “libertà” con un atto d’a-biura del loro credo, il chespiega perché i nazisti si ac-canirono tanto contro di lo-ro, non ritenendo, infatti,che le motivazioni di fededi un gruppo numericamentelimitato potessero opporsialla trionfante ideologia na-zista.

A fianco,la casaccadeldeportatocon iltriangoloviola.

In basso,un grupporadunatoanni dopoladeportazione nel campodiWewelsburg

L’unica opposizione tra le confessioni religiose

L’atto di abiuraEcco l’atto di abiura che i Testimoni di Geova poteva-no sottoscrivere per uscire dai campi di concentra-mento:“Ho lasciato completamente l’organizzazione [degliStudenti Biblici o Testimoni di Geova] e mi sono li-berato nel modo più assoluto degli insegnamenti diquesta setta. Con la presente assicuro che mai più pren-derò parte all’attività degli Studenti Biblici. Denunceròimmediatamente chiunque mi avvicini con l’insegna-mento degli Studenti Biblici o riveli in qualche mododi farne parte. Consegnerò immediatamente al più vi-cino posto di polizia tutte le pubblicazioni degli StudentiBiblici che dovessero essere inviate al mio indirizzo.In futuro stimerò le leggi dello Stato, specie in caso diguerra difenderò armi alla mano, la madrepatria e miunirò in tutto e per tutto alla collettività”.

Page 30: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

30

Condannato dai giudici londinesi dopo due lunghi processi

L’inglese David IrvingStorico sì, ma anche “razzista e antisemita”

Processi

Aveva denunciato per diffamazione la ricercatrice americana DeborahLipstadt che nel libro “Negarel’Olocausto” lo aveva dipinto come un pericoloso “negazionista”.

Dovrà pagare 6 miliardi di onorari e spese legali altrimenti finirà in carcere. Un bel libro di DavidGuttenplan rievoca il lacerantedramma giudiziario svoltosi nell’auladella Royal Court of Justice

David Irving, “uno dei piùpericolosi negatori dell’Olo-causto” in circolazione, do-po anni di processi e centi-naia di udienze davanti auno stuolo di avvocati diogni rango, di cattedraticiuniversitari di tutti i conti-nenti e a quintali di docu-menti e di testimonianze del-la seconda guerra mondia-le, ha ora un problema inpiù, quello di raggranellareal più presto sei miliardi dilire (l’equivalente di due mi-lioni di sterline) per pagarele spese processuali e glielevatissimi onorari degliavvocati della difesa a cuiè stato condannato dai giu-dici del suo Paese, se vuole

evitare l’onta del carcereche incombe minacciosa sudi lui. Se gli mancassero i mezzi,cosa non improbabile, mal-grado faccia affidamento sulsuccesso del suo prossimo li-bro dedicato a WinstonChurchill, una cella è giàpronta per accoglierlo. InInghilterra infatti il debito-re che non paga va diritto inprigione. Il tempo a disposizione diIrving per saldare il conto èassai limitato. Il fallimento della sua dis-sennata e pericolosa inizia-tiva giudiziaria avviata nel1996 e raccolta dalla pennadel giornalista americano

David Guttenplan nel libroProcesso all’Olocausto (TheHolocaust on Trial, CasaEditrice Corbaccio, pp.333,lire 30 mila) è stato com-pleto: lo storico inglese in-fatti si è visto respingere nelluglio scorso, questa voltain appello, dall’Alta Corte diLondra le ragioni della que-rela per diffamazione in-tentata contro la professo-ressa americana DeborahLipstadt, 53 anni, cattedraad Atlanta alla EmoryUniversity ( e contro la ca-sa editrice Penguin BooksLtd) che in un saggio del1994 dal titolo Negarel’Olocausto- Il crescente as-salto alla verità e alla me-moria (Denying the Holo-caust), aveva accusato Irvingdi voler falsificare la storianegando o sottovalutando ilgenocidio degli ebrei sottoil nazismo per finalità ideo-logiche. Secondo il sistema proces-suale inglese, Irving avevasfidato Deborah Lipstadt adimostrare che le camere agas erano effettivamente esi-stite, trasformando la que-rela per calunnia in un veroe proprio processo sul ge-nocidio, sui sistemi con iquali il Reich si era sbaraz-zato degli ebrei e delle raz-ze giudicate inferiori e, an-cora, sulle ragioni per cui

gli alleati non fecero nullaper arrestare o mitigare ilmassacro. Uno scenario a vastissimoraggio che indusse non so-lo la Penguin Books Ltd,editrice del libro dellaLipstadt a investire oltre unmilione di sterline in par-celle d’avvocati e altre cen-tinaia di migliaia per pro-curarsi la testimonianza deiperiti ma anche lo stesso sta-to di Israele a battersi a fon-do (con altrettanti ingentisforzi finanziari) perché lebizzarre tesi di Irving nonfossero implicitamente aval-late. Non che il 63enne scrittoreinglese, ultimo di quattro fi-gli, il padre ufficiale di ma-rina e famoso esploratore,la fanciullezza segnata dal-la guerra, nel suo lungo cam-mino revisionista, ricco diuna trentina di libri, dallabiografia del capo della pro-paganda germanica JosefGobbels, alla guerra diHitler, all’apocalisse aDresda, avesse negato i mas-sacri nazisti, anche se ave-va voluto precisare con unatesi alquanto risibile e biz-zarra che essi “non eranoavvenuti in maniera signi-ficativa”. Irving aveva però messo indubbio, con subdole rico-struzioni storiografiche e

Page 31: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

31

con strumentali utilizzi del-le fonti documentarie chegli eccidi in tutta Europafossero stati il frutto di unprogetto sistematico, che la“soluzione finale” alle con-ferenze di Wannsee del 1942era stata un prodotto dellapropaganda ebraica ed al-leata e che mancava la pro-va certificata e tranquillan-te che Hitler avesse impar-tito l’ordine di procedere alsistematico sterminio (il dit-tatore fino al 1943, secon-do Irving, sarebbe stato te-nuto all’oscuro dai suoi mi-nistri della reale portata deimassacri e, comunque, sequalcuno fosse stato in gra-do di esibire la prova con-traria, Irving stesso avrebbeversato molto volentieri labella somma di mille dolla-ri!). Orgoglioso e testardo, cer-tamente in malafede, vistigli esiti processuali, Irving,ha respinto in ogni momentol’accusa d’essere un “nega-zionista”. “È stata-ha commentato da-vanti al giudice CharlesGray- un’accusa partico-larmente maligna perchénessuna persona nel pienopossesso delle proprie fa-coltà mentali, può negareche la tragedia sia veramenteaccaduta, per quanto noi sto-rici dissidenti possiamo pro-

varci a cavillare sui mezziusati, la portata, le date ed al-tri dettagli”. Il problema posto da Irvingera stato più sottile, infido,scivoloso. Quando Irving scrive cheHitler non sapeva della so-luzione finale, o dice chenon c’erano camere a gasad Auschwitz e che in quat-tro anni vi furono meno vit-time di quelle che furonouccise in una sola notte dalbombardamento alleato diDresda, quello che fa (se-condo lui) non si differenziadal comportamento di unostorico che vuole persua-dere che Lee fu un genera-le migliore di Grant o di unarcheologo che dubita chei greci e che i troiani sianomai giunti davvero a com-battere per Elena di Troia. Insomma, per Irving, sonodettagli e non è giusto esclu-dere dal dibattito coloro chesi misurano con questo ti-po di materia. Se Irving sostenendo que-sta posizione, ha dimostra-to di sapersi muovere conabilità, senza scatenare rea-zioni forti, facendo in qual-che occasione delle con-cessioni alla controparte, ilsuo atteggiamento, comedetto, è mutato quando gli èstato affibbiato il marchiodel “negazionista”.

È stato il momento in cui ilmaturo scrittore ha perso latesta, come fosse stato mor-so da una tarantola. “È un’e-tichetta-ha detto ai giudici-questa del negazionista chenon ha virtualmente anti-doto, meno letale di una si-ringa ipodermica con delgas nervino conficcata nelcollo, ma altrettanto fune-sto. Per la vittima presceltaè come essere accusato dipicchiare la moglie o di pe-dofilia. È sufficiente che l’etichet-ta sia applicata ad una per-sona perché essa si trovi de-signata come un paria, unemarginato dalla società. Èuna stella gialla verbale”.Irving per difendersi ha at-taccato il movimento ebrai-co nel mondo, il suo poterefinanziario che con il dena-ro avrebbe messo la sordinaalle sue idee sino a giunge-re a gridare ai giudici chegli ebrei hanno fomentatouna cospirazione interna-zionale avendo lo scopo discreditare le sue idee, ope-razione in grado di essereripetuta ogni volta che uno“storico dissidente” osi met-tere in discussione quella

che deve essere la sola ve-rità. Da qui la sua difesa, ri-gettata sul querelato, attra-verso un meccanismo diffi-cile da governare. “Questoprocessoha spiegato Irving,non verte in realtà su ciò cheaccadde nell’Olocausto, osu quanti ebrei e altre mi-noranze perseguitate ven-nero torturate e condannatea morte. Può essere che iosia totalmente ignorante sualcuni aspetti della secon-da guerra mondiale, e vi di-co subito che non credo diesserlo, ma che io sia accu-sato di manipolazione deli-berata, di distorsione dei fat-ti e di errori di traduzione èperverso. I querelati debbono dimo-strare, a mio modesto avvi-so, primo, che una cosa im-portante è accaduta o esisti-ta; secondo, che io ero con-sapevole di questa partico-lare cosa come accaduta oesistita nel momento in cuiscrivevo di essa attingendodai documenti allora in miopossesso; terzo, che io ho al-lora premeditatamente ma-nipolato il testo, ho cambiatola traduzione e l’ho distortoper quegli scopi che essi sot-

Il maturo scrittore ha perso la testa

Secondo il sistemaprocessuale inglese,Irving aveva sfidatoDeborah Lipstadt a dimostrare che le camere a gas eranoeffettivamente esistite,trasformando la querela per calunnia,in un vero e proprio processo sul genocidio

Page 32: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

32

Storico sì, ma anche“Razzista e antisemita”

Polemiche

tintendono”. La prima sen-tenza di condanna era stataemessa dalla Royal Courtsof Justice di Londra nel-l’aula 36 alle 10,30 dell’11aprile 2000. I due grandi av-versari erano regolarmentepresenti. Deborah Lipstadtvestiva un austero abito scu-ro. David Irving era senzagiacca, con una camicia arighe bianche e blu e unacravatta a righeblu e gialle, par-zialmente co-perte da un pan-ciotto grigio erosso.La sentenza, 333pagine in 245 pa-ragrafi, lette perdue ore ininter-rottamente dalgiudice CharlesGray, è stata perIrving una au-tentica mazzata,una sonora scon-fitta su tutta la linea, dal te-ma di Hitler, ad Auschwitz,alla soluzione finale, al bom-bardamento di Dresda, alleresponsabilità della “ nottedei cristalli”. Senza entrarespecificatamente nel meri-to del fatto storico (“nonspetta a me formare-ha pre-cisato il giudice Gray-né tan-to meno esprimere un giu-dizio sull’accaduto”), il ma-gistrato inglese aveva sma-scherato il disegno dello

scrittore inglese definendo-lo “razzista e antisemita”.“Per motivi ideologici-dicetestualmente la motivazio-ne-Irving ha travisato le te-stimonianze e proiettato lafigura di Hitler sotto una lu-ce favorevole, negandol’Olocausto, assumendo po-sizioni antisemite e razzistee legandosi ad elementi neo-nazisti. Appare innegabile

che in assenza diqualsiasi giusti-ficazione o spie-gazione attendi-bile di quanto hadichiarato o scrit-to, Irving sia dadefinirsi antise-mita. Le sue pa-role sono direttecontro gli ebrei,sia individual-mente che col-lettivamente, nelsenso che essesono di volta in

volta ostili, critiche e deri-sorie nel loro riferirsi ai po-poli semiti, alle loro carat-teristiche fisiche e compor-tamentali”.Contro questa inequivocavalutazione, David Irvingsi era rivolto alla Corte su-prema mettendo in giocotutto il suo prestigio e an-che il suo futuro, coscio cheuna nuova sconfitta, avreb-be significato la fine. E co-sì è stato.

L’Olocausto non si tocca.Tre giudici d’appello han-no respinto l’istanza di an-nullamento della preceden-te sentenza, spazzando via,come carta straccia, l’ar-chitrave del pensiero nega-zionista “irviniano”, dallateorizzazione che il gasZyklon B non fosse statofabbricato ed usato per uc-cidere gli ebrei bensì permotivi igienico-sanitari, alfatto che le camere a gas nonfossero tecnicamente abili-tate per l’eliminazione dimassa e infine, che i docu-mentari americani girati do-po la scoperta dei campi, al-tro non fossero che versio-ni hollywoodianein funzio-ne del processo diNorimberga.Nella storia dell’antisemi-tismo, il processo “Irvingcontro Lipstadt”, rimarràun capitolo fondamentale.Qualcuno ha scritto cheDavid Irving è stato puni-to dalla giustizia per avernegato il genocidio e chela storia era finita per suacolpa in tribunale. Non èesatto. Lo scrittore inglese è statocondannato per aver co-

stretto un tribunale, con lasua spericolata iniziativagiudiziaria, a pronunciarsisulla credibilità delle sue te-si storiche. La conclusione, secondo igiudici, è stata che le affer-mazioni di Deborah Lipstadtnon potevano considerarsicalunniose a cominciare daquella che dipingeva Irvingcome la figura chiave di unmovimento teso a riabilita-re il nazismo attraverso lanegazione della realtà sto-rica dei suoi crimini.David Guttenplan, il croni-sta Usa, non ha perduto unasola udienza della lunghis-sima maratona giudiziaria. Ha vissuto ora per ora lacomplessa battaglia, haascoltato a lungo le voci deidue contendenti, ha inter-vistato il giudice CharlesGray, ha esaminato monta-gne di atti, mischiato inun’aula zeppa come un uo-vo a qualche sostenitore contanto di svastica di Irving, aqualche ebreo osservantecon il caratteristico zuc-chetto, a uomini e donneanziani con i numeri tatua-ti sull’avambraccio, i so-pravvissuti di Dachau,

L’Olocausto non si tocca,dice la Corte di Londra...

Appena innegabile

che,per quanto

ha dichiarato o scritto,

Irving sia da

definirsi antisemita

Page 33: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

33

Buchenwald, Bergen-Bel-sen o Plaszow dove vive-vano gli operai di OskarSchindler. Nel suo libro èpossibile ripercorrere quel-la che non è solo la storiadi un processo ma è so-prattutto la memoria dellaShoah. Scrive David Guttenplan altermine della sua fatica, os-servazioni che devono ser-vire ad aiutare chi vogliamuoversi, senza perdere larotta, nell’intricato cammi-no del grande massacro: “lasentenza ragionata diCharles Gray ha ratificatotutti i punti fondamentaliche la difesa cercava di sta-bilire. Si è dimostrato che DavidIrving è un bugiardo, un raz-zista ed un pervertitore del-l’evidenza storica, che nonè un affidabile interprete diimportantissimi eventi sto-rici, bensì un uomo sulla cuiparola non si può più contareneanche per il minimo det-taglio. Si è dimostrato anche, sep-pur solo implicitamente, ildiritto degli ebrei e di altrigruppi etnici diffamati a ri-spondere con impeto, e informa organizzata, quandosono attaccati”.La sentenza è andata più inlà. Ha inchiodato Irving an-che sul proprio terreno, sul-l’utilizzo delle sue fonti, “af-

fermando che, soltanto inbase agli elementi probato-ri a sua disposizione-non al-la totalità di essi-i dati sto-rici erano abbastanza chia-ri da rendere obbligatoria laconclusione che l’Olocaustoè effettivamente avvenuto,che Hitler fu come minimoben consapevole di quantostava accadendo, e che solouna mente adulterata dai pre-giudizi può negare la realtàdelle camere a gas di Au-schwitz”. “A me sembra corretto e ine-vitabile, ha concluso il giu-dice Gray, che la falsifica-zione della ricostruzionestorica sia stata in gran par-te deliberata, e Irving fossesollecitato dal desiderio diporgere i fatti in modo coe-rente ai propri convincimentiideologici, anche quandociò comportasse distorci-mento e manipolazione del-l’evidenza storica”.

Dunque, secondo DavidGuttenplan, almeno sul pia-no giudiziario, la storia èstata certamente salvata. Maè stato sufficiente? Irvingnella sua opera molesta con-tro gli ebrei è stato inter-cettato e reso incapace difare altro male e il peso deldenaro chiamato a sborsa-re costituirà comunque unforte deterrente.Ma ci saranno certamentealtri negazionisti già in ag-guato che non riterranno didoversi inchinare alla sen-tenza di Charles Gray, pron-ti a entrare in azione, a pro-seguire un’operazione chei sostenitori di DeborahLipstadt dovranno esserecapaci di contrastare.

“Si è trattato di una senten-za perversa”, è stato il com-mento di Irving mentre la-sciava l’aula di giustizia daun’uscita secondaria dopola prima condanna. “Sonomolto felice che si sia af-fermata la verità di quelloche ho scritto”, ha replica-to Deborah Lipstadt. Paroleche sono servite a far ritor-nare il sorriso anche di fron-te ai due milioni di sterlinespesi per contrastare Irving.“A volte i principi, ha con-cluso Anthony Forbes-Watson, editore della Pen-guin Books Ltd, sono piùimportanti delle considera-zioni economiche”.

Franco Giannantoni

...ma è già in agguatoqualche altro negazionista

La conclusione é che l’Olocausto è effettivamenteavvenuto,che Hitler fu come minimo ben consapevole di quanto stavaaccadendo,e che solo una menteadulterata dai pregiudizi può negare la realtàdelle camere a gas di Auschwitz

Page 34: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

34

Da un brutto libro un pessimo film : “Il mandolino del capitano Corelli”

Il massacro di CefaloniaLa gloria ridotta a un polpettone gastro-erotico

di Massimo Cavallini

Gli italiani, si sa, sono “bra-va gente”. Ed il capitanoAntonio Corelli, immagi-nario ufficiale della divi-sione Acqui, è certo il piùbravo di tutti. Tanto bravo, in effetti, dasembrare, per lunghi tratti,un perfetto idiota, totalmenteignaro di quel anche gli staaccadendo attorno – la se-conda guerra mondiale,nientemeno – e, nel con-tempo, serenamente, anzi,beatamente concentrato sulproprio mandolino, origi-nalissimo simbolo della suacultura e delle sue piùprofonde, autentiche radiciitaliche. Si sarebbe quasi tentati didire della sua “filosofia del-la vita”, fosse soltanto pos-sibile intravvedere, in quelsuo sguardo buono ma spen-to (perfettamente reso, perl’occasione, da NicolasCage, uno dei più inespres-sivi tra gli attori hollywoo-diani) l’ombra d’un pen-siero. O di qualcosa che adun pensiero vagamente as-somigli.Forse era inevitabile. E dicerto già è accaduto un’in-finità di altre volte, come inuna fisica legge di causa edeffetto.

Dato un romanzo cretino,ma piacevole e di grandesuccesso, altissime sono leprobabilità che, dopo un bre-ve volo, il medesimo atter-ri, come sospinto dalle for-ze della natura, nella Meccadel cinema. E che qui, trasformato insceneggiatura, moltiplichiinfine quel che di più bana-le, epidermico e caricatura-le si porta dentro. Il romanzo era, nel caso inquestione,Il mandolino delcapitano Corelli, dell’in-glese Louis De Bernières,uno specialista nella crea-zione di stereotipi etnico-esotici di facile lettura che,in passato, aveva trovatosoprattutto in AmericaLatina la sua fonte d’ispi-razione. Ed il film è quello che, usci-to con il medesimo titolonegli Stati Uniti d’Americalo scorso agosto, forse avràgià fatto il suo debutto inItalia al momento della pub-blicazione di quest’artico-lo. Il tema è quello d’una grandestoria d’amore maturata sullosfondo delle tragiche vicendeche, a Cefalonia, nel settem-bre del 1943,videro il massa-cro della divisione Acqui.

Tutti di “grande prestigio” inomi che fanno da contornoall’opera. Corelli è il sum-menzionato e popolarissi-mo Nicolas Cage. Pelagia,la ragazza greca che diCorelli inspiegabilmentes’innamora, è la spagnolaPenelope Cruz, oggi consi-derata ad Hollywood la piùpura (ed inflazionata)espressione della bellezzalatina. Il regista è JohnMadden, lo stesso diShakespeare in Love. E lacasa produttrice è Miramax,la branca della DisneyCorporation che si dedicaalla promozione e distrubi-zione di “film d’arte” (tra isuoi più recenti successi ita-liani La vita è bella diRoberto Benigni).Del romanzo di DeBernières già scrisse tem-po fa - proprio qui, suTriangolo Rosso - un assaiben argomentato articoloFranco Giannantoni. Ed al-le sue considerazioni (nonpropriamente lusinghiereper l’autore e per il suo ri-spetto della storia) nulla sipuò aggiungere. Se non que-sto: rispetto al film, che dal-

la costola del romanzo s’èstaccato in quel diHollywood, anche le ap-prossimazioni storiche, glistereotipi da operetta ed ilferoce anticomunismo diLouis De Bernières ap-paiono come, assai contro-versi, ma benvenuti palpitidi vita, lampi che - pur spes-so spregevoli nella loro fal-sità o nella loro melensa su-perficialità – rifulgono nel-la notte come genuini riflessidi idee e di passioni.Sbagliate le prime e mal ri-poste le seconde, certo; macomunque capaci, le une ele altre, di presentarsi comesegnali di presenza umana.Poiché ciò che il film ci re-stituisce, di quel romanzet-to già tanto esoticamente in-sulso e già tanto irrispetto-so delle reali vicende stori-che, è alla fine soltanto undissanguato ed inerte ca-scame, pateticamente tra-vestito da “storia d’amoree di guerra”. Peggio: trave-stito da film che sull’amoree sulla guerra ha l’ambizio-ne di rivelarci, oltre la con-tingenza della storia, eter-ne verità.

Stereotipi da operettavenati di anticomunismo

Cinema

Page 35: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

35

Proviamo, per meglio capi-re, a ricapitolare brevissi-mamente quella che fu lavera – ed ai lettori diTriangolo Rosso ben nota -storia della strage diCefalonia. L’armistiziodell’8 settembre lasciò gliuomini della divisioneAcqui, di stanza a Cefaloniae Corfú, di fronte ad un di-lemma (comune a quello ditutti gli altri soldati italiani

abbandonati al fronte, ma,nel caso specifico, ovvia-mente aggravato dalla “in-sularità” della situazione):arrendersi ai tedeschi – checon gli italiani occupavanol’isola – o resistere. Il ge-nerale Gandin tentò primadi prendere tempo – nellasperanza di ricevere ordinidal comando centrale – equindi, il 13 di settembre,decise di tenere un referen-

dum tra gli uomini di tutti ireparti, ponendoli di frontea tre possibili alternative:continuare la guerra assiemei nazisti, come questi ulti-mi reclamavano, arrendersie consegnare loro le armi(come il comando italianodi Atene aveva indicato pri-ma di svanire nel nulla), oresistere. Gli uomini - uo-mini che, cresciuti nel fa-scismo, mai avevano primadi allora votato - scelsero alarghissima maggioranza laterza via, la più difficile. Ecombatterono fino a quando,sopraffatti e decimati dai te-deschi (che contrariamenteagli italiani godevano di pro-tezione aerea) furono co-stretti alla resa. Fu a questopunto che il massacro co-minciò. Tutti gli italiani so-pravvissuti (quasi 5mila)vennero raggruppati ed uc-cisi, uno dopo l’altro, perdiretto ordine del Fuehrer.

Su un punto tutti ovviamenteconcordano: quella dei sol-dati italiani a Cefalonia fu– al di là di ogni dubbio ocontroversia sullo svolgi-mento dei fatti e sul ruolodei vari protagonisti – unagrande storia di riscatto. Piùspecificamente: fu la storiadella dolorosa, difficile pre-sa di coscienza di soldatiche avevano percorso, una

dopo l’altra – dalla pugna-lata alle spalle della Francia,all’aggressione alla Grecia,alle campagne d’Africa e diRussia - tutte le tappe delcalvario della guerra fasci-sta. E la loro decisione diresistere – in alternativa al-la più facile e, in sé, nonignominiosa decisione diarrendersi - era, in realtà,qualcosa di più di un “no” al-la guerra genericamente in-tesa. Era un “no” a “quella”guerra ed alle forze che l’a-vevano generata. Ed era, so-prattutto, il frutto della con-sapevolezza che solo com-battendo contro quelle stes-se forze si poteva ritrovarela via di una vera pace. Nonci sono, in questo senso,equivoci possibili. Il sacri-ficio degli uomini della di-visione Acqui fu, per moltiaspetti, il segnale d’iniziodella Resistenza italiana, ilprimo dei molti “no” chepronunciarono gli altri600mila soldati (il 98 percento del totale) che, cattu-rati dai nazisti, preferironoprendere la via dei campi diconcentramento (dove mo-rirono in più di 40mila) piut-tosto che combattere nellefile della Repubblica di Salò.O del “no” che pronuncia-rono quelli che, a migliaia,presero in quei giorni la “viadella montagna”.

La vera storia del massacro nell’isola

Dato un romanzocretino, ma piacevole edi grande successo,altissime sono le probabilità che,dopo un breve volo,il medesimo atterri,come sospinto dalle forze della natura,nella Mecca del cinema

Page 36: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

36

La Cefalonia del film

La pagina di gloria di Cefalonia ridotta a un polpettone gastro-erotico

Cinema

Che cosa rimane di tuttoquesto, nella sua versionehollywoodiana? Qualcosameno di nulla. Perché di nul-la il capitano Corelli ed isuoi commilitoni sembranoessere a conoscenza. Perché quelli che si muo-vono sullo schermo sono,per l’appunto, “italiani bra-va gente”. Molto più bravi (emolto più cretini), in effet-ti, di quanto fossero quelliveri che sbarcarono aCefalonia. Tra di loro nonsembra essercene neppureuno che non già sia un fa-scista, cosa non sorpren-dente in un esercito che d’unpaese fascista era espres-sione ma che avesse una siapur vaga idea di che cosafosse il fascismo. O anchesoltanto del fatto che così –fascista – si chiamava il re-gime per il quale stavanocombattendo. Il capitanoCorelli ed i suoi uomini diquesto nulla sanno. Anzi, diquesto nulla vogliono sa-pere. Loro non sono che al-legri e simpatici gentiluo-mini, che vivono la guerracome una malaugurata mapasseggera circostanza dal-

la quale, in nessun modo,devono venir turbati quelliche restano i loro veri inte-ressi: la buona musica, labuona tavola e le belle don-ne. Ignari d’ogni tragedia(o ad ogni tragedia indiffe-renti) il capitano Corelli egli altri italiani di Cefaloniapensano solo ad organizza-re il proprio “clubdell’Opera” (anche se il lo-ro repertorio sembra, in ef-fetti, curiosamente limita-to alle arie che LucianoPavarotti ha, in questi anni,reso popolari in America.In sostanza: nulla più cheun La donna è mobile ripe-tuto all’infinito ed in ognicircostanza). E la loro filosofia sembraesser riassunta tutta nel Ciaobella bambina! che, con lostesso accento di OliverHardy, Nicolas Cage pro-nuncia al suo primo incon-tro con la dolce Pelagia.Alla fine gli uomini diCorelli (anche se non lui,che si salva in vista del“happy ending”) muoionoper davvero. Ma lo fannoper caso, vittime non delleproprie scelte, ma d’una se-

rie di malaugurate circo-stanze. Perché la guerra cheloro combattono – o meglio,che si svolge intorno a lorolasciandoli del tutto impas-sibili – è, non uno scontrotra nazioni o, come nel ca-so, tra diverse e contrappo-ste visioni del mondo, maqualcosa di simile ad un in-cidente della natura. Comeil terremoto che,poco prima del-la fine – ovvia-mente segnatadal felice rein-contro tra Pe-la-gia ed An-tonio– sconvolge edistrugge l’iso-la.Ma la cosa permolti aspetti piùstraordinaria del film è l’ab-bondanza. Gli italiani delcapitano Corelli ne sem-brano, quasi in ogni se-quenza, soverchiati. Hanno cibo e medicine inquantità che sorprendono (econquistano) i greci dell’i-sola. E non c’è scena nella qualequegli uomini – gli stessiche, nella guerra vera, sof-frirono la sete in Africa e fu-rono mandati con scarpe dicartone nel gelo delle step-pe russe - non appaiano conuna bottiglia di buon vino,bianco o rosso, che, ovvia-

mente, sorseggiano in cop-pe di cristallo. E non di ra-do in compagnia delle pro-stitute (numerose e tutte bel-lissime) che si sono portatial seguito. Il tutto – va da sé- per l’invidia dei tedeschiche, essendo notoriamented’indole assai più militare-sca, sembrano, al contrario,incapaci di godersi la vita.

Subito dopo lanotizia dell’ar-mistizio, consu-mate le scene digiubilo, il co-mandante dellaguarnigione –presumibilmenteil povero genera-le Gandin – pro-nuncia una frasedestinata a resta-

re come la più esilarante del-l’intera pellicola: “Non ve-do l’ora – dice – di man-giarmi un piatto di spaghetticon le cozze e di tagliolini al-la boscaiola in piazzaNavona”. Evidentemente ignaro (aparte l’assurdità del menúda lui prescelto) del fattoche l’Italia di quei giornifosse un paese ridotto allafame, dove, non già gli spa-ghetti con le cozze, ma untozzo di pane bianco era unararità riservata a pochissi-mi privilegiati (o agli spe-culatori di guerra).

“Italiani brava gente”:bravi (e molto ingenui)

Non vedo l’ora –dice – di

mangiarmi unpiatto di spaghetti

con le cozze e di tagliolini alla boscaiola

in piazza Navona

Page 37: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

37

La Cefalonia vera

Ovvia domanda: perchéHollywood ha trasformatoquella che è – anche cine-matograficamente – una“grande storia” nella solennecretinata di cui sopra? Colpadi De Bernières? Non solo. Colpa, piuttosto,della quotidiana miseria edella cronica ignoranza, del-la mentalità da rigattiere,con cui l’industria ameri-cana del cinema – assolutadominatrice del mondo –assembla oggi tutti i suoiprodotti. Ivi compresi quelli che, co-me Il mandolino del capi-tano Corelli, hanno la pre-tesa di elevarsi al di sopradella pletora dei film com-merciali. Non c’è nessuna volontà “re-visionistica” nel film di JohnMadden. C’è soltanto l’ideadi poter perseguire un suc-cesso di botteghino attra-verso una sorta di collage: unpezzo di La vita e bella qui,un po’ del Mediterraneo diSalvatores là. Ed ecco ser-vito un nuovo “hit”, moltolatino, molto esotico. Nessuna volontà di ridico-lizzare gli italiani (che, no-

nostante tutto, restano i“buoni” della storia) o disminuire una pagina di sto-ria. Solo un’operazione dimarketing che, per arro-ganza, prescinde da ogni co-noscenza e da ogni volontàdi approfondimento. E che,proprio per questo – per ilsuo carattere “neutro” e mer-cantile – rende l’insulto al-la memoria ancor piùprofondo e bruciante. Piùintollerabile. Ed anche, for-se, più irrimediabile.

Il Mandolino del capitanoCorelli arriverà presto inItalia. Ed arriverà, presu-mibilmente, anche aCefalonia, nei luoghi doveè stato girato e dove si svol-sero i veri fatti. Forse ci sa-ranno proteste. O forse no,perché non solo a Hollywo-od si è perduta la memoria. Ma di certo ci sarà un altroterremoto. Quello – si spera devastan-te – che possono provocarei corpi di cinquemila pove-ri morti ammazzati che, tut-ti insieme, si rivoltano nel-la propria tomba dimenti-cata.

L’industria del cinema conla mentalità del rigattiere Cerca notizie

del nonno deportato a Mauthausen

Ci scrive Andrea Guerrini di Sansepolcro di Arezzo. “Mio non-no Fosco” – ricorda – “è stato un deportato nel campo di ster-minio di Mauthausen. Sono ormai tre anni che è morto e nonposso dimenticare quello che ha sofferto. Ora che non c’è piùmi sarebbe piaciuto chiedergli cose che tre anni fa magari nonmi venivano in mente. Purtroppo ho rimandato, con la con-vinzione che si poteva chiedere il giorno dopo … Vorrei quin-di conoscere meglio” – continua Andrea Guerrini – “quel fa-moso trasporto 220 che ho visto nel sito Aned su Internet.Vorrei sapere se è stato pubblicato il libro di testimonianze de-gli ex deportati a Mauthausen, inoltre se è ancora in vita qual-cuno del “viaggio” 220 o qualsiasi altra persona, che abbia co-nosciuto mio nonno a Mauthausen o nella tipografia del gior-nale di Linz, dove aveva lavorato. Ecco il mio indirizzo:

Andrea Guerrini, frazione Vannocchia 10/a Sansepolcro (Arezzo)

Page 38: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

38

Ricostruita la biografia di Edmondo Peluso

Il libro “Odissea rossa”Un eroe comunistafucilato da Stalin

La storia

Nel libro “Odissea rossa”di Didi Gnocchi, la sconvolgente storiadi uno dei fondatori del Pci finito con assurde accuse in un gulagsiberiano e poi condannato a morte come “nemico del popolo”

Un libro sconvolgente ri-propone gli orrori degli an-ni del terrore staliniano,quando le fucilazioni spe-cialmente di comunisti era-no all’ordine del giorno el’universo spietato dei gu-lag continuava ad estender-si soprattutto nelle zone piùdesolate dell’immensaUnione Sovietica, partico-larmente nella gelidaSiberia. Il libro racconta la storia diun eroe comunista, definitoil John Reed italiano, fattofucilare da Stalin. Il suo no-me: Edmondo Peluso. Lasua città natale: Napoli. Glianni quando vene ucciso:sessanta. L’incontro dellavita: a 16 anni, a Tolosa, conJules Guesde, fondatore delPartito operaio assieme aPaul Lafargue, al quale con-

di Ibio Paoluccifida che voleva fare il gior-nalista. Guesde sorrise e glidisse: “Il Partito operaio haun giornale che si chiamaLe Socialiste. Puoi comin-ciare da lì. Così iniziò la suavita di militante socialistaa tempo pieno. L’epilogo:all’incirca nel 1942 in unaprigione di Krasnojarsk,condannato a morte con l’al-lucinante accusa di essereun nemico del popolo. E pensare che Peluso fu unodei pochi comunisti italianiche Lenin citò e apprezzòper i suoi scritti. Ma questo nell’epoca delterrore staliniano valeva ze-ro. Non valse neppure perBucharin, che Lenin avevadefinito il “beniamino delpartito”. Figurarsi perPeluso, che, come tanti al-tri, venne riabilitato nel1956, dopo il XX congres-so del Pcus, dominato daldrammatico rapporto “se-greto” di Krusciov. Della

sua tragica sorte ci fu un ac-cenno nella Storia delPartito comunista Italiano diPaolo Spriano, che dicevache, vittima delle purghestaliniane, Peluso era spa-rito nel nulla. Tutto qui.(Però nel libro di RomoloCaccavale, già corrispon-dente dell’Unità di Mosca,Comunisti italiani in UnioneSovietica, Mursia editore,si trova una scheda assai piùcompleta su Peluso). Ma finalmente la sua bio-grafia è stata dettagliata-mente e magnificamente ri-costruita da Didi Gnocchiin un libro appena uscito,pubblicato da Einaudi(Odissea rossa. La storiadimenticata di uno dei fon-datori del Pci, pp. 272. l.28.000).Nato il 12 febbraio del 1882,Peluso si considerava citta-dino del mondo e così, di-fatti, intitolò un suo libro,che meriterebbe di essereristampato. Amico di Jack London, diRosa Luxemburg, Liebne-chtx, Klara Zetkin, Kautsky,Laura Marx e Paul Lafargue,partecipò attivamente agliappuntamenti più impor-tanti della storia del movi-mento operaio, compresa lafamosa Conferenza del-l’internazionale di Kienthaldel 1916, dove la delega-zione russa, guidata da

Lenin, propose di trasfor-mare il conflitto mondialein guerra civile antimperia-lista. Fra i fondatori, aLivorno, del Partito comu-nista d’Italia, prese partecon Amadeo Bordiga, LuigiLongo e Camilla Ravera alIV congresso dell’Interna-zionale che si tenne a Moscanel 1922. Giornalista, scrisse per mol-ti giornali tedeschi, inglesi,francesi. Fu corrispondentedella Pravda e scrisse perl’Ordine Nuovo e perl’Unità. Fu il partito a man-darlo a Milano, nel 1926,alla redazione dell’Unità,decimata dagli arresti e dal-le aggressioni dei fascisti:“Di notte, all’uscita dalla ti-pografia, i giornalisti veni-vano assaliti e spesso – co-me racconta l’allora diret-tore Alfonso Leonetti nelsuo libro di memorie – fi-nivano all’ospedale col cra-nio fracassato”. La notte del 14 settembre1926 toccò a Peluso, la cuiaggressione veniva così de-scritta dal prefetto di Milano:“La giornata è passata tran-quilla tranne due piccoli in-cidenti. La bastonatura da parte difascisti di certo Peluso e l’in-vasione nei locali del-l’Avanti! da parte di unaquindicina di fascisti giun-ti in automobile”.

Page 39: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

39

“Rivoluzionario di profes-sione”, come allora si usa-va dire dei funzionari di par-tito, Peluso attraversò mol-ti paesi dell’Europa, delledue Americhe, dell’Asia,finché, inseguito dalle po-lizie di mezzo mondo,sbarcò nell’Unione Sovie-tica il 31 dicembre del 1926.Cinque mesi dopo ilTribunale speciale fascistalo condannò a 12 anni di re-clusione assieme a GiuseppeDi Vittorio e a molti altri co-munisti. Era felice Peluso perché fi-nalmente, si trovava nellapatria del socialismo, nellaterra che aveva realizzato larivoluzione d’ottobre. A Mosca continuò a colla-borare a vari giornali perpoi passare all’IstitutoMarx-Engels come diret-tore del dipartimento italo-spagnolo. Conoscitore dimolte lingue, venne spessoutilizzato come interpretedal Comintern e affiancatoai delegati dell’Interna-zionale in missione, ciò chegli consentì di continuare aviaggiare e di essere anche,nel dicembre del 1927, a

Kwantung, nei giorni del-la fallita insurrezione diCanton, repressa in un im-menso bagno di sangue.Arrestato nel 1938 con as-surde accuse dalla poliziasegreta sovietica, fu rin-chiuso nel carcere diButyrka per poi essere con-dannato a cinque anni di la-vori forzati nella lontanaSiberia, a Krasnojarsk.Erano quelli gli anni terri-bili dei processi farsa e del-le confessioni estorte. Ma, al contrario della mag-gior parte delle vittime,Peluso si dichiarò sempreestraneo ai fatti che gli era-no contestati. Soltanto inuna occasione, ma solo peraffrettare i tempi del pro-cesso, si disse colpevole, in-ventandosi episodi para-dossali e dichiarandosi, luicondannato dal Tribunalespeciale voluto da Mus-solini, spia del regime fa-scista. Ma una volta terminata l’in-chiesta, chiese di essere nuo-vamente ascoltato dal giu-dice istruttore e, in quellasede, tornò a dichiararsi in-nocente, affermando che le

Delegato dell’Internazionalearrestato nel 1938

Sopra Edmondo Peluso «il soldato più vecchio d’Italia»,durante il confino a Santo Stefano, 20 maggio 1921.In alto, Edmundo Peluso nel 1938,detenuto nel carcere di Lefortovo a Mosca.

Arrestato nel 1938 conassurde accuse dallapolizia segretasovietica, fu rinchiusonel carcere di Butyrkaper poi esserecondannato a cinque anni di lavori forzati nella lontana Siberia,a Krasnojarsk. Eranoquelli gli anni terribilidei processi farsa edelle confessioniestorte

Page 40: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

40

Conoscerà di certo Peluso?No, mai sentito prima

dichiarazioni di colpevo-lezza gli erano state estortecon la tortura. Tortura chedavvero era stata usata neisuoi confronti. Ma questoanziché alleggerire la suaposizione, l’aggravò ulte-riormente. Il calvario ter-minò con la condanna amorte, eseguita presumi-bilmente con un colpo allanuca.Con paziente tenacia, affa-scinata da questa figura dicomunista che,via via, una tes-sera del mosai-co della sua vitadietro l’altra,emergeva dalbuio dove ri-schiava di resta-re confinata,Didi Gnocchi haportato a termi-ne, dopo anni diricerche, il com-pito che si eraprefissa.Non senza angoscia si leg-ge il suo libro, la cui lettu-ra, per chi ha condiviso gliideali di Peluso è tutt’altroche indolore. Il libro, inoltre è qualcosadi più di una semplice bio-grafia. È anche uno spacca-to di quell’universo di cuiPeluso fu protagonista e vit-tima, nonché della realtàdell’ex Unione Sovietica. Eancora: l’autrice ci fa in-

contrare nel suo libro per-sonaggi che, in qualche mo-do, l’hanno conosciuto o checomunque, in sede storicao politica, si sono avvicinatialla sua vita. Una vita che ha interessatonotevolmente gli studiosirussi proprio per il suo com-portamento difensivo deltutto diverso da quello del-la stragrande maggioranzadegli accusati, che si con-fessavano colpevoli di ac-

cuse mostruosenon soltanto acausa delle tortu-re, ma anche, perquanto possasembrare invero-simile, per nonappannare, difronte agli avver-sari, l’immaginedell’UnioneSovietica. Moltii ricordi dei pa-renti e anche di

dirigenti comunisti. Longo,per esempio, lo rammentacome un tipo strano “sempreabbigliato in modo origi-nale, con una bella barbet-ta scura, molto curata, conocchi vivacissimi, scintil-lanti, sopra pomelli di unbell’incarnato. Ci teneva a fare il bel-l’Antonio e naturalmente siattirava tutte le frecciate,non sempre benigne, di noigiovani”.

La storia di questo libro co-mincia nell’inverno del1992, quando la giovane au-trice, intervistando a Moscalo storico del CominternFrederik Firsov, gli sente di-re: “Conoscerà certamentela vicenda di EdmondoPeluso. È uno dei pochi ca-si in cui Togliatti interven-ne direttamente per salvare

un compagno di partito”.No, l’autrice non ne avevamai sentito parlare e pro-prio da quella conversazio-ne nacque in lei la curiositàdi conoscere tutto della vi-ta di questo straordinariopersonaggio, che ha spesol’intera vita, fino a morir-ne, in difesa degli ideali delsocialismo.... avere una

bella barbettascura,

molto curata,con occhi

vivacissimi,scintillanti, sopra

pomelli di un

bell’incarnato

In alto dueimmagini diEdmondo Peluso.Durante il primoviaggio a Moscanel 1922 nei giornidel 4° congressodell’Internazionale.A destra, nel 1933sei anni dopo il suoarrivo a Mosca.

Page 41: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

41

Frustato e incatenato ad un muro di Mauthausen stava per essere fucilato

La storia di Agapito Il detenuto spagnolo che salvò un italiano

Ricordi

Si chiamava Agapito Martin Roman il deportato spagnolo che salvò a Mauthausen un detenuto italianosuo compagno e amico di lotta e di sventura. È una storia che merita di essere raccontata

Agapito nasce a Soneja(Valencia) il 10 settembre1916. Allo scoppio dellaguerra civile spagnola nel1936, si arruola nelle mili-zie repubblicane e combat-te prima sul fronte di Teruel,poi al nord. Quando i franchisti nel feb-braio 1939 occupano laCatalogna, si unisce una ma-rea di cinquecentomila pro-fughi che si rifugia inFrancia. Per sfuggire alledure condizioni dell’inter-namento, si arruola nellaLegione straniera francese.Addestrato in Nord Africa,rientra in Francia allo scop-pio della guerra con laGermania e partecipa aicombattimenti sulla fron-tiera belga.Rimasto di retroguardia percoprire la ritirata del suo bat-taglione, viene fatto prigio-niero il 10 ottobre 1940 edavviato, a piedi, ai campi diprigionia per militari inGermania. Il 26 marzo ‘41viene trasferito con altri 357

spagnoli a Mauthausen, do-ve giunge dopo un viaggi dinove giorni e gli viene asse-gnato il n. 4183. Lavora alla famigerata “cava”ed ogni giorno scende e salela scala della morte, vede mo-rire i primi compagni per leviolenze dei kapò o d’inedia.Riesce a sopravvivere ru-bando gli scarti della cucinadelle SS. destinati ai maiali.Dopo una ferita ad un occhio,durante il lavoro di scalpel-lino, viene trasferito con al-tri cento internati alla fatto-ria di Saint Lambrecht, do-ve incontra Romolo Pavarotti(KZ 57612), partigiano ita-liano di diciotto anni, con ilquale stringe un’amicizia fra-terna. Pavarotti è destinatoal taglio dei boschi con ungruppo di dieci internati, tut-ti spagnoli eccetto lui edAgostino Meda di Torino.Quando Meda tenta la fuga,Pavarotti – accusato di aver-lo favorito – è immediata-mente punito con venticin-que nerbate.

Il comandante tedesco deci-de, inoltre, che, dopo la cat-tura del fuggiasco, i due ita-liani saranno fucilati per da-re un esempio.Agapito, lo spagnolo, è or-mai un anzianodel campo e par-la il tedesco.Dichiara all’uf-ficiale delle SS.,a rischio dellasua vita, chePavarotti non èitaliano ma spa-gnolo (venivanormalmentechiamatoRamon, soprannome che poiha sempre mantenuto). Èsufficiente a salvarlo dal plo-tone di esecuzione. Il fuggiascoviene ripreso econ Pavarotti è riportato inpiena notte a Mauthausen. Idue sono incatenati al mu-ro vicino all’entrata del cam-po. Quando ormai pensava-no che sarebbero stati fuci-lati, al mattino si presentaun internato spagnolo, rico-noscibile dal triangolo blu,che prende in consegnaPavarotti, destinato, grazieall’intervento di Agapito, alblocco n. 12, quello deglispagnoli. Da qui passerà adun sottocampo, il Kom-mando Eletrich e successi-vamente a quello durissimodi Schlier, mentre il suo com-pagno spagnolo resterà a

Saint Lambrecht fino alla li-berazione. Le contingenzedella vita li separeranno fi-no al 13 maggio 1988, quan-do l’Anpi di Padova orga-nizzò il loro incontro, tra la

viva commozio-ne di tutti gli in-tervenuti.Agapito, morto il7 luglio 2000, halasciato una te-stimonianza del-la deportazionein un libro di 80pagine intitolatoSobrevivir aMauthausen do-

ve, nel raccontare la suaesperienza, ricorda con sem-plicità, l’intervento a favo-re del deportato italiano. Neldicembre scorso, Romolo“Ramon” Pavarotti, ha por-tato un fiore sulla tomba delsuo salvatore, nel cimitero diPerpignan. Agostino Meda, sopravvis-suto al lager, rientrò a Torino,dove è morto nel dicembre2000, senza mai incontrarePavarotti. Ferruccio Maruffi,che fu suo compagno di in-ternamento, ricorda quandovenne portato al blocco, do-po essere stato incatenato ebastonato. E testimonia an-che della sua generosità: erasempre pronto a rinunciarea parte della scarsa razioneper aiutare i più deboli.

Pietro Ramella

Nel dicembre scorso,

Romolo “Ramon”Pavarotti, ha

portato un fioresulla tomba del suo

salvatore,nel cimitero di Perpignan

Page 42: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

42

Uno degli incontri a Martina Franca,mentre parla un giovanestudente.

Martina FrancaQuel lungo viaggionel novecento con i ragazzi

Incontri

Una serie di attività scolastiche, dibattiti, testimonianze

L’attività didattica sulNovecento a Martina Franca(Taranto) ha una “lontana”origine: 1992, per ricorda-re i soldati di questa cittàcaduti in guerra.successivamente nasce ilprogetto “Per non dimenti-care”, del liceo classico TitoLivio, con la partecipazionedelle varie scuole territorialie della cittadinanza, sui la-ger nazisti e sui gulag, i cam-pi di lavori forzati sovietici.Per l’occasione viene espo-sta per la prima volta la mo-stra dell’Aned sullo ster-minio nazista.Ricordiamo, in rapida sin-tesi, le altre maggiori ini-ziative. Durante l’anno sco-

lastico 1999-2000, il II cir-colo didattico GiovanniXXIII realizza il progetto“Lo chiameremo Ulisse –Il viaggio nel Novecento –Dalla storia del monumen-to ai caduti, alle storie deiprotagonisti”. L’Itis “E. Majorana” pre-senta un progetto al mini-stero della Pubblica istru-zione che consente a do-centi e alunni di effettuareun viaggio a Dachau, di par-tecipare alla mostra-labo-ratorio “L’Altro e oltre – LaShoah in classe” con un cd-rom Dachau, cronaca di unolocausto, di seguire con-ferenze ed incontri conesperti e testimoni. Dal can-

to suo il liceo scientifico E.Fermi, in collaborazionecon la scuola elementareChiarelli, la mediaBattaglini, gli istituti pro-fessionali Motolese e DonMilani e l’etnìa albanesepresente sul territorio, rea-lizza elaborati plastici ric-chi di significato e il filmdocumentario Lettera di undeportato ad una studen-tessa. Intanto il liceo classico T.Livio attua il progetto“Dall’Olocausto alla fra-ternità mediterranea”, an-che attraverso riflessionisulla condizione della don-na nei lager, una mostra econferenze, in occasione

della Giornata della me-moria.La morte del deportato mar-tinese Costantino Basile aMauthausen il 14 giugno1944 e la testimonianza delconcittadino Mario Gian-figlio, sopravvissuto al cam-po di Dachau e ancora in vi-ta, hanno coronato il per-corso formativo di storia delNovecento “Per non di-menticare…”Non è mancato il ricordo deitanti soldati meridionali chehanno combattuto per la li-berazione dell’Italia dal-l’occupazione nazifascista ei molti deportati nei lager,dai quali la maggioranzanon è tornata.

Page 43: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

43

Lo scambio dei doni nel corso di unamanifestazione pubblica conla partecipazione del sindaco. A sinistra il rappresentantedell’Aned.

L’ex deportato a DachauBeppe Berruto, giunto daTorino in rappresentanzadell’Aned, rende loro ono-re. Ed è con questa parte-cipazione che si svolge ilprimo incontro tra Berrutoe Mario Gianfiglio, nato aMartina Franca nel 1922.La preparazione degli stu-denti all’iniziativa e la “ri-cerca” del sopravvissuto,sono state guidate dalla pro-fessoressa Maria De Mita,coordinatrice di tutte le fa-

si del “percorso”, spiegan-do alle scuole le finalità del-le varie iniziative, per poiconsegnare il testo della te-stimonianza di Gianfiglio,che conferma – tra l’altro– alcuni episodi narrati daBerruto nel suo libroAchtung Dachau: “Ungruppo di prigionieri russiil giorno prima della libe-razione venne portato fuo-ri dal campo, allineato eammazzato dalle SS. Si di-ceva che agli italiani era ri-

servato lo stesso tratta-mento…”.I due sopravvissuti ricorda-no gli esperimenti che i me-dici eseguivano nella appo-sita baracca sulle donne, pri-ma denudate, poi immersenell’acqua gelata e infineinvestite da getti di acquabollente. Gianfiglio raccontache era tornitore, successi-vamente scelto come capo diuna squadra di nove ucrai-ne che producevano pezziper le V1 e V2. E nella rievocazione un epi-sodio particolarmente dram-matico: un suo compagnodi Fasano piangeva invo-cando la madre. Lui gli ri-spondeva “Che stai a pian-

gere, di noi nessuno arriveràmai a casa, perché tutti ka-putt”, convinto di non far-cela. Invece riuscì a resistere gior-no dopo giorno.Quasi quattrocento giovanidel liceo scientifico Fermi,del “classico” Tito Livio edell’Istituto tecnico com-merciale Leonardo Da Vinci,accompagnati dai loro do-centi, partecipano ad in-contri ricchi e stimolanti.Particolare attenzione è ri-volta ai Gruppi di difesa del-la donna, che si adoperava-no attivamente per aiutare ipartigiani e i loro congiun-ti, colpiti dalla perdita di unpadre, di un fratello, di un

L’abbraccio di Berrutoal figlio di un deportato

A Martina Franca è stata anche inaugu-rata una stele dedicata al Giorno dellamemoria, ideata da Valentina Raguso conFrancesca D’Amico, Davide Salamina eDiego Lippolis delle classi quinta A e Bdel Liceo scientifico (sezione staccata),Tito Livio. La cerimonia ha concluso un anno sco-lastico proficuo e stimolante, poiché co-me ha scritto il “Corriere della Valle d’Itria– Martina sera”, l’impegno è stato con-tinuativo per un “lavoro oltre che di ap-profondimento didattico, anche e so-prattutto di presa di coscienza” per lenuove generazioni.

Una stele per celebrare la vita

Page 44: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

44

altro parente, di un amico.Motivo di domande e chia-rimenti è stato, ad esempio,un manifesto della Repub-blica di Salò: “E tu cosafai?”, chiedeva un giovanesoldato fascista armato dimitra e con il dito puntatosui passanti. Berruto ribadisce che i ra-gazzi, sfidando il nemico,di nascosto su quel manife-sto scrivevano “Il partigia-no”. Era anche questo un modoper chiedere la fine alla guer-ra e creare il consenso po-polare.Il colloquio con gli studen-ti del Leonardo da Vinci siè imperniato sul concetto dipassato, un concetto che vaattualizzato per superare levarie forme di razzismo.Questo messaggio tocca di-rettamente i martinesi i qua-li cercano di facilitare l’in-tegrazione di tanti albanesipresenti sul territorio. Il problema è ripreso allamanifestazione con la cit-tadinanza nella sala dellabiblioteca comunale, conuna folta partecipazione. È il sindaco a sottolineareche “il processo di integra-zione tra gli uomini e tra ipopoli può concretamenterealizzarsi soltanto se essosi poggerà sul principio delriconoscimento della di-versità…Dobbiamo cerca-re di generare unità dalla di-versità senza cancellarla…”Beppe Berruto si soffermasul contesto storico-ideo-logico dei campi di ster-minio, su Dachau e la sua“specificità”, sull’espe-rienza personale costella-ta da episodi tremendi, maanche di solidarietà e resi-

stenza, come “quel sentireurlare il proprio numero dimatricola senza mai di-menticare il tuo nome e diessere un uomo”.Lo scambio di messaggi edi doni (videocassette, libri,quadri e altri oggetti), havisto il coinvolgimento del-la presidenza dell’Aned,su Gianfranco Maris eMiuccia Gigante, dell’as-sessore di Orbassano (To),Giorgio Brosio, dell’as-sessore alla Pace di Rivoli(To), professore De Masi,del dirigente scolasticodell’Itis “E. Majorana” diGrugliasco, professoreLetterio Cassata, delComitato regionale delPiemonte per l’afferma-zione dei valori dellaResistenza e dei principidella Costituzione.

Molto significativa è statala giornata conclusiva del-l’impegno di Berruto aMartina Franca, con l’in-contro alla scuola elemen-tare II circolo didatticoGiovanni XXIII, i cui ra-gazzi hanno prodotto – co-me già ricordavamo – untesto eccezionale, sulla sto-ria dei monumenti ai cadu-ti, e la storia dei protago-nisti. La deportazione, la diffe-renza tra scuola elementa-re fascista e quella attuale,la rievocazione di episodistorici seguiti in televisio-ne, sono stati al centro del-

l’iniziativa.Ancora una volta il “viag-gio” nel Novecento aMartina Franca ha eviden-ziato la necessità di tra-smettere gli ideali demo-cratici e civili alle nuove ge-nerazioni. Una riflessione che si ac-compagna alla necessità dinon dimenticare. Scrive il giovane universi-tario Luca Lucarelli: “Il ve-ro nemico, l’Oblio, non èancora morto…se un qual-cosa, anche un piccolissi-mo particolare intorno a voiè cambiato, la speranza di-venta certezza”.

Tra i bambini delle elementari, a ricordare

Un momento dell’assemblea alla scuola elementare.

MartinaFranca

Quel lungo “viaggio nel Novecento”

Page 45: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

45

I nostri ragazziCommemorati al Lys i caduti nella Resistenza e nei campi di concentramento

Incontro di studenti d’Europasul “Colle dei partigiani”

Hanno partecipato rappre-sentanze civili, militari, re-ligiose e, in particolare, stu-denti stranieri che, accoltida alcuni volontari dell’is-tituto E. Majoranadi Grug-liasco (Torino), hanno vis-suto un’esperienza di “con-vivenza europea” con altristudenti, docenti, partigianied ex deportati italiani, gra-zie al sostegno delle ammi-nistrazioni locali, di con-certo con le varie scuole delterritorio. Le rappresentanze spagno-la e tedesca hanno esposto lerispettive mostre: sulla guer-ra civile 1936-39 e sullo ster-

minio in Germania degli op-positori al nazismo, con spe-cifico riferimento all’orga-nizzazione clandestina “Larosa bianca”. Una terza mo-stra era dedicata alla libe-razione dell’Italia. Comunedenominatore anche ladrammatica esperienza delcarcere, che precedette l’or-rore del lager.L’affinità culturale e la con-divisione dei valori univer-sali quali la libertà, l’ugua-glianza, la democrazia e lasolidarietà, sono stati allabase di questa esperienza alColle del Lys. Non sonomancati incontri e testimo-

Al colle del Lys sono stati onorati – come ognianno – i 2024 partigiani caduti nelle vallipiemontesi tra l’8 settembre 1943 e la liberazionedall’occupazione nazifascista

Il piccolo “monumento” con la cappella votiva e le baracche, a ricordo dei campi.

nianze sui deportati di ogninazionalità e provenienzaetnica a Dachau, compresii tedeschi antinazisti, an-nientati anch’essi nei cam-pi. Il professore tedescoHeinrich Flink ha ribaditoche non ci devono esseremai più guerre, prevarica-zioni e razzismo perché sia-mo tutti cittadini con paridiritti.In occasione dell’incontro,una parte del giardino è sta-to utilizzato per ospitare,accanto alla riproduzionedella piccola cappella voti-va già inaugurata a curadell’Aned, alcune mini ba-

racche, circondate da filospinato dei vari lager.“Sono sicuro” – ha scrittoFranco De Padova, uno stu-dente della terza B dell’i-stituto Majorana – “chequalsiasi persona che pensiad un luogo nel quale morireserenamente… sia quello dispegnersi al caldo, in un let-to nella propria casa, ed in-vece milioni di deportati edebrei… sono stati uccisi neiforni crematori, nelle ca-mere a gas… Spero che nelposto in cui si trovano ora,la sofferenza non esista più,esista solo l’amore verso ilprossimo…”.

Page 46: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

46

Le iniziative con l’ex deportato Luigi Bozzato

I nostri ragazzi

“Non scorderemo quel che è stato”

Gli studenti hanno vissutoquesta testimonianza “co-me un arricchimento per-sonale, perché tutto ciò cheè accaduto cinquanta annifa non venga dimenticato…ma soprattutto per impedi-re che si verifichi di nuovoun simile atto di demoli-zione della dignità umana”.La memoria di tutti coloroche sono morti ingiusta-mente “ci deve indurre a ri-flettere – aggiungono i ra-gazzi – su come mantenerevivo il ricordo di quegli ‘in-ferni’ organizzati dall’uo-

mo contro i suoi simili. Il ricordo più indelebile re-sta nella mente dei super-stiti, che hanno vissuto inprima persona il terrore, lepercosse, la fame, le umi-liazioni, la soppressione deiloro cari: nonostante ciò nonavevano perso la speranzadi oltrepassare quel filo spi-nato per tornare ad essereuomini liberi”.“Ecco perché” – concludo-no gli studenti delle scuoledi Cavarzere – occorre “ri-cordarci di non dimentica-re”.

I campi diDachau e diMauthausensono statimeta di unafoltadelegazione,anche con lapartecipazione dirappresentanze dell’Anpie dell’Aneddi Padova,accompagnate dall’exdeportatoLuigiBozzato

L’Istituto professionale Marconi di Cavarzere(Venezia) ha avuto una serie di incontri con LuigiBozzato, ex deportato nei lager, per riflettere sugliavvenimenti della seconda guerra mondiale e,in particolare, sui campi di sterminio. La classe quinta, tecnici delle industrie chimiche,in rappresentanza dell’Istituto, ha coltol’occasione anche per ringraziare Bozzato dellasua disponibilità a far conoscere la propriadrammatica esperienza

L’attestato del Comune diVigonovo (Venezia) e diIntercoop “Il Plaustro”all’ex deportato Bozzato.

Page 47: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

47

La lotta di Resistenza deisiciliani – è utile ricordarlo– venne affrontata “fuori ca-sa”, perché la Sicilia era giàstata occupata, con laCalabria, dalle truppe an-glo-americane prima del-l’armistizio dell’8 settem-bre 1943. Ma è utile ricor-dare anche che i partigianisiciliani furono 2.600 nelsolo Piemonte e i deportatinei campi di concentra-mento circa 600.Nunzio Di Francesco (no-me di battaglia Athos) è ilcoordinatore costante inSicilia in rappresentanzadell’Aned e dell’Anpi. ACaltagirone, insieme allostorico professore RosarioMangiameli, dell’Universitàdi Catania, ha partecipatoad un convegno sul proget-to storico delle scuole me-die Giorgio Arcoleo, segui-to dalla professoressaLucilla Lo Presti e dal pre-side Sebastiano Di Bella.Gli studenti avevano già vi-sitato la Risiera di SanSabba. A Catania viene in-vitato dal dipartimento distoria contemporanea pres-

so la facoltà di scienze po-litiche dell’Università, inuna affollata assemblea distudenti. Successivamentepartecipa ad una manife-stazione a Castelvetrano(Trapani) sul tema: “I di-menticati dell’Olocausto”.A Catania, inoltre, l’aulamagna universitaria ospitagruppi di studenti del liceoclassico Mario Cutelli perla presentazione di un pro-getto di studi su “Storia epolitica nel Novecento”, incollaborazione con l’Ateneoe di Nunzio Di Francesco.Oltre ai docenti, era presenteil preside del liceo e perl’Ateneo il professor Man-giameli.La vita del professore Car-melo Salanitro, docente dilatino e greco al liceoCutelli, vittima del nazismoa Mauthausen, ha rappre-sentato una parte essenzia-le del convegno. Il progettodi lavoro, raggruppato inuna “tesi”, è intitolato Noinon dimentichiamo. Al se-condo capitolo seguono letestimonianze Quando lavita diventa storia.

Il progetto di lavoro di un liceo a Catania

“Noi nondimentichiamo”Anche in Sicilia, dopo il lungo silenzio della classedirigente sulle origini del cambiamentodemocratico della nostra storia, la Resistenza e ladeportazione continuano ad essere motivo diincontri nelle scuole tra studenti e docenti, con ilconcorso dei testimoni sopravvissuti ai lager

Busto Arsizio: gli è stata dedicata un’aula

Riccardo, morirea 17 annia FlossenburgIl laboratorio di storia del Novecento della scuola media Bossidi Busto Arsizio (Varese) è stato intitolato a RiccardoTechel, il giovane milanese morto a 17 anni nel lager diFlossenburg, compagno di prigionia di un sopravvissuto,il bustese Angelo Castiglioni.Ed è proprio Castiglioni a ricordare sempre nelle sue te-stimonianze ai giovani (ne ha incontrati oltre duemila ne-gli ultimi mesi), l’amico scomparso. Il suo ultimo gesto –dice Castiglioni – fu quello di allungare una mano schele-trica per donargli un pezzo di pane. Quel gesto venne pu-nito brutalmente dalla SS di guardia che colpì alla nucaTechel, già in fin di vita, con il calcio del mitra.Il laboratorio della scuola dedicato al giovane ucciso, ilcui nome è anche riportato su una targa-ricordo, raccogliemateriale didattico, libri, videocassette, documenti dedi-cati alla storia del Novecento che i ragazzi utilizzeranno neiloro “percorsi” di studio.

Un uomo poteva?0Uomo, uomini, ma avete udito?Avete letto?Ma come un uomo ha potuto.Un uomo poteva?

No, forse non erano uominicoloro che in Germanianei lagerpolverizzavano l’uomo.

Ma come un uomo ha potuto?Uomini potevano?Tanto si è saputosulla malvagità degli uomini.

Ma forse questinon erano uomini, perchéneanche le belvesono così feroci, allora questiChi erano?

Forse c’è una risposta.Uomini no, belve no.Allora erano mostri.Ma Dio creò mostri umani?

Eugenio Esposito

Page 48: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

48

TESTIMONI DEL ‘900 ANGELO SIGNORELLIGiovanissimo apprendista alla Falckfra i protagonisti degli storici scioperidel marzo ’44La deportazione a Mauthausen e aGusen - Ha conosciuto tutte le faccedel mondo: dalla ferocia bestiale allasolidarietà popolare e a quellaanonima nei campi di sterminioUna drammatica lezione di vita, unadura iniziazione all’amore per la libertà

Sul tavolo fra noi due c’èuna copia del volumetto nelquale Angelo Signorelli ri-corda la vicenda sua e di tan-ti altri deportati nei campidi sterminio nazisti.S’intitola: A Gusen il mionome è diventato un nume-ro: 59141. Leggendolo eascoltando le integrazioni aquel racconto si può com-pletare il titolo: “Era un nu-

mero, è diventato un uomo.”Signorelli è ora un giovialepensionato, dall’aria tran-quilla, il volto disteso: è mol-to difficile immaginare il ra-gazzo di 17 anni che aGusen, tempestato di ner-bate dagli aguzzini nazisti,resiste alla voglia di urlareper non dare soddisfazioneai suoi torturatori.Il ragazzo nato il 17 agosto

1926 a Grumello del Montein provincia di Bergamo,trasferitosi nel ‘36 con la fa-miglia contadina a Monza,assunto nel gennaio ‘41 al-la Falck di Sesto SanGiovanni come apprendistamodellista.“ Come si usava in quei tem-pi”, ricorda, “lavoravo digiorno e alla sera andavo al-le scuole professionali perimparare, tra le diverse ma-terie, soprattutto il disegnomeccanico, che era ritenutoindispensabile per diventa-re un bravo operaio.”Perché, così giovane, po-co più che un ragazzo, par-tecipò a quegli scioperi delmarzo ‘44 destinati ad en-trare nella storia dellaResistenza, e non solo diquella italiana ?“Bisogna considerare chele condizioni di lavoro e divita, specie dopo l’8 set-tembre e la nascita della re-pubblichetta di Salò, eranomolto dure: aumentati i rit-mi di lavoro e meno cibo.C’era quindi molto mal-

contento. Sul lavoro ho co-nosciuto operai comeSpinelli, Borgato, Bordin ealtri che erano legati al mo-vimento clandestino anti-fascista. Fu verso la fine del‘42 che Spinelli mi parlò diuno sciopero, e mi spiegòche cosa significava questaparola, e disse che presto cisarebbe stato uno scioperocontro il fascismo, il caro-vita, la guerra. “Nell’agosto del ‘43 mi am-malai di tifo, restai in ospe-dale fino ad ottobre e dopouna lunga convalescenza ri-presi il lavoro verso la finedell’anno. Tornato in fab-brica vidi che la situazioneera peggiorata; nelle men-se il cibo scarseggiava, ladisciplina si era fatta intol-lerabile.”Che cosa ricorda di quel-le giornate di sciopero?“Ricordo che un lunedì pas-sò la parola d’ordine: alledieci quando suona la sire-na che viene azionata perprovare l’allarme aereo, tut-ti fermi al posto di lavoro

Era un numero, dive

di Ennio Elena

1946 2000

Page 49: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

49

METALMECCANICO

ento’ un uomo

ma senza lavorare. Così fi-no a sera.“La mattina seguente ci pre-sentammo ai cancelli dellafabbrica, io lavoravo allaFalck Unione, e vedemmofascisti armati che avevanopiazzato fucili mitragliato-

ri. Alcuni dirigenti ci invi-tarono ad entrare ma pochiraccolsero l’invito. Così siandò avanti fino al lunedìsuccessivo quando i fasci-sti tolsero i mitragliatori esi ritirarono. Entrammo infabbrica e alcuni capi fa-scisti fecero promesse du-rante un’assemblea.“Ingenuamente si potevapensare che la vicenda fi-nisse così. Invece, come siseppe da un mio zio fattori-no che come tutti i fattoriniaveva le orecchie lunghe, ilcomando tedesco chiese aicapi della fabbrica l’elencodegli istigatori alla sciopero.“ Mio fratello Giuseppe, piùanziano di me di due anni,finì nell’elenco perché qual-cuno disse che in occasionedella prima fermata avevatolto la corrente. Io non sobene per quale motivo per-ché a 17 anni era difficileconsiderarmi un organizza-tore di scioperi. Forse, chis-sà, perché per la malattia erastato a lungo assente.”

Page 50: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

50

TESTIMONI DEL ‘900 ANGELO SIGNORELLI

L’ARRESTO E LA DEPORTAZIONE

“Io e mio fratello fummo ar-restati a casa nella nottedell’11 marzo. Quando lapolizia fascista bussò al por-tone di casa mio fratello mipropose di fuggire; sarebbestato possibile perché abi-tavamo al primo piano e c’e-ra una finestra che dava suuna strada dietro la casa. Io,ingenuamente, mi opposi,temendo che al nostro po-sto potessero arrestare papàe mamma. Fummo quindiarrestati e insieme a tanti al-tri operai della Falck e di al-tre fabbriche cominciò illungo e tormentoso cam-mino verso i campi nazisti. Fra gli altri episodi di quelprimo periodo di prigioniace ne sono due che non pos-so dimenticare.L’ispettore spietato - Qu-ando eravamo nel carceredi San Vittore entrarono dueispettori. Avevo diciassetteanni, ero molto magro do-po la malattia. Uno dei duemi guardò in faccia e michiese quanti anni avessi.Alla mia risposta ‘Dic-ias-sette’ disse all’altro: ‘Quic’è un minorenne, bisognaprovvedere. L’altro secca-mente ribadì: Macchè mi-norenne, sono tutti uguali,seguiranno tutti la stessa sor-te.’ Non l’ho mai dimenti-cato e più volte nei momentidi grande sofferenza lo ma-ledissi.”La gente di Bergamo-“L’altro episodio riguardala solidarietà popolare. Il 17marzo venne fissata la par-

tenza da Bergamo, dove era-vamo stati trasferiti, per laGermania. “Quel giorno arrivarono imiei genitori che erano riu-sciti a sapere dove eravamoassieme a molti altri fami-liari di prigionieri.“ Dopo aver dato a ciascu-no sei pagnotte ed un fetta dibologna di tre-quattro etti, ciincolonnarono in fila perquattro per raggiungere lastazione. I fascisti e le SSche ci scortavano bestem-miavano, ci minacciavanoe ci picchiavano.“Sui marciapiedi i nostri ge-nitori ci accompagnavanofacendoci coraggio tra le la-crime; poi, improvvisa-mente, la gente di Bergamo,che si rendeva conto di checosa stava accadendo, pri-ma più lentamente, poi piùdecisamente , incominciò apremere sui lati della co-lonna; si avvicinava do-mandandoci: ‘ Chi siete, co-sa avete fatto, dove vi por-tano?’; alle nostre rispostemanifestarono tutta la lorosolidarietà, Molti corseronei negozi a comprare del-le cose per noi, specialmentefiaschi di vino, e, sfidandofascisti e tedeschi, riusciro-no a portarceli; fu una cosameravigliosa: la solidarietà,la speranza e la certezza chela gente onesta era con noi.Dopo tanti anni dico anco-ra a quella gente che la ri-cordo e la ringrazio.”

DIVENTARE UN NUMERO

“Dopo quattro giorni di

viaggio pieni di sofferenzaarrivammo a Mauthasen.Era il 20 marzo 1944, unagran brutta giornata ancheper il tempo, cadeva in gran-de quantità neve mista adacqua.”Inizia così la durissima vi-ta del deportato AngeloSignorelli, durissima comequella di tutti i prigionierinei campi di sterminio.I loro racconti sono terribi-li tessere di un agghiacciantemosaico di sofferenze, dalfreddo alla fame, alle per-cosse, alla morte in aggua-to ogni giorno, ogni ora. Ricorda Signorelli la tre-menda profezia del capo ba-racca: “ Fra tre mesi la metàdi voi sarà già morta.”E ricorda la vestizione daprigioniero che raggiunge-va il punto più significati-vo con l’assegnazione delnumero di matricola con iltriangolo rosso che era il se-gno dei prigionieri politici ela sigla IT, che significavaItalia, “sulla giacca a sini-stra e sui calzoni a destra.Anche al polso ci miserouna specie di braccialettocol numero di matricola: co-sì da quel momento, dopoaverci preso tutto, ci tolse-ro anche il nome. Ormai era-vamo soltanto dei numeri.Il mio numero era: IT59141.”Finì nella cava della mor-te di Mauthausen?“No, perché venimmo tra-sferiti a Gusen I, sottocam-po di Mauthausen e adibitialla costruzione di GusenII. Era un lavoro molto du-ro e anche pericoloso quan-do arrivavano i vagoni fer-roviari carichi di pietre cheservivano per fare le stradee il basamento per le barac-

che. Dovevamo correre sul-la massicciata ferroviaria,arrampicarci sui vagoni eimmediatamente cominciarea scaricare buttando giù lepietre (perché su ogni va-gone c’erano dei kapò cheurlavano e picchiavano) ecercando possibilmente dinon colpire gli altri che sta-vano ancora salendo.”

PASQUA DI BARBARIE

“Il fatto più terribile e cru-dele avvenne il giorno diPasqua del 1944: alla finedel lavoro ci contarono e ri-contarono più del solito; al-la fine si sentì dire che man-cava un prigioniero. Allorai kapò si misero alla ricerca,frugando dappertutto e do-po una trentina di minuti loritrovarono. Quando lo ri-portarono tra di noi era ri-dotto molto male, tutto in-sanguinato; io e mio fratel-lo eravamo angosciati perquello che doveva succede-re; appena arrivati alla ba-racca arrivò un comandan-te delle SS che ordinò la suamorte per tentativo di fuga;venne di nuovo picchiatoselvaggiamente. Sempre al-la presenza del comandan-te lo fecero portare da quat-tro amici al lavatoio e ven-ne immerso nell’acqua. Ikapò lo hanno affogato te-nendo pressata la testa sot-to l’acqua. Il suo ultimo sus-surro fu: “Mio Dio, i mieifigli.”“È stata una morte crudele,spietata. Si chiamava NadaLuigi, lavorava negli stabi-

Page 51: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

51

METALMECCANICO

limenti torinesi dell’Aero-nautica d’Italia. Poi quel mi-sero corpo tutto martoriatofu esposto davanti alla ba-racca: lentamente ci fecerosfilare attorno per vedere loscempio compiuto, ammo-nendoci.“Davanti a tanta crudeltàsentivo dentro di me penamista a rabbia e paura; eramolto difficile accettare esopportare la terribile realtàche ormai avevamo davan-ti. Un ufficiale nazista dis-se, ripetendo la frase diver-se volte:“Questa è la sortee la morte riservata a colo-ro che tenteranno la fuga ola ribellione.’ Questa è sta-ta la nostra santa Pasqua del1944.”

PIÙ UMANO IL TEDESCO DEL FASCISTA

“Non sono stato nella cavadi Mauthausen ma anchequella di Gusen I dove, finitala quarantena, sono statomandato insieme ad un’al-tra cinquantina di prigio-nieri , era un inferno, il peg-gior comando del campo.Un prigioniero poteva resi-stere al massimo tre, quattromesi.”Lei per fortuna se l’è ca-vata.“Io devo la vita al fatto che

ero giovane; erano diecigiorni che lavoravo in cava,ero allo stremo e oramai ca-pivo che si avvicinava la fi-ne.“Ma una mattina, mentreeravamo incolonnati all’e-sterno della baracca, il se-gretario che ci contava sifermò improvvisamente da-vanti a me e mi chiese:“Qua-nti anni hai?’ , io ri-sposi subito ‘Diciassette an-ni’.“Mi fece uscire dalla fila emi mandò in baracca di-cendo che, avendo meno didiciotto anni, non dovevolavorare in cava. Tante vol-te paragonavo quel gesto diumanità compiuto dal tede-sco nei miei confronti, to-gliendomi dalla cava e quin-di da morte sicura, all’attovergognoso dell’ispettore aSan Vittore che, di fronte al-la sofferenza e nel grandedolore, sentivo veramentedi odiare ritenendolo in par-te responsabile delle miesventure. Personalmente horitenuto il segretario tede-sco un uomo di grande uma-nità, l’ispettore italiano unuomo cattivo e senza uma-nità.”In quei momenti terribiliha mai pensato: Ma chime l’ha fatto fare di scio-perare, adesso potrei es-sere a casa tranquillo e in-vece…“Sinceramente non l’ho mai pen-sato. Lo sciopero non me lo impo-se nessuno,fu una mia libera scelta.”

CRUDELTÀE SOLIDARIETÀ

“Scampato alla cava, vennidestinato al blocco n.11 eimpiegato nel “comandogiardinieri” dove lavoravaun gruppo di trenta o tren-tacinque giovani russi, ju-goslavi , francesi e altri.Dovevamo sistemare il ver-de attorno alle baracche del-le SS che si trovavano al-l’esterno di Gusen II e allebaracche della Wehrmach.“Anchè lì assistetti ad unepisodio di terribile crudeltà.I kapò picchiavano e non cisi poteva ribellare pena lamorte. Un giovane italianoche era arrivato da poco si ri-bellò ad un kapò che lo pic-chiava, ferendolo con untemperino. Lo pestarono asangue, poi arrivò un uffi-ciale delle SS che gli sparòdue colpi di pistola nelle gi-nocchia e infine, dopo tan-to soffrire, lo affogarono.Una morte spaventosa co-me quella che avevo visto aPasqua.”Nel diario di Signorelli trai numerosi episodi di scon-volgente barbarie appaionotalvolta gesti di umana econfortante solidarietà.Un pacco per voi- “ Ungiorno” racconta “mentreassieme a Galbani stavamosistemando il verde attor-no ad una baracca militareed eravamo soli, con ungruppo di SS a circa cin-quanta metri da noi, sen-timmo una voce dall’inter-no che ci parlava e ci dice-va:’ Italiani, continuate alavorare, non guardate, al-

trimenti capiscono che visto parlando. Quando pas-sate dal deposito immon-dizie guardate e trovate unpacco per voi, e anche per iprossimi giorni troveretequalcosa. Vi saluto e vi au-guro buona fortuna.’“Eravamo sotto la finestra,e dopo qualche minuto ab-biamo guardato dentro, mala baracca era completa-mente vuota. Così per settegiorni di seguito abbiamotrovato in quel posto pane,salame e margarina che ab-biamo diviso tra noi giova-ni affamati.“Abbiamo molto ammiratoe apprezzato il coraggio, oforse solo la pietà,.di quelsoldato tedesco verso di noi,perché in quel momento ri-schiava la vita: se lo aves-sero scoperto lo avrebberofucilato. Lo ricordo sempre, senzaaverlo mai visto, per la gran-de solidarietà dimostrata neinostri confronti”.Piove una banconota- “Unfatto che ha quasi dell’in-credibile, cui non ho mai sa-puto dare una spiegazione,mi accadde una domenicapomeriggio d’agosto: era-no circa le quattro del po-meriggio e faceva molto cal-do; ero seduto sulla spondadel mio letto a castello , ave-vo la testa tra le mani e pen-savo in special modo allamia mamma e a mio fratel-lo Giuseppe: ‘Che fine avràfatto,sarà vivo ancora ? Cisaremmo visti ancora?’,quando improvvisamenteun foglio mi cadde sulla te-sta e tra le mani. Lo guar-dai e rimasi allibito: era unabanconota tedesca, eranomarchi, non ricordo quan-ti, forse cento o duecento.

Signorellimostra la porta della camera a gas del campo di Mauthausen

Page 52: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

52

TESTIMONI DEL ‘900 ANGELO SIGNORELLI

Mi guardai in giro, non c’e-ra nessuno; i letti sopra dime erano vuoti, la finestraera aperta; guardai fuori, eratutto deserto; in baracca nonvedevo nessuno; allora pre-si la banconota e la nascosinel pagliericcio. Avevo an-che paura, perché avere deisoldi era considerato tenta-tivo di fuga, e la condannaera la morte. Uscii, e andaiin cerca di Galbani.Lo tro-vai e solo a lui raccontai tut-to.”Com’è finita questa storiache ha veramente dell’in-credibile?“È finita che decisi di ri-schiare e parlai con un pri-gioniero politico tedesco alquale diedi i soldi. In cam-bio per dieci giorni conse-cutivi mi diede un pane in-tero, che dividevo conGalbani e altri, fra i quali ilnostro caro amico russoPavan Fiodorov.”

“MA DIO ESISTE VERAMENTE?”

“Un giorno una lunga co-lonna di deportati arrivò alcampo di Gusen I: erano tut-ti ebrei ungheresi e ceco-slovacchi. Il fatto più cru-dele era che tra di loro c’e-rano molti bambini al di sot-to dei dieci anni. Il vederlicamminare così piccoli e in-difesi, col volto scavato daprecedenti sofferenze, erauna realtà così tragica cheanche dentro di me lasciavacome un vuoto di grandepietà, sconforto e amarez-za. Una volta che ero parti-

colarmente demoralizzato,rivolto a Galbani dissi; ‘Noipreghiamo Dio, ma chissàse esiste veramente; e perchépermette queste cose?’Unavoce dietro di me rispose:‘Ragazzo, io sono un prete,e qui siamo tutti uguali. Nonè Dio che permette questecose, Dio lascia agli uomi-ni la libertà di decidere ilbene o il male, e sono gliuomini attualmente al po-tere in Germania i respon-sabili di queste atrocità.’ Ilprete era don Narciso Sordo,deportato a Mauthausen e aGusen I per aver aiutato deipartigiani, e in seguito mor-to a Gusen I.”

“POTREMO PENSAREDI ESSERE CREDUTI?”

“Un giovane ebreo unghe-rese chiese il permesso alkapò di andare al gabinet-to e costui rispose “no”(perché per andare al gabi-netto dovevamo chiedere ilpermesso). Quel giorno sistava lavorando a portarevia la terra, accoppiati conuna draga; dopo averlariempita, egli si allontanòe, non potendosi più trat-tenere, si chinò per fare ilproprio bisogno in modoveloce; ma in quell’attimoil kapò si girò e lo vide, conuna spaventosa risata glifece raccogliere con le ma-ni ciò che aveva fatto: do-veva buttarlo in alto e sta-re sotto con la bocca aper-ta.Poi, sempre ghignandoe urlando, incominciò a pic-chiarlo; il povero ragazzo

inciampò nei pantaloni, chenon aveva avuto il tempodi tirare su, e fu la sua fi-ne: venne massacrato a ner-bate senza pietà. Erano fat-ti così raccapriccianti e cru-deli che anche noi diceva-mo:’Se avremo la fortunadi sopravvivere, come po-tremo raccontare cose cosìorribili e pensare di esserecreduti?’”

OGNI PATATA,UNA NERBATA

“Il lavoro per la sistema-zione delle patate è stato unodei più terribili eseguiti aGusen I: tutti i giorni, permolti giorni, arrivavano unadecina di vagoni ferroviaricarichi di patate, che dove-vano essere sistemate neiposti che avevamo prepara-to: la distanza dai vagoni al-le buche era di circa due-centocinquanta metri; le pa-tate le trasportavamo condelle draghe di legno dellacapacità di circa un quinta-le. Noi, uno davanti all’altro,eravamo quasi sempre dicorsa, perché c’erano deipunti fissi sul percorso do-ve si mettevano i kapò chepicchiavano continuamentee il correre era l’unico mo-do per prendere meno bot-te. Se uno cadeva e non eracapace di rialzarsi lo mas-sacravano senza pietà”.Dopo un intervallo moltopiù leggero lavorando al-l’allevamento dei conigli edue ricoveri in infermeria,Signorelli ritorna al lavorodelle patate nel gennaio del

‘45 che, ricorda, “fu mici-diale; molti furono i morti,stroncati da fame, lavoro,botte e tanto freddo.Più che la paura poté lafame-”Verso la metà digennaio uno spagnolo chelavorava al comando fale-gnameria mi fece la pro-posta di rubare le patate; sitrattava di portarle in unposto da lui stabilito, e al-la sera in campo me neavrebbe dato la metà diquelle che portavo, cotte.Ne parlammo io e Galbanie nelle nostre condizionidi affamati mettemmo daparte la paura e accettam-mo: avevamo le mutandelunghe, le legavamo al disopra delle caviglie e, ma-gri come eravamo, con icalzoni larghi, era quasiimpossibile accorgersi del-le patate.”Il traffico si svolse regolar-mente per circa due mesi.“Ma un giorno, all’angolodella baracca dove portavole patate, incrociai il co-mandante fuhrer SS di quelcomando che, quando mimisi sull’attenti, si accorsedelle patate e toccandomi legambe con i suoi stivali dis-se: ‘Perché rubi le patate ?’.Mi venne spontanea questarisposta:‘non posso man-giare il pane per malattia,così rubo le patate.’“Ci furono circa due minu-ti di silenzio- il comandan-te in quel momento potevadecidere qualunque cosa-io stavo sempre sull’attenti:avevo tanta paura ma dentrodi me ero consapevole di af-frontare il mio destino concoraggio. Il comandante mifissava nel modo cupo cheloro avevano nei confronti

Page 53: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

53

METALMECCANICO

delle persone che riteneva-no inferiori, Sono stati mi-nuti lunghissimi. Finalmentedisse.‘Vieni!’Lo seguii, miriportò al posto di lavoro,chiamò il kapò, parlarono einfine disse:‘Ogni patata unanerbata.” Contarono le pa-tate che avevo addosso ederano 42. Il kapò cominciòla tremenda punizione sot-to lo sguardo del coman-dante; io, appoggiato con latesta su uno sgabello, con-tavo mentalmente i colpi,stringendo i denti per nonurlare; al ventiquattresimocolpo sono svenuto, roto-lando per terra. Il kapò mibuttò un secchio d’acquaaddosso, barcollando mi sol-levai ed egli, urlando, midiede un calcio nel sedere edisse : ‘Al lavoro’.“Il comandante non dissenulla e tornai al lavoro.Dopotanti anni pensando a quelfatto non riesco ancora a ca-pire se il kapò era stanco ose ha voluto risparmiarmi.”

LA NOTTE DELLA STRAGE

A marzo nel campo sidiffonde la sensazione chepresto sarebbe finita insie-me alla paura che i nazistipreparino la soluzione fi-nale. Una sentimento raffor-zato da un altro terribile epi-sodio.“ La sera del 22 o 23 aprile,

dopo la giornata di lavoro,rientrati in campo, dopol’appello andammo alla no-stra baracca e come al soli-to tutti erano schierati perl’appello e noi ci unimmo aloro. Dopo le solite forma-lità di conta e riconta, di cap-pello su e giù e le solite bot-te, restammo lì inquadratipiù a lungo del solito.Eravamo allarmati, stavasuccedendo qualcosa. Dopole otto chiamarono noi gio-vani che ancora lavorava-mo dando ad ognuno la pro-pria razione di pane. Ac-compagnati da un kapò an-dammo alla baracca n.12.Quella notte mi sono sve-gliato e ho sentito dei colpidi pistola. Pensai al peggio,con paura.Ma come, non siete morti?“Alla mattina, presentan-domi al comando di lavoro,gli spagnoli della baracca23 che lavoravano con noidissero:‘Ma come, voi nonsiete morti?’ e raccontaro-no l’accaduto: verso le die-ci avevano svegliato gli oc-cupanti della baracca 24 perandare alla doccia, dicendoche dovevano partire per unaltro campo. Al ritorno en-trarono nella baracca tuttinudi: i vestiti sarebbero sta-ti riconsegnati la mattinadopo disinfettati, ma di not-te nella baracca fecero en-trare il gas. Non tutti dor-mivano e alcuni si accorse-ro di quello che stava suc-cedendo: aprirono le fine-stre cercando un’impossi-bile via per salvarsi, ma ad

ognuna erano stati messi icosiddetti “pompieri” condelle sbarre di ferro chespaccavano la testa di chitentava di passare. Alcunici riuscivano ma venivanoabbattuti dalle SS schieratecon le pistole spianate e tut-ti furono uccisi.“Erano tanti, e tra di loroc’erano anche 50-60 italia-ni. Alla sera sono andato al-la baracca n. 24 e ho vistotutti quei cadaveri, uno so-pra l’altro come fossero deibastoni con il numero scrit-to in nero sulla schiena osullo stomaco. Li conosce-vamo quasi tutti, eravamoin baracca assieme da circaun mese, erano conciati ma-le, avevano sofferto tantoma resistevano. Si capivache la liberazione era vici-na, ma per loro non ci fupietà”.

PERCHÈ LA MEMORIAABBIA UN FUTURO

Il 5 maggio del ‘45 la libe-razione del campo, e primadel ritorno in Italia il rischiodi morire per un’intossica-zione di carne da cavallo,perché, come dice il titolodi un noto libro sui campidi sterminio: Si fa presto adire fame.Fu difficile il reinserimentonella vita normale?“I primi tempi evitavo diparlare di quell’esperienza,volevo dimenticare. Mia ma-dre mi vegliava perché nelsonno mi agitavo, parlavo egridavo in tedesco. Poi, pia-no, piano…”

Signorelli ritornò in fabbri-ca ed è andato in pensionenel 1981: “Quarant’anni diFalck” dice con orgogliooperaio.Sposato, ha due fi-gli e due nipoti.Lei è uno dei più attivi frai superstiti che vanno nel-le scuole per raccontare aigiovani quell’esperienza.Non più dimenticare, maricordare.“Sì. Devo però dire che al-l’inizio soffrivo molto nelricordare quei fatti. Ognivolta tornavo a casa scon-volto perché parlando pro-vavo un gran batticuore,qualcosa che quasi mi im-pediva di proseguire. Tantoche mia moglie un giornomi disse:‘Ma non conti-nuare, se soffri così’”.Posauna mano sul volumetto delsuo diario, “Vede, questoracconto l’ho interrotto piùvolte, ho preso i fogli e li hobuttati. Li ha raccolti e con-servati mia moglie. Sonostate pause di mesi. Provavotroppa sofferenza nel ricor-dare. Poi questo dolore si èmolto attenuato e adesso so-no tranquillo.”Quando va nelle scuolenon ha paura, come ave-va al campo, di non esserecreduto tanto sono terri-bili i fatti che racconta ?“No, i ragazzi vengono nu-merosi, sono attenti e fan-no molte domande.”Dovrei chiedergli perchémalgrado quella sofferenzaabbia continuato ad andarenelle scuole e finito il dia-rio. Non glielo chiedo perchémi pare che la risposta siascontata: perché la memo-ria abbia un futuro.

Ennio Elena

Signorelli con il suocompagno di deportazioneAldo Marostica,davantiall’ingresso delcampo diGusen.

Page 54: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

54

È sempre così. Certe cose,quando c’è di mezzoInternet, si fa prima a farleche a parlarne: è il caso del-la pubblicazione sul nostrosito delle annate delTriangolo Rosso dal 1994al 2000 digitalizzate da al-cune corsiste dell’Universitàdi Udine, annunciato nelloscorso numero di questogiornale.

■ Grazie alla collabora-zione attiva della Rete

Civica di Milano (in parti-colare di Davide Ferrazzi,che se ne è occupato perso-nalmente), nell’ambito delprogetto della Provincia diMilano tendente a dare vo-ce su Internet alle associa-zioni senza fini di lucro, dal-la scorsa estate ormai sonoconsultabili online gli arti-coli e le foto pubblicate in 6anni di lavoro dalla reda-zione del Triangolo Rosso.Un contributo prezioso allaconoscenza e alla divulga-zione della storia della de-portazione italiana.Il visitatore che “sfoglia” ilnostro sito non si accorgenemmeno del fatto che leinformazioni che sta cer-cando sono fisicamente re-sidenti su un computer col-

locato a Milano, e non aRoma (dove da sempre èospitato il nostro sito, sulserver di Agorà); si passa daun collegamento all’altro inun attimo, e la velocità delpassaggio deriva esclusiva-mente dalla velocità dellaconnessione a Internet dicui si dispone.Per noi, al contrario, si trat-ta di una importante oppor-tunità: grazie al progetto del-la Provincia e della ReteCivica di Milano abbiamorecuperato lo spazio fisicoper incrementare le nostreinformazioni, ormai da tem-po un po’ “sacrificate”, sevogliamo dire così, dentro illimite dello spazio offerto-ci da Agorà.

■ In questo modo ab-biamo potuto non solo

pubblicare il risultato dellavoro di digitalizzazionedell’équipe dell’Universitàdi Udine coordinata dal pro-fessore Adriano Peron (cheda solo occupa sul disco delserver quasi il doppio di tut-to lo spazio richiesto fino aquel momento dal nostro si-to), ma abbiamo potuto an-che riprendere il progetto didigitalizzazione di libri sul-la deportazione che repu-

tiamo significativi.L’ultimo volume entrato afar parte della nostra bi-blioteca virtuale, che con-tinua ad ottenere un signi-ficativo successo tra i visi-tatori del sito, è il libro diMarco Coslovich Raccontidal Lager - Testimonianzedei sopravvissuti ai campidi concentramento tedeschi,pubblicato da Mursia aMilano nel 1997. Un libroormai fuori catalogo, maparticolarmente prezioso,perché scritto pensando aun pubblico di ragazzi del-le scuole. Pubblicato nel no-stro sito alla fine di luglio,il volume è stato letto da 97persone a agosto e da 105 asettembre: non male, perun’opera ormai da tempofuori commercio, soprat-tutto se si tiene conto del pe-riodo estivo.

■ Tra i volumi pubblicatisul sito in versione in-

tegrale, il bestseller – se sipuò usare questo termine,nel caso di opere consulta-bili gratuitamente – è cer-tamente la raccolta di testi-monianze sul campo diBolzano, frutto del lavorodel circolo culturale Anpidi Bolzano, che in un anno

è stato letto e consultato sulnostro sito da diverse mi-gliaia di persone: certamentepiù lettori di quanti ne haavuti la versione cartacea.Non solo: tra le ricerche piùlette troviamo anche la tesidi laurea di Gianluca Petronisul campo degli ebrei diCampagna (SA): si tratta diuna tesi discussa dall’auto-re nell’anno accademico97/98 e mai pubblicata, senon nella sua versione vir-tuale reperibile sul nostrosito.

■ Contemporaneamenteabbiamo continuato ad

estendere – con la preziosacollaborazione di MaryRizzo - la sezione inglese.Ormai tutte le informazionireperibili su Fossoli, Bol-zano e la Risiera – campipresso ché sconosciuti al-l’estero – sono tradotte an-che in inglese (molte anchein francese e tedesco). Orala traduzione ha affrontatoaltre sezioni del sito, inte-ressando saggi e ricerche diparticolare rilievo (per esem-pio quello di Bruno Maidasulla camera a gas diMauthausen, o quello delcompianto Alberto Berti suNeuengamme. Inoltre da

IL SITO ANED www.deportati.it

La mole enorme della nostva stretta persino nella “gr

Page 55: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

55

circa un anno sono pun-tualmente tradotte in ingle-se le notizie di attualità piùsignificative, raccolte nelsito sotto la voce “Annunci”.È uno sforzo enorme, chemoltiplica l’impegno dellagestione di questa nostra vo-ce sulla rete: ogni volta chesi aggiorna una pagina, in-fatti, se ne devono aggior-nare anche le rispettive ver-sioni nelle diverse lingue,così che ogni piccola mo-difica impegna più colla-boratori e implica il rifaci-mento di diverse pagine.

■ Anche in virtù di que-sto lavoro, prezioso an-

che se poco appariscente,possiamo notare che ormaida diversi mesi circa il 10per cento delle persone chesi collegano all’indirizzo“www.deportati.it” cerca-no – e trovano, finalmente!– informazioni scritte nonin italiano: prevalentemen-te in inglese, naturalmente,ma anche in francese e intedesco. Tutto questo, finoad ora, senza gravare in al-cun modo sulle cassedell’Associazione, grazie allavoro volontario di moltiamici che hanno generosa-mente offerto all’Aned un

po’ del proprio tempo, del-le proprie conoscenze e del-le proprie capacità profes-sionali. Alcuni di loro ad-dirittura non li conosco dipersona neppure io, che pu-re da sempre coordino que-sta attività: sono amici tro-vati per via telematica, cheabitano in diverse regioni –una in Abruzzo, uno aRoma, uno in Sicilia, un al-tro a Pavia, un altro ancorain Francia, e così via – e chemantengono i contatti connoi via posta elettronica (seci sono altri candidati… c’èposto per tutti!).

■ Quando all’Aned su-bentrerà la fondazio-

ne, e quando da un lavorodi informazione si passeràa un’attività di documenta-zione sistematica di tutto ilsapere raccolto dall’Asso-ciazione in oltre mezzo se-colo di vita, bisognerà stu-diare soluzioni – come di-re? – più strutturate ancheper la gestione di un sito chegià oggi ha raggiunto un al-to grado di complessità, con-tando circa 10.000 pagine,divise in qualcosa come 580sezioni diverse.

Dario Venegoni

tra memoria rande rete”

Il perdono tedesco e il governo fantasma(f.g.) Alla cerimonia peril 57° dell’eccidio diSant’Anna di Stazzemadel 12 agosto 1944 nelquale caddero sotto il fu-rore bestiale dei nazifa-scisti 560 persone di cuioltre 100 bambini, genteinnocente, senz’armi,tranquilla, estranea allalotta partigiana, c’eranotutti meno il governo ita-liano, quello di Berlus-coni, di Fini, di Bossi.Quel governo era al ma-re. Neppure uno stracciodi sottosegretario. Proprionessuno. A titolo perso-nale era presente il pre-mio Nobel Rita LeviMontalcini, fresca sena-trice a vita. C’erano an-che la Regione Toscanacon il proprio gonfalone,delegazioni di decine diComuni di tutt’Italia e diProvince, di istituzionipubbliche, di associazio-ne private, i rappresen-tanti dei familiari dellevittime, le bandiere e imedaglieri delle orga-nizzazioni partigiane eantifasciste. Un degnospettacolo impreziositoper la prima volta (que-sto sì un fatto straordina-rio), dalla presenza delrappresentante ufficialedel governo tedesco, congiornalisti tedeschi be-ninteso al seguito. Lastampa nazionale italia-na e la Tv italiana assen-ti. Davanti all’ossario do-ve sono registrati i nomidi 391 caduti (quelli iden-tificati), l’incaricato d’af-fari dell’ambasciata del-la Germania a Roma GerdPluckebaum ha chiestopubblicamente perdonoper quella strage, dovu-ta, come ricordava unenorme striscione, “alsonno della ragione”. Ildiplomatico tedesco

avrebbe certamente vo-luto stringere la mano, persuggellare lo straordina-rio pur se tardivo gesto,a qualche autorità roma-na, ma non è stato possi-bile. Peccato, anzi ver-gogna. Ancor più intol-lerabile, se si ricorda, co-me ha fatto su l’Unità del21 agosto scorso, con giu-sta indignazione, FrancoGiustolisi, che proprio aigoverni italiani dei primianni ‘50, è da attribuirela responsabilità d’averoccultato nell’ “armadiodella vergogna” diPalazzo Cesi di Roma,per superiori esigenze dipolitica (ragion di Stato)qualcosa come 2274 fa-scicoli processuali con-tro i responsabili dellecentinaia di eccidi fasci-sti e nazisti (Cefalonia eSant’Anna di Stazzemacompresi) di cui 695 coni nomi e i cognomi dei va-ri responsabili. “Il nostroStato, l’Italia a Sant’Annadi Stazzema non c’era -ha scritto Giustolisi - nes-suno è venuto a chiedereperdono per questi 57 an-ni di silenzio, di tentativodi oblio. Nazisti e fascistiseppellirono i morti, nonper pietà, bensì per nonlasciare tracce. Noi, figlidella patria della giusti-zia, le seppellimmo, laverità e la giustizia.E lo facemmo in modomirabile cercando di eli-minare ogni traccia”.Parole come macigni re-se se si vuole ancora piùinsopportabili da RitaLevi Montalcini che haricordato come sia im-portante educare i giova-ni alla storia. Ma qualestoria? Questa, con l’ariache tira oggi nel Paese,sembra destinata a esse-re sepolta.

Page 56: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

56

Con una decisione assolu-tamente scandalosa, il go-verno tedesco ha fatto pro-prio il parere del professo-re Tomuschat, cattedraticodi diritto internazionalepresso l’UniversitàHumboltd di Berlino e pe-rito del ministero delleFinanze (!). Gli internatimilitari italiani in Germanianon sono da considerarsi“schiavi di Hitler” “ma nor-mali” “prigionieri di guer-

ra” . Una decisione che non ci sorprendein quanto nel corso dell’incontro a Berlinocon il suddetto professore, la delegazio-ne italiana, guidata dal generale MaxGiacomini, presidente nazionale dell’Anei,si aveva avuto modo di avvertire una at-mosfera non certo positiva. A nulla, inol-tre, è valsa la relazione – anche questa inpunto di diritto internazionale – della pro-fessoressa Maria Rita Saulle, ordinariodi questa materia all’Università LaSapienza di Roma. I numerosi e proban-ti documenti alla relazione allegati, non-ché l’ampio apporto storico del profes-sor Cajani. Lungi da noi mettere in dub-bio la competenza del professoreTomuschat, almeno per quanto concer-ne il diritto. Ma per quanto riguarda lastoria del Terzo Reich qualche dubbio cipare più che legittimo. Personalmentedevo dichiarare una notevole difficoltà aragionare in termini di diritto su quantoi nazisti fecero in totale ed assoluto di-spregio di un qualsiasi diritto umano, na-zionale o internazionale, riconoscendounico diritto per loro sacro quello delFuhrer e del Reich millenario.Razzista, schiavista e criminale. Salvoappellarsi ai diritti della democrazia – daloro violata ed assassinata – quando fu-rono portati sul banco degli imputati perrispondere dei loro infami crimini! Così

dicendo il governo tedesconon solo esclude gli Imi dalpoter accedere agli inden-nizzi previsti dalla leggedell’agosto 2000 ma – e ciòci pare essere ancora piùgrave – viene di fatto a ne-gare l’innegabile: la veritàsu quella che fu la vicendadei militari italiani depor-tati in Germania, inPolonia, in Austria.Vicenda riconosciuta nel-la sua giusta luce da stori-

ci tedeschi tra i quali Gerhard Schreiberche, nella sua più recente opera, ha sot-tolineato anche quale fosse la preven-zione “razzista” nei confronti dei mili-tari italiani.Alla vergogna di una simile decisione ilgoverno tedesco ha ritenuto di aggiun-gere anche l’offesa. Dichiarandosi di-sponibile a prendere in considerazionecasi di “singoli militari italiani internatiche fossero stati sottoposti a condizioniparticolarmente dure per ragioni razzia-li o, per qualsiasi altro motivo, fosserostati deportati in un campo di concen-tramento”. In questi casi, ciò potrebbecomportare il diritto a prestazioni di in-dennizzo ai sensi della legge sulla

Fondazione memoria, re-sponsabilità e futuro. Qualememoria e quale respon-sabilità lascio a voi giudi-care, visto l’accaduto. Matorniamo all’offesa. Quindi,bontà sua, il governo tede-sco prende in considera-zione che ci possa esserequalche caso di trattamen-to particolarmente duro.Allora, a questo qualchecaso, generosamente, dia-mo un pugno di marchi!Una ingiuria per tutti i su-

Per il governo tedescogli internati militariitaliani non sono“schiavi di Hitler”

di Aldo Pavia

Page 57: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

57

perstiti – e per gli assassinati – di Dora,di Dachau, di Mauthausen, dei tanti KZin cui furono resi schiavi anche militari ita-liani. L’Aned deve rispondere al governotedesco invitando i suoi componenti a ri-leggersi (o a leggere una volta per tutte)

la storia dei KZ.Scopriranno, lor signori,che nei lager nazisti non sifiniva solo per motivi raz-ziali o per altri non meglioprecisati. E che, ebrei a par-te cui era riservato un trat-tamento del tutto partico-lare nell’efferatezza, i de-portati italiani, militari com-presi ed indipendentemen-te dal motivo “burocratico”dell’arresto venivano di-stinti da un triangolo ros-so, il cui significato era ine-

quivocabile. Che nei lager dell’annien-tamento e dello sterminio tutti erano so-lo numeri, “pezzi” (e non aggiungo altritermini cari ai nazisti) destinati alla mor-te. Per gas, per lavoro, per fame, per ma-lattie. Senza possibilità di altro destino.Che non vi erano condizioni più o menodure: nei KZ l’unica condizione – e pertutti – era quella della criminale legge dellager. Il terrore era la regola, il più persuasivoe praticato degli strumenti di diritto dicoloro che, secondo Goebbels, sarebbe-ro passati alla storia come i più grandiuomini di Stato di tutti i tempi. A menoche qualcuno oggi voglia negare la storiao tentare di annacquarla con sospetti in-dennizzi. Indennizzi, sia chiaro, e non ri-sarcimenti. Perché nulla di quanto fu per-petrato nei KZ può essere risarcibile.

Page 58: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

58

Il “Sopravvissuto di Varsavia”

Nella musica di Schönberg la tragedia della Shoah

Schönberg compose ASurvivor from Warsawin pochi giorni, tra l’11

e il 23 agosto 1947, su com-missione della KoussevitzkyMusic Foundation; la pri-ma esecuzione (cui l’auto-re non poté assistere per mo-tivi di salute) fu diretta daKurt Frederick adAlbuquerque (New Mexico)nel novembre 1948 e suscitòuna enorme impressione,che si ripeté alla prima eu-ropea, diretta a Parigi daRené Leibowitz. RaccontaLeibowitz in una testimo-nianza del novembre 1949:“Quando avevo diretto laprima esecuzione europeadel Sopravvissuto diVarsavia, venne da me unascoltatore e disse: “Si so-no scritti interi volumi, lun-ghi saggi, molti articoli suquesti problemi, maSchönberg in otto minuti haespresso molto di più diquanto finora chiunque ab-bia saputo fare”.

Infatti in questi pochi mi-nuti di musica, che nonhanno perso nulla della

loro sconvolgente forzaespressiva, convergono leesperienze di una ricercamusicale intensissima, chenel 1947 era giunta alla piùavanzata maturità, ma an-che la lunga riflessione diSchönberg sulla questioneebraica nei suoi aspetti po-litici e religiosi. Quando

Schönberg compose A Sur-vivor from Warsaw (il ter-zultimo pezzo nel suo cata-logo), la guerra era finita dadue anni, il processo diNorimberga si era conclu-so nell’ottobre 1946, e tut-to il mondo ormai sapevadello sterminio nei lager dimilioni di ebrei. Schönbergnon si era mai fatto la mi-nima illusione sulla possi-bilità di convivere con il na-zismo, aveva lasciato laGermania nel 1933 e in quel-lo stesso anno a Parigi ave-va voluto conferire un si-gillo solenne e pubblico alsuo ritorno alla fede dei pa-dri.

Era soltanto un ultimosuggello formale diuna ricerca iniziata

circa dieci anni prima:Schönberg, che nel 1898 siera convertito al protestan-tesimo, e che in seguito siera accostato alla teosofia,nel corso degli anni Venti,aveva sentito il bisogno diapprofondire la propria iden-tità ebraica. La svolta avevacoinciso con una recrude-scenza di manifestazioni diantisemitismo in Austria ein Germania (e ad equivocilegati a questo problema èlegata anche la rottura diSchönberg con Kandinskynel 1923). Ai problemi del-l’antisemitismo, del sioni-smo, della creazione di unostato ebraico (che Schönberg

riteneva indispensabile, sen-za legarlo però a un ritornonelle terre della Bibbia), ilcompositore dedicò fin da-gli anni Venti, numerosiscritti e un dramma teatrale,La via biblica, che anticipaper alcuni aspetti, la pro-blematica del Moses undAron (1930-32).In un solo caso, prima delSopravvissuto di Varsavia,Schönberg compose un’o-pera direttamente antinazi-sta, la Ode to Napoleon del1943, dove il sarcasmo deiversi di Byron controNapoleone va riferito aHitler.

Ma nel Sopravvissutoil compositore tor-na a confrontarsi

anche con le proprie radicireligiose, culturali e umane(dopo Moses und Aron e KolNidre). Egli stesso scrisseil testo, sulla cui origine la-sciò un appunto che si leg-ge nella prima pagina del-l’autografo: “Questo testosi basa in parte su notizieche ho ricevuto direttamenteo indirettamente”. È, signi-ficativamente, una indica-zione assai vaga, e la reti-cenza sulle fonti fa pensa-re che il testo, più che tra-sfigurare molto liberamen-te uno specifico fatto di cro-naca, sia ideato nei dettagliessenziali dal compositore,tanto inseparabile apparedal progetto musicale.

Il testo fu scritto in inglesecon le frasi dei nazisti in te-desco e con l’ebraico delloShema Yisroel nel coro con-clusivo. La narrazione è af-fidata a una voce recitante,la cui parte è ritmicamenteben definita; ma assai di-versa dallo Sprechgesangdel Pierrot lunaire (qui l’au-tore non indica note da in-tonare con emissione “par-lata”: in una lettera aLeibowitz del 12 novembre1948 scrisse: “non bisognamai cantare, bisogna chenon sia mai chiaramente av-vertibile una precisa altez-za di intonazione: ciò si-gnifica che la scrittura in-dica solo il modo accentua-zione del testo”).

La concezione del te-sto appare insepara-bile da quella della

musica per la natura stessadel percorso che l’una e l’al-tra delineano con un lin-guaggio di sconvolgente evi-denza espressiva. Nel testocome nella musica l’entra-ta del coro segna una cesu-ra netta, e nella prima partec’è un rapporto assai stret-to tra la narrazione del re-citante e le invenzioni mu-sicali, gesti di incisiva evi-denza evocativa, che noncorrono peraltro il rischiodella banalità descrittiva.Così i graffianti motivi difanfara che all’inizio carat-terizzano i nazisti, non ap-

di Paolo Petazzi

Page 59: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

59

paiono soltanto deforma-zione di musica militare; masono immagini di forza la-cerante e angosciosa. Laframmentata brevità dei mo-tivi non consente, nella pri-ma parte, molte altre netteindividuazioni (e ciò valeanche per le inflessioni disemitono che si legano allasofferenza degli ebrei). Consconvolgente originalitàquesta musica non sembraconcedere più nulla al te-matismo tradizionale, pro-cedere per zone definite dacoagulazioni timbriche e rit-miche, tra fremiti, adden-samenti, desolate rarefa-zioni, aspre impennate, ge-sti taglienti.

Solo per contrasto sul-le parole “the oldprayer they had ne-

glected for so many years”emerge brevemente al cor-no con la sua continuità eampiezza di respiro l’iniziodella melodia su cui poi ilcoro intonerà lo ShemaYsrael. È la prefigurazionedella grande cesura che se-gna una svolta nettissimanel testo e nella musica, conl’entrata del coro alla bat-tuta 80 (su un totale di 99:dunque a tre quarti del pez-zo; ma l’effetto sembra di-latarsi ad una durata moltopiù grande di quella reale).Al momento in cui gli ebreidevono contarsi prima di en-trare nella camera a gas, e

sono costretti a farlo sem-pre più rapidamente, si de-linea con l’evocazione delgaloppo di cavalli selvaggiun intensissimo crescendofino ad un insostenibile cul-mine di tensione, che si ri-solve nella grandiosa entra-ta del coro, resa ancora piùefficace dalla lingua in cuicanta: lo Shema Ysrael ir-rompe in ebraico come unaaffermazione di fede e disperanza, di una libertà in-teriore sulla quale nulla pos-sono gli aguzzini nazisti.Schönberg fa intonare dalcoro maschile all’unisono,la parte iniziale del testo(Deuteronomio 6, 4-7) del-la preghiera e dichiarazio-ne di fede che appartiene al-la quotidianità di ogni ebreocredente e che dovrebbe rap-presentare il suo ultimo pen-siero al momento della mor-te.

Alla lacerata dramma-ticissima frammenta-zione della prima par-

te, segue così una sorta diblocco monolitico di stupe-facente energia, dove la con-tinuità della linea del cantoè l’epicentro degli interven-ti dell’orchestra. È uno deimomenti decisivi che illu-minano il fondamentale rap-porto di Schönberg con la re-ligione ebraica trasfiguran-do senza il minimo rischiodi retorica, l’orrore stesso delracconto precedente.

La famigliaSchönbergnel 1907.

Il testo della composizione musicale

Non posso ricordare ogni cosa. Devo essere ri-masto senza conoscenza per la maggior partedel tempo. Ricordo solo il momento grandioso

in cui tutti cominciarono a cantare, come per un pre-cedente accordo, l’antica preghiera per tanti anni tra-scurata, il credo dimenticato! Ma non ho ricordi di co-me riuscii a vivere per tanto tempo sottoterra nelle fo-gne di Varsavia.Quel giorno cominciò come al solito: sveglia quando eraancora buio. Fuori! Che aveste dormito o che l’ansiavi avesse tenuti desti tutta la notte. Si era stati separa-ti dai figli, dalla moglie, dai genitori, senza sapere chene fosse di loro: come si poteva dormire? Le trombe dinuovo – Fuori! Il sergente sarà furioso! Uscirono; al-cuni molto lentamente, i vecchi, i malati; alcuni con in-timorita agilità. Hanno paura del sergente. Si affretta-no più che possono. Invano! Troppo rumore, troppa confusione – e mai ab-bastanza in fretta! Il Feldwebel grida: “Achtung!Stilljestanden! Na wirds mal? Oder soll ich mit demJewehrkolben nachhelfen? Na jutt; wenn ihrs durchaushaben wollt!” (Attenzione! Zitti! Allora ci decidiamo?O devo dare una mano con il calcio del fucile? Va be-ne! Se proprio lo volete!). Il sergente e i suoi sottopo-sti colpivano tutti: giovani o vecchi, tranquilli o agita-ti, colpevoli o innocenti. Era penoso sentirli gemere elamentarsi.

Li udivo sebbene fossi stato picchiato selvaggia-mente, tanto che non potei evitare di cadere. Tuttinoi che eravamo a terra e non riuscivamo a sta-

re in piedi, fummo colpiti sulla testa.Devo essere rimasto senza conoscenza. La cosa suc-cessiva di cui mi resi conto, fu un soldato che diceva:“Sono tutti morti”; allora il sergente diede ordine ditoglierci di mezzo. Giacqui in disparte – semicoscien-te. Era sopravvenuto un grande silenzio – paura e do-lore.Allora udii il sergente gridare: “Abzahlen!” (Contarsi!).Cominciarono lentamente e irregolarmente: uno, due,tre, quattro – “Achtung!” gridò di nuovo il sergente,“Rascher! Nochmal von vorn anfangen! In einer Minutewill ich wissen, wieviele ich zur Gaskammer abliefere!Abzahlen!” (Più presto! ricominciare da capo! in unminuto voglio sapere quanti ne porto alla camera a gas!Contarsi!). Ricominciarono, dapprima lentamente: uno,due, tre, quattro, poi sempre più veloci, tanto veloci chealla fine il suono sembrava quello di un galoppo di ca-valli selvaggi, e d’un tratto, in mezzo a tutto questo, co-minciarono a cantare lo Shema Yisroel.

Il “Sopravvissuto di Varsavia”

Page 60: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

60

La protesta degli ex deportati contro la decisione dicostruire una autostrada attraverso il campo diRavensbruck ha ottenuto un primo parziale successo:la decisione definitiva è stata per ora rimandata.Di questa protesta si era fatto interprete il presidentenazionale dell’Aned Gianfranco Maris il quale avevaespresso in due lettere, inviate all’ambasciatored’Italia a Berlino e al presidente del Land delBrandedurgo, l’indignazione degli ex deportatiitaliani per la decisione

Non posso crederci, – scriveva il presidente dell’Aned– nessun deportato di nessuna nazionalità potreb-be mai credere a una cecità culturale ed etica cosìgrave, tanto da consentire che la memoria del piùgrande delitto del secolo scorso subisca l’offesa e lamutilazione che le arrecherebbe l’attraversamentocon un’autostrada di quel suolo che è sacro e pietramiliare per tutte le generazioni future.

Quel suolo può appartenere giuridicamente, per ra-gioni di territorio, ad uno Stato, ma appartiene, perragioni morali e per il dolore che racchiude all’interaumanità.

Una prima risposta a queste lettere è giunta recente-mente da parte del ministero degli Affari esteri italiano.

“Dai contatti esperiti con l’Ente per la costruzio-ne della rete stradale presso il Land delBrandenburgo e da quanto illustrato dall’Asso-ciazione locale per la promozione e la memoria delsito di Ravensbruck (“Fuerstenberger Foer-derverein - Mahn - und Gedenkstaette Raven-sbruck”), risulta che non sarebbe stata ancora pre-sa una decisione definitiva per quanto riguarda iltracciato della strada stessa. L’Ente per la costru-zione della rete stradale è attualmente impegnatoad effettuare ulteriori sopralluoghi, al fine di de-terminare l’esatta posizione degli edifici del cam-po di concentramento di Ravensbruck, dei quartieridelle truppe SS che lo dirigevano e del “JugendlagerUckermark”, separato dagli altri edifici da unastriscia di bosco.

“L’Associazione “Fuerstenberger” Foerderverein-Mahn- und Gedenkstaette Ravensbruck”, allo sco-po di coniugare le esigenze di sviluppo economicodel territorio con il desiderio di salvaguardare e pro-muovere il memoriale di Ravensbruck, appoggia l’a-dozione della cosiddetta variante 4 del progetto, perla quale la strada non attraverserebbe né il campo diconcentramento di Ravensbruck né quello del cam-po di prigionia “Jugendlager Uckermark”, ma soloil terreno sui quali erano un tempo edificati i quar-tieri delle SS, e sul quale si trovano ora fabbricatidi epoca sovietica.

Al fine di trovare un punto d’intesa anche con la se-zione tedesca del Comitato Internazionale diRavensbruck – promotore della campagna di sensi-bilizzazione di cui l’Associazione Nazionale ex de-portati politici nei campi nazisti si è fatta portavo-ce -, l’Associazione in questione ha promosso unaserie di incontri con la stessa, che hanno avuto luo-go ai primi di settembre. I risultati di tali incontri,così come tutti gli altri elementi acquisiti in merito,verranno esaminati nel corso di una riunione delComitato interministeriale, che ai primi di ottobredovrà definire la propria posizione sulla questione.Nel riservarmi di farLe pervenire ulteriori infor-mazioni non appena disponibili, mi è gradita l’oc-casione per esprimerLe i sentimenti dei miei più di-stinti saluti.

Ambasciatore Maurizio MorenoDirettore generale per i Paesi dell’Europa presso il mi-nistero degli Affari esteri

Un primo successo della protesta degli ex deportati

Non si farà l’autostradanel campo di Ravensbruck?

La lettera di Maris,la risposta dell’ambasciatore

Page 61: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

61

Chiuderà finalmente i battenti la “discoteca della vergogna”che sorge a due passi dal campo di sterminio di Auschwitz eche, malgrado la collocazione, godeva fra i giovani di un’e-norme popolarità. Il proprietario, logorato dalle proteste edalle contestazioni della comunità ebraica di tutto il mondoe ormai alle corde, ha dovuto a malincuore prendere atto del-la situazione, anche se fino a quel momento, aveva saputoopporsi con fior di carte bollate alle pressioni del governopolacco fieramente contrario a questa clamorosa provoca-zione. Purtroppo il peggio non è finito come tutti si augura-vano: il proprietario del terreno lo ha immediatamente ven-duto ad una società del posto che presto, in luogo della discoteca,provvederà a costruire un supermercato!

Chiude la discotecadi Auschwitz.

Si apre un supermercato

Al suo restauro ha contribuito anche il ricavato di un li-bro che rievoca la drammatica esperienza di AngeloCastiglioni, ex deportato.

Si intitola Angeli, è un piccolo libro in cui è ricostruita la do-lorosa esperienza nel campo nazista di Flossenburg di AngeloCastiglioni, di Busto Arsizio, che da anni cura con encomia-bile impegno il tempio civico di Sant’Anna, chiesetta sette-centesca che custodisce le lapidi con i nomi dei caduti bu-stesi in guerra e nei lager. Angeli è nato un po’ per caso, do-po una serata dedicata all’interno del tempio proprio ad AngeloCastiglioni, il cui impegno per la chiesetta, diventata graziealle sue iniziative, un centro permanente di educazione allapace, ha ispirato una poesia, finalista in un importante con-corso nazionale, alla poetessa bustese Marisa Ferrario.Da quell’incontro, che ha raccolto intorno ad Angelo tantis-simi amici, ha preso forma l’idea di realizzare un libretto,sulla sua esperienza a Flossenburg. Nel libro, curato da MarisaFerrario Denna, Alberto Brambilla e Rosella Formenti, conuna prefazione di Francesco Berti Arnoaldi Veli, è ripercor-sa la vicenda di Castiglioni, il momento della cattura a BustoArsizio, le torture da parte dei fascisti, la deportazione aFlossenburg, il ritorno a casa. L’ex deportato ricorda l’infer-no quotidiano dei lager, i compagni che non sono tornati, co-me Augusto Cesana di Carate Brianza, il più anziano delgruppo, padre di quattro figli, che incoraggiava i giovani co-me Angelo con la preghiera; il milanese Riccardo Techel,che ormai morente gli fece dono di un ultimo pezzo di pane;il bustocco Paolo Rudoni. Nel testo, anche i contributi im-portanti di Gianfranco Mariconti e Vito Arbore, i due com-pagni con i quali ha condiviso la terribile marcia della mor-te. In pochi mesi le copie di Angeli sono state esaurite, e il ri-cavato di 5 milioni é stato devolutoa favore dei restauri del tem-pio civico di Sant’Anna, da anni centro di iniziative civili ereligiose a favore della pace e della fratellanza. r.f.

“Angeli” in aiuto al piccolo tempio

La sezione Aned di Torino ri-corda con profondo cordogliola scomparsa dei soci

DOMENICO BELLA(14 ottobre 2000)

ex detenuto nel campo diBolzano;

ANTONIO TEMPORINI(18 aprile 2001)

deportato a Dachau (matrico-la 53899) e a Sachsenhausen(matricola 72496);

TERESIO CAVALLO(26 giugno 2001)

prigioniero a Mauthausen (ma-tricola 57035);

GIORGIO GIORGINO(30 marzo 2001)

deportato a Dachau (matrico-la 128126).

L’Aned di Milano annunciacon dolore la scomparsa, av-venuta il 13 luglio scorso, di

RODOLFO DELL’ACQUA

di 89 anni. Dopo aver subitola prigionia a Fellinbosten nel1943, venne trasferito, sul finiredello stesso anno, nel campodi Dora e successivamente aEllrich (Mittelbau). Rientrò inItalia soltanto nell’ottobre1945.

È deceduto il socioVALENTINO CESCO

CIMAVILLAex deportato nel campo diFlossemburg, abitante a S.Pietro di Cadore.Ai familiari giungano le con-doglianze della sezione Aned diSchio e dell’Aned nazionale.

Sono deceduti negli scorsi me-si:

GIORDANO MEGETTOsuperstite di Dachau, matr. n.

121695

AUGUSTO TEBALDI,superstite di Flossenburg e

Porschdorft matr. 43736, giàpresidente della Sezione

Aned di Verona.

OTTAVIO TRETTENE,superstite di Bolzano.

MARIO VENTURI,superstite di Dachau.

Ai familiari vanno le condo-glianze dell’Aned nazionale edella sezione di Verona.

È deceduto lo scorso agosto

FERRUCIO MANZONIOLDANI

di 75 anni, residente a BoffaloraTicino (Milano)Manzoni Oldani, operaio, èstato da giovanissimo un pro-tagonista della lotta diLiberazione. Partigiano, ven-ne arrestato dai nazifascisti nel1944. Detenuto prima aLegnano, quindi a San Vittore,fu deportato a Dachau, Murdofe Buchenwald rietrò in Italiasolo nel settembre del 1945.Ai familiari giungano le con-doglianze dell’Aned.

È scomparso recentementeOTTAVIO RAPETTI

di 78 anni abitante a Milano. Arrestato dai nazifa-scisti fuinviato, dopo la detenzione aSanVittore, nel campo diBolzano, dove rimase fino al-la Liberazione.Ai familiari giungano le con-doglianze della sezione Aneddi Milano e dell’Aned nazio-nale.

I NOSTRI LUTTI

Page 62: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

62

Nascita e morte di unbimbo a Ravensbruck“Vi chiederete come si puòpensare a salvare se stessiquando la propria creaturaè appena morta? Eppure viinvito a non giudicare ciòche ho subito dai miei car-nefici per essere stata ri-dotta a quel punto”. Questesono le parole con le qualiSavina conclude il raccon-to dello strazio della nasci-ta e della morte del suobambino, nel lager diRavensbruck.E continua: “….nessunopuò capire che cosa era illager, solo quelli che lo han-no provato possono capirmi.Il dolore per Danilo” (ilbambino perduto n.d.r.) “èstato tanto grande che nean-che se mi ricoprissero d’o-ro, non sarei ripagata perquello che hanno fatto, ep-pure io ho pensato di evi-tare gli appelli e di nascon-dere la morte che loro glihanno inflitto pur di ritar-dare ancora un po’ il morsodel freddo”.Ecco, queste parole espri-mono, per me e credo pertutte le donne che legge-

ranno questa Storia diSavina – Testimonianza diuna madre deportata diMarco Coslovich, ed.Mursia, il fondo del doloree la distruzione dell’animache le deportate nei lagernazisti hanno sofferto.La storia di Savina è la sto-ria di una giovane donna ita-lo-slovena, deportata per ilsuo appoggio alla Resi-stenza antifascista e antite-desca, nata in una terra dimiseria e di fame, di perse-cuzione delle minoranze, didignità offesa dalla prepo-tenza delle squadracce fa-sciste. “Odiavamo i fasci-sti” e “non per niente era-vamo diventati antifascisti”.È giovanissima quando lavita già mette alla prova ilsuo coraggio e la sua lealtà.Lealtà nei confronti dei suoifratelli che la madre, mo-rendo, le affida: lealtà perla parola data e ricevuta dalfidanzato, padre del bam-bino che muore a Raven-sbruck; lealtà nei confron-ti dell’uomo che diventeràsuo marito, alla fine dei suoi

patimenti. È una lealtà, quel-la di Savina, piena di amore,di intelligenza e di coraggioche l’aiuta a trovare una stra-da percorribile anche sul-l’orlo dell’abisso, quandopiù volte va a trattare con ilterribile comandante SS,maggiore Joseph Ketner, lalibertà per il fratello arrestatoe anche per il fidanzato e perle sue sorelle. Intelligenza,coraggio e amore anche nel-le condizioni estreme del la-ger, di fronte ai pericoli del-le selezioni, ai meccanismiperversi che regolano, se co-sì si può dire, la convivenzatra vittime disperate e car-nefici.Amore e gioia di vivere diuna giovane ragazza chevende fiori a Trieste e che,con la sua bellezza e gra-zia, provoca un moto spon-taneo di solidarietà tra i pas-santi testimoni dell’ag-gressione che subisce dauna squadraccia fascista chele calpesta i fiori e le di-strugge il piccolo banco.Bellezza che nel libro nonviene mai descritta ma chesi intuisce debba connotar-la dal racconto dei suoi in-contri con le amiche nei po-chi momenti di svago, nel-le corse in bicicletta o nel-

le rare feste, tra i partigiani,negli incontri con chi le vuolbene e anche con chi la per-seguita.Amore per la sua famigliama anche per la sua terra,avara di risorse ma certa-mente luminosa e amiche-vole, che le sorride al ritor-no dagli angusti finestrini(ancora) di un carro bestia-me e che lei spera di ritro-vare solidale. Non sarà co-sì. Savina torna ammalata,non trova più nulla di quel-lo che aveva lasciato: il cor-redo da sposa, la camerapronta e “né da mangiarené da vestirsi”. Trova il pa-dre sulla porta: “Io ancoraoggi sento quell’abbraccio… ancora oggi lo sento…Non ci siamo detti niente…abbiamo solo pianto…”E piano piano, con la forzadella sua intelligenza e delsuo cuore, Savina supera iprimi durissimi mesi del ri-torno. Il fidanzato non si ri-velerà degno di tanto amo-re e lealtà: non ha retto lalontananza, le ha preferitoun’altra donna, Savina pen-sa al suicidio, pensa che sa-rebbe stato meglio per leimorire con il suo bambino.Ma ancora una volta la vi-ta è più forte, esce dalla ma-

La tragedia di una giovane madre deportata

Dialogo intorno alla RepubblicaLaterza, pp. 122, lire 24 mila

Norberto Bobbio, Maurizio Viroli

Norberto Bobbio, uno dei maggiori pensatori contemporanei eMaurizio Viroli, insegnate all’Università di Princeton, studioso delpensiero politico, diversi per età e per formazione, uniti dalla pas-sione civile e dalla preoccupazione per il futuro della nostraRepubblica, intrattengono un dialogo lucido e sincero. I temi sono quelli della libertà, dell’amor di patria, dei diritti e deidoveri, della corruzione in un sistema profondamente segnato dascandali e da illegalità.Il dialogo è profondo, e affronta anche tematiche estreme, la fede

religiosa, il significato della vita e della storia, le ragioni ed i limitidell’etica laica.

I nomi dello sterminioEinaudi, pp. 154, lire 20 mila

Anna-Vera Sullman Calimani

Lo sterminio ha avuto tanti nomi: Hurban, Shoah, Catastrofe,Disastro, Universo concentrazionario, Deportazione, Lager,Genocidio, Soluzione finale, Auschwitz, Olocausto. Un nome per raccontare e per trasmettere alla memoria, la paginapiù tragica della seconda guerra mondiale. Perché definireOlocausto l’annientamento di un popolo? Quale importanza rivesteil termine con cui definiamo questa immane tragedia? Perché almassacro di sei milioni di persone, di ebrei, va attribuita una deno-minazione che lo identifichi fra tutti i massacri avvenuti nella storiadel mondo? L’autrice, insegnante di Storia della lingua italiana pres-so Ca’ Foscari di Venezia, cerca di dare una risposta a questedomande. Una scelta dettata da motivazioni linguistiche, psicologiche, politi-che, storiche e religiose. Non ultima la difficoltà di raccogliere in unnome una tremenda realtà senza banalizzarla.

Suggerimenti di lettura a cura di Franco Giannantoni

BIBLIOTECA

Page 63: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

63

A distanza di quasi ses-sant’anni dalle torture deilager nazisti, sono pocheormai le voci che hanno ildoppio privilegio di ricor-dare dal vivo quelle orren-de vicende. Il primo privi-legio, che risale al 1945, fuquello di uscire dal lagervivo, con le proprie gam-be, perché, come osservavaPrimo Levi, i militi delleSS “si divertivano ad am-monire cinicamente i pri-gionieri: nessuno di voi ri-marrà per portare testimo-nianza, ma se anche qual-cuno scampasse, il mondonon gli crederà”. Il secon-do privilegio è stato quellodi possedere una tanto so-lida struttura psicofisica, dapoter superare con equili-brio la tremenda esperien-za, di giungere lucido, bril-lante e discorsivo ai tempinostri e di aver voluto fissarela memoria.È il caso di Alvise Barison,non dimenticato presiden-te dell’Azienda di soggior-no e turismo di Trieste, spe-cializzatosi nel 1949, in

pubbliche relazioni all’Uni-versità del Michigan, “uo-mo di mondo” nel senso piùvasto, per il suo curriculumprofessionale di giornali-sta e addetto stampadell’U.S. Information ser-vice e di grandi aziende qua-li Marzotto, Hilton, LloydAdriatico.Egli pubblica ora un pic-colo libro delicato, affasci-nante e commovente, nelquale ricorda i sei mesi tra-scorsi nei campi di con-centramento: prima aBuchenwald, poi a Dora-Mittelbau (la fabbrica sot-terranea, di quelle che i de-tenuti chiamavano “torpe-do” ma che erano le mici-diali V1 e V2 che dilania-rono Londra, e sulle quali sifonderanno poi gran partedegli studi aereospaziali deldopoguerra) ed infine aRavensbruck, lager dal qua-le verrà liberato dalla ca-valleria russa che entra abriglia sciolta nel campo il30 aprile 1945.A Buchenwald egli incon-trerà il concittadino Osiride

Diario di Alvisesfidando gli aguzzini

In sei mesi detenuto in tre campi

delle sofferenze patite.Poi, dopo 53 anni torna aRavensbruck per l’inaugu-razione del Memorial ita-liano, alla presenza del pre-sidente della Camera deideputati Luciano Violanteal quale racconta la partepiù dolorosa della sua sto-ria. Infine, in questo librosi racconta a MarcoCoslovich, che con il ri-spetto dello storico e la sen-sibilità di un amico, riusciràa tradurre nella parola scrit-ta, la vita forte e dolorosadi Savina Rupel, deportatan. 91.329, triangolo rosso.

Vera Michelina Salomona

Marco Coslovich “Storia di Savina”,

Ed. Mursia, 2000,prefazione di Luciano

Violante

lattia, incontra un uomobuono, che le offre il suoamore e la sua protezione,sottraendola all’occhio ma-levolo del pregiudizio chealeggia nella ristretta so-cietà contadina nei confrontidi una donna che ha con-travvenuto alla regola di ar-rivare vergine al matrimo-nio, e che, per giunta, è tor-nata da un luogo terribile incui è riuscita a sopravvive-re non si sa come e perché.Con gli anni raggiungeràun piccolo benessere, fattodi lavoro quotidiano e di sa-crifici; crescerà un figlioche però non vorrà sentireparlare di sofferenze e diguerre. Savina si accorgeche deve ancora tacere e sof-frire. Soltanto con le altredeportate, durante incontridedicati alla memoria, riu-scirà a parlare del lager e

Ciao, russi(Partigiani sovietici in Italia, 1943-1945), Marsilio,pp. 174, lire 28 mila

Mauro Galleni

Il contributo dei soldati sovietici alla Resistenza italiana viene perla prima volta proposta in un libro struggente, che ha il merito dimostrare come significativa, fu la solidarietà fra le genti in una sta-gione drammatica dell’Europa intera. In ogni regione del Paese, inogni formazione di qualsiasi colore, i russi, sfuggiti alla prigioniadei nazisti, diedero il loro apporto determinante: 1629 in Toscana,900 in Emilia Romagna, 718 in Piemonte, 368 in Lombardia ecc. I partigiani furono oltre 5 mila, di cui ben 429 caddero in combatti-mento. La loro affluenza avvenne in tre momenti diversi: subitodopo l’8 settembre, nel pieno dell’estate del ‘44 attraverso massic-ce diserzioni dalla Wehrmacht, in tempi successivi. Quattro di loroebbero la medaglia d’oro al valor militare, la più alta onorificienzadella nostra Repubblica; tre la medaglia d’argento; quattro quelladi bronzo.

La “repubblica” dell’Ossola - Guida alla storia e ai luoghiGrossi, pp. 75, lire 12 mila

Edgardo Ferrari

Ecco un agile libretto per poter ripercorrere, guidati da PaoloBologna e Pier Antonio Ragozza, i luoghi dove si combatté per lalibertà di 40 giorni nel pieno dell’occupazione nazifascista: bello eutile esercizio di memoria concreta, rivisitazione anche dei voltidegli eroi che caddero per strappare al duce la democrazia. Filippo Beltrami e i fratelli Di Dio, il colonnello Moneta e GasparePajetta, Gianni Citterio e Aldo Carletti. Al tunnel del Sempione una targa ricorda il salvataggio dal tritolotedesco; in Valle Anzasca, a Castiglione, un cippo s’erge a perennememoria del parroco don Giuseppe Rossi, trucidato dalla brigatanera “Ravenna”. Infine, ai quattro punti cardinali, le pietre in granito che fissano iconfini della libera repubblica partigiana.

Page 64: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

64

Brovedani, proprietario del-la Fissan, che pure soprav-viverà alle sofferenze, ed ilcui diario di quei giorni ter-ribili venne pubblicato nel1971.Pure a tanta distanza di tem-po, si può quindi aggiun-gere qualcosa alla memo-rialistica concentraziona-ria. Oltre agli scritti diOsiride Brovedani, nellanostra regione merita men-zionare quelli di Isi Benini,che fu notissimo giornali-sta della Rai, e che nel suoNiemals vergessen ricordal’oppressione di Mauthau-sen, come pure quelli deltriestino Bruno Vasari(1991, Mauthausen, bivac-co della morte), nonché leimportanti immagini diDachau del pittore AntonZoran Music e le memoriedi Auschwitz di BrunoPiazza, morto a Trieste nel1946 poco dopo il ritornodal lager.Le storie individuali si di-panano nel groviglio deldramma collettivo, e cia-scuna testimonianza ha ilpregio di aprire una sua sin-golare e quindi personalis-sima finestra sul drammacomune, come fosse una te-nace e irriducibile affer-mazione dell’individuo sul-la volontà degli oppressoriche cercavano di cancel-

Bruno Vasari, presidente na-zionale dell’Aned, ha rac-colto in un volume (Unabattaglia culturale – MeBPublishing) una selezionedei suoi articoli pubblicatinel corso di più di due de-cenni su Lettera ai compa-gni,il periodico della Federa-zione italiana associazionipartigiane. Vasari è stato unprotagonista della lotta an-tifascista, partigiano e de-portato nei lager nazisti, eper 50 anni uno dei più au-torevoli esponenti della cul-tura democratica italiana.Come scrive Aldo Aniasinella prefazione al volume,Vasari ha fatto del periodi-co della Faip, di cui è statoper 25 anni direttore, “unostrumento della battagliaculturale volta a far vivere lamemoria della tragedia na-zionale ed europea, colle-gandola alle cause che l’han-no provocata. I suoi scrittirigorosamente antifascisti,sono lo specchio di una vi-ta vissuta da protagonista

entusiasta e coerente, cheha operato sempre con gran-de umanità”. Alla soglia dei 90 anni – ag-giunge Aniasi – la sua atti-vità è sempre frenetica: egliriesce a trasmettere senti-menti e ricordi drammaticicon scritti di grande effica-cia”.Tra i numerosi articoli diVasari, raccolti a cura diFederico Cereja, ne ripor-tiamo uno, scritto nel 1979,che tratta del giudizio de-gli allora dirigenti dellaRepubblica federale tede-sca, sui campi di concen-tramento nazisti.

La “battaglia culturale”di Bruno Vasari

Raccolti in un volume gli scrittidel vice presidente dell’Aned

Nelle fabbriche di HitlerFranco Angeli, pp. 208, lire 26 mila

Giorgio Cavalleri

È un campione delle 12 mila testimonianze raccolte, attraver-so una meticolosa indagine, dai ricercatori dell’Istituto storicocomasco Pier Amato Perretta, da cui emerge una delle più tragicherealtà del regime fascista attorno al lavoro degli italiani nel TerzoReich: con la condizione di lavoratore coatto, costretto allo sfrutta-mento nelle fabbriche germaniche, appare in tutta la sua barbarie laperdita della dignità nazionale, la negazione della libertà, la disu-mana condizione in cui migliaia di concittadini furono gettati dallelogiche dittatoriali e dalla guerra. Dei duecentocinquanta mila ita-liani “schiavi di Hitler”, cinquantamila italiani non tornarono inpatria, uccisi dai bombardamenti, dalle fatiche e dagli stenti. Le 101 storie proposte da Giorgio Cavalleri, storico rigoroso, ser-vono a mantenere la memoria dei superstiti che ebbero la sventuradi esperimentare a quali livelli di follia fosse giunto il fanatismopolitico sia pure in una chiave “tecnologica”.

La passione e la ragione(Fonti e metodi dello storico contemporaneo), La NuovaItalia, pp. 287, lire 39 mila

Giovanni De Luna

Che fare contro l’uso strumentale ai fini politici, della storia come staavvenendo in questi ultimi anni, come reagire alle sfide della dimen-sione mediatica che necessita di scandali e di novità tanto gridatequanto inesistenti, che fagocita revisionismi di ogni specie allo scopodi demolire la verità? Giovanni De Luna si chiede che fine sarannodestinati a fare gli storici di professione di fronte ad un attacco porta-to da un gruppo sempre più fitto di avventurieri, che ha il solo scopodi fiutare il vento, per accontentare i desideri della gente (lo storicodella gente, per stare all’ultimo De Felice). La ricetta è una sola: lostorico deve confrontarsi con le prove, sottolineare la loro priorità,rivendicare l’esposizione del loro uso e delle modalità del loroimpiego, da parte di coloro che si accreditano come novelli soloni,ma il più delle volte le ignorano. Una battaglia difficile: non bastauna carta d’archivio per costruire versioni rovesciate.

Suggerimenti di lettura a cura di Franco Giannantoni

larne la personalità, la ca-pacità di sopravvivenza elo stesso istinti vitale. Il fi-ne degli aguzzini era l’an-nientamento, ed i rari so-pravvissuti si presentano anoi con un grido sommessoaffinché la memoria nonvenga cancellata, e costi-tuisca monito perché l’uo-mo non s’adatti mai più adivenire carnefice dei suoifratelli.Alvise Barison ha avuto al-lora la forza di tenere unbreve diario, di tracciare de-gli schizzi che – se rinve-nuti – gli sarebbero costatila vita, e che, nella loroesemplare ed onesta sem-plicità, ci rendono parteci-pi della nostra debole con-dizione di uomini. La sualunga vita di lavoro e la suaaffermazione professiona-le e sociale, sembrano co-stituire una rivalsa nei con-fronti di coloro i quali loavevano marchiato col nu-mero 14227 al fine di eli-minarne la personalità, ilnome, l’identità: “non ri-conoscerli fu il primo de-litto” dice ancora PrimoLevi. Uomini privati dei ve-stiti, nudi, cui vengono su-bito rasati non solo i capel-li ma anche ogni pelo delcorpo, ridotti a vermi senzadecoro, chiamati ad ogniappello col numero, come

Page 65: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

65

LETTERA APERTA A STRAUSSSignor primo ministro, apprendo dai giornali che Lei, aproposito della trasmissione del dramma televisivo ame-ricano “Holocaust”, ha detto: “una trasmissione delgenere comporta il rischio della falsificazione storica,perché diffonde l’impressione che brutalità e nefandez-za siano una tipica prerogativa tedesca”. Lei avrebbe ag-giunto che altri film dovrebbero venire girati sui crimi-ni di guerra commessi dai russi, dai cosacchi, dagli ju-goslavi, per ristabilire l’equilibrio della verità storica.Signor Strauss, io mi dichiaro e lo sono, amico e ammi-ratore del popolo tedesco, ma non posso essere in al-cun modo d’accordo con Lei. La guerra, è risaputo,muovendo masse ingenti di uomini, può comportare, daparte di singoli individui o anche di gruppi, deviazionida un corretto comportamento, secondo i codici di fureria.Ma la differenza tra i crimini nazisti (e non è possibilesfuggire al fatto che i nazisti erano tedeschi) e i suppo-sti o reali crimini di militari appartenenti ad altre na-zionalità, è insita in maniera incontrovertibile:- nella istituzionalizzazione del crimine in armonia conla dottrina del III Reich, crimine che è il risultato di unobiettivo politicamente posto e perseguito (io sono dal-la parte di quel milione di tedeschi che Hitler e i suoiseguaci hanno fatto assassinare);- nella enorme estensione del crimine e Lei, signorStrauss, sebbene non ami, credo, leggere le opere delconnazionale Carlo Marx, non può ignorare che la qua-lità incide sulla quantità.Queste affermazioni sono documentate dai processi diNorimberga, dal processo Eichman, dalle memorie deisopravvissuti allo sterminio degli ebrei, dagli opposi-tori politici, dai resistenti dei Paesi invasi e sottomessidai nazisti.Signor Strauss, a Lei non può sfuggire, sebbene non cisia peggior sordo di chi non vuol sentire, che la dottri-na nazista, che purtroppo ha contaminato molti, troppicittadini tedeschi, è basata sulla diseguaglianza degliuomini e quindi sulla pretesa del popolo dei signori di

L’angelo della storiaGuanda, pp. 266, lire 26 mila

Bruno Arpaia

Una frontiera maledetta. È a Port Bou, un paesino a pochi passi dalconfine franco-spagnolo che i destini di Laureano Mahojo e diWalter Benjamin imprevedibilmente si incrociano. È una notte di settembre del 1940 quando i due uomini, tantodiversi per origini e cultura, si incontrano: Laureano è un uomo diazione che si è battuto nella guerra civile spagnola ed ora per vive-re fa il contrabbandiere fra Port Bou e Port Vendres; WalterBenjamin, intellettuale ebreo, sta tentando di sfuggire alla caccianazista e di raggiungere gli Stati Uniti. Tanto diversi, eppure tanto uguali.Entrambi, il combattente pieno di ideali e il raffinato saggista, sonoi due volti della stessa Europa che il nazismo e la guerra spazzeran-no via.

Procedure finali(Politica nazista, lavoratori ebrei, assassini tedeschi),Einaudi, pp. 190, lire 38 mila

Christopher R. Browning

Le grandi decisioni per la “soluzione finale” furono assunte nel1941. In sei lezioni, tenute all’Università di Cambridge, Browningricostruisce il contesto storico-politico connesso alla teoria e allapratica della “pulizia etnica” che ne rappresentarono un importantepreludio. Fra il settembre 1939 ed il luglio 1941 infatti la politicaantiebraica nazista, si sviluppò lungo il tracciato che avrebbe porta-to al genocidio, in stretto legame con i preparativi di guerra control’Unione Sovietica.La distruzione degli ebrei “attraverso il lavoro” costituisce unospartiacque nella storia dell’umanità, il caso più estremo di genoci-dio che mai sia avvenuto. Sono la totalità e l’ampiezza del disegnoomicida, ed i mezzi impiegati, ciò che distingue la soluzione finaledalle misure precedenti.

sottomettere altri popoli. Non voleva Hitler, e lo disse elo scrisse apertamente, ridurre in schiavitù i popoli sla-vi perché servissero i tedeschi? Mentre posso dubitareche Lei abbia letto Carlo Marx, non posso credere, si-gnor Strauss, che non abbia letto Adolf Hitler.Non dubito anche che Lei non abbia mai sentito parla-re di soluzione finale del problema ebraico. Soluzione fi-nale ha significato, per chi ancora non lo sapesse, latragica catena di montaggio della morte dai vagoni be-stiame che penetravano sui binari nel campo di Birkenaual forno crematorio, dopo una salutare doccia di “Zyklon”.Signor Strauss, Lei farebbe meglio, unendosi a noi neldenunciare i nefandi sterminati crimini del nazismo,nello studiare le cause e nell’operare con sincerità, per-ché simili misfatti non abbiano più a ripetersi.Non so se altri al di fuori dei nazisti abbiano commes-so crimini di guerra. In ogni caso poteva trattarsi di de-viazioni occasionali più o meno estese, ma non mai del-l’applicazione di una dottrina istituzionalizzata. Nel ca-so tedesco, non si sfugge: criminale era la dottrina, cri-minale lo stato che forniva gli strumenti per applicarla,criminali gli alti gerarchi che impartivano gli schemi ei bestiali esecutori, criminali i fiancheggiatori, che purnon prendendo parte, approvavano o trovavano giusti-ficazioni o cercavano razionalizzazioni.Non credi di dover dimostrare l’enunciata amicizia eammirazione per il popolo tedesco, fondata sulla con-sapevolezza dell’enorme contributo al cammino dellaciviltà in tutti i campi della scienza, dell’arte, della let-teratura, del pensiero. Purtroppo però la macchia del na-zismo non si elimina coprendola con artifici verbali, co-me Lei tenta di fare.Dalla firma potrà dedurre che ho una certa esperienzadei crimini nazisti, dubito però che Lei possa capire comenon mi muova odio e rancore personale, ma amore per laverità, e come possa conservare una visione obiettiva deifatti lontani e presenti.Mauthausen 114119 Marzo-aprile 1979 Bruno Vasari

Page 66: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

Il “santo” manganello e la sfilata “littorio”

(f.g.) Chi pensava fosse in cantina, se-polto dalla polvere e da lugubri ricor-di, deve ricredersi: il “santo” manga-nello, simbolo del fascismo e, nella ver-sione “sfollagente”, del secondo tu-multuoso dopoguerra, è vivo e vegeto,ha ritrovato un eccellente popolarità edè tornato a roteare furioso nelle piaz-ze. La prima notizia lascia senza fiato:il manganello, per chi volesse averlo,è in vendita negli autogrill delle auto-strade, accanto ai bambolotti e al cu-latello.Prezzo, 12-15 mila lire, secon-do le versioni, tutte di legno solido: peri più spiritosi, manganelli tipo “ane-stesia rapida” o, a piacere, “avvoca-to difensore”; per i nostalgici, man-ganelli neri con scritta bianca “DuxMussolini” e faccione del duce; per gliamanti dei pestaggi agli stadi, man-ganelli più tosti, simili a mazze da ba-seball, con i colori della squadra delcuore. Nessuno, salvo smentita, sino-ra ha protestato. Né questori, né pre-fetti, né magistrati. Il manganello“Dux”, confezionato a mo’di strenna,manco a dirlo è quello che sta andan-do a ruba. Piace moltissimo. I giorna-li hanno diffuso e amplificato il mes-saggio (qualche lettore, a dire il vero,si è indignato con lettere di fuoco), con-ducendo dei mini-sondaggi.I pareri sono apparsi discordi ma, afavore dei sostenitori, quelli che credonoche il manganello abbia un radioso do-mani, è arrivata la massiccia eserci-tazione nelle strade e nelle piazze diGenova, dove i manganelli delle forzedell’ordine hanno mostrato la loro bru-tale efficacia. Teste sfondate, volti tu-mefatti, arti spezzati. Un bel lavoretto. Meglio dei lacrimo-geni, più efficaci delle autoblinde, imanganelli “genovesi” hanno fatto in

lungo e in largo il loro dovere. Non era-no marcati “Dux” (anche se l’aria chesi respirava in quelle tragiche ore frai reparti e nelle caserme, con le marcettee i cori mussoliniani, era inequivoca)ma è come se lo fossero stati, tanto erala violenza con cui si sono abbattutisui malcapitati, provocando danniprofondi.Poi si è scoperto l’arcano di tanta po-tenza: erano manganelli Usa portati direcente da oltre oceano, 50 centimetriper 700 grammi ognuno, in dotazione,per ora e per fortuna solo agli agentidel Nucleo sperimentale antisommos-sa, addestrati da tre super poliziottigiunti da Los Angeles. La differenza daltradizionale sfollagente dei “celerini”del ministro Scelba è sostanziale: i“tonfa” (si chiamano così i manga-nelli Usa) hanno una sorta di manicoa “L” che consente agli agenti di im-pugnarli anche distesi sull’avambrac-cio e che permette di intrecciare dietrola schiena le braccia di un eventuale“fermato”. I giudici di Genova, che indagano sul-le violenze, informati del fatto, hannodeciso di sequestrare quegli specialiarnesi lordati di sangue per confrontarlicon i resti organici prelevati dai murinelle aule del pestaggio e poi, even-tualmente, punire i colpevoli. In augeil manganello (nel comune di Gallarate,l’assessore di An Paolo Caravati staper dotare i vigili urbani del “bastonetattico”, appunto il manganello, conl’estremità luminosa), e sul declinardell’estate, spazio anche alla “modaLittorio”.Nella piazzetta di Anacapri,così tanto per gradire, c’è chi ha fattosfilare ragazzini e giovanotti in camicianera. Un vero amacord, con coda di ap-plausi.

Page 67: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

An e San SabbaPer un drammatico pa-radosso della storia, spet-ta a Roberto Menia, 40anni, deputato di An, friu-lano doc, avvocato, gior-nalista pubblicista, de-putato dal 1994, la pre-sidenza del Museo civi-co della Risiera di SanSabba, massimo monu-mento alla memoria diquegli ebrei che furonosterminati nell’unicocampo sorto nel nostroPaese. Gli spetta non perché siail più adatto (è in fondosempre un allievo di Fini)o perché coltivi interes-se per la Shoah italiana.Molto più banale e nellostesso tempo offensivo.Siccome il Menia è l’as-sessore alla cultura diTrieste, per un regola-mento interno, del 1975,chiunque abbia quella ca-rica è di diritto presidentedel Museo.L’onorevole Menia quan-do è stato nominato al-l’importante carica era

in vacanza in Australia.La speranza di tutti è cheper quel minimo di ri-spetto che è dovuto aimorti, e che morti, il de-putato di Anal rientro inpatria prenda la penna efirmi le proprie dimissio-ni. Sarebbe un gesto ap-prezzato. Frattanto l’ottantenneRaffaello Camerini, a no-me della locale Comunitàebraica, ha fatto sapereche nessun ebreo metteràpiù piede alla Risiera si-no a quando la incre-sciosa situazione non saràchiarita. I segnali che ven-gono da Trieste non so-no però molto incorag-gianti.Il sindaco Roberto Di

Piazza, non appena elet-to, si è precipitato a ri-collocare nella galleriadei suoi predecessori, ilritratto di Cesare Pagnini,il podestà repubblichinoquando la città era nellemani delle SS. Se tantomi dà tanto...

Apologia di reato

(f.g.) Su La Nazione del12 luglio, quella del no-to Riffeser, genero del pe-troliere-nero Monti, so-no comparse un paio di“perle”, segnalate pun-tualmente da un nostrolettore.La prima, per farci la

bocca, è una oscena pub-blicità di un film (in cas-setta, proposto dal pe-riodico Il Borghese) daltitolo L’assedio dell’A-lcazar, Premio “Mussoli-ni” al Festival di Venezia,quello del 1938.“Una collezione straor-dinaria per non perdere lamemoria”, avverte LaNazione, “un film - cult,una storia vera”, spiegail giornale di Riffeser, perinquadrare “la leggen-daria difesa del forte daparte di franchisti e di fa-scisti contro le milizie in-ternazionali”. Apologiadi reato. Esaltazione al-lo stato puro del regimedi Franco. Tentativo plateale di con-trabbandare una delle pa-gine più truci del secoloscorso come una tappagloriosa nel cammino del-la civiltà. “Niente di nuo-vo all’Alcazar-continuala pubblicità su LaNazione, ormai senza fre-ni- così, come da regola-mento, il comandantespagnolo accoglie le trup-pe che lo liberano dal-l’assedio, benchè i co-munisti gli abbiano de-capitato il figlio per in-durlo alla resa”. Merce impensabile solo

qualche mese fa. Ora, conl’aria che tira e con i po-st-fascisti al governo, al-tro seguirà.C’è da giurarci. Intanto,per non perder colpi, sem-pre La Nazione del 12 lu-glio scorso, dedica un ri-cordo affettuoso dell’excomandante di Fossoli edi Bolzano-Gries la SSKarl Titho, scomparsoqualche mese fa, ricor-dandoci che l’ufficiale delReich fu del tutto estra-neo al massacro dei 67prigionieri il 2 luglio1944 al poligono diCibeno di Carpi.Si è vero, scrive tale

Paolo Paoletti, i vestiti diTitho quel giorno eranomacchiati di fango manon è la prova a caricoche avrebbe voluto uti-lizzare l’avvocato Gian-franco Maris nel nuovoprocesso davanti alTribunale militare, poirientrato, per la morte delboia nazista. Semmai, aprite bene leorecchie, era la prova adiscarico.Si, avete capito bene.

Karl Titho si era sporca-to di fango mentre tra-scinava nella fossa co-mune i corpi di coloro cheavevano tentato di sfug-gire alla mattanza! “Ungesto d’umana pietà”, fasapere La Nazione, malinterpretato da tutti. Tithofu il solo a tentare di evi-tare l’eccidio!!! Ci eravamo sbagliati.Come si vede c’è chi spar-ge a piene mani la peste.

Page 68: Giornale a cura dell’Associazione nazionale ROSSO ottobre.pdf · 2003-10-09 · 2 IT Questo numero Triangolo Rosso Giornale a cura dell’Associazione nazio-nale ex deportati politici

68

Sabato 1° dicembre, ore 9.00

“Totalitarismi, lager e modernità – identità e storia dell’universo concentrazionario”

Si terrà al teatro Carlo Felice di Genova dal 29 novembre al 1° dicembre un convegno internazionale

Giovedì 29 novembre,ore 15.00 presiede Raimondo Ricci, presidente dell’ Istituto ligure per la storia dellaResistenza e dell’età contemporanea

Genesi del LagerGenesi del LagerGenesi del Lager - Il sistema nazionalsocialista dalla Costituzione di Weimar alla Volksgemeinschaft Hans Mommsen

- Il razzismo antiebraico Wolfgang Benz- Dall’eutanasia alle prove generali delle uccisioni di massa Henry Friedlander- Profilo del Nuovo Ordine Europeo Claudio Natoli

Venerdì 30 novembre,ore 9.00 presiede Amos Luzzato, presidente dell’Unione della comunità ebraica

- Sviluppi storici del sistema KZ (periodizzazione e tipologia:campi KZ, campi di lavoro, campi di sterminio) Enzo Collotti

- I campi di sterminio Liliana Picciotto- Il lavoro forzato nei campi Brunello Mantelli- Prigionia di guerra e sterminio Gerhard Schreiber- Geografia della deportazione italiana e sue destinazioni Italo Tibaldi

Venerdì 30 novembre, ore 15.30 presiede Alberto Bemporad, vice presidente Aned

Lager, totalitarismo, modernità - Introduzione al contesto storico del Novecento Enzo Traverso- Casi comparati: Giovanni Gozzini

a) Unione Sovietica b) Italia fascista Spartaco Capogreco

presiede Gianfranco Maris, presidente Aned

- La memorialistica Adele Maiello- La storiografia Alberto De Bernardi- La didattica Paolo Battifora- La filmografia Aldo Viganò- L’Associazione nazionale ex deportati Bruno Vasari- L’Associazione nazionale ex internati militari Alberto Bemporad- Gli Istituti storici della Resistenza Elisabetta Tonizzi- Gli archivi–musei dei lager Barbara Distel

La trasmissione della memoria

Tavola rotonda conclusiva

“Il Futuro della Memoria”

ore 11.00

- Elena Paciotti, parlamentare europea- Enzo Collotti- Amos Luzzato- Gianfranco Maris- Raimondo Ricci- Moderatore: Mario Pirani, giornalista di Repubblica

Fenomenologia del lager