Giorgia Carraro · a lui si deve, presumibilmente, l’inizio della geometria greca come anali-si...

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Talete e Pitagora Giorgia Carraro

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Talete e Pitagora

Giorgia Carraro

Indice

1 Talete 21.1 La vita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.2 La matematica di Talete . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31.3 L’importanza di Talete . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

2 Pitagora 72.1 Pitagora e la scuola pitagorica . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72.2 Tutto e numero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82.3 Numeri figurati e aritmo-geometria . . . . . . . . . . . . . . . 102.4 Geometria pitagorica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132.5 Grandezze incommensurabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . 162.6 La musica e le proporzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

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Capitolo 1

Talete

1.1 La vita

Talete di Mileto visse a cavallo tra il VI e il V secolo a.C. (625-540). Sappia-mo poco della sua vita e delle sue opere in quanto molto e andato perduto.Le nostre conoscenze si basano su scritti di seconda mano; infatti ci sonopervenuti alcuni scritti di Proclo, che si rifa ad Eudemo, e di Diogene Laer-zio, che si rifa a Panfila. Secondo le leggende Talete fu un mercante di sale,un contemplatore delle stelle, uno statista. Di sicuro Talete viaggio molto, edurante i suoi viaggi in Egitto e Mesopotamia venne a contatto con la lorocultura e i loro studi. Apprese ed approfondı le sue conoscenze sulla geome-tria e sull’astronomia. Citiamo a questo proposito quanto scrisse Proclo nelsuo Commento riguardo a Talete:

... ando dapprima in Egitto e da qui introdusse lo studio dellageometria in Grecia. Non solo fece egli stesso parecchie scoperte, mainsegno ai suoi sucessori i principi che stavano alla base di molte al-tre, seguendo in alcuni casi un metodo piu generale, in altri uno piuempirico.1

Per questo gli antichi giudicano Talete un uomo di intelligenza fuori dalcomune, Platone stesso lo definisce come un “ingegnoso inventore di tec-niche”. Alcuni riconoscono in Talete la figura del primo matematico, ma edifficile asserire con questa affermazione in quanto non si puo parlare di “pri-mo matematico”, ma solo di figure (piu o meno rilevanti) che contribuironoallo sviluppo e allo studio della matematica.

1Passo citato da Carl B.Boyer, Storia della Matematica, 2011, p. 55.

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1.2 La matematica di Talete

Ci rimane poco circa l’attivita di matematico di Talete, e non v’e nessundocumento antico che provi il fatto che Talete sia giunto ai risultati che latradizione gli associa. Le uniche testimonianze sono alcuni scritti di Procloe Diogene Laerzio. Secondo la tradizione infatti Talete avrebbe dimostratoquesti cinque teoremi e due problemi geometrici:

1. il diametro divide il cerchio in due parti uguali;

2. gli angoli alla base di un triangolo isoscele sono uguali;

3. gli angoli al vertice formati da due rette intersecate sono uguali;

4. angoli inscritti in un semicerchio sono retti;

5. se dati due triangoli essi hanno un lato e i due angoli ad esso adiacenticongruenti, allora sono uguali (2o criterio di uguaglianza);

6. calcolare la distanza delle navi dalla terra;

7. misurare l’altezza di una piramide.

E da sottolineare il fatto che Talete non dimostro queste proposizioniin senso euclideo, ovvero attraverso deduzioni logiche sequenziali e tra loroconcatenate che portano poi al risultato finale. Probabilmente Talete mo-stro l’esattezza di questi teoremi basandosi sul fatto che per semplici ragionidi simmetria o di estetica dovevano essere vere queste sue intuizioni.

Tuttavia gia si puo notare il salto qualitativo compiuto da Talete: nonconsidera piu un particolare oggetto ma la classe a cui appartienei, studian-done poi le proprieta.

Figura 1.1

Per quanto riguarda i primi tre teoremi, si nota facilmente come questiesprimano evidenti proprieta di simmetria rispetto ad un asse. (Figura 1.1)

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Probabilmente Talete “dimostro” questi teoremi basandosi proprio su que-ste ovvie proprieta di simmetria.

Figura 1.2

Per quanto riguarda il problema 6 riportiamo una possibile soluzione,rappresentata in figura 1.2. Si indichi con A il punto in cui si trova l’osser-vatore, con B la nave e con AB la loro distanza. L’osservatore, dopo averpercorso una certa distanza AD perpendicolare rispetto ad AB, pianta unbastone nel punto D e continua a camminare lungo la stessa direzione finoad un punto C in modo che AD = DC. Ora l’osservatore cammina versol’interno della costa, lungo la perpendicolare ad AC, fino a che il punto B eD risultano allineati. Chiamato E questo punto, per il 2o criterio di ugua-glianza (5o teorema dimostrato da Talete), EC = AB. Si e quindi trovata ladistanza cercata della nave dalla terra. Da notare che il punto D puo esserepreso in modo arbitrario.

Per risolvere il problema 7 seguiamo quanto scritto da Diogene Laerzio:

Geronimo dice anche che misuro le piramidi dall’ombra, aspettandoil momento in cui le nostre ombre hanno la nostra stessa grandezza. 2

Infatti, seguendo la figura 1.3, sia ABC la nosta piramide e con EFindichiamo un palo piantato nel terreno. Nel momento in cui l’ombra delpalo e lunga esattamente come il palo stesso, allora in quel momento anchel’ombra della piramide piu mezza base sara pari all’altezza della piramide.In formule abbiamo che: consideriamo i triangoli AHD e EFG, entrambiretti; se GF = EF , allora gli angoli EGF= 45o =ADH, e i triangoli sonoisosceli. Quindi anche DC + CH = AH. Tuttavia per arrivare a questo

2Passo citato da Giacardi L., Roero S. C., La matematica delle civilta arcaiche, 1979,p. 186.

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Figura 1.3

risultato Talete doveva almeno avere chiaro il concetto di similitudine, ed inparticolare il concetto di proporzionalita tra lati e uguaglianza di angoli.

Figura 1.4

Si noti che il problema puo essere generalizzato anche per piramidi chehanno un angolo al vertice maggiore di uno retto: infatti anziche considerareil momento in cui l’ombra e uguale all’altezza basta considerare il momentoin cui e doppia, e poi ovviamente dividere a meta dopo la misurazione. O,piu in generale, tramite le proporzioni e possibile determinare l’altezza dellapiramide misurando l’ombra in qualsiasi momento della giornata.

1.3 L’importanza di Talete

Talete fu importante per la matematica perche fu uno dei primi che mos-se i passi verso un pensiero formalizzato, abbandonando il vecchio pensierooperativo-concreto di Egiziani e Babilonesi.

Ci sono infatti differenze importanti tra la geometria di Talete e quelladegli Egiziani e Babilonesi: Talete fu il primo a formulare proprieta di figurecome enunciati generali, perche era interessato alle figure geometriche cometali. Egli infatti cerco una fondazione logica dei teoremi di geometria: nonprodusse un sistema completo di teoremi e dimostrazioni come noi li conce-

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piamo oggi, ma fu il primo a muovere passi in questa direzione.

La storia di Talete e delle sue scoperte, giunta fino a noi con testimo-nianze postume prive di documentazione storica, non e da considerarsi par-ticolarmente importante per le scoperte in se stesse, quanto per il fatto chea lui si deve, presumibilmente, l’inizio della geometria greca come anali-si delle figure private di ogni riferimento materiale. Talete rappresenta unanello di congiunzione tra la geometria esclusivamente pratica degli egizi ela geometria della figura immateriale dei greci.

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Capitolo 2

Pitagora

2.1 Pitagora e la scuola pitagorica

Pitagora nacque presumibilmente a Samo nel 575 a.C., poco sappiamo dellasua vita e delle sue opere. La sua figura e infatti talmente avvolta da trattileggendari e miracolistici che e difficile distinguere tra cio che e storicamenteaccettabile e cio che non lo e. Sicuramente Pitagora viaggio in Egitto, Ba-bilonia e forse India, dove venne a contatto con la loro cultura e i loro studi.E da escludere che Pitagora fosse un discepolo di Talete, piuttosto i viaggifatti da entrambi li portarono a conoscere le medesime culture e quindi adavere una qualche affinita nei loro pensieri e interessi. Dopo questi viaggi,Pitagora fondo (540 a.C.) a Crotone una sua scuola, la scuola pitagorica.

La suola pitagorica era, oltre che una scuola dove imparare le arti, unasetta mistico-religiosa. I membri erano scelti dopo una rigida selezione, poivivevano tutti insieme secondo il regime della comunione dei beni, pratican-do riti e attenendosi a rigide norme di vita. Per esempio, era imposta aciascun membro una dieta vegetariana, in quanto credevano nella transmi-grazione delle anime.

All’interno della scuola la figura di Pitagora era paragonata a quella diun dio. I suoi insegnamenti venivano appresi in forma dogmatica, eranogiusti perche insegnati da Pitagora. Addirittura gli allievi erano suddivisi incategorie:i matematici, ovvero coloro che potevano fare domande ed avereun’opinione personale, e gli ascoltatori, cioecoloro che potevano solamenteascoltare l’insegnamento impartito.

Anche per questo motivo non e corretto parlare di una dottrina di Pita-gora, ma piuttosto di pensiero pitagorico, comprendendo quindi il pensieroe le dottrine di tutti i membri della scuola pitagorica.

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Tuttavia non e da mettere in discussione l’importanza che ebbe la scuolapitagorica all’interno della societa greca, e in particolare dell’influenza cheebbe sulla storia della matematica. Citando Proclo:

Pitagora, venuto dopo di lui (Talete), trasformo questa scienzain una forma di educazione liberale, riconducendone i principi a ideeultime e dimostrandone i teoremi in maniera astratta e puramente in-tellettuale. Fu lui a scoprire la teoria delle proporzioni e la costruzionedelle figure cosmiche.1

Infatti dopo la matematica egiziana-babilonese, dove venivano studiatispecifici problemi senza alcuna impalcatura concettuale, passiamo a Talete,che per primo si mosse verso l’idea di dimostrazione e discussione filosoficadei principi. Arriviamo infine ai pitagorici, dove l’amore per la matematicaera strettamente legata all’amore per la scienza e la conoscenza, tralasciandoin parte il lato pratico.

Questa centralita e importanza che essi davano alla matematica spiegaquindi come mai la studiarono piu affrofonditamente di quanto non avesse-ro fatto le altre civilta prima di loro. La pressione che spinse i pitagoriciad approfondire questa scienza non era di natura pratica, ma puramenteintellettuale e legata al carattere mistico-religioso della scuola.

2.2 Tutto e numero

Il misticismo del numero non nacque con i piatgorici, gia altre civilta piuantiche attribuivano a determinati numeri un significato mistico. Ma poicheall’interno della scuola pitagorica la matematica svolgeva una ruolo fonda-mentale ed era strettamente legata alla religione, e naturale aspettarsi cheanch’essi praticassero un vero e proprio culto del numero. Ritenevano in-fatti il numero come principio della natura e dalla realta, il numero comestruttura fondante di tutti gli esseri. Non a caso si dice che il motto dellascuola pitagorica fosse “Tutto e numero”.

L’uno era il numero della ragione, il due quello dell’opinione e rappresen-tava la femmina, il tre era l’armonia e simboleggiava il maschio, il quattroera il numero della giustizia, il cinque lo sposalizio (perche somma di due etre, femmina e maschio). Il numero piu sacro era il dieci perche rappresen-tava l’universo; infatti esso e sia la somma dei primi quattro numeri interi,e quindi contienente tutte le caratteristiche di questi numeri, ma anche rap-presenta le quattro dimensioni geometriche, ovvero punto, retta, figura pianae solida generate rispettivamente da uno,due,tre e quattro punti.

1Passo citato da Carl B.Boyer, Storia della Matematica, 2011, p. 58.

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Sebbene ritenessero il numero come struttura fondante di tutti gli esse-ri, i pitagorici ritenevano che tutte le cose, numeri compresi, nascono dallacontinua contrapposizione del finito con l’infinito. Essi elencano dieci oppo-sizioni fondamentali, dalle quali scaturisce poi l’armonia tra le cose : limita-to/illimitato, dispari/pari, uno/molti, destra/sinistra, maschio/femmina, lu-ce/tenebre, buono/cattivo, mopbile/immobile, retta/curva, quadrato/rettangolo.

L’opposizione numerica fondamentale e ovviamnete pari e dispari.L’uno non veniva considerato ne pari ne dispari, e per questo veniva chiamatoparimari. Ai numeri dispari veniva associato il limite, mentre ai pari l’illimi-tato. Questa associazione e dovuta alla divisione del numero:se pensiamo ilnumero come un insieme di punti, dividendo il numero dispari abbiamo unlimite (un punto diviso a meta), mentre col numero pari rimane l’illimitato(un campo vuoto tra due punti ). (Si veda la figura 2.1 sottostante)

Figura 2.1

Anche l’associazione dispari-quadrato e pari-rettangolo e giustificabiletramite una rappresentazione grafica: disponendo i punti a squadra (cioe inmodo da formare un angolo retto) per avere un numero dispari il numerodi punti “orizzontali” coincide con quelli “verticali”, mentre invece con unnumero pari i punti “verticali” sono uno in meno degli altri.(Figura 2.2)

Figura 2.2

Dunque essi associano ai numeri dispari il bene, la perfezione, il limitatoe l’ordine, mentre ai pari sono associati il male, l’imperfezione, l’illimitato eil disordine.

Erano noti tre importanti risultati sulla relazione tra i numeri pari/dispari:

• la somma di due pari e pari;

• il prodotto di due dispari e dispari;

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• se un dispari divide un pari, allora divide anche la sua meta.

Tutta questa centralita dei numeri porto i pitagorici a classificare i nu-meri e a studiarli anche in base alle loro caratteristiche figurate, ovvero allefigure che rappresentano i numeri.

2.3 Numeri figurati e aritmo-geometria

In questo periodo storico l’algebra e la geometria non erano ancora diffe-renziate e venivano trattate come un’unica materia. Era percio del tuttonaturale per i pitagorici associare a degli elementi algebrici, come il numero,degli elementi geometrici, come le figure e i poligoni.

Associarono quindi all’unita un punto, e da qui era possibile costruiredelle figure che rappresentassero i numeri. Pitagora divide i numeri in di-verse categorie, a seconda della figura che essi generano: abbiamo i numeritriangolari, quadrati, pentagonali, cubici, ..., ed oguno poteva essere lineare,piano o solido. (Figure 2.3, 2.4, 2.5)

Figura 2.3: Numeri triangolari

Figura 2.4: Numeri quadrati

Diede anche un procedimento da seguire per generare un numero figura-to, partendo da un numero dato :

1. e dato un numero figurato;

2. si connettano i punti consecutivi sul bordo del poligono formato daipunti;

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Figura 2.5: Numeri pentagonali

3. da un vertice del poligono e si prolunghino i due lati che partono dalvertice;

4. si aggiunga un punto a ciascuno di questi prolungamenti;

5. si disegni un poligono regolare a partire da questi prolungamenti;

6. si disegni su ciascun lato del nuovo poligono un numero di punti ugualeal numero dei punti che stanno sui lati prolungati. Il numero figuratoe quindi dato dalla totalita dei punti che risultano disegnati.

Figura 2.6: Costruzione di un numero figurato

Secondo la tradizione i pitagorici avrebbero anche scoperto delle sempliciproprieta che legano questi numeri figurati:

1. un numero triangolare si ottiene sommando la serie degli interi

Tn = 1 + 2 + 3 + . . . + n =n(n + 1)

2

come e anche ben visibile dalla figura 2.7

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Figura 2.7

2. un numero quadrato e dato dalla somma

Qn = 1 + 3 + 5 + . . . + (2n− 1) = n2

Figura 2.8

3. un numero quadrato e somma di due numeri triangolari successivi (siveda figura 2.9)

n2 = Qn = Tn + Tn−1 =n(n + 1)

2+

(n− 1)n

2

Figura 2.9

4. un numero pentagonale e dato da (Figura 2.10)

Pn = 1 + 4 + 7 + . . . + (3n− 2) =n(3n− 1)

2

5. un numero esagonale corrisponde a

En = 1 + 5 + 9 + . . . + (4n− 3) = 2n2 − n

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Figura 2.10

6. i numeri oblunghi, ovvero numeri ottenuti moltiplicando due numericonsecutivi n(n + 1), sono il doppio di un numero triangolare

On = 2 + 4 + 6 + . . . + 2n = n(n + 1) = 2Tn

Figura 2.11

Viene inoltre attribuita ai pitagorici la scoperta delle terne, anche seprobabilmente gia i babilonesi ne erano a conoscenza e ne facevano uso.Dato un numero dispari m, la terna era formata dai numeri

m2 − 1

2,m,

m2 + 1

2,

i quali soddisfavano la formula(m2 + 1

2

)2

= m2 +

(m2 + 1

2

)2

.

2.4 Geometria pitagorica

All’interno dell’ambito geometrico i pitagorici iniziarono a studiare questadottrina non limitandosi alle sole relazioni tra numero e geometria, ma dandodelle prime “dimostrazioni” che non erano basate solamente sull’esperienzapersonale. Venne sviluppato un primo sistema di teoremi e relative dimo-strazioni. Sottolineiamo che le dimostrazioni erano puramente discorsive,senza uso di notazione simbolica. Nelle dimostrazioni i pitagorici usaronoper la prima volta il metodo delle applicazioni delle aree, dando cosı origine

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a quella che chiamiamo algebra geometrica, ovvero l’eseguire operazioni al-gebriche ragionando su enti geometrici. Della teoria dell’applicazione dellearee ne fece largo uso Euclide nei suoi Elementi.

Un primo esempio di applicazione di questa teoria lo troviamo nella di-mostrazione del teorema che porta il nome di Pitagora stesso. A questoproposito e necessario precisare che molto probabilmente non fu Pitagoraad enunciare questo teorema, si hanno infatti testimonianze che gia babilo-nesi, egiziani e indiani lo conoscessero nei casi particolari. ProbabilmentePitagora ne venne a conoscenza durante i suoi viaggi, e per giustificare ladenominazione di Teorema di Pitagora e stato ipotizzato che lui per primone abbia dato la formula generale e una dimostrazione.

Diamo la dimostrazione del Teorema di Pitagora basandoci sul metododi applicazione delle aree (Figura 2.12) : un quadrato di lato (a + b) puoessere decomposto sia nella somma di un quadrato di lato a, di un quadratodi lato b e di quattro triangoli di cateti a e b, sia nella somma degli stessiquattro triangoli di cateti a e b e di un quadrato di lato l’ipotenusa c ditali triangoli. Togliendo da entrambe le decomposizioni i quattro triangoli,otteniamo quindi c2 = a2 + b2.

Figura 2.12

Una questione molto appassionante all’interno della geometria pitagoricae la costruzione del pentagramma o pentagono stellato.

Se si prende come punto di partenza un pentagramma regolare ABCDEe si tracciano le diagonali, il pentagono A′B′C ′D′E′ formato dai punti diintersezione di quest’ultime e anch’esso un pentagono regolare simile al pri-mo. Ma la cosa sorprendente sta nel modo in cui ciascuna diagonale vienedivisa dal punto di intersezione con un’altra diagonale. Consideriamo peresempio la diagonale AC , essa e intersecata dalla diagonale BD nel puntoE′ e divisa in due segmenti. Abbiamo che il rapporto dell’intera diagonalecon il segmento maggiore e uguale al rapporto di questo segmento con il

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Figura 2.13

segmento minore. Nel nostro esempio abbiamo che

AC

AE′=

AE′

E′C.

Questa suddivisione viene chiamata sezione aurea, anche se gli antichiusavano chiamarla soltanto sezione. Per trovare quanto valesse effettivamen-te la sezione si presume che i pitagorici abbiano adottato un procedimentogeometrico simile a quello descritto da Euclide nella proposizione 30 del li-bro VI. Probabilmente non ricercarono una soluzione di tipo algebrico, inquanto per trovare il valore della sezione bisogna risolvere l’equazione di se-condo grado x2 = a2 − ax, che non ha nessuna radice razionale.

La sezione aurea ha assunto un ruolo centrale all’interno della matema-tica ma anche dell’architettura. Da molti e ritenuta come una suddivisione”magica”, perfetta, proprio per la spettacolare proprieta che la caratterizza.Inoltre pare che anche le proporzione del nostro corpo umano seguano leproporzioni della sezione aurea. Tutti questi fattori rendono ancor piu intri-gante ed affascinante questa perticolare sezione, tanto che troviamo scrittoda Keplero:

La geometria ha due grandi tasori: uno e il Teorema di Pitagora;l’altro, la divisione di una linea in media ed estrema ragione [sezioneaurea]. Possiamo paragonare il primo a una misura d’oro, e chiamareil secondo un prezioso gioiello.2

2Passo citato da Carl B.Boyer, Storia della Matematica, 2011, p. 60.

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2.5 Grandezze incommensurabili

Possiamo affermare con certezza che furono i Greci a scoprire l’esistenzadell’irrazionalita. Tuttavia e necessario sottolineare che il primo a definirecorrettamente i numeri irrazionali fu Dedekind (seconda meta XIX sec.),mentre invece i Greci non introdussero mai l’irrazionalita dei numeri, macollegarono quest’ultima all’incommensurabilita.

Per i Pitagorici il punto geometrico e una grandezza estesa, con delledimensioni specifiche. Di conseguenza ogni linea viene considerata comeformata da un insieme, piu o meno numeroso, di punti accostati uno dopol’altro, come se fossero le perline di una collana, ed ogni superficie comecostituita da un certo numero di quelle linee, disposte una accanto all’altra.Dunque, poiche il punto era visto come un ente ”materiale”, due segmentiqualsiasi erano sempre commensurabili, ovvero esisteva sempre un sottomul-tiplo comune ad entrambi.

Tuttavia i pitagorici soprirono che in un quadrato il lato e la diagonalenon sono commensurabili. Riportiamo la dimostrazione, per assurdo, riferitada Aristotele negli Analitici Primi :

Figura 2.14

Siano d ed l la diagonale ed il lato di un quadrato e supponiamo che sianocommensurabili, ovvero che l = mu e d = nu. Per il teorema di Pitagora siha che d2 = l2 + l2, ossia (nu)2 = (mu)2 + (mu)2 e n2u2 = 2m2u2. Pertanto2m2 = n2. n2 o non contiene il fattore 2 o lo contiene con esponente pari,mentre 2m2 contiene il fattore 2 ad esponente dispari. Ne segue che l’ipotesidella commensurabilita tra diagonale e lato di un quadrato e falsa.

Con questa semplice ma geniale dimostrazione i pitagorici dimostraronoquindi l’esitenza dell’incommensurabilita, e quindi l’esistenza di nuove gran-dezze mai prese in considerazione prima di allora.

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Tuttavia queste nuove grandezze erano, per i pitagorici, esprimibili al-l’interno della geometria, ma non nell’aritmetica. La geometria pote quindisvilupparsi ed accettare queste grandezze, mentre l’aritmetica rimase limi-tata ai numeri interi e razionali positivi.

Si capisce questa difficolta ad accettare i numeri irrazionali anche soloricordando i termini greci usati per questi numeri: le nuove grandezze ve-nivano chiamate alogon, che significa inesprimibili, indicibili, in netta con-trapposizione al termine logos usato per frazione, che significa invece conto,calcolo, parola.

La scoperta di questi nuovi numeri-grandezze porto ad una vera e pro-pria crisi all’interno della scuola pitagorica.

Come prima conseguenza si ebbe un crollo della centralita del numero:mentre prima si pensava che ciascun problema geometrico era risolvibile invia aritmetica, e quindi attraverso dei numeri, ora cio non era piu vero.

Il numero e l’aritmetica in se si bloccano di fronte a questa scoperta,mentre invece la geometria accoglie senza problemi le nuove grandezze e sisviluppa.

Il punto stesso viene ridefinito come un’entita priva di estensione, e quin-di di conseguenza la linea e priva di larghezza e la superficie priva di spessore.

2.6 La musica e le proporzioni

Il romano Boezio (VI sec. d.C.) racconta che Pitagora, passando davan-ti al negozio di un fabbro, fu colpito dal fatto che i suoni provocati dalbattere di differenti martelli sull’incudine formavano quasi un’armonia mu-sicale.Chiedendosi se il fenomeno fosse dovuto alla forza degli uomini cheli manovravano, entro in bottega e domando loro di scambiarsi i martelli.Poiche l’effetto musicale era lo stesso, la causa erano i martelli e non gliuomini. Domando al fabbro di lasciargli pesare i martelli e trovo che i pesistavano in rapporto tra loro come i numeri 12, 9, 8 e 6. Il peso del quintomartello non aveva un rapporto semplice con quello degli altri. Il quintomartello fu lasciato da parte e si trovo che l’effetto musicale era aumentato.

Gli intervalli musicali che Pitagora udı erano quelli che sono detti laquarta, la quinta e l’ottava, contata dalla nota emessa dal martello piu pe-sante. Da questa grandiosa scoperta pote dedurre che la musica altro non e

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che il rendere udibile il numero.

Non sappiamo quale parte di questa leggenda sia storica. Tuttavia poichei pitagorici ritenevano il numero come principio primo di ogni cosa, e plausi-bile che essi abbiano ricercato delle relazioni numeriche all’interno dei suonimusicali.

Boezio racconta ancora che Pitagora studio la relazione tra la lunghezzadi una corda vibrante e il suono che essa produce: se si accorcia una cordaa 3/4 della sua lunghezza originale, allora si sente la quarta, cioe il quartotono, del tono originale; se la si accorcia a 2/3 si sente la quinta e se la siaccorcia a 1/2 l’ottava.

Se la lunghezza originale della corda vale 12, allora si sente la quartaquando la lunghezza e ridotta a 9, la quinta quando e ridotta a 8 e l’ottavaquando e ridotta a 6. Questa parte di racconto e probabilmente piu aderentealla verita.

La percezione della relazione tra lunghezza di una corda e l’altezza diun tono e il piu antico esempio nella storia di una legge naturale trovataempiricamente. A quei tempi deve essere stato estremamente sorprendentescoprire una relazione tra cose cosı differenti quali toni musicali e i rapportitra i numeri.

E comprensibile che i Pitagorici si chiesero quale fosse la causa e qualel’effetto. Essi finirono col supporre che la causa doveva essere identificatacon i rapporti tra i numeri, sicche per loro l’armonia divenne una proprietadei numeri che esiste perche i numeri 6, 8, 9 e 12 sono armonici.

I numeri 6, 8, 9 e 12 sembravano avere una particolarita non solo acustica,ma anche aritmetica. Infatti il numero 9 e esattamente la media aritmeticadi 6 e 12, mentre 8 e la media armonica di 6 e 12.

La media aritmetica e armonica erano due delle tre medie conosciute daipitagorici. Probabilmente appresero le nozioni sulle medie dai Babilonesi,che gia le conoscevano, anche se ai pitagorici va il merito di aver generaliz-zato tali nozioni. Giambico, nel commento all’ Introduzione aritmetica diNicomaco, scrive:

Anticamente, al tempo di Pitagora e dei matematici della sua scuo-la, si conoscevano soltanto tre medieta proporzionali, l’aritmetica, lageometrica e quella che, terza nell’ordine, originariamente era chiamatasubcontraria, e poi, da Archita e Ippaso e dalle loro scuole, fu chiamataarmonica perche include i rapporti armonici.3

3Passo citato da Giacardi L., Roero S. C., La matematica delle civilta arcaiche, 1979,p. 200.

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I pitagorici definivano la media come una progressione di tre termini taliche, con le loro differenze e con due di essi, si potessero formare due rapportiuguali. In termini moderni, dati tre numeri a, b e c, definiremo la mediaaritmetica come

a− b

b− c=

a

a,

la media geometrica come

a− b

b− c=

a

b

e per la media armonica

a− b

b− c=

a

c.

In tal modo il numero forniva non solo una teoria per la musica, maanche una connessione tra musica e matematica.

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Bibliografia

[1] Storia della Matematica, Carl B. Boyer, 2011.

[2] La matematica delle civilta arcaiche, Livia Giacardi, Silvia Clara Roero,1979

[3] Relazioni anni precedenti

[4] Informazioni ricavate in rete

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